ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/06219

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 589 del 21/02/2012
Firmatari
Primo firmatario: BERNARDINI RITA
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 21/02/2012
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BELTRANDI MARCO PARTITO DEMOCRATICO 21/02/2012
FARINA COSCIONI MARIA ANTONIETTA PARTITO DEMOCRATICO 21/02/2012
MECACCI MATTEO PARTITO DEMOCRATICO 21/02/2012
TURCO MAURIZIO PARTITO DEMOCRATICO 21/02/2012
ZAMPARUTTI ELISABETTA PARTITO DEMOCRATICO 21/02/2012


Commissione assegnataria
Commissione: II COMMISSIONE (GIUSTIZIA)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
  • MINISTERO DELL'INTERNO
Ministero/i delegato/i a rispondere e data delega
Delegato a rispondere Data delega
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 21/02/2012
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'INTERNO delegato in data 22/03/2012
Stato iter:
22/03/2012
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 22/03/2012
Resoconto DE STEFANO CARLO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (INTERNO)
 
REPLICA 22/03/2012
Resoconto BERNARDINI RITA PARTITO DEMOCRATICO
Fasi iter:

MODIFICATO PER COMMISSIONE ASSEGNATARIA IL 21/02/2012

MODIFICATO PER MINISTRO DELEGATO IL 22/03/2012

DISCUSSIONE IL 22/03/2012

SVOLTO IL 22/03/2012

CONCLUSO IL 22/03/2012

Atto Camera

Interrogazione a risposta in Commissione 5-06219
presentata da
RITA BERNARDINI
martedì 21 febbraio 2012, seduta n.589

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. -
Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno.
- Per sapere - premesso che:



nel suo ultimo libro, intitolato «Colpo al cuore. Dai pentiti ai metodi speciali: come lo Stato uccise le Br. La storia mai raccontata», il giornalista, scrittore e opinionista Nicola Rao si sofferma diffusamente anche sui metodi e sul trattamento violento riservato negli anni '70 e '80 dalle forze dell'ordine ai presunti terroristi durante gli interrogatori di polizia;



in particolare, Nicola Rao cita la speciale squadretta addetta alle sevizie - tra le quali rientrava anche la tecnica del waterboarding ovvero del soffocamento con acqua e sale - a capo della quale allora vi era il funzionario dell'Ucigos (oggi Polizia di prevenzione) conosciuto con il nome di «Professor De Tormentis»: la squadretta in questione si muoveva - tra la fine degli anni Settanta e i primissimi anni Ottanta - tra le questure e le caserme d'Italia per estorcere informazioni ai militanti, o supposti tali, delle Brigate Rosse;



già il 17 giugno 2007 Salvatore Genova, uno dei funzionari di polizia protagonisti dell'antiterrorismo dei primi anni Ottanta, persona coinvolta nell'inchiesta contro le sevizie praticate ai brigatisti che avevano sequestrato il generale Dozier, cominciò a testimoniare quanto aveva visto rilasciando una intervista a Matteo Indice sul Secolo XIX. La prima firmataria del presente atto ritiene utile riportarne alcuni significativi stralci: «(...) Ci furono torture e pestaggi inutili anche nel periodo della lotta al terrorismo, nei confronti di alcuni brigatisti arrestati. Ma allora, come oggi, nonostante ripetute sollecitazioni a fare chiarezza, lettere protocollate e incontri riservatissimi, ci si è ben guardati dall'avviare i doverosi accertamenti. Si è preferito, in base a logiche di potere, lasciare che l'opinione pubblica rimanesse nell'incertezza, con il risultato di delegittimare tutto il Corpo (...). Tutto ciò dimostra come nella storia d'Italia, nei casi in cui più gravemente la polizia s'è macchiata di aggressioni "politiche" ad opera di gruppi molto ristretti, si è aggirata la strada più coerente, quella dell'inchiesta amministrativa. (...) Nei primi anni Ottanta esistevano due gruppi di cui tutti sapevano: "I vendicatori della notte" e "I cinque dell'Ave Maria". I primi operavano nella caserma di Padova, dov'erano detenuti i brigatisti fermati per Dozier (oltre a Cesare Di Lenardo c'erano Antonio Savasta, Emilia Libera, Emanuela Frascella e Giovanni Ciucci). Succedeva esattamente quello che i terroristi hanno raccontato: li legavano con gli occhi bendati, com'era scritto persino su un ordine di servizio, e poi erano costretti a bere abbondanti dosi di acqua e sale. Una volta, presentandomi al mattino per un colloquio, Savasta mi disse: "Ma perché continuano a torturarci se stiamo collaborando?". Le violenze avvenivano di notte, naturalmente, e poi è stato facile nascondere le acque mandando sotto processo le persone sbagliate. Le stesse che ancora oggi, pur assolte, continuano a ricevere minacce. E allora: perché per quasi vent'anni, a dispetto delle reiterate sollecitazioni, non si è mai voluta affrontare sul serio quella pagina? (...) Ovunque era nota l'esistenza della "squadretta torturatori" che si muoveva in più zone d'Italia, poiché altri Br (in particolare Ennio Di Rocco e Stefano Putrella, bloccati dalla Digos di Roma) avevano già denunciato procedure identiche. Non sarebbe stato difficile individuarne nomi, cognomi e "mandanti" a quei tempi (...)»;



una settimana dopo l'intervista di Salvatore Genova, colui che negli anni ottanta il funzionario dell'Ucigos meglio noto come «Professor De Tormentis» decise di rilasciare le seguenti dichiarazioni allo stesso Matteo Indice del Secolo XIX: «Ammesso, e assolutamente non concesso, che ci si debba arrivare, la tortura - se così si può definire - è l'unico modo, soprattutto quando ricevi pressioni per risolvere il caso costi quel che costi. Se ci sei dentro non ti puoi fermare, come un chirurgo che ha iniziato un'operazione, devi andare fino in fondo. Quelli dell'Ave Maria esistevano, erano miei fedelissimi che sapevano usare tecniche "particolari" d'interrogatorio, a dir poco vitali in certi momenti (...). Io ero un duro che insegnava ai sottoposti lealtà e inorridiva per la corruzione. Occorreva ristabilire un forma di "auctoritas", con ogni metodo. Tornassi indietro, rifarei tutto quello che ho fatto (...)»;




l'argomento dei metodi violenti e delle vere e proprie torture praticate dai funzionari di polizia nei confronti dei terroristi, è stato affrontato anche da Paolo Persichetti in un articolo apparso sulla rivista online contropiano.org intitolato: «Tortura: "De Tormentis" e i Cinque dell'Ave Maria». Nella circostanza Persichetti, dopo aver ricordato le dichiarazioni rilasciate alla stampa da Salvatore Genova e dal cosiddetto «Professor De Tormentis», ha scritto quanto segue: «(...) Oggi l'identità di De Tormentis è un segreto di Pulcinella. Lui stesso ha raccontato di aver prestato servizio in polizia per quasi tre decenni, uscendone con il grado di questore per poi esercitare la professione di avvocato. Accanto al questore Mangano partecipò alla cattura di Luciano Liggio; poi in servizio a Napoli sia alla squadra mobile che all'ispettorato antiterrorismo creato da Emilio Santillo, per approdare dopo lo scioglimento dei nuclei antiterrorismo all'Ucigos dove ha coordinato i blitz "più riservati". De Tormentis riferisce anche di essere raffigurato in una delle foto simbolo scattate in Via Caetani, tra gli investigatori vicini alla Renault 4 dove si trovava il corpo senza vita di Aldo Moro. In rete c'è traccia di un suo articolo scritto nel gennaio 2001, su un mensile massonico, nel quale esalta le tesi del giurista fascista Giorgio Del Vecchio, elogiando lo Stato etico, e rivendica per la polizia "i poteri di fermo, interrogatorio e autonomia investigativa". Nel 2004 ha avuto rapporti con Fiamma Tricolore di cui è stato commissario per la federazione provinciale di Napoli e, dulcis in fundo, ha partecipato come legale di un funzionario di polizia, tra l'86-87, ai processi contro la colonna napoletana delle Br, che non molto tempo prima aveva lui stesso smantellato senza risparmio di metodi "speciali". Una singolare commistione di ruoli tra funzione investigativa, emanazione del potere esecutivo, e funzioni di tutela all'interno di un iter che appartiene al giudiziario, che solo in uno stato di eccezione giudiziario, come quello italiano, si è arrivati a consentire (...)»;



in chiusura del suo articolo Persichetti scrive: «All'epoca Amnesty censì 30 casi di tortura nei primi tre mesi dell'82; il Ministro dell'Interno Rognoni ne riconobbe 12 davanti al Parlamento, ma il fenomeno fu molto più esteso (cf. «Le torture affiorate», Sensibili alle foglie, 1998). La tortura, scriveva Sartre: "Sconfessata - a volte, del resto, senza molta energia - ma sistematicamente applicata dietro la facciata della legalità democratica, può definirsi un'istituzione semiclandestina";



il movimento radicale, che da sempre basa la sua iniziativa politica ispirandosi ai fondamenti della lotta nonviolenta, rileva come le parole prima citate dei funzionari di polizia siano significativa testimonianza di una situazione che, nel suo essersi verificata, sarebbe assolutamente incompatibile con lo Stato democratico e di diritto, oltre a essere insostenibile davanti a quanto l'esperienza umana di ogni cultura insegna, e che trova in Gandhi immediata rispondenza nell'assunto che «la violenza semplicemente moltiplica il male» e che nel conseguente rifiuto di qualsiasi violenza quale mezzo disponibile di ogni società politicamente organizzata, contravviene in assoluto alla Costituzione (articoli 2, 13, 27, 28, 33, 54) e ad ogni legge nazionale in materia, e alle convenzioni internazionali più importanti quali la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (articolo 5), il Patto internazionale sui diritti civili e politici (articoli 6 e 7), la Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti;



in particolare, si rileva che l'Italia, non prevedendo nell'ordinamento delle sue leggi alcun reato specifico, né norme specifiche a protezione delle vittime e dei testimoni di atti di tortura, contravviene in modo continuato a quanto ratificato in sede ONU nel Patto internazionale sui diritti civili e politici (articoli 2 e 3) e nella Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani e degradanti (articoli 2 e 4);



l'8 giugno 2011 la Camera dei deputati ha accolto l'ordine del giorno n. 9/1439-A/2 presentato dall'interrogante che impegna il Governo ad assumere un'iniziativa normativa per introdurre nel nostro codice penale il reato di tortura -:



se il Ministro interrogato disponga di elementi in ordine all'identità ed al ruolo svolto all'epoca dei fatti dal funzionario dell'Ucigos (oggi Polizia di prevenzione) conosciuto come «professor De Tormentis»;



se non ritengano opportuno promuovere immediatamente, eventualmente anche attraverso la costituzione di una specifica commissione d'inchiesta, ogni utile approfondimento in merito all'esistenza, ai componenti e all'operato dei due gruppi addetti alle sevizie e meglio noti come «I vendicatori della notte» e «I cinque dell'Ave Maria», ai quali fanno riferimento gli ex funzionari della polizia di Stato nelle interviste riportate in premessa;




se il Governo non intenda adottare con urgenza, iniziative normative volte all'introduzione nell'ordinamento italiano del reato di tortura e di specifiche sanzioni, nonché dispositivi volti alla certa individuazione e persecuzione di eventuali atti di tortura e dei responsabili, in attuazione di quanto da lungo tempo ratificato in sede ONU nel patto internazionale sui diritti civili e politici e nella Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti;



se il Governo non intenda assumere iniziative anche normative volte a prevedere opportuni risarcimenti per le vittime di atti di tortura o violenze da parte di funzionari dello Stato, e per i loro familiari;




se, più in generale, il Governo: a) non intenda adottare con urgenza provvedimenti atti a contrastare ogni fenomeno di violenza non giustificabile sui cittadini da parte di funzionari delle forze dell'ordine nell'esercizio delle loro funzioni; b) non intenda promuovere la professionalizzazione del personale delle forze dell'ordine attraverso addestramenti che indichino e prediligano percorsi alternativi all'uso della violenza nell'esercizio delle loro funzioni. (5-06219)