Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Bilancio dello Stato
Altri Autori: Servizio Commissioni
Titolo: (AC 5256) Riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita - Approvato dal Senato AS 3249
Riferimenti:
AC N. 5256/XVI     
Serie: Note di verifica    Numero: 430
Data: 21/06/2012
Descrittori:
MERCATO DEL LAVORO     
Organi della Camera: XI-Lavoro pubblico e privato

 


Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

 

 

 

 

 

Verifica delle quantificazioni

 

 

 

A.C. 5256

 

Riforma del mercato del lavoro

in una prospettiva di crescita

 

(Approvato dal Senato – A.S. 3249)

 

VERSIONE PROVVISORIA

 

 

 

 

 

N. 430 – 21 giugno 2012

 

 


 

La verifica delle relazioni tecniche che corredano i provvedimenti all'esame della Camera e degli effetti finanziari dei provvedimenti privi di relazione tecnica è curata dal Servizio Bilancio dello Stato.

La verifica delle disposizioni di copertura, evidenziata da apposita cornice, è curata dalla Segreteria della V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione).

L’analisi è svolta a fini istruttori, a supporto delle valutazioni proprie degli organi parlamentari, ed ha lo scopo di segnalare ai deputati, ove ne ricorrano i presupposti, la necessità di acquisire chiarimenti ovvero ulteriori dati e informazioni in merito a specifici aspetti dei testi.

 

Il presente Dossier è suddiviso in due sezioni. La prima parte della Nota riguarda i profili di quantificazione (“Verifica delle quantificazioni”), la seconda parte riguarda i Profili di copertura finanziaria.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SERVIZIO BILANCIO DELLO STATO – Servizio Responsabile

( 066760-2174 / 066760-9455 – * bs_segreteria@camera.it

 

SERVIZIO COMMISSIONI – Segreteria della V Commissione

( 066760-3545 / 066760-3685 – * com_bilancio@camera.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

Estremi del provvedimento

 

 

A.C.

 

5256

Titolo breve:

 

Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita

 

Iniziativa:

 

 

 

 

Commissione di merito:

 

 

Relatori per la

Commissione di merito:

 

On. Giuliano Cazzola (PdL);

On. Cesare Damiano (PD)

Relazione tecnica:

 

 

 

 

 

 

 

 

Parere richiesto

 

 

Destinatario:

 

Oggetto:

 

 

 


INDICE

 

 

 

 

ARTICOLO 1, commi 1-6. 10

Finalità della legge e sistema di monitoraggio e valutazione. 10

ARTICOLO 1, commi 7 e 8. 12

Rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni12

ARTICOLO 1, commi  9-36. 13

Tipologie contrattuali13

ARTICOLO 1, commi 37-41. 21

Disposizioni in materia di licenziamenti individuali21

ARTICOLO 1, commi 42 e 43. 23

Tutele del lavoratore in caso dl licenziamento illegittimo.. 23

ARTICOLO 1, commi 44-46. 25

Disposizioni in materia di licenziamenti collettivi25

ARTICOLO 1, comma 47-69. 27

Rito speciale per le controversie in tema di licenziamenti27

ARTICOLO 2, commi 1-24 e 40-43. 29

Revisione della disciplina degli ammortizzatori sociali in caso di licenziamento.. 29

ARTICOLO 2, commi 25-39. 39

Revisione degli istituti di finanziamento del regime degli ammortizzatori sociali39

ARTICOLO 2, commi 47-50. 44

Disposizioni in materia di addizionale sui diritti di imbarco.. 44

ARTICOLO 2, commi 51-56. 46

Potenziamento dell’indennità una tantum per i lavoratori parasubordinati disoccupati46

ARTICOLO 2, comma 57. 48

Aumento delle aliquote contributive dei lavoratori parasubordinati48

ARTICOLO 2, commi 58-63. 50

Disposizioni in materia di revoca delle prestazioni50

ARTICOLO 2, commi 64-67. 50

Disposizioni transitorie in materia di ammortizzatori sociali in deroga.. 50

ARTICOLO 2, comma 68. 51

Disposizioni in materia di aliquota contributiva dei coltivatori diretti51

ARTICOLO 2, commi 68-73. 52

Disposizioni abrogate. 52

ARTICOLO 3, comma 1. 54

Estensione della disciplina in materia di CIGS ad ulteriori settori54

ARTICOLO 3, commi 2 e 3. 55

Messa a regime dell’indennità di mancato avviamento al lavoro per i lavoratori del settore portuale  55

ARTICOLO 3, commi 4-13 e 19-45. 56

Disposizioni in materia di fondi di solidarietà.. 56

ARTICOLO 3, commi 14-16. 60

Modelli alternativi di fondi di solidarietà bilaterali60

ARTICOLO 3, commi 17 e 18. 60

Ulteriori disposizioni per il sostegno del reddito per particolari categorie di lavoratori60

ARTICOLO 3, commi 48-49. 61

Modifiche alla disciplina del Fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto della prima casa   61

ARTICOLO 4, commi 1 – 7. 62

Misure in favore di protezione dei lavoratori anziani62

ARTICOLO 4, commi 8 – 11. 64

Interventi in favore dei lavoratori anziani e delle donne nelle aree svantaggiate. 64

ARTICOLO 4, commi 12 -15. 67

Norme concernenti gli incentivi alle assunzioni67

ARTICOLO 4, commi 16 - 23. 69

Norme in materia di tutela della maternità e paternità e di contrasto al fenomeno delle dimissioni in bianco.. 69

ARTICOLO 4, commi 24 - 26. 70

Sostegno alla genitorialità.. 70

ARTICOLO 4, comma 27. 74

Efficace attuazione del diritto al lavoro dei disabili74

ARTICOLO 4, commi 28 e 29. 75

Sgravi contributivi dei contratti di produttività.. 75

ARTICOLO 4, comma 30. 77

Interventi volti al contrasto del lavoro irregolare degli immigrati77

ARTICOLO 4, comma 31. 78

Disposizioni in materia di responsabilità solidale negli appalti78

ARTICOLO 4, comma 32. 79

Disposizioni in materia di regolazione dei trattamenti di lavoro nelle imprese ferroviarie.79

ARTICOLO 4, comma 33. 79

Disposizioni in materia di livelli minimi delle prestazioni rese dai servizi per l’impiego.79

ARTICOLO 4, commi 34 - 37. 81

Sistema informativo ASPI; monitoraggi dei livelli essenziali dei servizi erogati; sistema premiale.81

ARTICOLO 4, commi 38 e 39. 82

Semplificazione delle procedure in materia di acquisizione dello stato di disoccupazione.82

ARTICOLO 4, commi 40 - 45. 83

Offerta di lavoro congrua.. 83

ARTICOLO 4, commi 46 - 47. 84

Abrogazioni84

ARTICOLO  4, commi 48 - 50. 84

Delega al Governo in materia di politiche attive e servizi per l'impiego.. 84

ARTICOLO  4, commi 51 - 54. 85

Norme in materia di apprendimento permanente. 85

ARTICOLO  4, commi 55 - 57. 85

Reti territoriali dei servizi85

ARTICOLO  4, commi 58 - 61. 87

Delega al Governo per l’individuazione e validazione degli apprendimenti non formali e informali.87

ARTICOLO 4, commi 62 e 63. 89

Delega al Governo in materia di coinvolgimento dei lavoratori nell’impresa.. 89

ARTICOLO  4, commi 64 - 68. 90

Sistema pubblico nazionale di certificazione delle competenze. 90

ARTICOLO 4, commi 72 e 73. 91

Modifica dei limiti di deduzione delle spese e di alcuni componenti negativi91

ARTICOLO 4, comma 74. 95

Riduzione della deduzione sui canoni di locazione. 95

ARTICOLO 4, comma 75. 96

Aumento dell’addizionale comunale sui diritti d’imbarco dei passeggeri96

ARTICOLO 4, comma 76. 98

Franchigia deduzione CSSN sui premi di assicurazione RC per i veicoli98

ARTICOLO 4, commi 77-79. 100

Riduzione delle spese di funzionamento di INPS ed INAIL e dei Monopoli di Stato.. 100

Profili di copertura finanziaria.. 103

ARTICOLO 2, comma 19, secondo e terzo periodo.. 103

Copertura finanziaria.. 103

ARTICOLO 2, comma 29, lettera b)104

Copertura finanziaria.. 104

ARTICOLO 2, comma 34. 104

Copertura finanziaria.. 104

ARTICOLO 2, comma 56. 104

Copertura finanziaria.. 104

ARTICOLO 2, comma 63. 105

ARTICOLO 2, comma 64. 105

ARTICOLO 3, comma 17, terzo periodo.. 105

Copertura finanziaria.. 105

ARTICOLO 4, commi 24, lettere a) e b), 25 e 26. 106

Copertura finanziaria.. 106

ARTICOLO 4, comma 29. 106

ARTICOLO 4, comma 63, ultimo periodo.. 107

Copertura finanziaria del decreto legislativo di cui alla lettera e), comma 62, dell’articolo 4  107

ARTICOLO 4, commi 69-71. 108

 

 


 


PREMESSA

 

Il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, reca misure in materia di mercato del lavoro e per la riforma degli ammortizzatori sociali. Dal punto di vista strutturale, esso, nel testo originario, era suddiviso in otto Capi: disposizioni generali; tipologie contrattuali; disciplina in materia di flessibilità in uscita e tutele del lavoratore; ammortizzatori sociali, tutele in costanza di rapporto di lavoro e protezione dei lavoratori anziani; ulteriori disposizioni in materia di mercato del lavoro; politiche attive e servizi per l’impiego; apprendimento permanente; copertura finanziaria. Come si legge nella relazione illustrativa, le singole parti del testo, sono caratterizzate da una connessione sistematica, che si riflette anche sulla struttura della relazione tecnica. Questa si suddivide in blocchi, a seconda del settore e della finalità degli interventi, e tiene conto al suo interno delle diverse correlazioni presenti all’interno del provvedimento. Le sezioni della relazione tecnica, riprodotte anche nella versione integrata relativa al testo approvato dal Senato, sono relative agli ammortizzatori sociali (revisione della disciplina in materia di ammortizzatori sociali nei casi di licenziamento[1]; potenziamento dell’indennità per lavoratori parasubordinati[2]; finanziamento di interventi in deroga alla legislazione vigente per la gestione della transizione di breve periodo[3]; modifiche ed estensione delle tutele in costanza di rapporto di lavoro[4]; misure in materia di protezione dei lavoratori anziani[5]); alle tipologie contrattuali ed incentivi all’assunzione (incremento aliquote contributive pensionistiche per lavoratori parasubordinati[6]; modifiche in materia di apprendistato e di assunzione con contratti incentivati[7]); ad ulteriori disposizioni in materia di mercato del lavoro (sostegno della genitorialità[8]); alle misure finalizzate alla copertura finanziaria[9]. Nella versione aggiornata alla luce delle modifiche apportate dal Senato, la relazione tecnica reca, tra l’altro, una riaggregazione degli effetti finanziari per articolo e voce economica in due ulteriori tabelle (una relativa agli effetti in termini di indebitamento netto e un’altra in termini di saldo netto da finanziare). Dalle tabelle emerge che le disposizioni di cui all’articolo 4, commi da 69 a 79 consentono la copertura delle disposizioni di cui agli articoli 1, 2, 3 e 4, restanti commi.

Più in particolare, la relazione tecnica precisa che dal complesso delle disposizioni contenute nel disegno di legge conseguono effetti di onerosità per la finanza pubblica, in parte compensati nel ridisegno delle modalità di finanziamento relativo al sistema degli ammortizzatori sociali e dell’assetto contributivo afferente a diverse tipologie contrattuali e, per la quota residua, mediante l’individuazione di apposite risorse finalizzate all’integrazione della copertura finanziaria del provvedimento.

 

EFFETTI QUANTIFICATI DALLA RELAZIONE TECNICA

 

Le tabelle che seguono illustrano gli effetti finanziari riconducibili ai singoli articoli del provvedimento, come risultanti dalla riaggregazione delle disposizioni del testo approvato dal Senato, sia con riferimento al saldo netto da finanziare, sia con riferimento al saldo dell’indebitamento netto (vedi le tabelle di riepilogo della relazione tecnica):

 

 

 

 

La relazione tecnica, infine, dà conto della specifica copertura degli effetti finanziari di diverse norme che riguardano il periodo transitorio 2013-2015, realizzata mediante la corrispondente riduzione, per i medesimi anni, del Fondo per il finanziamento di interventi in favore dell’incremento in termini quantitativi e qualitativi dell’occupazione giovanile e delle donne, di cui all’articolo 24, comma 27, del decreto-legge n. 201/2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214/2011.

Si tratta di disposizioni in parte presenti nel testo originario del disegno di legge (come la disposizione relativa al sostegno della genitorialità) in parte introdotte nel corso dell’esame presso il Senato. La relazione tecnica fornisce, pertanto, un prospetto in cui si evidenzia che il Fondo presenta le necessarie disponibilità per il periodo in esame (con il segno + sono indicate le risorse, con il segno – gli utilizzi):

 

 

La relazione tecnica precisa che gli importi residui possono essere utilizzati per via amministrativa (DM) per le finalità stabilite dal comma 27 dell’articolo 24 del DL n. 201/2011 (politiche attive per giovani e donne).

 

 

VERIFICA DELLE QUANTIFICAZIONI

 

ARTICOLO 1, commi 1-6

Finalità della legge e sistema di monitoraggio e valutazione

La norma delinea le finalità generali del provvedimento in esame (comma 1) e prevede l’istituzione, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali[10] di un sistema permanente di monitoraggio e valutazione in materia di lavoro[11] (comma 2) nonché l’organizzazione - da parte dell’INPS e dell’ISTAT - di banche dati informatizzate, contenenti dati individuali anonimi in materia di lavoro, consultabili a fini di ricerca scientifica[12] (comma4).

La norma prevede altresì che l’attuazione della disposizione in esame non deve comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che alla stessa si provvede con le risorse finanziarie, umane e strumentali previste a legislazione vigente (comma 6).

Il comma 1, individua le seguenti finalità generali del provvedimento:

a)       instaurazione di rapporti di lavoro più stabili, attribuendo rilievo prioritario al lavoro subordinato a tempo indeterminato (c.d. contratto dominante) quale forma comune di rapporto di lavoro;

b)      valorizzazione dell'apprendistato, quale modalità prevalente di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro;

c)       redistribuzione in modo più equo delle tutele dell’impiego, contrastando l’uso improprio e strumentale degli elementi di flessibilità contrattuale e adeguando la disciplina del licenziamento con la previsione di un procedimento giudiziario specifico per accelerare la definizione delle relative controversie;

d)      revisione dell’assetto degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive;

e)      contrasto di usi degli istituti contrattuali esistenti volti ad eludere obblighi contributivi e fiscali;

f)        promozione di una maggiore inclusione delle donne nella vita economica;

g)      favorire nuove opportunità di impiego o di tutela del reddito per i lavoratori ultracinquantenni;

h)      promuovere modalità partecipative di relazioni industriali in conformità agli indirizzi assunti in sede europea, al fine di migliorare il processo competitivo delle imprese.

Con riferimento al sistema permanente di monitoraggio e valutazione, il comma 3 prevede che questo assicuri - con cadenza almeno annuale - rapporti sullo stato di attuazione delle singole misure, sulle conseguenze in termini microeconomici e macroeconomici, nonché sul grado di effettivo conseguimento delle finalità di cui al comma 1. Il sistema assicura, altresì, elementi conoscitivi sull’andamento dell’occupazione femminile, rilevando, in particolare, la corrispondenza dei livelli retributivi al principio di parità di trattamento.

 

La relazione tecnica non considera la norma in esame.

 

Al riguardo, con riferimento alla banche dati di cui al comma 4, si evidenzia che, per quella dell’INPS il provvedimento in esame definisce il suo quadro operativo nell’ambito delle norme (articolo 4, comma 34-37) – alle quali si fa rinvio – concernenti il sistema informativo relativo all’ASPI, al monitoraggio dei livelli essenziali dei servizi erogati ed al sistema premiale. Con riguardo alla banca dati di pertinenza dell’ISTAT, non vengono invece definiti ulteriori elementi di funzionalità operativa e di differenziazione rispetto ai contenuti dell’altra  base informativa. Al fine di confermare l’ipotesi di invarianza di cui al comma 6, appare opportuno che il Governo escluda che dalla concreta definizione delle modalità operative delle due banche dati discendano effetti di onerosità riconducibili a sovrapposizioni e/o duplicazioni funzionali.

Nulla da osservare con riferimento alla parte della disposizione (comma 1) che fissa le finalità generali delle provvedimento, considerato il suo carattere programmatico e di principio. Non si hanno, altresì, rilievi da formulare in merito al centro permanente di monitoraggio previsto (commi 2 e 3) nell’ambito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nel presupposto - sul quale appare utile acquisire comunque conferma dal Governo - che la sua istituzione e il suo funzionamento vengano realizzati senza oneri per la finanza pubblica e nell’ambito delle risorse disponibili.

 

ARTICOLO 1, commi 7 e 8

Rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni

La norma prevede chele disposizioni del provvedimento in esame - per quanto dalle stesse non espressamente previsto - costituiscano principi e criteri per la regolazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni[13], ai sensi dell’articolo 2, comma 2, del D.lgs. n.165/2001, che prevede l’applicazione ai medesimi dipendenti della disciplina contrattuale di diritto privato. La norma fa salve, altresì, le previsioni di cui all’articolo 3 del medesimo decreto che individuano le categorie di personale che restano disciplinate in regime di diritto pubblico (comma 6).

L’art. 1, comma 2, del D.lgs. n.165/2001, stabilisce che per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al D.lgs. n. 300/1999, e - fino alla revisione organica della relativa disciplina di settore - il CONI.

L’art. 2, del D.lgs. n. 165/2001, prevede che i rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche vengano disciplinati dalle disposizioni di legge e del codice civile in materia di lavoro subordinato nell’impresa[14] - fatte salve le diverse disposizioni del decreto medesimo che costituiscono disposizioni a carattere imperativo - (comma 2) e che i medesimi rapporti individuali di lavoro vengano regolati contrattualmente.

L’art. 3 del D.lgs. n.165/2001, qualifica in regime di diritto pubblico le seguenti categorie di personale che - in deroga a quanto previsto dalle summenzionate disposizioni – continuano ad essere disciplinate dai rispettivi ordinamenti: i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati e procuratori dello Stato, il personale militare e le Forze di polizia di Stato, il personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia nonché i dipendenti degli enti che svolgono la loro attività nelle materie relative alla vigilanza e tutela del risparmio, del credito e in materia valutaria[15], nonché in materia di borsa[16], concorrenza e mercato[17], il personale, anche di livello dirigenziale, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco - esclusi il personale volontario - il personale della carriera dirigenziale penitenziaria,  i professori ed i ricercatori universitari.

Viene, inoltre, stabilito che il Ministro per la Pubblica Amministrazione e per la semplificazione, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei dipendenti delle Amministrazioni pubbliche, individui e definisca, anche mediante iniziative normative, gli ambiti, le modalità e i tempi di armonizzazione della disciplina relativa ai dipendenti delle Amministrazioni pubbliche (comma 7).

 

La relazione tecnica non considera la norma in esame.

 

Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare stante il carattere ordinamentale della norma.

 

ARTICOLO 1, commi  9-36

Tipologie contrattuali

 

Le norme recano la modifica e l’integrazione della disciplina di diverse tipologie contrattuali applicabili in materia di lavoro. In particolare si dispone:

·        la modifica del contratto di lavoro a tempo determinato[18] (commi 9-13).

La norma, in primo luogo, novella l’art. 1, del D.lgs. n. 368/2001, e dispone che il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisca la forma comune di rapporto di lavoro, laddove a legislazione vigente il medesimo art. 1, comma 01, prevede che il contratto di lavoro subordinato venga stipulato di regola a tempo indeterminato. Nello specifico, inoltre, la norma elimina il requisito della sussistenza di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo (riferibili anche all’ordinaria attività del datore di lavoro), necessario ai fini della stipulazione di un primo contratto di lavoro a tempo determinato[19]. Viene, altresì, disposto che il contratto a tempo determinato stipulato in base alle norme in esame non può essere oggetto di proroga e vengono modificati i termini temporali di prosecuzione del rapporto di lavoro, oltre i quali il contratto si considera a tempo indeterminato[20]. Vengono, inoltre, modificati i termini di riassunzione a tempo determinato entro i quali il secondo contratto si considera a tempo indeterminato[21]. Resta invariato a 36 mesi il periodo complessivo di rapporto a tempo determinato con il medesimo datore di lavoro che determina l'instaurarsi di un rapporto a tempo indeterminato, ma, a tal fine, viene computato anche il periodo lavorativo prestato in missione nell'ambito di contratti di somministrazione a tempo determinato (comma 9). La norma al comma 10 sopprime un’eccezione del principio secondo il quale, per tutta la durata della missione presso un utilizzatore, i lavoratori in somministrazione hanno diritto a condizioni di base di lavoro e d'occupazione complessivamente non inferiori a quelle dei dipendenti di pari livello dell'utilizzatore, a parità di mansioni svolte. Siffatta esclusione concerne (nella disciplina vigente) i contratti di somministrazione conclusi nell'ambito di specifici programmi di formazione, inserimento e riqualificazione professionale, erogati, in favore dei lavoratori svantaggiati, in concorso con regioni, province ed enti locali. Vengono modificati (commi 11 e 12), inoltre, i termini per l'impugnazione[22] e per il successivo ricorso giudiziale[23], nel contenzioso relativo alla nullità del termine apposto al contratto di lavoro[24]. Il comma 13, reca, quindi, una norma di interpretazione autentica dell’art. 32, comma 5, della legge n. 183/2010, concernente il risarcimento del danno subìto dal lavoratore[25], nelle ipotesi di conversione del contratto a termine in rapporto a tempo indeterminato. La norma prevede che il risarcimento del lavoratore - liquidato dal giudice, in virtù della menzionata disposizione, con un'indennità onnicomprensiva compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto - costituisca l'unico risarcimento spettante al lavoratore, anche in relazione alle conseguenze retributive e contributive, concernenti il periodo compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento giudiziale di conversione del rapporto di lavoro;

·        la soppressione dell’istituto del contratto di inserimento[26] (commi 14 e 15).

Il contratto di inserimento ai sensi del Capo II del Titolo VI del D.lgs. n. 276/2003, aveva sostituito il precedente istituto del contratto di formazione e lavoro;

·        la modifica del contratto di apprendistato[27] (commi 16-19).

In particolare viene introdotta una durata minima del rapporto di apprendistato, che non può essere inferiore a sei mesi (fatte salve le attività stagionali). Si prevede che, in caso di recesso, durante il periodo di preavviso continui a trovare applicazione la disciplina del contratto di apprendistato. Si dispone - con riferimento alle assunzioni decorrenti dal 1° gennaio 2013 - l’incremento del numero massimo di apprendisti che possono essere contemporaneamente alle dipendenze di un datore di lavoro direttamente o mediante ricorso alla somministrazione di lavoro. Il rapporto tra il numero di apprendisti e quello di maestranze qualificate in servizio, a tal fine, viene fissato al massimo in un rapporto di 3 a 2, rispetto al rapporto massimo di 1 a 1 previsto dalla vigente legislazione vigente. Tale rapporto non può superare il 100 per cento per i datori di lavoro che occupano un numero di lavoratori inferiore a dieci unità[28]. Viene, altresì, introdotta – con l’esclusione dei datori di lavoro che occupano un numero di lavoratori inferiore a 10 unità - la condizione che l'assunzione di nuovi apprendisti sia subordinata alla prosecuzione del rapporto di lavoro, al termine del periodo di apprendistato, nei 36 mesi precedenti la nuova assunzione, di almeno il 50% degli apprendisti dipendenti dallo stesso datore di lavoro. Siffatta percentuale è fissata al 30% nei primi 36 mesi successivi all'entrata in vigore del provvedimento in esame[29]. Qualora non sia rispettata la predetta percentuale, e` consentita l’assunzione di un ulteriore apprendista rispetto a quelli già confermati, ovvero di un apprendista in caso di totale mancata conferma degli apprendisti pregressi. Gli apprendisti assunti in assenza della suddetta condizione sono considerati lavoratori subordinati a tempo indeterminato, sin dalla data di costituzione del rapporto.

·        la modifica del contratto di lavoro a tempo parziale[30] (comma 20), del lavoro intermittente[31] (commi 21 e 22) e del lavoro a progetto[32] (commi 23-25).

In materia di lavoro a tempo parziale il comma 20 prevede che i contratti collettivi stabiliscano condizioni e modalità che consentano al lavoratore di richiedere l'eliminazione ovvero la modifica delle clausole "flessibili o elastiche" concernenti la variazione della collocazione temporale della prestazione di lavoro o la variazione in aumento della durata della medesima prestazione. Viene, inoltre, attribuita al lavoratore la facoltà di revoca del consenso precedentemente espresso allo svolgimento del rapporto di lavoro a tempo parziale, nei casi di convivenza con figli di età non superiore a 13 anni, di presenza di patologie oncologiche, per i quali sussista una ridotta capacità lavorativa, o di patologie oncologiche riguardanti il coniuge, i figli o i genitori del lavoratore, o di convivenza con familiari portatori di handicap, ovvero di lavoratori studenti. Con riferimento all'istituto del lavoro intermittente, per il quale un lavoratore "si pone a disposizione" di un datore di lavoro, per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente, i commi 21 e 22 limitano l'ambito applicativo dell'istituto alle "esigenze individuate" dai contratti collettivi, sopprimendo alcune ipotesi - previste a legislazione vigente - che si discostano da tale previsione. Viene, inoltre, introdotto l'obbligo, a carico del datore di lavoro, di comunicare preventivamente alla Direzione territoriale del lavoro competente il ricorso ad una prestazione lavorativa – o di un ciclo di prestazioni di durata non superiore a 30 giorni - sulla base di un contratto di lavoro intermittente. In caso di inadempimento a siffatto obbligo, è comminata una sanzione amministrativa pecuniaria[33]. I commi 23-25 recano modifiche all'istituto del contratto di lavoro a progetto. Viene previsto che il contratto di lavoro a progetto sia funzionalmente collegato a progetti specifici (la norma vigente fa riferimento anche a programmi di lavoro o a fasi di questi ultimi) e si esclude che il progetto possa consistere in una mera riproposizione dell’oggetto sociale del committente o nello svolgimento di compiti meramente esecutivi o ripetitivi. Viene, inoltre, introdotta la facoltà, per il committente, di recedere prima della scadenza del termine, qualora emergano oggettivi profili di inidoneità professionale del collaboratore tali da rendere impossibile la realizzazione del progetto. Viene disposto, inoltre, che i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, siano considerati rapporti di lavoro subordinato, sin dalla data di costituzione del rapporto, nel caso in cui l’attività del collaboratore sia svolta con modalità analoghe rispetto a quella svolta dai lavoratori dipendenti dell’impresa committente. Viene, inoltre, novellato l’art. 63, del D.lgs. n. 276/2003, disponendo, tra l’altro, che il compenso corrisposto ai collaboratori a progetto non possa essere inferiore ai minimi stabiliti in modo specifico per ciascun settore di attività dai contratti collettivi[34] (la norma in riferimento nel testo vigente dispone altresì che il medesimo debba essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro eseguito, e debba tenere conto dei compensi normalmente corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo nel luogo di esecuzione del rapporto).

Vengono, inoltre, dettate disposizioni in tema di prestazioni lavorative rese in regime di lavoro autonomo (commi 26 e 27), di associazione in partecipazione con apporto di lavoro (commi 28-31), di lavoro accessorio (commi 32 e 33) e tirocini formativi (commi 34-36).

Con riferimento alle prestazioni lavorative rese in regime di lavoro autonomo da persone titolari di partita IVA, i commi 26 e 27 dispongono che queste prestazioni - salvo che sia fornita prova contraria da parte del committente – vengano considerate alla stregua di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, qualora ricorrano almeno due dei seguenti presupposti[35]: a) che la collaborazione abbia una durata complessiva superiore a otto mesi nell’arco dell’anno solare; b) che il corrispettivo derivante da tale collaborazione, anche se fatturato a più soggetti riconducibili al medesimo centro d’imputazione di interessi, costituisca più dell’80% dei corrispettivi complessivamente percepiti dal collaboratore nell’arco dello stesso anno solare; c) che il collaboratore disponga di una postazione fissa di lavoro presso una delle sedi del committente. Quando la summenzionata prestazione lavorativa si configura come collaborazione coordinata e continuativa, gli oneri contributivi derivanti dall’obbligo di iscrizione alla gestione separata dell’INPS sono a carico per due terzi del committente e per un terzo del collaboratore. La disposizione reca, inoltre, al comma 27, una norma di interpretazione autentica ai sensi della quale l’esclusione dal campo di applicazione del capo I del titolo VII del D.lgs. n. 276/2003 riguarda le sole collaborazioni coordinate e continuative il cui contenuto concreto sia riconducibile alle attività professionali intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali, a nulla rilevando a tal fine la semplice iscrizione del collaboratore ad albi professionali. Con riguardo associazione in partecipazione con apporto di lavoro[36], i commi 28-31 dispongono che, qualora l’apporto dell’associato in partecipazione consista anche in una prestazione di lavoro, il numero degli associati impegnati in una medesima attività non possa essere superiore a tre[37]. In caso di violazione di siffatta disposizione, il rapporto con tutti gli associati si considera di lavoro subordinato a tempo indeterminato. La norma qualifica, inoltre, i rapporti di associazione in partecipazione con apporto di lavoro instaurati o attuati senza che vi sia stata un’effettiva partecipazione dell’associato agli utili dell’impresa o dell’affare[38] - salva prova contraria - come rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato. I commi 32 e 33, novellano la disciplina[39] relativa all’’istituto del lavoro accessorio. La norma reca la definizione di lavoro accessorio quale attività lavorativa di natura meramente occasionale che non dà luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a 5.000 euro nel corso di un anno solare[40] (la norma vigente pone il medesimo tetto con riferimento ai compensi derivanti dai singoli committenti). Le norme sulle prestazioni di lavoro accessorio si applicano in agricoltura, tra l’altro, alle attività lavorative di natura occasionale rese nell’ambito di attività agricole di carattere stagionale. La norma conferma quanto previsto dall’art. 70, del D.lgs. n. 263/2003 che consente il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio da parte di un committente pubblico soltanto nel rispetto dei vincoli previsti dalla vigente disciplina in materia di contenimento delle spese di personale e, ove previsto, dal patto di stabilità interno. I compensi percepiti dal lavoratore secondo le modalità di lavoro accessorio sono computati ai fini della determinazione del reddito necessario per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno. Si prevede, inoltre, la rideterminazione, con decreto interministeriale, della percentuale relativa al versamento dei contributi previdenziali in funzione degli incrementi delle aliquote contributive per gli iscritti alla gestione separata dell’INPS. I commi 34-36, demandano, infine, ad un accordo tra Governo e Regioni[41] la definizione delle linee guida in materia di tirocini formativi e di orientamento sulla base dei seguenti criteri: a) revisione della disciplina dei tirocini formativi, anche in relazione alla valorizzazione di altre forme contrattuali a contenuto formativo; b) previsione di azioni ed interventi finalizzati a prevenire e contrastare l'uso distorto dell'istituto; c) individuazione degli elementi qualificanti del tirocinio e degli effetti conseguenti alla loro assenza; d) riconoscimento di una congrua indennità, anche in forma forfettaria, in relazione alla prestazione svolta. La norma prevede, altresì, che, in ogni caso, la mancata corresponsione della summenzionata indennità comporti a carico del trasgressore l’irrogazione di una sanzione amministrativa nella misura variabile da un minimo di 1.000 a un massimo di 6.000 euro e che dall’applicazione delle disposizioni in materia di tirocinio ed orientamento del provvedimento in esame non debbano derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

La relazione tecnica afferma che dalle norme concernenti il contratto a tempo determinato (commi 9-13), il lavoro a tempo parziale (comma 20), il lavoro intermittente (commi 21-22), il lavoro a progetto (commi 23-25), il lavoro autonomo (commi 26-27) e in associazione in partecipazione (commi 28-31), il lavoro accessorio (commi 32 e 33) e i tirocini formativi (commi 34-36), non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Si evidenzia, altresì, che la RT non prende in esame la norma di cui ai commi 14 e 15, che dispone la soppressione dell’istituto del contratto di inserimento.

La RT, con riferimento alle summenzionate disposizioni, precisa, inoltre, che:

a)      l’articolo 1, commi 32 e 33 prevede una disciplina relativa al lavoro accessorio rendendo più stringenti i requisiti per lo svolgimento di tale tipologia di lavoro (prevedendo ad esempio che il limite del compenso di 5.000 euro valga con riferimento al complesso dei commettenti e non con riferimento ad ogni singolo committente) rinviando ad un decreto l'adeguamento degli attuali livelli contributivi in relazione agli incrementi stabiliti per gli iscritti alla gestione separata presso l'INPS. In tali termini dalla disposizione non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;

b)     all’articolo 1, commi 34-36 che prevedono una nuova disciplina dei tirocini formativi, è prevista una specifica clausola di invarianza riferita alla finanza pubblica;

Con riguardo alle misure in materia di apprendistato (commi 16-19), la RT quantifica – per il periodo 2013-2021 - effetti di minor gettito sintetizzati nella seguente tabella.

(euro)

 

2012

2013

2014

2015

2016

2017

2018

2019

2020

2021

Minori entrate lordo fisco

0,0

91,0

288,0

575,0

683,0

900,0

914,0

927,0

941,0

955,0

Minori entrate netto fisco

0,0

91,0

248,0

466,0

486,0

709,0

648,0

696,0

707,0

717,0

I summenzionati effetti finanziari negativi sono quantificati dalla RT sulla base dei dati e degli elementi di valutazione riportati a seguire:

·          numero medio di lavoratori apprendisti rilevati nel biennio 2010/2011 - circa 500.000 - in riduzione, rispetto al numero di circa 600.000 unità rilevate nel biennio precedente;

·          minori entrate connesse agli attuali incentivi previsti per le assunzioni in apprendistato. Nel triennio 2008-2010, la RT riferisce un valore di circa 2 mld. di euro annui - con una flessione nel 2010 a circa 1,7 mld. determinata della riduzione nell'ultimo biennio del numero di tali lavoratori;

·          minori entrate connesse all’attuale incentivo alla stabilizzazione (1 anno) dei contratti di apprendistato. Circa 340 mln. di euro annui (consuntivo 2010), per un numero medio annuo di circa 90/100.000 lavoratori.

I sopra evidenziati effetti finanziari negativi, vengono ascritti dalla RT ad un ulteriore sviluppo dei contratti di apprendistato - determinati dalle complessive modifiche adottate dalla norma in esame -  con particolare riguardo a:

·        un ulteriore sviluppo dell’istituto della stabilizzazione (prosecuzione per un anno della contribuzione agevolata), in virtù dell’introduzione del vincolo all’assunzione di nuovi apprendisti ad una quota (50% a regime, 30% nel periodo transitorio) del numero di apprendisti stabilizzati, in particolare per le imprese con un numero di dipendenti pari o superiore a 10. La RT valuta minori entrate derivanti dallo sviluppo di tale istituto in misura pari a circa 250 milioni di euro a regime (dal terzo/quarto anno);

·        un incremento di nuove assunzioni per apprendistato graduale (in particolare dal secondo anno) - pur in presenza del vincolo di stabilizzazione del 50% - per effetto dell’ampliamento dei limiti assunzionali di nuovi apprendisti da 1 a 1 a 3 a 2 rispetto alle maestranze qualificate in servizio presso il datore di lavoro e di una maggior durata della permanenza media in apprendistato, stimando, a regime, minori entrate pari a circa 650 milioni di euro (circa 1/3 di incremento).

I summenzionati vincoli sono operanti esclusivamente nei casi di datori di lavoro che occupano un numero di lavoratori pari o superiore a 10, per i quali è comunque consentita l'assunzione di un apprendista nel caso di mancato rispetto degli stessi vincoli. Per i restanti datori di lavoro rimane confermato il limite assunzionale 1 a 1.

La RT afferma, infine, che con riguardo alle modifiche apportate rispetto al testo originario del provvedimento - finalizzate ad escludere dall’applicazione del nuovo regime congiunto (incremento del vincolo di stabilizzazione di apprendisti ai fini dell’assunzione di nuovi apprendisti nonché aumento della quota di apprendisti assumibili in azienda) le imprese con un numero di dipendenti pari o inferiore a 9 - sono state confermate le valutazioni complessive effettuate con riferimento al testo. Ciò in considerazione del fatto che:

a)      buona parte delle imprese con un numero di dipendenti inferiore a 9 è ricompresa nel settore delle imprese artigiane per le quali è comunque già previsto che continui ad applicarsi la disciplina di cui all’articolo 4 della legge n. 443/1985;

b)      in ogni caso le modifiche introdotte prevedono la possibilità di assumere comunque un lavoratore apprendista anche in assenza del rispetto del vincolo di stabilizzazione;

c)       in ogni caso, come peraltro già previsto nel testo originario del provvedimento, occorre tener presente che le complessive disposizioni sono finalizzate ad incentivare il ricorso alla tipologia del contratto di apprendistato anche mediante la disincentivazione economica del ricorso ad altre tipologie di ingresso.

 

Al riguardo, con riferimento alle disposizioni in materia di apprendistato (commi 16-19), pur considerando che le ipotesi (incremento del ricorso all'istituto per effetto delle novelle introdotte) assunte dalla RT ai fini della quantificazione dei maggiori oneri derivanti dalle medesime disposizioni (minor gettito ascrivibile ai benefici previdenziali che caratterizzano il contratto di apprendistato) appaiono ispirate a criteri di prudenzialità, si rileva che la RT non esplicita i parametri ed il procedimento su cui si basano dette quantificazioni né le ipotesi alla base dell’effetto incrementale delle assunzioni attribuito alla nuova disciplina in esame.

Sul punto appaiono quindi opportuni ulteriori dati ed elementi al fine di verificare il procedimento di quantificazione seguito.

Nulla da osservare, infine, con riguardo all’insieme delle fattispecie contrattuali oggetto di modifica o integrazione da parte delle norme esaminate, considerato il carattere ordinamentale delle medesime.

 

ARTICOLO 1, commi 37-41

Disposizioni in materia di licenziamenti individuali

Normativa vigente: le fattispecie relative ai licenziamenti individuali si distinguono nell'ordinamento vigente, tra l’altro, in virtù dei diversi regimi di tutela accordati:

·          la “tutela reale” (disciplinata dall’art. 18 della legge n.300/1970);

·          la “tutela obbligatoria” (disciplinata dall’art. 8 della legge n. 604/1966).

La “tutela reale” prevede l’obbligo per il datore di lavoro di reintegrare il lavoratore illegittimamente licenziato, salvo che il lavoratore stesso scelga di optare per una indennità sostitutiva della reintegrazione nel posto di lavoro, pari a 15 mensilità di retribuzione globale di fatto, fermo restando, in entrambi i casi, il diritto al risarcimento del danno[42]. La tutela obbligatoria, attribuisce, invece, al datore di lavoro la scelta tra la reintegrazione del lavoratore e la corresponsione di una indennità pecuniaria.

Ai sensi dell’art. 18 della legge n. 300/1970, la reintegrazione del lavoratore illegittimamente licenziato per mancanza di giusta causa o giustificato motivo[43] nel posto di lavoro (“tutela reale”) si applica nei confronti dei datori di lavoro che occupino più di 15 dipendenti (ovvero 5 dipendenti per gli imprenditori agricoli) in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento.

A parte il caso del licenziamento illegittimo per mancanza di giusta causa o giustificato motivo, la tutela reale - e quindi la reintegrazione - è prevista, inoltre, indipendentemente dai limiti dimensionali del datore di lavoro, qualora il giudice:

·          abbia dichiarato il licenziamento inefficace per mancanza della forma scritta o della comunicazione, sempre per iscritto, dei motivi del licenziamento stesso (articolo 2 della legge n. 604/1966);

·          abbia dichiarato la nullità del licenziamento discriminatorio, in quanto determinato (a prescindere dalla motivazione addotta) da ragioni di credo politico o fede religiosa, dall’appartenenza ad un sindacato e dalla partecipazione ad attività sindacali, ovvero da ragioni di discriminazione razziale, di lingua o di sesso (art. 4 della legge n. 604/1966 e art. 15 della legge n. 300/1970).

Al di fuori del campo di applicazione dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, e quindi essenzialmente per le imprese fino a 15 dipendenti, si applica invece la tutela obbligatoria di cui all’art. 8 della legge n. 604/1966. Tale articolo dispone che, ove non ricorrano gli estremi della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento, il datore di lavoro è tenuto a riassumere il prestatore di lavoro entro il termine di tre giorni o, in mancanza, a risarcire il danno versandogli un’indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità dell’ultima retribuzione di fatto, avuto riguardo al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni dell’impresa, all’anzianità di servizio del prestatore di lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti. La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore a dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore a venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro.

La norma reca modifiche alla legge n. 604/1996, che disciplina il licenziamento individuale. In particolare, viene disposto che la comunicazione del licenziamento debba contenere la specificazione dei motivi che lo hanno determinato (mentre la disposizione vigente[44] prevede che il lavoratore possa richiedere la formulazione dei motivi medesimi) (comma 37). Viene, inoltre, ridotto da 270 a 180 giorni il termine previsto[45] per il ricorso giudiziale, o per la comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato - decorrenti dall’impugnazione del licenziamento (comma 38).

La norma prevede, altresì,  che il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, disposto da un datore di lavoro rispondente ai requisiti dimensionali[46] di cui all’art. 18 della legge n. 300/1970, debba essere preceduto da una comunicazione - da parte del medesimo datore di lavoro - alla direzione territoriale del lavoro (DTL) territorialmente competente e che nella stessa comunicazione debbano essere indicati i motivi oggettivi del licenziamento, nonché le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore (comma 40, cpv. art. 7, commi 1 e 2).

Viene previsto, quindi, che la DTL trasmetta la convocazione al datore di lavoro e al lavoratore nel termine perentorio di 7 giorni dalla ricezione della comunicazione per effettuare un tentativo di conciliazione. L’incontro tra le due parti – che possono essere assistite da rappresentanti delle proprie organizzazioni sindacali, da un avvocato o da un consulente del lavoro - si svolge dinanzi alla commissione provinciale di conciliazione[47]. Il procedimento di conciliazione - in cui le parti esaminano anche soluzioni alternative al recesso - si conclude entro 20 giorni dalla convocazione. In caso di fallimento del tentativo di conciliazione e decorso comunque il citato termine il datore di lavoro può comunicare il licenziamento al lavoratore (comma 40, cpv. art. 7, commi 3-6).

Qualora la conciliazione preveda la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, si applicano comunque le disposizioni in materia di assicurazione sociale per l’impiego (ASPI) - di cui all’articolo 2, comma 1-43 del provvedimento in esame - e può essere previsto l’affidamento del lavoratore ad un’agenzia di somministrazione di lavoro[48]. (comma 40, cpv. art. 7, comma 7).

Viene disposto, infine che il comportamento complessivo delle parti durante la procedura conciliativa venga valutato dal giudice per la determinazione dell’indennità risarcitoria - di cui all’art. 18, comma 7, della legge n. 300/1970 - e per l’applicazione degli articoli 91 e 92 del codice di procedura civile in materia di condanna alle spese e di compensazione delle spese processuali (comma 40, cpv. art. 7, comma 8).

 

La relazione tecnica afferma che dalle norme in esame – al pari delle altre disposizioni del disegno di legge che regolamentano la c.d. flessibilità in uscita (articolo 1, commi da 37 a 69) - non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare stante il carattere ordinamentale delle disposizioni in esame. Per quanto concerne l’applicazione delle disposizioni in materia di assicurazione sociale per l’impiego (ASPI) - di cui all’ articolo 2, commi 1-43 del provvedimento in esame - nel caso in cui il procedimento di conciliazione conduca alla risoluzione consensuale del rapporto di lavoro (comma 40, cpv. art. 7, commi 7), si rinvia alle relative schede.

 

ARTICOLO 1, commi 42 e 43

Tutele del lavoratore in caso dl licenziamento illegittimo

 

Le norme sostituiscono gli attuali commi da 1 a 6 dell’articolo 18 della legge n.300/1970, che definiscono la tutela dei lavoratori contro i licenziamenti illegittimi [comma 42, lett. b)].

Per effetto delle modifiche introdotte, la nuova disciplina si articola nei seguenti termini:

·          Licenziamento nullo (commi 1 - 3 del nuovo articolo 18). In caso di licenziamento nullo (licenziamento discriminatorio o adottato in presenza di una causa di divieto, o intimato in forma verbale), le disposizioni confermano sostanzialmente la normativa vigente, che prevede la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro (tutela reale), indipendentemente dal motivo formalmente addotto e dal numero di dipendenti occupati dal datore di lavoro[49], nonché un’indennità commisurata all’ultima retribuzione globale maturata dal momento del licenziamento all’effettiva reintegrazione (e comunque non inferiore a 5 mensilità). Resta fermo che il lavoratore può optare, in alternativa, per un’indennità pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione globale;

·          Licenziamento illegittimo per mancanza di giusta causa o di giustificato motivo soggettivo (commi 4, 5, 7, primo periodo e 8 del nuovo articolo 18). In tal caso, rispetto alla disciplina vigente, che prevede in ogni caso l’obbligo di reintegrazione del lavoratore nelle imprese oltre i 15 dipendenti[50],  viene introdotta una distinzione tra la mancanza di giusta causa o di giustificato motivo connessi a insussistenza del fatto contestato[51] -  in cui continua a valere la reintegrazione nel posto di lavoro (tutela reale) e il giudice riconosce un’indennità risarcitoria pari a un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto[52] - e  mancanza di giusta causa o di giustificato motivo connessi a tutte le restanti ipotesi, in cui non opera più la reintegrazione nel posto di lavoro e il giudice, dichiarando risolto il rapporto di lavoro, riconosce un’indennità determinata tra un minimo di 12 e un massimo di 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale[53];

·          Licenziamento illegittimo per mancanza di giustificato motivo oggettivo[54] (comma 7, secondo e terzo periodo, del nuovo articolo 18). In tal caso non trova più applicazione la reintegrazione nel posto di lavoro ed il giudice riconosce un’indennità determinata tra un minimo di 12 e un massimo di 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale. Il giudice, nel caso in cui accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustifico motivo oggettivo, può disporre la reintegrazione nel posto di lavoro e riconoscere un’indennità risarcitoria pari a un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto;

·          Licenziamento inefficace (comma 6 del nuovo articolo 18). Nel caso di licenziamento inefficace per violazione del requisito di motivazione[55], della procedura disciplinare[56] o della procedura di conciliazione[57], non trova più applicazione la reintegrazione nel posto di lavoro ed il giudice riconosce al lavoratore un’indennità risarcitoria complessiva determinata tra un minimo di 6 e un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale[58].

Viene, infine, integrato l’articolo 30, comma 1, della legge n.183/2010 ove si prevede che laddove disposizioni di legge in materia di lavoro contengano clausole generali[59] il controllo giudiziale venga limitato all’accertamento del presupposto di legittimità e non possa essere esteso al merito con valutazioni di ordine tecnico, organizzativo e produttivo che competono al datore di lavoro o al committente. L’inosservanza di tale limite costituisce motivo di impugnazione del provvedimento giudiziale per violazione di norme di diritto (comma 43).

 

La relazione tecnica afferma che dalle norme in esame – al pari delle altre disposizioni del disegno di legge che regolamentano la c.d. flessibilità in uscita (articolo 1, commi da 37 a 69) - non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica

 

Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare.

 

ARTICOLO 1, commi 44-46

Disposizioni in materia di licenziamenti collettivi 

 

Normativa vigente: L’istituto del licenziamento collettivo è disciplinato principalmente dall’art. 24 della legge n. 223/1991. Si rientra in quest'ultimo ambito qualora le imprese – nel caso occupino più di 15 dipendenti - intendano, in conseguenza di una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, procedere ad almeno 5 licenziamenti nell’arco di 120 giorni in ciascuna unità produttiva o in più unità produttive ubicate nel territorio della stessa provincia. E’ sempre obbligatoria la verifica della sussistenza di un nesso di causalità tra la trasformazione produttiva effettuata ed il ridimensionamento dei dipendenti, nonché di un criterio di congruità tra gli stessi (cioè una piccola trasformazione produttiva non può comportare un rilevante numero di licenziamenti). Spetta al datore di lavoro provare l’effettività e la definitività della diminuzione del fabbisogno di forza-lavoro, attraverso la mancata sostituzione dei lavoratori licenziati o l’assenza di ulteriori assunzioni.

Le norme dispongono una serie di modifiche agli artt. 4 e 5 della legge n. 223/1991, concernenti la procedura per la dichiarazione di mobilità dei lavoratori delle imprese.

In particolare viene specificato che la comunicazione dell’elenco dei lavoratori collocati in mobilità, che l’impresa deve effettuare nei confronti di determinati soggetti pubblici, avvenga non contestualmente, bensì entro sette giorni dalla comunicazione dei licenziamenti a ciascuno dei lavoratori interessati (comma 44). Viene quindi previsto che gli eventuali vizi della comunicazione preventiva alle rappresentanze sindacali aziendali e alle rispettive associazioni di categoria, con la quale inizia la procedura di licenziamento collettivo, possono essere sanati nell’ambito di un accordo sindacale concluso nel corso della medesima procedura (comma 45).

Viene, infine, sostituito il comma 3 dell’articolo 5 della citata legge, al fine di adeguare la disciplina relativa alle conseguenze sanzionatorie dei licenziamenti illegittimi o inefficaci, intimati ai singoli lavoratori all’esito della procedura di licenziamento collettivo, al nuovo testo dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. In particolare, viene previsto che:

·        qualora il licenziamento sia intimato senza l’osservanza della forma scritta trovi applicazione il regime sanzionatorio della tutela reale, di cui all’art. 18, primo comma dello Statuto (ossia la reintegrazione nel posto di lavoro e una indennità commisurata all’ultima retribuzione globale maturata dal momento del licenziamento all’effettiva reintegrazione, comunque non inferiore a 5 mensilità);

·        qualora il recesso sia intimato senza il rispetto della procedura sindacale richiamata dall’art. 4, comma 12, della legge 223/1991, si applichi la tutela prevista per i licenziamenti economici dall’articolo 18, settimo comma, terzo periodo, dello Statuto (ossia l’indennità determinata tra un minimo di 12 e un massimo di 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale);

·        qualora il recesso sia intimato violando i criteri di scelta dei lavoratori da collocare in mobilità - indicati allo stesso articolo 5, della legge n. 223/1991 -  si applichi la tutela reale prevista per i casi più gravi di licenziamenti disciplinari illegittimi dall’articolo 18, quarto comma, dello Statuto dei lavoratori (ossia la reintegrazione nel posto di lavoro e una indennità commisurata all’ultima retribuzione globale maturata dal momento del licenziamento all’effettiva reintegrazione, comunque non superiore a 12 mensilità).

In questi casi, per l’impugnazione dei licenziamenti, trovano applicazione le disposizioni di cui all’articolo 6, della legge n. 604/1966 – come modificato dal provvedimento in esame - che prevede l’impugnazione con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale e successivo del licenziamento, il deposito del ricorso nella cancelleria del Tribunale in funzione di giudice del lavoro o la comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione (comma 46).

 

La relazione tecnica afferma che dalle norme in esame – al pari delle altre disposizioni del disegno di legge che regolamentano la c.d. flessibilità in uscita (articolo 1, commi da 37 a 69) - non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare.

 

ARTICOLO 1, comma 47-69

Rito speciale per le controversie in tema di licenziamenti

 

La norme introducono una disciplina processuale speciale per le controversie in materia di licenziamenti, nelle ipotesi rientranti nell’ambito di applicazione dell’art. 18 della legge n. 300/1970 (commi 47-69).

In particolare viene disposto che - con specifico riguardo ai successivi commi da 48 a 62 – la summenzionata disciplina processuale trovi applicazione alle controversie aventi ad oggetto l’impugnativa dei licenziamenti nelle ipotesi regolate dall’art. 18 della legge n. 300/1970 anche quando devono essere risolte questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro (comma 47).

Nello specifico le norme prevedono che:

·        ai fini di una tutela urgente, la domanda avente ad oggetto l’impugnativa del licenziamento venga proposta con ricorso al Tribunale in funzione di giudice del lavoro. Il giudice, sentite le parti, procede agli atti di istruzione e provvede, con ordinanza immediatamente esecutiva, all’accoglimento o al rigetto della domanda. (commi 48-50).

I commi 48-50 prevedono, in particolare, che a seguito della presentazione del ricorso - che deve avere i requisiti di cui all’articolo 125[60] c.p.c. - il giudice fissi con decreto - non oltre quaranta giorni dal deposito del ricorso - l’udienza di comparizione delle parti. Il giudice assegna un termine per la notifica del ricorso e del decreto non inferiore a venticinque giorni prima dell’udienza, nonché un termine, non inferiore a cinque giorni prima della stessa udienza, per la costituzione del resistente. La notificazione e`a cura del ricorrente, anche a mezzo di posta elettronica certificata. L'efficacia esecutiva dell’ordinanza non può essere sospesa o revocata fino alla pronuncia della sentenza con cui il giudice definisce il giudizio instaurato ai sensi dei successivi commi 51-57;

·        contro l’ordinanza di accoglimento o di rigetto possa essere proposta opposizione con ricorso - ai sensi dell’articolo 414[61] c.p.c. - da depositare innanzi al Tribunale che ha emesso il provvedimento opposto - a pena di decadenza - entro trenta giorni dalla notificazione dello stesso[62]. Il giudice, sentite le parti, procede agli atti di istruzione e provvede, con sentenza all’accoglimento o al rigetto della domanda. La sentenza, completa di motivazione, deve essere depositata in cancelleria entro dieci giorni dall’udienza di discussione. La sentenza è provvisoriamente esecutiva e costituisce titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale (commi 51-57).

I commi 51-57 prevedono, in particolare che il giudice fissi con decreto l’udienza di discussione non oltre i successivi sessanta giorni, assegnando all’opposto termine per costituirsi fino a dieci giorni prima dell’udienza. Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, deve essere notificato, anche a mezzo di posta elettronica certificata, dall’opponente all’opposto almeno trenta giorni prima della data fissata per la sua costituzione. L’opposto deve costituirsi mediante deposito in cancelleria di memoria difensiva a norma e con le decadenze di cui all’articolo 416[63] c.p.c. Qualora l’opposto intenda chiamare un terzo in causa deve, a pena di decadenza, farne dichiarazione nella memoria difensiva. Nel caso di chiamata in causa il giudice fissa una nuova udienza entro i successivi sessanta giorni, e dispone che siano notificati al terzo, ad opera delle parti, il provvedimento nonché il ricorso introduttivo e l'atto di costituzione dell’opposto, osservati i termini di cui sopra. Il terzo chiamato deve costituirsi non meno di dieci giorni prima dell'udienza fissata, depositando la propria memoria. Quando la causa relativa alla domanda riconvenzionale non è fondata su fatti costitutivi identici a quelli posti a base della domanda principale il giudice ne dispone la separazione;

·        contro la sentenza che decide sul ricorso è ammesso reclamo davanti alla Corte d’appello entro il termine di trenta giorni dalla comunicazione[64]. La Corte d’appello, sentite le parti, procede agli atti di istruzione ammessi e provvede con sentenza all’accoglimento o al rigetto della domanda. La sentenza, completa di motivazione, deve essere depositata in cancelleria entro dieci giorni dall’udienza di discussione. Il ricorso per cassazione contro la sentenza deve essere proposto, a pena di decadenza, entro sessanta giorni dalla comunicazione della stessa[65] (commi 58-64).

I commi 58-64 prevedono, tra l’altro, che la Corte d’appello fissata con decreto l’udienza di discussione del reclamo, alla prima udienza, possa sospendere l’efficacia della sentenza reclamata se ricorrono gravi motivi.

Le norme prevedono, altresì, che alla trattazione delle controversie regolate dai commi da 47 a 64 debbano essere riservati particolari giorni nel calendario delle udienze. I capi degli uffici giudiziari vigilano, inoltre, sull’osservanza di tale disposizione (commi 65 e 66).

Viene, infine disposto che dall’attuazione delle norme in esame (commi da 47 a 68) non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, ovvero minori entrate (comma 69).

 

La relazione tecnica afferma che dalle norme in esame – al pari delle altre disposizioni del disegno di legge che regolamentano la c.d. flessibilità in uscita - non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. La RT, evidenzia, inoltre, che con particolare riguardo ai commi da 47 a 68 dell’articolo 1 è espressamente previsto (comma 69) che dall’attuazione degli stessi non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare, considerato quanto evidenziato nel corso della trattazione del provvedimento in prima lettura al Senato.

In particolare, con riguardo al testo originario del provvedimento, è stato segnalato che le norme in riferimento (commi da 47 a 64) - stante il carattere innovativo della procedura contenziosa introdotta rispetto a quella ad oggi vigente (soprattutto nel senso della celerità delle procedure di risoluzione delle controversie) - potrebbero ingenerare un incremento del fabbisogno organizzativo e strumentale delle strutture giudiziarie, per far fronte al nuovo contenzioso. Sul punto, la 5^ Commissione del Senato, per quanto di competenza, ha espresso parere non ostativo, nel presupposto che l’applicazione delle suddette disposizioni avvenga ad invarianza delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. Si evidenzia, infine, che tra le modifiche apportate al testo originario delle medesime disposizioni, il maxiemendamento approvato al Senato ha introdotto in materia (comma 69) una specifica clausola di invarianza degli oneri riferita alla finanza pubblica[66].

 

ARTICOLO 2, commi 1-24 e 40-43

Revisione della disciplina degli ammortizzatori sociali in caso di licenziamento

Normativa vigente: per quanto riguarda i lavoratori dei settori non agricoli, la normativa vigente prevede, nei casi di cessazione del rapporto di lavoro, diversi istituti:

­         indennità di disoccupazione non agricola a requisiti normali: il trattamento è pari al 60 per cento della retribuzione percepita nei tre mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro per i primi 6 mesi, al 50 per cento per i successivi 2 mesi e al 40 per cento per gli ulteriori mesi. La durata è di 8 mesi, per i soggetti con età inferiore a 50 anni, e di 12 mesi per i soggetti con età pari o superiore a 50 anni;

­         indennità di disoccupazione non agricola a requisiti ridotti: il trattamento è pari al 35% della retribuzione di riferimento per i primi 120 giorni ed al 40% per i successivi. La durata è fino a un massimo di 180 giorni;

­         indennità di disoccupazione edile: il trattamento è pari all’80 per cento della retribuzione di riferimento e la durata è pari al massimo a 90 giorni;

­         indennità di mobilità: il trattamento è pari al 100 per cento del trattamento di Cigs, per i primi 12 mesi, e pari all’80 per cento per i periodi successivi. La durata dipende dall’età del soggetto e dall’ubicazione dell’azienda. In particolare, per i soggetti fino a 39 anni, l’indennità è corrisposta per 12 mesi al centro nord e 24 mesi al sud; per i soggetti da 40 a 49 anni, l’indennità è corrisposta per 24 mesi al centro nord e 36 mesi al sud; per i soggetti con età pari o superiore a 50 anni, per 36 mesi al centro nord e 48 mesi al sud.

Si segnala che l’ammontare di tali trattamenti è limitato ad un massimale, rivalutato annualmente, e che per i periodi di trattamento sono previsti la copertura figurativa e gli assegni familiari.

Le norme, al fine di ridefinire gradualmente la vigente disciplina in materia di trattamenti di sostegno del reddito, dispongono:

­       l’introduzione dell’assicurazione sociale per l’impiego (commi 1-43)

Le norme introducono, a decorrere dal 1° gennaio 2013 e in relazione ai nuovi eventi di disoccupazione verificatisi a decorrere da tale data, presso la Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti dell’INPS, l’Assicurazione sociale per l’impiego (ASPI), per fornire ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione un’indennità mensile di disoccupazione. L’ASPI si applica a tutti i lavoratori dipendenti (compresi gli apprendisti e i soci lavoratori di cooperativa), con esclusione dei dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni. L’ASPI, invece, non si applica agli operai agricoli, a tempo indeterminato e a tempo indeterminato (commi 1-3).

L’indennità è riconosciuta ai disoccupati che possano fare valere almeno due anni di assicurazione e almeno un anno di contribuzione nel biennio precedente l’inizio del periodo di disoccupazione[67] (commi 4 e 5).

L’importo del trattamento è pari al 75 per cento della retribuzione mensile di riferimento, nei casi in cui questa sia pari o inferiore nel 2013 all’importo di 1.180 euro mensili, rivalutati annualmente, e, nei casi di retribuzione superiore a tale limite, l’importo è incrementato di un ulteriore 25 per cento del differenziale tra la retribuzione mensile e il limite di 1.180 euro mensili, entro un massimale rivalutato annualmente[68]. L’importo è ridotto al 60 per cento della retribuzione mensile di riferimento dopo i primi sei mesi di fruizione ed al 45 per cento oltre il dodicesimo mese. Per i periodi di fruizione del trattamento è riconosciuta la contribuzione figurativa (commi 6-10).

La durata massima del trattamento, a decorrere dal 1° gennaio 2016 per gli eventi che si verifichino da tale data, è di 12 mesi, per i lavoratori fino a 55 anni, e di 18 mesi, per i lavoratori con più di 55 anni (comma 11). L’indennità è corrisposta mensilmente (commi 12-14). E’ prevista la sospensione, fino ad un massimo di sei mesi, della corresponsione del trattamento nel caso di nuova occupazione del fruitore con contratto di lavoro subordinato e la ripresa della corresponsione alla fine del rapporto[69] (commi 15-18). Il Senato ha disposto, in via sperimentale per il periodo 2013-2015, la possibilità per il lavoratore che percepisce l’ASPI di richiedere la liquidazione dell’indennità per il numero delle mensilità non ancora percepite per intraprendere un’attività di lavoro autonomo. Tale possibilità è riconosciuta nel limite di 20 milioni di euro annui a valere sulle risorse del Fondo per il finanziamento di interventi a favore dell’incremento in termini quantitativi e qualitativi dell’occupazione giovanile e delle donne[70] (comma 19). A decorrere dal 1° gennaio 2013, ai soggetti che possono fare valere almeno tredici settimane di contribuzione negli ultimi dodici mesi è liquidata, per un periodo di settimane pari a metà delle settimane contributive nell’ultimo anno, un’indennità (miniASPI) di importo pari a quello dell’ASPI[71] (commi 20-24). Le norme disciplinano, altresì, i casi di decadenza dalla fruizione dell’indennità (commi 40 e 41) ed il contenzioso (commi 42 e 43).

­       la previsione di un periodo transitorio (commi 44-46)

Le norme prevedono l’applicazione della previgente normativa per gli eventi di disoccupazione verificatisi entro il 31 dicembre 2012, mentre per quelli che si verificheranno tra il 1° gennaio 2013 e il 31 dicembre 2015 è prevista una diversa articolazione con riferimento alla durata massima legale di corresponsione dell’indennità di disoccupazione (commi 44 e 46).

In particolare, tale articolazione può essere sintetizzata come segue:

 

 

data licenziamento

età del lavoratore

2013

2014

2015

Fino a 49 anni

8 mesi

8 mesi

10 mesi

Da 50 a 54 anni

12 mesi

12 mesi

12 mesi

Oltre i 55 anni

12 mesi

14 mesi

16 mesi

 

Come si evince dalla precedente tabella, per le prestazioni relative agli eventi verificatisi nel 2013, la durata massima legale è fissata in 8 mesi per i soggetti con meno di 50 anni e 12 mesi per i soggetti con più di 50 anni; per le prestazioni relative agli eventi verificatisi nel 2014, la durata massima legale è fissata in 8 mesi per i soggetti con meno di 50 anni, 12 mesi per i soggetti tra i 50 e i 55 anni e 14 mesi per i soggetti con età pari o superiore a 55 anni; per le prestazioni relative agli eventi verificatisi nel 2015, la durata massima legale è di 10 mesi per i soggetti fino a 50 anni, 12 mesi per i soggetti tra i 50 e i 55 anni e 16 mesi per i soggetti con età pari o superiore a 55 anni.

Anche per i lavoratori collocati in mobilità a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino al 31 dicembre 2016, il periodo massimo di fruizione della relativa indennità è articolato a seconda dell’età dei soggetti (comma 46).

In particolare, tale articolazione può essere sintetizzata come segue:

 

data di messa in mobilità

età dei lavoratori messi in mobilità

 

<40 anni

>40 anni<50 anni

>50 anni

 

leg. variata

leg. vigente

leg. variata

leg. vigente

leg. variata

leg. vigente

2013

 

 

 

 

 

 

Centro-Nord

12 mesi

12 mesi

24 mesi

24 mesi

36 mesi

36 mesi

Meridione

24 mesi

24 mesi

36 mesi

36 mesi

48 mesi

48 mesi

2014

 

 

 

 

 

 

Centro-Nord

12 mesi

12 mesi

24 mesi

24 mesi

30 mesi

36mesi

Meridione

18 mesi

24 mesi

30 mesi

36 mesi

42 mesi

48 mesi

2015

 

 

 

 

 

 

Centro-Nord

12 mesi

12 mesi

18 mesi

24 mesi

24 mesi

36 mesi

Meridione

12 mesi

24 mesi

24 mesi

36 mesi

36 mesi

48 mesi

2016

 

 

 

 

 

 

Centro-Nord

12 mesi

12 mesi

12 mesi

24 mesi

18 mesi

36 mesi

Meridione

12 mesi

24 mesi

18 mesi

36 mesi

24 mesi

48 mesi

 

 

La relazione tecnica fornisce gli effetti complessivamente recati dalle disposizioni in esame che riformano la disciplina in materia di ammortizzatori sociali nei casi di licenziamento. Tali stime, come preliminarmente sottolineato, sono elaborate tenendo conto delle diverse interazioni tra gli attuali istituti e la normativa proposta nonché delle estensioni previste dalla medesima nuova normativa.

Con riferimento alle disposizioni in esame (revisione degli istituti degli ammortizzatori sociali) ed alle successive norme in materia di revisione degli istituti di finanziamento (per il cui esame si rinvia al punto successivo della presente scheda), la relazione tecnica fornisce la seguente sintesi degli effetti (vedi Sintesi degli effetti – tabella 2):

 

 

 

Di seguito, si riportano gli elementi quantitativi forniti dalla relazione tecnica ai fini delle valutazioni finanziarie in termini di indebitamento netto.

­       Introduzione dell’ASPI (commi 1-18)

Tale istituto è destinato a sostituire l’indennità di disoccupazione non agricola a requisiti normali e l’indennità di mobilità[72]. Gli effetti delle misure in questione sono riportati nella tabella che segue (v. Tabella n. 2, punto 1.1):

 

anf= assegni al nucleo familiare

 

Con riferimento alla indennità di disoccupazione non agricola a requisiti normali, la quantificazione degli effetti dell’introduzione dell’ASPI si basa sui seguenti parametri ed ipotesi:

­         misura del trattamento in percentuale della retribuzione di riferimento[73]:

 

durata

DS

1°-6° mese

60%

7°-8° mese

50%

dal 9° mese

40%

Si ricorda che il trattamento è erogato nei limiti di due massimali a seconda dell’ammontare della retribuzione di riferimento.

­         durata massima legale del trattamento:

8 mesi per i soggetti con età inferiore a 50 anni;

12 mesi per i soggetti con più di 50 anni[74];

­         nuovi accessi:

per quanto riguarda la situazione attuale, la relazione tecnica riporta i seguenti dati:

2008: circa 600.000 + circa 70.000 DS edile

2009: circa 950.000 + circa 35.000 DS edile (per travaso in ordinaria)

2010: circa 950.000 +circa 13.000 DS edile (per travaso in ordinaria)

2011: non inferiore a 2010

2012: in crescita rispetto al 2011 (confermato dai primi mesi dell’anno)

Per quanto riguarda il periodo 2013-2015, si prevede l’accesso all’istituto di circa 900/950.000 soggetti annui, in presenza di un contesto occupazionale comunque non particolarmente dinamico.

Per quanto riguarda il medio termine, la relazione tecnica prevede una riduzione dei nuovi accessi in DS ordinaria, per arrivare prudenzialmente a circa 800.000.

Infine, la relazione tecnica sconta l’aumento della platea dei beneficiari, in primo luogo, per effetto dell’applicazione dell’istituto a nuove categorie (per esempio, gli apprendisti) e, in secondo luogo, per un contenuto “effetto attrazione” per soggetti che, in possesso dei requisiti di lavoro, in assenza della norma, avrebbero optato per altri istituti. Complessivamente, in via aggiuntiva, si stimano circa 120/125.000 nuovi accessi annui a regime (circa 90.000 nuovi accessi annui in fase transitoria).

Con riferimento all’eliminazione graduale dell’indennità di mobilità e di disoccupazione speciale edile, la relazione tecnica quantifica i seguenti effetti finanziari (vedi Tabella n. 2, punto 1.2):

anf= assegni al nucleo familiare

 

Sul medesimo punto, la relazione tecnica sconta anche gli effetti di un maggiore ricorso all’indennità di mobilità nel breve periodo (cfr. infra), come risulta dalla tabella che segue (vedi Tabella n. 2, punto 1.6):

anf= assegni al nucleo familiare

 

Con riferimento all’indennità di mobilità, la quantificazione degli effetti dell’introduzione dell’ASPI si basa sui seguenti parametri ed ipotesi:

­         misura del trattamento in percentuale dell’indennità di cassa integrazione guadagni straordinaria (Cigs)

La normativa vigente prevede che l’indennità sia pari al 100 per cento della Cigs, nei limiti si un importo massimo mensile, per i primi 12 mesi, e pari all’80 per cento della Cigs per i periodo successivi;

­         durata del trattamento

La relazione tecnica precisa che la normativa vigente prevede diverse durate a seconda dell’età del soggetto e dell’ubicazione dell’azienda. In particolare, per i lavoratori fino a 39 anni, l’indennità è erogata per 12 mesi al centro nord e 24 mesi al sud; per i lavoratori tra i 40 e i 49 anni, l’indennità è erogata per 24 mesi al centro nord e 36 mesi al sud; infine, per i lavoratori con più di 50 anni, l’indennità è erogata per 36 mesi al centro nord e 48 mesi al sud;

­         nuovi accessi

per quanto riguarda la situazione attuale, la relazione tecnica riporta i seguenti dati:

2008: circa 60.000

2009: circa 75.000

2010: circa 95.000

2011: a livelli leggermente inferiori al 2010

2012: non inferiore rispetto al 2011 (confermato dai primi mesi dell’anno).

Strutturalmente, la relazione tecnica prevede una convergenza a livelli di nuovi accessi intorno ai 70/80.000.

La collettività in esame, una volta chiuso il periodo transitorio, confluisce nel nuovo regime.

 

La relazione tecnica, inoltre, pone a confronto gli importi unitari dei diversi istituti, a livello indicativo, attualizzando in euro 2012 il livello retributivo mensile soglia di 1.180 euro previsto per il 2013 (successivamente rivalutato sulla base della variazione dell’indice dei prezzi al consumo):

 

(euro 2012)

livello retributivo

stima importo iniziale ASPI

importo iniziale DS ordinaria

importo iniziale indennità di mobilità

1.000

750

600

753

1.100

825

660

829

1.200

875

720

877

1.300

900

780

877

1.400

925

840

877

1.500

950

900

877

1.600

975

931

877

1.700

1.000

931

877

1.800

1.025

931

877

1.900

1.050

931

877

2.000

1.075

931

877

2.100

1.100

1.119

1.054

2.200

1.119

1.119

1.054

2.300

1.119

1.119

1.054

2.400

1.119

1.119

1.054

2.500

1.119

1.119

1.054

 

Infine, la relazione tecnica ha tenuto conto anche dei seguenti aspetti:

­         ripartizione della leva che accede attualmente alla DS, per età: attualmente circa il 20 per cento ha un’età pari o superiore a 50 anni e circa il 10 per cento ha un’età pari o superiore a 55 anni. Nel medio periodo è stato prudenzialmente ipotizzato un incremento della percentuale con età pari o superiore a 55 anni, per tenere conto anche dell’effetto indotto derivante dall’incremento dei requisiti di accesso al pensionamento;

­         permanenza media in percezione del trattamento di DS: attualmente, la durata media è di circa 5 mesi, per effetto del raggiungimento della durata massima legale per circa 25/30 per cento dei soggetti;

­         durata media di utilizzo: prudenzialmente, è stato ipotizzato un effetto di attrazione per i maggiori importi riconosciuti nella durata media dell’utilizzo, pari a circa un mese di media (circa mezzo mese nella fase transitoria)[75];

­         propensione alla durata massima legale: la relazione tecnica precisa di avere mantenuto prudenzialmente la stessa quota di soggetti che attualmente manifesta la propensione all’utilizzo della durata massima legale del trattamento;

­         previsione dell’utilizzo della durata massima legale anche per i soggetti che, a regime, transitano dall’indennità di mobilità (attualmente, circa il 40 per cento di tali soggetti ha un’età pari o superiore a 50 anni) all’ASPI;

­         la relazione tecnica ingloba nel computo degli effetti anche quelli di breve periodo legati ad un maggiore ricorso all’indennità di mobilità per effetto della possibile accelerazione del suo utilizzo, programmato in esaurimento a partire dal 2017 (nell’ipotesi, nel periodo transitorio, di circa 8.000 accessi annui);

­         risultano considerati prudenzialmente anche gli effetti di anticipo del pensionamento derivante da una maturazione di maggiore anzianità contributiva nello stato di disoccupazione per effetto delle maggiori durate previste. Tale effetto è previsto prudenzialmente in dimensione superiore nel periodo transitorio, in relazione anche all’accelerazione nell’incremento dei requisiti di accesso alla prestazione.

­       Liquidazione mensilità residue per intraprendere attività autonoma (comma 19, introdotto dal Senato)

La relazione tecnica, che nulla aggiunge al contenuto della norma (introdotta dal Senato e riguardante il periodo transitorio 2013-2015), fornisce la seguente tabella, precisando che l’onere costituisce un limite di spesa (vedi Tabella n. 2, punto 1.10):

anf= assegni al nucleo familiare

 

­       Introduzione della MINIASPI (commi 20-24)

La relazione tecnica fornisce il seguente quadro degli effetti delle disposizioni in esame (vedi Tabella n. 2, punto 1.3):

anf= assegni al nucleo familiare

 

Con riferimento all’indennità in esame, che sostituisce l’indennità di DS con requisiti ridotti, la relazione tecnica precisa che gli effetti del sostanziale raddoppio dell’indennità giornaliera[76] sono strutturalmente compensati dal dimezzamento della durata. Tale ultimo aspetto comporta, rispetto alla normativa vigente, anche un contenimento degli oneri per contribuzione figurativa e per assegni al nucleo familiare.

Viceversa, costituiscono elementi di onerosità le seguenti innovazioni:

­         l’effetto transitorio di un maggiore onere per prestazioni per i primi due anni (tenuto conto anche del passaggio da una liquidazione in un’unica soluzione ad una liquidazione mensile), a causa del cambiamento del sistema di erogazione.

Infatti, attualmente nell’anno n si erogano le prestazioni maturate nell’anno solare n-1, mentre con la MINIASPI si passa dal criterio dell’anno solare precedente al criterio dell’anno mobile. Ciò vuol dire che, ad esempio, nel 2013 (e anche nel 2014, tenuto conto della diluizione dell’effetto per il passaggio alla liquidazione mensile) non solo viene erogato quanto maturato nel 2012, ma vi possono essere soggetti che maturano in corso d’anno nuove prestazioni (nell’anno mobile trascorso) con pertanto anticipo dei tempi di erogazione rispetto alla normativa vigente;

­         l’eliminazione del requisito del biennio di assicurazione, con effetto, in particolare, nei primi anni e, in parte, strutturalmente.

Attualmente, (2011-2012), la spesa per prestazioni a normativa vigente si attesta intorno ai 900 milioni di euro annui (crescente nel tempo, in linea con l’andamento delle retribuzioni) ed è stimato, per effetto di tale innovazione, un incremento di circa il 10/15 per cento.

 

Al riguardo si rileva preliminarmente che non appare possibile una verifica dettagliata della relazione tecnica, con riferimento alle singole disposizioni. Ciò in quanto non sempre la relazione tecnica esplicita i dati e i parametri alla base delle quantificazioni fornite nonché le interazioni tra gli effetti imputabili alle singole disposizioni, anche con riguardo all’impatto delle stesse sulla normativa vigente, per esempio in materia di pensionamento. La relazione tecnica nelle indicazioni complessive fornite circa gli effetti recati dalla nuova disciplina, appare comunque basata su un generale criterio di prudenzialità che porta ad inglobare nelle stime ipotesi di comportamento tese a massimizzare le utilità che i singoli possono ragionevolmente trarre dalla nuova normativa.

In particolare, per quanto riguarda l’introduzione dell’ASPI in sostituzione dell’indennità di disoccupazione non agricola a requisiti normali, la relazione tecnica fornisce gli elementi utili alla verifica e sconta anche un effetto di attrazione per i maggiori importi riconosciuti nonché un aumento della spesa pensionistica dovuto all’anticipo del pensionamento derivante dalla maturazione di una maggiore anzianità contributiva.

Con riferimento al graduale superamento della disciplina relativa alla mobilità, la relazione tecnica, pur mettendo in luce tutti gli aspetti che contribuiscono alla determinazione degli effetti complessivi, non fornisce gli elementi di dettaglio utili alla puntuale verifica della quantificazione fornita. In ogni caso, sembra orientata a prudenzialità la considerazione degli effetti di un maggiore ricorso, nel breve periodo, all’istituto della mobilità.

Con riferimento agli effetti dell’introduzione della MINIASPI, in sostituzione dell’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti, elementi di onerosità indicati dalla relazione tecnica come inglobati nelle stime, ma non esplicitati nella loro incidenza quantitativa, sono costituiti dalla modalità di pagamento, mensile anziché in un’unica soluzione (l’effetto di cassa è tuttavia solo transitorio) nonché dall’aumento della platea dei beneficiari dovuto alla eliminazione del requisito, attualmente richiesto, del biennio di assicurazione nella vita lavorativa.

In merito agli aspetti rilevati, appare necessario acquisire ulteriori elementi dal Governo.

 

ARTICOLO 2, commi 25-39

Revisione degli istituti di finanziamento del regime degli ammortizzatori sociali

La norma prevede che, al finanziamento dell’ASPI, con effetto dai periodi contributivi maturati dal 1° gennaio 2013, concorrono i contributi già previsti dagli articoli 12 e 28 della legge n. 160/1975 per il finanziamento della disoccupazione involontaria[77] (comma 25) e, per i rapporti di lavoro subordinato non a tempo indeterminato, un contributo addizionale, a carico del datore di lavoro, pari all’1,4 per cento della retribuzione imponibile ai fini previdenziali[78] (comma 28). Il Senato ha disposto l’estensione, per i periodi contributivi maturati fino al 31 dicembre 2015, dell’esenzione dal pagamento del contributo addizionale dell’1,4 per cento (a cui sono assoggettati, salvo eccezioni, i contratti non a tempo indeterminato) ai lavoratori assunti a termine per lo svolgimento di ulteriori attività stagionali definite dagli avvisi comuni e dai contratti collettivi nazionali stipulati entro il 31 dicembre 2011. Alle minori entrate, valutate in 7 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015, a valere sulle risorse del Fondo per gli interventi a favore dell’incremento in termini quantitativi e qualitativi dell’occupazione giovanile e delle donne (comma 29, lettera b). Il contributo addizionale, nei limiti di sei mensilità, è restituito al datore di lavoro in caso di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato (comma 30). Nei casi di interruzione del rapporto di lavoro, anche di apprendistato, per causa diversa da dimissioni, intervenuti a decorrere dal 1° gennaio 2013, il datore di lavoro è tenuto a versare una somma pari al 50 per cento del trattamento mensile iniziale di ASPI per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni[79] (comma 31). Il Senato ha disposto l’estensione, per il periodo 2013-2015, dell’esenzione dal versamento di tale contributo in caso di licenziamento ai licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi di appalto e ai casi di interruzione di rapporto di lavoro a tempo indeterminato nel settore delle costruzioni edili per il completamento di attività e chiusura cantiere. Alle minori entrate, valutate in 12 milioni di euro nel 2013 e 38 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015, si provvede a valere sulle risorse del Fondo per gli interventi a favore dell’incremento in termini quantitativi e qualitativi dell’occupazione giovanile e delle donne (comma 34).

Tale contributo, a decorrere dal 1° gennaio 2017, è triplicato nel caso di licenziamento collettivo in cui la dichiarazione di eccedenza del personale non abbia formato oggetto di accordo sindacale (comma 35). Sempre a decorrere dal 1° gennaio 2013, è ridotta dal 4 al 2,6 per cento l’aliquota contributiva prevista dall’articolo 12, comma 1, del decreto legislativo n. 276/2003 a carico dei soggetti autorizzati alla somministrazione di lavoro in favore dei fondi bilaterali (comma 39).

La norma prevede inoltre, al comma 27, che per coloro per i quali non trovano applicazione i contributi ordinari di finanziamento previsti dal precedente comma 25, quali i soci lavoratori delle società cooperative, il contributo è decurtato della quota di riduzione dei contributi previdenziali prevista dall’articolo 120 della legge n. 388/2000[80] e dall’articolo 1, comma 361, della legge n. 266/2005[81], che non sia stata ancora applicata a causa della mancata capienza delle aliquote allora vigenti. Il Senato, con riferimento ai medesimi soggetti, ha disposto che, qualora le quote di riduzione contributiva siano già state applicate, si potrà procedere ad un allineamento graduale alla nuova aliquota ASPI con incrementi pari allo 0,26 per cento per gli anni 2013, 2014, 2015, 2016 e pari allo 0,27 per cento per il 2017. Contestualmente, con incrementi pari allo 0,6 per cento annuo, si procederà all’allineamento graduale al’aliquota del contributo destinato al finanziamento dei fondi interprofessionali per la formazione continua[82]. Tale procedura è subordinata all’adozione con cadenza annuale di un decreto ministeriale che ridetermini le prestazioni ASPI e mini ASPI in funzione dell’aliquota effettiva di contribuzione. La rideterminazione tiene conto, in via previsionale, dell’andamento congiunturale del relativo settore di riferimento con riferimento al ricorso all’ASPI e alla mini ASPI, garantendo in ogni caso una riduzione della commisurazione delle prestazioni alla retribuzione proporzionalmente non inferiore alla riduzione dell’aliquota contributiva per l’anno di riferimento rispetto al livello assunto a regime dalla medesima aliquota.

 

La relazione tecnica quantifica gli effetti delle disposizioni, in termini di indebitamento netto, come risulta dalla tabella che segue (vedi tabella n. 2 – Sintesi):

 

Con riferimento ai singoli interventi, la relazione tecnica li dettaglia come segue:

­         Tabella 2, 2.1) Maggiori entrate per addizionale contributiva 1,4% e estensione della contribuzione base (1,31% per intero) ad apprendisti - esclusione dall'applicazione della contribuzione aggiuntiva dei lavoratori stagionali

 

 

­         Tabella 2, 2.2) Maggiori entrate per finanziamento con contributo di ingresso datori di lavoro e potenziamento dal 2017 per licenziamenti collettivi

 

 

­         Tabella 2, 2.3) Maggiori spese per restituzione 1,4% nei limiti di 6 mesi per trasformazione a tempo determinato

 

 

­         Tabella 2, 2.4) Minori entrate per assorbimento contribuzione addizionale edile

 

 

­         Tabella 2, 2.5) Minori entrate per soppressione dal 2017 finanziamento mobilità a carico dei datori di lavoro (0,30% e contributo di attivazione)

 

 

­         Tabella 2, 2.6) Minori spese per soppressione dal 2017 degli incentivi contributivi per l’assunzione dalle liste di mobilità

 

 

 

Le stime degli effetti finanziari tengono conto dei seguenti parametri ed ipotesi:

­         gettito contributivo dello 0,3 per cento relativo all’indennità di mobilità: circa 350 milioni di euro (consuntivo 2010);

­         gettito contributivo articolo 5 della legge n. 223/1991[83]: circa 200/290 milioni di euro (consuntivo 2009 e consuntivo 2010, in relazione al grado di utilizzo dell’istituto, particolarmente elevato nel periodo);

­         gettito del contributo dello 0,8 per cento dell’addizionale del settore edile (legge n. 427/1975): circa 110 milioni di euro (consuntivo 2010);

­         minori entrate contribuzione per incentivi assunzioni da liste di mobilità a legislazione vigente[84]: circa 500 milioni di euro in media annua nel triennio 2008-2010;

­         stima monte retributivo soggetto ad addizionale dell’1,4 per cento: circa 30 miliardi di euro (2013);

­         stima monte retributivo apprendisti soggetti ad aliquota base dell’1,31 per cento: circa 8 miliardi di euro (2013);

­         il gettito derivante dal contributo di licenziamento (da versare all’Inps all’atto del licenziamento nei casi diversi da dimissioni), pari al 50 per cento dell’indennità iniziale per ogni 12 mensilità di anzianità aziendale negli ultimi 3 anni è stato computato in modo prudenziale stante le limitazioni previste, considerando a regime la misura massima (delle tre mensilità) solo per i lavoratori provenienti dalla collettività della mobilità (ad una parte dei quali si applica, anche a regime, dal 1° gennaio 2017, l’addizionale dei casi di licenziamento collettivi senza accordo sindacale);

­         è stato computato l’effetto fiscale indotto.

Con riferimento alle modifiche introdotte dal Senato, la relazione tecnica precisa quanto segue:

­         esenzione, per il periodo 2013-2015, dal pagamento del contributo addizionale di ulteriori categorie di lavoratori stagionali (comma 29, lettera b, seconda parte)

La relazione tecnica quantifica le minori entrate recate dalla disposizione in 7 milioni di euro annui, per il periodo 2013-2015, sulla base dei seguenti parametri desunti dagli Uffici del Ministero del lavoro[85]: numero di lavoratori interessati pari a circa 150.000; retribuzione media mensile pari a circa 1.100 euro; periodo di lavoro pari a circa 3 mesi;

­         esenzione, per il periodo 2013-2015, dal contributo di licenziamento per il settore edile (comma 34)

La relazione tecnica quantifica le minori entrate recate dalla disposizione in 12 milioni di euro nel 2013 e 38 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015. La relazione tecnica precisa di avere tenuto conto del peso del settore delle costruzioni edili sul totale dei settori e delle tipologie dei lavoratori interessati, pari a circa il 5 per cento delle entrate complessive lorde originariamente stimate con riferimento alla complessiva platea interessata (pari a 243 milioni di euro per il 2013, 770 milioni di euro per il 2014 e 786 milioni di euro per il 2015) e di non avere prudenzialmente considerato l’effetto fiscale indotto;

­         possibilità di aumento graduale dell’aliquota di finanziamento dell’ASPI, per i periodo 2013-2016 per i soci delle cooperative, previa rideterminazione delle prestazioni (comma 27, secondo-quarto periodo)

La relazione tecnica precisa che dalla disposizione non derivano effetti a carico della finanza pubblica. Infatti, il procedimento previsto che subordina la riduzione delle aliquote alla riduzione, in ogni caso proporzionalmente non inferiore, delle corrispondenti prestazioni garantisce il rispetto degli equilibri finanziari, tanto più tenendo conto della circostanza che, in generale, il profilo di spesa per prestazioni conseguente all’ASPI risulta comunque superiore al gettito derivante dall’aliquota di finanziamento.

 

Al riguardo, si rileva quanto segue:

­        con riferimento alle maggiori entrate derivanti dall’addizionale dell’1,4 per cento per i lavoratori a tempo determinato e dall’estensione agli apprendisti del contributo dell’1,3 per cento (tabella 2), 2.1), la relazione tecnica fornisce i monti retributivi interessati, ma non la quota di monte retributivo relativo ai lavoratori stagionali che, a normativa vigente, sono soggetti al pagamento del contributo per la DS e che la nuova normativa (comma 29, lettera b) esclude dall’obbligo. L’ammontare del gettito iscritto nel prospetto in esame, pertanto, dovrebbe essere al netto delle minori entrate derivanti da tale esclusione, per una quota su cui appare opportuno avere dal Governo indicazioni;

­        per quanto riguarda il contributo che il datore di lavoro è tenuto a versare in occasione del licenziamento del personale (tabella 2, 2.2), le maggiori entrate sono state prudenzialmente stimate nella misura massima (3 mensilità) solo con riferimento ai soggetti provenienti dalla platea di quelli interessati dall’applicazione dell’istituto della mobilità;

­        con riferimento agli oneri per la restituzione del contributo addizionale per la trasformazione dei contratti a tempo indeterminato (tabella 2), 2.3), la relazione tecnica non esplicita le ipotesi alla base della quantificazione.

Risultano invece supportate dai parametri necessari alla verifica le quantificazioni relative alle minori entrate per l’assorbimento del contributo addizionale nel settore edile (tabella 2, 2.4) e per la soppressione della contribuzione relativa alla mobilità (tabella 2, 2.5) mentre la stima delle minori spese per la soppressione, dal 2017, degli incentivi contributivi legati alle assunzioni dalle liste di mobilità risulta essere, sulla base dei dati forniti dalla relazione tecnica, improntata a prudenzialità.

 

ARTICOLO 2, commi 47-50

Disposizioni in materia di addizionale sui diritti di imbarco

Normativa vigente: l’articolo 6-quater del decreto-legge n. 7/2005[86], al comma 2, dispone l’aumento di tre euro a passeggero dell'addizionale comunale sui diritti di imbarco, istituita dall’articolo 2, comma 11, della legge n. 350/2003. Tale incremento dell'addizionale è destinato ad alimentare il Fondo speciale per il sostegno del reddito e dell'occupazione e della riconversione e riqualificazione del personale del settore del trasporto aereo[87]. Il successivo comma 3 prevede, tra l’altro, che le maggiori somme derivanti dall'incremento dell'addizionale sono versate dai soggetti tenuti alla riscossione direttamente su una contabilità speciale aperta presso la Tesoreria centrale dello Stato, gestita dall'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e intestata al Fondo speciale di cui al comma 2.

La norma, modificando l’articolo 6-quater del decreto-legge n. 7/2005, dispone, a decorrere dal 1° gennaio 2016, la destinazione dell’incremento dell’addizionale sui diritti di imbarco alla gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali (GIAS) dell’INPS (comma 47) e la conseguente soppressione a decorrere dalla medesima data di tale specifica fonte di finanziamento del fondo del settore del trasporto aereo[88].

Il successivo comma 48 prevede le procedure per la riscossione, la comunicazione mensile all’INPS da parte dei gestori aeroportuali e il versamento dell’addizionale nonché l’applicazione del regime sanzionatorio previsto dall’articolo 116, comma 8, lettera a), della legge n. 388/2000 per i contributi previdenziali obbligatori.

La norma prevede, inoltre, che i soggetti tenuti alla riscossione trattengono, a titolo di ristoro, per le spese di riscossione e comunicazione, una somma pari allo 0,25 per cento del gettito totale (comma 49) nonché l’estensione alle somme riscosse a titolo di addizionale delle disposizioni in materia di versamento unitario e di compensazione recate dall’articolo 17 del decreto legislativo n. 241/1997 (comma 50).

Si segnala che il successivo articolo 3, comma 44, prevede l’adeguamento alle norme previste dal provvedimento in esame della disciplina del fondo speciale per il settore aereo attraverso apposito DM e sulla base di accordi collettivi e contratti collettivi. Infine, l’articolo 4, comma 75, prevede l’aumento della medesima addizionale dagli attuali 3 euro a 5 euro, a decorrere dal 1° luglio 2013 (cfr. infra).

 

La relazione tecnica, sulla base dei dati amministrativi e prudenzialmente mantenendo costanti nominalmente gli importi, quantifica in 194 milioni di euro annui le minori spese per prestazioni annualmente finanziate dal fondo attraverso le entrate rinvenienti dall’addizionale sui diritti di imbarco, come risulta dalla tabella che segue (vedi Tabella n. 2, 2.7):

 

La relazione tecnica precisa che gli effetti positivi per la finanza pubblica si sostanziano nel venire meno, a seguito della disposizione, della ragione di spesa finanziata a legislazione vigente dall’addizionale, con contestuale possibilità di destinazione della stessa al finanziamento dei maggiori oneri a carico della GIAS in ambito INPS, per effetto della revisione degli istituti di ammortizzatori sociali, come previsto dal disegno di legge in esame.

 

Al riguardo, si rileva che la stima delle risorse utilizzabili per effetto della disposizione in esame appare coerente con le precedenti quantificazioni in materia e con i dati forniti dalla medesima relazione tecnica con riferimento al successivo articolo 4, comma 75, che dispone l’aumento dell’addizionale in esame da 3 a 5 euro a decorrere dal luglio 2013.

 

ARTICOLO 2, commi 51-56

Potenziamento dell’indennità una tantum per i lavoratori parasubordinati disoccupati

Normativa vigente: l’articolo 19, comma 1, del decreto-legge n. 185/2009 prevede, nel limite di 54 milioni di euro annui a decorrere dal 2012 a carico del Fondo per l’occupazione, il finanziamento di una serie di istituti a sostegno del reddito per categorie non interessate dalla disciplina ordinaria degli ammortizzatori sociali, come previsto dalla normativa vigente, modificata dal provvedimento in esame. Il successivo comma 2 prevede, nel limite di 13 milioni di euro, a valere sul complessivo limite di spesa di 54 milioni di euro, la concessione per il 2012 di un’indennità una tantum ai lavoratori parasubordinati disoccupati. In particolare, l’indennità, corrisposta in un’unica soluzione, è pari al 30 per cento del reddito percepito l’anno precedente e comunque non superiore a 4.000 euro ed è riconosciuta ai soggetti che presentino i seguenti requisiti: regime di monocommittenza; un reddito lordo percepito l’anno precedente non superiore a 20.000 euro e non inferiore a 5.000 euro; accreditamento, nell’anno di riferimento, presso la Gestione separata di cui all’ articolo 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995, di un numero di mensilità non inferiore a uno; mancanza di contratto di lavoro da almeno due mesi; e almeno tre mensilità accreditate l’anno precedente presso la predetta Gestione separata.

La norma dispone che, a decorrere dal 2013 e nei limiti della somma di 54 milioni di euro annui[89], è riconosciuta un’indennità ai collaboratori coordinati e continuativi (c.d. lavoratori parasubordinati), iscritti alla Gestione separata dell’INPS, in presenza dei seguenti requisiti: i lavoratori devono avere operato nell’anno precedente in regime di monocomittenza e devono avere conseguito un reddito lordo complessivo non superiore a 20.000 euro, rivalutato annualmente; deve essere stata accreditata presso la Gestione separata, con riferimento all’anno di riferimento, almeno una mensilità e, nell’anno precedente, almeno quattro mensilità; i lavoratori devono avere avuto un periodo di disoccupazione ininterrotta di almeno due mesi nell’anno precedente (comma 51).

L’indennità è pari al 5 per cento del minimale annuo di reddito fissato per artigiani e commercianti, moltiplicato per il minor numero tra le mensilità accreditate l’anno precedente e quelle non coperte da contribuzione[90] (comma 52). L’indennità è liquidata in un’unica soluzione se di importo inferiore a 1.000 euro, negli altri casi è liquidata in importi mensili (comma 53).

Rimane ferma l’applicazione della previgente normativa per coloro che hanno maturato i requisiti previsti il diritto entro il 31 dicembre 2012[91] (comma 54).

Il Senato ha previsto, in via transitoria per gli anni 2013, 2014 e 2015, la riduzione da quattro a tre mesi del requisito delle mensilità accreditate per l’erogazione dell’indennità una tantum nonché l’aumento dell’ammontare dell’indennità una tantum (dal 5 al 7 per cento del minimale annuo). A tale fine, la norma prevede l’integrazione del limite di spesa per il finanziamento dell’intervento di 60 milioni di euro a valere sulle risorse del Fondo per gli interventi a favore dell’incremento in termini quantitativi e qualitativi dell’occupazione giovanile e delle donne[92] (comma 56).

 

La relazione tecnica precisa che dalle disposizioni, dal 2016, non derivano oneri per la finanza pubblica dal momento che la concessione dell’indennità avviene nel limite delle risorse già previste a legislazione vigente (54 milioni di euro annui) e che vengono soppressi altri istituti a valere sulle medesime risorse, in quanto inglobati nella complessiva revisione degli ammortizzatori sociali, come disciplinata dal provvedimento in esame.

Per quanto riguarda la fase transitoria (2013-2015), il potenziamento dell’istituto comporta l’incremento di ulteriori 60 milioni di euro annui (per un totale, nel periodo considerato, di 114 milioni di euro annui) a carico del Fondo per il finanziamento di interventi a favore dell’incremento in termini quantitativi e qualitativi dell’occupazione giovanile e delle donne. Anche per tale periodo, pertanto, dalla disposizione non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica

Infine, a titolo esemplificativo e in euro 2012, la relazione tecnica presenta un esercizio di determinazione degli importi delle indennità, prendendo a riferimento il valore per il 2012 del minimale di reddito fissato per artigiani e commercianti, pari a 14.930 euro, come risulta dalla tabella che segue:

 

(valori in euro 2012)

mesi accreditati

compensi lordi

misura indennità 2013-2015

misura indennità dal 2016

3

3.733

3.135

0

4

4.977

4.180

2.986

5

6.221

5.226

3.733

6

7.465

6.271

4.479

7

8.709

5.226

3.733

8

9.953

4.180

2.986

9

11.198

3.135

2.240

10

12.442

2.090

1.493

11

13.686

1.045

747

12

14.930

0

0

 

Al riguardo, non si hanno rilievi da formulare, dal momento che, come precisato anche dalla relazione tecnica, le misure in esame sono finanziate a valere del limite di spesa, a carico del Fondo per l’occupazione, già autorizzato dalla normativa vigente e che risulta sensibilmente superiore a quello destinato alla finalità in esame fino al 2012.

Si segnala che il potenziamento e la messa a regime dell’istituto in esame si ottiene sia attraverso una revisione dei meccanismi di determinazione della misura dell’indennità sia, soprattutto, attraverso il considerevole aumento del limite di spesa utilizzabile. Infatti, la previgente normativa prevedeva per la finalità in esame l’utilizzo del limite di spesa di 13 milioni di euro, nell’ambito del limite complessivo di 54 milioni di euro destinati al finanziamento di istituti di sostegno del reddito previsti, in via transitoria, per categorie di lavoratori non coperti dalla assicurazione contro la disoccupazione e dalla ordinaria normativa in materia di ammortizzatori sociali. Il provvedimento in esame, invece, provvede ad ampliare le tutele a nuove categorie di lavoratori liberando le risorse prima loro destinate, finalizzandole interamente alla erogazione dell’indennità ai lavoratori parasubordinati che si trovino in stato di disoccupazione.

 

ARTICOLO 2, comma 57

Aumento delle aliquote contributive dei lavoratori parasubordinati

La norma, modificando l’articolo 1, comma 79, della legge n. 247/2007, dispone, a decorrere dal 2012, l’aumento dell’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche per i lavoratori parasubordinati.

In particolare, per coloro che risultano iscritti esclusivamente alla gestione separata dell’INPS (articolo 2, comma 26, della legge n. 335/1995), l’aliquota aumenta dal 26 per cento del 2011 di un punto percentuale ogni anno, per giungere al 33 per cento a decorrere dal 2018[93], mentre per gli altri iscritti a tale gestione, assicurati anche presso altre gestioni pensionistiche, l’aliquota di computo aumenta dal 17 per cento nel 2011 di un punto percentuale annuo, per giungere al 24 per cento a decorrere dal 2018[94].

 

La relazione tecnica espone i seguenti effetti delle disposizioni, in termini di indebitamento netto (vedi tabelle 1 e 3.1):

 

Gli effetti finanziari delle disposizioni sono stati valutati sulla base dei seguenti parametri ed ipotesi:

1.       lavoratori non iscritti ad altre forme pensionistiche

­         stima monte redditi: circa 18,2 miliardi di euro nel 2011;

­         meccanismo del saldo acconto per il calcolo degli effetti fiscali sulla quota a carico del committente

2.       lavoratori iscritti anche ad altre forme pensionistiche

­         stima monte redditi: circa 12,7 miliardi nel 2011

La relazione tecnica precisa che, al fine di tenere conto della possibile contrazione del numero di soggetti iscritti alla gestione previdenziale dei parasubordinati anche per effetto delle disposizioni presenti nel provvedimento in esame, prudenzialmente si è provveduto ad eliminare dal monte reddituale la quota relativa agli iscritti in quanto associati in partecipazione ed ai monti reddituali così risultanti è stata applicata l’invarianza in termini nominali.

Sempre per ragioni di prudenzialità, nel periodo transitorio è stato calcolato l’effetto di interazione anche con tipologie contrattuali che possono risultare più appetibili per un minore costo del lavoro, mentre, in via strutturale, è stato considerato l’effetto positivo a regime che compensa la maggiore spesa pensionistica conseguente all’aumento contributivo[95].

Per tali ragioni, la relazione tecnica precisa che una quota di circa il 20-21% delle maggiori entrate contributive non è computata a copertura neppure nell’ambito delle proiezioni entro il periodo decennale.

 

Al riguardo si osserva che la metodologia e i parametri adottati per la stima degli effetti finanziari delle disposizioni in esame appaiono coerenti con quelli adottati da precedenti relazioni tecniche relative a norma di analogo tenore[96].

 

ARTICOLO 2, commi 58-63

Disposizioni in materia di revoca delle prestazioni

La norma, introdotta dal Senato, prevede che, con la sentenza di condanna per reati di tipo terroristico o mafioso[97], il giudice dispone la sanzione accessoria della revoca dell’indennità di disoccupazione, dell’assegno sociale, della pensione sociale e della pensione per gli invalidi civili. La norma prevede inoltre che i condannati che abbiano scontato la pena possono, a domanda e qualora ne ricorrano i presupposti, beneficiare delle prestazioni in esame.

Per i soggetti già condannati con sentenza passata in giudicato, la norma prevede la revoca con effetto non retroattivo.

Le risorse derivanti dai provvedimenti di revoca sono versate annualmente dagli enti interessati all’entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnate ai capitoli di spesa corrispondenti al Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso[98] e agli interventi in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata[99].

 

La relazione tecnica non considera le disposizioni in esame.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

ARTICOLO 2, commi 64-67

Disposizioni transitorie in materia di ammortizzatori sociali in deroga

La norma prevede la possibilità per il Ministro del lavoro, per gli anni 2013-2016, di concedere, sulla base di specifici accordi governativi e per periodi non superiori a dodici mesi, in deroga alla normativa vigente, trattamenti di integrazione salariale e di mobilità nei limiti delle risorse finanziarie a tal fine destinate nell’ambito del Fondo sociale per l’occupazione e la formazione (comma 64). Tali risorse sono incrementate di 1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014, di 700 milioni di euro per il 2015 e di 400 milioni di euro per il 2016 (comma 65).

La norma prevede inoltre la possibilità di prorogare per periodi non superiori a dodici mesi, nell’ambito dei medesimi limiti di spesa, trattamenti già concessi in deroga, con riduzioni progressive dell’importo, e subordinatamente alla frequenza di specifici programmi di reimpiego, anche miranti alla riqualificazione professionale[100] (comma 66).

 

La relazione tecnica quantifica gli effetti delle disposizioni, in termini di indebitamento netto, come risulta dalla tabella che segue (vedi la Tabella n. 2, punto 1.4):

anf= assegni al nucleo familiare

 

La relazione tecnica precisa che gli oneri per la contribuzione figurativa non hanno un impatto immediato in termini di indebitamento netto, rilevando solo al momento della liquidazione dei trattamenti pensionistici. La quota relativa a tale contribuzione ha un’incidenza media sull’onere complessivo pari a circa il 40 per cento.

 

Nulla da osservare al riguardo trattandosi di spese limitate all’entità degli stanziamenti, le cui procedure di concessione risultano consolidate nel tempo[101].

 

ARTICOLO 2, comma 68

Disposizioni in materia di aliquota contributiva dei coltivatori diretti

La norma dispone l’estensione, a decorrere dal 1° gennaio 2013, anche agli imprenditori agricoli degli aumenti delle aliquote di finanziamento e di computo a regime previsti dalle Tabelle b) e c) dell’allegato 1 del decreto-legge n. 201/2011[102].

La norma, inoltre, è volta a chiarire che le aliquote di finanziamento di cui alla citata tabella b) sono comprensive del contributo addizionale del 2 per cento, previsto dall’articolo 12, comma 4, della legge n. 233/1990[103].

 

La relazione tecnica precisa che le maggiori entrate contributive derivanti dall’estensione degli aumenti di aliquota anche agli imprenditori agricoli (quantificabili in qualche milione di euro e, a regime, dal 2018, in circa 10 milioni di euro, trattandosi di una collettività residua[104]) non sono state prudenzialmente iscritte nei saldi dal momento che, a tali maggiori entrate, corrisponde un maggiore onere pensionistico.

Infine, la relazione tecnica precisa che la relazione tecnica al decreto-legge n. 201/2011 considerava gli effetti dell’aumento dell’aliquota di finanziamento di cui alla tabella b) comprensivi del contributo addizionale del 2 per cento, in coerenza con le aliquote di computo previste dalla successiva tabella c).

 

Al riguardo appare opportuno che il Governo fornisca ulteriori dettagli in ordine all’aumento di spesa pensionistica, sia pure presumibilmente di entità limitata, derivante dalle disposizioni in esame.

 

ARTICOLO 2, commi 68-73

Disposizioni abrogate

Le norme dispongono l’abrogazione delle disposizioni vigenti che risultano superate dall’entrata in vigore del provvedimento in esame. Si segnala, tra le altre, l’abrogazione, a decorrere dal 1° gennaio 2016, l’articolo 3 della legge n. 223/1991 in materia di applicazione della disciplina in materia di integrazione salariale straordinaria in caso di procedure concorsuali (comma 70).

Le ulteriori disposizioni abrogate dalla norma in esame sono le seguenti:

­         a decorrere dal 1° gennaio 2013 (comma 69): i commi 1-bis, 1-ter, 2 e 2-bis del decreto-legge n. 185/2008[105], in materia di strumenti di sostegno del reddito in deroga alla normativa vigente; il comma 3 dell’articolo 7 del decreto-legge n. 86/1988[106], in materia di estensione temporanea della disciplina della indennità di disoccupazione; l’articolo 40 del regio decreto-legge n. 1827/1935[107], in materia di esclusione di talune tipologie di lavoratori dalla disciplina della indennità della disoccupazione[108];

­         a decorrere dal 1° gennaio 2017 (comma 71), le disposizioni della legge n. 223/1991 in materia di obblighi contributivi del datore di lavoro in caso di messa in mobilità dei lavoratori[109], in materia di collocamento in mobilità dei lavoratori,  corresponsione della relativa indennità e di incentivi contributivi per i datori di lavoro che assumono dalle liste in mobilità[110], in materia di corresponsione del trattamento ordinario di integrazione salariale nel settore dell’edilizia[111], in materia di indennità di mobilità per i lavoratori disoccupati in conseguenza di licenziamento per riduzione di personale[112]. Sono abrogate, inoltre, dalla medesima data le norme in materia di disoccupazione speciale nell’edilizia[113].

I successivi commi 72 e 73 prevedono le modifiche testuali degli articoli 4 e 5 della legge n. 223/1991, necessarie a seguito dell’eliminazione dell’istituto della mobilità.

 

La relazione tecnica quantifica gli effetti di risparmio, in termini di indebitamento netto, della disposizione di cui al comma 70 come risulta dalla tabella che segue (vedi tabella 2, 1.5):

anf= assegni al nucleo familiare

 

La relazione tecnica precisa che la soppressione, dal 1° gennaio 2016, della possibilità di riconoscere la CIGS in relazione alla causale per procedura concorsuale per cessazione di attività[114] è volta ad eliminare i casi in cui l’integrazione salariale copre esigenze non connesse alla conservazione del posto di lavoro. Tenuto conto che tale causale dà luogo, attualmente, sulla base dei dati amministrativi, ad una spesa pari a circa il 15 per cento della complessiva spesa per CIGS sostenuta a legislazione vigente, ne conseguono le economie indicate. Più in particolare, quanto indicato nella tabella corrisponde al 15 per cento di un ammontare di spesa complessivo ridotto rispetto ai livelli degli ultimi anni che risentono della crisi economica, tuttora in corso.

 

Al riguardo, non si hanno rilievi da formulare dal momento che la quantificazione delle economie derivanti dalla disposizione in materia di CIGS appaiono improntate ad un criterio di prudenzialità.

 

 

ARTICOLO 3, comma 1

Estensione della disciplina in materia di CIGS ad ulteriori settori

La norma, integrando l’articolo 12 della legge n. 223/1991, prevede, a decorrere dal 1° gennaio 2013, l’estensione della disciplina di cui al medesimo articolo 12 in materia di trattamento straordinario di integrazione salariale e dei relativi obblighi contributivi[115] alle seguenti imprese:

­       imprese esercenti attività commerciali con più di 50 dipendenti;

­       agenzie di viaggio e turismo, compresi gli operatori turistici, con più di 50 dipendenti;

­       imprese di vigilanza con più di 15 dipendenti;

­       imprese di trasporto aereo a prescindere dal numero di dipendenti;

­       imprese del sistema aeroportuale a prescindere dal numero di dipendenti.

 

La relazione tecnica precisa che la norma mette a regime le estensioni dell’ambito della CIGS (e della relativa contribuzione) rinnovate annualmente. Tenuto conto che il finanziamento solitamente destinato alle proroghe di tali interventi (45 milioni di euro) ingloba la proroga annuale dell’indennità di mobilità e che, anzi, tale importo corrisponde all’onere proprio della mobilità e della contribuzione figurativa[116], la relazione tecnica afferma che si può ritenere che la messa a regime per i settori in esame della CIGS, con relativa contribuzione figurativa, non comporti un peggioramento dei saldi di finanza pubblica.

 

Al riguardo, non si hanno rilievi da formulare sulla base di quanto affermato dalla relazione tecnica.

 

ARTICOLO 3, commi 2 e 3

Messa a regime dell’indennità di mancato avviamento al lavoro per i lavoratori del settore portuale

La norma prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2013, l’INPS eroga ai lavoratori addetti alle prestazioni di lavoro temporaneo occupati con contratto a tempo indeterminato nelle imprese e agenzie di lavoro portuale, nonché ai lavoratori dipendenti dalle società derivate dalla trasformazione delle compagnie portuali, un’indennità di importo pari a un ventiseiesimo del trattamento massimo mensile di integrazione salariale straordinaria, comprensiva della contribuzione figurativa e degli assegni al nucleo familiare (ANF), per ogni giorno di mancato avviamento al lavoro[117]. La norma prevede l’obbligo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di predisporre elenchi recanti il numero delle giornate di mancato avviamento al lavoro, da inviare all’INPS quale presupposto dell’erogazione dell’indennità. Tali elenchi sono predisposti sulla base di accertamenti effettuati in sede locale dalle competenti autorità portuali o, laddove non istituite, dalle autorità marittime (comma 2).

Si ricorda che l’istituto in esame è stato annualmente prorogato entro un limite di spesa.

Alle imprese e alle agenzie nonché ai lavoratori del settore portuale in esame è esteso l’obbligo contributivo di cui all’articolo 9 della legge n. 407/1990[118] (comma 3).

 

La relazione tecnica espone i seguenti effetti di maggiore spesa recati dalle disposizioni in esame (vedi Tabella n. 2, 1.7):

 

 

La relazione tecnica precisa che dalle disposizioni derivano maggiori oneri stimati in 15 milioni di euro annui, tenuto conto del limite di spesa annualmente destinato alla proroga dell’istituto (prudenzialmente considerato nella misura massima).

 

Al riguardo, premesso che la norma mette a regime un istituto più volte prorogato anno per anno nel limite di spesa di 15 milioni annui[119], si rileva che la quantificazione dell’onere appare improntata a criteri di prudenzialità dal momento che risulta iscritta nei saldi esclusivamente la spesa (per un ammontare pari alle risorse costituenti il limite di spesa entro il qual l’intervento è stato autorizzato negli anni passati) e non anche la maggiore entrata derivante dall’estensione del contributo obbligatorio, al netto della riduzione del gettito fiscale.

 

ARTICOLO 3, commi 4-13 e 19-45

Disposizioni in materia di fondi di solidarietà

Le norme, allo scopo di assicurare ai lavoratori di settori non coperti dalla disciplina in materia di integrazione salariale una tutela in costanza di rapporto di lavoro nei casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa, dispongono:

­       l’istituzione di fondi di solidarietà bilaterali, sulla base di accordi tra le organizzazioni sindacali ed imprenditoriali, con riferimento alle imprese con più di 15 dipendenti (commi 4-13);

­       l’istituzione di un fondo di solidarietà residuale nei settori in cui non siano stati stipulati, entro il 31 marzo 2013, gli accordi collettivi volti all’attivazione di un fondo di cui al precedente articolo 42 (commi 19-21);

­       il finanziamento di tali fondi mediante un’aliquota di contribuzione ordinaria, ripartita tra datori di lavoro e lavoratori, nella misura, rispettivamente, di 2/3 e 1/3 e fissata in maniera tale da garantire la precostituzione di risorse continuative adeguate per l’avvio dell’attività e per la situazione a regime. La norma prevede inoltre contributi aggiuntivi per il finanziamento delle ulteriori prestazioni eventualmente erogabili dai fondi. A tutti i contributi di finanziamento dei fondi si applicano le disposizioni in materia di contribuzione previdenziale obbligatoria, ad eccezione di quelle relative agli sgravi contributivi (commi 22-25);

­       l’obbligo per i fondi di pareggio di bilancio e divieto di erogare prestazioni in carenza di disponibilità (commi 26-30);

­       l’erogazione da parte dei fondi di un assegno ordinario di importo pari all’integrazione salariale nonché la possibilità, per i fondi bilaterali istituiti con accordi tra le organizzazioni sindacali ed imprenditoriali, di erogare prestazioni integrative dell’ASPI, assegni straordinari per il sostegno del reddito, nel quadro di agevolazione all’esodo, nonché contributi al finanziamento di programmi formativi di riconversione o riqualificazione professionale[120]. I fondi, sia quelli pattizi sia quello residuale, provvedono a versare alla competente gestione previdenziale la contribuzione correlata alla prestazione erogata al lavoratore (commi 31-34);

­       la gestione del fondo da parte di un comitato amministratore, composto al massimo da 12 membri a cui non spetta alcun emolumento, indennità o rimborso spese (commi 35-41);

­       la riconversione dei fondi bilaterali già costituiti sulla base della normativa vigente[121] (commi 42-45).

Più in particolare e con riferimento alla generalità dei fondi ed al loro funzionamento, le norme prevedono quanto segue.

I fondi bilaterali, privi di personalità giuridica, sono istituiti presso l’INPS, di cui sono gestioni, e gli oneri di amministrazione sono determinati secondo i criteri definiti dal regolamento di contabilità dell’Istituto medesimo. Gli accordi costitutivi dei fondi possono prevedere che nel fondo bilaterale confluisca anche l’eventuale fondo interprofessionale istituito ai sensi dell’articolo 118 della legge n. 388/2000 con il relativo gettito del contributo integrativo, previsto dall’articolo 25, quarto comma, della legge n. 845/1978. In tal caso, le prestazioni che erano a carico del fondo interprofessionale continuano ad essere erogate nel limite del gettito del contributo integrativo (commi 4-13).

Con riferimento al Fondo di solidarietà residuale, istituito nei settori in cui non siano intervenuti entro il 30 marzo 2013 gli accordi collettivi, i commi 19-21 prevedono che esso, finanziato con i contributi dei datori di lavoro e dei lavoratori, garantisce l’erogazione di un assegno ordinario di importo pari all’integrazione salariale, in caso di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa e che alla sua gestione provvede un apposito comitato amministratore. Il Senato ha disposto che la partecipazione al comitato è gratuita e non dà diritto ad alcun compenso né ad alcun rimborso spese.

I successivi commi 22-25 prevedono che, qualora il datore di lavoro ricorra alla prestazione di sostegno del reddito in caso di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa, egli debba versare un contributo addizionale, calcolato in rapporto alle retribuzioni perse. In caso di erogazione della prestazione facoltativa nel quadro di agevolazioni all’esodo (assegni straordinari)[122], è previsto il versamento a carico del datore di lavoro di un contributo straordinario di importo corrispondente al fabbisogno di copertura degli assegni in esame erogabili e della contribuzione correlata.

Come detto, i fondi hanno l’obbligo del pareggio di bilancio e il divieto di erogazione delle prestazioni in carenza di disponibilità. Gli interventi a carico dei fondi sono concessi previa costituzione di specifiche riserve finanziarie ed entro i limiti delle risorse già acquisite. I fondi hanno l’obbligo di presentazione di bilanci di previsione a otto anni basati sullo scenario macroeconomico coerente con il più recente Documento di economia e finanza e la relativa Nota di aggiornamento. Su proposta del comitato amministratore, la misura delle aliquote e ogni loro variazione sono approvate con decreto direttoriale dei Ministeri del lavoro e dell’economia. In caso di squilibri, tale procedura può essere attivata anche in mancanza di iniziativa del comitato amministratore e, in ogni caso, in assenza dell’adeguamento contributivo, l’INPS è tenuto a non erogare le prestazioni in eccedenza (commi 31-34).

 

La relazione tecnica precisa che le disposizioni in esame sono neutrali sugli equilibri di finanza pubblica. Esse, infatti, essendo volte ad estendere certe assicurazioni previdenziali, hanno l’effetto di aumentare la spesa pubblica corrente (dal complessivo comparto della PA) per prestazioni sociali in denaro[123] ma con finanziamento realizzato attraverso un aumento della pressione contributiva. Inoltre, dal momento che le disposizioni forniscono una cornice giuridica che richiede la relativa attuazione, attraverso accordi e decreti interministeriali, non risulta, allo stato, possibile la valutazione quantitativa dell’impatto finanziario sulle diverse voci del Conto economico della PA.

In merito agli effetti di deducibilità fiscale dei contributi di finanziamento, la nota tecnica integrativa[124] precisa che, se da un lato i contributi di finanziamento sono deducibili fiscalmente, dall’altro le prestazioni erogate a carico dei Fondi risultano comunque imponibili[125]. Inoltre, e con riferimento al complessivo provvedimento, la nota tecnica precisa che non sono stati computati gli effetti di maggiori entrate fiscali (comunque, di dimensione contenuta, stante gli importi in esame) derivanti dal miglioramento delle prestazioni di ammortizzatori sociali. Sulla base di tali premesse, la nota tecnica conferma che l’operare della deducibilità fiscale dei contributi di finanziamento dei fondi bilaterali risulta essere coerente con gli equilibri finanziari valutati in sede di relazione tecnica.

La relazione tecnica fornisce in dettaglio l’elenco degli obblighi dei Fondi e informazioni sul loro funzionamento:

­         obbligo di bilancio in pareggio;

­         impossibilità di erogare prestazioni in carenza di risorse;

­         adozione di modifiche al regolamento riguardanti la misura dell’aliquota con decreto direttoriale dei Ministeri del lavoro e dell’economia in maniera da garantire il pareggio anche sulla base di bilanci di previsione pluriennali. In ogni caso, i Ministeri possono adeguare l’aliquota contributiva in caso di necessità di assicurare il pareggio di bilancio ovvero di fare fronte a prestazioni già deliberate o da deliberare, con decreto direttoriale;

­         contribuzione a carico del datore di lavoro (2/3) e del lavoratore (1/3);

­         obbligo dell’istituzione dei fondi in tutti i settori, in relazione alle imprese con più di 15 dipendenti;

­         istituzione di un fondo di solidarietà residuale nei settori in cui non siano stati stipulati accordi collettivi con le seguenti regole:

­         prestazione di importo pari all’integrazione salariale;

­         contribuzione a carico del datore di lavoro (2/3) e del lavoratore (1/3);

­         durata non superiore a 1/8 delle ore complessivamente lavorabili da computare in un biennio mobile;

­         causali previste dalla normativa in materia di cassa integrazione ordinaria e straordinaria;

­         possibilità di sviluppare nei Fondi di solidarietà bilaterali ulteriori tutele, finanziate tramite contribuzione. Tali tutele possono essere attivate anche in settori coperti dalla disciplina dell’integrazione salariale. Le tutele in esame sono, in particolare:

­         tutela dei lavoratori in caso di cessazione dal rapporto di lavoro, integrativa rispetto all’ASPI;

­         assegni straordinari per il sostegno del reddito, riconosciuti nel quadro dei processi di agevolazione all’esodo, a lavoratori che raggiungano i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato, nei successivi cinque anni;

­         riconversione dei fondi di solidarietà attualmente esistenti.

 

Al riguardo, si rileva che la neutralità finanziaria delle norme asserita dalla relazione tecnica non risulta suffragata da indicazioni quantitative in merito all’impatto dei singoli effetti imputabili alle norme in esame. Pur prendendo atto di quanto indicato dalla relazione tecnica circa la difficoltà di definire tali ammontari in assenza della disciplina di dettaglio, appare opportuno acquisire ulteriori dati ed elementi in proposito.

 

ARTICOLO 3, commi 14-16

Modelli alternativi di fondi di solidarietà bilaterali

Le norme, introdotte dal Senato, prevedono la possibilità di mantenere i fondi bilaterali già consolidati, adeguando le fonti istitutive alle finalità perseguite dai precedenti commi 4-13, attraverso l’introduzione di misure volte ad assicurare ai lavoratori una tutela reddituale in costanza di rapporto di lavoro, in caso di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa.

A tali fini gli accordi e i contratti collettivi definiscono un’aliquota complessiva di contribuzione ordinaria di finanziamento, non inferiore allo 0,20 per cento; le tipologie di prestazioni in funzione delle disponibilità del fondo; l’adeguamento dell’aliquota in funzione dell’andamento della gestione; la possibilità di far confluire al fondo di solidarietà quota parte del contributo previsto per l’eventuale fondo interprofessionale di cui al comma 13; criteri e requisiti per la gestione dei fondi.

 

La relazione tecnica precisa che dalle disposizioni non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Al riguardo, non si hanno rilievi da formulare.

 

ARTICOLO 3, commi 17 e 18

Ulteriori disposizioni per il sostegno del reddito per particolari categorie di lavoratori

Le norme, introdotte dal Senato, prevedono in via sperimentale, per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015, il riconoscimento dell’ASPI ai lavoratori sospesi (non licenziati) per crisi aziendale o occupazionale, che siano in possesso dei requisiti previsti dal precedente articolo 2, commi 4 e 5[126], subordinatamente ad un intervento integrativo a carico dei Fondi bilaterali[127]. Il trattamento, che non può superare novanta giornate da computare in un biennio mobile, è riconosciuto nel limite delle risorse non superiore a 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015, a valere del  Fondo per gli interventi a favore dell’incremento in termini quantitativi e qualitativi dell’occupazione giovanile e delle donne[128].

 

La relazione tecnica precisa che l’intervento è volto a mantenere in via sperimentale e per tre anni l’istituto già previsto, nell’ambito di un limite di spesa, dall’articolo 19, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 185/2008, soppresso dal provvedimento in esame. Fatte queste premesse, la relazione tecnica sottolinea che il limite di spesa di 20 milioni di euro annui, comprensivo della contribuzione figurativa, risulta congruo (tenendo conto della data di presentazione delle domande dei soggetti beneficiari), in quanto appare corrispondere a quello previsto dalla normativa vigente in ogni caso rispettato.

 

Al riguardo, non si hanno rilievi da formulare, trattandosi di un intervento già attualmente in vigore nei medesimi termini e sulla base delle medesime risorse previste dalle disposizioni in esame.

 

ARTICOLO 3, commi 48-49

Modifiche alla disciplina del Fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto della prima casa

Normativa vigente: l’articolo 2, commi 475-480, della legge n. 244/2007 prevede l’istituzione, presso il Ministero dell’economia, del Fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto della prima casa, con una dotazione annua di 20 milioni di euro[129] per gli anni 2012 e 2013[130] (comma 475). Per i contratti di mutuo riferiti all’acquisto di unità immobiliari da adibire ad abitazione principale del mutuatario, questi può chiedere la sospensione del pagamento delle rate per non più di due volte e per un periodo massimo complessivo non superiore a diciotto mesi nel corso dell’esecuzione del contratto. In tal caso, la durata del contratto di mutuo e quella delle garanzie per esso prestate è prorogata per un periodo eguale alla durata della sospensione. Al termine della sospensione, il pagamento delle rate riprende secondo gli importi e con la periodicità originariamente previsti dal contratto, salvo diverso patto eventualmente intervenuto fra le parti per la rinegoziazione delle condizioni del contratto medesimo (comma 476). Nel caso di mutui concessi da intermediari bancari o finanziari, il Fondo, su richiesta del mutuatario che intende avvalersi della facoltà prevista dal comma 476, provvede al pagamento dei costi delle procedure bancarie e degli onorari notarili necessari per la sospensione del pagamento delle rate del mutuo (comma 478). Per conseguire tale beneficio, il mutuatario deve dimostrare di non essere in grado di provvedere al pagamento delle rate del mutuo, per le quali chiede la sospensione, e degli oneri indicati al comma 478.

Per l’attuazione delle disposizioni in esame, è stato emanato il DM n. 132/2010.

Le norme, introdotte dal Senato, introducono modifiche ed integrazioni alla disciplina del Fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto della prima casa, in particolare, disponendo che il Fondo opera nei limiti delle risorse disponibili e fino ad esaurimento delle stesse (comma 48, lettera a).

Inoltre, si prevede:

­         l’esclusione del pagamento di commissioni o spese istruttorie e di garanzie aggiuntive, in caso di sospensione del pagamento delle rate;

­         l’applicazione della sospensione del pagamento delle rate anche ai mutui oggetto di operazioni di emissione di obbligazioni bancarie o cartolarizzazioni; ai mutui erogati per portabilità tramite surroga; mutui che hanno già fruito di altre misure di sospensione;

­         la modifica delle condizioni della richiesta della sospensione. In particolare, questa non può essere richiesta per mutui per i quali il ritardo dei pagamenti è superiore a novanta giorni consecutivi o per i quali sia intervenuta la decadenza dal beneficio del termine o la risoluzione del contratto; in caso di fruizione di agevolazioni pubbliche; mutui per i quali sia stata stipulata un’assicurazione a copertura del rischio che si verifichino eventi che portino alla fine del rapporto di lavoro;

­         il pagamento da parte del fondo degli oneri finanziari pari agli interessi maturati sul debito residuo durante il periodo di sospensione, corrispondente esclusivamente al parametro di riferimento del tasso di interesse applicato ai mutui e, pertanto, al netto della componente di maggiorazione sommata a tale parametro;

­         la subordinazione dell’accesso al beneficio esclusivamente al verificarsi della cessazione del rapporto di lavoro; per morte o riconoscimento di handicap grave[131].

 

La relazione tecnica precisa che dalle disposizioni in esame non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Al riguardo, non si hanno rilievi da formulare, dal momento che la norma precisa che il Fondo opera nel limite delle risorse disponibili.

 

 

ARTICOLO 4, commi 1 – 7

Misure in favore di protezione dei lavoratori anziani

La norma dispone che, in caso di eccedenza di personale, possono essere stipulati tra datori di lavoro che impieghino mediamente più di 15 dipendenti e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale, accordi contenenti forme di incentivi all'esodo dei lavoratori più anziani, consistenti nella corresponsione da parte del datore di lavoro, tramite l’INPS, di una prestazione di importo pari al trattamento di pensione che spetterebbe in base alle regole vigenti, e nella corresponsione all'INPS stesso della contribuzione fino al raggiungimento dei requisiti minimi per il pensionamento.

I lavoratori interessati dagli incentivi all'esodo debbono raggiungere i requisiti minimi per il pensionamento, di vecchiaia o anticipato, nei 4 anni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro.

Per dare efficacia all'accordo il datore di lavoro presenta domanda all'INPS, accompagnata da fideiussione bancaria. L'accordo diviene efficace con la validazione da parte dell'INPS.

Con l'accettazione dell'accordo il datore di lavoro è obbligato a versare mensilmente all'INPS la provvista per la prestazione e per la contribuzione figurativa. In mancanza del versamento mensile l'INPS non eroga le prestazioni e notifica un avviso di pagamento; decorsi 180 giorni dalla notifica senza l'avvenuto pagamento l'INPS procede all'escussione della fideiussione.

 

La relazione tecnica precisa che la disposizione prevede la facoltà di stipulare accordi finalizzati ad incentivare l’esodo dei lavoratori anziani, con costi a carico dei datori di lavoro, dal momento che si prevede l’obbligo dell’azienda di versare mensilmente all’INPS la provvista per la prestazione pensionistica e per la contribuzione figurativa.

La relazione tecnica afferma inoltre che si tratta di disposizioni neutrali sugli equilibri di finanza pubblica dirette in ogni caso, se attuate,  ad aumentare la spesa pubblica corrente (del complessivo comparto della PA) per prestazioni sociali in denaro con finanziamento attraverso aumento della pressione contributiva. Precisa tuttavia che non risulta possibile, allo stato, una valutazione quantitativa dell’impatto finanziario sulle diverse voci del Conto economico della PA, dal momento che la disposizione si limita a fornire un quadro giuridico, la cui eventuale attuazione è demandata ad atti successivi, quali accordi e decreti interministeriali.

 

Al riguardo con riferimento alla contribuzione figurativa posta a carico del datore di lavoro, trattandosi di contributi il cui obbligo non deriva da una norma di legge ma da un accordo stipulato su base volontaria, andrebbe confermata l’indeducibilità degli stessi dal reddito imponibile, al fine di escludere possibili effetti di perdita di gettito.

 

ARTICOLO 4, commi 8 – 11

Interventi in favore dei lavoratori anziani e delle donne nelle aree svantaggiate

Normativa vigente: l’articolo 54 del decreto legislativo n. 276/2003 dispone che il contratto di inserimento è diretto a realizzare l'inserimento ovvero il reinserimento nel mercato del lavoro delle seguenti categorie di persone:

a)       soggetti di età compresa tra i diciotto e i ventinove anni;

b)      disoccupati di lunga durata di età compresa tra i ventinove e i trentadue anni;

c)       lavoratori con più di cinquanta anni di età che siano privi di un posto di lavoro;

d)      lavoratori che desiderino riprendere una attività lavorativa e che non abbiano lavorato per almeno due anni;

e)      donne di qualsiasi età prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi residenti in una area geografica in cui il tasso di occupazione femminile sia inferiore almeno di 20 punti percentuali a quello maschile o in cui il tasso di disoccupazione femminile superi di 10 punti percentuali quello maschile[132];

f)        persone riconosciute affette da un grave handicap fisico, mentale o psichico.

Il contratto di inserimento ha una durata non inferiore a nove mesi e non può essere superiore ai diciotto mesi (articolo 57). Per favorire l’assunzione con contratto di inserimento sono previsti a favore del datore di lavoro incentivi di tipo normativo ed economico (articolo 59). Sotto il primo profilo è previsto, tra l’altro,  che la categoria di inquadramento del lavoratore non possa essere inferiore, per più di due livelli, alla categoria spettante. Per quanto riguarda gli incentivi di carattere economico, spettanti solo per l’assunzione di lavoratori svantaggiati (lettere da b) ad f)), è stabilita una agevolazione contributiva già prevista per il contratto di formazione e lavoro articolata in base al settore di appartenenza del datore di lavoro e dell’ubicazione territoriale di quest’ultimo[133].

La norma, in sostituzione della vigente normativa sul contratto di inserimento (abrogata dall’articolo 1, commi 14 e 15, del provvedimento in esame)[134] prevede una forma di incentivazione per le assunzioni effettuate a decorrere dal 1° gennaio 2013 di lavoratori di età non inferiore a 50 anni e disoccupati da oltre 12 mesi, con contratto di lavoro dipendente, a tempo determinato anche in somministrazione. Per tali tipologie di assunzioni è prevista, per la durata di 12 mesi, la riduzione del 50% dei contributi a carico del datore di lavoro. La medesima agevolazione è prolungata a 18 mesi dalla data di assunzione se il contratto di lavoro è trasformato a tempo indeterminato. Se fin dall'inizio l'assunzione è a tempo indeterminato la riduzione dei contributi spetta per 18 mesi.

Le predette agevolazioni trovano applicazione nel rispetto del regolamento (CE) n. 800/2008 della Commissione europea[135], anche in relazione alle assunzioni di donne di qualsiasi età, prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi, residenti in regioni ammissibili ai finanziamenti nell'ambito dei fondi strutturali comunitari e nelle aree annualmente individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, nonché in relazione alle assunzioni di donne di qualsiasi età prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno ventiquattro mesi, ovunque residenti.

 

La relazione tecnica stima che dalla disposizione derivi un effetto complessivo netto di minori entrate contributive, come evidenziato nella tabella che segue:

(milioni di euro)

 

Revisione contratto di inserimento con introduzione assunzioni agevolate lavoratori ultracinquantenni e donne

MINORI ENTRATE CONTRIBUTIVE

 

2012

2013

2014

2015

2016

2017

2018

2019

2020

2021

Lordo fisco

0,0

10,0

20,0

30,0

50,0

200,0

200,0

206,0

212,0

219,0

Netto fisco

0,0

10,0

16,0

23,0

41,0

184,0

122,0

156,0

160,0

164,0

 

La relazione tecnica effettua la stima degli effetti della misura sulla base delle seguenti tendenze attese:

·          minori entrate per l'introduzione dell'assunzione incentivata (riduzione del 50% dei contributi a carico del datore di lavoro) per 12 mesi ovvero 18 mesi (rispettivamente per contratti a tempo determinato e per contratti a tempo indeterminato ovvero per 6 mesi di trasformazione di contratto a tempo determinato) per lavoratori ultracinquantenni e per le donne prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi residenti nelle aree interessate ovvero disoccupate da almeno 24 mesi;

·          una parziale compensazione delle predette minori entrate derivanti dalla soppressione dell'istituto del contratto di inserimento, disposto dall’articolo 1, commi 14 e 15, del provvedimento in esame (con riferimento al quale viene precisato che tra le categorie di lavoratori per i quali a legislazione vigente è possibile stipulare il contratto di inserimento e beneficiare delle relative agevolazioni contributive vi sono anche i lavoratori ultracinquantenni privi di posto di lavoro);

·          a regime (dal 2017) un incremento maggiore delle minori entrate conseguenti dalla disposizione in esame per l'effetto di interazione con la soppressione degli incentivi per assunzioni da liste di mobilità[136] e conseguente possibilità di utilizzo del nuovo istituto incentivato da parte dei datori di lavoro per la stipula in particolare di contratti con lavoratori ultracinquantenni.

Più nel dettaglio la valutazione tiene conto dei seguenti elementi di contesto, parametri e ipotesi:

·          per l'incentivo relativo al contratto di inserimento lavorativo si sono registrate minori entrate per circa 80 mln di euro annui in media nel biennio 2009/2010. Ciò a fronte di un numero di soggetti in media annua interessati da tale tipologia contrattuale, anche se non tutti interessati dall'incentivo contributivo, pari a circa 50.000 (di cui circa 11.000 con età pari o superiore a 50 anni e di cui circa 25.000 donne);

·          una stima media annua a regime di circa 70/75.000 lavoratori con contratto incentivato ai sensi della disposizione in esame e di circa 35.000 nel periodo transitorio (con un assetto derivante interamente dai nuovi contratti tra fine 2014 e inizio 2015, in presenza comunque di una rideterminazione dell'intensità del beneficio in particolare nelle aree del sud). L'incremento a regime tiene anche conto della circostanza che in media annua i lavoratori con contrattato incentivato ultracinquantenni, che a normativa vigente sarebbero stati assunti con contratti incentivati da liste di mobilità, sono risultati in media annua circa 25.000 nel 2010 e che potranno essere riassorbiti nel nuovo istituto in esame assieme alle lavoratrici con età inferiore a 50 anni, nelle aree interessate, ovvero disoccupate da almeno 24 mesi rientranti nella stessa collettività (tenuto anche conto dell'interazione con l'istituto vigente di cui all'articolo 8, comma 9 della legge n. 407 del 1990);

·          la valutazione finanziaria tiene anche conto dell'importo di incentivo come definito dalla normativa in esame (50% dei contributi a carico del datore di lavoro) per una stima di retribuzione media, tenuto conto della particolare categoria di soggetti in esame, di circa 22.000 euro nel 2013[137].

 

Al riguardo si rileva che la relazione tecnica illustra analiticamente i fattori che determinano la riduzione delle entrate contributive derivanti dalla disposizione in esame e la loro misura. Come segnalato dalla relazione tecnica, nella quantificazione degli effetti finanziari recati dalla disposizione in esame si è tenuto conto della interazione della disposizione stessa sia con la normativa attualmente vigente, sia con le misure introdotte contestualmente dal provvedimento in esame, quali ad esempio la soppressione dell’istituto del contratto di inserimento e l’abrogazione dell’istituto della mobilità. In particolare, l’onere derivante dalle minori entrate connesse al regime contributivo agevolato per l’assunzione di lavoratori svantaggiati sarebbe parzialmente compensato dai risparmi derivanti dalla soppressione dell’istituto del contratto di inserimento disposto dall’articolo 1, commi 14 e 15, del provvedimento in oggetto, dei quali tuttavia la relazione tecnica non fornisce una stima puntuale.  In proposito appare utile acquisire dati ed elenchi di valutazione.

Inoltre, osservando l’andamento della maggiore spesa stimata per il periodo 2013-2021 si evidenzia una notevole differenza tra l’onere stimato per il periodo transitorio (2013-2016) e l’onere a regime (a decorrere dal 2017). Tale differenza sarebbe ascrivibile, come affermato dalla relazione tecnica e come confermato dalla Nota del Governo[138], all’interazione della norma in esame con la soppressione degli incentivi per le assunzioni da liste di mobilità a decorrere dal 1° gennaio 2017 e conseguente possibilità di utilizzo del nuovo istituto da parte dei datori di lavoro.

 

ARTICOLO 4, commi 12 -15

Norme concernenti gli incentivi alle assunzioni

Normativa vigente: il comma 9 dell’articolo 8 della legge n. 407  del 1990 prevede che, in caso di assunzioni con contratto a tempo indeterminato di lavoratori disoccupati da almeno ventiquattro mesi o sospesi dal lavoro e beneficiari di trattamento straordinario di integrazione salariale per un periodo uguale a quello suddetto, quando le assunzioni stesse non siano effettuate in sostituzione di lavoratori dipendenti dalle stesse imprese per qualsiasi causa licenziati o sospesi, i contributi previdenziali ed assistenziali sono applicati nella misura del 50 per cento per un periodo di trentasei mesi (CIGS).

L’articolo 8, commi 2 e 4, della legge n. 223 del 1991 dispone che i lavoratori in mobilità possono essere assunti con contratto di lavoro a termine di durata non superiore a dodici mesi. In caso di assunzione è prevista una agevolazione contributiva della quota a carico del datore di lavoro. Nel caso in cui, nel corso del suo svolgimento, il predetto contratto venga trasformato a tempo indeterminato, il beneficio contributivo spetta per ulteriori dodici mesi. Inoltre al datore di lavoro che, senza esservi tenuto, assuma a tempo pieno e indeterminato i lavoratori iscritti nella lista di mobilità è concesso, per ogni mensilità di retribuzione corrisposta al lavoratore, un contributo mensile pari al cinquanta per cento della indennità di mobilità che sarebbe stata corrisposta al lavoratore (collocamento dei lavoratori in mobilità).

La norma, in sostituzione di parte di dette disposizioni abrogate dall’articolo 2, commi 71-73, del provvedimento in esame, introduce dei principi generali concernenti gli incentivi alle assunzioni, al fine di garantire una omogenea applicazione delle misure previste a legislazione vigente, per i periodi di vigenza come ridefiniti dal provvedimento in esame. In particolare, gli incentivi non spettano:

·        se l'assunzione costituisce attuazione di un obbligo preesistente di legge o della contrattazione collettiva. Analogamente non spettano nel caso in cui il lavoratore avente diritto all'assunzione viene utilizzato con contratto di somministrazione;

·        se l’assunzione viola il diritto di precedenza alla riassunzione di un altro lavoratore licenziato da un rapporto a tempo indeterminato o cessato da un rapporto a termine;

·        se il datore di lavoro o l'utilizzatore con contratto di somministrazione abbiano in atto sospensioni dal lavoro connesse ad una crisi o riorganizzazione aziendale, salvo per l'acquisizione di professionalità sostanzialmente diverse da quelle dei lavoratori sospesi oppure effettuata presso una diversa unità operativa;

·        con riferimento ai lavoratori licenziati, nei sei mesi precedenti, da parte di un datore di lavoro che, al momento del licenziamento, presenti assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli del datore di lavoro che assume, ovvero risulti con quest'ultimo in rapporto di collegamento o controllo.

Per determinare il diritto agli incentivi e la loro durata, si cumulano i periodi in cui il lavoratore ha prestato l'attività in favore dello stesso soggetto, a titolo di lavoro subordinato o somministrato, mentre non si cumulano le prestazioni in somministrazione effettuate dallo stesso lavoratore nei confronti di utilizzatori differenti, salvo che tra gli stessi vi siano sostanziali coincidenza degli assetti proprietari o forme di collegamento o controllo.

La norma inoltre, modificando l'articolo 8, comma 9, della legge n. 407 del 1990 (in materia di trattamento straordinario di integrazione salariale), restringe le fattispecie escluse dal riconoscimento degli sgravi contributivi previsti dal citato articolo, a alle assunzioni effettuate in sostituzione di lavoratori dipendenti “licenziati per giustificato motivo oggettivo o per riduzione del personale o sospesi” e non più licenziati per qualsiasi causa o sospesi, come previsto dalla vigente normativa.

Infine, si dispone che l'inoltro tardivo delle comunicazioni telematiche obbligatorie inerenti l'instaurazione e la modifica di un rapporto di lavoro o di somministrazione produce la perdita della parte dell'incentivo relativa al periodo compreso tra la decorrenza del rapporto agevolato e la data della tardiva comunicazione.

 

La relazione tecnica non considera la norma.

 

Al riguardo appare opportuno un chiarimento in ordine alla norma che riduce le fattispecie escluse dall’agevolazione contributiva relativa al trattamento straordinario di integrazione salariale, ampliando di conseguenza la platea di soggetti ai quali spetterebbe la suddetta agevolazione. In particolare, al fine di garantire la neutralità finanziaria della norma in esame, andrebbe dimostrata la compensatività tra gli effetti negativi recati dagli incentivi alle assunzioni dei lavoratori e i risparmi che deriverebbero dalla mancata erogazione del trattamento straordinario di integrazione salariale (CIGS) dei medesimi lavoratori. Tali indicazioni andrebbero fornite in modo analitico esplicitando anche la probabile consistenza numerica della platea dei soggetti interessati.

 

ARTICOLO 4, commi 16 - 23

Norme in materia di tutela della maternità e paternità e di contrasto al fenomeno delle dimissioni in bianco

Normativa vigente: il comma 4, dell’articolo 55 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità (decreto legislativo n. 151/2001) prevede che la richiesta di dimissioni presentata dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante il primo anno di vita del bambino o nel primo anno di accoglienza del minore adottato o in affidamento, deve essere convalidata dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio. A detta convalida è condizionata la risoluzione del rapporto di lavoro.

La norma modificando l’articolo 55 del citato testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità (decreto legislativo n. 151/2001) prevede la convalida del servizio ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali competente per territorio della risoluzione consensuale del rapporto o della richiesta di dimissioni presentate dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento. A detta convalida è sospensivamente condizionata l’efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro (comma 16).

Al di fuori delle precedenti ipotesi, l’efficacia delle dimissioni della lavoratrice o del lavoratore e della risoluzione consensuale del rapporto è sospensivamente condizionata alla convalida effettuata presso la Direzione territoriale del lavoro o il Centro per l’impiego territorialmente competenti, ovvero presso le sedi individuate dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale (comma 17).

In alternativa alla procedura di cui al comma 17, l’efficacia delle dimissioni della lavoratrice o del lavoratore è  condizionata alla sottoscrizione di apposita dichiarazione della lavoratrice o del lavoratore apposta in calce alla ricevuta di trasmissione della comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro.

Con decreto ministeriale potranno poi essere individuate ulteriori modalità semplificate per accertare la veridicità della data e la autenticità della manifestazione di volontà della lavoratrice o del lavoratore, in relazione alle dimissioni o alla risoluzione consensuale del rapporto, in funzione dello sviluppo dei sistemi informatici e della evoluzione della disciplina in materia di comunicazioni obbligatorie (comma 18).

Nell’ipotesi in cui la lavoratrice o il lavoratore non proceda alla convalida ovvero alla sottoscrizione della dichiarazione, il rapporto di lavoro si intende comunque risolto, per il verificarsi della condizione sospensiva, qualora la lavoratrice o il lavoratore non aderisca, entro 7 giorni dalla ricezione, all’invito a presentarsi presso le sedi individuate dai contratti collettivi nazionali, ovvero all’invito ad apporre la predetta sottoscrizione, trasmesso dal datore di lavoro tramite comunicazione scritta, ovvero qualora non effettui la contestazione delle dimissioni e della risoluzione consensuale, offrendo le proprie prestazioni al datore di lavoro (commi 19, 20 e 21).

Qualora, in mancanza della convalida ovvero della sottoscrizione di cui al comma 3, il datore di lavoro non provveda a trasmettere alla lavoratrice o al lavoratore la comunicazione contenente l’invito entro il termine di 30 giorni dalla data delle dimissioni e della risoluzione consensuale, le dimissioni si considerano definitivamente prive di effetto (comma 22).

E’ prevista inoltre una sanzione amministrativa da euro 5.000 ad euro 30.000 al datore di lavoro che abusi del foglio firmato in bianco dalla lavoratrice o dal lavoratore al fine di simularne le dimissioni o la risoluzione consensuale del rapporto. L’accertamento e l’irrogazione della sanzione sono di competenza delle Direzioni territoriali del lavoro (comma 23).

 

La relazione tecnica afferma che dall'articolo non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Al riguardo appare opportuna una conferma che i limitati compiti aggiuntivi attribuiti alle Direzioni provinciali e ai Centri per l'impiego siano sostenibili a valere sulle risorse disponibili a legislazione vigente.

 

ARTICOLO 4, commi 24 - 26

Sostegno alla genitorialità

La norma al fine di sostenere la genitorialità, in via sperimentale per gli anni 2013-2015 prevede che il padre lavoratore dipendente, entro i cinque mesi dalla nascita del figlio, ha l'obbligo di astenersi dal lavoro per un periodo di un giorno. Entro il medesimo periodo, il padre lavoratore dipendente può astenersi per un ulteriore periodo di due giorni, anche continuativi, previo accordo con la madre e in sua sostituzione in relazione al periodo di astensione obbligatoria spettante a quest'ultima. In tale ultima ipotesi, per il periodo di due giorni goduto in sostituzione della madre è riconosciuta un'indennità giornaliera a carico dell'INPS pari al 100 per cento della retribuzione e per il restante giorno in aggiunta all'obbligo di astensione della madre è riconosciuta un'indennità pari al 100 per cento della retribuzione.

All’onere, valutato in 78 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015, si provvede, quanto a 65 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 24, comma 27, del decreto-legge n. 201 del 2011[139] (Fondo per il finanziamento di interventi a favore dell’incremento in termini quantitativi e qualitativi dell’occupazione giovanile e delle donne), e quanto a 13 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013-2015 ai sensi del comma 69 dell’articolo in esame (comma 24, lettera a)).

E’ prevista, inoltre, nei limiti delle risorse di cui al successivo comma 26, la possibilità di concedere alla madre lavoratrice al termine del periodo di congedo di maternità, per gli undici mesi successivi, e in alternativa al congedo parentale di cui al comma 1, lettera a), dell’articolo 32 del decreto legislativo n. 151 del 2001[140], la corresponsione di voucher per l’acquisto di servizi di baby-sitting ovvero per fare fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l'infanzia o dei servizi privati accreditati, da richiedere al datore di lavoro (comma 24, lettera b)).

Con decreto di natura non regolamentare, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministero dell’economica e delle finanza sono stabiliti i criteri di accesso e le modalità di utilizzo delle predette misure sperimentali, nonché del numero e dell'importo dei voucher, tenuto anche conto dell’indicatore della situazione economica equivalente del nucleo familiare di appartenenza. Il decreto dovrà altresì stabilire la quota di risorse del Fondo per il finanziamento di interventi a favore dell’incremento in termini quantitativi e qualitativi dell’occupazione giovanile e delle donne da destinare alla misura sperimentale per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015, nel limite della quale sono riconosciuti i predetti benefici (commi 25 e 26).

 

La relazione tecnica afferma con riferimento alla misure in favore del padre lavoratore di cui al comma 1, lettera a), che dalla disposizione derivano maggiori oneri per ciascuno degli anni 2013-2015, come evidenziato nella tabella che segue.

Effetti della disposizione di cui al comma 1, lettera a), in termini di indebitamento netto:

 

(milioni di euro)

 

2013

2014

2015

Maggiore spesa per indennità

65

65

65

Minori spese per riduzione Fondo art. 24, co. 27 DL 201/2011

65

65

65

Effetto complessivo

0

0

0

 

In termini di SNF, la relazione tecnica evidenzia un effetto di maggiore spesa per contribuzione figurativa pari a 13 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2013-2015[141].

La relazione tecnica precisa che gli oneri per indennità a carico dell'INPS, pari a 65 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013-2015, sono finanziati a valere sulle risorse del Fondo di cui all'articolo 24, comma 27, del decreto-legge n. 201 del 2011, il quale viene corrispondentemente ridotto. Mentre alla copertura della maggiore spesa dovuta al riconoscimento della contribuzione figurativa, quantificata in 13 milioni di euro annui per il triennio 2013-2015, si provvede ai sensi del comma 69 dell’articolo in esame.

 

I maggiori oneri sono valutati sulla base dei seguenti parametri ed ipotesi:

·        numero maternità obbligatorie INPS: circa 340.000;

·        numero maternità stimate gestione separata: circa 11.000;

·        importo medio indennità giornaliera madre lavoratrice (80%): 57 euro;

·        importo medio indennità giornaliera padre lavoratore (100%): 99 euro;

·        importo medio indennità giornaliera madre lavoratrice gestione separata: 36 euro.

La relazione tecnica prudenzialmente considera che i padri corrispondenti alle maternità sopra indicate siano lavoratori dipendenti privati, in tal modo più che assorbendo le casistiche di lavoratori dipendenti privati padri in corrispondenza di maternità derivanti da altri soggetti (ad esempio lavoratrici pubbliche). Per i lavoratori pubblici padri dalla disposizioni non derivano nuovi o maggiori oneri per indennità in quanto in tale settore, come per le lavoratrici, all'astensione per maternità è corrisposta comunque la retribuzione (differentemente determinata).

Rispetto alle modifiche introdotte al Senato[142], la relazione tecnica precisa che in via prudenziale sono state confermate le valutazioni originarie ancorché l’astensione per il padre (al 100%  della retribuzione) in riferimento ai due giorni sostitutivi della madre non risulti, come diversamente era previsto nel testo originario della disposizione, obbligatoria ma subordinata all’accordo con la madre. Si è pertanto adottata l’ipotesi prudenziale di una piena adesione allo schema proposto dalla disposizione, anche in considerazione che la disposizione introduce un diritto soggettivo.

 

La relazione tecnica, con riferimento alla misure in favore della madre lavoratrice di cui al comma 1, lettera b) (corresponsione del voucher per l’acquisto di servizi di baby-sitting o per il pagamento di altri servizi come quelli resi da asili nido), afferma che trattandosi di agevolazioni riconosciute entro un limite di spesa a valere su risorse previste a legislazione vigente dalla disposizione non derivano oneri aggiuntivi per la finanza pubblica. Ricorda infatti che la quota di risorse del Fondo per il finanziamento di interventi a favore dell’incremento in termini quantitativi e qualitativi dell’occupazione giovanile e delle donne, nel limite delle quali sono riconosciuti i benefici previsti dalla misura sperimentale, sarà stabilita con decreto interministeriale in sede di determinazione del quantum della misura stessa.

La relazione tecnica ipotizza un utilizzo delle risorse del Fondo per le predette misure pari a 20 milioni di euro annui per gli anni 2013-2015 sulla base di una stima di allocazione delle risorse del Ministero del lavoro.

 

Al riguardo, in relazione alle misure in favore del padre lavoratore di cui al comma 1, lettera a), non vi sono osservazioni da formulare sotto il profilo della quantificazione degli oneri, dal momento che le ipotesi e i dati sottostanti appaiono ispirati a criteri di prudenzialità.

Relativamente alle agevolazioni previste in favore della madre lavoratrice di cui al comma 1, lettera b) (corresponsione del voucher per l’acquisto di servizi di baby-sitting o per il pagamento di altri servizi come quelli resi da asili nido), si rileva preliminarmente che, secondo quanto previsto dalla norma in esame, l’entità dell’intervento dovrà essere definita da un successivo decreto interministeriale nell’ambito di un limite di spesa a valere sulle risorse disponibili a legislazione vigente del Fondo per il finanziamento di interventi a favore dell’incremento in termini quantitativi e qualitativi dell’occupazione giovanile e delle donne di cui all’articolo 24, comma 27, del decreto-legge n. 201 del 2011[143]. Si evidenzia inoltre che la relazione tecnica, pur non fornendo una puntuale quantificazione dell’onere, ipotizza un utilizzo delle risorse del predetto Fondo per le misure in esame pari a 20 milioni annui per gli anni 2013-2015. Analoga previsione non è contenuta nel testo della norma che non definisce l’entità del limite di spesa. Sul punto appare opportuno in chiarimento da parte del Governo.

 

ARTICOLO 4, comma 27

Efficace attuazione del diritto al lavoro dei disabili

Normativa vigente: l’articolo 4, comma 1, della legge n. 68 del 1999, recante norme per il diritto al lavoro dei disabili, prevede che  ai fini della determinazione del numero di soggetti disabili da assumere (quota di riserva), non sono computabili tra i dipendenti i lavoratori occupati ai sensi della presente legge ovvero con contratto a tempo determinato di durata non superiore a nove mesi, i soci di cooperative di produzione e lavoro nonché i dirigenti. L’articolo 5, comma 2 della medesima legge dispone inoltre che sono esclusi dal computo della quota di riserva in favore dei lavoratori disabili il personale di cantiere e gli addetti al trasporto del settore edile. Sono altresì esentati dal predetto obbligo i datori di lavoro pubblici e privati del solo settore degli impianti a fune, in relazione al personale direttamente adibito alle aree operative di esercizio e regolarità dell'attività di trasporto.

La norma, modificando la legge n. 68 del 1999, sopra richiamata, stabilisce che:

·        ai fini della determinazione della quota di riserva, sono computati di norma tra i dipendenti tutti i lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato. Ai medesimi effetti, non sono computabili: i lavoratori occupati ai sensi della legge per il lavoro dei disabili, i soci di cooperative di produzione e lavoro, i dirigenti, i lavoratori assunti con contratto di inserimento, i lavoratori occupati con contratto di somministrazione presso l’utilizzatore, i lavoratori assunti per attività da svolgersi all’estero per la durata di tale attività, i soggetti impegnati in lavori socialmente utili, i lavoratori a domicilio, i lavoratori che aderiscono al cosiddetto programma di emersione;

·        indipendentemente dall’inquadramento previdenziale dei lavoratori è considerato personale di cantiere anche quello direttamente operante nei montaggi industriali o impiantistici e nelle relative opere di manutenzione svolte in cantiere.

Inoltre, la norma prevede che, al fine di evitare abusi nel ricorso all’istituto dell’esonero dagli obblighi di assunzione di lavoratori disabili e di garantire il rispetto delle quote di riserva, con decreto ministeriale verranno ridefiniti i procedimenti relativi agli esoneri, i criteri e le modalità per la loro concessione e sono stabilite norme volte al potenziamento delle attività di controllo.

E’ previsto infine che con cadenza almeno mensile gli organismi di controllo sono tenuti a comunicare, anche in via telematica, alla competente Direzione territoriale del lavoro, il mancato rispetto degli obblighi in esame, nonché il ricorso agli esoneri, ai fini della attivazione degli eventuali accertamenti.

 

La relazione tecnica afferma che dalle disposizioni non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Al riguardo, non vi sono osservazioni da formulare nel presupposto che gli obblighi comunicativi posti a carico degli organismi di controllo possano essere attuati utilizzando le risorse disponibili a legislazione vigente.

 

ARTICOLO 4, commi 28 e 29

Sgravi contributivi dei contratti di produttività

Normativa vigente: l’articolo 1, comma 67, della legge n. 247 del 2007, recante norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 in materia di previdenza, lavoro e competitività, dispone in via sperimentale, con riferimento al triennio 2008-2010, la concessione, nel limite di un Fondo appositamente istituito, di  uno sgravio contributivo relativo alla quota di retribuzione imponibile correlata alla misurazione di incrementi di produttività (sgravi contributivi dei contratti di produttività per la contrattazione di secondo livello). La norma istituisce, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, il Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello con dotazione finanziaria pari a 650 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008-2010. Il comma 68 della medesima legge prevede che ai fini del monitoraggio e della verifica di coerenza dell’attuazione del comma 67  è istituito un Osservatorio presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale con la partecipazione delle parti sociali. La norma dispone inoltre che l’eventuale conferma dello sgravio contributivo per gli anni successivi al 2010 è subordinata alla predetta verifica ed effettuata, in ogni caso, compatibilmente con gli andamenti programmati di finanza pubblica. A tale fine è stabilito uno specifico incremento del Fondo per l’occupazione[144] per 650 milioni di euro a decorrere dall’anno 2011.

La misura agevolativa in esame è stata poi prorogata per l’anno 2011 dall’articolo 1, comma 47, della legge n. 220/2010 (legge di stabilità 2011),  e per l’anno 2012 dall’articolo 33, comma 14, della legge n. 183/2011 (legge di stabilità 2012), nei limiti delle risorse stanziate a tal fine per i medesimi anni  dall’articolo 1, comma 68, della legge n. 247 del 2007.

La norma, modificando i commi 67 e 68 dell’articolo 1 della legge n. 247 del 2007, recanti norme sul regime contributivo dei contratti di produttività e abrogando il comma 14 dell’articolo 33 della legge n. 183 del 2011, rende permanente, a decorrere dall’anno 2012, lo sgravio  dei contributi dovuti dal lavoratore e dal datore di lavoro, previsto dalla vigente normativa. Tale regime agevolato è finanziato a valere sulle risorse pari a 650 milioni di euro annui, del Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello.

La norma dispone inoltre che per finanziare gli sgravi contributivi per l’anno 2011 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è autorizzato ad utilizzare le risorse iscritte sui pertinenti capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero già impegnate per le medesime finalità.

 

La relazione tecnica precisa che la norma è diretta a confermare a regime e a semplificare la procedura per la concessione degli sgravi sui contributi dovuti dal datore di lavoro e dal lavoratore, introdotti in via sperimentale per il triennio 2008-2010 dalla legge n. 247/2007 poi confermati con successivi interventi legislativi anche per gli anni 2011 e  2012.

La relazione tecnica afferma che la norma non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, ovvero minori entrate essendo finalizzata unicamente a razionalizzare l’allocazione contabile di risorse già previste a regime a normativa vigente. A tal fine la norma dispone a decorrere dal 2012 la conferma dell’intervento a valere su risorse già presenti nel bilancio dello Stato, prevedendo nel contempo una collocazione più coerente dello specifico intervento di sgravio nello stato di previsione di spesa del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nell’ambito dell’apposito Fondo per il finanziamento degli sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello. Ricorda infatti che la legge n. 247/2007 aveva previsto, ai fini della proroga dell’agevolazione, l’incremento in via permanente del Fondo per l’occupazione, che è invece prioritariamente preordinato ad altre e diverse tipologie di intervento a tutela del reddito e dell’occupazione nell’abito delle politiche attive e passive istituzionalmente assicurate dal Ministero del lavoro e della politiche  sociali.

La relazione tecnica precisa inoltre che rispetto alla legge n. 247/2007 sono state confermate le modalità applicative dell’intervento, ossia la necessità di adottare un decreto interministeriale al fine di assicurare mediante lo strumento concessorio il rispetto del limite complessivo annuo di 650 milioni di euro destinati a finanziare gli sgravi in esame, già previsto a legislazione vigente.

 

Al riguardo non vi sono osservazioni dal formulare dal momento che l’agevolazione è concessa nell’ambito di risorse già previste a legislazione vigente.

 

ARTICOLO 4, comma 30

Interventi volti al contrasto del lavoro irregolare degli immigrati

Normativa vigente: il comma 11, dell’articolo 22 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (decreto legislativo n. 186/1998) prevede che la perdita del posto di lavoro non costituisce motivo di revoca del permesso di soggiorno al lavoratore extracomunitario ed ai suoi familiari legalmente soggiornanti. Il lavoratore straniero in possesso del permesso di soggiorno per lavoro subordinato che perde il posto di lavoro, anche per dimissioni, può essere iscritto nelle liste di collocamento per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno, e comunque, salvo che si tratti di permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per un periodo non inferiore a sei mesi.

La norma, modificando il comma 11 dell’articolo 22 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, incrementa da sei mesi ad un anno la durata minima del soggiorno (permesso per attesa occupazione), in cui il lavoratore straniero può essere iscritto nelle liste di collocamento a seguito della perdita del posto di lavoro, salvo che si tratti di permesso di soggiorno per lavoro stagionale. Tale periodo inoltre può essere esteso alla durata della prestazione di sostegno del reddito percepita dal lavoratore straniero, qualora abbia una durata superiore.

Decorso il termine di validità del permesso per attesa occupazione, trovano applicazione i requisiti reddituali previsti per il ricongiungimento dei familiari di cui all’articolo 29, comma 3, lettera b) del testo unico sull’immigrazione[145].

 

La relazione tecnica afferma che dall'articolo non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

La relazione illustrativa precisa che la modifica proposta mira a permettere allo straniero di prolungare la sua permanenza nel territorio italiano fino ad un anno, attraverso la concessione del rinnovo dell’originario permesso di soggiorno (permesso di soggiorno per attesa occupazione) ovvero, nel caso in cui percepisca un trattamento di sostegno al reddito, per tutta la durata dello stesso, qualora sia superiore rispetto alla durata del titolo di soggiorno. E’ stabilita inoltre la possibilità per il lavoratore di rimanere sul territorio dello Stato qualora dimostri il possesso di un reddito minimo annuo derivante da fonti lecite non inferiore al reddito richiesto per il ricongiungimento dei familiari.

 

Al riguardo appare opportuno un chiarimento da parte del Governo circa l’assenza, asserita dalla relazione tecnica, di effetti finanziari connessi all’allungamento da sei a dodici mesi del periodo minimo di validità del permesso per attesa occupazione. Tale estensione ha infatti l’effetto di protrarre, rispetto alla vigente normativa, la permanenza sul territorio italiano degli immigrati disoccupati: andrebbe quindi chiarito se la spesa per prestazioni socio-sanitarie da erogare agli immigrati che lavorano regolarmente sul territorio italiano sia già scontata negli andamenti tendenziali di finanza pubblica con riferimento al numero complessivo degli immigrati residenti.

 

ARTICOLO 4, comma 31

Disposizioni in materia di responsabilità solidale negli appalti

Normativa vigente: l’articolo 29, comma 2, del decreto legislativo n. 276/2003 dispone che in caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell'inadempimento.

La norma, introdotta nel corso dell’esame presso il Senato, modifica l’articolo 29, comma 2, del D.Lgs. 276/2003[146], in materia di responsabilità negli appalti di opere o di servizi per quanto attiene ai trattamenti retributivi e previdenziali dei lavoratori. In particolare, rispetto alla formulazione vigente:

·        facendo salva la responsabilità solidale di committente e appaltatore negli appalti di opere e servizi, prevede che la contrattazione collettiva può recare disposizioni dirette ad individuare metodi e procedure di controllo e di verifica della regolarità complessiva degli appalti (lettera a));

·        intervenendo sui rapporti di responsabilità tra committente e appaltatorein sede di giudizio prevede che:

-         il committente imprenditore o datore di lavoro è sempre convenuto in giudizio unitamente all’appaltatore ed eventuali subappaltatori;

-         l’eccezione di preventiva escussione esercitata da parte del committente può riguardare anche il patrimonio di eventuali subappaltatori;

-         l’azione esecutiva può essere intentata nei confronti del committente dopo l’infruttuosa escussione oltre che del patrimonio dell’appaltatore, anche di quello di eventuali subappaltatori.

 Resta invece immutata la possibilità per il committente che ha eseguito il pagamento di esercitare l’azione di regresso nei confronti del coobbligato secondo le regole generali.

 

La relazione tecnica afferma che dalle disposizioni non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

 

ARTICOLO 4, comma 32

Disposizioni in materia di regolazione dei trattamenti di lavoro nelle imprese ferroviarie.

La norma, introdotta nel corso dell’esame presso il Senato, modificando l’articolo  36 del decreto legislativo 188/2003, prevede che i trattamenti di lavoro nelle imprese ferroviarie possano essere definiti non solo dalla contrattazione collettiva nazionale (come attualmente previsto), ma anche, in via delegata, dalla contrattazionedecentrata.

 

La relazione tecnica afferma che dalle disposizioni non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

 

ARTICOLO 4, comma 33

Disposizioni in materia di livelli minimi delle prestazioni rese dai servizi per l’impiego.

Normativa vigente: l’articolo 3 del decreto legislativo n. 181 del 2000 (recante disposizioni per agevolare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro) prevede che le Regioni definiscono gli obiettivi e gli indirizzi operativi delle azioni che i centri per l’impiego[147] effettuano al fine di favorire l'incontro tra domanda e offerta di lavoro e contrastare la disoccupazione di lunga durata, sottoponendo i disoccupati e gli inoccupati ad interviste periodiche e ad altre misure di politica attiva[148].

L’articolo 4 dispone che le Regioni stabiliscono altresì i criteri per l'adozione da parte dei servizi competenti di procedure uniformi in materia di accertamento dello stato di disoccupazione.

La norma, apporta alcune modifiche agli articoli 3 e 4 del decreto legislativo n. 181 del 2000, prevedendo in particolare:

·        la fissazione di alcuni livelli minimi delle offerte e delle prestazioni che devono essere svolte dai servizi regionali per l'impiego nei confronti dei beneficiari di ammortizzatori sociali per i quali lo stato di disoccupazione o di inoccupazione costituisca requisito per l'accesso (comma 1, lettere a) e b));

Sono stabilite le seguenti prestazioni minime:

-          colloquio di orientamento;

-          azioni di orientamento collettive;

-          formazione di durata complessiva non inferiore a due settimane;

-          proposta di adesione ad iniziative di inserimento lavorativo.

·        la modifica dei criteri per l’accertamento dello stato di disoccupazione da parte dei servizi competenti.

Si prevede in particolare:

-          la soppressione della possibilità di conservare lo stato di disoccupazione nel caso di svolgimento di qualsiasi attività lavorativa, anche autonoma;

-          l’estensione dell'effetto di perdita dello stato di disoccupazione a tutte le ipotesi di rifiuto (senza giustificato motivo) di una congrua offerta di lavoro a tempo pieno ed indeterminato o determinato o di lavoro temporaneo, comprese le fattispecie (prima escluse) in cui il rifiuto riguardi un contratto di lavoro a termine di durata pari o inferiore ad otto mesi, ovvero a quattro mesi nel caso di giovani;

-          la ridefinizione delle ipotesi in cui la stipula di un contratto di lavoro dipendente a termine determini la sospensione - anziché la perdita - dello stato di disoccupazione, correlandola esclusivamente ai contratti di durata inferiore a sei mesi (senza distinzioni di età anagrafica).

 

La relazione tecnica afferma che dalle disposizioni non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Al riguardo si rileva in primo luogo che la norma fa riferimento ai livelli minimi delle prestazioni che devono essere rese dai Centri per l’impiego (denominati “livelli essenziali” nella nuova rubrica dell’articolo 3 del decreto legislativo n. 181 del 2000, come modificato dalle disposizioni in esame). Andrebbe chiarito se tali livelli, con particolare riferimento ai colloqui di orientamento, alle attività di formazione e alle proposte di adesione ad iniziative di inserimento lavorativo da erogare in favore dei beneficiari di ammortizzatori sociali, possano essere svolti da parte dei Centri per l’impiego a valere sulle risorse disponibili a legislazione vigente.  In caso contrario, la norma è suscettibile di determinare aggravi amministrativi che possono tradursi in maggiori oneri.

 

ARTICOLO 4, commi 34 - 37

Sistema informativo ASPI; monitoraggi dei livelli essenziali dei servizi erogati; sistema premiale.

La norma, prevede la definizione, con accordo in sede di Conferenza unificata, di un sistema di premialità che colleghi la ripartizione delle risorse del fondo sociale europeo alle prestazioni di politiche attive e servizi per l'impiego.

Al fine di consentire il monitoraggio dei livelli essenziali dei servizi erogati da parte dei Centri per l’impiego, si prevede:

-         la realizzazione da parte dell’INPS entro il 30 giugno 2013 di una banca dati condivisa con i Centri per l'impiego che consentirà l'utilizzo congiunto di flussi provenienti dai dati individuali dei beneficiari di ammortizzatori sociali;

-         l’obbligo dei Centri per l'impiego di inserire nella banca dati, con le modalità definite dall’INPS, i dati essenziali relativi alle azioni di politica attiva svolte nei confronti dei beneficiari di ammortizzatori sociali.

E’ prevista inoltre una clausola di invarianza della spesa, in base alla quale dalle disposizioni in esame non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, in quanto le amministrazioni interessate provvedono con le risorse finanziarie, umane e strumentali previste a legislazione vigente.

 

La relazione tecnica afferma che dalle disposizioni non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Al riguardo andrebbero forniti dati ed elementi volti a suffragare l’effettiva possibilità di realizzare le attività previste dalla norma in esame - ed in particolare la realizzazione della banca dati informatica da parte dell’INPS nonché la sua implementazione e gestione da parte dei Centri per l’impiego - con le risorse disponibili a legislazione vigente.

 

ARTICOLO 4, commi 38 e 39

Semplificazione delle procedure in materia di acquisizione dello stato di disoccupazione.

La norma prevede che, nel caso in cui il lavoratore presenti la domanda per ottenere l'indennità nell'ambito dell'ASPI, la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro può essere presentata dall'interessato, anziché al Centro per l'impiego, all'INPS, che avrà cura di trasmettere la dichiarazione al servizio per l'impiego competente mediante il sistema informativo di cui ai commi 34-36 dell’articolo in esame.

Al fine di semplificare la procedura per l'assunzione, le Regioni e le Province mettono a disposizione dell'INPS le informazioni necessarie, comprese quelle relative all'iscrizione nelle liste di mobilità e le informazioni relative al possesso dello stato di disoccupazione e alla sua durata. Tali informazioni sono messe inoltre a disposizione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per la pubblicazione nella borsa continua nazionale del lavoro[149].

 

La relazione tecnica afferma che dalle disposizioni non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Al riguardo si evidenzia che la norma non specifica le modalità di trasmissione dei flussi informativi tra le Regioni, le provincie, l’INPS e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, limitandosi a disporre che detti enti “mettono a disposizione” di altri enti determinate informazioni. Al riguardo andrebbe specificato se la gestione del citato flusso informativo venga veicolato attraverso sistemi informatici già esistenti ovvero debba essere prevista una implementazione degli stessi o la realizzazione di nuovi. Sul punto appare opportuno acquisire elementi dal Governo.

Inoltre, con riferimento alla gestione dei flussi informativi della banca dati da realizzare ai sensi dei commi 34-36 dell’articolo in esame, si rinvia alle considerazioni svolte in relazione a tali commi.

 

ARTICOLO 4, commi 40 - 45

Offerta di lavoro congrua

La norma prevede, al fine di responsabilizzare i lavoratori che beneficiano di prestazioni di sostegno del reddito in costanza di rapporto di lavoro, la decadenza degli stessi dal trattamento qualora rifiutino di partecipare ad un corso di formazione o riqualificazione o non lo frequentino con regolarità (comma 40).

Si dispone inoltre per i lavoratori destinatari di una indennità di mobilità o di altra indennità o sussidio la perdita di tali trattamenti, quando:

·        rifiutino di partecipare a iniziative di politiche attive proposte dai centri per l'impiego o non vi partecipino regolarmente;

·        non accettino un'offerta di lavoro con inquadramento in un livello retributivo non inferiore del 20% rispetto all'importo lordo dell'indennità cui hanno diritto (comma 41).

La perdita del diritto alla prestazione, facendo salvi i diritti già maturati, si applica quando le attività lavorative o di formazione, ovvero di riqualificazione, si svolgono in un luogo che non dista più di 50 chilometri dalla residenza del lavoratore, o comunque che è raggiungibile mediamente in 80 minuti con i mezzi di trasporto pubblici (commi 42 e 43).

E’ inoltre previsto l’obbligo a carico dei Centri per l'impiego di comunicare tempestivamente gli eventi, di cui all’articolo in esame, all’INPS, che provvede ad emettere il provvedimento di decadenza, recuperando le somme eventualmente erogate per periodi di non spettanza del trattamento (comma 44).

 

La relazione tecnica afferma che dalle disposizioni non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Nulla da osservare al riguardo, nel presupposto – sul quale appare opportuna una conferma - che gli obblighi di comunicazione a carico dei Centri per l’impiego possano essere svolti a valere sulle risorse disponibili a legislazione vigente.

 

 

ARTICOLO 4, commi 46 - 47

Abrogazioni

Le norme, modificate nel corso dell’esame presso il Senato[150], dispongono l’abrogazione dell’articolo 1-quinquies del decreto-legge n. 249 del 2004[151] e dell’articolo 19, comma 10 del decreto-legge n. 185 del 2008[152] recanti disposizioni in materia di decadenza dal diritto al trattamento di sostegno al reddito in caso di rifiuto della cosiddetta “offerta di lavoro congrua”.

 

La relazione tecnica afferma che dalle disposizioni non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica

 

Nulla da osservare al riguardo, dal momento che l’offerta di lavoro congrua è disciplinata nel suo complesso dai precedenti commi 40-45 dell’articolo in esame in termini sostanzialmente analoghi a quelli previsti dalle norme abrogate.

 

ARTICOLO  4, commi 48 - 50

Delega al Governo in materia di politiche attive e servizi per l'impiego

Normativa vigente: l’articolo 1, comma 30,  della legge n. 247 del 2007 (Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività), modificato dall’articolo 46 della legge n. 183 del 2010, conferisce una delega al Governo per l’adozione di uno o più decreti legislativi finalizzati al riordino della normativa in materia diservizi per l’impiego, incentivi all’occupazione e apprendistato. Il termine per l’esercizio per la delega scade il 24 novembre 2012.

La norma, modificando il comma 30 dell’articolo 1 del citato Protocollo sul welfare del 23 luglio 2007, amplia l'oggetto della delega già conferita al Governo in materia di servizi per l'impiego, estendendone l'ambito alle politiche attive e definendo, in merito, principi e criteri direttivi.

Prevede, inoltre, il differimento del termine per l’esercizio della delega a sei mesi dalla data di entrata in vigore provvedimento in esame.

 

La relazione tecnica afferma che dall'articolo non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, essendo fra l'altro espressamente previsto nella delega legislativa l'obbligo di esercitarla senza effetti negativi sulla finanza pubblica.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

ARTICOLO  4, commi 51 - 54

Norme in materia di apprendimento permanente

La norma, dopo aver definito il concetto di apprendimento permanente (formale, non formale e informale), afferma che le relative politiche sono determinate a livello nazionale con intesa in Conferenza unificata, su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Ministro dello sviluppo economico e sentite le parti sociali (comma 51).

Per apprendimento formale si intende quello che si attua nel sistema di istruzione e formazione e nelle università e istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, e che si conclude con il conseguimento di un titolo di studio o di una qualifica/diploma professionale o di una certificazione riconosciuta (comma 52).

Per apprendimento non formale si intende quello caratterizzato da una scelta intenzionale della persona, che si realizza,  al di fuori dei sistemi indicati al comma 2, in ogni organismo che persegua scopi educativi e formativi, anche del volontariato e del privato sociale e nelle imprese (comma 53).

L’apprendimento informale è quello che si realizza, anche a prescindere da una scelta intenzionale, nello svolgimento, da parte di ogni persona, di attività nelle situazioni di vita quotidiana e nelle interazioni che in essa hanno luogo, nell’ambito del contesto di lavoro, familiare e del tempo libero (comma 54).

 

La relazione tecnica afferma che dalle disposizioni non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

 

ARTICOLO  4, commi 55 - 57

Reti territoriali dei servizi

La norma dispone che, con intesa in Conferenza unificata, in coerenza con il principio di sussidiarietà e nel rispetto delle competenze di programmazione delle regioni, siano definiti, sentite le parti sociali, indirizzi per l'individuazione di criteri generali e priorità per la promozione e il sostegno alla realizzazione di reti territoriali che comprendono l'insieme dei servizi di istruzione, formazione e lavoro collegati organicamente alle strategie per la crescita economica, l'accesso al lavoro dei giovani, la riforma del welfare, l'invecchiamento attivo, l'esercizio della cittadinanza attiva, anche da parte degli immigrati.

In tali contesti, sono considerate prioritarie le azioni riguardanti:

·          il sostegno alla costruzione, da parte delle persone, dei propri percorsi di apprendimento formale, non formale ed informale di cui ai commi 51-54 dell'articolo in esame;

·          il riconoscimento di crediti formativi e la certificazione degli apprendimenti comunque acquisiti;

·          la fruizione di servizi di orientamento lungo tutto il corso della vita.

Alla realizzazione e allo sviluppo delle reti territoriali dei servizi concorrono anche:

-         le università, nella loro autonomia, attraverso l'inclusione dell'apprendimento permanente nelle loro strategie istituzionali, un'offerta formativa flessibile e di qualità;

-         le imprese, attraverso rappresentanze datoriali e sindacali;

-         le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura nell'erogazione dei servizi destinati a promuovere la crescita del sistema imprenditoriale e del territorio, che comprendono la formazione, l'apprendimento e la valorizzazione dell'esperienza professionale acquisita dalle persone;

-         l’Osservatorio sulla migrazione interna nell’ambito del territorio nazionale istituito con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali dell’11 dicembre 2009 e le strutture territoriali degli enti pubblici di ricerca.

E’ prevista inoltre una clausola di invarianza, in base alla quale dall'attuazione delle disposizioni in esame non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, in quanto le amministrazioni interessate provvedono con le risorse finanziarie, umane e strumentali disponibili a legislazione vigente.

 

La relazione tecnica afferma che dall'articolo non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Al riguardo non vi sono osservazioni da formulare, nel presupposto che il concorso dei soggetti pubblici alla realizzazione delle reti territoriali dei servizi (università, camere di commercio industria e artigianato, società a prevalente capitale pubblico, etc…) sia da intendersi facoltativo e attuato nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente. Sul punto, appare opportuno acquisire l’avviso del Governo.

 

 

ARTICOLO  4, commi 58 - 61

Delega al Governo per l’individuazione e validazione degli apprendimenti non formali e informali.

La norma delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per la definizione delle norme generali e livelli essenziali delle prestazioni, riferiti agli ambiti di rispettiva competenza dello Stato, delle Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano, per l'individuazione e validazione degli apprendimenti non formali ed informali, con riferimento al sistema nazionale di certificazione delle competenze di cui ai commi 64-68 dell'articolo in esame, sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi (comma 58):

a) individuazione e validazione degli apprendimenti non formali ed informali di cui al comma 66 dell’articolo in esame acquisiti dalla persona, quali servizi effettuati su richiesta dell'interessato, finalizzate a valorizzare il patrimonio culturale e professionale delle persone;

b) individuazione e validazione dell'apprendimento non formale e informale di cui alla lettera a) effettuati attraverso un omogeneo processo di servizio alla persona e sulla base di idonei riscontri e prove;

c) esperienze di lavoro considerate quale parte essenziale del percorso educativo, formativo e professionale della persona;

d) definizione dei livelli essenziali delle prestazioni per l'erogazione dei servizi di cui alla lettera a) da parte dei soggetti istituzionalmente competenti in materia di istruzione, formazione e lavoro, ivi incluse le camere di commercio, industria, artigiano e agricoltura;

e) possibilità di riconoscimento degli apprendimenti non formali e informali convalidati come crediti formativi in relazione ai titoli di istruzione e formazione e alle qualificazioni compresi nel repertorio nazionale di certificazione delle competenze;

f) procedure di convalida dell'apprendimento non formale ed informale e di riconoscimento dei crediti da parte dei soggetti di cui alla lettera d);

g) riscontri e prove di cui alla lettera b), effettuati sulla base di quadri di riferimento e regole definiti a livello nazionale, in relazione ai livelli e ai sistemi di referenziazione dell'Unione europea e in modo da assicurare la comparabilità delle competenze certificate sull'intero territorio nazionale.

La norma dispone che nell'esercizio della delega, con riferimento alle certificazioni di competenza, sia considerato anche il ruolo svolto dagli organismi di certificazione accreditati dall'organismo unico nazionale di accreditamento ai sensi del regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 luglio 2008, che pone norme in materia di accreditamento e vigilanza del mercato per quanto riguarda la commercializzazione dei prodotti (comma 59).

Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 58 il Governo può adottare eventuali disposizioni integrative e correttive (comma 60).

E’ prevista inoltre una clausola di invarianza, in base alla quale dall'adozione dei decreti legislativi di cui al comma 58 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, ferma restando la facoltà delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano di stabilire la quota dei costi a carico della persona che chiede la convalida dell'apprendimento non formale e informale e la relativa certificazione delle competenze (comma 61).

 

La relazione tecnica afferma che dall'articolo non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, essendo fra l'altro espressamente previsto nella delega legislativa l'obbligo di esercitarla senza effetti negativi sulla finanza pubblica.

 

Al riguardo, atteso che i principi e criteri direttivi sembrano implicare l'esercizio di funzioni di verifica e controllo andrebbero, in primo luogo, forniti chiarimenti in merito alla concreta fattibilità delle suddette attività a valere sulle risorse ordinariamente disponibili.

Più in generale appare necessario un chiarimento circa le conseguenze finanziarie derivanti dalla definizione di livelli essenziali delle prestazioni, riferiti agli ambiti di rispettiva competenza dello Stato, delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano per l’erogazione dei servizi di individuazione e validazione degli apprendimenti non formali e informali con riferimento al sistema nazionale di certificazione delle competenze, disciplinato dai successivi commi 64-68 dell’articolo in esame. In proposito andrebbe chiarito il coordinamento di tali disposizioni con l’impianto definito dalla legge n. 42/2009 in materia di federalismo fiscale e dai relativi decreti di attuazione, che hanno previsto la definizione di livelli essenziali della prestazioni anche in materia di istruzione, prevedendo altresì un collegamento con la determinazione dei costi e fabbisogni standard e con il sistema perequativo delle risorse. In ogni caso, si rileva che la definizione dei livelli essenziali comporta obblighi di prestazione di servizi, a fronte dei quali andrebbe verificata la disponibilità delle relative risorse.

Si segnala inoltre che la clausola di invarianza sembra riferita ai soli decreti legislativi di cui al comma 58 e non anche ai decreti correttivi e integrativi, adottati ai sensi del comma 60.

 

 

 

ARTICOLO 4, commi 62 e 63

Delega al Governo in materia di coinvolgimento dei lavoratori nell’impresa

La norma, introdotta dal Senato, delega il Governo all’emanazione di uno o più decreti legislativi finalizzati a favorire le forme di coinvolgimento del lavoratori nell’impresa, attraverso la stipulazione di un contratto collettivo aziendale.

L’esercizio della delega deve avvenire nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

­         individuazione degli obblighi di informazione, consultazione o negoziazione a carico dell’impresa nei confronti dei sindacati e dei lavoratori (lettera a);

­         previsione di procedure di verifica dell’applicazione e degli esiti dei piani o decisioni concordate (lettera b);

­         istituzione di organismi di controllo e partecipazione nella gestione di materie quali la sicurezza sul lavoro, l’organizzazione del lavoro, la formazione professionale, l’attuazione delle pari opportunità, le forme di remunerazione legate al risultato, i servizi sociali destinati ai lavoratori e alle loro famiglie, forme di welfare aziendale (lettera c);

­         controllo sull’andamento o su determinate scelte di gestione aziendale (lettera d);

­         previsione della partecipazione dei lavoratori agli utili o al capitale dell’impresa e della partecipazione dei lavoratori all’attuazione e al risultato di piani industriali (lettera e);

­         partecipazione dei lavoratori nel consiglio di sorveglianza (lettera f);

­         previsione dell’accesso privilegiato dei lavoratori al possesso di azioni, quote di capitale dell’impresa o diritti di opzione (lettera g).

La norma, infine, dispone che dall’attuazione della delega di cui alle lettere a)-d) e f)-g) non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che il decreto legislativo di cui alla lettera e) potrà essere adottato solo dopo che la legge di stabilità relativa all’esercizio in corso al momento della sua adozione avrà disposto le risorse necessarie per fare fronte agli oneri derivanti dal decreto legislativo stesso.

 

La relazione tecnica sottolinea che la norma espressamente prevede che dall’attuazione dei criteri di delega non possano derivare nuovi o maggiori oneri rispetto a quanto previsto a legislazione vigente.

 

Al riguardo appare opportuno che il Governo precisi quali siano le possibili fattispecie onerose riguardanti la partecipazione dei lavoratori agli utili dell’impresa (lettera e), per le quali il testo prevede la successiva individuazione di apposite risorse con finalità di copertura.

 

ARTICOLO  4, commi 64 - 68

Sistema pubblico nazionale di certificazione delle competenze

La norma dispone che il sistema pubblico nazionale di certificazione delle competenze si fonda su standard minimi di servizio omogenei sul territorio nazionale nel rispetto dei principi di accessibilità, riservatezza, trasparenza, oggettività e tracciabilità, stabilendo che la certificazione delle competenze acquisite nei contesti formali, non formali ed informali è un atto pubblico finalizzato a garantire la trasparenza e il riconoscimento degli apprendimenti, in coerenza con gli indirizzi fissati dall’Unione europea. La certificazione conduce al rilascio di un certificato, un diploma o un titolo che documenta formalmente l'accertamento e la convalida effettuati da un ente pubblico o da un soggetto accreditato e/o autorizzato (commi 64 e 65).

In particolare la norma definisce la competenza certificabile come un insieme strutturato di conoscenze e di abilità, acquisite nei contesti di cui ai precedenti commi 51-54 dell’articolo in esame e riconoscibili anche come crediti formativi, previa apposita procedura di validazione degli apprendimenti non formali e informali secondo quanto previsto dai commi 58-61 dell’articolo 4 del provvedimento in esame (comma 66).

Tutti gli standard delle qualificazioni e competenze certificabili ai sensi del presente sistema pubblico di certificazione sono raccolti in repertori codificati a livello nazionale o regionale, pubblicamente riconosciuti e accessibili in un repertorio nazionale dei titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali (comma 67).

La norma prevede inoltre che con decreto legislativo, adottato in attuazione della delega di cui al comma 58 dell’articolo in esame sono definiti (comma 68):

·        gli standard di certificazione delle competenze e dei relativi servizi, che contengono gli elementi essenziali per la riconoscibilità e ampia spendibilità delle certificazioni in ambito regionale, nazionale ed europeo;

·        i criteri per la definizione e l'aggiornamento, almeno ogni tre anni, del repertorio nazionale dei titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali;

·        le modalità di registrazione delle competenze certificate, anche con riferimento al libretto formativo ed alle anagrafi del cittadino.

 

La relazione tecnica afferma che dalle disposizioni non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Al riguardo appare opportuno un chiarimento da parte del Governo circa i possibili effetti finanziari connessi alla realizzazione di un repertorio nazionale dei titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali, che dovrebbe raccogliere tutti gli standard delle qualificazioni e competenze certificabili del sistema pubblico di certificazione, disciplinato dalla norma in esame. Andrebbe, in particolare, precisato quali siano gli enti ai quali è demandata la realizzazione, la manutenzione e l’implementazione dei dati del repertorio in questione, che dovrebbe contenere anche indicazioni con riferimento al libretto formativo ed alle anagrafi del cittadino.

 

ARTICOLO 4, commi 72 e 73

Modifica dei limiti di deduzione delle spese e di alcuni componenti negativi

La norma prevede la riduzione dei limiti di deducibilità di cui al vigente articolo 164, comma 1, lettera b) e lettera b-bis) del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR). In particolare:

§        viene ridotta dal 40% al 27,5% la deducibilità delle spese relative ad autovetture, motocicli e ciclomotori, appartenenti ad imprese e professionisti, di cui al citato articolo 164, comma 1 lettera b) del TUIR;

§        viene ridotto dal 90% al 70% il limite di deducibilità delle spese relative ai veicoli dati in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo di imposta, di cui al citato articolo 164, comma 1, lettera b-bis) del TUIR.

Si rammenta che dette limitazioni di deducibilità riguardano le spese (quote di ammortamento, canoni di leasing e noleggi a lungo termine) e gli altri componenti negativi relativi ai mezzi di trasporto aziendali diversi da quelli destinati esclusivamente all’attività dell’impresa (per essi la deducibilità consentita è integrale; al riguardo si veda il citato articolo 164, comma 1, lettera a) del TUIR).

Si dispone, inoltre, che i nuovi limiti di deducibilità si applicano a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore dell’articolo in esame e quindi dal 2013 per le imprese con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, e che, comunque, nella determinazione degli acconti dovuti per il periodo di imposta di prima applicazione, si assume, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata applicando le nuove disposizioni in parola.

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica:

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2013

2014

2015

2013

2014

2015

2013

2014

2015

maggiori entrate

801

1057

1021

801

1057

1021

801

1057

1021

 

La relazione tecnica afferma che, ai fini della stima degli effetti di gettito derivanti dalla nuova disciplina illustrata, è stata effettuata un’apposita simulazione pluriennale attraverso l’uso di un modello di microsimulazione relativo ai costi dei veicoli aziendali; in particolare, la base dati di partenza è costituita dai dati forniti dal PRA (pubblico registro automobilistico) relativi a tutti i veicoli circolanti a dicembre 2009 (circa 48 milioni) e ad alcuni dati di dettaglio (quali l’alimentazione, la potenza, il costo di acquisto, etc.).

La RT effettua una prima elaborazione selezionando la tipologia di veicoli potenzialmente interessata dalle disposizioni in esame (autovetture ed autocaravan, di cui alle lettere a) ed m) del comma 1 dell’art. 54 del d.lgs. n. 285/1992, ciclomotori e motocicli). La nuova base dati risulta costituita da 41,1 milioni di veicoli. La RT afferma, inoltre, che attraverso l’abbinamento del codice fiscale del proprietario/titolare con tutti i soggetti che hanno presentato almeno una tra le dichiarazioni dei redditi UNICO2010 e le dichiarazioni IRAP2010 dei soggetti privati si è ottenuta una base dati costituita da tutti i veicoli attribuibili ai soggetti con partita IVA (circa 7 milioni tra autovetture e moto). La RT precisa che l’archivio ottenuto contiene per ogni veicolo non solo il costo di acquisto, ma anche l’informazione del soggetto che ha acquistato la macchina o la moto in leasing. È stato quindi possibile ricostruire il profilo civilistico della deducibilità delle quote di ammortamento e dei canoni di leasing nonché i relativi costi di esercizio.

I contribuenti sono stati a loro volta suddivisi in diverse tipologie a seconda del livello di detraibilità a fini IVA dei costi e delle spese e a seconda della normativa in tema di deducibilità dei costi ai fini delle imposte dirette.

La RT assume poi, come ipotesi, in mancanza di specifica indicazione, che i veicoli dati in uso promiscuo ai dipendenti siano attribuibili soltanto agli operatori che presentano un parco circolante di autovetture superiore a 5 unità.

Per quanto attiene invece all’andamento dei canoni contrattuali di leasing, la RT utilizza i dati tratti dai rapporti ASSILEA, distinguendo tra quota capitale ed interessi; vengono inoltre esclusi i veicoli intestati ai concessionari (per questi infatti i veicoli sono considerati beni merce e quindi estranei alla disciplina in parola) e quelli intestati ad operatori che effettuano il noleggio a breve termine (per gli utilizzatori di questi beni non vi sono limitazioni). Viene, invece, utilizzata una speciale procedura per l’analisi dei riflessi finanziari prodotti dai veicoli dati in noleggio a lungo termine, per i quali l’ipotesi implicita è che l’universo degli utilizzatori di tali veicoli sia assimilabile come composizione a quello degli utilizzatori di veicoli in leasing.

La RT calcola, quindi, la variazione di deducibilità fiscale dei costi sia in termini di IRES/IRPEF che di IRAP per l’esercizio d’imposta base ed per i due successivi, avuto riguardo alla componente sia dei costi di esercizio che dei costi per ammortamento e/o canoni di leasing di competenza dell’esercizio stesso. Sono, inoltre, sommate le variazioni dei costi fiscalmente deducibili (derivanti dai veicoli posseduti o utilizzati in leasing), calcolate in capo ad ogni soggetto con partita IVA, distintamente ai fini IRES/IRPEF ed IRAP, nei tre periodi di imposta considerati. Infine, attraverso l’abbinamento con le dichiarazioni dei redditi ed IRAP di ogni soggetto viene calcolata la conseguente variazione di imposta, tenendo conto sia del principio di derivazione per quanto attiene l’IRAP, sia dei regimi di determinazione forfetaria o catastale dei redditi.

Pertanto in termini di competenza il recupero di gettito, derivante dalla simulazione descritta, è complessivamente pari a 1.057 mln di euro per il 2013, a 1.037 mln di euro per il 2014 e a 1.021 mln di euro a decorrere dal 2015, così ripartito tra le imposte:

 

(milioni di euro)

COMPETENZA

2013

2014

2015

IRES/IRPEF

976

959

944

IRAP

81

79

77

Totale (circolante+flussi)

1.057

1.037

1.021

 

In termini di cassa, tenuto conto del meccanismo di saldo – acconto a titolo di imposte dirette (dove l’acconto assume il valore del 75%) e di IRAP (dove l’acconto è pari all’85%), nonché di un incremento del 5% per la parte di competenza del 2015 (introdotto per tener conto delle aspettative di ripresa del mercato), l’andamento del maggior gettito atteso è rappresentato dalla tabella sottostante:

 

(milioni di euro)

CASSA

2013

2014

2015

IRES/IRPEF

732

976

945

IRAP

69

81

76

Totale (circolante+flussi)

801

1.057

1.021

 

Nella Nota[153] di risposta alle osservazioni formulate nel corso dell’esame in prima lettura al Senato, il Governo ha precisato che l’assunzione relativa ai veicoli dati in utilizzo promiscuo al dipendente per la maggior parte del periodo di imposta, in assenza dell’informazione specifica sul singolo veicolo – in quanto non ancora oggetto di acquisizione telematica – è la stessa utilizzata per stime effettuate in occasione di analoghe disposizioni normative, e che può rappresentare una proxy del potenziale universo in questione – tendenzialmente rivolto verso realtà aziendali con parco macchine medio-alto.

Nella Nota si afferma, inoltre, che non appare affatto irragionevole l’assunzione relativa alla ripartizione percentuale degli utilizzatori di veicoli presi a noleggio a lungo termine, basata sull’universo conosciuto degli utilizzatori di veicoli in leasing, trattandosi di un universo di utilizzatori sostanzialmente analogo sia come tipologia che come esigenze aziendali.

Per quanto riguarda, infine, l’entità dell’anticipo dell’acconto, si precisa che non si è considerato plausibile l’eventuale utilizzo del metodo previsionale, storicamente di entità limitata ed indicato, in sede di stima delle relazioni tecniche, in circostanze particolari come eccezione piuttosto che come regola.

 

Al riguardo si osservache la relazione tecnica si limita a descrivere la metodologia seguita ai fini della quantificazione e a fornire alcuni dati relativi, in particolare, al numero delle autovetture e moto (circa 7 milioni complessivi) attribuiti a soggetti con partita IVA per poi individuare gli effetti complessivi della norma; pertanto, in assenza di una ricostruzione esaustiva dei vari passaggi del procedimento di quantificazione e degli ulteriori dati ed elementi utilizzati a tali fini, non risulta possibile procedere ad una puntuale verifica della quantificazione fornita.

Maggiori informazioni appaiono opportune anche in merito al prezzo medio del carburante utilizzato ai fini della quantificazione, tenuto conto del fatto che tale prezzo è suscettibile di subire variazioni in funzione di diversi fattori (prezzo del petrolio e regime tributario).

Sulla base delle informazioni fornite appaiono necessarie alcune precisazioni in merito allo sviluppo temporale degli effetti finanziari. I risultati indicati dalla relazione tecnica, infatti, evidenziano un andamento decrescente del maggior gettito nel triennio 2013-2015 (-1.89% nel 2014 rispetto al 2013 e -1,54% nel 2015 rispetto al 2014) per poi attestarsi, negli anni successivi, al valore ascritto al 2015 (1.021 mln di euro). Tenuto conto che la RT afferma che “la competenza 2015 è stata aumentata del 5% per tenere conto delle aspettative di ripresa del mercato”, non appaiono chiare le ipotesi sottostanti la stima che confermano nel 2015 la riduzione del maggior gettito e che non sembrerebbero invece rilevare negli altri periodi d’imposta considerati.

Per quanto concerne gli effetti relativi ai soggetti passivi IRPEF (imprese individuali e lavoratori autonomi) si osserva che andrebbero opportunamente valutate le conseguenze finanziarie in termini di addizionali regionale e comunale all’IRPEF.

In merito al suddetto punto nonché in merito agli effetti di maggior gettito IRAP ascritti alla norma, si segnala che, trattandosi di tributi attribuiti agli enti locali e territoriali appare opportuno coordinare le disposizioni in esame con la disciplina in materia di federalismo fiscale.

 

ARTICOLO 4, comma 74

Riduzione della deduzione sui canoni di locazione

La norma prevede, a decorrere dal 2013, una riduzione della deduzione forfetaria dei redditi derivanti da canoni di locazione, di cui all’articolo 37 comma 4-bis del TUIR[154], dal 15% al 5%.

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica:

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2013

2014

2015

2013

2014

2015

2013

2014

2015

maggiori entrate

 

627,1

365,2

 

627,1

365,2

 

627,1

365,2

 

La relazione tecnica ipotizza, in via prudenziale, che per la totalità delle locazioni ad uso abitativo venga effettuata l’opzione per il regime della cedolare secca; quindi la stima viene condotta con riferimento alle sole locazioni ad uso non abitativo. La RT utilizza, quindi, i dati tratti dalle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche presentate nel 2010, opportunamente estrapolati, che evidenziano un ammontare di locazioni, al lordo delle deduzioni forfetarie, pari a 27.482 milioni di euro. Di questo ammontare, in base alle informazioni della banca dati immobiliare integrata con i dati del Catasto, si assume che solo il 40% sia da attribuire a locazioni ad uso non abitativo, per cui il valore di riferimento delle locazioni su cui si basa la stima è pari a 10.993 milioni di euro. Applicando a tale ammontare un’aliquota marginale media per i locatori di immobili ad uso non abitativo pari al 31,6% (calcolata mediante il modello di microsimulazione IRPEF) si stima un maggior gettito IRPEF annuo di competenza pari a 347,4mln di euro ed una variazione aumentativa di addizionale regionale e comunale rispettivamente pari a 13,2 mln di euro e a 4,6 mln di euro. In termini di cassa, applicando quindi il meccanismo di saldo acconto, si ha un maggior gettito per l’anno 2014 pari a 627,1 mln di euro e a decorrere dall’anno 2015 un maggior gettito pari a 365,2 mln di euro, così come meglio specificato nella tabella sottostante:

 

(milioni di euro)

 

2013

2014

2015

IRPEF

0

607,9

347,4

Addizionale regionale

0

13,2

13,2

Addizionale comunale

0

6

4,6

Totale

0

627,1

365,2

 

Nella Nota[155] di risposta alle osservazioni formulate nel corso dell’esame in prima lettura al Senato, il Governo, con riferimento alle locazioni ad uso non abitativo presenti sul territorio della città di Venezia centro e delle isole della Giudecca, di Burano e di Murano, nelle quali la deduzione forfetaria risulta già pari al 25%, ha evidenziato che, in base ai dati del Catasto, la rendita totale degli immobili ubicati nel comune di Venezia risulta inferiore allo 0,8% della rendita totale a livello nazionale. Tale dato conferma, quindi, che, come già supposto dalla Commissione stessa, l’effetto sulla quantificazione globale è di modesta entità. Nella Nota si precisa, inoltre, che questo minimo effetto non pregiudica il criterio complessivo di prudenzialità cui è improntata la RT, considerando che nella stessa sono state stimate solamente le locazioni di immobili ad uso non abitativo, nell’ipotesi che tutti i percettori di locazioni ad uso abitativo optino per il regime della cedolare secca. In realtà, una quota non minimale di questi soggetti, pur in presenza della riduzione al 5% della deduzione forfetaria, sceglierà, per convenienza fiscale, di restare in ambito IRPEF[156]. Tuttavia, nella RT, in via prudenziale, la quota di recupero di gettito relativa alle locazioni riconducibili a tali soggetti non è stata considerata.

 

Al riguardo, in merito agli effetti ascritti alla norma con riferimento all’addizionale comunale e regionale, si segnala che, trattandosi di tributi attribuiti agli enti locali e territoriali, appare opportuno coordinare le disposizioni in esame con la disciplina in materia di federalismo fiscale.

 

ARTICOLO 4, comma 75

Aumento dell’addizionale comunale sui diritti d’imbarco dei passeggeri

La norma prevede l’incremento, a decorrere dal 1° luglio 2013, di due euro dell’addizionale comunale sui diritti di imbarco dei passeggeri sugli aeromobili, di cui all’articolo 2, comma 11 della legge n. 350/2003. Le maggiori entrate derivanti dal comma in esame saranno versate all’INPS, con le stesse modalità previste dall’articolo 2, commi da 48 a 50 del provvedimento in esame.

I commi da 48 a 50 dell’articolo 2 del ddl in esame prevedono, tra l’altro:

-                           che la riscossione dell'incremento dell’addizionale comunale avvenga a cura dei gestori di servizi aeroportuali, i quali sono altresì chiamati a comunicare mensilmente all'INPS le somme riscosse, riversandole allo stesso Istituto entro la fine del mese successivo a quello di riscossione (comma 48, lett. b));

-                           che i soggetti tenuti alla riscossione delle somme di cui all'articolo 6-quater del decreto-legge n. 7 del 2005, come modificato, trattengano, a titolo di ristoro per le spese di riscossione e comunicazione, una somma pari allo 0,25 per cento del gettito totale (comma 49);

-                           l’estensione del versamento unitario e della compensazione per i crediti e i debiti relativi anche alle somme che i soggetti tenuti alla riscossione dell'incremento all'addizionale comunale debbono riversare all'INPS (comma 50).

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica:

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2013

2014

2015

2013

2014

2015

2013

2014

2015

maggiori entrate

64,7

129,4

129,4

64,7

129,4

129,4

64,7

129,4

129,4

 

La relazione tecnica afferma che la stima del maggior gettito è stata effettuata sulla base dei dati ASSOAEROPORTI relativi al 2009, che attestano un numero di partenze dagli aeroporti italiani pari a circa 28 milioni per voli nazionali e 36,7 milioni per voli internazionali. Conseguentemente, il maggior gettito complessivo viene quantificato in 129,4 milioni annui (= (28 mln + 36,7 mln) x 2 euro).

Tenendo conto che l'aumento entrerà in vigore a partire dal 1° luglio 2013, la RT rappresenta il seguente andamento di cassa: 

 

(milioni di euro)

2012

2013

2014

2015

-

64,7

129,4

129,4

 

Nella Nota[157] di risposta alle osservazioni formulate nel corso dell’esame in prima lettura al Senato, il Governo ha affermato che l’aumento di due euro sul costo totale di un biglietto aereo non possa indurre ad una sostituzione del mezzo di trasporto. Pertanto la stima del maggior gettito atteso è stata effettuata a quadro macroeconomico invariato, non considerando gli eventuali effetti negativi indotti dall’aumento dell’addizionale stessa.

 

Al riguardo si rileva che la quantificazione degli effetti di maggior gettito ascritti alla disposizione in esame appare coerente con il valore stimato dalla RT a corredo dell’articolo 2, commi da 48 a 50 e che entrambi i valori (pari a circa 65 milioni di euro per ogni euro di incremento dell’addizionale) risultano coerenti con il bilancio preventivo[158] INPS per l’esercizio 2012. Tuttavia, alla luce di quanto affermato nella Nota tecnica riferita ai commi da 48 a 50 dell’articolo 2, appare opportuno che il Governo fornisca la quantificazione dell’onere connesso all’attribuzione, a titolo di ristoro delle spese di riscossione e comunicazione, dello 0,25 per cento del gettito totale ai soggetti tenuti alla riscossione.

Con riferimento alle modalità di versamento all’INPS delle maggiori entrate recate dalla disposizione in esame, si rileva che potrebbero emergere effetti di natura finanziaria in termini di cassa legati alla previsione del comma 50, dell’articolo 2, relativamente al versamento in compensazione. Sul punto appare opportuno un chiarimento da parte del Governo.

In merito a tale aspetto si evidenzia che il parere della V commissione del Senato sottolinea che potrebbero derivare effetti negativi di cassa, in particolar modo, dall’estensione del versamento unitario e della compensazione anche alle somme che i soggetti tenuti alla riscossione dell’incremento dell’addizionale comunale sui diritti di imbarco devono riversare all’INPS, previsto dall’articolo 2, comma 50 del provvedimento in esame.

 

ARTICOLO 4, comma 76

Franchigia deduzione CSSN sui premi di assicurazione RC per i veicoli

La norma prevede che a decorrere dall’anno 2012 la deducibilità, ai fini delle imposte sui redditi[159], dei contributi sanitari obbligatori per l’assistenza erogata nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale, versati con il premio di assicurazione di responsabilità civile per i veicoli a motore e dei natanti, spetta solo sulla parte che eccede 40 euro.

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica:

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2013

2014

2015

2013

2014

2015

2013

2014

2015

maggiori entrate

172,4

101

101

172,4

101

101

172,4

101

101

 

La relazione tecnica evidenzia che a legislazione vigente la deducibilità di tali contributi è totale; evidenzia inoltre che il dato in oggetto non è direttamente desumibile dalle dichiarazioni dei redditi in quanto viene ricompreso nel rigo RP23 del modello di dichiarazione dei redditi delle persone fisiche in cui confluiscono diverse tipologie di contributi previdenziali ed assistenziali versati dai contribuenti. Considerando che in base ai dati provvisori delle dichiarazioni presentate nel 2011 risulta che 11,99 milioni di contribuenti hanno compilato il rigo RP23 in oggetto, la RT ipotizza che il 90% dei contribuenti abbia dichiarato i contributi in esame, per cui si stima un numero di soggetti dichiaranti pari a 10,79 mln di unità. Si ipotizza poi, in via prudenziale, che la totalità dei contribuenti così definiti dichiari un contributo di 20 euro, il 75% dichiari un contributo di 30 euro ed il 50% dichiari un contributo di 40 euro; ciò posto, la RT stima un ammontare escluso da deducibilità pari a 350,7 mln di euro. Da tale valore, applicando un’aliquota marginale media IRPEF del 27%, si ottiene un recupero di gettito di competenza annua di circa 94,7 mln di euro a titolo di IRPEF e di 4,9 mln di euro a titolo di addizionale regionale e di 1,4 mln di euro a titolo di addizionale comunale. Per gli effetti di cassa si veda la tabella sottostante, che considera sia la decorrenza della nuova disposizione dall’anno 2012 sia il meccanismo di saldo e acconto:

 

(milioni di euro)

 

2012

2013

2014

IRPEF

-

165,7

94,7

addizionale regionale

-

4,9

4,9

addizionale comunale

-

1,8

1,4

Totale

-

172,4

101

 

Nella Nota[160] di risposta alle osservazioni formulate nel corso dell’esame in prima lettura al Senato, il Governo ha precisato che ai fini della quantificazione il contributo medio non più deducibile alla luce della disposizione introdotta risulta di poco superiore ai 30 euro. Pertanto la valutazione di recupero di gettito appare improntata a un considerevole grado di prudenzialità, in considerazione del fatto che la norma introduce una franchigia alla deducibilità di 40 euro. In merito all’aliquota media, la Nota evidenzia che la stessa è quella risultante dal modello di microsimulazione.

 

 Al riguardo, in merito agli effetti ascritti alla norma con riferimento all’addizionale comunale e regionale, si segnala che, trattandosi di tributi attribuiti agli enti locali e territoriali, appare opportuno coordinare le disposizioni in esame con la disciplina in materia di federalismo fiscale.

 

ARTICOLO 4, commi 77-79

Riduzione delle spese di funzionamento di INPS ed INAIL e dei Monopoli di Stato

Le norme dispongono che l’INPS, l’INAIL e l’Amministrazione autonome dei Monopoli di Stato adottano ulteriori misure di razionalizzazione organizzativa, aggiuntive rispetto a quelle prevista dalla normativa vigente[161], volte a ridurre le proprie spese in misura pari, rispettivamente, a 18 milioni di euro annui per l’INAIL, a 72 milioni di euro annui per l’INPS e a 10 milioni di euro annui per i Monopoli di Stato, a decorrere dal 2013. Le somme derivanti dalle riduzioni di spesa sono versate entro il 30 giugno di ciascun anno ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato.

 

La relazione tecnica precisa che, con riferimento agli interventi di riorganizzazione dell’INPS e dell’INAIL, i risparmi previsti dal testo saranno conseguiti attraverso una riduzione del contributo che lo Stato eroga a tali enti per il funzionamento e il riversamento all’entrata del bilancio dello Stato delle relative somme.

La Nota tecnica trasmessa dal Governo alla Commissione Bilancio del Senato[162], dopo avere preliminarmente rinviato alle valutazione dei Ministeri vigilanti per la dimostrazione del carattere aggiuntivo dei risparmi previsti, anche in relazione alla verifica delle risorse degli enti riconducibili ad oneri inderogabili e dunque non comprimibili, ribadisce che la misura percentuale dell’incidenza dei tagli che verrebbero operati nel complesso sulle risorse degli enti previdenziali, al momento complessivamente inferiore al 15 per cento annuo a regime, appare in assoluto sostenibile, specie se confrontata con i corrispondenti ben più significativi tagli lineari operati con le recenti manovre di finanza pubblica sulle spese di funzionamento delle amministrazioni dello Stato.

La Nota riporta quindi il seguente prospetto con i dati di sintesi sulle spese di funzionamento degli Istituti in questione e i relativi effetti complessivi delle misure del provvedimento in esame sugli enti previdenziali e sull’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato:

 

 

La Nota tecnica, infine, precisa che le riduzioni delle spese di funzionamento in esame determinano effetti equivalenti su tutti i saldi di finanza pubblica, tenuto conto che, in generale, la disposizione potrebbe esplicare i propri effetti soprattutto in un contenimento della spesa per acquisto beni e servizi degli enti interessati, in linea con l’andamento già considerato in sede di definizione delle ultime manovre di finanza pubblica.

 

Al riguardo, pur prendendo atto delle precisazioni fornite dal Governo, appare opportuno acquisire conferma dal Governo che le ulteriori misure di riduzione delle spese di funzionamento degli enti in esame non pregiudichino la funzionalità operativa degli enti medesimi e non determinino di fatto il formarsi di debiti fuori bilancio da ripianare in esercizi successivi.

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

PROFILI DI COPERTURA FINANZIARIA

 


Profili di copertura finanziaria

 

 

ARTICOLO 2, comma 19, secondo e terzo periodo

Copertura finanziaria

 

Le norme dispongono che i benefici di cui al presente comma sono riconosciuti nel limite massimo di spesa di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 24, comma 27, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.

L’articolo 24, comma 27, del decreto-legge n. 201 del 2011 ha disposto l’istituzione, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di un Fondo per il finanziamento di interventi a favore dell'incremento in termini quantitativi e qualitativi dell'occupazione giovanile e delle donne, con una dotazione di 200 milioni di euro per l'anno 2012, di 300 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e di 240 milioni di euro per l’anno 2015. Con decreti del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono definiti i criteri e le modalità istitutive del predetto Fondo, le cui risorse sono allocate nel capitolo 2180 dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

 

 

Al riguardo, si osserva che le risorse del Fondo per il finanziamento di interventi a favore dell'incremento in termini quantitativi e qualitativi dell'occupazione giovanile e delle donne sono utilizzate oltre che per la copertura della disposizione in esame anche per la copertura degli oneri recati dall’articolo 2, commi 29, lettera b), 34 e 56, dall’articolo 3, comma 17, e dall’articolo 4, commi 24, lettera a), e 26;

Con riferimento all’utilizzo del Fondo complessivamente disposto dal provvedimento in esame, la relazione tecnica aggiornata trasmessa dal Governo afferma che il predetto Fondo reca le necessarie disponibilità e che dello stanziamento iniziale di 300 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e di 240 milioni di euro per l’anno 2015 residuano, al netto degli stessi utilizzi, 96 milioni di euro per l’anno 2013, 70 milioni di euro per l’anno 2014 e 10 milioni di euro per l’anno 2015 che possono essere destinati, per via amministrativa, ad interventi  a favore dei giovani e delle donne, come disposto dall’articolo 24, comma 27, del decreto-legge n. 201 del 2011.

A tale proposito appare opportuno che il Governo confermi che le risorse del Fondo stanziate dal predetto articolo 24, comma 27, del decreto-legge n. 201 del 2011 siano effettivamente disponibili.

 

ARTICOLO 2, comma 29, lettera b)

Copertura finanziaria

Le norme dispongono l’esenzione per talune categorie di lavoratori assunti a termine dal pagamento, a carico del datore di lavoro, del contributo addizionale previsto dal comma 28 dell’articolo 2 del presente provvedimento. Alle minori entrate derivanti dall’attuazione della presente disposizione, valutate in 7 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015, si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 24, comma 27, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.

 

Al riguardo, in merito all’utilizzo delle risorse del Fondo di cui all’articolo 24, comma 27, del decreto-legge n. 201 del 2011, si rimanda alle considerazioni svolte con riferimento all’articolo 2, comma 19, secondo e terzo periodo.

 

ARTICOLO 2, comma 34

Copertura finanziaria

Le norme dispongono l’esenzione - in particolari casi - dal pagamento, a carico del datore di lavoro, del contributo previsto dal comma 31 dell’articolo 2 del presente provvedimento. Alle minori entrate derivanti dall’attuazione della disposizione, valutate in 12 milioni di euro per il 2013 e in 38 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015, si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 24, comma 27, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.

 

Al riguardo, in merito all’utilizzo delle risorse del Fondo di cui all’articolo 24, comma 27, del decreto-legge n. 201 del 2011, si rimanda alle considerazioni svolte con riferimento all’articolo 2, comma 19, secondo e terzo periodo.

 

ARTICOLO 2, comma 56

Copertura finanziaria

Le norme dispongono l’integrazione delle risorse di cui al comma 51 dell’articolo 3 del presente provvedimento, per un importo di 60 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 24, comma 27, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.

 

Al riguardo, in merito all’utilizzo delle risorse del Fondo di cui all’articolo 24, comma 27, del decreto-legge n. 201 del 2011, si rimanda alle considerazioni svolte con riferimento all’articolo 2, comma 19, secondo e terzo periodo.

 

ARTICOLO 2, comma 63

 

Al riguardo, si segnala che le risorse relative al Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso sono iscritte nel capitolo n. 2341 dello stato di previsione relativo al Ministero dell’interno[163], mentre le risorse relative agli interventi in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata sono iscritte nei capitoli n. 2860, 2871 e 2313 dello stato di previsione relativo al medesimo Ministero.

 

ARTICOLO 2, comma 64

 

Al riguardo, si ricorda che le risorse relative al Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 185 del 2008 sono iscritte nel capitolo di conto capitale n. 7206 dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

 

 

ARTICOLO 3, comma 17, terzo periodo

Copertura finanziaria

Le norme dispongono il riconoscimento dell’indennità ASPI a particolari categorie di lavori nel limite delle risorse non superiore a 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 24, comma 27, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.

 

 

Al riguardo, in merito all’utilizzo delle risorse del Fondo di cui all’articolo 24, comma 27, del decreto-legge n. 201 del 2011, si rimanda alle considerazioni svolte con riferimento all’articolo 2, comma 19, secondo e terzo periodo.

 

ARTICOLO 4, commi 24, lettere a) e b), 25 e 26

Copertura finanziaria

Le norme alla lettera a) del comma 24, dispongono che all’onere derivante dalle disposizioni a sostegno della genitorialità, valutato in 78 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015, si provvede, quanto a 65 milioni di euro per ciascuno dei predetti anni mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 24, comma 27, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 e, quanto a 13 milioni di euro per ciascuno dei medesimi anni, ai sensi del successivo comma 69 dell’articolo 4.

La lettera b) del predetto comma 24 prevede che nei limiti delle risorse indicate nel successivo comma 26, è disciplinata la possibilità di corrispondere alla madre lavoratrice voucher per l’acquisto di servizi di baby-sitting o in alternativa di altri benefici.

I commi 25 e 26 dispongono che con decreto del Ministero del lavoro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, siano stabiliti i criteri di accesso alle misure di cui al comma 24  e, in particolare quelle alla lettera b) del medesimo comma, nonché la quota di risorse del Fondo di cui all’articolo 24, comma 27, del decreto-legge n. 201 del 2011, da destinare agli interventi di cui alla citata lettera b).

 

Al riguardo, si osserva che la relazione tecnica aggiornata quantifica in 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015, la quota del Fondo di cui all’articolo 24, comma 27, del decreto-legge n. 201 del 2011, da destinare, con decreto interministeriale, agli interventi in favore delle lavoratrici madri prevista dalla citata lettera b) del comma 24.

In merito all’utilizzo delle risorse del Fondo, si rimanda alle considerazioni svolte con riferimento all’articolo 2, comma 19, secondo e terzo periodo.

 

ARTICOLO 4, comma 29

Al riguardo, in considerazione del fatto che la disposizione fa riferimento ad un esercizio finanziario oramai concluso, appare opportuno che il Governo chiarisca se essa sia volta a consentire il perfezionamento di una procedura contabile già in corso. In ogni caso sarebbe opportuno che il Governo chiarisca in quali capitoli siano iscritte le risorse alle quali si fa riferimento.

 

ARTICOLO 4, comma 63, ultimo periodo

Copertura finanziaria del decreto legislativo di cui alla lettera e), comma 62, dell’articolo 4

Le norme dispone che il decreto legislativo volto ad attuare il criterio direttivo di cui al comma 62, lettera e) del presente articolo, può essere adottato solo dopo che la legge di stabilità relativa all’esercizio in corso al momento della sua adozione, avrà disposto risorse necessarie per far fronte agli oneri derivanti dal decreto legislativo stesso.

 

L’articolo 4, comma 62, prevede - tra i principi e i criteri direttivi nel rispetto dei quali devono essere adottati uno o più decreti legislativi finalizzati a favorire le forme di coinvolgimento dei lavoratori nelle imprese, attraverso la stipulazione di un contratto collettivo aziendale - alla lettera e) la previsione della partecipazione dei lavoratori dipendenti agli utili o al capitale delle imprese e della partecipazione dei lavoratori all’attuazione e al risultato dei piani industriali, con istituzione di forme di accesso dei rappresentanti sindacali alle informazioni sull’andamento dei piano medesimi.

 

Al riguardo, si osserva che la disposizione in esame, pur non richiamando espressamente l’articolo 17, comma 2, della legge di contabilità e finanza pubblica, appare configurare una fattispecie riconducibile a tale ultima norma, che con riferimento alla copertura finanziaria delle leggi di delega, dispone che qualora in sede di conferimento della stessa non sia possibile procedere alla determinazione degli effetti finanziari derivanti dai decreti legislativi, la quantificazione degli stessi è effettuata al momento dell’adozione dei singoli decreti legislativi e, qualora comportino nuovi o maggiori oneri, gli stessi siano emanati solo successivamente all’entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.

Dalla fattispecie in esame sembra soprattutto emergere la mancanza di risorse immediatamente disponibili dalla quale consegue la necessità di individuare nella legge di stabilità, il provvedimento legislativo demandato a predisporre le risorse necessarie per far fronte agli eventuali oneri derivanti dall’adozione del decreto legislativo attuativo della suddetta lettera e). A tale proposito, occorrerebbe valutare se la legge di stabilità possa essere considerata uno strumento legislativo idoneo allo scopo sopra indicato. Più in generale, andrebbe attentamente valutata l’opportunità di legiferare in assenza delle risorse disponibili ad attuare il precetto normativo.

 

ARTICOLO 4, commi 69-71

La norma dispone che all'onere derivante dall'attuazione della presente legge, valutato complessivamente in 1.719 milioni di euro per l'anno 2013, 2.921 milioni di euro per l'anno 2014, 2.501 milioni di euro per l'anno 2015, 2.482 milioni di euro per l'anno 2016, 2.038 milioni di euro per l'anno 2017, 2.142 milioni di euro per l'anno 2018, 2.148 milioni di euro per l'anno 2019, 2.195 milioni di euro per l'anno 2020 e 2.225 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021, si provvede:

 

          a) quanto a 1.138 milioni di euro per l'anno 2013, 2.014 milioni di euro per l'anno 2014 e 1.716 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2015, mediante utilizzo delle maggiori entrate e dei risparmi di spesa derivanti dai commi da 72 a 79;

 

          b) quanto a 581 milioni di euro per l'anno 2013, 907 milioni di euro per l'anno 2014, 785 milioni di euro per l'anno 2015, 766 milioni di euro per l'anno 2016, 322 milioni di euro per l'anno 2017, 426 milioni di euro per l'anno 2018, 432 milioni di euro per l'anno 2019, 479 milioni di euro per l'anno 2020 e 509 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021, mediante riduzione delle dotazioni finanziarie del programma di spesa «Regolazioni contabili, restituzioni e rimborsi di imposta» nell'ambito della missione «Politiche economico-finanziarie e di bilancio» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.

 

La disposizione prevede, inoltre, che ai sensi dell'articolo 17, comma 12, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, il Ministero dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio degli effetti finanziari derivanti dalle disposizioni introdotte dalla presente legge. Nel caso in cui si verifichino, o siano in procinto di verificarsi, scostamenti rispetto alle previsioni di cui al comma 69, fatta salva l'adozione dei provvedimenti di cui all'articolo 11, comma 3, lettera l), della citata legge n. 196 del 2009, il Ministro dell'economia e delle finanze provvede, a decorrere dall'anno 2013, con proprio decreto, alla riduzione lineare, nella misura necessaria alla copertura finanziaria, delle dotazioni finanziarie disponibili iscritte a legislazione vigente in termini di competenza e di cassa, nell'ambito delle spese rimodulabili di parte corrente delle missioni di spesa di ciascun Ministero, di cui all'articolo 21, comma 5, lettera b), della legge 31 dicembre 2009, n. 196. Sono esclusi gli stanziamenti relativi all'istituto della destinazione del cinque per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, gli stanziamenti relativi alle spese per la tutela dell'ordine e la sicurezza pubblica, nonché per il soccorso pubblico. Il Ministro dell'economia e delle finanze, ai fini delle successive riduzioni, è autorizzato ad accantonare e rendere indisponibili le predette somme. Le amministrazioni potranno proporre variazioni compensative, anche relative a missioni diverse, tra gli accantonamenti interessati, nel rispetto dell'invarianza sui saldi di finanza. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. 

 

Al riguardo, con riferimento alla modalità di copertura prevista dalla lettera b), si ricorda che, anche se già più volte utilizzata, la riduzione delle dotazioni finanziarie in via permanente appare suscettibile di irrigidire in maniera significativa il bilancio dello Stato. Con riferimento alla formulazione della disposizione, si segnala che la norma non fa esplicito riferimento alla natura rimodulabile o meno delle dotazioni oggetto di riduzione. A tale proposito, si rileva che da una analisi del bilancio la quasi totalità delle risorse iscritte nel programma del quale è previsto l’utilizzo sono di natura non rimodulabile. Si segnala inoltre che il programma reca risorse quasi esclusivamente riconducibili a capitoli di parte corrente e, pertanto, non si ravvisa la possibilità di incorrere in una dequalificazione della spesa qualora gli oneri alla cui copertura la disposizione provvede presentino natura di parte corrente.

Sempre con riferimento alla formulazione della clausola di copertura, si segnala che l’autorizzazione di spesa prevista dall’alinea del comma 69 non indica espressamente quali siano le disposizioni onerose del provvedimento per le quali di dispone la copertura medesima, secondo quanto richiesto dall’articolo 17, comma 1, della legge n. 196 del 2009. Si rileva, peraltro, che il riferimento all’onere derivante “dalla presente legge” non sembra tenere conto del  fatto che nel provvedimento esistono disposizioni dotate di una autonoma copertura finanziaria

Infine, con riferimento alla clausola di salvaguardia di cui al comma 70, si segnala che:

- anche se la disposizione ricalca la formulazione di una clausola di copertura finanziaria prevista in un recente provvedimento[164], non appare chiaro con quali provvedimenti le amministrazioni potranno proporre variazioni compensative. Al riguardo appare opportuno un chiarimento da parte del Governo, anche al fine di verificare le modalità con le quali le Commissioni parlamentari competenti potranno essere informate delle suddette variazioni;

- la clausola è riferita agli oneri di cui al comma 69 dell’articolo 4, ma nel provvedimento vi sono altre disposizioni recanti autorizzazioni di spesa formulate in termini di previsioni di spesa (articolo 2, commi 29, lettera b), e 34, articolo 4, comma 24, lettera a)) non corredate da una specifica clausola di salvaguardia, come previsto dalla vigente legge di contabilità. Al riguardo, appare opportuno che il Governo chiarisca se la clausola di salvaguardia di cui al comma 70 debba intendersi riferita anche a tali ultimi articoli.

 

 



[1] Articolo 2, commi da 1 a 50, da 58 a 63 e 69, 71, 72.

[2] Articolo 2, commi da 51 a 56 e comma 69.

[3] Articolo 2, commi da 64 a 67.

[4] Articolo 3, commi da 1 a 47.

[5] Articolo 4, commi da 1 a 7.

[6] Articolo 2, comma 57.

[7] Articolo 1, commi da 14 a 19, e articolo 4, commi da 8 a 15.

[8] Articolo 4, commi da 24 a 26.

[9] Articolo 4, commi da 69 a 79.

[10] In collaborazione con altre Istituzioni competenti e le parti sociali.

[11] La norma prevede, in particolare, che il summenzionato sistema sia basato sui dati forniti dall’ISTAT e dagli altri soggetti del Sistema statistico nazionale (Sistan).

[12] I dati contenuti nelle banche dati comprendono quelli riferiti gli ammortizzatori sociali e alle politiche attive e di attivazione ricevute ed eventuali altre informazioni utili ai fini dell’analisi di impatto e monitoraggio.

[13] Di cui all’articolo 1, comma 2, del D.lgs. n. 165/2001.

[14] Capo I, titolo II, del libro V del codice civile.

[15] Ai sensi dell’articolo 1 del D.lgs. C.P.S. 17 luglio 1947, n. 691.

[16] Ai sensi dalle leggi 4 giugno 1985, n. 281.

[17] Ai sensi della legge 10 ottobre 1990, n. 287.

[18] Di cui al D.lgs. n. 368/2001, recante attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP e dal CES.

[19] Purché esso sia di durata non superiore a dodici  mesi.

[20] In base alla normativa vigente, tale trasformazione opera dopo il ventesimo giorno ovvero, nei contratti di durata pari o superiore a sei mesi, dopo il trentesimo giorno. La modifica prevede che la trasformazione operi, rispettivamente, dopo il trentesimo e dopo il cinquantesimo giorno.

[21] Tale effetto si verifica entro 60 giorni (10 giorni a normativa vigente) o 90 (20 giorni a normativa vigente) dalla scadenza del precedente contratto a termine, rispettivamente se il primo contratto è stato di durata inferiore a 6 mesi ovvero superiore. La norma, come modificata al Senato, prevede che i predetti termini possano essere ridotti, in sede di contrattazione collettiva, rispettivamente, fino a venti giorni e a trenta giorni nei casi in cui l’assunzione a termine avvenga nell’ambito di un processo organizzativo determinato, dall’avvio di una nuova attività, dal lancio di un prodotto o di un servizio innovativo, dall’implementazione di un rilevante cambiamento tecnologico, dalla fase supplementare di un significativo progetto di ricerca e sviluppo o dal rinnovo o dalla proroga di una commessa consistente.

[22] Anche extragiudiziale.

[23] O per la comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato.

[24] Il primo termine è elevato da 60 a 120 giorni (decorrenti dalla cessazione del contratto), mentre il secondo termine è ridotto da 270 a 180 giorni (decorrenti dalla precedente impugnazione). I nuovi termini si applicano con riferimento alle cessazioni di contratti a tempo determinato verificatesi a decorrere dal 1° gennaio 2013.

[25] Nel periodo di interruzione del rapporto medesimo.

[26] La norma dispone che i contratti di inserimento continuano ad avere efficacia, secondo la disciplina vigente prima dell'entrata in vigore della presente legge, con esclusivo riferimento alle assunzioni effettuate entro il 31 dicembre 2012.

[27] Di cui al D.lgs. n. 167/2011 (Testo unico dell’apprendistato)

[28] La norma dispone che è` in ogni caso esclusa la possibilità di assumere in somministrazione apprendisti con contratto di somministrazione a tempo determinato. Il datore di lavoro che non abbia alle proprie dipendenze lavoratori qualificati o specializzati, o che comunque ne abbia in numero inferiore a 3, può` assumere apprendisti in numero non superiore a 3. La norma precisa che continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti (art. 4, della legge . 443/1985) in materia di limiti dimensionali  delle imprese artigiane.

[29] Dal computo della percentuale sono esclusi i rapporti cessati per recesso durante il periodo di prova, per dimissioni o per licenziamento per giusta causa

[30] La norma modifica ed integra l’art. 3, del D.lgs. n. 61/2000 (Attuazione della direttiva 97/81/CE relativa all'accordo-quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES).

[31] Di cui agli artt. 34 e 35 del D.lgs. n. 276/2003 (Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge n. 30/2003).

[32] Istituto introdotto dal D.lgs. n. 273/2006.

[33] La norma prevede, inoltre, che i contratti di lavoro intermittente già sottoscritti alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, che non siano compatibili con le novelle disposte, cessino di produrre effetti decorsi 12 mesi dalla medesima data di entrata in vigore.

[34] In assenza di contrattazione collettiva specifica, la norma prevede, altresì, che il compenso non possa essere inferiore alle retribuzioni minime previste dai contratti collettivi nazionali di categoria applicati nel settore di riferimento alle figure professionali il cui profilo di competenza e di esperienza sia analogo a quello del collaboratore a progetto.

[35] Siffatta presunzione, che determina l’integrale applicazione della disciplina relativa alla collaborazione coordinata e continuativa, si applica ai rapporti instaurati successivamente alla data di entrata in vigore della medesima disposizione. Per i rapporti in corso a tale data le predette disposizioni si applicano decorsi 12 mesi dalla data di entrata in vigore della disposizione. La norma, inoltre, come modificata al Senato, prevede che tale presunzione non operi qualora la prestazione lavorativa sia connotata da competenze teoriche di grado elevato acquisite attraverso significativi percorsi formativi, o da capacità tecnico-pratiche acquisite attraverso rilevanti esperienze maturate nell’esercizio concreto di attività, ovvero sia svolta da soggetto titolare di un reddito annuo da lavoro autonomo non inferiore a 1,25 volte il livello minimo imponibile ai fini del versamento dei contributi. La presunzione non opera altresì con riferimento alle prestazioni lavorative svolte nell’esercizio di attività professionali per le quali l’ordinamento richiede l’iscrizione ad un ordine  professionale, ovvero ad appositi registri, albi, ruoli o elenchi professionali qualificati.

[36] Di cui all’art. 2549 del codice civile.

[37] Indipendentemente dal numero degli associanti, con l’unica eccezione in cui gli associati siano legati da rapporto coniugale, di parentela entro il terzo grado o di affinità entro il secondo.

[38] Ovvero senza consegna del rendiconto previsto dall’articolo 2552 del codice civile.

[39] Di cui al D.lgs. n. 263/2003.

[40] Fermo restando il limite complessivo di 5.000 euro nel corso di un. anno solare, nei confronti dei committenti imprenditori commerciali o professionisti, le summenzionate attività lavorative possono essere svolte a favore di ciascun singolo committente per compensi non superiori a 2.000 euro.

[41] Da concludere nell’ambito della Conferenza permanente entro 180 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento in esame.

[42] Quest'ultimo viene fissato dal giudice stabilendo un’indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione e al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali per il medesimo periodo. Il risarcimento non può essere inferiore a 5 mensilità di retribuzione globale di fatto (art. 18, comma 4). Fermo restando il diritto al risarcimento del danno quantificato come sopra, al prestatore di lavoro è riconosciuta la facoltà di chiedere, in luogo della reintegrazione, un’indennità pari a 15 mensilità di retribuzione globale di fatto (art. 18, comma 5, della legge n. 300/1970).

[43] L’art. 2119 c.c. definisce come giusta causa quella che 2non consente la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto2 e specifica che non costituisce giusta causa il fallimento dell'imprenditore o la liquidazione coatta amministrativa dell’azienda. Il giustificato motivo è costituito “da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali” del dipendente ovvero “da ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa” (art. 3 della legge n. 604/1966).

[44] Art. 2, comma 2, della legge n. 604/1966.

[45] All’art. 6, comma 2, della legge n. 604/1966.

[46] La norma richiamata fa riferimento ad un numero superiore a quindici prestatori di lavoro ( cinque se trattasi di imprenditore agricolo).

[47] Di cui all’art. 410 del codice civile.

[48] Di cui all’art. 4, comma 1, lett. a) e b) del D.lgs. n. 276/2003.

[49] Pertanto, anche nel caso di datori di lavoro che occupino, come previsto dall’ordinamento vigente, meno di 15 dipendenti.

[50] O oltre i 5 se si tratta di imprenditore agricolo.

[51] Ovvero a fatto che rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti o dei codici disciplinari.

[52] Per quanto concerne l’indennità, rispetto alla normativa vigente viene quindi fissato un tetto massimo e, allo stesso tempo, soppresso il limite minimo di 5 mensilità. Con riferimento all’obbligo, a carico del datore, di versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali per il periodo intercorrente tra il licenziamento e l’effettiva reintegrazione, viene disposto (diversamente da quanto previsto dalla normativa vigente) che nelle somme dovute non siano computati i contributi accreditati in favore del lavoratore in conseguenza di eventuali altre attività lavorative.

[53] In relazione all’anzianità del lavoratore, tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell’attività economica, del comportamento e delle condizioni delle parti, con onere di specifica motivazione a tale riguardo.

[54] C.d. licenziamento per motivi economici.

[55] Di cui all’art. 2, secondo comma, della legge n. 604/1966

[56] Di cui all’art. 7 della legge n. 300/1970.

[57] Di cui all’art. 7 della legge n. 604/1966.

[58] Ai fini della determinazione in concreto dell’indennità il giudice deve tenere conto della gravità della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro, e motivare in modo specifico al riguardo.

[59] Comprese le norme in tema di instaurazione di un rapporto di lavoro, esercizio dei poteri datoriali, trasferimento di azienda e recesso.

[60] L’articolo 125 del codice di procedura civile disciplina in generale il contenuto e la sottoscrizione degli atti di parte.

[61] L’articolo 414 del codice di procedura civile regola la forma della domanda nel rito del lavoro.

[62] O dalla comunicazione se anteriore.

[63] L’articolo 416 del codice di procedura civile disciplina la costituzione del convenuto nel rito del lavoro.

[64] O dalla notificazione se anteriore.

[65] O dalla notificazione se anteriore.

[66] Cfr. Resoconto 5^ Commissione del Senato – nn. 688 e 689, rispettivamente del 26 aprile e del 2 maggio 2012.

[67] La norma non innova la normativa vigente con riferimento ai requisiti per beneficiare del sussidio.

[68] La norma, inoltre, prevede che all’importo del trattamento non si applichi il prelievo contributivo, pari a quello applicato per la retribuzione degli apprendisti, previsto dall’articolo 26 della legge n. 41/1986.

[69] La norma prevede anche la possibilità della corresponsione dell’indennità in esame, per un importo ridotto, anche nel caso di svolgimento di attività lavorativa in forma autonoma.

[70] Articolo 24, comma 27, del decreto-legge n. 201/2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214/2011.

[71] Anche per la miniASpI la norma prevede la possibilità di sospensione della corresponsione nel caso di nuova occupazione con contratto di lavoro subordinato.

[72] Pertanto, gli effetti dell’introduzione del nuovo istituto devono essere calcolati con riferimento alla normativa relativa all’indennità di disoccupazione ed alla normativa relativa all’indennità di mobilità.

[73] Si ricorda che l’ammontare del trattamento di DS è calcolato in percentuale della retribuzione percepita nei tre mesi precedenti la cessazione dal lavoro mentre, per il calcolo dell’ASpI, la retribuzione di riferimento è divisa in due scaglioni, al di sopra e al di sotto di un limite rivalutato annualmente, a cui si applicano misure percentuali diverse.

[74] La durata massima legale del’ASpI è 12 mesi per i lavoratori fino a 55 anni e 18 mesi per i lavoratori con più di 55 anni.

[75] La relazione tecnica precisa che tale effetto è stato in parte già sperimentato anche in seguito degli incrementi più contenuti dei trattamenti riconosciuti in passato.

[76] Attualmente, l’indennità è pari al 35 per cento della retribuzione di riferimento, per i primi 120 giorni, ed al 40 per cento per i successivi fino a un massimo di 180.

[77] Tale contributo è pari all’1,31 per cento della retribuzione imponibile ai fini previdenziali.

[78] Tale contributo addizionale non si applica ai lavoratori assunti a termine in sostituzione di lavoratori assenti o per per attività stagionali, agli apprendisti ed ai lavoratori dipendenti dalle pubbliche amministrazioni.

[79] Tale contributo non è dovuto, fino al 31 dicembre 2016, nei casi in cui sia dovuto il contributo previsto dall’articolo 5, comma 4, della legge n. 223/1991, in caso di messa in mobilità del lavoratore.

[80] Tale norma prevede l’esonero del datore di lavoro dal versamento del contributo relativo all’ANF per lo 0,8 per cento.

[81] Tale norma prevede la riduzione dei contributi sociali a carico del datore di lavoro in misura pari all’1 per cento.

[82] Ai sensi dell’articolo 25 della legge n. 845/1978.

[83] Il comma 4 di tale articolo prevede il versamento da parte del datore di lavoro, per ciascun lavoratore posto in mobilità, in trenta rate mensili, di una somma pari a sei volte il trattamento mensile iniziale di mobilità spettante al lavoratore. Tale somma è ridotta alla metà quando la dichiarazione di eccedenza del personale abbia formato oggetto di accordo sindacale.

[84] Articoli 8 e 25 della legge n. 223/1991.

[85] La relazione tecnica precisa che si tratta di dati relativi alle tipologie contrattuali di ulteriori lavoratori stagionali interessati dalla modifica in esame.

[86] Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 43/2005.

[87] Tale fondo è stato istituito presso l’INPS dall’articolo 1-ter del decreto-legge n. 249/2004 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 291/2004.

[88] Si ricorda che il Fondo è alimentato anche da un contributo sulle retribuzioni a carico dei datori di lavoro di tutto il settore del trasporto aereo pari allo 0,375 per cento e da un contributo a carico dei lavoratori pari allo 0,125 per cento. Il fondo è inoltre alimentato da contributi del sistema aeroportuale che gli operatori stessi converranno direttamente tra di loro per garantire la piena operatività del fondo e la stabilità del sistema stesso.

[89] Si tratta delle risorse che l’articolo 19, comma 1, del decreto-legge n. 185/2008 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2/2009) destina annualmente al finanziamento anno per anno di alcuni istituti di tutela del reddito in caso di sospensione dal lavoro, ivi includendo il riconoscimento della contribuzione figurativa e degli assegni al nucleo familiare. Tra tali istituti è compresa anche un’indennità da corrispondere ai lavoratori parasubordinati in possesso di determinati requisiti e che si trovino in stato di disoccupazione.

[90] Sulla base di tale meccanismo, se il numero dei mesi accreditati è inferiore a quello dei mesi non lavorati, l’indennità si calcola moltiplicando i mesi accreditati per il 5% del massimale annuo del reddito dei lavoratori autonomi per il numero dei mesi non coperti da contribuzione. Se, viceversa, in numero dei mesi coperti da contribuzione è maggiore del numero dei mesi lavorati, l’indennità si calcola moltiplicando il numero dei mesi lavorati per il 5% del massimale anno di reddito dei lavoratori autonomi.

[91] Il successivo comma 55 provvede all’abrogazione dal 1° gennaio 2013 delle lettere a). b) e c) del comma 1 dell’articolo 19 del decreto-legge n. 185/2008, recanti le ragioni di spesa delle risorse ora utilizzate dalle disposizioni in esame.

[92] La norma prevede, infine, il monitoraggio, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del provvedimento in esame, con la finalità di verificare anche se la portata effettiva dell’onere corrisponde alle previsioni iniziali.

[93] Pertanto, la progressione sarà la seguente: 27 per cento nel 2012, 28 per cento nel 2013, 29 per cento nel 2014, 30 per cento nel 2015, 31 per cento nel 2016, 32 per cento nel 2017 e 33 per cento a decorrere dal 2018.

[94] Per tali soggetti, pertanto, la progressione dell’aliquota in esame sarà la seguente: 18 per cento nel 2012, 19 per cento nel 2013, 20 per cento nel 2014, 21 per cento nel 2015, 22 per cento nel 2016, 23 per cento nel 2017 e 24 per cento a decorrere dal 2018.

[95] Si segnala che l’aumento contributivo genera un miglioramento dell’importo della pensione liquidata.

[96] Si fa riferimento, ad esempio, alla relazione tecnica allegata all’emendamento 6.55 presentato al decreto-legge n. 216/2011, recante proroghe di termini per il 2012 (A.C. 4865-A/R) e, per la XV legislatura, la relazione tecnica all’A.C. 3178 (Protocollo Welfare).

[97] La norma fa riferimento agli articoli del codice penale 270-bis, 280, 289-bis, 416-bis, 416-ter e 422.

[98] Articolo 1 della legge n. 512/1999.

[99] Legge n. 206/2004.

[100] Il successivo comma 67 prevede che ai soggetti interessati l’applicazione delle disposizioni in esame subordinata al conseguimento di una anzianità lavorativa presso l'impresa di almeno novanta giorni alla data della richiesta del trattamento (articolo 8, comma 3, del decreto-legge n. 86/1988). Si prevede, inoltre, l’applicazione dell’articolo 16, comma 1, della legge n. 223/1991 che prevede, che nel caso di disoccupazione derivante da licenziamento per riduzione di personale da parte delle imprese, diverse da quelle edili, rientranti nel campo di applicazione della disciplina dell'intervento straordinario di integrazione salariale, il lavoratore, operaio, impiegato o quadro, qualora possa far valere una anzianità aziendale di almeno dodici mesi, di cui almeno sei di lavoro effettivamente prestato, ivi compresi i periodi di sospensione del lavoro derivanti da ferie, festività e infortuni, con un rapporto di lavoro a carattere continuativo e comunque non a termine, ha diritto alla indennità di mobilità.

[101] La norma, infatti, appare volta a rendere strutturale, almeno per il periodo considerato, i provvedimenti di concessione di ammortizzatori sociali in deroga fino ad oggi autorizzati anno per anno, con legge finanziaria prima e con la legge di stabilità poi.

[102] Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214/2011.

[103] Si tratta di un contributo addizionale finalizzato all'erogazione delle pensioni ai superstiti di iscritti alla gestione INPS dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni, deceduti antecedentemente al 2 maggio 1969.

[104] La relazione tecnica precisa che si tratta di circa il 3-4% dei complessivi iscritti alla gestione pensionistica.

[105] Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2/2009.

[106] Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 160/1988.

[107] Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 1155/1936.

[108] Articolo 40 del regio decreto-legge n. 1827/1935.

[109] Articolo 5, commi 4, 5 e 6.

[110] Articoli 6, 7, 8, 9, 16, commi 1, 2 e 3, e articolo 25, comma 9.

[111] Articolo 10, comma 2.

[112] Articolo 16, commi 1, 2 e 3.

[113] Articolo 3, commi 3 e 4, del decreto legge n. 299/1994 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 451/1994) e articoli da 9 a 19 della legge n. 427/1975.

[114] Articolo 3 della legge n. 223/1991.

[115] In particolare, la normativa vigente prevede il versamento di un contributo dello 0,9 per cento.

[116] Dalla relazione tecnica sembra evincersi che gli interventi finora adottati di integrazione salariale vera e propria sono stati finanziati mediante il versamento del contributo dello 0,9 per cento, contestualmente esteso dalla disposizione in esame. Invece, al termine del periodo di integrazione salariale, il pagamento dell’indennità di mobilità è stato finanziato nell’ambito delle risorse complessivamente finalizzate all’intervento (45 milioni di euro), compresa la contribuzione figurativa.

[117] L’indennità è erogata per un numero di giornate di mancato avviamento al lavoro pari alla differenza tra il numero massimo di ventisei giornate mensili erogabili e il numero delle giornate effettivamente lavorate in ciascun mese, incrementato dal numero delle giornate di ferie, malattia, infortunio, permesso e indisponibilità.

[118] Tale norma prevede l’imposizione di un contributo, pari a 0,6 punti percentuali e a 0,3 punti percentuali della retribuzione, rispettivamente a carico dei datori di lavoro e dei lavoratori interessati.

[119] L’ultima proroga è stata disposta dall’articolo 33, comma 23, della legge n. 183/2011.

[120] Per i perseguimento di tali ulteriori finalità, i commi 4-13 prevedono la possibilità di istituire fondi bilaterali anche nei settori e per classi di ampiezza già coperti dalla disciplina in materia di integrazioni salariali e, per le imprese nei confronti delle quali trova applicazione la disciplina in materia di mobilità (articolo 4 e seguenti della legge n. 223/1991), la norma prevede la possibilità che il fondo di solidarietà sia finanziato, a decorrere dal 1° gennaio 2017 (data dalla quale tale disciplina non sarà più applicabile), con la medesima aliquota contributiva dello 0,30 per cento delle retribuzioni imponibili ai fini previdenziali relativa alla mobilità.

[121] Le norme fanno riferimento, in particolare, ai fondi istituiti sulla base di accordi in attuazione dell’articolo 2, comma 28, della legge n. 662/1996 ed alimentati da un contributo pari allo 0,5 per cento della retribuzione (commi 42-43); al fondo speciale per il sostegno del reddito e dell'occupazione e della riconversione e riqualificazione professionale del personale del settore del trasporto aereo, istituito ai sensi dell’articolo 1-ter del decreto-legge n. 249/2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 291/2004 (comma 44); nonché al fondo bilaterale per il personale delle ferrovie dello Stato, istituito sulla base dell’articolo 59, comma 6, della legge n. 449/1997, al fine di favorire la riorganizzazione ed il risanamento della Società Ferrovie dello Stato S.p.A. in considerazione del processo di ristrutturazione e sviluppo del sistema di trasporto ferroviario (comma 45).

[122] Vedi il comma 32, lettera b).

[123] La relazione tecnica, a questo proposito, precisa che la spesa in esame è aggiuntiva rispetto a quanto quantificato dalla relazione tecnica medesima in merito alla revisione degli istituti di ammortizzatori sociali per disoccupazione.

[124] Trasmessa il 19 aprile 2012.

[125] In particolare, la nota precisa che per alcune tipologie di prestazioni (per esempio, quelle attualmente a carico dei Fondi del settore credito) l’imposizione fiscale è in misura significativa.

[126] Si tratta delle disposizioni recanti i requisiti per accedere all’ASPI.

[127] Tali disposizioni non si applicano ai lavoratori dipendenti da aziende destinatarie di trattamenti di integrazione salariale, nonché nei casi di contratti di lavoro a tempo indeterminato con previsione di sospensioni lavorative programmate e di contratti di lavoro a tempo parziale verticale.

[128] Articolo 24, comma 27, del decreto-legge n. 201/2011.

[129] Si segnala che l’incremento della dotazione iniziale di 10 milioni di euro è stato disposto dall’articolo 13, comma 20, del decreto-legge n. 201/2011.

[130] A tali risorse si aggiungono quelle derivanti da talune sanzioni pecuniarie.

[131] La normativa attualmente vigente prevede, tra le cause per la richiesta di sospensione del mutuo, anche la morte o l’insorgenza di handicap grave di uno dei familiari, se percettore di almeno il 30 per cento del reddito del nucleo familiare; il pagamento di spese mediche o di assistenza domiciliare; spese di manutenzione straordinaria dell’immobile oggetto del mutuo e aumento della rata del mutuo.

[132] Le aree geografiche ad alta disoccupazione femminile e quelle con riferimento alle quali trovano applicazione gli incentivi economici (agevolazioni contributive) di cui all'articolo 59, comma 3, sono individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze da adottare entro il 31 dicembre di ogni anno, con riferimento all'anno successivo

[133] E’ prevista in particolare, a seconda dei casi, un’aliquota contributiva agevolata del 10% o una riduzione dell’aliquota ordinaria nella misura compresa da un minimo del 25% fino ad un massimo del 50% (articolo 8, legge n. 407/1990).

[134] Cfr. supra.

[135] Si tratta del regolamento che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato comune in applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato.

[136] Si ricorda che il provvedimento in esame prevede la soppressione dell’istituto della mobilità a decorrere dal 2012.

[137] La relazione tecnica precisa inoltre che, in via prudenziale, nel periodo decennale di previsione,  è stata computata, oltre alle minori entrate sopra rappresentate, una riduzione delle entrate conseguibili dagli incrementi dell’aliquota contributiva per i lavoratori parasubordinati per effetto anche di maggiore attrazione, in via transitoria, verso tipologie contrattuali a più basso costo del lavoro.

[138] La nota della RGS del 19 aprile 2012 ha precisato che con riferimento la periodo 2013-2016 la quantificazione delle minori entrate è inferiore alla valutazione a regime in quanto dal 2017 si tiene conto dell’effetto di interazione con la soppressione degli incentivi per l’assunzione di lavoratori dalle liste di mobilità (a seguito del non più operare delle predette liste) e, pertanto del parziale travaso di tali lavoratori (ove sussistano le condizioni) verso i nuovi incentivi previsti dalla disposizione in esame.

 

[139] Convertito con modificazioni dalla legge n. 214 del 2011.

[140] Si stratta del diritto riconosciuto alla madre lavoratrice, al termine del periodo di congedo di maternità, di astenersi dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi nei primi otto anni di vita del bambino.

[141] Si ricorda che sul saldo di indebitamento netto, l’effetto della contribuzione figurativa si verifica al momento della liquidazione del trattamento pensionistico e la sua incidenza media sull’onere complessivo è pari a circa il 40 per cento (cfr. Relazione tecnica all’articolo 2, commi 64 e 67).

[142] Si ricorda che la norma, nella sua versione originaria, prevedeva l’obbligatorietà dell’astensione dal lavoro per tre giorni a differenza dell’attuale testo che prevede l’obbligo di astensione per un solo giorno e la facoltà di concordare con la madre ulteriori due giorni di astensione.

[143] Convertito con modificazioni dalla legge n. 214 del 2011.

[144] Di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236.

[145] Lo straniero deve dimostrare la disponibilità di un reddito minimo annuo derivante da fonti lecite non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale aumentato della metà dell'importo dell'assegno sociale per ogni familiare da ricongiungere. Per il ricongiungimento di due o più figli di età inferiore agli anni quattordici ovvero per il ricongiungimento di due o più familiari dei titolari dello status di protezione sussidiaria è richiesto, in ogni caso, un reddito non inferiore al doppio dell'importo annuo dell'assegno sociale. Ai fini della determinazione del reddito si tiene conto anche del reddito annuo complessivo dei familiari conviventi con il richiedente

[146] D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, “Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla L. 14 febbraio 2003, n. 30”.

[147] Di cui all'articolo 1, comma 2, lettera g) del decreto legislativo n. 181/2000.

[148] Si tratta in particolare del colloquio di orientamento entro tre mesi dall'inizio dello stato di disoccupazione e della proposta di adesione ad iniziative di inserimento lavorativo o di formazione o di riqualificazione professionale od altra misura che favorisca l'integrazione professionale.

[149] La Borsa nazionale del lavoro è un sistema informativo accessibile tramite internet, che ha il compito di favorire l'incontro tra domanda e offerta di lavoro. E' quindi uno strumento fondamentale dei servizi per l'impiego e delle politiche attive per l'occupazione. La Borsa è basata su una rete di nodi regionali, collegati tra loro nell'ambito di un portale nazionale, gestito dal Ministero del lavoro (articolo 15 del decreto legislativo 276 del 2003).

[150] L’emendamento 64.100 del Governo ha soppresso la norma che prevedeva l’eliminazione dell'esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria (tickets) in favore dei disoccupati e dei loro familiari a carico. Si ricorda che la relazione tecnica al disegno di legge originario non ascriveva alla norma effetti di risparmio.

[151] Convertito con modificazioni dalla legge n. 291 del 2004.

[152] Convertito con modificazioni dalla legge n. 2 del 2009.

[153] Nota tecnica del Dipartimento delle finanze del 19 aprile 2012, trasmessa dalla RGS in data 20 aprile 2012.

[154] D.P.R. n. 917/1986.

[155] Nota tecnica del Dipartimento delle finanze del 19 aprile 2012, trasmessa dalla RGS in data 20 aprile 2012.

[156] Trattasi di soggetti la cui aliquota marginale effettiva IRPEF è inferiore al 21-22%.

[157] Nota tecnica del Dipartimento delle finanze del 19 aprile 2012, trasmessa dalla RGS in data 20 aprile 2012.

[158] Dal bilancio preventivo INPS per l’esercizio 2012 le entrate del Fondo speciale per il sostegno del reddito del personale del trasporto aereo provenienti dall’addizionale comunale sui diritti di imbarco sono valutate in 180,5 milioni di euro (riferite e tre euro di incremento).

[159] Così come disciplinato dall’articolo 10, comma 1, lettere e) del TUIR.

[160] Nota tecnica del Dipartimento delle finanze del 19 aprile 2012, trasmessa dalla RGS in data 20 aprile 2012.

[161] L’articolo 4, comma 66, della legge n. 183/2011 prevede che l’INPS, l’INPDAP e l’INAIL adottino misure di razionalizzazione organizzativa volte alla complessiva riduzione delle spese di 60 milioni di euro per l'anno 2012, 10 milioni di euro per l'anno 2013 e 16,5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2014. L’articolo 21, commi 1-9, del decreto-legge n. 201/2011 prevede la soppressione dell’INPDAP e il suo accorpamento nell’INPS e dispone che da tale operazione risultino risparmi di spesa pari, almeno, a 20 milioni di euro nel 2012, 50 milioni di euro per l'anno 2013 e 100 milioni di euro a decorrere dal 2014. Infine, l’articolo 4, comma 38, della citata legge n. 183/2011 prevede che l'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, nell'ambito della propria autonomia, adotta misure di razionalizzazione organizzativa volte a ridurre le proprie spese di funzionamento, con esclusione delle spese di natura obbligatoria e del personale, in misura non inferiore ad euro 50 milioni a decorrere dal 2012.

[162] La nota è datata 19 aprile 2012.

[163] Nei precedenti bilanci era presente anche il capitolo 2384, soppresso nel bilancio 2012-2014.

[164] Si veda l’articolo 13, comma 1-quinquies, del decreto-legge n. 16 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 aprile 2012, n. 44.