ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/16416

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 644 del 05/06/2012
Trasformazioni
Trasformato il 13/07/2012 in 5/07358
Firmatari
Primo firmatario: BERNARDINI RITA
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 05/06/2012
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BELTRANDI MARCO PARTITO DEMOCRATICO 05/06/2012
FARINA COSCIONI MARIA ANTONIETTA PARTITO DEMOCRATICO 05/06/2012
MECACCI MATTEO PARTITO DEMOCRATICO 05/06/2012
TURCO MAURIZIO PARTITO DEMOCRATICO 05/06/2012
ZAMPARUTTI ELISABETTA PARTITO DEMOCRATICO 05/06/2012


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
  • MINISTERO DELLA SALUTE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA delegato in data 05/06/2012
Stato iter:
13/07/2012
Fasi iter:

SOLLECITO IL 04/07/2012

TRASFORMA IL 13/07/2012

TRASFORMATO IL 13/07/2012

CONCLUSO IL 13/07/2012

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-16416
presentata da
RITA BERNARDINI
martedì 5 giugno 2012, seduta n.644

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. -
Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute.
- Per sapere - premesso che:

il 26 maggio 2012, l'interrogante ha visitato il carcere di Bari accompagnata dai locali esponenti radicali Pasquale Marino e Donato Volpicella;

i detenuti presenti erano in totale 523, di cui 504 uomini e 19 donne; a tale proposito occorre tenere presente che secondo il sito internet www.giustizia.it, la capienza regolamentare dell'istituto è di 292 posti, ma non è dato sapere se in tale cifra siano compresi anche i posti della II sezione che è chiusa;

il 25 per cento dei reclusi è tossicodipendente e per tale categoria l'assistenza psichiatrica del SERT è del tutto insufficiente, in quanto le visite sono previste solo per due giorni a settimana anziché, come sarebbe necessario, per cinque;

l'istituto è sede di centro clinico di 20 posti letto che ospita detenuti con gravi patologie provenienti anche da altre regioni essendo uno dei pochi disponibili in Italia; la singolarità sta nel fatto che detenuti con salute gravemente compromessa trasferiti nel carcere di Bari proprio per la presenza del Centro, nella realtà dei fatti, vivano nelle celle disagiatissime, sovraffollate e igienicamente carenti delle sezioni per mancanza di posti disponibili nel nosocomio carcerario; d'altra parte è bene sottolineare che i venti posti disponibili non sono destinati tutti ai malati per il semplice fatto che, essendo molti dei degenti totalmente disabili, hanno bisogno di un piantone che li assista 24 ore su 24;

quanto al personale presente in Istituto risultano carenti gli organici degli agenti del Corpo di polizia penitenziaria (venti in meno), gli educatori (due in meno rispetto alla pianta organica), gli psicologi (figura che sta del tutto scomparendo nelle carceri italiane); con il passaggio della sanità penitenziaria alle asl non sono state via via rimpiazzate le figure professionali che in precedenza prestavano la loro opera; in particolare, si registra la necessità di stabilizzare figure come quella della fisioterapista che, pur lavorando da circa vent'anni nell'istituto, ancora non ha visto regolarizzata la sua posizione lavorativa;

in generale, le condizioni igieniche sono così degradate da rendere il sovraffollamento ancora più insopportabile della grave prostrazione umana che in genere determina sia per i detenuti che per il personale che è costretto a subirlo; nella sala colloqui c'è ancora il vietatissimo muretto divisorio; i detenuti segnalano che i loro congiunti fanno la fila dalle 5 di mattina; nell'istituto non è presente l'area verde per i colloqui dei detenuti con i figli minori;

nella sezione «accoglienza», dove dovrebbero essere appoggiati i detenuti nell'attesa di essere assegnati in sezione, la delegazione ha incontrato persone che lì si trovavano da diversi mesi in attesa di sistemazione; nella cella n. 1, di 33 metri quadrati, dove i letti a castello arrivano fino a 4 piani, sono ristrette 13 persone: 8 georgiani, 3 rumeni, 1 bulgaro e un italiano; un rumeno afferma di essere in sciopero della fame perché senza avvocato, un altro stentatamente dice di non aver mai visto l'avvocato d'ufficio e di non aver potuto leggere le carte, perché non sa né leggere né scrivere; N.P.M. che è lì da 1 mese e tre giorni con una condanna definitiva a 8 mesi e 25 giorni, lamenta il fatto che non gli sia stata ancora consegnata la borsa con i suoi vestiti e di non essere stato posto nelle condizioni di parlare al telefono con i familiari; da segnalare che nella cella oltremodo fatiscente e igienicamente compromessa, i 13 detenuti hanno a disposizione solo due sgabelli;

la direttrice e il comandante - che raggiungono la delegazione proprio nel corso della visita alla cella n. 1 della sezione accoglienza - spiegano che per casi particolari come quelli dei rumeni, nell'istituto operano «mediatori culturali volontari»; inoltre, precisano che - quanto alle telefonate - c'è spesso un problema di accertamento delle utenze perché i consolati dei Paesi di riferimento non rispondono;

nella cella n. 7 (24 metri quadrati) della «media sicurezza» si trovano 11 detenuti sistemati in due letti a castello 2 da 4 piani e uno da tre; aprire e chiudere la finestra risulta impresa piuttosto complicata perché nel poco spazio disponibile occorre spostare uno dei due letti a castello; i ristretti - tranne due lavoranti - passano in cella 20 delle 24 ore e fra loro ci sono sia detenuti definitivi che in attesa di giudizio; alla domanda se il magistrato di sorveglianza avesse mai potuto constatare direttamente le loro condizioni di detenzione, un detenuto ha risposto «sono qui dal 2010 e non è mai venuto a visitare la nostra cella»; R.I. fa presente che da due mesi chiede inutilmente di andare al centro clinico, perché è malato di cirrosi epatica e in cella non riesce a seguire correttamente la terapia che faceva prima di entrare in carcere;

nella cella n. 6 (24 metri quadrati) ci sono 11 detenuti tutti di Bari, cinque definitivi e sei in attesa di giudizio; alcuni di loro sono giovanissimi, un diciannovenne è lì da otto mesi; un detenuto ha gravi difficoltà di movimento perché è senza una gamba ma non ha le stampelle «perché il medico non le ha prescritte»; rischia moltissimo soprattutto quando fa la doccia; manca uno sgabello e non ci sono le «bilancette» per tutti; tre di loro lavorano, uno fa lo scopino e due prestano i loro servizi in cucina; le graduatorie scorrono ogni tre mesi;

nella cella n. 5 (24 metri quadrati) ci sono 9 albanesi, due definitivi e sette in attesa di giudizio;

nella cella n. 4 (24 metri quadrati) sono in 11 di cui 2 definitivi; un detenuto di 67 anni ha già scontato 4 mesi dei 12 che deve scontare; tre mesi fa ha presentato l'istanza per accedere alla detenzione domiciliare secondo quanto previsto dalla legge n. 199 del 2010, ma ancora non ha ricevuto risposta; un invalido con stampelle per una lesione al midollo è senza piantone e racconta di essere già scivolato in bagno dove non ci sono i maniglioni per appoggiarsi; un altro invalido alla gamba destra con gravi difficoltà di deambulazione si lamenta per l'assenza di fisioterapia di cui avrebbe un estremo bisogno; i materassi sono in condizioni indecenti: «sono sottilette», dice un detenuto;

nella cella n. 3 A.B. ha 75 anni e deve ancora scontare tre anni, è cardiopatico e dice di stare molto male; sta portando avanti uno sciopero della fame per essere curato;

la delegazione incontra i reclusi dell'alta sicurezza nel cortile del passeggio; affermano che anche lì le celle sono 33 metri quadrati, bagno incluso e che esse sono occupate dalle 10 alle 11 persone;

G.S. 74 anni, è stato mandato dal carcere di Palmi a quello di Bari perché l'istituto di Palmi è privo di centro clinico in grado di seguire adeguatamente le gravi patologie di cui l'anziano detenuto è affetto; G.S. lamenta il fatto che, considerato il sovraffollamento del carcere di Bari e l'impraticabilità del centro clinico che è riservato solo a pochi degenti, con il trasferimento, alla sofferenza del suo gravissimo stato di salute e delle indecenti condizioni di detenzione, si è aggiunta la lontananza di centinaia di chilometri dai suoi familiari;

V.Z. sofferente di diabete mellito e operato al cuore, tutti i giorni viene portato all'esterno per essere sottoposto a dialisi; è in attesa di giudizio: «rischio di morire in carcere prima del processo», dice;

S.V. è affetto da varie patologie; ha chiesto di essere trasferito vicino a Napoli per fare i colloqui con i familiari; «nella stanza non si può vivere», dice;

F.A. è assistito da un piantone per le sue gravi condizioni di salute; racconta di aver fatto un lungo sciopero della fame e di essere stato trasferito dal centro clinico di Torino a quello di Bari, ma la sua famiglia è di Torino per cui in un anno ha potuto fare solo un colloquio con i suoi congiunti;

S.S. è anoressico e pesa 40 chili, ma è costretto a stare in cella al 4o piano del letto a castello perché i piani sottostanti sono riservati agli anziani patologici; ha fatto richiesta di trasferimento a Napoli perché non fa colloqui per la distanza e ha tre figli tutti minori;

in tutto l'Istituto non sono disponibili scalette per raggiungere i piani superiori dei letti a castello: i detenuti mostrano alla delegazione come sono costretti ad arrampicarsi;

G.M. è un detenuto di Napoli che sta in carrozzella ed è in attesa di giudizio da 13 mesi; racconta di essere entrato in carcere che pesava 115 chili e ora ne pesa 50 (cachessia); vive in cella (non al centro clinico) e la carrozzella è troppo larga per entrare dalla porta e d'altra parte, considerato il sovraffollamento, sarebbe impossibile muoversi con la carrozzina in quegli spazi limitati; G.M. fa presente di avere a disposizione il piantone per un'ora al giorno e che per andare in bagno deve superare un gradino e fare la doccia è oltremodo rischioso; G. M. da quando sta in carcere ha tentato il suicidio due volte;

V.P. ha 42 anni ed è trapiantato di fegato; è stato un mese al centro clinico ed ora è in sezione con altri 9 detenuti; afferma che per le precarie condizioni di detenzione rischia infezioni e fa presente che al centro clinico non abbiano i farmaci anti-rigetto che gli debbono arrivare da fuori;

G.T. ha 28 anni, è di Napoli ed è padre di due bambine piccolissime; per regolamento potrebbe fare 6 ore di colloqui al mese ma ne fa solo 4 perché la famiglia non può venire tre volte; identico problema per L.I. che ha 27 anni, è di Napoli ed ha una bambina di sei anni; G.T. e L.I. hanno avanzato richieste di trasferimento che sono state rigettate «per sovraffollamento delle carceri campane»;

A.O. è nel carcere di Bari per il processo ma è assegnato a Spoleto; ha fatto richiesta al dipartimento dell'amministrazione penitenziaria di essere assegnato definitivamente a Bari, ma il dipartimento non ha risposto; stesso discorso per A.P. assegnato al carcere di Teramo; A.P. ha tre figli di 4, 10 e 18 anni;

P.C. ha avuto due ischemie cerebrali e due ernie del disco; qui a Bari vive in cella con altre 8 persone; non fa colloqui perché soffre di claustrofobia e vorrebbe essere trasferito nel centro clinico di Secondigliano per stare vicino alla famiglia;

V.A. è della provincia di Napoli assegnato al carcere di Frosinone; si trova a Bari per varie patologie tra le quali una grave ipertensione; il problema, anche per lui, è che però non sta al centro clinico, ma in cella; vorrebbe tornare a Frosinone (perché la moglie non può fare lunghi viaggi) o ad un centro clinico dove possa essere effettivamente ricoverato e curato;

F.L.G. è di Napoli e appellante in Cassazione; ha fatto richiesta di trasferimento per avvicinamento colloqui ma non ha ricevuto risposta dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria;

il 2 giugno 2012, la sezione provinciale (di Bari) della Federazione italiana medici di famiglia ha diramato un comunicato stampa in cui, fra l'altro, si legge «Con provvedimento regionale il Carcere di Bari è stato considerato fra le "unità operative semplici" eppure in questo istituto penitenziale è attivo uno dei dieci centri clinici italiani con annesso reparto di medicina interna e uno due raparti presenti in Italia per il trattamento dei para/tetraplegici dove affluiscono detenuti affetti da importanti e gravi patologie, provenienti dagli Istituti Penitenziari regionali e nazionali. Il SAPPE, sindacato autonomo polizia penitenziaria, ha già denunciato che presso "il carcere di Bari vengono inviati detenuti da altre carceri con gravissime patologie che non trovano posto nel centro clinico per mancanza di posti, per cui sono costretti a vivere nelle normali celle con gravissimi rischi per la propria e altrui salute"»;

inoltre, si legge nel comunicato stampa, il segretario nazionale della FIMMG, dottor Giacomo Milillo, ha inviato una lettera al Ministro Balduzzi e agli assessori regionali invitandoli ad «una maggiore attenzione alle problematiche del personale medico operante nelle carceri, avendo cura di assicurare omogeneità di trattamento economico e normativo, garantendo il posto di lavoro e tenendo conto sul piano economico e normativo della peculiare condizione di rischio personale e professionale». Ha chiesto, inoltre, «l'avvio di un tavolo che, senza oneri di spesa, definisca la figura e il ruolo del medico penitenziario che sia di riferimento per tutte le realtà regionali al fine di prospettare una medicina penitenziaria che sia uguale in tutte le Regioni annullando di fatto le diversità attuali»;

sempre recentemente, il vicesegretario generale nazionale dell'OSAPP Domenico Mastrilli, ha chiesto l'apertura di un'indagine conoscitiva sulle criticità igienico-sanitarie del carcere di Bari anche per chi nel carcere ci lavora. In particolare, Mastrilli ha sottolineato un aspetto che riguarda il personale dipendente femminile: «da tempo non risulta che sia stato sottoposto a visite di routine e di controllo, o invero, sottoposte ad esami clinici e di laboratorio né, risulta a chi scrive, la presenza mensile nei reparti dove lavorano i dipendenti del medico del lavoro così come richiede la legge» -:

se il Governo sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e se intenda intervenire per ridurre, fino a portarla a quella regolamentare, la popolazione detenuta nel carcere di Bari;

se e quando si intenda intervenire, per quanto di competenza, per colmare il deficit di organico della polizia penitenziaria, degli psicologi e degli educatori;

se e quali iniziative si intendano assumere, per quanto di competenza, affinché sia assicurata un'adeguata assistenza sanitaria ai detenuti e l'assoluto rispetto dei livelli essenziali di assistenza;

se siano stati previsti adeguati finanziamenti per la messa a norma dell'istituto, per assicurare l'igiene dei luoghi, per intraprendere iniziative trattamentali che consentano ai detenuti attività lavorative, scolastiche, sportive e culturali indirizzate alle finalità rieducative della pena previste dalla nostra Costituzione;

in che tempi si intenda rimuovere il muretto divisorio della sala colloqui che umilia i detenuti nei loro incontri con i familiari, soprattutto se minori; se si intenda istituire l'area verde di cui è privo il carcere di Bari;

se si intenda intervenire immediatamente per separare i detenuti con pena definitiva da coloro che sono in attesa di giudizio;

in che modo si intenda intervenire, per quanto di competenza, in merito ai casi singoli segnalati in premessa;

cosa si intenda fare affinché sia rispettato il principio della territorializzazione della pena;

quale sia il motivo dei trasferimenti di detenuti dalle carceri sovraffollate di alcune regioni nell'altrettanto sovraffollato carcere di Bari, atteso che, per molti ristretti, alla pena di condizioni di detenzione indecenti si aggiunge quella della lontananza dai familiari, in particolare, figli minori;

quale sia la ragione dei trasferimenti di detenuti gravemente malati da altre regioni nel carcere di Bari, atteso che essi non potranno essere ospitati nel centro clinico, che è dotato di posti limitati, e che dovranno, come purtroppo gli interroganti hanno potuto constatare, essere destinati a celle superaffollate con letti a castello a tre e quattro piani;

in che modo intendano rispondere, per quanto di competenza, ai rilievi evidenziati dalla sezione provinciale (di Bari) della Federazione italiana medici di famiglia, soprattutto sotto il profilo del trattamento del personale medico operante nelle carceri;

quali provvedimenti di competenza si intendano assumere per tutelare i diritti del personale dipendente femminile in merito alla mancate visite sanitarie di routine e di controllo e se corrisponda al vero la mancata presenza mensile nei reparti del carcere di Bari del medico del lavoro;

cosa intendano fare per assicurare l'incolumità dei detenuti disabili nel momento in cui accedono a celle, wc e docce del tutto inadeguate alle loro infermità;

cosa intenda fare il Ministro della giustizia per i detenuti stranieri che necessitino di un mediatore culturale per conoscere i propri diritti e i propri doveri nel corso della detenzione, atteso che i volontari, come è stato possibile constatare nel carcere di Bari, sono del tutto insufficienti;

quali iniziative di competenza si intendano assumere in relazione alle criticità rappresentate in premessa con riferimento al ruolo della magistratura di sorveglianza;

se il magistrato di sorveglianza abbia prospettato al Ministro le esigenze dei vari servizi del carcere di Bari, con particolare riguardo alla attuazione del trattamento rieducativo;

quali iniziative di competenza ritenga opportuno adottare al fine di modificare radicalmente le condizioni della vita penitenziaria nel carcere di Bari, così da garantire finalmente il rispetto dei diritti alla dignità, alla salute, allo studio, alla tutela dei rapporti familiari dei detenuti e di quanto prescritto dall'articolo 27 della Costituzione riguardo alle finalità rieducative della pena. (4-16416)