FORCOLIN, FUGATTI, COMAROLI e BITONCI. -
Al Ministro dell'economia e delle finanze.
- Per sapere - premesso che:
l'articolo 27 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, ha rivisto il regime fiscale dei contribuenti minimi;
in particolare, a partire dal 1° gennaio 2012, il regime introdotto con la legge finanziaria per il 2008 si applica per il periodo d'imposta in cui l'attività è iniziata e per i quattro successivi, esclusivamente alle persone fisiche che intraprendono un'attività d'impresa, arte o professione o che l'hanno intrapresa successivamente al 31 dicembre 2007, con l'applicazione di un'imposta sostitutiva dell'imposta sui redditi e delle addizionali regionali e comunali pari al 5 per cento;
i requisiti per essere considerati contribuenti minimi sono quelli stabiliti dalla legge istitutiva di tale regione (commi da 96 a 117 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244), a cui si aggiungono quelli previsti dal decreto-legge n. 98 del 2011, che devono sussistere contestualmente;
per rientrare nel regime agevolato il contribuente non deve avere conseguito spese per i lavoratori dipendenti o collaboratori di cui all'articolo 50, comma 1, lettere c) e c-bis), del TUIR, anche assunti secondo la modalità riconducibile ad un progetto, programma di lavoro o fase di esso, né deve avere erogato somme sotto forma di utili da partecipazione agli associati;
la norma, comprensibile nella sua ratio generale, va nei fatti a penalizzare e discriminare i contribuenti donna: sono molti, infatti, i casi di professioniste, artigiane o commercianti che, rientrando nel regime dei minimi, non possono avvalersi nel periodo della gravidanza e, nei primi mesi dopo la nascita del figlio, di dipendenti a tempo determinato o di collaboratori strettamente necessari per permettere la continuità dell'attività;
una donna, quindi, dovrebbe scegliere tra la chiusura dell'esercizio o dell'attività e la fuoriuscita dal regime dei minimi; in entrambi i casi verrebbe penalizzata ingiustamente, indubbiamente sotto il profilo economico, ma anche sotto il profilo civile e morale, tanto più che obiettivo primario del Governo dovrebbe essere la tutela della maternità;
la previsione di una deroga al divieto di sostenere spese per lavoratori o collaboratori nel caso di donne in maternità non andrebbe a stravolgere la ratio della norma, né penalizzerebbe le entrate erariali, ma andrebbe semplicemente a garantire il pieno diritto alla maternità anche a quelle donne/contribuenti che possono rientrare nel regime di minimi -:
se il Governo intenda intervenire per consentire alle donne in maternità che rientrano nel regime dei minimi di avvalersi, per un periodo definito e determinato, di un collaboratore o di un dipendente a tempo determinato per dare continuità all'attività ed evitare la chiusura dell'esercizio o dell'attività stessa, rimanendo nel predetto regime tributario.
(5-06061)