ATTO CAMERA

INTERPELLANZA 2/01783

scarica pdf
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 733 del 12/12/2012
Firmatari
Primo firmatario: OSSORIO GIUSEPPE
Gruppo: MISTO-REPUBBLICANI-AZIONISTI
Data firma: 12/12/2012


Destinatari
Ministero destinatario:
  • PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
  • MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI
Attuale delegato a rispondere: PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI delegato in data 12/12/2012
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Interpellanza 2-01783
presentata da
GIUSEPPE OSSORIO
mercoledì 12 dicembre 2012, seduta n.733

Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro degli affari esteri, per sapere - premesso che:

l'8 aprile 1951 con la firma del trattato di Parigi ha avuto origine la Comunità europea del carbone e dell'acciaio (CECA). I Paesi fondatori erano la Repubblica Federale di Germania, la Francia, l'Italia, l'Olanda, Belgio e il Lussemburgo;

poco più di dieci anni dopo il 12 settembre 1963 è stato firmato l'accordo di Ankara un trattato di associazione CE-Turchia a cui ha fatto seguito nel 1970 il protocollo addizionale del trattato di associazione;

il 14 aprile 1987 la Turchia ha presentato la sua candidatura per entrare nella CEE;

il 1o gennaio 1996 è entrata in vigore l'unione doganale tra Unione europea e Turchia;

il 10 e 11 dicembre 1999, il Consiglio europeo riunito ad Helsinki ha accettato la Turchia come Paese candidato;

il 6 ottobre 2004, la Commissione europea suggerisce al Consiglio dell'Unione europea di dare inizio ai negoziati per l'ingresso della Turchia nella Unione europea;

il 17 dicembre 2004 il consiglio dell'Unione europea ha concordato di iniziare i negoziati per l'adesione della Turchia a partire dal 3 ottobre 2005;

il 3 ottobre 2005, con le riserve di Austria e Cipro, si dà inizio ai negoziati di adesione, condizionati al riconoscimento da parte turca della Repubblica cipriota, all'abbandono dell'occupazione militare della parte settentrionale dell'isola e alla continuazione nel processo di riforme nel campo del diritto e delle libertà civili;

il 12 giugno 2006 con la presidenza UE dell'Austria i negoziati di adesione proseguono con l'accoglimento della richiesta di Cipro ad includere un'ammonizione alla Turchia affinché adempia a tutte le richieste;

l'8 maggio del 2012 in occasione della visita in Italia del premier Recep Tayyip Erdogan il Presidente del Consiglio, senatore Mario Monti, ha dichiarato che l'ingresso della Turchia nella Unione europea è fondamentale, perché la Turchia «serve ad una Europa che è stanca e anziana». Nella stessa occasione Erdogan ha riaffermato l'impegno di Ankara per l'ingresso nell'Unione;

la Turchia è una Repubblica parlamentare democratica sin dal 1923. Il potere legislativo è affidato all'Assemblea Nazionale, composta da 550 membri eletti a suffragio universale ogni cinque anni. Il potere esecutivo è affidato al Consiglio dei ministri, il quale è responsabile del proprio operato di fronte all'Assemblea nazionale. Il Presidente della Repubblica è eletto dall'Assemblea nazionale per un periodo massimo di 7 anni, con mandato non rinnovabile;

la Turchia è stato uno dei primi Paesi a concedere ai suoi cittadini il suffragio elettorale universale. La rivoluzione promossa da Mustafa Kemal rappresenta oggi un patrimonio importante non solo per la storia della Turchia ma, soprattutto, per l'intera Europa. Già prima della seconda guerra mondiale nel Paese è stato abolito il califfato ed è stato profondamente laicizzato lo Stato, riconosciuta la parità dei sessi, istituito, come detto, il suffragio universale, e poi ancora adottato l'alfabeto latino, il calendario gregoriano, il sistema metrico decimale. Il tutto mentre in ambito prettamente giuridico veniva promulgato un nuovo codice civile che aveva come modello il codice civile svizzero, con il quale venne definitivamente riconosciuta, molto prima che in diversi altri Stati europei, la parità delle donne con gli uomini. Negli stessi anni il Paese si è dotato di un codice penale sulla base del codice italiano e un codice commerciale basato su quello tedesco;

appare del tutto evidente che la rivoluzione dei «giovani turchi» rappresenta, in virtù del contesto culturale e geografico del Paese, un elemento di fondamentale importanza per i nuovi equilibri in fieri e, anche in questi anni, un vero e proprio modello. Non a caso l'attuale presidente Turco si muove ancora oggi sulla stessa strada tracciata oramai da quasi un secolo di storia;

a partire dal 2010, il Paese ha sperimentato una veloce fase di sviluppo (+8,9 per cento rispetto all'anno precedente) grazie alle ripresa delle esportazioni e all'aumento della produzione industriale. Per il biennio 2011-12, si prevede un rallentamento (+4,5-5 per cento medio annuo). A fine 2010 il debito con l'estero è diminuito in termini percentuali rispetto all'anno precedente, ma non in termini nominali ha raggiunto i 290 miliardi di dollari. Il debt-service ratio è intorno al 336 per cento nel 2010. Le riserve in valuta straniera sono stabili e a fine 2010 dovrebbero ammontare a circa 86 miliardi di dollari (pari a 5,2 mesi di importazioni);

il trattato di Lisbona attribuisce agli Stati europei dell'Unione un peso politico proporzionale a quello demografico. La Turchia, che si avvia a raggiungere gli 85 milioni di abitanti, nel caso entrasse in Europa, sarebbe il Paese più popolato e quello che avrebbe il maggior numero di rappresentanti nel Parlamento europeo e si affermerebbe come il Paese leader del mondo islamico all'interno delle istituzioni europee. Due obiettivi questi che dovrebbero essere valutati, proprio dall'Europa, in un disegno strategico;

è poi necessario ricordare che la Turchia è dal 1952 membro della Nato. Le forze armate turche sono la seconda più grande forza armata permanente nella NATO, dopo le forze armate statunitensi, con una forza combinata di poco più di un milione di persone. La Turchia è considerata la più forte potenza militare della regione del Medio Oriente oltre ad Israele;

l'importanza strategica a cui il Paese è destinato è del tutto evidente, la caduta dei blocchi, ne fa uno dei principali protagonisti ed alleati degli Usa in una delle aree più delicate del mondo. Ovviamente anche questa situazione contribuisce a fare della Turchia uno dei Paesi destinati al maggiore sviluppo economico nei prossimi anni;

solo pochi giorni fa la Nato ha autorizzato il dispiegamento di batterie di sistemi di difesa antimissile Patriot in Turchia, al confine con la Siria. I Paesi dell'Alleanza atlantica hanno anche espresso «grave preoccupazione» per le notizie secondo le quali il regime siriano potrebbe valutare il ricorso all'uso di armi chimiche. I vertici Nato hanno, quindi, accolto la richiesta di Ankara, costretta più volte a rispondere a colpi sparati dalla Siria e caduti in territorio turco. Rasmussen nell'occasione ha dichiarato: «A chiunque pensi di poter attaccare la Turchia», la Nato risponde: «non provate neanche a pensarci», «La Nato ha accettato di aumentare le difese aeree della Turchia per difendere la popolazione e il territorio e contribuire a disinnescare la crisi (in Siria) ai confini dell'Alleanza»;

è del tutto evidente la grande importanza che l'Alleanza atlantica riconosce alla Turchia. Come può l'Europa tergiversare sulla possibilità che uno dei più grandi Paesi aderenti alla Nato entri nell'Unione resta davvero incomprensibile. In particolare, alla luce delle evidenti difficoltà europee a delineare una politica estera e di difesa comune, la scelta a favore dell'ingresso della Turchia sarebbe una scelta chiara posto che le cosiddette primavere arabe hanno profondamente cambiato gli equilibri del mondo in cui viviamo. Milioni di uomini si affacciano alla ribalta della storia e lo fanno affacciandosi sulle sponde meridionali del Mediterraneo. Se l'Europa non sarà capace di comprenderlo ciò perderà inevitabilmente la sua capacità di rivendicare un ruolo strategico negli equilibri geopolitici del mondo in fieri. Inevitabilmente pagherebbe questa perdita in termini di competitività e di sviluppo;

poche settimane dopo le primavere arabe il Premier turco ha affrontato un viaggio diplomatico proprio nei Paesi coinvolti da quelle rivolte. È stato un viaggio che potrebbe divenire storico e che certamente ha fornito indicazioni estremamente interessanti;

le scene di giubilo che hanno accompagnato il primo Ministro turco Erdogan nel suo viaggio nei Paesi arabi, non possono non lasciare il segno. L'identità araba, in particolare nella sua matrice politica si caratterizza e, in gran parte si genera storicamente in contrapposizione a quella turca;

presente già all'interno dell'impero ottomano, tale contrapposizione è divenuta ancora più evidente e determinante all'indomani della prima guerra mondiale. Non si tratta di un orpello ma di un sentimento storicamente radicato nel mondo arabo. Eppure l'accoglienza riservata ad Erdogan sembra aver messo in un angolo più di 200 anni di storia. Gli europei devono chiedersi il perché;

durante quel viaggio il 13 settembre del 2011 Erdogan nel suo discorso pronunciato al Cairo di fronte ai Ministri degli esteri della Lega araba ha affermato che: «Senza ritardo bisogna adottare riforme politiche e sociali che vengano incontro alle legittime richieste di giustizia, sicurezza e democrazia». Democrazia che è possibile far convivere con l'Islam attraverso l'affermazione dello stato laico. Successivamente in un'intervista rilasciata in Egitto (ad una giornalista donna), Erdogan ha delineato in maniera ancora più esplicita la sua ricetta: «La laicità dello Stato è la condizione migliore, per qualsiasi Paese, e non bisogna averne paura. In Turchia abbiamo una costituzione laica, lo Stato prende uguale distanza da ogni religione. Io, Recep Tayyip Erdogan, non sono laico, sono musulmano, ma sono il Primo Ministro di un Paese laico. In un regime laico le persone hanno la libertà di aderire o non aderire a una religione»;

oggi a poco più di un anno di distanza sul Mediterraneo si affaccia un'altra democrazia, certo ancora debole e con molte contraddizioni, anche laceranti al suo interno, ma una democrazia: l'Egitto;

Turchia ed Egitto - sopratutto se nel secondo Paese si affermerà il modello sostenuto da Erdogan - sono destinati a diventare i due grandi pilastri d'ingresso al Medio Oriente; due Stati democratici popolati da più di 160 milioni di persone. Se l'Europa vuole essere davvero protagonista di questo sviluppo, di questo percorso di estensione e di affermazione delle democrazia ha il dovere di promuovere l'ingresso al suo interno della Turchia, in modo da diventare, in questo modo, essa stessa parte integrante di questo processo;

l'Italia, più di ogni altro Paese europeo, ha interesse a tale sviluppo per evitare di dover competere a breve con due giganti, Turchia ed Egitto, le cui potenzialità di sviluppo sono enormi e la cui concorrenza, soprattutto se la Turchia dovesse rimanere fuori dall'Europa, sarebbe fortissima, perché completamente svincolata da quei meccanismi che regolano la produzione dei Paesi occidentali;

che democrazia significhi sviluppo e competitività, e quanto nelle intenzioni turche la si voglia far convivere con l'Islam, lo confermano le parole del Ministro degli esteri turco, il quale poco dopo la visita del Premier turco in Egitto ha affermato in un'intervista al New York Times, con riferimento in particolare all'Egitto, la volontà di creare un'asse della democrazia nella regione. «È quello che vogliamo. Non si tratta di un asse contro un altro paese, né Israele, né Iran, né altri, ma un asse della democrazia, di vera democrazia. Sarà un asse di democrazia tra i due più grandi paesi della nostra regione, dal nord al sud, dal Mar Nero fino alla Valle del Nilo in Sudan», ha affermato Davutoglu, il quale ha previsto che gli investimenti turchi in Egitto passeranno da 1,5 miliardi a 5 miliardi di dollari nel giro di due anni e che gli scambi commerciali aumenteranno da 3,5 a 5 miliardi prima di fine 2012 per raggiungere i dieci miliardi di dollari nel 2015. «Per la democrazia abbiamo bisogno di un'economia forte» ha sottolineato;

secondo quanto riportato proprio dal New York Times durante il citato viaggio di Erdogan in un solo giorno in Egitto sono stati firmati contratti per un miliardo di dollari;

la modernizzazione della Turchia - mentre l'Europa tentenna - prosegue. Nel campo del diritto societario è stato recentemente varato un nuovo codice commerciale. Con i suoi 1.535 articoli, il nuovo corpus economicus diventa la norma fondamentale del diritto societario del Paese. Le principali novità riguardano: la disciplina societaria, dove si introduce la possibilità di costituire gruppi di interesse economico; vengono disciplinate e semplificate le operazioni straordinarie, come fusioni e scissioni delle società; i diritti degli azionisti di minoranza sono rafforzati; nuove norme sono introdotte per i consigli di amministrazione e viene introdotta la società individuale;

Recep Tayyip Erdogan ha spinto anche l'acceleratore sul decreto in materia di incentivi agli investimenti stranieri, entrato in vigore il 19 giugno 2012;

in questo scenario appare del tutto evidente quanto sia fondamentale per l'Italia lavorare affinché la Turchia possa al più presto entrare in Europa e parimenti spingere affinché la sponda mediterranea dell'Europa non venga sacrificata dagli interessi continentali: anche a questo potrebbe servire l'ingresso della Turchia;

in questo senso certamente positiva è stata l'iniziativa promossa dal Governo italiano nel mese di febbraio 2012 quando proprio nel tentativo di rilanciare sul nuovo mondo arabo e di esserne protagonista, questa volta come sistema, l'Italia ha ospitato un doppio vertice mediterraneo: il cosiddetto «5+5» e il Foromed. In quell'occasione si sono incontrati a Roma i Ministri degli esteri di Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Malta, Grecia, Turchia, Egitto, Marocco, Algeria, Tunisia e Mauritania;

allo stato attuale la Turchia può essere classificata come potenza emergente in virtù della sua robusta performance economica degli ultimi anni e del suo attivismo geopolitico, che purtroppo anche grazie ai tentennamenti europei sta vedendo progressivamente, l'abbandono del tradizionale orientamento filo-europeo per riconfigurarsi (nuovamente) come principale potenza regionale in Medio Oriente;

questo ricollocamento geopolitico non corrisponde a una chiusura dell'economia turca ad investimenti e beni esteri. Al contrario, la posizione della Turchia nella classifica Doing Business stilata dalla Banca mondiale è migliorata nel 2012. Infatti, la Turchia mantiene grande attrattiva sia per gli investimenti esteri diretti che come mercato di sbocco per i prodotti europei, in virtù del livello di reddito già relativamente alto (non lontano da quello della Russia), delle promettenti prospettive future, della sua prossimità geografica ai Paesi dell'Unione europea e delle sue dimensioni;

la possibilità che la Turchia possa diventare parte integrante dell'Europa sta velocemente diventando sempre meno concreta e presto potrebbe essere definitivamente un rimpianto per il nostro vecchio e «stanco» continente» -:

quali iniziative intenda promuovere, anche alla luce di quelle già adottate, affinché l'Europa decida di assumere un atteggiamento chiaro e favorevole, prima che tale opportunità sfumi definitivamente, all'ingresso della Turchia nell'Unione; se non consideri utile prima delle prossime scadenze elettorali assumere, nei modi e nei tempi che ritiene più opportuni, un impegno chiaro a favore dell'ingresso nell'Unione della Turchia, che possa fungere da indicazione e indirizzo anche ai prossimi Governi del nostro Paese.

(2-01783) «Ossorio».