ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IMMEDIATA IN COMMISSIONE 5/05357

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 521 del 20/09/2011
Firmatari
Primo firmatario: PORFIDIA AMERICO
Gruppo: POPOLO E TERRITORIO (NOI SUD-LIBERTA' ED AUTONOMIA, POPOLARI D'ITALIA DOMANI-PID, MOVIMENTO DI RESPONSABILITA' NAZIONALE-MRN, AZIONE POPOLARE, ALLEANZA DI CENTRO-ADC, LA DISCUSSIONE)
Data firma: 20/09/2011


Commissione assegnataria
Commissione: IV COMMISSIONE (DIFESA)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLA DIFESA
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA DIFESA delegato in data 20/09/2011
Stato iter:
21/09/2011
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 21/09/2011
Resoconto PORFIDIA AMERICO POPOLO E TERRITORIO (NOI SUD-LIBERTA' ED AUTONOMIA, POPOLARI D'ITALIA DOMANI-PID, MOVIMENTO DI RESPONSABILITA' NAZIONALE-MRN, AZIONE POPOLARE, ALLEANZA DI CENTRO-ADC, LA DISCUSSIONE)
 
RISPOSTA GOVERNO 21/09/2011
Resoconto COSSIGA GIUSEPPE SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (DIFESA)
 
REPLICA 21/09/2011
Resoconto PORFIDIA AMERICO POPOLO E TERRITORIO (NOI SUD-LIBERTA' ED AUTONOMIA, POPOLARI D'ITALIA DOMANI-PID, MOVIMENTO DI RESPONSABILITA' NAZIONALE-MRN, AZIONE POPOLARE, ALLEANZA DI CENTRO-ADC, LA DISCUSSIONE)
Fasi iter:

DISCUSSIONE IL 21/09/2011

SVOLTO IL 21/09/2011

CONCLUSO IL 21/09/2011

Atto Camera

Interrogazione a risposta immediata in Commissione 5-05357
presentata da
AMERICO PORFIDIA
martedì 20 settembre 2011, seduta n.521

PORFIDIA. -
Al Ministro della difesa.
- Per sapere - premesso che:

in psicologia e psichiatria il disturbo post-traumatico da stress (DPTS) (o Post-Traumatic Stress Disorder, PTSD) è l'insieme delle forti sofferenze psicologiche che conseguono ad un evento traumatico, catastrofico o violento. È denominato anche nevrosi da guerra, proprio perché inizialmente riscontrato in soldati coinvolti in pesanti combattimenti o in situazioni belliche di particolare drammaticità (con nomi e sottotipi diversi: combat stress reactions, battle fatigue, shell shocks, e altri);

lo studio delle sindromi post-traumatiche si è iniziato a strutturare compiutamente durante la Prima guerra mondiale ad opera degli psichiatri militari dei diversi schieramenti;

durante la Seconda guerra mondiale e la Guerra di Corea gli psichiatri militari (soprattutto statunitensi ed inglesi) ripresero gli spunti dei loro colleghi della generazione precedente, ed iniziarono a sviluppare trattamenti specifici per le sindromi traumatiche nel personale militare;

con la Guerra del Vietnam la prevalenza delle sindromi post-traumatiche nel personale militare iniziò a manifestarsi in proporzioni ancora più ampie, ed il tema iniziò ad essere portato all'attenzione dell'opinione pubblica;

le associazioni dei veterani statunitensi della guerra del Vietnam, con l'assistenza di alcuni psichiatri sensibilizzati al problema, riuscirono infine ad ottenere, alla fine degli anni Settanta, il reinserimento anche formale delle sindromi traumatiche nel DSM, la principale classificazione nosografica internazionale di ambito psichiatrico, con l'importante risultato di poter finalmente ottenere il riconoscimento ed il rimborso delle relative terapie psichiatriche dalle assicurazioni sanitarie private e dal sistema della Veteran Administration (che, in assenza di una classificazione nosografica precisa delle sindromi stesse, si rifiutavano spesso di riconoscerle da un punto di vista formale). Il DSM-III del 1980 introdusse quindi la diagnosi di Post-Traumatic Stress Disorder, riprendendo e modificando la «vecchia» definizione di Gross Stress Reaction che era presente nella prima versione del manuale;

i pazienti con PTSD vengono abitualmente classificati in tre categorie, in base al loro tipo di coinvolgimento nell'evento critico che ha originato il disturbo:

a) primari, le vittime dirette che hanno subito personalmente l'evento traumatico;

b) secondari, i testimoni diretti dell'evento, o i parenti delle vittime primarie (ad esempio, nel caso di un lutto);

c) terziari, il personale di soccorso (volontario o professionale) che si trova ad operare con le vittime primarie o secondarie;

i principali disturbi, accusati dalla maggior parte dei pazienti, sono riassunti dalla cosiddetta «triade sintomatologica», per come definita dalla classificazione del DSM-IV: intrusioni, evitamento, hyperarousal. In particolare, si possono riscontrare tra gli altri sintomi:

a) flashback: un vissuto intrusivo dell'evento che si propone alla coscienza, «ripetendo» il ricordo dell'evento;

b) numbing: uno stato di coscienza simile allo stordimento ed alla confusione;

c) evitamento: la tendenza ad evitare tutto ciò che ricordi in qualche modo, o che sia riconducibile, all'esperienza traumatica (anche indirettamente o solo simbolicamente);

d) incubi: che possono far rivivere l'esperienza traumatica durante il sonno, in maniera molto vivida;

e) hyperarousal: caratterizzato da insonnia, irritabilità, ansia, aggressività e tensione generalizzate;

in alcuni casi, la persona colpita cerca «sollievo» (ma in realtà peggiorando molto la situazione) con abusi di: alcool, droga e farmaci e/o psicofarmaci;

spesso sono associati sensi di colpa per quello che è successo o come ci si è comportati (o per il non aver potuto evitare il fatto), sensi di colpa che sono spesso esagerati ed incongruenti con il reale svolgimento dei fatti e delle responsabilità oggettive (sono detti anche complessi di colpa del sopravvissuto); spesso, sono compresenti anche forme medio-gravi di depressione e/o ansia generalizzata. In alcuni casi si vengono a produrre delle significative tensioni familiari, che possono mettere in difficoltà i parenti della persona con PTSD;

quando la popolazione civile non comprende più e non accetta l'impegno bellico, e percepisce la guerra come inutile o ingiusta il giudizio sociale ricade in modo pesante sul singolo militare e si trasforma in ostilità, disprezzo; da parte del soldato è incomprensibile, perché lui comunque si è sacrificato, le sue difficoltà a tornare alla vita civile si radicalizzano. In queste circostanze è possibile rilevare anche la cosiddetta «sindrome da abbandono», per la quale il reduce non sente più la presenza delle istituzioni, non avverte più la protezione ed il riconoscimento da parte del Paese che ha servito e per il quale ha rischiato la vita;

è quindi importante riferirsi ad un professionista specializzato, psicoterapeuta e/o psichiatra, per affrontare il disturbo il prima possibile, perché con un adeguato trattamento è possibile risolverne la sintomatologia o mitigarla in maniera significativa (in molti casi, anche se si è già instaurata da anni);

in Europa la media di Ptsd tra i contingenti è del 4-5 per cento, all'interno di una stima del 10 per cento di manifestazioni minori del disturbo. Si arriva al 20-30 per cento negli Stati Uniti, si scende di poco in Canada, mentre in Gran Bretagna la Difesa dichiara un 3 per cento, ma smentita dalle cronache: infatti circa il 10 per cento dei detenuti nelle carceri britanniche (20 mila persone) provengono dalle forze armate, quasi tutti dentro per violenze (soprattutto domestiche) legate all'abuso di alcol e droghe;

il fenomeno è emerso con forza nei Paesi del Nord Europa, come Olanda, Norvegia, o Danimarca, che se ne sono fatti carico creando centri specializzati che seguono i militari nel percorso di riadattamento alla vita civile;

a Doorn, un piccolo paese olandese a 50 chilometri da Amsterdam è stato creato il «Veteraneninstituut»: un istituto di ricerca per veterani di guerra che in breve è divenuto meta di «formazione» per delegazioni militari, provenienti da Svezia, Norvegia, Inghilterra, Germania e Russia, e anche una delegazione di Carabinieri italiani dell'UNAC. Il Veteraneninstituut è un organo rappresentativo di una confederazione di 37 associazioni di reduci e gestisce ogni problematica di chi è stato al fronte. Ci si occupa di ogni aspetto, dai biglietti scontati per il treno, alla domanda di pensionamento, passando per i trattamenti sanitari specializzati, sia fisici sia psicologici, o per seguire vertenze legali per eventuali danni subiti in missione;

in Italia il fenomeno risulterebbe praticamente inesistente. Su 150 mila soldati (stima al ribasso) impiegati all'estero tra Libano, Iraq e Afghanistan, risultano solo due o tre diagnosi all'anno. Statisticamente zero;

secondo alcuni alti esponenti militari le regole d'ingaggio sono molto diverse e gli italiani non sarebbero chiamati ad affrontare situazioni analoghe ai corpi di spedizione americani o inglesi; quindi minor esposizione allo scontro, minor esposizione allo stress. Eppure il Ptsd ha coinvolto contingenti meno aggressivi, il cui impegno in «teatro operativo» - come si dice in gergo - è simile al nostro. I tedeschi nel 2009 hanno contato circa 500 casi, anche se varie inchieste hanno parlato di stime al ribasso;

se si applicasse la media europea all'Italia, ci troveremmo di fronte a 7.000-7.500 casi. Daniele Moretti, psichiatra, ha seguito dal 2004 a oggi cinque reduci di Nassiriya, al Cim di Finale Ligure. E si dice «perplesso» sui dati forniti dall'Esercito: «Al pari di altre patologie ci si dovrebbe aspettare un'incidenza analoga agli altri Paesi impegnati in missione all'estero e questo fa pensare che il fenomeno non sia stato rilevato» -:

se il Ministro sia in possesso di una mappatura aggiornata del fenomeno di cui in premessa e in caso negativo se non ritenga opportuno istituire una struttura di studio per analizzare il fenomeno PTSD con la massima attenzione dovuta e sostenere le persone colpite nel percorso di inserimento nella società, anche al fine di scongiurare l'ipotesi dell'esistenza di una patologia che pur ledendo l'integrità psicofisica non sia riconosciuta dal nostro ordinamento, in violazione del diritto alla salute costituzionalmente garantito.
(5-05357)