ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/08188

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 708 del 24/10/2012
Ex numero atto
Precedente numero assegnato: 4/09781
Firmatari
Primo firmatario: BERNARDINI RITA
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 24/10/2012
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BELTRANDI MARCO PARTITO DEMOCRATICO 24/10/2012
FARINA COSCIONI MARIA ANTONIETTA PARTITO DEMOCRATICO 24/10/2012
MECACCI MATTEO PARTITO DEMOCRATICO 24/10/2012
TURCO MAURIZIO PARTITO DEMOCRATICO 24/10/2012
ZAMPARUTTI ELISABETTA PARTITO DEMOCRATICO 24/10/2012


Commissione assegnataria
Commissione: II COMMISSIONE (GIUSTIZIA)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
  • MINISTERO DELLA SALUTE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA delegato in data 24/10/2012
Stato iter:
IN CORSO
Fasi iter:

MODIFICATO PER COMMISSIONE ASSEGNATARIA IL 24/10/2012

Atto Camera

Interrogazione a risposta in Commissione 5-08188
presentata da
RITA BERNARDINI
mercoledì 24 ottobre 2012, seduta n.708

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. -
Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute.
- Per sapere - premesso che:


il 14 novembre 2010, l'interrogante è tornata a visitare il carcere di Favignana (TP) accompagnata dai referenti in Sicilia di Radicali italiani Donatella Corleo (Palermo) e Gianmarco Ciccarelli (Catania);


la precedente visita si era svolta il 16 agosto 2010 nell'ambito dell'iniziativa Ferragosto in carcere e aveva dato luogo al deposito dell'atto di sindacato ispettivo n. 4-08506 presentato in data 8 settembre 2010 (con sollecito il 12 ottobre 2010), a tutt'oggi rimasto senza risposta;


le ragioni della seconda visita originano da alcune segnalazioni ricevute a proposito di un ulteriore indurimento dell'atteggiamento punitivo della direzione nei confronti dei detenuti che il 16 agosto avevano risposto alle domande della presentatrice del presente atto in merito alle condizioni di vita nell'istituto;


il 14 novembre, la delegazione è ricevuta e accompagnata dal sovrintendente di polizia penitenziaria Pino Buggea;


i ristretti presenti sono 122 (70 detenuti e 52 internati) ai quali si aggiungono due semiliberi; altri 5 internati sono in licenza sperimentale e il loro rientro nella struttura è previsto a giorni;


nella casa di lavoro è presente un numero consistente di internati affetti da patologie di tipo psichiatrico; anche i tossicodipendenti sono molti (gli agenti ammettono: «almeno 25 internati dovrebbero andare in una comunità di recupero»);


l'organico di polizia penitenziaria effettivamente in servizio si conferma fortemente carente;


dal punto di vista strutturale le condizioni del carcere continuano ad essere oltremodo fatiscenti, assolutamente inadeguate ad ospitare esseri umani;


un nuovo istituto penitenziario capace di ospitare 128 persone, ubicato a poche centinaia di metri, è ancora in fase di collaudo, nonostante la consegna fosse prevista per il 30 giugno 2010; «ma sarà impossibile renderlo funzionante con l'attuale numero di agenti di polizia penitenziaria», sottolineano gli stessi agenti;


nel quarto reparto (internati), nella cella n. 1, che a sua volta si compone di 3 piccole cellette senza finestra (i cosiddetti «cubicoli»), sono ristrette 6 persone;


A.G., residente a Castellammare di Stabia (Napoli) è all'interno della struttura da circa 6 mesi, lamenta di non aver mai usufruito di una licenza e di non aver ancora avuto la «relazione di sintesi»; A.G. ha quattro figli, il più piccolo dei quali è nato lo scorso 8 settembre («è venuta a Favignana mia moglie con il neonato, altrimenti non lo avrei nemmeno visto»);


S.C, residente a Nettuno (Roma) deve essere operato alla tiroide; racconta di essere stato per 9 mesi nel centro clinico del carcere di Messina, in cui il chirurgo gli avrebbe confermato la assoluta necessità e urgenza di procedere all'intervento; S.C. aggiunge: «il ministero, in un primo tempo, mi aveva detto che potevo andare ad operarmi al centro clinico di Pisa, dove ho già fatto esami ed analisi; io sto veramente male, perché non mi ci mandano?»;


G.R., proveniente da Marcianise (Caserta), all'interno della struttura da circa 17 mesi, lamenta di non aver mai potuto beneficiare di una licenza; lamenta, inoltre, un grave ritardo nell'assistenza sanitaria: «ho dei polipetti alla gola, per avere una visita di controllo ho dovuto attendere un anno»;


un'altra persona lamenta: «l'educatore non si vede mai, e il magistrato di sorveglianza è a Palermo!;


la cella n. 2 è chiusa per lavori di ristrutturazione;


nell'ottavo reparto, la cella n.1 ospita 4 internati; «fino a poco tempo fa qua dentro eravamo in 9», sottolineano gli internati; la cella si presenta in condizioni strutturali pessime; sui muri sono applicati fogli di giornale per evitare che l'intonaco cada sui letti; il tetto del bagno è in cemento-amianto; gli internati lamentano carenze nel rapporto con gli educatori: «qui non si vedono»; lamentano la carenza di lavoro e la scarsa retribuzione: «la retribuzione massima per i "fortunati" che lavorano è di 160 euro, a cui vanno sottratte le spese di mantenimento»;


R.A., proveniente da Napoli, afferma di aver terminato il 26 giugno 2010 l'anno di internamento che era stato disposto nei suoi confronti e lamenta il fatto che non gli sia stato notificato alcun provvedimento: «sarei dovuto rimanere solo un anno, ma sto qui da un anno e mezzo e non mi hanno mai notificato niente»;


G.D.M afferma di non fare un colloquio con i familiari da 7 mesi; ha cinque figli che vivono a Salerno e vorrebbe essere trasferito in una casa di lavoro meno distante dalla sua famiglia; G.D.M lamenta gravi carenze nell'assistenza sanitaria: «ho seri problemi cardiaci e ho perso l'occhio sinistro a causa di un incidente stradale, chiedo assistenza da 4 mesi ma qui non mi curano e rischio di perdere anche l'altro occhio; ho un'invalidità dell'80 per cento non ce la faccio più a soffrire così»;


M.F., proveniente da Cosenza, racconta: «ho cominciato a fare uso di sostanze stupefacenti a 11 anni; ho finito la mia pena nel 2006, sono stato in ospedale psichiatrico giudiziario ad Aversa, lì sono stato legato varie volte, mi hanno anche picchiato...»; M.F. prosegue: «quando sono uscito non avevo dove andare, mio padre e mia madre sono morti, io dormivo sulla spiaggia e camminavo a piedi scalzi, stavo male dal punto di vista fisico e psicologico, sudavo a fiumi»; e aggiunge, iniziando a piangere: «mi sono venuti a prendere il 2 ottobre, mi hanno portato qui senza motivo, ma io ho già pagato i miei conti con la giustizia! Ora sto male, non dormo la notte, ho psicosi cronica e paranoia, sento chiasso in testa, non ce la faccio più»;


la cella n. 2 ospita 6 persone:


R.B., residente a Paternò (Catania), lamenta la mancata concessione di licenze: «se non chiudono le relazioni di sintesi per noi è un problema; inoltre, i magistrati di sorveglianza cambiano spesso: in 8 mesi ne ho visti 2; se ci fosse un magistrato di sorveglianza fisso sarebbe meglio». R.B. racconta di aver fatto domanda per andare alcuni giorni a raccogliere le olive nel terreno di suo padre, che è morto; «la mia famiglia è povera, da questa attività avrei potuto ricavare un po' di denaro per mantenerla»; il magistrato di sorveglianza - a detta di R.B, - non avrebbe acconsentito perché non era stata redatta la relazione di sintesi; in 7 mesi R.B. ha fatto un solo colloquio con la moglie e, aggiunge «devo ringraziare il mio compagno di cella, pure lui della provincia di Catania, che ha fatto portare mia moglie dalla sua famiglia, altrimenti non l'avrei potuta incontrare»;


i ristretti lamentano che il prezzo di molti articoli del sopravitto è superiore al prezzo di mercato: «i tovaglioli, ad esempio, qui costano 3 euro; se ci consentissero l'invio da parte dei nostri familiari avremmo un risparmio: perché costringere le persone che stanno qua ad acquistare, ad un prezzo più alto, prodotti che fuori costano meno?»;


lamentano anche l'inadeguatezza della struttura in cui sono ristretti: «qui siamo all'acqua e al vento»; tutte le celle si affacciano su un cortile-passeggio senza copertura e sono sprovviste di doccia; a detta degli internati, la direzione del carcere non permette l'ingresso di cappotti pesanti;


nella cella n. 3 sono presenti 5 internati; il bagno non ha il tetto («prima era in amianto», dicono) e come copertura sono state applicate le buste di plastica nere che si utilizzano per la spazzatura, che si prolungano fino a coprire il piccolo piano con il fornello, per evitare cadute di intonaco sullo stesso; anche nella parte bassa della porta d'ingresso della cella è applicata una busta nera («per evitare che entrino piccioni e topi», affermano gli internati); il rapporto con gli educatori è una delle maggiori criticità dell'istituto, a detta degli internati; anche loro lamentano il fatto di non poter indossare un cappotto e mostrano un giubbetto di cotone e la parte di sopra di una tuta: «questi sono i giubbotti più caldi che abbiamo!»; anche loro lamentano: «i prezzi del sopravitto sono più cari del prezzo di mercato, e rispetto al listino del carcere di Trapani abbiamo meno prodotti e a prezzi più cari»; a detta degli agenti di polizia penitenziaria, i prezzi all'interno del carcere sono in linea con i prezzi dell'isola di Favignana;


L.C., proveniente da Napoli, afferma che in data 10 maggio 2010 pesava 105 chilogrammi mentre in data 29 ottobre 2010 il suo peso corporeo era di 77 chilogrammi; L.C. si trova nella casa di lavoro di Favignana da 6 mesi e dovrà stare ancora un anno e mezzo. Dice di essere schizofrenico e fortemente depresso, e di essere stato in passato in un ospedale psichiatrico giudiziario; inoltre afferma di essere malato di diabete e aggiunge: «sto perdendo la gamba sinistra, da un mese e mezzo ho fatto la richiesta per una stampella»; già 6 mesi fa, al momento del suo ingresso nella struttura, ha fatto richiesta di essere trasferito in un istituto meno distante dalla famiglia: «vorrei andare a Sulmona, dove c'è un presidio medico»; la moglie è gravemente malata («ha un tumore», dice); L.C. lamenta il fatto di non aver potuto partecipare al matrimonio della figlia, lo scorso 13 settembre; «anche il magistrato di sorveglianza - afferma L.C. - ha statuito che non posso stare in qui»;


anche F.C., residente a Viterbo, ha chiesto di essere trasferito in una struttura meno distante dalla sua famiglia: «non vedo i figli da 16 mesi, vorrei andare a Sulmona o a Modena». F.C. ammette il suo passato burrascoso ma sottolinea (lo aveva fatto anche a ferragosto) di essere stato raggiunto dalla misura di sicurezza detentiva quando già il suo passato era una pagina chiusa: «prima ero una capa malata, ma poi mi ero rifatto una vita, lavoravo sulle autoambulanze della Croce Rossa Italiana»;


A.I.,sottolinea i problemi strutturali e la presenza di topi, sia in cucina (dove ha lavorato) sia in cortile («escono dai tombini, a volte entrano nelle celle»);


G.E., di aver ricevuto un rapporto disciplinare per essersi presentato con un giubbino, al rientro dopo alcuni giorni di licenza;


E.H., cittadino italiano d'origine croata, si trova ristretto a Favignana da un mese, dopo aver scontato la sua pena nel carcere milanese di Opera. A Milano ha la moglie e i figli (di 3,7 e 10 anni); «vorrei avvicinarmi alla mia famiglia - dice -, perché devo stare a 1500 km di distanza?»;


le celle dei reparti quarto e ottavo si affacciano direttamente su cortili-passeggio privi di pensiline o coperture; quando piove, lamentano gli internati, il vitto si bagna; anche i panni (indumenti, biancheria, asciugamani etc.) degli internati vengono stesi nel cortile, coperti da buste nere di plastica per la spazzatura: «quando piove dobbiamo rilavare i panni», lamentano gli internati;


alcuni denunciano di dover acquistare buste nere per la spazzatura da utilizzare per la raccolta differenziata (3 buste al giorno per cella): «se non le acquistiamo, ci fanno un rapporto»;


gli agenti - rispondendo ad una domanda della prima firmataria del presente atto - affermano che la ASL di riferimento fa visite all'istituto ogni sei mesi, rilasciando «regolari» documenti di idoneità; nel reparto «isolamento», sono presenti 4 piccole celle, fredde e buie. Soltanto una ha il bagno separato, le altre tre hanno il wc alla turca a vista e il letto in ferro fissato al suolo;


«nudo a cella liscia» in isolamento, cioè completamente nudi e senza materasso, è il trattamento che viene minacciato e in alcuni casi riservato a chi dà in escandescenze, così avevano detto alcuni internati incontrati in precedenza;


nell'unica cella con bagno un cittadino cileno è ristretto da 5 giorni in isolamento giudiziario;


il passeggio del reparto «isolamento» è un rettangolo angusto di cemento con la grata a delimitare lo spazio superiore;


al reparto «osservazione» si accede, attraverso una porta, dal reparto «isolamento»: 11 celle che si affacciano su un corridoio lungo e stretto coperto da una pensilina; 5 celle sono vuote, 6 ospitano altrettanti internati; il reparto «osservazione» è un reparto ordinario della casa di lavoro, secondo quanto riferito dagli agenti che accompagnano la delegazione nella visita; tutte le celle sono prive di finestra; in molte celle il wc è a vista, con evidente lesione del diritto alla privacy;


nella cella n. 1 è ristretto un internato di Palermo; nella cella n. 2 è ristretto un internato di Milano in regime di sorveglianza particolare (ex articolo 14-bis dell'ordinamento penitenziario), proveniente dalla casa di lavoro di Castelfranco Emilia, in questa cella il wc è a vista;


nella cella n. 3 è ospitato un internato che lamenta: «non vedo l'assistente sociale da 10 mesi»;


anche in questa cella il wc è a vista;


nella cella n. 5 è ristretto un internato di nome R.I. che non riesce a spiegarsi il motivo della sua permanenza nella casa lavoro e dice: «sono uscito da carcere di Ancona nel 2006 e mi sono rifatto una vita in Spagna: mia moglie e mia figlia sono spagnole, e io in Spagna lavoravo ma adesso ho perso il lavoro!; se non vivo più in Italia ormai da anni, come faccio ad essere pericoloso?»; R.I. non vede la figlia da 8 mesi; in questa cella il wc è a vista; l'internato racconta che il suo avvocato spagnolo, non essendo al corrente del fatto che in Italia una persona possa essere carcerata anche senza una condanna da dover scontare, avendo appreso che il suo cliente era stato assegnato ad una casa di lavoro, gli ha detto: «le hanno dato una casa ed un lavoro, di cosa vi lamentate?»;


nella cella n. 8 è ristretto un internato che dice di trovarsi nella casa di lavoro di Favignana da 3 anni; anche in questa cella il wc è a vista;


l'interrogante conferma tutte le domande contenute nel precedente atto di sindacato ispettivo, auspicando quelle risposte che non possono più attendere per chi abbia a cuore la salvaguardia dei diritti umani garantiti dalla nostra Costituzione -:


se abbia intenzione di verificare la messa in atto di atteggiamenti punitivi da parte della direzione nei confronti dei detenuti e internati che hanno interloquito con la presentatrice del presente atto nel corso della precedente visita di sindacato ispettivo;


cosa intenda fare per garantire la pienezza della prerogativa di sindacato dei deputati prevista dall'articolo 67 dell'ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975);


quali siano i motivi della mancata apertura del nuovo istituto già prevista al 30 giugno 2010 in base a quale elementi si confermi costantemente l'agibilità dell'istituto visto quanto riportato in premessa.
(5-08188)