Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari comunitari
Altri Autori: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea - Testo unificato (AA.C. 2854, 2862, 2888, 3055) e A.C. 3866 - Testo a fronte e schede di lettura
Riferimenti:
AC N. 3866/XVI   AC N. 2854/XVI
AC N. 2862/XVI   AC N. 2888/XVI
AC N. 3055/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 380    Progressivo: 2
Data: 15/02/2011
Descrittori:
DIRITTO DELL' UNIONE EUROPEA   UNIONE EUROPEA
Organi della Camera: XIV - Politiche dell'Unione europea

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione europea

Testo unificato (AA.C. 2854, 2862, 2888, 3055)
e A.C. 3866

Testo a fronte e schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 380/2

 

 

 

 

 

15 febbraio 2011

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Affari comunitari

( 066760-9409 / 066760-4279 – * st_affari_comunitari@camera.it

Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici:

Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

( 066760-2145 – * cdrue@camera.it

 

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: UE0282.doc

 


INDICE

Schede di lettura

Finalità (art 1 del ddl C. 3866 e art. 1 del testo unificato)                                     3

Dipartimento per le politiche europee (art. 2 del ddl C. 3866)                             5

Comitato interministeriale per gli affari dell’Unione europea o per gli affari europei  (art. 3 del ddl C. 3866 e art. 2 del testo unificato)                                                                               9

Istituzione di nuclei europei presso i Ministeri (art. 3 del testo unificato)           14

Esperti nazionali distaccati (art. 4 del testo unificato)                                       17

Nomina di componenti italiani di Istituzioni ed organi dell’Unione europea (art. 13 del testo unificato)20

Comitato tecnico permanente per gli affari europei (art. 4 del ddl C. 3866)      22

Segreteria per gli affari europei (art. 5 del ddl C. 3866)                                     26

Commissione per l’attuazione del diritto dell’Unione europea (art. 6 del ddl C. 3866)   29

Comitato per la lotta contro le frodi nei confronti dell’Unione europea (art. 7 del ddl C. 3866)  31

Sessione europea della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano (art. 8 del ddl C. 3866 e art. 18 del testo unificato)          32

Sessione europea della Conferenza Stato-città ed autonomie locali (art. 9 del ddl C. 3866 e art. 20 del testo unificato)                                                                                               35

Partecipazione del Parlamento al processo di formazione degli atti dell’Unione europea (art. 10 del ddl C. 3866 e artt. 5 e 6 del testo unificato)                                                        37

Partecipazione delle Camere alla verifica del rispetto del principio di sussidiarietà (art. 11 del ddl C. 3866 e art. 9 del testo unificato)                                                                             43

Riserva di esame parlamentare (art. 12 del ddl C. 3866 e art. 7 del testo unificato)     45

Procedure semplificate di modifica di norme dei Trattati (art. 13 del ddl C. 3866 e artt. 10 e 11 del testo unificato)                                                                                                        47

Attività informativa del Governo nei riguardi del Parlamento (art. 14 del ddl C. 3866 e art. 5, comma 2, del testo unificato)                                                                                         51

Partecipazione delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano alle decisioni relative alla formazione di atti normativi dell’Unione europea (art. 15 del ddl C. 3866 e art. 15 del testo unificato)53

Partecipazione delle regioni alle delegazioni del Governo (art. 16 del testo unificato)   58

Partecipazione alla verifica del rispetto del principio di sussidiarietà da parte delle assemblee, dei consigli regionali e delle province di Trento e di Bolzano (art. 16 del ddl C. 3866 e art. 9, comma 2, del testo unificato)                                                                                         60

Partecipazione degli enti locali alle decisioni relative alla formazione di atti normativi dell’unione europea (art. 17 del ddl C. 3866 e art. 19 del testo unificato)                                     61

Partecipazione delle parti sociali e delle categorie produttive alle decisioni relative alla formazione di atti dell’Unione europea (art. 18 del ddl C. 3866 e art. 22 del testo unificato)     64

Valutazione della compatibilità con il diritto dell’Unione europea (art. 23 del testo unificato)     66

Legge di delegazione europea e legge europea (art. 19 del ddl C. 3866 e artt. 24 e 25, comma 2, lettera d) del testo unificato)                                                                                     68

Contenuti della legge di delegazione europea e della legge europea (art. 20 del ddl C. 3866 e art. 24 testo unificato)                                                                                               73

Procedure per l’esercizio delle deleghe conferite al Governo con legge di delegazione europea (art. 21 del ddl C. 3866 e art. 26 testo unificato)                                                        77

Principi e criteri direttivi generali di delega (art. 22 del ddl C. 3866 e artt. 27 e 32, comma 1, del testo unificato)                                                                                                        82

Delega al Governo per la disciplina sanzionatoria di atti normativi dell’Unione europea (art. 23 del ddl C. 3866)                                                                                                              86

Attuazione in via regolamentare e amministrativa (art. 24 del ddl C. 3866 e art. 29 del testo unificato)88

Attuazione di atti di esecuzione dell’U.E. (art. 25 del ddl C. 3866 e art. 30 testo unificato)       93

Decisioni dell’Unione europea (art. 31 del testo unificato)                                 94

Norme cedevoli o potere sostitutivo dello Stato (art. 26 del ddl C. 3866 e art. 36 del testo unificato)   95

Relazione sul mancato o ritardato recepimento di direttive dell’U.E (art. 27 del ddl C. 3866)   99

Attuazione delle direttive (degli atti normativi e delle sentenze) dell’U.E. da parte delle regioni e delle province autonome (art. 28 del ddl C. 3866 e art. 35 del testo unificato)   101

Misure urgenti per l’adeguamento a obblighi dell’Unione europea (art. 29 del ddl C. 3866 e art. 28 del testo unificato)                                                                                             104

Relazioni annuali al Parlamento (art. 30 del ddl C. 3866 e art. 14 del testo unificato)   106

Programmi nazionali nell’ambito della strategia dell’Unione europea per la crescita e l’occupazione (art 31 del ddl C. 3866 e art. 8 del testo unificato)                                             110

Informazione al Parlamento su procedure giurisdizionali e di pre-contenzioso riguardanti l’Italia (art. 32 del ddl C. 3866 e art. 33 del testo unificato)                                                114

Relazione trimestrale al parlamento sui flussi finanziari con l’Unione europea (art .33 del ddl C. 3866 e art. 34 del testo unificato)                                                                            117

Ricorso alla Corte di giustizia (art. 34 del ddl C. 3866 e artt. 12 e 17 del testo unificato)         119

Diritto di rivalsa (art. 35 del ddl C. 3866 e art. 37 del testo unificato)              122

Aiuti di Stato (artt. 36-43 e 46 del ddl C. 3866 e art. 37, comma 11, del testo unificato)           128

Nomina dei rappresentanti italiani presso il Comitato delle regioni (art. 44 del ddl C. 3866 e art. 21 del testo unificato)                                                                                             141

Parità di trattamento (art. 45 del ddl C. 3866 e art. 32 del testo unificato)      143

Modifica, deroga, sospensione o abrogazione della presente legge (art. 47 del ddl C. 3866 e art. 40 del testo unificato)                                                                                             144

Regioni a statuto speciale e province autonome di Trento e Bolzano (art. 48 del ddl 3866 e art. 38 del testo unificato)                                                                                             145

Utilizzo di strumenti informatici (art. 39 del testo unificato)                             146

Effetti per la finanza pubblica (art. 49 del ddl C. 3866 e art. 42 del testo unificato)       147

Modifiche ed abrogazioni (art. 50 del ddl C. 3866 e art. 41 del testo unificato)148

 

 


Schede di lettura

 


Finalità
(art 1 del ddl C. 3866 e art. 1 del testo unificato)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art. 1

Art. 1

(Finalità)

(Finalità)

1. La presente legge disciplina il processo di formazione della posizione italiana nella fase di predisposizione degli atti dell'Unione europea e garantisce l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, di proporzionalità, di efficienza, di trasparenza e di partecipazione democratica.

1. La presente legge disciplina il processo di formazione della posizione italiana nella fase di predisposizione degli atti dell'Unione europea e garantisce l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea, in coerenza con gli articoli 11 e 117 della Costituzione e sulla base dei princìpi di attribuzione, sussidiarietà, di proporzionalità, di leale cooperazione, di efficienza, di trasparenza e di partecipazione democratica.

2. Gli obblighi di cui al comma 1 conseguono:

 

a) all'emanazione di ogni atto dell'Unione europea che vincoli l'Italia ad adottare provvedimenti di attuazione;

 

b) all'accertamento giurisdizionale, con sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, dell'incompatibilità di norme legislative e regolamentari dell'ordinamento giuridico nazionale con le disposizioni dell'ordinamento giuridico dell'Unione europea.

 

 

 

La legge n. 11/2005, all’articolo 1, reca le finalità della legge, disponendo, al comma 1, che essa è volta a disciplinare il processo di formazione della posizione italiana nella predisposizione degli atti dell’Unione europea (c.d. fase ascendente) e a garantire l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza all’Unione europea (c.d. fase discendente).

Il comma 2 specifica, poi, che tali obblighi conseguono:

a) all’emanazione di ogni atto comunitario che vincoli lo Stato italiano ad adottare provvedimenti di attuazione;

b) all’accertamento giurisdizionale che accerti l’incompatibilità di talune norme dell’ordinamento italiano con quello comunitario;

c) all’emanazione di decisioni-quadro adottate nell’ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale.

 

Il Testo unificato definisce ugualmente all’articolo 1 le finalità del provvedimento, riproducendo nella sostanza quanto previsto nel comma 1 della legge 11, salvo specificare che la partecipazione dell’Italia all’Unione europea trova legittimazione negli articoli 11 e 117 della Costituzione e deve essere svolta oltre che sulla base dei principi di sussidiarietà, di proporzionalità, di efficienza, di trasparenza e di partecipazione democratica, anche di attribuzione e di leale collaborazione. Il comma 2, relativo alla specifica degli obblighi non viene, invece ripetuto.

 

Il disegno di legge governativo, invece, riporta integralmente il contenuto del comma 1 dell’articolo 1 della legge 11/2005, limitandosi al comma 2 a sopprimere la lettera c) relativa all’adempimento degli obblighi che conseguono all’emanazione di decisioni quadro nell’ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria. Tale soppressione risulta giustificata dal fatto che con il Trattato di Lisbona è stata soppressa la distinzione tra i tre pilastri (pilastro comunitario, pilastro della politica estera e di sicurezza comune e pilastro della cooperazione giudiziaria in materia penale e di polizia) i quali rientrano oggi complessivamente nell’ambito dell’Unione europea.

 

 


Dipartimento per le politiche europee
(art. 2 del ddl C. 3866)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art. 2

 

(Dipartimento per le politiche europee)

 

1. Le attività di coordinamento delle politiche derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea e di adeguamento della normativa nazionale agli obblighi di cui all'articolo 1 della presente legge sono svolte dal Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, che assume la denominazione di Dipartimento per le politiche europee.

 

2. Presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee opera il Nucleo del Corpo della guardia di finanza per la repressione delle frodi nei confronti dell'Unione europea, istituito con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 gennaio 1995, che dipende funzionalmente dal Capo del Dipartimento stesso.

 

3. La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee:

 

a) costituisce punto di contatto nazionale per la cooperazione amministrativa tra autorità competenti nazionali ed europee ai sensi dell'articolo 36, comma 2, del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, e provvede alle notifiche di cui all'articolo 13 del medesimo decreto legislativo n. 59 del 2010;

 

b) assolve i compiti di Coordinatore nazionale presso la Commissione europea e di Punto nazionale di contatto per le informazioni e l'assistenza sui riconoscimenti delle qualifiche professionali ai sensi dell'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206;

 

c) gestisce il Centro SOLVIT per l'Italia.

 

 

Il Dipartimento per le politiche comunitarie non risulta disciplinato né dalla legge 11 del 2005 né dal testo unificato della Commissione; pertanto, esso rappresenta un novum la cui disciplina viene inserita per la prima volta nel disegno di legge governativo, all’articolo 2.

Il comma 1 prevede che le attività di coordinamento relativo alle politiche europee siano svolte dal Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei ministri istituto ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo n. 303 del 1999, che assume la denominazione di Dipartimento per le politiche europee.

 

Si ricorda che il decreto legislativo n. 303 del 1999, recante norme sull’ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, prevede, all’articolo 3, relativo alla partecipazione all'Unione europea, che il Presidente promuove e coordina l'azione del Governo diretta ad assicurare la piena partecipazione dell'Italia all'Unione europea e lo sviluppo del processo di integrazione europea. Compete al Presidente del Consiglio la responsabilità per l'attuazione degli impegni assunti nell'ambito dell'Unione europea. A tal fine, il Presidente si avvale di un apposito Dipartimento della Presidenza del Consiglio. Di tale struttura si avvale, altresì, per il coordinamento, nella fase di predisposizione della normativa comunitaria, delle amministrazioni dello Stato competenti per settore, delle regioni, degli operatori privati e delle parti sociali interessate, ai fini della definizione della posizione italiana da sostenere, di intesa con il Ministero degli affari esteri, in sede di Unione europea. Restano ferme le attribuzioni regionali in materia di attuazione delle norme comunitarie e in materia di relazioni con le istituzioni comunitarie.

L’organizzazione interna del Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie è stata definita inizialmente con il DM 19 settembre 2000 e successivamente con il decreto del Ministro delle politiche comunitarie del 10 febbraio 2004, visto anche il DPCM 23 luglio 2002, recante “Ordinamento delle strutture generali della Presidenza del Consiglio dei Ministri”, il cui art. 10 aveva provveduto ad individuare gli uffici ed i servizi del Dipartimento per le politiche comunitarie.

Il Dipartimento per le politiche comunitarie costituisce uno dei centri di responsabilità di spesa (CdR n. 4) della Presidenza del Consiglio.

L'attuale organizzazione interna del Dipartimento è stabilita dal decreto del Ministro per le politiche comunitarie del 9 ottobre 2006, che ha completato l’organizzazione della struttura alla luce delle nuove competenze e finalità previste dalla legge 4 febbraio 2005, n. 11, ed ha ridefinito le modalità di esercizio delle competenze attribuite al Dipartimento in relazione ai più ampi contenuti della delega di funzioni assegnate al Ministro dal DPCM 15 giugno 2006.

Il Dipartimento è articolato in quattro uffici e in tredici servizi. Gli uffici sono i seguenti:

          l’Ufficio di segreteria del Comitato interministeriale, per gli affari comunitari europei (CIACE)

L'Ufficio svolge l'attività necessaria allo svolgimento delle competenze attribuite al CIACE ed al Comitato tecnico permanente; assicura il coordinamento, nella fase di predisposizione della normativa comunitaria, delle amministrazioni dello Stato competenti per settore, delle Regioni e Province autonome, degli operatori privati e delle parti sociali interessate, al fine della definizione della posizione italiana da sostenere, d'intesa con il Ministero degli Affari Esteri, in sede di Unione Europea; assicura il costante monitoraggio del processo decisionale dell’Unione Europea anche al fine di consentire l’aggiornamento delle posizioni italiane, coordina le attività connesse allo svolgimento della sessione comunitaria della Conferenza Stato-Regioni e della Conferenza Stato- città ed Autonomie locali; assicura le attività di impulso e di monitoraggio necessarie per l’attuazione del Piano Nazionale di Riforma (PNR) ed il coordinamento delle azioni da adottare in attuazione della Strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione; cura le attività necessarie per la trasmissione degli atti comunitari e dell'Unione Europea e la conseguente informazione alle Camere, alla Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome.

          l’Ufficio per il mercato interno e la competitività;

L’Ufficio segue le questioni riguardanti il mercato interno incluse quelle relative alla libera circolazione delle persone, dei servizi e delle merci, alla libertà di stabilimento ed al diritto delle società.

          l’Ufficio per la concorrenza, gli appalti e le politiche di coesione;

L’Ufficio assicura il monitoraggio e l’attività di informazione preventiva nei settori della concorrenza, degli aiuti di Stato e degli appalti pubblici; segue inoltre le questioni relative alle politiche regionali di coesione.

          l’Ufficio per la cittadinanza europea.

L’Ufficio promuove attività di informazione comunitaria ed azioni di informazione volte a rafforzare la coscienza della cittadinanza europea e dei diritti fondamentali dei cittadini; cura inoltre l’attività del Centro SOLVIT, competente in merito alla risoluzione di questioni inerenti alla corretta applicazione delle norme del mercato interno da parte delle pubbliche amministrazioni nei confronti di cittadini ed imprese; istruisce, nelle materie di competenza del Dipartimento, le attività relative ai partenariati con i Paesi candidati e con i Paesi terzi a vocazione europea.

Gli Uffici, secondo quanto previsto dall'art. 9 del decreto 9 ottobre 2006, oltre all’esercizio delle funzioni proprie provvedono a coordinare, nelle materie di propria competenza, le amministrazioni dello Stato, le Regioni e le Province autonome nella fase di predisposizione della normativa comunitaria, consultando anche parti sociali e operatori privati, ed a curare, d'intesa con il settore legislativo e in collaborazione con le amministrazioni centrali e regionali interessate, le attività dirette al recepimento e all'attuazione delle direttive comunitarie.

 

Con il DPR 17 maggio 2007, n. 91[1], si è provveduto a riordinare gli organismi operanti nel Dipartimento; in particolare:

§       la Commissione per il recepimento delle normative comunitarie, istituita con l’art. 19 della legge n. 183/1987, viene ridenominata Commissione per l’attuazione delle normativa comunitaria con il compito di svolgere funzioni di proposta e consulenza per il coordinamento delle iniziative governative volte alla sollecita attuazione della normativa comunitaria nell’ordinamento nazionale;

§       il Comitato per la lotta contro le frodi comunitarie (COLAF), istituito ai sensi dell’art. 76, comma 2, della Legge n. 142/1992, svolge funzioni consultive e di indirizzo per il coordinamento delle attività di contrasto delle frodi e delle irregolarità attinenti in particolare al settore fiscale, a quello della politica agricola comune e dei fondi strutturali. Per lo svolgimento dei compiti istituzionali il Comitato si avvale del Nucleo della Guardia di finanza per la repressione delle frodi comunitarie[2];

§       il Comitato tecnico permanente, istituito dall’art. 2, comma 4, della legge n. 11/2005, con funzioni di supporto all’attività del CIACE. Si ricorda che il Regolamento per il funzionamento del Comitato tecnico permanente è stato adottato con DM 9 gennaio 2006.

 

Si segnala inoltre che, con DPCM 28 luglio 2006, è stata istituita presso il Dipartimento per le politiche comunitarie una apposita Struttura di missione, con il compito di attivare tutte le azioni possibili atte a prevenire l’insorgere del contenzioso comunitario e di rafforzare il coordinamento delle attività volte alla risoluzione delle procedure d’infrazione. Alla medesima Struttura possono poi essere assegnati ulteriori compiti su indicazione del Presidente del Consiglio dei Ministri.

La Struttura svolge una funzione di assistenza e di coordinamento delle Amministrazioni nazionali e di cura dei rapporti con la Commissione europea, contribuendo in tal modo alla risoluzione delle procedure d’infrazione ed alla complessiva riduzione dell’incidenza del contenzioso comunitario.

Inoltre, sempre ai fini di una trattazione dei casi di non conformità dell’ordinamento interno rispetto al diritto comunitario, nel gennaio 2006 il Dipartimento ha istituito un archivio informatico nazionale delle procedure di infrazione (EUR-Infra).

 

Il comma 2 dell’articolo 2 del ddl C. 3866 riguarda i compiti del Nucleo del Corpo della Guardia di finanza che, come sopra illustrato, già opera presso il Dipartimento per le politiche comunitarie.

Il comma 3 definisce le competenze del Dipartimento per le politiche europee già previste dal d.lgs. 59 del 2010, di attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno, e dal d.lgs. 206 del 2007, che recepisce la direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, nonché quelle relative alla gestione del centro SOLVIT.

 


Comitato interministeriale per gli affari dell’Unione europea
o per gli affari europei
(art. 3 del ddl C. 3866 e art. 2 del testo unificato)

 

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art. 3

Art. 2

(Comitato interministeriale per gli affari europei)

(Comitato interministeriale per gli affari dell’Unione europea)

1. Al fine di concordare le linee politiche del Governo nel processo di formazione della posizione italiana nella fase di predisposizione degli atti dell'Unione europea e di consentire il puntuale adempimento dei compiti di cui alla presente legge, è istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri il Comitato interministeriale per gli affari europei (CIAE). Il CIAE è convocato e presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri o, per sua delega, dal Ministro per le politiche europee. A esso partecipano il Ministro degli affari esteri, assistito, ove necessario, dal Rappresentante permanente o dal Rappresentante permanente aggiunto presso l'Unione europea, il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale nonché gli altri ministri aventi competenza nelle materie oggetto dei provvedimenti e degli argomenti all'ordine del giorno.

 

Quando lo richiedono le materie inserite all'ordine del giorno, è invitato il Governatore della Banca d'Italia.

1. E’ istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri il Comitato interministeriale per gli affari dell’Unione europea (CUE), che è convocato e presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri o dal Ministro per le politiche europee. Al CUE partecipano il Ministro degli affari esteri, accompagnato dal Rappresentante permanente d’Italia presso l’Unione europea, il Ministro per gli affari regionali, e gli altri Ministri aventi competenza nelle materie oggetto dei provvedimenti e delle tematiche inseriti all'ordine del giorno.

 

 

 

 

 

 

 

2. Alle riunioni del CUE sono invitati, quando si trattano questioni che rientrano nelle materie di rispettiva competenza, il Governatore della Banca d’Italia e i presidenti delle autorità di regolamentazione o vigilanza.

2. Alle riunioni del CIAE, quando si trattano materie che interessano le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, partecipano il Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome o un presidente di regione o di provincia autonoma da lui delegato e, per gli ambiti di competenza degli enti locali, il Presidente dell'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI), il Presidente dell'Unione delle province d'Italia (UPI) e il Presidente dell'Unione nazionale comuni, comunità, enti montani (UNCEM).

3. Alle riunioni del CUE, quando si trattano questioni che interessano anche le regioni e le province autonome, partecipano il presidente della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano o un presidente di regione o di provincia autonoma da lui delegato e, per gli ambiti di competenza degli enti locali, il presidente dell'Associazione nazionale dei comuni d'Italia – ANCI o un suo delegato e il presidente dell’Unione province d'Italia – UPI o un suo delegato.

 

4. Qualora si trattano questioni che abbiano uno specifico rilievo per le zone montane, può essere invitato alla riunioni del CUE il presidente dell'Unione nazionale comuni comunità enti montani – UNCEM o un suo delegato.

3. Il CIAE svolge i propri compiti nel rispetto delle competenze attribuite dalla Costituzione e dalla legge al Parlamento, al Consiglio dei ministri e alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

5. (secondo periodo). Il CUE svolge i propri compiti in stretto raccordo con la Rappresentanza permanente d’Italia presso l’Unione europea e nel rispetto delle competenze attribuite dalla Costituzione e dalla legge al Parlamento, al Consiglio dei ministri e alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

4. Le linee generali, le direttive e gli indirizzi deliberati dal CIAE sono comunicati alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee ai fini della definizione unitaria della posizione italiana da rappresentare successivamente, d'intesa con il Ministero degli affari esteri, in sede di Unione europea.

5 (primo periodo) .Il CUE concorda le linee politiche del Governo ai fini della formazione della posizione italiana nella predisposizione degli atti dell'Unione europea nonché del puntuale adempimento dei compiti di cui alla presente legge.

5. Il funzionamento del CIAE è disciplinato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per le politiche europee, sentiti il Ministro degli affari esteri, il Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale e la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni.

5 (terzo periodo). Il CUE si riunisce almeno una volta al mese e, in ogni caso, prima di ogni del Consiglio europeo.

 

L’articolo 2 del testo unificato e l’articolo 3 del d.d.l. 3055 riproducono con alcune modifiche ed integrazioni l’art. 2 della legge 11 del 2005, relativo al Comitato interministeriale per gli affari comunitari europei (CIACE).

Le modifiche prospettate concernono denominazione, composizione, funzionamento, strutture di supporto e relativa dotazione organica.

Denominazione

Al fine di tenere conto dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona (che ha soppresso le Comunità europee e attribuito personalità giuridica alla sola UE), il comitato è rinominato, rispettivamente, Comitato interministeriale per gli affari dell’Unione europea (CUE) dal Testo unificato e Comitato interministeriale per gli affari europei (CIAE) dal d.d.l. del Governo.

Composizione

Un primo elemento di novità è costituito dalla previsione per cui il Ministro degli esteri è “accompagnato” (nel caso del Testo unificato) o assistito (secondo la formulazione del d.d.l.) dal rappresentante permanente (o dal rappresentante permanente aggiunto) presso l’UE.

Sia il testo unificato sia il d.d.l. del Governo prevedono, inoltre, che alle riunioni del Comitato sia invitato, quando lo richiedano le materia all’ordine del giorno, il Governatore della Banca d'Italia.

Il solo testo unificato stabilisce che possano essere invitati, quando si trattano questioni che rientrano nelle materie di rispettiva competenza anche i presidenti delle autorità di regolamentazione o di vigilanza.

Sia il testo unificato sia il d.d.l. del Governo prevedono, infine, che alle riunioni del Comitato partecipino in via sistematica (anziché su richiesta, come previsto nel testo vigente), nei casi in cui si trattano materie di rispettivo interesse, il presidente della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome o di un presidente di regione o di provincia autonoma da lui delegato e, per gli ambiti di competenza degli enti locali, i presidenti dell’ANCI e dell’UPI o (nel solo caso del testo unificato) loro delegati (anziché, come previsto dalla norma vigente, dei presidenti delle associazioni rappresentative degli enti locali). Il d.d.l. del Governo prevede la partecipazione alle stesse condizioni anche del Presidente dell'Unione nazionale comuni, comunità, enti montani (UNCEM) che, invece, in base al testo unificato, può essere invitato solo qualora in seno al CUE si trattano questioni che abbiano uno specifico rilievo per le zone montane, può essere invitato.

Funzionamento

Il solo d.d.l. del Governo precisa che le linee generali, le direttive e gli indirizzi deliberati dal CIAE, sono comunicati alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le politiche europee ai fini della definizione unitaria della posizione italiana da rappresentare successivamente, d'intesa con il Ministero degli Affari esteri, in sede di Unione europea.

Il testo unificato precisa, invece, che il CUE opera in stretto raccordo con la rappresentanza permanente presso l’UE e stabilisce che esso si riunisca almeno una volta al mese e in ogni caso prima del Consiglio europeo.

 

Si ricorda, in proposito, che il Comitato interministeriale per gli affari comunitari europei (CIACE) è stato istituito dalla Legge 11 con il compito di concordare le linee politiche del Governo nel processo di formazione della posizione italiana nella fase di predisposizione degli atti comunitari.

In particolare, l’articolo 2 della legge n. 11 prevede che il CIACE sia convocato e presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri o dal Ministro per le politiche comunitarie anche su richiesta del comitato tecnico. Ad esso partecipano il Ministro degli affari esteri, il Ministro per gli affari regionali e gli altri Ministri aventi competenza nelle materie oggetto dei provvedimenti e delle tematiche inseriti all’ordine del giorno. Alle riunioni del CIACE, quando si trattano questioni che interessano anche le regioni e le province autonome, possono chiedere di partecipare il Presidente della Conferenza dei Presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano o un Presidente di Regione o di Provincia autonoma da lui delegato e, per gli ambiti di competenza degli enti locali, i Presidenti delle associazioni rappresentative degli enti locali.

La norma prevede, altresì, che il CIACE svolga i propri compiti nel rispetto delle competenze attribuite dalla Costituzione e dalla legge al Parlamento, al Consiglio dei Ministri e alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

Il funzionamento del CIACE e del comitato tecnico permanente sono disciplinati, rispettivamente, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e con decreto del Ministro per le politiche comunitarie.

In attuazione di tale disposizione, con DPCM 9 gennaio 2006 è stato adottato il Regolamento per il funzionamento del CIACE.

Tale organismo, al fine di concordare le linee politiche del Governo nel processo di formazione della posizione italiana nella fase di predisposizione degli atti comunitari e dell'Unione europea, procede all'esame ed al coordinamento degli orientamenti delle amministrazioni e degli altri soggetti interessati, anche sulla base delle osservazioni e degli atti adottati dal Parlamento e dagli organi parlamentari,nonché delle osservazioni trasmesse dalle Regioni e dalle Province autonome e dagli enti locali.

Oltre a questa generale funzione di coordinamento, tra gli ulteriori compiti spettanti al Comitato il DPCM individua quelli di:

§       potersi esprimere in merito all'opportunità di apporre in sede di Consiglio  dei Ministri dell'Unione europea una riserva di esame parlamentare ai sensi dell'art. 4, comma 2, della legge 4 febbraio 2005, n. 11;

§       esaminare, su richiesta del Ministro per le politiche comunitarie, questioni di particolare rilievo emerse nel corso della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, convocata dal Governo a norma dell'art. 5, comma 4, della legge 4 febbraio 2005, n. 11;

§       proporre al Ministro per gli affari regionali le questioni relative all'elaborazione degli atti comunitari e dell'Unione europea da sottoporre alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, anche ai fini della convocazione della sessione comunitaria a norma dell'art. 17 della legge 4 febbraio 2005, n. 11;

§       esaminare, su richiesta del Ministro per le politiche comunitarie, questioni di particolare rilievo emerse nel corso della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, convocata ai sensi dell'art. 6, comma 1, della legge 4 febbraio 2005, n. 11, e proporre al Ministro per le politiche comunitarie le questioni di particolare rilevanza negli ambiti di competenza degli enti locali da sottoporre alla Conferenza Stato-città ed autonomie locali ai fini della convocazione della sessione comunitaria a norma dell'art. 18 della legge 4 febbraio 2005, n. 11.

Successivamente l’articolo 6, comma 1, della legge n. 34/2008 (Legge comunitaria per il 2007), mediante l’inserimento del nuovo comma 4-bis all’articolo 2 della legge n. 11 del 2005, ha attribuito alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie la possibilità di utilizzare, ai fini del funzionamento del CIACE, personale in posizione di comando proveniente da altre amministrazioni appartenente alla terza area o qualifiche equiparate, nel limite di un contingente massimo di 20 unità.

Il personale destinato al funzionamento del CIACE è scelto prioritariamente tra i soggetti che abbiano maturato, alternativamente, un periodo di servizio di almeno due anni:

§       in qualità di esperto nazionale distaccato presso le istituzioni dell’Unione europea;

§       presso organismi dell’Unione europea in base alla disciplina dell’articolo 32 del d.lgs. 165 del 2001[3], relativa allo scambio di funzionari appartenenti a Paesi diversi ed a organismi internazionali.

 


Istituzione di nuclei europei presso i Ministeri
(art. 3 del testo unificato)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

 

Art. 3

 

(Istituzione di nuclei europei presso i Ministeri)

 

1. Al fine di garantire la partecipazione dell'Italia alla formazione del diritto dell’Unione europea nonché l'attuazione dello stesso nell'ordinamento interno, le amministrazioni centrali istituiscono e rendono operativi, entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, propri nuclei europei.

 

2. I nuclei di cui al comma 1 operano all'interno delle rispettive amministrazioni, in collegamento con la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per il coordinamento delle politiche europee, ed esprimono adeguati livelli di competenza tecnica e operativa al fine di poter svolgere funzioni tecniche a forte contenuto di specializzazione. I dirigenti preposti alla direzione dei nuclei partecipano al comitato tecnico permanente di cui all'articolo 2, comma 4.

 

3. Le attività volte alla costituzione dei nuclei di cui al comma 1 sono attuate autonomamente sotto il profilo amministrativo, organizzativo e funzionale dalle singole amministrazioni, tenendo conto delle strutture similari già esistenti e della necessità di evitare duplicazioni. Le amministrazioni provvedono a tale fine a predisporre, anche sulla base di un'adeguata analisi organizzativa, un programma di attuazione comprensivo delle connesse attività di formazione e di aggiornamento necessarie alla costituzione e all'avvio dei nuclei.

 

4. Per la costituzione e il funzionamento dei nuclei di cui al presente articolo le amministrazioni possono avvalersi di stage e di tirocini formativi, previe convenzioni a titolo non oneroso con le università e gli istituti di ricerca interessati.

 

5. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sono indicate le caratteristiche organizzative comuni dei nuclei di cui al presente articolo.

 

6. I nuclei europei di cui al presente articolo predispongono le relazioni di cui all’articolo 5, comma 3.

 

7. È istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per il coordinamento delle politiche europee il Sistema di monitoraggio della compatibilità europea degli atti normativi, con il compito di coordinare e di supportare l'attività dei singoli nuclei europei per quanto attiene all'osservanza del diritto dell’Unione europea nell'ordinamento interno. Il Ministro per le politiche europee, con proprio decreto, costituisce e definisce la strutturazione del Sistema di monitoraggio, ne disciplina il funzionamento ed emana indirizzi per la sua attività.

 

8. I nuclei europei di cui al presente articolo, d'intesa con gli uffici del personale del Ministero di appartenenza, provvedono alla preselezione degli esperti nazionali distaccati presso le istituzioni dell’Unione europea e assicurano il collegamento con gli esperti medesimi. Gli esperti nazionali cessati dal distacco sono prioritariamente inseriti nei nuclei europei, fatta salva la disposizione di cui all’articolo 2, comma 8. L'aver ricoperto il titolo di esperto nazionale distaccato costituisce titolo preferenziale per la direzione dei nuclei medesimi.

 

Il testo unificato prevede l’istituzione presso i Ministeri di nuclei europei, specializzati nell’attuazione e nella partecipazione alla formazione del diritto europeo, le cui caratteristiche organizzative sono definite con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. Gli stessi nuclei europei provvedono alla preselezione degli esperti nazionali distaccati.

L’articolo in esame prevede, inoltre, l’istituzione, presso la Presidenza del Consiglio - Dipartimento per il coordinamento delle politiche europee - di un sistema di monitoraggio della compatibilità europea degli atti normativi.

Tali disposizioni non risultano invece contenute nel disegno di legge governativo.

 

Si rileva che l’attribuzione di un titolo preferenziale per l’accesso a posizioni economiche superiori o a progressioni di carriera a favore dell’esperto nazionale, il cui titolo viene conferito sulla base di una preselezione discrezionale, andrebbe valutata alla luce del principio di buon andamento e imparzialità di cui all’articolo 97 della Costituzione.

 


Esperti nazionali distaccati
(art. 4 del testo unificato)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

 

Art. 4

 

(Esperti nazionali distaccati)

 

1. L'articolo 32 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è sostituito dal seguente:

«Art. 32. - (Collegamento con le istituzioni internazionali, dell’Unione europea e di altri Stati. Esperti nazionali distaccati). - 1. Per garantire il collegamento con le istituzioni internazionali e dell'Unione europea, nonché con gli Stati membri dell'Unione europea, con gli Stati candidati all'adesione all'Unione europea e con gli altri Stati con i quali l'Italia intrattiene rapporti di collaborazione, lo Stato favorisce e incentiva le esperienze del proprio personale presso tali istituzioni. I dipendenti delle amministrazioni pubbliche possono essere destinati a prestare temporaneamente servizio presso:

   a) il Parlamento europeo, il Consiglio dell’Unione europea, la Commissione europea, le altre Istituzioni ed organi dell’Unione europea, incluse le agenzie, prioritariamente in qualità di esperti nazionali distaccati;

   b) le organizzazioni e gli enti internazionali ai quali l'Italia aderisce;

   c) le amministrazioni pubbliche degli Stati membri dell'Unione europea, degli Stati candidati all'adesione all'Unione europea e di altri Stati con i quali l'Italia intrattiene rapporti di collaborazione, a seguito di appositi accordi di reciprocità stipulati tra le amministrazioni interessate, d'intesa con il Ministero degli affari esteri e con la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica.

 

2. Ai fini di cui al comma 1, il Ministero degli affari esteri e la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimenti della funzione pubblica e per il coordinamento delle politiche comunitarie, d'intesa tra di loro:

a) coordinano la costituzione di una banca dati di potenziali qualificati candidati già formati dal punto di vista delle competenze in materia europea o internazionale e delle conoscenze linguistiche;

b) definiscono, d'intesa con le amministrazioni interessate, le aree di impiego prioritarie del personale da distaccare, con specifico riguardo agli esperti nazionali presso le istituzioni comunitarie;

   c) promuovono la sensibilizzazione dei centri decisionali, le informazioni relative ai posti vacanti nelle istituzioni comunitarie e internazionali e la formazione del personale, con specifico riguardo agli esperti nazionali presso le istituzioni dell’Unione europea.

 

3. Il trattamento economico degli esperti nazionali distaccati può essere a carico delle amministrazioni di provenienza, di quelle di destinazione o essere suddiviso tra esse, ovvero essere rimborsato in tutto o in parte allo Stato italiano dall'Unione europea o da un'organizzazione o ente internazionale.

 

4. Il personale che presta servizio temporaneo all'estero resta a tutti gli effetti dipendente dell'amministrazione di appartenenza. L'esperienza maturata all'estero costituisce titolo preferenziale per l'accesso a posizioni economiche superiori o a progressioni orizzontali e verticali di carriera all'interno della pubblica amministrazione.

 

 

L’articolo in esame disciplina la figura degli esperti nazionali distaccati, sostituendo la normativa contenuta nell’articolo 32 del decreto legislativo n.165/2001, recante norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

La riformulazione intende differenziare a seconda se i dipendenti delle amministrazioni siano chiamati a prestare servizio presso le istituzioni europee, le organizzazioni internazionali o presso le amministrazioni di altri Stati, siano essi Paesi membri, candidati o Paesi con i quali l’Italia intrattiene rapporti di collaborazione. Infatti, a differenza di quanto previsto attualmente dall’articolo 32 del D.Lgs. 165/2001, solo in quest’ultimo caso viene richiesto che siano stati conclusi appositi accordi di reciprocità tra le amministrazioni interessate e che sia prevista l’intesa con il Ministero degli Affari esteri e con la Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento della funzione pubblica. Viene, poi, previsto nel testo unificato che il Ministero degli affari esteri e la presidenza del Consiglio dei ministri, attraverso i Dipartimenti della funzione pubblica e per il coordinamento delle politiche comunitarie coordinino la costituzione di una banca dati di possibili candidati, definiscano le aree di impiego prioritarie del personale da distaccare, con specifico riguardo agli esperti nazionali presso le istituzioni europee, e promuovano le informazioni relative ai posti vacanti.

Il comma 3 ripete integralmente quanto previsto dal comma 2 dell’articolo 32 del D.Lgs. 165/2001, prevedendo che il trattamento economico può essere a carico dell’amministrazione di appartenenza, di quella di destinazione o essere suddiviso tra esse, oppure essere rimborsato in tutto o in parte allo Stato dalle istituzioni europee o dalle organizzazioni internazionali.

Il comma 4 sostituisce il comma 3 ripetendo che il personale distaccato resta a tutti gli effetti dipendente dell’amministrazione di appartenenza ma specificando che l’esperienza prestata non è solo valutata ai fini dello sviluppo professionale degli interessati ma costituisce titolo preferenziale per la progressione di carriera.

 

Si ricorda, in proposito, che il ruolo degli esperti nazionali distaccati presso le istituzioni europee ha assunto una specifica rilevanza tant’è che tale figura risulta oggi disciplinata da una decisione della Commissione europea del 12 novembre 2008 relativa al regime applicabile agli esperti nazionali distaccati e agli esperti nazionali in formazione professionale presso i servizi della Commissione.

Si ricorda, inoltre, che la 14a Commissione Politiche dell’Unione europea del Senato, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sul sistema Paese nella trattazione delle questioni relative all’UE, con particolare riferimento al ruolo del Parlamento italiano nella formazione della legislazione comunitaria, ha svolto, in data 8 giugno 2010, un’audizione del Presidente della sezione italiana degli esperti nazionali distaccati e di un membro direttivo di tale sezione. In tale occasione, è stato ricordato come sia in sede europea sia in sede nazionale è stata riconosciuta l’importanza della funzione svolta dagli esperti nazionali. In tal senso il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, Letta, in un incontro svoltosi il 2 aprile 2010, ha deciso di avviare un tavolo istituzionale permanente che funga da “cabina di regia”.


Nomina di componenti italiani di Istituzioni
ed organi dell’Unione europea
(art. 13 del testo unificato)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

 

Art. 13

 

(Nomina di componenti italiani di Istituzioni ed organi dell’Unione europea)

 

1. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, il Consiglio dei Ministri ed i singoli Ministri, all’atto della proposta o designazione, secondo le rispettive competenze, di componenti italiani di Istituzioni ed organi dell’Unione europea di cui al comma 2, ne informano le Commissioni parlamentari competenti per materia e per i rapporti con l’Unione europea di Camera e Senato, che, ove lo ritengano, procedono, in coerenza con i rispettivi regolamenti, all’audizione delle persone proposte o designate.

 

2. Le informazioni di cui al comma 1 devono essere trasmesse in relazione:

a) alle proposte di designazione di componenti italiani della Commissione europea, di cui all’articolo 17, paragrafo 7, del Trattato sull’Unione europea;

b) alle proposte di nomina di giudici ed avvocati generali italiani della Corte di giustizia e dei giudici del Tribunale di primo grado, ai sensi, rispettivamente, degli articoli 253 e 254 del Trattato sul funzionamento dell’Unione;

c) alle proposte di nomina di membri italiani della Corte dei conti, ai sensi dell’articolo 286 del Trattato istitutivo della Comunità europea;

     d) alle designazioni di componenti del Consiglio di amministrazione della Banca europea per gli investimenti, ai sensi dell’articolo 11 del Protocollo sullo statuto della Banca europea per gli investimenti allegato al Trattato sull'Unione europea e al trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

 

3. Le informazioni di cui al comma 1 devono contenere la esposizione della procedura seguita per addivenire alla designazione o proposta, dei motivi che la giustificano secondo criteri di capacità professionale dei candidati e degli eventuali incarichi precedentemente svolti o in corso di svolgimento, tenuto conto dei requisiti richiesti per l’esercizio della funzione dalle pertinenti disposizioni del Trattato sull'Unione europea e al Trattato sul funzionamento dell'Unione.

 

6. Le disposizioni di cui al presente articolo si applica altresì per le proposte o le designazioni volte alla conferma di persona in carica.

 

 

L’articolo 13 del testo unificato introduce una specifica disciplina per l’informazione alle Camere in merito alla nomina dei membri di talune istituzioni dell’UE su proposta o designazione da parte del Governo.

In particolare, il comma 1 impegna il Presidente del Consiglio o i singoli Ministri, all’atto della proposta o designazione, secondo le rispettive competenze, ad informarne le commissioni parlamentari competenti per materia e per i rapporti con l’UE di Camera e Senato, che, ove lo ritengano, procedono, in coerenza con i rispettivi regolamenti, all’audizione delle persone proposte o designate.

Il comma 2 precisa che e informazioni in questione devono essere trasmesse in relazione:

a) alle proposte di designazione di componenti italiani della Commissione europea;

b) alle proposte di nomina di giudici ed avvocati generali italiani della Corte di giustizia e dei giudici del Tribunale di primo grado;

c) alle proposte di nomina di membri italiani della Corte dei conti;

d) alle designazioni di componenti del Consiglio di amministrazione della Banca europea per gli investimenti.

 

Il comma 3 individua in dettaglio i contenuti delle informazioni da trasmettere alle Camere, mentre il comma 4 estende l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo in esame ai casi di conferma di membri italiani delle Istituzioni e organi dell’Ue sopra indicato.

 


Comitato tecnico permanente per gli affari europei
(art. 4 del ddl C. 3866)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art. 4

Art. 2 (segue)

(Comitato tecnico permanente per gli affari europei)

 

1. Per la preparazione delle proprie riunioni il CIAE si avvale di un Comitato tecnico permanente per gli affari europei, di seguito denominato «Comitato tecnico permanente», istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee, coordinato e presieduto dal responsabile della Segreteria per gli affari europei di cui all'articolo 5.

2. Ogni Ministro designa un proprio rappresentante nel Comitato tecnico permanente, abilitato a esprimere la posizione dell'amministrazione.

6. Per la preparazione delle proprie riunioni, il CUE si avvale di un comitato tecnico permanente istituito presso il Dipartimento per le politiche europee, coordinato e presieduto dal Ministro per le politiche europee o da un suo delegato.

 

 

 

Di tale comitato tecnico fanno parte i dirigenti dei nuclei europei di cui all’articolo 3 nonché i direttori generali o alti funzionari con qualificata specializzazione in materia, designati da ognuna delle amministrazioni del Governo, dalle Camere e dalla Rappresentanza permanente d’Italia presso l’Unione europea. Alle riunioni del comitato sono invitati, quando si trattano questioni che rientrano nelle materie di rispettiva competenza, alti funzionari delle autorità di cui al comma 2.

 

3. Il Comitato tecnico permanente coordina, nel quadro degli indirizzi del Governo, la predisposizione della posizione italiana da esprimere in sede di Unione europea. A tale fine, il Comitato tecnico permanente svolge le seguenti funzioni:

 

a) raccoglie le istanze provenienti dalle diverse amministrazioni sulle questioni in discussione nell'Unione europea; istruisce e definisce le posizioni che saranno espresse dall'Italia in sede di Unione europea previa, quando necessario, la deliberazione del CIAE;

 

b) trasmette, d'intesa con il Ministero degli affari esteri, le proprie deliberazioni ai competenti rappresentanti italiani incaricati di presentarle in tutte le diverse istanze dell'Unione europea;

 

c) verifica, in raccordo con il Ministero degli affari esteri, l'esecuzione delle decisioni prese nel CIAE.

 

 

4. L'organizzazione e il funzionamento del Comitato tecnico permanente sono disciplinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per le politiche europee, sentiti il Ministro degli affari esteri e la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni.

Art. 2, comma 6, ultimo periodo

Il funzionamento del CUE e del comitato tecnico permanente sono disciplinati, rispettivamente, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e con decreto del Ministro per le politiche europee.

 

 

5. Qualora siano trattate materie che interessano le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, il Comitato tecnico permanente è integrato da un rappresentante di ciascuna regione e provincia autonoma indicato dal rispettivo presidente e, per gli ambiti di competenza degli enti locali, da rappresentanti indicati dall'ANCI, dall'UPI e dall'UNCEM. Le riunioni del Comitato tecnico permanente integrato sono convocate dal responsabile della Segreteria per gli affari europei, di cui all'articolo 5, d'intesa con il direttore dell'ufficio di segreteria della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, e con il direttore dell'ufficio di segreteria della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, che vi partecipano, e si svolgono presso la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Il Comitato tecnico permanente integrato individua i singoli tavoli di coordinamento nazionale, di cui all'articolo 15, comma 7.

Art. 2, comma 6, terzo periodo

Quando si trattano questioni che interessano anche le regioni e le province autonome, il comitato tecnico, integrato dagli assessori regionali competenti per le materie in trattazione o loro delegati, è convocato e presieduto dal Ministro per le politiche europee, in accordo con il Ministro per gli affari regionali, presso la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

6. Il Comitato tecnico permanente consulta, quando necessario, la Commissione per l'attuazione del diritto dell'Unione europea di cui all'articolo 6.

 

 

 

L’articolo 4 del d.d.l. del Governo riconduce la disciplina del comitato tecnico permanente ad un apposito articolo, mentre il testo unificato la mantiene, come nel vigente articolo 2 della legge 11, in seno a due commi dell’articolo 2 relativo al CUE.

Sia il d.d.l. sia il testo unificato modificano diversi aspetti della composizione e del funzionamento del comitato. In particolare:

-il d.d.l. stabilisce che il comitato sia coordinato e presieduto dal responsabile della Segreteria per gli affari europei di cui all'articolo 5 del d.d.l. anziché dal Ministro per le politiche europee o da un suo delegato come previsto dalla disposizione vigente e dal testo unificato;

-il testo unificato stabilisce che del comitato tecnico fanno parte i dirigenti dei nuclei europei nonché i direttori generali o alti funzionari con qualificata specializzazione in materia, designati – oltre che da ognuna delle amministrazioni del Governo, come previsto dalla disciplina vigente -, anche dalle Camere e dalla Rappresentanza permanente d’Italia presso l’Unione europea; inoltre il testo unificato prevede che alle riunioni del comitato siano invitati, quando si trattano questioni che rientrano nelle materie di rispettiva competenza, alti funzionari delle autorità di regolamentazione e vigilanza e della Banca d’Italia. Il d.d.l. prevede invece che ogni Ministro designi un proprio rappresentante nel Comitato tecnico permanente, abilitato a esprimere la posizione dell'amministrazione;

-Il d.d.l. del Governo elenca in dettaglio le funzioni del comitato tecnico permanente nella predisposizione della posizione italiana da esprimere in sede di UE (comma 3 dell’art. 4 del d.d.l.), non indicate nella norma vigente;  

-il d.d.l. stabilisce inoltre che qualora siano trattate materie che interessano le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, il Comitato tecnico permanente sia integrato da un rappresentante di ciascuna regione e provincia autonoma indicato dal rispettivo presidente (anziché dagli assessori regionali competenti, come previsto dalla disciplina vigente e dal testo unificato) nonché, per gli ambiti di competenza degli enti locali, da rappresentanti indicati dall'ANCI, dall'UPI e dall'UNCEM (previsione non contenuta nella disciplina vigente e dal testo unificato). Il d.d.l. del Governo precisa altresì che le riunioni del Comitato tecnico permanente così integrato sono convocate dal responsabile della Segreteria per gli affari europei, d'intesa con il direttore dell'ufficio di segreteria della Conferenza Stato - regioni;

-il testo unificato aumenta infine da 20 a 50 il contingente massimo di personale di cui il Dipartimento politiche europee può avvalersi per il funzionamento del CUE, ripartito secondo i seguenti criteri: un massimo di 25 unità tra coloro che hanno maturato un periodo di servizio di almeno due anni, o in qualità di esperto nazionale distaccato presso le istituzioni dell'Unione UE, o presso organismi dell'UE; un massimo di venti unità di proveniente da altre amministrazioni statali, incluse le autorità di regolamentazione e di vigilanza; un massimo di cinque unità tra personale proveniente da amministrazioni delle regioni o delle province autonome.


Segreteria per gli affari europei
(art. 5 del ddl C. 3866)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art. 5

 

(Segreteria per gli affari europei)

 

1. Nell’ambito della Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee, l’attività istruttoria e di supporto al funzionamento del CIAE e del Comitato tecnico permanente è svolta congiuntamente dalla Segreteria per gli affari europei.

 

 

2. Al fine del funzionamento del CIAE, la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee può valersi, entro un contingente massimo di venti unità, di personale appartenente alla terza area o qualifiche equiparate, in posizione di comando, proveniente da altre amministrazioni, al quale si applica la disposizione di cui all’articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127. Nell’ambito del predetto contingente, il numero delle unità di personale è stabilito, entro il 31 gennaio di ogni anno, nel limite massimo delle risorse finanziarie disponibili presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.

Art. 2, commi 7-10-bis

7. Al fine del funzionamento del CUE, la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per il coordinamento delle politiche europee potrà valersi, entro un contingente massimo di cinquanta unità, di personale appartenente alla terza area o qualifiche equiparate, in posizione di comando proveniente da altre amministrazioni statali e regionali, al quale si applica la disposizione di cui all’articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127.

 

 

9. Nell’ambito del contingente di cui al comma 7, il numero delle unità di personale viene stabilito entro il 31 gennaio di ogni anno, nel limite massimo delle risorse finanziarie disponibili presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

10. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

10-bis. L’esperienza maturata dal personale di cui alle lettere b) e c) del comma 8 costituisce titolo preferenziale ai fini della designazione degli esperti nazionali presso le istituzioni dell’Unione europea ai sensi dell’articolo 32 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

3. Per l’espletamento delle specifiche attività connesse alla partecipazione del Parlamento, delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano e delle autonomie locali al processo di formazione degli atti dell’Unione europea, di cui agli articoli 10, 12, 14, 15, 17 e 18, la Presidenza del Consiglio dei ministri, per le esigenze del Dipartimento per le politiche europee, può attivare, entro il 31 gennaio di ogni anno, un contingente ulteriore di dieci unità di personale in posizione di comando, nel limite massimo delle risorse finanziarie disponibili presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Tale contingente è aggiuntivo e non determina variazioni nella consistenza organica del personale di cui all’articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303. Le amministrazioni di appartenenza sono tenute ad adottare il provvedimento di comando entro quindici giorni dalla richiesta.

 

 

 

4. Il personale in posizione di comando di cui ai commi 2 e 3 è scelto prioritariamente tra coloro che hanno maturato un periodo di servizio di almeno due anni o in qualità di esperto nazionale distaccato presso le istituzioni dell’Unione europea o presso organismi dell’Unione europea ai sensi dell’articolo 32 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

8. Il contingente di personale di cui al comma 7 è ripartito secondo i seguenti criteri:

a) un massimo di 25 unità tra coloro che hanno maturato un periodo di servizio di almeno due anni, o in qualità di esperto nazionale distaccato presso le istituzioni dell’Unione europea, o presso organismi dell’Unione europea ai sensi dell’articolo 32 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;

b) un massimo di venti unità di proveniente da altre amministrazioni statali, incluse le autorità di regolamentazione e di vigilanza;

 

5. Nei limiti di un contingente massimo di sei unità, la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee può avvalersi, in posizione di distacco, di personale delle regioni o delle province autonome appartenente alla terza area o qualifiche equiparate, designato dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome, secondo criteri da definire d’intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri o con il Ministro per le politiche europee. Il personale assegnato conserva lo stato giuridico e il trattamento economico dell’amministrazione di appartenenza, che rimane a carico della stessa. Le regioni e le province autonome fanno fronte alle spese eventualmente derivanti con le risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

c) un massimo di cinque unità tra personale proviene da amministrazioni delle regioni o delle province autonome di Trento e Bolzano;

 

 

 

L’articolo 5 del d.d.l. del Governo attribuisce alla Segreteria per gli affari europei, nell’ambito del Dipartimento per le politiche europee, il compito di curare l’attività istruttoria e di supporto al funzionamento del CIAE e del Comitato tecnico permanente.

Tale struttura non è espressamente prevista dal testo vigente della legge 11 e dal testo unificato del Governo; il decreto del Ministro per le politiche comunitarie del 9 ottobre 2006, relativo alla organizzazione interna del Dipartimento per le politiche europee, contempla, come già ricordato in precedenza tra i quattro uffici in cui si articola il Dipartimento l’Ufficio di segreteria del CIACE.

Il comma 2 del medesimo articolo 5 (riprendendo nella sostanza il comma 4-bis dell’articolo 2 della legge 11) dispone che, al fine del funzionamento del CIAE, il Dipartimento per le politiche europee può valersi, entro un contingente massimo di venti unità, di personale appartenente alla terza area o qualifiche equiparate, in posizione di comando, proveniente da altre amministrazioni.

Nell’ambito del predetto contingente, il numero delle unità di personale è stabilito, entro il 31 gennaio di ogni anno, nel limite massimo delle risorse finanziarie disponibili presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.

Il successivo comma 3 consente peraltro alla Presidenza del Consiglio dei ministri, per l’espletamento delle specifiche attività connesse alla partecipazione del Parlamento, delle regioni, delle province autonome e delle autonomie locali al processo di formazione degli atti dell’UE, di attivare, entro il 31 gennaio di ogni anno, un contingente aggiuntivo di dieci unità di personale in posizione di comando, nel limite massimo delle risorse finanziarie disponibili presso la Presidenza stessa. Le amministrazioni di appartenenza sono tenute ad adottare il provvedimento di comando entro quindici giorni dalla richiesta.

Il comma 4 riprende la previsione del vigente comma 4-bis dell’articolo 2 della legge 11, per cui il personale in posizione di comando sopra indicato è scelto prioritariamente tra coloro che hanno maturato un periodo di servizio di almeno due anni o in qualità di esperto nazionale distaccato presso le istituzioni dell’UE o presso organismi dell’UE.

 


Commissione per l’attuazione del diritto dell’Unione europea
(art. 6 del ddl C. 3866)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art. 6

 

(Commissione per l'attuazione del diritto dell'Unione europea)

 

1. Presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee opera la Commissione prevista dall'articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 91, che assume la denominazione di Commissione per l'attuazione del diritto dell'Unione europea.

 

2. La Commissione di cui al comma 1 consulta, quando necessario, il Comitato tecnico permanente.

 

 

 

L’articolo 6 del ddl governativo riguarda la Commissione istituita con l’art. 19 della legge n. 183/1987, e successivamente disciplinata dall’art. 2 del DPR 91 del 1997, presso il Dipartimento per le politiche europee con il compito di svolgere funzioni di proposta e consulenza per il coordinamento delle iniziative governative volte alla sollecita attuazione della normativa comunitaria nell’ordinamento nazionale.

La Commissione viene ora denominata “Commissione per l’attuazione del diritto dell’Unione europea.

Nella relazione illustrativa si evidenzia che, rispetto al testo approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri, è stata eliminata quella disposizione che sottraeva tale organismo (insieme al Comitato tecnico permanente per gli affari europei) dalla soppressione automatica, così come previsto dall’articolo 29, comma 2, lettera e-bis) del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.

 

Si ricorda, al riguardo, che tale articolo ha previsto che, per realizzare le finalità di contenimento delle spese, per le amministrazioni statali si procede, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, al riordino degli organismi, anche mediante soppressione o accorpamento delle strutture, con regolamenti da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, per gli organismi previsti dalla legge o da regolamento e, per i restanti, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro competente. I provvedimenti tengono conto dei seguenti criteri: a) eliminazione delle duplicazioni organizzative e funzionali; b) razionalizzazione delle competenze delle strutture che svolgono funzioni omogenee; c) limitazione del numero delle strutture di supporto a quelle strettamente indispensabili al funzionamento degli organismi; d) diminuzione del numero dei componenti degli organismi; e) riduzione dei compensi spettanti ai componenti degli organismi; e-bis) indicazione di un termine di durata, non superiore a tre anni, con la previsione che alla scadenza l'organismo è da intendersi automaticamente soppresso (81); e-ter) previsione di una relazione di fine mandato sugli obiettivi realizzati dagli organismi, da presentare all'amministrazione competente e alla Presidenza del Consiglio dei Ministri;

 

La relazione prosegue affermando che l’espunzione delle disposizioni che prevedevano la sottrazione di tali enti dal novero di quelli destinati alla soppressione si giustificata con la volontà di evitare dubbi interpretativi sull’effettiva inclusione di tali organismi nell’ambito applicativo del citato articolo 29. Infatti, la partecipazione a tali organismi è a titolo gratuito e la loro attività non determina spese di funzionamento. La relazione ricorda, quindi, che tale interpretazione risulta supportata dal fatto che gli organismi destinati alla soppressione sono stati oggetto di periodiche conferme e proroghe proprio sul presupposto che gli stessi non determinano oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica e che ne è accertata la perdurante utilità. Tale circostanza lascia prefigurare un’interpretazione secondo la quale tali organismi non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 29.

Il testo unificato non contiene disposizioni in merito all’organismo sopra menzionato.

 


Comitato per la lotta contro le frodi nei confronti dell’Unione europea (art. 7 del ddl C. 3866)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art. 7.

 

(Comitato per la lotta contro le frodi nei confronti dell'Unione europea)

 

1. Presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee opera il Comitato previsto dall'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 91, che assume la denominazione di Comitato per la lotta contro le frodi nei confronti dell'Unione europea.

 

 

 

L’articolo 7 del ddl governativo riguarda il Comitato per la lotta contro le frodi comunitarie (COLAF), istituito presso l’attuale Dipartimento per le politiche comunitarie della Presidenza del Consiglio ai sensi dell’art. 76, comma 2, della Legge n. 142/1992 e ridisciplinato dall’art. 3 del citato DPR 91.

Tale organismo viene ridenominato “Comitato per la lotta contro le frodi nei confronti dell’Unione europea”.

Il testo unificato non contiene disposizioni in merito all’organismo sopra menzionato.

Valgono per il Comitato le stesse precisazioni sull’opportunità di confermare l’utilità dell’organismo svolte in relazione alla Commissione per l’attuazione del diritto dell’Unione europea di cui all’articolo precedente.

 


Sessione europea della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano
(art. 8 del ddl C. 3866 e art. 18 del testo unificato)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art. 8
(Sessione europea della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano)

Articolo 18

(Sessione europea della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano)

1. Il Presidente del Consiglio dei ministri convoca almeno ogni sei mesi, o anche su richiesta delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, una sessione speciale della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, denominata sessione europea, dedicata alla trattazione degli aspetti delle politiche dell'Unione europea di interesse regionale e provinciale. Il Governo informa tempestivamente le Camere sui risultati emersi da tale sessione.

1. Il Presidente del Consiglio dei ministri convoca almeno ogni mese, o anche su richiesta delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, una sessione speciale della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, dedicata alla trattazione degli aspetti delle politiche dell'Unione europea di interesse regionale e provinciale al fine di raccordare le linee della politica nazionale, relativa all'elaborazione degli atti europei con le esigenze rappresentate dalle Regioni e dalle Province autonome, nelle materie di competenza di queste ultime. Il Governo informa tempestivamente le Camere sui risultati emersi da tale sessione.

2. La Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in sessione europea, in particolare, esprime parere:

2. La sessione della Conferenza di cui al comma 1, in particolare, esprime parere:

 

a) sugli indirizzi generali relativi all'elaborazione e all'attuazione degli atti dell'Unione europea che riguardano le competenze regionali;

a) sugli indirizzi generali relativi all'elaborazione e all'attuazione degli atti dell'Unione europea che riguardano le competenze regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano;

 

b) sui criteri e sulle modalità per conformare l'esercizio delle funzioni regionali all'osservanza e all'adempimento degli obblighi di cui all'articolo 1, comma 1;

b) sui criteri e sulle modalità per conformare l'esercizio delle funzioni regionali e delle province autonome all'osservanza e all'adempimento degli obblighi di cui all'articolo 1, comma 1;

c) sugli schemi dei disegni di legge di cui all'articolo 19 della presente legge, sulla base di quanto previsto dall'articolo 5, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni.

c) sugli schemi dei disegni di legge di cui all'articolo 24 della presente legge;

 

 

d) su richiesta dei presidenti delle regioni e delle province autonome e con il consenso del Governo, sugli schemi di atti amministrativi dello Stato che, ai sensi del comma 5 dell’articolo 11, nelle materie di competenza delle regioni o delle province autonome, danno attuazione alle direttive dell’Unione europea e alle sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea.

 

3. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee riferisce al Comitato interministeriale per la programmazione economica per gli aspetti di competenza di cui all'articolo 2 della legge 16 aprile 1987, n. 183.

3. Il Ministro per le politiche europee riferisce al Comitato interministeriale per la programmazione economica per gli aspetti di competenza di cui all'articolo 2 della legge 16 aprile 1987, n. 183.

 

I progetti di legge all’esame ripropongo, con alcune modifiche, il contenuto dell’articolo 17 della Legge 11 riguardante la convocazione da parte del Presidente del Consiglio dei ministri di una sessione speciale della Conferenza Stato-regioni.

 

In particolare la normativa vigente stabilisce che sia convocata almeno ogni sei mesi - anche su richiesta delle regioni e delle province autonome - una sessione speciale (cd. “sessione comunitaria”) della Conferenza Stato-regioni, dedicata alla trattazione degli aspetti delle politiche comunitarie di interesse regionale e provinciale (articolo 17);

La Conferenza Stato-Regioni in sessione comunitaria può infatti esprimere il proprio parere sulle seguenti questioni:

§       sugli indirizzi generali relativi all'elaborazione e all'attuazione degli atti comunitari che riguardano le competenze regionali;

§       sui criteri e le modalità per conformare l'esercizio delle funzioni regionali all'osservanza ed all'adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea;

§       sullo schema del disegno di legge comunitaria.

Il Ministro per le politiche comunitarie riferisce al Comitato interministeriale per la programmazione economica per gli aspetti di competenza.

 

Circa le competenze della Conferenza Stato-Regioni in relazione all’Unione europea, si ricorda che l’articolo 5 del decreto legislativo n. 281 del 1997 prevede che essa, anche su richiesta delle regioni e delle province autonome, si riunisca in apposita sessione almeno 2 volte all'anno al fine di raccordare le linee della politica nazionale, relativa all'elaborazione degli atti comunitari con le esigenze rappresentate dalle regioni e dalle province autonome, nelle materie di competenza di queste ultime, e di esprimere il parere sullo schema di disegno di legge comunitaria. La Conferenza inoltre designa i componenti regionali in seno alla rappresentanza permanente italiana presso l'Unione europea ed esprime il proprio parere – su richiesta dei Presidenti delle regioni e delle province autonome e con il consenso del Governo – sugli schemi di atti amministrativi dello Stato che, nelle materie di competenza delle regioni o delle province autonome, danno attuazione alle direttive comunitarie ed alle sentenze della Corte di giustizia delle comunità europee.

 

Rispetto alla normativa vigente si segnala che:

§      entrambi i progetti di legge all’esame definiscono, in conseguenza delle modifiche apportate dal Trattato di Lisbona, la sessione speciale come “sessione europea”, anziché “comunitaria”;

§      il testo unificato prevede che la Conferenza debba tenersi ogni mese;viene inoltrespecificato che lo scopo principale di tale sessione è quello di “raccordare le linee della politica nazionale relative all’elaborazione degli atti europei con le esigenze rappresentate dalle regioni e delle province autonome” nelle materia di propria competenza. La Conferenza Stato-regioni dovrà esprimere parere anche sugli schemi degli atti amministrativi predisposti ai fini del recepimento di direttive dell’UE o di sentenze della Corte di giustizia nelle materia di competenza regionale o delle province autonome.

 

 

 


Sessione europea della Conferenza Stato-città ed autonomie locali (art. 9 del ddl C. 3866 e art. 20 del testo unificato)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art. 9

Art. 20

(Sessione europea della Conferenza Stato-città ed autonomie locali)

(Sessione europea della Conferenza Stato-città ed autonomie locali)

1. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee convoca, d'intesa con il Ministro dell'interno, almeno una volta l'anno, o anche su richiesta del Presidente dell'ANCI, del Presidente dell'UPI o del Presidente dell'UNCEM, una sessione speciale della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, denominata sessione europea, dedicata alla trattazione degli aspetti delle politiche dell'Unione europea di interesse degli enti locali. Il Governo informa tempestivamente le Camere e la Conferenza delle regioni e delle province autonome sui risultati emersi durante tale sessione. La Conferenza Stato-città ed autonomie locali, in sessione europea, in particolare, esprime parere sui criteri e sulle modalità per conformare l'esercizio delle funzioni di interesse degli enti locali all'osservanza e all'adempimento degli obblighi di cui all'articolo 1, comma 1.

1. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee convoca almeno due volte l'anno, o anche su richiesta delle associazioni rappresentative degli enti locali ovvero degli enti locali interessati, una sessione speciale della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, dedicata alla trattazione degli aspetti delle politiche dell'Unione europea di interesse degli enti locali. Il Governo informa tempestivamente le Camere e la Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome sui risultati emersi durante tale sessione. La sessione della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, in particolare, esprime parere sui criteri e sulle modalità per conformare l'esercizio delle funzioni di interesse degli enti locali all'osservanza e all'adempimento degli obblighi di cui all'articolo 1, comma 1.

 

 

 

I progetti di legge all’esame ripropongono, con alcune modifiche, il contenuto dell’articolo 18 della Legge 11 riguardante la convocazione da parte del Presidente del Consiglio dei ministri di una sessione speciale della Conferenza Stato-città-autonomie locali.

 

La normativa vigente stabilisce che sia convocata almeno una volta all'anno - anche su richiesta delle associazioni rappresentative degli enti locali o degli enti locali interessati - una sessione speciale della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, dedicata alla trattazione degli aspetti delle politiche comunitarie di interesse degli enti locali (articolo 18 della Legge 11).La Conferenza tratta tali aspetti esprimendo genericamente parere sui criteri e le modalità per conformare l'esercizio delle funzioni di interesse degli enti locali all'osservanza e all'adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea.

 

La Conferenza Stato-città ed autonomie locali è un organo collegiale con funzioni consultive e decisionali, sede istituzionale permanente di confronto e raccordo tra lo Stato e gli enti locali. La Conferenza è stata istituita con D.P.C.M. 2 luglio 1996 ed è disciplinata dal decreto legislativo n. 281 del 1997 e successive modificazioni. In particolare, l’articolo 8 del citato decreto legislativo prevede che essa sia presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri (o, per sua delega, dal Ministro dell'interno o dal Ministro per gli affari regionali) e ne facciano parte oltre a vari Ministri (economia, infrastrutture e sanità), il presidente dell'Associazione nazionale dei comuni d'Italia – ANCI, il presidente dell'Unione province d'Italia – UPI ed il presidente dell'Unione nazionale comuni, comunità ed enti montani – UNCEM, nonché, su designazione delle rispettive associazioni, sei presidenti di provincia e quattordici sindaci, di cui cinque sindaci di città che siano aree metropolitane.

Dei risultati emersi in tali sedi il Governo è tenuto ad informare tempestivamente le Camere.

 

Rispetto alla normativa vigente si segnala:

§      entrambi i progetti di legge all’esame definiscono, in conseguenza delle modifiche apportate dal Trattato di Lisbona, la sessione speciale come “sessione europea”, anziché “comunitaria”;

§      il testo unificato prevede che la Conferenza debba tenersi almeno due volte l’anno;

§      il ddl C. 3866 dispone che la Conferenza possa essere convocata anche su richiesta dei Presidenti dell’ANCI, dell’UPI o dell’UNCEM mentre il testo unificato fa riferimento ai rappresentanti delle associazioni rappresentative degli enti locali ovvero degli enti locali interessati.

 

 


Partecipazione del Parlamento al processo di formazione degli atti dell’Unione europea
(art. 10 del ddl C. 3866 e artt. 5 e 6 del testo unificato)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art. 10

Art. 5

(Partecipazione del Parlamento al processo di formazione degli atti dell'Unione europea)

(Partecipazione del Parlamento al processo di formazione degli atti dell'Unione europea)

1. I progetti di atti legislativi dell'Unione europea e le loro modificazioni sono trasmessi alle Camere dal Presidente del Consiglio dei ministri o dal Ministro per le politiche europee, contestualmente alla loro ricezione, per l'assegnazione ai competenti organi parlamentari, con l'indicazione della data presunta per la loro discussione o adozione. La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee ne dà contestuale comunicazione alle amministrazioni competenti per materia.

1. 1. I progetti di atti dell'Unione europea, nonché gli atti preordinati alla formulazione degli stessi, e le loro modificazioni, sono trasmessi alle Camere dal Presidente del Consiglio dei Ministri o dal Ministro per le politiche comunitarie, contestualmente alla loro ricezione, per l'assegnazione ai competenti organi parlamentari, con l'indicazione della data presunta per la loro discussione o adozione nonché con la segnalazione motivata dei progetti di atti aventi particolare rilevanza.

 

2. La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee assicura alle Camere un'informazione qualificata e tempestiva sui progetti e sugli atti trasmessi, curandone il costante aggiornamento. A tal fine, entro trenta giorni dalla trasmissione di cui al comma 1 di un progetto di atto dell'Unione europea, l'amministrazione con competenza istituzionale prevalente per materia elabora:

3. Entro quindici giorni dalla trasmissione ai sensi del comma 1, il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per le politiche europee presenta alle Camere, una relazione su ciascun progetto di atto legislativo dell’UE che reca indicazione dei seguenti elementi:

 

a) rispetto del principio di attribuzione, con particolare riguardo alla correttezza della base giuridica;

 

b) conformità ai principi di sussidiarietà e di proporzionalità;

 

c) stato del negoziato in seno al Consiglio dell’Unione europea;

 

d) osservazioni espresse da soggetti già consultati ai sensi della presente legge;

a) una valutazione complessiva del progetto con l'evidenziazione dei punti ritenuti conformi all'interesse nazionale e dei punti per i quali si ritengono necessarie od opportune modifiche;

 

b) una valutazione dell'impatto sull'ordinamento interno, anche in riferimento agli effetti del progetto di atto sugli ordinamenti regionali e delle autonomie locali, sull'organizzazione delle pubbliche amministrazioni e sulle attività dei cittadini e delle imprese, accompagnata da una tabella di corrispondenza tra le disposizioni del progetto e le norme nazionali, predisposta sulla base di quanto previsto con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

e) impatto, anche finanziario, del progetto di atto sull'ordinamento statale e regionale, sulle autonomie locali, sull'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e sull'attività dei cittadini e delle imprese.

 

4. Alla relazione di cui al comma 3 è allegata una tavola di concordanza che indica con riferimento a ciascuna disposizione o gruppo di disposizioni contenute nel progetto di atto normativo dell’UE le eventuali disposizioni normative nazionali vigenti.

 

 

5. Ciascuna Camera può chiedere al Governo, per il tramite del Presidente del Consiglio dei Ministri ovvero del Ministro per le politiche europee, la presentazione della relazione di cui al comma 3, in relazione ad altri atti o progetti di atti, anche di natura non normativa, trasmessi ai sensi del comma 2.

3. Il Governo può raccomandare l'uso riservato delle informazioni e dei documenti trasmessi.

 

4. La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee informa tempestivamente i competenti organi parlamentari sulle proposte e sulle materie che risultano inserite all'ordine del giorno delle riunioni del Consiglio dell'Unione europea.

6. Il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per le politiche europee informa tempestivamente i competenti organi parlamentari:

- sugli sviluppi dell’esame dei progetti di atti normativi trasmessi ai sensi del comma 1 in seno al Consiglio dell’Unione europea, anche con riferimento alle riunioni del Comitato dei rappresentanti permanenti di cui all’articolo 240 del Trattato sul funzionamento dell’Unione;

- sulle posizioni assunte dal Governo nell’ambito di consultazioni pubbliche avviate dalla Commissione europea;

- sulle altre iniziative o osservazioni indirizzate formalmente dal Governo alle Istituzioni UE nonché sulle iniziative degli altri Stati membri di cui il Governo abbia formale conoscenza;

- sull’esame in seno al Consiglio dell’Unione europea di iniziative o questioni relative alla politica estera e di difesa comune, dando specifico rilievo a quelle aventi implicazioni in materia di difesa;

- sulle risultanze delle riunioni del Consiglio dei Ministri dell'Unione europea e del Consiglio europeo, entro quindici giorni dallo svolgimento delle stesse.

7. Sui progetti e sugli atti di cui ai commi 1 e 2 i competenti organi parlamentari possono formulare osservazioni e adottare ogni opportuno atto di indirizzo al Governo, secondo le disposizioni dei regolamenti delle Camere.

8. Ai fini del presente articolo, per progetto di atto legislativo si intende la proposta della Commissione, l'iniziativa di un gruppo di Stati membri, l'iniziativa del Parlamento europeo, la richiesta della Corte di giustizia, la raccomandazione della Banca centrale europea e la richiesta della Banca europea per gli investimenti, intese all'adozione di un atto legislativo nei casi previsti dal Trattato sull’Unione europea e dal Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

 

Art. 6

 

(Attuazione degli atti di indirizzo delle Camere)

5. Il Governo assicura che la posizione rappresentata dall'Italia in sede di Consiglio dell'Unione europea ovvero di altre istituzioni od organi dell'Unione europea sia conforme agli indirizzi definiti dalle Camere. Nel caso in cui il Governo non abbia potuto attenersi agli indirizzi delle Camere, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee riferisce tempestivamente ai competenti organi parlamentari, fornendo le adeguate motivazioni della posizione assunta.

1. Il Governo assicura che la posizione rappresentata dall'Italia in sede di Consiglio dei Ministri dell'Unione europea ovvero nelle relazioni con altre istituzioni o organi dell’Unione europea, sia coerente con gli indirizzi definiti dalle Camere in esito all'esame di progetti o di atti di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 4 nonché su ogni altro atto o questione relativa all’Unione europea.

2. Il Presidente del Consiglio dei Ministri ovvero il Ministro per le politiche europee riferisce regolarmente alle Camere del seguito dato agli indirizzi di cui al comma 1. Nel caso in cui il Governo non abbia potuto conformarsi agli indirizzi di cui al comma 1, il Presidente del Consiglio dei Ministri ovvero il Ministro per le politiche europee riferisce tempestivamente alle Camere, fornendo le appropriate motivazioni della posizione assunta.

 

L’articolo 5 del testo unificato e l’articolo 10 del d.d.l. riprendono, con profonde modifiche ed integrazioni, il contenuto degli art. 3 e 4-quaterdella legge 11 del 2005, relativi agli obblighi di trasmissione ed informazione del Governo alle Camere in merito ad atti e documenti dell’UE.

Le previsioni del testo unificato e del d.d.l. del Governo presentano numerose differenze in merito all’oggetto e alla portata della trasmissione e dell’informazione.

In primo luogo, l’articolo 10 del d.d.l. limita la trasmissione ai progetti di atti legislativi dell'UE, mentre il testo unificato, mantenendo la formulazione vigente, vi include anche gli atti preordinati alla formulazione degli stessi,

Peraltro, l’articolo 14 del d.d.l., relativo all’attività informativa del Governo, stabilisce che il Ministro per le politiche europee trasmette i documenti di consultazione, quali libri verdi, libri bianchi e comunicazioni, predisposti dalla Commissione europea, accompagnandoli, se del caso, con una nota illustrativa della valutazione del Governo.

In secondo luogo, il testo unificato stabilisce che il Presidente del Consiglio o il Ministro per le politiche europee, in relazione ai progetti di atti e agli altri documenti dell’UE trasmessi alle Camere segnali in modo motivato, contestualmente alla trasmissione, i progetti di atti aventi particolare rilevanza.

Tale previsione non è contenuta nel d.d.l. che dispone invece la contestuale comunicazione (presumibilmente dell’avvenuta trasmissione) alle amministrazioni competenti per materia.

 

In terzo luogo, sia il testo unificato sia il d.d.l. modificano i presupposti e i contenuti delle informazioni e valutazioni che il Governo è tenuto a trasmettere alle Camere in relazione ai documenti da esso trasmessi.

In base all’art. 4-quater della legge 11 (inserito dalla legge comunitaria 2009) il Governo al fine di permettere un efficace esame parlamentare del rispetto del principio di sussidiarietà da parte dei progetti di atti legislativi dell’UE, fornisce, tramite il Ministro per le politiche europee, entro tre settimane dall’inizio del suddetto esame, un’adeguata informazione sui contenuti e sui lavori preparatori relativi alle singole proposte, nonché sugli orientamenti che lo stesso Governo ha assunto o intende assumere in merito.

L’informazione – di cui il governo può raccomandare l’uso riservato – è curata dall’amministrazione con competenza istituzionale prevalente per materia, può essere fornita in forma scritta e ha, in particolare, ad oggetto una valutazione complessiva del progetto con l’evidenziazione dei punti ritenuti conformi all’interesse nazionale e dei punti per i quali si ritengano necessarie o opportune modifiche; l’impatto sull’ordinamento interno, anche in riferimento agli effetti dell’intervento europeo sulle realtà regionali e territoriali, sull’organizzazione delle pubbliche amministrazioni e sulle attività dei cittadini e delle imprese; una tavola di concordanza tra la proposta di atto legislativo dell’Unione europea e le corrispondenti disposizioni del diritto interno.

In base al secondo periodo del comma 7 dell’art. 2 della legge 11, inoltre, i competenti organi parlamenti possono richiedere al Governo, per il tramite del Presidente del Consiglio dei Ministri ovvero del Ministro per le politiche comunitarie, una relazione tecnica sui progetti di atti trasmessi che dia conto dello stato dei negoziati, delle eventuali osservazioni espresse da soggetti già consultati nonché dell'impatto sull'ordinamento, sull'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e sull'attività dei cittadini e delle imprese.

 

L’articolo 5, comma 2, del testo unificato prevede che, entro 15 giorni dalla trasmissione di un progetto legislativo dell’UE il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per le politiche europee presenti alle Camere una relazione concernente: la base giuridica del progetto, il rispetto dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità, lo stato o le prospettive dei negoziati, le eventuali osservazioni espresse da soggetti già consultati, nonché la valutazione dell'impatto, anche finanziario, sull'ordinamento interno. Alla relazione in questione deve essere allegata una tavola di concordanza che indichi, con riferimento alle disposizioni contenute nel progetto legislativo, le eventuali disposizioni normative nazionali vigenti.

Ciascuna Camera può chiedere la presentazione della relazione anche in relazione ad altri atti o documenti, diversi dai progetti legislativi, trasmessi dal Governo.

 

Il d.d.l. del Governo stabilisce, invece che, entro trenta giorni dalla trasmissione di un progetto di atto dell'UE, l'amministrazione con competenza istituzionale prevalente per materia elabori una valutazione complessiva del progetto con l'evidenziazione dei punti ritenuti conformi all'interesse nazionale e dei punti per i quali si ritengono necessarie od opportune modifiche nonché una valutazione dell'impatto sull'ordinamento interno, anche in riferimento agli effetti del progetto sugli ordinamenti regionali e delle autonomie locali, sull'organizzazione delle pubbliche amministrazioni e sulle attività dei cittadini e delle imprese, accompagnata da una tabella di corrispondenza tra le disposizioni del progetto e le norme nazionali, predisposta sulla base di quanto previsto con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

Il d.d.l. prevede, inoltre, che il Governo possa raccomandare l'uso riservato delle informazioni e dei documenti trasmessi.

Anche in relazione agli ulteriori obblighi informativi del Governo, il d.d.l. e il testo unificato presentano numerose differenze.

Il comma 4 dell’articolo 10 del d.d.l. stabilisce, riproducendo la disposizione vigente, che il Dipartimento per le politiche europee informa tempestivamente i competenti organi parlamentari sulle proposte e sulle materie che risultano inserite all'ordine del giorno delle riunioni del Consiglio dell'UE.

Il comma 6 dell’art. 5 del testo unificato introduce nuovi o più dettagliati obblighi informativi in capo al Governo, stabilendo che Il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per le politiche europee informi tempestivamente i competenti organi parlamentari: sugli sviluppi dell’esame dei progetti di atti normativi in seno al Consiglio UE, anche con riferimento alle riunioni del COREPER; sulle posizioni assunte dal Governo nell’ambito di consultazioni pubbliche avviate dalla Commissione europea; sulle altre iniziative o osservazioni indirizzate formalmente dal Governo alle Istituzioni UE nonché sulle iniziative degli altri Stati membri di cui il Governo abbia formale conoscenza; sull’esame in seno al Consiglio dell’Unione europea di iniziative o questioni relative alla politica estera e di difesa comune, dando specifico rilievo a quelle aventi implicazioni in materia di difesa; sulle risultanze delle riunioni del Consiglio dei Ministri dell'Unione europea e del Consiglio europeo, entro quindici giorni dallo svolgimento delle stesse (tale previsione è già contenuta nel comma 7 dell’art. 2 della legge 11).

 

Si segnala che il testo unificato non riproduce le previsioni di cui ai commi 6 e, in parte, al comma 7 dell’art. 3 della legge 11 del 2005, in base ai quali il Governo:

·       riferisce alle Camere, prima dello svolgimento delle riunioni del Consiglio europeo, illustrando la posizione che intende assumere e, su loro richiesta, riferisce ai competenti organi parlamentari prima delle riunioni del Consiglio dei Ministri dell'Unione europea;

·       riferisce semestralmente alle Camere illustrando i temi di maggiore interesse decisi o in discussione in ambito comunitario.

Il d.d.l. riproduce, invece, tali previsioni nel contesto dell’articolo 14 (alla cui scheda si rinvia)

 

L’articolo 6 del testo unificato e il comma 5 dell’art. 10 del d.d.l., riproducendo in gran parte l’articolo 4-bis della legge 11 del 2005, introdotto dalla legge comunitaria 2009, stabiliscono che il Governo assicura che la posizione rappresentata dall'Italia in sede di Consiglio nonché nelle relazioni con altre istituzioni od organi dell'Unione europea sia “coerente” (nel testo unificato) ovvero “conforme” nel d.d.l. con gli indirizzi definiti dalle Camere in esito all'esame di progetti o di atti dell'Unione europea (l’articolo 4-bis vigente prevede che il Governo “tenga conto” di tali indirizzi). Sia il testo unificato (al secondo periodo del comma 2 dell’art. 6) sia il d.d.l. (nel secondo periodo del comma 5 dell’art. 10) prevedono qualora il Governo non abbia potuto conformarsi agli indirizzi delle Camere, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee riferisca tempestivamente alle Camere, indicando le motivazioni della posizione assunta.

Il solo testo unificato (primo periodo del comma 2 dell’art. 6) stabilisce che Il Presidente del Consiglio dei Ministri ovvero il Ministro per le politiche europee riferisca regolarmente alle Camere del seguito dato agli indirizzi.


Partecipazione delle Camere alla verifica del rispetto del principio di sussidiarietà
(art. 11 del ddl C. 3866 e art. 9 del testo unificato)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art. 11

Art. 9

(Partecipazione delle Camere alla verifica del rispetto del principio di sussidiarietà)

(Partecipazione delle Camere alla verifica del rispetto del principio di sussidiarietà)

1. La procedura prevista dal Protocollo n. 2 sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità, allegato al Trattato sull'Unione europea e al Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, per il controllo da parte dei Parlamenti nazionali del rispetto del principio di sussidiarietà dei progetti di atti legislativi dell'Unione europea ovvero delle proposte di atti del Consiglio dell'Unione europea, basati sull'articolo 352 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, è attuata secondo quanto previsto dal Regolamento di ciascuna Camera.

1. Ciascuna Camera può esprimere, secondo le modalità previste nel rispettivo regolamento, un parere motivato sulla conformità al principio di sussidiarietà dei progetti di atti legislativi dell’Unione europea, ai sensi del Protocollo sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità allegato al Trattato sull’Unione europea e al Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

 

2. Il parere motivato che ciascuna Camera può inviare ai Presidenti del Parlamento europeo, del Consiglio dell'Unione europea e della Commissione europea ai sensi del Protocollo di cui al comma 1 è trasmesso contestualmente anche al Governo.

 

 

 

L’articolo 11 del d.d.l. 3866 e l’articolo 9 del testo unificato rinviano, con formulazioni differenti, ai regolamenti parlamentari la definizione delle modalità per l’esercizio da parte delle Camere del controllo del rispetto del principio di sussidiarietà dei progetti di atti legislativi dell'Unione europea ai sensi dell’apposito Protocollo allegato al Trattato sull’UE e al TFUE.

Il richiamato Protocollo prevede che i Parlamenti nazionali possano inviare alle Istituzioni europee pareri motivati in merito alla conformità al principio di sussidiarietà di ciascun progetto di atto legislativo relativo a materie di competenza concorrente dell’UE (cosiddetto allarme precoce o early warning). Qualora i pareri motivati raggiungano determinate soglie, il progetto dovrà essere riesaminato e potrà essere confermato, modificato o ritirato dai presentatori, nonché bloccato dal legislatore europeo.

La Giunta per il regolamento della Camera, in due pareri adottati il 6 ottobre 2009 ed il 14 luglio 2010, ha attribuito, in via sperimentale, alla Commissione politiche dell'Unione europea la verifica della conformità al principio di sussidiarietà dei progetti di atti legislativi dell'UE, verifica che deve concludersi entro 40 giorni dall’assegnazione. Alla discussione presso la Commissione politiche dell’UE è invitato il relatore nominato nella Commissione di settore.

Il documento motivato della XIV Commissione contenente la valutazione dei profili di sussidiarietà può essere sottoposto all'Assemblea su richiesta del Governo, di un quinto dei componenti della medesima Commissione o di un decimo dei componenti dell'Assemblea, avanzata entro 5 giorni dalla data della deliberazione della XIV Commissione; il procedimento deve comunque concludersi nel termine di otto settimane dalla trasmissione del progetto. È ammissibile il rinvio in Commissione, purché non comprometta il rispetto dei termini previsti; in tal caso, può essere ulteriormente richiesta la rimessione in Assemblea della nuova decisione.

Quando la rimessione all'Assemblea ha ad oggetto una decisione favorevole della XIV Commissione, venti deputati o uno o più presidenti di gruppo di pari consistenza numerica possono presentare un apposito ordine del giorno motivato che espone le ragioni per le quali ritengono che il progetto in causa non sia conforme al principio di sussidiarietà. Se non è presentato alcun ordine del giorno, non si procede all'esame del punto. L'ordine del giorno è posto in votazione solo ove respinta la decisione favorevole della XIV Commissione.

Alle Istituzioni europee sono inviati, da parte della Presidenza della Camera, i documenti contenenti una decisione motivata negativa in materia di sussidiarietà approvati dalla XIV Commissione o dall'Assemblea. La XIV Commissione può comunque avanzare espressa richiesta di trasmissione anche dei documenti recanti una decisione favorevole.

Il solo d.d.l. del Governo (al comma 2) stabilisce che il parere motivato, inviato ai sensi del Protocollo da ciascuna Camera ai Presidenti del Parlamento europeo, del Consiglio dell'Unione europea e della Commissione europea, sia trasmesso contestualmente anche al Governo (tale trasmissione è peraltro già effettuata nella prassi per tutti i documenti approvati in esito all’esame di sussidiarietà).

 

 


 

Riserva di esame parlamentare
(art. 12 del ddl C. 3866 e art. 7 del testo unificato)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art. 12

Art. 7

(Riserva di esame parlamentare)

(Riserva di esame parlamentare)

1. Qualora una delle Camere abbia comunicato al Governo di aver iniziato l'esame di progetti di atti di cui all'articolo 10, comma 1, il Governo non può procedere alle attività di propria competenza per la formazione dei relativi atti dell'Unione europea prima della conclusione di tale esame, e comunque finché non sia decorso il termine di cui al comma 3 del presente articolo. Il Governo informa senza indugio l'altra Camera della comunicazione di cui al periodo precedente.

1. Le Camere, qualora abbiano iniziato l'esame di progetti o di atti di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 3, possono chiedere al Governo di apporre in sede di Consiglio dei Ministri dell'Unione europea la riserva di esame parlamentare. In tal caso il Governo può procedere alle attività di propria competenza per la formazione dei relativi atti dell'Unione europea soltanto a conclusione di tale esame, e comunque decorso il termine di cui al comma 3.

2. In casi di particolare importanza politica, economica e sociale di progetti di atti di cui all'articolo 10, comma 1, il Governo può apporre, in sede di Consiglio dell'Unione europea, una riserva di esame parlamentare sul testo o su una o più parti di esso. In tale caso, il Governo invia alle Camere il testo sottoposto alla decisione affinché su di esso si esprimano i competenti organi parlamentari.

2. In casi di particolare importanza politica, economica e sociale di progetti o di atti di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 4, il Governo può apporre, in sede di Consiglio dei Ministri dell'Unione europea, una riserva di esame parlamentare sul testo o su una o più parti di esso. In tale caso, il Governo invia alle Camere il testo sottoposto alla decisione affinché su di esso si esprimano i competenti organi parlamentari.

3. Nei casi di cui ai commi 1 e 2, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee comunica alle Camere di aver apposto una riserva di esame parlamentare in sede di Consiglio dell'Unione europea. Decorso il termine di venti giorni dalla predetta comunicazione, il Governo può procedere alle attività dirette alla formazione dei relativi atti dell'Unione europea anche in mancanza della pronuncia parlamentare.

3. Nei casi di cui ai commi 1 e 2, il Presidente del Consiglio dei Ministri ovvero il Ministro per le politiche europee comunica alle Camere di avere apposto una riserva di esame parlamentare in sede di Consiglio dei Ministri dell'Unione europea. Decorso il termine di trenta giorni dalla predetta comunicazione, il Governo può procedere anche in mancanza della pronuncia parlamentare alle attività dirette alla formazione dei relativi atti dell'Unione europea.

 

L’articolo 12 del d.d.l. 3866 e l’articolo 7 del testo unificato riproducono, con alcune modificazioni, l’articolo 4 della legge 11 del 2005.

Entrambi i testi modificano il comma 1 dell’art. 4, relativo ai presupposti per l’apposizione delle riserva.

La disposizione vigente stabilisce che il Governo sia tenuto ad apporre la riserva “qualora le Camere abbiano iniziato l'esame di progetti o di atti dell’UE”. Al fine di agevolare l’applicazione della disposizione, il parere della Giunta del Regolamento del 6 ottobre 2009 ha stabilito che il Presidente della Camera comunichi al Governo l’avvenuto inizio dell’esame parlamentare di un atto (in seno alla Commissione con competenza primaria ai sensi dell’art. 127 del Regolamento).

Il testo unificato stabilisce che le Camere, qualora abbiano, iniziato l'esame di progetti o di atti dell’UE, “possono chiedere” l’apposizione della riserva (prospettando quindi una scelta discrezione dei competenti organi parlamentari in merito alla opportunità di apporre la riserva). Il medesimo testo inoltre, modificando il 3 comma dell’art. 4 vigente, estende da 20 a 30 giorni la durata della riserva.

In base al d.d.l., l’obbligo per il Governo di apporre la riserva sorge nel caso in cui una delle Camere abbia comunicato di aver iniziato l'esame di progetti di atti dell’UE (tale formulazione sembra codificare la prassi vigente, quale sviluppatasi in applicazione del richiamato parere della Giunta per il Regolamento).

 

 


Procedure semplificate di modifica di norme dei Trattati
(art. 13 del ddl C. 3866 e artt. 10 e 11 del testo unificato)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art. 13

Art. 10

(Procedure semplificate di modifica di norme dei Trattati)

(Procedura di revisione semplificata del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea)

1. Il Governo informa tempestivamente le Camere sulle iniziative assunte dalle competenti istituzioni dell'Unione europea nell'ambito della procedura di revisione semplificata di cui all'articolo 48, paragrafi 6 e 7, del Trattato sull'Unione europea, nonché all'articolo 42, paragrafo 2, del medesimo Trattato e all'articolo 81, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Il Governo fornisce tempestivamente alle Camere gli elementi utili ai fini dell'eventuale esercizio dei poteri di cui ai citati articoli.

1. Il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per le politiche europee trasmettono alle Camere una tempestiva informazione sulle iniziative assunte dalle competenti Istituzioni dell’Unione europea nell’ambito della procedura di revisione semplificata di cui al primo o al secondo comma del paragrafo 7 dell’articolo 48 del Trattato sull’Unione europea.

2. Il Governo fornisce tempestivamente alle Camere tutti gli elementi utili ai fini dell’eventuale esercizio dei poteri di cui all’articolo 48, paragrafo 7, comma 3.

 

 

3. Se entro 30 giorni dalla trasmissione delle informazioni di cui al comma 1, le Camere approvano atti di indirizzo in merito alle iniziative di cui al primo o al secondo comma del paragrafo 7 dell’articolo 48 del Trattato sull’Unione europea, il Governo assicura che la posizione dell'Italia in sede di Consiglio europeo sia coerente con gli indirizzi stabiliti dalle Camere.

2. Nei casi in cui l'entrata in vigore di una decisione del Consiglio europeo o del Consiglio dell'Unione europea è subordinata dal Trattato sull'Unione europea e dal Trattato sul funzionamento dell'Unione europea alla previa approvazione degli Stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali, il Governo chiede alle Camere di pronunciarsi con deliberazione espressa su tale decisione.

 

 

Art. 11

(Poteri delle Camere in materia di misure relative al diritto di famiglia)

3. Nei casi di cui all'articolo 48, paragrafo 7, del Trattato sull'Unione europea e all'articolo 81, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, la deliberazione è resa entro il termine di sei mesi dalla trasmissione dell'atto dell'Unione europea alle Camere da parte delle competenti istituzioni dell'Unione europea. In caso di deliberazione negativa del Parlamento, il Governo ne dà immediata comunicazione a tali istituzioni.

1. Il Governo segnala tempestivamente alle Camere, all’atto della trasmissione di cui all’articolo 3, comma 1, della presente legge, le proposte presentate dalla Commissione europea, ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 3, comma 2 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

2. Il Governo fornisce tempestivamente alle Camere tutti gli elementi utili ai fini dell’eventuale esercizio dei poteri di cui all’articolo 81, paragrafo 3, comma 2.

 

 

L’articolo 13 del d.d.l. 3866 e gli articoli 10 e 11 del testo unificato recano disposizioni relative alle prerogative delle Camere in merito alle procedure semplificate di modifica di norme dei Trattati nonché (nel solo caso del d.d.l.) ad altri casi in cui l'entrata in vigore di una decisione del Consiglio europeo o del Consiglio dell'Unione europea è subordinata dai Trattati stessi alla previa approvazione degli Stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali,

In particolare, il comma 1 dell’art. 13 del d.d.l. egli articoli 10 e 11 del testo unificato concernono la c.d “clausola passerella generale”, di cui al primo o al secondo comma del paragrafo 7 dell’articolo 48 del TUE, e (all’art. 11) e la clausola passerella speciale in materia di diritto di famiglia, di cui all’articolo 81, paragrafo 3, comma 2 del TFUE.

L’articolo 48 del TUE, come modificato dal Trattato di Lisbona prevede che ogni iniziativa del Consiglio europeo volta ad estendere, deliberando all’unanimità, la procedura legislativa ordinaria ed il voto a maggioranza qualificata ai settori cui si applicano procedure legislative speciali o il voto all’unanimità (c.d. clausola passerella) sia trasmessa ai Parlamenti nazionali. In caso di opposizione di un Parlamento nazionale, notificata entro sei mesi dalla data di trasmissione, la decisione non è adottata.

Analogamente l'articolo 81 del TFUE, prevede che i Parlamenti nazionali debbano essere informati in merito a proposte della Commissione intese all’adozione da parte del Consiglio (all'unanimità, previa consultazione del Parlamento europeo) di una decisione che determina gli aspetti del diritto di famiglia aventi implicazioni transnazionali e che potrebbero formare oggetto di atti adottati secondo la procedura legislativa ordinaria. Se un Parlamento nazionale comunica la sua opposizione entro sei mesi dalla data di tale informazione, la decisione non è adottata.

 

Il comma 1 del d.d.l. del Governo richiama anche:

-           l’articolo 48, par. 6, del TUE, che consente la revisione della parte terza del TFUE, relativa alle politiche e azioni interne dell’UE con decisione del Consiglio all’unanimità, previa approvazione degli Stati membri secondo le rispettive norme costituzionali;

-           l’articolo 42, par. 2, del TUE, in base al quale la politica di difesa comune condurrà ad una difesa comune quando il Consiglio europeo così deciderà all’unanimità, raccomandando agli Stati membri di adottare una decisione in tal senso secondo le rispettive norme costituzionali;

 

In relazione alle disposizioni sopra richiamate sia il comma 1 dell’articolo 13 del d.d.l. sia il comma 1 del testo unificato prevedono che il Governo assicuri alle Camere una tempestiva informazione sulle iniziative assunte dalle competenti Istituzioni dell’Unione europea al riguardo e fornisca tempestivamente gli elementi utili ai fini dell'eventuale esercizio dei poteri di cui ai citati articoli.

Si segnala al riguardo che solo il paragrafo 7 dell’articolo 48 del TUE e l’articolo 81, paragrafo 3, comma 2 del TFUE attribuiscono espressamente ai parlamenti nazionali poteri di opposizione.

Gli articoli 42, par. 2 e 48, paragrafo 6, del TUE, prevedono invece la previa approvazione degli Stati membri secondo le rispettive norme costituzionali ai fini dell’entrata in vigore delle decisioni da essi contemplate.

 

Il comma 2 dell’art. 13 del d.d.l. stabilisce che nei (rectius negli altri) casi in cui l'entrata in vigore di una decisione del Consiglio europeo o del Consiglio è subordinata dal TFUE stessi alla previa approvazione degli Stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali, il Governo chiede alle Camere di pronunciarsi con deliberazione espressa su tale decisione.

La disposizione sembra richiamare, oltre alle già citate disposizioni di cui agli articoli 42, par. 2, e 48, paragrafo 6, del TUE, le seguenti previsioni:

-      l’articolo 25, par. 2, del TFUE, il quale stabilisce che il Consiglio all’unanimità e con l’approvazione del PE può adottare disposizioni intese a completare i diritti in cui si sostanzia la cittadinanza europea;

-      l’articolo 218, par. 8, concernente la decisione sulla conclusione dell’accordo per l’adesione dell’UE alla CEDU, adottata dal Consiglio all’unanimità;

-      l’articolo 311 terzo comma, relativo alla decisione sulle risorse proprie dell’UE, adottata dal Consiglio all’unanimità;

-      l’articolo 223, relativo alla procedura uniforme per l’elezione dei membri del PE disposizioni, adottata dal Consiglio all’unanimità previa approvazione del Parlamento europeo;

-      l’articolo 262 del TFUE, in base al quale il Consiglio può adottare disposizioni volte ad attribuire alla Corte la competenza a pronunciarsi su controversie connesse all’applicazione di atti che creano titoli europei di proprietà intellettuale.

Si osserva che non appare chiara la natura della “deliberazione espressa” delle Camere, in particolare se si tratti di legge o di mero atto di indirizzo.

Peraltro, in relazione all’articolo 48, paragrafo 6, del TUE, che consente la revisione della parte terza del TFUE, relativa alle politiche e azioni interne dell’UE con decisione del Consiglio all’unanimità, andrebbe valutata l’esigenza, ai sensi dell’art. 80 della Costituzione, del ricorso alla legge di ratifica.

Si ricorda, inoltre, che in base alla prassi consolidata la decisione sulle risorse proprie (per la quale era già richiesta dai trattati previgenti l’approvazione degli Stati membri secondo le rispettive norme costituzionali) è sempre stata attuata con apposita disposizioni inserita nella legge finanziaria.

 

Il comma 2 dell’art. 10 del testo unificato prevede che, se entro 30 giorni dalla trasmissione delle informazioni relative ad iniziative volte all’attivazione della clausola passerella generale, le Camere approvano atti di indirizzo in merito, il Governo assicura che la posizione dell'Italia in sede di Consiglio europeo sia coerente con gli indirizzi stessi.

Il comma 2 dell’art. 13 del d.d.l. prevede invece, riproducendo essenzialmente quanto già previsto dall'articolo 48, paragrafo 7, del TUE e all'articolo 81, paragrafo 3, del TFUE, che le deliberazione delle Camere intese ad attivare il diritto di opposizione alla clausola passerella generale ed a quella speciale in materia di diritto di famiglia sono rese entro il termine di sei mesi dalla trasmissione dell'atto alle Camere da parte delle competenti istituzioni dell'Unione europea. In caso di deliberazione negativa del Parlamento, il Governo ne dà immediata comunicazione a tali istituzioni.

 


Attività informativa del Governo nei riguardi del Parlamento
(art. 14 del ddl C. 3866 e art. 5, comma 2, del testo unificato)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art. 14

Art. 5

(Attività informativa del Governo nei riguardi del Parlamento)

(Partecipazione del Parlamento al processo di formazione degli atti dell’Unione europea)

1. Il Governo riferisce semestralmente alle Camere illustrando i temi di maggiore interesse decisi o in discussione in sede di Unione europea.

 

2. Il Ministro per le politiche europee trasmette alle Camere, contestualmente alla loro ricezione, per l'assegnazione ai competenti organi parlamentari, i documenti di consultazione, quali libri verdi, libri bianchi e comunicazioni, predisposti dalla Commissione europea, accompagnandoli, se del caso, con una nota illustrativa della valutazione del Governo.

2. Tra i progetti e gli atti di cui al comma 1 sono compresi i documenti di consultazione, quali libri verdi, libri bianchi e comunicazioni, predisposti dalla Commissione europea.

3. Prima dello svolgimento delle riunioni del Consiglio europeo, il Governo riferisce alle Camere illustrando la posizione che intende assumere, che tiene conto degli eventuali indirizzi dalle stesse formulati. Su loro richiesta, esso riferisce altresì ai competenti organi parlamentari prima delle riunioni del Consiglio dell'Unione europea. Il Governo informa i competenti organi parlamentari sulle risultanze delle riunioni del Consiglio europeo e del Consiglio dell'Unione europea entro quindici giorni dallo svolgimento delle stesse.

 

 

 

L’articolo 14 del d.d.l. 3866 riproduce, ai commi 1 e 3, le previsioni di cui ai commi 6 e, in parte, al comma 7 dell’art. 3 della legge 11 del 2005, in base ai quali il Governo:

·       riferisce semestralmente alle Camere illustrando i temi di maggiore interesse decisi o in discussione in ambito comunitario;

·       riferisce alle Camere, prima dello svolgimento delle riunioni del Consiglio europeo, illustrando la posizione che intende assumere e, su loro richiesta, riferisce ai competenti organi parlamentari prima delle riunioni del Consiglio dei Ministri dell'Unione europea;

Si segnala che, in attuazione delle richiamate disposizioni, si svolgono regolarmente prima del Consiglio europeo e, in alcuni casi, anche successivamente al suo svolgimento comunicazioni del Governo (di norma nella persona del Ministro degli esteri o di un sottosegretario agli esteri) presso le Commissioni riunite esteri e politiche dell’Ue di Senato e Camera (cui si aggiungono in taluni casi anche altre commissioni di settore aventi competenza su materie di particolare rilevanza all’ordine del giorno del Consiglio europeo).

Il comma 2 introduce invece una specifica disciplina per la trasmissione dei documenti di consultazione, quali libri verdi, libri bianchi e comunicazioni, predisposti dalla Commissione europea, che sia l’art. 3 della legge 11 vigente sia l’art. 5 del testo unificato equiparano in linea generale ai progetti di atti legislativi.

Tali documenti, in base al comma 2 in esame, sarebbero trasmessi dal Ministro per le politiche europee (anziché dal Presidente del Consiglio dei ministri o dal Ministro per le politiche europee come nel caso dei progetti legislativi) e potrebbero essere accompagnati, se del caso, con una nota illustrativa della valutazione del Governo.

 

 


Partecipazione delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano alle decisioni relative alla formazione di atti normativi dell’Unione europea
(art. 15 del ddl C. 3866 e art. 15 del testo unificato)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art. 15

Art. 15

(Partecipazione delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano alle decisioni relative alla formazione di atti normativi dell'Unione europea)

(Partecipazione delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano alle decisioni relative alla formazione di atti normativi dell'Unione europea)

1. I progetti e gli atti di cui all'articolo 10 sono trasmessi dal Presidente del Consiglio dei ministri o dal Ministro per le politiche europee, contestualmente alla loro ricezione, alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, indicando la data presunta per la loro discussione o adozione.

1. I progetti e gli atti di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 4 sono trasmessi dal Presidente del Consiglio dei ministri o dal Ministro per le politiche europee, contestualmente alla loro ricezione, alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, indicando la data presunta per la loro discussione o adozione.

 

2. Con le modalità di cui al comma 1, la Presidenza del Consiglio dei ministri per il tramite del Dipartimento per le politiche europee assicura alle regioni e alle province autonome un'informazione qualificata e tempestiva sui progetti e sugli atti trasmessi che rientrano nelle materie di competenza delle regioni e delle province autonome, curandone il costante aggiornamento, con le modalità con le quali informa le amministrazioni centrali interessate.

2. Con riferimento ai progetti e agli atti trasmessi che rientrano nelle materie di competenza delle regioni e delle province autonome, il Dipartimento per le politiche dell’Unione europea trasmette ai soggetti di cui al comma 1 la relazione di cui all’articolo 5, comma 3.

 3. Ai fini della formazione della posizione italiana, le regioni e le province autonome, nelle materie di loro competenza, entro venti giorni dalla data del ricevimento degli atti di cui all'articolo 10, comma 1, possono trasmettere osservazioni al Presidente del Consiglio dei ministri o al Ministro per le politiche europee, per il tramite della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

3. Ai fini della formazione della posizione italiana, le regioni e le province autonome, nelle materie di loro competenza, entro trenta giorni dalla data del ricevimento degli atti di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 3, possono trasmettere osservazioni al Presidente del Consiglio dei Ministri o al Ministro per le politiche europee, per il tramite della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano o della Conferenza dei presidenti dell'Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome.

4. Qualora un progetto di atto normativo dell'Unione europea riguardi una materia attribuita alla competenza legislativa delle regioni o delle province autonome e una o più regioni o province autonome ne facciano richiesta, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro delegato convoca la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai fini del raggiungimento dell'intesa ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, entro il termine di venti giorni. Decorso tale termine, ovvero nei casi di urgenza motivata sopravvenuta, il Governo può procedere anche in mancanza dell'intesa.

4. Qualora un progetto di atto normativo dell’Unione europea riguardi una materia attribuita alla competenza legislativa delle regioni o delle province autonome e una o più regioni o province autonome ne facciano richiesta, il Governo convoca la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai fini del raggiungimento dell'intesa ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, entro il termine di trenta giorni. Decorso tale termine, ovvero nei casi di urgenza motivata sopravvenuta, il Governo può procedere anche in mancanza dell'intesa.

5. Nei casi di cui al comma 4, qualora lo richieda la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, il Governo appone una riserva di esame in sede di Consiglio dell'Unione europea. In tale caso il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee comunica alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano di aver apposto una riserva di esame in sede di Consiglio dell'Unione europea. Decorso il termine di venti giorni dalla predetta comunicazione, il Governo può procedere anche in mancanza della pronuncia della predetta Conferenza alle attività dirette alla formazione dei relativi atti dell'Unione europea.

5. Nei casi di cui al comma 4, qualora lo richieda la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, il Governo appone una riserva di esame in sede di Consiglio dei Ministri dell'Unione europea. In tale caso il Presidente del Consiglio dei Ministri ovvero il Ministro per le politiche europee comunica alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano di avere apposto una riserva di esame in sede di Consiglio dei Ministri dell'Unione europea. Decorso il termine di trenta giorni dalla predetta comunicazione, il Governo può procedere anche in mancanza della pronuncia della predetta Conferenza alle attività dirette alla formazione dei relativi atti dell’Unione europea.

6. Salvo il caso di cui al comma 4, qualora le osservazioni delle regioni e delle province autonome non siano pervenute al Governo entro la data indicata all'atto di trasmissione dei progetti o, in mancanza, entro il giorno precedente quello della discussione in sede di Unione europea, il Governo può comunque procedere alle attività dirette alla formazione dei relativi atti dell'Unione europea.

6. Salvo il caso di cui al comma 4, qualora le osservazioni delle regioni e delle province autonome non siano pervenute al Governo entro la data indicata all'atto di trasmissione dei progetti, il Governo può comunque procedere alle attività dirette alla formazione dei relativi atti dell’Unione europea.

7. Nelle materie di competenza delle regioni e delle province autonome, la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee, nell'esercizio delle competenze di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, convoca ai singoli tavoli di coordinamento nazionali di cui all'articolo 4, comma 5, della presente legge, i rappresentanti delle regioni e delle province autonome ai fini della successiva definizione della posizione italiana da sostenere in sede di Unione europea, d'intesa con il Ministero degli affari esteri e con i Ministeri competenti per materia.

7. Nelle materie di competenza delle regioni e delle province autonome, la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le politiche comunitarie, nell'esercizio delle competenze di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, convoca ai singoli tavoli di coordinamento nazionali i rappresentanti delle regioni e delle province autonome, individuati in base a criteri da stabilire in sede di Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, ai fini della successiva definizione della posizione italiana da sostenere, d'intesa con il Ministero degli affari esteri e con i Ministeri competenti per materia, in sede di Unione europea.

8. Dall'attuazione del comma 7 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

8. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee informa tempestivamente le regioni e le province autonome, per il tramite della Conferenza delle regioni e delle province autonome, delle proposte e delle materie di competenza delle regioni e delle province autonome che risultano inserite all'ordine del giorno delle riunioni del Consiglio dell'Unione europea.

9. Il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per le politiche europee informa tempestivamente le regioni e le province autonome, per il tramite della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano e della Conferenza dei presidenti dell'Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome, delle proposte e delle materie di competenza delle regioni e delle province autonome che risultano inserite all'ordine del giorno delle riunioni del Consiglio dei Ministri dell'Unione europea.

9. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee, prima dello svolgimento delle riunioni del Consiglio europeo, riferisce alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in sessione europea, sulle proposte e sulle materie di competenza delle regioni e delle province autonome che risultano inserite all'ordine del giorno, illustrando la posizione che il Governo intende assumere. Il Governo riferisce altresì, su richiesta della predetta Conferenza, prima delle riunioni del Consiglio dell'Unione europea, alla Conferenza stessa, in sessione europea, sulle proposte e sulle materie di competenza delle regioni e delle province autonome che risultano inserite all'ordine del giorno, illustrando la posizione che il Governo intende assumere.

10. Il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per le politiche europee, prima dello svolgimento delle riunioni del Consiglio europeo, riferisce alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in sessione europea, sulle proposte e sulle materie di competenza delle regioni e delle province autonome che risultano inserite all'ordine del giorno, illustrando la posizione che il Governo intende assumere. Il Governo riferisce altresì, su richiesta della predetta Conferenza, prima delle riunioni del Consiglio dei Ministri dell'Unione europea, alla Conferenza stessa, in sessione europea, sulle proposte e sulle materie di competenza delle regioni e delle province autonome che risultano inserite all'ordine del giorno, illustrando la posizione che il Governo intende assumere.

10. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee informa le regioni e le province autonome, per il tramite della Conferenza delle regioni e delle province autonome, delle risultanze delle riunioni del Consiglio dell'Unione europea e del Consiglio europeo con riferimento alle materie di loro competenza entro quindici giorni dallo svolgimento delle stesse.

11. Il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per le politiche europee informa le regioni e le province autonome, per il tramite della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano e della Conferenza dei presidenti dell'Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome, delle risultanze delle riunioni del Consiglio dei Ministri dell'Unione europea e del Consiglio europeo con riferimento alle materie di loro competenza, entro quindici giorni dallo svolgimento delle stesse.

 

 

Gli articoli 15 del d.d.l. 3866 e del testo unificato disciplinano la partecipazione delle regioni e delle province autonome al processo di formazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea, riproducendo con modificazioni l’articolo 5 della legge 11.

Entrambe le disposizioni mantengono, al comma 1, la previsione per cui i progetti di atti  e gli altri documenti dell’UE sono trasmessi dal Presidente del Consiglio dei ministri o dal Ministro per le politiche europee, contestualmente alla loro ricezione, alle regioni e alle province autonome, indicando la data presunta per la loro discussione o adozione.

Il comma 2 dell’art 15 del d.d.l., riprende nella sostanza il comma 2 dell’art. 5 della legge 11, stabilendo che la Presidenza del Consiglio dei ministri per il tramite del Dipartimento per le politiche europee assicura alle regioni e alle province autonome un'informazione qualificata e tempestiva sui progetti e sugli atti trasmessi che rientrano nelle materie di competenza delle regioni e delle province autonome, curandone il costante aggiornamento, con le modalità con le quali informa le amministrazioni centrali interessate (tale ultima precisazione non è contenuta dalla norma vigente).

Il comma 2 dell’art. 15 del testo unificato prevede invece che il Dipartimento per le politiche dell’Unione europea inoltri alle regioni e alle province autonome la stessa relazione tecnica sui progetti di atti legislativi che viene trasmessa alle  Camere ai sensi dell’art. 5 del testo unificato.

Il comma 3 dell’art 15 del d.d.l. stabilisce che, analogamente a quanto previsto dal comma 3 dell’art. 5 della legge 11, le regioni e le province autonome, nelle materie di loro competenza, entro venti giorni dalla data del ricevimento degli atti e progetti di atti dell’UE, possono trasmettere osservazioni al Presidente del Consiglio o al Ministro per le politiche europee; tale trasmissione avverrebbe tuttavia per il tramite della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano anziché, come previsto dalla disposizione vigente, della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano o della Conferenza dei presidenti dell'Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome.

Il comma 3 dell’art 15 del testo unificato mantiene invece la formulazione vigente, estendendo tuttavia da 20 a 30 giorni il termine per la trasmissione delle informazioni.

I commi 4, 5 e 6 degli art. 15 sia del d.d.l. che del testo unificato riproducono integralmente i commi corrispondenti  dell’art. 5 della legge 11, relativi, rispettivamente, alla intesa in seno alla Conferenza Stato-regioni, alla attivazione della riserva di esame regionale e alla possibilità del Governo di procedere alle attività dirette alla formazione dei relativi atti dell'Unione europea in assenza di osservazioni delle regioni; peraltro, anche in questi casi il solo testo unificato estende da 20 a 30 giorni la durata della riserva.

I commi 7 degli art. 15 sia del d.d.l. che del testo unificato riproducono il comma 7 dell’art. 5 della legge 11, relativo alla convocazione ai tavoli di coordinamento nazionali di rappresentanti delle regioni e delle province autonome; peraltro, il d.d.l., operando un richiamo all’art. 4, comma 5, del medesimo d.d.l., prevede la partecipazione di un rappresentante di ciascuna regione e provincia autonoma indicato dal rispettivo presidente e, pertanto, non demanda più, a differenza del testo vigente  e del testo unificato, alla Conferenza dei Presidenti delle regioni la definizione dei criteri per l’individuazione dei rappresentanti delle regioni.

Il comma 8 dell’art. 15 del testo unificato mantiene ferma la previsione per cui dall'attuazione del comma 7 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Tale disposizione non è invece prevista dall’art. 15 del d.d.l..

I commi 8 e 10 dell’art. 15 del d.d.l. e 9 e 11 dell’art. 15 del testo unificato, mantengono la previsione per cui il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per le politiche europee informano tempestivamente le regioni e le province autonome, delle proposte e delle materie di competenza delle regioni e delle province autonome che risultano inserite all'ordine del giorno delle riunioni del Consiglio dell'Unione europea nonché delle risultanze delle riunioni del Consiglio dell'Unione europea e del Consiglio europeo

Peraltro, il d.d.l. stabilisce che tali informazioni siano trasmesse alla sola Conferenza delle regioni e delle province autonome, mentre il d.d.l., in coerenza con la disposizione vigente, ne prevede la trasmissione anche alla Conferenza dei presidenti dell'Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome.

I commi 9 dell’art. 15 del d.d.l. 10 dell’art. 15 del testo unificato mantengono la previsione vigente per cui il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per le politiche europee, prima dello svolgimento delle riunioni del Consiglio europeo, riferiscono alla Conferenza stato-regioni in sessione europea.

 


Partecipazione delle regioni alle delegazioni del Governo
(art. 16 del testo unificato)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art.15

Art. 16

(Partecipazione delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano alle decisioni relative alla formazione di atti normativi dell'Unione europea)

(Partecipazione delle regioni alle delegazioni del Governo)

11. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 5, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131

1. In conformità all'articolo 117, quinto comma, della Costituzione, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano concorrono direttamente, nelle materie di loro competenza legislativa, alla formazione degli atti dell’Unione europea, partecipando, nell'ambito delle delegazioni del Governo, alle attività del Consiglio e dei gruppi di lavoro e dei comitati del Consiglio e della Commissione europea, secondo modalità da concordare in sede di Conferenza Stato-Regioni che tengano conto della particolarità delle autonomie speciali e, comunque, garantendo l'unitarietà della rappresentazione della posizione italiana da parte del Capo delegazione designato dal Governo. Nelle delegazioni del Governo deve essere prevista la partecipazione di almeno un rappresentante delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano. Nelle materie che spettano alle Regioni ai sensi dell'articolo 117, quarto comma, della Costituzione, il Capo delegazione, che può essere anche un Presidente di Giunta regionale o di Provincia autonoma, è designato dal Governo sulla base di criteri e procedure determinati con un accordo generale di cooperazione tra Governo, Regioni a statuto ordinario e a statuto speciale stipulato in sede di Conferenza Stato-Regioni. In attesa o in mancanza di tale accordo, il Capo delegazione è designato dal Governo. Dall'attuazione del presente articolo non possono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

L’articolo 16 del testo unificato riproduce nella sostanza l’articolo 5, comma 1 della legge 131 del 2003 (di attuazione della riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione), relativo alla partecipazione delle regioni alle delegazioni del Governo, in relazione alle attività del Consiglio e dei gruppi di lavoro e dei comitati del Consiglio e della Commissione europea.

Tale disposizione è inclusa tra quelle di cui il testo unificato dispone l’abrogazione.

L’ultimo comma dell’articolo 15 del d.d.l. fa invece espressamente salva la previsione della legge n. 131 del 2003.

 

 

 


Partecipazione alla verifica del rispetto del principio di sussidiarietà da parte delle assemblee, dei consigli regionali e delle province di Trento e di Bolzano
(art. 16 del ddl C. 3866 e art. 9, comma 2, del testo unificato)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art. 16
(Partecipazione alla verifica del rispetto del principio di sussidiarietà da parte delle assemblee, dei consigli regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano)

Art. 9

(Partecipazione delle Camere alla verifica del rispetto del principio di sussidiarietà)

1. Ai fini della verifica del rispetto del principio di sussidiarietà di cui all'articolo 11, i presidenti delle assemblee, dei consigli regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano possono far pervenire ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati le loro osservazioni in tempo utile per l'esame parlamentare.

2. Ai fini dell’esercizio dei poteri di cui al comma 1, le Camere consultano, secondo le modalità previste nei rispettivi regolamenti, i consigli e le assemblee delle Regioni e delle province autonome, in conformità all’articolo 6, paragrafo 2, del Protocollo sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità.

2. Le deliberazioni delle assemblee, dei consigli regionali e delle province autonome sono trasmesse avvalendosi di modalità informatiche.

 

 

 

L’articolo 16 del d.d.l. 3866 e l’articolo 9, comma 2, del testo unificato prevedono la partecipazione delle assemblee regionali al controllo di sussidiarietà, in coerenza con l’articolo 6, paragrafo 2 dell’apposito Protocollo allegato al Tue e al TFUE.

In base a tale ultima disposizione spetta ai parlamenti o camere nazionali, nell’esercizio del controllo, “consultare all’occorrenza” le rispettive assemblee regionali con poteri legislativi.

In base al d.d.l. i presidenti delle assemblee, dei consigli regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano possano far pervenire ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati le loro osservazioni in tempo utile per l'esame parlamentare. Le relative deliberazioni sono trasmesse avvalendosi di modalità informatiche.

Il testo unificato rinvia invece ai regolamenti parlamentari la definizione delle modalità con cui le Camere possono consultare allo scopo le assemblee regionali.


Partecipazione degli enti locali alle decisioni relative alla formazione di atti normativi dell’unione europea
(art. 17 del ddl C. 3866 e art. 19 del testo unificato)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art. 17
(Partecipazione degli enti locali alle decisioni relative alla formazione di atti normativi dell'Unione europea)

Art. 19
(Partecipazione degli enti locali alle decisioni relative alla formazione di atti normativi dell'Unione europea

1. Qualora i progetti e gli atti di cui all'articolo 10 riguardino questioni di particolare rilevanza negli ambiti di competenza degli enti locali, la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee li trasmette alla Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Tali progetti e atti sono altresì trasmessi, per il tramite della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, all'ANCI, all'UPI e all'UNCEM. Su tutti i progetti e gli atti di loro interesse le associazioni rappresentative degli enti locali, per il tramite della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, possono trasmettere osservazioni al Presidente del Consiglio dei ministri o al Ministro per le politiche europee e possono richiedere che gli stessi siano sottoposti all'esame della Conferenza stessa.

1. In conformità agli articoli 114 e 118 della Costituzione, Il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per le politiche dell’Unione europea assicurano un’adeguata consultazione di comuni, province e città metropolitane ai fini della formazione della posizione dell’Italia in relazione ad attività dell’Unione europea che presentino specifica rilevanza negli ambiti di competenza degli enti locali.

2. Qualora i progetti e gli atti di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 3 riguardino questioni di particolare rilevanza negli ambiti di competenza degli enti locali, la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le politiche europee li trasmette alla Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Tali progetti e atti sono altresì trasmessi, per il tramite della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, all'Associazione nazionale dei comuni d'Italia – ANCI, all’Unione province d'Italia – UPI e all'Unione nazionale comuni comunità enti montani – UNCEM.

3. Su tutti i progetti e gli atti di loro specifico interesse l'Associazione nazionale dei comuni d'Italia – ANCI, l’Unione province d'Italia – UPI e l'Unione nazionale comuni comunità enti montani – UNCEM possono trasmettere, per il tramite della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, osservazioni al Presidente del Consiglio dei Ministri o al Ministro per le politiche europee e possono richiedere che gli stessi siano sottoposti all'esame della Conferenza stessa.

2. Nelle materie che investono le competenze degli enti locali, la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee convoca ai tavoli di coordinamento di cui all'articolo 4, comma 5, esperti designati dagli enti locali secondo modalità da stabilire in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

3. Nelle materie che investono le competenze degli enti locali, la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le politiche europee convoca alle riunioni di cui al comma 7 dell'articolo 5 esperti designati dagli enti locali secondo modalità da stabilire in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

3. Qualora le osservazioni degli enti locali non siano pervenute al Governo entro la data indicata all'atto di trasmissione dei progetti o degli atti o, in mancanza, entro il giorno precedente quello della discussione in sede di Unione europea, il Governo può comunque procedere alle attività dirette alla formazione dei relativi atti.

4. Qualora le osservazioni degli enti locali non siano pervenute al Governo entro la data indicata all'atto di trasmissione dei progetti o degli atti o, in mancanza, entro il giorno precedente quello della discussione a livello di Unione europea, il Governo può comunque procedere alle attività dirette alla formazione dei relativi atti dell’Unione europea.

 

 

L’articolo 17 del d.d.l. 3866 e l’articolo 19 del testo unificato disciplinano partecipazione degli enti locali alle decisioni relative alla formazione di atti normativi dell’Unione europea, riproducendo con alcune modificazioni l’articolo 6 della legge 11 del 2005.

 

Il testo unificato introduce, al comma 1, la previsione per cui, in conformità agli articoli 114 e 118 della Costituzione, Il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per le politiche dell’Unione europea assicurano un’adeguata consultazione di comuni, province e città metropolitane ai fini della formazione della posizione dell’Italia in relazione ad attività dell’UE con specifica rilevanza negli ambiti di competenza degli enti locali.

Il comma 1 del d.d.l. 3866 e il comma 2 del testo unificato riprendono in gran parte il corrispondente comma dell’art. 6 della legge 11, stabilendo che qualora i progetti e gli atti dell’UE riguardino questioni di particolare rilevanza negli ambiti di competenza degli enti locali, il Dipartimento per le politiche europee li trasmetta alla Conferenza Stato-città ed autonomie locali nonché, per il tramite della medesima Conferenza, all'ANCI, all'UPI e all'UNCEM (anziché alle “associazioni rappresentative degli enti locali”, come previsto nel testo vigente).

Anche l’ultimo periodo del comma 1 del ddl e il comma 3 del testo unificato, riprendono in gran parte la norma vigente, stabilendo che su tutti i progetti e gli atti di loro specifico interesse l'Associazione nazionale dei comuni d'Italia – ANCI, l’Unione province d'Italia – UPI e l'Unione nazionale comuni comunità enti montani – UNCEM (anziché alle “associazioni rappresentative degli enti locali”, come previsto nel testo vigente) possono trasmettere, per il tramite della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, osservazioni al Presidente del Consiglio dei Ministri o al Ministro per le politiche europee e possono richiedere che gli stessi siano sottoposti all'esame della Conferenza stessa.

 

I commi 2 e 3 del d.d.l. e 4 e 5 del testo unificato riprendono integralmente i commi 2 e 3 dell’art. 6 vigente, relativi, rispettivamente, alla partecipazione di esperti degli enti locali alle riunioni (tavoli di coordinamento nel caso del d.d.l.) convocate dal Dipartimento per le politiche europee ai fini della definizione della posizione italiana da sostenere in sede di Unione europea, e alla possibilità del Governo di procedere alle attività dirette alla formazione degli atti dell’UE ove non siano prevenute osservazioni degli enti locali.

 


Partecipazione delle parti sociali e delle categorie produttive alle decisioni relative alla formazione di atti dell’Unione europea
(art. 18 del ddl C. 3866 e art. 22 del testo unificato)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art. 18
(Partecipazione delle parti sociali e delle categorie produttive alle decisioni relative alla formazione di atti dell'Unione europea)

Art. 22
(Partecipazione delle parti sociali e delle categorie produttive alle decisioni relative alla formazione di atti dell'Unione europea)

.

1. Il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per le politiche dell’Unione europea assicurano il più ampio coinvolgimento delle categorie produttive e delle parti sociali nella fase di formazione della posizione italiana su iniziative dell’Unione europea. A questo scopo il CUE nonché le amministrazioni interessate possono svolgere, anche mediante il ricorso a strumenti elettronici, consultazioni delle categorie produttive e delle parti. Il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per le politiche dell’Unione europea assicurano il più ampio coinvolgimento delle categorie produttive e delle parti sociali nella fase di formazione della posizione italiana su iniziative dell’Unione europea.

1. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee trasmette al Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL) i progetti e gli atti di cui all'articolo 10 riguardanti materie di particolare interesse economico e sociale. Il CNEL può fare pervenire alle Camere e al Governo le valutazioni e i contributi che ritiene opportuni, ai sensi degli articoli 10 e 12 della legge 30 dicembre 1986, n. 936. A tale fine, il CNEL può istituire, secondo le norme del proprio ordinamento, uno o più comitati per l'esame degli atti dell'Unione europea.

2. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee, al fine di assicurare un più ampio coinvolgimento delle categorie produttive e delle parti sociali, organizza, in collaborazione con il CNEL, apposite sessioni di studio ai cui lavori possono essere invitati anche i rappresentanti dell'ANCI, dell'UPI e dell'UNICEM e ogni altro soggetto interessato.

2. Per le finalità di cui al comma 1, il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per le politiche dell’Unione europea, al fine di assicurare un più ampio coinvolgimento delle categorie produttive e delle parti sociali, organizza, eventualmente in collaborazione con il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL), apposite sessioni di studio ai cui lavori possono essere invitati anche le associazioni nazionali dei comuni, delle province e delle comunità montane e ogni altro soggetto interessato.

 

 

Gli articoli 18 del d.d.l. 3866 e 22 del testo unificato riproducono, con modificazioni, l’articolo 7 della legge 11 del 2005.

 

I commi 1 e 2 dell’art. 18 d.d.l. riprendono integralmente il corrispondente comma della legge 11, sostituendo esclusivamente, al comma 2, il riferimento alle associazioni nazionali dei comuni, delle province e delle comunità montane e ogni altro soggetto interessato con quello ad ANCI, UPI e UNCEM.

 

Il comma 1 dell’art. 22 del testo unificato introduce invece una disciplina parzialmente innovativa disponendo che il Presidente del Consiglio o il Ministro per le politiche dell’UE assicurino il più ampio coinvolgimento delle categorie produttive e delle parti sociali nella fase di formazione della posizione italiana su iniziative dell’UE, demandando al CUE nonché alle amministrazioni interessate il compito di svolgere, anche mediante il ricorso a strumenti elettronici, consultazioni dei soggetti in questione.

 

Il comma 2 del medesimo articolo 22 prevede, analogamente alla disposizione vigente e al d.d.l., che il Presidente del Consiglio o il Ministro per le politiche dell’UE organizzino, “eventualmente” in collaborazione con il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL), apposite sessioni di studio ai cui lavori possono essere invitati anche le associazioni nazionali dei comuni, delle province e delle comunità montane e ogni altro soggetto interessato.

Rispetto al testo attuale dell’articolo 7 della legge n. 11/2005, il CNEL non deve più obbligatoriamente essere informato dal Governo delle iniziative in materia e collabora, solo occasionalmente, con il Governo in questa materia. Al riguardo, sembrerebbe opportuna una valutazione in merito al ruolo del CNEL ai sensi dell’articolo 99 della Costituzione.

 

 

 

 

 


Valutazione della compatibilità con il diritto dell’Unione europea
(art. 23 del testo unificato)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

 

Art. 23

 

(Valutazione della compatibilità con il diritto dell’Unione europea)

 

1. I nuclei europei di cui all'articolo 3 predispongono, per i disegni di legge e gli schemi di atti del Governo trasmessi alle Camere ai fini dell'espressione del parere delle competenti Commissioni parlamentari, una relazione tecnica, verificata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie, relativa alla valutazione della compatibilità con l’ordinamento dell’Unione europea. La relazione può costituire parte integrante dell'analisi tecnico-normativa in tutti i casi nei quali questa venga predisposta.

 

2. Per i provvedimenti relativi all'attuazione del diritto dell’Unione europea la relazione di cui al comma 1 dà conto della conformità della disciplina da essi recata alle prescrizioni delle direttive da attuare, tenuto anche conto delle eventuali modificazioni comunque intervenute fino al momento dell'esercizio della potestà normativa da parte del Governo.

 

3. Le Commissioni parlamentari competenti possono richiedere al Governo la relazione di cui al comma 1 per i progetti di legge e per gli emendamenti al loro esame ai fini della valutazione della compatibilità con l’ordinamento dell’Unione europea.

 

 

L’articolo 23 del testo unificato prevede che i nuclei tecnici predispongano, ai fini dell’espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari sugli sui disegni di legge e gli schemi di atti trasmessi, una relazione tecnica che dia conto della compatibilità con l’ordinamento dell’Unione europea dei provvedimenti all’esame delle Camere e, nel caso di attuazione di direttive, della conformità dei stessi provvedimenti a tali atti. Viene, quindi, previsto che le Commissioni parlamentari possono richiedere al Governo la relazione tecnica anche per i progetti di legge e gli emendamenti ai fini di una valutazione di compatibilità con l’ordinamento europeo.

Si tratta di disposizioni non contemplate nell’attuale legge 11 finalizzate ad accrescere la facoltà degli organi parlamentari di ricevere un’informazione qualificata in ordine al rispetto della normativa europea da parte di qualsiasi provvedimento in esame.

 Si fa presente, al riguardo, che disposizione di uguale portata non si rinviene nel d.d.l. governativo se non nella parte in cui, all’articolo 21, comma 4, si prevede che gli schemi di decreti legislativi attuativi di direttive ed implicanti conseguenze di carattere finanziario sono corredati dalla relazione tecnica. di cui all’articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.

 

Si ricorda, in proposito, che l’articolo 17, comma 3, della legge 31-12-2009 n. 196 - legge di contabilità e finanza pubblica - prevede che i disegni di legge, gli schemi di decreto legislativo, gli emendamenti di iniziativa governativa che comportino conseguenze finanziarie devono essere corredati di una relazione tecnica, predisposta dalle amministrazioni competenti e verificata dal Ministero dell'economia e delle finanze, sulla quantificazione delle entrate e degli oneri recati da ciascuna disposizione, nonché delle relative coperture, con la specificazione, per la spesa corrente e per le minori entrate, degli oneri annuali fino alla completa attuazione delle norme e, per le spese in conto capitale, della modulazione relativa agli anni compresi nel bilancio pluriennale e dell'onere complessivo in relazione agli obiettivi fisici previsti. Alla relazione tecnica è allegato un prospetto riepilogativo degli effetti finanziari di ciascuna disposizione ai fini del saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato, del saldo di cassa delle amministrazioni pubbliche e dell'indebitamento netto del conto consolidato delle pubbliche amministrazioni. Nella relazione sono indicati i dati e i metodi utilizzati per la quantificazione, le loro fonti e ogni elemento utile per la verifica tecnica in sede parlamentare secondo le norme di cui ai regolamenti parlamentari, nonché il raccordo con le previsioni tendenziali del bilancio dello Stato, del conto consolidato di cassa e del conto economico delle amministrazioni pubbliche, contenute nella Decisione di cui all'articolo 10 ed eventuali successivi aggiornamenti.

 


Legge di delegazione europea e legge europea
(art. 19 del ddl C. 3866 e artt. 24 e 25, comma 2, lettera d) del testo unificato)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art. 19
(Legge di delegazione europea e legge europea)

Art. 24
(Legge di delegazione europea e legge europea)

1. Lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di propria competenza legislativa, danno tempestiva attuazione alle direttive e agli altri obblighi derivanti dal diritto dell'Unione europea.

1. Lo Stato, le regioni e le province autonome, nelle materie di propria competenza legislativa, danno tempestiva attuazione agli atti giuridici dell’Unione europea nonché alle sentenze della Corte di giustizia e degli altri organi giurisdizionali dell’Unione europea.

2. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee informa con tempestività le Camere e, per il tramite della Conferenza delle regioni e delle province autonome e della Conferenza dei presidenti dell'Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome, le regioni e le province autonome, degli atti normativi e di indirizzo emanati dagli organi dell'Unione europea.

2. Il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per le politiche europee informa con tempestività le Camere e, per il tramite della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano e della Conferenza dei presidenti dell'Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome, le regioni e le province autonome, degli atti normativi e di indirizzo emanati dagli organi dell'Unione europea.

3. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee verifica, con la collaborazione delle amministrazioni interessate, lo stato di conformità dell'ordinamento interno e degli indirizzi di politica del Governo in relazione agli atti di cui al comma 2 e ne trasmette le risultanze tempestivamente, e comunque ogni quattro mesi, anche con riguardo alle misure da intraprendere per assicurare tale conformità, agli organi parlamentari competenti, alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e alla Conferenza dei presidenti dell'Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome, per la formulazione di ogni opportuna osservazione. Nelle materie di loro competenza le regioni e le province autonome verificano lo stato di conformità dei propri ordinamenti in relazione ai suddetti atti e ne trasmettono, entro il 15 gennaio di ogni anno, le risultanze alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee con riguardo alle misure da intraprendere.

3. Il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per le politiche europee verifica, con la collaborazione delle amministrazioni interessate, lo stato di conformità dell'ordinamento interno e degli indirizzi di politica del Governo in relazione agli atti di cui al comma 2 e  ne trasmette le risultanze tempestivamente, e comunque ogni tre mesi, anche con riguardo alle misure da intraprendere per assicurare tale conformità, agli organi parlamentari competenti, alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e alla Conferenza dei presidenti dell'Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome, per la formulazione di ogni opportuna osservazione. Nelle materie di loro competenza le regioni e le province autonome verificano lo stato di conformità dei propri ordinamenti in relazione ai suddetti atti e ne trasmettono le risultanze alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le politiche europee con riguardo alle misure da intraprendere.

4. All'esito della verifica e tenuto conto delle osservazioni di cui al comma 3, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee, di concerto con il Ministro degli affari esteri e con gli altri ministri interessati, entro il 28 febbraio di ogni anno presenta al Parlamento, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, un disegno di legge recante delega per il recepimento delle direttive europee e delle decisioni quadro, completato dall'indicazione «legge di delegazione europea» seguita dall'anno di riferimento.

Con riferimento ai contenuti di cui all'articolo 21, comma 3, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee, di concerto con il Ministro degli affari esteri e con gli altri ministri interessati, presenta al Parlamento un disegno di legge recante disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea, completato dall'indicazione «legge europea» seguita dall'anno di riferimento. Resta fermo, per i citati disegni di legge, quanto previsto all'articolo 5, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni.

4. All'esito della verifica e tenuto conto delle osservazioni di cui al comma 3, il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per le politiche europee, di concerto con il Ministro degli affari esteri e con gli altri Ministri interessati, entro il 31 gennaio di ogni anno presenta al Parlamento un disegno di legge recante: “Delega per il recepimento di direttive e decisioni quadro dell’Unione europea nonché per l’attuazione di regolamenti ed atti delegati dell’Unione europea”, completato dall'indicazione: «Legge di delegazione europea» seguita dall'anno di riferimento.

 

5. Entro il 31 gennaio di ogni anno, il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per le politiche europee, di concerto con il Ministro degli affari esteri e con gli altri Ministri interessati, presenta inoltre al Parlamento un disegno di legge recante: «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all’Unione europea», completato dall'indicazione: «Legge europea» seguita dall'anno di riferimento.

5. Nell'ambito della relazione al disegno di legge di delegazione europea di cui al comma 4 il Governo:

6. Il disegno di legge di cui al comma 4 è corredato di una relazione illustrativa, aggiornata al 31 dicembre dell'anno precedente, in cui il Governo:

a) riferisce sullo stato di conformità dell'ordinamento interno al diritto dell'Unione europea e sullo stato delle eventuali procedure d'infrazione dando conto, in particolare, della giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea relativa alle eventuali inadempienze e violazioni da parte della Repubblica italiana degli obblighi derivanti dal diritto dell'Unione europea;

 

 

a) fornisce per ogni direttiva o altro atto dell’Unione europea di cui si prevede l'attuazione una ricostruzione del contesto nel quale è avvenuta la sua adozione in sede comunitaria e della politica legislativa nella quale si inserisce, dando conto dell'iter relativo alla sua approvazione, del negoziato intervenuto, nonché degli elementi di novità da essa introdotti e delle prospettive aperte, anche con riguardo al suo impatto sull'ordinamento interno;

b) dà conto delle motivazioni che lo hanno indotto all'inclusione delle direttive in uno degli allegati di cui all’articolo 25, comma 3, lettera e, con specifico riguardo all'opportunità di sottoporre i relativi schemi di atti normativi di attuazione al parere delle competenti Commissioni  parlamentari;

b) fornisce l'elenco delle direttive dell'Unione europea attuate o da attuare in via amministrativa;

c) fornisce l'elenco delle direttive attuate o da attuare in via amministrativa;

c) dà partitamente conto delle ragioni dell'eventuale omesso inserimento delle direttive il cui termine di recepimento è già scaduto e di quelle il cui termine di recepimento scade nel periodo di riferimento, in relazione ai tempi previsti per l'esercizio della delega legislativa;

d) dà partitamente conto delle ragioni dell'eventuale omesso inserimento delle direttive il cui termine di recepimento è già scaduto e di quelle il cui termine di recepimento scade nel periodo di riferimento, in relazione ai tempi previsti per l'esercizio della delega legislativa;

d) fornisce l'elenco delle direttive attuate con regolamento ai sensi dell'articolo 25, nonché l'indicazione degli estremi degli eventuali regolamenti di attuazione già adottati;

e) fornisce l'elenco delle direttive attuate con regolamento ai sensi dell'articolo 11, nonché l'indicazione degli estremi degli eventuali regolamenti di attuazione già adottati;

e) fornisce l'elenco dei provvedimenti con i quali nelle singole regioni e province autonome si è provveduto a dare attuazione alle direttive nelle materie di loro competenza, anche con riferimento a leggi annuali di recepimento eventualmente approvate dalle regioni e dalle province autonome. L'elenco è predisposto dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome e trasmesso alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee in tempo utile e, comunque, non oltre il 15 gennaio di ogni anno.

f) fornisce l'elenco degli atti normativi con i quali nelle singole regioni e province autonome si è provveduto a dare attuazione alle direttive nelle materie di loro competenza, anche con riferimento a leggi annuali di recepimento eventualmente approvate dalle regioni e dalle province autonome. L'elenco è predisposto dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano e trasmesso alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le politiche europee in tempo utile e, comunque, non oltre il 25 gennaio di ogni anno.

6. Ove le direttive europee siano recepite in forza di delega conferita con legge diversa dalla legge di delegazione europea, trovano applicazione i princìpi generali di cui all'articolo 22, ove non derogati dalla legge con la quale è attribuita la delega. Si applica l'articolo 21, comma 2.

 

 

7. La disposizione di cui al comma 6 si applica, altresì, all'emanazione di testi unici per il riordino e per l'armonizzazione di normative di settore interessate dai decreti legislativi di recepimento delle direttive di cui al comma 4, nel rispetto delle competenze delle regioni e delle province autonome.

Art. 25, comma 2, lettera d)

d) disposizioni che, nell'ambito del conferimento della delega legislativa per l’attuazione di atti di cui al comma 2 del presente articolo, autorizzano il Governo a emanare testi unici per il riordino e per l'armonizzazione di normative di settore, nel rispetto delle competenze delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

 

In relazione agli obblighi derivanti dalla partecipazione dell’Italia all’Unione europea, gli strumenti per la trasposizione del diritto europeo nell’ordinamento nazionale vengono diversificati in due provvedimenti, al posto dell’attuale legge comunitaria:

- legge di delegazione europea

- legge europea.

 

La relazione illustrativa al disegno di legge governativo specifica che “la scelta di due distinte leggi annuali è stata dettata dall’esigenza di garantire al Governo di disporre in tempi brevi delle deleghe legislative necessarie per il recepimento degli atti comunitari. Sempre secondo la relazione, l’esperienza passata ha dimostrato che l’iter di approvazione della legge comunitaria si è rilevato spesso difficoltoso proprio a causa di disposizioni differenti dalle deleghe inserite nel disegno di legge comunitaria; il ritardo nell’approvazione delle deleghe ha comportato spesso l’apertura di procedure di infrazione.

 

Il disegno di legge governativo ed il testo unificato disciplinano la materia in modo sostanzialmente equivalente.

 

Gli articoli 19 del d.d.l. governativo e 24 del testo unificato disciplinano le modalità di adozione dei due strumenti, prevedendo:

- la verifica da parte del Governo dello stato di conformità dell’ordinamento interno all’ordinamento europeo e la successiva trasmissione delle risultanze (entro 4 mesi nel d.d.l. governativo ed entro 3 mesi nel testo unificato) alle istituzioni competenti (organi parlamentari, Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, Conferenza dei presidenti di Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome) ai fini della formulazione di ogni osservazione;

- la presentazione al Parlamento del disegno di legge di delegazione europea e di legge europea. Essa dovrà avvenire entro il 31 gennaio per entrambi i provvedimenti secondo quanto stabilito nel testo unificato, entro il 28 febbraio per il disegno di legge di delegazione europea e senza stabilire un termine specifico per il disegno di legge europea secondo quanto previsto nel d.d.l. governativo (configurando la stessa legge europea come un’iniziativa eventuale e non necessaria);

- l’obbligo per il Governo di presentare una relazione al disegno di legge di delegazione europea. I due testi differiscono in parte in ordine al contenuto della relazione. Mentre il d.d.l. governativo prevede, alla lett. a), che il Governo dia conto dello stato di conformità dell’ordinamento interno e delle eventuali procedure d’infrazione, ciò viene previsto come parte della relazione allegata al disegno di legge europea dal testo unificato (lett. a) co. 6, art. 24). Di converso, il testo unificato prevede due adempimenti non contemplati nel d.d.l. governativo relativi: alla ricostruzione del contesto nel quale è avvenuta la adozione in sede europea di ciascuna direttiva di cui si prevede l’attuazione (lett. a); alle motivazioni che lo hanno indotto all’inclusione delle direttive indicate negli allegati alla legge di delegazione europea, con specifico riguardo all’opportunità di sottoporre gli atti normativi di attuazione al parere delle Commissioni parlamentari;

- il testo unificato specifica il contenuto della relazione allegata al disegno di legge europea mentre tale specifica risulta mancare nel d.d.l. governativo,

- viene specificato al comma 7 dell’art. 24 del testo unificato e al co. 6 dell’art. 19 del d.d.l. governativo che nel caso in cui la delega all’attuazione di atti normativi comunitari sia contenuta in provvedimenti diversi da quello di delega europea, si applicano i princìpi e criteri direttivi generali previsti dalla medesima legge di delegazione, in aggiunta a quelli specifici contenuti nella delega. Si osserva, al riguardo, che tale disposizione potrebbe trovare migliore collocazione negli articoli dei due provvedimenti che definiscono i princìpi e criteri direttivi delle deleghe contenute nella legge di delegazione comunitaria. Il comma 7 dell’articolo 19 del d.d.l. governativo specifica che quanto previsto dal precedente comma 6 si applica anche nel caso dell’emanazione di testi unici per il riordino di normative interessate dai decreti di recepimento della normativa comunitaria. Sembra che la disposizione faccia riferimento all’ipotesi di testi unici capaci di innovare, nell’operazione di riordino, la normativa interessata.


Contenuti della legge di delegazione europea e della legge europea (art. 20 del ddl C. 3866 e art. 24 testo unificato)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art. 20
(Contenuti della legge di delegazione europea e della legge europea)

Art. 25
(Contenuti della legge di delegazione europea e della legge europea)

 

1. La legge di delegazione europea e la legge europea, di cui all’articolo 24  assicurano il periodico adeguamento dell'ordinamento nazionale all'ordinamento dell’Unione europea.

1. La legge di delegazione europea annuale, al fine dell'adempimento degli obblighi di cui all'articolo 1, reca:

2. La legge di delegazione europea annuale reca il conferimento al Governo di delega legislativa per:

a) il conferimento al Governo di delega legislativa per il recepimento delle direttive europee e delle decisioni-quadro;

a) il recepimento delle direttive e delle decisioni quadro dell’Unione europea;

b) le disposizioni che autorizzano il Governo ad attuare in via regolamentare le direttive europee, sulla base di quanto previsto dall'articolo 24;

b) l’attuazione di regolamenti e di atti delegati di cui all’articolo 290 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea che richiedano l’adozione di misure legislative o regolamentari per l’applicazione nell’ordinamento nazionale;

 

3. La legge di delegazione europea annuale reca altresì:

 

a) disposizioni che autorizzano il Governo ad attuare in via regolamentare le direttive o, ove necessario, i regolamenti e gli atti delegati di cui all’articolo 290 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, sulla base di quanto previsto dall'articolo 29;

b) disposizioni che, nelle materia non coperte da riserva di legge, demandano l’attuazione di atti delegati di cui di cui all’articolo 290 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea alle autorità di regolamentazione e vigilanza, secondo le modalità e le procedure per l’esercizio dei poteri regolamentari ad esse attribuiti dalla legge;

c) la delega per la disciplina sanzionatoria di violazioni di atti normativi dell'Unione europea;

 

d) la delega per l'attuazione di eventuali disposizioni non direttamente applicabili contenute in regolamenti europei;

 

e) disposizioni che, nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, conferiscono delega al Governo per l'emanazione di decreti legislativi recanti sanzioni penali per la violazione delle disposizioni dell'Unione europea recepite dalle regioni e dalle province autonome;

c) disposizioni che, nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome, conferiscono delega al Governo per l'emanazione di decreti legislativi recanti sanzioni penali per la violazione delle disposizioni comunitarie recepite dalle regioni e dalle province autonome;

f) disposizioni che individuano i princìpi fondamentali nel rispetto dei quali le regioni e le province autonome esercitano la propria competenza normativa per dare attuazione o per assicurare l'applicazione di atti dell'Unione europea nelle materie di cui all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione.

 

 

e) cinque allegati nei quali sono rispettivamente elencati:

1) gli atti dell’Unione europea per la cui attuazione è prevista una delega al Governo, da esercitare previa trasmissione alle Camere per l'espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari;

2) gli atti dell’Unione europea per la cui attuazione è prevista una delega al Governo;

3) gli atti dell’Unione europea da attuare in via regolamentare;

4) gli atti dell’Unione europea da attuare in via amministrativa;

5) gli atti dell’Unione europea da attuare con disposizioni delle autorità di regolamentazione di cui alla lettera b).

3. L'inclusione in ciascuno degli allegati previsti dal comma 3, lettera e), del presente articolo, è motivata nella relazione illustrativa del disegno di legge di delegazione europea, anche con riferimento al tasso di discrezionalità lasciato agli Stati membri nell'attuazione di ciascun atto dell’Unione europea. La relazione illustrativa degli schemi di atti normativi di attuazione di atti dell’Unione europea trasmessi alle Camere per l'espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari dà conto delle scelte discrezionali effettuate e delle loro motivazioni.

2. La legge europea annuale reca:

4. La legge europea annuale reca:

a) disposizioni modificative o abrogative di disposizioni statali vigenti in contrasto con gli obblighi indicati all'articolo 1;

 

b) disposizioni modificative o abrogative di disposizioni statali vigenti oggetto di procedure d'infrazione avviate dalla Commissione europea nei confronti della Repubblica italiana;

a) disposizioni modificative o abrogative di disposizioni statali vigenti oggetto di sentenze della Corte di giustizia relative all’Italia ovvero di procedure di infrazione avviate dalla Commissione europea nei confronti della Repubblica italiana;

c) disposizioni occorrenti per dare attuazione o assicurare l'applicazione di atti dell'Unione europea;

b) disposizioni strettamente necessarie per dare attuazione o assicurare l'applicazione di atti dell’Unione europea, fermo restando quanto stabilito dal comma 3 del presente articolo;

d) disposizioni occorrenti per dare esecuzione ai trattati internazionali conclusi nel quadro delle relazioni esterne dell'Unione europea;

c) disposizioni occorrenti per dare esecuzione ai trattati internazionali conclusi dall'Unione europea;

 

d) disposizioni che individuano i princìpi fondamentali nel rispetto dei quali le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano esercitano la propria competenza normativa per dare attuazione o assicurare l'applicazione di atti dell'Unione europea nelle materie di cui all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione;

e) disposizioni emanate nell'esercizio del potere sostitutivo di cui all'articolo 117, quinto comma, della Costituzione, in conformità ai princìpi e nel rispetto dei limiti di cui all'articolo 26 della presente legge.

e) disposizioni emanate nell'esercizio del potere sostitutivo di cui all'articolo 117, quinto comma, della Costituzione, in conformità ai princìpi e nel rispetto dei limiti di cui all'articolo 36.

3. Gli oneri relativi a prestazioni e a controlli da eseguire da parte di uffici pubblici, ai fini dell'attuazione delle disposizioni dell'Unione europea di cui alla legge di delegazione europea per l'anno di riferimento e alla legge europea per l'anno di riferimento, sono posti a carico dei soggetti interessati, ove ciò non risulti in contrasto con la disciplina dell'Unione europea, secondo tariffe determinate sulla base del costo effettivo del servizio reso. Le tariffe di cui al periodo precedente sono predeterminate e pubbliche.

5. Gli oneri relativi a prestazioni e controlli da eseguire da parte di uffici pubblici, ai fini dell'attuazione delle disposizioni comunitarie di cui alla legge di delegazione europea per l'anno di riferimento e alla legge europea per l’anno di riferimento, sono posti a carico dei soggetti interessati, secondo tariffe determinate sulla base del costo effettivo del servizio, ove ciò non risulti in contrasto con la disciplina dell’Unione europea. Le tariffe di cui al precedente periodo sono predeterminate e pubbliche.

4. Le entrate derivanti dalle tariffe determinate ai sensi del comma 3 sono attribuite, nei limiti previsti dalla legislazione vigente, alle amministrazioni che effettuano le prestazioni e i controlli, mediante riassegnazione ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1999, n. 469.

6. Identico.

 

Gli articoli 20 del d.d.l. governativo e 25 del testo unificato disciplinano i contenuti della legge di delegazione europea e della legge europea, con alcune sostanziali differenze.

Quanto alla legge di delegazione europea, il testo unificato fa riferimento:

·       all’attuazione di regolamenti e di atti delegati adottati dall’Unione europea ai sensi dell’articolo 290 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (lettere a).

·       alle disposizioni che autorizzano l’emanazione di testi unici;

·       nonché a cinque allegati nel quale sono elencati gli atti europei differenziandoli a seconda delle modalità di attuazione cui sono destinati (attuazione attraverso conferimento di delega legislativa, previo o meno parere delle Commissioni parlamentari, o in via regolamentare, amministrativa o attraverso disposizioni dell’autorità di regolamentazione). Si prevede, quindi, che l’inclusione in ciascuno degli allegati è motivata nella relazione illustrativa, anche con riferimento al tasso di discrezionalità lasciato agli Stati membri.

Il d.d.l. governativo prevede, invece, che la legge di delegazione contenga disposizioni che individuino i princìpi fondamentali nel rispetto dei quali le regioni e le province autonome esercitano la propria competenza (lett. f). Nel testo unificato tale previsione è considerata parte del contenuto della legge europea.

Quanto alla legge europea, oltre alle differenze già rilevate, si prevede in entrambi i provvedimenti che essa debba contenere:

-    le disposizioni modificative o abrogative di norme interne oggetto di sentenze della Corte di giustizia o di procedure di infrazione nei confronti dell’Italia;

-    disposizioni necessarie per dare attuazione agli atti dell’Unione europea;

-    disposizioni occorrenti per dare esecuzione ai Trattati internazionali conclusi dall’Unione europea;

-    disposizioni emanate nell’ambito del potere sostitutivo.


Procedure per l’esercizio delle deleghe conferite al Governo con legge di delegazione europea
(art. 21 del ddl C. 3866 e art. 26 testo unificato)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art. 21
(Procedure per l'esercizio delle deleghe conferite al Governo con la legge di delegazione europea)

Art. 26

(Procedure per l'esercizio delle deleghe conferite al Governo con la legge di delegazione europea)

1. In relazione alle deleghe conferite con la legge di delegazione europea per il recepimento delle direttive, il Governo adotta i decreti legislativi entro il termine di due mesi antecedenti a quello di recepimento indicato in ciascuna delle direttive; per le direttive il cui termine così determinato sia già scaduto alla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea, ovvero scada nei tre mesi successivi, il Governo adotta i decreti legislativi di attuazione entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge; per le direttive che non prevedono un termine di recepimento, il Governo adotta i decreti legislativi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea.

1. In relazione alle deleghe conferite con la legge di delegazione europea per il recepimento delle direttive, il Governo adotta i decreti legislativi entro il termine di due mesi antecedenti a quello di recepimento indicato in ciascuna delle direttive; per le direttive il cui termine così determinato sia già decorso ovvero scada nei tre mesi successivi alla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea, il Governo adotta i decreti legislativi di attuazione entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge; per le direttive che non prevedono un termine di recepimento, il Governo adotta i decreti legislativi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea.

 

2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano, in quanto compatibili, anche alle deleghe conferite con la legge di delegazione europea per l’attuazione di atti dell’Unione europea diversi dalle direttive.

2. I decreti legislativi sono adottati, nel rispetto dell'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche europee e del Ministro con competenza istituzionale prevalente per la materia, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell'economia e delle finanze e con gli altri ministri interessati in relazione all'oggetto della direttiva. I decreti legislativi sono accompagnati da una tabella di concordanza tra le disposizioni in essi previste e quelle della direttiva da recepire, predisposta dall'amministrazione con competenza istituzionale prevalente per materia.

2. I decreti legislativi sono adottati, nel rispetto dell'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche europee e del Ministro con competenza istituzionale prevalente per la materia, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell'economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati in relazione all'oggetto della direttiva. I decreti legislativi di recepimento di direttive sono accompagnati da una tabella di concordanza tra le disposizioni in essi previste e quelle della direttiva da recepire, predisposta dall’amministrazione con competenza istituzionale prevalente per materia.

3. La legge di delegazione europea indica le direttive in relazione alle quali sugli schemi dei decreti legislativi di attuazione è acquisito il parere delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. In tal caso gli schemi dei decreti legislativi sono trasmessi, dopo l'acquisizione degli altri pareri previsti dalla legge, alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica affinché su di essi sia espresso il parere dei competenti organi parlamentari. Decorsi quaranta giorni dalla data di trasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza del parere. Qualora il termine per l'espressione del parere parlamentare di cui al presente comma ovvero i diversi termini previsti dai commi 4 e 8 scadano nei trenta giorni che precedono la scadenza dei termini di delega previsti ai commi 1 o 5 o successivamente, questi ultimi sono prorogati di tre mesi.

3. La legge di delegazione europea indica, nell’allegato di cui all’articolo, 25, comma 3, lettera e), numero 1), le direttive o gli altri atti dell’Unione europea in relazione ai quali sugli schemi dei decreti legislativi di attuazione è acquisito il parere delle competenti Commissioni del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. In tal caso gli schemi dei decreti legislativi sono trasmessi, dopo l'acquisizione degli altri pareri previsti dalla legge, al Senato della Repubblica e alla Camera dei deputati affinché su di essi sia espresso il parere dei competenti organi parlamentari. Decorsi quaranta giorni dalla data di trasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza del parere. Qualora il termine per l'espressione del parere parlamentare di cui al presente comma ovvero i diversi termini previsti dai commi 4 e 8 scadano nei trenta giorni che precedono la scadenza dei termini di delega previsti ai commi 1 o 5 o successivamente, questi ultimi sono prorogati di tre mesi.

4. Gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive che comportino conseguenze finanziarie sono corredati della relazione tecnica di cui all'articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196. Su di essi è richiesto anche il parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari. Il Governo, ove non intenda conformarsi alle condizioni formulate con riferimento all'esigenza di garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, ritrasmette alle Camere i testi, corredati dei necessari elementi integrativi d'informazione, per i pareri definitivi delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari, che devono essere espressi entro venti giorni.

4. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al presente articolo che comportino conseguenze finanziarie sono corredati della relazione tecnica di cui all'articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009 n. 196. Su di essi è richiesto anche il parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari. Il Governo, ove non intenda conformarsi alle condizioni formulate con riferimento all'esigenza di garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, ritrasmette alle Camere i testi, corredati dei necessari elementi integrativi d'informazione, per i pareri definitivi delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari, che devono essere espressi entro venti giorni.

5. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi fissati dalla legge di delegazione europea, il Governo può adottare, con la procedura indicata nei commi 2, 3 e 4, disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi emanati ai sensi del citato comma 1, fatto salvo quanto previsto dal comma 6.

5. Identico

6. I decreti legislativi di attuazione delle direttive previste dalla legge di delegazione europea, adottati, ai sensi dell'articolo 117, quinto comma, della Costituzione, nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome, si applicano alle condizioni e secondo le procedure di cui all'articolo 26 della presente legge. 

6. I decreti legislativi di attuazione delle direttive previste dalla legge di delegazione europea, adottati, ai sensi dell’articolo 117, quinto comma, della Costituzione, nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome, si applicano alle condizioni e secondo le procedure di cui all’articolo 27.

7. I decreti legislativi adottati ai sensi dell'articolo 23, se attengono a materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, sono emanati alle condizioni e secondo le procedure di cui all'articolo 26.

 

8. Il Governo, quando non intende conformarsi ai pareri parlamentari di cui al comma 3, relativi a sanzioni penali contenute negli schemi di decreti legislativi recanti attuazione delle direttive, ritrasmette con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni i testi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica. Decorsi venti giorni dalla data di ritrasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza di nuovo parere.

7. Il Governo, quando non intende conformarsi ai pareri parlamentari di cui al comma 3, relativi a sanzioni penali contenute negli schemi di decreti legislativi recanti attuazione delle direttive, ritrasmette con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni i testi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica per un secondo parere. Decorsi venti giorni dalla data di ritrasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza di nuovo parere.

 

8. Agli eventuali oneri derivanti dall’attuazione delle deleghe contenute nella legge di delegazione annuale si provvede, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nei limiti delle risorse e con le modalità previste dall’articolo 11, comma 3-bis, della medesima legge 31 dicembre 2009, n. 196.

 

9. All’articolo 11 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, dopo il comma 3 è inserito il seguente:

“3-bis. La legge di stabilità annuale indica altresì la quota dell’accantonamento del fondo speciale di parte corrente relativo al Ministero dell’economia e delle finanze da destinare all’attuazione della legge di delegazione europea. Tale quota non può essere utilizzata per finalità difformi. In caso di mancata approvazione della legge di delegazione europea entro il 30 giugno successivo alla sua presentazione alle Camere, la quota può essere destinata ad altre finalità”.

10. All’articolo 17 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 al comma 1, la lettera a) è sostituita dalla seguente:

“a) mediante utilizzo degli accantonamenti iscritti nei fondi speciali previsti dall'articolo 18, restando precluso sia l'utilizzo di accantonamenti del conto capitale per iniziative di parte corrente, sia l'utilizzo per finalità difformi di accantonamenti per regolazioni contabili e debitorie e per provvedimenti in adempimento di obblighi internazionali nonché della quota dell’accantonamento del fondo speciale di parte corrente relativo al Ministero dell’economia e delle finanze destinato alla copertura dell’attuazione della legge di delegazione europea, alle condizioni e nei limiti previsti dall’articolo 11, comma 3-bis”.

 

 

Gli articoli 21 del d.d.l. governativo e 26 del testo unificato disciplinano, per la prima volta, la procedura per l’esercizio delle deleghe conferite al Governo con legge di delegazione, oggetto di regolazione pressoché costante nelle singole leggi comunitarie. I due articoli recano un contenuto pressoché identifico stabilendo che:

- la responsabilità del procedimento è attribuita al Presidente del Consiglio dei Ministri o al Ministro per le politiche europee;

- è previsto un termine di scadenza della delega legislativa non più coincidente con quello di recepimento della direttiva ma anticipato di due mesi rispetto ad esso, al fine, come si legge nella relazione illustrativa al d.d.l. governativo, di evitare l’avvio di procedure di infrazione per mancato recepimento, considerato che nel passato la coincidenza tra i due termini, unitamente alla proroga di novanta giorni, ha determinato di fatto un differimento della delega fino a tre mesi e la conseguente apertura di procedure d’infrazione. Sempre la relazione illustrativa ricorda che con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona lo Stato inadempiente incorre in sanzioni pecuniarie già nel contesto del procedimento giurisdizionale di accertamento dell’inadempienza;

- viene poi previsto che nell’allegato alla legge di delegazione siano indicate le direttive per l’attuazione delle quali è previsto il parere delle Commissioni parlamentari.

Il testo unificato prevede, a differenza del disegno di legge governativo, due commi (9 e 10) che apportano modifiche alla legge 196/2009, legge di contabilità e finanza pubblica, prevedendo che la legge di stabilità annuale deve indicare la quota dell’accantonamento del fondo speciale di parte corrente del Ministero dell’economia da destinare all’attuazione della legge di delegazione europea  e che la copertura delle leggi di spesa non può essere rinvenuta utilizzando l’accantonamento di tale fondo speciale.

 


Principi e criteri direttivi generali di delega
(art. 22 del ddl C. 3866 e artt. 27 e 32, comma 1, del testo unificato)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art. 22

Art. 27

(Princìpi e criteri direttivi generali di delega)

(Princìpi e criteri direttivi generali di delega per l’attuazione del diritto dell’Unione europea)

1. Salvi gli specifici princìpi e criteri direttivi stabiliti dalla legge di delegazione europea e in aggiunta a quelli contenuti nelle direttive da attuare, i decreti legislativi di cui all'articolo 21 sono informati ai seguenti princìpi e criteri direttivi generali:

1. Fatti salvi i princìpi e criteri direttivi specifici per le singole materie, stabiliti con la legge di delegazione europea annuale, e in aggiunta a quelli contenuti negli atti dell’Unione europea da attuare, l'esercizio delle deleghe legislative di cui all'articolo 23, si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) le amministrazioni direttamente interessate provvedono all'attuazione dei decreti legislativi con le ordinarie strutture amministrative, secondo il principio della massima semplificazione dei procedimenti e delle modalità di organizzazione e di esercizio delle funzioni e dei servizi;

a) le amministrazioni direttamente interessate provvedono all'attuazione dei decreti legislativi con le ordinarie strutture amministrative;

b) ai fini di un migliore coordinamento con le discipline vigenti per i singoli settori interessati dalla normativa da attuare, sono introdotte le occorrenti modificazioni alle discipline stesse, anche attraverso il riassetto e la semplificazione normativi con l'indicazione esplicita delle norme abrogate, fatti salvi i procedimenti oggetto di semplificazione amministrativa ovvero le materie oggetto di delegificazione;

b) ai fini di un migliore coordinamento con le discipline vigenti per i singoli settori interessati dalla normativa da attuare, sono introdotte le occorrenti modificazioni alle discipline stesse, fatti salvi le materie oggetto di delegificazione e i procedimenti oggetto di semplificazione amministrativa;

c) al di fuori dei casi previsti dalle norme penali vigenti, ove necessario per assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, sono previste sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti stessi. Le sanzioni penali, nei limiti, rispettivamente, dell'ammenda fino a 150.000 euro e dell'arresto fino a tre anni, sono previste, in via alternativa o congiunta, solo nei casi in cui le infrazioni ledono o espongono a pericolo interessi costituzionalmente protetti. In tali casi sono previste: la pena dell'ammenda alternativa all'arresto per le infrazioni che espongono a pericolo o che danneggiano l'interesse protetto; la pena dell'arresto congiunta a quella dell'ammenda per le infrazioni che recano un danno di particolare gravità. Nelle predette ipotesi, in luogo dell'arresto e dell'ammenda, possono essere previste anche le sanzioni alternative di cui agli articoli 53 e seguenti del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, e la relativa competenza del giudice di pace. La sanzione amministrativa del pagamento di una somma non inferiore a 150 euro e non superiore a 150.000 euro è prevista per le infrazioni che ledono o che espongono a pericolo interessi diversi da quelli indicati dalla presente lettera. Nell'ambito dei limiti minimi e massimi previsti, le sanzioni indicate nella presente lettera sono determinate nella loro entità, tenendo conto della diversa potenzialità lesiva dell'interesse protetto che ciascuna infrazione presenta in astratto, di specifiche qualità personali del colpevole, comprese quelle che impongono particolari doveri di prevenzione, controllo o vigilanza, nonché del vantaggio patrimoniale che l'infrazione può recare al colpevole ovvero alla persona o all'ente nel cui interesse egli agisce. Ove necessario per assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, sono previste inoltre le sanzioni amministrative accessorie della sospensione fino a sei mesi e, nei casi più gravi, della privazione definitiva di facoltà e di diritti derivanti da provvedimenti dell'amministrazione, nonché sanzioni penali accessorie nei limiti stabiliti dal codice penale. Al medesimo fine è prevista la confisca obbligatoria delle cose che servirono o furono destinate a commettere l'illecito amministrativo o il reato previsti dai medesimi decreti legislativi, nel rispetto dei limiti stabiliti dall'articolo 240, terzo e quarto comma, del codice penale e dall'articolo 20 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni.

Entro i limiti di pena indicati nella presente lettera sono previste sanzioni anche accessorie identiche a quelle eventualmente già comminate dalle leggi vigenti per violazioni omogenee e di pari offensività rispetto alle infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi.

 

 

 

 

 

 

 

Nelle materie di cui all'articolo 117, quarto comma, della Costituzione, le sanzioni amministrative sono determinate dalle regioni;

c) al di fuori dei casi previsti dalle norme penali vigenti, ove necessario per assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, sono previste sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti stessi. Le sanzioni penali, nei limiti, rispettivamente, dell'ammenda fino a 150.000 euro e dell'arresto fino a tre anni, sono previste, in via alternativa o congiunta, solo nei casi in cui le infrazioni ledono o espongono a pericolo interessi costituzionalmente protetti. In tali casi sono previste: la pena dell'ammenda alternativa all'arresto per le infrazioni che espongono a pericolo o che danneggiano l'interesse protetto; la pena dell'arresto congiunta a quella dell'ammenda per le infrazioni che recano un danno di particolare gravità. Nelle predette ipotesi, in luogo dell'arresto e dell'ammenda, possono essere previste anche le sanzioni alternative di cui agli articoli 53 e seguenti del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, e la relativa competenza del giudice di pace. La sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma non inferiore a 150 euro e non superiore a 150.000 euro è prevista per le infrazioni che ledono o che espongono a pericolo interessi diversi da quelli indicati dalla presente lettera. Nell'ambito dei limiti minimi e massimi previsti, le sanzioni indicate dalla presente lettera sono determinate nella loro entità, tenendo conto della diversa potenzialità lesiva dell'interesse protetto che ciascuna infrazione presenta in astratto, di specifiche qualità personali del colpevole, comprese quelle che impongono particolari doveri di prevenzione, controllo o vigilanza, nonché del vantaggio patrimoniale che l'infrazione può recare al colpevole o alla persona o all'ente nel cui interesse egli agisce.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Entro i limiti di pena indicati dalla presente lettera sono previste sanzioni identiche a quelle eventualmente già comminate dalle leggi vigenti per le violazioni omogenee e di pari offensività rispetto alle infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi.

Le somme derivanti dalle sanzioni di nuova istituzione, stabilite con i provvedimenti adottati in attuazione della presente legge, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, alle amministrazioni competenti all'irrogazione delle stesse;

d) all'attuazione di direttive che modificano precedenti direttive già attuate con legge o con decreto legislativo si procede, se la modificazione non comporta ampliamento della materia regolata, apportando le corrispondenti modificazioni alla legge o al decreto legislativo di attuazione della direttiva modificata;

d) all'attuazione di direttive o di altri atti dell’Unione europea che modificano precedenti direttive o atti già attuati con legge o con decreto legislativo si procede, se la modificazione non comporta ampliamento della materia regolata, apportando le corrispondenti modificazioni alla legge o al decreto legislativo di attuazione della direttiva o altro atto modificato;

e) nella stesura dei decreti legislativi di cui all'articolo 21 si tiene conto delle eventuali modificazioni delle direttive dell'Unione europea comunque intervenute fino al momento dell'esercizio della delega;

e) nella predisposizione dei decreti legislativi si tiene conto delle eventuali modificazioni delle direttive o degli altri atti dell’Unione europea comunque intervenute fino al momento dell'esercizio della delega;

f) quando si verificano sovrapposizioni di competenze tra amministrazioni diverse o comunque sono coinvolte le competenze di più amministrazioni statali, i decreti legislativi individuano, attraverso le più opportune forme di coordinamento, rispettando i princìpi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione e le competenze delle regioni e degli altri enti territoriali, le procedure per salvaguardare l'unitarietà dei processi decisionali, la trasparenza, la celerità, l'efficacia e l'economicità nell'azione amministrativa e la chiara individuazione dei soggetti responsabili;

f) identica

g) qualora non siano d'ostacolo i diversi termini di recepimento, sono attuate con un unico decreto legislativo le direttive che riguardano le stesse materie o che comunque comportano modifiche degli stessi atti normativi;

g) identica

 

 

h) è assicurata la parità di trattamento dei cittadini italiani rispetto ai cittadini degli altri Stati membri dell'Unione europea e non può essere previsto in ogni caso un trattamento sfavorevole dei cittadini italiani.

Art. 32

(Parità di trattamento)

1. Le norme italiane di recepimento e di attuazione di norme e di princìpi dell'Unione europea assicurano la parità di trattamento dei cittadini italiani rispetto ai cittadini degli altri Stati membri dell'Unione europea residenti o stabiliti nel territorio nazionale o che vi prestino servizio ai sensi dell’articolo 49 del Trattato istitutivo della Comunità europea e non possono in ogni caso comportare un trattamento sfavorevole dei cittadini italiani.

 

 

Gli articoli 22 del d.d.l. governativo e 27 del testo unificato contengono disposizioni pressoché equivalenti in materia di princìpi e criteri generali di delega, materia anch’essa di norma contenuta nelle singole leggi comunitarie che per la prima volta viene trasposta nella legge che regola la partecipazione dell’Italia all’Unione europea.

Rispetto al testo unificato, il d.d.l. governo prevede, nell’ambito del criterio relativo alle sanzioni, che possono essere previste:

·       sanzioni amministrative accessorie consistenti nella sospensione fino a sei mesi e, nei casi più gravi, nella privazione definitiva di facoltà e diritti derivanti da provvedimenti dell’amministrazione;

·       sanzioni penali accessorie;

·       confisca obbligatoria delle cose che servirono a commettere l’illecito amministrativo;

Viene, inoltre, specificato che nelle materie di cui all’articolo 117, quarto comma, della Costituzione le sanzioni amministrative sono determinate dalle regioni.

Infine, la lettera h) dell’articolo 22, relativa alla parità di trattamento dei cittadini italiani rispetto ai cittadini degli altri Stati membri, risulta disciplinata all’articolo 32 del testo unificato.


Delega al Governo per la disciplina sanzionatoria di atti normativi dell’Unione europea
(art. 23 del ddl C. 3866)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art. 23
(Delega al Governo per la disciplina sanzionatoria di violazioni di atti normativi dell'Unione europea)

 

1. Al fine di assicurare la piena integrazione delle norme dell'Unione europea nell'ordinamento nazionale, fatte salve le norme penali vigenti, la legge di delegazione europea delega il Governo ad adottare, entro due anni dalla data della sua entrata in vigore, disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative per le violazioni di obblighi contenuti in direttive europee attuate in via regolamentare o amministrativa, ai sensi delle leggi di delegazione europee vigenti, o in regolamenti dell'Unione europea pubblicati alla data della sua entrata in vigore, per le quali non sono già previste sanzioni penali o amministrative.

 

2. La delega di cui al comma 1 del presente articolo è esercitata con decreti legislativi adottati ai sensi dell'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche europee e del Ministro della giustizia, di concerto con i ministri competenti per materia. I decreti legislativi si informano, oltre che ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 22, comma 1, lettera c), a quelli specifici contenuti nella legge di delegazione europea, qualora indicati.

 

3. Gli schemi di decreto legislativo di cui al presente articolo sono trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica per l'espressione del parere da parte dei competenti organi parlamentari con le modalità e nei termini previsti dai commi 3 e 7 dell'articolo 21.

 

 

L’articolo 23 del d.d.l. governativo detta disposizioni, che non sembrano rinvenibili nel testo unificato, relative all’adozione di disposizioni sanzionatorie di comportamenti che costituiscono violazioni di direttive comunitarie applicate con fonti secondarie o di regolamenti direttamente applicabili. Si tratta, anche in questo caso, di disposizioni contenute in precedenti leggi comunitarie.


Attuazione in via regolamentare e amministrativa
(art. 24 del ddl C. 3866 e art. 29 del testo unificato)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art. 24
(Attuazione in via regolamentare e amministrativa)

Art. 29
(Attuazione in via regolamentare e amministrativa)

1. Nelle materie di cui all'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, già disciplinate con legge, ma non coperte da riserva assoluta di legge, le direttive dell'Unione europea possono essere attuate mediante regolamento se così dispone la legge di delegazione europea. Il Governo presenta alle Camere, in allegato al disegno di legge di delegazione europea, un elenco delle direttive per l'attuazione delle quali chiede l'autorizzazione di cui all'articolo 20, comma 1, lettera b).

1. Nelle materie di cui all'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, già disciplinate con legge, ma non coperte da riserva assoluta di legge, le direttive o, ove necessario, i regolamenti e gli atti delegati adottati da istituzioni dell'Unione europea possono essere attuati mediante regolamento se così dispone la legge europea. Il Governo presenta alle Camere, in allegato al disegno di legge di delegazione europea, un elenco delle direttive per l'attuazione delle quali chiede l'autorizzazione di cui all'articolo 25, comma 3, lettera a).

2. I regolamenti di cui al comma 1 del presente articolo sono adottati ai sensi dell'articolo 17, commi 1 e 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche europee e del Ministro con competenza istituzionale prevalente per la materia, di concerto con gli altri ministri interessati. Sugli schemi di regolamento è acquisito il parere del Consiglio di Stato, che deve esprimersi entro quarantacinque giorni dalla richiesta. Decorso il predetto termine, o il termine previsto dal citato articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, e successive modificazioni, i regolamenti sono emanati anche in mancanza dei pareri.

2. I regolamenti di cui al comma 1 del presente articolo sono adottati ai sensi dell'articolo 17, commi 1 e 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche europee e del Ministro con competenza istituzionale prevalente per la materia, di concerto con gli altri Ministri interessati. Sugli schemi di regolamento è acquisito il parere del Consiglio di Stato, che deve esprimersi entro quarantacinque giorni dalla richiesta. Sugli schemi di regolamento è altresì acquisito, se così dispone la legge europea, il parere dei competenti organi parlamentari, ai quali gli schemi di regolamento sono trasmessi con apposite relazioni cui è allegato il parere del Consiglio di Stato e che si esprimono entro quaranta giorni dall'assegnazione. Decorsi i predetti termini, i regolamenti sono emanati anche in mancanza di detti pareri.

3. Nelle materie di cui all'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, già disciplinate con legge, ma non coperte da riserva assoluta di legge, il Governo è autorizzato a recepire nell'ordinamento nazionale con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, gli atti della Commissione europea non autonomamente applicabili, adottati su delega di un atto legislativo dell'Unione europea ai sensi dell'articolo 290 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Il Governo vi provvede secondo quanto disposto dal comma 2.

 

4. Nelle materie di cui all'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, non disciplinate dalla legge o da regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, commi 1 e 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, e non coperte da riserva di legge, le direttive possono essere attuate con regolamento ministeriale o interministeriale, ai sensi del citato articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, o, ove di contenuto non normativo, con atto amministrativo generale da parte del Ministro con competenza prevalente per la materia, di concerto con gli altri ministri interessati. Con le medesime modalità sono attuate le successive modifiche e integrazioni delle direttive.

5. Nelle materie di cui all'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, non disciplinate dalla legge o da regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, commi 1 e 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, e non coperte da riserva di legge, le direttive possono essere attuate con regolamento ministeriale o interministeriale, ai sensi del citato articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, o con atto amministrativo generale da parte del Ministro con competenza prevalente per la materia, di concerto con gli altri Ministri interessati. Con le medesime modalità sono attuate le successive modifiche e integrazioni delle direttive.

5. I regolamenti di cui ai commi da 1 a 4 tengono conto anche delle eventuali modificazioni della disciplina europea intervenute fino al momento della loro adozione e si conformano alle seguenti norme generali, nel rispetto dei princìpi e delle disposizioni contenuti nelle direttive da attuare:

4. I regolamenti di cui al comma 1 tengono conto anche delle eventuali modificazioni della disciplina dell'Unione europea intervenute fino al momento della loro adozione.

3. I regolamenti di cui al comma 1 si conformano alle seguenti norme generali, nel rispetto dei princìpi e delle disposizioni contenuti nelle direttive o negli altri atti dell’Unione europea da attuare:

a) individuazione della responsabilità e delle funzioni attuative delle amministrazioni, nel rispetto del principio di sussidiarietà;

a) identica;

b) esercizio dei controlli da parte degli organismi già operanti nel settore e secondo modalità che assicurano efficacia, efficienza, sicurezza e celerità;

b) identica;

c) esercizio delle opzioni previste dalle direttive in conformità alle peculiarità socio-economiche nazionali e locali e alla normativa di settore;

c) esercizio delle opzioni previste dalle direttive o negli altri atti dell’Unione europea in conformità alle peculiarità socio-economiche statali, regionali e locali e alla normativa di settore;

d) fissazione di termini e di procedure, nel rispetto delle disposizioni dell'articolo 20, comma 5, della legge 15 marzo 1997, n. 59.

d) fissazione di termini e procedure, nel rispetto dei princìpi di cui all'articolo 20, comma 5, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni.

6. Quando direttive dell'Unione europea da recepire ai sensi del comma 1 del presente articolo, consentono scelte in ordine alle modalità della loro attuazione, la legge detta i princìpi e criteri direttivi in linea con quelli stabiliti dalle leggi di cui all'articolo 19 per l'anno di riferimento. Con legge sono dettate, inoltre, le disposizioni necessarie per introdurre sanzioni penali o amministrative o per individuare le autorità pubbliche competenti per l'esercizio delle funzioni amministrative inerenti all'applicazione della nuova disciplina. La legge provvede in ogni caso ove l'attuazione delle direttive comporti:

6. In ogni caso, qualora le direttive consentano scelte in ordine alle modalità della loro attuazione, la legge europea o un'altra legge dello Stato detta i princìpi e criteri direttivi. Con legge sono dettate, inoltre, le disposizioni necessarie per introdurre sanzioni penali o amministrative o per individuare le autorità pubbliche cui affidare le funzioni amministrative inerenti all'applicazione della nuova disciplina.

 

7. La legge europea provvede in ogni caso, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettera c), ove l'attuazione delle direttive o dei regolamenti comporti:

a) l'istituzione di nuovi organi o strutture amministrativi;

a) identica;

b) la previsione di nuove spese o di minori entrate.

b) identica.

7. Fermo quanto previsto dall'articolo 23, la legge di delegazione europea può disporre che, all'attuazione di ciascuna modifica delle direttive da attuare mediante regolamento ai sensi del presente articolo, si provveda con la procedura di cui al comma 2 del presente articolo.

 

 

 

Gli articoli 24 del d.d.l. 3866 e 29 del testo unificato prevedono che in taluni casi il Governo possa attuare la normativa europea con regolamento o atto amministrativo.

Più in particolare, il regolamento può essere adottato:

- se il Governo viene autorizzato in tal senso dalla legge di delegazione europea (il testo unificato fa riferimento alla legge europea ma sembra trattarsi di un errore dal momento che l’articolo 25 del testo unificato, nel definire i contenuti della legge di delegazione, prevede, al comma 3, lett. a), che essa possa contenere disposizioni che autorizzano il Governo ad attuare in via regolamentare le direttive o altri atti dell’Unione europea);

- si tratti di materia non coperta da riserva assoluta di legge

- rientri nelle materie di competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, della Costituzione.

Il disegno di legge governativo ed il testo unificato si differenziano in quanto:

- il d.d.l. 3866 fa partitamente riferimento ai regolamenti attuativi di direttive per i quali si prevede l’adozione ai sensi dell’articolo 17, commi 1 e 2, della legge n. 400/1988 e ai regolamenti attuativi degli atti della Commissione europea non autonomamente applicabili adottati su delega di un atto legislativo dell’U.E ai sensi dell’’art. 290 del Trattato sul funzionamento dell’U:E, per i quali fa riferimento, in ordine alla loro adozione, esclusivamente al comma 1, dell’art. 17 della legge 400/1988. Il testo unificato fa riferimento, invece, ad entrambe le tipologie di atti europei per assoggettarli entrambi a quanto previsto dai commi 1 e 2 dell’articolo 17 L. 400/1988

 

Si ricorda, al riguardo, che l’articolo 17 della legge n.400/1988, detta la disciplina in ordine all’adozione dei regolamenti, prevedendo:

- al comma 1, che decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta, possono essere emanati regolamenti per disciplinare: a) l'esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi, nonché dei regolamenti comunitari; b) l'attuazione e l'integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio, esclusi quelli relativi a materie riservate alla competenza regionale; c) le materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge, sempre che non si tratti di materie comunque riservate alla legge; d) l'organizzazione ed il funzionamento delle amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate dalla legge;

- al comma 2 che con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia, che si pronunciano entro trenta giorni dalla richiesta, sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari.

 

- il testo unificato specifica che sugli schemi di regolamento è acquisito il parere degli organi parlamentari competenti se così dispone la legge europea. Si fa presente al riguardo che, oltre a non sembrare corretto il riferimento alla legge europea, dovendo il riferimento essere alla legge di delegazione europea, la disposizione sembra collidere con quanto previsto dal comma 2 dell’articolo 17 L.n. 400/1988 che al secondo comma prevede in ogni caso il parere delle Commissioni parlamentari competenti per la tipologia dei regolamenti disciplinati.

 

Si prevede, poi, con disciplina analoga tra i due provvedimenti che nelle materie di competenza esclusiva dello Stato, non disciplinate da legge o da regolamento e non coperte da riserva di legge, le direttive possono anche essere attuate con regolamento ministeriale o interministeriale ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della L. n. 400/1988, ove di contenuto non normativo (tale specifica non è contenuta nel testo unificato) con atto amministrativo generale.

Seguono, poi, con contenuto pressoché equivalente, la specifica delle norme generali cui devono attenersi i regolamenti in esame, prevedendo, altresì, che con legge (anche in tal caso il testo unificato fa riferimento alla legge europea e non alla legge di delegazione europea) vengano stabiliti i princìpi e criteri direttivi della disciplina, qualora la stessa possa essere definita con un certo margine di discrezionalità in relazione al contenuto delle stesse direttive da attuare, le sanzioni penali o amministrative qualora necessarie, l’istituzione di nuovi organi nonché la previsione di nuove spese.  


Attuazione di atti di esecuzione dell’U.E.
(art. 25 del ddl C. 3866 e art. 30 testo unificato)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art. 25
(Attuazione di atti di esecuzione dell'Unione europea).

Art. 30
(Attuazione di atti di esecuzione dell'Unione europea).

1. Agli atti di esecuzione non autonomamente applicabili, adottati dal Consiglio dell'Unione europea o dalla Commissione europea in esecuzione di atti dell'Unione europea già recepiti o già efficaci nell'ordinamento nazionale, è data attuazione, nelle materie di cui all'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, con decreto del Ministro competente per materia, che ne dà tempestiva comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee.

1. Agli atti di esecuzione non autonomamente applicabili nell’ordinamento nazionale, adottati dal Consiglio o dalla Commissione europea in esecuzione di atti dell’Unione europea già recepiti o già efficaci nell'ordinamento nazionale, è data attuazione, nelle materie di cui all'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, con decreto del Ministro competente per materia, che ne dà tempestiva comunicazione al Dipartimento per le politiche europee.

 

Gli articoli 25 del d.d.l. 3866 e 30 del testo unificato disciplinano in modo sostanzialmente uniforme l’attuazione degli atti di esecuzione non autonomamente applicabili adottati dal Consiglio o dalla Commissione europea relativi ad atti già attuati nell’ordinamento nazionale. In relazione a tale tipologia di atti, si prevede che gli stessi vengano adottati, nelle materia di competenza esclusiva dello Stato, con decreto del Ministro competente che ne dà comunicazione alla Presidenza del Consiglio - Dipartimento per le politiche europee (il testo unificato fa riferimento esclusivamente al Dipartimento per le politiche europee).


Decisioni dell’Unione europea
(art. 31 del testo unificato)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

Art. 31

 

(Decisioni dell'Unione europea)

 

1. A seguito della notificazione di decisioni adottate dal Consiglio dell'Unione europea o dalla Commissione europea, destinate alla Repubblica italiana, che rivestono particolare importanza per gli interessi nazionali o che comportano rilevanti oneri di esecuzione, il Ministro per le politiche europee, consultati il Ministro degli affari esteri e i Ministri interessati e d'intesa con essi, ne riferisce al Consiglio dei ministri.

 

2. Il Consiglio dei ministri, se non delibera l'eventuale impugnazione della decisione, emana le direttive opportune per l'esecuzione della decisione a cura delle autorità competenti.

 

3. Se l'esecuzione della decisione investe le competenze di una regione o di una provincia autonoma, il presidente della regione o della provincia autonoma interessata interviene alla riunione del Consiglio dei ministri, con voto consultivo, salvo quanto previsto dagli statuti speciali.

 

4. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee trasmette il testo delle decisioni adottate dal Consiglio dell'Unione europea o dalla Commissione europea alle Camere per la formulazione di eventuali osservazioni e atti di indirizzo ai fini della loro esecuzione. Nelle materie di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano le stesse decisioni altresì sono trasmesse agli enti interessati per il tramite della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome e della Conferenza dei presidenti dell'Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome, per la formulazione di eventuali osservazioni.

 

 

L’articolo in esame riporta integralmente il contenuto delle disposizioni già contenute nell’articolo 14 della legge n.11 del 2005. Analoghe disposizioni non sono rinvenibili nel disegno di legge governativo.


Norme cedevoli o potere sostitutivo dello Stato
(art. 26 del ddl C. 3866 e art. 36 del testo unificato)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art. 26
(Norme cedevoli)

Art. 36
(Poteri sostitutivi dello Stato)

 

 

1. In relazione a quanto disposto dall'articolo 117, quinto comma, della Costituzione, fermo restando quanto previsto dal decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, i provvedimenti di attuazione degli atti dell'Unione europea possono essere adottati nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano al fine di porre rimedio all'eventuale inerzia dei suddetti enti nel dare attuazione ad atti dell'Unione europea.

In tale caso, i provvedimenti statali adottati si applicano, per le regioni e per le province autonome nelle quali non è ancora in vigore la rispettiva normativa di attuazione, a decorrere dalla scadenza del termine stabilito per l'attuazione della rispettiva normativa dell'Unione europea e perdono comunque efficacia dalla data di entrata in vigore dei provvedimenti di attuazione di ciascuna regione e provincia autonoma. I provvedimenti statali recano l'esplicita indicazione della natura sostitutiva del potere esercitato e del carattere cedevole delle disposizioni in essi contenute.

I predetti atti normativi sono sottoposti al preventivo esame della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

1. In conformità a quando disposto dagli articoli 117, quinto comma, e 120, secondo comma, della Costituzione, possono essere adottati atti normativi statali nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome al fine di porre rimedio all'eventuale inerzia dei suddetti enti nel dare attuazione a norme dell'Unione europea.

 

2. Gli atti normativi statali adottati ai sensi del comma 1 si applicano, per le regioni e per le province autonome nelle quali non sia ancora in vigore la propria normativa di attuazione, a decorrere dalla scadenza del termine stabilito per l'attuazione della rispettiva normativa dell'Unione europea, perdono comunque efficacia dalla data di entrata in vigore della normativa di attuazione di ciascuna regione e provincia autonoma e recano l'esplicita indicazione della natura sostitutiva del potere esercitato e del carattere cedevole delle disposizioni in essi contenute.

 

3. Gli atti normativi di cui ai commi 1 e 2 sono sottoposti al preventivo esame della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

 

4. Nel caso di sentenze dalla Corte di giustizia dell'Unione europea che accertino la violazione da parte dell'Italia della normativa europea, per effetto di un atto di competenza delle regioni, il Consiglio dei ministri fissa agli enti interessati un congruo termine per provvedere, decorso inutilmente il quale l'atto oggetto della citata pronuncia perde efficacia. In tal caso di applica la normativa statale sostitutiva, ove adottata.

 

La disciplina dei poteri statali sostitutivi viene prevista dall’articolo 26 del ddl C. 3866 e dall’articolo 36 del testo unificato: entrambi i provvedimenti in esame ripropongono, con alcune modifiche, il contenuto del comma 8 dell’articolo 11 della Legge 11 del 2005.

Il testo unificato dispone anche in merito all’esercizio del potere sostitutivo previsto dall’articolo 120 della Costituzione e all’attuazione di sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea.

In particolare, il comma 4, dispone la perdita di efficacia degli atti regionali adottati in violazione della normativa europea, accertata da sentenza della Corte di giustizia, una volta trascorso il congruo termine fissato dal Consiglio dei ministri affinché la regione provveda, senza che questa abbia provveduto ad adeguarvisi. In tali casi, si applicherà la normativa statale sostitutiva, ove adottata.

In tale modo, si prevede una specifica modalità di esercizio del potere sostitutivo dello Stato nei confronti delle regioni, previsto in via di principio dall’articolo 120 della Costituzione (“nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria”), che per garantire il rispetto della normativa comunitaria, quando la violazione sia ascrivibile alla regione, prevede l’abrogazione e l’annullamento delle leggi e degli atti regionali difformi ad opera della clausola generale prevista dalla disposizione in oggetto

In proposito, si valuti innanzitutto l’opportunità di precisare la natura, normativa (come la portata complessiva della disposizione lascerebbe intendere) o/e amministrativa, dell’atto di competenza delle regioni.

In secondo luogo, la disposizione in commento andrebbe valutata alla luce del principio di equi-ordinazione della legge statale e della legge regionale, oggi sancito dall’articolo 117, primo comma.

 

A tale proposito si ricorda che nell’ordinamento si riscontrano ipotesi di sospensione degli effetti di leggi regionali (ad es. D.L. 297/2006. Si ricorda inoltre che il Governo ha emanato il decreto-legge 16 agosto 2006, n. 251, con cui tra l’altro ha disposto la sospensione degli effetti delle deroghe adottate dalle regioni in difformità dall’ordinamento comunitario e statale, nonché l’abrogazione e l’annullamento delle leggi e degli atti regionali difformi, una volta trascorso il termine di novanta giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge senza che le regioni abbiano provveduto ad adeguarvisi. Il decreto-legge non è stato convertito nei termini costituzionali.

 

La disciplina dei poteri statali sostitutivi è contenuta – nell’ambito della Legge 11 – in vari articoli, che riprendono sostanzialmente quanto già previsto in materia nelle leggi comunitarie approvate dopo l’entrata in vigore della riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione.

Si tratta, in particolare, degli articoli art. 9, comma 1, lettera h), 11, comma 8, relativo all’attuazione in via regolamentare, 13, comma 2, relativo agli adeguamenti tecnici, e 16, comma 3, in materia di attuazione regionale.

Alla disciplina dettata dagli articoli sopra menzionati si aggiunge quanto previsto dall’articolo 8 della legge n. 131 del 2003 (c.d. legge La Loggia), volto a regolare l’esercizio del diverso potere sostitutivo previsto dall’articolo 120 della Costituzione.

Per quanto riguarda i rapporti tra la sostituzione delineata dagli articoli della Legge 11 e quella disciplinata dalla Legge 131 del 2003, si evidenzia che le due leggi fanno riferimento a diversi articoli della Costituzione: le disposizioni della Legge 11 si pongono in attuazione dell’articolo 117, quinto comma, Costituzione, mentre l’articolo 8 della Legge 131 richiama l’articolo 120, secondo comma, Costituzione[4].

 

L’articolo 11, comma 8, della Legge 11, dando attuazione all’articolo 117, quinto comma, della Costituzione, prevede che spetta allo Stato un potere sostitutivo per i casi di inadempienza delle regioni e delle province autonome agli obblighi di attuazione degli atti normativi dell’Unione europea.

La norma prevede una triplice garanzia per le regioni e province autonome:

§       gli atti statali attuativi di direttive comunitarie, che intervengono su materie rimesse alla competenza legislativa – concorrente o residuale generale – delle regioni o delle province autonome, entrano in vigore solo alla data di scadenza del termine stabilito per l’attuazione della normativa comunitaria;

§       tali atti riguardano esclusivamente le regioni e province autonome che non abbiano ancora adottato la propria normativa di attuazione;

§       gli atti statali perdono comunque efficacia dalla data di entrata in vigore della normativa regionale (o provinciale) di attuazione delle direttive comunitarie, e devono recare l’esplicita indicazione della natura sostitutiva e cedevole del potere esercitato e delle disposizioni in essi contenute;

§       gli atti statali sono sottoposti all’esame preventivo della Conferenza unificata.

 

La norma in oggetto persegue una duplice finalità: da un lato, quella di rispettare il riparto di competenze legislative delineato dall’articolo 117 della Costituzione e le funzioni in materia di attuazione degli atti comunitari attribuite alle regioni dal quinto comma del medesimo articolo 117; dall’altro, quella di garantire allo Stato uno strumento per evitare l’insorgere di una responsabilità nei confronti dell’Unione europea e il verificarsi di ritardi tali da esporre l’Italia a procedure di infrazione.

Analogamente, l’articolo 13, comma 2, sempre in attuazione dell’articolo 117, quinto comma, della Costituzione, stabilisce che i provvedimenti in materia di adeguamenti tecnici possono essere adottati nelle materie di competenza legislativa regionale in caso di inerzia delle regioni e province autonome. In tale caso, i provvedimenti statali adottati si applicano secondo modalità analoghe a quelle definite dall’articolo 11. In particolare, i citati provvedimenti statali si applicano, per le regioni e le province autonome nelle quali non sia ancora in vigore la normativa di attuazione, a decorrere dalla scadenza del termine stabilito per il recepimento della normativa comunitaria e perdono efficacia dalla data di entrata in vigore della normativa attuativa. I provvedimenti recano l'esplicita indicazione della natura sostitutiva del potere esercitato e del carattere cedevole delle disposizioni in essi contenute.

Infine, l’articolo 16, comma 3, in riferimento all’attuazione regionale delle direttive comunitarie, chiarisce che le disposizioni legislative adottate dallo Stato per l’adempimento degli obblighi comunitari in materie di competenza regionale si applicano “alle condizioni e secondo la procedura di cui all’articolo 11, comma 8”.

 

 


Relazione sul mancato o ritardato recepimento di direttive dell’U.E (art. 27 del ddl C. 3866)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art. 27
(Relazioni sul mancato o ritardato recepimento di direttive dell'Unione europea)

 

1. Nel caso in cui il provvedimento di attuazione di una direttiva dell'Unione europea non sia stato adottato alla scadenza del termine da essa previsto, il Ministro per le politiche europee chiede ai ministri con competenza istituzionale prevalente per la materia le motivazioni del mancato esercizio della delega ovvero della mancata o ritardata adozione dei decreti ministeriali o della mancata o ritardata adozione del regolamento e trasmette alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica una relazione che dà conto dei motivi addotti dai Ministri a giustificazione del ritardo nel recepimento. Il Ministro per le politiche europee ogni sei mesi informa altresì la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica sullo stato di attuazione delle direttive da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano nelle materie di loro competenza, individuate ai sensi dell'articolo 28, comma 5.

 

2. Il Ministro per le politiche europee riferisce al Consiglio dei ministri ogni tre mesi sullo stato del recepimento delle direttive dell'Unione europea che risultano in scadenza nei sei mesi successivi e sulle ragioni del mancato o ritardato recepimento delle direttive, sulla base di quanto riferito dai ministri interessati ai sensi del comma 1.

 

 

 

L’articolo 27, che non trova riscontro nel testo unificato, prevede che il Ministro per le politiche europee segua costantemente la realizzazione del processo di attuazione della normativa europea nell’ordinamento nazionale:

·       chiedendo ai Ministri competenti le ragioni del mancato recepimento entro il termine previsto degli atti europei e trasmettendo alla Camera ed al Senato una relazione che dà conto dei motivi addotti dagli stessi Ministri;

·       riferendo al Consiglio dei Ministri ogni tre mesi sullo stato del recepimento delle direttive dell’UE, sul direttive in scadenza e sulle ragioni del mancato o ritardato recepimento delle direttive sulla base di quanto riferito dai Ministri interessati.


Attuazione delle direttive (degli atti normativi e delle sentenze) dell’U.E. da parte delle regioni e delle province autonome
(art. 28 del ddl C. 3866 e art. 35 del testo unificato)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art. 28
(Attuazione delle direttive dell'Unione europea da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano)

Art. 35

(Attuazione degli atti normativi e delle sentenze dell´Unione europea da parte delle regioni e delle province autonome)

1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di propria competenza legislativa, danno immediata attuazione alle direttive dell'Unione europea.

1. Le regioni e le province autonome, nelle materie di propria competenza, danno immediata attuazione alle direttive dell´Unione europea.

.

2. I provvedimenti adottati dalle regioni e dalle province autonome per dare attuazione alle direttive dell'Unione europea, nelle materie di propria competenza legislativa, recano nel titolo il numero identificativo della direttiva attuata e sono immediatamente trasmessi per posta certificata alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee, fermo restando quanto previsto all'articolo 19, comma 5, lettera e).

2. I provvedimenti adottati dalle regioni e dalle province autonome per dare attuazione alle direttive dell´Unione europea, nelle materie di propria competenza legislativa, devono recare nel titolo il numero identificativo della direttiva attuata e devono essere immediatamente trasmessi in copia conforme alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le politiche dell´Unione europea.

3. Ai fini di cui all'articolo 117, quinto comma, della Costituzione, le disposizioni legislative adottate dallo Stato per l'adempimento degli obblighi derivanti dal diritto dell'Unione europea, nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome, si applicano, per le regioni e per le province autonome, alle condizioni e secondo la procedura di cui all'articolo 26 della presente legge.

 

4. Per le direttive dell'Unione europea, nelle materie di cui all'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, il Governo indica i criteri e formula le direttive ai quali si devono attenere le regioni e le province autonome ai fini del soddisfacimento di esigenze di carattere unitario, del perseguimento degli obiettivi della programmazione economica e del rispetto degli impegni derivanti dagli obblighi internazionali. Tale funzione, fuori dei casi in cui sia esercitata con legge o con atto avente forza di legge o, sulla base della legge europea, con i regolamenti previsti dall'articolo 24 della presente legge, è esercitata mediante deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche europee, d'intesa con i ministri competenti secondo le modalità di cui all'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59.

1.Nelle materie di competenza concorrente la legge di delegazione europea indica i princìpi fondamentali non derogabili dalla legge regionale o provinciale sopravvenuta e prevalenti sulle contrarie disposizioni eventualmente già emanate dalle regioni e dalle province autonome

5. Il Ministro per le politiche europee ogni sei mesi informa le Camere sullo stato di attuazione delle direttive dell'Unione europea da parte delle regioni e delle province autonome nelle materie di loro competenza, secondo modalità di individuazione delle stesse, da definire con accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. A tal fine la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee convoca annualmente le regioni e le province autonome nell'ambito della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in sessione europea dedicata alla predisposizione del disegno di legge di delegazione europea e del disegno di legge europea di cui all'articolo 19.

 

 

3. Le regioni e le province autonome, nelle materie di propria competenza esclusiva danno altresì attuazione ai regolamenti e agli atti delegati di cui all’articolo 290 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea dell’Unione europea che richiedano l’adozione di misure legislative per l’applicazione nell’ordinamento nazionale

 

4. Fatta salva la previsione di cui all’articolo 36, comma 4, le regioni danno immediata esecuzione alle sentenze dalla Corte di giustizia dell'Unione europea che accertino la violazione da parte dell'Italia della normativa europea per effetto di un atto di competenza delle regioni,

 

La materia dell’attuazione delle direttive comunitarie da parte delle regioni e delle province autonome risulta attualmente disciplinata dall’articolo 16 della legge n.11 del 2005.

Si evidenziano di seguito le principali differenze tra il testo della legislazione vigente e quanto contenuto nel disegno di legge governativo e nel testo unificato.

Il comma 1 del testo unificato ripete sostanzialmente quanto previsto nel comma 1 dell’articolo 16 stabilendo che nelle materie di loro competenza le regioni e le province autonome danno attuazione alle direttive comunitarie mentre in quelle di competenza concorrente devono attenersi ai princìpi e criteri direttivi stabiliti nel primo caso (testo unificato) dalla legge di delegazione europea nel secondo caso (legge 11) dalla legge comunitaria.

Il disegno di legge governativo si limita, invece, al comma 1 dell’articolo 28 a prevedere l’attuazione da parte delle regioni e degli enti locali delle direttive che ricadono nell’ambito della loro competenza esclusiva; mentre al comma 4 prevede che nelle materie di competenza esclusiva statale, i criteri e princìpi direttivi cui devono attenersi le regioni sono indicati dal Governo mediante deliberazione del Consiglio dei Ministri, salvo i casi in cui siano indicati con legge o con regolamenti.

I commi 2 degli articoli in esame riproducono quanto già previsto dal comma 2 dell’articolo 16 della legge n.11/2005 prevedendo che i provvedimenti adottati dalle regioni in attuazione delle direttive comunitarie devono recare nel titolo il numero identificativo della direttiva attuata e devono essere trasmessi in copia conforme al Dipartimento politiche europee.

Il comma 3 del d.d.l. governativo disciplina, attraverso un rinvio, il caso in cui lo Stato deve esercitare il potere sostitutivo in caso di inerzia delle regioni nell’attuare la normativa europea. Il testo unificato non ripete tale disposizione, contenuta nel comma 3 dell’articolo 16 della legge n. 11 del 2005, trattandosi di un mero rinvio alla disciplina di una facoltà disciplinata in altra parte del provvedimento.

Il comma 5 del d.d.l. governativo, che non trova riscontra nel testo unificato, prevede che il Ministro per le politiche europee informi le Camere ogni sei mesi sullo stato di attuazione delle direttive da parte delle regioni e delle province autonome .

Il testo unificato prevede, invece, ai commi 3 e 4 che le regioni e le province autonome, nelle materie di loro competenza, provvedono all’attuazione dei regolamenti e degli atti delegati di cui all’articolo 290 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (co. 3) e che sono tenuti a dare immediata esecuzione alle sentenze della Corte di giustizia che accertino la violazione da parte dell’Italia della normativa europea per effetto di un atto di competenza delle regioni (co. 4).


Misure urgenti per l’adeguamento a obblighi dell’Unione europea
(art. 29 del ddl C. 3866 e art. 28 del testo unificato)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art. 29
(Misure urgenti per l'adeguamento agli obblighi derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea)

Art. 28

(Misure urgenti per l'adeguamento a obblighi dell'Unione europea derivanti dall'apertura di procedure d'infrazione o di sentenze degli organi giurisdizionali dell'Unione europea)

1. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee può proporre al Consiglio dei ministri l'adozione dei provvedimenti urgenti, diversi dalla legge di delegazione europea e dalla legge europea, necessari a fronte di atti normativi e di sentenze degli organi giurisdizionali dell'Unione europea che comportano obblighi statali di adeguamento qualora la scadenza risulti anteriore alla data di presunta entrata in vigore della legge europea relativa all'anno di riferimento, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi generali di cui all'articolo 22 e di quelli contenuti nelle leggi di cui all'articolo 19 dell'anno di riferimento.

1. Fermo restando quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 25, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee può proporre al Consiglio dei ministri l'adozione di provvedimenti, anche urgenti, necessari a fronte dell'emissione di sentenze da parte degli organi giurisdizionali dell'Unione europea o dell’avvio di procedure di infrazione nei confronti dell’Italia nonché dell’adozione di atti normativi, solo qualora la scadenza di tali obblighi risulti anteriore alla data di presunta entrata in vigore della legge di delegazione europea e della legge europea relativa all'anno in corso.

2. Nei casi di cui al comma 1, qualora gli obblighi di adeguamento ai vincoli derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea riguardino materie di competenza legislativa o amministrativa delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee informa gli enti interessati assegnando un termine per provvedere e, ove necessario, chiede che la questione sia sottoposta all'esame della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano per concordare le iniziative da assumere. In caso di mancato tempestivo adeguamento da parte dei suddetti enti, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee propone al Consiglio dei ministri le opportune iniziative ai fini dell'esercizio dei poteri sostitutivi di cui agli articoli 117, quinto comma, e 120, secondo comma, della Costituzione, secondo quanto previsto dall'articolo 26 della presente legge e dalle altre disposizioni legislative in materia.

 

 

 

Gli articoli 29 del d.d.l. 3866 e 28 del testo unificato prevedono, come ulteriore ed eventuale strumento per l’adeguamento dell’ordinamento interno al diritto europeo, l’adozione di provvedimenti urgenti da parte del Consiglio dei Ministri.

Si segnala, al riguardo, che il disegno di legge governativo non fa riferimento, a differenza del testo unificato, in ordine all’individuazione del contenuto del provvedimento, all’avvio di procedure d’infrazione nei confronti dell’Italia (richiamando solo gli atti normativi e le sentenze degli organi giurisdizionali). Inoltre, esso fa riferimento alla legge europea nel prevedere che l’emanazione del provvedimento d’urgenza è consentita solo qualora la scadenza per l’adeguamento risulti anteriore alla data di entrata in vigore di tale provvedimento. Tale richiamo non sembra corretto dal momento che il provvedimento governativo configura la legge europea come eventuale mentre individua la sola legge di delegazione europea come provvedimento con cadenza annuale.

Il d.d.l. governativo, al comma 2, specifica il caso in cui gli obblighi di adeguamenti riguardino materia di competenza regionale. In tal caso si prevede che il Presidente del Consiglio assegni un termine per provvedere chiedendo, se del caso che la questione sia sottoposta alla Conferenza per i rapporti tra lo Stato e le regioni. In caso di mancato adeguamento, il Governo può esercitare i poteri sostitutivi. Tale previsione non risulta contenuta nel testo unificato.


Relazioni annuali al Parlamento
(art. 30 del ddl C. 3866 e art. 14 del testo unificato)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art. 30
(Relazioni annuali al Parlamento)

Art. 14

(Relazioni annuali al Parlamento)

1. Entro il 31 dicembre di ogni anno il Governo presenta al Parlamento una relazione che indica:

1. Identico

a) gli orientamenti e le priorità che il Governo intende perseguire nell'anno successivo con riferimento agli sviluppi del processo di integrazione europea, ai profili istituzionali e a ciascuna politica dell'Unione europea, tenendo anche conto delle indicazioni contenute nel programma legislativo e di lavoro annuale della Commissione europea e negli altri strumenti di programmazione legislativa e politica delle istituzioni dell'Unione europea. Nell'ambito degli orientamenti e delle priorità, particolare e specifico rilievo è attribuito alle prospettive e alle iniziative relative alla politica estera e di sicurezza comune e alle relazioni esterne dell'Unione europea;

a) identica;

b) gli orientamenti che il Governo ha assunto o intende assumere in merito a specifici progetti di atti normativi dell'Unione europea, a documenti di consultazione ovvero ad atti preordinati alla loro formazione, già presentati o la cui presentazione è prevista per l'anno successivo nel programma legislativo e di lavoro della Commissione europea;

b) identica;

c) le strategie di comunicazione e di formazione del Governo in merito all'attività dell'Unione europea e alla partecipazione italiana all'Unione europea.

c) le strategie di comunicazione del Governo in merito all'attività dell'Unione europea e alla partecipazione italiana all'Unione europea.

2. Al fine di fornire al Parlamento tutti gli elementi conoscitivi necessari per valutare la partecipazione dell'Italia all'Unione europea, entro il 28 febbraio di ogni anno il Governo presenta alle Camere una relazione sui seguenti temi:

2. Al fine di fornire al Parlamento tutti gli elementi conoscitivi necessari per valutare la partecipazione dell'Italia all'Unione europea, entro il 31 gennaio di ogni anno il Governo presenta alle Camere una relazione sui seguenti temi:

a) gli sviluppi del processo di integrazione europea registrati nell'anno di riferimento, con particolare riguardo alle attività del Consiglio europeo e del Consiglio dei ministri dell'Unione europea, alle questioni istituzionali, alla politica estera e di sicurezza comune dell'Unione europea nonché alle relazioni esterne dell'Unione europea, alla cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni e agli orientamenti generali delle politiche dell'Unione europea. La relazione reca altresì l'elenco dei Consigli europei e dei Consigli dei ministri dell'Unione europea tenutisi nell'anno di riferimento, con l'indicazione delle rispettive date, dei partecipanti per l'Italia e dei temi trattati;

a) identica;

b) la partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea con l'esposizione dei princìpi e delle linee caratterizzanti la politica italiana nei lavori preparatori e nelle fasi negoziali svolti in vista dell'emanazione degli atti legislativi dell'Unione europea. La relazione reca altresì l'elenco dei principali atti legislativi in corso di elaborazione nell'anno di riferimento e non definiti entro l'anno medesimo;

b) identica;

c) la partecipazione dell'Italia all'attività delle istituzioni dell'Unione europea per la realizzazione delle principali politiche settoriali, quali: mercato interno e concorrenza; politica agricola e per la pesca; politica per i trasporti e le reti transeuropee; politica per la società dell'informazione e le nuove tecnologie; politica per la ricerca e l'innovazione; politica per lo spazio; politica energetica; politica per l'ambiente; politica fiscale; politiche per l'inclusione sociale, le pari opportunità e la gioventù; politica del lavoro; politica per la salute; politica per l'istruzione, la formazione e la cultura; politiche per la libertà, la sicurezza e la giustizia. La relazione reca, altresì, i dati consuntivi nonché una valutazione di merito della predetta partecipazione, anche in termini di efficienza e di efficacia dell'attività svolta in relazione ai risultati conseguiti;

c) identica;

d) l'attuazione in Italia delle politiche di coesione economica e sociale e territoriale, l'andamento dei flussi finanziari verso l'Italia e la loro utilizzazione, con riferimento anche alle relazioni della Corte dei conti dell'Unione europea per ciò che concerne l'Italia. La relazione reca altresì una valutazione di merito sui principali risultati annualmente conseguiti e sui progressi e sui temi rilevanti, anche relativamente al concorso delle politiche ordinarie, per il raggiungimento degli obiettivi del periodo di programmazione vigente;

d) l'attuazione in Italia delle politiche di coesione economica e sociale, l'andamento dei flussi finanziari verso l'Italia e la loro utilizzazione, con riferimento anche alle relazioni della Corte dei conti dell'Unione europea per ciò che concerne l'Italia. La relazione reca altresì una valutazione di merito sull’efficacia delle predette politiche di coesione;

e) il seguito dato e le iniziative assunte in relazione ai pareri, alle osservazioni e agli atti di indirizzo delle Camere, nonché alle osservazioni della Conferenza delle regioni e delle province autonome, della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e della Conferenza dei presidenti dell'Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome.

e) il seguito dato e le iniziative assunte in relazione ai pareri, alle osservazioni e agli atti di indirizzo delle Camere, nonché alle osservazioni della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e della Conferenza dei presidenti dell’Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome;

3. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee trasmettono le relazioni di cui ai commi 1 e 2 anche alla Conferenza delle regioni e delle province autonome, alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano alla Conferenza dei presidenti dell'Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome e alla Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

3. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee trasmettono le relazioni di cui ai commi 1 e 2 anche alla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e alla Conferenza dei presidenti dell’Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome.

 

 

Gli articoli 30 del d.d.l. 3866 e 14 del testo unificato riproducono con alcune modificazioni l’art. 15 della legge 11 del 2005, come modificato dalla legge comunitaria 2009, relativo alla presentazione alle Camere da parte del Governo di due relazioni annuali, una programmatica e l’altra di rendiconto.

 

Con riferimento alla relazione programmatica, un’unica modifica è contemplata dal d.d.l. del Governo, il quale prevede, alla lettera c) del comma 1, che essa indichi le strategie di formazione, oltre che di comunicazione, del Governo in merito all'attività dell'Unione europea e alla partecipazione italiana all'Unione europea.

 

Con riguardo alla relazione di rendiconto, il d.d.l. del Governo ne posticipa il termine di presentazione dal 31 gennaio, previsto dalla disposizione vigente e dal testo unificato, al 28 febbraio e precisa che essa reca indicazione dell'attuazione in Italia delle politiche di coesione territoriale, oltre che economica e sociale (in coerenza con quanto previsto dal Trattato di Lisbona).

Il d.d.l. prevede, inoltre, la medesima relazione rechi una valutazione di merito anziché sull’efficacia” delle politiche di coesione “sui principali risultati annualmente conseguiti e sui progressi e sui temi rilevanti, anche relativamente al concorso delle politiche ordinarie, per il raggiungimento degli obiettivi del periodo di programmazione vigente”.

 

Il comma 3 dell’art. 30 del d.d.l. stabilisce, infine, che le relazioni siano trasmesse, oltre che anche alla Conferenza delle regioni e delle province autonome, alla Conferenza Stato-regioni e alla Conferenza dei presidenti dell'Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome, anchealla Conferenza Stato-città ed autonomie locali.


Programmi nazionali nell’ambito della strategia dell’Unione europea per la crescita e l’occupazione
(art 31 del ddl C. 3866 e art. 8 del testo unificato)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art. 31
(Programma nazionale di riforma per l'attuazione della Strategia «Europa 2020»)

Art. 8
(Programmi nazionali nell’ambito della strategia dell’Unione europea per la crescita e l’occupazione)

1. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee assicura la tempestiva consultazione e informazione delle Camere nella predisposizione dei programmi nazionali di riforma per l'attuazione in Italia della Strategia «Europa 2020» per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva.

1. Il Presidente del Consiglio dei Ministri ovvero il Ministro per le politiche europee assicurano la tempestiva consultazione ed informazione delle Camere nella predisposizione dei programmi nazionali e di ogni altro documento presentato per l’attuazione in Italia della Strategia dell’Unione europea per la crescita e l’occupazione.

2. Il progetto di programma nazionale di riforma è trasmesso, prima della sua presentazione alla Commissione europea, ai competenti organi parlamentari, che possono formulare osservazioni o adottare atti di indirizzo secondo le disposizioni contenute nei Regolamenti parlamentari.

2. I progetti di programmi di cui al comma 1 sono trasmessi, prima della sua presentazione alla Commissione europea, ai competenti organi parlamentari che possono formulare osservazioni o adottare atti di indirizzo secondo le disposizioni contenute nei regolamenti parlamentari.

3. Contestualmente il progetto di cui al comma 2 è trasmesso per informazioni alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e alla Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

 

 

 

Gli articoli 31 del d.d.l. 3866 e 8 del testo unificato intervengono sulla disciplina degli obblighi informativi del Governo al Parlamento in relazione alla attuazione della Strategia Ue per la crescita e l’occupazione (Europa 2020)

Entrambe le disposizioni, ai commi 1 e 2, riproducono l’art. 4-ter della legge 11 del 2005, introdotto dalla legge comunitaria 2009, apportando alcune modificazioni intese a tenere conto dell’avvio, concordato dal Consiglio europeo di giugno 2010, della nuova strategia dell’Ue per la crescita e l’occupazione (Europa 2020) in luogo della precedente strategia di Lisbona (2000-2010).

In particolare, le disposizioni in esame impegnano il Governo ad assicurare la tempestiva consultazione e informazione delle Camere nella predisposizione dei programmi nazionali e di ogni altro documento per l'attuazione in Italia della Strategia 2020 per la crescita e l'occupazione nonché delle relazioni annuali di attuazione. I progetti di programmi sono trasmessi, prima della loro presentazione alla Commissione europea, ai competenti organi parlamentari che possono formulare osservazioni o adottare atti di indirizzo secondo le disposizioni contenute nei regolamenti parlamentari.

Il comma 3 dell’art. 31 del d.d.l. prevede che il progetto di programma di riforma sia trasmesso per informazioni anche alla Conferenza Stato-regioni.

 

Si segnala che, in base alla procedura del semestre europeo, di cui il Consiglio ECOFIN ha deciso il lancio nel settembre 2010, l’attuazione della Strategia per la crescita e l’occupazione si inserisce in uno ciclo di coordinamento delle politiche economiche nazionali.

Il ciclo include le seguenti fasi:

-      gennaio: presentazione da parte della Commissione dell’analisi annuale della crescita (con riferimento al semestre in corso, il 12 gennaio 2011 la Commissione ha presentato la sua prima indagine annuale);

-      febbraio/marzo: il Consiglio europeo elabora le linee guida di politica economica e di bilancio a livello UE e a livello di Stati membri;

-      metà aprile: gli Stati membri sottopongono contestualmente i Piani nazionali di riforma (PNR, elaborati nell’ambito della nuova Strategia UE 2020) ed i Piani di stabilità e convergenza (PSC, elaborati nell’ambito del Patto di stabilità e crescita), tenendo conto delle linee guida dettate dal Consiglio europeo;

-      inizio giugno: sulla base dei PNR e dei PSC, la Commissione europea elabora le raccomandazioni di politica economica e di bilancio rivolte ai singoli Stati membri;

-      giugno: il Consiglio ECOFIN e, per la parte che gli compete, il Consiglio Occupazione e affari sociali, approvano le raccomandazioni della Commissione europea, anche sulla base degli orientamenti espressi dal Consiglio europeo di giugno;

-      seconda metà dell’anno: gli Stati membri approvano le rispettive leggi di bilancio, tenendo conto delle raccomandazioni ricevute. Nell’indagine annuale sulla crescita dell’anno successivo, la Commissione dà conto dei progressi conseguiti dai Paesi membri nell’attuazione delle raccomandazioni stesse.

 

Alla luce dell’articolazione del semestre europeo si segnala, per un verso, che, oltre al programma di riforma assumono rilievo ai fini dell’attuazione della Strategia 2020 anche altri documenti dell’Unione europea, tra cui, in particolare, l’indagine annuale sulla crescita; per altro verso, i programmi nazionali di riforma devono essere predisposti e presentati, a livello nazionale, e valutati, a livello europeo, in modo contestuale.

 

Si ricorda, al riguardo, che il 5 novembre 2010 il Consiglio dei ministri ha approvato una bozza del Programma nazionale di riforma (PNR) che indica gli obiettivi e le misure per l’attuazione in Italia della nuova Strategia per la crescita e l’occupazione dell’UE (Europa 2020).

La bozza di PNR è stata sottoposta entro alla Commissione europea (secondo la scadenza indicata dal Segretariato generale della Commissione stessa) ai fini di una prima valutazione; il programma di riforma andrà poi presentato in forma definitiva alle Istituzioni europee, unitamente al programma di stabilità, entro il 15 aprile 2011, nel quadro del nuovo sistema di coordinamento ex ante delle politiche economiche degli Stati membri (c.d. semestre europeo, su cui vedi infra).

Per quanto riguarda la Strategia UE 2020, essa è stata definita dal Consiglio europeo del 17-18 giugno 2010 e si incentra su cinque obiettivi principali:

- portare al 75% il tasso di occupazione per la popolazione di età compresa tra 20 e 64 anni, anche mediante una maggiore partecipazione dei giovani, dei lavoratori più anziani e di quelli poco qualificati e una migliore integrazione dei migranti nella popolazione attiva;

- migliorare le condizioni per la ricerca e lo sviluppo, in particolare allo scopo di portare al 3% del PIL la spesa per investimenti pubblici e privati combinati in tale settore;

- ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 20% - rispetto ai livelli del 1990 - o del 30%, se sussistono le necessarie condizioni, ovvero nel quadro di un accordo globale e completo per il periodo successivo al 2012, a condizione che altri Paesi si impegnino ad analoghe riduzioni delle emissioni; contestualmente, si intende portare al 20% la quota delle fonti di energia rinnovabile e migliorare del 20% l'efficienza energetica (obiettivo già previsto nel pacchetto clima-energia approvato nel 2009);

- migliorare i livelli d'istruzione, in particolare riducendo i tassi di dispersione scolastica al di sotto del 10% e aumentando la percentuale delle persone tra i 30 e i 34 anni che hanno completato l'istruzione terziaria o equivalente almeno al 40%. Il Consiglio europeo ha ribadito la competenza degli Stati membri a definire e attuare obiettivi quantitativi nel settore dell'istruzione;

- promuovere l'inclusione sociale, in particolare attraverso la riduzione della povertà, mirando a liberare almeno 20 milioni di persone dal rischio di povertà e di esclusione.

 

Per contribuire al conseguimento di questi cinque grandi obiettivi ciascuno Stato membro, nell’ambito del proprio PNR, stabilisce corrispondenti obiettivi e misure nazionali.

 

Si ricorda, infine, che la proposta di legge C.3921 - Giancarlo Giorgetti e altri - recante modifiche alla legge 31 dicembre 2009, n. 196, conseguenti alle nuove regole adottate dall'Unione europea in materia di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri, approvata dalla Camera e trasmessa al Senato, prevede, all’articolo 5, comma 2, l’abrogazione l’articolo 4-ter della legge 4 febbraio 2005, n. 11, che, come già ricordato, prevede l’obbligo per il Presidente del Consiglio dei Ministri, ovvero del Ministro per le politiche europee, di assicurare la tempestiva consultazione e informazione delle Camere nella predisposizione dei Programmi nazionali di riforma per l’attuazione della Strategia di Lisbona e delle relazioni annuali di attuazione; nonché la trasmissione del progetto di Programma nazionale di riforma, prima della sua presentazione alla Commissione europea, ai competenti organi parlamentari.

L’abrogazione di tale articolo trova giustificazione nel nuovo assetto degli strumenti della programmazione economico finanziaria del “semestre europeo”, Programma di stabilità e Programma nazionale di riforma, i cui schemi è previsto siano contenuti – ai fini dell’esame parlamentare - in apposite sezioni del DEF, Documento di economia e finanza.

 


Informazione al Parlamento su procedure giurisdizionali e di pre-contenzioso riguardanti l’Italia
(art. 32 del ddl C. 3866 e art. 33 del testo unificato)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art. 32
(Informazione al Parlamento su procedure giurisdizionali e di pre-contenzioso riguardanti l'Italia)

Art. 33

(Informazione al Parlamento su procedure giurisdizionali e di pre-contenzioso riguardanti l'Italia)

1. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee, sulla base delle informazioni ricevute dalle amministrazioni competenti, trasmette ogni tre mesi alle Camere, alla Corte dei conti e alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano un elenco, articolato per settore e materia:

1. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee, sulla base delle informazioni ricevute dalle amministrazioni competenti, trasmette ogni mese alle Camere e alla Corte dei conti un elenco, articolato per settore e per materia:

a) delle sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea relative a giudizi di cui l'Italia sia stata parte o che abbiano rilevanti conseguenze per l'ordinamento italiano;

a) delle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee e degli altri organi giurisdizionali dell'Unione europea relative a giudizi di cui l'Italia è stata parte o che hanno rilevanti conseguenze per l'ordinamento italiano;

b) dei rinvii pregiudiziali disposti ai sensi dell'articolo 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea da organi giurisdizionali italiani;

b) dei rinvii pregiudiziali disposti ai sensi dell'articolo 234 del Trattato che istituisce la Comunità europea o dell'articolo 35 del Trattato sull'Unione europea da organi giurisdizionali italiani;

c) delle procedure di infrazione avviate nei confronti dell'Italia ai sensi degli articoli 258 e 260 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, con informazioni sintetiche sull'oggetto e sullo stato del procedimento nonché sulla natura delle eventuali violazioni contestate all'Italia;

c) delle procedure d'infrazione avviate nei confronti dell'Italia ai sensi degli articoli 226 e 228 del Trattato che istituisce la Comunità europea, con informazioni sintetiche sull'oggetto e sullo stato del procedimento nonché sulla natura delle eventuali violazioni contestate all'Italia;

d) dei procedimenti di indagine formale avviati dalla Commissione europea nei confronti dell'Italia ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

d) dei procedimenti di indagine formale avviati dalla Commissione europea nei confronti dell'Italia ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 2, del Trattato che istituisce la Comunità europea.

2. Il Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le politiche europee, trasmette ogni sei mesi alle Camere e alla Corte dei conti informazioni sulle eventuali conseguenze di carattere finanziario degli atti e delle procedure di cui al comma 1.

2. Il Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le politiche europee, trasmette ogni tre mesi alle Camere e alla Corte dei conti informazioni sulle eventuali conseguenze di carattere finanziario degli atti e delle procedure di cui al comma 1. Nel caso delle procedure d'infrazione avviate ai sensi dell'articolo 228 del Trattato che istituisce la Comunità europea, le informazioni sono trasmesse ogni mese.

3. Nei casi di particolare rilievo o urgenza o su richiesta di una delle due Camere, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee trasmette alle Camere, in relazione a specifici atti o procedure, informazioni sulle attività e sugli orientamenti che il Governo intende assumere e una valutazione dell'impatto sull'ordinamento.

3. Nei casi di particolare rilievo o urgenza o su richiesta di una delle due Camere, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee trasmette tempestivamente alle Camere, in relazione a specifici atti o procedure, informazioni e documenti sulle attività e sugli orientamenti che il Governo intende assumere e una valutazione dell'impatto sull'ordinamento.

4. Quando uno degli atti dell'Unione europea di cui al comma 1 è posto alla base di un disegno di legge d'iniziativa governativa, di un decreto-legge o di uno schema di decreto legislativo sottoposto al parere parlamentare, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee comunica al Parlamento le informazioni relative a tali atti.

4. Identico.

5. Le informazioni e i documenti di cui al presente articolo sono trasmessi avvalendosi di modalità informatiche.

 

6. Il Governo può raccomandare l'uso riservato delle informazioni e dei documenti trasmessi.

 

 

 

Gli articoli 32 del d.d.l. 3866 e 33 del testo unificato riproducono, con alcune modificazioni, l’art. 15-bis della legge 11 del 2005, relativo agli obblighi informazione del Governo alle Camere sulle procedure giurisdizionali e di pre-contenzioso riguardanti l’Italia.

Il testo unificato stabilisce che l’elenco delle procedure relative all’Italia sia trasmesso alle Camere ogni mese anziché ogni tre mesi come previsto dalla norma vigente.

Il d.d.l. mantiene invece la tempistica attuale e, oltre ad aggiornare i richiami agli articoli dei Trattati al fine di tenere conto dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, prevede che l’elenco delle procedure sia trasmesso anche alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

Il d.d.l. del Governo estende riduce da tre a sei mesi la frequenza con cui il Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le politiche europee, trasmette alle Camere e alla Corte dei conti informazioni sulle eventuali conseguenze di carattere finanziario degli atti e delle procedure.

Il testo unificato tiene ferma il termine generale di tre mesi, ma dispone che le informazioni relative alle procedure di infrazione avviate contro l’Italia per mancata esecuzione di sentenze della Corte di giustizia (e che possono pertanto portare ad una sentenza di condanna al pagamento di ammende pecuniarie) siano trasmesse ogni mese.

 

Il comma 3 del testo unificato, riprendendo con alcune modifiche il comma 3 dell’art. 15-bis della legge 11, stabilendo che nei casi di particolare rilievo o urgenza o su richiesta di una delle due Camere, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee trasmette “tempestivamente” (precisazione non contenuta nel testo vigente) alle Camere, in relazione a specifici atti o procedure, informazioni e documenti (nel testo vigente si fa riferimento ai documenti “più significativi”) sulle attività e sugli orientamenti che il Governo intende assumere e una valutazione dell'impatto sull'ordinamento.

Il comma 3 del d.d.l. riproduce anch’esso il testo vigente, sopprimendo tuttavia il riferimento alla trasmissione di “documenti”, oltre che di informazioni, alle Camere.

 

I commi 5 e 6 dell’art. 32 del d.d.l. riproducono integralmente i commi 3-ter e 3-quater dell’art. 15-bis della legge 11 del 2005, che non sono invece inseriti nel testo unificato.

 

Si fa presente che nel testo unificato, quando si fa riferimento ai rinvii pregiudiziali disposti dagli organi giurisdizionali italiani, alle procedure d’infrazione avviate nei confronti dell’Italia nonché ai procedimenti di indagine formale avviati dalla Commissione viene operato un rinvio agli articoli del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea che non sembra corrispondere alla materia in esame.


Relazione trimestrale al parlamento sui flussi finanziari con l’Unione europea
(art .33 del ddl C. 3866 e art. 34 del testo unificato)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art. 33
(Relazione trimestrale al Parlamento sui flussi finanziari con l'Unione europea)

Art. 34
(Relazione trimestrale al Parlamento sui flussi finanziari con l'Unione europea)

1. Il Governo presenta ogni tre mesi alle Camere una relazione sull'andamento dei flussi finanziari tra l'Italia e l'Unione europea, contenente informazioni analitiche sui versamenti dell'Italia al bilancio annuale dell'Unione europea e sugli accrediti disposti dall'Unione europea in favore dell'Italia ripartiti per fondi.

1. Il Governo presenta ogni tre mesi alle Camere, alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano per il tramite della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome e della Conferenza dei presidenti dell’Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome, una relazione sull'andamento dei flussi finanziari tra l'Italia e l'Unione europea. La relazione contiene un'indicazione dei flussi finanziari ripartiti per ciascuna rubrica e sottorubrica contemplata dal quadro finanziario pluriennale di riferimento dell'Unione europea. Per ciascuna rubrica e sottorubrica sono riportati la distribuzione e lo stato di utilizzazione delle risorse erogate dal bilancio dell'Unione europea in relazione agli enti competenti e alle aree geografiche rilevanti.

 

 

L’articolo 33 del d.d.l. e l’art 34 del testo unificato riproducono con modificazioni l’articolo 15-ter della legge 11 del 2005, relativo alla relazione sull'andamento dei flussi finanziari tra l'Italia e l'Unione europea, che Governo presenta ogni tre mesi alle Camere.

Il d.d.l. del Governo stabilisce che la relazione reca informazioni analitiche sui versamenti dell'Italia al bilancio annuale dell'Unione europea e sugli accrediti disposti dall'Unione europea in favore dell'Italia ripartiti per fondi.

Non viene, pertanto, riprodotta la previsione di cui alla disposizione vigente, in base alla quale nella relazione sono riportati per ciascuna rubrica e sottorubrica del bilancio dell’UE la distribuzione e lo stato di utilizzo delle risorse erogate dal bilancio dell'Unione europea in relazione agli enti competenti e alle aree geografiche rilevanti.

Il testo unificato prevede anzitutto che la relazione in oggetto sia trasmessa anche alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano per il tramite della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome e della Conferenza dei presidenti dell’Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome,

In secondo luogo, il testo unificato precisa che a relazione contiene un'indicazione dei flussi finanziari ripartiti per ciascuna rubrica e sottorubrica contemplata dal quadro finanziario pluriennale di riferimento dell'Unione europea (e non quindi dal bilancio annuale).

 


Ricorso alla Corte di giustizia
(art. 34 del ddl C. 3866 e artt. 12 e 17 del testo unificato)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art. 34
(Ricorsi alla Corte di giustizia dell'Unione europea)

Art. 12

(Ricorso alla Corte di giustizia delle Comunità europee)

1. Le decisioni riguardanti i ricorsi alla Corte di giustizia dell'Unione europea o gli interventi in procedimenti in corso davanti alla stessa Corte, a tutela di situazioni di rilevante interesse nazionale, sono assunte dal Presidente del Consiglio dei ministri o dal Ministro per le politiche europee, in raccordo con il Ministro degli affari esteri e d'intesa con i ministri interessati. Ove necessario, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee ne riferisce preventivamente al Consiglio dei ministri.

 

2. Ai fini del comma 1, le richieste di ricorso o di intervento dinanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea sono trasmesse dalle amministrazioni proponenti alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee e al Ministero degli affari esteri.

 

3. Il Governo presenta senza ritardo alla Corte di giustizia dell'Unione europea i ricorsi deliberati dal Senato della Repubblica o dalla Camera dei deputati avverso un atto legislativo dell'Unione europea per violazione del principio di sussidiarietà, conformemente all'articolo 8 del Protocollo n. 2 sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea e al Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Il Parlamento sta in giudizio per mezzo di chi ne ha la rappresentanza.

1. Il Governo trasmette alla Corte di giustizia dell'Unione europea i ricorsi deliberati da una delle Camere avverso un atto legislativo dell’Unione europea per violazione del principio di sussidiarietà, ai sensi dell’articolo 8 Protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato di Lisbona.

2. Il Governo assicura che i ricorsi di cui al comma 1 siano presentati alla Corte di giustizia dell'Unione europea nei termini di cui all'articolo 263 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

3. Le Camere partecipano, mediante propri rappresentanti, a tutte le fasi e gli atti del giudizio.

 

 

 

 

 

 

Art. 17

(Ricorso alla Corte di giustizia su richiesta delle regioni)

4. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 5, comma 2, della legge 5 giugno 2003, n. 131.

1. Nelle materie di competenza legislativa delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, il Governo propone ricorso dinanzi alla Corte di giustizia avverso gli atti normativi dell’Unione europea ritenuti illegittimi, su richiesta della Conferenza Stato-Regioni a maggioranza assoluta delle Regioni e delle Province autonome.

 

 

L’articolo 34 del d.d.l. 3866 e gli articoli 12 e 17 del testo unificato introducono una disciplina specifica per la deliberazione e presentazione da parte dell’Italia dei ricorsi alla Corte di giustizia.

L’art. 34 del d.d.l. reca, ai commi 1 e 2, una disciplina generale per l’assunzione delle decisioni riguardanti i ricorsi alla Corte di giustizia dell'Unione europea o gli interventi in procedimenti in corso davanti alla stessa Corte, a tutela di situazioni di rilevante interesse nazionale. In particolare, il comma 1 stabilisce che tali decisioni sono assunte dal Presidente del Consiglio dei ministri o dal Ministro per le politiche europee, in raccordo con il Ministro degli affari esteri e d'intesa con i ministri interessati. Ove necessario, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee ne riferisce preventivamente al Consiglio dei ministri.

Il comma 2 prevede che le richieste di ricorso o di intervento dinanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea siano trasmesse dalle amministrazioni proponenti al Dipartimento per le politiche europee e al Ministero degli affari esteri. 

 

L’art. 12 del testo unificato e il comma 3 dell’art. 17 del d.d.l. concernono invece specificamente la presentazione dei ricorsi deliberati da una delle Camere avverso un atto legislativo dell’Unione europea per violazione del principio di sussidiarietà, ai sensi dell’articolo 8 Protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato di Lisbona.

Entrambe le disposizioni, sia pure con formulazioni differenti, impegnano il Governo a presentare senza ritardo il ricorso una volta deliberato da una delle Camere (si esclude pertanto ogni discrezionalità del Governo in merito alla trasmissione del ricorso) e prevedono che il Parlamento (o ciascuna Camera, come più correttamente indicato dal testo unificato) stia in giudizio per mezzo di chi ne ha la rappresentanza.

 

L’articolo 17 del testo unificato riproduce invece quanto previsto dall'articolo 5, comma 2, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (che viene invece richiamato dal comma 4 dell’art. 31 del d.d.l.)

In base a tale disposizione, nelle materie di competenza legislativa delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, il Governo propone ricorso dinanzi alla Corte di giustizia avverso gli atti normativi dell’Unione europea ritenuti illegittimi, su richiesta della Conferenza Stato-Regioni a maggioranza assoluta delle Regioni e delle Province autonome.

 

Si ricorda, in proposito, che l’articolo 8 del Protocollo sull’applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato di Lisbona prevede che la Corte di giustizia dell’unione europea è competente a pronunciarsi sui ricorsi per violazione, mediante un atto legislativo, del principio di sussidiarietà secondo le modalità di cui all’articolo 263 del trattato sul funzionamento dell’UE da uno Stato membro, o trasmessi da quest’ultimo in conformità con il proprio ordinamento interno a nome del suo parlamento nazionale o di una camera del parlamento nazionale. Tali ricorsi possono essere proposti anche dal Comitato delle regioni contro gli atti legislativi per i quali è richiesta la consultazione del Comitato.


Diritto di rivalsa
(art. 35 del ddl C. 3866 e art. 37 del testo unificato)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art. 35
(Diritto di rivalsa dello Stato nei confronti di regioni o di altri enti pubblici responsabili di violazioni del diritto dell'Unione europea)

Art. 37

(Diritto di rivalsa dello Stato nei confronti di regioni o altri enti pubblici responsabili di violazioni del diritto dell'Unione europea)

1. Al fine di prevenire l'instaurazione delle procedure d'infrazione di cui agli articoli 258 e seguenti del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea o per porre termine alle stesse, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti territoriali, gli altri enti pubblici e i soggetti equiparati adottano ogni misura necessaria a porre tempestivamente rimedio alle violazioni, loro imputabili, degli obblighi degli Stati nazionali derivanti dalla normativa dell'Unione europea. Essi sono in ogni caso tenuti a dare pronta esecuzione agli obblighi derivanti dalle sentenze rese dalla Corte di giustizia dell'Unione europea, ai sensi dell'articolo 260, paragrafo 1, del citato Trattato.

1. Identico

 

2. Lo Stato esercita nei confronti dei soggetti di cui al comma 1 del presente articolo, che si rendano responsabili della violazione degli obblighi derivanti dalla normativa dell'Unione europea o che non diano tempestiva esecuzione alle sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea, i poteri sostitutivi necessari, secondo i princìpi e le procedure stabiliti dall'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, e dall'articolo 29, comma 2, della presente legge.

2. Lo Stato esercita nei confronti dei soggetti di cui al comma 1, che si rendano responsabili della violazione degli obblighi derivanti dalla normativa comunitaria o che non diano tempestiva esecuzione alle sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea, i poteri sostitutivi necessari, secondo i princìpi e le procedure stabiliti dall’articolo 16-bis  della presente legge.

3. Lo Stato ha diritto di rivalersi nei confronti dei soggetti di cui al comma 1 indicati dalla Commissione europea nelle regolazioni finanziarie operate a carico dell'Italia a valere sulle risorse del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA), del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e degli altri fondi aventi finalità strutturali.

3. Identico.

4. Lo Stato ha diritto di rivalersi sui soggetti responsabili delle violazioni degli obblighi di cui al comma 1 degli oneri finanziari derivanti dalle sentenze di condanna rese dalla Corte di giustizia dell'Unione europea ai sensi dell'articolo 260, paragrafi 2 e 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

4. Identico.

5. Lo Stato esercita il diritto di rivalsa di cui ai commi 3, 4 e 10:

6. Lo Stato esercita il diritto di rivalsa di cui ai commi 3, 4 e 5:

a) nei modi indicati al comma 7, qualora l'obbligato sia un ente territoriale;

a) identica;

b) mediante prelevamento diretto sulle contabilità speciali obbligatorie istituite presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato, ai sensi della legge 29 ottobre 1984, n. 720, per tutti gli enti e gli organismi pubblici, diversi da quelli indicati nella lettera a), assoggettati al sistema di tesoreria unica;

b) identica;

c) nelle vie ordinarie, qualora l'obbligato sia un soggetto equiparato e in ogni altro caso non rientrante nelle previsioni di cui alle lettere a) e b).

c) identica.

6. La misura degli importi dovuti allo Stato a titolo di rivalsa, comunque non superiore complessivamente agli oneri finanziari di cui ai commi 3, 4 e 5, è stabilita con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da adottare entro tre mesi dalla notificazione, nei confronti dei soggetti obbligati, della sentenza esecutiva di condanna della Repubblica italiana. Il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze costituisce titolo esecutivo nei confronti dei soggetti obbligati e reca la determinazione dell'entità del credito dello Stato nonché l'indicazione delle modalità e dei termini del pagamento, anche rateizzato. In caso di oneri finanziari a carattere pluriennale o non ancora liquidi, possono essere adottati più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze in ragione del progressivo maturare del credito dello Stato.

7. La misura degli importi dovuti allo Stato a titolo di rivalsa, comunque non superiore complessivamente agli oneri finanziari di cui ai commi 3, 4 e 5, è stabilita con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da adottare entro tre mesi dalla notifica, nei confronti degli obbligati, della sentenza esecutiva di condanna della Repubblica italiana. Il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze costituisce titolo esecutivo nei confronti degli obbligati e reca la determinazione dell'entità del credito dello Stato nonché l'indicazione delle modalità e i termini del pagamento, anche rateizzato. In caso di oneri finanziari a carattere pluriennale o non ancora liquidi, possono essere adottati più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze in ragione del progressivo maturare del credito dello Stato.

7. I decreti di cui al comma 6, qualora l'obbligato sia un ente territoriale, sono adottati previa intesa sulle modalità di recupero con gli enti obbligati. Il termine per il perfezionamento dell'intesa è di quattro mesi decorrenti dalla data della notificazione, nei confronti dell'ente territoriale obbligato, della sentenza esecutiva di condanna della Repubblica italiana. L'intesa ha ad oggetto la determinazione dell'entità del credito dello Stato e l'indicazione delle modalità e dei termini del pagamento, anche rateizzato. Il contenuto dell'intesa è recepito, entro un mese dal perfezionamento, in un provvedimento del Ministero dell'economia e delle finanze che costituisce titolo esecutivo nei confronti dei soggetti obbligati. In caso di oneri finanziari a carattere pluriennale o non ancora liquidi, possono essere adottati più provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze in ragione del progressivo maturare del credito dello Stato, seguendo il procedimento disciplinato nel presente comma.

8. I decreti ministeriali di cui al comma 7, qualora l'obbligato sia un ente territoriale, sono emanati previa intesa sulle modalità di recupero con gli enti obbligati. Il termine per il perfezionamento dell'intesa è di quattro mesi decorrenti dalla data della notifica, nei confronti dell'ente territoriale obbligato, della sentenza esecutiva di condanna della Repubblica italiana. L'intesa ha ad oggetto la determinazione dell'entità del credito dello Stato e l'indicazione delle modalità e dei termini del pagamento, anche rateizzato. Il contenuto dell'intesa è recepito, entro un mese dal perfezionamento, in un provvedimento del Ministero dell'economia e delle finanze che costituisce titolo esecutivo nei confronti degli obbligati. In caso di oneri finanziari a carattere pluriennale o non ancora liquidi, possono essere adottati più provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze in ragione del progressivo maturare del credito dello Stato, seguendo il procedimento disciplinato nel presente comma.

8. In caso di mancato raggiungimento dell'intesa, all'adozione del provvedimento esecutivo indicato nel comma 7 del presente articolo provvede il Presidente del Consiglio dei ministri, nei successivi quattro mesi, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni. In caso di oneri finanziari a carattere pluriennale o non ancora liquidi, possono essere adottati più provvedimenti del Presidente del Consiglio dei ministri in ragione del progressivo maturare del credito dello Stato, seguendo il procedimento disciplinato nel presente comma.

9. In caso di mancato raggiungimento dell'intesa, all'adozione del provvedimento esecutivo indicato nel comma 8 provvede il Presidente del Consiglio dei Ministri, nei successivi quattro mesi, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. In caso di oneri finanziari a carattere pluriennale o non ancora liquidi, possono essere adottati più provvedimenti del Presidente del Consiglio dei Ministri in ragione del progressivo maturare del credito dello Stato, seguendo il procedimento disciplinato nel presente comma.

9. Le notifiche indicate nei commi 7, 8 e 10 sono effettuate a cura e a spese del Ministero dell'economia e delle finanze.

10. Identico.

10. Lo Stato ha altresì diritto, con le modalità e le procedure stabilite nel presente articolo, di rivalersi sulle regioni, sulle province autonome, sugli enti territoriali, sugli altri enti pubblici e sui soggetti equiparati, i quali si sono resi responsabili di violazioni delle disposizioni della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848, e dei relativi Protocolli addizionali, degli oneri finanziari sostenuti per dare esecuzione alle sentenze di condanna rese dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nei confronti dello Stato in conseguenza delle suddette violazioni ovvero per dare esecuzione a regolamenti amichevoli o a transazioni che hanno consentito la radiazione dal ruolo o, comunque, l'estinzione del procedimento. In tali casi, la misura degli importi dovuti allo Stato a titolo di rivalsa, comunque non superiore complessivamente agli oneri finanziari effettivamente sostenuti, è stabilita con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da adottare entro quattro mesi dalla notificazione, nei confronti dei soggetti obbligati, della sentenza esecutiva di condanna della Repubblica italiana. Il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze costituisce titolo esecutivo nei confronti dei soggetti obbligati e reca la determinazione dell'entità del credito dello Stato nonché l'indicazione delle modalità e dei termini del pagamento, anche rateizzato. Il decreto, qualora l'obbligato sia un ente territoriale, è adottato previa intesa sulla determinazione dell'entità del credito dello Stato, tenuto conto del grado di responsabilità dell'ente, e sulla modalità di recupero con l'indicazione dei termini di pagamento, anche rateizzato, da parte dell'ente obbligato. Il termine per il perfezionamento dell'intesa è di sei mesi decorrenti dalla data della notificazione, nei confronti dell'ente territoriale obbligato, della sentenza esecutiva di condanna della Repubblica italiana. Il contenuto dell'intesa è recepito, entro un mese dal perfezionamento, in un provvedimento del Ministero dell'economia e delle finanze che costituisce titolo esecutivo nei confronti dei soggetti obbligati. In caso di mancato perfezionamento dell'intesa, su proposta del Ministero dell'economia e delle finanze, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, immediatamente esecutivo, è ingiunto all'ente il pagamento della somma ritenuta congrua, tenuto conto dell'effettivo arricchimento dell'ente.

5. Lo Stato ha altresì diritto di rivalersi sulle regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti territoriali, gli altri enti pubblici e i soggetti equiparati, i quali si siano resi responsabili di violazioni delle disposizioni della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848, e dei relativi Protocolli addizionali, degli oneri finanziari sostenuti per dare esecuzione alle sentenze di condanna rese dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nei confronti dello Stato in conseguenza delle suddette violazioni.

 

Il diritto di rivalsa viene disciplinato, nei provvedimenti all’esame, dall’articolo 35 del ddl C. 3866 e dall’articolo 37 del testo unificato, che riprendono le disposizioni dell’articolo 16-bis della legge 11 del 2005.

 

Il citato articolo 16-bis prevede misure volte ad assicurare l’adempimento degli obblighi comunitari e internazionali dello Stato derivanti, in particolare, dalle procedure d’infrazione avviate dalla Commissione europea, dalle sentenze di condanna della Corte di giustizia, dalle sentenze di condanna della Corte europea dei diritti dell'uomo originate dalla violazione della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (e dei relativi Protocolli addizionali).

A tal fine, viene introdotto il diritto di rivalsa dello Stato nei confronti dei soggetti responsabili dell’inadempimento degli obblighi comunitari e internazionali. In particolare, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti territoriali, gli altri enti pubblici ed i soggetti equiparatidevono:

-      adottare le misure necessarie a porre tempestivamente rimedio alle violazioni, loro imputabili, degli obblighi comunitari, al fine di prevenire l'instaurazione delle procedure d'infrazione di cui agli articoli 226 e seguenti del Trattato istitutivo della Comunità europea o per porre termine alle stesse;

-      dare esecuzione agli obblighi derivanti dalle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee, pronunciate ai sensi dell'articolo 228, paragrafo 1, del Trattato istitutivo della Comunità europea.

In ogni caso,è previstol’esercizio dei poteri statali sostitutivi nei confronti delle regioni e degli altri enti suindicati, responsabili della violazione degli obblighi comunitari o della non tempestiva esecuzione delle sentenze della Corte di giustizia. Tali poteri sostitutivi sono esercitati secondo i princìpi e le procedure stabiliti dall'articolo 8 della legge n. 131 del 2003 (c.d. legge “La Loggia”) e dall’articolo 11, comma 8, della legge n. 11 del 2005.

In caso di inadempimento degli obblighi derivanti dalla normativa comunitaria, lo Stato può esercitare il diritto di rivalersi nei confronti di tali enti nelle regolazioni finanziarie operate a carico dell'Italia a valere sulle risorse del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA), del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e di altri fondi aventi finalità strutturali. Tale diritto di rivalsa è esercitato dallo Stato per compensare gli oneri finanziari derivanti dalle sentenze di condanna della Corte di Giustizia (ex art. 228 del Trattato istitutivo della Comunità europea), e della Corte europea dei diritti dell’uomo.

Le modalità di esercizio del diritto di rivalsa prevedono che tale diritto possa essere esercitato in modo differente, a seconda che l’obbligato sia un ente territoriale, ovvero un ente od organismo pubblico diverso assoggettato al sistema di tesoreria unica, ovvero altro ente.

In particolare, nel caso in cui l’obbligato sia un ente territoriale, la misura degli importi dovuti, che comunque non deve essere superiore agli oneri finanziari a carico dell’Italia, è stabilita con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da adottarsi entro 3 mesi dalla notifica, nei confronti degli obbligati, della sentenza esecutiva di condanna per la Repubblica italiana. Il decreto reca modi e termini per il pagamento, anche rateizzato, e costituisce titolo esecutivo. Qualora gli oneri finanziari a carico dell’Italia siano di carattere pluriennale, o non ancora liquidi, possono adottarsi più decreti ministeriali in relazione al progressivo maturare del credito dello Stato.

I decreti sono emanati previa intesa sull’entità del credito, modalità di recupero e termini di pagamento, anche rateizzato, con l’ente obbligato. Tale intesa, il cui contenuto viene recepito in un provvedimento del Ministro dell’economia e costituisce titolo esecutivo, deve essere perfezionata entro 4 mesi decorrenti dalla data della notifica della sentenza esecutiva di condanna verso l’Italia all’ente obbligato.

Qualora non venga raggiunga l’intesa, l'adozione del provvedimento compete al Presidente del Consiglio dei ministri, nei successivi 4 mesi, sentita la Conferenza unificata. Anche in questo caso possono essere adottati più decreti laddove si sia in presenza di crediti dello Stato che maturano progressivamente.

Nel caso di enti e di organismi pubblici diversi da quelli indicati sopra, assoggettati al sistema di tesoreria unica, il diritto di rivalsa si esercita con un prelevamento diretto sulle contabilità speciali obbligatorie istituite presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato, ai sensi della legge 29 ottobre 1984, n. 720[5].

In ogni altro caso, il diritto di rivalsa si esercita secondo le vie ordinarie, mediante ricorso innanzi all’autorità giudiziaria competente.

Le notifiche delle sentenze di condanna nei confronti degli enti territoriali obbligati sono effettuate a cura e spese del Ministero dell'economia e delle finanze.

Infine, è prevista una sorta di autocertificazione per le imprese che intendano avvalersi degli aiuti di Stato, di cui all’articolo 87 del Trattato istitutivo della Comunità europea.

 

Rispetto a quanto stabilito dalla legge 11 si segnala che entrambi i testi all’esame ripropongono in modo sostanzialmente identico le disposizioni della Legge 11, con i dovuti rinvii agli articoli del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

Non vengono invece riprese le disposizioni sugli aiuti di Stato (art. 16-bis, comma 11, della Legge 11) in quanto tale fattispecie viene disciplinata dall’art. 38 del ddl C. 3866 e dall’art. 37, comma 11, del testo unificato.

 


Aiuti di Stato
(artt. 36-43 e 46 del ddl C. 3866 e art. 37, comma 11, del testo unificato)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art. 36
(Aiuti di Stato)

 

1. La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee, d'intesa con il Ministero degli affari esteri, cura il coordinamento con i ministeri interessati e i rapporti con le regioni per definire la posizione italiana nei confronti dell'Unione europea nel settore degli aiuti pubblici sottoposti al controllo della Commissione europea ai sensi degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, anche in applicazione dell'articolo 35, comma 1, della presente legge.

 

 

 

Art. 37
(Comunicazioni in ordine agli aiuti di Stato.

 

1. Le amministrazioni che notificano alla Commissione europea progetti volti a istituire o a modificare aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, contestualmente alla notificazione, trasmettono alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee una scheda sintetica della misura notificata.

 

2. A prescindere dalla forma dell'aiuto, le informazioni richieste dalla Commissione europea in merito a presunti aiuti di Stato non notificati ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, sono fornite dalle amministrazioni competenti per materia, per il tramite della Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee.

 

3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, possono essere disciplinate le modalità di attuazione del presente articolo.

 

 

 

Art. 38
(Divieto di concessione di aiuti di Stato a imprese beneficiarie di aiuti di Stato illegali non rimborsati)

Art. 37 (segue)

 

1. Nessuno può beneficiare di aiuti di Stato se rientra tra coloro che hanno ricevuto e, successivamente, non rimborsato o depositato in un conto bloccato gli aiuti che lo Stato è tenuto a recuperare in esecuzione di una decisione di recupero di cui all'articolo 14 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999.

11. I destinatari degli aiuti di cui all'articolo 107 sul funzionamento dell’Unione europea possono avvalersi di tali misure agevolative solo se dichiarano, ai sensi dell'articolo 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e secondo le modalità stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, di non rientrare fra coloro che hanno ricevuto e, successivamente, non rimborsato o depositato in un conto bloccato gli aiuti che sono individuati quali illegali o incompatibili dalla Commissione europea, e specificati nel decreto di cui al presente comma.

2. Le amministrazioni che concedono aiuti di Stato verificano che i beneficiari non rientrino tra coloro che hanno ricevuto e, successivamente, non rimborsato o depositato in un conto bloccato aiuti che lo Stato è tenuto a recuperare in esecuzione di una decisione di recupero di cui all'articolo 14 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999.

 

3. Le amministrazioni centrali e locali che ne sono in possesso forniscono, ove richieste, le informazioni e i dati necessari alle verifiche e ai controlli di cui al presente articolo alle amministrazioni che intendono concedere aiuti.

 

4. Qualora la verifica di cui al comma 2 del presente articolo sia effettuata mediante l'acquisizione di dichiarazioni effettuate ai sensi dell'articolo 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, le amministrazioni concedenti svolgono i prescritti controlli a campione sulla veridicità delle dichiarazioni medesime.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Art. 39
(Procedure di recupero)

 

1. La società Equitalia Spa effettua la riscossione degli importi dovuti per effetto delle decisioni di recupero di cui all'articolo 14 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, adottate successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge, a prescindere dalla forma dell'aiuto e dal soggetto che l'ha concesso.

 

2. A seguito della notifica di una decisione di recupero di cui al comma 1, con decreto da adottare entro due mesi dalla data di notificazione della decisione, il Ministro competente per materia individua, ove necessario, i soggetti tenuti alla restituzione dell'aiuto, accerta gli importi dovuti e determina le modalità e i termini del pagamento. Il decreto del Ministro competente costituisce titolo esecutivo nei confronti dei soggetti obbligati.

 

3. Nei casi in cui l'ente competente è diverso dallo Stato, il provvedimento di cui al comma 2 è adottato dalla regione, dalla provincia autonoma o dal diverso ente territoriale competente. Le attività di cui al comma 1 sono effettuate dal concessionario per la riscossione delle entrate dell'ente interessato.

 

4. Le informazioni richieste dalla Commissione europea sull'esecuzione delle decisioni di cui al comma 1 sono fornite dalle amministrazioni di cui ai commi 2 e 3, d'intesa con la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee e per il suo tramite.

 

 

 

Art. 40
(Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo)

 

1. All'articolo 119, comma 1, del codice del processo amministrativo, di cui all'allegato 1 annesso al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, dopo la lettera m) è aggiunta la seguente:

 

«m-bis) l'esecuzione di una decisione di recupero di cui all'articolo 14 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999».

 

2. All'articolo 133, comma 1, del codice del processo amministrativo, di cui all'allegato 1 annesso al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, dopo la lettera z) è aggiunta la seguente:

 

«z-bis) le controversie relative all'esecuzione di una decisione di recupero di cui all'articolo 14 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, a prescindere dalla forma dell'aiuto e dal soggetto che l'ha concesso».

 

3. Entro il 30 gennaio di ogni anno, le amministrazioni competenti al recupero trasmettono alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee l'elenco degli estremi delle sentenze, di cui hanno avuto comunicazione, adottate nell'anno precedente relativamente alle controversie sulle materie di cui alle lettere m-bis) del comma 1 dell'articolo 119 e z-bis) del comma 1 dell'articolo 133 del codice del processo amministrativo, di cui all'allegato 1 annesso al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, introdotte rispettivamente dai commi 1 e 2 del presente articolo.

 

 

 

Art. 41
(Ricorso giurisdizionale per violazione dell'articolo 108 , paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea)

 

1. I provvedimenti che concedono aiuti di Stato in violazione dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea possono essere impugnati dinanzi al tribunale amministrativo regionale competente per territorio.

 

 

 

Art. 42
(Estinzione del diritto alla restituzione dell'aiuto di Stato oggetto di una decisione di recupero per decorso del tempo).

 

1. Indipendentemente dalla forma di concessione dell'aiuto di Stato, il diritto alla restituzione dell'aiuto oggetto di una decisione di recupero sussiste fino a che vige l'obbligo di recupero ai sensi del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999.

 

 

 

Art. 43
(Modalità di trasmissione delle informazioni relative agli aiuti pubblici concessi alle imprese)

 

1. Il Ministro dello sviluppo economico acquisisce le informazioni di cui all'articolo 14, comma 2, della legge 5 marzo 2001, n. 57, secondo le modalità stabilite con il decreto del Ministro delle attività produttive 18 ottobre 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 258 del 4 novembre 2002.

 

2. Il monitoraggio delle informazioni relative agli aiuti di Stato in agricoltura continua a essere disciplinato dalla normativa europea di riferimento.

 

 

 

Art. 46
(Norme transitorie)

 

1. Le disposizioni dell'articolo 38, comma 3, e dell'articolo 39, comma 4, si applicano anche con riferimento alle decisioni di recupero adottate prima della data di entrata in vigore della presente legge.

 

 

 

Il disegno di legge governativo reca alcune disposizioni in materia di aiuti di Stato, la cui disciplina è dettata dal diritto comunitario, al fine di “disciplinare le principali problematiche emerse nella prassi in questa materia” come evidenziato nella relazione illustrativa del ddl C. 3866. Tali disposizioni non risultano contenute nel testo unificato.

Con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona la disciplina comunitaria degli aiuti di Stato, già regolamentata dal Trattato istitutivo della Comunità europea (TCE), trova la sua fonte primaria negli articoli 107-109 del Trattato sul Funzionamento della Unione europea (TFUE), nonché in atti di diritto derivato adottati sulla base delle norme dei Trattati.

L’articolo 107 TFUE riproduce il testo dell’art. 87 del Trattato istitutivo della Comunità europea (TCE) il quale ha introdottoil principio di incompatibilità degli aiuti di Stato con il sistema complessivo del diritto comunitario, fatti salvi la possibilità di preventiva autorizzazione dell’aiuto medesimo nonché un sistema di deroghe espressamente individuato.

La procedura per il controllo sugli aiuti di stato, sia a livello preventivo su quelli di nuova istituzione, sia a livello permanente sugli aiuti esistenti, è contenuta invece all’articolo 108 TFUE, già articolo 88 TCE.

Infine, l’articolo 109 TFUE, già articolo 89 TCE ha attribuito al Consiglio la competenza ad adottare i regolamenti necessari ai fini dell’applicazione di quanto previsto agli articoli precedenti.

Si tratta, in particolare, di:

-      regolamento (CE) n. 994/1998 del 7 maggio 1998, sull’applicazione degli articoli 87 e 88 del TCE a determinate categorie di aiuti di stato orizzontali. Esso in sostanza è volto a delegare alla Commissione il compito di individuare – per il tramite di appositi regolamenti di esecuzione – certe categorie di aiuto come compatibili con il mercato comune ed esentate, quindi, da obblighi di notifica[6]; tali regolamenti devono specificare per ciascuna categoria di aiuti: la finalità dell'aiuto; le categorie di beneficiari; i massimali espressi o in termini di intensità dell'aiuto in relazione ad un insieme di costi ammissibili o in termini di importi massimi; le condizioni relative al cumulo degli aiuti; le condizioni del controllo[7]. I regolamenti in esame hanno una durata determinata (articolo 4).

A quest’ultimo riguardo si ricorda che l’articolo 3 del regolamento pone in capo agli Stati membri precisi obblighi di controllo e trasparenza degli aiuti esentati. Gli Stati debbono registrare ed elaborare tutte le informazioni riguardanti l'applicazione delle esenzioni per categoria, eventualmente comunicando alla Commissione tutte le informazioni che essa reputi necessarie per valutare la conformità di un aiuto. Inoltre gli Stati trasmettono alla Commissione, almeno annualmente e possibilmente in forma elettronica, una relazione sull'applicazione delle esenzioni per categoria, relazioni che la Commissione rende accessibili a tutti gli altri Paesi.

-      regolamento (CE) n. 659/1999 del 22 marzo 1999 (successivamente integrato dal regolamento (CE) n. 794/2004 del 21 aprile 2004), recante modalità di applicazione dell’articolo 88 TCE, che detta le norme di procedura relative al controllo sugli aiuti di stato, operato dalla Commissione.

Partendo dall’espressa abilitazione contenuta nel regolamento n. 994 del 1998, la Commissione è, quindi, intervenuta a disciplinare alcune tipologie di aiuti orizzontali, ritenuti potenzialmente meno distorsivi degli interventi settoriali, in quanto destinati a correggere carenze del mercato, producendo un quadro normativo poggiante su più regolamenti. Tali atti normativi erano i seguenti:

-    regolamento (CE) n. 70/2001 della Commissione, del 12 gennaio 2001, relativo agli aiuti di Stato a favore delle piccole e medie imprese;

-    regolamento n. 68/2001 della Commissione, del 12 gennaio 2001, relativo agli aiuti destinati alla formazione;

-    regolamento n. 2204/2002 della Commissione, del 12 dicembre 2002, relativo agli aiuti a favore dell’occupazione;

-    regolamento n. 1628/2006 relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato agli aiuti di Stato per investimenti a finalità regionale.

Tale quadro di riferimento è stato oggetto di una semplificazione da parte della Commissione, che ha ne ha operato la sostituzione con un unico atto: si tratta del regolamento n. 800/2008 della Commissione, del 6 agosto 2008, con cui si dichiarano alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato comune in applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato. La Commissione ha così consolidato in un unico documento tutti i regolamenti di esenzione per categoria (eccetto il “de minimis”), attraverso i quali gli Stati Membri possono concedere intere categorie di aiuti di Stato senza la preventiva notifica alla Commissione europea. Il regolamento, inoltre, semplifica e rende più veloce il controllo sugli aiuti di Stato.

La nuova disciplina resterà in vigore fino al 31 dicembre 2013 e si applica alle seguenti categorie di aiuti:

§       aiuti agli investimenti e all’occupazione a favore delle PMI;

§       aiuti alla costituzione di imprese a partecipazione femminile;

§       aiuti per la tutela dell’ambiente;

§       aiuti alle PMI per servizi di consulenza e partecipazione a fiere commerciali;

§       aiuti sotto forma di capitale di rischio;

§       aiuti alla ricerca, sviluppo e innovazione;

§       aiuti alla formazione;

§       aiuti a favore di lavoratori svantaggiati e disabili.

Per quanto riguarda, invece, gli aiuti a finalità regionale la Commissione ha approvato specifici Orientamenti comunitari con la Comunicazione 98/C 74/06 del 10 marzo 1998, parzialmente novellati, per ciò che attiene gli aiuti regionali al funzionamento, con la Comunicazione 2000/C 258/06 del 9 settembre 2000. Successivamente, sono stati adottati, con la Comunicazione della Commissione 2006/C 54/08 del 4 marzo 2006, i nuovi Orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale per il periodo 2007-2013, ai quali ha fatto seguito il Regolamento (CE) n. 1628/2006 del 24 ottobre 2006.

Infine per quanto riguarda la disciplina degli aiuti di importanza minore (“de minimis”) essa è contenuta nel regolamento n. 1998/2006 della Commissione, del 15 dicembre 2006.

 

Le disposizioni previste dall'articolo 36 riprendono, con alcune modifiche, il contenuto dell'articolo 57 della Legge 52 del 1996, stabilendo che il Dipartimento per le politiche europee, d'intesa con il Ministero degli affari esteri, deve assicurare l'unitarietà di indirizzo per la tutela degli interessi nazionali nel settore degli aiuti pubblici.

 

L'articolo 37 reca le seguenti misure riguardanti le comunicazioni in merito agli aiuti di Stato:

§      le amministrazioni interessate - contestualmente alla notifica alla Commissione europea dei progetti volti a istituire o a modificare aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 108, par. 3, TFUE - devono trasmettere al Dipartimento per le politiche europee una scheda sintetica della misura notificata, in modo da consentire al Dipartimento di esercitare la funzione di coordinamento a esso attribuita;

§      le amministrazioni competenti dovranno fornire le informazioni richieste dalla Commissione in merito a presunti aiuti di Stato non notificati ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, TFUE, d'intesa con il Dipartimento per le politiche europee e per il tramite dello stesso.

Le modalità di attuazione delle disposizioni sopra illustrate saranno disciplinate con apposito DPCM.

 

Le disposizioni dell’articolo 38, comma 1 del ddl C. 3866 e dell’articolo 37, comma 11, del testo unificato, ripropongono, ampliandone la portata, quelle del comma 11 dell’articolo 16-bis della legge 11, stabilendo che i destinatari degli aiuti devono dichiarare di non rientrare tra coloro che hanno in precedenza ricevuto e non rimborsato aiuti ritenuti illegali o incompatibili dalla Commissione europea.

Si ricorda che nel caso in cui un aiuto prestato da uno Stato membro venga riconosciuto dalla Commissione come incompatibile con il diritto comunitario, le somme già percepite devono essere recuperate. A tal fine, gli articoli 14 e 15 del regolamento n. 659/1999 del Consiglio predispongono una specifica procedura (cfr. ultra).

La mancata restituzione di un aiuto dichiarato incompatibile rientra tra gli elementi che la Commissione valuta ai fini dell’autorizzazione di un nuovo regime di aiuti: essa, infatti, condiziona l’autorizzazione di nuovi aiuti all’impegno da parte dello Stato interessato a verificare che i beneficiari non siano tenuti a restituire precedenti aiuti illegali. Nel caso in cui si dovesse riscontrare che l’impresa beneficiaria non ha ancora restituito aiuti incompatibili, la Commissione condiziona l’erogazione del nuovo aiuto alla restituzione di quello illegale. La giurisprudenza della Corte di giustizia ha avallato tale prassi, evidenziando come la Commissione, in sede di applicazione dell'articolo 88, par. 3, TCE, usufruisca di un ampio potere discrezionale, il cui esercizio implica valutazioni di ordine economico e sociale che devono essere effettuate in un contesto comunitario (sentenza 14 febbraio 1990, causa C-301/87, Francia/Commissione, punto 49).

Di conseguenza, anche in base alla giurisprudenza comunitaria, la Commissione non abusa del suo potere discrezionale quando, chiamata a pronunciarsi sul progetto di aiuto, adotta una decisione con la quale pur autorizzando tale beneficio, ne sospende il versamento sino al momento in cui l’impresa non abbia restituito il precedente aiuto illegittimo, a motivo dell'effetto cumulato degli aiuti in questione (sentenza 15 maggio 1997, in C-355/95, c.d. “sentenza Deggendorf”).

 

Il comma 2 dell’articolo 38 dispone in merito alle verifiche che le amministrazioni competenti a concedere aiuti devono effettuare sui soggetti beneficiari degli stessi; a tal fine le amministrazioni responsabili per l'esecuzione delle decisioni di recupero dovranno loro fornire, ove richieste, le informazioni e i dati necessari (comma 3).

Nel caso in cui le verifiche siano effettuate mediante autocertificazione resa ai sensi dell'articolo 47 del DPR 28 dicembre 2000, n. 445, le amministrazioni concedenti svolgeranno a campione i controlli sulla veridicità delle dichiarazioni medesime.

 

Il testo unificato precisa invece che gli aiuti potranno essere concessi solo a coloro che dichiarano, ai sensi dell’art. 47 del D.P.R. n. 445/2000 e secondo le modalità stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, che non rientrano tra coloro che non hanno rimborsato, ovvero depositato in un conto bloccato, aiuti considerati illegali o incompatibili dalla Commissione europea.

L’articolo 47 del citato D.P.R. 445 riguarda le dichiarazioni sostitutive dell'atto di notorietà, concernente stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell'interessato. Ai sensi dell’articolo 38 del medesimo Testo unico, la dichiarazione deve essere sottoscritta e presentata unitamente a copia fotostatica non autenticata di un documento di identità del sottoscrittore. La copia fotostatica del documento è inserita nel fascicolo. Le istanze e la copia fotostatica del documento di identità possono essere inviate per via telematica.

L’articolo 39 riguarda le procedure relative al recupero degli aiuti incompatibili con il diritto comunitario.

L’ordinamento vigente non prevede attualmente una disciplina che demandi in via ordinaria ad una determinata amministrazione la competenza a rendere efficaci le decisioni di recupero notificate dalla Commissione; pertanto, al fine di rendere le procedure di recupero celeri ed efficaci, è necessaria l'approvazione di un apposito provvedimento legislativo con il quale si provvede anche a disciplinare la procedura che l'amministrazione dovrà seguire per individuare i beneficiari e quantificare le somme dovute.

La relazione illustrativa al ddl C. 3866 segnala come “la necessità di stabilire di volta in volta la procedura da seguire ha comportato in passato notevoli ritardi nell'adempimento da parte dello Stato delle decisioni di recupero ad esso indirizzate. A questi ritardi, a volte cronici, è principalmente attribuibile l'alto numero di ricorsi attualmente pendenti di fronte alla Corte di giustizia dell'Unione europea a carico dell'Italia in questa materia”.

Il disegno di legge prevede due distinte procedure in relazione al soggetto competente al recupero degli aiuti incompatibili:

§      nel caso in cui il soggetto competente sia lo Stato, l’incarico di procedere al recupero delle somme viene affidato alla società Equitalia S.p.A., qualunque sia la forma dell’aiuto concesso ed il soggetto erogatore (comma 1). I soggetti tenuti alla restituzione degli importi, nonché la determinazione degli stessi e le modalità ed i termini del pagamento, saranno indicati con apposito decreto ministeriale a cura del Ministro competente per materia, da adottare entro due mesi dalla data delle notifica della decisione della Commissione europea (comma 2);

 

La riforma del sistema della riscossione (operata dall’articolo 3 del d.l. 30 settembre 2005, n. 203[8]) ha previsto la sostituzione del precedente sistema, che affidava il servizio di riscossione a concessionari privati, con l’attribuzione del servizio nazionale di riscossione dei tributi all’Agenzia delle entrate mediante un’apposita società per azioni, Riscossione S.p.A., operante dal 1° ottobre 2006 ed oggi denominata Equitalia S.p.A..

Equitalia S.p.A., attualmentea totale partecipazione pubblica, è stata costituita dall’Agenzia delle entrate (che ne possiede il 51 per cento del capitale) unitamente all’INPS (che ne possiede il 49 per cento); la partecipazione pubblica al capitale, anche dopo l’eventuale ingresso di soci privati, non potrà mai essere inferiore al 51 per cento.

Essa effettua la riscossione dei tributi mediante ruolo e la riscossione delle altre entrate (prevista dall'articolo 4 del D.Lgs. n. 237 del 1997 e concernente tributi, sanzioni e altre somme già riscosse dai servizi autonomi di cassa degli uffici dipendenti dal Dipartimento delle entrate). Per le suddette attività la società collabora con la Guardia di Finanza.

Inoltre, Equitalia può effettuare ulteriori attività quali la riscossione spontanea, la liquidazione e l’accertamento delle entrate degli enti pubblici anche territoriali e delle società da essi partecipate, da assegnarsi mediante procedure di gara ad evidenza pubblica. Attraverso la stipulazione di appositi contratti di servizio, svolge altresì attività strumentali a quelle dell'Agenzia delle entrate, potendo in tale ipotesi assumere finanziamenti e svolgere le connesse operazioni finanziarie.

Il d.l. 203/2005 ha statuito una specifica disciplina per il passaggio dei carichi dai precedenti concessionari al nuovo soggetto e per la gestione delle entrate degli enti territoriali. Le norme hanno previsto altresì l’obbligo di presentazione di una relazione annuale del Ministro dell'economia e delle finanze al Parlamento sullo stato della riscossione.

 

§      qualora l’ente competente sia diverso dallo Stato, il provvedimento di esecuzione sarà emanato dalla regione, ovvero dalla provincia autonoma o dall’ente territoriale competente, ed il recupero degli importi sarà a cura del concessionario della riscossione delle entrate dell’ente interessato (comma 3).

Il comma 4 disciplina lo scambio di informazioni tra le amministrazioni coinvolte nelle procedure di recupero e la Commissione, prevedendo che esso avvenga d'intesa e per il tramite del Dipartimento per le politiche europee.

 

La normativa comunitaria dispone che, nel caso in cui un aiuto prestato da uno Stato membro venga riconosciuto dalla Commissione come incompatibile, in quanto concesso senza rispettare gli articoli 107 e 108 TFUE, esso non può più esplicare i suoi effetti. In questo caso, si possono verificare due distinte situazioni:

§       l’aiuto non era stato ancora erogato e, pertanto, la declaratoria di incompatibilità ne impedisce la concreta prestazione;

§       l’aiuto è stato già attuato.

In questa seconda ipotesi, è evidente che non solo dovrà cessare l’erogazione del beneficio, ma bisogna procedere al recupero delle somme già percepite. A tal fine, gli articoli 14 e 15 del regolamento n. 659 del 1999 predispongono una specifica procedura. In particolare, l’articolo 14 prevede che la Commissione adotti una decisione con la quale impone allo Stato membro interessato di assumere tutte le misure necessarie per recuperare l'aiuto dal beneficiario, c.d. "decisione di recupero". Tale recupero deve essere “effettuato senza indugio secondo le procedure previste dalla legge dello Stato membro interessato, a condizione che esse consentano l'esecuzione immediata ed effettiva della decisione della Commissione” (art. 14, reg. n. 659).

Spetta sempre al singolo Stato e non alla Commissione determinare l’ammontare dell’aiuto da recuperare, cui si aggiungono gli interessi, calcolati in base a un tasso adeguato stabilito dalla Commissione, che decorrono dal momento in cui l'aiuto illegale è divenuto disponibile per il beneficiario, fino alla data del recupero.

L’operazione di recupero incontra però un termine di prescrizione, fissato dall’articolo 15 (“periodo limite”). È infatti possibile procedere entro il periodo limite di dieci anni, che decorre dal giorno in cui l'aiuto illegale viene concesso.

Tale periodo limite può essere:

§       interrotto da qualsiasi azione intrapresa dalla Commissione o da uno Stato membro nei confronti dell'aiuto illegale; ogni interruzione fa ripartire il periodo da zero;

§       sospeso per il tempo in cui la decisione della Commissione è oggetto di un procedimento dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee.

Il recupero dell’aiuto non ha carattere assoluto, potendo in alcuni casi venire meno. In particolare:

§       la Commissione non impone il recupero dell'aiuto, se ciò sia in contrasto con un principio generale del diritto comunitario (art. 14, par. 1, reg. n. 659);

§       vi è l’assoluta impossibilità di procedere al recupero, per difficoltà impreviste o imprevedibili (cfr. sentenze della Corte di giustizia 15 gennaio 1986, in C-52/84, 29 gennaio 1998, in C-280/95 e 17 giugno 1999, in C-75/97).

 

L’articolo 40, comma 1, del ddl governativo inserisce le controversie relative all'esecuzione di una decisione di recupero di cui all'articolo 14 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, tra quelle cui è applicabile il rito abbreviato ai sensi dell’articolo 119 del nuovo Codice del processo amministrativo (d.lgs. n. 104 del 2010).

 

Tale rito, originariamente disciplinato nell’articolo 23-bis della legge n. 1034/1971, si caratterizza, in particolare, per la netta riduzione dei termini processuali ordinari; esso è stato introdotto per consentire una rapida definizione dei giudici in determinati settori che, per la delicatezza delle materie considerate e la complessità dei contrapposti interessi giuridici coinvolti, necessitano di una drastica riduzione dei tempi del processo e di una significativa semplificazione dello svolgimento di determinate fasi.

 

In base al comma 2, che novella l’articolo 133 del Codice del processo amministrativo, le medesime controversie sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, a prescindere dalla forma dell’aiuto e dal soggetto che l’ha concesso.

 

L’articolo 7 del medesimo Codice prevede un’espressa disciplina della giurisdizione amministrativa, prevedendo che essa si articoli in giurisdizione generale di legittimità, esclusiva ed estesa al merito. Nelle materie di giurisdizione esclusiva, in particolare, il giudice amministrativo conosce, pure ai fini risarcitori, anche delle controversie nelle quali si faccia questione di diritti soggettivi. L’elenco delle materie di giurisdizione esclusiva è contenuto nell’articolo 133 del Codice, che ha recepito le ipotesi di giurisdizione esclusiva contemplate da altri testi normativi e ne ha introdotte di nuove.

 

In base al comma 3, infine, le amministrazioni competenti al recupero trasmettono annualmente alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee l'elenco degli estremi delle sentenze, di cui hanno avuto comunicazione, adottate nell'anno precedente relativamente alle controversie sul tali materie.

 

L’articolo 42, che riguarda il regime di prescrizione della restituzione di un aiuto di Stato oggetto di una decisione di recupero della Commissione, conferma la disciplina recata dal regolamento (CE) n. 659/1999 sopra illustrata.

Per quanto concerne le modalità di trasmissione al Ministero dello sviluppo economico delle informazioni relative agli aiuti di Stato concessi alle imprese, l’articolo 43 del ddl C. 3866 richiama la normativa già in vigore.

Le modalità di trasmissione delle informazioni relative agli aiuti pubblici concessi alle imprese, compresi gli aiuti cd. de minimis, e la tipologia delle informazioni da comunicare al Ministero, sono state disciplinate con il DM 18 ottobre 2002[9].

La normativa europea prevede in capo agli Stati membri un obbligo generale di fornire in ogni momento le informazioni relative agli aiuti di Stato erogati: tale obbligo è esplicitamente previsto nel regolamento (CE) n. 1998/2006 sugli aiuti cd. de minimis e nel regolamento (CE) n. 800/2008 (cd. “regolamento generale di esenzione”). In base al regolamento cd. de minimis deve essere sempre possibile poter effettuare il controllo sul possibile cumulo di misure de minimis in favore di una stessa impresa e, a tale fine, il regolamento prevede che ogni Stato istituisca uno specifico registro centrale di tali aiuti. Il “regolamento generale di esenzione” richiede invece agli Stati di disporre per dieci anni di tutti i dati aggiornati che riguardano gli aiuti esentati al fine di una possibile verifica ex post da parte della Commissione.

Per quanto concerne le competenze del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali in ordine agli aiuti concessi in agricoltura, viene confermata  la normativa europea di riferimento (comma 2).

Si segnalano in particolare il regolamento (CE) n. 1857/2006 della Commissione relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 TCE (ora artt. 1207 e 108 TFUE) agli aiuti di Stato a favore delle piccole e medie imprese attive nella produzione di prodotti agricoli; il regolamento (CE) n. 1535/2007 della Commissione relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 TCE agli aiuti de minimis nel settore della produzione dei prodotti agricoli; il regolamento (CE) n. 800/2008 della Commissione che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato comune in applicazione degli articoli 87 e 88 TCE.

 

Da ultimo l’articolo 46 stabilisce che le disposizioni riguardanti l’obbligo per le amministrazioni centrali e locali di fornire informazioni e dati necessari alle verifiche e ai controlli alle amministrazioni che intendono concedere aiuti (art. 8, comma 3), e le informazioni richieste dalla Commissione europea sull'esecuzione delle decisioni di recupero (art. 39, comma 4) si applicano anche con riferimento alle decisioni di recupero adottate prima della data di entrata in vigore del provvedimento all’esame.


Nomina dei rappresentanti italiani presso il Comitato delle regioni (art. 44 del ddl C. 3866 e art. 21 del testo unificato)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art. 44
(Nomina dei rappresentanti italiani presso il Comitato delle regioni)

Art. 21
(Nomina dei rappresentanti italiani presso il Comitato delle regioni)

1. Il Presidente del Consiglio dei ministri propone al Consiglio dell'Unione europea i membri titolari e i membri supplenti del Comitato delle regioni, spettanti all'Italia in base all'articolo 305 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

1. Il Presidente del Consiglio dei ministri propone al Consiglio dell’Unione europea i membri titolari e i membri supplenti del Comitato delle regioni, spettanti all’Italia in base all’articolo 305 del Trattato sul funzionamento dell’Unione.

2. Ai fini della proposta di cui al comma 1, i membri titolari e supplenti del Comitato delle regioni sono indicati per le regioni e per le province autonome di Trento e di Bolzano dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome e per le province e per i comuni rispettivamente dall'UPI, dall'ANCI e dall'UNCEM, secondo i criteri definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni.

2. Ai fini della proposta di cui al comma 1, i membri del Comitato delle regioni sono ripartiti tra le autonomie regionali e locali secondo i criteri definiti con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, che assicurano la rappresentanza delle assemblee legislative regionali nonché la corrispondenza tra ciascun membro titolare e il rispettivo supplente.

 

3. La proposta di cui al presente articolo è formulata previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni. Allo scopo la Conferenza è integrata da rappresentanti della Conferenza dei presidenti dell'Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome, in qualità di osservatori.

3. Il decreto di cui al comma 2 assicura la rappresentanza delle assemblee legislative regionali.

 

4. In caso di decadenza in corso di mandato di uno dei membri di cui al comma 1, l'indicazione del sostituto è comunicata dalla Conferenza di riferimento alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali, ai fini della proposta al Consiglio dell'Unione europea.

 

 

L'articolo 44 del testo governativo e l’articolo 21 del testo unificato riprendono, con alcune modifiche, il contenuto dell'articolo 6-bis della Legge 11 in materia di nomina dei rappresentanti italiani presso il Comitato delle regioni.

 

Il ddl governativo prevede che il Governo proponga al Consiglio europeo i membri titolari e supplenti nominati dalla Conferenza delle regioni per le regioni e le province autonome, e da UPI, ANCI ed UNCEM per le province ed i comuni - secondo i criteri indicati in un apposito DPCM, da adottarsi d’intesa con la Conferenza unificata, in modo da garantire la rappresentanza delle assemblee legislative regionali.

 

La normativa vigente (legge n. 11/2005, art. 6-bis) prevede che all’Italia spettino 24 membri del Comitato delle regioni, così ripartiti tra le autonomie regionali e locali:

a)  regioni e province autonome di Trento e di Bolzano: 14 titolari e 8 supplenti;

b)  province: 3 titolari e 7 supplenti;

c)  comuni: 7 titolari e 9 supplenti.

La nuova formulazione dell’articolo 6-bis della Legge 11prevista dal ddl governativo si è resa necessaria a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona che, all’art. 305 TFUE, individua solo il numero massimo dei rappresentanti nazionali nel Comitato delle regioni (305 unità), rimettendo al Consiglio europeo la determinazione numerica totale. I membri titolari, ed un ugual numero di membri supplenti, sono nominati per un periodo di cinque anni; il mandato è rinnovabile.

Il Comitato delle regioni, istituito nel 1994 dal Trattato sull’Unione europea, è un organo consultivo costituito da rappresentanti degli enti locali e regionali degli Stati membri. A norma dell’art. 307 TFUE (ex art. 265 TCE), il Parlamento europeo, il Consiglio o la Commissione sono tenuti a consultare il Comitato delle regioni qualora siano presentate nuove proposte nei seguenti settori che interessano la realtà locale e regionale: coesione economica e sociale, reti transeuropee, sanità pubblica, istruzione e cultura, politica occupazionale, politica sociale, ambiente, formazione professionale e trasporti.

La Commissione e il Consiglio possono consultarlo, inoltre, in tutti i casi in cui lo ritengano opportuno; il Comitato può adottare pareri di sua iniziativa e presentarli alla Commissione, al Consiglio e al Parlamento.

 

Il testo unificato dispone invece che i membri del Comitato delle regioni siano ripartiti tra le autonomie regionali e locali secondo criteri definiti con apposito DPCM, in modo da garantire la rappresentanza delle assemblee legislative regionali, previa intesa in sede di Conferenza unificata.


Parità di trattamento
(art. 45 del ddl C. 3866 e art. 32 del testo unificato)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art. 45
(Parità di trattamento)

Art. 32

(Parità di trattamento)

1. Nei confronti dei cittadini italiani non trovano applicazione norme dell'ordinamento giuridico italiano o prassi interne che producono effetti discriminatori rispetto alla condizione e al trattamento dei cittadini dell'Unione europea.

2. Nei confronti dei cittadini italiani non trovano applicazione norme dell'ordinamento giuridico italiano o prassi interne che producono effetti discriminatori rispetto alla condizione e al trattamento dei cittadini di altri Stati membri dell'Unione europea residenti o stabiliti nel territorio nazionale o che vi prestino servizio ai sensi dell’articolo 49 del Trattato istitutivo della Comunità europea.

 

 

 

I provvedimenti all’esame ripropongono, sia pure con alcune modifiche di carattere formale conseguenti all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il contenuto dell’articolo 14-bis della Legge 11 riguardante la parità di condizioni tra cittadini italiani e cittadini di altri Stati membri. Al riguardo, il testo unificato inserisce anche il riferimento ai cittadini degli Stati membri residenti o stabiliti in Italia, o che prestino servizi in Italia.

 


Modifica, deroga, sospensione o abrogazione della presente legge (art. 47 del ddl C. 3866 e art. 40 del testo unificato)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art. 47
(Modifica, deroga, sospensione o abrogazione della presente legge).

Art. 40
(Modifica, deroga, sospensione o abrogazione della presente legge)

1. Le disposizioni della presente legge possono essere modificate, derogate, sospese o abrogate da successive leggi solo attraverso l'esplicita indicazione delle disposizioni da modificare, derogare, sospendere o abrogare.

1. Ai fini dell'attuazione dell'articolo 117, primo comma, della Costituzione, le disposizioni della presente legge possono essere modificate, derogate, sospese o abrogate da successive leggi solo attraverso l'esplicita indicazione delle disposizioni da modificare, derogare, sospendere o abrogare.

 

Per quanto attiene alla procedura di modifica della legge, i progetti di legge all’esame riprendono quanto disposto dall’articolo 21 della Legge 11, il quale stabilisce che le disposizioni ivi contenute, ai fini dell’attuazione dell’articolo 117, primo comma[10], della Costituzione, possano essere modificate, derogate, sospese o abrogate da successive leggi solo attraverso l’esplicita indicazione delle disposizioni da modificare, derogare, sospendere o abrogare.

 

 


Regioni a statuto speciale e province autonome di Trento e Bolzano (art. 48 del ddl 3866 e art. 38 del testo unificato)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art. 48

(Regioni a statuto speciale e province autonome di Trento e di Bolzano)

Art. 38

(Regioni a statuto speciale e province autonome di Trento e di Bolzano)

1. Per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e di Bolzano resta fermo quanto previsto nei rispettivi statuti speciali e nelle relative norme di attuazione.

1. Identico.

 

Nei provvedimenti all’esame si specifica che resta fermo quanto previsto negli Statuti delle regioni a statuto speciale e nelle relative disposizioni attuative, come già disposto dall’articolo 20 della Legge 11.


Utilizzo di strumenti informatici
(art. 39 del testo unificato)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

 

Art. 39

 

(Utilizzo di strumenti informatici)

 

1. Per l'adempimento degli obblighi di trasmissione e di informazione di cui alla presente legge il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee può avvalersi di strumenti informatici.

 

 

Gli articoli 30 del d.d.l. 3866 e 14 del testo unificato riproducono con alcune modificazioni l’art. 15 della legge 11 del 2005, come modificato dalla legge comunitaria 2009, relativo alla presentazione alle Camere da parte del Governo di due relazioni annuali, una programmatica e l’altra di rendiconto.

Con riferimento alla relazione programmatica, un’unica modifica è contemplata dal d.d.l. del Governo, il quale prevede (alla lettera c) del comma 1) che essa indichi le strategie di formazione, oltre che di comunicazione, del Governo in merito all'attività dell'Unione europea e alla partecipazione italiana all'Unione europea.

Con riguardo alla relazione di rendiconto, il d.d.l. del Governo ne posticipa il termine di presentazione dal 31 gennaio, previsto dalla disposizione vigente e dal testo unificato, al 28 febbraio e precisa che essa reca indicazione dell'attuazione in Italia delle politiche di coesione territoriale, oltre che economica e sociale (in coerenza con quanto previsto dal Trattato di Lisbona).

Il d.d.l. prevede, inoltre, la medesima relazione rechi una valutazione di merito anziché sull’efficacia delle politiche di coesione “sui principali risultati annualmente conseguiti e sui progressi e sui temi rilevanti, anche relativamente al concorso delle politiche ordinarie, per il raggiungimento degli obiettivi del periodo di programmazione vigente”.

Il comma 3 dell’art. 30 del d.d.l. stabilisce, infine, che le relazioni siano trasmesse, oltre che anche alla Conferenza delle regioni e delle province autonome, alla Conferenza Stato-regioni e alla Conferenza dei presidenti dell'Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome, anchealla Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

Effetti per la finanza pubblica
(art. 49 del ddl C. 3866 e art. 42 del testo unificato)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

 

 

Art. 49

Art. 42

(Disposizioni finanziarie)

(Effetti per la finanza pubblica

1. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono all'attuazione della presente legge con le risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente.

1. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

 

Entrambi i progetti all’esame prevedono la clausola di invarianza finanziaria per la finanza pubblica.


Modifiche ed abrogazioni
(art. 50 del ddl C. 3866 e art. 41 del testo unificato)

D.d.l. C. 3866

Testo unificato adottato dalla XIV Commissione come testo base

Art. 50

Art. 41

(Abrogazioni e norme finali)

(Modifiche e abrogazioni)

1. Dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogati:

 

a) l'articolo 57 della legge 6 febbraio 1996, n. 52;

 

b) la legge 4 febbraio 2005, n. 11;

1. La legge 4 febbraio 2005, n. 11, è abrogata.

c) l'articolo 42-ter del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14.

 

2. Restano ferme le disposizioni e le competenze di cui alla legge 9 gennaio 2006, n. 12.

 

 

2. Gli articoli 5 e 8, comma 2, della legge 5 giugno 2003, n. 131 sono abrogati.

 

3. L’articolo 5 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 è abrogato.

 

4. Nella legge 16 aprile 1987, n. 183, le parole «Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie», ovunque ricorrenti, sono sostituite dalle seguenti: «Dipartimento per il coordinamento delle politiche dell’Unione europea ».

 

5. Negli atti normativi vigenti le parole «Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie», ovunque ricorrenti, sono sostituite dalle seguenti: «Dipartimento per il coordinamento delle politiche europee».

 

Entrambi i testi all’esame propongono l’abrogazione della Legge 11 del 2005.

Il ddl C. 3866 prevede inoltre le seguenti abrogazioni:

§      l’articolo 57 della Legge 52 del 1996

Si tratta, in particolare, della legge comunitaria 1994 che all’articolo 57 detta norme in materia di aiuti di Stato, prevedendo che il Ministro per il coordinamento delle politiche dell'Unione europea, d'intesa con il Ministro degli affari esteri e fermo restando quanto stabilito dall'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 1993, n. 96 , assicura l'unitarietà d'indirizzo per la tutela degli interessi nazionali nel settore degli aiuti pubblici sottoposto al controllo della Commissione delle Comunità europee ai sensi degli articoli 92 e 93 del Trattato istitutivo della Comunità europea, curando il coordinamento con i Ministeri interessati e i rapporti con le regioni per definire la posizione italiana nei confronti delle Comunità, anche in applicazione dell'articolo 6 della legge 9 marzo 1989, n. 86 .

§      la legge 4 febbraio 2005, n.11

§      l’articolo 42-ter del d.l. 207 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla Legge 14 del 2009

L’articolo in esame reca l’interpretazione autentica dell’articolo 16-bis della legge 4 febbraio 2005, n. 11, nel senso che la rivalsa si esercita anche per gli oneri finanziari sostenuti dallo Stato per le definizioni delle controversie presso la Corte europea dei diritti dell’uomo che si siano concluse con sentenza di radiazione o cancellazione dal ruolo ai sensi degli articoli 37 e 39 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, di cui alla legge 4 agosto 1955, n. 848.

Vengono invece salvaguardate le disposizioni e le competenze dalla Legge 12 del 2009, recante disposizioni in materia di esecuzione delle pronunce della Corte europea dei diritti dell'uomo.

 

Il testo unificato dispone inoltre l’abrogazione delle seguenti disposizioni:

§      gli articoli 5 (attuazione dell'articolo 117, quinto comma, della Costituzione sulla partecipazione delle regioni in materia comunitaria) e 8 (attuazione dell'articolo 120 della Costituzione sul potere sostitutivo) della Legge 131 del 2003 (cd. Legge La Loggia), il cui contenuto è confluito nell’art. 36 del testo unificato;

§      l’articolo 5 del d.lgs. 281 del 1997, recante norme sui rapporti tra regioni e Unione europea in materia di definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

 

Viene, poi, previsto che dovunque ricorrano nella legge 16 aprile 1987, n.183, recante norme per il coordinamento delle politiche riguardanti l'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee ed adeguamento dell'ordinamento interno agli atti normativi comunitari, le parole “Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie”, esse devono essere sostituite dalle seguenti: “Dipartimento per il coordinamento delle politiche dell’Unione europea”.

 

Al comma 5 viene, infine, previsto che negli atti normativi vigenti le parole “Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie” sono sostituite, ovunque ricorrenti, dalle seguenti “Dipartimento per il coordinamento delle politiche europee”.



[1]    Regolamento per il riordino degli organismi operanti nel Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie, a norma dell’articolo 29 del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.

[2]    Il Nucleo è stato istituito con DPCM 11 gennaio 1005.

[3]    D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

[4]    L’articolo 117, quinto comma, della Costituzione prevede che le regioni e le province autonome provvedono all’attuazione degli obblighi comunitari, “nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza”, mentre l’articolo 120, secondo comma, della Costituzione, stabilisce che il Governo può sostituirsi a organi delle regioni, città metropolitane, province e comuni, in caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o economica e la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni. La norma prevede altresì che la legge definisce le procedure idonee a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto dei principi di sussidiarietà e leale collaborazione.

 

[5]    Istituzione del sistema di tesoreria unica per enti ed organismi pubblici.

[6]     Le categorie di aiuti considerate compatibili e non soggette all'obbligo di notifica, ai sensi dell’articolo 1 del citato regolamento, sono quelle in favore:

      - delle piccole e medie imprese,

      - della ricerca e dello sviluppo,

      - della tutela dell'ambiente,

      - dell'occupazione e della formazione;

      - gli aiuti che rispettano la mappa approvata dalla Commissione per ciascuno Stato membro per l'erogazione degli aiuti a finalità regionale.

[7]     A norma del paragrafo 3 dell’articolo 1, i regolamenti possono altresì:

      a) fissare massimali o altre condizioni per la notifica dei casi di erogazione di singoli aiuti;

      b) escludere certi settori dal loro ambito di applicazione;

      c) subordinare ad ulteriori condizioni la compatibilità dell'aiuto esentato ai sensi dei regolamenti stessi.

[8]     Decreto-legge 30 settembre 2005 n. 203 , recante misure di contrasto all’evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248.

[9]    Modalità di trasmissione delle informazioni relative agli aiuti pubblici concessi alle imprese, ai fini della verifica del rispetto del divieto di cumulo delle agevolazioni.

[10]   Ai sensi dell’articolo 117, primo comma, della Costituzione, la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.