Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento trasporti
Titolo: Disposizioni per lo sviluppo dei servizi elettronici e digitali A.C. 4891 Schede di lettura
Riferimenti:
AC N. 4891/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 605
Data: 06/03/2012
Descrittori:
APPARECCHI E IMPIANTI ELETTRONICI   INFORMATICA
TRASPORTI     
Organi della Camera: IX-Trasporti, poste e telecomunicazioni

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Disposizioni per lo sviluppo dei servizi elettronici e digitali

A.C. 4891

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 605

 

 

 

6 marzo 2012

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Trasporti

( 066760-2614 – * st_trasporti@camera.it

Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici:

Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

( 066760-2145 – * cdrue@camera.it

 

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: TR0338

 


INDICE

Schede di lettura

§      Articolo 1 (Legge annuale per l'incentivo e lo sviluppo dei servizi digitali)3

§      Articolo 2 (Servizi digitali al cittadino)11

§      Articolo 3 (Sanità digitale)15

§      Articolo 4 (Contributo in favore delle famiglie prive di connessione alla rete digitale)20

§      Articolo 5 (Misure di riduzione dell'imposta sul valore aggiunto)21

§      Articolo 6 (Agevolazioni in favore dei giovani imprenditori)25

§      Articolo 7 (Incentivi alla diffusione di dispositivi di POS per pagamenti con modalità informatiche)27

§      Articolo 8 (Rottamazione e rinnovo delle dotazioni tecnologiche familiari).29

§      Articolo 9 (Sviluppo delle infrastrutture)30

§      Articolo 10 (Adozione del software libero)33

§      Articolo 11 (Programmi di alfabetizzazione informatica e di educazione ai nuovi media audiovisivi e radiofonici)36

§      Articolo 12 (Copertura finanziaria)40


SIWEB

Schede di lettura

 


Articolo 1
(Legge annuale per l'incentivo e lo sviluppo dei servizi digitali)

 

 

L’articolo 1 fissa, al comma 1, i principi generali per lo sviluppo dei servizi elettronici e digitali.

In particolare il comma 1 dispone che lo Stato:

-      promuove lo sviluppo dell'economia e della cultura digitali,

-      definisce politiche di incentivo alla domanda di servizi digitali

-      favorisce l'alfabetizzazione informatica,

-      favorisce la ricerca e l'innovazione tecnologica, quali fattori essenziali di progresso e opportunità di arricchimento economico, culturale e civile.

 

Il successivo comma 2 individua un nuovo strumento legislativo al quale viene affidato il perseguimento dei suddetti obiettivi: la legge annuale per l'incentivo e lo sviluppo dei servizi digitali.

L’iniziativa legislativa relativamente al nuovo strumento è riservata al Governo che adotta il relativo disegno di legge su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione.

In relazione alle evidenti connessioni che la materia presenta con le competenze del sistema regionale e delle autonomie locali è previsto che il Governo senta la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

Nella redazione del d.d.l. il Governo deve temer conto delle segnalazioni eventualmente trasmesse dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ai sensi dell'articolo 1, comma 6, lettera c), numero 1), della legge 31 luglio 1997, n. 249.

Termine per la presentazione del d.d.l. è il 30 aprile di ogni anno.

 

Relativamente al contenuto del d.d.l. il comma 3 prevede:

          a) disposizioni per rimuovere gli ostacoli legislativi e amministrativi allo sviluppo dei servizi digitali e per promuovere in tutti i settori di competenza della pubblica amministrazione lo sviluppo di tali servizi;

          b) una o più deleghe al Governo per l'adozione di decreti legislativi, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge annuale di cui al comma 2, ai fini di cui al comma 1;

          c) l'autorizzazione all'adozione di regolamenti, decreti ministeriali e altri atti, ai fini di cui al comma 1;

          d) disposizioni recanti i principi fondamentali nel rispetto dei quali le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano devono esercitare le proprie competenze negli ambiti di attività disciplinati dalla presente legge e dalla legge annuale di cui al comma 2;

          e) norme modificative di disposizioni contenute in leggi previgenti che disciplinano l'accesso ai servizi della pubblica amministrazione, in attuazione delle finalità di cui al comma 1 e con esplicita indicazione delle norme da modificare o da abrogare.

 

Il comma 4 disciplina l’apparato di informazione che il Governo deve allegare al disegno di legge annuale. Si prevede in particolare che il Governo debba presentare anche una relazione di accompagnamento che evidenzia:

          a) lo stato di conformità dell'ordinamento interno ai princìpi dell'Unione europea in materia di servizi della società dell'informazione, nonché alle politiche europee in materia di mercato unico digitale, di interoperabilità e standard, di sicurezza delle reti, di rete internet ultraveloce, di ricerca ed innovazione, nonché di alfabetizzazione tecnologica;

          b) lo stato di attuazione degli interventi previsti nelle precedenti leggi annuali per l'incentivo e lo sviluppo dei servizi digitali, indicando gli effetti che ne sono derivati per i cittadini, per le imprese e per la pubblica amministrazione;

          c) l'elenco delle segnalazioni e dei pareri trasmessi nell'anno dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ai sensi dell'articolo 1, comma 6, lettera c), numero 1), della legge 31 luglio 1997, n. 249, con l'indicazione motivata delle segnalazioni cui non si è dato seguito.

 

 Il successivo comma 5, chiarisce che ai fini della disciplina recata dal d.d.l. per pubblica amministrazione si intendono le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

 

 

Leggi a ciclo annuale

 

La legge annuale per l’incentivo e lo sviluppo dei servizi digitali rappresenta una nuova ipotesi di legge a ciclo annuale.

Per “leggi a ciclo annuale” si intendono ordinariamente quelle leggi di iniziativa governativa previste da leggi che governano i singoli settori, che in genere definiscono, in maniera più o meno stringente, i tempi di presentazione dei relativi disegni di legge da parte del Governo e i contenuti dei provvedimenti. Si tratta delle seguenti:

 

 1) leggi di stabilità e di bilancio: articolo 11 della legge 31 dicembre 2009, n.    196 (entro il 15 ottobre di ogni anno);

2) legge comunitaria: articoli 8 e 9 della legge 4 febbraio 2005, n. 11 (entro il 31 gennaio di ogni anno);

3) legge di semplificazione: articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (entro il 31 maggio di ogni anno);

4) legge annuale per il mercato e la concorrenza: articolo 47 della legge 23 luglio 2009, n. 99 (entro sessanta giorni dalla data di trasmissione al Governo della relazione annuale dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, ai sensi dell’ articolo 23 della legge 10 ottobre 1990, n. 287 la quale fissa al 31 marzo di ogni anno il termine per la presentazione della relazione).

 

Tali leggi sono presenti anche negli ordinamenti regionali: tutte le Regioni approvano annualmente proprie leggi finanziarie e di bilancio; diverse Regioni hanno previsto l’approvazione di leggi  comunitarie annuali; leggi di semplificazione normativa e di abrogazione generale vengono approvate con periodicità variabile in varie realtà regionali.

 

 

Le leggi di bilancio e di stabilità

La legge 31 dicembre 2009, n. 196, di riforma della contabilità e finanza pubblica, ha integralmente sostituito ed abrogato la legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, definendo un quadro regolatore unitario delle fasi di costruzione delle decisioni di bilancio e declinando in modo nuovo il ruolo del Governo – responsabile a livello europeo del rispetto dei vincoli finanziari ivi stabiliti – quello del Parlamento – detentore, ai sensi dell’ articolo 81 della Costituzione, dello specifico potere di approvazione del bilancio – e quello degli enti territoriali, per i quali è stata prevista una più intensa partecipazione alla fase ascendente di definizione degli obiettivi economico finanziari, anche al fine di tenere conto dell’evoluzione dell’ordinamento in senso federale e dell’approvazione della legge delega n. 42 del 2009 di attuazione del federalismo fiscale.

La legge di stabilità(ex legge finanziaria) è lo strumento che compone, assieme alla legge di bilancio, la manovra di finanza pubblica, che deve essere articolata su base almeno triennale, al fine di dare un orizzonte di medio periodo al processo di programmazione economico-finanziaria.

I disegni di legge di stabilità e di bilancio, in base al ciclo della programmazione, sono presentati dal Governo entro il 15 ottobre di ogni anno (in precedenza, il termine per la presentazione dei disegni di legge finanziaria e di bilancio era fissato al 30 settembre).

Attraverso la legge di stabilità si provvede alla regolazione annuale delle grandezze previste dalla legislazione vigente, al fine di adeguarne gli effetti finanziari agli obiettivi programmatici stabiliti nella Decisione di economia e finanza (DEF, ex DPEF) e nell’eventuale Nota di aggiornamento. In tal senso, la legge di stabilità contiene norme tese a realizzare effetti finanziari con decorrenza nel triennio considerato dal bilancio pluriennale.

Sotto il profilo dei contenuti della legge, la nuova disciplina ha introdotto stringenti limiti, portando a regime la disciplina sperimentale per il 2009 introdotta dal D.L. n. 112/2008, al fine di evitare nella legge finanziariavenissero introdottedisposizioni non finalizzate direttamente a delineare la manvra finanziaria annuale quali quelle finalizzate al sostegno o al rilancio dell’economia,nonché quelle dicarattere ordinamentale, microsettoriale e localistico.

La ratio sottesa a tale evoluzione della disciplina contabile è quella di configurare la legge finanziaria (ora legge di stabilità) sostanzialmente come atto di regolazione quantitativa,volto a definire le grandezze fondamentali del quadro di finanza pubblica. Al ridimensionamento del contenuto tradizionale di tale legge è peraltro corrisposto unampliamento della portata decisionaledeldisegno di legge di bilancio, attraverso la previsione della possibilità di rimodulare, entro certi limiti, le risorse inerenti alle missioni e ai programmi di spesa.

In base alla nuova disciplina contabile la legge di stabilità non può contenere, oltre alle citate misure di sostegno dell'economia, norme di delega,acarattere ordinamentaleovveroorganizzatorio,nonchéinterventi di natura localisticaomicrosettoriale.

 

La legge comunitaria

L’articolo 8 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, recante norme generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari, prevede che “il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per le politiche comunitarie, di concerto con il Ministro degli affari esteri e con gli altri Ministri interessati, entro il 31 gennaio di ogni anno presenta al Parlamento un disegno di legge recante: «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee»; tale titolo è completato dall'indicazione: «Legge comunitaria» seguita dall'anno di riferimento”. Tale disposizione riprende quella già contenuta nell’articolo 2 della legge 9 marzo 1989, n. 86.

La legge comunitaria è stata modellata, con attenuazioni, sulle leggi che concorrono al ciclo di bilancio: la legge n. 11/2005 definisce tempi della presentazione e contenuti ma, in assenza di una disciplina di una vera e propria sessione comunitaria (sul modello della sessione di bilancio) i tempi di esame parlamentare tendono ad allungarsi.

Nei 21 anni trascorsi dal 1990 sono state approvate 17 leggi comunitarie, più altre leggi di contenuto più circoscritto ed alcuni decreti-legge volti all’attuazione degli obblighi comunitari.

E’ attualmente all’esame del Senato (S. 2646), dopo l’approvazione in prima lettura alla Camera, il testo unificato di 4 proposte di legge di iniziativa parlamentare e di un disegno di legge di iniziativa del Governo, che innova, sostituendola integralmente, la legge n. 11 del 2005, adeguandola alle modifiche intervenute nell’assetto dell’Unione europea a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona e della crescente importanza delle politiche di origine europea.

Si compone di 58 articoli divisi in nove capi che recano numerose novità rispetto al quadro vigente, con specifico riguardo al raccordo tra Parlamento e Governo da un lato e tra Stato e sistema regionale e delle autonomie dall’altro.

Soprattutto, per il profilo che qui interessa, il testo della riforma riorganizza il processo di recepimento della normativa europea, prevedendo, in particolare, lo sdoppiamento dell’attuale legge comunitaria in due distinti provvedimenti (articoli 27 e 28): la legge di delegazione europea, il cui contenuto sarà limitato alle disposizioni di delega necessarie per il recepimento delle direttive comunitarie; la legge europea, che conterrà più in generale disposizioni volte a garantire l’adeguamento dell’ordinamento interno a quello europeo. Con specifico riguardo alla legge di delegazione, vengono disciplinati alcuni aspetti della procedura per l’esercizio delle deleghe e vengono definiti i princìpi e criteri generali di delega attualmente regolati, di anno in anno, in ciascuna legge comunitaria. Si conferma inoltre la possibilità per il Governo di adottare provvedimenti anche urgenti diversi dalla legge di delegazione europea e dalla legge europea, necessari per far fronte ad obblighi europei qualora il termine per provvedervi sia anteriore alla data di entrata in vigore dei provvedimenti prima richiamati.

 

La legge di semplificazione

La legge di semplificazione è stata introdotta nell’ordinamento dall’articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59.

Sono state approvate le seguenti:

• 8 marzo 1999, n. 50, recante delegificazione e testi unici di norme concernenti procedimenti amministrativi - Legge di semplificazione 1998;

• 24 novembre 2000, n. 340, recante disposizioni per la delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti amministrativi - Legge di semplificazione 1999;

• 29 luglio 2003, n. 229, recante interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione. - Legge di semplificazione 2001;

• 28 novembre 2005, n. 246, recante semplificazione e riassetto normativo per l’anno 2005.

L’elenco dimostra come la periodicità della legge di semplificazione – ad eccezione dei primissimi anni – sia andata erodendosi e siano ormai trascorsi oltre cinque anni e mezzo dall’ultimo provvedimento approvato. Occorre però segnalare che ciascuna delle leggi di semplificazione ha aperto ampie procedure di delegazione e di delegificazione, finalizzate a semplificare l’ordinamento vigente.

In particolare, la legge n. 246/2005 ha dato vita ad un complesso procedimento di delega volto alla riduzione ed al riordino dello stock normativo.

In attuazione di tale delega, il decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 179, ha fatto  salvi circa 3.300 atti normativi di rango primario anteriori al 1° gennaio 1970, di cui si è ritenuta indispensabile la permanenza in vigore. Esso è stato preceduto da altri due interventi legislativi che, agendo in maniera speculare rispetto al meccanismo taglia-leggi ed utilizzando anche il lavoro di ricognizione effettuato a quel fine, abrogano espressamente poco più di 30.000 atti normativi, anche successivi al 1970. Si tratta dell’articolo 24 del decreto-legge n. 112/2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133/2008 e del decreto-legge n. 200/2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 9/2009.

Tale procedura di abrogazione generalizzata è stata ricondotta nell’alveo della delega “taglia-leggi” attraverso le modifiche ad essa apportate dalla legge n. 69/2009 ed ha condotto alla adozione del decreto legislativo 13 dicembre 2010, n. 212, che abroga all’incirca 37.000 atti legislativi.

Sempre nell’ambito dell’operazione taglia-leggi si è innestata l’opera di riordino della normativa vigente, attraverso la redazione di testi di riassetto. E’ stato fin qui emanato il corposo codice dell’ordinamento militare (decreto legislativo n. 66/2010) e sono stati elaborati gli schemi relativi al codice delle attività agricole e al riordino delle norme sugli uffici consolari. Il Consiglio dei ministri, nella seduta del 5 maggio 2011, ha approvato in via definitiva un ulteriore decreto legislativo recante il codice del turismo.

 

La legge annuale sul mercato e la concorrenza

L’articolo 47 della legge 23 luglio 2009, n. 99, recante disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia, ha introdotto nell’ordinamento la legge annuale sul mercato e la concorrenza, la quale dovrebbe recare, in distinte sezioni:

a) norme di immediata applicazione, al fine, anche in relazione ai pareri e alle segnalazioni dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, espressi ai sensi degli articoli 21, 22 e 23 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, nonché alle indicazioni contenute nelle relazioni annuali dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e delle altre autorità amministrative indipendenti, di rimuovere gli ostacoli all’apertura dei mercati, di promuovere lo sviluppo della concorrenza, anche con riferimento alle funzioni pubbliche e ai costi regolatori condizionanti l’esercizio delle attività economiche private, nonché di garantire la tutela dei consumatori;

b) una o più deleghe al Governo per l’emanazione di decreti legislativi, da adottare non oltre centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge;

c) l’autorizzazione all’adozione di regolamenti, decreti ministeriali e altri atti;

d) disposizioni recanti i princìpi fondamentali nel rispetto dei quali le regioni e le province autonome esercitano le proprie competenze normative, quando vengano in rilievo profili attinenti alla tutela della concorrenza, ai sensi dell’ articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione;

e) norme integrative o correttive di disposizioni contenute in precedenti leggi per il mercato e la concorrenza, con esplicita indicazione delle norme da modificare o abrogare.

Il Governo ha l’obbligo di allegare al relativo disegno di legge una relazione di accompagnamento che evidenzi:

a) lo stato di conformità dell’ordinamento interno ai princìpi comunitari in materia di libera circolazione, concorrenza e apertura dei mercati, nonché alle politiche europee in materia di concorrenza;

b) lo stato di attuazione degli interventi previsti nelle precedenti leggi per il mercato e la concorrenza, indicando gli effetti che ne sono derivati per i cittadini, le imprese e la pubblica amministrazione;

c) l’elenco delle segnalazioni e dei pareri dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, espressi ai sensi degli articoli 21 e 22 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, indicando gli ambiti in cui non si è ritenuto opportuno darvi seguito.

 

Alla data del 15 maggio 2011, ancora non risulta presentato alle Camere alcun  disegno di legge in materia di mercato e concorrenza.

 

La legge annuale per la tutela e lo sviluppo delle micro e piccole imprese

L’articolo 16 del testo unificato di 7 proposte di legge di iniziativa parlamentare recante norma per la tutela della libertà d’impresa. Statuto delle imprese, approvato dalla Camera in prima lettura ed ora all’esame del Senato (S. 2626), prevede la legge annuale per la tutela e lo sviluppo delle micro e piccole imprese, modellata sulla legge annuale per il mercato e la concorrenza.

Il relativo disegno di legge dovrebbe recare, in distinte sezioni:

a) norme di immediata applicazione, al fine di favorire e promuovere le MPI, rimuovere gli ostacoli che ne impediscono lo sviluppo, ridurre gli oneri burocratici e introdurre misure di semplificazione amministrativa anche relativamente ai procedimenti sanzionatori vigenti connessi agli adempimenti cui sono tenute le piccole e medie imprese nei confronti della pubblica amministrazione;

b) una o più deleghe al Governo per l’emanazione di decreti legislativi, da adottare non oltre centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge;

c) l’autorizzazione all’adozione di regolamenti, decreti ministeriali e altri atti;

d) norme integrative o correttive di disposizioni contenute in precedenti leggi, con esplicita indicazione delle norme da modificare o abrogare.

Il Governo ha l’obbligo di allegare al relativo disegno di legge una relazione di accompagnamento che evidenzi:

a) lo stato di conformità dell’ordinamento rispetto ai princìpi e agli obiettivi contenuti nella comunicazione della Commissione europea di cui al comma 1;

b) lo stato di attuazione degli interventi previsti nelle precedenti leggi annuali per la tutela e lo sviluppo delle MPI, indicando gli effetti che ne sono derivati per i cittadini, le imprese e la pubblica amministrazione;

c) l’analisi preventiva e la valutazione successiva dell’impatto delle politiche economiche e di sviluppo sulle MPI;

d) le specifiche misure da adottare per favorire la competitività e lo sviluppo delle MPI.

 

 


Articolo 2
(Servizi digitali al cittadino)

 

L'articolo 2 individua precise scadenze temporali entro le quali le pubbliche amministrazioni rendono disponibile l’accesso ai propri servizi in forma digitale mediante la generalizzata sostituzione dei tradizionali servizi di sportello, con servizi digitali a distanza.

In particolare, al comma 1, si stabilisce che le pubbliche amministrazioni, ai fini della fornitura dei servizi digitali di cui al presente articolo, sono tenute a dotarsi, entro il 30 settembre 2012, delle regole di protezione e sicurezza di cui al D.M. 9 dicembre 2004.

 

In merito al citato decreto, recante Regole tecniche e di sicurezza relative alle tecnologie e ai materiali utilizzati per la produzione della Carta nazionale dei servizi, si ricorda che il regolamento concernente la diffusione della carta nazionale dei servizi, ex art. 27, comma 8, lett. b), L. 3/2003 (Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione), è stato emanato con il DPR 2 marzo 2004, n. 117 il quale definisce la carta come il documento rilasciato su supporto informatico per consentire l’accesso per via telematica ai servizi erogati dalle pubbliche amministrazioni.

Più specificamente, l’art. 2 del regolamento prevede che la carta nazionale dei servizi, in attesa della carta d'identità elettronica, è emessa dalle pubbliche amministrazioni interessate al fine di anticiparne le funzioni di accesso ai servizi in rete delle pubbliche amministrazioni. La carta contiene un certificato di autenticazione, consistente nell'attestato elettronico che assicura l'autenticità delle informazioni necessarie per l'identificazione in rete del titolare della carta nazionale dei servizi, rilasciato da un certificatore accreditato nonché i dati identificativi del titolare e il codice numerico di identificazione della carta, nonché le date del suo rilascio e della sua scadenza (art. 3).

L’art. 5 del DPR, afferma, in prima battuta, che la carta nazionale dei servizi ha una validità temporale che viene determinata dall'amministrazione emittente ma che, ad ogni modo, non può superare i sei anni, e conclude sancendo che tutte le pubbliche amministrazioni che erogano servizi in rete devono consentire l'accesso ai servizi medesimi da parte dei titolari della carta indipendentemente dall'ente di emissione, che è responsabile del suo rilascio.

Giova, altresì, rammentare che le carte elettroniche, quali strumenti volti a razionalizzare e semplificare l’azione amministrativa, sono, in via generale, regolate dal Codice dell’amministrazione digitale (cfr. art. 66) al fine di disciplinare in modo organico uno strumento di autenticazione e accesso ai servizi in rete erogati dall’amministrazione. E difatti, tutte le disposizioni in materia di attività digitale delle pubbliche amministrazioni sono raccolte e riordinate nel CAD, adottato con il D.Lgs. 82/2005[1]  in attuazione della delega contenuta nell’art. 10 della legge 229/2003[2] (legge di semplificazione 2001) e modificato dal D.Lgs. 159/2006[3] e dal D.Lgs. 235/2010[4].

Il Codice disciplina in modo organico l'utilizzo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione nell'attività amministrativa, nei suoi aspetti organizzativi e procedimentali, stabilendo princìpi giuridici fondamentali come quelli relativi al documento informatico ed alla firma digitale, in precedenza contenuta nel testo unico in materia di documentazione amministrativa (D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445).

In conclusione, con riferimento al generale processo di informatizzazione dell’azione amministrativa, si segnala che l’art 6 del D.L. 9 febbraio 2012, n.5 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e sviluppo), attualmente in corso di esame presso la Camera dei deputati (A.C. 4940), reca norme volte a implementare la velocità delle comunicazioni tra amministrazioni per determinate tipologie di atti, che dovranno effettuarsi esclusivamente per via telematica. La portata innovativa delle disposizioni consiste in primo luogo nella previsione dell’esclusività del supporto telematico quale modalità di trasmissione di alcune tipologie di atti; un ulteriore elemento innovativo attiene all’ampliamento della tipologia di atti oggetto di comunicazione o trasmissione telematica rispetto a quelli contemplati dalla disciplina generale di cui al codice dell’amministrazione digitale.

 

Il comma 2, obbliga le pubbliche amministrazioni a rendere disponibile, entro il 31 gennaio 2014, l'accesso personalizzato ai propri servizi in modalità digitale che, nei casi in cui sia tecnicamente possibile, sarà integralmente sostitutivo dei servizi di sportello prestati.

Si prevede, inoltre, che, a partire dal 2013, il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, d'intesa con il Ministero dello sviluppo economico, predispone un piano di switch off dei servizi digitali, per singole aree territoriali.

 

Il citato CAD prevede che le pubbliche amministrazioni individuino le modalità di erogazione dei servizi in rete in base a criteri di valutazione di efficacia, economicità e utilità nel rispetto dei principi di eguaglianza e non discriminazione, tenendo sempre presenti le dimensioni dell’utenza e la frequenza dell’uso approntando, tra l’altro, adeguati strumenti di rilevazione immediata, continua e sicura dei giudizi degli utenti (customer satisfaction).

Con particolare riferimento alla norma in commento, l’art. 3 del Codice (Diritto all'uso delle tecnologie), come modificato prima dal D.Lgs. n. 159/2006 e poi dal D.Lgs. n. 235/2010, già afferma che i cittadini e le imprese hanno diritto a richiedere ed ottenere l'uso delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni con tutte le pubbliche amministrazioni. Pertanto, da tale norma, deriva ormai un divieto generale, per una amministrazione o un gestore di servizio pubblico, di obbligare i cittadini a recarsi presso gli sportelli per la presentazione di documenti cartacei. La rilevanza del predetto obbligo trova conferma nella previsione di una tutela giurisdizionale relativa alle controversie concernenti l’esercizio del diritto a chiedere e ottenere l’uso delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni con le amministrazioni, che il Codice del processo amministrativo (D.Lgs. 104/2010), all’art. 133, devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e che è disciplinata dalle norme del Codice stesso.

In aggiunta a quanto sopra riportato si ricordano, ancora nell’ambito del Codice dell’amministrazione digitale, gli artt. 4 (Partecipazione al procedimento amministrativo informatico), 5 (Effettuazione di pagamenti con modalità informatiche), 6 (Utilizzo della posta elettronica certificata), 9 (Partecipazione democratica elettronica) e 57 (Moduli e formulari) quali disposizioni volte a regolare i diritti che cittadini e imprese vantano nell’ambito del processo di modernizzazione e rinnovamento che coinvolge la pubblica amministrazione.

 

Entro il 31 gennaio 2014, le pubbliche amministrazioni, ai sensi del comma 3, sono tenute a realizzare, in proporzione all'utenza potenziale dell'ente, un numero di postazioni gratuite e assistite di accesso alla rete internet per la richiesta e per la fornitura di servizi digitali con facoltà di collocarle, oltreché in luoghi privati, in spazi pubblici e aperti al pubblico.

 

Si precisa in breve che per luogo pubblico s’intende quelli ove ognuno può transitare liberamente (ad es. aree pedonali e parchi) mentre per luogo aperto al pubblico si fa riferimento a quelli in cui l’accesso del pubblico è soggetto a modalità determinate da chi ne ha la disponibilità.

 

Il comma 4 prescrive che, entro i novanta giorni precedenti il termine di cui al comma 1 (vale a dire il 2 luglio 2012), ciascuna pubblica amministrazione renda noto sul proprio sito web, in formato standard, l'elenco e le modalità di fruizione dei servizi digitali disponibili, con l'indicazione di quelli gratuiti e di quelli per i quali è previsto l'accesso mediante pagamento di imposte, bolli o diritti a qualunque titolo; eventuali limitazioni e ogni altra informazione utile ad assicurare l'accesso e la fruibilità dei medesimi servizi.

 

Preliminarmente si ricorda che l’art. 54, comma 3 del CAD già prescrive che i dati pubblici contenuti nei siti delle pubbliche amministrazioni sono fruibili in rete gratuitamente e senza necessità di identificazione informatica.

Il CAD stabilisce che i siti internet delle amministrazioni pubbliche devono rispettare principi di accessibilità, di elevata usabilità e reperibilità, completezza di informazione, chiarezza di linguaggio, affidabilità, semplicità di consultazione, qualità, omogeneità e interoperabilità (cfr. art. 53, D.Lgs. 82/2005). In particolare, devono essere facilmente reperibili e consultabili i dati precisati nel successivo art. 54: l'organigramma e l'articolazione degli uffici; l'elenco delle tipologie di procedimento svolte da ciascun ufficio di livello dirigenziale non generale, il termine per la conclusione di ciascun procedimento ed ogni altro termine procedimentale, il nome del responsabile; le scadenze e le modalità di adempimento dei procedimenti; l'elenco completo delle caselle di posta elettronica istituzionali attive;l'elenco di tutti i bandi di gara; l'elenco dei servizi forniti in rete già disponibili e dei servizi di futura attivazione, indicando i tempi previsti per l'attivazione medesima; i bandi di concorso.

Le amministrazioni pubbliche sono, altresì, tenute a pubblicare nei propri siti un indirizzo istituzionale di posta elettronica certificata a cui il cittadino possa rivolgersi per qualsiasi richiesta assicurando un servizio che renda noti al pubblico i tempi di risposta. A ciò si aggiunge la previsione ai sensi della quale la pubblicazione telematica produce effetti di pubblicità legale nei casi e nei modi espressamente previsti dall'ordinamento.

 

In conclusione il comma 5 afferma che le predette disposizioni costituiscono princìpi fondamentali nel rispetto dei quali regioni e province autonome esercitano le proprie competenze al fine di assicurare l'adempimento delle disposizioni ivi contenute da parte delle pubbliche amministrazioni locali.

 

In merito al comma 6 si precisa che Il contenuto della proposta in esame appare riconducibile a materie di competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, Cost. e segnatamente: ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali (lett. g) e coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale (lett. r).

 

 


Articolo 3
(Sanità digitale)

 

Come sottolineato dalla relazione al provvedimento, l’articolo 3 (Sanità digitale) intende assicurare, in ambito sanitario, un servizio più efficiente e veloce ai cittadini. A tal fine, propone di rendere obbligatoria per i medici di base e i pediatri del Servizio sanitario nazionale, la compilazione telematica delle ricette mediche ed il loro invio al portale web del Ministero della salute. Con il medesimo intento e, al fine di assicurare ai cittadini il rilascio dei farmaci prescritti dietro semplice esibizione della tessera sanitaria, prevede che le farmacie acquisiscano, dal medesimo portale web del Ministero della salute, la prescrizione digitale riferita all’utente della tessera sanitaria esibita.

 

Si rileva che il quadro normativo in materia rinvia a molteplici disposizioni di rango primario e secondario volte al monitoraggio della spesa sanitaria e al controllo dell’appropriatezza delle prescrizioni sanitarie, come previsto dall'art. 50 del D.L. 269/2003[5]. A tal fine, il Ministero dell'Economia e delle Finanze (MEF) ha promosso il Portale Tessera sanitaria[6] con lo scopo di sviluppare un progetto operativo per la realizzazione, attraverso un sistema informatico, delle funzionalità che devono essere rese disponibili a tutti gli organismi istituzionali preposti al controllo della spesa sanitaria. In tale quadro, parte delle disposizioni dell’articolo in esame non appaio coerenti con quanto già previsto ed attuato in materia. In particolare, l’invio telematico delle ricette farmaceutiche e della specialistica al portale web del Ministero della salute non tiene in alcun conto quanto già stabilito a realizzato all’interno del Progetto Tessera sanitaria, sviluppato dal MEF.

 

Il comma 1, prevede che, in attuazione dell’articolo 11, comma 16, del D.L. 78/2010[7], a partire dal 1 gennaio 2013, la compilazione delle ricette mediche da parte dei medici di base e dei pediatri del Servizio sanitario nazionale è effettuata solo con modalità telematica, fatto salvo il diritto dei pazienti di ottenere, a richiesta, copia cartacea della prescrizione e, comunque, il rilascio di una ricevuta che riporta il contenuto della prescrizione. Il comma in esame prevede che le ricette mediche debbano essere trasmesse telematicamente al portale web del Ministero della salute.

 

Si ricorda che la legge finanziaria 2007, modificando il D.L. 269/2003, ha previsto il collegamento in rete dei soggetti prescrittori del Ssn e la trasmissione telematica dei dati delle ricette al Ministero dell’economia e delle finanze nonché delle certificazioni di malattia all’INPS (vedi infra). Si ricorda altresì che il D.M. 2 novembre 2011[8] ha definito le modalità tecniche e i servizi disponibili, ai fini dell’attuazione di quanto previsto articolo 11, comma 16, ultimo periodo, del D.L. 78/2010. Il contenuto della disposizione in esame andrebbe pertanto aggiornato in accordo con il quadro normativo di riferimento.

 

Il ricettario regionale è costituito da moduli a lettura ottica, bianchi con le fincature di colore rosso, stampato con modello standard dall’Istituto Poligrafico dello Stato. Tutti i medici dipendenti di strutture pubbliche ed i medici convenzionati con il Servizio Sanitario Regionale (SSR) sono tenuti ad utilizzarlo per la prescrizione di farmaci, prodotti galenici e prestazioni da erogare a totale o parziale carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN). È utilizzato per i cittadini italiani o stranieri, residenti o in temporaneo soggiorno in Italia, il cui onere è a carico di istituzioni estere in base alle norme comunitarie o altri accordi bilaterali di sicurezza sociale. Il comma 6 dell’articolo 50 del D.L. 269/2003, stabilisce che le strutture di erogazione di servizi sanitari sono tenute ad effettuare la rilevazione ottica e la trasmissione dei dati relativi alle ricette mediche ed alle confezioni dei farmaci, secondo quanto prescritto dal successivo comma 7. Quest'ultimo (primo e secondo periodo) dispone che all'atto dell’utilizzazione di ogni ricetta medica, recante la prescrizione di farmaci, devono essere rilevati otticamente i codici a barre relativi al numero progressivo regionale della ricetta ed altri dati delle singole confezioni dei farmaci acquistati. Prevede, inoltre, che all'atto della utilizzazione della ricetta, recante la prescrizione di prestazioni specialistiche ovvero di dispositivi di assistenza protesica e di assistenza integrativa, devono essere rilevati otticamente i codici a barre relativi al numero progressivo regionale della ricetta, nonché – oltre al codice a barre della tessera sanitaria – i dati relativi all’esenzione spettante all'assistito, e che devono essere, altresì, inseriti i codici del nomenclatore delle prestazioni specialistiche o i codici del nomenclatore delle prestazioni di assistenza protesica ovvero i codici del repertorio dei prodotti erogati nell'ambito dell'assistenza integrativa. Infine, il comma 8 dispone che i dati rilevati ai sensi del comma 7 siano trasmessi telematicamente al Ministero dell'economia e delle finanze entro il giorno 10 del mese successivo a quello di utilizzazione della ricetta medica, anche per il tramite delle associazioni di categoria e di soggetti terzi a tal fine individuati dalle strutture di erogazione dei servizi sanitari.

Il comma 5-bis dell’articolo 50 del D.L. 269/2003, introdotto dall'art. 1, comma 810, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007), concernente il collegamento telematico in rete dei medici del SSN e la trasmissione telematica dei dati delle ricette al Ministero dell'economia e delle finanze e delle certificazioni di malattia all'INPS, ha previsto tra l’altro, che con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, siano emanate le ulteriori disposizioni attuative. Il DPCM 26 marzo 2008 ha pertanto definito le modalità di trasmissione al MEF - e all’INPS per quanto attiene alla certificazioni di malattia -, nell’ambito del Sistema pubblico di connettività (SPC), delle ricette prescritte dai medici sui modulari del SSN contenenti i dati sia delle prescrizioni farmaceutiche che quelli della specialistica ambulatoriale, dettando anche specifiche regole per assicurare la tutela della riservatezza. Successivamente il D.M. 26 febbraio 2010 ha definito le modalità per la predisposizione e l'invio telematico dei dati delle certificazioni di malattia all'INPS per il tramite del SAC (Sistema di accoglienza centrale), ovvero l'infrastruttura tecnologica del Ministero dell'economia e delle finanze, che consente la ricezione dei dati delle ricette mediche e dei certificati di malattia trasmessi in via telematica.

 

L’articolo 11, comma 16, del D.L. 78/2010, reca una norma transitoria ai fini dell’attuazione del sistema di trasmissione telematica al Ministero dell’economia e delle finanze delle prescrizioni effettuate dai medici del Ssn. Si prevede che, nelle more dell'emanazione dei decreti ministeriali previsti in materia, il Ministero dell'economia e delle finanze curi l’avvio della diffusione della suddetta procedura telematica, adottando, in quanto compatibili, le modalità tecnico operative di cui all’allegato 1 del D.M. 26 febbraio 2010[9]. L’invio telematico dei predetti dati sostituisce a tutti gli effetti la prescrizione medica in formato cartaceo. Successivamente è stato emanato il D.M. 2 novembre 2011 che definisce le modalità tecniche e i servizi resi disponibili dal SAC, ai fini dell’attuazione di quanto previsto articolo 11, comma 16, ultimo periodo, del D.L. 78/2010, per la dematerializzazione della ricetta elettronica dalla fase di prescrizione a quella di erogazione delle prestazioni sanitarie a carico del Ssn. Il decreto stabilisce che, a fronte dell'esito positivo dell'invio telematico dei dati della ricetta medica, comprensivi del numero della ricetta, del codice fiscale dell'assistito titolare della prescrizione e dell'eventuale esenzione dalla compartecipazione dalla spesa, il medico prescrittore rilasci all'assistito il promemoria cartaceo della ricetta elettronica. A fronte dell'esito negativo dell'invio telematico dei dati, il medico segnala tale anomalia al Sistema Tessera Sanitaria. Le ricette mediche sono inviate dai medici al SAC o, ove esistenti, al Sistema di accoglienza regionale (SAR). Nel momento in cui l'assistito utilizza la ricetta elettronica, la struttura che eroga i servizi sanitari previsti, sulla base delle informazioni di cui al promemoria della medesima ricetta elettronica, preleva dal Sac i dati della prestazione da erogare, comprese le indicazioni di eventuali esenzioni. Se i dati necessari alla procedura non sono disponibili, la struttura di erogazione segnala l'anomalia al Sistema Tessera Sanitaria ed eroga la prestazione rilevando i dati dal promemoria fornito dall'assistito e poi trasmette telematicamente al Sac le informazioni sulla prestazione erogata. La diffusione e la messa a regime, presso le singole regioni e province autonome, del processo di dematerializzazione della ricetta medica per le prescrizioni a carico del Ssn, è definita attraverso accordi specifici tra il Ministero dell'economia e delle finanze, il Ministero della salute e le singole regioni e province autonome, tenuto conto degli eventuali SAR, nonché delle specificità delle prescrizioni mediche e della loro valenza sul territorio nazionale. Sono escluse dall'ambito di applicazione del decreto le prescrizioni di farmaci stupefacenti e di sostanze psicotrope, per le quali la ricetta resta cartacea. La messa a regime nelle regioni è prevista entro dicembre 2012.

 

Il successivo comma 2 stabilisce che, a partire dal 1 gennaio 2013, le farmacie rilascino i farmaci prescritti anche dietro presentazione della tessera sanitaria, previa acquisizione della prescrizione digitale dal portale web del Ministero della salute.

 

Si rinvia a quanto precedentemente rilevato rispetto all’opportunità di una diversa previsione.

 

Il comma 3 stabilisce che, a partire dal 1 gennaio 2014, è fatto obbligo alle strutture sanitarie di rilasciare la cartella clinica elettronica ai cittadini che la richiedono.

 

Sarebbe opportuno precisare se con cartella clinica elettronica debba intendersi la descrizione degli eventi sanitari relativi all’interazione di un dato paziente con un determinato soggetto/struttura sanitaria oppure la cartella clinica costruita dal medico di medicina generale (MMG) o dal pediatra di libera scelta (PLS). Tale precisazione sarebbe inoltre importante per collocare la norma in utile raccordo con quanto recentemente definito in materia di Fascicolo sanitario elettronico (FSE).

 

Il FSE raccoglie e rende disponibili tutti i documenti socio-sanitari generati dalle strutture cliniche all’atto dei rapporti dei pazienti con i diversi attori del SSN. Al fine di supportare la realizzazione di una cornice normativa unitaria, necessaria alla definizione di un modello di riferimento nazionale per il FSE, nel secondo semestre del 2008 è stato istituito dal Ministero della salute un tavolo interistituzionale a cui partecipano rappresentanti del Ministero per la Pubblica Amministrazione e l'Innovazione, oltre ai referenti regionali e ad un rappresentante dell'Autorità Garante per la protezione dei dati personali. Il Tavolo interistituzionale per il fascicolo sanitario elettronico ha successivamente previsto l’adozione di un regolamento attuativo per la definizione dei dati contenuti nel Fascicolo. Il 10 febbraio 2011 sono state approvate, in sede di Conferenza Stato-Regioni, le Linee guida sul fascicolo sanitario elettronico[10] proposte dal Ministero della Salute. Le Linee guida individuano gli elementi necessari per una progettazione omogenea del fascicolo elettronico su base nazionale ed europea. Il Fse verrà realizzato dalle Regioni previo consenso dell’assistito, e consiste nell’insieme dei dati e documenti digitali di tipo socio-sanitario generati da eventi clinici presenti e trascorsi, riguardanti il paziente. Coprirà l'intera vita di quest'ultimo e sarà costantemente aggiornato dai soggetti che lo prendono in cura. Nelle urgenze, il Fse permetterà agli operatori di inquadrare immediatamente i pazienti; consentirà la continuità delle cure, permetterà di condividere tra gli operatori le informazioni amministrative (ad esempio prenotazioni di visite specialistiche, ricette, etc.). L’accesso al Fse potrà avvenire mediante l’utilizzo della carta d’identità elettronica (Cie) e della carta nazionale dei servizi (Cns), ma potrà essere consentito anche attraverso strumenti di autenticazione forte, con l’utilizzo di smart card rilasciate da certificatori accreditati, o debole, con l’utilizzo di userid e password, o con altre soluzioni, purché siano rispettate le misure minime di sicurezza nel rispetto del Codice in materia di protezione di dati personali.

Segnaliamo che l'articolo 6, comma 2 lettera d), numeri 1) e 2) del D.L. 70/2011[11], ha disposto che le aziende sanitarie del Ssn adottino procedure telematiche per consentire il pagamento online delle prestazioni erogate, nonché la consegna, tramite web, posta elettronica certificata o altre modalità digitali, dei referti medici. Resta in ogni caso salvo il diritto dell'interessato di ottenere, anche a domicilio, copia cartacea del referto redatto in forma elettronica.

 

Infine, il comma 4 prevede che il Ministero dell’economia e delle finanze stabilisca, entro il 30 giugno 2012, le regole di funzionamento del servizio telematico in ambito sanitario di cui al presente articolo adottando, in quanto compatibili, le regole tecniche di cui all’allegato 1 annesso al decreto del Ministro della salute 26 febbraio 2010.

 

Il riferimento normativo all’allegato 1 del decreto del Ministro della salute 26 febbraio 2010, appare superato, poiché l’allegato 1 del decreto 2 novembre 2011 reca  il Disciplinare Tecnico per la trasmissione telematica delle ricette mediche. Pertanto, si rinvia a quanto osservato per i precedenti commi circa la necessità che le previsioni in esame siano aggiornate alla luce del quadro normativo di riferimento.

 

 


Articolo 4
(Contributo in favore delle famiglie
prive di connessione alla rete digitale
)

 

L’articolo 4, a decorrere dal 1° gennaio 2013, concede un contributo una tantum di 50 euro per la stipula di un contratto di accesso a una connessione base alla rete internet a banda larga.

Possono ottenere il contributo le persone fisiche titolari di utenza telefonica fissa alla quale non sia mai stata associata una connessione internet, il cui reddito familiare sia inferiore a 20.000 euro e nel cui stato di famiglia sia presente un minorenne che ha compiuto il quattordicesimo anno di età.


Articolo 5
(Misure di riduzione dell'imposta sul valore aggiunto)

 

L’articolo 5 (comma 1) della proposta in commento intende disporre l’applicazione dell’IVA in misura agevolata sulle transazioni commercialieffettuate attraverso la rete internet, assoggettandole a imposta con aliquota del 10 per cento (ai sensi dell’articolo 16, secondo comma, del DPR n. 633/1972).

 

La disposizione proposta intende applicare un’aliquota uniforme, agevolata, alle predette transazioni, in virtù del fatto che esse sono perfezionate con specifiche modalità (telematiche); l’imposizione indiretta viene dunque sganciata dalla natura e dalle caratteristiche dei beni e dei servizi che formano l’oggetto della transazione.

 

Sono escluse da tale applicazione e, dunque, ad esse continuerebbero ad applicarsi le vigenti norme:

-       le transazioni concernenti prodotti pornografici;

Si ricorda che la legislazione vigente prevede già l’applicazione di specifiche forme di tassazione sui prodotti pornografici (relative però alle imposte dirette). La legge finanziaria per il 2006 (articolo 1, della legge n. 266 del 2005) ha infatti istituito l’addizionale sui redditi relativi al materiale pornografico e di incitamento alla violenza, fissandola in misura pari al 25%. A seguito delle modifiche apportate con l’articolo 31, comma 3 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185[12], “per materiale pornografico si intendono i giornali quotidiani o periodici, con i relativi supporti integrativi, e ogni opera teatrale, letteraria, cinematografica, audiovisiva o multimediale, anche realizzata o riprodotta su supporto informatico o telematico, in cui siano presenti immagini o scene contenenti atti sessuali espliciti e non simulati tra adulti consenzienti, come determinati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali, da emanare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Con lo stesso decreto sono definite le modalità per l'attuazione del presente comma anche quanto alle trasmissioni volte a sollecitare la credulità popolare”. Il D.P.C.M. 13 marzo 2009 ha tra l’altro recato la definizione di materiale pornografico rilevante per l’applicazione dell’addizionale in esame (articolo 1), nonché le modalità di determinazione dell'addizionale ed altre disposizioni di carattere fiscale (articolo 2).

-       le transazioni concernenti prodotti il cui uso è comunque vietato ai minori di diciotto anni;

Sembrerebbe opportuno individuare con maggiore precisione l’ambito dei “prodotti il cui uso è comunque vietato ai minori di diciotto anni”.

-       le transazioni concernenti bevande contenenti alcool.

 

Il comma 2 mantiene ferma l’aliquota del 4 per cento sulle cessioni aventi ad oggetto i prodotti editoriali richiamati dalla Tabella A, parte II, numero 18), allegata al citato DPR n. 633/1972, ancorché effettuate attraverso la rete internet eanche ove tali beni siano ceduti in formato elettronico (ad es. gli e-books), indicati nel medesimo numero 18).

Si tratta di giornali e notiziari quotidiani, dispacci delle agenzie di stampa, libri, periodici, anche in scrittura braille e su supporti audio-magnetici per non vedenti e ipovedenti, ad esclusione dei giornali e periodici pornografici e dei cataloghi diversi da quelli di informazione libraria, edizioni musicali a stampa e carte geografiche, compresi i globi stampati; carta occorrente per la stampa degli stessi e degli atti e pubblicazioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; materiale tipografico e simile attinente alle campagne elettorali se commissionato dai candidati o dalle liste degli stessi o dai partiti o dai movimenti di opinione politica.

 

La norma sembrerebbe volta ad eliminare la disparità di trattamento oggi vigente tra i prodotti editoriali venduti presso la rete fisica – che godono dell’IVA agevolata al 4 per cento - e i medesimi prodotti venduti attraverso la rete internet che, ove ceduti in formato elettronico, sono soggetti ad aliquote più elevate.

 

Il comma 3 estendeil trattamento fiscale agevolato riservato al settore editoriale dall'articolo 74, primo comma, lettera c), del DPR n. 633/1972 anche alle cessioni effettuate attraverso la rete internet dei prodotti editoriali come definiti dall'articolo 1 della legge 7 marzo 2001, n. 62, anche in formato elettronico: si tratta di prodotti realizzati su supporto cartaceo, ivi compreso il libro, o su supporto informatico, destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico, o attraverso la radiodiffusione sonora o televisiva, con esclusione dei prodotti discografici o cinematografici.

In estrema sintesi, la principale peculiarità dell’IVA applicata alle operazioni concernenti i prodotti editoriali è la sua natura monofasica: soggetto passivo è l’editore. L’imposta dunque non colpisce l’incremento di valore dei beni nei vari passaggi produttivi, concentrandosi sull’adempimento dell’editore. Tale regime concerne sia la cessione di prodotti editoriali che la maggior parte dei servizi inerenti la loro commercializzazione.

Rientrano nel regime speciale le operazioni di cessione di giornali quotidiani, periodici, libri, relativi supporti integrativi e di cataloghi (ai sensi del richiamato articolo 74, comma primo, lettera c)).

Per il calcolo dell’IVA sono applicabili due regimi, operanti in base

-          alle copie effettivamente vendute; tale regime è obbligatorio per la cessione di cataloghi, giornali e periodici pornografici, giornali quotidiani, periodici e libri con supporti integrativi o altri beni. In sintesi, in tal caso l’imposta si determina in base al numero di copie effettivamente vendute cui si applica poi l’aliquota (in genere, l’aliquota del 4 per cento);

-          alle copie consegnate o spedite, con “forfetizzazione” delle rese; tale regime si applica solo per il commercio di libri, giornali quotidiani, periodici diversi da quelli elencati supra e beni funzionalmente connessi. E’ facoltà dell’editore optare, però, per il regime delle copie effettivamente vendute. In tal caso, l’IVA è determinata sulla base delle copie consegnate o spedite per ciascuna testata o titolo. Tale importo è diminuito di una percentuale (70 per cento per i libri e dell'80 per cento per i giornali quotidiani e periodici) cd. “di resa”. Su tale ammontare si applica l’aliquota d’imposta.

In entrambe le ipotesi è necessario indicare il prezzo di vendita al pubblico della pubblicazione, comprensivo di IVA. Il regime speciale prevede inoltre regole apposite in materia di detraibilità dell’imposta (l’editore può detrarre l’imposta assolta sugli acquisti o sulle importazioni di beni e servizi impiegati nel ciclo produttivo o commerciale di prodotti editoriali, purché annoti i relativi documenti sull’apposito registro acquisti).

 

Il comma 4 subordina l'efficacia delle disposizioni introdotte alla preventiva approvazione da parte del Consiglio dell'Unione europea, ai sensi dell'articolo 395 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio sul sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto, del 28 novembre 2006.

 

L'imposta sul valore aggiunto (IVA) svolge una funzione essenziale all’interno delle politiche fiscali dell’UE; istituendo il “sistema comune dell’IVA” le autorità europee hanno inteso stabilire norme comuni e un limite minimo per le aliquote IVA applicabili. La direttiva 2006/112/CE ha proceduto alla rifusione delle norme che costituiscono il sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto, contenute principalmente nella direttiva 77/388/CEE del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari (cosiddetta “sesta direttiva IVA”), più volte modificata nel corso degli anni da numerose direttive.

Il sistema comune dell’IVA consente agli Stati membri, fermi i limiti minimi delle aliquote stabiliti in sede europea, di aumentare le medesime e scegliere le categorie di beni o servizi che beneficiano di aliquote ridotte all'interno determinati elenchi anch’essi predeterminati dalle norme comunitarie; la direttiva prevede inoltre deroghe temporanee accordate a determinati paesi UE a particolari condizioni. Inoltre, le norme sull'IVA e le aliquote rispettano il principio europeo per cui le decisioni sulle questioni fiscali possono essere adottate soltanto all'unanimità, e questo al fine di salvaguardare l'autonomia nazionale.

Ai sensi del richiamato articolo 395 della direttiva 2006/112/CE sul sistema comune dell’IVA, gli Stati membri possono richiedere alle istituzioni europee l’autorizzazione ad introdurre misure speciali di deroga alla direttiva medesima, ai seguenti scopi:

semplificare la riscossione dell'imposta;

evitare talune evasioni o elusioni fiscali.

In tal caso il Consiglio delibera all'unanimità su proposta della Commissione.

Le misure aventi lo scopo di semplificare la riscossione dell'imposta non devono influire, se non in misura trascurabile, sull'importo complessivo delle entrate fiscali dello Stato membro riscosso allo stadio del consumo finale.

Lo Stato membro che desidera introdurre le misure in deroga è tenuto a inviare una domanda alla Commissione fornendole tutti i dati necessari. Se la Commissione ritiene di non essere in possesso di tutti i dati necessari, essa contatta lo Stato membro interessato entro due mesi dal ricevimento della domanda, specificando di quali dati supplementari necessiti. Non appena la Commissione dispone di tutti i dati che ritiene necessari per la valutazione, ne informa lo Stato membro richiedente entro un mese e trasmette la domanda, nella lingua originale, agli altri Stati membri. Entro i tre mesi successivi all'invio dell'informazione alla Commissione, essa Commissione presenta al Consiglio una proposta appropriata o, qualora la domanda di deroga susciti obiezioni da parte sua, una comunicazione nella quale espone tali obiezioni.

La procedura deve essere completata, in ogni caso, entro otto mesi dal ricevimento della domanda da parte della Commissione.

 

In merito si ricorda che la Direttiva 2006/112/CE, al secondo paragrafo dell’articolo 98, esclude tassativamente che possano applicarsi aliquote ridotte (applicabili ai beni e ai servizi di cui all’allegato III della direttiva medesima) ai servizi forniti per via elettronica.

In merito si osserva che gli interventi proposti sembrano perseguire – come si evince anche dalla Relazione illustrativa - lo scopo di introdurre agevolazioni fiscali e non, dunque, le finalità antielusive/antievasione o di semplificazione per le quali la direttiva consente agli Stati di introdurre deroghe al sistema comune dell’IVA. In sostanza, parametro di valutazione per l’ammissibilità della norma ai fini del diritto comunitario dovrebbe piuttosto essere la riconducibilità – che peraltro non appare evidente - delle misure proposte alle fattispecie di cui allegato III della Direttiva 2006/112/CE (e cioè quelle per cui è consentita un’aliquota ridotta).

 


Articolo 6
(Agevolazioni in favore dei giovani imprenditori)

 

L’articolo 6 riguarda la promozione dei progetti presentati dalle piccole e medie imprese costituite da giovani imprenditori, finalizzati alla creazione e allo sviluppo di attività nel settore delle nuove tecnologie (comma 1).

Si ricorda che le PMI e microimprese sono definite dalle seguenti soglie[13]:

§      media impresa: occupa meno di 250 persone, realizza un fatturato annuo non superiore ai 50 milioni di euro oppure un totale di bilancio annuo non superiore ai 43 milioni di euro;

§      piccola impresa: occupa meno di 50 persone, realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore ai 10 milioni di euro;

§      microimpresa: occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di euro

La relazione illustrativa sottolinea che tale progetto si inscrive coerentemente nel quadro dell'agenda digitale europea, che mette in luce come in Europa gli investimenti in questa direzione continuino a essere insufficienti e frammentati. Come rileva la Commissione europea, infatti, «la creatività delle PMI è sottoutilizzata ed il vantaggio intellettuale della ricerca non si converte in vantaggio competitivo per le innovazioni basate sul mercato. Occorre fare leva sul talento dei ricercatori per creare un clima di innovazione nel quale le aziende europee di qualunque dimensione che operano nel settore ICT possano mettere a punto prodotti eccellenti in grado di generare una domanda».

Il comma 2 rinvia ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro il 31 dicembre 2012, la definizione delle modalità della promozione di tali progetti tramite un credito d'imposta commisurato agli investimenti effettuati.

Il comma 3 riguarda i requisiti per l'accesso al credito d'imposta (si segnala che, probabilmente per un refuso, il testo della norma riporta invece le parole “reddito d’imposta”):

§      gli aspiranti giovani imprenditori devono avere età inferiore a trentacinque anni (in caso di attività d'impresa esercitata in forma societaria, tutti i soci dell'impresa devono avere un'età inferiore a trentacinque anni);

§      la registrazione dell’attività d’impresa presso la competente camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura deve essere avvenuta nei sei mesi precedenti la presentazione della domanda.

Il comma 4 istituisce presso il Ministero dello sviluppo economico il Fondo di garanzia per la fornitura di una garanzia sussidiaria a quella ipotecaria per i mutui relativi all'acquisto, all'ampliamento e all'ammodernamento delle dotazioni tecnologiche funzionali alla realizzazione di tali progetti.

Il comma 5 vincola le pubbliche amministrazioni a riservare una quota non inferiore al 5 per cento della propria spesa in prodotti e servizi digitali a beneficio di tali progetti.

In pratica – come chiarisce la relazione illustrativa - le pubbliche amministrazioni devono riservare alle imprese di giovani imprenditori una quota non inferiore al 5 per cento della propria spesa in prodotti e servizi digitali (acquisto o noleggio, in qualsiasi forma, di forniture software e hardware; spese di assistenza tecnica e di manutenzione di dotazioni tecnologiche; spese per la formazione professionale del personale, di svolgimento di servizi di hosting, di consulenze nel campo delle nuove tecnologie eccetera).

Per ciò che concerne l’acquisto di beni e servizi da parte della P.A. si ricorda che la legislazione vigente prevede misure varie di razionalizzazione della spesa per tali beni da parte della P.A, in particolare attraverso l'incremento dei processi di centralizzazione degli acquisti, con il supporto di Consip S.p.a.

Allo stato, la disciplina base di tali competenze è contenuta nei seguenti  interventi: l’articolo 26 della legge n. 488/1999 (legge finanziaria 2000), l’articolo 58 della legge n. 388/2000, l’articolo 1, commi 449 e 450 della legge n. 296/2006 (legge finanziaria 2007), l’articolo 2, comma 574 della legge n. 244/2007, l’articolo 2, commi 225-227 della legge n. 191/2009 (legge finanziaria 2010).

In particolare, nell’ottica di un generale processo di razionalizzazione delle modalità di acquisto di beni e servizi, anche mediante il ricorso a strumenti e procedure informatiche, finalizzato tra l’altro a conseguire obiettivi di contenimento della spesa pubblica, l’articolo 26 della legge n. 488 del 1999 ha conferito al Ministero dell’economia la competenza - successivamente attribuita alla CONSIP S.p.a dall’art. 58 della legge 388/2000[14] - a stipulare convenzioni quadro, con le quali l'impresa prescelta, fornitrice di beni e servizi, si impegna ad accettare, sino a concorrenza della quantità massima complessiva stabilita dalla convenzione ed ai prezzi e condizioni ivi previsti, ordinativi di fornitura deliberati dalle amministrazioni dello Stato.

 

Andrebbe in proposito valutato l’impatto della riserva di destinazione della spesa per l’acquisto di prodotti e servizi digitali disposta dal comma 5 dell’articolo 6 in esame con la disciplina vigente relativa all’obbligo/facoltà di approvvigionamento tramite le convenzioni quadro e accordi quadro CONSIP.


Articolo 7
(Incentivi alla diffusione di dispositivi di POS per pagamenti con modalità informatiche)

 

L’articolo 7 è volto a incentivare la diffusione di dispositivi di POS per i pagamenti con modalità informatiche) mediante l’attribuzione di agevolazioni fiscali.

In primo luogo, il comma 1 consente ai titolari degli esercizi commerciali che si dotano di dispositivi di punti vendita (POS) abilitati a ricevere e ad autenticare pagamenti con modalità informatiche (“senza contatto”) di detrarre dall’imposta dovuta i costi degli investimenti sostenuti a tale fine.

Si osserva che la disposizione in commento non specifica da quale imposta o quali imposte è possibile effettuare la detrazione; nel silenzio della formulazione letterale, è plausibile che si intenda applicata all’imposta sui redditi. Sembrerebbe opportuno altresì che fossero date indicazioni in ordine alle modalità applicative della detrazione così disposta, eventualmente demandandole a provvedimenti dell’Amministrazione finanziaria.

Il comma 2 dispone che a decorrere dal 1o gennaio 2013 le pubbliche amministrazioni assicurano l'effettuazione dei pagamenti ad esse a qualsiasi titolo dovuti nel territorio nazionale anche tramite dispositivi di POS abilitati a ricevere e ad autenticare pagamenti con modalità informatiche.

Le disposizioni fanno salvo quanto previsto dall'articolo 5 del codice dell'amministrazione digitale (D.lgs. 7 marzo 2005, n. 82), come riformulato dall’art. 4, D.Lgs. n. 235/2010[15], ai sensi del quale le pubbliche amministrazioni consentono, sul territorio nazionale, l'effettuazione dei pagamenti ad esse spettanti, a qualsiasi titolo dovuti, fatte salve le attività di riscossione dei tributi regolate da specifiche normative, con l'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione. Esse possono avvalersi di prestatori di servizi di pagamento per consentire ai privati di effettuare i pagamenti in loro favore attraverso l'utilizzo di carte di debito, di credito o prepagate e di ogni altro strumento di pagamento elettronico disponibile. Il prestatore dei servizi di pagamento che riceve l'importo dell'operazione di pagamento, effettua il riversamento dell'importo trasferito al tesoriere dell'ente, registrando in apposito sistema informatico, a disposizione dell'amministrazione, il pagamento eseguito e la relativa causale, la corrispondenza di ciascun pagamento, i capitoli e gli articoli d'entrata oppure le contabilità speciali interessate.

Peraltro, si segnala che nel corso dell’esame del disegno di legge di conversione del D.L. 5/2012[16], attualmente all’esame della Camera, è stata approvata una modifica all’art. 5 del CAD, che prescrive alle pubbliche amministrazione la pubblicazione, sui propri siti istituzionali e sulle richieste di pagamento, dei codici identificativi dell'utenza bancaria sulla quale i privati possono effettuare i pagamenti mediante bonifico, oltreché l’indicazione specifica dei dati e codici da indicare obbligatoriamente nella causale di versamento.

 

Si osserva che disposizioni di analogo tenore sono state recentemente previste dai DD. LL. n. 201 del 2011 e n. 5 del 2012.

In particolare, l’articolo 12, comma 2 del D. L. 201 del 2011, oltre a imporre alle Pubbliche Amministrazioni di effettuare le operazioni di pagamento delle spese mediante l’utilizzo di strumenti telematici, sul fronte delle entrate incentiva l’utilizzo di strumenti diversi dal contante è (fatte salve le attività di riscossione dei tributi) prevedendo che il Ministero dell’economia e delle finanze promuova la stipula, tramite la Consip, di una o più convenzioni con prestatori di servizi di pagamento, affinché le pubbliche amministrazioni possano dotarsi di POS (pointof sale)a condizioni agevolate.

L’articolo 16, comma 7 del decreto-legge in materia di semplificazioni (D. L. n. 5 del 2012, attualmente all’esame del Parlamento per la conversione in legge) dispone che dal 1° maggio 2012 i pagamenti effettuati presso le sedi INPS avvengano esclusivamente mediante l’utilizzo di strumenti di pagamento elettronici, bancari o postali. 

 

Il comma 3 affida le modalità di attuazione delle norme in materia di POS a un decreto, da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in commento, dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione e dei Ministri competenti per materia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito DigitPA.

 

Il comma 4 prevede che le Regioni, anche per quanto concerne i propri enti e le amministrazioni del Servizio sanitario nazionale, e gli enti locali adeguino i propri ordinamenti alla disposizione in materia di pagamenti con POS di cui al comma 2.

 


Articolo 8
(Rottamazione e rinnovo delle dotazioni tecnologiche familiari).

 

 

L’articolo 8 interviene sul tema dell’aggiornamento ed il rinnovo delle dotazioni informatiche familiari prevede. L’articolo 8, per l’anno 2013, concede un contributo una tantum di 100 euro per l’acquisto di un computer fisso o di un tablet di ultima generazione, a condizione che si proceda contestualmente alla rottamazione di un vecchio apparato.

Si segnala come dalla formulazione della norma sembri escluso dall’agevolazione l’acquisto di computer portatili.

 

Possono ottenere il contributo le persone fisiche il cui reddito familiare sia inferiore a 20.000 euro e nel cui stato di famiglia sia presente un minorenne che ha compiuto il quattordicesimo anno di età.

Le modalità per l’attuazione della disposizione sono stabilite con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, da emanare entro il 30 settembre 2012.

 


Articolo 9
(Sviluppo delle infrastrutture)

 

Il comma 1 dell’articolo 9 intende di esentare dall’applicazione di alcune imposte comunali e provinciali l'occupazione del suolo e del sottosuolo con reti e con impianti di comunicazione elettronica in fibra ottica, in deroga a quanto stabilito dall'articolo 93, comma 2, secondo periodo, del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al D. Lgs. 1 agosto  2003, n. 259.

La richiamata norma prevede che gli operatori che forniscono reti di comunicazione elettronica abbiano l'obbligo di tenere indenne l'Ente locale, ovvero l'Ente proprietario, dalle spese necessarie per le opere di sistemazione delle aree pubbliche specificamente coinvolte dagli interventi di installazione e manutenzione e di ripristinare a regola d'arte le aree medesime nei tempi stabiliti dall'Ente locale. Nessun altro onere finanziario o reale può essere imposto, in conseguenza dell'esecuzione delle opere di cui al Codice medesimo, fatta salva l'applicazione della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche o del canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche ovvero dell'eventuale contributo una tantum per spese di costruzione delle gallerie .

In particolare, per effetto delle disposizioni in esame non troverebbero applicazione:

-       la tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche (disciplinata al capo II del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507).

La TOSAP - Tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche è disciplinata dagli articoli 38 a 57 del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507[17], come successivamente modificato. Essa era stata abolita, a seguito dell’introduzione del canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche, dall’articolo 51 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446[18]; è stata tuttavia successivamente reintrodotta dall'art. 31, comma 14, della legge 23 dicembre 1998, n. 448[19]. In merito si ricorda che:

§       alla TOSAP sono sottoposte le occupazioni di qualsiasi natura effettuate - anche senza titolo - nelle strade, nei corsi, nelle piazze e, comunque, sui beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei comuni e delle province (articolo 38 del D.Lgs. 507/93);

§       soggetto passivo del tributo (articolo 39) – dovuto al comune o alla provincia – è il titolare dell'atto di concessione o di autorizzazione o, in mancanza, dall'occupante di fatto, in proporzione alla superficie effettivamente sottratta all'uso pubblico nell'ambito del rispettivo territorio;

§       la disciplina applicativa del tributo è affidata all’ente territoriale, tenuto ad approvare il regolamento per l'applicazione della TOSAP;

§       la normativa statale distingue occupazioni permanenti e temporanee (articolo 42) e disciplina altresì le modalità di graduazione e determinazione della tassa. In particolare (articolo 42, commi 3 e 4) la tassa è graduata a seconda dell'importanza dell'area sulla quale insiste l'occupazione; essa si determina in base all'effettiva occupazione, espressa in metri quadrati o in metri lineari con arrotondamento all'unità superiore della cifra contenente decimali;

§       l’articolo 49 del D.Lgs. 507/93 elenca i casi di esenzione. Sono tra l’altro esenti da imposta le occupazioni effettuate dallo Stato, dalle regioni, province, comuni e loro consorzi, da enti religiosi per l'esercizio di culti ammessi nello Stato, dagli enti pubblici per finalità specifiche di assistenza, previdenza, sanità, educazione, cultura e ricerca scientifica.

-       il canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche (di cui all'articolo 63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446), calcolato con la previsione di speciali agevolazioni per occupazioni ritenute di particolare interesse pubblico e, in particolare, per quelle aventi finalità politiche ed istituzionali (ai sensi del comma 2, lettera e), del richiamatoarticolo 63);

Il D.Lgs. 15 dicembre 1997 n. 446 all’articolo 63[20] ha autorizzato i comuni e le province, con apposito regolamento, ad escludere l'applicazione della TOSAP, e in sostituzione, ad assoggettare l'occupazione permanente e temporanea di suolo pubblico al pagamento di un canone da parte del titolare della concessione, determinato nel medesimo atto di concessione ed in base a tariffa. Tra l’altro, il regolamento (articolo 63, comma 2):

§       deve prevedere le procedure per il rilascio, il rinnovo e la revoca degli atti di concessione;

§       reca l’indicazione analitica della tariffa, dell'entità dell'occupazione, del valore economico della disponibilità dell'area, nonché del sacrificio imposto alla collettività;

§       reca altresì l’indicazione delle modalità e termini di pagamento del canone e la previsione di speciali agevolazioni per occupazioni ritenute di particolare interesse pubblico;

§       infine, il regolamento comunale deve fissare un limite minimo (516,5 euro) di ammontare complessivo dei canoni dovuti a ciascun comune o provincia e detta i criteri il versamento del canone stesso.

-       l'eventuale contributo una tantum per spese di costruzione delle gallerie di cui all'articolo 47, comma 4, del decreto legislativo n. 507 del 1993.

Ai sensi della richiamata disposizione, i comuni e le province che provvedono alla costruzione di gallerie sotterranee per il passaggio delle condutture, dei cavi e degli impianti, hanno diritto di imporre un contributo una volta tanto nelle spese di costruzione delle gallerie, che non può superare complessivamente, nel massimo, il 50 per cento delle spese medesime.

 

Si ricorda che l’articolo 11, comma 1 del D. Lgs. n. 23 del 2011 in materia di federalismo fiscale municipale ha previsto che dal 2014 sia introdotta, con deliberazione del consiglio comunale, l'imposta municipale secondaria: essa è volta a sostituire alcune forme di prelievo, tra cui la TOSAP e il COSAP.

 

La norma in commento esonerano altresì dai predetti oneri i tratti di reti metalliche che sono conferiti o comunque interessati da progetti, da piani o da altre operazioni comunque denominate che ne prevedono la dismissione e la sostituzione con nuove infrastrutture in fibra ottica.

La norma in commento fa salvo l’obbligo di realizzare gli interventi di installazione di reti e impianti di comunicazione elettronica in fibra ottica mediante denuncia di inizio attività (ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112).

 

Il comma 2 dell’articolo 9 prevede, infine, che i comuni istituiscano il catasto delle infrastrutture civili esistenti. A tal fine i titolari o i concessionari di dette infrastrutture devono comunicare ai comuni l’ubicazione e il dimensionamento delle infrastrutture esistenti.

 

Al riguardo si osserva che dal tenore della disposizione non risulta chiaro se la norma si applichi solo alle reti e impianti di comunicazione elettronica in fibra ottica (alle quali si riferisce il comma 1) o a tutte le reti di comunicazione elettronica (comprese quindi le reti in rame)

 

 


Articolo 10
(Adozione del software libero)

 

L'articolo 10 reca norme volte a promuovere l'uso, da parte delle pubbliche amministrazioni, di soluzioni basate su software libero e su protocolli e formati aperti.

Nello specifico, il comma 1 stabilisce che le pubbliche amministrazioni, anche al fine di contenere e di razionalizzare la spesa pubblica e favorire interoperabilità dei componenti, utilizzano soluzioni basate su software libero e adottano soluzioni informatiche basate su protocolli e su formati aperti di generale accettazione.

 

Il software libero è un software pubblicato con una licenza che permette a chiunque di utilizzarlo e che ne incoraggia lo studio, le modifiche e la redistribuzione; ciò sta a significare che per le sue caratteristiche, si contrappone tanto al software proprietario quanto al concetto di open source, incentrandosi sulla libertà dell'utente e non solo sull'apertura del codice sorgente, che è comunque un pre-requisito del software libero.

Più specificamente l'espressione “software libero” si riferisce al rispetto delle libertà degli utenti e della comunità; in sostanza, gli utenti possiedono la libertà di eseguire, copiare, distribuire, studiare, cambiare e migliorare il software. Tramite queste libertà gli utenti (individualmente o nel loro complesso) controllano il programma e le sue funzioni.

Il concetto di “software libero” appare strettamente connesso alla di scambio di idee e informazioni considerato che, analogamente al pensiero, il software è immateriale e può essere riprodotto e trasmesso facilmente.

Più specificamente un programma è software libero se gli utenti del programma godono delle quattro libertà fondamentali[21] basate sulla precondizione dell’accesso al codice sorgente:

§         libertà di eseguire il programma, per qualsiasi scopo (libertà 0);

§         libertà di studiare come funziona il programma e di modificarlo in modo da adattarlo alle proprie necessità (libertà 1) con accesso al codice sorgente;

§         libertà di ridistribuire copie in modo da aiutare il prossimo (libertà 2);

§         libertà di migliorare il programma e distribuirne pubblicamente i miglioramenti apportati dagli altri utenti  in modo tale che tutta la comunità ne tragga beneficio (libertà 3).

In buona sostanza, libertà di usare un programma significa libertà per qualsiasi tipo di persona od organizzazione di utilizzarlo su qualsiasi tipo di sistema informatico, per qualsiasi tipo di attività e senza dover successivamente comunicare con lo sviluppatore o con qualche altra entità specifica. Quello che conta per questa libertà è lo scopo dell'utente, non dello sviluppatore.

Un importante modo di modificare un programma è quello di includervi funzioni e moduli liberi già esistenti; se la licenza del programma prevede che non si possano includere moduli già esistenti (nonostante abbiano una licenza appropriata), allora la licenza è troppo restrittiva per essere considerata libera.

Le suddette libertà per essere effettivamente tali devono essere permanenti e irrevocabili: se lo sviluppatore del software ha il potere di revocare la licenza, o di sostituirla retroattivamente con una più restrittiva, anche senza che l'utente sia causa di tale revoca, il software non è libero[22].

 

Con particolare riferimento alla razionalizzazione dei costi perseguita dalla norma in commento, si segnala che, in merito all’utilizzo di un sistema la cui rilevanza economica è ancora molto ridotta, il software libero non è ex se privo di carattere commerciale (il più delle volte infatti è concesso con licenza) sebbene sia, nella maggior parte dei casi, distribuito gratuitamente.

Una corretta valutazione dei costi, in termini di contenimento delle spese, conseguente alla introduzione del software libero nella pubblica amministrazione, non appare prima facie agevole anche in considerazione del fatto che determinate voci, quali i costi di manutenzione del programma (solitamente maggiori del prezzo di acquisto), non vengono ad essere eliminate in virtù di tale scelta[23].

 

Ai sensi del comma 2, le istituzioni pubbliche e il Governo sono tenute a fornire qualsiasi informazioni contenuta nelle proprie banche dati in modalità aperta e accessibile a tutti i cittadini.

In virtù del comma 3, lo Stato promuove l'interoperabilità tra le banche dati delle pubbliche amministrazioni attraverso l’individuazione, da parte del Ministero della pubblica amministrazione e la semplificazione, di soluzioni applicative standard, replicabili ed utilizzabili da parte di ogni pubblica amministrazione, allo scopo di assicurare l'economicità, l'efficienza e l'armonizzazione degli interventi.

Il comma 4 impone, poi, alle pubbliche amministrazioni di indicare i motivi che impediscono l'adozione di soluzioni basate su software libero.

 

Nel contesto della progressiva tendenza all’informatizzazione dell’azione amministrativa, di rilievo appare il concetto di e-government, quale particolare modalità di miglioramento della circolazione interna ed esterna dei dati nonché dell’attività degli uffici e degli organi della pubblica amministrazione. In particolare, mediante tale strumento, si rende possibile trattare e gestire la documentazione in possesso delle amministrazioni mediante strumenti digitali e strutture proprie dell’ICT (Information and Communication Technology) facilitando sia il rapporto interno tra gli uffici della pubblica amministrazione che tra questi e i cittadini.

In tale ottica, l’ e-government, quale modalità attuativa del diritto all’informazione, rappresenta uno strumento di concretizzazione sia dei principi costituzionali sanciti dall’art. 97 Cost. che della sussidiarietà di cui all’art. 118 Cost.

Sotto il profilo squisitamente normativo, si ricorda, altresì, che il CAD, oltre al perseguimento del preminente obiettivo di dematerializzazione dei documenti amministrativi redatti in forma cartacea, dedica il Capo VIII al Sistema Pubblico di Connettività (SPC) che può essere definito l'insieme di infrastrutture tecnologiche e di regole tecniche, per lo sviluppo, la condivisione, l'integrazione e la diffusione del patrimonio informativo e dei dati della pubblica amministrazione, necessarie per assicurare l'interoperabilità di base ed evoluta e la cooperazione applicativa dei sistemi informatici e dei flussi informativi, garantendo la sicurezza, la riservatezza delle informazioni, nonché la salvaguardia e l'autonomia del patrimonio informativo di ciascuna pubblica amministrazione (art. 73). Il Codice stabilisce le finalità, i servizi, gli obblighi per le pubbliche amministrazioni nonché le strutture organizzative preposte al governo del sistema stesso. Le regole tecniche e di sicurezza per il funzionamento del SPC sono state dettate con un DPCM del 1° aprile 2008 (Regole tecniche e di sicurezza per il funzionamento del Sistema pubblico di connettività previste dall'articolo 71, comma 1-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante il «Codice dell'amministrazione digitale).

L’art. 50 del Codice dell'amministrazione digitale disciplina, inoltre, la gestione, lo scambio e la fruibilità dei dati informativi prodotti dalle pubbliche amministrazioni o comunque in loro possesso. Tale disposizione stabilisce in via generale che le pubbliche amministrazioni utilizzano le tecnologie dell’informazione e della comunicazione per formare, raccogliere, conservare e rendere accessibili i dati dalle stesse detenuti. Inoltre, i dati delle pubbliche amministrazioni sono gestiti in modo da consentirne la “fruizione e riutilizzazione, alle condizioni fissate dall’ordinamento, da parte delle altre pubbliche amministrazioni e dai privati”, e si precisa che “qualunque dato trattato da una pubblica amministrazione è utilizzabile da un’altra pubblica amministrazione nei limiti dell’esercizio delle proprie funzioni”, con i limiti posti dalla disciplina sulla tutela dei dati personali, dalla L. 241/1990 sul procedimento amministrativo e dalla normativa sul riuso dei documenti pubblici.

 

In conclusione il comma 5 prevede che le pubbliche amministrazioni, oltre a promuovere l'utilizzo di software libero e di formati aperti nelle procedure ad evidenza pubblica, possano assegnare punteggi aggiuntivi a beneficio dei soggetti che utilizzano tali strumenti nei bandi di gara aventi ad oggetto l'acquisto di dotazioni tecnologiche.

 


Articolo 11
(Programmi di alfabetizzazione informatica e di educazione ai nuovi media audiovisivi e radiofonici)

 

L’articolo 11 introduce disposizioni finalizzate alla realizzazione di un programma pubblico di alfabetizzazione informatica.

 

Come esplicitato nella relazione introduttiva alla pdl in esame, si tratta di un programma che assume come punto di riferimento le valutazioni critiche contenute nell’Agenda digitale europea, il cui obiettivo principale è sviluppare un mercato unico digitale per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva[24], in cui si rileva che l’Europa soffre “di una crescente carenza di competenze professionali nel settore delle ITC (Information and Communication Technology) e di analfabetismo digitale, i quali escludono molti cittadini dalla società e dall’economia digitale, e limitano il forte effetto moltiplicatore sull’aumento della produttività che deriverebbe dall’azione dell’ITC. Tale situazione richiede pertanto una reazione coordinata, la cui iniziativa spetta agli Stati membri e alle parti interessate.

 

Il comma 1 detta la disposizione di principio in base alla quale lo Stato, al fine di incentivare il più ampio utilizzo e la massima fruibilità dei servizi digitali della pubblica amministrazione, promuove iniziative volte a favorire l’alfabetizzazione informatica dei cittadini, con particolare riguardo alle categorie a rischio di esclusione, attraverso la realizzazione di idonei percorsi formativi.

Al secondo periodo, il comma 1 ribadisce che tali percorsi sono destinati, in particolare, alle categorie a rischio di esclusione, specificando che tale esclusione è di tipo digitale, nonché ai pubblici dipendenti addetti ad attività e servizi che richiedono specifiche competenze informatiche.

 

Con riferimento alla formulazione del testo, al fine di evitare una ripetizione non essenziale delle parole “a rischio di esclusione”, considerato che tale rischio appare assumere in ogni caso il carattere di “digitale”, si valuti l’opportunità, ad esempio, della seguente riformulazione del comma 1: “Al fine di incentivare il più ampio utilizzo e la massima fruibilità dei servizi digitali della pubblica amministrazione, lo Stato promuove iniziative volte a favorire l’alfabetizzazione informatica dei cittadini, con particolare riguardo alle categorie a rischio di esclusione digitale, attraverso la realizzazione di idonei percorsi formativi, destinati anche ai pubblici dipendenti addetti ad attività e servizi che richiedono specifiche competenze informatiche”.

 

Il comma 2 dispone che, in attuazione del comma 1, con decreto del MIUR, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, sono stabiliti i criteri di partecipazione ai percorsi formativi, i contenuti e le modalità di svolgimento degli stessi. Con il medesimo decreto vengono altresì stabilite le modalità di utilizzo delle strutture e del personale pubblico necessario alla realizzazione dei predetti percorsi formativi.

 

Il comma 3 prevede che i percorsi formativi di cui al comma precedente devono svolgersi senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica, mediante l’utilizzo delle strutture scolastiche pubbliche e con il ricorso a personale qualificato appartenente ai ruoli delle amministrazioni dello Stato.

In proposito appare opportuno ricordare che l’art. 5 del D.Lgs. n. 59/2004, decreto che ha definito le norme generali relative alla scuola dell'infanzia e al primo ciclo dell'istruzione, in attuazione delle deleghe contenute nella legge n. 53/2003 per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale, ha fatto esplicito riferimento all’alfabetizzazione informaticatra le conoscenze e le abilità di base, la cui acquisizione costituisce una finalità della scuola primaria.

Successivamente, il D.M. 31 luglio 2007, che ha definito le indicazioni per il curricolo della scuola d'infanzia e del primo ciclo di istruzione, ha richiamato l’uso delle tecnologie informatiche, con specifico riferimento agli obiettivi curricolari di apprendimento delle lingue comunitarie, oltre a citare tali tecnologie quali strumenti necessari ai traguardi per lo sviluppo della competenza al termine delle scuole del primo ciclo.

Con riferimento all’organizzazione didattica della scuola primaria, si deve altresì citare la rimodulazione prevista dall'art. 64 del decreto-legge n. 112/2008 (L. n. 133/2008), nell'ambito di una serie di interventi di riorganizzazione su tre direttrici, tra le quali la ridefinizione degli ordinamenti scolastici. Per quanto qui interessa, pertanto, il comma 4, lett. b), del predetto articolo 64, ha previsto la revisione dell'attuale assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico, attenendosi, tra gli altri, al criterio della ridefinizione dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola, anche attraverso la razionalizzazione dei piani di studio e dei relativi quadri orari, con particolare riferimento agli istituti tecnici e professionali. In attuazione di tale articolo, è stato approvato il DPR n. 89 del 20 marzo 2009 che ha rivisto l’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione, senza modificare, in materia di tecnologie informatiche, quanto già previsto dal sopra richiamato DM 31 luglio 2007.

Per quanto attiene all’istruzione secondaria superiore, le direttrici del riordino scolastico di cui al sopra richiamato articolo 64, comma 4, hanno riguardato, tra l’altro, la semplificazione dei piani di studio, finalizzata ad operare un riordino delle sperimentazioni esistenti e all’obiettivo di fornire agli studenti competenze spendibili per l’inserimento nel mondo del lavoro e per il passaggio ai livelli superiori di istruzione. Ai fini del predetto riordino, sono stati approvati i DPR. 87, 88 e 89 del 15 marzo 2010, relativi, rispettivamente, agli istituti professionali, agli istituti tecnici ed ai licei.

Da tali DPR si evince che, tra i risultati di apprendimento comuni a tutti i percorsi, è inserita la capacità di utilizzare le reti e gli strumenti informatici nelle attività di studio, ricerca e approfondimento disciplinare, prevedendo l’insegnamento dell’informatica o come materia autonoma ovvero nell’ambito dell’insegnamento della matematica (nel caso dei licei).

 

Il comma 4 prevede che le regioni, anche per quanto concerne i propri enti e le amministrazioni del Servizio sanitario nazionale, e gli enti locali devono adeguare i propri ordinamenti alle disposizioni del comma 1 e coordinare la propria attività con il MIUR ai fini della realizzazione, sul territorio di competenza, dei predetti percorsi formativi.

 

Il servizio pubblico generale radiotelevisivo, inoltre, ai sensi del comma 5, è chiamato a garantire, secondo quanto disposto dall’articolo 45, co. 2, lett. b), del T.U. dei servizi di media audiovisivi e radiofonici (D. Lgs. n. 177/2005), la predisposizione di un’offerta di contenuti, che sia organizzata in forma di percorso formativo organico, finalizzata all’alfabetizzazione informatica, nonché a una corretta educazione ai nuovi media audiovisivi.

Si ricorda che, in base al richiamato articolo 45, co. 2, lett. b), il servizio pubblico generale radiotelevisivo[25] è chiamato a garantire comunque un numero adeguato di ore di trasmissioni televisive e radiofoniche dedicate all'educazione, all'informazione, alla formazione, alla promozione culturale, con particolare riguardo alla valorizzazione delle opere teatrali, cinematografiche, televisive, anche in lingua originale, e musicali riconosciute di alto livello artistico o maggiormente innovative. Tale numero di ore è definito ogni tre anni con deliberazione dell'Autorità; dal computo di tali ore sono escluse le trasmissioni di intrattenimento per i minori.

 

Per l’attuazione dei predetti obiettivi, il comma 6 fa rinvia ad un regolamento dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) con il compito di stabilire l’ambito soggettivo ed i criteri e le modalità di estensione dell’applicazione delle disposizioni di cui al comma 5 ad altri fornitori di servizi di media audiovisivi e radiofonici in ambito nazionale, ai sensi dell’articolo 7, co. 1 e 2, del T.U. di cui al D.Lgs. n. 177/2005, e successive modificazioni.

Si ricorda che l’articolo 7 del richiamato T. U. reca i principi generali in materia di informazione e di ulteriori compiti di pubblico servizio nel settore dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, stabilendo che l'attività di informazione mediante servizio di media audiovisivo o radiofonico costituisce un servizio di interesse generale. La disciplina dell'informazione radiotelevisiva, comunque, è chiamata a garantire il rispetto di taluni principi esplicitati dalla norma[26].

 

In particolare, i commi 1 e 2 stabiliscono, rispettivamente, l’interesse generale dell'attività di informazione mediante servizio di media audiovisivo o radiofonico, e i contenuti minimi che la stessa deve garantire nonché le prescrizioni e i divieti fondamentali cui essa deve attenersi. Il comma 3, a sua volta, prevede che l’AGCOM stabilisce ulteriori regole per le emittenti, anche analogiche, e per le emittenti radiofoniche, diverse da quelle operanti in ambito locale, al fine di rendere effettiva l'osservanza dei principi definiti al Capo I del D.Lgs. n. 177/2005.

 

Per quanto sopra illustrato, si valuti dunque l’opportunità di richiamare, all’interno del comma 6 dell’articolo 11 in esame, anche il comma 3 dell’art. 7 del D.lgs. 177/2005.

 


Articolo 12
(Copertura finanziaria)

 

Il comma 1 reca la norma di copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’attuazione dell’articolo 4, il quale prevede la concessione di un contributo una tantum per la stipula di un contratto di accesso a una connessione internet, pari a 50 euro, a favore delle famiglie in possesso di specifici requisiti.

 

Il comma 1, in particolare, dispone che alla copertura degli oneri si provvede a valere sulle risorse del Fondo peril sostegno della domanda finalizzata ad obiettivi di efficienza energetica, di cui all’articolo 4 del decreto legge n. 40/2010[27], il quale viene a tale fine incrementato di 15 milioni di euro.

 

Si osserva che il comma in esame non reca la quantificazione finanziaria degli oneri derivanti dalla misura contenuta nell’articolo 4, né indica l’esercizio finanziario cui l’onere afferisce, che comunque, in base a quanto disposto dal medesimo articolo, sembrerebbe essere riferito all’anno 2012.

Inoltre, la norma non specifica con quali risorse s’intende incrementare la dotazione del suddetto Fondo per il sostegno alla domanda in materia energetica.

Il citato articolo 4 del D.L. 40/2010 ha istituito presso il Ministero dello sviluppo economico un fondo per il sostegno della domanda finalizzata ad obiettivi di efficienza energetica, anche con riferimento al parco immobiliare esistente, ecocompatibilità e di miglioramento della sicurezza sul lavoro, con una dotazione pari a 300 milioni di euro per l'anno 2010. Con il D.M. 26 marzo 2010, il Ministro dello sviluppo economico ha stabilito le modalità di erogazione di tali risorse.

 

Il comma 2 prevede che agli eventuali oneri derivanti dall'attuazione del provvedimento in esame – fatta eccezione per l'articolo 4 - si provvede a valere sulle risorse assegnate al progetto «PC alle famiglie» ai sensi dell'articolo 27 della legge n. 3/2001 - non ancora impegnate alla data di entrata in vigore della legge in esame.

 

Si ricorda che la legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289/2003, articolo 27, comma 1) ha istituito un fondo speciale, denominato «PC ai giovani».

Successivamente, l'art. 4, comma 10, della legge finanziaria 2004 (legge n. 350/2003) ha previsto la destinazione nel limite massimo di 30 milioni di euro di quota parte del fondo sopracitato per la costituzione di un fondo speciale denominato «PC alle famiglie» finalizzato alla copertura delle spese relative all'omonimo progetto promosso dal Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio dei Ministri, diretto all'erogazione, nel corso del 2004, di un contributo di 200 euro per l'acquisizione e l'utilizzo di un personal computer con la dotazione necessaria per il collegamento ad Internet, da parte dei contribuenti persone fisiche residenti in Italia con un reddito complessivo non superiore a 15.000 euro, relativo all'anno 2002. In attuazione, è stato emanato il decreto del Ministro per l'innovazione e le tecnologie di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze 1 luglio 2004[28].

 

Si osserva che il comma in esame non reca la quantificazione degli oneri finanziari derivanti dal provvedimento, e in particolare di quelli derivanti dai seguenti articoli, per i quali non è prevista una specifica autorizzazione di spesa: articolo 3 (sanità digitale), articolo 5 (applicazione dell’IVA agevolata per le transazioni commerciali tramite internet), articolo 6 (agevolazioni in favore di giovani imprenditori), articolo 7 (incentivi alla diffusione di POS per pagamenti con modalità informatiche), articolo 8 (contributo per la rottamazione e rinnovo delle dotazioni tecnologiche e familiari), articolo 9 (detassazione per sviluppo degli impianti di comunicazione elettronica) articolo 11 (percorsi formativi per l’alfabetizzazione informatica).

 

 

 



[1]    D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, Codice dell’amministrazione digitale.

[2]    Legge 29 luglio 2003, n. 229, Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione. Legge di semplificazione 2001.

[3]    D.Lgs. 5 aprile 2006, n. 159, Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante codice dell’amministrazione digitale.

[4]    D.Lgs. 30 dicembre 2010 n. 235 Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante Codice dell'amministrazione digitale, a norma dell'articolo 33 della legge 18 giugno 2009, n. 69.

[5]    D.L. 30 settembre 2003, n. 269, Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 24 novembre 2003, n. 326.

[6]    Il Portale è consultabile al seguente indirizzo:

      http://sistemats1.sanita.finanze.it/wps/portal/!ut/p/c1/04_SB8K8xLLM9MSSzPy8xBz9CP0os_gwL2dLZwODYAP_UG9jA6MAf3Mvk6AQA_cAc30_j_zcVP2CbEdFADQwr9s!/dl2/d1/L2dJQSEvUUt3QS9ZQnB3LzZfVkpDOUMwMFMwT1VLMzAyUE83SjRSVDAwSDY!/

[7]    D.L. 31 maggio 2010, n. 78, Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122

[8]    Ministero dell’economia e delle finanze, Decreto 2 novembre 2011, De-materializzazione della ricetta medica cartacea, di cui all'articolo 11, comma 16, del decreto-legge n. 78 del 2010. (Progetto Tessera Sanitaria).

[9]    Definizione delle modalità tecniche per la predisposizione e l'invio telematico dei dati delle certificazioni di malattia al SAC.

[10]   Conferenza permanente Stato, Regioni e Province Autonome, Intesa 10 febbraio 2011, n. 19/CSR, Intesa, ai sensi dell'articolo 8 comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sul documento recante «Il fascicolo sanitario elettronico - Linee guida nazionali». (Rep. Atti n. 19/CSR del 10 febbraio 2011).

[11]   D.L. 13 maggio 2011, n. 70 , Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 12 luglio 2011, n. 106.

[12]    Recante misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale e convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2.

[13]   La definizione comunitaria di microimprese, piccole e medie imprese è contenuta nella raccomandazione 2003/361/CE. A questa definizione il legislatore nazionale si è adeguato con il decreto dell’allora Ministro delle attività produttive del 18 aprile 2005.

[14]   Il D.M. 24 febbraio 2000 del Ministro dell'economia e delle finanze aveva in primo luogo attribuito alla Consip S.p.A. l'incarico  di  stipulare  le  convenzioni  per  l'acquisto di beni e servizi  per  conto delle amministrazioni dello Stato di cui all'art. 26 della legge n. 488/1999.

 

[15]   D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235, Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante Codice dell'amministrazione digitale, a norma dell'articolo 33 della legge 18 giugno 2009, n. 69.

[16]   D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo.

[17]    Revisione ed armonizzazione dell'imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle province nonché della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a norma dell'art. 4 della L. 23 ottobre 1992, n. 421, concernente il riordino della finanza territoriale.

[18]    Istituzione dell'imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell'Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali.

[19]    Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo.

[20]    Come già commentato supra, la TOSAP era stata abolita dall’articolo 51 del D.Lgs. 15 dicembre 1997 a seguito dell’introduzione del COSAP - canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche. Dal momento che la tassa è stata reintrodotta nell’ordinamento dall'art. 31, comma 14, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, attualmente coesistono entrambe le forme di prelievo.

[21]   Nella relazione sopra riportata, in assenza di precedenti interventi normativi, s’intende fa riferimento alla definizione data da un noto programmatore informatico statunitense, Richard Matthew Stallman, uno dei principali esponenti del cd. movimento del software libero e fondatore della Free Software Foundation (FSF) nonché autore di molte licenze copyleft compresa la GNU General Public License (GPL), la licenza per software libero più diffusa.

[22]   Tuttavia, certi tipi di regole sul come distribuire il software libero sono accettabili quando non entrano in conflitto con le libertà principali. Per esempio, il copyleft, noto anche impropriamente come "permesso d'autore", è  la regola per cui, quando il programma è ridistribuito, non è possibile aggiungere restrizioni per negare ad altre persone le libertà principali. Questa regola non entra in conflitto con le libertà principali, anzi le protegge.

[23]   Per una completa disamina del concetto affrontato dalla norma in commento si consiglia la consultazione del sito www.softwarelibero.it.

[24]  http://europa.eu/legislation_summaries/information_society/strategies/si0016_it.htm).

[25]   In proposito si sottolinea che, ai sensi dell'articolo 7, comma 4, il T. U. richiamato dalla disposizione in esame è chiamato ad individuare gli ulteriori e specifici compiti e obblighi di pubblico servizio che la società concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo è tenuta ad adempiere nell'ambito della sua complessiva programmazione, anche non informativa, ivi inclusa la produzione di opere audiovisive europee realizzate da produttori indipendenti, al fine di favorire l'istruzione, la crescita civile e il progresso sociale, di promuovere la lingua italiana e la cultura, di salvaguardare l'identità nazionale e di assicurare prestazioni di utilità sociale

[26]   Tra questi: la presentazione veritiera dei fatti e degli avvenimenti, in modo tale da favorire la libera formazione delle opinioni; la trasmissione quotidiana di telegiornali o giornali radio da parte dei soggetti abilitati a fornire contenuti in ambito nazionale o locale su frequenze terrestri; l'accesso di tutti i soggetti politici alle trasmissioni di informazione e di propaganda elettorale e politica in condizioni di parità di trattamento e di imparzialità, nelle forme e secondo le modalità indicate dalla legge; la trasmissione dei comunicati e delle dichiarazioni ufficiali degli organi costituzionali indicati dalla legge; l'assoluto divieto di utilizzare metodologie e tecniche capaci di manipolare in maniera non riconoscibile allo spettatore il contenuto delle informazioni.

[27]   D.L. n. 40/2010, “Disposizioni urgenti tributarie e finanziarie in materia di contrasto alle frodi fiscali internazionali e nazionali operate, tra l'altro, nella forma dei cosiddetti «caroselli» e «cartiere», di potenziamento e razionalizzazione della riscossione tributaria anche in adeguamento alla normativa comunitaria, di destinazione dei gettiti recuperati al finanziamento di un Fondo per incentivi e sostegno della domanda in particolari settori”, convertito in legge n. 73/2010.

[28]   Progetto «PC alle famiglie», di cui all'art. 4, comma 10, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.