ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/06881

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 634 del 17/05/2012
Firmatari
Primo firmatario: GOISIS PAOLA
Gruppo: LEGA NORD PADANIA
Data firma: 17/05/2012
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
GIULIETTI GIUSEPPE MISTO-ALTRE COMPONENTI DEL GRUPPO 17/05/2012
RIVOLTA ERICA LEGA NORD PADANIA 17/05/2012


Commissione assegnataria
Commissione: VII COMMISSIONE (CULTURA, SCIENZA E ISTRUZIONE)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA' CULTURALI
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA' CULTURALI delegato in data 17/05/2012
Stato iter:
21/06/2012
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 21/06/2012
Resoconto CECCHI ROBERTO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (BENI E ATTIVITA' CULTURALI)
 
REPLICA 21/06/2012
Resoconto GOISIS PAOLA LEGA NORD PADANIA
Fasi iter:

MODIFICATO PER COMMISSIONE ASSEGNATARIA IL 17/05/2012

DISCUSSIONE IL 21/06/2012

SVOLTO IL 21/06/2012

CONCLUSO IL 21/06/2012

Atto Camera

Interrogazione a risposta in Commissione 5-06881
presentata da
PAOLA GOISIS
giovedì 17 maggio 2012, seduta n.634

GOISIS, GIULIETTI e RIVOLTA. -
Al Ministro per i beni e le attività culturali.
- Per sapere - premesso che:


il consiglio d'amministrazione della RAI sta trattando da parecchi anni la vendita di palazzo Labia, che ospita la sede regionale del Veneto;


palazzo Labia è un palazzo barocco del sestiere di Cannaregio a Venezia, costruito tra il XVII ed il XVIII secolo;


l'edificio è tutelato dal Ministro per i beni e le attività culturali e si sviluppa su 7.500 metri quadri: un vero e proprio gioiello con splendide opere d'arte tra cui gli affreschi di Giambattista Tiepolo, che nel «salone da ballo» dipinse uno dei suoi capolavori, il ciclo di affreschi dedicato alle Storie di Antonio e Cleopatra, su commissione dei fratelli Angelo Maria e Paolo Antonio Labia;


molte altre sale del palazzo sono decorate da numerosi e interessanti dipinti, arazzi e sculture d'epoca: vi si trovano opere di Giandomenico Tiepolo, Palma il Giovane, Giambattista Canal, Placido Costanzi, Agostino Masucci, Pompeo Batoni, Gregorio Lazzarini, Gaspare Diziani, Antonio Visentini; notevoli sono il ciclo di arazzi fiamminghi con Storie di Scipione;


affiancato alla chiesa di San Geremia, l'edificio è situato vicino alla confluenza del Canale di Cannaregio nel Canal Grande, verso i quali rivolge le due facciate più antiche;


le facciate sui canali, attribuite variamente ad Andrea Cominelli, ad Alessandro Tremignon ed al figlio Paolo, riprendono modelli del Longhena. Presentano un pianterreno dorico bugnato e piani superiori di ordine ionico e corinzio con finestre ornate da mascheroni e balconate continue. Sull'attico sono scolpite le aquile araldiche dei Labia, alternate ad oculi ovali; la facciata sul campo, realizzata intorno al 1730, riprende, semplificandolo, lo stile delle altre due;


come si ricorderà l'azienda televisiva quattro anni fa aveva dato mandato a un advisor immobiliare del gruppo «American Appraisal (Reag-Real Estate Advisor Group) per curare l'operazione e il bando era stato pubblicato anche sulla stampa internazionale;


la presentazione di offerte non vincolanti si è conclusa il 7 maggio 2008, a ciò ha fatto seguito una scrematura dei potenziali acquirenti, chiusa nel 2009, a seguito della revoca dell'offerta da parte degli acquirenti (una cordata di investitori arabi, pronti a trasformare il palazzo in un resort di extra-lusso), probabilmente scoraggiati dal «vincolo di non adibire il palazzo a sede alberghiera»;


attualmente la direttrice generale della RAI avrebbe rilanciato il progetto di alienazione dell'immobile settecentesco, la cui vendita frutterebbe un ricavo di circa 30 milioni di euro, pare necessari a coprire parzialmente il deficit di bilancio dell'azienda;


si tratterebbe in definitiva di quella che agli interroganti appare una necessità di «fare cassa», sia pure in assenza di un piano editoriale e industriale dentro il quale inquadrare il ruolo della Rai in Veneto;


da notizie diffuse dalla stampa locale, il sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, per garantire la fruizione pubblica dell'immobile ne avrebbe proposto l'acquisizione da parte della Fondazione Musei, con il contributo di una cordata di finanziatori privati (costo ipotizzato oggi circa 40 milioni di euro), a grande museo, per l'esposizione di pezzi pregiati delle collezioni veneziane, oggi in gran parte nei magazzini del Correr, del Ducale e di Ca' Rezzonico, per completare così il giro museale della città e offrire uno spazio prestigioso a chi arriva da piazzale Roma e dalla stazione;


la predetta iniziativa presenta, ad avviso degli interroganti, molte opacità, poiché le risorse da investire a Palazzo Labia, dovrebbero essere in parte attinte dai 20 milioni di euro incassati per la vendita del museo «Ca' Corner della Regina» (sede prestigiosa per esposizioni di opere d'arte d'alto valore artistico) - in un primo tempo affidata alla Fondazione Musei - e confluire nelle casse della Fondazione medesima; un'iniziativa secondo gli interroganti del tutto incomprensibile se si considera che il comune dispone attualmente di ben 18 palazzi, messi in vendita, all'interno dei quali il sindaco avrebbe potuto trovare gli spazi da adibire a musei;


si tratterebbe quindi di una proposta priva di contropartite reali sul futuro di un immobile di così alto valore storico - artistico;


la trasformazione dei musei in fondazioni di partecipazione, costruite secondo una teoria economica che considera possibile l'istituzione di fondazioni senza fondi, il cui patrimonio spesso puramente virtuale e consiste solo nella speranza di generosi interventi privati, è spesso deludente, sia sul piano economico, sia su quello culturale. In assenza di massicci interventi privati che la teoria economica assicurerebbe, tali musei concentrano tutti i loro sforzi non sull'attività culturale, ma verso la ricerca del denaro indispensabile alla sopravvivenza fisica della fondazione. Inoltre, essi non sono in grado di svolgere un'attività culturale autonoma, in quanto devono sottostare alle condizioni imposte dai pochi finanziatori (mai disinteressati), sia per ciò che riguarda i contenuti, sia per quanto riguarda le linee generali di sviluppo;


per fare un solo esempio, il rinnovamento delle esposizioni del Museo della scienza e della tecnologia di Milano, trasformato in fondazione nel 2000, appare condizionato dalle imprese che finanziano i settori di loro interesse (la sala dell'arte orafa, la sala del tempo e altro). Lo stesso museo ha, inoltre, sviluppato soprattutto l'attività didattica a livello scolare, in quanto la sola in grado di fornire alti numeri di presenza;


secondo l'opinione del professor Romanelli (già direttore dei musei civici veneziani), dal punto di vista culturale, l'iniziativa del sindaco sull'utilizzo di Palazzo Labia, creerebbe un doppione del museo settecentesco «Ca' Rezzonico», peraltro scarsamente visitato;


purtroppo la redditività della cultura in generale, e dei musei in particolare, è limitata e non copre che una minima parte dei costi di gestione. Il museo - affermano esperti conoscitori del settore - è un'azienda che ha talmente tanti settori improduttivi che può - paradossalmente - raggiungere la parità di bilancio solo se abdica alle sue funzioni culturali fondamentali, se taglia le attività improduttive - studio scientifico, comunicazione culturale - avvicinandosi sempre più a un qualche cosa che sta fra il centro commerciale e il Luna Park;


nel caso in cui il Palazzo storico in questione dovesse essere ceduto a gruppi di investitori privati, vere e proprie oligarchie economiche, il risultato sarebbe quello di privare la comunità sociale di un suo diritto fondamentale, che è quello di gestire coralmente la propria storia e le proprie tradizioni culturali;


un gruppo privato che accetta di investire e gestire una frazione del patrimonio culturale, o un'istituzione culturale, sono ad avviso degli interroganti sempre mossi da un interesse personale, anche quando questo è mascherato da disinteressato mecenatismo; essi cercano vantaggi economici, benefici che possono derivare dallo sfruttamento dell'immagine, dalla possibilità di manipolare a proprio favore la realtà, o dalla capacità di comunicare messaggi funzionali al rafforzamento o al mantenimento del potere;


l'articolo 24 del codice dei beni culturali e del paesaggio stabilisce per i beni culturali degli enti pubblici la stessa disciplina prevista per i beni culturali degli enti territoriali; qualunque atto di alienazione va preventivamente autorizzato dal Ministero per i beni e le attività culturali. L'autorizzazione va concessa con piena discrezionalità e comunque va negata se ne derivi danno per la conservazione del bene o per la sua utilizzazione per il pubblico godimento. È in ogni caso prevista la prelazione, con analoga procedura stabilita per i beni in proprietà ai privati persone fisiche, ed è da ritenersi che il termine per l'esercizio della stessa debba farsi decorrere dal momento in cui il Ministero dei beni culturali abbia avuto formale informazione, dalle parti del contratto posto in essere, con speciale riferimento al prezzo e ai soggetti interessati alla negoziazione;


nel codice dei beni culturali e del paesaggio è difatti indicata come imprescindibile non solo la garanzia per la «tutela», ma anche per il pubblico godimento e la «valorizzazione» dei beni storico-artistici alienabili che nell'accezione datane all'articolo 6 dello stesso codice comprende anche attività dirette a promuoverne la conoscenza nonché ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica» dei beni stessi. L'indicazione positiva delle destinazioni d'uso cui è possibile adibire il bene successivamente al passaggio di proprietà, poi, rappresenta un momento particolarmente significativo. Il passaggio dal divieto di usi incompatibili - contenuto con previsione generale per tutti i beni culturali all'articolo 20 del codice -, riconducibile alle limitazioni amministrative alle facoltà dei privati attraverso cui storicamente era stato ricostruito il regime di tutela, a una regolazione che stabilisca in anticipo e in positivo gli usi compatibili appare di forte spessore in quanto momento regolativo di conformazione della condotta del futuro proprietario privato, strumento idoneo a rendere la proprietà privata del bene compatibile con l'esplicarsi della vocazione propria del bene culturale, quand'anche in mani non più pubbliche;


ciononostante, la normativa vigente non prevede il controllo, successivo all'alienazione, del comportamento dei titolari del bene venduto, in particolare in ordine all'orientamento effettivo di esso alla fruizione collettiva. A fronte della clausola penale e della clausola risolutiva espressa del negozio di trasmissione della proprietà in caso di non rispetto delle condizioni poste dal Ministero per l'alienazione - che dunque comportava - secondo la normativa previgente - il venir meno del contratto di vendita e il ritorno del bene «in mano pubblica» -, il codice non prevede alcuna sanzione collegata all'inadempimento delle indicazioni sopra esplicitate. Nulla è previsto, infatti, in aggiunta alle generali prescrizioni dell'articolo 20 - il divieto di adibire beni culturali ad usi incompatibili con il loro carattere storico-artistico e alla sanzione penale di cui all'articolo 170 - «uso illecito», che punisce chi «destina i beni culturali» «ad uso incompatibile con il loro carattere storico o artistico; inoltre, nessun potere di vigilanza specifico è attribuito al Ministero in ordine al rispetto delle condizioni contenute nell'autorizzazione, al di là del generale potere di controllo su tutti i beni culturali -:


quali iniziative alla luce delle considerazioni esposte in premessa, intenda intraprendere a tutela di palazzo Labia, anche al fine di evitare che tale patrimonio inestimabile sia alienato per essere adibito a show room di importanti firme della moda italiana e straniera, a vetrina di aziende di lusso o a resort di lusso per sceicchi arabi, col rischio di manipolare per ragioni economiche il valore rappresentativo e identitario del patrimonio culturale stesso;


se, di fronte alle insufficienti e ambigue prospettive di destinazione d'uso del bene medesimo, non ritenga opportuno istituire un tavolo tecnico tra tutti i soggetti interessati (Rai, enti territoriali, soprintendenza regionale), per impedire la «svendita del bene per motivi di assetti finanziari aziendali», promuovendo una convenzione ad hoc, per contribuire a trasformare il centro culturale Labia in uno strumento di attività culturali e artistiche di grande profilo e utilità per il turismo, il lavoro, la crescita sociale dell'intero territorio, anche in vista della candidatura di Venezia a capitale europea della cultura 2019. (5-06881)