MANCUSO e VIOLA. -
Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione.
- Per sapere - premesso che:
nel nostro Paese le Facoltà di Medicina veterinaria laureano un numero di veterinari che va molto oltre le più rosee aspettative di impiego per questo tipo di professionisti, storicamente legati al mondo del lavoro da peculiarità professionali difficilmente impiegabili in campi diversi da quelli della clinica medica sugli animali d'affezione e degli allevamenti, della sanità pubblica e della industria farmaceutica;
26.000 medici veterinari possono sembrare pochi, ma rappresentano circa un quarto della platea dei medici veterinari della intera Comunità europea;
il costo di un laureato in medicina veterinaria è tra i più elevati del panorama universitario (attrezzature, ospedale veterinario, azienda zootecnica, spazi adeguati, eccetera) e corrisponde ad un valore economico di 2-3 volte rispetto ad altri laureati;
uno dei motivi che nel tempo hanno portato alla moltiplicazione di università, facoltà e corsi, è la necessità degli atenei di massimizzare le iscrizioni per fare cassa e per giustificare se stessi con la conseguenza che ci sono università di «serie A», «di serie B» e di «serie C»;
nessuna delle nostre università, e tantomeno facoltà di medicina veterinaria, risulta presente nei primi 150/200 posti della graduatoria mondiale dei migliori atenei, in particolare la classifica del Times Higher Educational vede l'Università di Bologna al 192
o posto, La Sapienza di Roma al 205
o, il Politecnico di Milano al 291
o, l'Università di Padova si trova al 296
o posto;
annualmente il Ministero della salute determina il fabbisogno dei medici veterinari, dopo aver sentito il parere della Conferenza Stato-Regioni per il bisogno del S.S.N. ed il parere della FNOVI (Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Veterinari) per i liberi professionisti;
conseguentemente il MIUR programma gli accessi alle Facoltà, ma tiene conto essenzialmente del fabbisogno rappresentato dal S.S.N. che si basa sulle esigenze delle Regioni, che per l'Anno accademico 2008/2009 sono stati stimati in 736 unità;
già da alcuni anni si registrano molti laureati in medicina veterinaria come disoccupati e sottoccupati e le prospettive di occupazione e reddito vanno verso la mortificazione di un percorso fatto di sacrifici personali e familiari;
un'indagine commissionata alla società Nomisma dall'ANMVI (associazione nazionale dei medici veterinari italiani) dimostra che nell'anno 2020 la popolazione dei medici veterinari italiani sarà raddoppiata, ma il lavoro aumenterà solo del 4 per cento;
nel nostro Paese esistono 13 facoltà di medicina veterinaria con corso di laurea magistrale (Torino, Milano, Parma, Bologna, Padova, Pisa, Perugia, Teramo, Camerino, Napoli, Bari, Messina, Sassari), una facoltà di medicina veterinaria senza corso di laurea magistrale (Udine), un corso di laurea magistrale senza facoltà (Catanzaro), cui complessivamente sono stati assegnati 1201 posti per l'anno accademico 2008/2009 -:
se il Governo ritenga di ripensare il meccanismo di programmazione del fabbisogno di medici veterinari nel nostro Paese, introducendo indicatori nuovi e basati su riscontri verificabili dell'occupazione reale, estendendo il concetto di fabbisogno agli orizzonti del mercato professionale e della società perché la figura del medico veterinario non si esaurisce nel suo rapporto diretto con la pubblica amministrazione, ma si compenetra con una realtà in forte evoluzione, dove assume ruoli e compiti nuovi che richiedono una preparazione nuova;
se il Governo ritenga di operare una revisione ragionata ed organica della mappa delle facoltà e corsi in medicina veterinaria secondo un criterio di razionalizzazione, cominciando dalle situazioni più atipiche e funzionali, quali quelle di Udine e Catanzaro. (5-00494)