ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/17141

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 673 del 26/07/2012
Firmatari
Primo firmatario: FARINA GIANNI
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 26/07/2012


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI delegato in data 26/07/2012
Stato iter:
21/12/2012
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 21/12/2012
DE MISTURA STAFFAN SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (AFFARI ESTERI)
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 21/12/2012

CONCLUSO IL 21/12/2012

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-17141
presentata da
GIANNI FARINA
giovedì 26 luglio 2012, seduta n.673

GIANNI FARINA. -
Al Ministro degli affari esteri.
- Per sapere - premesso che:

l'anno europeo delle lingue 2001 ha messo in evidenza molti modi di promuovere l'apprendimento delle lingue e la diversità linguistica. Una risoluzione del Parlamento europeo del 13 dicembre 2001 ha invitato all'adozione di misure per promuovere l'apprendimento delle lingue e la diversità linguistica. Il Consiglio istruzione del 14 febbraio 2002 ha invitato gli Stati membri a prendere provvedimenti concreti per promuovere la diversità linguistica e l'apprendimento delle lingue ed ha invitato la Commissione europea a presentare proposte in questo campo. Nel marzo 2002, a Barcellona, i Capi di Stato e di Governo hanno affermato la necessità di un'azione dell'Unione europea e degli Stati membri per migliorare l'apprendimento delle lingue ed hanno auspicato un'ulteriore azione per migliorare le capacità fondamentali, in particolare tramite l'insegnamento di almeno due lingue straniere impartito a tutti da un'età molto precoce;

la politica liguistica è diventata in Europa una delle priorità dell'Unione europea, degli Stati aderenti all'Unione europea degli altri Paesi dell'area europea. Lo studio di una lingua straniera è imposto agli alunni fin dal primo livello primario in quasi tutti i Paesi. Addirittura in alcuni Paesi inizia nella scuola materna come in Spagna e in Belgio (comunità tedesca). In media, la percentuale degli alunni che studiano almeno due lingue straniere a livello secondario inferiore arriva al 58 per cento dell'Ue-27, pur se le differenze tra i Paesi è ancora rilevante. Nel gennaio 2007 l'Unione europea ha riconosciuto 23 lingue ufficiali che godono dello status di lingua di Stato nei diversi Stati membri;

ad accrescere il numero delle lingue in Europa hanno contribuito i fenomeni migratori e la costituzione di minoranze nazionali, che hanno portato nei venti Paesi alla creazione di strutture educative di vari tipi e con differenti obiettivi. In diversi Paesi i programmi didattici per le minoranze etniche nazionali possono offrire a certi alunni immigrati la possibilità di seguire la loro scolarizzazione nella propria lingua materna;

in rapporto dell'Eurydice del 2009 si fa riferimento a circa venti Paesi che hanno emesso normative o raccomandazioni sull'attivazione di corsi di lingua materna rivolti agli alunni immigrati. Nei restanti Paesi, l'offerta formativa nella lingua di origine per gli alunni immigrati è legata principalmente a iniziative private e volontarie, talvolta sostenute da autorità educative centrali e/o locali;

nei Paesi europei le politiche attuate per quanto riguarda l'insegnamento della lingua materna degli alunni stranieri rientrano in due grandi tipologie. Uno consiste nell'offerta formativa sulla base di accordi bilaterali conclusi tra il Paese ospitante e i Paesi d'origine delle principali comunità immigrate presenti sul territorio. Per esempio in Polonia, Slovenia e Liechtenstein (la Svizzera, pur non essendo paese membro dell'Unione europea, rientra tra questa categoria) i corsi di lingua materna per alunni immigrati sono finanziate dalla ambasciate, dai consolati, dalle associazioni culturali del Paese d'origine degli alunni e si svolgono negli edifici scolastici; il secondo approccio, il più comune, è quello che adotta il principio che tutti gli alunni immigrati hanno diritto ad un'offerta formativa nella loro lingua materna, a patto che un numero di alunni ne faccia richiesta e siano disponibili risorse necessarie, messe a disposizione dal sistema scolastico nazionale;

tutti i Paesi che hanno stipulato accordi bilaterali li hanno siglati sia con gli Stati membri dell'Unione europea sia con i Paesi extracomunitari, in funzione del fenomeno dell'immigrazione sul loro territorio (la Germania attraverso i Lànder ha stipulato accordi bilaterali con Croazia, Grecia, Croazia, Italia, Turchia, Portogallo, Marocco (...); la Francia con Algeria, Italia, Marocco, Portogallo, Serbia, Spagna, Tunisia, Turchia; il Lussemburgo con il Portogallo). I corsi tenuti in base ad accordi bilaterali comprendono anche elementi di cultura d'origine. Queste lezioni si svolgono nella maggior parte dei casi al di fuori del normale orario scolastico. Fanno eccezione Spagna e Lussemburgo poiché nella maggior parte dei casi integrano questi corsi nel normale curriculum scolastico;

in circa metà dei paesi dell'Unione europea (tra cui l'Italia) organizzare e finanziare i corsi di lingua materna spetta al Paese ospitante. Nella maggior parte dei casi, documenti ufficiali raccomandano alle scuoce di offrire corsi di lingua materna a tutti gli alunni di origine immigrata indipendentemente del loro status (richiedenti asilo, alunni appena arrivati) e dalla loro nazionalità. Questi corsi in linea di massima possono coprire una vasta gamma di lingue. Negli ultimi anni alcuni Paesi (Danimarca, Norvegia, Repubblica Ceca) hanno definito specificatamente le categorie di alunni immigrati che possono usufruire dei corsi di lingua materna;

generalmente, nei Paesi dell'Unione europea i corsi di lingua straniera vengono organizzati e finanziati dalle autorità educative nazionali e si tengono al di fuori del normale orario scolastico. Una menzione particolare merita l'Austria, dove l'insegnamento della lingua materna degli alunni immigrati è stato incluso nel programma di istruzione obbligatoria: sono almeno 19 le lingue materne, ivi comprese quelle europee. Nel Regno Unito invece (Inghilterra e Galles), dal 2008, dopo la cancellazione della normativa che faceva riferimento ad una lingua dell'Unione, le scuole possono offrire l'insegnamento di una lingua internazionale, tenendo conto degli interessi delle comunità locali;

recentemente molti Paesi europei hanno messo a punto strategie politiche globali riguardanti il modo di affrontare il fenomeno migratorio nel sistema d'istruzione. Misure che considerano la diversificazione linguistica dovuta alle lingue materne degli alunni immigrati come una ricchezza;

tuttavia, uno studio recente pubblicato la metà di maggio 2012 «Europa ricca di lingue», condotto dal Consiglio Britannico e il Centro Babylon dell'università di Tilburg (Olanda) circa l'apprendimento dell'uso delle lingue in Europa, nelle scuole, c'è il rischio che le lingue nazionali subiscano la concorrenza della lingua inglese. Secondo la ricerca - che ha analizzato l'uso della lingua nei settori formazione, media, servizi pubblici e imprese in 24 Paesi europei e regioni, tra questi anche il canton Ticino, Ginevra e Zurigo (Svizzera) - il meno riconosciuto, protetto e implementato, è lo studio della lingua dei migranti nonostante essi siano molto presenti nella vita pubblica;

in Svizzera i cantoni godono di ampia autonomia in ambito di educazione. Esistono così 26 sistemi scolastici diversi, uniti da alcuni elementi comuni, come la durata della scuola dell'obbligo. L'obbligo scolastico in Svizzera dura nove anni. In tutti i cantoni la scuola dell'obbligo è suddivisa in livello primario e livello secondario I. La scuola è obbligatoria e gratuita per tutti i bambini svizzeri e stranieri. I comuni garantiscono che ogni bambino possa frequentare una scuola pubblica. Nella maggior parte dei cantoni la scuola primaria dura sei anni, la scuola secondaria I tre anni. In più della metà dei cantoni anche la scuola per l'infanzia è obbligatoria (uno o più anni). La stragrande maggioranza dei bambini frequenta una scuola pubblica dell'infanzia;

in Svizzera per i bambini di lingua straniera, l'EDK o la CDPE - Conferenza dei direttori cantonali della pubblica educazione - in diversi momenti si è interessato dell'insegnamento della lingua e cultura d'origine dei giovani migranti (nel 1972, nel 1974, 1976 e 1985). Le attuali raccomandazioni risalgono al 24-25 ottobre 1991 e sono state di recente riconfermate dalla Conferenza dei direttori cantonali;

in generale l'EDK richiama e ribadisce il principio di ammettere alla frequenza delle scuole pubbliche svizzere ogni bambino di origine straniera, di eliminare ogni discriminazione, nel rispetto del diritto del bambino di conservare la lingua e la cultura del Paese d'origine. Inoltre presenta alcuni importanti raccomandazioni da tener presente nel processo di scolarizzazione del bambino d'origine straniera; favorire l'integrazione dei bambini sin dall'inizio della scuola dell'infanzia e per due anni scolastici, con una frequenza gratuita dei corsi di lingua d'origine, incoraggiando la loro partecipazione nei diversi ordini di scuola; integrare nell'orario di insegnamento scolastico, se possibile, almeno due ore settimanali dei corsi di lingua e cultura d'origine, sostenendo tale insegnamento nelle forme più adeguate (controllo della frequenza, valutazioni periodiche);

successivamente, i direttori cantonali dell'istruzione pubblica decidono di sviluppare in modo coordinato l'insegnamento delle lingue con i seguenti obiettivi comuni: promuovere precocemente l'insegnamento della prima lingua, insegnamento a tutti gli allievi di due lingue straniere introdotte non più tardi a partire dal 3o e dal 5o anno scolastico. Al repertorio linguistico appartengono obbligatoriamente una seconda lingua locale ed un'altra lingua straniera, in genere l'inglese. Per un Paese plurilingue, l'apprendimento precoce delle lingue rappresenta una strategia - elaborata tenendo conto anche dei programmi dell'Unione europea - che permetterà agli svizzeri di essere competitivi sul mercato del lavoro rispetto agli europei;

pur in vigore il principio delle quattro lingue ufficiali, nella politica scolastica non se ne tiene adeguatamente conto. Alcuni Cantoni della Svizzera hanno, nel recente passato, ipotizzato la soppressione dell'insegnamento del francese come seconda lingua nella scuola primaria. La decisione, annullata, di tagliare i finanziamenti per l'insegnamento dell'italiano nei licei del cantone di San Gallo, avrebbe leso una norma di legge e viene meno al rispetto dei diritti sanciti dall'ordinamento elvetico;

l'articolo 5 della legge federale del 5 ottobre 2007 sulle lingue nazionali e la comprensione tra le comunità linguistiche, allo scopo di «rafforzare l'insegnamento delle lingue nazionali, quale elemento essenziale della cultura elvetica e per consolidare la coesione interna del Paese», stabilisce che «le lingue ufficiali della Confederazione sono il tedesco, il francese e l'italiano. Il romancio rimane la lingua ufficiale nei rapporti con le persone di lingua romancia». L'articolo 6 prevede l'importante principio che permette a chiunque di rivolgersi ad «un'autorità federale nella lingua ufficiale di sua scelta». Si stabilisce altresì che la pubblicazione dei testi normativi della Confederazione avviene «simultaneamente in tedesco, francese e italiano»;

l'importante e innovativa legge elvetica, oltre a stabilire le lingue ufficiali, permette ai Cantoni dei Grigioni e del Ticino di usufruire di «aiuti finanziari della Confederazione per il sostegno di misure destinate a salvaguardare e promuovere le lingue e la cultura romancia e italiana». Da sottolineare l'articolo 22 che permette al Canton Ticino di intervenire in vari modi per sostenere la lingua italiana -:

se il Ministro intenda assumere le iniziative di competenza affinché:

a) nell'ambito della politica dell'Unione europea, tutti i Paesi ospitanti partecipino all'organizzazione e al finanziamento dei corsi di lingua materna degli allievi immigrati;

b) nell'ambito degli accordi bilaterali UE-Svizzera, l'Unione europea solleciti il Governo elvetico a un maggiore impegno circa l'organizzazione e il finanziamento dell'insegnamento della lingua materna degli allievi stranieri;

c) nell'ambito delle trattative bilaterali Italia-Svizzera, il Governo italiano chiami la Confederazione Elvetica ad un impegno diretto a sostegno dell'insegnamento della lingua italiana nelle scuole elvetiche sia come lingua materna degli allievi italiani che frequentano le scuole svizzere sia come lingua nazionale nelle scuole superiori (licei ed università);

d) nell'ambito delle proprie funzioni di rappresentante dello Stato italiano, l'ambasciatore d'Italia in Svizzera si impegni ad avviare incontri bilaterali con i Governi cantonali e le autorità scolastiche locali per favorire il loro sostegno pieno all'insegnamento della lingua italiana nelle scuole dell'obbligo e nelle scuole superiori (licei ed università);

e) nell'ambito della rispettiva autonomia e sovranità, si avvii con il Governo del Canton Ticino ad una collaborazione al fine di sviluppare iniziative e azioni per la promozione e sostegno della lingua italiana nella Confederazione elvetica, essendo l'italiano anche la propria lingua ufficiale. (4-17141)
Atto Camera

Risposta scritta pubblicata venerdì 21 dicembre 2012
nell'allegato B della seduta n. 738
All'Interrogazione 4-17141 presentata da
GIANNI FARINA

Risposta. - In generale, lo strumento maggiormente utilizzato per la promozione della lingua italiana è la stipula di convenzioni tra le rappresentanze diplomatico-consolari e le competenti autorità nei Paesi di accreditamento, la cui attuazione è affidata a uno o più enti di assistenza scolastica che percepiscono contributi ministeriali, con il coordinamento dell'ufficio scolastico delle rappresentanze diplomatico-consolari. La convenzione, oltre a illustrare gli obiettivi definisce tra l'altro le esigenze dell'utenza, gli impegni presi dalle parti, le modalità di intervento e le scuole coinvolte. Si tratta pertanto di uno strumento particolarmente utile perché consente di ripartire gli oneri finanziari ed organizzativi in base alle esigenze e alla disponibilità delle parti e risulta notevolmente adattabile in ragione delle specificità locali. Le convenzioni sono molto diffuse nelle aree a maggior concentrazione di connazionali in Europa, in America Settentrionale e Meridionale, in Australia, in sud Africa. Il grado di istituzionalizzazione della collaborazione con le autorità locali varia tuttavia sensibilmente da paese a paese e più in generale per area geografica, in ragione delle evidenti peculiarità locali.
Per quanto concerne la Svizzera, dove l'italiano è riconosciuto come lingua ufficiale della Confederazione, massimo è l'impegno volto a favorire - di concerto con le autorità locali - un'adeguata offerta di apprendimento della lingua italiana. Come rileva anche l'interrogante, non esiste un'autorità a livello federale con competenze operative in materia scolastica in quanto queste spettano ai cantoni. In tale cornice, assume particolare importanza la commissione culturale consultiva italo-svizzera (l'unica del genere messa in atto dalla Confederazione), il cui prossimo incontro sarà utile per fare il punto sullo stato dei fatti e sul futuro.
All'obiettivo di promuovere la lingua italiana in Svizzera concorrono oggi una serie di iniziative, alle quali anche il Governo italiano fattivamente contribuisce, quali le scuole italiane, i corsi di lingua e cultura italiana per i connazionali, l'erogazione di contributi economici in favore di enti gestori di corsi di lingua, vari progetti bilingui sul versante dell'istruzione scolastica, i dipartimenti di italianistica, i due lettorati con docenti di ruolo. Nel Paese beneficiano di contributi, a valere sull'apposito capitolo per iniziative scolastiche in favore delle comunità di connazionali all'estero, 13 enti gestori, che organizzano 392 corsi, tenuti da 83 docenti, che raggiungono in totale 4.375 alunni.
In considerazione della riduzione, a partire dall'anno scolastico 2012-2013, del contingente dei docenti di ruolo in servizio in Europa e, in particolare, in Svizzera, determinata dal processo di «spending review», l'obiettivo è poter contare su risorse adeguate per gli enti gestori, allo scopo di compensare - per quanto possibile - la riduzione del contingente. Va osservato al riguardo che anche in Svizzera fondi aggiuntivi per gli enti gestori sono stati messi a disposizione nel quarto trimestre 2012. Il fine è quello di salvaguardare gli importanti risultati conseguiti nel corso degli anni passati, in termini di offerta - anche qualitativa - dei corsi di lingua e cultura italiana all'estero, puntando ad un sempre maggior radicamento, in prospettiva, della lingua italiana nelle scuole locali.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Staffan de Mistura.