ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/06760

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 628 del 08/05/2012
Ex numero atto
Precedente numero assegnato: 4/15592
Firmatari
Primo firmatario: BERNARDINI RITA
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 07/05/2012
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BELTRANDI MARCO PARTITO DEMOCRATICO 07/05/2012
FARINA COSCIONI MARIA ANTONIETTA PARTITO DEMOCRATICO 07/05/2012
MECACCI MATTEO PARTITO DEMOCRATICO 07/05/2012
TURCO MAURIZIO PARTITO DEMOCRATICO 07/05/2012
ZAMPARUTTI ELISABETTA PARTITO DEMOCRATICO 07/05/2012


Commissione assegnataria
Commissione: II COMMISSIONE (GIUSTIZIA)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
  • MINISTERO DELLA SALUTE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA delegato in data 07/05/2012
Stato iter:
24/05/2012
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 24/05/2012
Resoconto MAZZAMUTO SALVATORE SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (GIUSTIZIA)
 
REPLICA 24/05/2012
Resoconto BERNARDINI RITA PARTITO DEMOCRATICO
Fasi iter:

MODIFICATO PER COMMISSIONE ASSEGNATARIA IL 08/05/2012

DISCUSSIONE IL 24/05/2012

SVOLTO IL 24/05/2012

CONCLUSO IL 24/05/2012

Atto Camera

Interrogazione a risposta in Commissione 5-06760
presentata da
RITA BERNARDINI
martedì 8 maggio 2012, seduta n.628

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. -
Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute.
- Per sapere - premesso che:


il signor Giuseppe Marfia, 73 anni, si trova attualmente detenuto nel carcere di Spoleto per l'espiazione della pena dell'ergastolo, relativa ad una condanna per concorso in un omicidio, contestato come commesso il 19 gennaio 1980;


in più occasioni l'avvocato del Marfia ha chiesto per il suo assistito la sospensione dell'esecuzione pena per gravi motivi di salute, se del caso anche mediante l'applicazione della detenzione domiciliare cosiddetta per «motivi umanitari»;


il tribunale di sorveglianza di Palermo, nel 2009, e quello di Perugia, nel 2010, hanno respinto le istanze della difesa sul presupposto che il dirigente sanitario, pure evidenziando le gravi patologie dalle quali il detenuto è affetto, aveva comunque ritenuto lo stato patologico complessivo dell'uomo compatibile con il regime carcerario;


le condizioni di salute del detenuto - persona già operata per due diversi carcinomi nel 2005 e che aveva contratto l'epatite C - restano comunque gravi e necessitano di svariati controlli, sicché il suo avvocato difensore ha scritto più volte al direttore del carcere per sollecitare gli esami e le visite cui sottoporre il detenuto;


in data 13 luglio 2011, il difensore del detenuto, stante il continuo aggravarsi delle condizioni di salute del suo assistito, depositava un'ulteriore istanza di sospensione esecuzione pena al magistrato di sorveglianza di Spoleto evidenziando il degenerare della epatopatia correlata all'HCV e la diagnosticata encefalopatia degenerativa e/o tossica;


a seguito di tale richiesta, il magistrato di sorveglianza chiedeva una relazione al dirigente sanitario della casa circondariale di Spoleto il quale, nella relazione sanitaria del 6 agosto 2011, evidenziava quanto segue: «(...) considerato che il paziente è dimagrito fortemente e gradatamente nel corso del tempo, considerando le precarie condizioni fisiche e di deambulazione e le patologie sopra esposte si ritiene che il paziente necessita di cure costanti e controlli frequenti presso strutture esterne territoriali (...)». E ancora, nella successiva relazione sanitaria del 23 agosto 2011, scriveva: «(...) Si chiarisce che il detenuto è sofferente di patologie importanti e già segnalate e che le sue condizioni vanno progressivamente scadendo, pertanto si rimanda alle decisioni che ella vorrà prendere riguardo alla detenzione specificando che sarebbe stata nostra cura segnalare la possibilità di ricovero presso un CDT dell'APP se ciò fosse stato risolutivo o utile per il paziente (...)»;


nonostante le predette relazioni, in data 26 agosto 2011, il magistrato di sorveglianza di Spoleto rigettava l'istanza di sospensione esecuzione pena ed inviava gli atti per il prosieguo al tribunale di sorveglianza di Perugia rilevando che «in particolare non viene segnalata assoluta incompatibilità con il regime carcerario» e che nell'istanza della difesa non sarebbero state indicate cure migliori o diverse che il condannato potrebbe ricevere in ambiente libero;


fissata dal tribunale di sorveglianza di Perugia l'udienza del 6 ottobre 2011, perveniva dalla casa circondariale una nuova relazione sanitaria del 29 settembre 2011, nella quale il dirigente sanitario evidenziando ulteriori peggioramenti del detenuto scriveva quanto segue: «(...) considerando le condizioni molto scadute, le pluripatologie severe da cui è affetto l'uomo, il peggioramento costante delle condizioni fisiche e degli esami di laboratorio, evidenziato che nonostante i numerosissimi esami e le visite specialistiche eseguite non si è giunti ad una diagnosi certa, si conclude che il paziente ha bisogno di continui e costanti controlli ultra specialistici presso strutture sanitarie territoriali e nazionali, e che quindi non può essere seriamente curato presso i CDT dell'APP in cui rischierebbe solo di cronicizzare senza mai risolvere i suoi problemi di salute e a parere dello scrivente non è compatibile con il regime carcerario almeno fino a risoluzione delle gravi patologie da cui è affetto. Si invita il Magistrato di Sorveglianza a decidere in tempi rapidi anche nominando un proprio perito, se lo riterrà opportuno, affinché il paziente possa avere la possibilità di curarsi adeguatamente e scegliersi autonomamente le strutture sanitarie migliori prima che le patologie stesse prendano il sopravvento e diventino irreversibili (...)»;


all'esito della predetta udienza però il tribunale di sorveglianza decideva di non scarcerare il detenuto ammalato e nominava un Ctu per valutare la compatibilità dello stesso con il regime carcerario;


la trattazione del procedimento veniva dunque rinviata dapprima al 27 ottobre 2011 e, successivamente, dopo il giuramento del medico legale, al 19 gennaio 2012. Nel frattempo, l'avvocato del detenuto chiedeva al dirigente sanitario un aggiornamento circa le condizioni di salute del Marfia. Il dirigente sanitario redigeva in data 17 gennaio 2012 una nuova relazione nella quale nel ribadirsi l'incompatibilità delle condizioni patologiche del detenuto con il regime carcerario, dava contezza dell'esito dei nuovi esami effettuati rilevando tra l'altro quanto alla patologia epatica la «presenza di sciuni porto cavali (...) presenza di modesta quota di liquido libero in sede pelvica», nonché un ulteriore peggioramento dei livelli ematici a distanza di un solo mese dall'ultimo controllo, «tale riduzione spiega l'astenia, la scarsa concentrazione e i momenti di disorientamento del paziente da riferire anche alla sofferenza cerebrale di natura degenerativa»;


inoltre la predetta relazione del dirigente sanitario evidenziava, come esito di una ecografia tiroidea, «la presenza di piccoli linfonodi di natura reattiva in sede laterocervicale bilaterale, per cui è stata richiesta una consulenza specialistica»; inoltre rilevava che la valutazione neuropsicologica di controllo già richiesta da qualche mese e già programmata non era stata ancora effettuata;


nel frattempo il Ctu nominato dal tribunale di sorveglianza depositava la propria perizia concludendo che «a causa delle molteplici gravi patologie croniche ad andamento evolutivo da cui il Marfia risulta affetto, lo stesso necessita di terapie farmacologiche e di continuo monitoraggio clinico finalizzato al tempestivo rilievo di qualsiasi variazione, più o meno acuta, delle sue condizioni cliniche e/o delle possibili complicanze, che possono essere effettuati in qualsiasi casa di reclusione dotata di una guardia medica nonché di periodici controlli specialistici, laboratoristici e strumentali, secondo quanto precedentemente indicato, la maggior parte dei quali possono essere eseguiti soltanto presso strutture sanitarie esterne»;


nel corso dell'udienza del 19 gennaio 2012, il procuratore generale si opponeva alla richiesta di sospensione dell'esecuzione pena sulla scorta delle conclusioni della consulenza tecnica d'ufficio depositata, dicendosi in subordine favorevole all'inserimento del detenuto in una casa circondariale dotata di centro clinico. Il tribunale, preso atto delle osservazioni della difesa, decideva di chiamare a chiarimenti il consulente tecnico d'ufficio, il quale, all'udienza del 23 febbraio 2012, sosteneva, tra le altre cose, che il detenuto non era stato operato al ginocchio perché vi aveva rinunciato e che era guarito dalla cataratta bilaterale. A questo punto il tribunale consentiva alla difesa di formulare ulteriori quesiti al Ctu, dando ulteriore termine a quest'ultimo per sottoporre il detenuto ad una visita specialistica oculistica e ad una cardiologia, al fine di valutare meglio il quadro generale e rispondere ai quesiti della difesa;


ad oggi pare che il Ctu non abbia ancora provveduto alle visite specialistiche necessarie per integrare la sua perizia; nel frattempo, precisamente in data 16 marzo 2012, il difensore del Marfia ha inoltrato al magistrato di sorveglianza di Spoleto una nuova istanza, stavolta ex articolo 11 ordinamento penitenziario, al fine di ottenere che il suo assistito venga sottoposto, al più presto alla visita specialistica già indicata come necessaria nella relazione sanitaria del 17 gennaio 2012, poiché si è paventata al detenuto la possibilità della presenza di un nuovo tumore, con conseguente necessità di intervento chirurgico;


attualmente non risulta che le visite specialistiche, quella ai linfonodi, quella neurologica, prescritta a dicembre 2010, e quella psichiatrica richiesta nell'agosto 2011, siano state effettuate; pertanto - indipendentemente dalle valutazioni che saranno operate dal Ctu e, successivamente, dal tribunale di sorveglianza - resta incontrovertibile che un detenuto, ammalato grave, attende inutilmente, dallo scorso mese di agosto, che le sue patologie siano seriamente diagnosticate e curate;


decorsi oltre cinque mesi da quando il dirigente sanitario ha certificato, senza possibilità di dubbio od interpretazioni plurime, l'assoluta incompatibilità delle condizioni di salute del Marfia col regime carcerario, quest'ultimo risulta essere ancora detenuto, peraltro non in un centro diagnostico terapeutico, ed attende ancora le visite specialistiche indicate come necessarie da oltre un anno;


il trattamento penitenziario deve essere realizzato secondo modalità tali da garantire a ciascun detenuto il diritto inviolabile al rispetto della propria dignità, sancito dagli articoli 2 e 3 della Costituzione; dagli articoli 1 e 4 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 2000; dagli articoli 7 e 10 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1977; dall'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali del 1950; dagli articoli 1 e 5 della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948; nonché dagli articoli 1, 2 e 3 della raccomandazione del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa del 12 febbraio 1987, recante «Regole minime per il trattamento dei detenuti» e dall'articolo 1 della Raccomandazione (2006)2 del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa dell'11 gennaio 2006, sulle norme penitenziarie in ambito europeo;


il diritto alla salute, sancito dall'articolo 32 della Costituzione, rappresenta un diritto inviolabile della persona umana, non suscettibile di limitazione alcuna e idoneo a costituire un parametro di legittimità della stessa esecuzione della pena, che non può in alcuna misura svolgersi secondo modalità idonee a pregiudicare il diritto del detenuto alla salute ed alla salvaguardia della propria incolumità psico-fisica;


l'articolo 11 della legge 26 luglio 1975, n. 354, sancisce una rigorosa disciplina in ordine alle modalità ed ai requisiti del servizio sanitario di ogni istituto di pena, prescrivendo tra l'altro che «ove siano necessari cure o accertamenti diagnostici che non possono essere apprestati dai servizi sanitari degli istituti, i condannati e gli internati sono trasferiti (...) in ospedali civili o in altri luoghi esterni di cura»;


la recente sentenza della Corte di cassazione n. 46479/2011, del 14 dicembre 2011 ha evidenziato, fra l'altro, come «il diritto alla salute del detenuto va tutelato anche al di sopra delle esigenze di sicurezza sicché, in presenza di gravi patologie, si impone la sottoposizione al regime degli arresti domiciliari o comunque il ricovero in idonee strutture»;


a giudizio della prima firmataria del presente atto, è necessario un intervento urgente al fine di verificare le reali condizioni di salute del detenuto in questione, affinché siano adottati i provvedimenti più opportuni, per garantire che l'espiazione della pena non si traduca di fatto in un'illegittima violazione dei diritti umani fondamentali, secondo modalità tali peraltro da pregiudicarne irreversibilmente le condizioni psico-fisiche, già gravemente compromesse -:


di quali informazioni dispongano circa i fatti narrati in premessa;


se risulti per quali motivi il detenuto in questione non sia ancora stato sottoposto alla visita specialistica ai linfonodi, a quella neurologica, prescritta a dicembre 2010, ed a quella psichiatrica richiesta nell'agosto 2011;


se il Ministro della giustizia intenda assumere iniziative ai fini dell'esercizio dei poteri di competenza, in rapporto ai fatti esposti in premessa e quali ulteriori iniziative si intendano assumere per quanto di competenza al fine di tutelare il diritto alla salute del signor Giuseppe Marfia.
(5-06760)