BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. -
Al Ministro della giustizia.
- Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa ADNKRONOS il 30 agosto 2012, un detenuto quarantenne di origini italiane si è suicidato nel carcere di Udine impiccandosi con una cintura del suo compagno di cella;
l'uomo era arrivato nel capoluogo friulano solo da poche ore, proveniente dal carcere di Padova per sfollamento. Era stato arrestato nella città patavina per violenze ai familiari e all'atto dell'arresto era stato ricoverato nel reparto psichiatrico, per oltre dieci giorni, considerato i disturbi psichici di cui soffriva;
si tratta del 36esimo detenuto che si è tolto la vita dall'inizio dell'anno;
secondo quanto dichiarato dal segretario generale della Uil Penitenziari, Eugenio Sarno, «questa strage silenziosa dei suicidi in carcere continua nel più assoluto silenzio e nella quasi totale distrazione della stampa, della società e della politica, nonostante i fervidi solleciti del Presidente Napolitano rispetto alla prepotente urgenza, che si perpetua nel tempo, e alla vergogna dell'Italia in Europa per le condizioni delle proprie prigioni. Considerato che a oltre un anno da questo autorevole pronunciamento del Capo dello Stato nulla è mutato per alleviare le criticità del sistema penitenziario non possiamo, amaramente, non rilevare come, pur nella loro incisività e forza, le parole di Napolitano siano state sostanzialmente inutili» -:
se e come il 30 agosto 2012 fosse garantita la sorveglianza all'interno dell'istituto di pena di Udine e se con riferimento al suicidio dell'uomo non siano ravvisabili profili di responsabilità in capo al personale penitenziario;
con chi dividesse la cella e di quanti metri quadrati disponesse il detenuto morto suicida;
se il detenuto morto suicida fosse alloggiato all'interno di una cella rispondente a requisiti di sanità e igiene;
di quali disturbi psichici soffrisse il detenuto, se lo stesso fosse seguito da uno psicologo nel carcere di Padova e se sia noto a quale terapia, anche farmacologia, fosse sottoposto;
se nel corso della detenzione nel carcere di Padova, ossia prima di giungere a Udine, il detenuto fosse stato identificato come potenziale suicida e, in questo caso, se fosse tenuto sotto un programma di osservazione speciale;
se una volta giunto a Udine, il detenuto sia stato sottoposto ad una attenta vigilanza da parte del personale della polizia penitenziaria attesi i suoi disagi psichici.(5-08303)