ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/16862

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 660 del 04/07/2012
Firmatari
Primo firmatario: SBAI SOUAD
Gruppo: POPOLO DELLA LIBERTA'
Data firma: 04/07/2012


Destinatari
Ministero destinatario:
  • PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
  • MINISTERO DELL'INTERNO
  • MINISTERO PER LA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE E L'INTEGRAZIONE
Ministero/i delegato/i a rispondere e data delega
Delegato a rispondere Data delega
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 04/07/2012
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'INTERNO delegato in data 16/07/2012
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-16862
presentata da
SOUAD SBAI
mercoledì 4 luglio 2012, seduta n.660

SBAI. -
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione.
- Per sapere - premesso che:

il velo, inteso come hijab, burqa, niqab o in qualsiasi altra veste esso venga propinato, non esiste nel testo Corano;

è una interpretazione di stampo e matrice estremistica e radicalista, nata nel tempo come demarcazione di un territorio dominato e assoggettato, come la società afghana con il burqa;

la tesi dello studioso egiziano Mustapha Mohammed Rashed, discussa all'università Al Azhar, ha sostenuto, argomentando shariticamente, che hijab (velo sulla testa) non è un dovere dell'Islam;

contestualmente, il nipote di Hassan Al Banna (fondatore dei Fratelli musulmani), Gamal, sostiene in un vudeo che «l'hijab è un fenomeno mederno e non una tradizione» e che «una donna che mostra i suoi capelli non rompe le regole islamiche, perché non c'è nulla nell'Islam e nel Corano che dice che una donna deve coprire i capelli»;

lo stesso Gamal al Banna il nipote di Hassan Al Banna (fondatore dei Fratelli musulmani), nel suo ultimo libro «Hijab» prossimamente in uscita, sostiene che «categoricamente l'hijab è stato menzionato solo una volta nel Corano per significare una porta o una parete, ma mai velo che copre una donna» e «nel periodo pre-islamico, le donne mettevano un Khimar per coprire i capelli, ma non per una religione o credo, ma solo per proteggersi dal sole del deserto o dalla sabbia; ma in quei tempi, il vestito della donna aveva anche una larga fessura sul davanti, che serviva per allettare il bambino, oppure ci si metteva il vestito da una fessura, e con l'arrivo dell'Islam, il Corano ha detto: mettano i loro Khimar sul petto. Qui è l'unico testo chiaro del Corano in cui si consigliava di coprire una parte del corpo della donna (...)»;

nei paesi arabi molto spesso il niqab (velo integrale) viene usato anche dalle prostitute per occultare il proprio volto, al fine di non farsi riconoscere da parenti e conoscenti nell'esercizio del meretricio;

non regge nemmeno l'assonanza con le suore cattoliche, che hanno scelto uno status religioso preciso e vincolante ad un ordine religioso. Ergo non sussiste analogia alcuna fra le figure della suora e della donna musulmana laica, cosa su cui gli studiosi arabi sono del tutto concordi;

i pilastri, ovvero «obblighi soli e primari» dell'Islam sono cinque (professione di fede/Ramadan/preghiera/elemosina/pellegrinaggio alla Mecca) e fra essi non figura il velo sulla testa, in nessuna maniera o modalità con il quale l'estremismo radicale, di stampo salafita, lo voglia identificare;

il salafismo, che impone alle donne musulmane il velo e ancor di più il niqab, non fa parte delle quattro scuole dell'Islam (Hanifiti, i Malikiti, gli Shafiiti e gli Handaliti);

in Italia esistono e sussistono pseudo-associazioni come «Il movimento per la tutela dei diritti dei musulmani», che sponsorizzano hijab, burqa e niqab come indumenti di origine religiosa quando non lo sono;

è stata presentata una proposta di legge: «Modifica all'articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, concernente il divieto di indossare gli indumenti denominati burqa e niqab (2422)» -:

se intenda il Governo porre in essere delle verifiche in relazione a dette associazioni, che propagandano principi pseudo-islamici spacciandoli per verità assoluta, al fine di valutare se possano emergere posizioni pericolose per la tutela dell'ordine pubblico in ambienti che potrebbero essere vicini all'estremismo.
(4-16862)