Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Bilancio dello Stato | ||
Altri Autori: | Servizio Commissioni | ||
Titolo: | (AC 2854 e abb) Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Scheda di analisi Numero: 156 | ||
Data: | 15/03/2011 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: |
V-Bilancio, Tesoro e programmazione
XIV - Politiche dell'Unione europea |
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Camera dei deputati
XVI LEGISLATURA
Analisi degli effetti finanziari |
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A.C. 2854 e abb.
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Norme generali sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea
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N. 156 – 15 marzo 2011 |
La verifica delle relazioni tecniche che corredano i provvedimenti all'esame della Camera e degli effetti finanziari dei provvedimenti privi di relazione tecnica è curata dal Servizio Bilancio dello Stato. La verifica delle disposizioni di copertura, evidenziata da apposita cornice, è curata dalla Segreteria della V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione). L’analisi è svolta a fini istruttori, a supporto delle valutazioni proprie degli organi parlamentari, ed ha lo scopo di segnalare ai deputati, ove ne ricorrano i presupposti, la necessità di acquisire chiarimenti ovvero ulteriori dati e informazioni in merito a specifici aspetti dei testi.
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Tel. 2174 – 9455
SERVIZIO COMMISSIONI – Segreteria della V Commissione
Tel 3545 – 3685
A.C.
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2854 e abb. |
Titolo breve:
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Norme generali sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e alla attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea
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Iniziativa:
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Commissione di merito:
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Relatore per la Commissione di merito:
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Gottardo |
Gruppo: |
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Relazione tecnica: |
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Destinatario:
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Oggetto:
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nuovo testo unificato |
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INDICE
Comitato interministeriale per gli affari europei (CIAE)
Partecipazione del Parlamento al processo di formazione degli atti dell’Unione europea
Comitato tecnico permanente e Segreteria per gli affari europei
Clausola di neutralità finanziaria
Adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza all’Unione europea
ARTICOLI da 41 a 47 e ARTICOLO 53
Lotta alle frodi contro l’Unione europea
PREMESSA
La proposta di legge in esame[1] reca norme generali sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea.
La disciplina proposta è destinata a sostituire la legge n. 11/2005 che viene conseguentemente abrogata dall’articolo 57.
Il testo non è corredato di relazione tecnica[2]. Il provvedimento reca, all’articolo 56, una clausola di invarianza finanziaria.
Si esaminano di seguito le disposizioni che presentano profili di carattere finanziario.
ANALISI DEGLI EFFETTI FINANZIARI
Comitato interministeriale per gli affari europei (CIAE)
Le norme recano la disciplina del Comitato interministeriale per gli affari europei (CIAE), organismo che sostituisce il Comitato interministeriale per gli affari comunitari europei (CIACE) attualmente regolato dall’articolo 2 della legge 11/2005.
Il funzionamento del nuovo organismo risulta modificato rispetto al precedente. Si stabilisce, infatti, che il Ministro degli esteri sia accompagnato dal rappresentante permanente d’Italia presso l’UE: ciò incrementa il numero di partecipanti ai lavori del Comitato. Si prevede, altresì, che alle riunioni del Comitato necessariamente partecipino, nei casi in cui vengano trattate materie di rispettivo interesse, il presidente della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome[3] e, per gli ambiti di competenza, i presidenti dell’ANCI, dell’UPI e dell’UNCEM[4].
La normativa vigente prevede che i soggetti in questione possano solo chiedere di partecipare.
Al riguardo appare opportuno che sia chiarito, anche al fine di verificare l’effettività della clausola di invarianza recata dall’articolo 56, se sussistano profili onerosi connessi con la partecipazione degli ulteriori soggetti sopra individuati alle riunioni del CIAE.
Partecipazione del Parlamento al processo di formazione degli atti dell’Unione europea
Le norme disciplinano la partecipazione del Parlamento al processo di formazione degli atti dell’Unione europea. Le disposizioni sono sostanzialmente confermative della normativa vigente[5].
La nuova disciplina tuttavia prevede obblighi informativi più estesi a carico del Governo, stabilendo che per i progetti di atti dell'Unione europea e per gli atti preordinati alla formulazione degli stessi dotati di particolare rilevanza sia obbligatoria la stesura di una nota illustrativa. Inoltre ciascuna Camera può chiedere la compilazione di una nota illustrativa in relazione ad altri atti o progetti di atti, anche di natura non normativa, trasmessi ai sensi del presente articolo.
Si prevede, altresì, che il Dipartimento per le politiche europee assicuri alle Camere un'informazione qualificata e tempestiva sui progetti di atti legislativi dell'Unione europea. A tal fine, entro venti giorni dalla trasmissione di un progetto di atto legislativo, l'amministrazione con competenza istituzionale prevalente per materia elabora una relazione, contenente - fra l’altro - una valutazione complessiva del progetto e delle sue prospettive negoziali, con l'evidenziazione dei punti ritenuti conformi all'interesse nazionale e dei punti per i quali si ritengono necessarie o opportune modifiche. La relazione contiene inoltre una stima dell'impatto del progetto, dal punto di vista finanziario e dal punto di vista degli effetti sull'ordinamento nazionale, sulle competenze regionali e locali, sull'organizzazione delle pubbliche amministrazioni e sulle attività dei cittadini e delle imprese. Secondo la legislazione vigente, la stesura di relazioni è un’attività avente carattere eventuale.
Al riguardo, considerati i più stringenti obblighi informativi posti a carico del Dipartimento per le politiche europee e delle Amministrazioni centrali, appare opportuno che il Governo assicuri che i nuovi adempimenti possano essere eseguiti utilizzando le risorse finanziarie, umane e strumentali già disponibili a legislazione vigente.
Comitato tecnico permanente e Segreteria per gli affari europei
Le norme stabiliscono che per la preparazione delle proprie riunioni il CIAE si avvalga di un Comitato tecnico permanente per gli affari europei, istituito presso il Dipartimento per le politiche europee. Il Comitato è coordinato e presieduto dal responsabile della Segreteria per gli affari europei (articolo 16, comma 1).
Il Comitato si compone di un rappresentante per ciascun Ministero (articolo 16, comma 3).
La legislazione vigente prevede che ne facciano parte direttori generali o alti funzionari con qualificata specializzazione in materia, designati da ognuna delle amministrazioni del Governo.
Nell’ambito del Comitato tecnico sono istituiti gruppi di lavoro incaricati di preparare le riunioni del Comitato con riferimento a specifici dossier o tematiche (articolo 16, comma 4). Si stabilisce che il Comitato sia integrato da rappresentanti delle Regioni e province autonome. Inoltre, innovando la vigente normativa, si prevede: che il Comitato sia altresì integrato, quando siano trattate materie di loro interesse e per gli ambiti di competenza degli enti locali, da rappresentanti indicati dall’UPI, ANCI e dall’UNCEM (articolo 16, comma 5), che alle riunioni del Comitato partecipino, in qualità di osservatori, funzionari della Camera dei deputati e del Senato (articolo 16, comma 6) e che possano essere anche invitati rappresentanti delle autorità di regolamentazione e vigilanza (articolo 16, comma 7).
La Segreteria per gli affari europei ha il compito di curare l’attività istruttoria e di supporto al funzionamento del CIAE e del Comitato tecnico permanente (articolo 17, comma 1).
Le norme confermano che, per il funzionamento del CIAE, il Dipartimento per le politiche europee possa avvalersi, entro un contingente massimo di venti unità, di personale in posizione di comando proveniente da altre amministrazioni ed appartenente alla terza area o qualifiche equiparate (articolo 17, comma 2). Rispetto alla vigente normativa si prevede un ulteriore contingente di 10 unità di personale in posizione di comando. Il Dipartimento per le politiche europee può attivare tale contingente entro il 31 gennaio di ogni anno, nel limite delle risorse finanziarie disponibili presso la Presidenza del Consiglio. Tale ultimo contingente non determina variazioni della “consistenza organica” ed è destinato all’espletamento delle specifiche attività connesse alla partecipazione del Parlamento, delle regioni, delle province autonome e delle autonomie locali al processo di formazione di alcuni atti dell’Unione europea (articolo 17, comma 3). Infine assume carattere innovativo la disposizione in base alla quale il Dipartimento per le politiche europee può avvalersi di un contingente massimo di sei unità di personale delle regioni o delle province autonome appartenente alla terza area o qualifiche equiparate, in posizione di distacco. Il personale assegnato conserva lo stato giuridico e il trattamento economico dell’amministrazione di appartenenza e rimane a carico della stessa (articolo 17, comma 5).
Al riguardo, con riferimento alla composizione del Comitato, al fine di escludere che dalle norme in esame possano derivare effetti onerosi, appare opportuno che sia chiarito:
se il responsabile della Segreteria per gli affari europei sia una figura professionale già esistente nell’ambito del Dipartimento per le politiche europee ovvero costituisca una nuova figura professionale eventualmente titolare di indennità aggiuntive o di altri trattamenti retributivi attualmente non previsti;
se la Segreteria per gli affari europei costituisca una nuova struttura da istituire nell’ambito del Dipartimento o rappresenti semplicemente la nuova denominazione della Segreteria del CIACE che costituisce articolazione dell’attuale struttura del Dipartimento stesso;
quanto alla facoltà del Ministro di nominare il proprio rappresentante nel Comitato, non viene riproposta la disposizione che limitava la scelta ai “direttori generali o alti funzionari con qualificata specializzazione in materia”. Andrebbe confermato che non siano prefigurabili oneri connessi al venir meno di tale limitazione;
se la possibilità di integrare la composizione del Comitato, per gli ambiti di competenza degli enti locali, anche con i rappresentanti indicati dall’UPI, ANCI e dall’UNCEM possa determinare oneri a carico del bilancio di tali enti.
Con riferimento all’ulteriore contingente di 10 unità di personale in posizione di comando che il Dipartimento per le politiche europee può attivare entro il 31 gennaio di ogni anno nel limite delle risorse finanziarie disponibili presso la Presidenza del Consiglio, andrebbero acquisiti i seguenti chiarimenti:
la previsione di un meccanismo di attivazione da definire annualmente sulla base delle risorse disponibili non sembra offrire una sufficiente garanzia di finanziamento delle funzioni ivi previste, che dovrebbero presumibilmente avere una durata non limitata all’esercizio finanziario. Sul punto andrebbe acquisito l’avviso del Governo;
andrebbero fornite indicazioni circa la misura della maggior spesa connessa con l’utilizzo di ulteriori 10 unità in posizione di comando;
andrebbe chiarita la portata applicativa della espressione in base alla quale l’ulteriore contingente non determina variazioni della consistenza organica.
La “consistenza” indica solitamente il numero di unità di personale effettivamente utilizzate. Qualora si intendesse fare riferimento – invece - al numero complessivo di unità teoricamente assegnate alla Presidenza del Consiglio, sembrerebbe più appropriato utilizzare il termine “dotazione” organica;
Infine, andrebbe chiarito se l’esercizio della facoltà – per il Dipartimento per le politiche europee – di avvalersi di un contingente massimo di 6 unità di personale delle regioni o delle province autonome in posizione di distacco possa determinare maggiori oneri a carico di questi enti per la sostituzione di tale personale (ovvero a carico del Dipartimento allo scopo di sostenere le spese connesse con il trasferimento di dette unità).
Le norme dispongono che le amministrazioni centrali individuino al loro interno, nei limiti delle risorse finanziarie, umane e strumentali disponibili a legislazione vigente, uno o più Nuclei europei.
I Nuclei operano all'interno delle rispettive amministrazioni, in collegamento con il Dipartimento per il coordinamento delle politiche europee ed assistono i rappresentanti delle proprie amministrazioni presso il Comitato tecnico permanente.
I Nuclei assicurano il monitoraggio delle attività di rilevanza europea di competenza delle rispettive amministrazioni e contribuiscono alla predisposizione dei contributi alle informazioni ed alle relazioni da trasmettere alle Camere o ad altri soggetti istituzionali.
Al riguardo si osserva che dal tenore letterale delle norme non è possibile desumere la natura, la composizione e la struttura amministrativa propria di detti nuclei. Tali informazioni appaiono necessarie al fine di accertare se le amministrazioni centrali possano provvedere alla loro individuazione in assenza di oneri aggiuntivi.
In merito ai profili di copertura finanziaria, con riferimento alla formulazione del comma 1, si rileva che la disposizione prevede una specifica clausola di neutralità finanziaria. In considerazione del fatto che l’articolo 57 reca una clausola di analogo tenore riferita all’intero provvedimento, appare opportuno acquisire l’avviso del Governo in ordine all’opportunità di coordinare le due disposizioni.
Le norme disciplinano la figura degli esperti nazionali distaccati, sostituendo la normativa contenuta nell’articolo 32 del decreto legislativo n.165/2001[[6]] concernente il collegamento con le istituzioni internazionali, dell’Unione europea e degli altri Stati. La nuova disciplina è finalizzata a favorire ed incentivare le esperienze di lavoro all’estero (comma 1).
A tal fine si prevede che il Ministero degli affari esteri ed i Dipartimenti della funzione pubblica e per il coordinamento delle politiche comunitarie coordinino la costituzione di una banca dati di possibili candidati, definiscano le aree di impiego prioritarie del personale da distaccare, con specifico riguardo agli esperti nazionali presso le istituzioni europee e promuovano le informazioni relative ai posti vacanti e la formazione del personale (comma 2).
Come già previsto dalla legislazione vigente, il trattamento economico degli esperti distaccati può essere a carico dell’amministrazione di appartenenza, di quella di destinazione o essere suddiviso tra esse, oppure essere rimborsato in tutto o in parte allo Stato italiano dalle istituzioni europee o dalle organizzazioni internazionali. E’, analogamente, confermata la disposizione vigente che prevede che il personale distaccato resta a tutti gli effetti dipendente dell’amministrazione di appartenenza.
Al riguardo appare opportuno che il Governo fornisca elementi informativi aggiuntivi che consentano di escludere l’insorgenza di oneri in relazione alla costituzione della banca dati ed alle attività di formazione del personale previste dal comma 2.
Andrebbe inoltre chiarito se dall’introduzione di misure volte a favorire ed incentivare le esperienze di lavoro all’estero possano derivare effetti onerosi in relazione alle spese da sostenere per missioni o incarichi fuori sede.
Le norme disciplinano la partecipazione delle regioni e delle province autonome al processo di formazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea. Le nuove disposizioni riproducono, nella sostanza, il vigente articolo 5 della legge n. 11/2005.
Nel testo in esame viene riproposta una disposizione sostanzialmente analoga a quella contenuta dal comma 7 del citato articolo 5 della legge n. 11/2005 che prevede la convocazione dei rappresentanti delle regioni e delle province autonome presso i gruppi di lavoro (previsti dall’articolo 16, comma 4 ) allo scopo di definire la posizione italiana da sostenere in sede di Unione europea. A differenza della vigente normativa non viene tuttavia riprodotta la relativa clausola di invarianza finanziaria.
Si rammenta che tale clausola, attualmente recata dall’articolo 5, comma 8, della legge n. 11/2005, era stata inserita per recepire una condizione ex articolo 81, quarto comma, della Costituzione posta dalla V Commissione nel parere reso in data 3 giugno 2003 sul testo dell’AC 3071 (la cui approvazione ha dato origina alla legge 11/2005).
Nulla da osservare in relazione alla soppressione della clausola di invarianza riferita, in base alla normativa vigente, alla convocazione dei rappresentanti delle regioni e province autonome nei gruppi di lavoro, nel presupposto che essa possa considerarsi sostanzialmente assorbita dall’articolo 56 che reca una clausola generale di neutralità finanziaria. Sul punto appare comunque opportuna una conferma.
Clausola di neutralità finanziaria
La norma reca una specifica clausola di neutralità finanziaria
Al riguardo, in considerazione del fatto che l’articolo 57 reca una clausola di analogo tenore riferita all’intero provvedimento, appare opportuno acquisire l’avviso del Governo in ordine all’opportunità di coordinare le due disposizioni.
Adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza all’Unione europea
Le norme disciplinano il funzionamento dei due strumenti previsti per la trasposizione del diritto europeo nell’ordinamento nazionale in luogo dell’attuale legge comunitaria. Tali strumenti sono (articolo 27):
la legge di delegazione europea;
la legge europea.
La relazione illustrativa al disegno di legge governativo (AC 3866) specifica che “la scelta di due distinte leggi annuali è stata dettata dall’esigenza di garantire al Governo di disporre in tempi brevi delle deleghe legislative necessarie per il recepimento degli atti comunitari”.
La legge di delegazione europea è finalizzata, fra l’altro, al conferimento di deleghe legislative per il recepimento delle direttive europee e delle decisioni quadro ovvero ad autorizzare il Governo a recepire in via regolamentare le direttive (articolo 28, comma 2).
La legge europea deve, fra l’altro, recare le disposizioni modificative o abrogative di norme interne che risultino in contrasto con gli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea ovvero che formino oggetto di sentenze della Corte di giustizia o di procedure di infrazione nei confronti dell’Italia. La legge europea deve, inoltre, recare le disposizioni necessarie per dare attuazione agli atti dell’Unione europea (articolo 28, comma 3).
Gli oneri relativi alle prestazioni e ai controlli da eseguire da parte di uffici pubblici, previsti dalla legge di delegazione europea e dalla legge europea, sono posti a carico dei soggetti interessati[7] secondo tariffe pubbliche, predeterminate sulla base del costo effettivo del servizio reso (articolo 28, comma 4).
Le entrate derivanti dalle tariffe sono attribuite, nei limiti previsti dalla legislazione vigente, alle amministrazioni che effettuano le prestazioni e i controlli, mediante riassegnazione ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1999, n. 469.
Il testo disciplina, quindi, le procedure da seguire per
l’esercizio delle deleghe conferite al Governo con legge di delegazione
europea. Si prevede, fra l’altro, che nell’allegato alla legge di delegazione
siano indicate le direttive per l’attuazione delle quali è previsto il parere
delle Commissioni parlamentari. Si dispone, inoltre, che gli schemi dei decreti
legislativi recanti attuazione delle direttive che comportino conseguenze finanziarie
siano corredati di relazione tecnica[8]. Su
di essi è richiesto anche il parere delle Commissioni parlamentari competenti
per i profili finanziari (articolo 29 commi da
Il Governo, ove non intenda conformarsi alle condizioni formulate con riferimento all'esigenza di garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, ritrasmette alle Camere i testi, corredati dei necessari elementi integrativi d'informazione, per i pareri definitivi delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari, che devono essere espressi entro venti giorni.
Agli eventuali oneri derivanti dall’attuazione delle deleghe contenute nella legge di delegazione annuale si provvede[9] nei limiti delle risorse stanziate dalla legge di stabilità annuale in apposita quota dell’accantonamento del fondo speciale di parte corrente del Ministero dell’economia da destinare, appunto, all’attuazione della legge di delegazione europea[10]. La copertura delle leggi di spesa non può essere disposta utilizzando tale quota per finalità difformi (articolo 29, commi 10 e 11).
Sono dettati principi e criteri generali di delega comunque applicabili in aggiunta a quelli specifici eventualmente stabiliti dalla legge di delegazione europea. Fra detti principi vi è quello che stabilisce che le amministrazioni direttamente interessate all'attuazione dei decreti legislativi vi provvedono con le ordinarie strutture amministrative (articolo 30, comma 1).
Sono stabiliti i casi in cui le direttive dell'Unione europea possono essere attuate mediante regolamento. L'attuazione delle direttive è disposta, in ogni caso, con legge qualora la disciplina da emanare implichi la previsione di nuove spese o minori entrate ovvero l'istituzione di nuove strutture o organi amministrativi (articolo 33).
Si prevede, infine, che il Ministro per le politiche europee segua costantemente la realizzazione del processo di attuazione della normativa europea sia a livello statale (articolo 36) che con riguardo ai provvedimenti che devono essere adottati dalle regioni e dalle province autonome (articolo 37).
Al riguardo si osserva che gli articoli 28 e 29 intervengono su una materia (modalità di copertura degli eventuali effetti onerosi derivanti dagli atti di recepimento della normativa comunitaria) che risulta attualmente disciplinata dall’articolo 21 della legge 183/1987[[11]] e dall’articolo 9 della legge 11/2005.
In particolare:
· l’articolo 21 della legge 183/1987 non viene modificato dal testo in esame;
· l’articolo 9 della legge 11/2005 viene abrogato congiuntamente alle altre norme della medesima legge (ai sensi del successivo articolo 57). Tuttavia la parte dell’articolo 9 riguardante le modalità di finanziamento con apposite tariffe dei costi per prestazioni e controlli viene sostanzialmente riprodotta all’articolo 28 del testo in esame.
Tali norme, che hanno generalmente trovato applicazione nelle leggi comunitarie annuali[12] hanno previsto le seguenti modalità di copertura, a fronte di oneri o di adempimenti di carattere amministrativo connessi all’esecuzione della disciplina comunitaria:
le amministrazioni direttamente interessate sono tenute a provvedere all’esecuzione della disciplina comunitaria con le ordinarie strutture amministrative;
le eventuali spese o le minori entrate non contemplate da leggi vigenti - e che non riguardino l’attività ordinaria delle amministrazioni statali o regionali – possono essere previste, nei decreti legislativi di recepimento delle direttive, nei soli limiti occorrenti per l’adempimento degli obblighi di attuazione delle direttive stesse;
alla relativa copertura si provvede, in via principale, con i fondi già assegnati alle competenti amministrazioni. Nel caso in cui i predetti oneri non possano essere coperti con le risorse già disponibili a normativa vigente, si provvede a carico del Fondo di rotazione per le politiche comunitarie;
gli oneri per le prestazioni e i controlli che gli uffici pubblici sono chiamati a sostenere in applicazione della normativa comunitaria devono essere posti a carico dei soggetti interessati, secondo tariffe determinate sulla base del costo effettivo del servizio; le entrate derivanti dalle tariffe vengono attribuite alle amministrazioni che effettuano le prestazioni e i controlli.
Si ricorda, inoltre, che nella generalità dei casi le leggi comunitarie annuali non hanno contenuto disposizioni volte a quantificare e a dare copertura ad eventuali oneri, in ragione della difficoltà di prevedere puntualmente - nella fase di conferimento della delega – gli effetti finanziari derivanti dall’attuazione della medesima. In tal senso trova quindi applicazione (come in precedenza ricordato) l’articolo 17, comma 2, della legge 196/2009 (quantificazione degli effetti finanziari derivanti dai decreti legislativi nell’ambito dei singoli decreti, da emanare successivamente all'entrata in vigore delle norme recanti le necessarie risorse finanziarie)[[13]].
Poiché la norma in esame, nel far riferimento alla copertura a carico della legge di stabilità, non modifica espressamente l’art. 21 della legge n. 183/1987, andrebbero chiarite le modalità di coordinamento fra la nuova disciplina in esame e le disposizioni vigenti, precisando se - e in quale misura - la previsione di appositi accantonamenti di Fondo speciale nell’ambito della legge di stabilità vada ad affiancare, a limitare o ad escludere del tutto il ricorso al Fondo di rotazione per le politiche comunitarie secondo le modalità che si sono delineate a normativa vigente.
In merito ai profili di
copertura finanziaria, con
specifico riferimento all’articolo 29, commi 10, 11 e 12, si ricorda che le leggi
comunitarie hanno previsto, tra i principi e i criteri direttivi, che alla
copertura degli oneri derivanti dall’attuazione delle direttive comunitarie si
provvedesse a carico del fondo di rotazione di cui all’ articolo 5 della legge
ARTICOLI da 41 a 47 e ARTICOLO 53
Le norme, in materia di aiuti di Stato, prevedono che:
il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio curi il coordinamento con i Ministeri e i rapporti con le regioni per definire la posizione italiana nei confronti dell'UE nel settore degli aiuti pubblici sottoposti al controllo della Commissione europea (articolo 41).
Si ricorda che l’articolo 57 della L. 52/1996 (Legge comunitaria 1994) assegna al Ministro per il coordinamento delle politiche dell'Unione europea, d'intesa con il Ministro degli affari esteri l'unitarietà d'indirizzo per la tutela degli interessi nazionali nel settore degli aiuti pubblici sottoposto al controllo della Commissione delle Comunità europee;
le amministrazioni, che notificano alla Commissione europea progetti volti a istituire o a modificare aiuti di Stato, trasmettano alla Presidenza del Consiglio una scheda sintetica della misura notificata. Le informazioni richieste dalla Commissione europea, a prescindere dall’aiuto, sono fornite dalle amministrazioni competenti per materia, per il tramite della Presidenza del Consiglio (articolo 42);
nessuno possa beneficiare di aiuti di Stato qualora abbia ricevuto e, successivamente, non rimborsato o depositato in un conto bloccato gli aiuti che lo Stato è tenuto a recuperare in base a verifiche spettanti alle amministrazioni concedenti. Le amministrazioni centrali e locali forniscono, ove richieste, le informazioni e i dati necessari alle verifiche e ai controlli alle amministrazioni che intendono concedere aiuti, anche con riferimento alle decisioni di recupero adottate prima dell’entrata in vigore del provvedimento in esame. Le amministrazioni concedenti svolgono i prescritti controlli a campione sulla veridicità delle dichiarazioni relative all’autocertificazione[14] (articoli 43 e 53);
Equitalia Spa effettui la riscossione degli importi dovuti per effetto delle decisioni di recupero adottate successivamente alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame. Con apposito decreto, che costituisce titolo esecutivo, il ministro competente individua, a seguito della notifica di una decisione di recupero, i soggetti tenuti alla restituzione dell'aiuto, accerta gli importi dovuti e determina le modalità e i termini del pagamento. Nei casi in cui l'ente competente sia diverso dallo Stato, il provvedimento è adottato dalla regione, dalla provincia autonoma o dal diverso ente territoriale competente. Le attività di riscossione sono effettuate dal concessionario per la riscossione delle entrate dell'ente interessato. Le informazioni richieste dalla Commissione europea sull'esecuzione delle decisioni sono fornite dalle amministrazioni interessate, d’intesa con la Presidenza del Consiglio, anche con riferimento alle decisioni di recupero adottate prima dell’entrata in vigore del provvedimento in esame. Le somme revocate affluiscono all’entrata dei bilanci delle amministrazioni competenti per essere riassegnate ai pertinenti capitoli di spesa (articolo 44 e 53);
per le controversie relative all'esecuzione di una decisione di recupero sia applicabile il rito abbreviato[15]. Tali controversie sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, a prescindere dalla forma dell’aiuto e dal soggetto che l’ha concesso. Le amministrazioni competenti al recupero trasmettono annualmente alla Presidenza del Consiglio l'elenco degli estremi delle sentenze adottate nell'anno precedente (articolo 46);
il diritto alla restituzione dell'aiuto oggetto di una decisione di recupero sussista fino alla vigenza dell’obbligo di recupero ai sensi del regolamento (CE) n. 659/1999[[16]] (articolo 47).
La relazione illustrativa, con riferimento all’articolo 39 dell’A.C. 3866 (corrispondente all’articolo 44 del provvedimento in esame), afferma che la norma istituisce una procedura per adempiere alle decisioni di recupero. Tale procedura si rende particolarmente necessaria poiché il mancato rispetto dell’obbligo di dare «immediata ed effettiva» esecuzione alle decisioni di recupero (articolo 14 del regolamento CE n. 659/1999), comporta il sistematico deferimento dello Stato inadempiente alla Corte di giustizia dell’Unione europea, e il conseguente grave rischio di condanna al pagamento di sanzioni pecuniarie.
In assenza di una disciplina che demandi in via ordinaria a una determinata amministrazione la competenza ad attuare tali decisioni, ogni volta che la Commissione notifica allo Stato una decisione di recupero si rende necessaria l’approvazione di un provvedimento legislativo ad hoc. Di norma con tale provvedimento viene anche disciplinata la procedura che l’amministrazione dovrà seguire per individuare i beneficiari, quantificare le somme da recuperare ed indirizzare loro le richieste di restituzione. La necessità di stabilire di volta in volta la procedura da seguire ha comportato in passato notevoli ritardi nell’adempimento da parte dello Stato delle decisioni di recupero ad esso indirizzate. A questi ritardi è principalmente attribuibile l’alto numero di ricorsi attualmente pendenti di fronte alla Corte di giustizia dell’Unione europea a carico dell’Italia in questa materia. A ciò si aggiunga che, nell’ambito dello stringente monitoraggio effettuato dalla Commissione sull’esecuzione delle decisioni di recupero da parte delle autorità nazionali, essa richiede costantemente accurate informazioni sullo stato di avanzamento delle procedure avviate dalle amministrazioni. In base alla forma di concessione dell’aiuto, le procedure di recupero attualmente in corso coinvolgono diverse amministrazioni, diverse procedure nonché diverse giurisdizioni e ciò rende particolarmente gravoso per il Governo fare fronte in maniera efficace alle continue sollecitazioni della Commissione in questo settore.
La relazione illustrativa segnala infine che, agevolando e rendendo più celeri le operazioni per il recupero degli aiuti di Stato dichiarati illegali e incompatibili, l’articolo in esame rappresenta anche uno strumento con cui le amministrazioni possono più facilmente acquisire, a vantaggio dell’erario, nuove entrate.
Al riguardo, si osserva che le disposizioni prevedono taluni adempimenti a carico delle amministrazioni pubbliche interessate (redazioni di schede sintetiche; fornitura, raccolta e trasmissione di informazioni; svolgimento di verifiche e di controlli a campione; individuazione dei soggetti e degli importi relativi alle decisione di recupero degli aiuti). Appare quindi opportuno acquisire una conferma da parte del Governo circa la possibilità che le suddette amministrazioni facciano fronte ai predetti adempimenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Con riferimento al recupero degli aiuti concessi in esecuzione di specifiche decisioni, di cui all’articolo 44, atteso che le disposizioni sembrano volte a un più veloce ed efficiente procedimento di recupero, appare utile acquisire dati ed elementi in ordine all’accertamento delle somme pregresse, anche alla luce di quanto affermato nella relazione illustrativa riguardo alle procedure di infrazione avviate in sede comunitaria, pendenti nei confronti dell’Italia.
ARTICOLO 51
Lotta alle frodi contro l’Unione europea
Normativa vigente: l’art. 3, comma 4, del DPR n. 91/2007[17] prevede che il Comitato per la lotta contro le frodi nei confronti dell'Unione europea[18] si avvalga, tra l’altro, del Nucleo della Guardia di finanza per la repressione delle frodi comunitarie istituito con DPCM in data 11 gennaio 1995. Il Comandante del Nucleo, ai sensi dell’art. 3, comma 2, lett. b, del medesimo decreto, partecipa ai lavori del suddetto Comitato.
La norma prevede, tra l’altro, che il Nucleo della Guardia di finanza per la repressione delle frodi nei confronti dell’Unione europea[19] operi presso la Presidenza del Consiglio - Dipartimento per le politiche europee – e dipenda funzionalmente dal Capo del Dipartimento stesso (comma 2).
Al riguardo, appare opportuno acquisire chiarimenti in merito alla portata applicativa della disposizione in esame, al fine di verificarne la coerenza rispetto all’obbligo di neutralità finanziaria previsto dal successivo articolo 56. Si fa riferimento, in particolare, alla parte del testo in cui si prevede che il Nucleo della Guardia di finanza per la repressione delle frodi nei confronti dell’Unione europea “operi” presso la Presidenza del Consiglio. La normativa vigente dispone invece che la Presidenza del Consiglio[20] si “avvalga” dello stesso Nucleo. Al fine di escludere possibili effetti onerosi, andrebbe quindi chiarito se la nuova disposizione possa determinare l’incardinamento organizzativo - oltre che funzionale - del Nucleo medesimo nelle strutture della Presidenza del Consiglio. Si evidenzia, infatti, che nel caso di “avvalimento” l’onere retributivo complessivo del personale interessato dall’applicazione di tale istituto continuerebbe ad essere - senza maggiorazioni - a carico dell’amministrazione d’origine, mentre nel caso di una piena operatività del medesimo personale nelle strutture della Presidenza del Consiglio il suddetto onere potrebbe risultare maggiorato per effetto dell’applicazione di specifiche disposizioni contrattuali più favorevoli previste nei confronti di analogo personale già in servizio presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.
La norma dispone che dall’attuazione del provvedimento in esame non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che le amministrazioni interessate provvedono all’attuazione dello stesso con le risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente (comma 1).
La relazione illustrativa motiva la mancata redazione della relazione tecnica in virtù dell’apposizione - all’articolo 56[[21]] - di una clausola d’invarianza finanziaria.
Al riguardo si osserva che il provvedimento in esame è assistito da un generale vincolo di invarianza riferito alla finanza pubblica (articolo 56).
In proposito si ricorda che l’art. 17, comma 7, della legge n. 196/2009[[22]], con riguardo alle disposizioni corredate di clausole di neutralità finanziaria, prevede che la relazione tecnica riporti i dati e gli elementi idonei a suffragare l'ipotesi di invarianza degli effetti sui saldi di finanza pubblica, anche attraverso l'indicazione dell'entità delle risorse già esistenti e delle somme già stanziate in bilancio, utilizzabili per le finalità indicate dalle disposizioni medesime.
Poiché il testo in esame non risulta corredato di RT, appare necessario - come già evidenziato nelle parti riferite ai precedenti articoli - che siano forniti dati ed elementi di valutazione che consentano di verificare l’ipotesi di invarianza finanziaria, in particolare con riferimento alla possibilità di utilizzare risorse umane, strumentali e finanziarie già disponibili a legislazione vigente.
Le norme dispongono l’abrogazione dell’articolo 57 della legge 6 febbraio 1996, n. 52 e della più volte citata legge 4 febbraio 2005, n. 11, dal momento che il loro contenuto normativo è sostanzialmente riprodotto, con i dovuti aggiornamenti, nel testo del disegno di legge in esame.
Si dispone, altresì, l’abrogazione dell’articolo 42-ter del decreto legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14. Tale articolo dispone l’interpretazione autentica dell’articolo 16-bis della legge 4 febbraio 2005, n. 11 le cui norme sono state trasposte nell’articolo 40 del testo in esame, che tratta del diritto di rivalsa dello Stato nei confronti di regioni o altri enti pubblici responsabili di violazioni del diritto dell’Unione europea.
Il testo in esame non riproduce il citato articolo 42-ter di interpretazione autentica che prevede che lo Stato eserciti il diritto di rivalsa anche per gli oneri finanziari sostenuti dallo stesso per la definizione delle controversie presso la Corte europea dei diritti dell’uomo che si siano concluse con sentenza di radiazione o cancellazione dal ruolo ai sensi degli articoli 37 e 39 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, di cui alla legge 4 agosto 1955, n. 848.
Al riguardo appare opportuno che il Governo chiarisca quale sia l’esatta portata dell’abrogazione della norma di interpretazione autentica disposta dall’articolo in esame con particolare riferimento ai seguenti profili:
· la possibilità dell’avvio di procedimenti contenziosi in relazione al diritto di rivalsa eventualmente già esercitato dallo Stato;
· l’eventuale insorgenza di nuovi oneri per la finanza pubblica per la mancata previsione del diritto di rivalsa per nuove fattispecie.
[1] Nuovo testo unificato C. 2854 e abb., come risultante dalla modifiche introdotte dalla Commissione di merito.
[2] Tra i progetti di legge oggetto d’abbinamento figura l’AC 3866, d’iniziativa governativa, anch’esso privo di relazione tecnica.
[3] O di un presidente di regione o di provincia autonoma da lui delegato.
[4] O loro delegati.
[5] Articolo 3 della legge n. 11/2005.
[6] Recante norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.
[7] Ove ciò non risulti in contrasto con la disciplina dell'Unione europea.
[8] Di cui all'articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
[9] Ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196. Tale norma stabilisce che le leggi di delega comportanti oneri recano i mezzi di copertura necessari per l'adozione dei relativi decreti legislativi. Qualora tuttavia, in sede di conferimento della delega non sia possibile - per la complessità della materia trattata - procedere alla determinazione degli effetti finanziari derivanti dai decreti legislativi, la quantificazione degli stessi dovrà essere effettuata al momento dell'adozione dei singoli decreti legislativi. I decreti legislativi dai quali derivano nuovi o maggiori oneri sono emanati solo successivamente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanziano le occorrenti risorse finanziarie.
[10] Tale modalità di copertura è fissata in forza dell’articolo 11, comma 3-bis, della medesima legge 31 dicembre 2009, n. 196 (comma aggiuntivo che viene inserito dal provvedimento in esame).
[11] L’articolo 21 stabilisce che per la copertura degli oneri derivanti da decreti legislativi finalizzati di recepimento delle direttive europee si deve provvedere a carico del Fondo di rotazione per le politiche comunitarie. Il testo specifica che si tratta delle spese connesse all’applicazione di misure di intervento finanziario non contemplate da leggi vigenti e non rientranti nell'attività ordinaria delle competenti amministrazioni statali o regionali.
[12] L’applicazione alle successive leggi comunitarie annuali vale anche per il richiamato articolo 21, anche se il testo della norma prevedeva che la stessa dovesse riguardare i “decreti delegati di cui alla presente legge” (ovvero un numero limitato di decreti legislativi indicati negli allegati della legge 183/1987.
[13] Come detto, in base a tale norma, qualora in sede di approvazione della delega non sia possibile indicare gli effetti finanziari derivanti dai decreti legislativi, la quantificazione degli stessi dovrà essere effettuata al momento dell'adozione dei singoli decreti legislativi e tali decreti potranno essere emanati solo successivamente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi recanti le necessarie risorse finanziarie.
[14] Di cui all’articolo 47 del DPR 445/2000.
[15] Di cui all’articolo 14 del D. Lgs. 104/2010.
[16] L’articolo 15 del regolamento CE 659/1999 stabilisce il limite in 10 anni.
[17] Regolamento per il riordino degli organismi operanti nel Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie, a norma dell'articolo 29 del DL 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.
[18] Nel testo: Comitato per la lotta contro le frodi comunitarie.
[19] Istituito con DPCM in data 11 gennaio 1995.
[20] Attraverso il Comitato per la lotta contro le frodi nei confronti dell'Unione europea, del Dipartimento per le politiche europee.
[21] Art. 49 nel testo riferito all’AC 3866.
[22] Legge di contabilità e finanza pubblica.