ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/15822

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 626 del 26/04/2012
Firmatari
Primo firmatario: JANNONE GIORGIO
Gruppo: POPOLO DELLA LIBERTA'
Data firma: 23/04/2012


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
  • MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
  • MINISTERO DELLA SALUTE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA delegato in data 23/04/2012
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-15822
presentata da
GIORGIO JANNONE
giovedì 26 aprile 2012, seduta n.626

JANNONE. -
Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute.
- Per sapere - premesso che:

il problema dei bambini in carcere investe da molto tempo il sistema penitenziario italiano. Nonostante le denunce sia degli operatori sociali, che delle stesse madri, nessuna normativa è stata in grado di predisporre la realizzazione di strutture in grado di accogliere i minori che vivono in una simile condizione. Nell'ultima inchiesta condotta da Il Corriere della sera, si afferma che i bambini di notte vengono trasferiti in infermeria perché nelle celle con la mamma non c'è posto per la notte. Le strutture carcerarie che ospitano i minori, non presentano migliori condizioni igieniche di quelle predisposte all'accoglimento dei detenuti maggiorenni: muffa che scende dalle pareti, bagni delle stanze puzzolenti, giochi messi posticci per camuffare la tetra presenza delle inferriate ovunque. Nelle carceri italiane ci sono circa 70 bambini reclusi. Il numero è costante negli anni. «Lo so, è brutto, ma lontani non possiamo stare, né io né lui» dice una detenuta del carcere Gazzi di Messina. Lo stesso Ministro della giustizia Paola Severino ha ammesso di recente che «il carcere anche nelle situazioni migliori, è un luogo incompatibile con le esigenze di socializzazione e di corretto sviluppo psico-fisico del bambino»;

in alcuni casi la legge n. 40 del 2001 (che offre alternative alla detenzione proprio a tutela del rapporto tra detenute e figli minori), si trasforma in una serie di ostacoli insormontabili per le detenute straniere, soprattutto se nomadi. E così, dietro le sbarre ci restano soprattutto loro, senza alternativa. Impedimenti che conosce bene anche Serenella Pesarin, che è a capo della direzione generale per l'attuazione dei provvedimenti giudiziari del dipartimento giustizia minorile: «Se non trovano un lavoro, se sono discriminati, se non possono avere i documenti, se passano una vita per avere un rinnovo, se vengono guardati come nemici, cosa gli resta? Se non gli diamo un'identità, non li strappiamo alle organizzazioni criminali che li stanno sfruttando». L'associazione «a Roma insieme», fondata dall'ex onorevole Leda Colombini, da anni si occupa di ordinarie storie di emarginazione in carcere e ogni giorno fa i conti con le storture del sistema. Con le foto scattate da Giuseppe Aliprandi all'interno di alcune carceri, è stata realizzata una pubblicazione. Si tratta di istantanee di una attesa e poi di una gioia settimanale, il sabato. Li chiamano «Sabati di libertà». È l'unico giorno, infatti, in cui l'associazione può prelevare i bambini e farli uscire dalla segregazione. Per il resto della settimana c'è il carcere con le sue dure regole. Anche quando un bambino si ammala, anche quando deve andare in ospedale o deve subire un'operazione grave, la mamma non può seguirlo, non è autorizzata. Può solo chiedere informazioni agli assistenti penitenziari. È quello che è successo anche a Grcjela, una rom che un'alternativa l'ha trovata. Grazie al volontariato si è ribellata al campo e ha trovato il coraggio di allontanare chi la costringeva a rubare;

a Pontremoli, è stato realizzato un carcere per sole donne, anzi, per sole donne minorenni, dove entrano in maggioranza rom dedite a piccoli furti. Una struttura che, inserita nelle montagne toscane della Lunigiana, avrebbe dovuto essere un esempio di integrazione; ma, in realtà, il direttore Fiorenzo Cerruto, afferma: «sono qui da pochi mesi e sono riuscito a venire sul posto di lavoro appena 17 volte. Da Firenze ci sono solo intercity che a volte impiegano anche 4 ore ad arrivare. La verità è che trovo enormi difficoltà a radicare le ragazze in un territorio dove non c'è nulla, dove pure portare un'associazione di volontariato come la "Misericordia" di Firenze diventa un'impresa». Cerruto è già direttore al carcere di Firenze e da qualche mese si sta occupando anche di Pontremoli. «Di ragazze che lavorano? Qui non ce ne sono e credo non ce ne siano mai state. Solo sulla carta». Eppure doveva essere la specialità dell'istituto, il modo per consentire a queste giovani di reintegrarsi, di essere viste come parte della società;

l'inchiesta de Il Corriere della Sera riporta anche le parole di una volontaria dell'associazione «L'altro diritto», Alba Dedja. «Più che di emarginazione parlerei di esclusione. La società in questo caso non si prende la responsabilità di questa realtà, la esclude e le tratta come un mondo a parte. In questo modo l'integrazione successiva sarà ancora più difficile». Di fatti, la quasi totalità delle ragazze detenute a Pontremoli non resta sul territorio ma, tornano nelle grandi città, da dove sono venute: Milano, Firenze, Napoli e Roma, a fare esattamente quello che facevano prima» -:

quali interventi i Ministri intendano adottare al fine di promuovere una corretta normativa attinente il problema dei minori che vivono, con le madri, all'interno delle carceri italiane, prevedendo la creazione di strutture apposite;

quali interventi i Ministri intendano adottare affinché sperimentazioni di strutture carcerarie, come quella di Pontremoli, rappresentino effettivamente un'occasione di recupero e di reintegro nella società, per le detenute ivi accolte.
(4-15822)