ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/16722

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 655 del 25/06/2012
Firmatari
Primo firmatario: SCILIPOTI DOMENICO
Gruppo: POPOLO E TERRITORIO (NOI SUD-LIBERTA' ED AUTONOMIA, POPOLARI D'ITALIA DOMANI-PID, MOVIMENTO DI RESPONSABILITA' NAZIONALE-MRN, AZIONE POPOLARE, ALLEANZA DI CENTRO-ADC, DEMOCRAZIA CRISTIANA)
Data firma: 25/06/2012


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE delegato in data 25/06/2012
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-16722
presentata da
DOMENICO SCILIPOTI
lunedì 25 giugno 2012, seduta n.655

SCILIPOTI. -
Al Ministro dell'economia e delle finanze.
- Per sapere - premesso che:

le cronache quotidiane danno ampio risalto alla profonda e inusitata conflittualità oggi esistente tra cittadino contribuente e fisco. Agenzia delle entrate e concessionario della riscossione (Equitalia) sono così diventate simbolo - e bersaglio - del crescente e diffuso malcontento, spesso acuito dal difficilissimo contesto economico/finanziario attuale;

è ora necessario e non più rinviabile costruire realmente le basi di nuovo rapporto basato su basi paritarie, tra fisco e cittadini/contribuenti;

occorre, al di là delle mere affermazioni di stile, partire da una radicale modifica legislativa che consenta di far sì che il fisco concentri le proprie risorse materiali ed umane nello scovare i veri evasori, evitando «accanimenti» con chi spontaneamente dichiara il dovuto al fisco, anche se spesso è nelle condizioni di non potere adempiere regolarmente alle obbligazioni fiscali;

il caso è quello relativo a contribuenti che, dopo avere regolarmente e spontaneamente indicato nelle dichiarazioni dei redditi le imposte dovute, omettono poi in tutto od in parte di versare alle scadenze le imposte autoliquidate, e spontaneamente indicate come dovute, in questi casi la normativa di riferimento (articolo 36-bis, decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 e articolo 13, decreto legislativo n. 471 del 1997) prevede sanzioni pari al 30 per cento delle imposte non versate. Il tutto oltre interessi e aggi del concessionario, cui viene affidata la riscossione delle imposte non versate;

prima di affidare il carico al concessionario della riscossione, l'amministrazione finanziaria invia un cosiddetto avviso bonario, atto endoprocedimentale non direttamente impugnabile, con il quale invita il contribuente a sanare la propria posizione, con il beneficio della riduzione delle sanzioni ad 1/3 della sanzione prevista per legge, salva la dimostrazione che in effetti nessuna imposta è dovuta, in quanto si sia verificato un errore in fase di liquidazione automatizzata; entro i trenta giorni il contribuente può infatti fornire i propri chiarimenti o rilevare eventuali errori nella liquidazione automatizzata, sì da ottenere l'annullamento della comunicazione;

gli avvisi bonari non sono impugnabili innanzi alle commissioni tributarie; pertanto il contribuente che ritenga la riliquidazione non corretta, non può impugnare l'avviso bonario ma deve attendere l'emissione della cartella esattoriale di Equitalia, che tuttavia conterrà non solamente l'importo della sanzione elevata al 30 per cento, ma altresì l'aggio spettante all'esattore, oltre agli interessi fino al momento del soddisfo. Oltretutto le attuali disposizioni prevedono che decorso il termine di sessanta giorni senza che sia intervenuto il pagamento, anche l'aggio attualmente a carico dell'amministrazione finanziaria pari al 50 per cento del totale gravi per intero sul contribuente, per un importo complessivo pari al 9 per cento dell'importo portato in cartella;

il «cittadino medio» ignora che in caso di mancato versamento delle imposte a seguito dell'avviso bonario la successiva cartella esattoriale sarà gravata delle ulteriori somme che contribuiscono a far lievitare in modo abnorme il carico fiscale, fin quasi a renderlo non più tollerabile;

nel comune sentire si trova irragionevole e vessatorio applicare sanzioni ed aggi abnormi, a detta dell'interrogante, quasi usurari, su somme autodichiarate al fisco, ma spesso non versate per obbiettive condizioni di indigenza o comunque di materiale impossibilità ad adempiere all'obbligazione tributaria, o semplicemente perché si ritiene non dovuta la somma;

in caso di ricorso, il cittadino contribuente sarà costretto, salvo una improbabile sospensione della riscossione, a versare gli importi della cartella esattoriale così gravata;

le situazioni sopra descritte contribuiscono ad alimentare il clima di sfiducia verso lo Stato e si arriva così al paradosso di chi, avendo sempre dichiarato tutto al fisco, valuti, per il futuro, di omettere totalmente la dichiarazione dei redditi;

queste procedure hanno contribuito in misura determinante all'enorme carico di lavoro delle commissioni tributarie che nella migliore delle ipotesi pongono in discussione le causa non prima di due-tre anni; ciò contribuisce ad un ulteriore aggravio di interessi moratori a carico dei contribuenti, tant'è che sinora, in questi casi, la soluzione è stata quella, come nel 2002 della cosiddetta rottamazione delle cartelle; così gli unici importi che l'amministrazione riesce effettivamente ad introitare sono quelle che derivano dalla «chiusura» della posizione tramite «condono fiscale»: l'incassato sarà pertanto una cifra «risibile» se rapportata al dovuto: variabile dal 10 al 50 per cento delle sole imposte; somme pagate peraltro a distanza di anni, senza sanzioni ed interessi (dopo che l'amministrazione finanziaria avrà impiegato notevolissime risorse umane e materiali);

si ritiene pertanto che possa e debba trovarsi una situazione volta a modificare il sistema di riscossione legato all'adempimento spontaneo, in tutti quei casi di effettiva impossibilità per il contribuente di potere adempiere con regolarità alle proprie obbligazioni;

il sistema della riscossione spontanea deve, a detta dell'interrogante, quindi essere modificato, con l'eliminazione di tutte le sanzioni - nel caso di non contestazione delle somme - ed applicazione dei soli interessi da dilazione. Solo così potrebbe essere incentivata la dichiarazione spontanea delle somme, anche da parte di chi effettivamente non può pagare le imposte. Infatti solo l'enorme divario sanzionatorio che verrebbe a crearsi fra le ipotesi di omessa dichiarazione dei redditi e dichiarazione dei redditi regolarmente presentata, seppure con imposte non versate costituirebbe deterrente fortissimo all'evasione;

in particolare si dovrebbe, a detta dell'interrogante, procedere alla modifica della normativa vigente, che dovrebbe prevedere in particolare:

a) l'eliminazione di sanzioni nel caso di espressa acquiescenza circa le debenza delle somme autoliquidate in dichiarazione, con possibilità di rateizzazione «lunga» in un tempo congruo tale da permettere al debitore di poter reperire le risorse necessarie (5 anni). A tal fine, anche il mancato pagamento di una o più rate previste nel piano di rateizzazione concordate con l'Agenzia delle entrate non comporterebbe l'applicazione di sanzioni, ma unicamente di interessi legali con una piccola maggiorazione (nell'ordine di 2 punti percentuali). La situazione potrebbe essere «gestita» in autonomia dal contribuente con l'inserimento, all'interno del «cassetto fiscale» di un apposito software che conteggi esattamente l'obbligazione tributaria dovuta ad una precisa data (con generazione del modello F24), tale da determinare, in maniera oggettiva il debito fiscale alla data individuata per il pagamento ed evitare l'insorgere di contestazioni circa l'an ed il quantum debeatur;

b) l'introduzione di un forte fattore disincentivante a instaurare liti con il fisco per le ipotesi di mancato versamento di imposte autoliquidate. Tale obbiettivo potrebbe essere ottenuto con applicazione di sanzioni triple rispetto a quelle attuali (le sanzioni passerebbero dal 30 per cento al 90 per cento delle imposte) nei casi di impugnazione dell'atto, con motivazioni pretestuose e con motivi di legittimità e di merito che poi la commissione tributaria accerti come infondati;

c) la modifica dell'articolo 19, decreto legislativo n. 546 del 1992, con la specifica previsione dell'impugnabilità del cosiddetto avviso bonario, che pertanto diverrebbe non più atto endoprocedimentale, avente finalità di mero invito, ma vero e proprio atto impositivo, alla stregua di un normale avviso di accertamento. L'avviso bonario, la cui denominazione dovrebbe essere mutata in avviso di liquidazione imposte dichiarate, appunto, nel caso di impugnazione e soccombenza del contribuente costituirebbe titolo per la riscossione di imposte, interessi e sanzioni nella misura del 90 per cento. Nel caso di acquiescenza da parte del contribuente, costituirebbe titolo per la riscossione delle sole imposte ed interessi, senza sanzioni, con il vantaggio della rateizzazione in 5 anni, e con l'applicazione di sanzioni super-ridotte anche nelle ipotesi di lieve mancato rispetto del pagamento del piano di rateizzazione. Solo nel caso di conclamato mancato rispetto del piano di rateizzazione (mancato pagamento di 5 rate consecutive, senza che il contribuente si sia ravveduto) le somme verrebbero affidate per la riscossione al Concessionario della Riscossione, con ulteriore aggravio costituito dall'aggio spettante all'esattore;

la mini-riforma come sopra evidenziata avrebbe senza dubbio l'effetto di migliorare sensibilmente il perseguimento della cosiddetta tax compliance; il contribuente vedrebbe finalmente l'amministrazione finanziaria non più come uno «strozzino» che applica condizioni inaccettabili nei confronti dei contribuenti più deboli, ma come ente che comprende le difficoltà dei cittadini, perseguendo con vigore - nel rispetto della normativa - chi utilizza vari espedienti per sottrarsi al pagamento delle imposte;

altra modifica che l'interrogante riterrebbe necessaria è quella all'articolo 36-ter, decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973;

l'articolo 36-ter, decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 prevede attualmente che «Gli uffici periferici dell'amministrazione finanziaria, procedono (...) al controllo formale delle dichiarazioni presentate dai contribuenti e dai sostituti d'imposta sulla base dei criteri selettivi fissati dal Ministro delle finanze (...), ed ancora (...) il contribuente o il sostituto d'imposta è invitato, anche telefonicamente o in forma scritta o telematica, a fornire chiarimenti in ordine ai dati contenuti nella dichiarazione e ad eseguire o trasmettere ricevute di versamento e altri documenti non allegati alla dichiarazione o difformi dai dati forniti da terzi. 4. L'esito del controllo formale è comunicato al contribuente o al sostituto d'imposta con l'indicazione dei motivi che hanno dato luogo alla rettifica degli imponibili, delle imposte, delle ritenute alla fonte, dei contributi e dei premi dichiarati, per consentire anche la segnalazione di eventuali dati ed elementi non considerati o valutati erroneamente in sede di controllo formale»;

nella sostanza, gli oneri e detrazioni indicate in dichiarazione dai contribuenti vengono oggi controllati a campione. L'ufficio invia una comunicazione al contribuente chiedendo l'esibizione della documentazione giustificativa degli oneri indicati in dichiarazione (spese mediche, detrazioni per interventi edilizi, contributi previdenziali, ritenute subite, eccetera). Tali oneri e spese - che spesso incidono per decine di migliaia di euro - devono essere debitamente documentati dal contribuente, al quale è pertanto richiesto di conservare tale documentazione, allo scopo di esibirla all'ufficio in caso di controllo;

ebbene, tale attività di controllo che non porta grossi gettiti per l'erario, i recuperi sono spesso nell'ordine di poche centinaia di euro, comporta l'impiego di enormi risorse umane e materiali e l'irritazione dei contribuenti, che spesso sono costretti a riconsegnare all'ufficio la stessa documentazione già consegnata per annualità precedente;

se venisse introdotto l'obbligo di scannerizzare la documentazione inerente tali oneri, in modo da allegarla obbligatoriamente telematicamente alla dichiarazione dei redditi trasmessa, si avrebbero i seguenti indubbi vantaggi e tra questi:

a) l'impossibilità per il contribuente di alterare la documentazione (poiché la scannerizzazione, con invio in allegato alla dichiarazione dei redditi) «cristallizzerebbe» il documento;

b) il forte effetto deterrente: nessuno andrebbe più ad indicare oneri o spese non documentate (come invece purtroppo oggi viene fatto, poiché ci sono contribuenti che confidano sul fatto che l'estrazione della propria dichiarazione è fatto casuale);

c) l'enorme abbattimento dell'impiego di risorse: gli Uffici non dovrebbero più fare richieste documentali (spesso con raccomandate che non vanno a buon fine), aspettare le richieste dei contribuenti che spesso non arrivano, procedere all'iscrizione a ruolo (nei casi di omessa esibizione documentale) e poi sgravare le somme iscritte a ruolo (quando dopo la ricezione della cartella di pagamento il contribuente presenta all'ufficio i documenti) -:

quale sia l'orientamento del Governo in relazione alle proposte indicate in premessa;

se non ritenga che le proposte indicate in premessa possano essere percorribili utilizzando un atto normativo di urgenza che preveda anche norme che tendano a mitigare il carico delle sanzioni e more che grava sulle cartelle esattoriali attualmente in riscossione presso Equitalia, per consentire ad una gran massa di cittadini, già provati dalla crisi, di poter assolvere ai propri doveri di pagamento delle imposte dovute senza l'insopportabile carico delle sanzioni, aggi e more.
(4-16722)