ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/17538

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 683 del 11/09/2012
Firmatari
Primo firmatario: DI PIETRO ANTONIO
Gruppo: ITALIA DEI VALORI
Data firma: 11/09/2012
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
PALOMBA FEDERICO ITALIA DEI VALORI 11/09/2012
MESSINA IGNAZIO ITALIA DEI VALORI 11/09/2012


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA delegato in data 11/09/2012
Stato iter:
22/01/2013
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 22/01/2013
SEVERINO DI BENEDETTO PAOLA MINISTRO - (GIUSTIZIA)
Fasi iter:

SOLLECITO IL 11/10/2012

RISPOSTA PUBBLICATA IL 22/01/2013

CONCLUSO IL 22/01/2013

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-17538
presentata da
ANTONIO DI PIETRO
martedì 11 settembre 2012, seduta n.683

DI PIETRO, PALOMBA e MESSINA. -
Al Ministro della giustizia.
- Per sapere - premesso che:

malgrado la smentita del procuratore generale presso la Corte di cassazione, Gianfranco Ciani, che ha dichiarato di non avere mai chiesto al Capo della direzione nazionale antimafia, Pietro Grasso, l'avocazione dell'indagine sulla cosiddetta «trattativa Stato-mafia» revocandola agli inquirenti palermitani, vi è motivo di credere che le dichiarazioni del pubblico ministero di Caltanissetta, Nicolò Marino, che ha definito inaccettabile il fatto che il procuratore generale della Cassazione abbia chiesto a Grasso di promuovere un coordinamento tra le procure con un indirizzo preciso non siano «prive di qualsiasi fondamento»;

il 19 aprile scorso il procuratore generale convocò in Cassazione il capo della direzione nazionale antimafia per parlare delle indagini sulla trattativa citata, ma egli ammette soltanto di aver chiesto «notizie sull'attività di coordinamento svolte nella vicenda nel rigoroso rispetto dei poteri di sorveglianza attribuiti dall'articolo 104 del decreto legislativo n. 159 del 2011 sulla Procura nazionale antimafia, istituita nell'ambito della Procura generale della Cassazione»;

sennonché le dichiarazioni del dottor Grasso smentiscono tale ricostruzione dei fatti: in un'intervista rilasciata al Fatto Quotidiano del 19 giugno 2012, Grasso non solo ammette di esser stato convocato dal procuratore generale Ciani, ma rivela anche di aver ricevuto da lui la richiesta di «una relazione sul coordinamento tra le procure» di Palermo e di Caltanissetta: «ho espresso (al procuratore generale della Cassazione - NdR) la volontà che mi venisse messo per iscritto. Mi è stato fatto presente che era nei suoi poteri chiederlo verbalmente. Il 22 maggio ho risposto per iscritto specificando che nessun potere di coordinamento può consentire al Pna di dare indirizzi investigativi e ancor meno di influire sulle valutazioni degli elementi di accuse acquisite dai singoli uffici giudiziari»;

una traccia della conversazione del 19 aprile tra Ciani e Grasso è inoltre conservata nel verbale della riunione, dove si legge che Grasso «precisa di non avere registrato violazioni... tali da potere fondare un intervento di avocazione a norma dell'articolo 371-bis Cpp» e promette che rimetterà al procuratore generale «un'informativa scritta»;

il dottor Marino sottolinea, pur con il massimo rispetto per il procuratore generale della Cassazione, come sia «evidente che era stato chiesto a Grasso perché non avesse dato un indirizzo alle preliminari investigazioni: sia pure soltanto verbalmente, ma gli era stato chiesto»;

ma in realtà, non sembra sia l'avocazione quello che è stato chiesto a Grasso: lo stesso infatti nell'intervista citata dichiara che «io alle richieste del superiore ufficio (il procuratore generale della Cassazione - NdR) rispondo per iscritto». Dunque «il superiore ufficio» aveva chiesto di dare indirizzi investigativi alle indagini;

inoltre, nella stessa intervista Grasso aggiunge «Gli ho detto (a Nicola Mancino incontrato alla cerimonia al Quirinale per lo scambio degli auguri natalizi - NdR) che il solo strumento che può ridurre ad unità indagini pendenti in diversi uffici è l'istituto dell'avocazione che, però, è applicabile solo nel caso di ingiustificata e reiterata violazione delle direttive impartite dal Procuratore nazionale antimafia al fine del coordinamento delle indagini. Avocazione che è nei miei poteri, ma nel caso Mancino non vi erano i requisiti per poterla applicare»;

infine, il contenuto della superiore ricostruzione delle richieste avanzate dal dottor Ciani al PNA Grasso secondo gli interroganti dovrebbe essere valutato anche alla luce delle pregresse conversazioni (oggetto di attività intercettiva) intrattenute dal senatore Mancino con il (dottor Loris D'Ambrosio e con il procuratore generale Esposito, depositate nel procedimento della procura di Palermo sulla cosiddetta «trattativa Stato-mafia», pendente avanti al giudice dell'udienza preliminare (aventi ad oggetto le sollecitazioni del senatore Mancino all'indirizzo del procuratore Generale della suprema corte sull'attività di coordinamento delle investigazioni svolte dalle procure di Caltanissetta, Firenze e Palermo sulle stragi del 1992 - 1993 e sulla cosiddetta «trattativa») -:

se non intenda adottare ogni iniziativa di competenza, anche ai fini dell'eventuale esercizio dell'azione disciplinare.
(4-17538)
Atto Camera

Risposta scritta pubblicata martedì 22 gennaio 2013
nell'allegato B della seduta n. 739
All'Interrogazione 4-17538 presentata da
ANTONIO DI PIETRO

Risposta. - L'estrema delicatezza dell'argomento trattato e le eventuali ripercussioni, anche di natura istituzionale, che potrebbero discendere da un'analisi non ponderata o non attenta delle informazioni acquisite in merito al tema della cosiddetta trattativa Stato-mafia, impongono una ricostruzione dei fatti che sia totalmente cristallina ed intrinsecamente incontrovertibile.
Ho ritenuto, quindi, di richiedere al procuratore generale presso la Corte di cassazione ed al procuratore nazionale antimafia di riscontrare, con i necessari elementi informativi, la prospettazione delle notizie esposte in interrogazione, nella ferma convinzione sia necessario il conseguimento della massima chiarezza, in questo caso più che mai doverosa.
Entrambi i procuratori hanno indicato il tema del coordinamento delle indagini come aspetto saliente dei reciproci incontri ed entrambi hanno chiarito con puntualità e dovizia esaustiva quanto loro richiesto, ciascuno nel rispettivo ambito di competenza. Nel dettaglio, il procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha riferito che il tema del coordinamento delle indagini relative ai contatti tra soggetti delle istituzioni ed esponenti della criminalità organizzata, nonché alle stragi degli anni 1992-1993, è stato da tempo posto all'attenzione della Procura generale della Corte di Cassazione, in ragione delle competenze in materia attribuite al procuratore nazionale antimafia dall'articolo 371-bis del codice di procedura penale ed in considerazione del potere-dovere di «sorveglianza sul procuratore nazionale antimafia e sulla relativa direzione nazionale», conferito al procuratore generale presso la Corte di Cassazione dall'articolo 76-ter dell'ordinamento giudiziario, così come dal più recente articolo 104 del codice delle leggi antimafia (decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159).
L'incontro svoltosi il 19 aprile 2012 tra il procuratore generale e il procuratore nazionale antimafia (incontro al quale hanno preso parte anche i sostituti procuratori generali dottor Antonio Mura, segretario generale della procura generale e dottor Carmelo Sgroi, segretario generale aggiunto) è stato, infatti, concordato dai due procuratori dal 16 aprile 2012, pochi giorni dopo la presa di possesso del primo.
Come evidenziato dal procuratore generale della Corte di Cassazione dottor Ciani, tale incontro si inserisce nel quadro della generale funzione di sorveglianza che il procuratore generale della Corte di Cassazione ha l'obbligo, per legge, di esercitare sul procuratore nazionale e sulla relativa direzione, nell'ambito di una attività di coordinamento investigativo, che a sua volta si ricollega all'ulteriore funzione di «verifica del corretto ed uniforme esercizio dell'azione penale», assegnata sempre al Procuratore generale a norma dell'articolo 6 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106 e precisata dal Consiglio superiore della magistratura nella risoluzione del 21 luglio 2009.
Secondo prassi, di quell'incontro il procuratore generale ha fatto redigere un riepilogo scritto, che è stato poi trasmesso al procuratore nazionale antimafia il 24 aprile 2012 ed è stato dallo stesso ricevuto il successivo 26 aprile.
I temi affrontati sono stati molteplici e tra i più vari ed hanno riguardato: 1) la funzione di coordinamento investigativo da parte del procuratore nazionale antimafia, in ordine alle indagini collegate in tema di stragi di mafia degli anni 1992-1993 e alla cosiddetta trattativa tra soggetti delle Istituzioni ed esponenti della criminalità organizzata; 2) le problematiche intercorse tra la direzione nazionale antimafia e una procura della Repubblica in relazione all'estrazione di dati del registro delle notizie di reato su procedimenti riguardanti la criminalità organizzata; 3) le modalità di redazione dei rapporti per le progressioni in carriera dei magistrati della direzione nazionale antimafia; 4) le modalità di scambio di informazioni in relazione a questioni giuridiche di comune interesse e impegno a una reciproca collaborazione su specifiche tematiche (collaboratori di giustizia, cooperazione internazionale, intercettazioni telefoniche, gestione delle impugnazioni); 5) le doglianze della cittadinanza per l'uso della sede stradale circostante l'ufficio della direzione nazionale antimafia.
Più nel dettaglio, il procuratore generale ha rimarcato che il suddetto incontro costituisce il più recente sviluppo di un'articolata attività di interlocuzione tra la Procura Generale della Corte di Cassazione, la Procura nazionale antimafia e i Procuratori dei distretti territoriali, di volta in volta interessati.
Ed infatti, senza risalire troppo nel tempo, in data 27 ottobre 2009 ebbe a svolgersi presso la Procura generale della Corte di Cassazione (allora diretta dal procuratore generale dottor Vitaliano Esposito) un incontro con i procuratori generali delle Corti d'Appello di Palermo e di Caltanissetta, nel quadro dei compiti assegnati al procuratore generale dall'articolo 6 del decreto legislativo n. 106 del 2006.
In quella circostanza, particolare attenzione venne rivolta all'incontrollata diffusione di notizie in relazione a procedimenti su «asseriti contatti di organizzazioni criminali con organi delle istituzioni».
In data 7 giugno 2010, si svolse un incontro tra il procuratore generale aggiunto della Corte di Cassazione dottor Giovanni Palombarini e il dottor Grasso, in riferimento a dichiarazioni rese da quest'ultimo in occasione di una commemorazione pubblica con i parenti delle vittime dell'attentato del maggio 1993, in via dei Georgofili a Firenze. A tale incontro fece seguito una relazione di chiarimento del procuratore Grasso.
Peraltro, un ulteriore incontro tra il procuratore generale ed il procuratore nazionale antimafia sul tema delle dichiarazioni alla stampa, si era svolto in precedenza in data 20 ottobre 2009: all'esito della riunione il procuratore nazionale dottor Grasso aveva espressamente concordato sulla «necessità di un sempre maggiore sviluppo dei contatti con la procura generale».
Anche in data 28 febbraio 2011 - come ricorda il procuratore generale dottor Ciani -, il procuratore Grasso ebbe ad inviare al procuratore generale una nota «per le eventuali iniziative di competenza, anche ai sensi dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 106 del 2006», avente ad oggetto la «corrispondenza tra le Procure della Repubblica di Caltanissetta e di Palermo in relazione al collegamento di indagini nel procedimento della cosiddetta "trattativa"». In allegato venne trasmessa copia della menzionata corrispondenza (peraltro, già oggetto di una interlocuzione del procuratore nazionale con il Presidente della Repubblica ed il Ministro della Giustizia) «al fine di valutare le necessarie ed urgenti iniziative legislative per superare lo "stallo" istituzionale conseguente al mancato invio da parte del procuratore Messineo di copia degli atti richiesti» (dall'autorità giudiziaria di Caltanissetta). All'impulso del procuratore nazionale fece seguito la rimessione della questione - da parte della Procura generale della Corte di Cassazione - al Consiglio Superiore della Magistratura, il cui Comitato di presidenza procedette ad investire nuovamente l'ufficio della Procura generale della Cassazione per i seguiti di competenza.
Alle suddette segnalazioni istituzionali, prima del procuratore nazionale antimafia e poi del Consiglio Superiore della Magistratura fece quindi seguito, sempre nel quadro dei compiti di cui all'articolo 6 del decreto legislativo n. 106 del 2006, l'iniziativa della Procura generale della Corte di Cassazione che, in data 28 aprile 2011, richiese ai procuratori generali di Caltanissetta, Firenze e Palermo di fornire informazioni in merito ai contrasti che (anche in base a notizie di stampa) sembravano essere insorti tra le rispettive Procure distrettuali, circa la gestione dei procedimenti riguardanti i pretesi contatti di organizzazioni criminali con organi delle Istituzioni.
Nel riscontrare la richiesta, gli uffici interessati segnalarono l'emersione di «divergenze di valutazione» su talune fonti di prova e di «criticità nello scambio di atti e di documenti» tra le Procure di Palermo e di Caltanissetta.
In ragione di tali criticità e, sempre in data 28 aprile 2011, venne convocata dal procuratore Grasso una riunione con i procuratori di Palermo, Firenze e Caltanissetta, al fine di rendere effettivo il coordinamento delle inchieste sulle stragi del 1992-1993 e sulla cosiddetta trattativa. All'esito dell'incontro, il procuratore nazionale antimafia fece redigere un'articolata direttiva, a norma dell'articolo 371-bis, comma 2, lettera f) del codice di procedura penale, recante quattordici puntuali prescrizioni in tema di scambio di dati di indagine e di tempi e modi del coordinamento tra gli uffici. Di detta riunione e del relativo verbale, recante le direttive impartite dal procuratore nazionale antimafia, venne poi data comunicazione alla Procura Generale della Corte di Cassazione, con nota del 16 maggio 2011, che a sua volta riscontrava la precedente richiesta del 28 aprile 2011 della Procura generale.
Successivamente, anche il Consiglio Superiore della Magistratura intervenne per ribadire il potere del procuratore nazionale antimafia di acquisire informazioni da qualsiasi ufficio del pubblico ministero, anche con richiesta di copia di atti di indagini ritenute collegate ad altre in corso presso una direzione distrettuale antimafia. La delibera del consiglio fu adottata il 27 luglio 2011, in seguito alla trasmissione da parte della Presidenza della Repubblica della segnalazione del procuratore nazionale antimafia, in ordine allo «stallo» istituzionale relativo al procedimento penale sulla cosiddetta trattativa.
La stessa Presidenza della Repubblica provvide, quindi, ad inoltrare al procuratore nazionale antimafia la predetta delibera accompagnandola con una propria nota, della quale in data 8 settembre 2011, venne trasmessa copia alla procura generale «per gli aspetti ritenuti di competenza».
Precisato ciò, il procuratore Ciani non ha mancato di evidenziare che le attribuzioni riconosciute al procuratore generale della Corte di Cassazione dai citati articoli 6 del decreto legislativo n. 106 del 2006 e 104 del codice delle leggi antimafia vengono richiamate anche nella nota con cui il segretario generale della Presidenza della Repubblica, in data 4 aprile 2012, ha trasmesso la lettera del senatore Nicola Mancino, che si doleva della mancata adozione di forme di coordinamento delle attività svolte da più Uffici giudiziari in materia di cosiddetta trattativa.
Tale nota si concludeva, infatti, con la richiesta, per incarico del Presidente della Repubblica, di ogni consentita notizia: richiesta cui il procuratore generale dottor Ciani riscontrava con nota in data 11 aprile 2012, richiamando le pregresse iniziative già assunte dalla Procura generale della Corte di Cassazione ed enunciando il proposito dell'ufficio di acquisire notizie aggiornate, in particolare interloquendo col Procuratore nazionale antimafia, per verificare lo stato di attuazione delle intese raggiunte con gli altri uffici interessati.
Dalle argomentazioni esposte, è dato, quindi, evincere - così come rimarcato anche dal procuratore Ciani - che «è nel quadro di oggettiva criticità nel coordinamento delle indagini sulla cosiddetta trattativa, che si iscrive l'ulteriore riunione con il procuratore antimafia del 19 aprile 2012».
A corollario di quanto detto va posta in evidenza anche l'ulteriore precisazione del Procuratore generale, che esclude che nel corso della riunione sia lui che i suoi collaboratori abbiano parlato della specifica vicenda processuale del senatore Mancino, ovvero abbiano in alcun modo, direttamente o indirettamente, sollecitato il procuratore Grasso ad avocare le indagini sulla cosiddetta «trattativa» o gli abbiano richiesto di impartire indirizzi investigativi, anche solamente prospettandone l'opportunità. Ciò si evince anche dal tenore della relazione redatta dal procuratore Grasso, su richiesta esplicita del Procuratore generale, all'esito della riunione riguardante il coordinamento delle indagini prima menzionate.
Nella relazione fatta dal procuratore Grasso vengono, infatti, richiamati i numerosi momenti problematici del contrasto insorto tra le procure siciliane, fin dal 2010 e viene motivata, quale conseguenza, l'iniziativa assunta dal procuratore antimafia nell'aprile del 2011. Nella stessa relazione vengono, inoltre, riepilogate le fasi di elaborazione delle direttive emanate dallo stesso procuratore nazionale in data 28 aprile 2011 e viene, altresì, premessa la differenza tra l'attività di impulso al coordinamento e l'indirizzo delle indagini, o la valutazione del materiale probatorio. Viene, inoltre, rappresentato ad abundantiam (il procuratore nazionale nella sua relazione usa il termine «superfluo») che, in situazioni di deficit del coordinamento, l'istituto finalizzato a ricondurre a unità l'investigazione è quello della avocazione (articolo 371-bis, comma 1, lettera h) del codice di procedura penale). Si tratta, però, di uno strumento ancorato a presupposti normativi particolarmente stringenti e non praticabile - a giudizio del procuratore Grasso - nei casi di «coordinamento a intermittenza», quale quello verificatosi nelle indagini sulla cosiddetta trattativa. Nel caso di specie poteva essere affermata, invece, l'efficacia del coordinamento svolto dal procuratore nazionale antimafia e poteva del pari essere escluso che vi fossero state violazioni di sorta da parte delle direzioni distrettuali antimafia interessate a quelle indagini.
La relazione si conclude, poi, con una disamina della legislazione vigente, reputata insufficiente in vista di un'efficace azione di coordinamento e impulso, rispetto a una struttura degli uffici del pubblico ministero, quale disegnata dal decreto legislativo n. 106 del 2006. Di qui alcune proposte del procuratore Grasso, rivolte al futuro, che riprendono l'idea di Giovanni Falcone di attribuire all'ufficio del Procuratore nazionale il potere di individuare i temi dell'investigazione e di orientare i piani di indagine su tutto il territorio nazionale, secondo l'impianto originario della norma dell'articolo 371-bis del codice di procedura penale, poi modificata in sede di approvazione parlamentare.
In questa prospettiva, il procuratore Grasso individua, infatti, alcuni settori di possibile intervento operativo (accesso al registro delle intercettazioni, rogatorie internazionali, comunicazioni dei piani di indagine tra le direzioni distrettuali antimafia), allegando un progetto di riforma della direzione nazionale antimafia e pregando il procuratore generale «di prospettare le palesate esigenze a livello istituzionale».
Altrettanto puntuali e specifiche ai fini della tematica affrontata in interrogazione, appaiono - come anticipato in premessa - le informazioni trasmesse dal procuratore nazionale antimafia il quale, in merito alla riunione convocata dal procuratore generale il 19 aprile 2012, a sua volta riferisce di avere fornito, su richiesta del Procuratore generale, notizie «sull'esercizio delle funzioni di coordinamento delle indagini in tema di stragi del 1992-1993 e della cosiddetta "trattativa" e, in particolare, sul rispetto delle direttive emanate all'esito della riunione di coordinamento svoltosi presso la Direzione nazionale antimafia il 28 aprile 2011, tra le direzioni distrettuali antimafia di Caltanissetta, Firenze e Palermo».
In quell'occasione venne evidenziata dal procuratore nazionale «la difficoltà di una valutazione omogenea da parte dei singoli uffici degli elementi acquisiti e resi comuni dallo scambio reciproco ed ininterrotto degli atti d'indagine, principalmente a causa della diversità delle finalità dei vari filoni investigativi: quelli di Caltanissetta rivolti ad individuare i responsabili delle stragi di Capaci e di via D'Amelio del 1992; quelli di Firenze i responsabili delle stragi di Firenze, Roma e Milano del 1993 ed infine, quelli di Palermo, tendenti ad approfondire i contatti e le relazioni tra esponenti di Cosa nostra e delle istituzioni, rientranti in quella che ormai viene comunemente definita trattativa».
Inoltre, venne segnalato il rischio che «la contemporanea pendenza di indagini così complesse, per le parti replicate in sedi dibattimentali come Firenze e Palermo, possa sottrarre taluni temi ai poteri di coordinamento, peraltro, attribuiti al procuratore nazionale antimafia esclusivamente allo scopo di razionalizzare ed evitare pericolose sovrapposizioni di indagini da parte della magistratura inquirente e della delegata polizia giudiziaria».
In ragione di quanto chiarito sia dal procuratore generale della Cassazione, sia dal procuratore nazionale antimafia si può, quindi, concludere che la riunione del 19 aprile 2012 si inquadra nell'esercizio delle attribuzioni di sorveglianza e di verifica affidate al procuratore generale dalle più volte richiamate disposizioni legislative. In tale contesto le iniziative di volta in volta assunte dal procuratore generale si inquadrano in una corretta linea di condotta. Tale funzione, proprio perché compiuta sotto l'egida della legge e nel suo rigoroso rispetto ed applicazione, non comporta valutazioni di contenuto circa le determinazioni sul merito di procedimenti in corso, ovvero pervenuti alla fase del giudizio, valutazioni queste che, come puntualmente avvenuto anche nel caso in esame, restano interamente riservate agli uffici giudiziari competenti.

Il Ministro della giustizia: Paola Severino Di Benedetto.