ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/18075

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 701 del 11/10/2012
Firmatari
Primo firmatario: GALLI DANIELE
Gruppo: FUTURO E LIBERTA' PER IL TERZO POLO
Data firma: 11/10/2012


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELL'INTERNO
  • MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'INTERNO delegato in data 11/10/2012
Stato iter:
22/01/2013
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 22/01/2013
DE STEFANO CARLO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (INTERNO)
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 22/01/2013

CONCLUSO IL 22/01/2013

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-18075
presentata da
DANIELE GALLI
giovedì 11 ottobre 2012, seduta n.701

GALLI. -
Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia.
- Per sapere - premesso che:

nel corso della trasmissione «Chi l'ha visto?» di mercoledì 10 ottobre 2012 alle ore 21,15 in onda sulla rete nazionale Rai 3, venivano trasmesse le immagini video concitatissime, ed alquanto sconcertanti, in cui alcuni agenti in borghese - che si presumono della Polizia di Stato - prelevavano un bambino di dieci anni da una scuola di Padova, e lo trascinandolo per le estremità, tra le urla disperate del piccolo, strattonandolo in maniera indecorosa, e si evidenzia inoltre come il bambino venisse caricato a forza su un auto, immobilizzato nei movimenti, che urlava «non respiro»;

il video, della durata di circa un minuto e mezzo, mostra una donna che corre verso un gruppo di persone e comincia ad urlare, poi il ragazzino sollevato a forza e portato verso un'auto dove poi è stato caricato. Per tutto il tragitto, il piccolo tenta di divincolarsi dalla stretta di un uomo che lo tiene per le spalle e di un altro che gli stringe le caviglie. Infine si sente una voce di donna, presumibilmente l'autrice del video che il bimbo chiama «zia», che rivolge domande ad un'altra donna, che le risponde di essere un ispettore e apostrofandola con le parole «lei non è nessuno»;

l'opera degli agenti, in esecuzione di un provvedimento emesso dalla sezione minori della Corte d'appello di Venezia, è stato reso difficile dall'opposizione di alcuni famigliari della madre del ragazzino che hanno cercato di impedire al padre, che era presente, di portare il figlio alla comunità indicata dall'autorità giudiziaria;

l'intervento degli agenti è stato eseguito presso la scuola - come è stato precisato in serata - in quanto i tentativi fatti in passato presso la casa materna e dei nonni non avevano avuto l'esito sperato perché il bambino si nascondeva alla vista degli assistenti sociali e del personale sanitario di volta in volta intervenuto;

la polizia in considerazione del fatto che la corte d'appello ha recentemente rigettato un ricorso finalizzato alla sospensione del provvedimento di affidamento al padre presentato dalla madre, anche su indicazione di un consulente della stessa Corte d'appello, aveva quindi individuato il plesso scolastico quale un luogo idoneo all'esecuzione del provvedimento. D'altra parte, come si apprende chiaramente da sito nel quale viene pubblicata l'immagine di parte del provvedimento, si legge al punto 9) «in mancanza di spontaneo accordo e/o esecuzione degli adempimenti suindicati, le decisioni del caso e l'attuazione delle disposizioni cogenti saranno adottate dal padre affidatario, che potrà avvalersi - se strettamente necessario - dell'ausilio dei servizi sociali e della forza pubblica, da esplicarsi nelle forme più discrete e adeguate al caso;

si può presumere che tale applicazione violenta di un atto che il tribunale ha legittimamente adottato a tutela del minore - l'affidamento in via esclusiva al padre, con inserimento in una comunità - e che ha indubbiamente tenuto in nessun conto la tutela del minore stesso date le modalità di esecuzione, derivi non solo uno stato di trauma nel minore interessato, ma anche in tutti gli altri bambini che hanno assistito a tale scena, ingenerando una sfiducia e una diffidenza in uno Stato che esercita con violenza le proprie prerogative, seppur legittime, come nei confronti delle forze dell'ordine che tale Stato rappresentano;

si può anche ragionevolmente presumere che sarà difficile recuperare fiducia nello Stato e nelle sue emanazioni per questi bambini, costretti loro malgrado ad essere oggetto e ad assistere a tale trattamento violento e disumano -:

se si intenda provvedere all'accertamento di quanto avvenuto e delle responsabilità di tale atto, eseguito in contrasto con quanto indicato nel provvedimento come indicato in premessa;
come sia possibile che l'intervento dei servizi sociali nei confronti di un bambino di dieci anni possa essere stato eseguito l'utilizzo di metodi tanto violenti e traumatizzanti;

come sia stato possibile che tale azione sia stata effettuata utilizzando personale non specializzato nel trattamento di minori;

come sia possibile che agenti della forza pubblica agiscano nei termini registrati nel filmato, quale tipo di qualifica e formazione abbiano questi agenti, e se il Ministro interrogato intenda attuare una subitanea verifica in merito alle attitudini a svolgere la propria funzione delle persone coinvolte in questa storia di arroganza e disumanità.(4-18075)
Atto Camera

Risposta scritta pubblicata martedì 22 gennaio 2013
nell'allegato B della seduta n. 739
All'Interrogazione 4-18075 presentata da
DANIELE GALLI

Risposta. - Nell'interrogazione indicata in esame, l'interrogante chiede notizie in merito al recente episodio avvenuto nel comune di Cittadella in occasione dell'esecuzione di un provvedimento di allontanamento di un minore dall'ambiente familiare materno, nonché quali iniziative si intendano adottare al riguardo.
È opportuno evidenziare, innanzitutto, che l'intervento della polizia è stato determinato dalla necessità di dare assistenza agli operatori dei servizi sociali per consentire l'attuazione del predetto provvedimento dell'autorità giudiziaria, subito dopo il rigetto del ricorso con il quale la madre ne aveva chiesto la sospensiva.
Per l'esecuzione del provvedimento il padre ha richiesto, così come disposto dal giudice, il supporto dei servizi sociali e della forza pubblica, oltre che di uno psichiatra, consulente tecnico della corte d'appello. Quest'ultimo è stato interessato dai servizi sociali ai fini dell'individuazione dell'istituto scolastico frequentato dal minore, quale luogo più idoneo per l'intervento.
Sul posto si recavano, insieme al padre e al già citato consulente tecnico d'ufficio, anche quattro operatori dei servizi sociali del comune di Padova, tra cui il responsabile ed uno psicologo, nonché tre dipendenti della questura, di cui due operatrici dell'ufficio minori ed un dipendente del gabinetto interregionale polizia scientifica, tutti in abiti civili. La presenza della polizia scientifica si è resa necessaria per documentare - anche con riprese video - le fasi dell'intervento.
I familiari del bambino, infatti, già in passato avevano reagito a precedenti esecuzioni, effettuate presso l'abitazione materna. In quelle occasioni il C.T.U. e gli assistenti sociali, erano stati indotti a non procedere all'attuazione del provvedimento.
All'intervento non hanno assistito i compagni di classe, per effetto della decisione, adottata dal dirigente scolastico, di allontanarli dall'aula, dove rimaneva pertanto il minore in compagnia di un insegnante.
Solo dopo che era stato verificato, attraverso un colloquio tenuto dal minore con lo psichiatra e lo psicologo, l'impossibilità di ottenere una condotta volontaria da parte del bambino, il padre entrava nell'edificio scolastico per prelevarlo fisicamente e condurlo nell'autovettura in dotazione ai servizi sociali che lo avrebbe accompagnato alla comunità di accoglienza.
Per effetto della condotta recalcitrante del minore - su richiesta del padre e su sollecitazione del C.T.U. - veniva attivata l'azione di supporto degli operatori di polizia, al solo fine di salvaguardare l'incolumità del bambino.
Appena uscito dall'ingresso secondario dell'edificio scolastico, il minore invocava con urla l'intervento dei familiari della madre, allontanati a fatica dai tre operatori di polizia.
In tale fase concitata, il padre, che si era difeso dall'aggressione, afferrava per le gambe il bambino, aiutato da un assistente di polizia che lo sollevava da terra per evitare che il minore si potesse far male.
Nonostante la resistenza sempre più accesa dei familiari, gli operatori di polizia riuscivano ad allontanarli dal veicolo, consentendone le partenza.
Ai parenti che continuavano a protestare vivacemente contro le forze dell'ordine, chiedendo l'esibizione del provvedimento di diniego della sospensiva, un ispettore capo della polizia di Stato ha replicato, con espressioni assolutamente non professionali, che il grado di parentela con il minore non giustificava la richiesta.
Durante tutto l'intervento, il padre, il C.T.U. ed il personale dei servizi sociali, nonostante la difficile situazione venutasi a creare, hanno mostrato la ferma volontà di portare a termine l'esecuzione del provvedimento giudiziario.
I fatti sono stati tempestivamente riferiti alla autorità giudiziaria, con un'informativa corredata da tutti gli atti acquisiti, tra cui anche il video prodotto dalla polizia scientifica.
Come è noto, in ordine all'attività svolta dalle forze dell'Ordine è stata avviata, su disposizione del capo della polizia, un'apposita inchiesta conoscitiva, condotta dai massimi rappresentanti dell'ufficio centrale ispettivo del dipartimento della pubblica sicurezza, che dovrà valutare le condotte poste in essere, alla luce della complessiva documentazione e dei conseguenti elementi di valutazione acquisiti.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo De Stefano.