ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/17937

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 696 del 03/10/2012
Firmatari
Primo firmatario: MANCUSO GIANNI
Gruppo: POPOLO DELLA LIBERTA'
Data firma: 03/10/2012
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BARANI LUCIO POPOLO DELLA LIBERTA' 03/10/2012
GIRLANDA ROCCO POPOLO DELLA LIBERTA' 03/10/2012
DE LUCA FRANCESCO POPOLO DELLA LIBERTA' 03/10/2012
CROLLA SIMONE ANDREA POPOLO DELLA LIBERTA' 03/10/2012


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI delegato in data 03/10/2012
Stato iter:
22/11/2012
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 22/11/2012
DE MISTURA STAFFAN SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (AFFARI ESTERI)
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 22/11/2012

CONCLUSO IL 22/11/2012

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-17937
presentata da
GIANNI MANCUSO
mercoledì 3 ottobre 2012, seduta n.696

MANCUSO, BARANI, GIRLANDA, DE LUCA e CROLLA. -
Al Ministro degli affari esteri.
- Per sapere - premesso che:

la Falun Dafa (letteralmente pratica della ruota della legge), o anche Falun Gong, è un movimento spirituale cinese fondato da Li Hongzhi nel 1992;

la Falun Gong riprende un'antica forma di Qigong, che risale all'antica tradizione cinese ed è una pratica per purificare corpo e mente attraverso cinque esercizi, di cui quattro con movimenti lenti ed armoniosi ed un quinto di meditazione;

in solo otto anni dalla sua introduzione al pubblico, la Falun Dafa si è sviluppata ed è diventata la forma più popolare di Qigong nella storia della Cina;

la Falun Dafa si differenzia dalle altre pratiche di Qigong in quanto non enfatizza solo la pratica fisica, ma soprattutto la coltivazione del carattere morale di una persona nella vita quotidiana, in accordo con gli elevati principi universali di verità, benevolenza e tolleranza, insegnati dal maestro Li Hongzhi, fondatore e unico maestro della Falun Dafa;

nella Falun Gong non esiste nessuna iscrizione formale né un'organizzazione: il numero reale dei praticanti in tutto il mondo non è noto proprio per la mancanza di iscrizioni o tesseramenti;

il movimento afferma di non avere un'organizzazione gerarchica, ma solamente dei praticanti, di norma più attivi, che assicurano un minimo di coordinamento con gli altri gruppi e danno assistenza a chi vuole praticare; essi agiscono su base volontaria per assicurare la continuità dei luoghi di pratica;

nel 1992 Li Hongzhi presenta al grande pubblico la Falun Dafa. Per 7 anni le autorità cinesi rimangono indifferenti riguardo al movimento e nel 1995 Li Hongzhi comincia a diffondere il movimento all'estero;

il 25 aprile 1999, in seguito ad arresti di praticanti di Falun Gong avvenuti a Tientsin, circa diecimila praticanti di Falun Gong organizzano una manifestazione davanti alla sede del governo cinese (Zhongnanhai). Una delegazione viene ricevuta dal premier Zhu Rongji che dà ampie garanzie ai delegati. La manifestazione si scioglie e tutti tornano alle loro abitazioni;

il 20 luglio 1999 Jiang Zemin afferma che il movimento rappresenta una minaccia alla stabilità sociale e politica della Cina, lancia una campagna di repressione su grande scala, e istituisce l'ufficio 610;

nell'ottobre 1999 una legge legalizza la repressione e rende illegali tutte le organizzazioni definite eretiche. La legge è retroattiva e in questo modo tutti i praticanti si sentono minacciati;

Jiang Zemin, che concentrava nelle sue mani le cariche di segretario del Partito comunista cinese, Presidente della Repubblica Popolare della Cina e capo dell'esercito, il 20 luglio 1999, iniziò la repressione a livello nazionale della Falun Gong, riferendosi alla pratica come a un «culto malvagio» che diffonde superstizioni per ingannare la gente. Jiang, condannò il gruppo attraverso i media controllati dallo stato, prendendo una posizione che il Governo cinese promuove tutt'oggi;

quante siano le vittime non è possibile determinarlo con precisione, vista l'impossibilità di fare investigazioni accurate nei campi di detenzione. Le morti di 3571 persone delle carceri sono secondo i sostenitori stati uccisi dalle guardie carcerarie;

le autorità cinesi sostengono che queste morti sono frutto dei suicidi o del rifiuto di cure mediche e di cibo da parte degli adepti di Li;

la risoluzione H. Con. 188, approvata all'unanimità (420-0) dal Congresso degli Stati Uniti afferma: «La Falun Gong è un credo personale pacifico e non violento e una pratica con milioni di aderenti nella Repubblica Popolare Cinese e altrove. [...] La propaganda da parte dei media controllati dallo stato nella RPC ha inondato il pubblico nel tentativo di generare odio e discriminazione»;

il partito comunista cinese afferma che la pratica ha spostato il suo obiettivo dalla coltivazione spirituale al movimento politico, basando questa affermazione sull'esistenza di numerosi siti web di sostegno alla Falun Gong;

gli insegnamenti della Falun Gong proibiscono qualunque attività politica e i praticanti affermano di non essere interessati al potere;

ad oggi il regime cinese ha rinchiuso decine di migliaia di praticanti del Falun Gong nei centri di detenzione, negli ospedali psichiatrici, nei centri di lavoro e di lavaggio del cervello, torturandoli con metodi di indicibile crudeltà, confermati più volte dall'ispettore del Comitato diritti umani delle Nazioni Unite Manfred Nowak;

secondo «stime documentate», riferite dalla ricercatrice Arne Schwarz alla 21a sessione del Consiglio diritti umani delle Nazioni Unite a Ginevra, sono 65.000 i morti tra i praticanti del Falun Gong in Cina, i cui corpi da ormai più di 13 anni forniscono la materia prima per il fiorente mercato degli organi -:

se il Governo intenda farsi promotore presso l'Unione europea di un'azione diplomatica verso il Governo cinese, per chiedere la liberazione di tutti i membri della Falun Gong incatenati per il solo fatto di esserne adepti e senza avere commesso altri reati, se non d'opinione.
(4-17937)
Atto Camera

Risposta scritta pubblicata giovedì 22 novembre 2012
nell'allegato B della seduta n. 722
All'Interrogazione 4-17937 presentata da
GIANNI MANCUSO

Risposta. - Il tradizionale e costante impegno dell'Italia in favore della libertà di religione o di credo è motivato dalla convinzione che si tratti non solo di un diritto fondamentale, ma anche di una pre-condizione per la pace e la sicurezza, tanto internazionali quanto all'interno dei singoli Paesi.
Il caso nigeriano è emblematico del fatto che le tensioni, pur ascrivibili a varie cause, non ultime quelle legate ad aspetti socio-economici, ma aggravate da fattori religiosi, rappresentano una terribile minaccia per la pacifica convivenza tra cittadini e per la vita stessa di un Paese, in quanto suscettibili di innescare una spirale di odio e recriminazioni che tendono a sfociare in un'escalation di violenza.
Per questa ragione, il Ministro Terzi ha più volte ricordato come, sul piano generale, la tutela delle minoranze religiose sia imprescindibile, affermando che bisogna inserire tutele nelle costituzioni, formare sulla tolleranza e collaborare sull'antiterrorismo.
In sede dell'Unione europea questa posizione è stata recentemente rafforzata, anche a seguito dell'acuirsi del conflitto etnico-religioso in Nigeria, e tradotta in un'azione di stimolo, che il nostro Paese ha condotto su forte impulso del Ministro Terzi, affinché fosse aggiornato il database sulla situazione della libertà religiosa nei Paesi terzi, corredato d'informazioni aggiornate su alcune iniziative intraprese dalla Unione europea in materia nel corso soprattutto dei dialoghi politici avviati con i Paesi terzi, anche attraverso passi e dichiarazioni dell'alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune. A seguito dell'ampia discussione sul tema delle libertà religiose promosso dal Ministro Terzi alla riunione informale dei Ministri degli affari esteri della Unione europea dell'aprile scorso, è stato quindi avviato a Bruxelles un lavoro di consolidamento delle linee guida dell'Unione europea sulle libertà religiose che consentiranno una maggiore organicità e visibilità a questa tematica, così come avviene per un limitato numero di grandi priorità dell'Unione in materia di diritti umani. Sempre grazie a questa incessante opera di sensibilizzazione condotta in prima persona del Ministro Terzi, nella nuova strategia della Unione europea sui diritti umani adottata dal consiglio affari esteri il 25 giugno la libertà di religione è stata annoverata tra le principali priorità.
Esaminando più specificamente il caso nigeriano, la strategia di cui l'Italia si è fatta portavoce nei consessi internazionali e soprattutto in sede di Unione europea si fonda su tre livelli:

1) sostegno agli sforzi del Governo della Repubblica federale di Nigeria volti a garantire stabilità attraverso il rispetto delle leggi e delle regole di convivenza civile sull'esempio delle numerose attività di capacity building condotte in favore delle forze di sicurezza nigeriane negli ultimi anni;

2) sulla base della ferma convinzione che tra le ragioni alla base della discriminazione religiosa e dell'odio razziale vi siano il bisogno e la mancanza di opportunità a disposizione degli individui, intervenire sulle condizioni sociali, politiche ed economiche che favoriscono le infiltrazioni di gruppi terroristici e criminali i quali si servono della religione quale strumento volto a giustificare atti efferati ai danni di minoranze e popolazione civile;

3) favorire il dialogo interreligioso e l'educazione per appianare le apparenti divergenze ideologiche, sociali e religiose e favorire la pace. In questo senso, va valorizzato il ruolo della società civile, delle organizzazioni non governative e delle istituzioni scolastiche nigeriane.
La Nigeria richiede infatti un'attenzione particolare in quanto paese più popoloso dell'Africa sia come numero complessivo di abitanti, stimato in 170 milioni, che come popolazione di fede cristiana, 76 milioni, il 48 per cento del totale. Dal punto di vista della sicurezza, sullo sfondo di una diffusa povertà (la percentuale della popolazione delle regioni settentrionali che vive con meno di un dollaro al giorno è salita al 70,4 per cento) e nell'ambito degli endemici conflitti etnico-religiosi per l'accesso alle risorse, per il controllo del territorio e per la conquista del potere politico a livello locale, si è innestato il fondamentalismo del gruppo conosciuto come Boko Haram e l'attività di gruppi criminali, che mirano a destabilizzare le fondamenta istituzionali e ad arricchirsi. Numerosi sono stati gli attentati perpetrati per intimidire personalità politiche e religiose, anche musulmane contrarie ai disegni di Boko Haram, nonché contro edifici legati alla sicurezza.
L'Italia ha finora prestato la propria collaborazione per l'addestramento delle forze di sicurezza del Paese nelle misure di contrasto al terrorismo, la promozione del dialogo interreligioso e il miglioramento delle condizioni sociali, politiche ed economiche che favoriscono le infiltrazioni di gruppi terroristici e criminali. Dal 2007 più di 300 agenti di sicurezza nigeriani hanno svolto periodi di formazione in Italia presso il CoESPU (centro di eccellenza per le Police Stability Units) di Vicenza; 20 hanno concluso un periodo di formazione presso la scuola della guardia di finanza di Orvieto, incentrato in particolar modo sul controllo delle frontiere e delle dogane; altri 20 agenti nigeriani hanno iniziato un corso simile presso la scuola della polizia di Cesena e 13 hanno svolto una preparazione on the job con la Polizia di frontiera italiana. 84 milioni di euro sono stati destinati dal nostro Paese al fondo europeo di sviluppo 2008-2013 per quel Paese e 74 milioni di euro nell'ambito degli interventi previsti da Bruxelles per l'Africa occidentale in generale.
Negli ultimi anni l'Italia e la Nigeria hanno concluso vari accordi di cooperazione nell'ambito della lotta ai gruppi terroristici, al crimine organizzato e al traffico di esseri umani (memorandum dell'11 novembre 2003), tra cui vale menzionare l'intesa di collaborazione tra Italia, Nigeria e Interpol, firmata il 17 febbraio 2009, e il protocollo di collaborazione del dicembre 2010 tra la Direzione Nazionale Antimafia e il Naptip (National agency for prohibition of traffic in persons) nigeriano nel contrasto alla tratta degli esseri umani e il riciclaggio di denaro sporco. Il nostro Paese finanziera insieme al Regno Unito ed attraverso Unicri (United nations interregional crime and justice research institute) delle attività per rafforzare le capacità nigeriane in materia di sistema penale, da realizzare dal Centro di Lucca sul contrasto al Terrorismo sulla base del «memorandum di Roma» sulle misure di contrasto all'estremismo violento nell'ambito del Gctf (Global counter terrorism force). Il nostro Paese sta valutando la possibilità di contribuire a rafforzare, assieme ad altri partner dell'Unione europea e alle Nazioni Unite, le capacità nigeriane di applicazione del memorandum di Roma sulla Prevenzione della radicalizzazione nelle carceri, adottato nella primavera scorsa dal Gctf.
Le posizioni ed iniziative italiane sul tema della tutela delle minoranze religiose, sottolineando la necessità di collaborazione a livello bilaterale e multilaterale per evitare l'espansione del terrorismo e della violenza integralista, è stata di recente ribadita dall'inviato per le emergenze umanitarie del Governo italiano, onorevole Margherita Boniver, in occasione della sua ultima missione africana.
Anche il nostro ambasciatore ha recentemente ribadito al nuovo consigliere per la sicurezza nazionale della Nigeria le preoccupazioni italiane per l'aggravarsi della situazione nel Paese e l'auspicio che le autorità dedichino un'attenzione prioritaria ai diritti dei gruppi religiosi, specialmente cristiani, particolarmente minacciati dai gravi episodi di violenza.
Merita infine sottolineare come anche l'alto rappresentante Catherine Ashton abbia rilasciato nel mese di giugno, a seguito di un'escalation delle violenze, una dichiarazione in cui si è detta «inorridita dai terribili attacchi alle Chiese cristiane in Nigeria» e «profondamente dispiaciuta» per le reazioni violente contro i membri della comunità musulmana. Ha, inoltre, condannato ogni genere di violenza che ha provocato la perdita di vite umane affermando la necessità di punire i responsabili di tali atrocità. L'alto rappresentante ha poi ribadito l'impegno dell'Unione europea nella cooperazione con il Governo e con la popolazione nigeriana per cercare di instaurare un dialogo tra le diverse comunità religiose, onde prevenire simili tragici eventi, nonché la collaborazione europea per affrontare le cause soggiacenti ai problemi socio-economici che affliggono il nord del Paese, lavorando con le autorità per rendere più efficace la lotta al terrorismo.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Staffan de Mistura.