Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento trasporti
Titolo: Agenda Digitale Nazionale AA.CC. 4891 e 5093
Riferimenti:
AC N. 4891/XVI   AC N. 5093/XVI
Serie: Progetti di legge    Numero: 605    Progressivo: 1
Data: 29/05/2012
Descrittori:
INTERNET   RETI DI COMUNICAZIONE E TRASMISSIONE
Organi della Camera: IX-Trasporti, poste e telecomunicazioni

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Agenda Digitale Nazionale

AA.CC. 4891 e 5093

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 605/1

 

 

 

29 maggio 2012

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Trasporti

( 066760-2614 – * st_trasporti@camera.it

Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici:

Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

( 066760-2145 – * cdrue@camera.it

 

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: TR0338b

 


INDICE

Introduzione

§      L’Agenda digitale                                                                                              7

§      Il ruolo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nell’economia globalizzata          7

§      Le iniziative dell’Unione europea                                                                     9

§      Le iniziative italiane                                                                                        11

Tabella di raffronto                                                              31

Schede di lettura A.C. 4891

§      Articolo 1 (Legge annuale per l'incentivo e lo sviluppo dei servizi digitali)    39

§      Articolo 2 (Servizi digitali al cittadino)                                                            47

§      Articolo 3 (Sanità digitale)                                                                              51

§      Articolo 4 (Contributo in favore delle famiglie prive di connessione alla rete digitale)           56

§      Articolo 5 (Misure di riduzione dell'imposta sul valore aggiunto)                  58

§      Articolo 6 (Agevolazioni in favore dei giovani imprenditori)                           62

§      Articolo 7 (Incentivi alla diffusione di dispositivi di POS per pagamenti con modalità informatiche)65

§      Articolo 8 (Rottamazione e rinnovo delle dotazioni tecnologiche familiari).  67

§      Articolo 9 (Sviluppo delle infrastrutture)                                                        68

§      Articolo 10 (Adozione del software libero)                                                     71

§      Articolo 11 (Programmi di alfabetizzazione informatica e di educazione ai nuovi media audiovisivi e radiofonici)                                                                                                     74

§      Articolo 12 (Copertura finanziaria)                                                                 79

Schede di lettura A.C. 5093

§      Articolo 1 (Finalità)                                                                                         83

§      Articolo 2 (Definizioni)                                                                                    84

§      Articolo 3 (Piano annuale per l'Agenda digitale nazionale)                           88

§      Articolo 4 (Consulta permanente per l'innovazione)                                     91

§      Articolo 5 (Istituzione della Commissione parlamentare per l'innovazione digitale)  92

§      Articolo 6 (Identificazione delle startup innovative e degli abilitatori startup operanti in Italia)          94

§      Articolo 7 (Fondo per l’Italia per le startup innovative)                                  98

§      Articolo 8 (Criteri per la selezione del soggetto gestore del Fondo per l’Italia)100

§      Articolo 9 (Soggetti beneficiari del Fondo per l’Italia)                                   101

§      Articolo 10 (Estensione della deduzione sul reddito di capitale per le startup innovative)    102

§      Articolo 11 (Supporto al processo di internazionalizzazione delle startup innovative)          105

§      Articolo 12 (Lavoro per quote)                                                                     106

§      Articolo 13 (Promozione dei prodotti e dei servizi di startup innovative all’interno della pubblica amministrazione)                                                                                         108

§      Articolo 14 (Aree a condizioni agevolate per startup innovative)                111

§      Articolo 15 (Finanziamenti per incubatori e sostegni all’ecosistema delle startup innovative)         113

§      Articolo 16 (Semplificazione delle procedure per l’avvio di una startup innovativa)  114

§      Articolo 17 (Riduzione degli oneri previdenziali e sostegno pubblico)        116

§      Articolo 18 (Incentivi fiscali all'apprendistato nel settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione)                                                                                           117

§      Articolo 19 (Riduzione dell’imposta regionale sulle attività produttive per le aziende che investono per la formazione del proprio personale sui nuovi media e tecnologie)            118

§      Articolo 20 (Detassazione dei ricavi del commercio elettronico internazionale delle micro e piccole imprese)                                                                                                      120

§      Articolo 21 (Semplificazione della normativa relativa al commercio elettronico diretto)       122

§      Articolo 22 (Riduzione dell'IVA per i prodotti multimediali digitali)               123

§      Articolo 23 (Misure di sostegno fiscale alle aziende video ludiche italiane: credito d’imposta e detrazione degli utili reinvestiti)                                                                    124

§      Articolo 24 (Credito d'imposta per promuovere l'offerta on line di opere dell'ingegno)         127

§      Articolo 25 (Obblighi e responsabilità)                                                         130

§      Articolo 26 (Modifiche al codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82)                                                                                                  132

§      Articolo 27 (Accessibilità dei testi scolastici)                                              134

§      Articolo 28 (Campagna istituzionale per la promozione delle potenzialità dell’economia digitale)    136

§      Articolo 29 (Campagne informative)                                                           137

§      Articolo 30 (Nuovo contratto di servizio della RAI – Radiotelevisione italiana Spa)  138

§      Articolo 31 (Assunzione di personale competente nella pubblica amministrazione)            139

§      Articolo 32 (Obbligo open data nella pubblica amministrazione)                141

§      Articolo 33 (Sicurezza della riservatezza dei dati nella pubblica amministrazione)   143

§      Articolo 34 (Digitalizzazione della giustizia)                                                 144

§      Articolo 35 (Sanità digitale)                                                                          146

§      Articolo 36 (Modifica all'articolo 87 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, in materia di connessioni alla rete internet)        147

§      Articolo 37 (Disposizioni finanziarie)                                                            148

 

 


Introduzione

 


L’Agenda digitale

Le proposte di legge C. 4891 e C. 5093 intervengono in materia di definizione dell’Agenda digitale nazionale. Esse si collocano in un contesto caratterizzato da molteplici iniziative. In tal senso, al fine di un’analisi delle stesse assumono rilievo:

-                il ruolo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) nell’economia globalizzata;

-                le iniziative dell’Unione europea

-                le iniziative italiane.

 

Il ruolo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nell’economia globalizzata

 

Con riferimento al primo aspetto, numerose analisi evidenziano il contributo delle TIC al miglioramento della produttività dell’economia. Si tratta di un fenomeno che ha interessato, a partire dalla metà degli anni Novanta principalmente gli USA e, in misura minore, l’Unione europea. Fonti OCSE stimano che il 73 per cento della crescita conosciuta dagli USA tra il 1995 e il 2000 sia riconducibile alla diffusione di Internet, contro il 42 per cento dell’Unione europea. Valori più simili si riscontrano nel periodo tra il 2000 e il 2005: 43 per cento negli USA, 45 per cento nell’Unione europea. I medesimi studi evidenziano che ad un aumento della diffusione delle TIC del 10 per cento corrisponda un aumento del tasso di produttività tra lo 0,5 e lo 0,6. In tal senso, le TIC appaiono come una “tecnologia a scopo generale” (general purpose technologies), al pari dell’industria tessile nella prima rivoluzione industriale (fine 1700 – inizi 1800) e dell’industria siderurgica e chimica nella seconda rivoluzione industriale (seconda metà del 1800), vale a dire come una tecnologia suscettibile di avere una ricaduta in tutti i settori dell’economia e caratterizzata da:

-                applicabilità per vari usi

-                ampie opportunità di miglioramenti nella tecnologia, con costi di produzione tendenti al ribasso;

-                facilitazioni nelle innovazioni di prodotto[1].

 

All’interno delle TIC un ruolo particolare è svolto negli ultimi anni dallo sviluppo delle reti di comunicazione di nuova generazione,  e all’interno di queste delle tecnologie di “banda larga”.

Con “banda larga” si definiscono, nella teoria dei segnali, i metodi che consentono a due o più segnali di condividere la stessa linea di trasmissione. Tuttavia, con l’aumento della velocità di trasmissione, il termine è in realtà divenuto sinonimo di “alta velocità”. L’OCSE a partire dal 2001 ha definito “a banda larga” una connessione che fornisca un accesso downstream (trasferimento dei dati dal server al client) di 256 Kbitps( kilobyte per secondo)[2] e upstream (trasferimento dei dati dal client al server) di 128 Kbitps; la Commissione europea usa invece il termine banda larga come sinonimo di connessione più veloce di quella assicurata da un normale modem. In Italia la Task Force sulla banda larga, commissione interministeriale di studio istituita nel 2001 dal Ministero delle comunicazioni e dal Ministero per l’innovazione e le tecnologie ha definito la banda larga come “l’ambiente tecnologico che consente l’utilizzo delle tecnologie digitali ai massimi livelli di interattività”. L’attuale sviluppo tecnologico indica generalmente come di “banda larga” le connessioni superiori a 1,544 Mbitps(megabyte per secondo)[3].

Le tecnologie a banda larga fanno riferimento principalmente alla rete di accesso e in particolare alle connessioni tra centrale e utenti (ultimo miglio). In questo contesto le architetture di accesso a banda larga possono basarsi su:

-                la preesistente rete di accesso telefonica in rame, in particolare il “doppino telefonico” attraverso le tecnologie DSL. Tra queste tecnologie rientra l’ADSL; si ricorda poi lo sviluppo, da ultimo, della tecnologia VDSL2 vectoring[4] che aumenta considerevolmente la capacità dei tradizionali accessi, fino a 100 Mbitps, attraverso l’impiego di algoritmi e tecniche di eliminazione delle interferenze tra i doppini.

-                l’utilizzo di rilegamenti in fibra ottica fino alla sede del cliente o fino all’edificio o ancora fino agli “armadi” della rete di distribuzione[5] con architetture Fiber to the Home (FTTH), Fiber to the Building (FTTB), Fiber to the Cabinet (FTTCab);

-                l’utilizzo di frequenze radio tra cui rientrano le reti WI-FI, WI-MAX, i collegamenti via satellite, la telefonia di terza generazione UMTS e la TV digitale terrestre[6].

Studi della Banca Mondiale ritengono che una variazione di dieci punti percentuali della penetrazione della banda larga generino un aumento di 1,21 punti percentuali di crescita del PIL pro-capite nelle economie dei paesi sviluppati[7].

Con banda “ultra-larga” si intendono invece connessioni con velocità superiore a 100 Mbitps. Per avere accesso alla banda ultra larga è necessario disporre di una connessione in fibra ottica. Si stanno però diffondendo in Europa tecnologie che consentono di offrire connessioni a banda ultra larga tramite il cavo coassiale della TV via cavo[8]

Negli USA l’American Recovery and Reinvestiment Act del 2009 ha stanziato 7,2 miliardi di dollari per la promozione delle infrastrutture di banda larga.

 

Il tema della banda larga è affrontato dagli articoli 4, 8 e 9 dell’A.C 4891 e dall’articolo 3 e dell’A.C. 5093. Sulle iniziative già poste in essere sul tema negli scorsi anni cfr. infra paragrafo “Le iniziative italiane”.

Le iniziative dell’Unione europea

Il 19 maggio 2010 la Commissione europea ha adottato la comunicazione “Un’agenda digitale europea” (COM(2010)245).

L’Agenda rappresenta una delle sette “iniziative faro” della Strategia per la crescita “Europa 2020”, mira a stabilire il ruolo chiave delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) per raggiungere gli obiettivi che l'UE si è prefissata per il 2020.

In particolare, si individuano le azioni fondamentali per affrontare in modo sistematico sette aree problematiche nelle TIC:

-    la frammentazione dei mercati digitali, l

-    la mancanza di interoperabilità,

-    l’aumento della criminalità informatica,

-    la mancanza di investimenti nelle reti,

-    l’impegno insufficiente nella ricerca e nell’innovazione,

-    la mancanza di alfabetizzazione informatica.

-    le opportunità mancate nella risposta ai problemi della società.

 

A tal fine, l’Agenda propone di:

-    realizzare di un mercato unico digitale (semplificazione diritti d’autore e rilascio licenze transfrontaliere; armonizzazione della numerazione dei servizi di telecomunicazioni e delle bande dello spettro);

-    aumentare l’interoperabilità di dispositivi, applicazioni, banche dati, servizi e reti;

-    contrastare la criminalità informatica, la pornografia infantile on line e il non rispetto della riservatezza e dei dati personali;

-    disporre di un Internet veloce e superveloce, accessibile a tutti e a prezzi competitivi. In tale ottica, l’UE deve creare reti d’accesso di nuova generazione (NGA). La Commissione intende servirsi dei fondi europei (in particolare del FESR o del FEASR) per finanziare gli investimenti nella banda larga. La Commissione rafforzerà inoltre la sua politica in materia di spettro radio;

-    investire di più nelle attività di ricerca e sviluppo connesse alle TIC. La Commissione intende quindi favorire gli investimenti privati e raddoppiare le spese pubbliche nello sviluppo delle TIC.

-    favorire l’occupazione nel settore delle TIC, la Commissione propone di inserire l’alfabetizzazione e le competenze digitali fra le priorità del Fondo sociale europeo.

-    sfruttare il potenziale offerto dall’utilizzo delle TIC nei settori dei cambiamenti climatici, attraverso partenariati con i settori responsabili delle emissioni; della gestione dell’invecchiamento demografico, attraverso la medicina elettronica e i sistemi e servizi di telemedicina; della digitalizzazione dei contenuti grazie a Europeana; dei sistemi di trasporto intelligenti.

 

Per la realizzazione dell’Agenda digitale europea è previsto un impegno coordinato dell’Unione e dei singoli Stati membri (nonché a livello regionale). L’attuazione sarà coordinata da un gruppo di commissari che dovranno coinvolgere gli Stati membri e il Parlamento europeo. Un bilancio periodico dei progressi compiuti nell’ambito dell’agenda digitale sarà realizzato ogni anno con la pubblicazione di un quadro di valutazione e l’organizzazione di un’assemblea sul digitale.

 

Nell’ambito dell’agenda digitale europea, il 20 settembre 2010 la Commissione europea ha presentato un pacchetto di misure finalizzate al raggiungimento dell’obiettivo di fornire ai cittadini europei l’accesso alla banda larga (base per il 2013 e veloce per il 2020), composto da:

-    una proposta di decisione sulla creazione di un programma per la politica dello spettro radio (COM(2010)471), che espone orientamenti per la pianificazione strategica e l'armonizzazione dell'uso dello spettro radio per realizzare il mercato interno; mira a garantirne l'uso e la gestione efficiente, la promozione della neutralità della tecnologia e del servizio, l'applicazione di un sistema di autorizzazione più snello. Entro il 2015 la Commissione dovrà trasmettere una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio e gli Stati membri dovranno attuare la decisione.

Il 15 febbraio il Parlamento europeo in sessione plenaria ha approvato con una risoluzione legislativa la posizione del Consiglio. Ciò a seguito dell’accordo politico raggiunto il 24 ottobre 2011 tra il Parlamento europeo e il Consiglio, dopo cinque “triloghi” informali, e i cui elementi fondamentali sono: liberazione della banda di frequenza 800 MHz per i servizi internet a banda larga senza fili in tutti gli Stati membri entro il 1° gennaio 2013; sviluppo della banda larga mobile ad almeno 30 Mbps entro il 2020 per tutti i cittadini dell'UE, colmando così il divario digitale e contribuendo a conseguire gli obiettivi dell'agenda digitale europea; assegnazione di almeno 1200 MHz di spettro al traffico mobile di dati entro il 2015.

-    una comunicazione per promuovere gli investimenti nella rete di banda larga (COM(2010)472), che indica l’obiettivo di assicurare l’accesso a internet per tutti i cittadini ad una velocità di connessione superiore a 30 megabit per secondo, e per almeno il 50% delle famiglie la disponibilità di un accesso a internet con una velocità superiore a 100 Megabit per secondo entro il 2020; sulla comunicazione il Consiglio del 2-3 dicembre 2010 ha adottato conclusioni.

Sul documento il Consiglio del 3 ottobre 2010 ha adottato conclusioni e il Parlamento europeo il 6 luglio 2011 ha approvato una risoluzione.

-    una raccomandazione sull’accesso regolato alla rete Next Generation Access (NGA) (C(2010)6223, pubblicato in G.U.U.E. L, n. 251 del 25.9.2010), che mira a favorire lo sviluppo del mercato unico rafforzando la certezza del diritto e promuovendo gli investimenti, la concorrenza e l'innovazione sul mercato dei servizi a banda larga.

Le iniziative italiane

Nell’ambito dell’attuazione dell’Agenda digitale europea, con l’articolo 47 del D.L. n. 5/2012 (DL “semplificazioni”), l’Italia ha istituito la Cabina di regia per l’Agenda digitale italiana, entrata in funzione il 1° marzo 2012, presso il Ministero dello sviluppo economico, con il compito di accelerare il percorso di attuazione dell'Agenda digitale italiana, coordinando gli interventi dei diversi soggetti pubblici diretti a favorire lo sviluppo di domanda e offerta di servizi digitali innovativi, potenziare l'offerta di connettività a larga banda, incentivare cittadini e imprese all'utilizzo di servizi digitali e promuovere la crescita di capacità industriali adeguate a sostenere lo sviluppo di prodotti e servizi innovativi.

La Cabina di Regia è articolata in sei gruppi di lavoro che curano i principali target dell’Agenda digitale: infrastrutture e sicurezza; e-Commerce; alfabetizzazione digitale e competenze digitali; e-Government; ricerca e innovazione e smart cities e communities.

Entro il 30 giugno 2012 la Cabina di Regia dovrà produrre la relazione “la strategia italiana per un’Agenda digitale” che si tradurrà concretamente in progetti operativi e in un apposito pacchetto normativo (c.d. “decreto DigItalia”).

 

Inoltre, il Documento di economia e finanza 2012 (doc. LVII, n. 5) individua l’agenda digitale come una delle quattro priorità a cui andranno destinati i fondi strutturali recentemente riprogrammati, unitamente allo sblocco della quota di cofinanziamento nazionale del Fondo sviluppo e coesione. Le azioni previste prevedono il completamento del piano nazionale banda larga nel Mezzogiorno; la diffusione della banda larga ultraveloce; la realizzazione di data center per la creazione di un sistema di cloud computing propriamente rivolto a scuole, biblioteche digitali, educazione televisiva.

 

In breve, per cloud computing s’intende un insieme di tecnologie e risorse informatiche, accessibili direttamente on-line grazie allo sviluppo delle reti di comunicazione[9]. E’ possibile distinguere tra “private cloud” (o “nuvola privata”) e “public cloud” (o “nuvola pubblica”). La “private cloud” è un’infrastruttura informatica per lo più dedicata alle esigenze di una singola organizzazione, ubicata nei suoi locali o affidata in gestione ad un terzo, con la quale sono gestiti in condivisione dei dati, in maniera analoga ad un data center. Di maggiore rilievo e portata innovativa, in particolare per le amministrazioni pubbliche, è invece la “public cloud” (o “nuvola pubblica”) nella quale l’infrastruttura è di proprietà di un fornitore specializzato nell’erogazione di servizi che mette a disposizione di utenti, aziende o amministrazioni - e quindi condivide tra di essi - i propri sistemi attraverso l’erogazione via web di applicazioni informatiche, di capacità elaborativa e di stoccaggio[10]. Il tema del “cloud computing” è affrontato dagli articoli 3 e 33 dell’A.C. 5093.

 

Con riferimento al tema della banda larga si ricorda che l’articolo 1 della legge n. 69/2009 ha stanziato 800 milioni del Fondo per le aree sottoutilizzate da destinare, nel rispetto delle competenze regionali e previa approvazione del CIPE alla realizzazione degli interventi necessari all’adeguamento delle reti di comunicazione elettronica. L’impiego delle risorse non risulta essere stato effettivamente autorizzato.

Al riguardo, si osserva che, mentre l’articolo 25, comma 6, del DL n. 78/2009 n. 78 del 2009 ha definito il predetto stanziamento di 800 milioni di euro per il periodo 2007-2013 come limite per l’utilizzo delle risorse fino a tale tetto massimo, alla luce delle informazioni ufficiali disponibili risulterebbe che un ammontare di 30 milioni di euro sia stato utilizzato, ai sensi dell’articolo 2, comma 4-octies, del D.L. n. 225 del 2010 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 10/2011) per incrementi al Fondo per il passaggio al digitale di cui di cui all’articolo 1, comma 927, della legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006), mentre, con delibera del CIPE dell’11 gennaio del 2011 n. 1 (pubblicata in G.U. n. 80 del 7 aprile 2011), è stato operato un taglio delle predette risorse pari a 400 milioni di euro.

 

Come emerso nel ciclo di audizioni informali sulle rete di comunicazione di nuova generazione svolto dalla IX Commissione Trasporti nel febbraio-marzo 2012:

-       attraverso l’utilizzo di fondi pubblici per le aree in digital divide, il livello di copertura “lorda” del servizio ADSL ha raggiunto nel 2012 circa il 97% e quella “netta” oltre il 92 per cento (la copertura “netta” esclude quei clienti i quali, pur essendo localizzati in aree servite da centrali dotate di tecnologia a banda larga si trovano nell’impossibilità di accedere ad una connessione a banda larga per ragioni diverse di natura tecnica)

-       Telecom Italia prevede, nell’ambito dell’attuazione dell’Agenda digitale europea, un intervento di infrastrutturazione in fibra del territorio articolato in due fasi:

1)      in una prima fase la fibra raggiungerà gli armadi della rete di distribuzione, realizzando un’architettura FTTCab (cfr. supra)

2)      in una seconda fase la fibra raggiungerà gli edifici e le singole unità immobiliari, realizzando un’architettura FTTH (fino alla “casa”; cfr. supra) nelle trenta città italiane più importanti.

-    la società MetroWeb, acquisita nel 2011 dal Fondo italiano infrastrutture (F2i; Fondo privato partecipato da Cassa depositi e prestiti, Intesa Sanpaolo, Unicredit, Fondazioni bancarie e Casse di previdenza), ha realizzato una rete urbana in fibra ottica con infrastruttura FTTB (fino “all’edificio”; cfr. supra) di circa 3.200 Km, e velocità di connessione di 100 Mbitps localizzate prevalentemente nella città di Milano, dopo l’acquisizione di Metroweb F2i ha sviluppato il piano NGN che prevede, in una prima fase, lo sviluppo dell’infrastruttura in fibra ottica nelle trenta principali città italiane.

 

Con riferimento alla situazione italiana si riporta nelle seguenti tabelle:

-                Il grado di penetrazione di Internet in Italia confrontato con la situazione degli altri Stati membri dell’Unione europea (Fonte: Eurostat);

-                Velocità di downloading in alcuni Paesi (Fonte: Netindex, 2012);

-                Incidenza delle connessioni in fibra ottica nei Paesi OCSE (Fonte: OCSE, 2012);

-                Famiglie con accesso a internet in banda larga nei Paesi UE (Fonte: EUROSTAT, 2012).

 

 


Il grado di penetrazione di Internet in Italia confrontato con la situazione
degli altri Stati membri dell’Unione europea
(Fonte: Eurostat)

 

 


Percentuale di accesso a internet nelle famiglie nei Paesi UE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Anno

Paesi

2009

2010

2011

EU27 – Unione Europea

66

70

73

EA – Area Euro

67

71

74

BE – Belgio

67

73

77

BG - Bulgaria

30

33

45

CZ – Repubblica Ceca

54

61

67

DK – Danimarca

83

86

90

DE – Germania

79

82

83

EE – Estonia

63

68

71

IE – Irlanda

67

72

78

EL – Grecia

38

46

50

ES – Spagna

54

59

64

FR – Francia

69

74

76

IT – Italia

53

59

62

CY – Cipro

53

54

57

LV – Lettonia

58

60

64

LT - Lituania

60

61

62

LU – Lussemburgo

87

90

91

HU – Ungheria

55

60

65

MT – Malta

64

70

75

NL – Paesi Bassi

90

91

94

AT – Austria

70

73

75

PL – Polonia

59

63

67

PT – Portogallo

48

54

58

RO – Romania

38

42

47

SI – Slovenia

64

68

73

SK - Slovacchia

62

67

71

FI – Finlandia

78

81

84

SE – Svezia

86

88

91

UK – Regno Unito

77

80

83

IS – Islanda

90

92

93

NO – Norvegia

86

90

92

 

 

 

 

 

 

 

 

Fonte: Eurostat

 

 

 

Aggiornamento: 15 maggio 2012

 

 

 

 

 


Velocità di downloading in alcuni Paesi

(Fonte: Netindex[11], 2012)

Dati riportati da Cassa Depositi e Prestiti spa nell’audizione informale presso la IX Commissione Trasporti della Camera dei deputati
in data 13 marzo 2012

 


TABELLA 1

 

 


Incidenza delle connessioni in fibra ottica nei Paesi OCSE

(Fonte: OCSE, 2012)

Dati riportati da Cassa Depositi e Prestiti spa nell’audizione informale presso la IX Commissione Trasporti della Camera dei deputati
in data 13 marzo 2012

 


TABELLA 2

 

 


Famiglie con accesso a internet in banda larga
nei Paesi UE

(Fonte: EUROSTAT, 2012)

Dati riportati da Cassa Depositi e Prestiti spa nell’audizione informale presso la IX Commissione Trasporti della Camera dei deputati
in data 13 marzo 2012

 

 


TABELLA 3

 

 

 


Tabella di raffronto

 


Nella sottostante tabella si effettua un confronto tra i temi trattati nei singoli articoli delle due proposte di legge abbinate C. 4891 e C. 5093, al fine di individuare gli articoli che affrontano tematiche analoghe.

 

 

A.C. 4891

A.C. 5093

-

Art. 1

Finalità

-

Art. 2

Definizioni

Art. 1

Legge annuale per l’incentivo e lo sviluppo dei servizi digitali

Art. 3

Piano annuale per l’Agenda digitale nazionale

-

Art. 4

Consulta permanente per l’innovazione

-

Art. 5

Istituzione della Commissione parlamentare per l’innovazione digitale

Vedi Art. 6 – Agevolazioni in favore dei giovani imprenditori

Art. 6

Identificazione delle start-up innovative e degli abilitatori start-up operanti in Italia

-

Art. 7

Fondo per l’Italia per le start-up innovative

-

Art. 8

Criteri per la selezione del soggetto gestore del Fondo per l’Italia

-

Art. 9

Soggetti beneficiari del Fondo per l’Italia

-

Art. 10

Estensione della deduzione sul reddito di capitale per le start-up innovative

-

Art. 11

Supporto al processo di internazionalizzazione delle start-up innovative

-

Art. 12

Lavoro per quote

-

Art. 13

Promozione dei prodotti e dei servizi di start-up innovative all’interno della pubblica amministrazione

-

Art. 14

Aree a condizioni agevolate per start-up innovative

-

Art. 15

Finanziamenti per incubatori e sostegni all’ecosistema delle start-up innovative

-

Art. 16

Semplificazione delle procedure per l’avvio di una start-up innovativa

-

Art. 17

Riduzione degli oneri previdenziali e sostegno pubblico

-

Art. 18

Incentivi fiscali all’apprendistato nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione

 

Art. 19

Riduzione IRAP su attività produttive per aziende che investono per la formazione del proprio personale su nuovi media e tecnologie

 

Art. 20

Detassazione dei ricavi del commercio elettronico internazionale delle micro e piccole imprese

Vedi Art. 5 Misure di riduzione dell’IVA per il commercio elettronico

Art. 21

Semplificazione della normativa relativa al commercio elettronico diretto

 

Art. 22

Riduzione dell’imposta sul valore aggiunto per i prodotti multimediali digitali

 

Art. 23

Misure di sostegno fiscale alle aziende video-ludiche italiane: credito d’imposta e detrazione degli utili reinvestiti

 

Art. 24

Credito d’imposta per promuovere l’offerta on line di opere dell’ingegno

 

Art. 25

Obblighi e responsabilità

-

Art. 26

Modifiche al codice dell’amministrazione digitale

-

Art. 27

Accessibilità dei testi scolastici

Vedi Art. 11 Programmi di alfabetizzazione informatica

Art. 28

Campagna istituzionale per la promozione delle potenzialità dell’economia digitale

Vedi Art. 11 Programmi di alfabetizzazione informatica 

Art. 29

Campagne informative

Vedi Art. 11 Programmi di alfabetizzazione informatica

Art. 30

Nuovo contratto di servizio della RAI

-

Art. 31

Assunzione di personale competente nella pubblica amministrazione

Vedi Art. 10 Adozione del software libero

Art. 32

Obbligo open data nella pubblica amministrazione

Art. 2

Servizi digitali al cittadino

Art. 33

Sicurezza della riservatezza dei dati nella pubblica amministrazione

-

Art. 34

Digitalizzazione della giustizia

Art. 3

Sanità digitale

Art. 35

Sanità digitale

-

Art. 36

Connessioni alla rete Internet

Art. 4

Contributo in favore delle famiglie prive di connessione Internet

-

Art. 5

Misure di riduzione dell’IVA per il commercio elettronico

Vedi Art. 21- Semplificazione sulla normativa sul commercio elettronico

Art. 6

Agevolazioni in favore dei giovani imprenditori

Vedi Art. 6 – Agevolazioni in favore dei giovani imprenditori

Art. 7

Incentivi alla diffusione di dispositivi POS per pagamenti con modalità informatiche

-

Art. 8

Rottamazione e rinnovo delle dotazioni tecnologiche familiari

-

Art. 9

Sviluppo delle infrastrutture

-

Art. 10

Adozione del software libero

Vedi Art. 32 Obbligo open-data nella pubblica amministrazione

Art. 11

Programmi di alfabetizzazione informatica

Vedi Artt. 28 Campagna istituzionale per la promozione delle potenzialità dell’economia digitale, 29 Campagne informative, 30 Nuovo contratto di servizio della RAI

Art. 12

Copertura finanziaria

Art. 37

Copertura finanziaria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Schede di lettura A.C. 4891[12]

 


Articolo 1
(Legge annuale per l'incentivo e lo sviluppo dei servizi digitali)

 

 

L’articolo 1 fissa, al comma 1, i principi generali per lo sviluppo dei servizi elettronici e digitali.

In particolare il comma 1 dispone che lo Stato:

-      promuove lo sviluppo dell'economia e della cultura digitali,

-      definisce politiche di incentivo alla domanda di servizi digitali

-      favorisce l'alfabetizzazione informatica,

-      favorisce la ricerca e l'innovazione tecnologica, quali fattori essenziali di progresso e opportunità di arricchimento economico, culturale e civile.

 

Il successivo comma 2 individua un nuovo strumento legislativo al quale viene affidato il perseguimento dei suddetti obiettivi: la legge annuale per l'incentivo e lo sviluppo dei servizi digitali.

L’iniziativa legislativa relativamente al nuovo strumento è riservata al Governo che adotta il relativo disegno di legge su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione.

In relazione alle evidenti connessioni che la materia presenta con le competenze del sistema regionale e delle autonomie locali è previsto che il Governo senta la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

E’ previsto inoltre che si tenga conto delle segnalazioni eventualmente trasmesse dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ai sensi dell'articolo 1, comma 6, lettera c), numero 1), della legge 31 luglio 1997, n. 249.

Termine per la presentazione del d.d.l. è il 30 aprile di ogni anno.

 

Si segnala che invece, l’articolo 3 dell’A.C. 5093 fa riferimento non ad una “legge annuale” ma ad un “piano annuale”.

 

Relativamente al contenuto del d.d.l. il comma 3 prevede:

a)      disposizioni per rimuovere gli ostacoli legislativi e amministrativi allo sviluppo dei servizi digitali e per promuovere in tutti i settori di competenza della pubblica amministrazione lo sviluppo di tali servizi;

b)      una o più deleghe al Governo per l'adozione di decreti legislativi, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge annuale di cui al comma 2, ai fini di cui al comma 1;

c)      l'autorizzazione all'adozione di regolamenti, decreti ministeriali e altri atti, ai fini di cui al comma 1;

d)      disposizioni recanti i principi fondamentali nel rispetto dei quali le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano devono esercitare le proprie competenze negli ambiti di attività disciplinati dalla presente legge e dalla legge annuale di cui al comma 2;

e)      norme modificative di disposizioni contenute in leggi previgenti che disciplinano l'accesso ai servizi della pubblica amministrazione, in attuazione delle finalità di cui al comma 1 e con esplicita indicazione delle norme da modificare o da abrogare.

 

Il comma 4 disciplina l’apparato di informazione che il Governo deve allegare al disegno di legge annuale. Si prevede in particolare che il Governo debba presentare anche una relazione di accompagnamento che evidenzia:

a)      lo stato di conformità dell'ordinamento interno ai princìpi dell'Unione europea in materia di servizi della società dell'informazione, nonché alle politiche europee in materia di mercato unico digitale, di interoperabilità e standard, di sicurezza delle reti, di rete internet ultraveloce, di ricerca ed innovazione, nonché di alfabetizzazione tecnologica;

b)      lo stato di attuazione degli interventi previsti nelle precedenti leggi annuali per l'incentivo e lo sviluppo dei servizi digitali, indicando gli effetti che ne sono derivati per i cittadini, per le imprese e per la pubblica amministrazione;

c)      l'elenco delle segnalazioni e dei pareri trasmessi nell'anno dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ai sensi dell'articolo 1, comma 6, lettera c), numero 1), della legge 31 luglio 1997, n. 249, con l'indicazione motivata delle segnalazioni cui non si è dato seguito.

c)

Il successivo comma 5, chiarisce che ai fini della disciplina recata dal d.d.l. per pubblica amministrazione si intendono le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

 

 

Leggi a ciclo annuale

 

La legge annuale per l’incentivo e lo sviluppo dei servizi digitali rappresenta una nuova ipotesi di legge a ciclo annuale.

Per “leggi a ciclo annuale” si intendono ordinariamente quelle leggi di iniziativa governativa previste da leggi che governano i singoli settori, che in genere definiscono, in maniera più o meno stringente, i tempi di presentazione dei relativi disegni di legge da parte del Governo e i contenuti dei provvedimenti. Si tratta delle seguenti:

1)      leggi di stabilità e di bilancio: articolo 11 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (entro il 15 ottobre di ogni anno);

2)      legge comunitaria: articoli 8 e 9 della legge 4 febbraio 2005, n. 11 (entro il 31 gennaio di ogni anno);

3)      legge di semplificazione: articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (entro il 31 maggio di ogni anno);

4)      legge annuale per il mercato e la concorrenza: articolo 47 della legge 23 luglio 2009, n. 99 (entro sessanta giorni dalla data di trasmissione al Governo della relazione annuale dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, ai sensi dell’articolo 23 della legge 10 ottobre 1990, n. 287 la quale fissa al 31 marzo di ogni anno il termine per la presentazione della relazione);

5)      legge annuale per le micro, le piccole e le medie imprese: articolo 18 della legge 11 novembre 2011, n. 180 (entro il 30 giugno di ogni anno).

 

Tali leggi sono presenti anche negli ordinamenti regionali: tutte le Regioni approvano annualmente proprie leggi finanziarie e di bilancio; diverse Regioni hanno previsto l’approvazione di leggi comunitarie annuali; leggi di semplificazione normativa e di abrogazione generale vengono approvate con periodicità variabile in varie realtà regionali.

 

 

Le leggi di bilancio e di stabilità

La legge 31 dicembre 2009, n. 196, di riforma della contabilità e finanza pubblica, ha integralmente sostituito ed abrogato la legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, definendo un quadro regolatore unitario delle fasi di costruzione delle decisioni di bilancio e declinando in modo nuovo il ruolo del Governo – responsabile a livello europeo del rispetto dei vincoli finanziari ivi stabiliti – quello del Parlamento – detentore, ai sensi dell’ articolo 81 della Costituzione, dello specifico potere di approvazione del bilancio – e quello degli enti territoriali, per i quali è stata prevista una più intensa partecipazione alla fase ascendente di definizione degli obiettivi economico finanziari, anche al fine di tenere conto dell’evoluzione dell’ordinamento in senso federale e dell’approvazione della legge delega n. 42 del 2009 di attuazione del federalismo fiscale.

La legge di stabilità(ex legge finanziaria) è lo strumento che compone, assieme alla legge di bilancio, la manovra di finanza pubblica, che deve essere articolata su base almeno triennale, al fine di dare un orizzonte di medio periodo al processo di programmazione economico-finanziaria.

I disegni di legge di stabilità e di bilancio, in base al ciclo della programmazione, sono presentati dal Governo entro il 15 ottobre di ogni anno (in precedenza, il termine per la presentazione dei disegni di legge finanziaria e di bilancio era fissato al 30 settembre).

Attraverso la legge di stabilità si provvede alla regolazione annuale delle grandezze previste dalla legislazione vigente, al fine di adeguarne gli effetti finanziari agli obiettivi programmatici stabiliti nella Decisione di economia e finanza (DEF, ex DPEF) e nell’eventuale Nota di aggiornamento. In tal senso, la legge di stabilità contiene norme tese a realizzare effetti finanziari con decorrenza nel triennio considerato dal bilancio pluriennale.

Sotto il profilo dei contenuti della legge, la nuova disciplina ha introdotto stringenti limiti, portando a regime la disciplina sperimentale per il 2009 introdotta dal D.L. n. 112/2008, al fine di evitare nella legge finanziariavenissero introdottedisposizioni non finalizzate direttamente a delineare la manovra finanziaria annuale quali quelle finalizzate al sostegno o al rilancio dell’economia,nonché, come già previsto, quelle dicarattere ordinamentale, microsettoriale e localistico.

La ratio sottesa a tale evoluzione della disciplina contabile è quella di configurare la legge finanziaria (ora legge di stabilità) sostanzialmente come atto di regolazione quantitativa,volto a definire le grandezze fondamentali del quadro di finanza pubblica. Al ridimensionamento del contenuto tradizionale di tale legge è peraltro corrisposto unampliamento della portata decisionaledeldisegno di legge di bilancio, attraverso la previsione della possibilità di rimodulare, entro certi limiti, le risorse inerenti alle missioni e ai programmi di spesa.

 

La legge comunitaria

L’articolo 8 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, recante norme generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari, prevede che “il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per le politiche comunitarie, di concerto con il Ministro degli affari esteri e con gli altri Ministri interessati, entro il 31 gennaio di ogni anno presenta al Parlamento un disegno di legge recante: «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee»; tale titolo è completato dall'indicazione: «Legge comunitaria» seguita dall'anno di riferimento”. Tale disposizione riprende quella già contenuta nell’articolo 2 della legge 9 marzo 1989, n. 86.

La legge comunitaria è stata modellata, con attenuazioni, sulle leggi che concorrono al ciclo di bilancio: la legge n. 11/2005 definisce tempi della presentazione e contenuti ma, in assenza di una disciplina di una vera e propria sessione comunitaria (sul modello della sessione di bilancio) i tempi di esame parlamentare tendono ad allungarsi.

Nei 21 anni trascorsi dal 1990 sono state approvate 17 leggi comunitarie, più altre leggi di contenuto più circoscritto ed alcuni decreti-legge volti all’attuazione degli obblighi comunitari.

E’ attualmente all’esame del Senato (S. 2646), dopo l’approvazione in prima lettura alla Camera, il testo unificato di 4 proposte di legge di iniziativa parlamentare e di un disegno di legge di iniziativa del Governo, che innova, sostituendola integralmente, la legge n. 11 del 2005, adeguandola alle modifiche intervenute nell’assetto dell’Unione europea a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona e della crescente importanza delle politiche di origine europea.

Si compone di 58 articoli divisi in nove capi che recano numerose novità rispetto al quadro vigente, con specifico riguardo al raccordo tra Parlamento e Governo da un lato e tra Stato e sistema regionale e delle autonomie dall’altro.

Soprattutto, per il profilo che qui interessa, il testo della riforma riorganizza il processo di recepimento della normativa europea, prevedendo, in particolare, lo sdoppiamento dell’attuale legge comunitaria in due distinti provvedimenti (articoli 27 e 28): la legge di delegazione europea, il cui contenuto sarà limitato alle disposizioni di delega necessarie per il recepimento delle direttive comunitarie; la legge europea, che conterrà più in generale disposizioni volte a garantire l’adeguamento dell’ordinamento interno a quello europeo. Con specifico riguardo alla legge di delegazione, vengono disciplinati alcuni aspetti della procedura per l’esercizio delle deleghe e vengono definiti i princìpi e criteri generali di delega attualmente regolati, di anno in anno, in ciascuna legge comunitaria. Si conferma inoltre la possibilità per il Governo di adottare provvedimenti anche urgenti diversi dalla legge di delegazione europea e dalla legge europea, necessari per far fronte ad obblighi europei qualora il termine per provvedervi sia anteriore alla data di entrata in vigore dei provvedimenti prima richiamati.

 

La legge di semplificazione

La legge di semplificazione è stata introdotta nell’ordinamento dall’articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59.

Sono state approvate le seguenti:

•        8 marzo 1999, n. 50, recante delegificazione e testi unici di norme concernenti procedimenti amministrativi - Legge di semplificazione 1998;

•        24 novembre 2000, n. 340, recante disposizioni per la delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti amministrativi - Legge di semplificazione 1999;

•        29 luglio 2003, n. 229, recante interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione. - Legge di semplificazione 2001;

•        28 novembre 2005, n. 246, recante semplificazione e riassetto normativo per l’anno 2005.

L’elenco dimostra come la periodicità della legge di semplificazione – ad eccezione dei primissimi anni – sia andata erodendosi e siano ormai trascorsi oltre cinque anni e mezzo dall’ultimo provvedimento approvato. Occorre però segnalare che ciascuna delle leggi di semplificazione ha aperto ampie procedure di delegazione e di delegificazione, finalizzate a semplificare l’ordinamento vigente.

In particolare, la legge n. 246/2005 ha dato vita ad un complesso procedimento di delega volto alla riduzione ed al riordino dello stock normativo.

In attuazione di tale delega, il decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 179, ha fatto salvi circa 3.300 atti normativi di rango primario anteriori al 1° gennaio 1970, di cui si è ritenuta indispensabile la permanenza in vigore. Esso è stato preceduto da altri due interventi legislativi che, agendo in maniera speculare rispetto al meccanismo taglia-leggi ed utilizzando anche il lavoro di ricognizione effettuato a quel fine, abrogano espressamente poco più di 30.000 atti normativi, anche successivi al 1970. Si tratta dell’articolo 24 del decreto-legge n. 112/2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133/2008 e del decreto-legge n. 200/2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 9/2009.

Tale procedura di abrogazione generalizzata è stata ricondotta nell’alveo della delega “taglia-leggi” attraverso le modifiche ad essa apportate dalla legge n. 69/2009 ed ha condotto alla adozione del decreto legislativo 13 dicembre 2010, n. 212, che abroga all’incirca 37.000 atti legislativi.

Sempre nell’ambito dell’operazione taglia-leggi si è innestata l’opera di riordino della normativa vigente, attraverso la redazione di testi di riassetto. E’ stato fin qui emanato il corposo codice dell’ordinamento militare (decreto legislativo n. 66/2010), il codice del turismo (decreto legislativo n. 79/2011) e il decreto legislativo n. 71/2011, di riordino delle norme sugli uffici consolari.

 

La legge annuale sul mercato e la concorrenza

L’articolo 47 della legge 23 luglio 2009, n. 99, recante disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia, ha introdotto nell’ordinamento la legge annuale sul mercato e la concorrenza, la quale dovrebbe recare, in distinte sezioni:

a)      norme di immediata applicazione, al fine, anche in relazione ai pareri e alle segnalazioni dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, espressi ai sensi degli articoli 21, 22 e 23 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, nonché alle indicazioni contenute nelle relazioni annuali dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e delle altre autorità amministrative indipendenti, di rimuovere gli ostacoli all’apertura dei mercati, di promuovere lo sviluppo della concorrenza, anche con riferimento alle funzioni pubbliche e ai costi regolatori condizionanti l’esercizio delle attività economiche private, nonché di garantire la tutela dei consumatori;

b)      una o più deleghe al Governo per l’emanazione di decreti legislativi, da adottare non oltre centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge;

c)      l’autorizzazione all’adozione di regolamenti, decreti ministeriali e altri atti;

d)      disposizioni recanti i princìpi fondamentali nel rispetto dei quali le regioni e le province autonome esercitano le proprie competenze normative, quando vengano in rilievo profili attinenti alla tutela della concorrenza, ai sensi dell’ articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione;

e)      norme integrative o correttive di disposizioni contenute in precedenti leggi per il mercato e la concorrenza, con esplicita indicazione delle norme da modificare o abrogare.

Il Governo ha l’obbligo di allegare al relativo disegno di legge una relazione di accompagnamento che evidenzi:

a)      lo stato di conformità dell’ordinamento interno ai princìpi comunitari in materia di libera circolazione, concorrenza e apertura dei mercati, nonché alle politiche europee in materia di concorrenza;

b)      lo stato di attuazione degli interventi previsti nelle precedenti leggi per il mercato e la concorrenza, indicando gli effetti che ne sono derivati per i cittadini, le imprese e la pubblica amministrazione;

c)      l’elenco delle segnalazioni e dei pareri dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, espressi ai sensi degli articolo 21 e 22 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, indicando gli ambiti in cui non si è ritenuto opportuno darvi seguito.

 

Alla data del 22 maggio 2012, ancora non risulta presentato alle Camere alcun disegno di legge annuale in materia di mercato e concorrenza. La segnalazione approvata dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato il 4 gennaio 2012 Proposte di riforma concorrenziale ai fini della legge annuale per il mercato e la concorrenza - anno 2012 sono state utilizzate ai fini dell’adozione di un provvedimento d’urgenza, il decreto-legge n. 1/2012 (c.d. “DL liberalizzazioni”).

 

La legge annuale per la tutela e lo sviluppo delle micro e piccole imprese

L’articolo 18 della legge 11 novembre 2011, n. 180, prevede la legge annuale per la tutela e lo sviluppo delle micro e piccole imprese, modellata sulla legge annuale per il mercato e la concorrenza.

Il relativo disegno di legge dovrebbe recare, in distinte sezioni:

a)      norme di immediata applicazione, al fine di favorire e promuovere le micro, piccole e medie imprese, rimuovere gli ostacoli che ne impediscono lo sviluppo, ridurre gli oneri burocratici, e introdurre misure di semplificazione amministrativa anche relativamente ai procedimenti sanzionatori vigenti connessi agli adempimenti a cui sono tenute le micro, piccole e medie imprese nei confronti della pubblica amministrazione;

b)      una o più deleghe al Governo per l'emanazione di decreti legislativi, da adottare non oltre centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge;

c)      l'autorizzazione all'adozione di regolamenti, decreti ministeriali e altri atti;

d)      norme integrative o correttive di disposizioni contenute in precedenti leggi, con esplicita indicazione delle norme da modificare o abrogare.

Il Governo ha l’obbligo di allegare al relativo disegno di legge una relazione di accompagnamento che evidenzi:

a)      lo stato di conformità dell'ordinamento rispetto ai principi e agli obiettivi contenuti nella comunicazione della Commissione europea COM (2008) 394 definitivo, del 25 giugno 2008;

b)      lo stato di attuazione degli interventi previsti nelle precedenti leggi annuali per la tutela e lo sviluppo delle micro, piccole e medie imprese, indicando gli effetti che ne sono derivati per i cittadini, le imprese e la pubblica amministrazione;

c)      l'analisi preventiva e la valutazione successiva dell'impatto delle politiche economiche e di sviluppo sulle micro, piccole e medie imprese;

d)      le specifiche misure da adottare per favorire la competitività e lo sviluppo delle micro, piccole e medie imprese, al fine di garantire l'equo sviluppo delle aree sottoutilizzate.

 

 


Articolo 2
(Servizi digitali al cittadino)

 

L'articolo 2 individua precise scadenze temporali entro le quali le pubbliche amministrazioni rendono disponibile l’accesso ai propri servizi in forma digitale mediante la generalizzata sostituzione dei tradizionali servizi di sportello, con servizi digitali a distanza.

 

Su materia analoga interviene l’art. 33 dell’A.C. 5093

 

In particolare, al comma 1, si stabilisce che le pubbliche amministrazioni, ai fini della fornitura dei servizi digitali di cui al presente articolo, sono tenute a dotarsi, entro il 30 settembre 2012, delle regole di protezione e sicurezza di cui al D.M. 9 dicembre 2004.

 

In merito al citato decreto, recante Regole tecniche e di sicurezza relative alle tecnologie e ai materiali utilizzati per la produzione della Carta nazionale dei servizi, si ricorda che il regolamento concernente la diffusione della carta nazionale dei servizi, ex art. 27, comma 8, lett. b), L. 3/2003 (Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione), è stato emanato con il DPR 2 marzo 2004, n. 117 il quale definisce la carta come il documento rilasciato su supporto informatico per consentire l’accesso per via telematica ai servizi erogati dalle pubbliche amministrazioni.

Più specificamente, l’art. 2 del regolamento prevede che la carta nazionale dei servizi, in attesa della carta d'identità elettronica, è emessa dalle pubbliche amministrazioni interessate al fine di anticipare le funzioni di accesso ai servizi in rete delle pubbliche amministrazioni. La carta contiene un certificato di autenticazione, consistente nell'attestato elettronico che assicura l'autenticità delle informazioni necessarie per l'identificazione in rete del titolare della carta nazionale dei servizi, rilasciato da un certificatore accreditato nonché i dati identificativi del titolare e il codice numerico di identificazione della carta, nonché le date del suo rilascio e della sua scadenza (art. 3).

L’art. 5 del DPR, afferma, in prima battuta, che la carta nazionale dei servizi ha una validità temporale che viene determinata dall'amministrazione emittente ma che, ad ogni modo, non può superare i sei anni, e conclude sancendo che tutte le pubbliche amministrazioni che erogano servizi in rete devono consentire l'accesso ai servizi medesimi da parte dei titolari della carta indipendentemente dall'ente di emissione, che è responsabile del suo rilascio.

Giova, altresì, rammentare che le carte elettroniche, quali strumenti volti a razionalizzare e semplificare l’azione amministrativa, sono, in via generale, regolate dal Codice dell’amministrazione digitale (cfr. art. 66) al fine di disciplinare in modo organico uno strumento di autenticazione e accesso ai servizi in rete erogati dall’amministrazione. E difatti, tutte le disposizioni in materia di attività digitale delle pubbliche amministrazioni sono raccolte e riordinate nel CAD, adottato con il D.Lgs. 82/2005[13] in attuazione della delega contenuta nell’art. 10 della legge 229/2003[14] (legge di semplificazione 2001) e modificato dal D.Lgs. 159/2006[15] e dal D.Lgs. 235/2010[16].

Il Codice disciplina in modo organico l'utilizzo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione nell'attività amministrativa, nei suoi aspetti organizzativi e procedimentali, stabilendo princìpi giuridici fondamentali come quelli relativi al documento informatico ed alla firma digitale, in precedenza contenuta nel testo unico in materia di documentazione amministrativa (D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445).

In conclusione, con riferimento al generale processo di informatizzazione dell’azione amministrativa, si segnala che l’art 6 del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5[17], reca norme volte a implementare la velocità delle comunicazioni tra amministrazioni per determinate tipologie di atti, che dovranno effettuarsi esclusivamente per via telematica. La portata innovativa delle disposizioni consiste in primo luogo nella previsione dell’esclusività del supporto telematico quale modalità di trasmissione di alcune tipologie di atti; un ulteriore elemento innovativo attiene all’ampliamento della tipologia di atti oggetto di comunicazione o trasmissione telematica rispetto a quelli contemplati dalla disciplina generale di cui al codice dell’amministrazione digitale.

 

Il comma 2, obbliga le pubbliche amministrazioni a rendere disponibile, entro il 31 gennaio 2014, l'accesso personalizzato ai propri servizi in modalità digitale che, nei casi in cui sia tecnicamente possibile, sarà integralmente sostitutivo dei servizi di sportello prestati.

Si prevede, inoltre, che, a partire dal 2013, il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, d'intesa con il Ministero dello sviluppo economico, predispone un piano di switch off dei servizi digitali, per singole aree territoriali.

 

Non appare corretto utilizzare il termine inglese switch off, che significa letteralmente spegnimento, in relazione all’attivazione di servizi digitali. Si segnala che tale termine è utilizzato nella normativa italiana per indicare la cessazione della trasmissione televisiva con tecnica analogica, in concomitanza con il passaggio alla trasmissione televisiva digitale terrestre.

 

Il citato CAD prevede che le pubbliche amministrazioni individuino le modalità di erogazione dei servizi in rete in base a criteri di valutazione di efficacia, economicità e utilità nel rispetto dei principi di eguaglianza e non discriminazione, tenendo sempre presenti le dimensioni dell’utenza e la frequenza dell’uso, approntando, tra l’altro, adeguati strumenti di rilevazione immediata, continua e sicura dei giudizi degli utenti (customer satisfaction).

Con particolare riferimento alla norma in commento, l’art. 3 del Codice (Diritto all'uso delle tecnologie), come modificato prima dal D.Lgs. n. 159/2006 e poi dal D.Lgs. n. 235/2010, già afferma che i cittadini e le imprese hanno diritto a richiedere ed ottenere l'uso delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni con tutte le pubbliche amministrazioni. Pertanto, da tale norma, deriva ormai un divieto generale, per una amministrazione o un gestore di servizio pubblico, di obbligare i cittadini a recarsi presso gli sportelli per la presentazione di documenti cartacei. La rilevanza del predetto obbligo trova conferma nella previsione di una tutela giurisdizionale relativa alle controversie concernenti l’esercizio del diritto a chiedere e ottenere l’uso delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni con le amministrazioni, che il Codice del processo amministrativo (D.Lgs. 104/2010), all’art. 133, devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e che è disciplinata dalle norme del Codice stesso.

In aggiunta a quanto sopra riportato si ricordano, ancora nell’ambito del Codice dell’amministrazione digitale, gli artt. 4 (Partecipazione al procedimento amministrativo informatico), 5 (Effettuazione di pagamenti con modalità informatiche), 6 (Utilizzo della posta elettronica certificata), 9 (Partecipazione democratica elettronica) e 57 (Moduli e formulari) quali disposizioni volte a regolare i diritti che cittadini e imprese vantano nell’ambito del processo di modernizzazione e rinnovamento che coinvolge la pubblica amministrazione.

 

Entro il 31 gennaio 2014, le pubbliche amministrazioni, ai sensi del comma 3, sono tenute a realizzare, in proporzione all'utenza potenziale dell'ente, un numero di postazioni gratuite e assistite di accesso alla rete internet per la richiesta e per la fornitura di servizi digitali con facoltà di collocarle, oltreché in luoghi privati, in spazi pubblici e aperti al pubblico.

 

Si precisa in breve che per luogo pubblico s’intende quelli ove ognuno può transitare liberamente (ad es. aree pedonali e parchi), mentre per luogo aperto al pubblico si fa riferimento a quelli in cui l’accesso del pubblico è soggetto a modalità, determinate da chi ne ha la disponibilità.

 

Il comma 4 prescrive che, entro i novanta giorni precedenti il termine di cui al comma 1 (vale a dire il 2 luglio 2012), ciascuna pubblica amministrazione renda noto sul proprio sito web, in formato standard, l'elenco e le modalità di fruizione dei servizi digitali disponibili, con l'indicazione di quelli gratuiti e di quelli per i quali è previsto l'accesso mediante pagamento di imposte, bolli o diritti a qualunque titolo; eventuali limitazioni e ogni altra informazione utile ad assicurare l'accesso e la fruibilità dei medesimi servizi.

 

Preliminarmente si ricorda che l’art. 54, comma 3 del CAD già prescrive che i dati pubblici contenuti nei siti delle pubbliche amministrazioni sono fruibili in rete gratuitamente e senza necessità di identificazione informatica.

Il CAD stabilisce che i siti internet delle amministrazioni pubbliche devono rispettare principi di accessibilità, di elevata usabilità e reperibilità, completezza di informazione, chiarezza di linguaggio, affidabilità, semplicità di consultazione, qualità, omogeneità e interoperabilità (cfr. art. 53, D.Lgs. 82/2005). In particolare, devono essere facilmente reperibili e consultabili i dati precisati nel successivo art. 54: l'organigramma e l'articolazione degli uffici; l'elenco delle tipologie di procedimento svolte da ciascun ufficio di livello dirigenziale non generale, il termine per la conclusione di ciascun procedimento ed ogni altro termine procedimentale, il nome del responsabile; le scadenze e le modalità di adempimento dei procedimenti; l'elenco completo delle caselle di posta elettronica istituzionali attive; l'elenco di tutti i bandi di gara; l'elenco dei servizi forniti in rete già disponibili e dei servizi di futura attivazione, indicando i tempi previsti per l'attivazione medesima; i bandi di concorso.

Le amministrazioni pubbliche sono, altresì, tenute a pubblicare nei propri siti un indirizzo istituzionale di posta elettronica certificata a cui il cittadino possa rivolgersi per qualsiasi richiesta assicurando un servizio che renda noti al pubblico i tempi di risposta. A ciò si aggiunge la previsione ai sensi della quale la pubblicazione telematica produce effetti di pubblicità legale nei casi e nei modi espressamente previsti dall'ordinamento.

 

In conclusione il comma 5 afferma che le predette disposizioni costituiscono princìpi fondamentali nel rispetto dei quali regioni e province autonome esercitano le proprie competenze al fine di assicurare l'adempimento delle disposizioni ivi contenute da parte delle pubbliche amministrazioni locali.

 

In merito al comma 5 si precisa che il contenuto della proposta in esame appare riconducibile a materie di competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, Cost. e segnatamente: ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali (lett. g) e coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale (lett. r).

 

La necessità di un coordinamento delle disposizioni dell’articolo 2 con le disposizioni sopra richiamate del Codice dell’amministrazione digitale, del DL semplificazioni e del regolamento concernente la carta nazionale dei servizi di cui al DPR n. 117/2004 è stata rilevata anche dal rappresentante del Governo intervenuto nel corso dell’esame della proposta di legge nella seduta della IX Commissione trasporti del 28 marzo 2012


Articolo 3
(Sanità digitale)

 

Come sottolineato dalla relazione al provvedimento, l’articolo 3 (Sanità digitale) intende assicurare, in ambito sanitario, un servizio più efficiente e veloce ai cittadini. A tal fine, propone di rendere obbligatoria per i medici di base e i pediatri del Servizio sanitario nazionale, la compilazione telematica delle ricette mediche ed il loro invio al portale web del Ministero della salute. Con il medesimo intento e, al fine di assicurare ai cittadini il rilascio dei farmaci prescritti dietro semplice esibizione della tessera sanitaria, prevede che le farmacie acquisiscano, dal medesimo portale web del Ministero della salute, la prescrizione digitale riferita all’utente della tessera sanitaria esibita.

 

Si rileva che il quadro normativo in materia rinvia a molteplici disposizioni di rango primario e secondario volte al monitoraggio della spesa sanitaria e al controllo dell’appropriatezza delle prescrizioni sanitarie, come previsto dall'art. 50 del D.L. 269/2003[18]. A tal fine, il Ministero dell'Economia e delle Finanze (MEF) ha promosso il Portale Tessera sanitaria[19] con lo scopo di sviluppare un progetto operativo per la realizzazione, attraverso un sistema informatico, delle funzionalità che devono essere rese disponibili a tutti gli organismi istituzionali preposti al controllo della spesa sanitaria. In tale quadro, parte delle disposizioni dell’articolo in esame non appaiono coerenti con quanto già previsto ed attuato in materia. In particolare, l’invio telematico delle ricette farmaceutiche e della specialistica al portale web del Ministero della salute non tiene in alcun conto quanto già stabilito a realizzato all’interno del Progetto Tessera sanitaria, sviluppato dal MEF.

 

Il comma 1, prevede che, in attuazione dell’articolo 11, comma 16, del D.L. 78/2010[20], a partire dal 1 gennaio 2013, la compilazione delle ricette mediche da parte dei medici di base e dei pediatri del Servizio sanitario nazionale è effettuata solo con modalità telematica, fatto salvo il diritto dei pazienti di ottenere, a richiesta, copia cartacea della prescrizione e, comunque, il rilascio di una ricevuta che riporta il contenuto della prescrizione. Il comma in esame prevede che le ricette mediche debbano essere trasmesse telematicamente al portale web del Ministero della salute.

 

Si ricorda che la legge finanziaria 2007, modificando il D.L. 269/2003, ha previsto il collegamento in rete dei soggetti prescrittori del Ssn e la trasmissione telematica dei dati delle ricette al Ministero dell’economia e delle finanze nonché delle certificazioni di malattia all’INPS (vedi infra). Si ricorda altresì che il D.M. 2 novembre 2011[21] ha definito le modalità tecniche e i servizi disponibili, ai fini dell’attuazione di quanto previsto articolo 11, comma 16, ultimo periodo, del D.L. 78/2010. Il contenuto della disposizione in esame andrebbe pertanto aggiornato in accordo con il quadro normativo di riferimento.

 

Il ricettario regionale è costituito da moduli a lettura ottica, bianchi con le fincature di colore rosso, stampato con modello standard dall’Istituto Poligrafico dello Stato. Tutti i medici dipendenti di strutture pubbliche ed i medici convenzionati con il Servizio Sanitario Regionale (SSR) sono tenuti ad utilizzarlo per la prescrizione di farmaci, prodotti galenici e prestazioni da erogare a totale o parziale carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN). È utilizzato per i cittadini italiani o stranieri, residenti o in temporaneo soggiorno in Italia, il cui onere è a carico di istituzioni estere in base alle norme comunitarie o altri accordi bilaterali di sicurezza sociale. Il comma 6 dell’articolo 50 del D.L. 269/2003, stabilisce che le strutture di erogazione di servizi sanitari sono tenute ad effettuare la rilevazione ottica e la trasmissione dei dati relativi alle ricette mediche ed alle confezioni dei farmaci, secondo quanto prescritto dal successivo comma 7. Quest'ultimo (primo e secondo periodo) dispone che all'atto dell’utilizzazione di ogni ricetta medica, recante la prescrizione di farmaci, devono essere rilevati otticamente i codici a barre relativi al numero progressivo regionale della ricetta ed altri dati delle singole confezioni dei farmaci acquistati. Prevede, inoltre, che all'atto della utilizzazione della ricetta, recante la prescrizione di prestazioni specialistiche ovvero di dispositivi di assistenza protesica e di assistenza integrativa, devono essere rilevati otticamente i codici a barre relativi al numero progressivo regionale della ricetta, nonché – oltre al codice a barre della tessera sanitaria – i dati relativi all’esenzione spettante all'assistito, e che devono essere, altresì, inseriti i codici del nomenclatore delle prestazioni specialistiche o i codici del nomenclatore delle prestazioni di assistenza protesica ovvero i codici del repertorio dei prodotti erogati nell'ambito dell'assistenza integrativa. Infine, il comma 8 dispone che i dati rilevati ai sensi del comma 7 siano trasmessi telematicamente al Ministero dell'economia e delle finanze entro il giorno 10 del mese successivo a quello di utilizzazione della ricetta medica, anche per il tramite delle associazioni di categoria e di soggetti terzi a tal fine individuati dalle strutture di erogazione dei servizi sanitari.

Il comma 5-bis dell’articolo 50 del D.L. 269/2003, introdotto dall'art. 1, comma 810, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007), concernente il collegamento telematico in rete dei medici del SSN e la trasmissione telematica dei dati delle ricette al Ministero dell'economia e delle finanze e delle certificazioni di malattia all'INPS, ha previsto tra l’altro, che con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, siano emanate le ulteriori disposizioni attuative. Il DPCM 26 marzo 2008 ha pertanto definito le modalità di trasmissione al MEF - e all’INPS per quanto attiene alla certificazioni di malattia -, nell’ambito del Sistema pubblico di connettività (SPC), delle ricette prescritte dai medici sui modulari del SSN contenenti i dati sia delle prescrizioni farmaceutiche che quelli della specialistica ambulatoriale, dettando anche specifiche regole per assicurare la tutela della riservatezza. Successivamente il D.M. 26 febbraio 2010 ha definito le modalità per la predisposizione e l'invio telematico dei dati delle certificazioni di malattia all'INPS per il tramite del SAC (Sistema di accoglienza centrale), ovvero l'infrastruttura tecnologica del Ministero dell'economia e delle finanze, che consente la ricezione dei dati delle ricette mediche e dei certificati di malattia trasmessi in via telematica.

 

L’articolo 11, comma 16, del D.L. 78/2010, reca una norma transitoria ai fini dell’attuazione del sistema di trasmissione telematica al Ministero dell’economia e delle finanze delle prescrizioni effettuate dai medici del Ssn. Si prevede che, nelle more dell'emanazione dei decreti ministeriali previsti in materia, il Ministero dell'economia e delle finanze curi l’avvio della diffusione della suddetta procedura telematica, adottando, in quanto compatibili, le modalità tecnico operative di cui all’allegato 1 del D.M. 26 febbraio 2010[22]. L’invio telematico dei predetti dati sostituisce a tutti gli effetti la prescrizione medica in formato cartaceo. Successivamente è stato emanato il D.M. 2 novembre 2011 che definisce le modalità tecniche e i servizi resi disponibili dal SAC, ai fini dell’attuazione di quanto previsto articolo 11, comma 16, ultimo periodo, del D.L. 78/2010, per la dematerializzazione della ricetta elettronica dalla fase di prescrizione a quella di erogazione delle prestazioni sanitarie a carico del Ssn. Il decreto stabilisce che, a fronte dell'esito positivo dell'invio telematico dei dati della ricetta medica, comprensivi del numero della ricetta, del codice fiscale dell'assistito titolare della prescrizione e dell'eventuale esenzione dalla compartecipazione dalla spesa, il medico prescrittore rilasci all'assistito il promemoria cartaceo della ricetta elettronica. A fronte dell'esito negativo dell'invio telematico dei dati, il medico segnala tale anomalia al Sistema Tessera Sanitaria. Le ricette mediche sono inviate dai medici al SAC o, ove esistenti, al Sistema di accoglienza regionale (SAR). Nel momento in cui l'assistito utilizza la ricetta elettronica, la struttura che eroga i servizi sanitari previsti, sulla base delle informazioni di cui al promemoria della medesima ricetta elettronica, preleva dal Sac i dati della prestazione da erogare, comprese le indicazioni di eventuali esenzioni. Se i dati necessari alla procedura non sono disponibili, la struttura di erogazione segnala l'anomalia al Sistema Tessera Sanitaria ed eroga la prestazione rilevando i dati dal promemoria fornito dall'assistito e poi trasmette telematicamente al Sac le informazioni sulla prestazione erogata. La diffusione e la messa a regime, presso le singole regioni e province autonome, del processo di dematerializzazione della ricetta medica per le prescrizioni a carico del Ssn, è definita attraverso accordi specifici tra il Ministero dell'economia e delle finanze, il Ministero della salute e le singole regioni e province autonome, tenuto conto degli eventuali SAR, nonché delle specificità delle prescrizioni mediche e della loro valenza sul territorio nazionale. Sono escluse dall'ambito di applicazione del decreto le prescrizioni di farmaci stupefacenti e di sostanze psicotrope, per le quali la ricetta resta cartacea. La messa a regime nelle regioni è prevista entro dicembre 2012.

 

Il successivo comma 2 stabilisce che, a partire dal 1 gennaio 2013, le farmacie rilascino i farmaci prescritti anche dietro presentazione della tessera sanitaria, previa acquisizione della prescrizione digitale dal portale web del Ministero della salute.

 

Si rinvia a quanto precedentemente rilevato rispetto all’opportunità di una diversa previsione.

 

Il comma 3 stabilisce che, a partire dal 1 gennaio 2014, è fatto obbligo alle strutture sanitarie di rilasciare la cartella clinica elettronica ai cittadini che la richiedono.

 

Sarebbe opportuno precisare se con cartella clinica elettronica debba intendersi la descrizione degli eventi sanitari relativi all’interazione di un dato paziente con un determinato soggetto/struttura sanitaria oppure la cartella clinica costruita dal medico di medicina generale (MMG) o dal pediatra di libera scelta (PLS). Tale precisazione sarebbe inoltre importante per collocare la norma in utile raccordo con quanto recentemente definito in materia di Fascicolo sanitario elettronico (FSE).

 

Il FSE raccoglie e rende disponibili tutti i documenti socio-sanitari generati dalle strutture cliniche all’atto dei rapporti dei pazienti con i diversi attori del SSN. Al fine di supportare la realizzazione di una cornice normativa unitaria, necessaria alla definizione di un modello di riferimento nazionale per il FSE, nel secondo semestre del 2008 è stato istituito dal Ministero della salute un tavolo interistituzionale a cui partecipano rappresentanti del Ministero per la Pubblica Amministrazione e l'Innovazione, oltre ai referenti regionali e ad un rappresentante dell'Autorità Garante per la protezione dei dati personali. Il Tavolo interistituzionale per il fascicolo sanitario elettronico ha successivamente previsto l’adozione di un regolamento attuativo per la definizione dei dati contenuti nel Fascicolo. Il 10 febbraio 2011 sono state approvate, in sede di Conferenza Stato-Regioni, le Linee guida sul fascicolo sanitario elettronico[23] proposte dal Ministero della Salute. Le Linee guida individuano gli elementi necessari per una progettazione omogenea del fascicolo elettronico su base nazionale ed europea. Il Fse verrà realizzato dalle Regioni previo consenso dell’assistito, e consiste nell’insieme dei dati e documenti digitali di tipo socio-sanitario generati da eventi clinici presenti e trascorsi, riguardanti il paziente. Coprirà l'intera vita di quest'ultimo e sarà costantemente aggiornato dai soggetti che lo prendono in cura. Nelle urgenze, il Fse permetterà agli operatori di inquadrare immediatamente i pazienti; consentirà la continuità delle cure, permetterà di condividere tra gli operatori le informazioni amministrative (ad esempio prenotazioni di visite specialistiche, ricette, etc.). L’accesso al Fse potrà avvenire mediante l’utilizzo della carta d’identità elettronica (Cie) e della carta nazionale dei servizi (Cns), ma potrà essere consentito anche attraverso strumenti di autenticazione forte, con l’utilizzo di smart card rilasciate da certificatori accreditati, o debole, con l’utilizzo di userid e password, o con altre soluzioni, purché siano rispettate le misure minime di sicurezza nel rispetto del Codice in materia di protezione di dati personali.

Segnaliamo che l'articolo 6, comma 2 lettera d), numeri 1) e 2) del D.L. 70/2011[24], ha disposto che le aziende sanitarie del Ssn adottino procedure telematiche per consentire il pagamento online delle prestazioni erogate, nonché la consegna, tramite web, posta elettronica certificata o altre modalità digitali, dei referti medici. Resta in ogni caso salvo il diritto dell'interessato di ottenere, anche a domicilio, copia cartacea del referto redatto in forma elettronica.

 

Infine, il comma 4 prevede che il Ministero dell’economia e delle finanze stabilisca, entro il 30 giugno 2012, le regole di funzionamento del servizio telematico in ambito sanitario di cui al presente articolo adottando, in quanto compatibili, le regole tecniche di cui all’allegato 1 annesso al decreto del Ministro della salute 26 febbraio 2010.

 

Il riferimento normativo all’allegato 1 del decreto del Ministro della salute 26 febbraio 2010, appare superato, poiché l’allegato 1 del decreto 2 novembre 2011 reca il Disciplinare Tecnico per la trasmissione telematica delle ricette mediche. Pertanto, si rinvia a quanto osservato per i precedenti commi circa la necessità che le previsioni in esame siano aggiornate alla luce del quadro normativo di riferimento.

 

La necessità di un coordinamento delle disposizioni dell’articolo 3 con la normativa vigente in materia di servizio telematico in ambito sanitario è stata rilevata anche dal rappresentante del Governo intervenuto nel corso dell’esame della proposta di legge nella seduta della IX Commissione trasporti del 28 marzo 2012

 

 

 


Articolo 4
(Contributo in favore delle famiglie
prive di connessione alla rete digitale
)

 

L’articolo 4, comma 1, concede un contributo una tantum di 50 euro per la stipula di un contratto di accesso a una connessione base alla rete internet a banda larga.

Secondo quanto indicato nella relazione, il contributo di 50 Euro corrisponde al 50 per cento del prezzo annuo medio di un accesso a banda larga.

Il contributo viene, letteralmente, concesso “alle utenze” telefoniche fisse di cui siano titolari persone fisiche, alle quali non sia mai stata associata una connessione internet . I soggetti che possono utilizzare il contributo sono in particolare le persone fisiche, il cui reddito familiare sia inferiore a 20.000 euro e nel cui stato di famiglia sia presente un minorenne che abbia compiuto il quattordicesimo anno di età.

 

La norma non specifica che cosa debba intendersi per reddito familiare. Esiste, infatti, una nozione di “nucleo familiare” generalmente rilevante ai fini fiscali, diversa da quella utilizzata ai fini anagrafici, e che comprende l’interessato, il coniuge non legalmente separato e gli altri familiari fiscalmente a carico. Il reddito complessivo del nucleo familiare è pari alla somma dei redditi dei singoli membri del nucleo, così fiscalmente definito. Vi è poi l’indice ISEE (Indicatore Situazione Economica Equivalente) che opera invece sulla base di valori più complessi, sia reddituali che patrimoniali del soggetto e del nucleo familiare e che rileva ai fini dell’accesso a prestazioni sociali, alle agevolazioni sanitarie e per le iscrizioni alle scuole pubbliche.

Le modalità di fruizione del contributo una tantum sono definite nello stesso comma 1.

Si segnala peraltro che la formulazione della norma risulta contraddittoria. Infatti, se da una parte il comma 1 indica una decorrenza del contributo dal 1° gennaio 2013, probabilmente da intendere come momento a partire dal quale può essere utilizzato il contributo (non viene peraltro indicato alcun termine temporale finale entro il quale è possibile utilizzare l’agevolazione), dall’altra lo stesso comma stabilisce che il contributo dovrà essere corrisposto entro il 31 dicembre 2012, quindi prima dell’effettivo utilizzo nel 2013. Ma la stessa norma prevede anche che il contributo sia erogato sotto forma di riduzione all’acquisto “del prezzo di vendita, al netto dei costi di gestione”, cosa evidentemente non realizzabile entro il 2012, atteso che il contributo viene concesso dal 2013.

Anche l’applicazione tramite riduzione del “prezzo di vendita”, non risulta chiara, probabilmente intendendo riferirsi al costo annuale previsto dal contratto.

E’ poi previsto, dal comma 3, che per l’erogazione del contributo il Ministero dello sviluppo economico possa avvalersi della collaborazione di organismi esterni alla pubblica amministrazione, anche stranieri, dotati di esperienza tecnologica e informatica tale da assicurare, per le specificità del servizio richiesto, una diffusa operatività sul territorio, mediante strumenti convenzionali, non esclusi quelli eventualmente già in atto con lo Stato italiano, con i quali sono regolati i reciproci rapporti nell’ambito della gestione dei contributi e le relative modalità attuative.

La disposizione non chiarisce in che cosa dovrebbe consistere la collaborazione di organismi, anche stranieri, nell’erogazione del contributo ed a quali ipotesi di strumenti convenzionali già in atto con lo Stato italiano si possa far riferimento.

Il comma 4 prevede un trasferimento dei fondi, necessari per l’erogazione del contributo, all’organismo di cui al comma 4 (rectius: comma 3), in relazione all’effettiva erogazione dello stesso contributo.

Il comma 2 introduce poi una clausola di conformità del contributo alla normativa comunitaria degli aiuti, c.d “de minimis”, alle imprese, di cui al regolamento n. 1998 del 2006. Si tratta degli aiuti di minore importanza che non fanno scattare l’obbligo di notifica alla Commissione europea.

E’ prevista poi la non cumulabilità del contributo con altri benefìci previsti sul medesimo bene dalle disposizioni vigenti.

 

Il comma 5 prevede l’ipotesi di revoca del contributo da parte del Ministero dello sviluppo economico, ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123, in caso di assenza di uno o più requisiti per l’erogazione del contributo, ovvero di documentazione incompleta o irregolare ovvero di mancato rispetto di quanto previsto dal comma 3, per fatti non sanabili comunque imputabili ai soggetti responsabili delle operazioni di vendita.

Le norme del richiamato D.Lgs. n. 123 del 1998, individuano i princìpi - che costituiscono per espressa previsione normativa princìpi generali dell'ordinamento dello Stato - che regolano i procedimenti amministrativi relativi agli interventi di sostegno pubblico per lo sviluppo delle attività produttive, compresi gli incentivi, i contributi, le agevolazioni, le sovvenzioni e i benefìci di qualsiasi genere,  prevedendo in generale la revoca dei benefici non spettanti e l’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma in misura da due a quattro volte l'importo dell'intervento indebitamente fruito.

Si rinvia infine, con il comma 6, a disposizioni di attuazione da emanare con decreto del Ministro dello sviluppo economico, entro novanta giorni successivi alla data di entrata in vigore della legge.

 


Articolo 5
(Misure di riduzione dell'imposta sul valore aggiunto)

 

L’articolo 5 (comma 1) della proposta in commento intende disporre l’applicazione dell’IVA in misura agevolata sulle transazioni commercialieffettuate attraverso la rete internet, assoggettandole a imposta con aliquota del 10 per cento (ai sensi dell’articolo 16, secondo comma, del DPR n. 633/1972).

 

La disposizione proposta intende applicare un’aliquota uniforme, agevolata, alle predette transazioni, in virtù del fatto che esse sono perfezionate con specifiche modalità (telematiche); l’imposizione indiretta viene dunque sganciata dalla natura e dalle caratteristiche dei beni e dei servizi che formano l’oggetto della transazione.

 

            Misure analoghe a quelle della disposizione in commento sono contenute all’articolo 21 dell’A.C. 5093.

 

Sono escluse da tale applicazione e, dunque, ad esse continuerebbero ad applicarsi le vigenti norme:

-       le transazioni concernenti prodotti pornografici;

Si ricorda che la legislazione vigente prevede già l’applicazione di specifiche forme di tassazione sui prodotti pornografici (relative però alle imposte dirette). La legge finanziaria per il 2006 (articolo 1, della legge n. 266 del 2005) ha infatti istituito l’addizionale sui redditi relativi al materiale pornografico e di incitamento alla violenza, fissandola in misura pari al 25%. A seguito delle modifiche apportate con l’articolo 31, comma 3 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185[25], “per materiale pornografico si intendono i giornali quotidiani o periodici, con i relativi supporti integrativi, e ogni opera teatrale, letteraria, cinematografica, audiovisiva o multimediale, anche realizzata o riprodotta su supporto informatico o telematico, in cui siano presenti immagini o scene contenenti atti sessuali espliciti e non simulati tra adulti consenzienti, come determinati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali, da emanare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Con lo stesso decreto sono definite le modalità per l'attuazione del presente comma anche quanto alle trasmissioni volte a sollecitare la credulità popolare”. Il D.P.C.M. 13 marzo 2009 ha tra l’altro recato la definizione di materiale pornografico rilevante per l’applicazione dell’addizionale in esame (articolo 1), nonché le modalità di determinazione dell'addizionale ed altre disposizioni di carattere fiscale (articolo 2).

-       le transazioni concernenti prodotti il cui uso è comunque vietato ai minori di diciotto anni;

Sembrerebbe opportuno individuare con maggiore precisione l’ambito dei “prodotti il cui uso è comunque vietato ai minori di diciotto anni”.

-       le transazioni concernenti bevande contenenti alcool.

 

Il comma 2 mantiene ferma l’aliquota del 4 per cento sulle cessioni aventi ad oggetto i prodotti editoriali richiamati dalla Tabella A, parte II, numero 18), allegata al citato DPR n. 633/1972, ancorché effettuate attraverso la rete internet eanche ove tali beni siano ceduti in formato elettronico (ad es. gli e-books), indicati nel medesimo numero 18).

Si tratta di giornali e notiziari quotidiani, dispacci delle agenzie di stampa, libri, periodici, anche in scrittura braille e su supporti audio-magnetici per non vedenti e ipovedenti, ad esclusione dei giornali e periodici pornografici e dei cataloghi diversi da quelli di informazione libraria, edizioni musicali a stampa e carte geografiche, compresi i globi stampati; carta occorrente per la stampa degli stessi e degli atti e pubblicazioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; materiale tipografico e simile attinente alle campagne elettorali se commissionato dai candidati o dalle liste degli stessi o dai partiti o dai movimenti di opinione politica.

 

La norma sembrerebbe volta ad eliminare la disparità di trattamento oggi vigente tra i prodotti editoriali venduti presso la rete fisica – che godono dell’IVA agevolata al 4 per cento - e i medesimi prodotti venduti attraverso la rete internet che, ove ceduti in formato elettronico, sono soggetti ad aliquote più elevate.

 

Il comma 3 estendeil trattamento fiscale agevolato riservato al settore editoriale dall'articolo 74, primo comma, lettera c), del DPR n. 633/1972 anche alle cessioni effettuate attraverso la rete internet dei prodotti editoriali come definiti dall'articolo 1 della legge 7 marzo 2001, n. 62, anche in formato elettronico: si tratta di prodotti realizzati su supporto cartaceo, ivi compreso il libro, o su supporto informatico, destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico, o attraverso la radiodiffusione sonora o televisiva, con esclusione dei prodotti discografici o cinematografici.

In estrema sintesi, la principale peculiarità dell’IVA applicata alle operazioni concernenti i prodotti editoriali è la sua natura monofasica: soggetto passivo è l’editore. L’imposta dunque non colpisce l’incremento di valore dei beni nei vari passaggi produttivi, concentrandosi sull’adempimento dell’editore. Tale regime concerne sia la cessione di prodotti editoriali che la maggior parte dei servizi inerenti la loro commercializzazione.

Rientrano nel regime speciale le operazioni di cessione di giornali quotidiani, periodici, libri, relativi supporti integrativi e di cataloghi (ai sensi del richiamato articolo 74, comma primo, lettera c)).

Per il calcolo dell’IVA sono applicabili due regimi, operanti in base

-          alle copie effettivamente vendute; tale regime è obbligatorio per la cessione di cataloghi, giornali e periodici pornografici, giornali quotidiani, periodici e libri con supporti integrativi o altri beni. In sintesi, in tal caso l’imposta si determina in base al numero di copie effettivamente vendute cui si applica poi l’aliquota (in genere, l’aliquota del 4 per cento);

-          alle copie consegnate o spedite, con “forfetizzazione” delle rese; tale regime si applica solo per il commercio di libri, giornali quotidiani, periodici diversi da quelli elencati supra e beni funzionalmente connessi. E’ facoltà dell’editore optare, però, per il regime delle copie effettivamente vendute. In tal caso, l’IVA è determinata sulla base delle copie consegnate o spedite per ciascuna testata o titolo. Tale importo è diminuito di una percentuale (70 per cento per i libri e dell'80 per cento per i giornali quotidiani e periodici) cd. “di resa”. Su tale ammontare si applica l’aliquota d’imposta.

In entrambe le ipotesi è necessario indicare il prezzo di vendita al pubblico della pubblicazione, comprensivo di IVA. Il regime speciale prevede inoltre regole apposite in materia di detraibilità dell’imposta (l’editore può detrarre l’imposta assolta sugli acquisti o sulle importazioni di beni e servizi impiegati nel ciclo produttivo o commerciale di prodotti editoriali, purché annoti i relativi documenti sull’apposito registro acquisti).

 

Il comma 4 subordina l'efficacia delle disposizioni introdotte alla preventiva approvazione da parte del Consiglio dell'Unione europea, ai sensi dell'articolo 395 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio sul sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto, del 28 novembre 2006.

 

L'imposta sul valore aggiunto (IVA) svolge una funzione essenziale all’interno delle politiche fiscali dell’UE; istituendo il “sistema comune dell’IVA” le autorità europee hanno inteso stabilire norme comuni e un limite minimo per le aliquote IVA applicabili (attualmente l’aliquota minima IVA non può essere inferiore al 15%; art. 97 della direttiva 2006/112/CE). La direttiva 2006/112/CE ha proceduto alla rifusione delle norme che costituiscono il sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto, contenute principalmente nella direttiva 77/388/CEE del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari (cosiddetta “sesta direttiva IVA”), più volte modificata nel corso degli anni da numerose direttive.

Il sistema comune dell’IVA consente agli Stati membri, fermi i limiti minimi delle aliquote stabiliti in sede europea, di aumentare le medesime e scegliere le categorie di beni o servizi che beneficiano di aliquote ridotte all'interno determinati elenchi anch’essi predeterminati dalle norme comunitarie; la direttiva prevede inoltre deroghe temporanee accordate a determinati paesi UE a particolari condizioni. Inoltre, le norme sull'IVA e le aliquote rispettano il principio europeo per cui le decisioni sulle questioni fiscali possono essere adottate soltanto all'unanimità, e questo al fine di salvaguardare l'autonomia nazionale.

Ai sensi del richiamato articolo 395 della direttiva 2006/112/CE sul sistema comune dell’IVA, gli Stati membri possono richiedere alle istituzioni europee l’autorizzazione ad introdurre misure speciali di deroga alla direttiva medesima, ai seguenti scopi:

semplificare la riscossione dell'imposta;

evitare talune evasioni o elusioni fiscali.

In tal caso il Consiglio delibera all'unanimità su proposta della Commissione.

Le misure aventi lo scopo di semplificare la riscossione dell'imposta non devono influire, se non in misura trascurabile, sull'importo complessivo delle entrate fiscali dello Stato membro riscosso allo stadio del consumo finale.

Lo Stato membro che desidera introdurre le misure in deroga è tenuto a inviare una domanda alla Commissione fornendole tutti i dati necessari. Se la Commissione ritiene di non essere in possesso di tutti i dati necessari, essa contatta lo Stato membro interessato entro due mesi dal ricevimento della domanda, specificando di quali dati supplementari necessiti. Non appena la Commissione dispone di tutti i dati che ritiene necessari per la valutazione, ne informa lo Stato membro richiedente entro un mese e trasmette la domanda, nella lingua originale, agli altri Stati membri. Entro i tre mesi successivi all'invio dell'informazione alla Commissione, essa Commissione presenta al Consiglio una proposta appropriata o, qualora la domanda di deroga susciti obiezioni da parte sua, una comunicazione nella quale espone tali obiezioni.

La procedura deve essere completata, in ogni caso, entro otto mesi dal ricevimento della domanda da parte della Commissione.

 

In merito si ricorda che la Direttiva 2006/112/CE, al secondo paragrafo dell’articolo 98, esclude tassativamente che possano applicarsi aliquote ridotte (applicabili ai beni e ai servizi di cui all’allegato III della direttiva medesima) ai servizi forniti per via elettronica.

 

In merito si osserva che gli interventi proposti sembrano perseguire – come si evince anche dalla Relazione illustrativa - lo scopo di introdurre agevolazioni fiscali e non, dunque, le finalità antielusive/antievasione o di semplificazione per le quali la direttiva consente agli Stati di introdurre deroghe al sistema comune dell’IVA. In sostanza, parametro di valutazione per l’ammissibilità della norma ai fini del diritto comunitario dovrebbe piuttosto essere la riconducibilità – che peraltro non appare evidente - delle misure proposte alle fattispecie di cui allegato III della Direttiva 2006/112/CE (e cioè quelle per cui è consentita un’aliquota ridotta).

 


Articolo 6
(Agevolazioni in favore dei giovani imprenditori)

 

L’articolo 6 riguarda la promozione dei progetti presentati dalle piccole e medie imprese costituite da giovani imprenditori, finalizzati alla creazione e allo sviluppo di attività nel settore delle nuove tecnologie (comma 1).

 

Si ricorda che le PMI e microimprese sono definite dalle seguenti soglie[26]:

§       media impresa: occupa meno di 250 persone, realizza un fatturato annuo non superiore ai 50 milioni di euro oppure un totale di bilancio annuo non superiore ai 43 milioni di euro;

§       piccola impresa: occupa meno di 50 persone, realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore ai 10 milioni di euro;

§       microimpresa: occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di euro.

 

Con riferimento ad analoghe misure di incentivazione si rinvia alla scheda relativa all’art. 6 dell’A.C. 4891

 

La relazione illustrativa sottolinea che tale progetto si inscrive coerentemente nel quadro dell'agenda digitale europea, che mette in luce come in Europa gli investimenti in questa direzione continuino a essere insufficienti e frammentati. Come rileva la Commissione europea, infatti, «la creatività delle PMI è sottoutilizzata ed il vantaggio intellettuale della ricerca non si converte in vantaggio competitivo per le innovazioni basate sul mercato. Occorre fare leva sul talento dei ricercatori per creare un clima di innovazione nel quale le aziende europee di qualunque dimensione che operano nel settore ICT possano mettere a punto prodotti eccellenti in grado di generare una domanda».

Il comma 2 rinvia ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro il 31 dicembre 2012, la definizione delle modalità della promozione di tali progetti tramite un credito d'imposta commisurato agli investimenti effettuati.

Il comma 3 riguarda i requisiti per l'accesso al credito d'imposta (si segnala che, probabilmente per un refuso, il testo della norma riporta invece le parole “reddito d’imposta”):

§      gli aspiranti giovani imprenditori devono avere età inferiore a trentacinque anni (in caso di attività d'impresa esercitata in forma societaria, tutti i soci dell'impresa devono avere un'età inferiore a trentacinque anni);

§      la registrazione dell’attività d’impresa presso la competente camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura deve essere avvenuta nei sei mesi precedenti la presentazione della domanda.

 

Si segnala che l’articolo 3 del D.L. n. 1/2012 (legge n. 27/2012), introduce nel capo VII del titolo V del libro V del codice civile, relativo alle società a responsabilità limitata, il nuovo articolo 2463-bis avente ad oggetto la società semplificata a responsabilità limitata, che può essere costituita da persone fisiche che non abbiano compiuto i trentacinque anni di età. La norma è volta a favorire la partecipazione dei giovani a strutture associate attraverso la semplificazione dei requisiti per l’istituzione e il funzionamento della società.

 

Con riferimento alle numerose disposizioni di agevolazioni fiscali previste dall’A.C. 4891 e dall’A.C. 5093, si ricorda, in via generale, che il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, nello stabilire in via generale il divieto di aiuti di Stato tali da alterare la concorrenza (art. 107) prevede una procedura di autorizzazione da parte della Commissione europea di quegli aiuti che possano essere ritenuti, in deroga, compatibili con il mercato interno (art. 108). Tale procedura autorizzatoria è prevista nei due progetti di legge dal provvedimento unicamente per i crediti di imposta di cui all’articolo 23 dell’A.C. 5093, mentre per la sola agevolazione di cui al successivo ’articolo 24 si fa riferimento alla fruizione della stesa nel rispetto dei limiti de minimis vale a dire entro quegli importi ritenuti dalla Commissione europea come di lieve entità e quindi non tali da alterare la concorrenza. Si ricorda tuttavia che con il regolamento 800/2008 sono stati ritenuti compatibili con il mercato interno tutti gli aiuti riconducibili a determinate categorie, tra le quali rientrano anche “gli aiuti alla ricerca, sviluppo e innovazione”

 

Il comma 4 istituisce presso il Ministero dello sviluppo economico il Fondo di garanzia per la fornitura di una garanzia sussidiaria a quella ipotecaria per i mutui relativi all'acquisto, all'ampliamento e all'ammodernamento delle dotazioni tecnologiche funzionali alla realizzazione di tali progetti.

Il comma 5 vincola le pubbliche amministrazioni a riservare una quota non inferiore al 5 per cento della propria spesa in prodotti e servizi digitali a beneficio di tali progetti.

In pratica – come chiarisce la relazione illustrativa - le pubbliche amministrazioni devono riservare alle imprese di giovani imprenditori una quota non inferiore al 5 per cento della propria spesa in prodotti e servizi digitali (acquisto o noleggio, in qualsiasi forma, di forniture software e hardware; spese di assistenza tecnica e di manutenzione di dotazioni tecnologiche; spese per la formazione professionale del personale, di svolgimento di servizi di hosting, di consulenze nel campo delle nuove tecnologie eccetera).

Per ciò che concerne l’acquisto di beni e servizi da parte della P.A. si ricorda che la legislazione vigente prevede misure varie di razionalizzazione della spesa per tali beni da parte della P.A, in particolare attraverso l'incremento dei processi di centralizzazione degli acquisti, con il supporto di Consip S.p.a.

Allo stato, la disciplina base di tali competenze è contenuta nei seguenti  interventi: l’articolo 26 della legge n. 488/1999 (legge finanziaria 2000), l’articolo 58 della legge n. 388/2000, l’articolo 1, commi 449 e 450 della legge n. 296/2006 (legge finanziaria 2007), l’articolo 2, comma 574 della legge n. 244/2007, l’articolo 2, commi 225-227 della legge n. 191/2009 (legge finanziaria 2010).

In particolare, nell’ottica di un generale processo di razionalizzazione delle modalità di acquisto di beni e servizi, anche mediante il ricorso a strumenti e procedure informatiche, finalizzato tra l’altro a conseguire obiettivi di contenimento della spesa pubblica, l’articolo 26 della legge n. 488 del 1999 ha conferito al Ministero dell’economia la competenza - successivamente attribuita alla CONSIP S.p.a dall’art. 58 della legge 388/2000[27] - a stipulare convenzioni quadro, con le quali l'impresa prescelta, fornitrice di beni e servizi, si impegna ad accettare, sino a concorrenza della quantità massima complessiva stabilita dalla convenzione ed ai prezzi e condizioni ivi previsti, ordinativi di fornitura deliberati dalle amministrazioni dello Stato.

 

Andrebbe in proposito valutato l’impatto della riserva di destinazione della spesa per l’acquisto di prodotti e servizi digitali disposta dal comma 5 dell’articolo 6 in esame con la disciplina vigente relativa all’obbligo/facoltà di approvvigionamento tramite le convenzioni quadro e accordi quadro CONSIP.


Articolo 7
(Incentivi alla diffusione di dispositivi di POS per pagamenti con modalità informatiche)

 

L’articolo 7 è volto a incentivare la diffusione di dispositivi di POS per i pagamenti con modalità informatiche) mediante l’attribuzione di agevolazioni fiscali.

In primo luogo, il comma 1 consente ai titolari degli esercizi commerciali che si dotano di dispositivi di punti vendita (POS) abilitati a ricevere e ad autenticare pagamenti con modalità informatiche (“senza contatto”) di detrarre dall’imposta dovuta i costi degli investimenti sostenuti a tale fine.

Si osserva che la disposizione in commento non specifica da quale imposta o quali imposte è possibile effettuare la detrazione; nel silenzio della formulazione letterale, è plausibile che si intenda applicata all’imposta sui redditi. Sembrerebbe opportuno altresì che fossero date indicazioni in ordine alle modalità applicative della detrazione così disposta, eventualmente demandandole a provvedimenti dell’Amministrazione finanziaria.

Il comma 2 dispone che a decorrere dal 1o gennaio 2013 le pubbliche amministrazioni assicurano l'effettuazione dei pagamenti ad esse a qualsiasi titolo dovuti nel territorio nazionale anche tramite dispositivi di POS abilitati a ricevere e ad autenticare pagamenti con modalità informatiche.

Le disposizioni fanno salvo quanto previsto dall'articolo 5 del codice dell'amministrazione digitale (D.lgs. 7 marzo 2005, n. 82), come riformulato dall’art. 4, D.Lgs. n. 235/2010[28], ai sensi del quale le pubbliche amministrazioni consentono, sul territorio nazionale, l'effettuazione dei pagamenti ad esse spettanti, a qualsiasi titolo dovuti, fatte salve le attività di riscossione dei tributi regolate da specifiche normative, con l'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione. Esse possono avvalersi di prestatori di servizi di pagamento per consentire ai privati di effettuare i pagamenti in loro favore attraverso l'utilizzo di carte di debito, di credito o prepagate e di ogni altro strumento di pagamento elettronico disponibile. Il prestatore dei servizi di pagamento che riceve l'importo dell'operazione di pagamento, effettua il riversamento dell'importo trasferito al tesoriere dell'ente, registrando in apposito sistema informatico, a disposizione dell'amministrazione, il pagamento eseguito e la relativa causale, la corrispondenza di ciascun pagamento, i capitoli e gli articoli d'entrata oppure le contabilità speciali interessate.

Peraltro, l’art. 6-ter, co. 1, del D.L. 5/2012[29], ha modificato l’art. 5 del CAD, prescrivendo alle pubbliche amministrazione di pubblicare, sui propri siti istituzionali e sulle richieste di pagamento, i codici identificativi dell'utenza bancaria sulla quale i privati possono effettuare i pagamenti mediante bonifico, oltreché l’indicazione specifica dei dati e codici da indicare obbligatoriamente nella causale di versamento.

 

Si osserva che disposizioni di analogo tenore sono state recentemente previste dai DD. LL. n. 201 del 2011 (legge n. 214/2011) e n. 5 del 2012 (legge n. 35/2012).

In particolare, l’articolo 12, comma 2 del D. L. 201 del 2011, oltre a imporre alle Pubbliche Amministrazioni di effettuare le operazioni di pagamento delle spese mediante l’utilizzo di strumenti telematici, sul fronte delle entrate incentiva l’utilizzo di strumenti diversi dal contante è (fatte salve le attività di riscossione dei tributi) prevedendo che il Ministero dell’economia e delle finanze promuova la stipula, tramite la Consip, di una o più convenzioni con prestatori di servizi di pagamento, affinché le pubbliche amministrazioni possano dotarsi di POS (pointof sale)a condizioni agevolate.

L’articolo 16, comma 7 del decreto-legge in materia di semplificazioni (D. L. n. 5 del 2012, attualmente all’esame del Parlamento per la conversione in legge) dispone che dal 1° maggio 2012 i pagamenti effettuati presso le sedi INPS avvengano esclusivamente mediante l’utilizzo di strumenti di pagamento elettronici, bancari o postali. 

 

Il comma 3 affida le modalità di attuazione delle norme in materia di POS a un decreto, da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in commento, dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione e dei Ministri competenti per materia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito l’Ente nazionale per la digitalizzazione della pubblica amministrazione (DigitPA).

 

DigitPA è un ente pubblico non economico, con sede in Roma e competenza nel settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione nell'ambito della pubblica amministrazione; esso opera secondo le direttive, per l'attuazione delle politiche e sotto la vigilanza del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro delegato, con autonomia tecnica e funzionale, amministrativa, contabile, finanziaria e patrimoniale. DigitPA è stato istituito, in sostituzione del precedente Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione (CNIPA) dal decreto legislativo 1 dicembre 2009, n. 177 recante "Riorganizzazione del Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA).

 

Il comma 4 prevede che le Regioni, anche per quanto concerne i propri enti e le amministrazioni del Servizio sanitario nazionale, e gli enti locali adeguino i propri ordinamenti alla disposizione in materia di pagamenti con POS di cui al comma 2.

 


Articolo 8
(Rottamazione e rinnovo delle dotazioni tecnologiche familiari).

 

 

L’articolo 8 interviene sul tema dell’aggiornamento ed il rinnovo delle dotazioni informatiche familiari concedendo, per l’anno 2013, un contributo una tantum di 100 euro per l’acquisto di un computer fisso o di un tablet di ultima generazione, a condizione che si proceda contestualmente alla rottamazione di un vecchio apparato.

Si segnala come dalla formulazione della norma sembri escluso dall’agevolazione l’acquisto di computer portatili.

Possono ottenere il contributo le persone fisiche il cui reddito familiare sia inferiore a 20.000 euro e nel cui stato di famiglia sia presente un minorenne che abbia compiuto il quattordicesimo anno di età.

Analogamente a quanto rilevato nel commento all’art. 4 della proposta, in relazione al contributo alle famiglie sulle connessioni internet a banda larga, andrebbe chiarito a quale nozione di reddito familiare intenda fare riferimento la norma (cfr. scheda sull’art. 4).

Si rinvia, per le modalità di attuazione di tale agevolazione, ad un decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, da emanare entro il 30 settembre 2012. Il decreto stabilirà in particolare, i termini, le condizioni e le modalità di accesso al contributo e di effettuazione della rottamazione, nonché i requisiti tecnici minimi delle apparecchiature di nuova generazione oggetto del contributo e gli accessori eventualmente compresi.

 


Articolo 9
(Sviluppo delle infrastrutture)

 

Il comma 1 dell’articolo 9 intende esentare dall’applicazione di alcune imposte comunali e provinciali l'occupazione del suolo e del sottosuolo con reti e con impianti di comunicazione elettronica in fibra ottica, in deroga a quanto stabilito dall'articolo 93, comma 2, secondo periodo, del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al D. Lgs. 1 agosto  2003, n. 259.

La richiamata norma prevede che gli operatori che forniscono reti di comunicazione elettronica abbiano l'obbligo di tenere indenne l'Ente locale, ovvero l'Ente proprietario, dalle spese necessarie per le opere di sistemazione delle aree pubbliche specificamente coinvolte dagli interventi di installazione e manutenzione e di ripristinare a regola d'arte le aree medesime nei tempi stabiliti dall'Ente locale. Nessun altro onere finanziario o reale può essere imposto, in conseguenza dell'esecuzione delle opere di cui al Codice medesimo, fatta salva l'applicazione della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche o del canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche ovvero dell'eventuale contributo una tantum per spese di costruzione delle gallerie .

 

La norma in commento fa comunque salvo l’obbligo di realizzare gli interventi di installazione di reti e impianti di comunicazione elettronica in fibra ottica mediante denuncia di inizio attività (ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112).

 

In particolare, per effetto delle disposizioni in esame non troverebbero applicazione:

-       la tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche (disciplinata al capo II del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507).

La TOSAP - Tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche è disciplinata dagli articoli 38 a 57 del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507[30], come successivamente modificato. Essa era stata abolita, a seguito dell’introduzione del canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche, dall’articolo 51 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446[31]; è stata tuttavia successivamente reintrodotta dall'art. 31, comma 14, della legge 23 dicembre 1998, n. 448[32]. In merito si ricorda che:

§       alla TOSAP sono sottoposte le occupazioni di qualsiasi natura effettuate - anche senza titolo - nelle strade, nei corsi, nelle piazze e, comunque, sui beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei comuni e delle province (articolo 38 del D.Lgs. 507/93);

§       soggetto passivo del tributo (articolo 39) – dovuto al comune o alla provincia – è il titolare dell'atto di concessione o di autorizzazione o, in mancanza, dall'occupante di fatto, in proporzione alla superficie effettivamente sottratta all'uso pubblico nell'ambito del rispettivo territorio;

§       la disciplina applicativa del tributo è affidata all’ente territoriale, tenuto ad approvare il regolamento per l'applicazione della TOSAP;

§       la normativa statale distingue occupazioni permanenti e temporanee (articolo 42) e disciplina altresì le modalità di graduazione e determinazione della tassa. In particolare (articolo 42, commi 3 e 4) la tassa è graduata a seconda dell'importanza dell'area sulla quale insiste l'occupazione; essa si determina in base all'effettiva occupazione, espressa in metri quadrati o in metri lineari con arrotondamento all'unità superiore della cifra contenente decimali;

§       l’articolo 49 del D.Lgs. 507/93 elenca i casi di esenzione. Sono tra l’altro esenti da imposta le occupazioni effettuate dallo Stato, dalle regioni, province, comuni e loro consorzi, da enti religiosi per l'esercizio di culti ammessi nello Stato, dagli enti pubblici per finalità specifiche di assistenza, previdenza, sanità, educazione, cultura e ricerca scientifica.

-       il canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche (di cui all'articolo 63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446), calcolato con la previsione di speciali agevolazioni per occupazioni ritenute di particolare interesse pubblico e, in particolare, per quelle aventi finalità politiche ed istituzionali (ai sensi del comma 2, lettera e), del richiamato articolo 63);

Il D.Lgs. 15 dicembre 1997 n. 446 all’articolo 63[33] ha autorizzato i comuni e le province, con apposito regolamento, ad escludere l'applicazione della TOSAP, e in sostituzione, ad assoggettare l'occupazione permanente e temporanea di suolo pubblico al pagamento di un canone da parte del titolare della concessione, determinato nel medesimo atto di concessione ed in base a tariffa. Tra l’altro, il regolamento (articolo 63, comma 2):

§       deve prevedere le procedure per il rilascio, il rinnovo e la revoca degli atti di concessione;

§       reca l’indicazione analitica della tariffa, dell'entità dell'occupazione, del valore economico della disponibilità dell'area, nonché del sacrificio imposto alla collettività;

§       reca altresì l’indicazione delle modalità e termini di pagamento del canone e la previsione di speciali agevolazioni per occupazioni ritenute di particolare interesse pubblico;

§       infine, il regolamento comunale deve fissare un limite minimo (516,5 euro) di ammontare complessivo dei canoni dovuti a ciascun comune o provincia e detta i criteri il versamento del canone stesso.

-       l'eventuale contributo una tantum per spese di costruzione delle gallerie di cui all'articolo 47, comma 4, del decreto legislativo n. 507 del 1993.

Ai sensi della richiamata disposizione, i comuni e le province che provvedono alla costruzione di gallerie sotterranee per il passaggio delle condutture, dei cavi e degli impianti, hanno diritto di imporre un contributo una volta tanto nelle spese di costruzione delle gallerie, che non può superare complessivamente, nel massimo, il 50 per cento delle spese medesime.

 

Si ricorda che l’articolo 11, comma 1 del D. Lgs. n. 23 del 2011 in materia di federalismo fiscale municipale ha previsto che dal 2014 sia introdotta, con deliberazione del consiglio comunale, l'imposta municipale secondaria: essa è volta a sostituire alcune forme di prelievo, tra cui la TOSAP e il COSAP.

 

La norma in commento esonerano altresì dai predetti oneri i tratti di reti metalliche che sono conferiti o comunque interessati da progetti, da piani o da altre operazioni comunque denominate che ne prevedono la dismissione e la sostituzione con nuove infrastrutture in fibra ottica.

 

Il comma 2 dell’articolo 9 prevede, infine, che i comuni istituiscano il catasto delle infrastrutture civili esistenti. La norma, considerato l’ambito di operatività del provvedimento, dovrebbe riguardare le sole infrastrutture di comunicazione elettronica, presumibilmente per la parte che insiste nel territorio comunale.

Al riguardo si osserva peraltro che dal tenore della disposizione non risulta chiaro se la norma si applichi solo alle reti e impianti di comunicazione elettronica in fibra ottica (alle quali si riferisce il comma 1) o a tutte le reti di comunicazione elettronica (comprese quindi le reti in rame).

 

Il comma 2 dispone che i titolari o i concessionari delle infrastrutture comunichino ai comuni, entro il 30 giugno 2012, l’ubicazione e il dimensionamento delle infrastrutture esistenti. La comunicazione dovrà avvenire presentando ai comuni, su supporto informatico, la documentazione cartografica con l’indicazione dell’ubicazione e del dimensionamento delle infrastrutture gestite.

La norma reca altresì il principio del tempestivo aggiornamento del catasto, atteso che la norma prevede che in occasione di interventi di realizzazione o di posa di nuove infrastrutture civili, la documentazione a tal fine depositata presso i comuni sia corredata degli elaborati necessari all’aggiornamento del catasto, a cui il comune dovrà provvedere con sollecitudine.

 


Articolo 10
(Adozione del software libero)

 

L'articolo 10 reca norme volte a promuovere l'uso, da parte delle pubbliche amministrazioni, di soluzioni basate su software libero e su protocolli e formati aperti.

 

Su materia analoga interviene l’art. 32 dell’A.C. 5093.

 

Nello specifico, il comma 1 stabilisce che le pubbliche amministrazioni, anche al fine di contenere e di razionalizzare la spesa pubblica e favorire interoperabilità dei componenti, utilizzano soluzioni basate su software libero e adottano soluzioni informatiche basate su protocolli e su formati aperti di generale accettazione.

 

Il software libero è un software pubblicato con una licenza che permette a chiunque di utilizzarlo e che ne incoraggia lo studio, le modifiche e la redistribuzione; ciò sta a significare che per le sue caratteristiche, si contrappone tanto al software proprietario quanto al concetto di open source[34], incentrandosi sulla libertà dell'utente e non solo sull'apertura del codice sorgente, che è comunque un pre-requisito del software libero.

Più specificamente l'espressione “software libero” si riferisce al rispetto delle libertà degli utenti e della comunità; in sostanza, gli utenti possiedono la libertà di eseguire, copiare, distribuire, studiare, cambiare e migliorare il software. Tramite queste libertà gli utenti (individualmente o nel loro complesso) controllano il programma e le sue funzioni.

Il concetto di “software libero” appare strettamente connesso allo scambio di idee e informazioni considerato che, analogamente al pensiero, il software è immateriale e può essere riprodotto e trasmesso facilmente.

Più specificamente un programma è software libero se gli utenti del programma godono delle quattro libertà fondamentali[35] basate sulla precondizione dell’accesso al codice sorgente:

§         libertà di eseguire il programma, per qualsiasi scopo (libertà 0);

§         libertà di studiare come funziona il programma e di modificarlo in modo da adattarlo alle proprie necessità (libertà 1) con accesso al codice sorgente;

§         libertà di ridistribuire copie in modo da aiutare il prossimo (libertà 2);

§         libertà di migliorare il programma e distribuirne pubblicamente i miglioramenti apportati dagli altri utenti  in modo tale che tutta la comunità ne tragga beneficio (libertà 3).

In buona sostanza, libertà di usare un programma significa libertà per qualsiasi tipo di persona od organizzazione di utilizzarlo su qualsiasi tipo di sistema informatico, per qualsiasi tipo di attività e senza dover successivamente comunicare con lo sviluppatore o con qualche altra entità specifica. Quello che conta per questa libertà è lo scopo dell'utente, non dello sviluppatore.

Un importante modo di modificare un programma è quello di includervi funzioni e moduli liberi già esistenti; se la licenza del programma prevede che non si possano includere moduli già esistenti (nonostante abbiano una licenza appropriata), allora la licenza è troppo restrittiva per essere considerata libera.

Le suddette libertà per essere effettivamente tali devono essere permanenti e irrevocabili: se lo sviluppatore del software ha il potere di revocare la licenza, o di sostituirla retroattivamente con una più restrittiva, anche senza che l'utente sia causa di tale revoca, il software non è libero[36].

 

Con particolare riferimento alla razionalizzazione dei costi perseguita dalla norma in commento, si segnala che, in merito all’utilizzo di un sistema la cui rilevanza economica è ancora molto ridotta, il software libero non è ex se privo di carattere commerciale (il più delle volte infatti è concesso con licenza) sebbene sia, nella maggior parte dei casi, distribuito gratuitamente.

Una corretta valutazione dei costi, in termini di contenimento delle spese, conseguente alla introduzione del software libero nella pubblica amministrazione, non appare prima facie agevole anche in considerazione del fatto che determinate voci, quali i costi di manutenzione del programma (solitamente maggiori del prezzo di acquisto), non vengono ad essere eliminate in virtù di tale scelta[37].

 

Ai sensi del comma 2, le istituzioni pubbliche e il Governo sono tenute a fornire qualsiasi informazioni contenuta nelle proprie banche dati in modalità aperta e accessibile a tutti i cittadini.

In virtù del comma 3, lo Stato promuove l'interoperabilità tra le banche dati delle pubbliche amministrazioni attraverso l’individuazione, da parte del Ministero della pubblica amministrazione e la semplificazione, di soluzioni applicative standard, replicabili ed utilizzabili da parte di ogni pubblica amministrazione, allo scopo di assicurare l'economicità, l'efficienza e l'armonizzazione degli interventi.

Il comma 4 impone, poi, alle pubbliche amministrazioni di indicare i motivi che impediscono l'adozione di soluzioni basate su software libero.

 

Nel contesto della progressiva tendenza all’informatizzazione dell’azione amministrativa, di rilievo appare il concetto di e-government, quale particolare modalità di miglioramento della circolazione interna ed esterna dei dati nonché dell’attività degli uffici e degli organi della pubblica amministrazione. In particolare, mediante tale strumento, si rende possibile trattare e gestire la documentazione in possesso delle amministrazioni mediante strumenti digitali e strutture proprie dell’ICT (Information and Communication Technology) facilitando sia il rapporto interno tra gli uffici della pubblica amministrazione che tra questi e i cittadini.

In tale ottica, l’ e-government, quale modalità attuativa del diritto all’informazione, rappresenta uno strumento di concretizzazione sia dei principi costituzionali sanciti dall’art. 97 Cost. che della sussidiarietà di cui all’art. 118 Cost.

Sotto il profilo squisitamente normativo, si ricorda, altresì, che il CAD, oltre al perseguimento del preminente obiettivo di dematerializzazione dei documenti amministrativi redatti in forma cartacea, dedica il Capo VIII al Sistema Pubblico di Connettività (SPC) che può essere definito l'insieme di infrastrutture tecnologiche e di regole tecniche, per lo sviluppo, la condivisione, l'integrazione e la diffusione del patrimonio informativo e dei dati della pubblica amministrazione, necessarie per assicurare l'interoperabilità di base ed evoluta e la cooperazione applicativa dei sistemi informatici e dei flussi informativi, garantendo la sicurezza, la riservatezza delle informazioni, nonché la salvaguardia e l'autonomia del patrimonio informativo di ciascuna pubblica amministrazione (art. 73). Il Codice stabilisce le finalità, i servizi, gli obblighi per le pubbliche amministrazioni nonché le strutture organizzative preposte al governo del sistema stesso. Le regole tecniche e di sicurezza per il funzionamento del SPC sono state dettate con un DPCM del 1° aprile 2008 (Regole tecniche e di sicurezza per il funzionamento del Sistema pubblico di connettività previste dall'articolo 71, comma 1-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante il «Codice dell'amministrazione digitale).

L’art. 50 del Codice dell'amministrazione digitale disciplina, inoltre, la gestione, lo scambio e la fruibilità dei dati informativi prodotti dalle pubbliche amministrazioni o comunque in loro possesso. Tale disposizione stabilisce in via generale che le pubbliche amministrazioni utilizzano le tecnologie dell’informazione e della comunicazione per formare, raccogliere, conservare e rendere accessibili i dati dalle stesse detenuti. Inoltre, i dati delle pubbliche amministrazioni sono gestiti in modo da consentirne la “fruizione e riutilizzazione, alle condizioni fissate dall’ordinamento, da parte delle altre pubbliche amministrazioni e dai privati”, e si precisa che “qualunque dato trattato da una pubblica amministrazione è utilizzabile da un’altra pubblica amministrazione nei limiti dell’esercizio delle proprie funzioni”, con i limiti posti dalla disciplina sulla tutela dei dati personali, dalla L. 241/1990 sul procedimento amministrativo e dalla normativa sul riuso dei documenti pubblici.

 

In conclusione il comma 5 prevede che le pubbliche amministrazioni, oltre a promuovere l'utilizzo di software libero e di formati aperti nelle procedure ad evidenza pubblica, possano assegnare punteggi aggiuntivi a beneficio dei soggetti che utilizzano tali strumenti nei bandi di gara aventi ad oggetto l'acquisto di dotazioni tecnologiche.


Articolo 11
(Programmi di alfabetizzazione informatica e di educazione ai nuovi media audiovisivi e radiofonici)

 

L’articolo 11 introduce disposizioni finalizzate alla realizzazione di un programma pubblico di alfabetizzazione informatica.

 

            Sulla stessa materia intervengono gli articoli 28, 29 e 30 dell’A.C. 5093.

 

Come esplicitato nella relazione introduttiva alla pdl in esame, si tratta di un programma che assume come punto di riferimento le valutazioni critiche contenute nell’Agenda digitale europea, il cui obiettivo principale è sviluppare un mercato unico digitale per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva[38], in cui si rileva che l’Europa soffre “di una crescente carenza di competenze professionali nel settore delle ITC (Information and Communication Technology) e di analfabetismo digitale, i quali escludono molti cittadini dalla società e dall’economia digitale, e limitano il forte effetto moltiplicatore sull’aumento della produttività che deriverebbe dall’azione dell’ITC. Tale situazione richiede pertanto una reazione coordinata, la cui iniziativa spetta agli Stati membri e alle parti interessate.

 

Il comma 1 detta la disposizione di principio in base alla quale lo Stato, al fine di incentivare il più ampio utilizzo e la massima fruibilità dei servizi digitali della pubblica amministrazione, promuove iniziative volte a favorire l’alfabetizzazione informatica dei cittadini, con particolare riguardo alle categorie a rischio di esclusione, attraverso la realizzazione di idonei percorsi formativi.

Al secondo periodo, il comma 1 ribadisce che tali percorsi sono destinati, in particolare, alle categorie a rischio di esclusione, specificando che tale esclusione è di tipo digitale, nonché ai pubblici dipendenti addetti ad attività e servizi che richiedono specifiche competenze informatiche.

 

Con riferimento alla formulazione del testo, al fine di evitare una ripetizione non essenziale delle parole “a rischio di esclusione”, considerato che tale rischio appare assumere in ogni caso il carattere di “digitale”, si valuti l’opportunità, ad esempio, della seguente riformulazione del comma 1: “Al fine di incentivare il più ampio utilizzo e la massima fruibilità dei servizi digitali della pubblica amministrazione, lo Stato promuove iniziative volte a favorire l’alfabetizzazione informatica dei cittadini, con particolare riguardo alle categorie a rischio di esclusione digitale, attraverso la realizzazione di idonei percorsi formativi, destinati anche ai pubblici dipendenti addetti ad attività e servizi che richiedono specifiche competenze informatiche”.

 

Il comma 2 dispone che, in attuazione del comma 1, con decreto del MIUR, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, sono stabiliti i criteri di partecipazione ai percorsi formativi, i contenuti e le modalità di svolgimento degli stessi. Con il medesimo decreto vengono altresì stabilite le modalità di utilizzo delle strutture e del personale pubblico necessario alla realizzazione dei predetti percorsi formativi.

 

Il comma 3 prevede che i percorsi formativi di cui al comma precedente devono svolgersi senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica, mediante l’utilizzo delle strutture scolastiche pubbliche e con il ricorso a personale qualificato appartenente ai ruoli delle amministrazioni dello Stato.

In proposito appare opportuno ricordare che l’art. 5 del D.Lgs. n. 59/2004, decreto che ha definito le norme generali relative alla scuola dell'infanzia e al primo ciclo dell'istruzione, in attuazione delle deleghe contenute nella legge n. 53/2003 per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale, ha fatto esplicito riferimento all’alfabetizzazione informaticatra le conoscenze e le abilità di base, la cui acquisizione costituisce una finalità della scuola primaria.

Successivamente, il D.M. 31 luglio 2007, che ha definito le indicazioni per il curricolo della scuola d'infanzia e del primo ciclo di istruzione, ha richiamato l’uso delle tecnologie informatiche, con specifico riferimento agli obiettivi curricolari di apprendimento delle lingue comunitarie, oltre a citare tali tecnologie quali strumenti necessari ai traguardi per lo sviluppo della competenza al termine delle scuole del primo ciclo.

Con riferimento all’organizzazione didattica della scuola primaria, si deve altresì citare la rimodulazione prevista dall'art. 64 del decreto-legge n. 112/2008 (L. n. 133/2008), nell'ambito di una serie di interventi di riorganizzazione su tre direttrici, tra le quali la ridefinizione degli ordinamenti scolastici. Per quanto qui interessa, pertanto, il comma 4, lett. b), del predetto articolo 64, ha previsto la revisione dell'attuale assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico, attenendosi, tra gli altri, al criterio della ridefinizione dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola, anche attraverso la razionalizzazione dei piani di studio e dei relativi quadri orari, con particolare riferimento agli istituti tecnici e professionali. In attuazione di tale articolo, è stato approvato il DPR n. 89 del 20 marzo 2009 che ha rivisto l’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione, senza modificare, in materia di tecnologie informatiche, quanto già previsto dal sopra richiamato DM 31 luglio 2007.

Per quanto attiene all’istruzione secondaria superiore, le direttrici del riordino scolastico di cui al sopra richiamato articolo 64, comma 4, hanno riguardato, tra l’altro, la semplificazione dei piani di studio, finalizzata ad operare un riordino delle sperimentazioni esistenti e all’obiettivo di fornire agli studenti competenze spendibili per l’inserimento nel mondo del lavoro e per il passaggio ai livelli superiori di istruzione. Ai fini del predetto riordino, sono stati approvati i DPR. 87, 88 e 89 del 15 marzo 2010, relativi, rispettivamente, agli istituti professionali, agli istituti tecnici ed ai licei.

Da tali DPR si evince che, tra i risultati di apprendimento comuni a tutti i percorsi, è inserita la capacità di utilizzare le reti e gli strumenti informatici nelle attività di studio, ricerca e approfondimento disciplinare, prevedendo l’insegnamento dell’informatica o come materia autonoma ovvero nell’ambito dell’insegnamento della matematica (nel caso dei licei).

 

Il comma 4 prevede che le regioni, anche per quanto concerne i propri enti e le amministrazioni del Servizio sanitario nazionale, e gli enti locali devono adeguare i propri ordinamenti alle disposizioni del comma 1 e coordinare la propria attività con il MIUR ai fini della realizzazione, sul territorio di competenza, dei predetti percorsi formativi.

 

Il servizio pubblico generale radiotelevisivo, inoltre, ai sensi del comma 5, è chiamato a garantire, secondo quanto disposto dall’articolo 45, co. 2, lett. b), del T.U. dei servizi di media audiovisivi e radiofonici (D. Lgs. n. 177/2005), la predisposizione di un’offerta di contenuti, che sia organizzata in forma di percorso formativo organico, finalizzata all’alfabetizzazione informatica, nonché a una corretta educazione ai nuovi media audiovisivi.

Si ricorda che, in base all’articolo 45, co. 2, lett. b), del d.lgs. 177/2005, il servizio pubblico generale radiotelevisivo è chiamato a garantire comunque un numero adeguato di ore di trasmissioni televisive e radiofoniche dedicate all'educazione, all'informazione, alla formazione. Specificamente, nell’ambito dell’ultimo contratto nazionale di servizio stipulato tra il Ministero dello sviluppo economico e la RAI - Radiotelevisione italiana S.p.A. per il periodo 1° gennaio 2010 - 31 dicembre 2012[39], l’articolo 9, che disciplina l’offerta televisiva, già dispone che, nell’ambito della quota della programmazione annuale di servizio pubblico delle reti generaliste, semigeneraliste e tematiche terrestri, distribuite sulle diverse piattaforme, riservata a generi predeterminati, siano comprese rubriche e programmi di servizio che contribuiscono alla alfabetizzazione informatica.

 

Per l’attuazione dei predetti obiettivi, il comma 6 fa rinvia ad un regolamento dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) con il compito di stabilire l’ambito soggettivo ed i criteri e le modalità di estensione dell’applicazione delle disposizioni di cui al comma 5 ad altri fornitori di servizi di media audiovisivi e radiofonici in ambito nazionale, ai sensi dell’articolo 7, co. 1 e 2, del T.U. di cui al D.Lgs. n. 177/2005, e successive modificazioni.

Si ricorda che l’articolo 7 del richiamato T. U. reca i principi generali in materia di informazione e di ulteriori compiti di pubblico servizio nel settore dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, stabilendo che l'attività di informazione mediante servizio di media audiovisivo o radiofonico costituisce un servizio di interesse generale. La disciplina dell'informazione radiotelevisiva, comunque, è chiamata a garantire il rispetto di taluni principi esplicitati dalla norma[40].

 

In particolare, i commi 1 e 2 stabiliscono, rispettivamente, l’interesse generale dell'attività di informazione mediante servizio di media audiovisivo o radiofonico, e i contenuti minimi che la stessa deve garantire nonché le prescrizioni e i divieti fondamentali cui essa deve attenersi. Il comma 3, a sua volta, prevede che l’AGCOM stabilisce ulteriori regole per le emittenti, anche analogiche, e per le emittenti radiofoniche, diverse da quelle operanti in ambito locale, al fine di rendere effettiva l'osservanza dei principi definiti al Capo I del D.Lgs. n. 177/2005.

 

Per quanto sopra illustrato, si valuti dunque l’opportunità di richiamare, all’interno del comma 6 dell’articolo 11 in esame, anche il comma 3 dell’art. 7 del D.lgs. 177/2005.

 


Articolo 12
(Copertura finanziaria)

 

Il comma 1 reca la norma di copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’attuazione dell’articolo 4, il quale prevede la concessione di un contributo una tantum per la stipula di un contratto di accesso a una connessione internet, pari a 50 euro, a favore delle famiglie in possesso di specifici requisiti.

 

Il comma 1, in particolare, dispone che alla copertura degli oneri si provvede a valere sulle risorse del Fondo peril sostegno della domanda finalizzata ad obiettivi di efficienza energetica, di cui all’articolo 4 del decreto legge n. 40/2010[41], il quale viene a tale fine incrementato di 15 milioni di euro.

 

Si osserva che il comma in esame non reca la quantificazione finanziaria degli oneri derivanti dalla misura contenuta nell’articolo 4, né indica l’esercizio finanziario cui l’onere afferisce, che comunque, in base a quanto disposto dal medesimo articolo, sembrerebbe essere riferito all’anno 2012.

Inoltre, la norma non specifica con quali risorse s’intende incrementare la dotazione del suddetto Fondo per il sostegno alla domanda in materia energetica.

Il citato articolo 4 del D.L. 40/2010 ha istituito presso il Ministero dello sviluppo economico un fondo per il sostegno della domanda finalizzata ad obiettivi di efficienza energetica, anche con riferimento al parco immobiliare esistente, ecocompatibilità e di miglioramento della sicurezza sul lavoro, con una dotazione pari a 300 milioni di euro per l'anno 2010. Con il D.M. 26 marzo 2010, il Ministro dello sviluppo economico ha stabilito le modalità di erogazione di tali risorse.

 

Il comma 2 prevede che agli eventuali oneri derivanti dall'attuazione del provvedimento in esame – fatta eccezione per l'articolo 4 - si provvede a valere sulle risorse assegnate al progetto «PC alle famiglie» ai sensi dell'articolo 27 della legge n. 3/2001 - non ancora impegnate alla data di entrata in vigore della legge in esame.

 

Si ricorda che la legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289/2003, articolo 27, comma 1) ha istituito un fondo speciale, denominato «PC ai giovani».

Successivamente, l'art. 4, comma 10, della legge finanziaria 2004 (legge n. 350/2003) ha previsto la destinazione nel limite massimo di 30 milioni di euro di quota parte del fondo sopracitato per la costituzione di un fondo speciale denominato «PC alle famiglie» finalizzato alla copertura delle spese relative all'omonimo progetto promosso dal Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio dei Ministri, diretto all'erogazione, nel corso del 2004, di un contributo di 200 euro per l'acquisizione e l'utilizzo di un personal computer con la dotazione necessaria per il collegamento ad Internet, da parte dei contribuenti persone fisiche residenti in Italia con un reddito complessivo non superiore a 15.000 euro, relativo all'anno 2002. In attuazione, è stato emanato il decreto del Ministro per l'innovazione e le tecnologie di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze 1 luglio 2004[42].

 

Si osserva che il comma in esame non reca la quantificazione degli oneri finanziari derivanti dal provvedimento, e in particolare di quelli derivanti dai seguenti articoli, per i quali non è prevista una specifica autorizzazione di spesa: articolo 3 (sanità digitale), articolo 5 (applicazione dell’IVA agevolata per le transazioni commerciali tramite internet), articolo 6 (agevolazioni in favore di giovani imprenditori), articolo 7 (incentivi alla diffusione di POS per pagamenti con modalità informatiche), articolo 8 (contributo per la rottamazione e rinnovo delle dotazioni tecnologiche e familiari), articolo 9 (detassazione per sviluppo degli impianti di comunicazione elettronica) articolo 11 (percorsi formativi per l’alfabetizzazione informatica).

 

 


Schede di lettura A.C. 5093

 


Articolo 1
(Finalità)

 

 

 

L’articolo 1 enuncia la finalità della proposta di legge in esame che è rappresentata dalla realizzazione dell’Agenda digitale nazionale, a proposito della quale si veda l’introduzione.

La realizzazione dell’Agenda digitale nazionale viene perseguita attraverso i seguenti interventi:

a)             azioni del Governo e del Parlamento, come previsto dagli articoli da 3 a 5 (Capo II);

b)             sostegno alle imprese innovative di recente costituzione, attraverso il capitale di rischio, si vedano gli articoli da 6 a 15 (Capo III);

c)             previsione di misure di semplificazione e incentivi fiscali per le imprese di cui al punto precedente, articoli da 16 a 24 (Capo IV);

d)             disposizioni per il superamento del divario culturale, contenute negli articoli da 28 a 30, Capo VI;

e)             disposizioni per lo sviluppo dell’inclusione digitale, previste dagli articoli da 25 a 27 (Capo V);

f)               offerta di servizi on line ai cittadini, si vedano gli articoli da 31 a 36 (Capo VII).


Articolo 2
(Definizioni)

 

 

L’articolo 2 reca le definizioni delle espressioni utilizzate nella proposta di legge in esame. Le definizioni sono elencate nell’articolo in ordine alfabetico.

 

Gli abilitatori startup sono i soggetti, persone fisiche o giuridiche, che promuovono o supportano le startup innovative, attraverso gli interventi indicati a titolo esemplificativo dalla norma. Rientrano in questa categoria:

§      incubatori (si veda appresso la relativa definizione),

§      business angel (si veda appresso la relativa definizione),

§      fondi comuni di investimento,

§      gestori di fondi

§      e-investment company,

§      scuole d'impresa,

§      consulenti,

§      servizi professionali,

§      advisor,

§      mentori,

§      coacher.

 

I business angel, che, come sopra indicato, rientrano nella categoria degli abilitatori statup, sono persone, fisiche o giuridiche, che investono parte del proprio capitale in startup innovative, durante la fase iniziale dell’impresa;

 

Il capitale di espansione è il finanziamento concesso per la crescita e l'espansione di una società, con lo scopo di:

§      aumentarne la capacità produttiva,

§      favorire lo sviluppo di un mercato o di un prodotto

§      fornire capitale circolante aggiuntivo.

 

Il capitale di rischio è il finanziamento alle imprese nelle fasi iniziale e di espansione. Può essere equity, ovvero una quota di partecipazione nell'impresa, rappresentata da azioni o quote; o quasi-equity, ovvero uno strumento, il cui rendimento, per il detentore, si basa sui profitti o sulle perdite dell'impresa e non è garantito in caso di cattivo andamento dell’impresa stessa.

 

Cloud computing sono le tecnologie che consentono di memorizzare, archiviare o elaborare dati utilizzando risorse hardware e software direttamente distribuite e visualizzate in rete.

 

Come già segnalato nell’introduzione, in breve, per cloud computing s’intende un insieme di tecnologie e risorse informatiche, accessibili direttamente on-line grazie allo sviluppo delle reti di comunicazione . E’ possibile distinguere tra “private cloud” (o “nuvola privata”) e “public cloud” (o “nuvola pubblica”). La “private cloud” un’infrastruttura informatica per lo più dedicata alle esigenze di una singola organizzazione, ubicata nei suoi locali o affidata in gestione ad un terzo, con la quale sono gestiti in condivisione dei dati, in maniera analoga ad un data center. Di maggiore rilievo e portata innovativa, in particolare per le amministrazioni pubbliche, è invece la “public cloud” (o “nuvola pubblica”) nella quale l’infrastruttura è di proprietà di un fornitore specializzato nell’erogazione di servizi che mette a disposizione di utenti, aziende o amministrazioni - e quindi condivide tra di essi - i propri sistemi attraverso l’erogazione via web di applicazioni informatiche, di capacità elaborativa e di stoccaggio .

 

Early stage capital è il capitale per le fasi iniziali di un'impresa. Rientrano in questa definizione:

§      il micro-seed capital, per il quale è dettata una successiva specifica definizione;

§      il seed capital;[43]

§      lo startup capital.[44]

 

Fondo di fondi è un investitore strutturato, la cui attività principale consiste nell'assunzione di quote di altri fondi o investment company (si veda appresso la relativa definizione) nelle fasi di micro-seed capital, seed capital, startup capital e venture capital, affidando, ai relativi gestori, una dotazione finanziaria per la sottoscrizione di investimenti in startup.

 

L’incubatore è un abilitatore di startup (si veda sopra), dedito a favorire la fase di nascita di nuove startup innovative, attraverso la selezione di idee, progetti e team di fondatori. L’incubatore fornisce formazione, supporto operativo, sede e attrezzature di lavoro e sostiene i neo imprenditori nella fase di nascita della nuova società, affiancando loro mentori o consulenti specializzati (che sono altri soggetti che rientrano nella definizione di abilitatori startup).

Può favorire la costituzione di relazioni industriali strategiche per le startup e può segnalare queste ultime a investitori, investment company e fondi.

Può investire direttamente nelle startup oggetto del suo intervento.

 

Investment company, società che esercita, nei confronti del pubblico, attività di assunzione di partecipazioni in startup innovative. Interviene tramite investimenti di micro-seed capital, seed capital, startup capital o venture capital.

Opera in linea con standard internazionali, in osservanza della regolamentazione europea, o adotta il codice interno di comportamento promosso dalle associazioni di categoria di riferimento.

 

Micro-seed capital è l’attività di investimento in capitale di rischio generalmente erogato nella fase di costituzione della startup innovativa o in cui sono elaborati i primi prototipi di prodotto o di servizio, ovvero in fase di prima ideazione dell'iniziativa imprenditoriale, a supporto dell'incubazione, per fornire alla startup una dotazione di capitale minima atta a sostenere le spese iniziali, fino alla realizzazione della prima versione del proprio prodotto o servizio.

Il capitale può essere erogato da:

§      incubatori,

§      investment company,

§      business angel,

§      fondi di venture capital.

 

Non è chiara la distinzione tra micro-seed capital e seed capital, anche perché manca una definizione di quest’ultimo.

 

Open data sono tipologie di dati liberamente accessibili a tutti, senza restrizioni (si veda in particolare il successivo articolo 32).

 

Nella letteratura specializzata, con “open data” si intende la possibilità di accesso libero a dati su Internet con possibilità di loro analisi ed utilizzo a vario titolo senza barriere tecniche, legali, economiche[45]

 

Si definisce startup un’impresa ad alto potenziale di crescita, con meno di cinque anni di vita. Questa tipologia di impresa è caratterizzata da una forte propensione a ricerca, sviluppo disintermediazione di settori economici tradizionali e introduzione di nuovi modelli industriali, di business e commerciali

Rientrano in questa categoria anche le imprese i cui piani di sviluppo vertano sull'introduzione di innovazioni di processo, di prodotto o di servizio, che operano in settori ad alti tassi di crescita e spesso caratterizzati, nella fase iniziale, da investimenti in conto capitale, come tecnologia, servizi digitali, telecomunicazioni, apparecchiature sanitarie, nuovi materiali, automazione, energia, fonti rinnovabili, logistica avanzata e servizi finanziari.

 

Si ricorda che la Commissione europea nella comunicazione COM(2005) 436 definitivo[46] sugli aiuti di stato all’innovazione propone una definizione secondo cui le start-up innovative devono rispondere ai due criteri seguenti:

• avviamento: esistere da meno di 5 anni, avere dimensioni limitate e non occupare più di 50 dipendenti;

• innovatività: i) il beneficiario deve dimostrare che i suoi prodotti e processi sono tecnologicamente nuovi o nettamente migliorativi rispetto a quanto di meglio viene prodotto dal suo settore nella Comunità e comportano un rischio di fallimento tecnologico o industriale oppure ii) le spese di R&S devono rappresentare almeno il 15% delle spese complessive del beneficiario.

 

 

Infine venture capital è definito come l’attività di investimento in capitale di rischio realizzata da operatori professionali e finalizzata al finanziamento dell'avvio di progetti imprenditoriali ad elevato potenziale di crescita.

Comprende:

§      early stage capital,

§      capitale di espansione (si vedano, per entrambi, le relative definizioni).

 

Si ricorda che l'articolo 31 del decreto-legge n. 98/2011 ha introdotto disposizioni in materia di fondi di venture capital (FVC) specializzati nelle fasi iniziali di avvio delle imprese; per favorire l’accesso al venture capital e sostenere i processi di crescita di nuove imprese tramite fondi comuni di investimento (obiettivo individuato dal comma 1), sono esentati da imposizione i proventi derivanti dalla partecipazione ai fondi di venture capital. Il venture capital è l'attività di investimento in capitale di rischio realizzata da operatori professionali e finalizzata ad operazione c.d. di early stage (seed financing o start up financing).

I fondi destinatari delbeneficio suddetto sono fondi comuni di investimento che investono almeno il 75% dei capitali raccolti in società non quotate nella fase di: sperimentazione (seed financing); costituzione (start-up financing); avvio dell’attività (early-stage financing); sviluppo del prodotto (expansion financing).

 


Articolo 3
(Piano annuale per l'Agenda digitale nazionale)

 

 

Gli articoli 3 e 4 definiscono l’azione del Governo per la realizzazione dell’Agenda digitale nazionale.

 

L’articolo 3 stabilisce che il Presidente del Consiglio dei ministri, o un Ministro da questi delegato, presenti al Parlamento, entro il 30 giugno di ogni anno, presenta il Piano annuale per l'Agenda digitale nazionale, contenente le iniziative realizzate e programmate in materia. Si prevede che nel Piano si dia conto delle iniziative riguardanti i seguenti temi:

a)             regole, incentivi e piani per la realizzazione di reti di comunicazioni fisse e mobili a banda larga;

 

Come già segnalato nell’introduzione, con “banda larga” si definiscono, nella teoria dei segnali, i metodi che consentono a due o più segnali di condividere la stessa linea di trasmissione. Tuttavia, con l’aumento della velocità di trasmissione, il termine è in realtà divenuto sinonimo di “alta velocità”. L’OCSE definisce “a banda larga” una connessione che fornisca un accesso downstream (trasferimento dei dati dal server al client) di 256 Kbitps e upstream (trasferimento dei dati dal client al server) di 128 Kbitps; la Commissione europea usa invece il termine banda larga come sinonimo di connessione più veloce di quella assicurata da un normale modem. In Italia la Task Force sulla banda larga, commissione interministeriale di studio istituita nel 2001 dal Ministero delle comunicazioni e dal Ministero per l’innovazione e le tecnologie ha definito la banda larga come “l’ambiente tecnologico che consente l’utilizzo delle tecnologie digitali ai massimi livelli di interattività”. Per approfondimenti cfr. Introduzione.

 

b)             digitalizzazione della pubblica amministrazione;

c)             digitalizzazione dei rapporti dell'amministrazione regionale con le altre amministrazioni, con i cittadini e con le attività produttive;

d)             riduzione del divario digitale;

e)             sviluppo del commercio elettronico;

f)               realizzazione delle politiche di inclusione digitale;

g)             alfabetizzazione informatica.

 

Si segnala che, come già ricordato nell’Introduzione, l’Italia, nell’ambito dell’attuazione dell’Agenda digitale europea,  con l’articolo 47 del D.L. n. 5/2012 (DL “semplificazioni”), ha istituito la Cabina di regia per l’Agenda digitale italiana, entrata in funzione il 1° marzo 2012, presso il Ministero dello sviluppo economico, con il compito di accelerare il percorso di attuazione dell'Agenda digitale italiana, coordinando gli interventi dei diversi soggetti pubblici diretti a favorire lo sviluppo di domanda e offerta di servizi digitali innovativi, potenziare l'offerta di connettività a larga banda, incentivare cittadini e imprese all'utilizzo di servizi digitali e promuovere la crescita di capacità industriali adeguate a sostenere lo sviluppo di prodotti e servizi innovativi.

La Cabina di Regia è articolata in sei gruppi di lavoro che curano i principali target dell’Agenda digitale: infrastrutture e sicurezza; e-Commerce; alfabetizzazione digitale e competenze digitali; e-Government; ricerca e innovazione e smart cities e communities.

Entro il 30 giugno 2012 la Cabina di Regia dovrà produrre la relazione “la strategia italiana per un’Agenda digitale” che si tradurrà concretamente in progetti operativi e in un apposito pacchetto normativo (c.d. “decreto DigItalia”).

 

Il Piano riporta anche le iniziative programmate o effettuate in materia dalle amministrazioni regionali, sulla base di intese stipulate nella Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e nella Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni.

 

Si segnala che il contenuto del piano appare riconducibile alla materia  “ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi”, di competenza legislativa concorrente ai sensi dell’Art. 117, terzo comma, della Costituzione. Al riguardo si ricorda che la giurisprudenza costituzionale ha precisato che, in merito al principio di sussidiarietà, ritenuto titolo giustificativo dell’intervento statale in materie formalmente attribuite alla competenza legislativa concorrente o residuale delle Regioni, “l’attrazione in sussidiarietà” comporta la necessità che lo Stato coinvolga le Regioni stesse «poiché l’esigenza di esercizio unitario che consente di attrarre, insieme alla funzione amministrativa, anche quella legislativa, può aspirare a superare il vaglio di legittimità costituzionale solo in presenza di una disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il dovuto risalto le attività concertative e di coordinamento orizzontale, ovverosia le intese, che devono essere condotte in base al principio di lealtà» (sentenza n. 303 del 2003 ex plurimis ).

 

Il Piano è redatto con la collaborazione dell'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione. Quest’ultima, nelle fasi di predisposizione e condivisione dei contenuti, dovrà attivare una consultazione on line, alla quale la Presidenza del Consiglio dei ministri dovrà dare adeguata pubblicità nel proprio sito internet e nei media tradizionali.

Si ricorda che l’Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione è stata costituita ai sensi dell’articolo 1, comma 368, della legge n. 266/2005 (legge finanziaria 2006), al fine di accrescere la capacità competitiva delle piccole e medie imprese e dei distretti industriali, attraverso la diffusione di nuove tecnologie e delle relative applicazioni industriali. L'Agenzia promuove l'integrazione fra il sistema della ricerca ed il sistema produttivo, attraverso l'individuazione, valorizzazione e diffusione di nuove conoscenze, tecnologie, brevetti ed applicazioni industriali, prodotti su scala nazionale ed internazionale. Stipula convenzioni e contratti con soggetti pubblici e privati che ne condividono le finalità. L'Agenzia è soggetta alla vigilanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che definisce i criteri e le modalità per lo svolgimento delle attività istituzionali. Lo statuto dell'Agenzia è stato approvato con D.P.C.M. 23 marzo 2011.

 

 


Articolo 4
(Consulta permanente per l'innovazione)

 

 

L’articolo 4 istituisce la Consulta permanente per l'innovazione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. La Consulta è organismo consultivo permanente per favorire la realizzazione dell'Agenda digitale nazionale ed è composta da professionisti competenti in materia di innovazione tecnologia e da esponenti delle imprese private e delle università.

I criteri di partecipazione alla Consulta, che è gratuita e senza oneri per lo Stato, sono definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della proposta di legge in esame.

 


Articolo 5
(Istituzione della Commissione parlamentare
per l'innovazione digitale)

 

 

L’articolo 5, al comma 1, è volto a istituire una Commissione parlamentare per l'innovazione digitale composta da quindici senatori e da quindici deputati nominati, rispettivamente, dai Presidenti delle due assemblee su designazione dei gruppi parlamentari e in proporzione al numero dei componenti dei gruppi medesimi (comma 2).

A tale organo sono, in particolare, affidate funzioni prevalentemente di indirizzo attraverso: l’approfondimento di informazioni e dati concernenti le attività svolte dalle amministrazioni e dagli organismi coinvolti nell'attuazione dell'Agenda digitale nazionale; il sostegno a iniziative finalizzate allo sviluppo di una generale economia digitale nonché al contrasto della pirateria e della contraffazione; la formulazione di osservazioni e proposte su effetti, limiti e eventuale necessità di adeguamento della legislazione vigente.

 

Le commissioni bicamerali rientrano tra gli strumenti dei quali si avvalgono le camere per l’esercizio delle funzioni ispettive e di indirizzo.

Si tratta di organi, eterogenei per composizione e competenze, che hanno come comune denominatore quello di essere composte da membri di entrambe le camere (anche se non è preclusa la partecipazione di membri non parlamentari).

Si osserva come il numero di tali commissioni (attualmente sono 10) sia cresciuto notevolmente specie a partire dalla VII Legislatura, nel corso della quale furono costituiti circa una trentina di tali organi sulla scia di una tendenza volta a creare, in quegl’anni, organi parlamentari permanenti con l’obiettivo di rafforzare la posizione centrale del Parlamento.

Sotto il profilo squisitamente procedurale, il solo regolamento del Senato (art. 26)[47] si occupa della formazione di organi collegiali bicamerali mentre alla Camera dei deputati trovano applicazione le stesse procedure in via di prassi. Si stabilisce, altresì, che per il funzionamento degli organi bicamerali si applicano, in quanto possibile, le norme del regolamento di quella camera in cui la commissione abbia sede, ma correttamente la norma viene interpretata nel senso di applicare il regolamento della camera cui appartiene il presidente della commissione.

 

Ai sensi del comma 3, la Commissione elegge al suo interno il presidente, due vicepresidenti e due segretari, che costituiscono l'ufficio di presidenza.

Si ricorda che quando la legge istitutiva non rimette alla medesima commissione l’elezione del presidente, questi è nominato dai Presidenti delle due camere, d’intesa fra loro.

 

Infine si prevede,da un lato, che la Commissione riferisce alle Camere, con cadenza annuale, sullo svolgimento e sui risultati della propria attività (comma 4), dall’altro che gli oneri per il funzionamento dell’organo siano posti per metà a carico del bilancio interno del Senato e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati, senza oneri aggiuntivi per i bilanci medesimi (comma 5).

 


Articolo 6
(Identificazione delle startup innovative
e degli abilitatori startup operanti in Italia)

 

 

Il comma 1 identifica come “startup innovative”, non in via esclusiva, le imprese, residenti o soggette a tassazione in Italia, che hanno beneficiato di qualche forma di supporto operativo alla loro attività di avvio ed espansione, erogata da abilitatori startup, o che possono comunque dimostrare l’interesse o la capacità di soddisfare i requisiti atti ad ottenere tali benefìci da parte degli abilitatori startup, ovvero dei soggetti che concorrono finanziariamente all’avvio e alla crescita delle startup.

Si ricorda che l’articolo 2, comma 1, lettera n) del provvedimento in esame definisce « startup » un’impresa ad alto potenziale di crescita, con meno di cinque anni di vita, caratterizzata da una forte propensione alla ricerca, allo sviluppo e alla disintermediazione di settori economici tradizionali, all’introduzione di nuovi modelli industriali, di business e commerciali o i cui piani di sviluppo vertano sull’introduzione di innovazioni di processo, di prodotto o di servizio, operanti in settori ad alti tassi di crescita, spesso caratterizzati nella fase iniziale da investimenti in conto capitale, come la tecnologia, i servizi digitali, le telecomunicazioni, le apparecchiature sanitarie, i nuovi materiali, l’automazione, l’energia e le fonti rinnovabili, la logistica avanzata e i servizi finanziari.

Si segnala inoltre che presso il Ministero dello Sviluppo Economico è stata costituita una Task force con il compito di analizzare e individuare in tempi brevi le misure da attuare per creare in Italia un ambiente favorevole alle start up innovative. Il lavoro della Task force sarà portato avanti in stretto raccordo con le altre priorità strategiche che interessano il mondo delle imprese o altri settori strettamente collegati, tra cui l’agenda digitale, l’accesso al credito, il riordino degli incentivi.

 

Infine, si ricorda che la Commissione europea nella comunicazione COM(2005) 436 definitivo[48] sugli aiuti di stato all’innovazione propone una definizione secondo cui le start-up innovative devono rispondere ai due criteri seguenti:

• avviamento: esistere da meno di 5 anni, avere dimensioni limitate e non occupare più di 50 dipendenti;

• innovatività: i) il beneficiario deve dimostrare che i suoi prodotti e processi sono tecnologicamente nuovi o nettamente migliorativi rispetto a quanto di meglio viene prodotto dal suo settore nella Comunità e comportano un rischio di fallimento tecnologico o industriale oppure ii) le spese di R&S devono rappresentare almeno il 15% delle spese complessive del beneficiario.

 

Il comma 2 dell’art. 6 novella l’art. 2463-bis c.c. relativo alla società a responsabilità limitata semplificata.

La norma in questione, introdotta nell’ordinamento dall’art. 3 del decreto-legge n. 1 del 2012[49] (L. n. 27/2012), intende favorire l’ingresso dei giovani nel mondo dei lavoro mediante la loro partecipazione a strutture associative prive dei rigorosi limiti previsti fino ad ora per le società di capitali, che di fatto impedirebbero l’accesso a tale tipo di strutture da parte degli imprenditori più giovani e meno abbienti.

 

Il nuovo articolo 2463-bis c.c., nel testo vigente introdotto nel capo VII del titolo V del libro V del codice civile, modellato sullo schema dell'articolo 2463 (avente ad oggetto la s.r.l.)[50], prevede, al primo comma, che la società semplificata a responsabilità limitata può essere costituita con contratto o atto unilaterale (quindi è possibile sia un socio unico che una pluralità di soci) da persone fisiche che non abbiano compiuto i 35 anni di età alla data della costituzione della società (sono, quindi, escluse le persone giuridiche).Il secondo comma dell’art. 2463-bis stabilisce che l'atto costitutivo deve essere redatto per atto pubblico secondo un modello standard da definire con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dello sviluppo economico e deve indicare: 1) il cognome, il nome, la data, il luogo di nascita, il domicilio, la cittadinanza di ciascun socio; 2) la denominazione sociale contenente l'indicazione di società semplificata a responsabilità limitata e il comune ove sono poste la sede della società e le eventuali sedi secondarie; 3) l'ammontare del capitale sociale, pari almeno ad 1 euro e inferiore all'importo di 10.000 europrevisto per la società a responsabilità limitata ordinaria, sottoscritto e interamente versato alla data della costituzione. Il conferimento deve farsi in denaro e essere versato all'organo amministrativo (il consiglio di amministrazione ovvero il socio o i soci nominati amministratori ex art. 2475 c.c.); 4) alcuni requisiti previsti dalla disciplina per la società a responsabilità limitata, vale a dire l'attività che costituisce l'oggetto sociale, la quota di partecipazione di ciascun socio, le norme relative al funzionamento della società, indicando quelle concernenti l'amministrazione, la rappresentanza, le persone cui è affidata l'amministrazione e l’eventuale soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti; (ai sensi dei numeri 3), 6), 7), 8) del secondo comma dell'articolo 2463); 5) il luogo e la data di sottoscrizione; 6) gli amministratori, i quali devono essere scelti tra i soci. Ai sensi del terzo comma del nuovo articolo 2463-bis, la denominazione di s.r.l. semplificata, l'ammontare del capitale sottoscritto e versato, la sede della società e l'ufficio del registro delle imprese presso cui questa è iscritta devono essere indicati negli atti, nella corrispondenza della società e nello spazio elettronico destinato alla comunicazione collegato con la rete telematica ad accesso pubblico.

Il quarto comma introduce il divieto di cessione delle quote a soci non aventi i requisiti di età, determinandosi, in tali casi la nullità dell’atto. Per quanto non espressamente previsto, il quinto comma dall’articolo 2643-bis reca, infine, un rinvio generale alla disciplina della società a responsabilità limitata ordinaria.

Il citato art. 3 del D.L. n. 1/2012 ha delegato ad un DM Giustizia, da adottare entro 60 gg. dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto, la tipizzazione dello statuto standard della società e l’individuazione dei criteri di accertamento delle qualità soggettive dei soci. L’atto costitutivo e l'iscrizione nel registro delle imprese sono esenti da diritti di bollo e di segreteria e non sono dovuti onorari notarili. Infine, sono stati attribuiti al Consiglio nazionale del notariato compiti di vigilanza sulla corretta e tempestiva applicazione della citata disciplina da parte dei notai. A tal fine il Consiglio pubblica ogni anno i relativi dati sul proprio sito istituzionale.

 

Una prima modifica (lettera a) introdotta dal comma 2 sostituisce il primo comma dell’art. 2463-bis stabilendo che il requisito dell’età (massimo 35 anni) deve essere posseduto da uno o più dei soggetti che costituiscono la s.r.l..

Viene, quindi, chiarito che – fuori dei casi di socio unico - non è necessario che tutti i soci soddisfino il requisito dell’età, tuttavia, precisando che il socio o i soci infratrentacinquenni debbano comunque detenere più della metà del capitale sociale.

Una seconda modifica prevista dal comma 2 (lettera b) riguarda il terzo comma dell’art. 2463-bis, la cui formulazione è integrata prevedendo che negli atti, nella corrispondenza della società e nello spazio elettronico destinato alla comunicazione collegato con la rete telematica ad accesso pubblico debbano essere indicate anche le modifiche dell’atto costitutivo, gli atti di cessione delle quote e le relative formalità presso il registro delle imprese.

Una ulteriore integrazione (lettera c) è introdotta al quarto comma dell’art. 2463-bis, che attualmente vieta la cessione delle quote a soci non aventi i requisiti di età, facendo derivare dall’eventuale violazione la nullità dell’atto.

Il divieto di cessione viene circoscritto a tali categorie di soci solo “qualora questi detengano complessivamente almeno la metà del capitale sociale”.

 

Si rileva l’opportunità di una riformulazione della disposizione, posto che, anche alla luce della modifica introdotta alla lettera a) l’avverbio “complessivamente” utilizzato nella lettera c) appare come riferito alla situazione che si verrebbe a creare a seguito della cessione di quote impedita dalla disposizione.

 

Il comma 3 dell’art. 6 in esame estende la novellata disciplina del terzo comma dell’art. 2643-bis c.c. (v. ante, comma 2, lett. b) anche alle start-up innovative (identificate dal comma 1 dell’articolo in esame) costituite in forma di s.r.l. semplificata.

 

Il comma 4 prevede che i requisiti e le procedure necessarie all’identificazione degli abilitatori startup vengano definiti con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentite le parti interessate, entro il 31 dicembre 2012.

 

Si ricorda che l’articolo 2, comma 1, lettera a) del provvedimento in esame definisce « abilitatori startup » quei soggetti, residenti o soggetti a tassazione in Italia, che promuovono o supportano le startup innovative, attraverso investimenti, l’incubazione, la fornitura di servizi specifici, la formazione, la consulenza strategica, contabile, legale, commerciale, il marketing, l’advisory, il coaching e altro; comprende persone fisiche o giuridiche quali incubatori, business angel, fondi comuni di investimento, gestori di fondi e e-investment company, scuole d’impresa, consulenti, servizi professionali, advisor, mentori, coacher.

 

Con riferimento ad analoghe misure di incentivazione, si richiama l’art. 6 dell’A.C. 4891

 

 


Articolo 7
(Fondo per l’Italia per le startup innovative)

 

 

L’articolo 7 riguarda il nuovo Fondo per l’Italia, finalizzato alla promozione del  finanziamento di nuove iniziative imprenditoriali con elevato contenuto di innovazione.

Il comma 1 istituisce presso la Presidenza del Consiglio dei ministri il Fondo per l’Italia, destinato all’assunzione di quote di fondi di investimento mobiliare di tipo chiuso e investment company[51], di seguito denominati «soggetti beneficiari», operanti nelle fasi di venture capital, early stage capital e capitale di espansione.

Si segnala il refuso “investement” in luogo del corretto “investment”.

 

Si ricorda che l'articolo 31 del decreto-legge n. 98/2011 ha introdotto disposizioni in materia di fondi di venture capital (FVC) specializzati nelle fasi iniziali di avvio delle imprese; per favorire l’accesso al venture capital e sostenere i processi di crescita di nuove imprese tramite fondi comuni di investimento (obiettivo individuato dal comma 1), sono esentati da imposizione i proventi derivanti dalla partecipazione ai fondi di venture capital. Il venture capital è l'attività di investimento in capitale di rischio realizzata da operatori professionali e finalizzata ad operazione c.d. di early stage (seed financing o start up financing).

I fondi destinatari delbeneficio suddetto sono fondi comuni di investimento che investono almeno il 75% dei capitali raccolti in società non quotate nella fase di: sperimentazione (seed financing); costituzione (start-up financing); avvio dell’attività (early-stage financing); sviluppo del prodotto (expansion financing).

 

Il comma 2 assegna al Fondo per l’Italia la dotazione per il primo triennio, costituita da 30 milioni di euro per l’anno 2012, di 40 milioni di euro per l’anno 2013 e di 50 milioni di euro per l’anno 2014.

Per i trienni successivi, la dotazione è stabilita dal Piano annuale per l’Agenda digitale nazionale.

Il medesimo comma riserva almeno il 10 per cento della dotazione annuale del Fondo ad investimenti da parte di fondi di micro-seed autonomi o gestiti da incubatori privati.

La partecipazione al Fondo per l’Italia è aperta a soggetti privati o pubblici che intendono investire secondo le modalità stabilite dal regolamento del Fondo.

 

Il comma 3 limita il capitale pubblico erogato ai soggetti beneficiari mediante il Fondo per l’Italia:

§      al 50 per cento del totale del patrimonio nel caso di fondi che operano prevalentemente nel venture capital, early stage capital e capitale di espansione,

§      al 75 per cento nel caso di fondi per incubatori privati o fondi di micro-seed.

 

I commi 4, 5 e 6 riguardano la remunerazione del capitale pubblico erogato.

In particolare, il comma 4 prevede che il regolamento del Fondo per l’Italia stabilisca i criteri di remunerazione del capitale pubblico erogato, a cui spetta una quota della remunerazione prodotta dai soggetti beneficiari.

Si segnala che il provvedimento in esame non esplicita disposizioni per l’emanazione del regolamento del Fondo per l’Italia.

 

Il comma 5 disciplina il caso di andamento finanziario positivo di uno dei fondi del Fondo per l’Italia. In tale situazione la distribuzione dei profitti è asimmetrica. La remunerazione delle risorse pubbliche è sospesa oltre una soglia massima di redditività stabilita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Ministro dell’economia e delle finanze.

 

Il comma 6 prevede invece un’equa ripartizione delle eventuali perdite tra il capitale pubblico e i sottoscrittori privati, in caso di andamento finanziario negativo dei fondi del Fondo per l’Italia.

 

Ai sensi del comma 7, la durata dei fondi del Fondo per l’Italia è di dieci anni, estensibile per un massimo di tre anni, con un periodo di investimento di cinque anni.

Il comma 8 riguarda la pubblicità dell’attività del Fondo per l’Italia sul sito internet della Presidenza del Consiglio dei ministri.

 

 


Articolo 8
(Criteri per la selezione del soggetto gestore del Fondo per l’Italia)

 

 

L’articolo 8 concerne l’individuazione tramite gara del soggetto gestore del Fondo per l’Italia, che a sua volta seleziona i soggetti beneficiari.

In particolare, il comma 1 prevede che il gestore del Fondo venga selezionato tramite gara indetta con bando pubblicato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.

Secondo il comma 2, il gestore seleziona e individua i soggetti beneficiari.

Il comma 3 prevede che con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi entro tre mesi, siano individuati:

-      le caratteristiche dei soggetti destinatari del bando di gara per la selezione del gestore;

-      i criteri di selezione e di individuazione dei soggetti beneficiari da parte del gestore.

 

 


Articolo 9
(Soggetti beneficiari del Fondo per l’Italia)

 

 

L’articolo 9 riguarda i vincoli all’autonomia operativa del soggetti beneficiari del Fondo.

Dopo aver precisato al comma 1 che i soggetti beneficiari del Fondo per l’Italia assumono le decisioni di intervento e disinvestimento in totale autonomia operativa e decisionale, la norma introduce alcuni vincoli sulla destinazione degli investimenti e richiedendo particolari caratteristiche per le società destinatarie.

In particolare, il comma 2 prevede che almeno il 70 per cento dei capitali raccolti dai soggetti beneficiari siano investiti in società non quotate nelle fasi di:

§      sperimentazione (micro-seed capital e seed capital),

§      costituzione o avvio dell’attività (startup capital),

§      sviluppo del prodotto (capitale di espansione).

Il comma 3 elenca i requisiti delle società destinatarie:

a)             avere la propria sede operativa in Italia;

b)             le relative quote o azioni devono essere direttamente detenute, in via prevalente, da persone fisiche;

c)             essere società esercenti attività di impresa da non più di cinque anni;

d)             avere un fatturato, come risultante dall’ultimo bilancio approvato prima dell’investimento del soggetto beneficiario, non superiore a 50 milioni di euro;

e)             non essere quotate nel listino ufficiale di una borsa valori o su un mercato non quotato dei titoli di una borsa valori.

 

 


Articolo 10
(Estensione della deduzione sul reddito di capitale
per le startup innovative)

 

 

L’articolo 10 prevede misure di sostegno per le imprese in fase di startup che abbiano optato per il regime di contabilità semplificata o che siano costituite in forma di società a responsabilità limitata semplificata ai sensi dell'articolo 2463-bis del codice civile.

 

Si ricorda preliminarmente che il regime semplificato per le imprese minori è disciplinato dall’articolo 18 del D.P.R. n. 600/1973 e art. 9 D.L. n. 69/89.

Possono accedere al regime semplificato in esame le imprese e i lavoratori autonomi che realizzano ricavi annui non superiori (le seguenti soglie sono state così elevate dall’articolo 7 del D.L. n. 70 del 2011):

§         a 400.000 euro se esercenti prestazioni di servizi;

§         a 700.000 euro se esercenti attività diverse (cessione di beni, produzione, ecc.).

E’ fatta salva, in ogni caso, la facoltà del contribuente di optare per l’applicazione del regime ordinario.

Le agevolazioni per i contribuenti in regime semplificato riguardano il profilo degli adempimenti contabili; sono previste, infatti, delle semplificazioni rispetto al regime ordinario quali, ad esempio, l’esonero dall’obbligo di redigere il bilancio di esercizio e della tenuta del libro giornale. Sono obbligatori i seguenti registri:

§       registri IVA (fatture emesse, corrispettivi e fatture di acquisto). Su tali registri devono essere annotate anche le operazioni non soggette ad IVA ma rilevanti per la determinazione del reddito;

§       registro dei beni ammortizzabili. In alternativa, il contribuente può provvedere a specifiche annotazioni relative ai beni strumentali da ammortizzare nel registro IVA degli acquisti;

§       libro unico del lavoro, qualora il contribuente si avvalga, nell’attività d’impresa, di lavoratori dipendenti o assimilati.

Ulteriori libri o registri possono essere richieste da leggi speciali con riferimento a specifiche attività svolte.

 

L'articolo 3 del decreto-legge n. 1 del 2012 (cd. decreto liberalizzazioni) ha introdotto nel capo VII del titolo V del libro V del codice civile, relativo alle società a responsabilità limitata, il nuovo articolo 2463-bis avente ad oggetto la società semplificata a responsabilità limitata, già richiamata nell’illustrazione del precedente articolo 6.La nuova disposizione, modellata sullo schema dell'articolo 2463 prevede, al primo comma, che la società semplificata a responsabilità limitata possa essere costituita con contratto o atto unilaterale da persone fisiche che non abbiano compiuto i trentacinque anni di età alla data della costituzione. L'atto costitutivo deve essere redatto per atto pubblico in conformità al modello standard tipizzato con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dello sviluppo economico. La denominazione di società a responsabilità limitata semplificata, l'ammontare del capitale sottoscritto e versato, la sede della società e l'ufficio del registro delle imprese presso cui questa è iscritta devono essere indicati negli atti, nella corrispondenza della società e nello spazio elettronico destinato alla comunicazione collegato con la rete telematica ad accesso pubblico. È fatto divieto di cessione delle quote a soci non aventi i requisiti di età di cui al primo comma e l'eventuale atto è conseguentemente nullo.

 

L’articolo in commento prevede quindi l’applicazione alle cosiddette startup innovative dell’ACE (aiuto economico alla crescita), ai fini della determinazione del reddito complessivo netto dichiarato dalle startup., incrementandolo di ulteriori 3 punti percentuali a copertura del maggior rischio di capitale sostenuto dagli investitori.

 

L’articolo 2 della proposta considera startup innovative, non in via esclusiva, le imprese, residenti o soggette a tassazione in Italia, che hanno beneficiato di investimenti, premi, borse o altre forme di supporto operativo alla loro attività di avvio ed espansione, erogati da abilitatori startup, o che possono comunque dimostrare l'interesse o la capacità di soddisfare i requisiti atti ad ottenere tali benefici da parte degli abilitatori startup.

 

Al fine di favorire il finanziamento delle imprese mediante capitale proprio, l’articolo 1 del D.L. 201 del 2011 ha previsto un Aiuto alla crescita economica – ACE, nella forma di possibilità di dedurre dal reddito imponibile la componente derivante all’impresa dal rendimento nozionale di nuovo capitale proprio. Le norme in esame (comma 1) riguardano:

§      le società di capitali (società per azioni e in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, società cooperative e società di mutua assicurazione, società europee, società cooperative europee) residenti nel territorio dello Stato (di cui all’articolo 73, comma 1, lettera a) del Testo unico delle imposte sui redditi – TUIR (di cui al DPR 22 dicembre 1986, n. 917);

§      gli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, esercenti in via esclusiva o principale attività commerciali (articolo 73, comma 1, lettera b) del Testo unico delle imposte sui redditi – TUIR (di cui al DPR 22 dicembre 1986, n. 917);

§      le società e gli enti non residenti (di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d) del TUIR) relativamente alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato.

Ai sensi del successivo comma 7, è previsto che le norme si applichino anche ad alcuni soggetti IRPEF, e in particolare al reddito d’impresa di persone fisiche, società in nome collettivo e in accomandita semplice in regime di contabilità ordinaria. Le modalità di applicazione sono affidate al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di attuazione delle norme in esame, in modo da assicurare un beneficio conforme a quello garantito ai soggetti IRES cui è concessa l’agevolazione in esame.

Per quanto concerne le modalità di calcolo del rendimento nozionale del nuovo capitale proprio (comma 2), esso è dato dalla applicazione di un’aliquota percentuale, individuata ai sensi del successivo comma 3, alla variazione in aumento del capitale proprio rispetto a quello esistente alla chiusura del’esercizio in corso al 31 dicembre 2010. In particolare:

§      per il primo triennio di applicazione, l’aliquota è fissata al 3 per cento;

§      dal quarto periodo di imposta l’aliquota percentuale per il calcolo del rendimento nozionale del nuovo capitale proprio è determinata con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze da emanare entro il 31 gennaio di ogni anno, tenendo conto dei rendimenti finanziari medi dei titoli obbligazionari pubblici, aumentabili di ulteriori tre punti percentuali a titolo di compensazione del maggior rischio.

In caso di eccedenza del rendimento nozionale rispetto al reddito complessivo netto dichiarato nel periodo d’imposta, viene reso possibile computare la parte eccedente in aumento dell’importo deducibile dal reddito dei periodi d’imposta successivi.

Quanto alle  modalità di computo del capitale proprio e delle variazioni in aumento e in diminuzione, il patrimonio netto risultante dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2010 costituisce il “capitale proprio” esistente alla chiusura del suddetto esercizio. In particolare, rilevano come variazioni in aumento:

§      i conferimenti in denaro;

§      gli utili accantonati a riserva, ad esclusione di quelli destinati a riserve non disponibili;

Rilevano invece come variazioni in diminuzione:

§      le riduzioni del patrimonio netto con attribuzione, a qualsiasi titolo, ai soci o partecipanti;

§      gli acquisti di partecipazioni in società controllate;

§      gli acquisti di aziende o di rami di aziende.

Per quanto attiene agli incrementi derivanti da conferimenti in denaro, l’operatività temporale è fissata a partire dalla data del versamento; per quelli derivanti dall'accantonamento di utili, la rilevanza è fissata a partire dall'inizio dell'esercizio in cui sono formate le relative riserve; per le aziende e le società di nuova costituzione, è considerato incremento tutto il patrimonio conferito. Per quanto concerne i decrementi, essi rilevano a partire dall'inizio dell'esercizio in cui si sono verificati.

 


Articolo 11
(Supporto al processo di internazionalizzazione
delle
startup innovative)

 

 

Il comma unico dell’articolo 11 include le startup innovative operanti in Italia. tra le imprese italiane destinatarie dei servizi messi a disposizione dall’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane - ICE.

Alle startup innovative, l’ICE

-      fornisce assistenza in materia normativa, societaria, fiscale, immobiliare, contrattualistica e creditizia;

-      provvede a individuare le principali fiere e manifestazioni internazionali dove ospitare gratuitamente le startup innovative, tenendo conto dell’attinenza delle loro attività all’oggetto della manifestazione;

-      favorisce l’incontro delle startup innovative con investitori potenziali per le fasi di early stage capital e di capitale di espansione.

 

L'ICE-Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane - attualmente in gestione transitoria - è stata istituita dal decreto-legge n. 201/2011, convertito dalla legge n. 214/2011 come ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, sottoposto ai poteri di indirizzo e vigilanza del Ministero dello Sviluppo economico, che li esercita sentiti, per le materie di rispettiva competenza, il Ministero degli affari esteri ed il Ministero dell'Economia e delle finanze. L'Agenzia ha il compito di sviluppare, agevolare e promuovere i rapporti economici e commerciali italiani con l'estero, con particolare attenzione alle esigenze delle piccole e medie imprese, dei loro consorzi e raggruppamenti. L'Agenzia svolge le attività utili al perseguimento dei compiti ad essa affidati e, in particolare, offre servizi di informazione, assistenza e consulenza alle imprese italiane che operano nel commercio internazionale promuovendo la cooperazione nei settori industriale, agricolo e agro-alimentare, della distribuzione e del terziario, al fine di incrementare la presenza delle imprese italiane sui mercati internazionali.

L’Agenzia, nel corso del 2011 è stata oggetto di diversi interventi normativi che hanno mirato ad un riordino dell’Istituto non solo come nuovo soggetto giuridico, ma anche con riguardo al passaggio di alcune funzioni e delle risorse del soppresso ICE al Ministero dello Sviluppo economico e al Ministero degli Affari esteri, per le parti di rispettiva competenza.

 


Articolo 12
(Lavoro per quote)

 

 

L’articolo 12 prevede una specifica agevolazione, fiscale e contributiva, per un’impresa startup innovativa che remuneri una prestazione d’opera professionale o lavorativa, in tutto o in parte, con quote della società stessa secondo le forme e i modi previsti dalla legge.

 

L’articolo 6 della proposta considera startup innovative, non in via esclusiva, le imprese, residenti o soggette a tassazione in Italia, che hanno beneficiato di investimenti, premi, borse o altre forme di supporto operativo alla loro attività di avvio ed espansione, erogati da abilitatori startup, o che possono comunque dimostrare l'interesse o la capacità di soddisfare i requisiti atti ad ottenere tali benefici da parte degli abilitatori startup.

In particolare, le quote della società trasferite sono esentate da ogni onere fiscale; esse non concorrono a contribuire al monte dei compensi su cui effettuare calcoli contributivi previdenziali.

 

Si segnala, al riguardo, che il testo non appare chiaro laddove non specifica se tali agevolazioni siano da ritenersi ripetibili o meno, rimandando genericamente alle disposizioni di legge in materia.

Sotto il profilo della redazione formale del testo, inoltre, la rubrica dell’articolo non sembra essere coordinata con le disposizioni recate dallo stesso.

 

Si ricorda che ai sensi dell’articolo 51, comma 2, lettera g) del TUIR (DPR 917/1986) è previsto un regime di favore per il caso di assegnazione, alla generalità dei dipendenti, di azioni emesse dall’impresa con cui il contribuente intrattiene il rapporto di lavoro (ovvero da società controllanti, controllate o collegate con la predetta). Essa interessa i cd. piani di azionariato diffuso; ove sussistano le condizioni di legge, è concessa una franchigia all’interno della quale il valore delle azioni è esente da imposizione sul reddito (in quanto non concorre a formare il reddito dei dipendenti). La franchigia ammonta a 2065,83 euro, computata per periodo d’imposta.

In particolare, per usufruire di detta agevolazione le azioni devono essere offerte ai lavoratori a tempo indeterminato, non devono essere riacquistate dalla società emittente o dal datore di lavoro (ovvero dalla società controllante) e devono essere mantenute per tre anni dall’assegnazione. Se cedute prima dei tre anni dalla percezione l'importo che non ha concorso a formare il reddito al momento dell'acquisto è assoggettato a tassazione nel periodo d'imposta in cui avviene la cessione.

 

Per quanto riguarda l’ipotesi di assegnazione di azioni al singolo dipendente, si ricorda che il trattamento fiscale di bonus e stock options è stato modificato nel tempo: se inizialmente era previsto un regime agevolato (disciplinato dall’articolo 51, comma 2, lettera g-bis) del Testo unico delle imposte sui redditi – TUIR) che li escludeva da imposizione, successivamente il D.L. n. 112 del 2008 ha abolito il suddetto regime agevolato (con la conseguenza che la differenza tra il valore delle azioni al momento dell’assegnazione del diritto di opzione e l’ammontare corrisposto dal dipendente concorre sempre a formare il reddito imponibile da lavoro dipendente).

Inoltre l’articolo 33 del D.L. n. 78/2010 (come modificato dal DL n. 98 del 2011) ha introdotto un’addizionale del 10 per cento che incide sui compensi corrisposti sotto forma di bonus e stock options ai seguenti soggetti operanti nel settore finanziario:

§       dipendenti che rivestono la qualifica di dirigenti;

§       titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa.

Per i bonus e le stock optionspercepiti dal 31 luglio 2011 l’addizionale del 10 per cento si applica sull’ammontare che eccede la parte fissa della retribuzione; per quelli percepiti anteriormente a tale data, essa si applica all’ammontare che eccede il triplo della parte fissa della retribuzione.

 

Si segnala che la disposizione in commento fa riferimento alle “quote della società” assegnate ai dipendenti; dal tenore letterale, essa sembrerebbe dunque applicarsi anche alle società diverse da quella per azioni e in accomandita per azioni.

 

Si ricorda che l’articolo 17, comma 1 della proposta in commento prevede l’esenzione dal versamento degli oneri contributivi e previdenziali per i primi tre anni di attività per le nuove imprese startup innovative con fatturato inferiore a 1 milione di euro. Il successivo comma 2 dispone la possibilità, per gli enti pubblici, di mettere gratuitamente a disposizione delle stesse imprese immobili per un periodo non superiore a dieci anni.

 

 

 


Articolo 13
(Promozione dei prodotti e dei servizi di startup innovative
all’interno della pubblica amministrazione)

 

 

L’articolo 13 prevede, al comma 1, l’istituzione presso la Società CONSIP di un’apposita direzione per la promozione dell’acquisto di prodotti e servizi di imprese startup innovative all’interno della pubblica amministrazione, tramite l’istituzione di un albo di fornitori ad esse riservato.

Ai sensi del comma 2, con decreto del Ministro dell’economia e finanze sarà adottato il regolamento di organizzazione e di funzionamento della citata direzione.

Ai sensi del comma 3, un decreto del Ministero dell’economia e finanze stabilirà la disciplina delle facilitazioni delle startup innovative.

 

Si ricorda che la Società CONSIP S.P.A[52] è una società a capitale interamente posseduto dal Ministero dell’economia e finanze, la quale, oltre a gestire le attività informatiche dell'Amministrazione statale in materia finanziaria e contabile è la struttura di servizio per agli acquisti centralizzati di beni e servizi della P.A. in virtù dei compiti ad essa conferiti dal combinato disposto di una serie di norme quali, in primis, l’articolo 26 della legge n. 488/1999 (legge finanziaria per il 2000) e l’articolo 58 della legge 388/2000 (legge finanziaria per il 2001).

In particolare, nell’ottica di un generale processo di razionalizzazione delle modalità di acquisto di beni e servizi, anche mediante il ricorso a strumenti e procedure informatiche, finalizzato anche a conseguire obiettivi di contenimento della spesa pubblica, l’articolo 26 della legge n. 488/1999 ha conferito al Ministero dell’economia la competenza - successivamente attribuita alla CONSIP S.p.a dall’art. 58 della legge 388/2000 - a stipulare convenzioni quadro, con le quali l'impresa prescelta, fornitrice di beni e servizi, si impegna ad accettare, sino a concorrenza della quantità massima complessiva stabilita dalla convenzione ed ai prezzi e condizioni ivi previsti, ordinativi di fornitura deliberati dalle amministrazioni dello Stato[53].

La disciplina dei compiti di CONSIP S.p.a e degli indirizzi strategici che tale Società deve seguire nell’espletamento dei compiti ad essa assegnatile è il frutto di un complesso di norme, che nel tempo si sono stratificate[54].

Da ultimo, si ricorda che sulle procedure di acquisto di beni e servizi da parte della pubblica amministrazione e sui relativi compiti di CONSIP S.p.a. è di recente intervenuto il decreto legge n. 52 del 7 maggio 2012, recante disposizioni urgenti per la razionalizzazione della spesa pubblica[55].

In particolare, il Capo I del Decreto prevede l’istituzione del Comitato interministeriale per la revisione della spesa pubblica (articolo 1) e del Commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa per acquisti di beni e servizi della pubblica amministrazione (articolo 2) al quale è assegnato il potere di definire, per voci di costo, il livello di spesa per acquisti di beni e servizi da parte delle PP.AA. e la supervisione, monitoraggio e coordinamento dell’attività di approvvigionamento.

il Capo II del Decreto contiene poi norme di carattere sostanziale riguardanti il miglioramento della qualità delle procedure di acquisto centralizzato, stabilendo, in particolare, che – ferme le competenze assegnate a CONSIP in materia di stipula di convenzioni quadro (art. 26, legge n. 488/1999). le pubbliche amministrazioni sono obbligate ad applicare nelle proprie procedure di acquisto parametri prezzo qualità migliorativi di quelli individuati in modo specifico nei bandi di gara pubblicati da CONSIP per beni o servizi comparabili (articolo 7).

Inoltre, le PP.AA hanno l’obbligo di rispettare i parametri prezzo-qualità dei bandi CONSIP in fase di gare di appalto (effettuate ai sensi dell’articolo 3, co. 34, D. Lgs. n. 163/2006), oltre ai parametri prezzo-qualità delle convenzioni in sede di stipula dei contratti (articolo 8).

 

Quanto all’istituzione della direzione preposta all’acquisto di prodotti e servizi di startup innovative presso la Consip – prevista dall’articolo 13 in esame – si osserva che Consip è una società per azioni del Ministero dell'Economia e delle Finanze, che ne è l'azionista unico. Sebbene tale Società operi secondo gli indirizzi strategici del MEF e svolga un’attività con finalità di interesse e di profilo pubblico disciplinata dalla legge, la sua organizzazione è – in quanto organo avente forma privatistica - disciplinata dal diritto societario. Di norma sono infatti gli statuti delle società a totale partecipazione pubblica che provvedono ad adeguare l’organizzazione interna alle nuove attività e funzioni ad esse eventualmente conferite dalla legge.

Si segnala altresì che le previsioni contenute nell’articolo in esame dovrebbero essere coordinate con le norme recentemente introdotte in materia di acquisto di beni e servizi dal decreto legge n. 52/2012, attualmente all’esame del Senato, il quale disciplina, tra l’altro, i compiti conferiti al Commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa per acquisti di beni e servizi della pubblica amministrazione.

Si osserva, infine, che i commi 2 e 3 non prevedono un termine per l’adozione degli indicati decreti ministeriali e che non appare chiara la portata delle possibili “facilitazioni” per le startup innovative fornitrici della PA la cui disciplina è demandata all’apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.

 


Articolo 14
(Aree a condizioni agevolate per startup innovative)

 

 

L’articolo 14, comma 1, prevede che siano selezionati taluni comuni italiani all’interno dei quali applicare alle start up innovative agevolazioni fiscali e contributive analoghe a quelle previste per le zone franche urbane.

 

Si ricorda che l’articolo 1, comma 340, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) - così come modificato dall’articolo 2, comma 561, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008) e dall’articolo 9, comma 4, del decreto-legge n. 194/2009 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 25 del 2010 - al fine di contrastare i fenomeni di esclusione sociale negli spazi urbani e favorire l’integrazione sociale e culturale delle popolazioni abitanti in circoscrizioni o quartieri delle città caratterizzati da degrado urbano e sociale, ha previsto l’istituzione di Zone Franche Urbane (ZFU) e ha costituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico un apposito Fondo per il finanziamento di programmi di intervento da realizzarsi nelle ZFU.  I successivi commi 341, 341-bis, 341-ter e 341-quater, definiscono le agevolazioni di cui possono beneficiare le ZFU.

In particolare le lettere da a) a d) del citato comma 341 stabiliscono che le piccole e microimprese che iniziano nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2008 e il 31 dicembre 2012 una nuova attività economica nelle zone franche urbane possono fruire:

a) dell’esenzione dalle imposte sui redditi per i primi cinque periodi di imposta. Per i periodi di imposta successivi, l’esenzione è limitata, per i primi cinque al 60 per cento, per il sesto e settimo al 40 per cento e per l’ottavo e nono al 20 per cento. L’esenzione spetta fino a concorrenza dell’importo di euro 100.000 del reddito derivante dall’attività svolta nella zona franca urbana, maggiorato, a decorrere dal periodo di imposta in corso al 1° gennaio 2009 e per ciascun periodo d’imposta, di un importo pari a euro 5.000, ragguagliato ad anno, per ogni nuovo assunto a tempo indeterminato, residente all’interno del sistema locale di lavoro in cui ricade la zona franca urbana;

b) dell’esenzione dall’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), per i primi cinque periodi di imposta, fino a concorrenza di euro 300.000, per ciascun periodo di imposta, del valore della produzione netta;

c) dell’esenzione dall'imposta comunale sugli immobili (ora imposta municipale) a decorrere dall’anno 2008 e fino all’anno 2012, per i soli immobili siti nelle zone franche urbane dalle stesse imprese posseduti ed utilizzati per l’esercizio delle nuove attività economiche;

d) esonero dal versamento dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente, per i primi cinque anni di attività, nei limiti di un massimale di retribuzione definito con decreto del Ministro del lavoro, solo in caso di contratti a tempo indeterminato, o a tempo determinato di durata non inferiore a dodici mesi, e a condizione che almeno il 30 per cento degli occupati risieda nel sistema locale di lavoro in cui ricade la zona franca urbana[56].

Il comma 342, così come modificato dall’art. 2, comma 563, della legge n. 244/2007, ha stabilito che il CIPE, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro della solidarietà sociale (ora Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali), provveda alla definizione dei criteri per l’allocazione delle risorse e per la individuazione e selezione delle ZFU, nonché, successivamente, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, alla perimetrazione delle singole ZFU e alla concessione del finanziamento in favore dei relativi programmi di intervento.

 

Il comma 2 prevede l’individuazione da parte del Ministro dello sviluppo economico di tali comuni tra i capoluoghi di provincia:

a) con un ecosistema ad elevato tasso di sviluppo;

b) con adeguate infrastrutture direzionali e residenziali a costi competitivi;

c) con collegamenti terrestri nazionali ad alta velocità;

d) vicini ad aeroporti internazionali;

e) dotati di grandi imprese, di università e di centri di ricerca.

 

Per le startup innovative insediate nelle aree a condizioni agevolate, i limiti di esenzione fiscale sono fissati annualmente con decreto del Ministro dello sviluppo economico (comma 3) (al riguardo, si valuti la possibilità di inserire il concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze), mentre i limiti di esonero dal versamento dei contributi sono fissati annualmente, per il ciclo temporale successivo alla costituzione o all’insediamento, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali (comma 4).

 

Il comma 5 contiene la clausola di copertura dell’articolo, secondo la quale gli oneri da esso derivanti, qualora non finanziati dal maggior gettito prodotto dalle imposte indirette, sono coperti tramite gli importi derivanti dalla lotta contro l’evasione fiscale.

 

 


Articolo 15
(Finanziamenti per incubatori e sostegni
all’ecosistema delle startup innovative)

 

 

L’articolo 15 riguarda il sostegno agli incubatori, ossia quella particolare tipologia di abilitatori di startup che ne promuove la nascita tramite la selezione di progetti e idee.

Si ricorda che l’articolo 2, comma 1, lettere h) del provvedimento in esame definisce « incubatore » quel particolare abilitatore di startup dedito a favorire la fase di nascita di nuove startup innovative attraverso la selezione di idee, progetti e team di fondatori; fornisce loro formazione, supporto operativo, sede e attrezzature di lavoro; sostiene i neo imprenditori nella fase di nascita della nuova società, affiancando loro mentori o consulenti specializzati. Può sostenere lo sviluppo della startup favorendo la costituzione di relazioni industriali strategiche oppure segnalandole a investitori, investment company e fondi a esso collegati o no. Può investire direttamente nelle startup incubate.

 

A tal fine, il comma 1 istituisce presso il Ministero dello sviluppo economico un fondo rotativo per il finanziamento dei costi di costituzione e di avviamento di incubatori privati e di soggetti che operino in azioni di comunicazione, promozione e formazione di nuova imprenditorialità.

Secondo il comma 2, le voci di spesa non includono la dotazione patrimoniale per il finanziamento delle startup incubate, e sono finanziabili:

-      a fondo perduto per il 50 per cento;

-      a tasso agevolato per il restante 50 per cento.

Il comma 3 prevede la determinazione con decreto del Ministro dello sviluppo economico del massimale di finanziamento, scaglionato sulla base delle tipologie di startup a cui si rivolgono l’incubatore e gli altri soggetti che operano in azioni di comunicazione, promozione e formazione di nuova imprenditorialità.

 


Articolo 16
(Semplificazione delle procedure per l’avvio
di una startup innovativa)

 

 

L’articolo 16 riguarda le procedure per l’avvio delle startup innovative.

Il comma 1 precisa che la costituzione di una startup innovativa avviene attraverso lo sportello unico per le imprese, nei comuni ove esso è istituito, o attraverso la comunicazione elettronica alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

Si segnala che sarebbe più opportuno utilizzare la dicitura di Sportello unico per le attività produttive.

Si ricorda che in Italia l’istituzione degli Sportelli unici per le attività produttive era già prevista presso i Comuni fin dal 1998. In seguito, con l’articolo 38 del decreto-legge 112/2008, convertito dalla legge 133/2008 il Governo è stato delegato a procedere - tramite apposito regolamento e sulla base di specifici principi e criteri - alla semplificazione e al riordino della disciplina dello Sportello unico per le attività produttive. Tale riordino complessivo della disciplina del SUAP è stato effettuato con il regolamento di cui al D.P.R. 160/2010, caratterizzato dall’introduzione dell’esclusivo utilizzo degli strumenti telematici. Si è addirittura scelto di considerare “non idoneo” il SUAP del Comune che non sia in grado di operare esclusivamente per via telematica. Questa decisione consente un’efficacia immediata al regolamento, prevedendo da subito l’attivazione di SUAP telematici presso i Comuni o, in mancanza, presso la Camera di commercio. Allo scopo di garantire al sistema dei SUAP l’effettiva operatività e salvaguardare gli investimenti tecnologici già effettuati dalle Regioni, è stato affidato al portale "impresainungiorno" il compito di facilitare il collegamento con quelli già realizzati dalle Regioni stesse. Tale portale, già collegato al sistema pubblico di connettività (SPC), dovrebbe sopperire anche alle carenze informatiche dei Comuni.

Le camere di commercio istituiscono una sezione specifica nel registro delle imprese per le startup innovative, come disposto dal comma 2.

I commi 3 e 4 prevedono un beneficio fino al compimento del sesto anno di vita per le startup operanti in particolari settori quali:

-      edizione di giochi per computer (codice ATECO 2007 58.21.00);

-      produzione di software non connesso all'edizione (codice ATECO 2007 62.01.00);

 

In base alla classificazione ATECO dell’Istat (cfr. infra per dettagli) con “software non connesso all’edizione” si intendono le attività di scrittura, modifica, verifica, documentazione e assistenza di software.

 

-      ricerca e sviluppo sperimentale nel campo delle altre scienze naturali e dell'ingegneria (codice ATECO 2007 72.19.09).

Si prevede, infatti, che tali imprese possono essere stabilite in qualsiasi sede indipendentemente dalla destinazione d’uso del fabbricato.

Sono fatte salve, comunque, le prescrizioni in materia di sicurezza pubblica.

 

L’indicazione dei settori economici sopra richiamati è effettuata facendo riferimento alla nuova classificazione delle attività economiche ATECO 2007, adottata dall’ISTAT a partire dal 1° gennaio 2008. Tale nuova classificazione scaturisce dall'esigenza di un'unica classificazione di riferimento a livello mondiale definita in ambito ONU e costituisce la versione nazionale della nomenclatura europea (Regolamento n. 1893/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 2006).

La ATECO 2007 fino alla V cifra è stata definita da un apposito Comitato cui hanno partecipato rappresentanti della pubblica amministrazione ed associazioni di categoria, mentre l'estensione alla VI cifra è frutto della collaborazione tra ISTAT, Agenzia delle entrate ed UnionCamere. Nell'ambito dei progetti volti a semplificare gli adempimenti amministrativi, la ATECO 2007 viene adottata quale unica e comune regola di classificazione da parte della pubblica amministrazione.

Attraverso la collaborazione con l'Agenzia delle entrate e le Camere di commercio si è pervenuti ad un'unica classificazione. In tal maniera, il mondo della statistica ufficiale, il mondo fiscale e quello camerale adottano la stessa classificazione delle attività economiche. Tale risultato costituisce un significativo passo in avanti nel processo di integrazione e semplificazione delle informazioni acquisite e gestite dalla pubblica amministrazione.

I codici ATECO 58.21.00, 62.01.00 e 72.19.09 sono relativi, rispettivamente, all’edizione di giochi per computer, alla produzione di software non connesso all’edizione e alla ricerca e sviluppo sperimentale nel campo delle altre scienze naturali e dell’ingegneria.

 

 


Articolo 17
(Riduzione degli oneri previdenziali e sostegno pubblico)

 

 

L’articolo 17, comma 1, prevede l’esenzione totale dal versamento degli oneri contributivi e previdenziali per i primi tre anni di attività per le nuove imprese startup innovative con fatturato inferiore a 1 milione di euro.

 

Si segnala l’opportunità di chiarire se il fatturato sia da riferirsi complessivamente al primo triennio di attività o debba essere considerato su base annuale.

Allo stesso tempo, la sottoposizione dell’esenzione al mancato raggiungimento di una specifica somma in termini di fatturato per i primi 3 anni di attività, pone problemi in ordine all’individuazione di tale grandezza nel corso del primo anno di attività, essendo verificabile solamente alla pubblicazione del bilancio d’esercizio.

Al riguardo, appare opportuno introdurre una norma volta a definire le modalità di calcolo del fatturato nel corso del primo anno di attività ai fini della fruizione della richiamata esenzione.

 

Il successivo comma 2 dispone la possibilità, per gli enti pubblici, di mettere gratuitamente a disposizione delle stesse imprese immobili per un periodo non superiore a dieci anni.

 


Articolo 18
(Incentivi fiscali all'apprendistato nel settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione)

 

 

L’articolo 18, al fine di promuovere l'occupazione giovanile nel settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, prevede uno sgravio contributivo pari al 100 per cento della contribuzione dovuta ai sensi dell'articolo 1, comma 773 (e non 73 come erroneamente indicato nel testo dell’articolo), quinto periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per i contratti di apprendistato stipulati fino al 31 dicembre 2016 dalle startup rientranti nei codici ATECO 2007: 58.21.00, 62.01.00 e 72.19.09.

 

Il comma 773 dell’articolo 1 della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007) prevede la rideterminazione delle aliquote contributive dovute dai datori di lavoro di apprendisti, portandola complessivamente al 10 per cento della retribuzione imponibile ai fini previdenziali. In particolare, per i datori di lavoro che occupano alle dipendenze un numero di addetti pari o inferiori a nove, il quinto periodo del comma 773 riduce, per i contratti di apprendistato, l’aliquota a 8,5 per cento per i periodi contributivi maturati nel primo anno e a 7 per cento per i periodi contributivi maturati nel secondo anno di contratto, lasciando al 10 per cento l’aliquota per i periodi contributivi maturati negli anni di contratto successivi al secondo.

La norma in esame prevede uno sgravio totale per queste ultime fattispecie a decorrere dal 1° gennaio 2013, per i contratti di apprendistato stipulati fino al 31 dicembre 2016.

Per individuare le attività interessate dagli sgravi contributivi la norma fa riferimento ai codici ATECO 2007 ai quali corrispondono l’edizione di giochi per computer, la produzione di software non connesso all’edizione e la ricerca e sviluppo sperimentale nel campo delle altre scienze naturali e dell’ingegneria.

 

Per la definizione dei codici ATECO cfr. sopra scheda relativa all’articolo 16

 


Articolo 19
(Riduzione dell’imposta regionale sulle attività produttive per le aziende che investono per la formazione del proprio personale sui nuovi media e tecnologie)

 

 

L’articolo 19, al comma 1, propone l’introduzione di una riduzione dell’IRAP del 20 per cento sui lavoratori delle piccole e medie imprese impegnati in attività di formazione.

 

Stante la formulazione generica della norma in commento ed il riferimento ai “lavoratori” di determinate categorie di imprese, occorrerebbe chiarire - come appare plausibile dal tenore letterale della disposizione in esame -  se essa è riferita all’aumento della quota deducibile ai fini IRAP del costo del lavoro, ovvero se la riduzione riguardi l’aliquota o l’imposta lorda dovuta.

La disposizione in esame non chiarisce inoltre a quali rapporti di lavoro essa sia riferibile.

 

L’Imposta Regionale sulle Attività Produttive – IRAP, istituita e disciplinata dal decreto legislativo 15 dicembre 1997 n.446[57], ha come presupposto(articolo 2 del D.Lgs. 446/1997) l'esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata, diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi. Anche l'attività così esercitata dalle società e dagli enti, compresi gli organi e le amministrazioni dello Stato, costituisce presupposto di imposta. Soggetti passivi sono infatti le persone fisiche, le società e gli enti (privati e pubblici) che esercitano la suddetta attività (articolo 3).

La base imponibile (articolo 4) è il valore della produzione netta realizzato nel territorio di ciascuna regione, che viene determinato secondo regole differenziate per tipi di attività e soggetti passivi.

Per quanto riguarda l’attività di impresa, il valore della produzione netta è dato dalla differenza tra proventi e costi della cd. “gestione ordinaria” (rispettivamente, i valori da inserire nel conto economico ai sensi delle lettere A e B dell’articolo 2425 c.c), fatto salvo il costo del personale e alcune partite espressamente indicate dalla legge.

Sono previste regole specifiche di determinazione dell’imponibile per determinate categorie produttive, tra cui le imprese che operano nel settore bancario e assicurativo, alle quali si applica anche un’aliquota più elevata di quella ordinaria. Anche per i produttori agricoli titolari di reddito agrario la legge prescrive apposite regole di determinazione dell’imponibile; analoga considerazione vale per i lavoratori autonomi (articolo 8 del d.lgs. 446/1997) e per gli enti privati non commerciali (articolo 10, comma 1) e per organi e alle amministrazioni dello Stato, alle regioni, alle province, ai comuni e agli enti pubblici non commerciali. Ove le predette amministrazioni svolgano anche attività commerciali, possono optare per la determinazione della base imponibile relativa a tali attività.

L’articolo 11 del decreto legislativo n. 446/1997 reca disposizioni in materia di deduzioni IRAP ai fini della determinazione della base imponibile. Nel dettaglio sono previste alcune deduzioni generali, il cui importo è stabilito per scaglioni di valore netto di produzione, e ulteriori deduzioni di natura più specifica che spettano in presenza di determinate condizioni o requisiti (quali, ad esempio, il numero dei lavoratori dipendenti).

L’aliquota ordinaria (inizialmente fissata al 4,25 per cento) ammonta al 3,9 per cento.

 

Si ricorda in proposito che l’articolo 2 del D. L. n. 201 del 2011 ha reso integralmente deducibile ai fini delle imposte dirette (IRES e IRPEF), a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2012, la quota di IRAP relativa al costo del lavoro; introducendo altresì agevolazioni IRAP per l’assunzione di lavoratrici e giovani di età inferiore ai 35 anni.

In sintesi, le richiamate norme hanno innalzato l’importo deducibile per i lavoratori a tempo indeterminato di sesso femminile, nonché per quelli di età inferiore ai 35 anni, con particolare riferimento ai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato impiegati nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia,

 

In ragione delle osservazioni formulate supra, occorrerebbe chiarire come le disposizioni in commento si raccordino alle citate norme del D. L. n. 201 del 2011.

 

Il comma 2 affida a un decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, la definizione dei criteri e delle tipologie di formazione validi per la concessione dell’agevolazione in commento.

 

Sotto il profilo della formulazione del testo, si segnala che la rubrica dell’articolo 19 prevede che l’agevolazione sia rivolta alle imprese che “investono per la formazione del proprio personale sui nuovi media e tecnologie”, specificazione non contenuta nella norma in commento. 


Articolo 20
(Detassazione dei ricavi del commercio elettronico internazionale
delle micro e piccole imprese)

 

 

L’articolo 20 dispone che, a titolo sperimentale per il triennio 2012-2014, i redditi generati dalla cessione di beni e di servizi in favore di soggetti esteri da parte di microimprese e di piccole imprese italiane, come definite dalla raccomandazione n. 2003/361/CE della Commissione del 6 maggio 2003, non concorrono, nella misura di un terzo, alla determinazione del reddito imponibile di impresa.

Tale agevolazione si applica a decorrere dall'anno fiscale in corso al 31 dicembre 2012 nel caso che ricorrano le seguenti condizioni:

a)  le operazioni di cessione sono avvenute tramite piattaforme di commercio elettronico in favore di un soggetto non italiano;

b)  il pagamento relativo alle operazioni di cui alla lettera a) è avvenuto tramite strumenti di pagamento elettronico che garantiscono la piena tracciabilità delle transazioni;

c)  ciascuna operazione deve avere un importo inferiore a 5.000 euro.

 

Il comma 3 rinvia all’emanazione di un decreto attuativo del Ministro dell'economia e delle finanze, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge,

 

Si ricorda che le PMI e microimprese sono definite dalle seguenti soglie[58]:

§       media impresa: occupa meno di 250 persone, realizza un fatturato annuo non superiore ai 50 milioni di euro oppure un totale di bilancio annuo non superiore ai 43 milioni di euro;

§       piccola impresa: occupa meno di 50 persone, realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore ai 10 milioni di euro;

§       microimpresa: occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di euro

 

Si segnala, da ultimo, che la direttiva 2012/6/UE prevede la creazione di un contesto semplificato di informativa finanziaria per le microentità, vale a dire le società di dimensioni inferiori con riferimento allo stato patrimoniale e al volume di affari. Al fine di non imporre a loro carico un onere non proporzionato alle loro dimensioni, la direttiva esonera le microentità da alcuni obblighi (calcolo di alcune voci, pubblicazione dei conti annuali, presentazione della relazione annuale, ecc). Inoltre si prevede la possibilità per le microentità di redigere stati patrimoniali e conti economici in forma abbreviata.

L’esigenza di introdurre un sottogruppo di microimprese, le cosiddette «microentità», - per includere le società con criteri dimensionali inferiori, rispetto a quelli previsti per le microimprese, per quanto riguarda il totale dello stato patrimoniale e l'importo netto del volume di affari - è emersa in considerazione del fatto che i criteri dimensionali per le microimprese contenuti nella raccomandazione n. 2003/361/CE sopra citata potrebbero essere troppo elevati a fini contabili.

 

 

 


Articolo 21
(Semplificazione della normativa relativa
al commercio elettronico diretto)

 

 

L’articolo 21 novella il D.P.R. n. 633 del 1972 (Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto), introducendo l’articolo 74-sexies in tema di semplificazioni fiscali concernenti le prestazioni di commercio elettronico diretto regolate con l'intervento di intermediari finanziari abilitati.

 

            Misure analoghe a quelle della disposizione in commento sono contenute all’articolo 5 dell’A.C. 4891.

 

In particolare, il comma 1 esenta le prestazioni di commercio elettronico diretto, regolate con l'intervento di intermediari finanziari abilitati, dall’obbligo di emissione della fattura, salvo che sia richiesta dal cliente.

 

I corrispettivi relativi alle prestazioni indicate al comma 1 devono essere annotati nel registro di cui all'articolo 24, con le modalità e nel termine ivi stabiliti.

Nella determinazione dell'ammontare giornaliero dei corrispettivi devono essere computati anche quelli relativi alle prestazioni indicate al comma 1 effettuate con emissione di fattura, includendo nel corrispettivo anche l'imposta.

 

L’articolo 24 del D.P.R. n. 633 del 1972 prevede che i commercianti al minuto e gli altri contribuenti ad essi assimilati dall'articolo 22, in luogo dell’annotazione entro 15 giorni in un apposito registro delle fatture emesse, possono annotare in apposito registro, relativamente alle operazioni effettuate in ciascun giorno, l'ammontare globale dei corrispettivi delle operazioni imponibili e delle relative imposte, nonché l'ammontare globale dei corrispettivi delle operazioni non imponibili e quello delle operazioni esenti ivi indicate. L'annotazione deve essere eseguita, con riferimento al giorno in cui le operazioni sono effettuate, entro il giorno non festivo successivo.

 

L’articolo 1 del D.P.R. n. 633 del 1972 stabilisce che l'imposta sul valore aggiunto IVA si applica sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell'esercizio di imprese o nell'esercizio di arti e professioni e sulle importazioni da chiunque effettuate.

 


Articolo 22
(Riduzione dell'IVA per i prodotti multimediali digitali)

 

 

L’articolo 22 estende il regime speciale IVA previsto per il settore dell’editoria alla cessione in formato elettronico dei prodotti editoriali definiti dall'articolo 1 della legge 7 marzo 2001, n. 62.

Il regime speciale per il settore dell’editoria è dettato dall’articolo 74, comma 1, lettera c) del DPR n. 633 del 1972. La disciplina in questione si caratterizza per l’applicazione di un’imposta “monofase”, condensata in capo ad un unico soggetto passivo, la quale assorbe quella inerente ad ogni altra operazione relativa al commercio delle pubblicazioni. Si stabilisce, infatti, che per il commercio di giornali quotidiani, di periodici, di libri, dei relativi supporti integrativi e di cataloghi, l'imposta è corrisposta, con aliquota del 4%, dagli editori sulla base del prezzo di vendita dell'imposta al pubblico, in relazione al numero delle copie vendute. In alternativa, l'imposta può essere applicata in relazione al numero delle copie o consegnate o spedite, diminuito della resa forfetaria del 60 per cento per i libri e per i giornali cataloghi, quotidiani e periodici, esclusi quelli pornografici e ceduti con supporti integrativi o altri beni. L’articolo 52, comma 75 della legge n. 388/2001 ha portato al 70% per i libri e dell’80% per i giornali quotidiani e periodici la diminuzione della resa forfetaria in questione.

Si ricorda, al riguardo, che nel documento finale sul Libro verde IVA approvato il 18 ottobre 2011, la VI Commissione finanze ha formulato alcune indicazioni sui criteri di riforma dell’IVA, tra le quali si ricorda l'armonizzazione del regime IVA dei prodotti culturali, mediante applicazione dell'aliquota ridotta anche ai prodotti musicali e agli audiovisivi, nonché ai prodotti dell'editoria elettronica e agli audiolibri, che sono attualmente soggetti ad un trattamento fiscale deteriore rispetto ad altri prodotti di analogo rilievo culturale.

Ai sensi del comma 2, tale regime si applica, altresì, alla cessione dei diritti di fruizione, sia temporanea che a titolo definitivo, relativi a qualsiasi tipologia di produzione multimediale digitale, distribuita attraverso reti di comunicazione elettronica.

 


Articolo 23
(Misure di sostegno fiscale alle aziende video ludiche italiane:
credito d’imposta e detrazione degli utili reinvestiti)

 

 

L’articolo 23 intende introdurre alcune agevolazioni fiscali in favore delle aziende che operano nel settore del software video ludico.

 

Si osserva preliminarmente che la disposizione in esame non specifica cosa si intenda per “software video ludico”, né demanda ad alcun provvedimento secondario la delimitazione dell’ambito soggettivo delle agevolazioni in esame.

 

In considerazione dell’alto tasso di innovazione tecnologica e digitalizzazione del settore del software video ludico e allo scopo di incentivarne lo sviluppo e di favorirne gli investimenti, i commi da 1 a 4 prevedono l’introduzione di un credito di imposta in favore dei soggetti che operano nella filiera del software video ludico, con le seguenti modalità:

§      in favore delle imprese di produzione di software video ludico, pari al 15 per cento del costocomplessivo di produzione delle opere video ludiche realizzate nel territorio italiano, fino all’ammontare massimo di 2.500.000 euro, per l’anno 2012 e per i due esercizi successivi (comma 1);

§      in favore delle imprese di distribuzione, pari al 10 per cento delle spese complessivamente sostenute per la distribuzione nazionale di opere realizzate nel territorio italiano ed espresse in lingua originale italiana quale prima lingua, con un limite massimo annuo di 1.500.000 euro per ciascun periodo d’imposta (comma 2).

In assenza di specificazioni sul periodo di applicazione del credito d’imposta di cui al comma 2, dal tenore letterale della norma tale credito d’imposta sembrerebbe essere introdotto a regime; in merito si rileva che l’articolo 37 della proposta in esame prevede una copertura finanziaria degli oneri derivanti dal provvedimento soltanto fino all’anno 2014;

§      in favore delle persone fisiche titolari di reddito di impresa, non appartenenti al settore del software video ludico, ma associati in partecipazione (ai sensi dell’articolo 2549 del codice civile), per gli anni 2012, 2013 e 2014 misura del 40 per cento, fino all’importo massimo di 500.000 euro per ciascun periodo d’imposta, commisurato all’apporto in denaro effettuato per la produzione di opere video ludiche realizzate nel territorio italiano. Il beneficio si applica anche ai contratti di cointeressenza agli utili di una impresa senza partecipazione alle perdite di cui all’articolo 2554 del codice civile (comma 3).

 

Il comma 4 specifica che i predetti crediti d’imposta non concorrono alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini IRAP; non rilevano ai fini della determinazione della percentuale di deducibilità degli interessi passivi a fini IRES, di cui all’articolo 96 del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR)[59], né rispetto ai criteri di inerenza per la deducibilità delle spese, di cui all’articolo 109, comma 5, del medesimo TUIR; sono utilizzabili in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

 

L’articolo 96 del TUIR, richiamato dalla norma in esame, disciplina i criteri di deducibilità degli interessi passivi per i soggetti IRES. Si segnala che l’articolo 61 del TUIR, non richiamato dalla norma in esame, reca una analoga disposizione concernente la deducibilità degli interessi passivi per i soggetti IRPEF. Si segnala che, al fine di coordinare la disposizione in esame con quanto previsto al comma 3 (che attribuisce un credito d’imposta anche alle persone fisiche titolari di reddito d’impresa), sembrerebbe opportuno inserire un riferimento anche al predetto articolo 61.

 

Inoltre, la disposizione subordina l’efficacia dei crediti d’imposta alla preventiva autorizzazione della Commissione europea, che deve essere richiesta dal Ministro per i beni e le attività culturali.

 

Si segnala che il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, nello stabilire in via generale il divieto di aiuti di Stato tali da alterare la concorrenza (art. 107) prevede una procedura di autorizzazione da parte della Commissione europea di quegli aiuti che possano essere ritenuti, in deroga, compatibili con il mercato interno (art. 108). Si ricorda tuttavia che con il regolamento 800/2008 sono stati ritenuti compatibili con il mercato interno tutti gli aiuti riconducibili a determinate categorie, tra le quali rientrano anche “gli aiuti alla ricerca, sviluppo e innovazione”

 

Si prevede infine che le agevolazioni possano essere fruite esclusivamente in relazione agli investimenti realizzati e alle spese sostenute successivamente alla data della suddetta decisione di autorizzazione.

 

I commi 5 e 6 intendono escludere dalle imposte dirette, per il periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2012 e per i due periodi successivi, le seguenti somme:

§      gli utili dell’esercizio accantonati dalle imprese di sviluppo di software video ludico, in regime di contabilità ordinaria, e investiti negli esercizi successivi nella produzione di opere video ludiche; tale agevolazione è alternativa – e come tale non cumulabile - con i crediti d’imposta di cui ai già commentati commi 1, 2, 3 e 4, con riguardo alla medesima opera video ludica (comma 5):

§      le somme investite da persone fisiche o giuridiche in quote di fondi mobiliari chiusi o in società di investimento di venture capital e dedicati alle imprese del settore video ludico ad alto contenuto tecnologico, per una somma pari al 30 per cento del reddito medesimo e fino a un importo massimo pari a 500.000 euro.

 

Infine, il comma 7 riconosce, per gli anni 2013 e 2014, un credito d’imposta in favore delle imprese che finanziano progetti di ricerca dedicati al settore del software video ludico delle università o degli enti pubblici di ricerca.

Si rimanda - in quanto compatibili – al credito d’imposta per la ricerca scientifica istituito dall’’articolo 1 del D. L. n. 70 del 2011.

 

La richiamata disposizione ha istituito, per gli anni 2011 e 2012, un credito d’imposta in favore delle imprese che finanziano progetti di ricerca in Università o enti pubblici di ricerca (anche in associazione, in consorzio, in joint venture ecc. con altre qualificate strutture di ricerca, anche private, di equivalente livello scientifico) ovvero altre strutture individuate con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari.

Il credito di imposta compete in tre quote annuali a decorrere da ciascuno degli anni 2011 e 2012 per l’importo percentuale che eccede la media degli investimenti in ricerca effettuati nel triennio 2008-2010. Resta ferma l’integrale deducibilità degli investimenti in progetti di ricerca dall’imponibile delle imprese.

Con il provvedimento dell’Agenzia delle entrate del 9 settembre 2011 sono state dettate le disposizioni applicative del richiamato credito d’imposta.

 


Articolo 24
(Credito d'imposta per promuovere
l'offerta
on line di opere dell'ingegno)

 

 

L’articolo 24 istituisce, per gli anni 2012, 2013 e 2014, un credito d’imposta del 25 per cento dei costi sostenuti a favore delle imprese che sviluppano nel territorio italiano piattaforme telematiche per la distribuzione, la vendita e il noleggio di opere dell'ingegno digitali. L’agevolazione è riconosciuta nel limite di spesa di 10.000.000 di euro annui e fino a esaurimento delle risorse disponibili.

 

L’articolo 24, al fine di migliorare l'offerta legale di opere dell'ingegno mediante le reti di comunicazione elettronica, riconosce un credito d'imposta del 25 per cento dei costi sostenuti, nel rispetto dei limiti della regola de minimis, di cui al regolamento (CE) n. 1998/2006 della Commissione, del 15 dicembre 2006, alle imprese che sviluppano nel territorio italiano piattaforme telematiche per la distribuzione, la vendita e il noleggio di opere dell'ingegno digitali.

 

Il trattato istitutivo dell'Unione Europea vieta gli aiuti concessi dagli Stati alle imprese sotto qualsiasi forma in quanto incompatibili con il mercato comune. Si presume infatti che tali aiuti, favorendo alcune imprese o alcune produzioni, possano falsare la concorrenza (articolo 107 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea - TFUE, ex articolo 87 del Trattato che istituisce la Comunità europea - TCE).

L'articolo 108, paragrafo 3  del TFUE (ex articolo 88, paragrafo 3, TCE) contempla l'obbligo di notificare gli aiuti di Stato alla Commissione europea al fine di stabilirne la compatibilità con il mercato comune sulla base dei criteri dell'articolo 107, par. 1 TFUE (ex articolo 87, paragrafo 1, TCE). Alcune categorie di aiuti possono tuttavia essere dispensate dall'obbligo di notifica in virtù del regolamento (CE) n. 994/98.

La norma de minimis, estesa dal regolamento (CE) n. 1998/2006, prevede una deroga per le sovvenzioni di importo minimo. Essa stabilisce una soglia al di sotto della quale gli aiuti non rientrano più nel campo di applicazione dell'articolo 87, paragrafo 1, e sono pertanto dispensati dalla procedura di notifica di cui all'articolo 88, paragrafo 3.

Gli aiuti concessi su un periodo di tre anni e che non superano, per ciascuna impresa, la soglia dei 200.000 euro non vengono considerati aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 1, TFUE. Per il settore del trasporto su strada, è contemplata una specifica soglia di 100.000 euro. Il periodo di tre anni da prendere in considerazione corrisponde oramai a tre esercizi finanziari. La soglia iniziale di 100.000 euro prevista dal regolamento (CE) n. 69/2001 è stata così raddoppiata.

Onde prevenire abusi, il regolamento si applica unicamente agli aiuti de minimis trasparenti. Un aiuto si definisce trasparente qualora sia possibile determinarne in precedenza l'importo preciso, senza necessità di effettuare un'analisi del rischio.

Sono pertanto considerati trasparenti:

·         gli aiuti sotto forma di prestiti il cui importo è calcolato sulla base dei tassi d'interesse praticati sul mercato al momento della concessione dell'aiuto;

·         gli aiuti sotto forma di conferimenti di capitale quando l'importo totale dell'apporto pubblico è inferiore alla soglia de minimis;

·         gli aiuti sotto forma di misure a favore del capitale di rischio ove il regime relativo al capitale di rischio interessato preveda apporti di capitali per un importo non superiore alla soglia de minimis per ogni impresa destinataria;

·         gli aiuti sotto forma di garanzie di prestiti se la parte del prestito non supera 1,5 milioni di euro (750.000 euro nel settore del trasporto su strada). I paesi dell’Unione europea (UE) possono tuttavia concedere garanzie per prestiti superiori a 1,5 milioni di euro dimostrando, sulla base di un metodo accettato dalla Commissione, che la parte di aiuto contenuta nella garanzia non supera i 200.000 euro.

Dal campo di applicazione del regolamento sono esclusi il settore della pesca e dell'acquacoltura, la produzione primaria dei prodotti agricoli, gli aiuti all'esportazione, gli aiuti che favoriscono i prodotti nazionali, il settore carboniero, gli aiuti destinati all'acquisto di veicoli per il trasporto e gli aiuti alle imprese in difficoltà.

Il regolamento si applica agli aiuti concessi alle imprese di tutti gli altri settori coprendo quindi il settore dei trasporti e, a determinate condizioni, quello della trasformazione e della commercializzazione dei prodotti agricoli.

I paesi dell’UE sono tenuti a garantire che l'importo totale degli aiuti concessi ad un'impresa su un periodo di tre esercizi finanziari in qualità di aiuti de minimis non superi i 200.000 euro. Nel concedere un aiuto de minimis, i paesi dell’UE devono peraltro comunicare all'impresa l'importo dell'aiuto concessole precisando che si tratta di un aiuto de minimis e facendo esplicitamente riferimento al regolamento (CE) n. 1998/2006.

 

Il credito d’imposta spetta in relazione ai costi sostenuti per ciascuno degli anni 2012, 2013 e 2014, nel limite di spesa di 10.000.000 di euro annui e fino a esaurimento delle risorse disponibili. L’agevolazione non concorre alla formazione della base imponibile ai fini delle imposte sul reddito e dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).

Si segnala l’opportunità di prevedere che il credito d’imposta debba essere indicato nella dichiarazione dei redditi.

Il credito d’imposta non rileva, inoltre, ai fini della determinazione della percentuale di deducibilità degli interessi passivi, di cui all’articolo 61 del Testo unico delle imposte sui redditi (D.P.R.  n. 917 del 1986), né rispetto ai criteri di inerenza per la deducibilità delle spese, di cui all’articolo 109, comma 5, del medesimo TUIR.

L’articolo 61 del TUIR disciplina la percentuale di deducibilità degli interessi passivi dal reddito d’impresa. Tale quota è pari al rapporto tra i ricavi e gli altri proventi che concorrono a formare il reddito e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi. L’articolo 109, comma 5, del TUIR prevede che le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, siano deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi. Se si riferiscono indistintamente ad attività o beni produttivi di proventi computabili e ad attività o beni produttivi di proventi non computabili in quanto esenti nella determinazione del reddito, sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto di cui ai commi 1, 2, e 3 dell'articolo 96.

L’articolo 61 del TUIR, richiamato dalla norma in esame, disciplina i criteri di deducibilità degli interessi passivi per i soggetti IRPEF. Si segnala che l’articolo 96 del TUIR, non richiamato dalla norma in esame, reca una analoga disposizione concernente la deducibilità degli interessi passivi per i soggetti IRES.

L'agevolazione non è rimborsabile, ma non limita il diritto al rimborso di imposte spettante ad altro titolo. L'eventuale eccedenza è utilizzabile in compensazione, secondo le norme generali in materia di compensazione dei crediti tributari dettata dall'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, a decorrere dal mese successivo al termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta con riferimento al quale il credito è concesso.

Ai sensi del comma 1 del citato articolo 17, i contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all’INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche dei redditi. Tale compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva.

 


Articolo 25
(Obblighi e responsabilità)

 

 

L’articolo 25 riguardagli obblighi e le responsabilità della Pubblica Amministrazione (PA), per garantire l’accessibilità dei sistemi informatici pubblici[60] alle persone disabili, deboli e svantaggiate.

La norma in esame stabilisce che l’accessibilità è principio fondamentale del Piano triennale per la digitalizzazione della PA (comma 1).

 

Il piano triennale 2010-2012 è contenuto nella deliberazione n. 131/2011 del 9 novembre 2011 della DigitPa, istituita dal decreto legislativo 1 dicembre 2009, n. 177 recante "Riorganizzazione del Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA) (cfr. supra).

 

Per attuare tale principio, un decreto del Ministro per la PA individua (comma 2):

a)  le iniziative previste  per l’inclusione digitale delle persone disabili e delle categorie deboli e svantaggiate;

b)  le modalità di monitoraggio dei siti internet dellaPA in favore dei soggetti disabili come indicati dall’articolo 3 della legge n. 4 del 2004, anche avvalendosi del portale per le segnalazioni del cittadino accessibile.gov.it;

 

Il sito “accessibile.gov.it” è il sito internet dell’Osservatorio sull’accessibilità dei servizi erogati dalle pubbliche amministrazioni istituito presso il Formez dalla Presidenza del Consiglio allo scopo di monitorare l’accessibilità alle informazioni e alla piena fruibilità dei servizi offerti: on line dalle Pubbliche Amministrazioni.

 

 

d)      le competenze e la composizione di un gruppo di lavoro permanente sulle tematiche dell’accessibilità informatica[61].

 

Sono previsti altresì i seguenti obblighi e sanzioni(commi 3 e 4):

-                 un termine di 90 giorni per la PA[62], al fine di adeguare i propri siti internet;

-                 l’inerzia della PA determina: a) la valutazione del personale responsabile e la riduzione dei fondi specifici, b) la responsabilità dirigenziale e disciplinare[63], ferme restando le eventuali responsabilità penali e civili.

 

 


Articolo 26
(Modifiche al codice dell'amministrazione digitale,
di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82)

 

 

L’articolo 26 reca, al comma 1, una serie di puntuali modifiche al Codice dell’amministrazione digitale (D.L.gs. 7 marzo 2005, n. 82)

In prima battuta viene novellato il comma 1 dell'art. 12 (Norme generali per l'uso delle tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni nell'azione amministrativa), in modo da inserire nel quadro legislativo entro cui deve trovare attuazione la digitalizzazione dell’azione amministrativa, il rispetto dei princìpi di eguaglianza e di non discriminazione.

L'art. 13, concernente la formazione informatica dei dipendenti pubblici, viene modificato al fine di favorire politiche di formazione del personale finalizzate anche alla conoscenza delle problematiche relative all'accessibilità e alle tecnologie assistive di cui alla legge n. 4/2004.

 

La L. 9 gennaio 2004 n. 4 (Disposizioni per favorire l'accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici), all’art. 8, relativo alla formazione del personale, stabilisce che tutte le amministrazioni tenute a garantire il diritto di accesso ai servizi informatici e telematici della pubblica amministrazione e ai servizi di pubblica utilità da parte delle persone disabili, nell'ambito delle attività di formazione e aggiornamento nonché dei corsi di formazione organizzati dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione, e nell'ambito delle attività per l'alfabetizzazione informatica dei pubblici dipendenti, inseriscono tra le materie di studio a carattere fondamentale le problematiche relative all'accessibilità e alle tecnologie assistive.

Si ricorda, inoltre, che, ai sensi dell’art. 2 della medesima legge, per accessibilità s’intende la capacità dei sistemi informatici, nelle forme e nei limiti consentiti dalle conoscenze tecnologiche, di erogare servizi e fornire informazioni fruibili, senza discriminazioni, anche da parte di coloro che a causa di disabilità necessitano di tecnologie assistive o configurazioni particolari; per tecnologie assistive s’intendono, poi, gli strumenti e le soluzioni tecniche, hardware e software, che permettono alla persona disabile, superando o riducendo le condizioni di svantaggio, di accedere alle informazioni e ai servizi erogati dai sistemi informatici.

 

All'articolo 23-ter viene aggiunto un nuovo comma 5-bis in virtù del quale i documenti amministrativi informatici devono essere fruibili indipendentemente dalla condizione di disabilità personale, applicando i criteri di accessibilità definiti dai requisiti tecnici di cui all'art. 11 della predette legge n. 4/2004.

 

Per documenti amministrativi informatici s’intendono gli atti formati dalle pubbliche amministrazioni con strumenti informatici che costituiscono informazione primaria e originale da cui è possibile effettuare, così, duplicazioni e copie per gli usi consentiti ex lege.

Il citato art. 11 si limita a rimettere al Ministro per l'innovazione e le tecnologie, consultate le associazioni delle persone disabili maggiormente rappresentative, la competenza a stabilire, con proprio decreto e nel rispetto dei criteri e dei princìpi indicati dal regolamento di attuazione della stessa legge 4/2004, le linee guida recanti i requisiti tecnici e i diversi livelli per l'accessibilità nonché le metodologie tecniche per la verifica dell'accessibilità dei siti internet insieme ai programmi di valutazione assistita utilizzabili a tale fine.

In attuazione di quanto sopra disposto è stato emanato il D.M. 8 luglio 2005 (Requisiti tecnici e i diversi livelli per l'accessibilità agli strumenti informatici).

 

Avuto particolare riguardo al contenuto dei siti delle pubbliche amministrazioni, l'art. 54, comma 4, viene modificato allo scopo di stabilire che le amministrazioni garantiscano che le informazioni contenute sui siti siano accessibili, conformi e corrispondenti alle informazioni contenute nei provvedimenti amministrativi originali dei quali si fornisce comunicazione tramite lo stesso sito.

L’art 57 (Moduli e formulari), al comma 1 viene ritoccato in modo da prevedere che le pubbliche amministrazioni provvedono a definire e a rendere disponibili per via telematica, nel rispetto dei requisiti tecnici di accessibilità ex art. 11, L. n. 4/2004, l'elenco della documentazione richiesta per i singoli procedimenti, i moduli e i formulari validi ad ogni effetto di legge, anche ai fini delle dichiarazioni sostitutive di certificazione e delle dichiarazioni sostitutive di notorietà

Allo stesso modo viene novellato l'art. 71 ove al comma 1-ter, si stabilisce che le regole tecniche previste CAD sono dettate in conformità ai requisiti tecnici di accessibilità ex art. 11, L. n. 4/2004, alle discipline risultanti dal processo di standardizzazione tecnologica a livello internazionale ed alle normative dell'Unione europea.

Il comma 2 dell’articolo in esame integra, infine, l'art. 32, comma 1, della legge n. 69/2009[64], in tema di eliminazione degli sprechi relativi al mantenimento di documenti in forma cartacea, stabilendo che la pubblicazione è effettuata nel rispetto dei princìpi di eguaglianza e di non discriminazione, applicando i requisiti tecnici di accessibilità di cui all'articolo 11 della legge 9 gennaio 2004, n. 4.


Articolo 27
(Accessibilità dei testi scolastici)

 

 

L’articolo 27 riguarda l’accessibilità dei testi scolastici (nella rubrica), ovvero del materiale didattico e formativo (nel testo). A tal fine, interviene nell’ambito attualmente regolato dalla legge n. 4 del 2004, che reca disposizioni per favorire l'accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici, già applicabili, ai sensi dell’art. 3, comma 1, alle scuole di ogni ordine e grado.

In particolare, novella l’articolo 5, comma 2, che attualmente fa riferimento alle convenzioni stipulate tra il MIUR e le associazioni di editori, per la fornitura di libri alle biblioteche scolastiche, disponendo che, in tale ambito, è prevista la fornitura di copie su supporto digitale degli strumenti didattici fondamentali, accessibili agli alunni disabili e agli insegnanti di sostegno.

Il testo in esame amplia tale previsione, disponendo che il materiale didattico e formativo utilizzato nelle scuole di ogni ordine e grado (dunque, non solo i libri) è soggetto a:

-             obbligo di deposito legale ai fini della costituzione dell'archivio nazionale della produzione editoriale (di cui all’articolo 3 del D.P.R. n. 252/2006);

-             obbligo di deposito della versione digitale accessibile agli alunni disabili, ai sensidel DM 30 aprile 2008. La versione digitale deve avere un prezzo non superioredi quello previsto per la versione cartacea.

 

In relazione al primo obbligo, si ricorda che il DPR 252 del 2006 disciplina il deposito legale dei documenti di interesse culturale destinati all'uso pubblico, in attuazione della L. 106 del 2004. In particolare, l’art. 1 della legge dispone che, al fine di conservare la memoria della cultura e della vita sociale italiana sono oggetto di deposito obbligatorio i documenti destinati all'uso pubblico e fruibili mediante la lettura, l'ascolto e la visione, qualunque sia il loro processo tecnico di produzione, di edizione o di diffusione, compresi i documenti finalizzati alla fruizione da parte di portatori di handicap.

Il deposito legale è diretto a costituire l'archivio nazionale e regionale della produzione editoriale (al primo dei quali fa riferimento l’art. 3 del DPR 252/2006). Fra le tipologie di documenti soggetti all’obbligo, vi sono, ai sensi dell’art. 4 - per quanto qui più direttamente interessa - libri[65], opuscoli, carte geografiche, atlanti, musica a stampa, documenti fotografici, documenti sonori e video, documenti diffusi su supporto informatico. Ai sensi dell’art. 3, i soggetti obbligati al deposito legale sono l'editore, il tipografo, ove manchi l'editore, il produttore o il distributore di documenti non librari o di prodotti editoriali similari, il Ministero per i beni e le attività culturali, nonché il produttore di opere filmiche.

Con riferimento al secondo obbligo, si ricorda che, in base all’art. 1, comma 1, lett. c), del DM 30 aprile 2008, per strumenti didattici e formativi si intendono i programmi informatici e documenti in formato elettronico usati nei processi di istruzione e apprendimento. Sono tali, ad esempio, il software didattico e i documenti elettronici, compresi i libri di testo, prodotti anche con programmi applicativi diversi dal software didattico, usati come strumenti di lavoro nell'attività scolastica. Ai sensi della lett. d), per software didattico si intendono i programmi applicativi informatici finalizzati espressamente a supportare gli apprendimenti e deliberatamente realizzati con tale finalità. Sono tali, ad esempio, i programmi basati sull'alternanza spiegazione-verifica (tutoriali), e quelli basati sullo schema: domanda-risposta-verifica (eserciziari), gli ambienti aperti orientati alla costruzione autonoma del sapere (in cui si perseguono specifici obiettivi di apprendimento senza vincolare lo studente con esplicite richieste), i programmi per effettuare prove o valutazioni, gli ambienti di simulazione (riproduzioni simulate di fenomeni che consentono l'interattività da parte dello studente), i giochi educativi (con contenuti di apprendimento offerti in modalità gioco), i corsi interattivi di lingua straniera.

Ai sensi dell’art. 2, comma 3, gli strumenti didattici e formativi sono forniti su supporto digitale contenente:

a) la copia del libro di testo in formato elettronico[66];

b) il relativo programma di lettura;

c) le istruzioni d'uso indicanti, fra l'altro, l'organizzazione del contenuto del supporto digitale, le modalità di installazione e di utilizzo del materiale fornito.

 

Dunque, il DM 30 aprile 2008 fa riferimento a programmi e documenti (usati nei processi di istruzione e apprendimento) che già sono in formato elettronico, disponendo che gli stessi siano resi accessibili agli studenti disabili, mentre il testo in esame sembra disporre l’obbligo di deposito della versione digitale accessibile agli stessi studenti, di tutto il materiale formativo e didattico anche se (in ipotesi) lo stesso non nasce in formato elettronico.

Si valuti, dunque, l’opportunità di un chiarimento.


Articolo 28
(Campagna istituzionale per la promozione
delle potenzialità dell’economia digitale)

 

 

Gli articoli da 28 a 30 formano il Capo VI della proposta di legge in esame, che raggruppa le norme aventi ad oggetto la promozione della cultura dell’innovazione e il superamento del divario culturale.

 

Sulla stessa materia interviene l’articolo 11 dell’A.C. 4891.

 

L’articolo 28 dispone che, nell’ambito del piano di comunicazione di cui all’articolo 12 della legge n. 150/2000, il Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri prevede ogni anno almeno una campagna di comunicazione istituzionale per la promozione delle potenzialità dell’economia digitale.

Ai sensi dell’articolo 12 della legge n. 150/2000, il Dipartimento per l'informazione e l'editoria predispone annualmente, sulla base dei programmi presentati dalle amministrazioni statali, un piano di comunicazione che viene approvato dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Una copia del piano viene successivamente trasmessa alle amministrazioni interessate per la realizzazione. Entro il 31 gennaio dell'anno successivo a quello di riferimento, i Ministri trasmettono al Presidente del Consiglio dei Ministri una relazione riguardante il menzionato piano.


Articolo 29
(Campagne informative)

 

 

L’articolo 29 dispone chele campagneinformative realizzate dal Dipartimento per l’informazione e l’editoria attraverso la televisione, la radio, il cinema e la stampa quotidiana e periodica, volte a sensibilizzare l'opinione pubblica sulla illiceità dell'acquisto di prodotti delle opere dell'ingegno abusivi o contraffatti ai sensi dell’art. 26, co. 3-bis, della L. 400/1988, hanno come oggetto principale l’illiceità dell’acquisto di prodotti delle opere dell’ingegno abusivi o contraffatti mediante strumenti telematici digitali.

La finalità esplicitata è quella di utilizzare la rete internet quale strumento per la diffusione della cultura e per la creazione di valore, nel rispetto del diritto d’autore.

Occorrerebbe chiarire se l’espressione “mediante strumenti telematici digitali” si riferisca alla modalità di contraffazione dei prodotti, ovvero alla illiceità di acquistare attraverso la rete internet prodotti abusivi o contraffatti.

Sulla stessa materia interviene l’articolo 11 dell’A.C. 5093


Articolo 30
(Nuovo contratto di servizio della RAI – Radiotelevisione italiana Spa)

 

 

L’articolo 30 raffrontabile con l’art. 11, comma 5, dell’A.C. 4891 -  prevede che in ogni nuovo contratto di servizio della RAI – Radiotelevisione italiana SpA, a partire dal 1° gennaio 2013, il Ministero dello sviluppo economico prevede che la stessa attui un piano di alfabetizzazione informatica e sulle potenzialità dell’economia digitale, utilizzando la televisione generalista, un canale digitale tematico in chiaro e un portale internet dedicato.

 

Sulla stessa materia interviene l’articolo 11 dell’A.C. 5093.

 

Si ricorda che, in base all’articolo 45, co. 2, lett. b), del d.lgs. 177/2005, il servizio pubblico generale radiotelevisivo è chiamato a garantire comunque un numero adeguato di ore di trasmissioni televisive e radiofoniche dedicate all'educazione, all'informazione, alla formazione. Specificamente, nell’ambito dell’ultimo contratto nazionale di servizio stipulato tra il Ministero dello sviluppo economico e la RAI - Radiotelevisione italiana S.p.A. per il periodo 1° gennaio 2010 - 31 dicembre 2012[67], l’articolo 9, che disciplina l’offerta televisiva, già dispone che, nell’ambito della quota della programmazione annuale di servizio pubblico delle reti generaliste, semigeneraliste e tematiche terrestri, distribuite sulle diverse piattaforme, riservata a generi predeterminati, siano comprese rubriche e programmi di servizio che contribuiscono alla alfabetizzazione informatica.

 


Articolo 31
(Assunzione di personale competente
nella pubblica amministrazione)

 

 

L’art. 31, al comma 1, autorizza le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, gli enti pubblici non economici statali e le agenzie, comprese quelle di cui al D.Lgs. n. 300/1999, ad assumere, per il triennio 2013-2015, nel settore dei sistemi informativi automatizzati e nei limiti della propria dotazione organica, i vincitori e gli idonei delle graduatorie vigenti dei concorsi pubblici per il reclutamento di personale di livello dirigenziale, a tempo indeterminato, per l'area informatica, anche avvalendosi delle graduatorie di altre pubbliche amministrazioni, anche di diverso comparto.

 

Per quanto riguarda l’ambito soggettivo di applicazione della disposizione in esame, la norma in commento si limita a riportare un generico riferimento a le amministrazioni dello Stato ; in merito si osserva che ai sensi dell’art.1, comma 2 del D.Lgs. n. 265/2001, per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.

Si ricorda, altresì, che lo strumento delle agenzie amministrative è stato generalizzato dal D.Lgs. n. 300/1999[68], ispirato a modelli privatistici sulla base di criteri di efficacia e di efficienza, per rispondere all’esigenza di svolgere le attività di carattere tecnico dei dicasteri.

Oltre a prevedere un modello generale, il D.Lgs. 300/1999 ha individuato e disciplinato due gruppi di agenzie. Nella prima categoria sono comprese quattro strutture: l’Agenzia industrie difesa (art. 22)e l’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (artt. 38 e 39), uniche sinora operative; l’Agenzia dei trasporti terrestri e delle infrastrutture (art. 44) e l’Agenzia per la formazione e l’istruzione professionale (art. 88), non ancora attive (sono state soppresse prima ancora di essere costituite, invece, l’Agenzia per le normative e i controlli tecnici, l’Agenzia per la proprietà industriale, l’Agenzia per la protezione civile e l’Agenzia per il servizio civile, quest’ultima prevista dal d.lgs. n. 303/1999). Nella seconda categoria, rientrano le agenzie fiscali, che sono disciplinate secondo disposizioni specifiche anche in deroga alle disposizioni generali.

In ultima analisi, con particolare riferimento al contenuto normativo dell’ultimo inciso del comma in esame, si precisa che le graduatorie degli altri comparti devono comunque essere legittimamente riferite ai sistemi informativi automatizzati.

 

Ai sensi del comma 2, le dotazioni organiche di cui sopra sono rese indisponibili ai fini degli adempimenti previsti dall'art. 1, co. 3, del D.L. n. 138/2011.

 

L’art. 1 del D.L. 138/2011 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo) ai commi da 3 a 5 prevede che le amministrazioni pubbliche già interessate da analoghi provvedimenti adottati nel 2008 e nel 2009, debbano effettuare ulteriori riduzioni delle dotazioni organiche degli uffici dirigenziali di livello non generale per una percentuale minima del 10%..

Più specificamente il comma 3, che rappresenta un'ulteriore tappa del processo iniziato con il decreto-legge 112/2008 e proseguito con il decreto-legge 194/2009, ha, quali destinatari, le amministrazioni indicate nell’art. 74, comma 1, del decreto-legge 112/2008, ossia le amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo (ivi comprese le agenzie, incluse le agenzie fiscali), gli enti pubblici non economici, gli enti di ricerca e gli enti pubblici di cui all'art. 70, comma 4, del decreto legislativo 165/2001.

 

In virtù del comma 3, agli oneri derivanti dall'attuazione del comma 1 si provvede, per l'anno 2012, in via sperimentale, nel limite di 3.000.000 di euro, mediante corrispondente riduzione del Fondo di finanziamento per i progetti strategici nel settore informatico e, a decorrere dall'anno 2013, con la riduzione lineare dell'1% dei capitoli di spesa corrente per l'informatica delle amministrazioni di cui al citato comma 1.

Il Ministro dell'economia e delle finanze è, altresì, autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

In conclusione il comma 4 prevede che, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con DPCM, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e del Ministro dell'economia e delle finanze, si provvede alla ripartizione, per ciascuna delle amministrazioni interessate, delle risorse finanziarie di cui al comma 3.

 

 


Articolo 32
(Obbligo open data nella pubblica amministrazione)

 

L’articolo 32, - raffrontabile, per il suo contenuto all’art. 10 dell’A.C. 4891, - al comma 1, in coerenza con quanto previsto dal Codice dell'amministrazione digitale, prescrive alle pubbliche amministrazioni l’obbligo di rendere fruibili gratuitamente i dati in loro possesso, mediante un contratto di Italian Open Data Licence (IODL), salvo eventuali eccezioni da esplicitare e motivare espressamente nel sito internet dell'amministrazione.

 

Su materia analoga interviene l’art. 10 dell’A.C. 4891. Si rinvia anche alla scheda di lettura relativa all’art. 2 dell’A.C. 4891 per quel che concerne le iniziative già assunte in materia di accesso ai dati delle amministrazioni pubbliche e di relativa tutela della riservatezza dei dati personali.

 

Con il termine open data, si fa riferimento ad alcune tipologie di dati liberamente accessibili a tutti, senza restrizioni di copyright, brevetti o altre forme di controllo che ne limitino la riproduzione; l'open data si richiama alla più ampia disciplina dell’open government, in base alla quale la pubblica amministrazione dovrebbe essere aperta ai cittadini, tanto in termini di trasparenza quanto di partecipazione diretta al processo decisionale, anche attraverso il ricorso alle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione (ICT).

Per quanto concerne il nostro Paese, a partire dal 18 ottobre 2011 è stato messo online il portale dati.gov.it destinato, oltreché ai cittadini, ad amministratori, dirigenti e dipendenti pubblici, nonché a fornitori e consulenti delle pubbliche amministrazioni che vogliono approfondire il tema dei dati aperti e avviare un processo di apertura dei dati del settore pubblico. Più specificamente, la licenza Italian Open Data License (IODL), progettata per permettere a tutte le pubbliche amministrazioni italiane di diffondere i propri dati, è stata sviluppata da Formez PA e ha lo scopo di promuovere la “liberazione” e valorizzazione dei dati pubblici secondo la linea già tracciata dal Ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione con la pubblicazione del nuovo Codice dell’amministrazione digitale, che all’art. 52 pone in primo piano la responsabilità delle pubbliche amministrazioni nel rendere disponibili i propri dati in modalità digitale.

Merita segnalare che il primo data store italiano è stato quello della Regione Piemonte (dati.piemonte.it) all’interno del quale sono catalogati dati aperti riconducibili ai vari enti regionali. Dopo circa un anno dalla nascita del data store piemontese anche la Regione Emilia-Romagna, ad ottobre 2011, ha pubblicato online il suo catalogo di dataset (dati.emilia-romagna.it).

Da ultimo si ricorda che nel marzo 2012 è stata rilasciata una seconda versione della Italian Open Data License, indicata come IODL v2.0, (priva di clausole del tipo condividi-allo-stesso-modo[69]) e con la sola richiesta di attribuzione della fonte per il riutilizzo dei dati.

 

Il comma 2 precisa, poi, che, ai fini dell'attuazione di quanto sopra esposto, il Governo promuove, in prima battuta, misure rivolte a incentivare la domanda di servizi on line, erogati con modalità cloud computing e, in secondo luogo, l'esportazione e la pubblicazione di informazioni pubbliche con modalità open data che consentano di conservare ed elaborare i dati nelle pubbliche amministrazioni centrali e locali quale modello base per lo scambio di dati delle pubbliche amministrazioni e di valorizzazione del patrimonio pubblico.

 

Come già segnalato nell’introduzione, in breve, per cloud computing s’intende un insieme di tecnologie e risorse informatiche, accessibili direttamente on-line grazie allo sviluppo delle reti di comunicazione . E’ possibile distinguere tra “private cloud” (o “nuvola privata”) e “public cloud” (o “nuvola pubblica”). La “private cloud” un’infrastruttura informatica per lo più dedicata alle esigenze di una singola organizzazione, ubicata nei suoi locali o affidata in gestione ad un terzo, con la quale sono gestiti in condivisione dei dati, in maniera analoga ad un data center. Di maggiore rilievo e portata innovativa, in particolare per le amministrazioni pubbliche, è invece la “public cloud” (o “nuvola pubblica”) nella quale l’infrastruttura è di proprietà di un fornitore specializzato nell’erogazione di servizi che mette a disposizione di utenti, aziende o amministrazioni - e quindi condivide tra di essi - i propri sistemi attraverso l’erogazione via web di applicazioni informatiche, di capacità elaborativa e di stoccaggio .

 

 

 


Articolo 33
(Sicurezza della riservatezza dei dati nella pubblica amministrazione)

 

 

L’art. 33 prevede che le finalità di riservatezza dei dati personali garantiti dal cd. Codice della privacy (D.Lgs. n. 196 del 2003) siano assicurate dalle pubbliche amministrazioni mediante l’adozione di efficaci modelli organizzativi-gestionali che garantiscano la conformità dei software posseduti e utilizzati in ambito pubblico “ai diritti di licenza d’uso lecitamente acquisiti”.

 

Va rilevato come la norma – in ottica antipirateria - paia riservare al solo software legale intrinseche caratteristiche di sicurezza della riservatezza dei dati personali che sembrano, invece, inerire più alla qualità del software stesso nonchè dei sistemi operativi utilizzati.

Su materia analoga interviene l’art. 2 dell’A.C. 4891; si rinvia alla relativa scheda di lettura per quel che concerne le iniziative già assunte in materia di accesso ai dati delle pubbliche amministrazioni e di relativa tutela della riservatezza dei dati personali.

 


Articolo 34
(Digitalizzazione della giustizia)

 

 

L’art. 34 (Digitalizzazione della giustizia)per finalità di riduzione dei tempi dei processi e di miglior fruizione dei servizi da parte di cittadini e imprese, stabilisce che l’UNEP (Ufficio notificazioni e protesti) del Ministero della giustizia dovrà effettuare solo per via telematica le notificazioni degli atti richiesti dagli uffici giudiziari.

La norma fa, infatti, riferimento alle notificazioni di cui all’art. 17 del D.M. n. 44 del 2011 (Regolamento concernente le regole tecniche per l'adozione nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione) che prevede che le richieste telematiche di un'attività di notificazione da parte di un ufficio giudiziario sono inoltrate al sistema informatico dell'UNEP.

Quest’ultimo individua poi l'indirizzo di posta elettronica del destinatario dal registro generale degli indirizzi elettronici, dal registro delle imprese, dall’elenco riservato dei professionisti nonché, per il cittadino, dall'elenco delle PEC (posta elettronica certificata) reso consultabile dall’affidatario del servizio (ex art. 7 del DPCM 6 maggio 2009; ciò non vuol dire che tutti i cittadini debbano avere la PEC; tuttavia qualora si sia parte in un processo il possesso della PEC è obbligatorio per il legale il cui indirizzo  va depositato nel registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal Ministero della giustizia, che contiene i dati identificativi e l'indirizzo di professionisti, soggetti privati e imprese)[70]. Il sistema informatico dell'UNEP eseguita la notificazione, trasmette per via telematica a chi ha richiesto il servizio il documento informatico con la relazione di notificazione sottoscritta mediante firma digitale e congiunta all'atto cui si riferisce, nonché le ricevute di posta elettronica certificata.

Il vigente comma 6 dell’art. 17 lascia in vita, tuttavia, il possibile ricorso al cd. doppio binario ovvero la possibilità, per l’ufficiale giudiziario che non proceda alla notificazione per via telematica, di effettuare la copia cartacea del documento informatico, attestandone la conformità all'originale, e di notificare la copia stessa nelle mani proprie del destinatario (ai sensi dell’art. 138 c.p.c.).

 

Si osserva che, per coordinamento con l’introdotto divieto di cui all’art. 34 in esame, potrebbe essere opportuno esplicitare l’effetto abrogativo nei confronti del comma 6 del citato art. 17  del DM n. 44/2011.

Si segnala che nel DEF 2012 tra le misure indicate per l’aumento dell’efficienza della giustizia è indicata anche la necessità della digitalizzazione della giustizia


Articolo 35
(Sanità digitale)

 

 

L’articolo 35- raffrontabile con l’articolo 3 dell’A.C. 4891 - è volto alla diffusione delle tecnologie digitali nella sanità.

A tale fine, il Ministero della salute, con decreto, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, promuove lo sviluppo di una rete digitale sanitaria, per la comunicazione dei dati sanitari dei pazienti, per lo scambio di informazione tra medici, ricercatori e pazienti, per la telemedicina, nell’ambito delle cure dirette (comma 1).

Il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, con decreto, di concerto con il Ministro della salute, stabilisce linee guida per rendere compatibili i sistemi informatici dedicati allo scambio di informazioni sullo stato sanitario dei pazienti (comma 2).

Nelle strutture sanitarie, pubbliche o private convenzionate, deve essere consentito l’accesso pubblico alla rete internet, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato o della Asl e a condizione di non pregiudicare il corretto funzionamento delle strutture sanitarie (comma 3).

 

Si rinvia alle osservazioni formulate con riferimento all’articolo 3 dell’A.C. 4891 per quel che concerne l’opportunità di un coordinamento con le iniziative già assunte in materia di digitalizzazione della sanità.

 


Articolo 36
(Modifica all'articolo 87 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259,
in materia di connessioni alla rete internet
)

 

 

L’articolo 36 introduce un nuovo comma (il 3-ter) all’articolo 87 del D.Lgs. n. 259/2003, recante “Codice delle comunicazioni elettroniche”, il quale disciplina i procedimenti autorizzativi per le infrastrutture di comunicazione elettronica, prevedendo che l’installazione e la modifica di tali infrastrutture debba essere autorizzata dagli Enti locali, previo accertamento della compatibilità del progetto con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità, stabiliti dalla legge n. 36/2001.[71] L’accertamento della compatibilità alla legge n. 36/2001 è effettuato dalle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente.

Un procedimento più snello è attualmente previsto per gli impianti con potenza in singola antenna uguale o inferiore a 20 Watt, per i quali è sufficiente la denuncia di inizio attività, fermo restando il rispetto della citata legge n. 36/2001 (comma 3 dell’articolo 87). Un’ulteriore eccezione (comma 3-bis) riguarda la rete di telecomunicazione GSM-R dedicata esclusivamente alla sicurezza ed al controllo del traffico ferroviario, per la quale si procede con le modalità proprie degli impianti di sicurezza e segnalamento ferroviario, fermo restando, anche in questo caso, il rispetto della citata legge n. 36/2001.

 

La disposizione in esame è volta a introdurre una semplificazione per l’installazione di impianti con tecnologia WiFi e Hiperlan(HIgh PErformance Radio LAN)[72] operanti nello spettro di frequenze libere. Per l’installazione di questi impianti, se con potenza alla singola antenna uguale o inferiore a 3 Watt, sarà sufficiente la trasmissione di una comunicazione in carta semplice all’agenzia provinciale o regionale per la protezione dell’ambiente. Anche in questo caso si conferma la necessità di rispettare i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità, stabiliti dalla legge n. 36/2001.

 

Si segnala che in questa fattispecie, a differenza di quelle attualmente previste dall’articolo 87 del D.Lgs. n. 259/2003,[73] l’Ente locale non è destinatario di alcuna istanza o comunicazione.


Articolo 37
(Disposizioni finanziarie)

 

 

L’articolo reca la norma di copertura finanziaria degli oneri recati dal provvedimento, quantificati, dal comma 1, in 300 milioni di euro per gli anni 2012, 2013 e 2014.

 

Al riguardo, si segnala – ferma restando la necessità di una verifica della congruità della quantificazione - che l’articolo 31 reca un’autonoma norma di copertura e pertanto, la disposizione andrebbe esplicitamente espunta dalla quantificazione degli oneri operata dalla norma in commento.

 

A tali oneri si provvede mediante riduzione lineare delle dotazioni finanziarie di parte corrente delle missioni di spesa di ciascun Ministero, nell’ambito delle spese rimodulabili, come definite dall'articolo 21, comma 5, lettera b), della legge di contabilità n. 196 del 2009.

Ai sensi dell'articolo 21, comma 5, della legge n. 196/2009, concernente il bilancio di previsione dello Stato, gli stanziamenti di spesa di ciascun programma, si ripartiscono in: a) spese non rimodulabili; b) spese rimodulabili.

In base alla legge di contabilità, le spese rimodulabili sono individuate:

a)  nelle spese derivanti da fattori legislativi, intendendo come tali quelle autorizzate da espressa disposizione legislativa che ne determina l'importo, considerato quale limite massimo di spesa, e il periodo di iscrizione in bilancio;

b)  nelle spese di adeguamento al fabbisogno, ossia spese non predeterminate legislativamente ma quantificate tenendo conto delle esigenze delle amministrazioni.

Secondo la definizione contenuta nella legge di contabilità, le spese non rimodulabili sono, invece, quelle “per le quali l'amministrazione non ha la possibilità di esercitare un effettivo controllo, in via amministrativa, sulle variabili che concorrono alla loro formazione, allocazione e quantificazione”. Esse corrispondono alle spese definite come “oneri inderogabili”, tra i quali vi rientrano le cosiddette spese obbligatorie (ossia le spese relative al pagamento di stipendi, assegni, pensioni e altre spese fisse, le spese per interessi passivi, le spese derivanti da obblighi comunitari e internazionali, le spese per ammortamento di mutui, nonché quelle vincolate a particolari meccanismi o parametri, determinati da leggi che regolano la loro evoluzione).

 

Dalle riduzioni sono esclusi (comma 1):

§      il Fondo per il finanziamento ordinario delle università;

§      il fondo unico per lo spettacolo di cui alla legge n. 163 del 1985;

§      le risorse destinate alla ricerca, all’istruzione scolastica e al finanziamento del cinque per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche;

§      le risorse destinate alla manutenzione ed alla conservazione dei beni culturali.

 

Il comma 2 prevede che negli anni 2012 e 2013, in sede di predisposizione del disegno di legge di stabilità, i singoli Ministri competenti propongano gli eventuali interventi correttivi alle riduzioni lineari apportate ai sensi del comma 1.

Il Ministro dell’economia e finanze verifica gli effetti finanziari sui saldi di finanza pubblica derivanti dagli interventi proposti, ai fini del rispetto degli obiettivi di risparmio prefissati dal comma 1.

 

 

 

 



[1]     T. Kretschmer, Information and Communication Technologies and Productivity Growth: A Survey of the Literature, OCSE Digital Economy Paper n. 195 (2012).

[2]     La velocità delle connessioni Internet  è misurata in numero di Byte per secondo. Un Kilobyte per secondo indica mille byte trasmessi per secondo, mentre un MegaByte per secondo indica un milione di Byte trasmessi per secondo. La grandezza “Byte” indica il numero di bit necessari per codificare un singolo carattere di testo in un computer. Attualmente il Byte è tipicamente composto da otto bit.

[3]     Fonte www.treccani.it

[4]     Lo sviluppo della rete NGN in Italia, Audizione informale di Telecom Italia presso la IX Commissione trasporti della Camera 8 febbraio 2012 documentazione depositata.

[5]     Questa ultima tecnica è stata indicata in particolare da Telecom Italia nell’audizione sopra citata: in particolare la tecnica Fiber to the Cabinet  prevede una rete di accesso che impiega portanti trasmissivi in fibra ottica a partire dalla centrale sino all’armadio riparti linea e portanti trasmissivi in rami per rilegare tale armadio e l’utente finale..

[6]     E. Ciapanna, D. Sabbatini, La banda larga in Italia, Banca d’Italia, Questioni di economia e finanza (ottobre 2008)

[7]     Qiang, Rossotto, Economic Impact of Broadband, in Information and Communications for Development 2009: Extending Reach and Increasing Impact, Banca Mondiale (2009)

[8]    Lo sviluppo della rete NGN in Italia, Audizione informale del Fondo italiano infrastrutture (F2I) e di Metroweb presso la IX Commissione trasporti della Camera 14 marzo 2012 documentazione depositata.

[9]    Politicecnico di Torino, Nexa Center for Internet & Society, Progetto Cloud Computing

[10]    Garante per la Protezione dei dati personali, Cloud Computing: Indicazione per l’utilizzo consapevole dei servizi

[11]   Indice elaborato dalla società privata Ookla, che misura la velocità di downloading a livello globale.

[12]    Nelle schede di lettura si dà conto anche delle prime considerazioni sul contenuto della proposta di legge effettuate dal rappresentante del Governo nella seduta del 28 marzo 2012, precedentemente quindi all’abbinamento della proposta di legge C. 5093, che per questo motivo non è stata invece oggetto di un analogo esame da parte del rappresentante del Governo.

[13]    D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, Codice dell’amministrazione digitale.

[14]    Legge 29 luglio 2003, n. 229, Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione. Legge di semplificazione 2001.

[15]    D.Lgs. 5 aprile 2006, n. 159, Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante codice dell’amministrazione digitale.

[16]   D.Lgs. 30 dicembre 2010 n. 235 Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante Codice dell'amministrazione digitale, a norma dell'articolo 33 della legge 18 giugno 2009, n. 69.

[17]    Recante “Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e sviluppo” e convertito, con modificazioni dalla legge 4 aprile 2012, n. 35.

[18]   D.L. 30 settembre 2003, n. 269, Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 24 novembre 2003, n. 326.

[19]    Il Portale è consultabile al seguente indirizzo:

      http://sistemats1.sanita.finanze.it/wps/portal/!ut/p/c1/04_SB8K8xLLM9MSSzPy8xBz9CP0os_gwL2dLZwODYAP_UG9jA6MAf3Mvk6AQA_cAc30_j_zcVP2CbEdFADQwr9s!/dl2/d1/L2dJQSEvUUt3QS9ZQnB3LzZfVkpDOUMwMFMwT1VLMzAyUE83SjRSVDAwSDY!/

[20]    D.L. 31 maggio 2010, n. 78, Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122

[21]    Ministero dell’economia e delle finanze, Decreto 2 novembre 2011, De-materializzazione della ricetta medica cartacea, di cui all'articolo 11, comma 16, del decreto-legge n. 78 del 2010. (Progetto Tessera Sanitaria).

[22]    Definizione delle modalità tecniche per la predisposizione e l'invio telematico dei dati delle certificazioni di malattia al SAC.

[23]    Conferenza permanente Stato, Regioni e Province Autonome, Intesa 10 febbraio 2011, n. 19/CSR, Intesa, ai sensi dell'articolo 8 comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sul documento recante «Il fascicolo sanitario elettronico - Linee guida nazionali». (Rep. Atti n. 19/CSR del 10 febbraio 2011).

[24]    D.L. 13 maggio 2011, n. 70, Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 12 luglio 2011, n. 106.

[25]    Recante misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale e convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2.

[26]    La definizione comunitaria di microimprese, piccole e medie imprese è contenuta nella raccomandazione 2003/361/CE. A questa definizione il legislatore nazionale si è adeguato con il decreto dell’allora Ministro delle attività produttive del 18 aprile 2005.

[27]    Il D.M. 24 febbraio 2000 del Ministro dell'economia e delle finanze aveva in primo luogo attribuito alla Consip S.p.A. l'incarico di stipulare le convenzioni per l'acquisto di beni e servizi per conto delle amministrazioni dello Stato di cui all'art. 26 della legge n. 488/1999.

[28]    D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235, Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante Codice dell'amministrazione digitale, a norma dell'articolo 33 della legge 18 giugno 2009, n. 69.

[29]    D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35.

[30]    Revisione ed armonizzazione dell'imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle province nonché della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a norma dell'art. 4 della L. 23 ottobre 1992, n. 421, concernente il riordino della finanza territoriale.

[31]    Istituzione dell'imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell'Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali.

[32]    Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo.

[33]    Come già commentato supra, la TOSAP era stata abolita dall’articolo 51 del D.Lgs. 15 dicembre 1997 a seguito dell’introduzione del COSAP - canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche. Dal momento che la tassa è stata reintrodotta nell’ordinamento dall'art. 31, comma 14, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, attualmente coesistono entrambe le forme di prelievo.

[34]    Open source indica un software i cui autori permettono il libero studio e l'apporto di modifiche da parte di altri programmatori indipendenti.

[35]    Nella relazione sopra riportata, in assenza di precedenti interventi normativi, s’intende fa riferimento alla definizione data da un noto programmatore informatico statunitense, Richard Matthew Stallman, uno dei principali esponenti del cd. movimento del software libero e fondatore della Free Software Foundation (FSF) nonché autore di molte licenze copyleft compresa la GNU General Public License (GPL), la licenza per software libero più diffusa.

[36]    Tuttavia, certi tipi di regole sul come distribuire il software libero sono accettabili quando non entrano in conflitto con le libertà principali. Per esempio, il copyleft, noto anche impropriamente come "permesso d'autore", è  la regola per cui, quando il programma è ridistribuito, non è possibile aggiungere restrizioni per negare ad altre persone le libertà principali. Questa regola non entra in conflitto con le libertà principali, anzi le protegge.

[37]    Per una completa disamina del concetto affrontato dalla norma in commento si consiglia la consultazione del sito www.softwarelibero.it.

[38]   http://europa.eu/legislation_summaries/information_society/strategies/si0016_it.htm).

[39]   Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 27 giugno 2011, n. 147. http://www.segretariatosociale.rai.it/regolamenti/contratto2010_2012.html.

[40]    Tra questi: la presentazione veritiera dei fatti e degli avvenimenti, in modo tale da favorire la libera formazione delle opinioni; la trasmissione quotidiana di telegiornali o giornali radio da parte dei soggetti abilitati a fornire contenuti in ambito nazionale o locale su frequenze terrestri; l'accesso di tutti i soggetti politici alle trasmissioni di informazione e di propaganda elettorale e politica in condizioni di parità di trattamento e di imparzialità, nelle forme e secondo le modalità indicate dalla legge; la trasmissione dei comunicati e delle dichiarazioni ufficiali degli organi costituzionali indicati dalla legge; l'assoluto divieto di utilizzare metodologie e tecniche capaci di manipolare in maniera non riconoscibile allo spettatore il contenuto delle informazioni.

[41]    D.L. n. 40/2010, “Disposizioni urgenti tributarie e finanziarie in materia di contrasto alle frodi fiscali internazionali e nazionali operate, tra l'altro, nella forma dei cosiddetti «caroselli» e «cartiere», di potenziamento e razionalizzazione della riscossione tributaria anche in adeguamento alla normativa comunitaria, di destinazione dei gettiti recuperati al finanziamento di un Fondo per incentivi e sostegno della domanda in particolari settori”, convertito in legge n. 73/2010.

[42]    Progetto «PC alle famiglie», di cui all'art. 4, comma 10, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.

[43]    L’articolo 5 della legge 11 novembre 2011, n. 180, recante “Norme per la tutela della libertà d'impresa. Statuto delle imprese”, definisce il seed capital come il finanziamento utilizzato da un imprenditore per l'avvio di un progetto imprenditoriale, compresi l'analisi di mercato, lo sviluppo dell'idea imprenditoriale, di nuovi prodotti e servizi, precedentemente alla fase d'avvio dell'impresa (cosiddetto start-up).

[44]    L’articolo 1 del D.M. 21 aprile 2010, n. 101, recante “Regime di aiuto destinato a promuovere gli investimenti nel capitale di rischio delle piccole e medie imprese, ai sensi dell'articolo 1, comma 845, della legge 27 dicembre 2006, n. 296”, definisce lo startup capital come il finanziamento concesso alle imprese che non hanno ancora venduto il proprio prodotto o servizio a livello commerciale e non stanno ancora generando profitto, per lo sviluppo del prodotto e la commercializzazione iniziale.

[45] Politecnico di Torino, Nexa Center for Internet and Society

[46]   La comunicazione è scaricabile al link

http://ec.europa.eu/competition/consultations/2005_innovation/cdsai_it.pdf.

[47]    L’art. 26 stabilisce che, quando si deve procedere alla formazione di organi collegiali bicamerali, il Presidente del Senato promuove le opportune intese con il Presidente della Camera dei deputati al fine di assicurare, nel rispetto del criterio della proporzionalità, la rappresentanza del maggior numero di Gruppi parlamentari costituiti nei due rami del Parlamento. Poiché i due principi della proporzionalità e della rappresentatività possono essere configgenti, si adotta, per prassi, una composizione che privilegia la rappresentatività dato che i seggi spettanti a ciascun gruppo sono determinati globalmente e poi ripartiti tra le due camere.

[48]   La comunicazione è scaricabile al link

http://ec.europa.eu/competition/consultations/2005_innovation/cdsai_it.pdf.

[49] D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività, convertito, con modificazioni dalla L. 24 marzo 2012, n. 27.

[50]  Si ricorda che l’articolo 2463 c.c. prevede che società a responsabilità limitata può essere costituita con contratto o con atto unilaterale e l'atto costitutivo deve essere redatto per atto pubblico. L’ammontare del capitale sociale non può essere inferiore a diecimila euro.

[51]    Secondo la definizione dell’articolo 2 del presente provvedimento, «investment company» è una società che esercita nei confronti del pubblico l’attività di assunzione di partecipazioni in startup innovative tramite investimenti di micro-seed capital, seed capital, startup capital o venture capital e che opera in linea con standard internazionali, in osservanza della regolamentazione europea in materia, o che ha adottato il codice interno di comportamento promosso dalle associazioni di categoria di riferimento.

[52]   La Concessionaria servizi informatici pubblici - CONSIP S.p.A. è stata istituita in base all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 414 del 1997, il quale ha demandato ad un decreto Ministeriale dell’allora Ministero del Tesoro, del bilancio e della programmazione economica, l’individuazione delle specifiche attività informatiche riservate allo Stato che dovevano essere svolte da un apposito organismo avente struttura societaria, interamente partecipato dal Ministero e operante secondo gli indirizzi strategici fissati dallo stesso Ministero.

Successivamente con i Decreti del Ministero (DM) del Tesoro del 22 dicembre 1997 e del 17 giugno 1998 è stato affidato alla società l'incarico di gestire e sviluppare i servizi informatici dello stesso Ministero.

[53]   In attuazione delle citate disposizioni, il Decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze del 24 febbraio 2000 ha individuato nella Consip S.p.a la struttura di servizio per gli acquisti di beni e servizi per le P.A., conferendole l’incarico di stipulare apposite convenzioni per conto dello Stato.

[54]   Si richiamano, in proposito, oltre alle norme sopra citate, l’articolo 1, commi 449 e 450, legge n. 296/2006 (legge finanziaria 2007), l’articolo 2, comma 574, legge n. 244/2007, l’articolo 2, commi 225-227, legge n. 191/2009 (legge finanziaria 2010).

[55]   Tale Decreto legge – il cui disegno di legge di conversione è in corso di esame in prima lettura presso il Senato (A.S. 3284) – costituisce parte integrante dell’attività di spending review avviata dal Governo con la presentazione del Rapporto «Elementi per una revisione della spesa pubblica», illustrato dal Ministro per i rapporti con il Parlamento delegato per il programma di governo nella riunione del Consiglio dei ministri del 30 aprile 2012.

[56]  Per gli anni successivi l’esonero è limitato per i primi cinque al 60 per cento, per il sesto e settimo al 40 per cento e per l’ottavo e nono al 20 per cento. L'esonero di cui alla presente lettera spetta, alle medesime condizioni, anche ai titolari di reddito di lavoro autonomo che svolgono l’attività all’interno della zona franca urbana.

[57]    Recante l’istituzione dell'imposta regionale sulle attività produttive, la revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell'Irpef e l’istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché il riordino della disciplina dei tributi locali.

[58]    La definizione comunitaria di microimprese, piccole e medie imprese è contenuta nella raccomandazione 2003/361/CE. A questa definizione il legislatore nazionale si è adeguato con il decreto dell’allora Ministro delle attività produttive del 18 aprile 2005.

[59]    Il TUIR è stato emanato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

[60]   La disciplina per favorire l'accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici è contenuta nella legge 9 gennaio 2004 n. 4, attuata con D.P.R. 1 marzo 2005, n. 75,che, ai sensi dell’art. 3, comma1, deve essere applicata alla pubblica amministrazione in generale, agli enti pubblici economici, alle aziende private concessionarie, alle aziende municipalizzate, agli enti di assistenza e di riabilitazione pubblici, alle aziende di trasporto e telecomunicazione a prevalente partecipazione di capitale pubblico e alle aziende appaltatrici di servizi informatici.

[61]   Costituito da rappresentanti della Presidenza dei Consiglio dei ministri, del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e del Ministro per la coesione territoriale, nonché dai rappresentanti delle associazioni delle persone disabili e delle associazioni di sviluppatori di impresa competenti in materia di accessibilità e dei produttori di hardware e di software.

[62]   Uffici previsti all’articolo 3, comma 1, della legge 9 gennaio 2004, n. 4 (Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici). In particolare,

[63]   Ai sensi degli articoli 21 e 55 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

[64]   L. 18 giugno 2009 n. 69, Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile.

[65]   Da informazioni acquisite per le vie brevi dagli uffici della Biblioteca Nazionale di Roma, si sottolinea che nella categoria “libri” rientrano altresì i testi scolastici. Si segnala che presso i predetti uffici è stata fatta richiesta al MIBAC per esentare dall’invio ai fini del deposito legale, i soli testi scolastici oggetto di ristampa inalterata, nella quale, cioè, non si effettuano aggiornamenti del testo.

[66]   Tale copia viene redatta seguendo le linee guida per l'accessibilità pubblicate e rese disponibili dal produttore del programma di lettura e rispettando le linee guida editoriali per i libri di testo, di cui all'allegato A del decreto 30 aprile 2008, tra le quali – si ricorda – vi sono, tra l’altro, indicazioni volte a fornire i libri di testo di un sommario navigabile, a dotare le immagini, i grafici e le tabelle utilizzate a scopo didattico di didascalie esaurienti, a consentire l’esportazione dei contenuti del libro di testo o di sue parti nel rispetto della normativa sul diritto d'autore. Al software didattico si applicano altresì i requisiti di accessibilità definiti nell'allegato D del decreto ministeriale 8 luglio 2005.

[67]   Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 27 giugno 2011, n. 147. http://www.segretariatosociale.rai.it/regolamenti/contratto2010_2012.html.

[68]   D.Lgs. 30-7-1999 n. 300, Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59.

[69] La clausola “condividi allo stesso modo” è una delle sei possibili licenze Creative Commons, le quali appunto offrono sei diverse articolazioni dei diritti d'autore per artisti, giornalisti, docenti, istituzioni e, in genere, creatori che desiderino condividere in maniera ampia le proprie opere secondo il modello "alcuni diritti riservati". Il detentore dei diritti può non autorizzare a priori usi prevalentemente commerciali dell'opera (opzione Non commerciale, acronimo inglese: NC) o la creazione di opere derivate (Non opere derivate, acronimo: ND); e se sono possibili opere derivate, puo' imporre l'obbligo di rilasciarle con la stessa licenza dell'opera originaria (Condividi allo stesso modo, acronimo: SA, da "Share-Alike") (cfr. Politecnico di Torino, Nexa Center for Internet & Society).

[70] IL DPCM reca Disposizioni in materia di rilascio e di uso della casella di posta elettronica certificata assegnata ai cittadini.

[71]    Recante “Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”.

[72]    Si tratta di due tipologie di accesso wireless a banda larga.

[73]    Sia la procedura ordinaria, disciplinata dal comma 1, sia quelle semplificate, previste dai commi 3 e 3-bis.