GRIMOLDI, STUCCHI, FAVA e VANALLI. -
Al Ministro dello sviluppo economico.
- Per sapere - premesso che:
gli esercizi commerciali rappresentano uno dei punti di forza dell'economia italiana, sia per il flusso economico che ogni anno generano, sia perché, nei piccoli centri storici sono parte integrante, da sempre, del tessuto urbano ed economico delle città italiane;
la grave crisi internazionale che negli ultimi anni si è manifestata in tutti Paesi ma, soprattutto, in Europa, ha avuto ripercussioni sull'intero sistema economico nazionale italiano, colpendo quindi anche il settore del commercio, in particolar modo di quello operato dalla distribuzione mediopiccola, che da molti mesi manifesta ormai segnali evidenti di diminuzione del volume di fatturato;
l'attuale Governo, attraverso l'articolo 31 del decreto-legge n. 201 del 2011, che prevede la liberalizzazione degli orari per gli esercizi commerciali, mette a repentaglio la sopravvivenza dei negozi al dettaglio, che rischiano di scomparire perché schiacciati dagli operatori della grande distribuzione che sono in grado, al contrario dei piccoli negozi a conduzione famigliare, di usufruire del turn-over del personale;
alcune regioni italiane come la Toscana hanno impugnato il provvedimento governativo sulla base del fatto che la Costituzione italiana, all'articolo 117, delega alle regioni stesse il commercio interno come materia di competenza esclusiva delle regioni medesime;
numerosi comuni della Toscana, come anche riportato dai quotidiani locali, hanno recepito la normativa regionale, emanando così appositi provvedimenti per regolamentare il commercio fisso nel proprio territorio comunale ed andando incontro alle istanze delle associazioni di categoria come Ascom e Confesercenti che, da tempo, sostengono la necessità di rivedere la normativa;
l'ANCI toscano (Associazione nazionale comuni italiani), in attesa che si pronunci il giudice costituzionale sul conflitto di competenze, ha ritenuto doveroso fornire alle amministrazioni toscane l'indicazione di seguire la fonte normativa gerarchicamente superiore, ovvero la legge dello Stato, soprattutto per non incorrere in eventuali ingenti richieste di risarcimenti danni da parte delle attività commerciali;
il comune di Bibbiena (Arezzo) ha preso atto di questa indicazione e pertanto, per quanto attiene al tema degli orari nella distribuzione commerciale e nella somministrazione di alimenti e bevande, ha deciso di applicare la legge statale;
l'assessore competente del comune di Bibbiena, Fabrizio Piantini, commenta così la scelta: «L'amministrazione ha ritenuto opportuno propendere per l'applicazione della normativa statale, ritenendo così di non compromettere la libertà di concorrenza e di non incorrere in responsabilità contabili e amministrative. Ritengo che quando si affrontano certi argomenti bisogna sempre vedere le cose da tutti i punti di vista; tuttavia è certamente importante dare maggiore libertà in un settore di fondamentale importanza come quello commerciale»;
organi di stampa locali riportano anche la notizia secondo cui piccoli commercianti della vallata del Casentino, abbiano raccolto oltre duecento firme di operatori commerciali per chiedere al Governo di rivedere l'attuale disposizione governativa in materia di liberalizzazioni;
la norma, così come concepita, rischia pertanto di creare un grave danno proprio al principio della libera concorrenza, ovvero quel principio che intende invece sostenere, danneggiando invece i piccoli esercizi commerciali e la loro pluralità di offerta di servizio, esercizi che rappresentano una ricchezza, ed avvantaggiando così la sola grande distribuzione -:
se il Ministro non ritenga opportuno, alla luce della grave crisi internazionale e del quadro normativo venutosi a creare, assumere iniziative nell'ambito delle proprie competenze per verificare, in modo puntuale, gli effetti sul tessuto economico e produttivo della liberalizzazione degli orari di apertura dei negozi così, come oggi prevista e eventualmente assumere iniziative in proposito.
(4-14731)