Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Bilancio dello Stato
Altri Autori: Servizio Commissioni
Titolo: (AC 5025) - DL 1/2012 - Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività (A.S. 3110)
Riferimenti:
AC N. 5025/XVI     
Serie: Note di verifica    Numero: 386
Data: 14/03/2012
Descrittori:
CONCORRENZA   DECRETO LEGGE 2012 0001
OPERE PUBBLICHE   POLITICA ECONOMICA
Organi della Camera: VI-Finanze
X-Attività produttive, commercio e turismo

 


Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

 

 

 

 

 

Verifica delle quantificazioni

 

 

 

A.C. 5025

 

Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività

 

 

(Conversione in legge del DL  1/2012

Approvato dal Senato – A.S. 3110)

 

 

 

 

 

N. 386 – 14 marzo 2012

 

 


 

La verifica delle relazioni tecniche che corredano i provvedimenti all'esame della Camera e degli effetti finanziari dei provvedimenti privi di relazione tecnica è curata dal Servizio Bilancio dello Stato.

La verifica delle disposizioni di copertura, evidenziata da apposita cornice, è curata dalla Segreteria della V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione).

L’analisi è svolta a fini istruttori, a supporto delle valutazioni proprie degli organi parlamentari, ed ha lo scopo di segnalare ai deputati, ove ne ricorrano i presupposti, la necessità di acquisire chiarimenti ovvero ulteriori dati e informazioni in merito a specifici aspetti dei testi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SERVIZIO BILANCIO DELLO STATO – Servizio Responsabile

( 066760-2174 / 066760-9455 – * bs_segreteria@camera.it

 

SERVIZIO COMMISSIONI – Segreteria della V Commissione

( 066760-3545 / 066760-3685 – * com_bilancio@camera.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Estremi del provvedimento

 

 

A.C.

 

5025

Titolo breve:

 

DL 1/2012: Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività

Iniziativa:

 

 

 

 

Commissioni di merito:

 

Commissioni riunite VI e X

 

Relatori per le

Commissione di merito:

 

On. Cosimo Ventucci (PdL) per la VI Commissione

On. Manuela Dal Lago (LNP) per la X Commissione

 

Relazione tecnica:

 

 

 

 

 

 

 

 

Parere richiesto

 

 

Destinatario:

 

Commissioni riunite VI e X

 

Oggetto:

 

 

 

 


 


INDICE

ARTICOLO 1. 1

Liberalizzazione delle attività economiche e riduzione degli oneri amministrativi1

ARTICOLO 2 commi da 1 a 4 e comma 6. 4

Tribunale delle imprese.. 4

ARTICOLO 2 comma 5. 7

Risorse destinate ad assunzioni di magistrati ed avvocati dello Stato.. 7

ARTICOLO 3. 8

Accesso dei giovani alla costituzione di società a responsabilità limitata.. 8

ARTICOLO 4. 11

Tutela e promozione della concorrenza nelle regioni e negli enti locali11

ARTICOLO 5. 12

Tutela amministrativa contro le clausole vessatorie.. 12

ARTICOLO 5-bis. 14

Finanziamento dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato.. 14

ARTICOLO 5-ter.. 20

Segnalazione normativa al Parlamento da parte dell’Antitrust e rating di legalità.20

ARTICOLO 6. 21

Azione di classe a tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti21

ARTICOLO 7. 22

Tutela delle microimprese.. 22

ARTICOLO 8. 23

Contenuto delle carte di servizio.. 23

ARTICOLO 9. 24

Disposizioni sulle professioni regolamentate.. 24

ARTICOLO 10. 25

Patrimonio dei Confidi25

ARTICOLO 11, commi 1-11. 26

Disposizioni in materia di distribuzione territoriale delle farmacie e di titolarità.. 26

ARTICOLO 11, commi 12 - 15. 28

Disposizioni in materia di prescrizione dei farmaci28

ARTICOLO 11, commi 16 e 17. 29

Disposizioni in materia di gestione delle farmacie.. 29

ARTICOLO 12. 29

Incremento del numero dei notai e concorrenza nei distretti29

ARTICOLO 13. 32

Misure per la riduzione del prezzo del gas naturale per i clienti vulnerabili32

ARTICOLO 14. 33

Misure per ridurre i costi di approvvigionamento di gas naturale per le imprese.. 33

ARTICOLO 15. 34

Disposizioni in materia di separazione proprietaria.. 34

ARTICOLO 16. 35

Sviluppo di risorse energetiche e minerarie nazionali strategiche.. 35

ARTICOLO 17. 36

Liberalizzazione della distribuzione dei carburanti36

ARTICOLO 18. 38

Liberalizzazione degli impianti completamente automatizzati fuori dei centri abitati38

ARTICOLO 19. 39

Miglioramento delle informazioni al consumatore sui prezzi dei carburanti39

ARTICOLO 20. 39

Fondo per la razionalizzazione della rete di distribuzione dei carburanti39

ARTICOLO 21. 40

Disposizioni per accrescere la sicurezza, l'efficienza e la concorrenza nel mercato dell'energia elettrica.. 40

ARTICOLO 22. 41

Disposizioni per accrescere la trasparenza sui mercati dell'energia elettrica e del gas. 41

ARTICOLO 23. 42

Semplificazione delle procedure per l'approvazione del piano di sviluppo della rete di trasmissione nazionale.. 42

ARTICOLO 24. 42

Disattivazione e smantellamento dei siti nucleari42

ARTICOLO 24-bis.45

Contributo degli esercenti dei servizi idrici a favore dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas. 45

ARTICOLO 24-ter.47

Gare per le concessioni idroelettriche.. 47

ARTICOLO 25. 48

Promozione della concorrenza nei servizi pubblici locali48

ARTICOLO 26. 51

Misure in materia di imballaggi51

ARTICOLO 27. 51

Promozione della concorrenza in materia di conto corrente.. 51

ARTICOLO 27-bis. 52

Nullità di clausole nei contratti bancari52

ARTICOLO 27-ter.. 53

Cancellazione delle ipoteche perenti53

ARTICOLO 27-quater.. 53

Organi delle fondazioni bancarie.. 53

ARTICOLO 27-quinquies. 54

Surrogazione nei mutui bancari54

ARTICOLO 28. 54

Assicurazioni connesse all’erogazione di mutui54

ARTICOLO 29. 55

Risarcimento diretto e risarcimento in forma specifica.. 55

ARTICOLO 30. 55

Repressione delle frodi55

ARTICOLO 31. 57

Contrasto alla contraffazione dei contrassegni assicurativi RC auto.. 57

ARTICOLO 32. 59

Ispezione del veicolo, scatola nera, attestato di rischio, liquidazione dei danni59

ARTICOLO 33. 60

Disposizioni in materia di attestazioni di invalidità.. 60

ARTICOLO 34. 61

Obbligo di confronto delle tariffe RC auto.. 61

ARTICOLI 34-bis. 62

Disposizioni in materia di contratti di assicurazione dei veicoli62

ARTICOLI 34-ter.. 62

Certificato di chiusura inchiesta nell’assicurazione per i veicoli a motore.. 62

ARTICOLO 35, commi da 1 a 3-bis. 63

Pagamenti dei debiti pregressi delle amministrazioni statali63

ARTICOLO 35, commi 4 e 5. 71

Utilizzo delle maggiori risorse derivanti dall’aumento dell’accisa erariale sull’energia elettrica.. 71

ARTICOLO 35, comma 6, primo periodo.. 76

Rinnovo dei contratti dei dirigenti delle agenzie fiscali e dell’Amministrazione autonoma di monopoli76

ARTICOLO 35, comma 6, secondo periodo.. 77

Attribuzione di funzioni vicarie a dirigenti pubblici77

ARTICOLO 35, commi 8-10 e comma 13. 78

Tesoreria degli enti pubblici78

ARTICOLO 35, commi 11 e 12. 82

Tesoreria delle università e dei dipartimenti universitari82

ARTICOLO 36. 83

Autorità indipendente di regolazione in materia di trasporti83

ARTICOLO 37. 88

Misure per il trasporto ferroviario.. 88

ARTICOLO 38. 88

Liberalizzazione delle pertinenze delle strade.. 88

ARTICOLO 39. 89

Vendita della stampa quotidiana e diritti d’autore.. 89

ARTICOLO 40. 90

Carta di identità e anagrafe della popolazione residente all’estero.. 90

ARTICOLO 40-bis. 92

Misure in materia di appalti pubblici92

ARTICOLO 41. 93

Emissioni di obbligazioni da parte delle società di progetto – project bond.. 93

ARTICOLO 42. 95

Disciplina del promotore per le infrastrutture strategiche.. 95

ARTICOLO 43. 96

Project financing per la realizzazione di infrastrutture carcerarie.. 96

ARTICOLO 44. 97

Contratto di disponibilità.. 97

ARTICOLO 45. 99

Documentazione a corredo del piano economico e finanziario per le opere di interesse strategico.. 99

ARTICOLO 46. 100

Disposizioni attuative del dialogo competitivo.. 100

ARTICOLO 47. 100

Riduzione importo "opere d’arte" per i grandi edifici100

ARTICOLO 48. 101

Norme in materia di dragaggi101

ARTICOLO 49. 103

Utilizzo di terre e rocce da scavo.. 103

ARTICOLO 50. 104

Disposizioni in materia di concessione di costruzione e gestione di opere pubbliche.. 104

ARTICOLO 53, commi da 1 a 5. 105

Allineamento alle norme europee della regolazione progettuale delle infrastrutture.. 105

ARTICOLO 53, comma 5-bis. 106

Rendicontazione dei contributi per infrastrutture ricevuti dagli enti locali106

ARTICOLO 54. 107

Emissione di obbligazioni di scopo da parte degli enti locali107

ARTICOLO 55, comma 1. 108

Progetto da utilizzare per l’affidamento delle concessioni108

ARTICOLO 55, comma 1-bis. 108

Visite e controlli di prevenzione incendi nelle gallerie stradali e ferroviarie.. 108

ARTICOLO 55, comma 1-ter.. 109

Assunzioni presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti109

ARTICOLO 55, comma 1-quater.. 113

Spese di personale dell’ANAS. 113

ARTICOLO 55-bis. 114

Accelerazione degli interventi strategici per il riequilibrio economico e sociale.. 114

ARTICOLO 56, comma 1. 115

Imposta municipale sugli immobili nel settore edilizio.. 115

ARTICOLO 56, comma 1-bis. 115

Disposizioni in materia di permuta di immobili in uso governativo.. 115

ARTICOLO 57. 117

Ripristino IVA per housing sociale.. 117

ARTICOLO 58. 121

Piano nazionale di edilizia abitativa.. 121

ARTICOLO 59. 122

Extragettito IVA per le società di progetto per le opere portuali122

ARTICOLO 59-bis. 124

Sostituzione dell’articolo 153 del Codice degli appalti pubblici in materia di finanza di progetto.. 124

ARTICOLO 59-ter.. 126

Disposizioni in materia di noleggio occasionale di imbarcazioni da diporto.. 126

ARTICOLO 60. 127

Regime doganale delle unità da diporto.. 127

ARTICOLO 60-bis. 129

Introduzione della tassa annuale sulle unità da diporto.. 129

ARTICOLO 61. 132

Anticipo del recupero delle accise per gli autotrasportatori132

ARTICOLO 61-bis. 142

Destinazione di risorse in favore del settore dell’autotrasporto e della Piattaforma logistica nazionale.. 142

ARTICOLO 62. 143

Disciplina delle relazioni commerciali per i prodotti agricoli e agroalimentari143

ARTICOLO 63. 147

Attivazione dei nuovi contratti di filiera.. 147

ARTICOLO 64. 151

Attuazione della decisione della Commissione europea in materia di accesso al mercato dei capitali151

ARTICOLO 65. 154

Impianti fotovoltaici in ambito agricolo.. 154

ARTICOLO 66. 156

Dismissione di terreni demaniali agricoli156

ARTICOLO 67. 162

Convenzioni per lo sviluppo della filiera della pesca.. 162

ARTICOLO 67-bis. 164

Accertamenti contributivi in caso di demolizione di navi164

ARTICOLO 67-ter.. 165

Adempimenti per le cooperative di pesca.. 165

ARTICOLO 68. 165

Repertorio nazionale dei dispositivi medici165

ARTICOLO 69. 167

Dichiarazione preventiva in caso di spostamento del prestatore di servizi167

ARTICOLO 70. 167

Aiuti de minimis a favore di piccole e medie imprese in particolari aree.. 167

ARTICOLO 71-82. 171

Diritti aeroportuali171

ARTICOLO 83. 175

Disposizioni in materia di farmaci generici175

ARTICOLO 84. 175

Zone e diritti marittimi175

ARTICOLO 85. 176

Disposizioni in materia di sperimentazione clinica.. 176

ARTICOLO 86. 177

Disposizioni in materia di pagamenti per le pratiche di motorizzazione.. 177

ARTICOLO 87. 179

Prestazione transfrontaliera di servizi in Italia dei consulenti in materia di brevetti179

ARTICOLO 88. 180

Deducibilità degli interessi passivi per le società a prevalente capitale pubblico.. 180

ARTICOLO 89. 183

Disposizioni in materia di recupero di sgravi contributivi183

ARTICOLO 90. 185

Interventi per favorire l’afflusso di capitale di rischio verso nuove imprese.. 185

ARTICOLO 91. 188

Trasferimento all’estero della residenza fiscale dei soggetti che esercitano imprese commerciali188

ARTICOLO 91-bis. 190

Norme sull’esenzione IMU degli enti non commerciali190

ARTICOLO 92. 192

Controlli sulle operazioni doganali192

ARTICOLO 93. 195

Rivalsa dell’imposta pagata in conseguenza di accertamento o rettifica.. 195

ARTICOLO 94. 196

Domanda di sgravio dei diritti doganali196

ARTICOLO 95. 197

Rendite finanziarie.. 197

ARTICOLO 96. 199

Residenza degli Organismi di investimento collettivo del risparmio.. 199

ARTICOLO 97. 199

Protezione dell’euro contro le falsificazioni199

PROSPETTO RIEPILOGATIVO degli EFFETTI FINANZIARI. 203


PREMESSA

 

Il disegno di legge in esame dispone la conversione del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, recante norme urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività.

Il provvedimento, già approvato dal Senato, è corredato di relazione tecnica e di prospetto riepilogativo degli effetti finanziari, riferiti ambedue al testo originario.

Nel corso dell’esame presso il Senato, il Governo ha trasmesso ulteriori note tecniche[1], riferite al testo originario, e una relazione tecnica allegata all’emendamento interamente sostitutivo dell’articolo unico del disegno di legge di conversione sul quale è stata posta la questione di fiducia[2]. Il Governo ha inoltre trasmesso il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari aggiornato alla luce delle modifiche contenute nel predetto emendamento interamente sostitutivo.

Di questa documentazione si dà conto nel presente dossier, che ha per oggetto il testo  del provvedimento come integrato  dalle modifiche  approvate  in prima lettura  dal Senato.

Si esaminano, di seguito, le norme considerate dalle relazioni tecniche e dalla documentazione richiamata, nonché le altre disposizioni che presentano profili di carattere finanziario.

 

VERIFICA DELLE QUANTIFICAZIONI

 

ARTICOLO 1

Liberalizzazione delle attività economiche e riduzione degli oneri amministrativi

Le norme dispongono l'abrogazione, in attuazione del principio di libertà di iniziativa economica e del principio di concorrenza:

·       delle norme che prevedono limiti numerici, autorizzazioni, licenze, nulla osta o preventivi atti di assenso dell’amministrazione per l’avvio di un’attività economica, non giustificati da un interesse generale, costituzionalmente rilevante e compatibile con l’ordinamento comunitario, nel rispetto del principio di proporzionalità;

·       delle norme che pongono divieti e restrizioni alle attività economiche non adeguati o non proporzionati alle finalità pubbliche perseguite, nonché le disposizioni di pianificazione e programmazione territoriale o temporale autoritativa con prevalente finalità economica o prevalente contenuto economico, che pongono limiti, programmi e controlli non proporzionati (comma 1).

Le disposizioni recanti divieti, restrizioni, oneri o condizioni all’accesso e all’esercizio delle attività economiche sono in ogni caso interpretate e applicate in senso tassativo, restrittivo e ragionevolmente proporzionato alle perseguite finalità di interesse pubblico generale (comma 2).

Il Governo è autorizzato ad adottare, entro il 31 dicembre 2012, uno o più regolamenti per individuare le attività per le quali permane l’atto preventivo di assenso dell’amministrazione, e disciplinare i requisiti per l’esercizio delle attività economiche, nonché i termini e le modalità per l’esercizio dei poteri di controllo dell’amministrazione. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato rende parere obbligatorio, anche in merito al rispetto del principio di proporzionalità. In mancanza del parere nel termine di 30 giorni dal ricevimento dello schema di regolamento, lo stesso si intende rilasciato positivamente (comma 3).

Le regioni, le provincie, le città metropolitane e i comuni si adeguano ai principi e alle regole che informano i suddetti atti entro il 31 dicembre 2012, fermi restando i poteri sostituitivi dello Stato ai sensi dell’articolo 120 della Costituzione. A decorrere dall’anno 2013, il predetto adeguamento costituisce elemento di valutazione della virtuosità degli stessi enti. A tal fine la Presidenza del Consiglio dei Ministri comunica, entro il termine perentorio del 31 gennaio di ciascun anno, al Ministero dell’economia gli enti che hanno provveduto all’applicazione delle procedure. In caso di mancata comunicazione, si prescinde dal predetto elemento di valutazione della virtuosità. (comma 4).

Vengono differiti al 30 settembre 2012:

·       il termine entro cui comuni, province, regioni e Stato adeguano i rispettivi ordinamenti al principio secondo cui l'iniziativa e l'attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge (comma 4-bis);

·       il termine entro cui regioni ed enti locali adeguano i propri ordinamenti alla normativa europea in base alla quale costituisce principio generale dell'ordinamento nazionale la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori e dell'ambiente (comma 4-ter).

Sono esclusi dall’ambito di applicazione i servizi di trasporto pubblico di persone e cose su autoveicoli non di linea, i servizi finanziari e di comunicazione e le attività specificamente sottoposte a regolazione e vigilanza di apposita autorità indipendente (comma 5).

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive effetti alla norma.

 

La relazione tecnica riferita al testo originario, oltre a illustrare sinteticamente il contenuto delle norme, afferma che le disposizioni determinano effetti positivi in termini di sviluppo di attività economiche ed è quindi suscettibile di determinare effetti positivi – quantificabili solo a consuntivo – per la finanza pubblica. Il venir meno di restrizioni e oneri amministrativi corrisponde, invece, a minori attività per enti ed amministrazioni interessate.

La RT riferita al maxiemendamento, con riferimento alle modifiche apportate al comma 4, afferma che le stesse precisano l’ambito di applicazione agli enti locali e che non comportano effetti finanziari negativi, trattandosi di norme ordinamentali.

Per quanto attiene alle integrazioni e alle modifiche di cui ai commi 4-bis, 4-ter e 5, le stesse hanno carattere formale e ordinamentale e non comportano effetti per la finanza pubblica.

 

Al riguardo, non vi sono osservazioni da formulare in merito alle norme di liberalizzazione e di riduzione degli oneri amministrativi, atteso che gli effetti positivi richiamati nella relazione tecnica riferita al testo originario non vengono quantificati né scontati nel prospetto riepilogativo che riassume gli effetti finanziari attribuiti al provvedimento in esame.

Con riferimento agli eventuali adempimenti aggiuntivi a carico delle amministrazioni interessate (enti territoriali, Presidenza del Consiglio, Ministero dell’economia, Autorità garante della concorrenza) non si hanno altresì osservazioni da formulare nel presupposto – su cui appare opportuna una conferma – che detti adempimenti siano svolti nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Si ricorda che la relazione tecnica riferita al maxiemendamento, per quanto attiene all’articolo 5-bis, in materia di finanziamento e risorse dell’Autorità garante della concorrenza, introdotto durante l’esame al Senato, afferma che la situazione finanziaria di detta Autorità è destinata a divenire insostenibile, stante l’inadeguatezza delle risorse destinate a far fronte agli oneri incomprimibili derivanti dal suo funzionamento. Tali oneri sono, in aggiunta, destinati inevitabilmente a crescere a causa delle nuove competenze attribuite all’Autorità dal provvedimento in oggetto, tra cui il parere sui regolamenti governativi previsto dalle norme in esame. Si ricorda inoltre che lo stesso articolo 5-bis, comma 3, prevede l’incremento della pianta organica dell’Autorità di 20 posti.

Per quanto attiene al differimento del termine entro cui regioni ed enti locali adeguano i propri ordinamenti alla normativa europea sulla libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali, appare opportuno acquisire chiarimenti circa la conformità di tale differimento con la normativa europea di settore, al fine di escludere effetti finanziari connessi all’applicazione di sanzioni nei confronti dell’Italia.

 

ARTICOLO 2 commi da 1 a 4 e comma 6

Tribunale delle imprese

Le norme trasformano le sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale esistenti presso alcuni tribunali e corti d'appello[3] in sezioni specializzate in tutta la materia del "diritto d'impresa". Ulteriori sezioni specializzate sono istituite presso i tribunali e corti d'appello dei capoluoghi di regione non già sede delle ex sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale[4] e a Brescia (comma 1).

Si dispone la modifica dell’articolo 13 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia[5] stabilendo il raddoppio della misura del contributo unificato per i processi di competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa (comma 3).  Il maggior gettito derivante dalla rimodulazione del contributo unificato, secondo il comma 4, è versato all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato:

        quanto a 600.000 euro per gli anni 2012 e 2013 alla copertura degli oneri derivanti dalla istituzione delle nuove sezione specializzate in materia di impresa, ossia quelle istituite presso gli uffici giudiziari dove non preesistevano le sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale;

         per la parte restante al Fondo per gli interventi urgenti in materia di giustizia[6].

Le disposizioni dell’articolo in esame si applicano ai giudizi instaurati dopo il centottantesimo giorno dall’entrata in vigore del presente decreto (comma 6).

 

La relazione tecnica è stata aggiornata per tenere conto delle modifiche introdotte nel corso dell’esame presso il Senato[7]. La relazione evidenzia che il nuovo testo del comma 1 prevede l’istituzione di ulteriori sezioni specializzate in diritto d'impresa in aggiunta alle preesistenti sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale[8].  Le nuove sezioni, secondo la relazione tecnica, sono quelle istituite presso i tribunali e le corti di appello di Ancona, Brescia, Cagliari, Campobasso, Catanzaro, L'Aquila, Perugia, Potenza.

L'istituzione delle sezioni specializzate in materia d’impresa non comporterebbe adeguamenti di organico di personale di magistratura e amministrativo ma solo l’eventuale integrazione delle risorse materiali e strumentali da destinare alle nuove sedi.

In particolare, per le otto sedi sopra evidenziate, si ipotizza una spesa per dotazioni strumentali, ivi comprese quelle informatiche, non superiore a complessivi 150.000 euro per ciascuna sezione specializzata, con un onere complessivo stimato in 600.000 euro per gli anni 2012 e 2013. Le spese connesse ai contratti di assistenza e manutenzione delle nuove dotazioni strumentali saranno incluse, secondo la relazione tecnica, nei contratti già in essere presso gli uffici giudiziari a valere sulle ordinarie risorse di bilancio.

L'onere sopra descritto è fronteggiato con parte del maggior gettito derivante dalle modifiche introdotte alla disciplina del contributo unificato prevista dal comma 3.  

Gli adempimenti relativi alle competenze assegnate alle sezioni specializzate possono essere espletati dall'amministrazione con le risorse umane disponibili a legislazione vigente. L'attuazione delle disposizioni in esame avverrà attraverso una opportuna riorganizzazione interna degli uffici giudiziari già esistenti prevedendo di assegnare alle nuove sezioni specializzate un contingente di magistrati dotati di specifiche competenze e commisurato ai presumibili carichi di lavoro.

Al fine di escludere riflessi negativi sull'ordinaria attività degli uffici giudiziari, è stato previsto i giudici delle sezioni specializzate non tratteranno in via esclusiva processi in materia di impresa; gli stessi si occuperanno anche di altre controversie, su indicazione rispettivamente del Presidente del tribunale o della corte di appello.

La previsione di assoggettare le controversie trattate dalle citate sezioni specializzate al pagamento di un contributo unificato in misura raddoppiata rispetto agli importi ordinari, determina l'insorgenza di un maggior gettito stimato in circa 646.875 euro per l'anno 2012 (in considerazione della data di entrata in vigore delle nuove disposizioni) e 2.587.500 euro a decorrere dall'anno 2013, da destinare in parte alla copertura degli oneri pari a 600.000 euro per ciascuno degli anni 2012 e 2013. Le somme non destinate a copertura degli oneri sono versate al fondo per la realizzazione di interventi in materia di giustizia civile, amministrativa e tributaria[9].

La relazione tecnica chiarisce, infine, che le maggiori entrate, derivanti dai nuovi importi del contributo unificato previsti dal comma 3, sono state quantificate calcolando il differenziale rispetto alle entrate attuali. A tal fine sono stati assunti i seguenti parametri:

        5.000 procedimenti annui di 1° grado;

        450 euro di importo medio del contributo unificato in primo grado a legislazione vigente;

        500 procedimenti annui di 2° grado;

        675 euro di importo medio del contributo unificato in secondo grado a legislazione vigente.

Le maggiori entrate ammontano a:

5.000 procedimenti di 1° grado x 450 euro di contributo[[10]] + 500 procedimenti di secondo grado x 675 euro = 2.587.500 euro.

 

Al riguardo si osserva che la quantificazione dell’onere non tiene conto che, in base al tenore letterale delle disposizioni, un’ulteriore sezione sembrerebbe dover essere istituita presso il tribunale e la corte di appello di Trento. La norma, infatti, prevede l’istituzione di una sezione specializzata “… nel capoluogo di ogni regione…”. Ne conseguirebbe un maggior onere di 75.000 euro per ciascuno degli anni 2012 e 2013 dal momento che la relazione tecnica stima una maggiore spesa di 150.000 euro per ciascuna sezione istituita. Qualora tale ricostruzione risultasse confermata, le maggiori entrate stimate per il 2012, pari a 646.875 euro, non compenserebbero il maggior onere, che appare quantificabile in 675.000 euro. Sul punto appare necessario un chiarimento da parte del Governo.

Si osserva altresì che, secondo la relazione tecnica, le spese di assistenza e manutenzione delle dotazioni strumentali nelle sezioni di nuova istituzione saranno incluse nei contratti già in essere presso gli uffici giudiziari a valere sulle ordinarie risorse di bilancio. A riguardo si rileva che la copertura di oneri su risorse di bilancio non appare rispondere a criteri di prudenzialità e a una corretta prassi contabile. Peraltro dovrebbe essere chiarita la misura di detti oneri e confermata la sussistenza di dette disponibilità, tenuto conto che l’amministrazione della giustizia ha spesso segnalato, nel recente passato, la carenza di risorse a disposizione per l’ordinario funzionamento degli uffici.

Si rileva, infine, che, in termini di completezza dell’esposizione degli effetti finanziari, sarebbe apparso più corretto inserire nell’apposito prospetto riepilogativo l’evidenza contabile degli oneri e delle entrate recati dalle disposizioni in esame.

 

ARTICOLO 2 comma 5

Risorse destinate ad assunzioni di magistrati ed avvocati dello Stato

La norma, introdotta dal Senato nel corso dell’esame in prima lettura, stabilisce che la riassegnazione delle entrate prevista dall’articolo 37, commi 10 e 14, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, è effettuata al netto della quota[11] di risorse destinate alle nuove assunzioni di personale di magistratura e di avvocati e procuratori dello Stato.

L’articolo 37, comma 10, del decreto legge n. 98/2011 prevede che il maggior gettito derivante dall'applicazione delle disposizioni dei precedenti commi 6, 7, 8 e 9, che incrementano la misura del contributo unificato dovuto da chi instaura un nuovo procedimento giudiziario, è versato all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato ad apposito fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, per la realizzazione di interventi urgenti in materia di giustizia civile, amministrative e tributaria. L’articolo 37, comma 14 destina al medesimo fondo i contributi unificati relativi a i ricorsi proposti davanti ai Tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato. Parte di detto fondo, secondo quanto stabilito dal comma 11 del citato articolo 37, è destinata, a livello nazionale, a spese di giustizia, ivi comprese le nuove assunzioni di personale di magistratura ordinaria, amministrativa e contabile e di avvocati e procuratori dello Stato.

Le risorse da destinare alle assunzioni corrispondenti alla predetta quota sono iscritte nello stato di previsione dell’entrata e in quello dei Ministeri interessati.

 

La relazione tecnica allegata al maxiemendamento non considera la norma.

 

La Nota tecnica dell’Ufficio del coordinamento legislativo del MEF ribadisce che le spese derivanti dalle assunzioni in oggetto saranno coperte mediante l'utilizzo delle entrate derivanti dal maggior gettito dei versamenti a titolo di contributo unificato derivanti dall’articolo 37, commi 6-9, del decreto legge n. 98/2011. La norma consente di iscrivere direttamente in bilancio le somme da destinare alle assunzioni di personale senza aspettare il preventivo incasso delle stesse al fine di consentire l'assunzione del personale nel più breve tempo possibile. La nota afferma che la quantificazione delle risorse da destinare a dette assunzioni sarà fatta nella maniera più prudenziale possibile tenendo conto dell'effettivo andamento degli incassi mensili del contributo unificato.

 

Al riguardo, preso atto dell’affermata prudenzialità dell’amministrazione nel procedere alle assunzioni di nuovo personale, rispetto all’andamento effettivo dei maggiori incassi, non si hanno osservazioni da formulare.

 

In merito ai profili di copertura finanziaria, con riferimento alla formulazione della disposizione, si rileva che la stessa non indica esplicitamente l’esercizio finanziario a decorrere dal quale la riassegnazione delle entrate prevista dall’articolo 37, commi 10 e 14, del decreto-legge n. 98 del 2011 avverrà al netto delle risorse destinate alle assunzioni di personale di magistratura, nonché di avvocati e procuratori dello Stato. Appare, quindi, opportuno che il Governo confermi che, anche in assenza di una esplicita indicazione in tal senso, la norma garantisce l’allineamento temporale tra il verificarsi degli oneri e il reperimento delle risorse utilizzate a copertura.

Inoltre, con riferimento alla previsione che le risorse da destinare alle assunzioni corrispondenti alla predetta quota sono iscritte nello stato di previsione dell’entrata e in quello dei ministeri interessati, si ricorda che, nello stato di previsione dell’entrata, è già previsto un capitolo avente le medesime finalità (cap. n. 3528).

 

ARTICOLO 3

Accesso dei giovani alla costituzione di società a responsabilità limitata

La norma, interamente sostituita nel corso dell’esame al Senato, introduce una nuova fattispecie di società di capitali denominata “società a responsabilità limitata semplificata”. La disciplina prevede, tra l’altro, che:

1)     la costituzione della società avviene, con atto pubblico in conformità al modello standard da stabilire con apposito DM, tra persone fisiche che non abbiano compiuto 35 anni di età alla data della costituzione.

Rispetto alla norma contenuta nel testo originario del provvedimento, il requisito dell’età è richiesto alla sola data di costituzione. Il testo originario stabiliva che quando anche un solo socio perdeva il requisito dell’età, gli amministratori dovevano convocare senza indugio l’assemblea per deliberare la trasformazione di società;

2)     il capitale sociale deve essere di un valore compreso tra 1 euro e 10.000 euro e deve essere interamente versato in contanti all’organo amministrativo alla data della costituzione.

Il testo originario della norma prevedeva il solo limite minimo di 1 euro. Il valore massimo attribuito (10.000 euro) si coordina con la disciplina generale delle Srl relativamente alle quali è previsto un capitale sociale minimo obbligatorio pari, appunto, a 10.000 euro;

3)     gli amministratori devono essere scelti tra i soci (requisito non presente nella norma originaria);

4)     le quote non possono essere cedute a soci non aventi i requisiti di età e l’eventuale atto di cessione è nullo;

5)     l’atto costitutivo e l’iscrizione nel registro delle imprese sono esenti da diritti di bollo e di segreteria e non sono dovuti onorari notarili;

6)     il Consiglio nazionale del notariato vigila sulla corretta applicazione della norma da parte dei notai e pubblica ogni anno i relativi dati sul proprio sito istituzionale.

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica, riferita al testo originario, afferma che il regime di esenzione da diritti di bollo e di segreteria previsto dalla norma per l’iscrizione della società nel registro delle impresa possa configurarsi come rinuncia a maggior gettito, in ogni caso di trascurabile entità.

La nota tecnica del Dipartimento delle finanze trasmessa al Senato in data 15 febbraio 2012, in risposta ai rilievi formulati circa il possibile effetto di sostituzione in base al quale soggetti che avrebbero comunque dato vita ad una società a responsabilità limitata nelle forme ordinarie usufruirebbero del beneficio, afferma che gli eventuali effetti negativi derivanti dalla suddetta circostanza sono da ritenersi di trascurabile entità.

La nota tecnica della Ragioneria Generale dello Stato trasmessa al Senato in data 15 febbraio 2012 chiarisce che le possibili minori entrate per le Camere di commercio sono da ritenersi compensate dalle minori attività poste a carico delle predette Camere.

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento conferma che la norma non determina sostanziali effetti finanziari, anche rispetto alle modifiche introdotte al testo originario del provvedimento che sono principalmente di carattere procedurale ed ordinamentale.

Per quanto concerne l’introduzione dell’esenzione da diritti di bollo e di segreteria dell’atto costitutivo (che si aggiunge all’esenzione prevista nel testo originario concernente l’iscrizione nel registro delle imprese), la RT ritiene che si tratti di una rinuncia al maggior gettito e, in ogni caso di trascurabile entità.

In merito all’attività posta a carico del Consiglio nazionale del notariato, la RT ritiene che sarà svolta con le risorse già disponibili in quanto rientra nei compiti istituzionali del Consiglio stesso.

 

Al riguardo si osserva che la mancata attribuzione di effetti finanziari alla norma appare poco prudenziale. Infatti, sono ritenuti di entità trascurabile:

-        gli effetti recati dall’esenzione da diritti di bollo e di segreteria per la iscrizione nel registro delle imprese (relazione tecnica originaria);

-        gli effetti recati dall’esenzione da diritti di bollo e di segreteria per la costituzione della società (relazione tecnica al maxiemendamento);

-        gli effetti sostitutivi, in base ai quali le società che comunque si sarebbero costituite fruiscono dell’agevolazione introdotta (nota tecnica del Dipartimento delle finanze del 15 febbraio 2012).

Sul punto, appare utile acquisire dal Governo dati ed elementi al fine di verificare la valutazione indicata.

In merito all’affermazione – contenuta nelle relazioni tecniche e nelle note di risposta – circa la qualificazione degli effetti finanziari come “rinuncia a maggior gettito” si segnala che tale valutazione può essere attribuita solamente alle nuove società costituite in virtù dei benefici introdotti; con riferimento, invece, alle società che comunque si sarebbero costituite la disposizione determina un minor gettito dei diritti e delle imposte dovute.

In merito ai possibili utilizzi con finalità elusive della norma, si segnala che la nuova formulazione non prevede – diversamente dalla formulazione originaria – l’obbligo di procedere alla trasformazione o allo scioglimento della società quando uno o tutti i soci non posseggano più il requisito dell’età. Inoltre, avendo introdotto nel corso dell’esame parlamentare un limite massimo al capitale sociale, andrebbe precisato se la società debba procedere alla trasformazione o allo scioglimento nel caso di incremento del capitale sociale al di sopra del limite massimo stabilito. Sul punto appare opportuno acquisire un chiarimento.

In proposito, si segnala che nel corso delle audizioni presso il Senato, il Consiglio nazionale del notariato aveva, tra l’altro, proposto l’inserimento di un ammontare massimo del capitale sociale al fine di evitare un utilizzo elusivo della norma diretto ad ostacolare l’applicazione della disciplina sull’antiriciclaggio. Tale proposta era affiancata anche dalla previsione in base alla quale, in caso di incremento del capitale oltre la predetta soglia, la società rientrasse nella disciplina ordinaria della S.r.l.

 

ARTICOLO 4

Tutela e promozione della concorrenza nelle regioni e negli enti locali

Le norma, modificata nel corso dell’esame presso il Senato, dispone che la Presidenza del Consiglio dei Ministri raccoglie le segnalazioni delle autorità indipendenti aventi ad oggetto restrizioni alla concorrenza e impedimenti al corretto funzionamento dei mercati al fine di predisporre le opportune iniziative di coordinamento amministrativo dei Ministeri e normative in attuazione degli articoli 41, 117, 120 e 127 della Costituzione.

Le suddette attività sono svolte con le risorse umane, strumentali e finanziarie già disponibili a legislazione vigente.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma in esame effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica riferita al testo originario afferma che le attività previste nell’articolo in esame sono svolte nell’ambito delle risorse umane strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e pertanto la disposizione non comporta effetti finanziari negativi per la finanza pubblica.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento precisa che la norma, come modificata nel corso dell’esame presso il Senato, attribuisce alle esistenti strutture della Presidenza del Consiglio dei ministri, nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, compiti di raccordo ai fini del più efficace svolgimento delle vigenti competenze in materia di tutela e promozione della concorrenza. La norma pertanto non comporta nuove o maggiori spese  per il pubblico erario e, appare suscettibile, di favorire un maggiore sviluppo economico.

 

Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare.

 

ARTICOLO 5

Tutela amministrativa contro le clausole vessatorie

Le norma, introduce l’art. 37-bis, al D.lgs. n. 206/2005 (Codice del consumo). La nuova disposizione nello specifico prevede che:

·       l’Autorità garante della concorrenza e del mercato dichiari la vessatorietà delle clausole inserite nei contratti tra professionisti e consumatori che si concludono mediante adesione a condizioni generali di contratto o con la sottoscrizione di moduli, modelli o formulari. La norma in esame – per effetto delle modifiche intervenute al Senato – dispone, inoltre, che ai fini dell’istruttoria relativa all’adozione della summenzionata dichiarazione, venga, tra l’altro, previsto che l’Autorità - ai sensi dell’art. 14, comma 2, della legge n. 287/1990[12] – possa richiedere di fornire informazioni e di esibire documenti, possa disporre ispezioni, anche avvalendosi della collaborazione di altri organi dello Stato, perizie e analisi economiche e statistiche nonché la consultazione di esperti. (comma 1, cpv. 1).

La norma prevede, altresì, che in caso di inottemperanza a quanto disposto ai sensi dell'articolo 14, comma 2, della legge n. 287/1990, l'Autorità applichi una sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 euro a 20.000 euro. Qualora le informazioni o la documentazione fornite non siano veritiere, l'Autorità applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 4.000 euro a 40.000 euro;

·        il provvedimento che accerta la vessatorietà della clausola sia diffuso - anche per estratto - mediante pubblicazione sul sito internet dell’Autorità e dell’operatore che adotta la clausola vessatoria, e mediante ogni altro mezzo ritenuto opportuno ai fini dell’informazione dei consumatori a cura e spese dell’operatore (comma 1, cpv. 2).

In caso di inottemperanza alle disposizioni del presente comma, l'Autorità applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 euro a 50.000 euro;

·       alle imprese sia consentito di interpellare preventivamente l’Autorità in merito alla vessatorietà delle clausole che intendono utilizzare. L’Autorità si pronuncia sull’interpello entro il termine di 120 giorni dalla richiesta[13]. Le clausole non ritenute vessatorie a seguito di interpello non possono essere successivamente valutate dall’Autorità per i medesimi motivi, ferma restando la responsabilità dei professionisti verso i consumatori (comma 1, cpv. 3);

·       venga attribuita al giudice amministrativo la competenza di decidere sulle deliberazioni prese dall’Autorità ai sensi dei precedenti commi. E' fatta salva la competenza del giudice ordinario sulla validità delle clausole vessatorie e sul risarcimento del danno (comma 1, cpv. 4);

·       l’Autorità disciplini[14] la procedura istruttoria - in modo da garantire il contraddittorio e l’accesso agli atti - le modalità di consultazione con le associazioni di categoria e con le camere di commercio interessate o loro unioni, nonché la summenzionata procedura di interpello (comma 1, cpv. 5).

La norma dispone, infine, che le attività di cui al presente articolo vengano svolte con le risorse umane, strumentali e finanziarie già disponibili a legislazione vigente (comma 1, cpv. 6).

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma in esame effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica, relativa al testo originario del provvedimento in esame, con riguardo alla norma in riferimento, afferma che la disposizione non comporta effetti finanziari negativi per la finanza pubblica e che, in particolare, l’amministrazione competente svolge tale attività con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

 

La nota tecnica, relativa al maxiemendamento approvato al Senato, afferma, inoltre, che le modifiche apportate alla norma in riferimento, sono volte a chiarire le procedure per l’accertamento della vessatorietà delle clausole. Stante la natura procedimentale della disposizione - che è, peraltro, assistita nella sua totalità da una clausola di invarianza - non si rilevano effetti finanziari negativi.

 

Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare, considerato quanto evidenziato nella documentazione tecnica fornita dal Governo, nonché alla luce di quanto disposto dall’articolo 5-bis del provvedimento in esame che, in ragione delle nuove competenze attribuite all’Autorità garante della concorrenza e del mercato da una serie di norme del medesimo provvedimento, fra le quali l’articolo 5 in esame, ha disposto l’incremento della relativa dotazione organica di 20 unità. 

Ai relativi oneri lo stesso articolo 5-bis provvede mediante l’introduzione di un contributo aggiuntivo a carico delle società di capitale (0,08 per mille del fatturato risultante dall’ultimo bilancio).

Circa il richiamato incremento di organico e la relativa copertura finanziaria, si rinvia alle osservazioni formulate nella scheda dedicata all’articolo 5-bis.

 

ARTICOLO 5-bis

Finanziamento dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato

Le norma, modifica l’articolo 10, della legge n. 287/1990. La nuova disposizione nello specifico prevede che:

        all’onere derivante dal funzionamento dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato si provvede mediante un contributo aggiuntivo di importo pari allo 0,08 per mille del fatturato risultante dall’ultimo bilancio approvato dalle società di capitale, con ricavi totali superiori a 50 milioni di euro. La soglia massima di contribuzione a carico di ciascuna impresa non può essere superiore a cento volte la misura minima (comma 1, cpv. 7-ter);

        restano ferme, per l’anno 2012, tutte le attuali forme di finanziamento, ivi compresa l’applicazione dell’articolo 2, comma 241, della legge n. 191/2009: Eventuali variazioni della misura e delle modalità di contribuzione possono essere adottate dall’Autorità con propria deliberazione, nel limite massimo dello 0,5 per mille del fatturato risultante dal bilancio approvato precedentemente all’adozione della delibera, ferma restando la summenzionata soglia massima di contribuzione[15] (comma 1, cpv. 7-quater);

L’art. 2, comma 241, della legge n. 191/2009 (legge di stabilità 2010) ha disposto l’attribuzione di maggiori risorse ad alcune autorità indipendenti - tra le quali l’Autorità garante della concorrenza e del mercato - con contestuale riduzione di risorse destinate ad altre autorità. In particolare, per ciascuno degli anni 2010-2012, la norma ha trasferito all’Antitrust una quota pari a 2,2 milioni di euro delle entrate dell’Isvap[16]; una quota pari a 8,4 milioni di euro, delle entrate delle Autorità di regolazione di servizi di pubblica utilità[17]. La norma ha disposto, inoltre, per il 2010, il trasferimento di una quota pari a 6 milioni di euro e, per ciascuno degli anni 2011 e 2012, una quota pari a 5,9 milioni di euro delle entrate dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni[18]; nonché per il 2010 una quota pari a 7 milioni di euro e, per ciascuno degli anni 2011 e 2012, una quota pari a 7,7 milioni di euro delle entrate dell’'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici[19]. Con particolare riguardo al 2012, il volume complessivo di risorse da trasferite all’Antitrust è pari 24,2 milioni di euro.

        dal 1° gennaio 2013 l’Autorità provveda all’autonoma gestione delle spese per il proprio funzionamento nei limiti del contributo indicato al comma 1, cpv. 7-ter. A decorrere dalla medesima data cessano di operare le contribuzioni in favore dell’Autorità previste a legislazione vigente in capo allo Stato[20] e alle imprese tenute all’obbligo di comunicazione di operazioni di concentrazione[21], nonché l’attribuzione alla medesima Autorità di quota delle sanzioni irrogate per violazione della normativa in tema di tutela del consumatore[22] (comma 2);

        in ragione delle nuove competenze attribuite all’Autorità garante della concorrenza e del mercato in base agli articoli 1, 5, 25, 62 e 86 del provvedimento in esame, la pianta organica dell’Autorità viene incrementata di 20 posti. Ai relativi oneri si provvede con le risorse di cui al comma 7-ter, dell’articolo 10 della legge n. 287/1990, introdotto dal comma 1 del presente articolo (comma 3).

In base all’art. 11, comma 2, della legge n.287/1990, il trattamento giuridico ed economico del personale dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, nonché l'ordinamento delle relative carriere sono stabiliti in base ai criteri fissati dal contratto collettivo di lavoro in vigore per la Banca d'Italia, tenuto conto delle specifiche esigenze funzionali ed organizzative dell'Autorità.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma in esame effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica, relativa al maxiemendamento approvato al Senato, afferma che l’attuale forma di finanziamento dell’Autorità termina - per una parte molto significativa pari ad oltre il 40% - nel 2012, essendo stata posta provvisoriamente a carico delle altre Autorità indipendenti (ai sensi dell’art. 2, comma 241, della legge n. 191/2009). La RT evidenzia, pertanto, che dal 2013 la situazione finanziaria dell’Autorità è destinata a divenire insostenibile, in quanto il trasferimento da parte dello Stato e le altre forme di finanziamento (incasso di una quota parte delle sanzioni irrogate in materia di tutela del consumatore e la contribuzione a carico delle imprese in sede di notifica delle operazioni di concentrazione) risulteranno, infatti, inadeguate a far fronte agli oneri incomprimibili derivanti dal funzionamento dell’Autorità. Tali oneri sono, peraltro, destinati inevitabilmente a crescere a fronte delle nuove competenze attribuite all’Autorità dal provvedimento in esame dagli artt. l (parere sui regolamenti governativi), 5 (clausole vessatorie), 25 (parere sugli schemi di delibere quadro degli enti locali), 62 (relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli e agroalimentare) e 86 (servizio di gestione automatizzata dei pagamenti e dei corrispettivi dovuti per le pratiche di motorizzazione).  La norma propone di far cessare, a partire dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame tutte le forme di finanziamento degli oneri derivanti dal funzionamento dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato attualmente previste, con la sola eccezione del suddetto “fondo di solidarietà”, che cessa con l’anno in corso. La norma prevede, infatti, di abolire, dal 2012: il trasferimento dello Stato; le contribuzioni a carico degli operatori del mercato; l’incasso di una quota parte (pari a 50.000 euro) delle sanzioni irrogate in materia di tutela del consumatore. A fronte di ciò, la norma propone, a partire dal 2013, l’imposizione dell’obbligo di versamento di un contributo da parte delle società di capitale con un fatturato totale pari ad almeno 50 milioni di euro. La nuova forma di finanziamento presenta indubbiamente un doppio vantaggio: in primo luogo, consente di ottenere un risparmio per le finanze pubbliche (complessivamente pari a oltre 20 milioni di euro), sia attraverso l’eliminazione del trasferimento dello Stato all’Autorità -  pari per il 2012 a circa 16 milioni di euro - sia mediante la disponibilità del totale delle sanzioni irrogate alle imprese ai sensi della normativa in materia di tutela del consumatore, in quanto verrebbe meno la possibilità per l'Autorità di trattenere una quota parte (pari a 50 mila euro) di ciascuna sanzione (tale ammontare è quantificabile per il 2012 in circa 4,5 milioni di euro). Con riferimento a quest’ultima forma di finanziamento, la RT evidenzia come la sua abrogazione comporterebbe anche il venir meno dei possibili effetti distorsivi derivanti dall’appropriazione da parte dell’Autorità di parte delle sanzioni irrogate. Verrebbe, inoltre, meno il contributo richiesto alle imprese in sede di notifica delle operazioni dì concentrazione, eliminando così un’ulteriore forma di finanziamento a carattere discorsivo, in quanto questa è posta a carico non di tutte le imprese nel mercato, ma solamente di quelle coinvolte in operazioni di acquisizione o di concentrazione.

Il nuovo meccanismo di finanziamento, al contrario, oltre a non presentare alcun gravame per le casse dello Stato, incide in misura equa e proporzionata su tutti i soggetti operanti sul mercato, a beneficio dei quali è rivolta l’attività dell’Autorità.

La RT evidenzia, inoltre, che in merito alla situazione finanziaria dell’Autorità, nel triennio 2010-2012, agli oneri derivanti dal suo funzionamento si è provveduto mediante:

·       trasferimento dello Stato (ai sensi dell'art. 10,comma 7, della legge n. 287/1990), per un importo pari per il 2012,  ad euro 16,1 milioni (in diminuzione di circa 686 mila euro rispetto al 2011), corrispondente a circa il 27,5% del totale delle entrate correnti;

·       trasferimento a valere del “fondo di solidarietà” (ai sensi dell'art. 2, comma 241, della Legge 23 dicembre 2009, ti. 191) alimentato con risorse riferibili ad altre Autorità indipendenti, per un importo per il 2012 ad euro 24,2 milioni (invariato rispetto al 2011) e corrispondente a circa il 41 % del totale delle entrate correnti. Il finanziamento in riferimento si esaurisce con l’anno in corso;

·       contribuzioni a carico delle imprese tenute all’obbligo di comunicazione delle operazioni di concentrazione (ai sensi dell’art. 10, comma 7-bis, della legge n. 287/1990), pari per il 2012 a circa 13 milioni di euro (importo stimato in crescita di circa 2 milioni di euro rispetto al 2011), corrispondente a circa il 22% del totale delle entrate correnti;

·       quota parte (pari a 50 mila euro) delle sanzioni irrogate ai sensi della normativa in tema di tutela del consumatore (art. 9, comma 1, del DL n. 207/2008). Il volume complessivo di tale importo è quantificabile per il 2012 in 4,5 milioni di euro (invariato rispetto al 2011) e corrispondente a circa il 7,5% del totale delle entrate correnti.

Quanto alle voci di spesa, per il 2012, nel bilancio di previsione esse sono stimate in circa 80,8 milioni di euro.

In particolare, la RT riferisce che le spese saranno determinate dalle seguenti voci:

·       spese per il funzionamento (comprensive dei compensi ai componenti del Collegio dell’Autorità), pari ad euro 2,6 milioni (in diminuzione di 300 mila euro per effetto dell’applicazione dei tagli di spesa del decreto Tremonti e della diminuzione del numero dei componenti, da 5 a 4);

·       spese per il personale, pari a circa 32,3 milioni di euro (anche queste in diminuzione di circa 2 milioni di euro per effetto dell’applicazione dei tagli di spesa del decreto Tremonti, nonché della riduzione delle spese per il personale in posizione di comando);

·       spese per il personale in quiescenza, pari a circa 2,8 milioni di euro (in diminuzione rispetto al 2011 di 500 mila euro);

·       spese per l’acquisto di beni e servizi, stimabile in circa 11,2 milioni di euro (invariato rispetto al 2011);

·       trasferimenti allo Stato, pari a circa 600 mila euro (in applicazione del decreto Tremonti che dispone la restituzione allo Stato dei risparmi di spesa).

·       accantonamento al fondo di riserva ordinario, pari a circa 12,9 milioni di euro, che tale importo è destinato a fronteggiare minori entrate e/o maggiori spese, non prevedibili, derivanti dall’esito del contenzioso in essere circa la trasformazione del regime di IFR in TFR (disposta dal decreto Tremonti e applicata dall'Autorità ai dipendenti), nonché dall’esito dei contenziosi pendenti con i soggetti sanzionati ai sensi dei decreti legislativi nn. 145 e 146 del 2007, in materia di tutela del consumatore;

·       accantonamento al fondo di riserva straordinario, pari a circa 15,4 milioni di euro, destinato a fronteggiare futuri, eventuali, deficit di bilancio.

Le spese previste per il 2012 appaiono costituire anche il fabbisogno per il 2013. Da un lato, infatti, con l’introduzione della nuova forma di finanziamento e, pertanto, di entrare certe, non sarebbe più necessario prevedere, nel 2013, l’accantonamento al fondo di riserva straordinario della somma di 15 milioni di euro. La stessa somma, tuttavia, costituisce una stima appropriata delle maggiori spese per il funzionamento dell’Autorità derivanti dalle nuove competenze attribuitele dal provvedimento in esame. La RT afferma, quindi, che in considerazione di tale fabbisogno, in sede di prima applicazione, appare congrua la previsione che per il 2013 fissa allo 0,08 per mille del fatturato totale la misura del contributo a carico delle società di capitale con un fatturato totale pari ad almeno 50 milioni di euro. Al fine di assicurare equità tra le imprese e di non gravare eccessivamente su ciascuna impresa, la RT precisa che appare anche opportuno che il contributo massimo non sia superiore a 100 volte la misura minima. Infatti, secondo le informazioni disponibili, il numero delle società di capitale italiane con fatturato totale superiore a 50 milioni di euro è stato pari, nel 2010, a circa 5.500. Il totale dei ricavi realizzati da queste imprese è stato pari, sempre nel 2010, a circa 1.800 miliardi di euro. Sulla base dei criteri sopra esposti (0,08 per mille dei ricavi, con un contributo massimo pari a 100 volte quello minimo), il contributo totale per il 2013 sarebbe pari a circa 95 milioni di euro. Tenuto conto delle difficoltà che l’Autorità potrebbe incontrare - almeno in sede di prima esazione del contributo – e che potrebbero causare una riduzione di tale ammontare stimabile, precauzionalmente, in un 15% (con una perdita di risorse paria 14,25 milioni di euro) la somma ottenibile (80,75 milioni di euro) appare congrua alle esigenze finanziarie dell’Autorità per il 2013.

A maggior ragione essa appare certamente non inferiore al necessario laddove le attuali forme di finanziamento vengano abolite già al momento dell’entrata in vigore della legge di conversione e la nuova forma di finanziamento, invece, operi dal 2013 in poi. Per gli anni successivi, l’aliquota dello 0,08 per mille potrà essere rivista dall’Autorità con propria delibera anche al ribasso, sempre nel rispetto del limite del contributo massimo pari a 100 volte quello minimo, nonché dell’aliquota massima prevista dalla norma in esame e pari allo 0,5 per mille del fatturato risultante dall’ultimo bilancio di ciascuna impresa approvato precedentemente all’adozione della delibera. Il contributo sarà versato, a partire dal 2014, entro il 31 luglio di ciascun anno. Non è previsto, pertanto, alcun obbligo di versamento a carico delle imprese nell’anno 2013, posto che, come sopra detto, il contributo relativo a quest’anno sarà versato, anticipatamente, entro il 30 ottobre 2012.

La RT afferma, inoltre, che in ragione delle nuove competenze attribuite all’Autorità dal Decreto, appare appropriata la previsione di aumentare la pianta organica dell’Autorità di 20 unità. Tale incremento risulta, peraltro, pienamente sostenibile in ragione della possibilità di disporre di una fonte di finanziamento certa. Con riferimento alle disposizioni relative al finanziamento ed alle risorse dell’Autorità, la RT precisa che il bilancio di previsione dell’Autorità per il 2012 prevede spese per 80,8 milioni di euro. Di queste, 15,4 milioni sono destinati al fondo volto a coprire i presunti futuri squilibri finanziari, che si verificherebbero in assenza di modifiche normative. Pertanto, al netto di tale fondo, le spese dell’Autorità per il 2012 devono essere stimate in circa 65,4 milioni di euro. Sulla base dei dati disponibili risulta che l’ammontare degli introiti derivanti per l’Autorità dalla disposizione è stimabile in circa 95 milioni di euro. Sebbene l’importo concretamente incassato (80,75 milioni di euro) dall’Autorità, in una fase di prima applicazione, potrebbe risultare inferiore alla stima prodotta, a causa di fenomeni iniziali di elusione e/o evasione, il costo delle 20 unità di personale aggiuntivo è stimabile in circa 2 milioni di euro, e risulta congruo rispetto alle entrate concretamente prevedibili.

La stima del costo delle 20 unità di personale è ottenuta dalla somma del costo di due unità di personale con la qualifica di dirigente di livello intermedio (D9), di 16 unità di funzionario di livello intermedio (F 9) e di due unità con la qualifica di operativo di livello intermedio (C l), per un costo complessivo annuo pari circa 2 milioni di euro ripartito secondo le diverse qualifiche delle summenzionate unità di personale.

 

RUOLO/QUALIFICA

N. UNITA’

COSTO COMPLESSIVO

(milioni euro)

Dirigenti D 9

2

0,37

Funzionari F 9

16

1,51

Operativi C 1

2

0,11

TOTALE

20

1.99

 

Al riguardo, con riferimento all’incremento di 20 unità della pianta organica dell’Autorità di garanzia della concorrenza e del mercato (comma 3) si evidenzia che l’articolo 17, comma 7, della legge n. 196/2009 (legge di contabilità e finanza pubblica) prevede che le disposizioni legislative in materia di pubblico impiego debbano contenere un quadro analitico di proiezioni finanziarie, almeno decennali. Al contrario, la RT quantifica l’onere connesso al suddetto incremento (pari a circa 2 milioni di euro annui) utilizzando parametri di riferimento medi. Sul punto andrebbero acquisiti dati ed elementi di quantificazione che consentano di valutare la proiezione temporale del suddetto onere con specifico riferimento alla dinamica della carriera economica del suddetto personale.

Si rammenta che in base all’art. 11, comma 2, della legge n. 287/1990, il trattamento giuridico ed economico del personale dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, nonché l'ordinamento delle relative carriere, sono parametrati su quelli in vigore presso la Banca d'Italia.

Con riguardo, infine, alla nuova modalità di finanziamento dell’Autorità (contributo dello 0,08 per mille del fatturato delle società di capitale con ricavi annui pari a 50 milioni di euro) introdotta dalla norma (comma 1, cpv. 7-ter) in sostituzione, a decorrere dal 2013, di quelle previste a legislazione vigente (trasferimenti dallo Stato, trasferimenti da altre Authorities, contributi connessi alle operazioni di concentrazione e quota di sanzioni irrogate per violazione di norme a tutela del consumatore), si evidenzia che questa - in base alle ipotesi prudenziali utilizzate dalla RT - appare suscettibile di assicurare lo svolgimento delle attività istituzionali della Autorità e di determinare, inoltre, effetti positivi sulla finanza pubblica, essendo associata, tra l’altro, alla soppressione (comma 2) del trasferimento a carico del bilancio dello Stato[23]. A quest’ultimo riguardo, al fine di escludere, al contrario, effetti di maggior onere sui saldi di finanza pubblica, andrebbe confermato che la citata minore spesa è, comunque, in grado di compensare anche l’eventuale minore gettito potenzialmente derivante dalla deducibilità di una maggiore quota di contributi da parte delle imprese che saranno tenute al finanziamento dell’Autorità.

 

ARTICOLO 5-ter

Segnalazione normativa al Parlamento da parte dell’Antitrust e rating di legalità.

La norma attribuisce all’Autorità della concorrenza e del mercato  il compito di segnalare al Parlamento le modifiche normative necessarie per la promozione di principi etici nei comportamenti aziendali e di elaborare un rating di legalità per le imprese operanti nel territorio nazionale, utile ai fini  della concessione di finanziamenti pubblici.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma in esame effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La nota tecnica, relativa al maxiemendamento approvato al Senato, afferma che la disposizione non comporta oneri in quanto si tratta di specificazioni di attività già rientranti nelle competenze istituzionali dell’Autorità cui si provvede con le risorse più in generale previste a legislazione vigente.

 

Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare, considerato quanto evidenziato nella RT, nonché alla luce di quanto disposto dall’articolo 5-bis del provvedimento in esame che, in ragione delle nuove competenze attribuite all’Antitrust da una serie di norme del medesimo provvedimento, ha disposto l’incremento della relativa pianta organica di 20 unità.

 

ARTICOLO 6

Azione di classe a tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti

La norma reca una serie di modifiche ed integrazioni all’art. 140-bis, del D.lgs. n. 206/2005 (Codice del consumo) prevedendo, tra l’altro, che per l’attivazione della class action in materia di tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti non è più richiesta l’identità del diritto dei ricorrenti, bensì la loro omogeneità.

Si evidenzia che l’art. 1, comma 1, del D.lgs. n. 198/2009[24], in materia di azione collettiva nei confronti di amministrazioni e dei concessionari di pubblici servizi, prevede che i titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralità di utenti e consumatori possono agire in giudizio nei confronti dei summenzionati soggetti, se derivi una lesione diretta, concreta ed attuale dei propri interessi, dalla violazione di termini o dalla mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamento, dalla violazione degli obblighi contenuti nelle carte di servizi ovvero dalla violazione di standard qualitativi ed economici.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma in esame effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica, relativa al testo originario del provvedimento in esame, con riguardo alla norma in riferimento, afferma che la disposizione interviene a modificare il Codice del consumo, introducendo nuovi criteri per l’esercizio delle azioni di classe, specificando, tra l’altro, i diritti spettanti ai consumatori.

La RT afferma, inoltre, che la norma – finalizzata alla maggior tutela degli interessi dei consumatori, laddove la precedente normativa risultava di difficile applicazione e in contrasto con la ratio della legge - non comporta effetti finanziari.

 

La nota tecnica, relativa al maxiemendamento approvato al Senato, ribadisce che la disposizione ha un rilievo esclusivamente procedurale, introducendo nuovi criteri per l’esercizio delle azioni di classe già previste dal Codice del consumo, chiarendo le modalità di tutela giurisdizionale collettiva dei consumatori, senza introdurre alcuna aggravio per gli Uffici giudiziari e senza incidere sulla vigente disciplina dei diritti dovuti per l’azione in giudizio. La norma non determina, pertanto, nessun effetto finanziario.

 

Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare, alla luce di quanto evidenziato nella documentazione tecnica fornita dal Governo e considerato che l’omogeneità delle situazioni soggettive lese quale presupposto per l’esercizio dell’azione di classe è già prevista nell’ordinamento con riguardo all’azione in giudizio nei confronti delle amministrazioni pubbliche e dei concessionari di servizi pubblici[25].

 

ARTICOLO 7

Tutela delle microimprese

Le norme modificano e integrano gli articoli 18 e 19 del D. Lgs. 206/2005 (Codice del consumo).

In particolare, le disposizioni introducono la lettera d-bis) dell’articolo 18, comma 1 del D. Lgs. 206/2005 (Codice dei consumi), recante la definizione di “microimpresa”, relativamente alle pratiche commerciali e alla relativa tutela dei consumatori. Si estendono quindi gli strumenti di tutela previsti in materia di pratiche ingannevoli e pubblicità anche alle imprese di minore dimensione, cioè alle imprese che esercitano un'attività economica artigianale e altre attività a titolo individuale o familiare.

Si segnala che le modifiche apportate al Senato specificano la definizione di “microimprese”, includendovi i soggetti che esercitano attività economica, a prescindere dalla forma giuridica, anche a titolo individuale o familiare, occupando meno di 10 persone e realizzando un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di euro.

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica riferita al testo originario afferma che le disposizioni sono finalizzate a rafforzare, nell’attuale fase di crisi economica, gli strumenti di tutela a favore delle imprese di minori dimensioni, estendendo le tutele previste dal Codice dei consumi in favore dei soli consumatori persone fisiche anche alle microimprese. Le norme - che sono quindi volte a una più diffusa tutela del consumatore, parificando di fatto la piccola impresa al consumatore singolo – non comportano effetti finanziari.

La RT riferita al maxiemendamento afferma che le modifiche apportate precisano che la definizione di microimpresa viene mutuata dalla definizione contenuta nella normativa comunitaria; non si prevede, pertanto, alcun nuovo o ulteriore adempimento che comporti spese a carico del pubblico erario.

 

Al riguardo, non vi sono osservazioni da formulare in merito ai profili di quantificazione, attesa la natura ordinamentale delle norme in esame.

 

ARTICOLO 8

Contenuto delle carte di servizio

Le norme dispongono che le carte di servizio, nel definire gli obblighi cui sono tenuti i gestori dei servizi pubblici, anche locali, o di un’infrastruttura necessaria per l’esercizio di attività di impresa o per l’esercizio di un diritto della persona costituzionalmente garantito, indichino in modo specifico i diritti, anche di natura risarcitoria, che gli utenti possono esigere nei confronti di detti gestori (comma 1).

Le Autorità indipendenti di regolazione e gli enti pubblici comunque dotati di competenze di regolazione sui servizi pubblici, anche locali, definiscono gli specifici diritti interessati dalle norme, al fine di tutelare i diritti dei consumatori e degli utenti dei servizi pubblici locali e di garantire la qualità, l’universalità e l’economicità delle relative prestazioni, come specificato nelle modifiche introdotte durante l’esame al Senato (comma 2).

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica afferma che la norma integra in dettaglio il contenuto minimo delle cosiddette carte di servizio, stabilendo in modo specifico i diritti, anche di natura risarcitoria, che i consumatori e le imprese utenti possono esigere nei confronti del servizio. La disposizione, finalizzata a una più diffusa tutela del consumatore, non comporta effetti finanziari.

La RT riferita al maxiemendamento afferma che le modifiche sono limitate ad illustrare gli obiettivi verso cui tendono le disposizioni in esame.

 

Al riguardo, si osserva che le norme sembrano suscettibili di determinare potenziali maggiori oneri risarcitori nei confronti dei gestori di servizi pubblici. Qualora gli stessi appartengano ad enti riconducibili al perimetro delle amministrazioni pubbliche, ai fini del conto economico consolidato, potrebbero determinarsi effetti finanziari negativi per la finanza pubblica. Sul punto appare opportuno acquisire l’avviso del Governo.

 

ARTICOLO 9

Disposizioni sulle professioni regolamentate

Le norme abrogano le tariffe delle professioni regolamentate (comma 1).

Nel caso di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, il compenso del professionista è determinato con riferimento a parametri stabiliti con decreto del ministro vigilante. Con decreto interministeriale[26] sono stabiliti i parametri per oneri e contribuzioni alle casse professionali e agli archivi precedentemente basati sulle tariffe. Il decreto deve salvaguardare l’equilibrio finanziario, anche di lungo periodo, delle casse previdenziali professionali[27] (comma 2).

La durata del tirocinio previsto per l’accesso alle professioni regolamentate non potrà essere superiore a diciotto mesi e per i primi sei mesi, potrà essere svolto in concomitanza col corso di studio per il conseguimento della laurea di primo livello o della laurea magistrale o specialistica (comma 6).

Le disposizioni in materia di tirocinio non si applicano alle professioni sanitarie per le quali resta confermata la normativa vigente.

E’ stabilito che dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (comma 8).

 

La relazione tecnica si limita a ribadire il contenuto delle norme. La relazione afferma, inoltre, che le norme, avendo carattere ordinamentale, non comportano effetti per la finanza pubblica.

 

La relazione tecnica predisposta dal Governo a corredo del maxiemendamento non fornisce ulteriori elementi di valutazione.

 

Si rammenta che la 5ª Commissione del Senato ha reso parere non ostativo sul testo licenziato dalla 10ª Commissione condizionato, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, ad alcune modifiche. In particolare è stata ravvisata la necessità di prevedere che il decreto di cui al comma 2 debba salvaguardare l'equilibrio finanziario, anche di lungo periodo, delle casse previdenziali professionali.

Dal dibattito emerge che l’equilibrio finanziario verrebbe compromesso dall’abrogazione delle tariffe professionali.

 

Al riguardo si rileva che anche se la relazione tecnica attribuisce carattere ordinamentale alle norme in questione, tuttavia si è ravvisata l’opportunità di inserire una clausola di neutralità finanziaria. Appare, pertanto, opportuno, anche al fine di comprendere l’effettiva portata delle disposizioni in esame, che il Governo chiarisca da quali fattispecie disciplinate dalle disposizioni in esame possano discendere oneri e quali siano gli strumenti che garantiscano la neutralizzazione di tali effetti pregiudizievoli per la finanza pubblica.

Con riferimento alle modifiche introdotte in conseguenza del parere espresso dalla  Commissione bilancio del Senato - le quali sembrano prevedere che il decreto di cui al comma 2 nel fissare i parametri per la contribuzione debba salvaguardare l'equilibrio finanziario, anche di lungo periodo, delle casse previdenziali professionali – andrebbe preliminarmente chiarito se tale disposizione si applichi a tutti i corrispettivi per prestazioni professionali o si limiti a disciplinare le liquidazioni di competenze professionali conseguenti ad una pronuncia giurisdizionale. Ciò premesso, appare opportuno acquisire un chiarimento dal Governo sulle conseguenze finanziarie per le pubbliche amministrazioni derivanti dalla determinazione per decreto della parte contributiva tesa a garantire l’equilibrio delle casse previdenziali.

 

ARTICOLO 10

Patrimonio dei Confidi

Normativa vigente. Il comma 7 dell’articolo 39 del DL n. 201/2011 dispone, con riferimento alla patrimonializzazione dei Confidi, che al capitale sociale dei confidi e delle banche che esercitano prevalentemente attività di garanzia collettiva dei fidi a favore dei soci possono partecipare, anche in deroga alle disposizioni di legge che prevedono divieti o limiti di partecipazione, imprese non finanziarie di grandi dimensioni ed enti pubblici e privati, purché le piccole e medie imprese socie dispongano almeno della metà più uno dei voti esercitabili nell'assemblea e la nomina dei componenti degli organi che esercitano funzioni di gestione e di supervisione strategica sia riservata all'assemblea.

La norma, modificata nel corso dell’esame in prima lettura al Senato, dispone che il comma 7 sopra richiamato si applichi anche ai Confidi costituiti tra liberi professionisti, ai sensi della legge n. 326/2003.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica al maxiemedamento, precisa che la disposizione si limita a consentire ai liberi professionisti di partecipare al patrimonio dei Confidi, mutuando le misure previste per le piccole e medie imprese socie, in relazione ai tratti di attività economica imprenditoriale comuni alle attività professionali. La RT afferma, quindi, che la disposizione in esame non comporta nessuna conseguenza per gli oneri e le entrate del pubblico erario ed è priva di effetti per la finanza pubblica.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

ARTICOLO 11, commi 1-11

Disposizioni in materia di distribuzione territoriale delle farmacie e di titolarità

Le norme, nel testo originario, disponevano, tra l’altro, l’aumento del numero delle autorizzazioni all’apertura delle farmacie (1 ogni 3.000 abitanti); il bando di concorsi straordinari regionali per la copertura delle nuove farmacie e di quelle vacanti; la possibilità di istituire farmacie presso stazioni ferroviarie, aeroporti, aree di servizio autostradali, centri commerciali; la possibilità della gestione associata delle farmacie; la liberalizzazione degli orari di apertura e degli sconti sui prodotti venduti; l’istituzione presso l’ENPAF di un fondo di solidarietà per garantire un reddito minimo ai farmacisti che operano in centri con meno di 1.000 abitanti.

Le norme, come modificate dal Senato, prevedono, tra l’altro:

­      la determinazione del numero delle farmacie in misura pari a 1 ogni 3.300 abitanti[28] (comma 1, lettera a);

­      la possibilità per le regioni di istituire farmacie nelle stazioni ferroviarie, negli aeroporti internazionali, nelle stazioni marittime, nelle aree di servizio autostradali, nei centri commerciali. Tali farmacie, fino al 2022, sono offerte in prelazione  ai comuni in cui le stesse hanno sede (commi 1, lettera b, e 10);

­      l’identificazione da parte dei comuni delle zone nelle quali collocare le nuove farmacie, in modo da garantire anche l’accessibilità al servizio farmaceutico nelle aree scarsamente abitate nonché la revisione annuale del numero delle farmacie spettanti a ciascun comune (commi 1, lettera c), e 2);

­      la conclusione entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, del concorso straordinario e dell’assegnazione delle nuove sedi farmaceutiche e di quelle vacanti (comma 3);

­      l’istituzione da parte di ciascuna regione di una commissione esaminatrice ai fini dell’assegnazione delle nuove farmacie messe a concorso (comma 4);

­      la possibilità di apertura delle farmacie anche in orari diversi da quelli obbligatori e la possibilità di praticare sconti sui prezzi di tutti i tipi di farmacie prodotti venduti e pagati direttamente dai clienti[29] (comma 8).

 

La relazione tecnica al testo originario precisava che le disposizioni non comportano effetti per la finanza pubblica.

 

La relazione tecnica al maxiemendamento, con riferimento al comma 3 (bando di un concorso straordinario per l’assegnazione delle nuove sedi farmaceutiche), precisa che la disposizione non ha effetti finanziari in quanto si limita ad apportare modifiche di natura prevalentemente procedimentale e volte ad individuare con precisione i termini per i concorsi.

 

Al riguardo appaiono necessari chiarimenti dal Governo sugli eventuali effetti finanziari a carico della finanza pubblica connessi alla possibilità sia erogata l’indennità di residenza, prevista dall’articolo 2 della legge n. 221/1968, che alle nuove farmacie che, in base alle disposizioni in esame, saranno aperte in comuni con meno di 5.000 abitanti.

Tale indennità, sulla base dell’articolo 8 della legge n. 221/1968, è finanziata, tra l’altro, da un contributo a carico delle farmacie non rurali e da un concorso a carico dello Stato.

Appare necessario un chiarimento del Governo anche sugli eventuali effetti a carico della finanza pubblica della disposizione che attribuisce ai comuni il diritto di prelazione per l’assegnazione delle nuove farmacie, in quanto la normativa vigente (articolo 2, comma terzo, della legge n. 221/1968) prevede l’erogazione, ai comuni che gestiscono una farmacia classificata come rurale[30], di un contributo annuo a carico dello Stato pari alla predetta indennità di residenza.

Infine, appare opportuno un chiarimento in merito agli eventuali effetti finanziari connessi alla istituzione, in ciascuna regione, di una commissione esaminatrice per l’assegnazione delle nuove sedi farmaceutiche (comma 4), con riferimento ai suoi componenti e all’eventuale corresponsione di rimborsi spese e gettoni di presenza.

 

ARTICOLO 11, commi 12 - 15

Disposizioni in materia di prescrizione dei farmaci

Le norme, modificate dal Senato, dispongono:

­      l’obbligo per il farmacista di fornire il medicinale prescritto solo quando non esista un farmaco equivalente a prezzo più basso, nel caso in cui il medico prescrittore non abbia indicato nella ricetta la non sostituibilità del farmaco e salvo diversa richiesta del cliente (comma 12, primo e secondo periodo);

­      l’individuazione da parte dell’AIFA delle confezioni ottimali dei farmaci, in funzione delle patologie da trattare e il conseguente obbligo per il medico di tenerne conto nella propria prescrizione (comma 12, terzo e quarto periodo);

­      l’estensione della possibilità di vendita dei farmaci di fascia C senza obbligo di ricetta anche negli esercizi commerciali[31]. I medesimi esercizi commerciali sono altresì autorizzati ad allestire preparazioni galeniche officinali che non prevedono la presentazione della ricetta medica (commi 13 e 15);

­      l’estensione agli esercizi commerciali della possibilità di vendere al dettaglio medicinali veterinari, ancorché dietro presentazione di ricetta medica, se prevista come obbligatoria[32] (comma 14).

 

La relazione tecnica al maxiemendamento precisa che le norme favoriscono il ricorso ai farmaci generici e una razionalizzazione delle attuali modalità di confezionamento dei farmaci, consentendo in prospettiva una minore spesa a carico della finanza pubblica, allo stato non quantificabile ma certamente molto rilevante.

 

Al riguardo, con riferimento alle disposizioni in materia di dispensabilità di farmaci equivalenti, non si hanno rilievi da formulare dal momento che rimane invariata l’attuale normativa in base alla quale, in caso di dispensazione della specialità medicinale anche in presenza del farmaco equivalente a minor prezzo, la differenza rispetto al tetto rimborsabile dal SSN è a carico del cliente[33].

Con riferimento alle restanti disposizioni, non si hanno rilievi da formulare dal momento che appaiono di natura ordinamentale.

 

ARTICOLO 11, commi 16 e 17

Disposizioni in materia di gestione delle farmacie

Le norme, introdotte dal Senato, prevedono:

­      il rinvio al rinnovo dell’accordo collettivo nazionale per la definizione, in relazione al fatturato della farmacia a carico del SSN nonché ai nuovi servizi affidati alla farmacia[34], della dotazione minima di personale di cui la farmacia deve disporre ai fini del mantenimento della convenzione con il SSN (comma 16);

­      la possibilità di mantenere la direzione della farmacia privata fino al raggiungimento del requisito di età pensionabile da parte del farmacista iscritto all’albo professionale (comma 17).

 

La relazione tecnica al maxiemendamento non considera le disposizioni in esame.

 

Al riguardo non si hanno rilievi da formulare, dal momento che le disposizioni hanno natura ordinamentale e non appaiono introdurre nuove fattispecie di spesa a carico della finanza pubblica.

 

ARTICOLO 12

Incremento del numero dei notai e concorrenza nei distretti

Le norme, tra l’altro, prevedono che:

·       la tabella notarile[35] che determina il numero e la residenza dei notai sia aumentata di cinquecento posti (comma 1);

·        con successivo decreto del Ministro della giustizia[36] i posti di cui al comma 1 siano distribuiti nei distretti e nei singoli comuni in essi compresi, secondo i parametri di cui all’articolo 4, comma 1, della legge n. 89/1913 (comma 2);

L’art. 4, della legge n. 89/1913, prevede che il numero e la residenza dei notai per ciascun distretto sia determinato con decreto del Ministro della giustizia emanato, uditi i Consigli notarili e le Corti d'appello, tenendo conto della popolazione, della quantità degli affari, della estensione del territorio e dei mezzi di comunicazione, e procurando che di regola ad ogni posto notarile corrispondano una popolazione di almeno 7.000 abitanti ed un reddito annuo, determinato sulla media degli ultimi tre anni, di almeno 50.000 euro di onorari professionali repertoriali (comma 1). La tabella che determina il numero e la residenza dei notai deve, udite le Corti d'appello e i Consigli notarili, essere rivista ogni sette anni, e può essere modificata parzialmente anche entro un termine più breve, quando ne sia dimostrata l'opportunità (comma 2);

·       entro il 31 dicembre 2012 sono espletate le  procedure del concorso per la nomina a 200 posti di notaio bandito con decreto direttoriale del 28 dicembre 2009, nonché dei concorsi per la nomina a 200 e 150 posti di notaio banditi, rispettivamente, con decreti del 27 dicembre 2010 e del 27 dicembre 2011, per complessivi 550 nuovi posti da notaio. Entro il 31 dicembre 2013 è bandito un ulteriore concorso pubblico per la nomina fino a 500 posti di notaio[37]. Entro il 31 dicembre 2014 è bandito un ulteriore concorso pubblico per la nomina fino a 500 posti di notaio[38]. All’esito della copertura dei posti di cui al presente articolo, la tabella notarile che determina il numero e la residenza dei notai, udite le Corti d'appello e i Consigli notarili, viene rivista ogni tre anni. A decorrere dal 2015, è comunque bandito un concorso annuale, da concludere con la nomina dei notai entro l’anno successivo dalla data di pubblicazione del relativo bando, per la copertura di tutti i posti che si rendono disponibili (comma 3).

Viene previsto, infine, che dall’articolo in esame non devono derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato (comma 9).

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alle norme effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica, relativa al testo originario del provvedimento, afferma che le norme prevedono la revisione della tabella notarile con l’incremento di cinquecento posti del numero di notai. Con riferimento al comma 3, La RT segnala che le spese per l’organizzazione dei concorsi già banditi, per complessivi 550 posti, gravano sugli ordinari stanziamenti di bilancio del Dipartimento Affari di giustizia del Ministero della giustizia, sul capitolo 1250 piano di gestione 10.

La RT, in particolare, segnala che le procedure concorsuali indette con decreto direttoriale del 28 dicembre 2009 per 200 posti, sono già state espletate, mentre quelle relative al concorso indetto con decreto direttoriale 27 dicembre 2010 per 200 posti e quelle relative al concorso indetto con decreto direttoriale 27 dicembre 2011 per 150 posti, saranno avviate rispettivamente nel mese di febbraio p.v. ed alla fine dell’anno 2012. Con riferimento, infine, agli ulteriori concorsi pubblici per la nomina fino a 500 posti da bandire entro il 31 dicembre 2013 ed entro il 31 dicembre 2014, la RT evidenzia che questi potranno essere fronteggiati con le risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, a valere sul capitolo di bilancio 1250. p.g. 10, del Ministero della giustizia.

La RT, specifica – nella tabella riportata a seguire - le voci di spesa previste per l’organizzazione di ciascuno dei nuovi concorsi da bandire:

 

(euro)

Allestimento aule

350.000

Cancelleria

40.000

Facchinaggio

30.000

Gettoni per vigilanza e segretari

48.000

Rimborso spese per i commissari fuori sede

150.000

Compenso commissari

30.000

TOTALE

648.000

 

La relazione tecnica, relativa al maxiemendamento approvato al Senato, afferma che la disposizione non ha effetti finanziari in quanto si limita ad apportare modifiche di natura prevalentemente procedimentale e volte ad individuare con precisione i termini per i concorsi.

 

Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare, considerato quanto evidenziato nel corso della trattazione del provvedimento in esame in prima lettura al Senato.

Nello specifico, durante l’esame in 5^ Commissione al Senato è stata richiesta[39] conferma dell'effettiva disponibilità delle risorse necessarie per l’espletamento dei concorsi notarili in riferimento ed è stato chiesto, altresì, di valutare l'opportunità di inserire la copertura finanziaria del relativo onere – come quantificato dalla RT - nel testo della disposizione. Nella documentazione del Dipartimento della Ragioneria a dello Stato depositata dal Governo in 5^ Commissione[40] in risposta alle osservazioni formulate, con riguardo alla norma in esame, è stato affermato di non condividere la necessità di indicare la copertura dell’onere nel testo; ciò in quanto il capitolo indicato nella RT, oltre ad avere le necessarie disponibilità, ha tra le proprie finalità quella di provvedere alle predette procedure che, comunque, vengono bandite a scadenze temporali piuttosto regolari per un numero di posizioni non precisamente definibile a priori. Nel caso di specie, pertanto, il previsto incremento del numero delle posizioni poste a concorso non comporta maggiori effetti finanziari.

 

In merito ai profili di copertura finanziaria, si osserva che –anche se l’articolo 12 reca disposizioni di natura prevalentemente procedimentale e volte a chiarire i termini concorsuali - appare opportuno acquisire l’avviso del Governo in ordine alla possibilità che la clausola di invarianza di cui al comma 9 faccia riferimento al più ampio aggregato della finanza pubblica, anziché a quello del bilancio dello Stato. Tale chiarimento appare opportuno dal momento che la Cassa nazionale del notariato è ricompresa nell’elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato redatto dall’Istat ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge n. 196 del 2009.

 

ARTICOLO 13

Misure per la riduzione del prezzo del gas naturale per i clienti vulnerabili

La norma, al fine di adeguare ai valori europei i prezzi di riferimento del gas naturale per i clienti vulnerabili[41], prevede che a decorrere dal primo trimestre successivo all'entrata in vigore del decreto-legge, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas introduca progressivamente, tra i parametri in base ai quali è disposto l'aggiornamento dei corrispettivi variabili a copertura dei costi di approvvigionamento di gas naturale, anche il riferimento, per una quota gradualmente crescente, ai prezzi del gas rilevati sul mercato.

In attesa dell'avvio del mercato del gas naturale di cui all'articolo 30, comma 1, della legge 23 luglio 2009, n. 99, i mercati di riferimento da considerare sono i mercati europei individuati ai sensi dell'articolo 9, comma 6, del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 130.

 

Il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del provvedimento non ascrive effetti alla norma in esame.

 

La relazione tecnica, nel richiamare la definizione di soggetti considerati vulnerabili ai fini della norma stessa (clienti domestici, utenze relative ad attività di servizio pubblico, tra cui ospedali, case di cura e di riposo, scuole, carceri, strutture con funzioni di assistenza, clienti con consumo non superiore a 50.000 metri cubi annui), sottolinea che la disposizione non comporta effetti finanziari per lo Stato ed è volta, attraverso la riduzione dei costi, a conseguire un beneficio per gli utenti.

 

Nulla da osservare al riguardo, in merito all’assenza di effetti diretti per la finanza pubblica.

Si segnala che, nel corso dell’esame del provvedimento presso il Senato, è stata segnalata l’opportunità di valutare una pluralità di effetti indiretti potenzialmente derivanti da una riduzione del prezzo del gas per un’ampia platea dei soggetti:

-         effetti di minore gettito fiscale, sia a titolo di IVA, sia per il minore fatturato delle imprese di distribuzione, parzialmente controbilanciati da effetti di maggior gettito, per la diminuzione dei costi per i soggetti IRES (ad esempio case di cura e riposo e scuole private);

-         risparmi a titolo di consumi intermedi per le pubbliche amministrazioni incluse tra i beneficiari (scuole, ospedali, carceri ecc.);

-         effetti macroeconomici connessi all'impiego del maggior reddito disponibile che deriverebbe dai minori costi connessi con il consumo del gas (maggiore IVA per consumi durevoli; maggiori risparmi; etc.).

 

ARTICOLO 14

Misure per ridurre i costi di approvvigionamento di gas naturale per le imprese

La norma dispone che le capacità di stoccaggio che si rendono disponibili, sono assegnate per l'offerta alle imprese industriali, alle imprese di servizi integrati per consentire l’approvvigionamento diretto di gas naturale dall'estero (trasporto a mezzo gasdotti esteri, rigassificazione, servizio di stoccaggio di gas naturale) e alle imprese di rigassificazione. Tali servizi sono offerti dalle imprese di settore in regime regolato con modalità definite dall'AEEG.

Il Senato ha disposto che, al fine di promuovere la sicurezza degli approvvigionamenti e la riduzione dei costi del gas naturale, Il Ministero dello sviluppo economico, l’AEEG, anche attraverso l’impresa maggiore di trasporto, monitorino il grado di utilizzo dei gasdotti esteri, al fine di garantire l’allocazione coordinata delle capacità lungo tali gasdotti.

Il Senato ha inoltre disposto che all’attuazione dell’articolo in esame le amministrazioni interessate provvedano nell’ambito delle risorse umane finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

 

Il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del provvedimento non considera la norma in esame.

 

La relazione tecnica riferita al testo originario afferma che la norma mira a far sì che le maggiori capacità di stoccaggio di gas naturale, attualmente accessibili ai soli venditori di gas al mercato civile, siano destinate anche al settore industriale, al fine di consentire l'approvvigionamento a prezzi più bassi. Si tratta, pertanto, di disposizioni che non comportano effetti finanziari per il bilancio dello Stato.

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento approvato al Senato, nel descrivere la disposizione, sottolinea che la stessa non comporta effetti per il bilancio dello Stato in quanto le attività previste sono svolte con risorse umane strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

ARTICOLO 15

Disposizioni in materia di separazione proprietaria

La norma fissa nel 31 maggio 2012 il termine per emanare il D.P.C.M. relativo alla definizione dei criteri cui deve conformarsi la società SNAM S.p.A per adottare, entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge in esame il modello di separazione proprietaria[42], in modo da assicurare la piena terzietà della società SNAM s.p.a. dalla maggiore impresa di produzione e vendita di gas, nonché dalle imprese verticalmente integrate di produzione e fornitura di gas naturale e di energia esettrica.

 

Il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del provvedimento non considera la norma in esame.

 

La relazione tecnica riferita al testo originario sottolinea che la norma è di natura ordinamentale e non comporta effetti finanziari per il bilancio dello Stato.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento approvato al Senato sottolinea che la norma mira a dare attuazione alla direttiva 2009/73/CE in materia di separazione della rete di trasporto rispetto alle società verticalmente integrate, attuando la separazione di tutti gli asset regolati (trasporto, stoccaggio, rigassificazione e distribuzione) attualmente raggruppati nella holding SNAM, detenuta per oltre il 50% da ENI. Le operazioni di separazione saranno effettuate entro 18 mesi dalla legge di conversione, tempo giudicato sufficientemente congruo.

 La relazione ribadisce il carattere ordinamentale della disposizione e sottolinea che i compiti attribuiti all’AEEG  rientrano nei normali compiti dell’Autorità e verranno svolti con le risorse previste a legislazione vigente.

 

Nulla da osservare al riguardo, nel presupposto che i nuovi termini definiti dalla norma in esame siano compatibili con quanto previsto dalla disciplina comunitaria.

 

ARTICOLO 16

Sviluppo di risorse energetiche e minerarie nazionali strategiche

La norma prevede che, al fine di favorire nuovi investimenti di ricerca e sviluppo delle risorse energetiche nazionali strategiche di idrocarburi, garantendo maggiori entrate erariali, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legge in esame siano stabilite, con decreto ministeriale, le modalità per individuare le effettive maggiori entrate e le modalità di destinazione di una quota delle stesse per lo sviluppo di progetti infrastrutturali e occupazionali nei territori di insediamento degli impianti produttivi e dei territori limitrofi.

 

Il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del provvedimento non considera la norma in esame.

 

La relazione tecnica riferita al testo iniziale afferma che l'attuazione di tale norma è foriera di effetti netti positivi in considerazione del fatto che le eventuali maggiori entrate correlate all'attivazione dei predetti nuovi investimenti da individuare, una volta accertate, saranno solo in parte destinate alle finalità previste dalla norma. La restante parte, pertanto, resterà acquisita all'entrata del bilancio statale a miglioramento dei saldi.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento approvato al Senato ribadisce le valutazioni già espresse.

 

Al riguardo, andrebbero forniti chiarimenti in merito alle concrete modalità applicative della disposizione e agli eventuali effetti finanziari ad essa connessi. Non appare chiaro, infatti, a quali maggiori entrate accertate faccia riferimento la norma e, in particolare, se la stessa riguardi le eventuali future maggiori entrate - derivanti da nuovi investimenti di ricerca e sviluppo nel settore degli idrocarburi ancora da realizzarsi - o si riferisca a maggiori entrate già conseguibili, correlate ad investimenti attuati in passato. Poichè infatti, in linea generale, il momento dell’effettuazione dell’investimento precede quello della realizzazione delle maggiori entrate da esso derivanti, un’eventuale ipotesi di copertura della spesa per investimento a valere sul gettito futuro eventualmente derivante dallo stesso non apparirebbe conforme alle regole di contabilità nazionale stabilite in sede europea che escludono la possibilità di attualizzazione di flussi futuri di gettito.

In proposito, la nota di risposta del Governo depositata al Senato[43] afferma che le entrate saranno individuate con un decreto interministeriale che dovrà garantire che siano maggiori entrate effettivamente realizzate e quindi potranno essere destinate alle misure di investimento solo successivamente al loro verificarsi.

Si segnala inoltre che la norma non specifica con quale procedura il decreto ministeriale, che determinerà le modalità con cui individuare la quota di maggiori entrate da destinare a finalità di spesa, verificherà che tali maggiori entrate risultino effettivamente e strutturalmente eccedentarie rispetto a quelle iscritte negli andamenti tendenziali di bilancio. 

Si segnala infatti che la destinazione a finalità di spesa delle maggiori entrate eventualmente riscontrate non aventi natura strutturale potrebbe non risultare conforme alla disciplina comunitaria, che esclude, ad esempio, tale possibilità qualora si tratti di maggiori entrate connesse alle fasi positive del ciclo (good times).

 

ARTICOLO 17

Liberalizzazione della distribuzione dei carburanti

La norma:

-        prevede che i gestori di impianti di distribuzione titolari anche dell'autorizzazione petrolifera possano rifornirsi liberamente da qualsiasi produttore o rivenditore, nel rispetto della vigente normativa nazionale ed europea e salvo rinegoziare le condizioni economiche e l'uso del marchio. A decorrere dal 30 giugno 2012 è prevista la perdita di efficacia dei patti di esclusiva per la parte eccedente il 50 per cento della fornitura complessivamente pattuita e comunque per la parte eccedente il 50 per cento di quanto erogato nel precedente anno dal singolo punto vendita. (comma 1);

-        amplia le tipologie contrattuali per la disciplina dei rapporti tra proprietari e gestori degli impianti e consente, nel rispetto della normativa nazionale e comunitaria e delle clausole negoziali eventualmente sottoscritte, le aggregazioni di gestori di impianti di distribuzione di carburante, al fine di sviluppare la capacità di acquisto all'ingrosso di carburanti, di servizi di stoccaggio e di trasporto; prevede inoltre la costituzione di un mercato all’ingrosso dei carburanti (comma 2);

-        sanziona eventuali comportamenti posti in essere dai titolari degli impianti ovvero dai fornitori allo scopo di ostacolare le facoltà attribuite dal presente articolo ai gestori (comma 3);

-        consente la somministrazione di alimenti e bevande, la vendita di periodici, tabacchi e articoli di altro genere negli impianti di distribuzione dei carburanti, a condizione che l’ente proprietario o gestore della strada verifichi il rispetto delle condizioni di sicurezza stradale (comma 4);

-        esclude che l’installazione e l’esercizio di un impianto di distribuzione di carburanti possa essere subordinato all'obbligo di presenza contestuale di più tipologie di carburanti, ivi incluso il metano per autotrazione, se tale ultimo obbligo comporta ostacoli tecnici o oneri economici eccessivi e non proporzionali alle finalità dell’obbligo (comma 5);

-        prevede misure per lo sviluppo della rete di impianti di distribuzione del metano, del biometano e del GPL per autotrazione(commi 6-10);

-        prevede che l'AEEG adotti misure affinché nei Codici di rete e di distribuzione[44], siano previste modalità per accelerare i tempi di allacciamento dei nuovi impianti di distribuzione di metano per uso autotrazione alla rete di trasporto o di distribuzione di gas, per ridurre gli stessi oneri di allacciamento, in particolare per le aree dove tali impianti siano presenti in misura limitata, nonché per la riduzione delle penali per i superamenti di capacità impegnata previsti per gli stessi impianti (comma11);

-        prevede modifiche al codice della strada riguardanti la massa a pieno carico dei veicoli con alimentazione a metano, GPL, elettrica e ibrida (commi 12-13);

-        prevede che le pubbliche amministrazioni centrali, gli enti e istituzioni da esse dipendenti o controllati e i gestori di servizi di pubblica utilità, al momento della sostituzione dei rispettivo parco autoveicoli, prevedano due lotti merceologici specifici distinti per i veicoli alimentati a metano e per i veicoli a GPL. Dall’attuazione dell’articolo in esame non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (comma 14).

 

Il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del provvedimento non considera la norma in esame.

 

La relazione tecnica riferita al testo originario evidenzia il carattere pro-concorrenziale della norma e afferma che essa non comporta effetti finanziari per il bilancio dello Stato, in quanto ha ad oggetto liberalizzazioni di carattere commerciale tra soggetti privati.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento approvato al Senato ricorda il contenuto delle modifiche introdotte, sottolineandone la neutralità per il bilancio dello Stato.

 

Al riguardo appare opportuno acquisire conferma che gli interventi dell’AEEG, finalizzati a ridurre gli oneri di allacciamento dei nuovi impianti di distribuzione di metano per uso autotrazione alla rete di trasporto o di distribuzione di gas, in particolare per le aree dove tali impianti siano presenti in misura limitata, nonché a ridurre le penali per i superamenti di capacità impegnata previsti per gli stessi impianti, possano essere effettivamente realizzati senza effetti negativi per la finanza pubblica, come previsto dalla clausola di invarianza finanziaria, introdotta dal Senato all’interno del comma 14, ma riferita all’intero articolo.

Andrebbe inoltre fornita assicurazione che l’obbligo di prevedere, in sede di sostituzione del parco autoveicoli da parte delle pubbliche amministrazioni indicate dalla norma, specifici lotti merceologici riservati ai veicoli alimentati a metano e a GPL non comprometta, stante la clausola di invarianza finanziaria, la possibilità di acquisire un numero di veicoli sufficiente rispetto alle necessità operative delle amministrazioni stesse.

 

ARTICOLO 18

Liberalizzazione degli impianti completamente automatizzati fuori dei centri abitati

La norma dispone la liberalizzazione, fuori dei centri abitati, dell'utilizzo degli impianti di distribuzione di carburanti completamente automatizzati che non richiedono la presenza fisica del gestore, prevedendo il divieto di porre vincoli o limitazioni al loro uso continuativo, anche durante l'orario di apertura.

 

Il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del provvedimento non considera la norma in esame.

 

La relazione tecnica riferita al testo originario, afferma che la norma non comporta effetti finanziari per il bilancio dello Stato, in quanto ha ad oggetto liberalizzazioni di carattere commerciale tra soggetti privati.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

ARTICOLO 19

Miglioramento delle informazioni al consumatore sui prezzi dei carburanti

La norma:

- demanda ad apposito decreto ministeriale la definizione della nuova metodologia di calcolo del prezzo medio del lunedì, da comunicare alla Commissione europea ai sensi della vigente normativa comunitaria (comma 1);

- disciplina le informazioni commerciali relative ai prezzi dei carburanti fornite tramite l'apposita cartellonistica (commi 2-4);

 

Il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del provvedimento non considera la norma in esame.

 

La relazione tecnica riferita al testo originario evidenzia la natura meramente regolatoria della norma, che non comporta effetti finanziari per il bilancio dello Stato.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

ARTICOLO 20

Fondo per la razionalizzazione della rete di distribuzione dei carburanti

La norma:

- elimina il limite del 25% dell'ammontare complessivo del Fondo per l'erogazione di contributi finalizzati alla chiusura di impianti di soggetti titolari di non più di 10 impianti e alla copertura dei costi ambientali per il ripristino dei luoghi già sede di impianti di distribuzione;

- estende da 2 a 3 anni il periodo in cui tali specifiche destinazioni sono ammesse ai contributi;

- prevede la rideterminazione sia dell'entità dei contributi erogati a valere sul Fondo che della nuova contribuzione al fondo stesso, articolandola in una componente fissa e in una variabile in funzione dei litri erogati.

 

Il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del provvedimento non considera la norma in esame.

 

La relazione tecnica riferita al testo originario, sottolinea la natura procedimentale della norma, escludendo che essa comporti effetti finanziari per il bilancio dello Stato.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

ARTICOLO 21

Disposizioni per accrescere la sicurezza, l'efficienza e la concorrenza nel mercato dell'energia elettrica

La norma:

-        prevede che, in considerazione della crescente produzione da fonte rinnovabile non programmabile, il MISE emani appositi atti di indirizzo allo scopo di contenere i costi e garantire sicurezza e qualità delle forniture di energia elettrica, anche attraverso il ricorso a servizi di flessibilità, nel rispetto dei criteri e dei principi di mercato (comma 1);

-        stabilisce che, in seguito ad apposita analisi, l'AEEG adotti le misure sui sistemi di protezione e difesa delle reti elettriche necessarie per garantire la sicurezza del sistema e definisca le modalità per la rapida installazione di ulteriori dispositivi di sicurezza sugli impianti di produzione, almeno nelle aree ad elevata concentrazione di potenza non programmabile (comma 2);

-        prevede che con i decreti di definizione dei nuovi regimi di incentivazione delle fonti rinnovabili possa essere rideterminata la data per la prestazione di specifici servizi di rete da parte delle attrezzature utilizzate in impianti fotovoltaici (comma 3);

-        modifica la normativa tecnica di riferimento per i livelli nominali di tensione dei sistemi elettrici di distribuzione in bassa tensione (commi 4 e 5);

-        al fine di facilitare la realizzazione delle infrastrutture di rete di interesse nazionale, demanda all'AEEG il compito di definire, su richiesta motivata dei Concessionari, la remunerazione relativa a specifici asset regolati (comma 6).

 

Il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del provvedimento non considera la norma in esame.

 

La relazione tecnica riferita al testo originario sottolinea che la norma mira a contrastare la tendenza alla crescita dei prezzi per l'energia elettrica. La disposizione ha natura regolatoria, per cui non comporta effetti finanziari per il bilancio dello Stato.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

ARTICOLO 22

Disposizioni per accrescere la trasparenza sui mercati dell'energia elettrica e del gas

La norma:

-        prevede che, al fine di promuovere la concorrenza nei mercati dell'energia elettrica e del gas, il Sistema informatico integrato, istituito presso l'Acquirente unico, sia utilizzato anche per la gestione delle informazioni relative ai consumi di energia elettrica e di gas dei clienti finali. L'AEEG adegua i propri provvedimenti in materia in modo da favorire la trasparenza informativa e l'accesso delle società di vendita ai dati gestiti dal Sistema informatico integrato (comma 1);

-        individua l'apparato sanzionatorio da applicarsi agli operatori di settore da parte dell'AEEG in caso di mancato o incompleto rispetto degli obblighi di comunicazione di cui al comma 1 (comma 2);

-        impone che dall'attuazione del presente non derivino nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (comma 3).

 

Il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del provvedimento non considera la norma in esame.

 

La relazione tecnica riferita al testo originario afferma che le disposizioni hanno natura procedurale e pertanto non comportano effetti per la finanza pubblica.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

ARTICOLO 23

Semplificazione delle procedure per l'approvazione del piano di sviluppo della rete di trasmissione nazionale

La norma prevede che il Piano di sviluppo della rete di trasmissione nazionale sia sottoposto annualmente alla verifica di assoggettabilità a procedura VAS[45] (comma 1). Ai fini della predetta verifica, il Piano di sviluppo della rete e il collegato rapporto ambientale evidenziano l'impatto ambientale complessivo delle nuove opere (comma 2).

 

Il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del provvedimento non considera la norma in esame.

 

La relazione tecnica riferita al testo originario evidenzia che la norma mira a ridurre i tempi di avvio delle attività e delle specifiche autorizzazioni relative ai singoli progetti di potenziamento della rete di trasmissione nazionale.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

ARTICOLO 24

Disattivazione e smantellamento dei siti nucleari

Le norme dispongono che i pareri riguardanti i progetti di disattivazione di impianti nucleari, per i quali l’autorizzazione sia stata richiesta da almeno 12 mesi, siano espressi nel termine massimo di 180 giorni, compresa una proroga su richiesta motivata da parte delle amministrazioni competenti. A tal fine, le osservazioni formulate dalle  amministrazioni sono presentate all’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento, come specificato nelle norme introdotte al Senato. In caso di mancato rilascio dei pareri, il Ministero dello sviluppo economico convoca una conferenza di servizi per concludere la procedura di valutazione entro i successivi 90 giorni (commi 1 e 2).

La SOGIN s.p.a. segnala entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame al Ministero dello sviluppo economico e alle autorità competenti le operazioni e gli interventi per i quali risulta prioritaria l’acquisizione delle relative autorizzazioni, in attesa dell’ottenimento dell’autorizzazione alla disattivazione. Il Ministero dello sviluppo economico, sentito l’ISPRA per le esigenze di sicurezza nucleare e di radioprotezione (come specificato nelle norme introdotte al Senato), valuta le priorità proposte e convoca la conferenza di servizi al fine di concludere la procedura di valutazione entro i successivi 90 giorni. Le autorizzazioni alla realizzazione dei progetti di disattivazione valgono anche quale dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza, costituiscono varianti agli strumenti urbanistici e sostituiscono ogni provvedimento amministrativo, comunque denominato, previsto dalle norme vigenti costituendo titolo all’esecuzione delle opere. Per il rilascio dell’autorizzazione alla realizzazione o allo smantellamento è fatto obbligo di richiedere il parere motivato del comune e della regione nel cui territorio ricadono le opere, fatta salva l’esecuzione della valutazione d’impatto ambientale ove prevista. La regione competente può promuovere accordi tra il proponente e gli enti locali per individuare misure di compensazione e riequilibrio ambientale, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. I progetti che insistono sul sito già interessato dall’impianto non necessitano di variante agli strumenti urbanistici ove compatibili con gli strumenti urbanistici stessi, come specificato nelle norme introdotte al Senato; negli altri casi, il consiglio comunale competente si pronuncia nella prima seduta successiva al rilascio dell’autorizzazione stessa, informandone il Ministero dello sviluppo economico (commi 3 e 4).

Si specifica altresì che l'impiego delle risorse derivanti dalla componente tariffaria con cui la SOGIN realizza il parco tecnologico, ai sensi dell’articolo 25, comma 3, del D. Lgs. 25/2010, si riferiscono solo al finanziamento della realizzazione e gestione del Parco tecnologico, comprendente il Deposito nazionale, e delle strutture tecnologiche di supporto, limitatamente alle attività funzionali allo smantellamento delle centrali elettronucleari e degli impianti nucleari dismessi, alla chiusura del ciclo del combustibile nucleare e alle attività connesse e conseguenti. Per le altre attività, dette risorse sono impiegate a titolo di acconto e recuperate mediante le entrate derivanti dal corrispettivo per l’utilizzo delle strutture del Parco tecnologico e del Deposito nazionale, secondo modalità stabilite dal Ministro dello sviluppo economico, su proposta dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, a riduzione della tariffa elettrica a carico degli utenti (comma 5).

Si ricorda che la SOGIN è stata costituita come società dell’ENEL il 1° novembre 1999 in ottemperanza al decreto di liberalizzazione del settore elettrico, per curare lo smantellamento (decommissioning) degli impianti nucleari dell’ENEL. A partire dal 2000 le azioni di tale società sono state trasferite al Ministero del tesoro che ha così preso in carico lo smantellamento del parco nucleare italiano.

Si ricorda inoltre che la SOGIN – che non rientra nel comparto della PA - finanzia le sue attività d’istituto di smantellamento delle centrali elettronucleari dismesse e dei laboratori di ricerca nucleare, nonché le attività di sistemazione del combustibile nucleare irraggiato [di cui all’articolo 13, comma 2, lettera e), del D. Lgs. 79/1999], mediante l’onere di sistema rappresentato dalla componente A2 della tariffa elettrica. Le ulteriori attività svolte dalla SOGIN (consulenza a favore di terzi nel settore nucleare) sono svolte per legge (articolo 1, comma 103, della L. 239/2004) in regime di separazione contabile.

I soggetti produttori e detentori di rifiuti radioattivi conferiscono tali rifiuti per la messa in sicurezza e lo stoccaggio al Deposito Nazionale secondo tempi e modalità tecniche definite con decreto (comma 6).

Viene infine integrato l’articolo 27, comma 1, del D. Lgs. 31/2010, specificando che la SOGIN definisce una proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee alla localizzazione del Parco Tecnologico entro 7 mesi dalla definizione dei criteri effettuata dall’AIEA e dall’Agenzia per la sicurezza nucleare (comma 7).

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica afferma, con riferimento ai commi da 1 a 4, che le disposizioni, a carattere ordinamentale, sono volte a semplificare i procedimenti amministrativi connessi alle operazione di smaltimento degli impianti nucleari e che dalle stesse non derivano effetti sui saldi di finanza pubblica.

Per quanto attiene al comma 5, la RT, oltre a descrivere la norma, afferma che dalla stessa non derivano effetti sulla finanza pubblica poiché la componente tariffaria in questione grava sulla generalità degli utenti.

 

La relazione illustrativa, ricordando che la sistemazione sicura ed efficiente dei rifiuti nucleari richiede efficaci attività di decommissioning e la realizzazione del deposito nazionale all’interno del Parco tecnologico, afferma che si tratta di investimenti pubblici notevoli la cui copertura non è onerosa per il bilancio statale, dal momento che sono finanziati con una componente della tariffa elettrica. La SOGIN, società pubblica incaricata di tali interventi, ha stimato il valore delle sole attività di smantellamento per il periodo 2011-2021 in 1,5 miliardi di opere, con una media di circa 120 milioni l’anno. La realizzazione del deposito nazionale e del Parco vale altri 2 miliardi, con incremento di occupazione qualificata stabile e non solo di cantiere.

La RT riferita al maxiemendamento afferma che le modifiche - di cui ai commi da 1 a 4 - di carattere ordinamentale sono volte a semplificare i procedimenti amministrativi connessi alle operazioni di smantellamento degli impianti nucleari e che dalle stesse non derivano effetti sui saldi di finanza pubblica.

Per quanto attiene al comma 5, oltre a ribadire il contenuto delle norme, la RT ricorda  che la componente tariffaria richiamata nelle norme grava sulla generalità degli utenti e che dalla disposizione non derivano effetti sulla finanza pubblica.

Con riferimento al comma 6, la RT nulla aggiunge al contenuto delle norme.

 

Al riguardo, con riferimento alle autorizzazioni per la realizzazione dei progetti di disattivazione, le quali valgono anche quale dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza (comma 4), si osserva che tale dichiarazione potrebbe comportare la necessità di espropri con relativi indennizzi nei confronti dei soggetti che subiscono detto procedimento di espropriazione. Si osserva altresì che le norme prevedono la possibilità per le regioni di individuare misure di compensazione e riequilibrio ambientale nei territori interessati dalle autorizzazione. Appare pertanto opportuno acquisire dati ed elementi volti a confermare la sostenibilità degli indennizzi e delle misure compensative senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, come specificato dalla norma in esame.

Con riferimento agli eventuali adempimenti aggiuntivi a carico delle amministrazioni interessate (enti territoriali, Ministero dello sviluppo economico, ISPRA) non si hanno osservazioni da formulare nel presupposto – su cui appare opportuna una conferma – che detti adempimenti siano svolti nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

ARTICOLO 24-bis.

Contributo degli esercenti dei servizi idrici a favore dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas

La legislazione vigente[46] ha previsto la soppressione dell’Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua, la cui istituzione era stata prevista dal DL 70/2011, e della Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche (chiamata a esercitare le funzioni dell’Agenzia nelle more della sua istituzione), il trasferimento all’Autorità per l’energia elettrica e il gas delle funzioni attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi idrici. In relazione a tale soppressione sono stati previsti risparmi per l’eliminazione degli organi di amministrazione e controllo per complessivi 0,37 milioni di euro annui a decorrere dal 2012 in termini di indebitamento netto. Era comunque prevista una clausola di invarianza finanziaria[47].

 

La norma modifica l'articolo 21 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, prevedendo che ai maggiori oneri derivanti dall’attribuzione all’AEEG dei compiti di regolazione e controllo dei servizi idrici, prevista dal medesimo articolo 21, comma 19, si provveda mediante un contributo, di importo non superiore all'uno per mille dei ricavi dell'ultimo esercizio, versato dai soggetti esercenti i servizi stessi, ai sensi dell'articolo 2, comma 38, lettera b), della legge 14 novembre 1995, n. 481, e successive modificazioni, e dell'articolo 1, comma 68-bis, della legge 23 dicembre 2005, n. 266. La norma prevede inoltre che, in ragione delle nuove competenze attribuite all'Autorità per l'energia elettrica e il gas ai sensi del citato comma 19, la pianta organica dell'Autorità sia incrementata di quaranta posti.

 

Il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del provvedimento non ascrive effetti alla norma in esame.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento approvato dal Senato considera la norma in esame in due parti. Nella prima sezione, illustrativa degli effetti dei singoli articoli, la relazione si limita ad affermare che la disposizione prevede un contributo a carico degli operatori del settore idrico per le spese di funzionamento dell’Autorità, allo stato non quantificato.

Nella sezione relativa alle norme non verificate positivamente, la relazione annovera il comma 19-ter dell’articolo in esame, che prevede l’incremento di 40 unità della dotazione organica dell’Autorità, per i cui profili di copertura viene osservato che non vi è coerenza tra la relazione tecnica[48] e il contenuto delle disposizioni. Inoltre viene segnalato che la relazione non quantifica gli oneri derivanti dall’incremento della dotazione organica. In merito alle risorse rinvenienti da misure di razionalizzazione viene segnalato che le stesse non sarebbero idonee a fronteggiare oneri di personale, aventi carattere permanente. Con riferimento all’innalzamento dell’aliquota del contributo a carico degli operatori del settore, ovvero all’allargamento della platea di questi ultimi, viene segnalato che non vi è una quantificazione delle maggiori entrate. Inoltre nelle norme non esiste un esatto collegamento tra quanto previsto dalle due disposizioni introdotte dall’articolo in esame (comma 19-bis che prevede il contributo a carco degli operatori e il comma 19-ter che prevede l’incremento della pianta organica).

In ultimo la relazione sottolinea che la motivazione addotta alla base dell’incremento della pianta organica, ovvero le competenze aggiuntive dovute all’assunzione delle funzioni dell’Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua, ai sensi dell’art. 21 del DL 201/2011, non trova fondamento in quanto il comma 17 del medesimo art. 21 già prevede che, per lo svolgimento di tali funzioni l’Agenzia si avvalga di personale comandato, nel limite massimo di 40 unità. L’incremento della pianta organica previsto dalla norma in esame determinerebbe pertanto un’ingiustificata duplicazione.

 

Al riguardo, oltre alle osservazioni sopra riportate, alla base della mancata verifica positiva della relazione tecnica, appare opportuno acquisire ulteriori chiarimenti. Non è chiaro infatti se la norma in esame si limiti a trasferire all’AEEG il medesimo contingente di personale di cui può già avvalersi a titolo di comando - in quanto trattasi di personale già preposto, presso soggetti pubblici soppressi, all’esercizio delle funzioni assorbite - attribuendo al contempo all’AEEG il contributo già dovuto dagli operatori del settore idrico ai predetti soggetti pubblici. Si segnala che tale circostanza non è esplicitata né dalla norma, che non menziona il trasferimento di personale attualmente adibito alle funzioni in questione presso altre amministrazioni, né dalla relazione tecnica, che non dà conto in modo puntuale dell’entità attuale del predetto personale.

Si ricorda in proposito che, nel dossier di verifica degli effetti finanziari del DL 201/2011, si era segnalato che l’assenza di rilievi sotto il profilo finanziario era subordinata al trasferimento agli enti destinatari delle risorse già attribuite agli enti soppressi, ivi comprese le modalità di contribuzione da parte delle imprese dei settori interessati.

Andrebbero comunque forniti elementi di quantificazione dei maggiori oneri derivanti dall’aumento di 40 unità della pianta organica dell’Autorità. Si segnala in proposito che la norma non specifica l’articolazione di tale contingente per qualifiche professionali e corrispondenti fasce retributive, né condiziona la copertura dei posti previsti nella pianta organica all’effettivo conseguimento delle risorse finanziarie necessarie, mediante il contributo introdotto dalla norma.

 

ARTICOLO 24-ter.

Gare per le concessioni idroelettriche

La norma proroga al 30 aprile 2012 il termine di emanazione del decreto interministeriale, previsto dall’art. 12, comma 2, del D.Lgs. n. 79/1999, per la determinazione di parametri, termini, requisiti organizzativi e finanziari, concernenti la procedura di gara  per le concessioni idroelettriche.

 

Il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del provvedimento non ascrive effetti alla norma in esame.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento approvato al Senato afferma che la disposizione ha carattere ordinamentale e non comporta effetti per la finanza pubblica.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

ARTICOLO 25

Promozione della concorrenza nei servizi pubblici locali

La norma, introduce modifiche in materia di servizi pubblici locali, volte ad accelerare la costituzione di ambiti territoriali ottimali e alla previsione di meccanismi di premialità per gli enti locali che adeguano l’ambito territoriale di erogazione dei servizi e che procedono alla messa a gara degli stessi.

In particolare la norma:

- prevede che le Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano, entro il 30 giugno 2012, organizzino lo svolgimento dei servizi pubblici locali in bacini territoriali non inferiori al territorio provinciale, in modo tale da consentire economie di scala. In caso di decorrenza infruttuosa del suddetto termine è previsto l'esercizio dei poteri sostitutivi da parte del Consiglio dei Ministri (comma 1).

Il Senato ha disposto che possano prevedersi bacini territoriali di dimensione diversa da quella provinciale motivando la scelta in base a criteri determinati;

- dispone che, a decorrere dal 2013, l'applicazione di procedure di affidamento dei servizi a evidenza pubblica da parte degli enti territoriali costituisce elemento di valutazione della virtuosità dei medesimi[49] ed elemento di priorità per l’attribuzione di risorse finalizzate allo sviluppo territoriale[50] (commi 2 - 4)

Il Senato ha previsto che anche l’adozione di strumenti di tutela dell’occupazione costituisca elemento di valutazione dell’offerta (comma 2);

- ribadisce l’assoggettamento al patto di stabilità interno delle società in house, con modalità da stabilirsi con decreto (comma 5);

- assoggetta al patto di stabilità interno anche le aziende speciali e le istituzioni, a decorrere dall'anno 2013, prevedendo che alle stesse si applichino le disposizioni del codice dei contratti pubblici nonché quelle che stabiliscono, a carico degli enti locali, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale, contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o indennitaria e per consulenze anche degli amministratori, nonché tutte le norme che costituiscono, comunque, principi di coordinamento della finanza pubblica. Le misure descritte non si applicano alle aziende speciali e istituzioni che gestiscono servizi socio-assistenziali ed educativi, culturali e farmacie.

Vengono inoltre introdotte misure volte al rafforzamento dei principi di concorrenza e di libera prestazione dei servizi, tra cui:

•      poteri più cogenti all’Autorità garante della concorrenza e del mercato nella valutazione della delibera quadro degli enti locali che deve individuare i settori dei servizi pubblici da liberalizzare e quelli invece sottratti alla liberalizzazione;

•      l’introduzione, nelle procedure competitive, della valutazione dell’impegno del soggetto gestore a conseguire economie di gestione come elemento di qualificazione dell’offerta;

•      la riduzione da 900 mila a 200 mila euro annui della soglia entro la quale è ammissibile l’affidamento diretto ad una società in house;

•      la definzione dei criteri in base ai quali determinare l'importo che il gestore subentrante deve corrispondere al precedente gestore, in caso di cessazione della gestione e in presenza di beni non interamente ammortizzati;

•      il differimento del termine di cessazione degli affidamenti diretti non conformi alla disciplina vigente, stabilendo che anche oltre la scadenza e fino al subentro del nuovo gestore sia garantita l’integrale e regolare prosecuzione del servizio, senza indennizzo o compenso aggiuntivo;

•      l’applicazione al servizio del trasporto regionale della disciplina dei servizi pubblici locali di cui all'articolo 4 del decreto legge n. 138 del 2011;

•      il diritto di accesso a tariffe regolate e predeterminate da parte dell’affidatario del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani ai relativi impianti, qualora questi siano di titolarità di soggetti diversi dagli enti locali di riferimento;

·        l’obbligo dei concessionari e affidatari di servizi pubblici locali di fornire agli enti locali, che devono bandire una gara per l’affidamento del servizio già esercitato dai concessionari e affidatari stessi, i dati concernenti le caratteristiche tecniche degli impianti e delle infrastrutture, il loro valore contabile iniziale, le rivalutazioni e gli ammortamenti e ogni altra informazione utile per la definizione dei bandi di gara.

 

Il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del provvedimento non ascrive effetti alla norma in esame.

 

La relazione tecnica riferita al testo iniziale, nel descrivere la norma, afferma che, trattandosi di disposizioni di razionalizzazione e di natura procedimentale, nonché alcune strumentali al conseguimento degli obiettivi posti in capo al comparto degli enti locali o rafforzative di principi di economicità e trasparenza nell'utilizzo di risorse pubbliche, non si determinano effetti finanziari negativi a carico della finanza pubblica.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento approvato al Senato prende in considerazione la norma in esame in più punti.

Nella parte riferita all’articolo in esame, la relazione illustra il contenuto e le finalità delle principali modifiche introdotte, tese a rafforzare i principi di liberalizzazione nel settore dei servizi pubblici locali, mediante l’introduzione di modifiche organizzative e procedimentali riguardanti l’affidamento e l’erogazione di tali servizi.

Nel complesso la relazione ritiene che le modifiche introdotte svolgano un’azione di razionalizzazione da cui deriva una riduzione degli oneri, per economie di scala e di differenziazione, nonché guadagni di efficienza derivante dalle procedure di gara, con effetti positivi per i saldi di finanza pubblica. In relazione alle numerose misure aventi natura procedimentale, la relazione non rileva l’emersione di effetti finanziari.

Nella parte riferita all’articolo 5-bis del provvedimento in esame, la relazione individua nei compiti ed adempimenti aggiuntivi posti a carico dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato da diversi articoli del presente provvedimento, tra cui l’articolo 25 in esame, l’emersione di oneri aggiuntivi a carico dell’Autorità, a fronte dei quali viene disposta una modifica del criterio di finanziamento[51].

 

Al riguardo andrebbero acquisiti chiarimenti in merito alle modalità applicative e agli effetti finanziari delle disposizioni che prevedono l'assoggettamento al patto di stabilità interno delle società in house e delle altre aziende speciali e istituzioni.

Pur considerando che le norme mirano, in linea generale, ad estendere la disciplina vincolistica del patto ad un più ampio ambito di soggetti legati alle amministrazioni locali, si segnala che, in alcuni casi, tale estensione potrebbe determinare, di fatto, un alleggerimento dei vincoli per l’amministrazione locale cui i predetti soggetti fanno riferimento. In particolare, nel caso di società che presentino saldi di bilancio positivi, la loro eventuale considerazione ai fini del raggiungimento degli obiettivi cui sono soggetti gli enti locali proprietari, potrebbe determinare una riduzione dei risparmi di bilancio cui tali ultimi enti sono tenuti. In tal caso, qualora le società in questione non siano incluse nel perimetro della PA, potrebbero registrarsi effetti negativi sui saldi di finanza pubblica.

Viceversa, con riferimento all’esclusione dal patto di stabilità interno delle aziende speciali e istituzioni di natura socio-assistenziale, culturale ed educativa, nonché delle farmacie, andrebbe fornita conferma che la norma sia meramente confermativa della disciplina vigente e non consenta, invece, l’esclusione dal patto di stabilità interno di soggetti amministrativi (asili nido, scuole o altri) i cui bilanci siano attualmente ricompresi all’interno del bilancio dell’ente locale di appartenenza. In caso contrario, infatti, l’esclusione della spesa di natura socio-assistenziale, culturale ed educativa dai vincoli del patto potrebbe ridurre i risparmi attesi da quest’ultimo.

 

ARTICOLO 26

Misure in materia di imballaggi

Le norme modificano e integrano gli articoli 221, 261 e 265 del D. Lgs. 152/2006 (Codice ambientale), relativi agli imballaggi.

Le disposizioni specificano, tra l’altro, che il mancato adempimento all’obbligo del ritiro dei rifiuti di imballaggio primari o comunque conferiti al servizio pubblico della stessa natura e raccolti in modo differenziato sia punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 60.000 euro [comma 1, lettera c)].

Nel testo previgente la sanzione era pari a 6 volte le somme dovute al CONAI.

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica, oltre a descrivere le norme, afferma, con riferimento alle sanzioni pecuniarie di cui alla lettera c), che la specificazione dell’importo, compreso tra euro 10.000 ed euro 60.000, assicura una puntuale quantificazione di dette sanzioni.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento afferma le disposizioni non comportano oneri per la finanza pubblica.

 

Al riguardo, appare utile acquisire elementi di quantificazione circa gli effetti finanziari connessi alla diversa determinazione della sanzione pecuniaria dovuta a seguito del mancato adempimento dell’obbligo del ritiro dei rifiuti di imballaggio.

 

ARTICOLO 27

Promozione della concorrenza in materia di conto corrente

La norma, modificata nel corso dell’esame in prima lettura al Senato, proroga al 1° giugno 2012 il termine entro il quale l’ABI, l’associazione dei prestatori di servizio di pagamento, le Poste italiane ed altri soggetti devono attuare la riduzione delle commissioni interbancarie a carico degli esercenti effettuate con carte di pagamento.

Si prevede, inoltre, che sia garantita la gratuità delle spese di apertura e di gestione dei conti di pagamento di base destinati all’accredito e al prelievo della pensione del titolare per gli aventi diritto a trattamenti pensionistici fino a 1.500 euro mensili, ferma restando l’onerosità di eventuali servizi aggiuntivi richiesti al titolare.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica afferma che, trattandosi di disciplina dei rapporti fra istituti di credito e clienti, che concerne quindi, rapporti privatistici, la norma non comporta effetti finanziari.

 

Nulla da osservare al riguardo, nel presupposto, sul quale appare opportuno acquisire l’avviso del Governo, che la norma non sia suscettibile di determinare effetti indiretti in relazione all’eventuale minore redditività del sistema bancario.

 

ARTICOLO 27-bis

Nullità di clausole nei contratti bancari

La norma, introdotta nel corso dell’esame in prima lettura al Senato, dispone che siano nulle tutte le clausole comunque denominate che prevedano commissioni a favore delle banche a fronte della concessione di linee di credito, della loro messa a disposizione, del loro mantenimento in essere, del loro utilizzo anche nel caso di sconfinamento in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica al maxiemendamento afferma che, trattandosi di disciplina dei rapporti fra istituti di credito e clienti, che concerne quindi rapporti privatistici, la norma non comporta effetti finanziari.

 

Al riguardo si osserva che la norma non sembra suscettibile di determinare effetti diretti sulla finanza pubblica. In merito agli effetti indiretti, questi andrebbero valutati in relazione all’eventuale minore redditività del sistema bancario. Sul punto appare opportuno acquisire l’avviso del Governo.

 

ARTICOLO 27-ter

Cancellazione delle ipoteche perenti

Normativa vigente. L’articolo 40-bis del d.lgs. n. 385/1993 (testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia) dispone che, ai fini di cui all'articolo 2878 del codice civile e in deroga all'articolo 2847 del codice civile, l'ipoteca iscritta a garanzia di obbligazioni derivanti da contratto di mutuo stipulato o accollato a seguito di frazionamento, ancorché annotata su titoli cambiari, si estingue automaticamente alla data di estinzione dell'obbligazione garantita.

La norma, introdotta nel corso dell’esame in prima lettura al Senato, integrando l’articolo 40-bis soprarichiamato, dispone che sia causa di cancellazione automatica di ipoteca anche la mancata rinnovazione dell’iscrizione entro il termine di cui all’articolo 2847 del codice civile. La disposizione precisa, inoltre, che la cancellazione d’ufficio si applica in tutte le fattispecie di estinzione di cui all’articolo 2878 del codice civile.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica al maxiemendamento afferma che, trattandosi di disciplina dei rapporti fra istituti di credito e clienti, che concerne quindi, rapporti privatistici, la norma non comporta effetti finanziari.

 

Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare, dal momento che la norma in esame non determina effetti finanziari negativi.

 

ARTICOLO 27-quater

Organi delle fondazioni bancarie

La norma prevede il divieto a chi esercita funzioni di indirizzo, gestione e controllo nelle Fondazioni bancarie di svolgere le medesime funzioni negli organi di gestione e di controllo di società bancarie concorrenti della banca conferitaria o di società del suo gruppo.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La nota tecnica, relativa al maxiemendamento approvato al Senato, afferma che la disposizione in riferimento ha carattere ordinamentale ed interviene nel disciplinare rapporti  tra soggetti privati. Conseguentemente non si rilevano effetti finanziari negativi.

 

Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare, stante il carattere ordinamentale della disposizione.

 

ARTICOLO 27-quinquies

Surrogazione nei mutui bancari

La norma, sostituendo il comma 7, dell’art. 120-quater, del Testo Unico Bancario[52], interviene sulla disciplina del risarcimento da ritardo nel perfezionamento della surrogazione dovuto dalla banca mutuante al cliente richiedente.

In particolare:

-        è ridotto da 30 giorni lavorativi a 10 giorni il termine entro il quale, in caso di mancato perfezionamento della surrogazione per cause imputabili alla banca creditrice, quest’ultima è tenuta a risarcire il cliente;

-        la misura del risarcimento (1% per ciascun mese o frazione di mese di ritardo) viene determinata sul valore del finanziamento e non sul debito residuo.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica allegata al maxiemendamento afferma che si tratta di disposizione di carattere ordinamentale che interviene su rapporti tra privati. Pertanto, non sono ascritti effetti finanziari.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

ARTICOLO 28

Assicurazioni connesse all’erogazione di mutui

La norma, modificata nel corso dell’esame in prima lettura al Senato, dispone che qualora gli istituti di credito condizionino l’erogazione di un mutuo o del credito al consumo alla stipula di un contratto di assicurazione sulla vita, siano obbligati a sottoporre al cliente almeno due preventivi di due compagnie assicurative differenti. Il cliente è comunque libero di scegliere sul mercato l’assicurazione sulla vita più conveniente, che la banca è obbligata ad accettare, senza variare le condizioni offerte.

L’Isvap definisce i contenuti del contratto sopra menzionato entro trenta giorni dall’entrata in vigore del provvedimento in esame.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica afferma che la norma non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

ARTICOLO 29

Risarcimento diretto e risarcimento in forma specifica

La norma dispone che, nell’ambito del sistema “risarcitorio diretto” previsto per i sinistri stradali, si prevede che i criteri per calcolare la misura delle compensazioni tra compagnie assicurative siano calcolati annualmente tenendo conto dell’esigenza di incentivare l’efficienza produttiva delle compagnie, il controllo dei costi dei rimborsi e l’individuazione delle frodi. L’Isvap stabilisce annualmente il limite delle compensazioni dovute.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica afferma che la norma non comporta effetti finanziari per il bilancio dello Stato.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

ARTICOLO 30

Repressione delle frodi

La norma, modificata nel corso dell’esame presso il Senato, dispone che le imprese di assicurazione del ramo RC auto trasmettano annualmente all’ISVAP[53], pena l’applicazione di una sanzione amministrativa definita dall’istituto di vigilanza,  una relazione contenente informazioni dettagliate circa il numero dei sinistri per i quali si è ritenuto di svolgere approfondimenti in relazione al rischio di frodi, il numero delle querele o denunce presentate all’autorità giudiziaria, l’esito dei conseguenti procedimenti penali, nonché in ordine alle misure organizzative interne adottate o promosse per contrastare le frodi. Anche sulla base dei predetti elementi informativi, l’ISVAP esercita i poteri di vigilanza al fine di assicurare l’adeguatezza dell’organizzazione aziendale e dei sistemi di liquidazione dei sinistri rispetto all’obiettivo di contrastare le frodi nel settore (comma 1).

Il mancato invio della relazione comporta l’irrogazione di una sanzione da parte dell’ISVAP che va da un minimo di 10.000 euro ad un massimo di 50.000 euro (comma 1-bis).

Impone inoltre alle medesime imprese di indicare nella relazione o nella nota integrativa allegata al bilancio annuale e a pubblicare sui propri siti internet o con altra idonea forma di diffusione, una stima circa la riduzione degli oneri per i sinistri derivante dall’accertamento delle frodi, conseguente all’attività di controllo e repressione delle frodi autonomamente svolta (comma 2).

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma in esame effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica riferita al testo originario afferma che la norma, perseguendo la finalità di reprimere le frodi nel settore assicurativo, introduce obblighi a carico delle imprese private operanti nel ramo RC auto e quindi non comporta effetti finanziari per il bilancio dello Stato.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento[54]precisa che le modifiche introdotte al Senato prevedono un obbligo di comunicazione all’ISVAP e l’irrogazione di sanzioni amministrative in caso di inadempimento. Conferma pertanto che le disposizioni non comportano effetti finanziari a carico del bilancio dello Stato perché impongono obblighi gravanti sulle imprese private.

 

Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare.

 

ARTICOLO 31

Contrasto alla contraffazione dei contrassegni assicurativi RC auto

Le norma, modificata nel corso dell’esame presso il Senato, dispone che, al fine di contrastare la contraffazione dei contrassegni relativi ai contratti di assicurazione RC auto, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentito l’ISVAP e avvalendosi anche dell’Istituto poligrafico e zecca dello Stato (IPZS), definisce con regolamento le modalità per la progressiva dematerializzazione dei contrassegni, prevedendo la loro sostituzione con sistemi elettronici o telematici, anche in collegamento con banche dati. Il processo di dematerializzazione  dovrà concludersi al massimo entro due anni dall’entrata in vigore del regolamento (comma 1).

Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti avvalendosi dei dati forniti dalle compagnie di assicurazione, forma periodicamente un elenco dei veicoli a motore che non risultano coperti dall’assicurazione per la responsabilità civile verso i terzi, comunicandolo ai rispettivi proprietari dando loro un termine di 15 giorni per regolarizzare la propria posizione. Trascorso tale periodo l’elenco viene messo a disposizione delle forze di polizia e delle prefetture competenti. La norma stabilisce inoltre che agli adempimenti previsti dai commi 1 e 2 si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente (comma 2).

La violazione dell’obbligo di assicurazione può essere rilevata anche attraverso i dispositivi elettronici per il controllo del traffico o per la rilevazione della velocità e documentata attraverso sistemi fotografici o di ripresa video nel rispetto della riservatezza personale. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sono definite le caratteristiche dei predetti sistemi di rilevamento a distanza e sono stabilite le relative modalità attuative, prevedendo a tal fine anche protocolli d’intesa con i comuni, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (comma 3).

La norma dispone infine che le compagnie di assicurazione rilasciano in ogni caso l’attestazione dell’avvenuta stipula del contratto e del pagamento del relativo premio, con la precisazione che la sola esibizione da parte del proprietario del veicolo prevale rispetto a quanto accertato o contestato ai sensi dei commi 1, 2 e 3 (comma 2-bis).

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma in esame effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica riferita al testo originario afferma che la norma, perseguendo la finalità di reprimere le frodi nel settore assicurativo, introduce obblighi a carico delle imprese private operanti nel ramo RC auto e quindi non comporta effetti finanziari per il bilancio dello Stato.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento[55] precisa che le modifiche introdotte nel corso dell’esame presso il Senato intervengono sulle modalità di applicazione della dematerializzazione del contrassegno di assicurazione, per le quali si prevede che ci si possa avvalere della Zecca dello Stato, prevedendo altresì che gli iscritti nell’elenco dei veicoli privi di assicurazione hanno 15 giorni di tempo per regolarizzare la propria posizione. Trascorso il suddetto termine dalla comunicazione, l’elenco di coloro che non hanno regolarizzato la propria posizione viene messo a disposizione delle forze di polizia e delle prefetture competenti, in ragione del luogo di residenza del proprietario del veicolo.

La relazione tecnica afferma inoltre che trattandosi di modifiche procedimentali non si rilevano effetti finanziari negativi.

 

Al riguardo appaiono necessari chiarimenti circa l’effettiva possibilità che sia rispettata la clausola di invarianza recata dalla norma in esame alla luce dei numerosi adempimenti ivi previsti, che coinvolgono direttamente o indirettamente organi della pubblica amministrazione.

In primo luogo, non appare chiaro quali siano le modalità di finanziamento dell’operazione di dematerializzazione dei contrassegni assicurativi e per la loro sostituzione con apparecchi elettronici o telematici. Inoltre, andrebbero meglio specificate quali siano le banche dati alle quali questi apparecchi dovranno essere collegati, e se tali banche dati siano già esistenti ovvero da costituire. Tali elementi andrebbero acquisiti al fine di consentire una più attenta valutazione degli eventuali oneri connessi alla gestione e/o istituzione delle banche dati.

Infine, appare necessaria una conferma circa la possibilità che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, al quale è assegnato il compito di formare periodicamente un elenco dei veicoli a motore che non risultano coperti dall’assicurazione per la responsabilità civile verso i terzi, dandone comunicazione agli interessati, possa effettivamente svolgere tali attività con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

ARTICOLO 32

Ispezione del veicolo, scatola nera, attestato di rischio, liquidazione dei danni

Le norma, modificata nel corso dell’esame presso il Senato, dispone:

·       la possibilità per le imprese assicuratrici di richiedere l’ispezione del veicolo da assicurare prima di stipulare il contratto di assicurazione obbligatoria RC per i veicoli a motore, con conseguente riduzione delle tariffe. Nel caso in cui l’assicurato acconsenta all’installazione di meccanismi elettronici che registrano l’attività del veicolo, denominati scatola nera o equivalenti, i costi di installazione e manutenzione sono a carico della compagnia di assicurazione, la quale dovrà praticare inoltre una riduzione significativa delle tariffe (comma 1).

Con regolamento emanato dall’ISVAP sono stabilite le modalità di raccolta gestione e utilizzo dei dati derivanti dai meccanismi elettronici, mentre con decreto del Ministro dello sviluppo economico è definito lo standard tecnologico comune hardware e software per la raccolta e la gestione di detti dati;

·       l’inserimento nell’attestazione dello stato del rischio, consegnata annualmente dall’impresa al contraente, della specificazione della tipologia di danno eventualmente liquidato, prevedendo che essa sia trasmessa anche per via telematica mediante le banche dati elettroniche già esistenti[56]. Analoga modalità di acquisizione, dalle predette banche dati, dovrà essere esperita dall'impresa assicuratrice all'atto della stipula di un nuovo contratto per il medesimo veicolo. (comma 2);

·       la modifica della disciplina del risarcimento del danno per i sinistri con soli danni a cose, con particolare riferimento all’ispezione del veicolo danneggiato e la sua eventuale riparazione (comma 3, lettera a));

·       l’obbligo di consultazione della banca dati sinistri istituita presso l’ISVAP da parte della compagnia assicuratrice, la quale se rileva l’esistenza di almeno due parametri di significatività può, al fine di prevenire e contrastare le frodi, decidere di non fare offerta di risarcimento entro i termini previsti, motivando tale decisione con l’esigenza di condurre ulteriori approfondimenti in relazione al sinistro, mediante comunicazione al danneggiato e all’ISVAP. Trascorsi 30 giorni dalla comunicazione la compagnia può non formulare l’offerta qualora entro il medesimo termine abbia presentato querela (comma 3, lettera b));

·       l’istituzione di due banche dati presso l’ISVAP, la banca dati “anagrafe e testimoni” e “anagrafe danneggiati”, le cui procedure di organizzazione e di funzionamento, le modalità e le condizioni di accesso da parte di altri soggetti pubblici e privati sono stabiliti con regolamento adottato dall’ISVAP (comma 3-bis).

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica riferita al testo originario afferma che la norma, perseguendo la finalità di reprimere le frodi nel settore assicurativo, introduce obblighi a carico delle imprese private operanti nel ramo RC auto e quindi non comporta effetti finanziari per il bilancio dello Stato.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento[57] precisa che le modifiche introdotte nel corso dell’esame presso il Senato tendono a rendere più rigido il sistema di accertamento e liquidazione dei danni derivanti dalla circolazione dei veicoli, nella prospettiva di potenziare il sistema dei controlli antifrode e ridurre l’entità della spesa nel relativo settore. La relazione tecnica afferma inoltre che la disposizione, intervenendo sui rapporti tra privati non comporta effetti finanziari negativi.

 

Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare, considerato che gli interventi previsti dalla norma in esame appaiono diretti ad introdurre obblighi a carico delle compagnie di assicurazione e dell’ISVAP, la cui attività è prevalentemente finanziata con il contributo di vigilanza a carico dei soggetti vigilati.

Si ricorda che l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP) si configura come un'autorità indipendente, dotata di autonomia giuridica, patrimoniale, contabile, organizzativa e gestionale. La quasi totalità delle entrate necessarie per far fronte alle spese di funzionamento dell'ISVAP è costituita dal contributo di vigilanza a carico dei soggetti vigilati; le restanti entrate sono formate, principalmente, da interessi attivi sui depositi bancari e dai proventi derivanti dalla gestione patrimoniale. Il bilancio preventivo e il rendiconto finanziario dell'ISVAP sono soggetti al controllo della Corte dei conti

 

ARTICOLO 33

Disposizioni in materia di attestazioni di invalidità

La norma, modificando l’articolo 10-bis del decreto-legge n. 78/2010[58], estende a tutti i casi di falsa certificazione di invalidità derivante da incidente stradale (da cui derivi il risarcimento del danno connesso a carico della società assicuratrice) le sanzioni attualmente previste a carico degli esercenti una professione sanitaria per i casi di microinvalidità. Tali sanzioni, inoltre, sono estese ai periti assicurativi che accertano e stimano falsi danni a cose, a seguito di incidente stradale.

Il Senato ha modificato i tempi della reclusione prevista dal codice penale per colui che, in maniera fraudolenta, distrugge, disperde, deteriora od occulta cose di sua proprietà, falsifica o altera una polizza o la documentazione richiesta per la stipulazione di un contratto di assicurazione[59]

 

La relazione tecnica precisa che la disposizione non comporta effetti finanziari per il bilancio dello Stato.

Anche la relazione tecnica al maxiemendamento esclude l’insorgenza di effetti a carico del bilancio dello Stato in relazione alla modifica introdotta al testo originario.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

ARTICOLO 34

Obbligo di confronto delle tariffe RC auto

Le norma, modificata nel corso dell’esame presso il Senato, dispone che, gli intermediari che distribuiscono servizi e prodotti assicurativi nel ramo RC auto sono tenuti, prima della sottoscrizione del contratto, ad informare il cliente sulla tariffa e sulle altre condizioni contrattuali proposte da almeno tre diverse compagnie assicurative non appartenenti a medesimi gruppi. Il contratto stipulato senza la dichiarazione del cliente di aver ricevuto le suddette informazioni è affetto da nullità rilevabile solo a favore dell’assicurato.

La norma prevede inoltre che il mancato adempimento dell’obbligo informativo comporta l’irrogazione di sanzioni da parte dell’ISVAP a carico della compagnia, che ha conferito il mandato all’agente, il quale risponde in solido con questa.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma in esame effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica riferita al testo originario afferma che la norma, perseguendo la finalità di reprimere le frodi nel settore assicurativo, introduce obblighi a carico delle imprese private operanti nel ramo RC auto e quindi non comporta effetti finanziari per il bilancio dello Stato.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento[60] precisa che la modifica apportata ha natura procedimentale dal momento che è diretta a precisare le modalità di applicazione delle sanzioni da parte dell’ISVAP e non comporta effetti finanziari negativi.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

ARTICOLI 34-bis

Disposizioni in materia di contratti di assicurazione dei veicoli

Normativa vigente. L’articolo 133 del d.lgs. n. 209/2005 (codice delle assicurazioni private) dispone che, i contratti di assicurazione dei veicoli a motore debbono essere stipulati in base a condizioni di polizza che prevedano ad ogni scadenza annuale la variazione in aumento od in diminuzione del premio applicato all'atto della stipulazione o del rinnovo, in relazione al verificarsi o meno di sinistri nel corso di un certo periodo di tempo, oppure in base a clausole di franchigia che prevedano un contributo dell'assicurato al risarcimento del danno o in base a formule miste fra le due tipologie.

La norma, introdotta nel corso dell’esame in prima lettura al Senato, dispone che la predetta variazione in diminuzione del premio si applica automaticamente, fatte salve le migliori condizioni, nella misura preventivamente quantificata in rapporto alla classe attribuita alla polizza esplicitamente indicata nel contratto. Il mancato rispetto della disposizione in esame comporta, inoltre, l’applicazione da parte dell’ISVAP, di una sanzione amministrativa da 1.000 euro a 50.000 euro.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica al maxiemendamento afferma che la disposizione in esame, che impone nuovi obblighi alle imprese private nel ramo assicurativo, non comporta effetti finanziari per il bilancio dello Stato.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

ARTICOLI 34-ter

Certificato di chiusura inchiesta nell’assicurazione per i veicoli a motore

La norma, introdotta nel corso dell’esame in prima lettura al Senato, dispone che è fatto obbligo alla compagnia di assicurazione di risarcire il danno derivante da furto o incendio di autoveicolo, indipendentemente dalla richiesta del rilascio del certificato di chiusa inchiesta, ad eccezione dei procedimenti giudiziari nei quali si procede per il reato di cui all’articolo 642[61] del codice penale.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica al maxiemendamento afferma che la disposizione in esame, che impone nuovi obblighi alle imprese private nel ramo assicurativo, non comporta effetti finanziari per il bilancio dello Stato.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

 

ARTICOLO 35, commi da 1 a 3-bis

Pagamenti dei debiti pregressi delle amministrazioni statali

Le norme recano disposizioni finalizzate ad accelerare il pagamento dei debiti delle amministrazioni statali.

Il comma 1 individua risorse, per complessivi 4.700 milioni nel 2012, da utilizzare per il pagamento dei debiti esistenti alla data del 24 gennaio 2012 relativi ad acquisti di servizi e forniture. In particolare:

a)     quanto a 2,7 miliardi, mediante riassegnazione di una quota delle risorse disponibili nella contabilità speciale 1778 “Agenzia delle entrate – Fondi di bilancio”, relative a rimborsi e compensazioni di crediti d’imposta. Con tali risorse si reintegrano i Fondi per la reiscrizione dei residui passivi perenti di parte corrente (2 miliardi) e di parte capitale (700 milioni). Le predette assegnazioni non devono comportare, secondo i criteri di contabilità nazionale, peggioramento dell’indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni (comma 1, lett. a));

b)     quanto a 2 miliardi, attraverso assegnazione di titoli di Stato, qualora il creditore ne faccia richiesta, da utilizzare per il pagamento di debiti maturati entro il 31 dicembre 2011. Tali assegnazioni non sono computate nei limiti nelle emissioni nette dei titoli di Stato indicate nella Legge di bilancio. E’ prevista la facoltà di utilizzare la modalità di pagamento in esame anche per un valore superiore ai 2 miliardi purchè si provveda, contestualmente, a ridurre le risorse indicate nella precedente lettera a).

La circolare MEF n. 6 del 27 febbraio 2012, ha chiarito che il pagamento è riferito a debiti commerciali[62] iscritti come residui passivi accertati al 31 dicembre 2011 nel Conto del bilancio o come residui andati in perenzione nel Conto del patrimonio: relativamente ai primi, la possibilità di essere soddisfatti è subordinata alla disponibilità di cassa iscritta in bilancio che, in caso di carenza, può essere integrata con apposite variazioni compensative o con apposita richiesta al MEF di prelevamento dal Fondo di riserva per l’integrazione delle dotazioni di cassa; relativamente ai residui perenti, la possibilità di essere soddisfatti è subordinata all’entità delle risorse finanziarie iscritte sugli appositi fondi, di parte corrente e di conto capitale, previsti - per la reiscrizione in bilancio di residui passivi perenti -dall’art. 27 della legge n. 196/2009.

La circolare ritiene pertanto necessario avviare un’attività di ricognizione dei debiti effettivamente esistenti, in particolare con riferimento ai residui caduti in perenzione amministrativa e relativi sia a spese correnti sia spese in conto capitale.

Con decreto del Ministro dell’economia e finanze sono stabilite le modalità attuative, le caratteristiche dei titoli, le modalità di assegnazione e quelle di versamento al titolo IV dell’entrata del Bilancio dello Stato (Entrate derivanti da accensioni di prestiti) a fronte del controvalore dei titoli di Stato assegnati con utilizzo della contabilità speciale 1778 di cui alla lettera a). (comma 1, lett. b)). 

Il testo originario del provvedimento stabiliva che il citato DM dovesse disciplinare modalità attuative delle disposizioni relative al “periodo precedente” ovvero alle eventuali assegnazioni eccedenti i 2 miliardi. Nel corso dell’esame del provvedimento, si è provveduto a sostituire il riferimento che è quindi ora attribuito ai “periodi precedenti”.

Il comma 2 individua risorse, per un valore complessivo pari a 1 miliardo, da utilizzare per il pagamento di debiti relativi a spese per consumi intermedi maturati al 31 dicembre 2011 il cui pagamento rientri, secondo i criteri di contabilità nazionale, tra le regolazioni debitorie pregresse e il cui ammontare è accertato con decreto del MEF secondo le modalità previste nella circolare n. 38 del 15 dicembre 2010[63]. All’onere si provvede quanto a 740 milioni mediante riassegnazione delle risorse disponibili nella contabilità speciale 1778 “Agenzia delle entrate – Fondi di bilancio” e quanto a 260 milioni mediante utilizzo dei risparmi sugli interessi del debito pubblico per l’anno 2012 di cui al comma 9 del presente articolo. Viene contestualmente soppressa la lettera b) dell’art. 10, comma 17, del decreto legge n. 98/2011 che prevedeva l’utilizzo di risorse (2 miliardi) disponibili nella richiamata contabilità speciale 1778 per il pagamento dei debiti maturati fino al 31 dicembre 2010.

Si ricorda che la contabilità speciale 1778 è stata istituita ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera a) del D.P.R. n. 189 del 1998[64] al fine di consentire la ripartizione delle somme di pertinenza degli altri enti destinatari dei versamenti unitari e delle somme necessarie alla regolazione contabile delle compensazioni effettuate dai contribuenti nell’ambito delle imposte erariali, nonché di quelle relative alle commissioni spettanti alle banche ed ai concessionari, di quelle utilizzate dai concessionari per erogare rimborsi in conto fiscale e quelle che gli stessi concessionari non hanno versato a seguito di provvedimento di sgravio.

Il comma 3 stabilisce che agli oneri per interessi derivanti dal comma 1, pari a 235 milioni annui, si provvede ai sensi del comma 4.

Il comma 3-bis, introdotto al Senato, introduce, oltre a quanto previsto dal comma 1, una ulteriore modalità di pagamento dei debiti della P.A. rispetto alla quale non individua né la natura del debito da estinguere né un ammontare massimo di riferimento. In particolare la norma autorizza le amministrazioni a compensare le rispettive ragioni di credito e debito attraverso:

a)     compensazione diretta;

b)     cessione di crediti in pagamento;

c)     specifiche transazioni condizionate alla rinuncia ad interessi e rivalutazione monetaria.

Il pagamento effettuato con le modalità sopra indicate determina la rinuncia alle eventuali controversie in corso.

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

Maggiori spese correnti Fondo residui passivi perenti correnti (c.1, lett. a))

2.000

 

 

2.000

 

 

 

 

 

Maggiori spese capitale Fondo residui passivi perenti capitale (c.1, lett. a))

700

 

 

700

 

 

 

 

 

Maggiori entrate extratr. Riassegnazione risorse CS 1778 (c.1, lett. a))

2.700

 

 

 

 

 

 

 

 

Maggiori spese correnti estinzione debiti mediante emissione titoli di Stato (c.1, lett.b))

 

 

 

2.000

 

 

 

 

 

Maggiori spese correnti Oneri per interessi (c. 1-3)

235

235

235

235

235

235

235

235

235

Maggiori spese correnti Fondo per ripiano debiti pregressi (c. 2)

1.000

 

 

 

 

 

 

 

 

Maggiori entrate extratr. Riassegnazione risorse CS 1778 (c. 2)

740

 

 

 

 

 

 

 

 

Maggiori spese correnti (*) Maggiore onere per interessi (c. 8)

60

 

 

 

 

 

 

 

 

Minori entrate extratr. (*) Minore entrata per interessi (c. 8)

 

 

 

60

 

 

60

 

 

Minori spese correnti (*) Minore onere per interessi  (c. 8)

320

 

 

320

 

 

320

 

 

(*) Si riportano solo gli effetti relativi al 2012 in quanto utilizzati per la copertura finanziaria delle disposizioni in esame. Per una valutazione complessiva degli effetti relativo ai commi 8-10 si rinvia alla relativa scheda.

 

La relazione tecnica, relativa al testo originario, afferma che le norme dispongono modalità per provvedere all’estinzione di crediti maturati nei confronti dei Ministeri. In particolare, si individuano risorse pari a 4,7 miliardi per il pagamento di debiti connessi a transazioni commerciali iscritti quali residui passivi perenti e pari a 1 miliardo per pagamento di debiti “fuori bilancio” relativi a spese per consumi intermedi, maturati alla data del 31 dicembre 2011, il cui pagamento rientri, secondo i criteri di contabilità nazionale, tra le regolazioni debitorie pregresse.

In merito al comma 1, lettera a), la RT precisa che l’incremento della dotazione dei fondi di riserva per residui perenti e la conseguente attribuzione ai capitoli di spesa pertinenti, determina la possibilità di disporre maggiori pagamenti a fronte delle richieste al momento non accoglibili per la limitatezza delle risorse sui fondi stessi; ciò genera un peggioramento  di pari importo del fabbisogno in quanto nei tendenziali di spesa è scontato un ammontare di pagamenti commisurato alle dotazioni dei fondi a legislazione vigente. Inoltre, poiché in base alla disposizione in esame la reiscrizione nei fondi perenti non deve determinare peggioramenti dell’indebitamento netto secondo i criteri di contabilità nazionale, le maggiori risorse saranno finalizzate al pagamento di debiti relativi a spese che hanno già impattato su tale saldo al momento dell’impegno.

I suddetti fondi di parte corrente e di conto capitale sono integrati rispettivamente di 2 miliardi e di 700 milioni per l’anno 2012 mediante riassegnazione, previo versamento all’entrata del bilancio dello Stato per il medesimo anno, delle risorse relative a rimborsi e compensazioni di crediti d’imposta disponibili nella contabilità speciale 1778 “agenzia delle entrate – fondi di bilancio”.

Il comma 1, lettera b), prevede una diversa modalità per l’estinzione dei debiti consistente nell’assegnazione dei titoli di Stato, per l’importo di 2 miliardi di euro.

Qualora l’importo delle suddette assegnazioni dovesse superare il citato limite di 2 miliardi, potrà provvedersi con corrispondente riduzione degli importi di cui alla lettera a), mantenendosi pertanto il limiti degli effetti complessivi in termini di peggioramento del fabbisogno derivante dal comma 1 pari a 4,7 miliardi.

E’ prevista, inoltre, l’emanazione di un D.M. diretto a disciplinare, tra l’altro, le modalità del versamento al titolo IV dell’entrata del controvalore dei titoli di Stato (nella misura in cui vengano assegnati in luogo del pagamento in contanti) per compensare la mancata acquisizione all’erario del ricavo netto dei titoli emessi.

L’onere per interessi è calcolato applicando un tasso del 5% al valore complessivo dei debiti estinti ai sensi del comma 1: 4,7 mld x 5% = 235 mln annui a decorrere dal 2012 (comma 3).

Il comma 2, disciplina l’estinzione dei debiti per spese relative a consumi intermedi, maturati al 31 dicembre 2011, il cui pagamento rientri tra le regolazioni debitorie pregresse. A tal fine si prevede un incremento del fondo da ripartire per la regolazione delle posizioni debitorie pregresse emerse presso le amministrazioni (art. 1, c. 50, L. n. 266/2005) di un importo pari a 1 miliardo.

La relazione tecnica evidenzia che tale dotazione aggiuntiva fa seguito ad altre già previste altre disposizioni normative (art. 9 del D.L. n. 185/2008, art. 6, c. 1bis, del D.L. 5/2009, art. 9 del D.L. n. 78/2009 e art. 10, c. 17, del D.L. n. 98/2011) sulla base di apposite ricognizioni del debito complessivo, con riferimento agli esercizi 2007-2010.

La RT evidenzia che, come avvenuto nel passato, l’intervento in esame riferito al debito emergente nell’anno 2011 non determina effetti in termini di indebitamento netto, atteso che le risorse del suddetto fondo sono attualmente destinate esclusivamente a fronteggiare posizioni debitorie pregresse che hanno comportato già effetti negativi nei medesimi anni.

Alla copertura finanziaria si provvede quanto a 740 milioni, mediante riassegnazione dalla contabilità speciale 1778 e, quanto a 260 milioni, mediante utilizzo di quota parte dei risparmi sugli interessi del debito pubblico derivanti dal maggior afflusso in tesoreria ai sensi dei commi da 8 a 13 dell’articolo in esame, alla cui scheda si rinvia.

La nota tecnica della Ragioneria Generale dello Stato trasmessa al Senato in data 15 febbraio 2012 chiarisce, per quanto di sua competenza, che gli effetti finanziari recati dal comma 2 sono ascritti ai soli fini del saldo netto da finanziare in linea con quanto previsto dalla precedente analoga disposizione che ha rifinanziato il fondo debiti pregressi (art. 10, comma 17, decreto legge n. 98 del 2011). Per la copertura finanziaria è stato utilizzato il risparmio differenziale sugli interessi del debito pubblico di cui al comma 9.

In merito al comma 3, la Nota precisa che le maggiori entrate derivanti dall’aumento dell’accisa sull’energia elettrica a seguito della cessazione dell’applicazione dell’addizionale comunale sull’accisa sull’energia elettrica non erano state scontate nel tendenziale per il 2012 e risultano pertanto mezzi di copertura idonei.

 

La relazione tecnica allegata al maxiemendamento subordina la verifica del comma 3-bisall’inserimento del seguente periodo al fine di evitare un ricorso generalizzato alle procedure in esso previsto con un impatto sui saldi di finanza pubblica: “Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi entro 30 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità per l’attuazione della disposizione”. Tenuto conto che tale periodo non è stato introdotto dal Senato, il comma 3-bis – il testo approvato dal Senato (C. 5025) risulta negativamente verificato dalla Ragioneria Generale dello Stato.

 

Al riguardo appaiono opportuni alcuni chiarimenti con particolare riferimento all’iscrizione degli effetti della norma sui saldi di finanza pubblica (commi da 1 a 3) nonché alla mancata iscrizione di effetti relativi alla disposizione di cui al comma 3-bis introdotto dal Senato.

Per quanto concerne la lettera a) del comma 1, la RT rileva l’assenza di effetti sull’indebitamento netto in quanto le somme sarebbero destinate all’estinzione di debiti riferiti a spese che avrebbero già prodotto effetti sul predetto saldo al momento dell’impegno. In proposito, pur considerando la procedura ricognitoria indicata dalla circolare MEF n. 6 del 27 febbraio del 2012 per l’individuazione dei debiti interessati dalla disposizione, andrebbero forniti chiarimenti tenuto conto che, per quanto concerne, ad esempio, le spese in conto capitale, l’iscrizione ai fini dell’indebitamento netto viene generalmente effettuata al momento dell’effettivo pagamento.

In merito ai pagamenti da effettuare con assegnazioni di titoli di Stato di cui al comma 1, lettera b), il prospetto riepilogativo ascrive effetti di maggiore spesa corrente in termini di fabbisogno. In proposito, andrebbero forniti chiarimenti tenuto conto che la norma, diversamente da quanto stabilito nella lettera a), non individua la tipologia di spese (correnti o in conto capitale); pertanto, le assegnazioni potrebbero, in linea di principio, essere effettuate anche per pagamenti di spese in conto capitale, anche se la mancata imputazione di effetti ai fini dell’indebitamento netto sembra escludere tale eventualità. 

Un’ulteriore considerazione riguarda gli eventuali effetti recati sullo stock di debito pubblico. Ciò in quanto si assegnano titoli di Stato per effettuare il pagamento di debiti che, avendo natura commerciale, non concorrono a determinare l’ammontare di debito pubblico secondo i criteri di contabilità europea.

In merito al comma 2, rilevata l’opportunità di una precisazione circa la tipologia di spese ricadenti nella fattispecie in esame, si segnala che l’iscrizione degli effetti ai soli fini del saldo netto da finanziare è dovuta al fatto che le somme saranno utilizzate solo per il pagamento di debiti iscritti fra le regolazioni debitorie pregresse e, pertanto, già scontate negli altri saldi di finanza pubblica. Per quanto detto, pertanto, è necessario assicurare che le risorse del fondo non siano diversamente utilizzate.

Si osserva, inoltre, che la relazione tecnica non fornisce elementi informativi volti ad assicurare che i fondi della contabilità speciale 1778 espongono una dotazione eccedentaria per l’importo utilizzato dalla norma in esame rispetto alla finalità di rimborso e compensazione di imposte cui essi sono attualmente destinati. In caso contrario, a fronte di una riduzione dello stock dei crediti vantati nei confronti dei ministeri, potrebbe generarsi un incremento dello stock di rimborsi in attesa di pagamento.

Alcuni chiarimenti sarebbero opportuni anche rispetto alla soppressione della lettera b) dell’art. 10, comma 17, del decreto legge n. 98/2011 che prevedeva l’utilizzo di risorse (2 miliardi) disponibili nella richiamata contabilità speciale 1778 per il pagamento dei debiti maturati fino al 31 dicembre 2010. In particolare, andrebbero indicate le risorse utilizzate fino alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame per il pagamento dei richiamati debiti.

Si osserva inoltre che il comma 3-bis, introdotto nel corso dell’esame al Senato, risulta suscettibile di recare effetti finanziari negativi a carico della finanza pubblica non quantificati né coperti. Ciò risulta confermato anche dalla relazione tecnica allegata al maxiemendamento, nella quale la Ragioneria generale dello Stato subordina la verifica del comma 3-bis in commento all’inserimento – non effettuato – di un nuovo periodo che preveda l’emanazione di un DM per la determinazione delle modalità attuative della disposizione.

Una disposizione analoga, ma di segno opposto, è contenuta nell’art. 31, commi 1 e 2, del D.L. n. 78 del 2010 che ha introdotto una limitazione all’utilizzo dell’istituto della compensazione diretta dei crediti erariali qualora il contribuente risulti contestualmente debitore, per ruoli divenuti definitivi, di un ammontare superiore a 1.500 euro. In tale sede, peraltro, è stato introdotto l’obbligo della certificazione dei crediti da utilizzare per la compensazione. La relazione tecnica allegata al richiamato provvedimento ha ascritto alla disposizione effetti di maggior gettito pari a 700 milioni nel 2011, 2.100 milioni nel 2012 e 1.900 milioni nel 2013. 

Pertanto, tenuto conto che la norma non individua l’ammontare dei debiti da estinguere né provvede a qualificarne la natura e che, relativamente ai crediti da utilizzare, non disciplina le modalità dirette a verificare la coincidenza temporale delle scadenze e la natura dei crediti e dei debiti, andrebbero forniti i seguenti chiarimenti:

a)     quale sia la tipologia dei debiti interessata dalla norma in esame, tenuto conto, che i commi 1 e 2 recano effetti diversi sui saldi di finanza pubblica in quanto riferiti a specifiche tipologie di debiti. Inoltre, qualora siano interessati dalla norma in esame anche debiti di natura finanziaria si segnala che l’operazione potrebbe incidere sullo stock di debito della P.A.;

b)     relativamente al profilo temporale, con quali modalità debbano essere individuati i crediti da utilizzare in compensazione ovvero da cedere per il pagamento di debiti. Infatti, un disallineamento temporale delle scadenze dei debiti e crediti compensati potrebbe determinare un’accelerazione dei pagamenti rispetto alle rispettive scadenze, recando effetti negativi sui saldi di finanza pubblica;

c)     se l’istituto della compensazione sia ammesso esclusivamente per crediti e debiti reciproci tra una amministrazione e un contribuente e se, invece, nel caso della cessione del credito, intervenga un terzo soggetto (debitore del credito ceduto). Tali chiarimenti appaiono necessari anche alla luce degli effetti che possono derivare dall’eventuale mancato buon esito del credito, tenuto conto che la norma non prevede né una certificazione del credito (che assicuri anche la liquidità dello stesso) né l’obbligo di inserire una clausola pro-soluto nella cessione o compensazione del credito medesimo. Il mancato buon fine del credito compensato o ceduto con la clausola pro-solvendo determinerebbe, da un lato, la necessità di reiscrivere il debito precedentemente estinto e, dall’altro lato, la necessità di avviare una procedura di accertamento e riscossione del credito non andato a buon fine[65].

Per quanto concerne la copertura dei maggiori oneri di cui al comma 3, si rinvia alle valutazioni effettuate con riferimento al comma 4.

 

ARTICOLO 35, commi 4 e 5

Utilizzo delle maggiori risorse derivanti dall’aumento dell’accisa erariale sull’energia elettrica

Normativa vigente: L’articolo 6 del DL n. 511/1988 ha istituito un’addizionale comunale sull’energia elettrica utilizzata nelle abitazioni - con aliquote differenziate a seconda che si tratti di prima casa (aliquota di 18,59 euro/1000kw, con franchigia dei primi 150 kw di consumo mensili) o di seconda casa (aliquota di 20,4 euro/1000 kw) – e un’addizionale provinciale, con aliquota pari a 9,3 euro/1000kw per gli usi in locali diversi dalle abitazioni, fino al limite massimo di 200.000 kw di consumo al mese.

I decreti legislativi di attuazione del federalismo fiscale (cfr. l’art. 2, comma 6, del D.Lgs. n. 23/2011 e l’art. 18, comma 5, del D. Lgs. N. 68/2011) hanno soppresso, a decorrere dal 2012, le predette addizionali per gli enti locali situati nelle regioni a statuto ordinario, prevedendo che, con decreto ministeriale, fosse conseguentemente aumentata, in misura corrispondente, l’aliquota erariale.

I decreti ministeriali emanati in 30/12/2011 hanno aumentato l’aliquota di accisa erariale sull’energia elettrica da 4,7 a 22,7 euro/1000kw (+ 18 euro) per le utenze domestiche e da 3,1 a 12,1 euro/1000kw (+9 euro) per le altre utenze. Tali incrementi sono previsti sia per le regioni a statuto ordinario che per quelle a statuto speciale. I citati decreti motivano l’estensione dell’aumento all’intero territorio nazionale con la circostanza che ai sensi degli obblighi comunitari[66] non risulta possibile applicare aliquote di accisa diversificate in relazione al luogo geografico in cui ne avviene il consumo. Gli stessi decreti rinviano alla procedura di cui all’art. 27 della L. n. 42/2009 per la definizione delle modalità per la neutralizzazione, nei confronti delle regioni a statuto speciale delle maggiori entrate derivanti dall’aumento dell’accisa[67].

 

La norma dispone che, in relazione alle maggiori entrate derivanti, nei territori delle autonomie speciali, dagli incrementi delle aliquote dell’accisa disposti dai citati decreti ministeriali, il concorso alla manovra dei predetti territori sia aumentato di 235 mln di auro annui a decorrere dal 2012. La quota di maggior gettito, pari a 6,4 mln di euro annui a decorrere dal 2012, derivante all’erario dai medesimi decreti[68], resta acquisita al bilancio dello Stato.

 

Il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del provvedimento, ascrive alla norma i seguenti effetti:

(milioni di euro)

 

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

Co.[69]

Minori spese correnti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

4

Incremento concorso RSS alla finanza pubblica

4,8

4,8

4,8

4,8

4,8

4,8

4,8

4,8

4,8

 

Maggioni entrate

 

 

 

 

 

 

 

 

 

4

Incremento concorso RSS alla finanza pubblica

230,2

230,2

230,2

230,2

230,2

230,2

230,2

230,2

230,2

 

Accise energia elettrica - quota Stato

6,4

6,4

6,4

6.4

6,4

6,4

6,4

6,4

6,4

 

Conseguentemente l’effetto positivo sui saldi complessivamente ascritto alle norme in esame è il seguente:

(milioni di euro)

 

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

 

Effetto positivo

241,4

241,4

241,4

241,4

241,4

241,4

241,4

241,4

241,4

 

Al riguardo si segnala che non appare chiaro per quale ragione l’incremento del concorso alla manovra di finanza pubblica delle regioni a statuto speciale, pari a 235 mln, sia in parte indicato come minore spesa corrente (per 4,8 mln) e in parte come maggiore entrata (235 mln). Essendo determinato da un aumento di accisa erariale, esso sembrerebbe qualificabile per il suo intero importo come maggiore entrata ai fini dell’indebitamento netto e del fabbisogno, mentre, ai fini del saldo netto da finanziare, esso dovrebbe costituire una minore spesa nell’ipotesi che l’aumento al concorso delle RSS alla manovra sia ottenuto mediante riversamento allo Stato delle maggiori risorse conseguite dalle regioni stesse (cfr. infra).

Appare invece corretta l’indicazione come maggiore entrata della quota di Accisa sull’energia elettrica riservata allo Stato, pari a 6,4 mln, relativa a quelle regioni a statuto speciale che non trattengono nel loro territorio l’intero gettito dei tributi erariali.

 

La relazione tecnica evidenzia che nel capitolo 1411/1 del bilancio dello Stato, relativo alla previsione del gettito dell’accisa erariale sull’energia elettrica, erano iscritte le seguenti previsioni di gettito per il 2011 e il 2012, che tenevano conto del previsto aumento dell’accisa erariale nei soli territori delle regioni a statuto ordinario:

(milioni di euro)

PREVISIONI GETTITO ACCISA ERARIALE 

Previsioni gettito 2011

Incremento dal 2012 previsto (ex D.Lgs. 23 e 68 del 2011) a compensaz soppressione addizionali com./prov. nelle RSO

 

usi domestici

usi industriali

totale

usi domestici (ex addiz. comun. RSO)

usi industriali (ex addiz. prov. RSO)

totale

RSO

161

454

615

614

789

1.403

RSS

20

56

76

 

 

 

Totale

181

510

691

614

789

1.403

 

A seguito dell’emanazione dei citati DM del 30/12/11, che hanno esteso l’incremento dell’accisa erariale anche ai territori delle regioni a statuto speciale, si determina il seguente incremento di gettito, maggiore di quanto precedentemente stimato:

 

(milioni di euro)

 

Incremento conseguente DM 30/12/11

Maggiore incremento rispetto

previsioni ex D.Lgs. 23 e 68 del 2011

 

usi domestici

usi industriali

di cui  usi industriali >200000 kw/mese

totale

usi domestici

usi industriali

di cui  usi industriali >200000 kw/mese

totale

netto usi industriali >200000 kw/mese

RSO

615,2

1.319,2

529

1.934,4

1,2

530,2

529

531,4

2,4

RSS

76,0

163,0

 

239,0

76,0

163

 

239,0

239,0

Totale

691,2

1.482,2

 

2.173,4

77,2

693

 

770,2

241,4

 

Di tale maggior gettito pari a 241 mln, conseguibile a decorrere dal 2012, l’importo di 235 mln è utilizzato a copertura dell’onere per interessi derivante dal comma 1 dell’art. 35 in esame, e la restante parte di 6,4 mln[70]  resta acquisita al bilancio dello Stato e utilizzata in parte (per un importo pari a 5,5 mln di euro), per la copertura delle minori entrate di cui all’art. 95.

 

Al riguardo appare necessario acquisire chiarimenti in merito ai seguenti profili critici.

Si segnala in primo luogo che, a fronte dell’aumento dell’accisa erariale su tutto il territorio nazionale, disposto dai citati DM del 30 dicembre 2011, alcune amministrazioni territoriali ad autonomia speciale[71] hanno già provveduto a sopprimere le addizionali comunali e provinciali, in modo da mantenere inalterato sia il carico fiscale sui propri cittadini – in ossequio del principio comunitario di uniformità territoriale dell’accisa, richiamato in premessa ai citati DM - sia il proprio equilibrio di bilancio, cui, sulla base degli statuti regionali, compete integralmente (o quasi integralmente[72]) il gettito dell’accisa erariale. Ne consegue che, nelle regioni che hanno adottato tali misure, non si verifica alcun aumento di gettito a seguito dell’emanazione dei citati DM e viene conseguentemente meno il presupposto per un aumento del loro concorso alla manovra complessiva, che risulterebbe – conseguentemente - sovrastimato.

Con riferimento alle regioni che non hanno finora soppresso le addizionali[73], appare comunque necessario che sia chiarito se il mantenimento di una tassazione più elevata sull’energia elettrica consumata in tali territori rispetto al resto del paese non confligga con il citato principio comunitario di uniformità territoriale dell’accisa e se ne possano discendere, eventualmente, rischi di procedure di infrazione della disciplina comunitaria.

Si segnala inoltre che, affinché un aumento della manovra a carico delle autonomie speciali abbia effetto anche sul saldo netto da finanziare, appare necessario che esso si configuri come un trasferimento allo Stato di risorse appartenenti a tali amministrazioni: un mero aumento del risparmio richiesto alle stesse avrebbe infatti effetto ai soli fini del fabbisogno e dell’indebitamento netto.

In merito alla quantificazione operata dalla relazione tecnica degli effetti derivanti dall’aumento delle aliquote erariali di accisa sull’energia elettrica, disposto dai citati DM, si segnala quanto segue.

Gli incrementi di accisa disposti non appaiono esattamente compensativi rispetto alla soppressione delle addizionali locali. Di seguito si effettua il confronto tra le aliquote vigenti prima e dopo l’incremento disposto dai citati DM:

 

Aliquote di accisa (E/1000 kw)

aliquote 2011

aliquote 2012

(DM 30/12/2011)

Differenze (2012-2011)

 

accisa erar.

addiz. comun

addiz. Provinc

Tassaz. Compl.

accisa erar.

addiz. comun

addiz. Provinc

Tassaz. Compl.

accisa erar.

Addiz. Comun

addiz. Provinc

Tassaz. Compl.

USI DOMESTICI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

consumi fino a 156 kz/mese prima casa

-

-

-

-

-

-

-

-

-

-

-

-

consumi oltre 150 kw/mese prima casa

4,70

18,59

-

23,29

22,70

-

-

22,70

18,00

-18,59

-

-0,59

consumi seconde case

4,70

20,40

-

25,10

22,70

-

-

22,70

18,00

-20,40

-

-2,40

USI NON DOMESTICI PRIVATI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

consumi fino a 200.000 kw/mese

3,10

-

9,30

12,40

12,10

 

 

12,10

9,00

-

-9,30

-0,30

consumi oltre 200.000 kw/mese

3,10

-

3,10

12,10

 

 

12,10

9,00

-

-

9,00

USI NON DOMESTICI  PUBBLICI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

tutte le forniture

3,10

-

-

3,10

12,10

-

-

12,10

9,00

-

-

9,00

Da tale confronto sembra emergere che il carico per i contribuenti risulti variato in relazione alle diverse tipologie di consumo:

-        ridotto sensibilmente per le seconde case (per le quali non è mantenuta la differenziazione di aliquote precedentemente prevista per l’addizionale comunale) e, in misura più contenuta, per le prime abitazioni e per i consumi non domestici fino a 200.000 Kw/mese (per effetto dell’arrotondamento al ribasso dell’incremento dell’accisa erariale rispetto alle addizionali comunali e provinciali soppresse). La relazione tecnica non quantifica a tale proposito un minor gettito.

Quest’ultimo può essere stimato, sulla base dei dati di consumo della stessa relazione tecnica, in 54 mln di euro annui su tutto il territorio nazionale;

-        notevolmente accresciuto per i consumi non domestici superiori a 200.000 kw/mese e per gli usi non domestici pubblici, in quanto tali ultime due tipologie di consumo non risultavano gravate da addizionale provinciale, mentre non risultano escluse dall’aumento dell’accisa erariale disposto. La relazione tecnica quantifica in proposito un effetto di maggior gettito di 529 mln. Non è chiara in proposito la ragione per la quale la relazione tecnica non imputi una quota di tale maggior gettito alle regioni a statuto speciale (che sulla base dei loro statuti trattengono integralmente o quasi il gettito prodotto nei loro territori) e pertanto non consideri parte del predetto importo nella stima delle maggiori risorse a disposizione di queste ultime a fronte delle quali viene richiesto alle stesse un incremento del loro concorso alla manovra.

In proposito andrebbe chiarito se le suddette variazioni di gettito complessivo per la PA, derivanti dalla sostituzione, operata dai citati DM, delle addizionali locali con variazioni di aliquote erariali non perfettamente compensative, siano state iscritte negli andamenti tendenziali.

 

ARTICOLO 35, comma 6, primo periodo

Rinnovo dei contratti dei dirigenti delle agenzie fiscali e dell’Amministrazione autonoma di monopoli

La norma stabilisce che le agenzie fiscali e l’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato possono derogare a quanto previsto dall’articolo 9, comma 2, ultimo periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78. Tale disposizione prevede che sino al 31 dicembre 2013 i trattamenti economici complessivi spettanti ai titolari degli incarichi dirigenziali, anche di livello generale, non possono essere stabiliti in misura superiore a quella indicata nel contratto stipulato dal precedente titolare ovvero, in caso di rinnovo, dal medesimo titolare. La deroga può essere disposta a condizione che sia comunque assicurata la neutralità finanziaria, prevedendo, ove necessario, la relativa compensazione, anche a carico del fondo per la retribuzione di posizione e di risultato o di altri fondi analoghi.

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica afferma che la vigente disciplina che limita la crescita delle retribuzione dei dirigenti è stata dettata per ragioni di contenimento della spesa. La stessa tuttavia, per la sua rigidità, potrebbe condizionare negativamente il processo di conferimento degli incarichi dirigenziali nelle fasi di cambiamento organizzativo che attualmente stanno vivendo l’amministrazione economico-finanziaria e, in particolare, le agenzie fiscali. Per tali ragioni si è deciso di prevedere la possibilità di derogare le norme di cui all’articolo 9, comma 2, del decreto legge n. 78/2011 nel rispetto, tuttavia, del vincolo finanziario introdotto dalle  disposizioni stesse.

La norma non comporterebbe oneri, considerato che la compensazione dell’eventuale maggiore spesa è assicurata attraverso l’utilizzo delle risorse destinate dalla contrattazione collettiva alla corresponsione della retribuzione di posizione e risultato.

 

Nulla da osservare al riguardo, considerato che all’Agenzia è conferita la possibilità di derogare alla disposizione che limita gli importi di retribuzione riconosciuti ai dirigenti in sede di rinnovo solo a condizione che possa essere neutralizzato il maggior onere a valere su fondi esistenti. Ne consegue che qualora la neutralizzazione non dovesse risultare possibile l’incremento retributivo non potrà essere riconosciuto.

 

ARTICOLO 35, comma 6, secondo periodo

Attribuzione di funzioni vicarie a dirigenti pubblici

La norma prevede che nel caso di vacanza, assenza o impedimento dell’organo di vertice[74] cui sono attribuite funzioni di coordinamento di uffici dirigenziali di livello generale, le funzioni vicarie possono essere attribuite[75] per un periodo determinato, al titolare di uno degli uffici di livello dirigenziale generale compresi nelle strutture.

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica afferma che la disposizione non comporta oneri, tenuto conto che l’incarico in esame, assimilabile a conferimento dell’ufficio ad interim viene attribuito a personale già in servizio, e che il relativo trattamento economico è, comunque, a valere sulle risorse disponibili nell’ambito dei relativi fondi.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

ARTICOLO 35, commi 8-10 e comma 13

Tesoreria degli enti pubblici

Normativa vigente - La legge 720/1984 ha fissato i criteri generali per l'istituzione della tesoreria unica e per l'individuazione degli enti sottoposti ad essa. Questi, aventi tutti natura pubblicistica, sono distinti in due tabelle (A e B), con differenziata disciplina, contenuta, rispettivamente, nella legge 720/1984 e nell'art. 40 della legge 119/1981[76].

Per quanto riguarda gli enti sottoposti alla disciplina di cui alla legge 720 e ricompresi nella tabella A, essi sono obbligati a depositare le loro disponibilità liquide in apposite contabilità speciali, aperte presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato, che presentano un sottoconto fruttifero di interessi a favore dell'ente stesso  ed uno infruttifero. Le entrate degli enti affluiscono alle due contabilità speciali attraverso due canali distinti a seconda della fonte dell'entrata. Nelle contabilità speciali "fruttifere" vengono versati gli incassi derivanti dalle entrate proprie (introiti tributari ed extratributari, proventi per vendita di beni e servizi, canoni, sovra canoni, indennizzi, e altri introiti provenienti dal settore privato). Le altre entrate (le assegnazioni, i contributi e i trasferimenti provenienti dal bilancio dello Stato e dagli altri enti del settore pubblico, comprese quelle provenienti da mutui) affluiscono a contabilità speciali "infruttifere", mediante operazioni di giroconto che non transitano dalla tesoreria dell'ente. Le aziende di credito, in qualità di tesorieri e cassieri degli enti pubblici, eseguono i pagamenti disposti dagli enti, utilizzando prioritariamente le entrate proprie degli enti stessi, cioé le disponibilità delle contabilità fruttifere. Con decreti del Ministro dell’economia viene fissato il tasso di interesse per le contabilità speciali fruttifere[77], nonché i criteri e le modalità per l'effettuazione delle operazioni e per il regolamento dei rapporti debitori e creditori, in modo da garantire agli enti interessati la disponibilità delle somme di loro spettanza giacenti in tesoreria.

Rispetto al regime generale delineato dalla legge 720, confermato da ultimo dalla legge 196/2009[78], l’articolo 7 del D.Lgs. 279/1997 ha ridefinito il sistema di tesoreria unica per le regioni a statuto ordinario e gli enti locali con popolazione fino a 10.000 abitanti, prefigurandone comunque il graduale superamento in connessione con il progressivo conferimento a tali enti di ulteriori funzioni ed entrate proprie. Secondo tale regime, sono trattenute in tesoreria, in conti infruttiferi, soltanto le somme provenienti dal bilancio statale e da altri enti pubblici. Le altre entrate sono escluse dal riversamento e affluiscono direttamente presso i tesorieri degli enti, che le utilizzano prioritariamente rispetto alle giacenze di tesoreria[79]. Tale disciplina è stata modificata dall’articolo 77-quater del DL 112/2008[80], che l’ha estesa alle regioni a statuto speciale, a tutti gli enti locali (senza distinzione in base alla classe demografica) e agli enti del settore sanitario. La norma, inoltre, disciplina e coordina i flussi di cassa delle entrate tributarie delle regioni e dei trasferimenti perequativi che finanziano la spesa sanitaria corrente[81].

Si ricorda, infine, che un regime analogo è stato previsto per le Università dall’articolo 29 della legge 448/1998 (cfr scheda relativa ai commi 11 e 12 dell’articolo 35 in esame).

 

La norma sospende, fino al 31 dicembre 2014, il regime di tesoreria previsto per le regioni e gli enti locali dall’articolo 7 del decreto legislativo n. 279/1997 e prevede, anche per tali enti, l’applicazione del regime generale di cui all’articolo 1 della legge 720/1984. Sono escluse dal nuovo regime le disponibilità rivenienti da operazioni di mutuo o prestiti non assistite da contributi in conto interesse da parte dello Stato o di altre pubbliche amministrazioni (comma 8).

Il 50 per cento delle disponibilità liquide ed esigibili deve essere versato in apposite contabilità speciali, sottoconto fruttifero, aperte presso la tesoreria statale entro il 29 febbraio 2012, e il restante 50% entro il 16 aprile. Gli eventuali investimenti finanziari, diversi da titoli di Stato, individuati con decreto del Ministro dell’economia devono essere smobilizzati e riversati in Tesoreria entro il 30 giugno. Le somme depositate presso soggetti diversi dai tesorieri o cassieri devono essere riversati presso questi ultimi entro il 15 marzo (comma 9).

Secondo la norma come modificata dal Senato, viene previsto un periodo di adeguamento alle procedure della tesoreria unica fino alla data prevista per il completo riversamento delle risorse sulle contabilità speciali. Nelle more, i tesorieri e cassieri continuano ad adottare i criteri gestionali attuali previsti dall’articolo 7 del D.Lgs. n. 279/1997, tra i quali l’utilizzo prioritario delle risorse esigibili depositate presso i medesimi rispetto alle giacenze di tesoreria (comma 10).

I contratti di tesoreria e di cassa degli enti ed organismi di cui al comma 8, in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto, possano essere rinegoziati in via diretta tra le parti originarie, ferma restando la durata inizialmente prevista dei contratti stessi. In mancanza di un accordo tra le parti, si attribuisce a tali soggetti di recedere dal contratto (comma 13).

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alla norma i seguenti effetti:

 

(milioni di euro)

 

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

Maggiori entrate extratributarie (riversamento Tesoreria)

 

 

 

8600

 

 

 

 

 

Maggiori spese correnti

(interessi)

60

70

70

 

 

 

 

 

 

Minori entrate extratributarie (interessi)

 

 

 

60

70

70

60

70

70

Minore spesa corrente

(interessi)

320

150

150

320

150

150

320

150

150

 

La relazione tecnica precisa che la norma determina l’afflusso alla tesoreria statale di “almeno” 8,6 miliardi. La stima si basa sulla media delle risorse detenute a fine mese presso il sistema bancario nel periodo gennaio-novembre 2011 da parte delle regioni, enti locali, Enti del comparto sanitario e Università. Tale versamento comporta una riduzione del fabbisogno, per pari ammontare, nel 2012.

Poiché trattasi di risorse proprie degli enti, esse affluiscono su sotto-conti fruttiferi, sui quali lo Stato corrisponde un interesse attualmente pari all’1%. L’onere per il bilancio dello Stato, calcolato su una giacenza media di 8,6 miliardi, è stimato in 60 milioni nel 2012 e in 70 milioni nel 2013 e 2014, al netto della ritenuta fiscale del 20%, in termini di saldo netto da finanziare. In termini di fabbisogno e indebitamento netto, l’onere è pari  ai mancati introiti per interessi da parte degli enti. La R.T. rileva al riguardo che poiché le condizioni di tasso sono estremamente variabili da ente a ente, in quanto derivanti dalle convezioni stipulate con le rispettive banche, risulta complesso stimare tale minore introito. Viene pertanto ipotizzato che i tassi percepiti sui depositi bancari  siano analoghi a quelli riconosciuti dallo Stato sulle contabilità fruttifere e che pertanto le minori entrate degli enti siano di entità corrispondente alla maggiore spesa a carico dello Stato.

Va, infine, considerato che le maggiori giacenze presso la tesoreria statale anche per gli anni successivi al 2012 comportano una minore emissione di titoli del debito pubblico, con un risparmio (sui tre saldi) in termini di minore spesa per interessi pari a 320 milioni nel 2012 e a 150 milioni per ciascuno degli anni 2013 e 2014 (al netto della ritenuta fiscale). La R.T. precisa che il calcolo si basa sull’ipotesi di tasso di interesse all’emissione utilizzato nella Nota di aggiornamento al DEF di settembre 2011.

 

Al riguardo appare opportuno un chiarimento circa l’ambito applicativo della norma: la sospensione del regime di tesoreria gestita attraverso intermediari bancari, operando espressamente mediante interruzione dell'efficacia dell'articolo 7 del decreto legislativo n. 279/1997, interessa regioni, enti locali ed enti del settore sanitario: andrebbe chiarito se la sospensione del regime di tesoreria convenzionale dovrà operare oltre che su tali enti, anche sulle istituzioni e aziende che sono controllati dai medesimi. Dovrebbe inoltre essere chiarito il regime applicabile alle entrate regionali destinate al finanziamento della spesa sanitaria (IRAP, addizionale IRPEF) che, in base all’articolo 77-quater del D.L. 112/2008, sono attualmente riversate dalla tesoreria centrale ai tesorieri degli enti.

In merito alla quantificazione degli effetti finanziari della norma, si osserva che l’ipotesi semplificatrice, adottata nella relazione tecnica, circa un sostanziale allineamento della remunerazione delle disponibilità detenute finora dai suddetti enti presso il sistema bancario al tasso (1% lordo) riconosciuto dallo Stato sui conti fruttiferi potrebbe non essere verificata per la totalità degli enti: in tal caso, quindi, il riversamento in tesoreria delle disponibilità potrebbe comportare per alcuni di essi una perdita in conto interessi rendendo più difficile l’equilibrio di bilancio. Appare, pertanto, opportuno che il Governo fornisca i dati riguardanti il rendimento medio conseguito negli ultimi anni dagli enti pubblici a valere delle disponibilità detenute presso il sistema bancario.

Non sembra poi potersi escludere che, in una situazione di perdurante tensione sui mercati finanziari, lo smobilizzo in tempi relativamente brevi (30 giugno 2012) di eventuali investimenti ai fini del riversamento in tesoreria, oltre ai mancati introiti per maggiori interessi, possa determinare, in alcuni casi, perdite in conto capitale. Appare opportuno che il Governo chiarisca gli elementi che porterebbero ad escludere tali ipotesi.

La relazione tecnica rileva inoltre che le disponibilità riversate nel 2012 (8,6 miliardi) comportano per tale anno un minor fabbisogno ed una conseguente minore emissione di debito pubblico, a fronte della quale si determina un risparmio per interessi, pari a 320 milioni nel 2012 e a 150 milioni per ciascuno degli anni 2013 e 2014. Rilevato che tale modulazione della spesa nel triennio appare in contrasto con l’ipotesi, formulata dalla R.T., che le maggiori giacenze rimangano stabilmente sui conti di tesoreria nel triennio, e tenuto conto che una quota dei risparmi in questione (260 milioni per il 2012) sono espressamente indicati a copertura dei maggiori oneri per interessi previsti in relazione al comma 2 dell’articolo 35, appare opportuno che il Governo chiarisca le ipotesi riguardanti sia l’entità media delle giacenze di tesoreria in ciascuno degli esercizi del triennio 2012-2014 sia gli importi di emissione (e l’andamento atteso dei tassi) che si sarebbero effettuati in mancanza della misura in esame.

Infine, per valutare il possibile impatto del comma 13, che consente la rinegoziazione dei contratti di tesoreria in essere con banche (e per cui viene previsto che, qualora le parti non dovessero raggiungere l’accordo, per gli enti pubblici sia riconosciuta la possibilità di recedere anticipatamente rispetto alla naturale scadenza) andrebbero forniti elementi in merito alle convenzioni nella gestione dei servizi di tesoreria intrattenute con banche da parte degli enti del settore pubblico.

 

ARTICOLO 35, commi 11 e 12

Tesoreria delle università e dei dipartimenti universitari

Normativa previgente – Secondo l’articolo 29 della legge 448/1998, a decorrere dal 1° gennaio 1999 i trasferimenti statali alle università continuano ad essere versati nelle rispettive contabilità speciali infruttifere ad esse intestate presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato. Le entrate diverse dai trasferimenti statali non sono riversate nella tesoreria statale, ma sono prioritariamente utilizzate per i pagamenti (comma 9). Per quanto riguarda i dipartimenti e gli altri centri con autonomia finanziaria e contabile, a decorrere dalla medesima data, tutte le entrate non sono versate in tesoreria statale, ma sono prioritariamente utilizzate per i pagamenti degli enti. Le contabilità speciali ad essi intestate sono progressivamente chiuse all’esaurimento delle disponibilità esistenti al 30 giugno 1999 (comma 10).

 

Le norme:

·       dispongono l’abrogazione dell’articolo 29, comma 10, della legge n. 448/98 e stabiliscono, fino all’adozione del bilancio unico d’ateneo, l’applicazione ai dipartimenti e ai centri di responsabilità dotati di autonomia gestionale e amministrativa delle disposizioni in materia di tesoreria unica recati dai precedenti commi 8 e 9. Stabiliscono, inoltre, che fino al completo riversamento delle risorse sulle contabilità speciali di cui al comma 9, i tesorieri o cassieri degli stessi utilizzano prioritariamente le risorse esigibili depositate presso gli stessi, trasferendo gli eventuali vincoli di destinazione sulle somme depositate presso la tesoreria statale (comma 11);

·       prevedono, a decorrere dall’adozione del bilancio unico d’ateneo, l’accentramento della gestione delle risorse liquide delle università, comprese quelle dei dipartimenti e degli altri centri dotati di autonomia gestionale e amministrativa (comma 12).

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive effetti specifici ai commi 11 e 12 in  esame.

 

La relazione tecnica, riferita al maxiemendamento presentato al Senato, afferma che la modifica apportata nel corso dell’esame al Senato al comma 11, consegue a quella del comma 10. Tale modifica stabilisce le modalità operative dei tesorieri/cassieri dei dipartimenti universitari e degli altri centri dotati di autonomia amministrativa.

 

Nulla da osservare al riguardo, tenuto conto che gli effetti finanziari positivi sui saldi sono scontati con riferimento ai precedenti commi in materia di tesoreria degli enti pubblici (cfr. supra).

 

ARTICOLO 36

Autorità indipendente di regolazione in materia di trasporti

La norma, modificata dal Senato, prevede l’istituzione dell’Autorità indipendente di regolazione dei trasporti, composta dal presidente e da due componenti, cui sono attribuite competenze nel settore dei trasporti e dell’accesso alle relative infrastrutture e ai servizi accessori.

In particolare, l'Autorità:

·        garantisce condizioni di accesso non discriminatorie alle reti e alle infrastrutture, fatte salve le competenze dell’Agenzia per le infrastrutture stradali e autostradali;

·        definisce criteri per la fissazione delle tariffe, canoni e pedaggi (applicando il metodo del price cap al settore autostradale);

·        verifica la corretta applicazione dei criteri di cui al punto precedente;

·        stabilisce condizioni minime di qualità del servizio di trasporto nazionale e locale;

·        definisce il contenuto minimo dei diritti, anche di natura risarcitoria, che gli utenti possono esigere;

·        definisce gli schemi di bandi di gara per l’assegnazioni dei trasporti in esclusiva;

·        svolge, per il settore degli aeroporti, le funzioni dell’autorità di vigilanza

·        con particolare riferimento all’accesso all’infrastruttura ferroviaria, definisce i criteri per la determinazione dei pedaggi da parte del gestore dell’infrastruttura e i criteri di assegnazione delle tracce e della capacità;

·        irroga sanzioni in caso di mancato rispetto dei propri provvedimenti, in cui importo è destinato ad un fondo per il finanziamento di progetti a vantaggio dei consumatori dei settori dei trasporti, approvati dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti su proposta dell'Autorità;

·        con particolare riferimento al servizio taxi, verifica la rispondenza dei livelli di offerta del servizio taxi, delle tariffe e della qualità delle prestazioni rispetto alle esigenze dei diversi contesti urbani, secondo i criteri di ragionevolezza e proporzionalità, allo scopo di garantire il diritto di mobilità degli utenti. Comuni e regioni provvedono, ove necessario, ad adeguare  il servizio dei taxi nel rispetto di determinati principi: consentire ai titolari di licenza la possibilità di essere sostituiti alla guida; prevedere la possibilità di rilasciare licenze part-time e di consentire ai titolari di licenza una maggiore flessibilità nella determinazione degli orari di lavoro; consentire ai possessori di licenza di esercitare la propria attività anche al di fuori dell’area per la quale sono state originariamente rilasciate; consentire una maggiore libertà nella fissazione delle tariffe. Nel caso di aumento delle licenze a titolo oneroso, i relativi incassi sono destinati ad adeguate compensazioni da corrispondere a coloro che sono già titolari di licenza.

Ai componenti dell’Autorità e ai funzionari si applica il regime previsto per le autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità (di cui alla legge 14 novembre 1995, n. 481).

Agli oneri derivanti dall'istituzione dell'Autorità e dal suo funzionamento per l'anno 2012, nel limite massimo di 5 milioni di euro, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica[82].

E’ quindi soppressa la disposizione del DL 201/2011 (art. 37, comma 6, ultimo periodo) che prevedeva che l’Autorità si avvalesse delle risorse disponibili sulla base della legislazione vigente.

In sede di prima attuazione, l'Autorità provvede al reclutamento del personale di ruolo, nella misura massima del 50 per cento dei posti disponibili nella pianta organica, determinata in 80 unità, e nei limiti delle risorse disponibili, mediante apposita selezione nell'ambito del personale dipendente da pubbliche amministrazioni in possesso delle competenze e dei requisiti di professionalità ed esperienza richiesti per l'espletamento delle singole funzioni e tale da garantire la massima neutralità e imparzialità. In fase di avvio il personale selezionato dall'Autorità medesima è comandato da altre pubbliche amministrazioni, con oneri a carico delle amministrazioni di provenienza. A seguito del versamento dei contributi a carico dei gestori delle infrastrutture e dei servizi regolati – che l’Autorità deve determinare[83] in misura non superiore all'uno per mille del fatturato dell’esercizio precedente -, il predetto personale è immesso nei ruoli dell'Autorità nella qualifica assunta in sede di selezione.

Nelle more dell'entrata in operatività dell'Autorità, le relative funzioni continuano ad essere svolte dalle amministrazioni e dagli enti pubblici competenti nei diversi settori interessati. A decorrere dalla stessa data l'Ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari (URSF) del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è soppresso. Conseguentemente, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti provvede alla riduzione della dotazione organica del personale dirigenziale di prima e di seconda fascia in misura corrispondente agli uffici dirigenziali di livello generale e non generale soppresse. Sono altresì soppressi gli stanziamenti di bilancio destinati alle relative  spese di funzionamento.

Restano ferme le competenze del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, del Ministero dell’economie e delle finanze nonché del CIPE in materia di approvazione di contratti di programma nonché di atti convenzionali, con particolare riferimento ai profili di finanza pubblica.

 

Il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del provvedimento non ascrive effetti alla norma in esame.

 

La relazione tecnica riferita al testo iniziale, afferma il carattere regolatorio della norma, che non determina effetti finanziari negativi sulla finanza pubblica. Con particolare riferimento al trattamento economico fondamentale del personale comandato è ribadito che lo stesso è posto a carico dell'amministrazione di provenienza. La relazione menziona poi l'articolo 4, commi 48 e 49 della legge n. 183 del 2011 che non consente alle Autorità indipendenti di poter erogare ai comandati indennità al fine di operare perequazioni rispetto al loro trattamento fondamentale. L'unico onere posto a carico dell'Autorità è limitato al solo riconoscimento dell'eventuale trattamento accessorio previsto per il proprio personale e che potrà essere fronteggiato nell'ambito delle risorse a disposizione dell’Autorità.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento, nel descrivere il contenuto delle modifiche apportate, sottolinea che, a decorrere dal 2013, l’Autorità non potrà mai gravare sulle finanza pubbliche in quanto l’integrale autofinanziamento dell’Autorità sarà assicurato mediante un contributo versato dai gestori delle infrastrutture e dei servizi regolati, determinato annualmente dall’Autorità stessa, in misura non superiore all’uno per mille dei ricavi dell’esercizio precedente.

Con riferimento ad una stima delle risorse rinvenienti dall’autofinanziamento, si evidenzia come la platea dei soggetti interessati è sufficientemente ampia e comprende anche concessionari e gestori di servizi ad alta redditività, che garantiscono la sicurezza del gettito. In particolare, da una prima stima, i ricavi delle imprese che operano nei settori sottoposti alla regolazione dell’Autorità è di circa 100 mld di auro annui, con un potenziale di gettito di 100 mln. Per quanto riguarda i costi dei organizzazione e funzionamento dell’Autorità, un utile termine di paragone è quello dell’Autorità dell’energia elettrica e il gas, sottoposta alla stessa diciplina giuridica in materia di trattamento del personale, anche se con una dotazione organica maggiore. Il bilancio di previsione dell’AEEG evidenzia costi complessivi, al netto dei trasferimenti ad altri soggetti pubblici previsti per legge e degli accantonamenti al fondo di riserva, per circa 52 mln di euro. E’ quindi prevedibile che l’Autorità determini per il 2013 un’aliquota del contributo di autofinanziamento inferiore al massimo possibile.

Infine, in relazione alla previsione, in sede di prima attuazione, di un reclutamento del personale di ruolo nella misura massima del 50% dei posti disponibili nella pianta organica, determinata in 80 unità, e nei limiti delle risorse disponibili, mediante selezione nell’ambito delle pubbliche amministrazioni, è previsto che i relativi oneri restino a carico delle pubbliche amministrazioni di provenienza. In tal modo si assicura che, fino all’avvio del meccanismo di autofinanziamento, il costo del personale comandato non comporti nuovi oneri per la finanza pubblica.

Infine la relazione afferma che le modifiche apportate in materia di istituzione dell’Agenzia per le infrastrutture stradali e autostradali sono volte a definire le competenze e le funzioni attribuite rispettivamente all’ANAS e alla istituenda Agenzia e a coordinare le stesse con i poteri riconosciuti all’Autorità di regolazione dei trasporti.

 

Al riguardo, appare opportuno acquisire chiarimenti in merito ai seguenti profili.

Con riferimento al personale selezionato dall’Autorità presso altre amministrazioni, andrebbe chiarito se si determinino maggiori fabbisogni di organico presso le amministrazioni di provenienza, cui viene sottratto un significativo contingente di dipendenti, dapprima distaccati e poi definitivamente assegnati all’Autorità. Tale eventualità appare evitabile unicamente nell’ipotesi che il trasferimento riguardi personale adibito a funzioni interamente assorbite dall’Autorità stessa. Si segnala in proposito che il testo non prevede – eccezion fatta per l'Ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari, che viene chiuso - la contestuale indisponibilità dei posti nell'amministrazione di provenienza.

Andrebbe chiarito inoltre se possa determinarsi l’emersione di risparmi in relazione al venir meno di specifiche funzioni presso le amministrazioni attualmente competenti e all’assegnazione all’Autorità di personale che, a regime, verrà collocato nei ruoli dell’Autorità stessa. In particolare, si segnala che il prospetto non indica i risparmi conseguenti alla chiusura del citato Ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari e alla correlata riduzione di stanziamenti di spesa, espressamente prevista dalla norma. Analogamente, andrebbero acquisiti chiarimenti circa il venir meno dei risparmi – non considerati peraltro nel prospetto riepilogativo degli effetti finanziari - che l’articolo 73, comma 6, del testo originario del provvedimento in esame, in materia di diritti e tariffe aeroportuali, attribuiva alla riduzione del contributo dello Stato all’Ente nazionale per l’aviazione civile (ENAC), a seguito dell’adeguamento dei diritti aeroportuali a carico degli utenti e dei gestori. Tale adeguamento – soppresso con le modifiche apportate al Senato – era finalizzato a garantire il funzionamento della Direzione diritti aeroportuali, istituita nell’ambito dell’ENAC, con funzioni di Autorità di vigilanza, nelle more dell’istituzione Autorità indipendente di regolazione dei trasporti.

Si ricorda che la relazione tecnica riferita al testo originario affermava, con riferimento all’articolo 73, che, sulla base del vigente contratto collettivo nazionale di lavoro del personale ENAC, il costo annuo complessivo necessario per l’intera Direzione poteva essere stimato in circa 2 milioni di euro[84]. In proposito non venivano forniti, tuttavia, i dati e gli elementi posti alla base di tale quantificazione.

 

In merito ai profili di copertura finanziaria, si segnala preliminarmente che le risorse del Fondo per interventi strutturali di politica economica, delle quali è previsto l’utilizzo, sono iscritte nel capitolo 3075 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze che reca, nell’anno 2012, le necessarie disponibilità.

 Si segnala, tuttavia, che la disposizione in esame prevede un contributo per il solo anno 2012, mentre il testo dell’articolo 37, comma 6, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, che si prevede di sostituire, faceva più genericamente riferimento alle risorse previste a legislazione vigente per l’Autorità. Al riguardo, appare opportuno che il Governo confermi che tali risorse sono necessarie solo sino all’effettiva operatività dell’Autorità di regolazione dei trasporti.

 

ARTICOLO 37

Misure per il trasporto ferroviario

Il comma 1 prevede che l’Autorità di cui al precedente articolo 36 definisca, gli ambiti del servizio pubblico sulle tratte e le modalità di finanziamento. L’Autorità analizza l’efficienza dei diversi gradi di separazione tra l’impresa che gestisce l’infrastruttura e l’impresa ferroviaria, anche in relazione alle esperienze degli altri Stati membri dell’Unione Europea. In esito all’analisi, l’Autorità predispone una relazione al Governo e al Parlamento.

In merito al trattamento del personale, la norma prevede l’applicazione della contrattazione collettiva definita dalle organizzazioni più rappresentative a livello nazionale.

 

Il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del provvedimento non ascrive effetti alla norma in esame.

 

La relazione tecnica riferita al testo originario, nel descrivere la norma, afferma che essa non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento approvato al Senato, nel descrivere le modifiche apportate, sottolinea che la disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

ARTICOLO 38

Liberalizzazione delle pertinenze delle strade

La norma prevede  che l’Autorità di regolazione dei trasporti disciplini le modalità di progettazione da parte dell'ente proprietario o del concessionario e di approvazione da parte del concedente delle pertinenze di servizio relative alle autostrade, nel rispetto delle disposizioni in materia di affidamento dei servizi di distribuzione di carbolubrificanti e delle attività commerciali e ristorative nelle aree di servizio autostradali.

 

Il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del provvedimento non ascrive effetti alla norma in esame.

 

La relazione tecnica riferita al testo iniziale afferma che la disposizione ha carattere procedurale e non determina effetti finanziari negativi per la finanza pubblica.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento approvato al Senato sottolinea il carattere meramente procedurale della modifica apportata.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

ARTICOLO 39

Vendita della stampa quotidiana e diritti d’autore

La norma:

·       aggiunge alcune disposizioni al comma 1 dell’art. 5 del d.lgs. n. 179/2001[85] in base alle quali gli edicolanti possono vendere presso la propria sede qualunque altro prodotto, secondo la vigente normativa; possono praticare sconti sulla merce venduta e defalcare il valore del materiale fornito in conto vendita e restituito a compensazione delle successive anticipazioni al distributore (comma 1);

·       liberalizza l’attività di amministrazione e intermediazione dei diritti connessi al diritto d’autore e demanda ad un DPCM l’individuazione dei requisiti minimi necessari ad un razionale e corretto sviluppo del mercato degli intermediari dei diritti suddetti (commi 2 e 3);

·       stabilisce che restano salve le funzioni assegnate in materia alla Società Italiana Autori ed Editori (SIAE) e dispone l’abrogazione di tutte le disposizioni incompatibili con il contenuto dell’articolo in esame (comma 4).

 

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica, riferita al maxiemendamento, ribadisce il contenuto delle disposizioni e afferma che le stesse non comportano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

ARTICOLO 40

Carta di identità e anagrafe della popolazione residente all’estero

Le norma, tra l’altro, prevede che .

·       all’articolo 10, comma 2, primo periodo, del DL n. 70/2011, laddove è stabilito che, con apposito decreto, si provveda a determinare le modalità tecniche di attuazione del rilascio della carta d’identità elettronica (CIE) unitamente a quella sanitaria, sia definito anche un piano per il graduale rilascio, a partire dai comuni identificati con il medesimo decreto, della carta d’identità elettronica sul territorio nazionale (comma 1);

·       la modifica dell’articolo 3, comma 2, del RD. n. 773/1931[86], prevedendo, che le carte d’identità elettroniche debbano essere munite delle impronte digitali della persona a cui si riferiscono (comma 2).

L’art. 3, comma 2, del RD n. 773/1931 - nel testo previgente – prevede che le carte di identità rilasciate a partire dal 1° gennaio 2011 (termine differito al 1° gennaio 2012[87] e quindi prorogato da ultimo al 31 dicembre 2012, dall’art. 15, comma 4, del DL n. 216/2011[88] proroga termini 2012) debbano essere munite anche delle impronte digitali della persona a cui si riferiscono.

·       la sostituzione del comma 6 dell’articolo 1, della legge n. 1228/1954[89], prevedendo che l’Indice nazionale delle anagrafi (INA) promuova la circolarità delle informazioni anagrafiche essenziali al fine di consentire, alle amministrazioni pubbliche centrali e locali collegate, la disponibilità, in tempo reale, dei dati relativi alle generalità, alla cittadinanza, alla famiglia anagrafica, all’indirizzo anagrafico delle persone residenti in Italia e dei cittadini italiani residenti all’estero iscritti nell’Anagrafe della popolazione italiana residente all’estero (AIRE), certificati dai comuni e, limitatamente al codice fiscale, dall’Agenzia delle Entrate (comma 3).

La norma sostituita limitava le summenzionate attività dell’INA alle sole persone residenti in Italia: la portata innovativa della disposizione in esame consiste pertanto nell’estensione delle medesime attività anche ai cittadini italiani residenti all’estero iscritti nell’Anagrafe della popolazione italiana residente all’estero (AIRE);

·       fatto salvo quanto previsto dall’articolo 50 del D.lgs. n. 82/2005 (codice amministrazione digitale), al fine di soddisfare eventuali prestazioni di elaborazioni aggiuntive riguardanti i dati contenuti nell’Indice nazionale delle anagrafi (INA), ovvero nei casi in cui venga richiesta per pubbliche finalità ed ove possibile la certificazione dei dati contenuti nell’INA, il Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali del Ministero dell’Interno può stipulare convenzioni con enti, istituzioni ed altri soggetti che svolgono pubbliche funzioni (comma 5);

·       l’amministrazione finanziaria attribuisca d’ufficio il codice fiscale ai cittadini iscritti nell’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) ai quali non risulta attribuito, previo allineamento dei dati anagrafici in possesso degli uffici consolari e delle AIRE comunali (comma 6);

·       all’atto dell’iscrizione nell’AIRE e ai fini dell’attribuzione del codice fiscale, i comuni competenti trasmettano all’anagrafe tributaria, per il tramite del Ministero dell’interno, i dati relativi cognome e il nome, il luogo e la data di nascita, il sesso e il domicilio fiscale i dati[90] relativi al cognome, nome, luogo e data di nascita, sesso e con l’aggiunta della residenza all’estero e l’indicazione del comune di iscrizione nell’AIRE, in luogo del domicilio fiscale. Con le stesse modalità i comuni trasmettono all’anagrafe tributaria ogni variazione che si verifichi nelle proprie anagrafi riguardanti i cittadini iscritti nell’AIRE (comma 7);

·       la rappresentanza diplomatico-consolare competente per territorio comunichi ai cittadini residenti all’estero l’avvenuta attribuzione d’ufficio del codice fiscale (comma 8).

Viene previsto, infine, che alle attività previste dal presente articolo le amministrazioni interessate provvedono nell’ambito delle risorse già disponibili a legislazione vigente. (comma 9).

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma in esame effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica relativa al testo originario afferma che la norma prevede disposizioni relative al rilascio della carta d’identità ed alla circolarità delle informazioni anagrafiche nonché all’attribuzione del codice fiscale. La RT, in particolare, evidenzia che l’impronta digitale viene attualmente già inserita nella carta di identità elettronica, ai sensi dell’articolo 66, comma 4, lett. c), del D.lgs. n. 82/2005, il quale prevede la facoltà di inserimento sulla CIE di tale dato biometrico. La portata innovativa della nuova disposizione sta nell’escludere la carta di identità cartacea dall’obbligo di apposizione dell’impronta digitale. Alle attività previste dal presente articolo le amministrazioni interessate provvedono nell’ambito delle risorse già disponibili a legislazione vigente.

 

Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare, considerato quanto evidenziato nel corso della trattazione del provvedimento in esame in prima lettura al Senato.

Durante l’esame in 5^ Commissione al Senato è stata richiesto[91] di verificare la congruità della clausola di invarianza finanziaria di cui al comma 9 della norma in esame. Nella documentazione del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato depositata dal Governo in 5^ Commissione[92] in risposta alle osservazioni formulate, è stato confermato che la norma non prevede modalità relative al rilascio della carta d’identità elettronica che risultino diverse o innovative rispetto a quelle già previste a legislazione vigente.

 

 

In merito ai profili di copertura finanziaria si rileva che la clausola di neutralità finanziaria (comma 9), che prevede che alle attività previste dall’articolo in esame le amministrazioni provvedano nell’ambito delle risorse già disponibili a legislazione vigente, non è redatta in termini conformi alla prassi consolidata, in quanto non indica esplicitamente se si intenda fare riferimento alle risorse finanziarie, umane o strumentali o all’insieme di tali risorse.

 

 

ARTICOLO 40-bis

Misure in materia di appalti pubblici

Le norme, introdotte durante l’esame al Senato, dispongono l'abrogazione dell’articolo 5-bis, comma 5, del DL 343/2001, che estende l’applicazione delle norme in materia di stato di emergenza e di poteri di ordinanza – di cui all’articolo 5 della L. 225/1992 – alla dichiarazione dei grandi eventi rientranti nella competenza del Dipartimento della protezione civile e diversi da quelli per i quali si rende necessaria la delibera dello stato di emergenza.

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento afferma che la norma ha carattere ordina mentale e che non comporta effetti finanziari.

 

Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare, rilevata la natura ordinamentale dell’abrogazione in esame.

 

ARTICOLO 41

Emissioni di obbligazioni da parte delle società di progetto – project bond

La norma sopprime l’obbligo, per le società costituite al fine di realizzare e gestire una singola infrastruttura o un nuovo servizio di pubblica utilità, di chiedere la previa autorizzazione dei servizi di vigilanza al fine di emettere obbligazioni, anche in deroga ai limiti di cui all'articolo 2412 del codice civile, destinate alla sottoscrizione da parte degli investitori qualificati. Prevede inoltre che le obbligazioni, sino all’avvio della gestione dell’infrastruttura da parte del concessionario, possano essere garantite dal sistema finanziario, da fondazioni e da fondi privati, secondo le modalità definite con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

Il Senato ha esteso le disposizioni sopra descritte alle società titolari delle autorizzazioni alla costruzione di infrastrutture di trasporto di gas, di infrastrutture di trasmissione dell’energia elettrica e di terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto, nonché alle società titolari delle concessioni di stoccaggio[93].

 

Il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del provvedimento non ascrive effetti alla norma in esame.

 

La relazione tecnica riferita la testo originario afferma che, al fine di consentire l’effettivo sviluppo dello strumento obbligazionario a sostegno del finanziamento di specifici progetti infrastrutturali, è prevista la revisione della disciplina in materia di emissione delle obbligazioni, destinate alla sottoscrizione da parte di investitori qualificati, da parte delle società di progetto (art. 157 del d.lgs. n. 163 del 2006) che, costituite “a valle” dell’affidamento di una concessione, realizzano l’opera pubblica.

La disposizione non comporta effetti negativi per la finanza pubblica.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento approvato al Senato rileva che con le disposizioni in esame è ampliato il numero di soggetti privati che possono emettere obbligazioni, è eliminata la previsione che le obbligazioni siano garantite mediante ipoteca nel caso in cui superino il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili. E’ inoltre previsto che le obbligazioni siano sottoscritte da investitori qualificati, così da poter coinvolgere nel finanziamento delle opere pubbliche non solo il sistema bancario ma il sistema finanziario nel suo complesso. Le disposizioni si limitano ad agevolare l’emissione delle obbligazioni già previste a legislazione vigente, senza prevedere alcun coinvolgimento a carico della finanza pubblica.

Durante la fase di costruzione dell’infrastruttura, quando questa non è ancora in grado di produrre flussi di cassa per remunerare il capitale investito, è previsto che le obbligazioni godano della garanzia da parte del sistema finanziario, delle fondazioni e dei fondi privati, secondo le modalità definite con decreto ministeriale: la disposizione non è suscettibile di produrre nuovi o maggiori oneri, fermo restando che, in sede di adozione del decreto, si dovranno prevedere specifiche modalità per la prestazione di garanzie da parte di fondazioni a partecipazione pubblica, volte a tutelare l’assenza di oneri per la finanza pubblica.

I commi 2 e 3 non sono suscettibile di produrre maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Al riguardo, pur considerando il fatto che la norma non prevede espressamente il rilascio di garanzie da parte di soggetti interni alla PA, andrebbe fornita conferma che non si possa configurare il rischio che le obbligazioni assunte o garantite da soggetti giuridicamente privati, quali le società di progetto, le società del settore delle infrastrutture energetiche e le fondazioni, possano essere imputate, sotto il profilo sostanziale, ai soggetti pubblici committenti delle opere (eventualmente nell’ambito di un partenariato pubblico-privato) o concedenti.

Si segnala in proposito che la norma non prevede a tal fine una procedura di verifica del rispetto dei criteri, previsti in sede comunitaria, inerenti l’imputazione dei diversi tipi di rischio sui vari soggetti coinvolti nell’operazione, al fine di escludere che sul soggetto pubblico gravino, sotto il profilo sostanziale, rischi che implicherebbero la riclassificazione del debito in capo alla Pubblica Amministrazione.

 

ARTICOLO 42

Disciplina del promotore per le infrastrutture strategiche

Le norma sostituisce il comma 14, dell’articolo 175 del D.lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici) prevedendo l’introduzione del diritto di prelazione in capo al proponente di proposte di finanza di progetto per la realizzazione di infrastrutture strategiche.

Si rammenta che l’articolo 175, del Codice dei contratti pubblici è stato integralmente sostituito dall’articolo 41, comma 5-bis del DL 201/2011. Alla norma in riferimento non sono ascritti effetti sui saldi di finanza pubblica.

Nello specifico la norma prevede che il proponente assuma la denominazione di promotore qualora apporti alla proposta le modifiche richieste - in fase di approvazione del progetto - da parte del CIPE. In tal caso la proposta viene inserita nella lista delle infrastrutture strategiche da ritenersi prioritarie[94] e viene adottata quale base di gara - alla quale il promotore partecipa con diritto di prelazione rispetto agli altri competitori[95] - per l’affidamento di una concessione[96].

In materia di prelazione la norma in esame fa rinvio all’applicazione dell’art. 153, comma 19, tredicesimo, quattordicesimo e quindicesimo periodo del Codice dei contratti pubblici. Le norme richiamate prevedono che se il promotore non risulta aggiudicatario, può esercitare, entro quindici giorni dalla comunicazione dell'aggiudicazione definitiva, il diritto di prelazione e divenire aggiudicatario se dichiara di impegnarsi ad adempiere alle obbligazioni contrattuali alle medesime condizioni offerte dall’aggiudicatario. Se il promotore non risulta aggiudicatario e non esercita la prelazione ha diritto al pagamento, a carico dell'aggiudicatario, dell'importo delle spese per la predisposizione della proposta. Se il promotore esercita la prelazione, l’originario aggiudicatario ha diritto al pagamento, a carico del promotore, dell’importo delle spese per la predisposizione dell’offerta.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma in esame effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica, relativa al testo originario del provvedimento in esame, afferma che la disposizione innova la recente disciplina posta in materia dal DL n. 201/2011, introducendo nella normativa sulla finanza di progetto nelle infrastrutture strategiche, il “diritto di prelazione” nella c.d. procedura ad iniziativa privata. La RT afferma, infine, che la disposizione non comporta effetti negativi per la finanza pubblica.

 

Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare, stante il carattere ordinamentale della disposizione.

 

ARTICOLO 43

Project financing per la realizzazione di infrastrutture carcerarie

Le norme prevedono che per fronteggiare la grave situazione di emergenza conseguente all’eccessivo affollamento delle carceri, si ricorra in via prioritaria alle procedure in materia di finanza di progetto[97] (comma 1).

Ciò deve avvenire fermo restando quanto previsto in materia di permuta, previa analisi di convenienza economica e verifica di assenza di effetti negativi sulla finanza pubblica con riferimento alla copertura finanziaria del corrispettivo di cui al comma 2. Con decreto del Ministro della giustizia[98] sono disciplinati condizioni, modalità e limiti di attuazione di quanto sopra previsto, in coerenza con le specificità, anche ordinamentali, del settore carcerario.

Al concessionario realizzatore dell’opera è riconosciuta, a titolo di prezzo, una tariffa per la gestione dell’infrastruttura e dei servizi connessi, ad esclusione della custodia, le cui modalità sono definite al momento dell’approvazione del progetto e da corrispondersi successivamente alla messa in esercizio dell’infrastruttura. È a esclusivo rischio del concessionario l'alea economico-finanziaria della costruzione e della gestione dell'opera. La concessione ha durata non superiore a venti anni (comma 2).

Se il concessionario non è una società integralmente partecipata dal Ministero dell’Economia, esso può prevedere che le fondazioni di origine bancaria, ovvero altri enti pubblici o con fini non lucrativi contribuiscano alla realizzazione delle infrastrutture di cui al comma 1, con il finanziamento di almeno il venti per cento del costo di investimento (comma 3).

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma in esame effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica si limita a ribadire il contenuto delle norme.

 

Al riguardo si rileva che il meccanismo prefigurato dalla norma sembra prevedere che un concessionario realizzi l’infrastruttura carceraria e che lo Stato, successivamente, paghi un canone ventennale, che include la spesa per la gestione dell’infrastruttura e dei servizi connessi, a titolo di prezzo. Appare  pertanto necessario che sia chiarito quali siano le risorse attualmente disponibili per le finalità in esame e se le stesse garantiscano un flusso di risorse almeno ventennale.

Appare altresì necessario che il Governo fornisca elementi di valutazione che escludano l’ipotesi di riclassificazione in sede europea degli effetti finanziari della spesa sostenuta per la realizzazione dell’opera alla luce dei particolari rapporti che la norma prevede tra il concessionario realizzatore dell’opera e l’unico cliente utilizzatore costituito dalla amministrazione centrale della giustizia.

Andrebbe chiarito se, in sede europea di classificazione delle spese, ai fini della vigilanza sui saldi finanziari, gli effetti sull’indebitamento netto della spesa possano essere imputati alla data di consegna dell’opera, in luogo dei venti anni previsti per il pagamento del prezzo (inclusivo del costo dei servizi resi dal concessionario per la gestione della infrastruttura), imputando corrispettivamente in capo alla pubblica amministrazione una posizione di debito nei confronti del soggetto finanziatore.

Andrebbe, infine, chiarito se l’assegnazione della gestione, previo pagamento di corrispettivo, al soggetto concessionario non possa determinare un’accelerazione di flussi di cassa per spese che potrebbero essere diversamente modulate dalla pubblica amministrazione nel corso dell’anno/degli anni sulla base delle disponibilità effettivamente sussistenti in termini di competenza e fabbisogno e non sulla base di una periodica manutenzione cui un privato concessionario appare senz’altro tenuto. A tale riguardo si osserva che l’affidamento a privati dei servizi di manutenzione potrebbe determinare un irrigidimento della struttura del bilancio pubblico.

 

ARTICOLO 44

Contratto di disponibilità

La norma inserisce nel testo unico sui lavori pubblici la disciplina del contratto di disponibilità, mediante il quale sono affidate, a rischio e a spesa dell’affidatario, la costruzione e la messa a disposizione a favore dell’amministrazione aggiudicatrice di un'opera di proprietà privata destinata all'esercizio di un pubblico servizio, a fronte di un corrispettivo.

L’affidatario del contratto di disponibilità è retribuito con i seguenti corrispettivi, soggetti ad adeguamento monetario secondo le previsioni del contratto:

a) un canone di disponibilità, da versare soltanto in corrispondenza alla effettiva disponibilità dell'opera; il canone è proporzionalmente ridotto o annullato nei periodi di ridotta o nulla disponibilità della stessa per manutenzione, vizi o qualsiasi motivo non rientrante tra i rischi a carico dell’amministrazione aggiudicatrice ai sensi del comma 3;

b) l'eventuale riconoscimento di un contributo in corso d'opera, comunque non superiore al cinquanta per cento del costo di costruzione dell’opera, in caso di trasferimento della proprietà dell'opera all’amministrazione aggiudicatrice;

c) un eventuale prezzo di trasferimento, parametrato, in relazione ai canoni già versati e all’eventuale contributo in corso d’opera di cui alla precedente lettera b), al valore di mercato residuo dell’opera, da corrispondere, al termine del contratto, in caso di trasferimento della proprietà dell'opera all’amministrazione aggiudicatrice.

L’affidatario assume il rischio della costruzione e della gestione tecnica dell'opera per il periodo di messa a disposizione dell’amministrazione aggiudicatrice.

Il rischio della mancata o ritardata approvazione da parte di terze autorità competenti della progettazione e delle eventuali varianti è a carico dell’affidatario.

 

Il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del provvedimento non ascrive effetti alla norma in esame.

 

La relazione tecnica riferita al testo iniziale afferma che il dispositivo introduce quale nuovo strumento contrattuale il “contratto di disponibilità”, il cui oggetto consiste nell’affidamento ad un privato della costruzione e successiva manutenzione, a proprio rischio e spese, di un'opera destinata all'esercizio di un pubblico servizio.

L’opera rimane di proprietà privata, ma viene messa a disposizione del committente pubblico a fronte dei seguenti corrispettivi:

•         un canone proporzionale alla disponibilità dell’opera;

•         un eventuale contributo in corso d’opera, comunque non superiore al 50% del costo di costruzione dell’opera in caso di trasferimento della proprietà dell'opera all’amministrazione aggiudicatrice;

•         un eventuale prezzo di trasferimento, parametrato al valore di mercato residuo al netto dei canoni già versati e del contributo, nel caso in cui l'opera passi in proprietà all’amministrazione aggiudicatrice.

Gli oneri connessi agli eventuali espropri sono considerati nel quadro economico degli investimenti e finanziati nell’ambito del contratto di disponibilità.

La disposizione non comporta effetti negativi per la finanza pubblica.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento approvato al Senato afferma che la modifica introdotta interviene sull’attività di collaudo posta in capo alla stazione appaltante da svolgersi nell’ambito delle risorse già finalizzate alla realizzazione dell’opera. Tale modifica non comporta oneri, trattandosi di norma procedimentale.

 

Al riguardo, andrebbero acquisiti chiarimenti in merito alle modalità di classificazione contabile del nuovo istituto giuridico ai sensi della normativa contabile comunitaria. Andrebbe infatti escluso che esso sia assimilabile ad una delle fattispecie di leasing immobiliare considerate elusive dei vincoli di finanza pubblica. Per tali fattispecie sussistono infatti rischi di riclassificazione in capo al soggetto pubblico, committente dell’opera, delle spese sostenute dal soggetto privato affidatario. Rilevano a tal fine i profili di trasferimento dei rischi finanziari, di realizzazione e utilizzazione dell’opera, la cui analisi risulterebbe opportuna per escludere eventuali riflessi negativi sui profili di finanza pubblica.

 

ARTICOLO 45

Documentazione a corredo del piano economico e finanziario per le opere di interesse strategico

Le norme dispongono che, al fine di accelerare l’assegnazione, da parte del CIPE, delle risorse finanziarie per i progetti delle infrastrutture di interesse strategico[99], il piano economico e finanziario che accompagna la richiesta di assegnazione delle risorse deve essere integrato di una specifica documentazione di dettaglio.

In particolare, si dispone che siano inseriti:

·        la stima della domanda relativa all’infrastruttura da realizzare;

·        il costo complessivo dell’investimento, compresa, ove esista, la quota parte di finanziamento diverso da quello pubblico;

·        l’utilizzo di tutti i finanziamenti assegnati al progetto in coerenza con il cronoprogramma di attività;

·        le indicazioni relative ai ricavi integrate con le indicazioni dei costi. Detti costi sono articolati in costi di costruzione, costi dovuti alla sicurezza, costi dovuti ad adempimenti o adeguamenti riferibili alla legislazione ambientale, costi relativi alla manutenzione ordinaria dell’infrastruttura, costi fideiussori;

·        per i soggetti aggiudicatori dei finanziamenti organizzati in s.p.a., l’impatto sui bilanci aziendali dell’incremento di patrimonio derivante dalla realizzazione dell’infrastruttura e, per le infrastrutture a rete, l’impatto delle esternalità positive.

 

La relazione tecnica, oltre a illustrare sinteticamente il contenuto delle norme, afferma che le disposizioni permettono un più rapido avvio dell’intervento previsto perché, compattando i tempi di acquisizione degli elementi necessari all’istruttoria da parte del CIPE, si rende più tempestiva l’assegnazione delle risorse destinate alle opere di legge obiettivo.

La RT afferma altresì che la disposizione non comporta effetti negativi per la finanza pubblica.

 

Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare, rilevata la natura ordinamentale delle norme in esame.

                   

ARTICOLO 46

Disposizioni attuative del dialogo competitivo

Le norme introducono l’articolo 58, comma 18-bis, del D. Lgs. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici), relativo al dialogo competitivo.

Si ricorda che l’articolo 58, comma 6, stabilisce, in attuazione della Direttiva 2004/18/CE, che nel dialogo competitivo le stazioni appaltanti avviano con i candidati ammessi un dialogo finalizzato all’individuazione e alla definizione dei mezzi più idonei a soddisfare le loro necessità o obiettivi.

Si prevede in particolare che con regolamento vengano definite le ulteriori modalità attuative della disciplina.

 

La relazione tecnica, oltre a illustrare sinteticamente il contenuto delle norme, afferma che la disposizione non comporta effetti negativi per la finanza pubblica.

 

Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare, rilevata la natura ordinamentale delle norme in esame.       

 

ARTICOLO 47

Riduzione importo "opere d’arte" per i grandi edifici

Le norme modifica l’articolo 1 della L. 717/1949 (Norme per l'arte negli edifici pubblici) disponendo che, in luogo della percentuale fissa pari al 2% del totale da destinare alla realizzazione di “opere d’arte” volte all’abbellimento degli edifici relativamente al progetto di edifici pubblici, siano introdotte percentuali decrescenti al crescere dell’importo dell’opera.

Tali percentuali corrispondono:

·        al 2% per un importo pari o superiore a 1 milione di euro e inferiore a 5 milioni di euro;

·        all’1 % per un importo pari o superiore a 5 milioni di euro e inferiore a 20 milioni di euro;

·        allo 0,5% per importi pari o superiori a 20 milioni di euro.

 

La relazione tecnica, oltre a illustrare sinteticamente il contenuto delle norme, afferma che la disposizione non comporta effetti negativi per la finanza pubblica.

 

Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare, rilevato che le modifiche apportate non impattano sul costo complessivo del progetto di edifici pubblici.    

                   

ARTICOLO 48

Norme in materia di dragaggi

Le norme dispongono la modifica della legge 28 gennaio 1994, n. 84, di riordino della legislazione in materia portuale. In particolare si prevede l’inserimento nel testo della legge dell’articolo 5-bis che detta disposizioni in materia di dragaggio.

Si prevede che nei siti oggetto di interventi di bonifica di interesse nazionale[100] le operazioni di dragaggio possono essere svolte anche contestualmente alla predisposizione del progetto relativo alle attività di bonifica. Il progetto di dragaggio è presentato dall'autorità portuale[101] al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (comma 1, capoverso articolo 5-bis, comma 1).

Si stabilisce come debbano essere utilizzati i materiali derivanti dalle attività di dragaggio al fine di salvaguardare l’ambiente dall’impiego improprio di materiali potenzialmente inquinanti (comma 1, capoverso articolo 5-bis commi 2 e 3). Se materiali inquinanti sono destinati ad essere refluiti all'interno di strutture di contenimento nell'ambito di porti nazionali diversi da quello di provenienza devono essere accompagnati da idonea documentazione[102]; le Autorità marittime competenti per provenienza e destinazione dei materiali concordano un sistema di controllo idoneo a garantire una costante vigilanza durante il trasporto dei materiali, nell'ambito delle attività di competenza senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (comma 1, capoverso articolo 5-bis comma 4). Viene verificata mediante apposite analisi, da effettuare nel sito prima del dragaggio sulla base di metodologie e criteri stabiliti con il decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 7 novembre 2008 (comma 1, capoverso articolo 5-bis comma 5), l'idoneità del materiale dragato ad essere gestito secondo stabilito dalle norme in esame.

E’ conseguentemente abrogata la vigente disciplina in materia di dragaggi recata dall’articolo 5, commi da 11-bis  a 11-sexies della citata legge n. 84/1994 (comma 2).

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma in esame effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica allegata al disegno di legge originario ribadisce preliminarmente quanto previsto dalle norme in esame ossia che le stesse stabiliscono che le operazioni di dragaggio possano essere effettuate anche contestualmente alla predisposizione del progetto relativo all’attività di bonifica previa approvazione da parte dei Ministeri competenti del progetto di drenaggio al fine di prevenire il rischio che le necessarie operazioni tecniche possano pregiudicare la bonifica del sito. Secondo la relazione tecnica, i successivi commi[103] disciplinano aspetti tecnici e di carattere procedurale che non comportano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

La relazione tecnica predisposta dal Governo a corredo del maxiemendamento ribadisce la natura ordinamentale delle norme recate dall’articolo in esame come riformulato nel testo trasmesso all’esame della Camera  dei Deputati.

 

Al riguardo si osserva che andrebbero acquisiti elementi idonei a confermare l'effettiva sostenibilità della clausola di invarianza riferita ai compiti di vigilanza e controllo previsti per le Autorità marittime competenti, sulla provenienza e destinazione dei materiali derivanti dal dragaggio e prevista dalle norme di cui al comma 1, capoverso articolo 5-bis comma 4.

Si rammenta che con riferimento ad analogo rilievo formulato nel corso dell’iter al Senato, il Governo ha replicato[104] confermando la neutralità finanziaria della disposizione e sottolineando che le attività in oggetto rientrano tra le competenze delle amministrazioni interessate.

Non si hanno rilievi da formulare con riferimento alle analisi da effettuare a norma comma 1, capoverso articolo 5-bis comma 5, in quanto tali disposizioni appaiono sostanzialmente confermative della disciplina recata dall’articolo 5, comma 11-quinquies, della legge n.84/1994 abrogato dal comma 2 dell’articolo in esame.

 

ARTICOLO 49

Utilizzo di terre e rocce da scavo

Le norme dispongono che l’utilizzo delle terre e delle rocce da scavo sia regolamentato con decreto del Ministro dell’ambiente, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame. Detto decreto stabilisce le condizioni alle quali le terre e rocce da scavo sono considerate sottoprodotti ai sensi dell’articolo 184-bis del D. Lgs. 152/2006 (Codice ambientale) (commi 1 e 1-bis).

Dalla data di entrata in vigore del suddetto decreto ministeriale viene abrogato l’articolo 186 del Codice ambientale, in materia di terre e rocce da scavo (comma 1-ter).

Si ricorda che l’articolo 186 del D. Lgs. 152/2006 dispone che le terre e rocce da scavo, anche di gallerie, ottenute quali sottoprodotti, possano essere utilizzate per reinterri, riempimenti, rimodellazioni e rilevati al verificarsi di specifiche condizioni tecniche.

Si ricorda altresì che l’articolo 184-bis del medesimo decreto legislativo disciplina le condizioni in base alle quali le sostanze o gli oggetti originati da un processo di produzione sono considerati “sottoprodotti” e non rifiuti. Ad esempio, le sostanze o gli oggetti devono soddisfare, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente senza impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.

Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (comma 1-quater).

Si rileva che il testo originario della norma non recava la clausola di invarianza. Nel corso dell’esame del provvedimento presso il Senato, la 5a Commissione ha espresso, sul testo dell'articolo in esame, parere non ostativo condizionato, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, all'inserimento di tale clausola. La stessa è stata apposta al comma 1-quater dal maxiemendamento 1.900 del Governo. Dal dibattito presso il Senato non emergono i motivi che hanno indotto la 5a Commissione a richiedere l’inserimento della clausola di invarianza di cui al comma 1-quater dell’articolo in esame. Peraltro, il parere è stato approvato con l’avviso conforme del Governo e del relatore.

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica riferita al testo originario afferma che la disposizione non comporta effetti negativi per la finanza pubblica.

La RT riferita al maxiemendamento afferma che anche le norme introdotte durante l’esame al Senato, di cui ai commi da 1-bis a 1-quater, sono di carattere ordinamentale e che non comportano effetti finanziari.

 

Al riguardo, si rileva che le norme in esame appaiono di carattere prevalentemente ordinamentale, come affermato nella relazione tecnica riferita al maxiemendamento. Si segnala tuttavia l’opportunità di acquisire dati ed elementi volti a definire la portata delle modifiche che il decreto ministeriale apporterà alla disciplina in materia di terre e rocce da scavo, al fine di escludere interventi normativi non conformi alla legislazione comunitaria o eventuali oneri per interventi di risanamento o di bonifica connessi all’utilizzo dei materiali interessati.

 

ARTICOLO 50

Disposizioni in materia di concessione di costruzione e gestione di opere pubbliche

Legislazione previgente. L’articolo 159 del decreto legislativo n. 163/2006 stabilisce che in tutti i casi di risoluzione di un rapporto concessorio per motivi attribuibili al soggetto concessionario, gli enti finanziatori del progetto potranno impedire la risoluzione, designando una società che subentri nella concessione al posto del concessionario e che verrà accettata dal concedente al verificarsi di determinate condizioni. Una di queste prevede che la società designata dai finanziatori abbia caratteristiche tecniche e finanziarie equivalenti a quelle possedute dal concessionario all’epoca dell’affidamento della concessione.

Le norme, disponendo la modifica dell’articolo 159 del decreto legislativo n. 163/2006, prevedono che il subentro di un nuovo concessionario all’originario affidatario della concessione sia possibile quando il subentrante abbia caratteristiche tecniche e finanziarie sostanzialmente corrispondenti a quelle previste nel bando di gara o negli atti in forza dei quali la concessione è stata affidata. La norma previgente prevedeva che le  caratteristiche tecniche e finanziarie dovessero essere equivalenti a quelle possedute dal concessionario a suo tempo designato affidatario della concessione.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma in esame effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica allegata al disegno di legge originario ribadisce quanto previsto dalle norme e conclude affermando che la disposizione non comporta effetti negativi per la finanza pubblica.

 

Al riguardo si rileva che la norma rende meno stringenti le condizioni richieste per la sostituzione del concessionario da parte dei finanziatori nei casi in cui si verifichino le ipotesi che consentono la risoluzione di un rapporto concessorio. Appare necessario che il Governo chiarisca se la sostituzione del concessionario con altro avente caratteristiche tecniche e finanziarie non più analoghe ma solo sostanzialmente corrispondenti, non sia suscettibile di determinare un potenziale scadimento dei servizi resi con conseguenti ulteriori oneri, anche se di natura indiretta, a carico della finanza pubblica.

 

ARTICOLO 53, commi da 1 a 5

Allineamento alle norme europee della regolazione progettuale delle infrastrutture

Le norme prevedono che la progettazione delle nuove infrastrutture ferroviarie ad alta velocità avviene secondo le relative specifiche tecniche; le specifiche tecniche previste per l’alta capacità sono utilizzate solo se ciò è necessario sulla base delle stime delle caratteristiche della domanda (comma 1).

E’ stabilito che non possono essere applicati alla progettazione e costruzione delle nuove infrastrutture ferroviarie nazionali, gallerie stradali ed autostradali e agli adeguamenti di quelle esistenti, parametri e standard tecnici e funzionali più stringenti rispetto a quelli previsti dagli accordi e dalle norme dell’Unione Europea (commi 2 e 4).

Si modifica il decreto legislativo 5 ottobre 2006, n. 264[105]. La modifica apportata riguarda le competenze della Commissione permanente per le gallerie, la quale svolge le funzioni di autorità amministrativa per tutte le gallerie situate sulla rete transeuropea ricadente nel territorio nazionale ed è istituita presso il Consiglio superiore dei lavori pubblici. In particolare si è intervenuto sulla disposizione che prevedeva che la Commissione approvasse i progetti per l'attuazione delle misure di sicurezza predisposti dal Gestore della galleria ed effettuasse le ispezioni, le valutazioni ed i collaudi. La novella elimina il riferimento ai collaudi e lo sostituisce con le verifiche funzionali (comma 5).

Si rammenta che secondo quanto affermato dalla relazione illustrativa il collaudo è di competenza della stazione appaltante.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma in esame effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica ribadisce sostanzialmente il contenuto delle norme sottolineando che il comma 1 è volto a limitare utilizzo delle specifiche tecniche per le infrastrutture ferroviarie ad alta velocità relative alle linee ad alta capacità in quanto più onerose di quelle relative ad infrastrutture ad alta velocità.

Viene chiarito che le modifiche al decreto legislativo n. 264/2006 di cui al comma 5 sono disposte per determinare una maggiore economicità nella realizzazione e gestione in sicurezza delle infrastrutture ferroviarie e delle gallerie stradali, attraverso la riduzione dell’overdesign.

Per overdesign si deve intendere un sistema di progettazione e realizzazione eccessivamente complesso o più un generale che eccede gli standard usualmente richiesti.

La relazione tecnica conclude affermando che le disposizioni non comportano effetti negativi per la finanza pubblica.

 

Al riguardo non si hanno rilievi da formulare, considerato che lo svolgimento di verifiche funzionali sembrerebbe implicare un’attività di controllo meno penetrante e complessa di un collaudo. Sul punto appare utile una conferma da parte del Governo.

 

ARTICOLO 53, comma 5-bis

Rendicontazione dei contributi per infrastrutture ricevuti dagli enti locali

La norma dispone la modifica dell’articolo All'articolo 5, comma 1-ter, del decreto-legge 13 agosto 2011. Tale articolo, nel testo oggi vigente, stabilisce che le disponibilità derivanti da specifiche autorizzazioni legislative di spesa iscritte nello stato di previsione del Ministero dell'interno, e relative al potenziamento di infrastrutture, sono versate in Tesoreria entro trenta giorni dalla richiesta dell'ente interessato. La stessa norma stabilisce che l'ente destinatario del finanziamento è tenuto a rendicontare le modalità di utilizzo delle risorse.

La modifica prevede che a tale rendicontazione non si applica l'articolo 158, comma 3, del decreto legislativo n. 267 del 2000[106]. L’articolo 158 da ultimo citato prevede che gli enti debbono predisporre un rendiconto riferito ai contributi straordinari assegnati da amministrazioni pubbliche. Il rendiconto deve essere predisposto entro sessanta giorni dal termine dell'esercizio finanziario; se tale temine non è rispettato il comma 3, di cui si dichiara la non applicabilità dalla norma in esame, l’ente locale è obbligato alla restituzione del contributo straordinario assegnato.

 

La relazione tecnica predisposta del Governo a corredo del maxiemendamento afferma che la disposizione prevede l’obbligo di rendicontazione sulle modalità di utilizzo delle risorse di cui all'art. 5 comma-ter del decreto legge n. 138/2011 che si sostanzia in un elemento di trasparenza nella gestione delle predette risorse e conseguentemente non comporta effetti negativi sui saldi di finanza pubblica.

 

Al riguardo non si hanno rilievi da formulare, considerato che la norma si limita a prevedere il venir meno di una sanzione connessa alla sola rendicontazione dell’utilizzo delle risorse e non sembra, pertanto, incidere sulle potenzialità di spesa delle amministrazioni coinvolte.

 

ARTICOLO 54

Emissione di obbligazioni di scopo da parte degli enti locali

La norma prevede che gli enti locali e i loro consorzi, per il finanziamento di singole opere pubbliche, possono attivare prestiti obbligazionari di scopo, legati alla realizzazione delle opere stesse e garantiti da un apposito patrimonio immobiliare destinato. Con decreto ministeriale sono determinate le modalità di costituzione e gestione del predetto patrimonio, destinato a garantire le obbligazioni per il finanziamento delle opere pubbliche.

 

Il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del provvedimento non ascrive effetti alla norma in esame.

 

La relazione tecnica riferita al testo iniziale, nel descrivere la disposizione, sottolinea che essa non comporta effetti negativi per la finanza pubblica.

 

Al riguardo, si segnala che il dispositivo, volto ad ampliare le potenzialità di accesso al credito da parte degli enti locali, potrebbe determinare effetti negativi sul debito complessivo della PA. Sotto il profilo dei saldi di finanza pubblica, andrebbe confermato che, ai fini del rispetto dei vincoli in tema di patto di stabilità interno, l’utilizzo per finalità di spesa in conto capitale delle risorse finanziarie rinvenienti dalle obbligazioni di scopo, sia imputabile ai diversi enti locali partecipanti all’operazione in proporzione del riparto effettivo della spesa.

 

ARTICOLO 55, comma 1

Progetto da utilizzare per l’affidamento delle concessioni

La norma modifica l'articolo 177, comma 2, primo periodo, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. Tale articolo tratta della procedura di aggiudicazione dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture. La modifica consente che per l'affidamento delle concessioni si possa porre a base di gara non solo il progetto preliminare ma anche quello definitivo.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma in esame effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica, dopo aver ribadito il contenuto delle disposizioni, afferma che le stesse hanno carattere procedimentale e non comportano effetti negativi per la finanza pubblica.

 

Al riguardo non si hanno rilievi da formulare.

 

ARTICOLO 55, comma 1-bis

Visite e controlli di prevenzione incendi nelle gallerie stradali e ferroviarie

La norma stabilisce che per le attività soggette alle visite e ai controlli di prevenzione incendi di cui al n. 80 della Tabella di cui all'Allegato I del D.P.R. n. 151/2011, ovvero per le “Gallerie stradali di lunghezza superiore a 500 m. e ferroviarie superiori a 2.000 m.”, i termini degli adempimenti restano rispettivamente disciplinati dal D.Lgs. n. 264/2006 per le gallerie della rete stradale e dal D.M. del 28 ottobre 2005[107] per le gallerie ferroviarie.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma in esame effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica, allegata al maxiemendamento Governo presentato al Senato, afferma che, trattandosi dell’individuazione di termini per l'adempimento di attività amministrative, la disposizione non comporta effetti finanziari negativi.

 

Al riguardo appare opportuno che siano forniti elementi volti a chiarire se l’intensità delle verifiche fissata dalla norma in esame comporti un aggravio delle attività amministrative ispettive attualmente previste in base alla vigente normativa.

 

ARTICOLO 55, comma 1-ter

Assunzioni presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti

Le norme autorizzano il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ad effettuare la spesa di euro 1.514.000 annui a decorrere dal 2013 per provvedere, anche in deroga alla normativa vigente, all'assunzione a tempo indeterminato di 32 unità di personale.

L’autorizzazione è concessa al fine di svolgere le necessarie ed indifferibili attività di vigilanza e controllo delle grandi dighe, nonché per le attività di controllo delle opere di derivazione a valle e condotte forzate.

Agli oneri derivanti da tale diposizione si provvede mediante corrispondente parziale utilizzo della quota delle entrate previste, per il medesimo anno, dall'articolo 2, comma 172, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, in favore del Registro italiano dighe. Conseguentemente si prevede la corrispondente riduzione della spesa relativa al funzionamento del Registro italiano dighe.

 

Il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del provvedimento ascrive alla norma i seguenti effetti:

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

Maggiori spese correnti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Assunzioni per attività di vigilanza e controllo delle grandi dighe

 

1,5

1,5

 

 

 

 

 

 

Maggiori entrate extratributarie

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Contribuzioni per attività di vigilanza e controllo delle grandi dighe

 

1,5

1,5

 

 

 

 

 

 

 

La relazione tecnica afferma che disposizione è stata introdotta considerata la straordinaria necessità e urgenza di garantire un sistema di controlli efficaci ed efficienti sulla sicurezza delle 540 grandi dighe nel territorio nazionale.

Il provvedimento consente il potenziamento degli uffici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti preposti alla vigilanza e al controllo delle grandi dighe[108] in modo da garantirne l'operatività, attualmente gravemente compromessa dalle gravissime carenze di personale.

La relazione tecnica evidenzia che il Ministero dispone di risorse proprie, derivanti dai contributi versati annualmente dai concessionari e dai gestori di dighe[109]. Dette entrate, prosegue la relazione, derivano da “contribuzioni a carico degli utenti dei servizi per le attività di vigilanza e controllo”sulle grandi dighe, e sono utilizzabili solo per le esigenze di funzionamento e potenziamento della struttura del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti preposta a tali compiti.

Tali contribuzioni ammontano, con riferimento all'anno 2011, a euro 16 milioni che si prevede vengano parzialmente utilizzate per fare fronte agli oneri derivanti dalle disposizioni in esame.

Le norme, in deroga alle disposizioni che limitano le assunzioni nelle Amministrazioni dello Stato, autorizzano il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti a provvedere, mediante concorsi, all'assunzione a tempo indeterminato di 32 funzionari laureati in ingegneria, da destinare all'attività di vigilanza e controllo delle grandi dighe e per le relative attività di supporto, da inquadrare nei ruoli ministeriali nella area III posizione economica F 1.

Il costo complessivo massimo annuo stimato è di euro 1.514.000,00, tale valore è risultante dalla somma:

- costo annuo delle competenze fisse, comprensivo di tutti gli oneri, per ciascuna unità di personale, previsto dagli attuali contratti collettivi nazionale del comparto Ministeri, pari a 36.500,00. La spesa complessiva annua per retribuzioni è di euro 1.168.000;

- costo annuo per buoni pasto euro 49.000;

- costo annuo per compensi per lavoro straordinario euro 197.000 (330 ore annue);

- costo per spese di missioni euro 100.000.

L’onere complessivo è assunto come onere per l'anno 2013 e per gli anni successivi in considerazione sia delle misure di contenimento degli oneri per ilpersonale, legati alle recenti manovre di finanza pubblica, sia per la circostanza che i futuri incrementi contrattuali dovranno gravare sul fondo per i rinnovi contrattuali.

La relazione tecnica conclude affermando che la disposizione destina una quota delle entrate, già riassegnabili a legislazione vigente con apposite variazioni di bilancio che si adottano nel corso dell'anno per finalità diverse rispetto a quelle già previste dalla norma originaria (articolo 2, comma 172, del D.L. 262/2006) relative a spese di funzionamento del registro italiano dighe. Conseguentemente, trattandosi di utilizzo di risorse già previste a legislazione vigente non si rilevano effetti finanziari negativi, in quanto la disposizione si sostanzierà in una riduzione delle spese di funzionamento del registro a fronte di un aumento di quelle relative al personale.

 

Al riguardo si osserva preliminarmente che le norme limitative del turn over sono emanate al preciso scopo di limitare la spesa di personale indipendentemente dalla potenziale sussistenza di somme non altrimenti impegnate utilizzabili per tale finalità.

L’impostazione sottesa alla norma in esame non sembrerebbe quindi coerente con quella sottostante le disposizioni limitative delle assunzioni: occorrerebbe in proposito acquisire l’avviso del Governo, anche con riguardo alla possibilità che si determinino eventuali effetti emulativi da parte di altre amministrazioni.

Si osserva, altresì, che la spesa di personale prevista dalla norma in esame è finanziata a valere su risorse già destinate a non meglio individuate spese di funzionamento del Registro italiani dighe. Con riguardo a tale profilo appare preliminarmente necessario che sia chiarito se, in assenza delle disposizioni in oggetto, le somme in questione sarebbero andate in economia.  Andrebbe altresì chiarito se le spese sostituite abbiano una dinamica per cassa analoga a quella ascrivibile alle nuove finalità di spesa indicate. Nel caso in cui dovessero invece emergere disallineamenti, si renderebbe necessaria una modalità di compensazione di tali ulteriori effetti negativi in termini di fabbisogno ed indebitamento.

Si rammenta che la compensazione di simili effetti è stata prevista, in relazione ad una fattispecie analoga, dall’articolo 29-quater del decreto legge proroga termini 2012[110]. Tale norma, come quella in esame, prevedeva l’assunzione di unità di personale a valere su risorse proprie nella disponibilità di un ente[111].

Appare necessario un chiarimento circa il maggior grado di rigidità di bilancio che comporta  la sostituzione delle originarie finalità di spesa con quelle previste dalla norma in esame, riferite a spese di personale. Tale chiarimento appare utile anche alla luce delle più recenti riduzioni delle dotazioni di bilancio dei Ministeri: l’irrigidimento della struttura del bilancio potrebbe infatti rendere maggiormente complessa la gestione di eventuali aggiustamenti - rispetto ai tagli già operati nelle dotazioni di bilancio – che si dovessero rendere eventualmente necessari nel corso del triennio 2012-2014.

Si rileva inoltre che le risorse in questione derivano in parte dalla contribuzione a carico degli utenti dei servizi pertanto la copertura di spese di natura certa e permanente, quali quelle derivanti dall’assunzione di personale, verrebbe ad essere disposta a valere su somme che, almeno in parte, potrebbero non presentare i predetti requisiti. Anche a tal proposito appare utile acquisire l’avviso del Governo. Più in generale, si richiamano le previsioni dell’articolo 17, comma 7, della legge n. 196/2009, che individuano specifici standard per la quantificazione degli oneri riferiti a disposizioni in materia di pubblico impiego, tra cui la necessità di un quadro di proiezioni di carattere almeno decennale.

Appare infine necessario che siano forniti chiarimenti circa il metodo adottato per la contabilizzazione – nell’apposito prospetto riepilogativo - degli effetti della norma in esame sui saldi di finanza pubblica. Non risultano infatti evidenti i motivi in base ai quali le spese per le nuovi assunzioni e le maggiori entrate extratributarie siano state scontate sul solo saldo netto da finanziare.

A tal proposito si rammenta che le somme in questione già dovrebbero essere nelle disponibilità del Ministero dal momento che lo stesso, a norma dell’articolo 2, commi da 170 a 172 del decreto legge n. 262/2006 già è subentrato nelle funzioni e nei compiti del soppresso Registro italiano dighe.

 

In merito ai profili di copertura finanziaria, si ricorda che le somme relative al versamento della contribuzione per il finanziamento delle attività già facenti capo al Registro italiano dighe a carico degli utenti dei servizi sono iscritte nel capitolo 3395 dello stato di previsione dell’entrata, che reca una dotazione, in termini di competenza e di cassa, pari a circa 4,8 milioni nell’anno 2013 e 4,5 milioni di euro nell’anno 2014. Per il finanziamento del sistema dei servizi relativi all’attività in materia di dighe è previsto anche uno specifico capitolo nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (capitolo n. 1290).

Con riferimento alla formulazione della disposizione, si segnala che la stessa prevede l’utilizzo delle suddette somme con corrispondente riduzione della spesa relativa al funzionamento delle dighe “per il medesimo anno”, anziché “a decorrere dall’anno 2013”, come lascerebbe presupporre il carattere permanente degli oneri relativi al personale previsti dalla disposizione in esame.

 

ARTICOLO 55, comma 1-quater

Spese di personale dell’ANAS

La norma stabilisce che, fatto salvo il conseguimento dei risparmi previsti dall'articolo 9 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, per le esigenze connesse al traffico o a condizioni meteorologiche sfavorevoli, la società ANAS è autorizzata ad utilizzare personale da adibire ai servizi di sicurezza e di polizia stradale[112], in deroga al comma 28 del citato articolo 9, con corrispondente riduzione delle somme destinate all'acquisizione dei medesimi servizi attraverso procedure di esternalizzazione.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma in esame effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica allegata al maxiemendamento presentato al Senato, chiarisce che la disposizione in esame prevede una deroga per la società ANAS alla previsione di cui al comma 28 dell'art. 9 del decreto legge. 78/2010, in materia di personale a tempo determinato, alla quale non erano stati comunque associati effetti sui saldi. Conseguentemente dalla disposizione non discendono nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica

In assenza di tale deroga, per lo svolgimento dei compiti istituzionali e stante i vigenti limiti nell’utilizzo di personale a tempo determinato fissati dal citato articolo 9, comma 28, del decreto legge n. 78/2010, l’ANAS si troverebbe a sostenere un maggior onere di circa 800.000 euro annui. La relazione infatti evidenzia che le risorse da utilizzare a tempo determinato su tutto il territorio nazionale per far fronte alle esigenze stagionali (estive e invernali) hanno un costo annuale complessivo di circa 10.000.000 di euro. Nell'ultimo anno, potendo utilizzare solo il 50 per cento del personale in questione, l’ANAS ha dovuto fare ricorso a procedure pubbliche di affidamento del servizio a terzi con un incremento di spesa, variabile da regione a regione, tra il 15 e il 20 per cento del costo diretto rispetto all'anno precedente.

Sul tema riguardante il personale a tempo determinato addetto ad operazioni di sicurezza e pulizia della strada, prosegue la relazione, si è espressa anche la Corte dei conti nella relazione al Parlamento del 31 marzo 2011 sulle attività dell' ANAS, esprimendo preoccupazione per la possibilità di continuare a garantire adeguati livelli di qualità del servizio in assenza di un intervento legislativo che escluda tale categoria di personale dall'ambito applicativo del decreto legge n. 78 del 2010; ipotizzando nel contempo un maggior onere del 20 per cento per assicurare la regolare fruibilità delle strade facendo ricorso a prestazioni di società terze.

 

Al riguardo appare necessario che il Governo fornisca dati ed elementi volti a suffragare, ai sensi dell’art. 17, c. 7, della legge n. 196/2009,  la neutralità finanziaria della disposizione.

Si rammenta che la relazione tecnica allegata all’articolo 9, comma 28, del decreto legge n. 78/2010 sconta effetti in relazione all’introduzione delle norme recate dal medesimo comma derogata dalle disposizione in esame.

 

ARTICOLO 55-bis

Accelerazione degli interventi strategici per il riequilibrio economico e sociale

Le norme dispongono, al fine della realizzazione di interventi riguardanti le aree sottoutilizzate, finanziati con risorse nazionali, comunitarie e dal Fondo per lo sviluppo e la coesione, anche mediante finanza di progetto, le amministrazioni centrali competenti possono avvalersi per le occorrenti attività economiche, finanziarie e tecniche, delle convenzioni con l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti (comma 1).

Viene contestualmente abrogato l’articolo 8 della L. 166/2002 (Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti), di analogo contenuto, che faceva riferimento a Sviluppo Italia s.p.a.[113] (comma 2).

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme, introdotte durante l’esame al Senato.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento afferma che la norma non comporta oneri in quanto il suo contenuto è già previsto da una precedente disposizione, abrogata al comma 2.

 

Al riguardo non vi sono osservazioni da formulare in merito ai profili di quantificazione, atteso che le norme - come rilevato nella relazione tecnica riferita al maxiemendamento - ripropongono sostanzialmente il contenuto di una disposizione già vigente.

 

 

ARTICOLO 56, comma 1

Imposta municipale sugli immobili nel settore edilizio

La norma consente ai comuni di applicare l’aliquota IMU dimezzata (0,38%) relativamente ai fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati, e comunque per un periodo non superiore a tre anni dall’ultimazione dei lavori.

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica afferma che, trattandosi di una facoltà concessa ai Comuni, la norma non determina effetti finanziari.

 

Al riguardo, appare necessario acquisire un chiarimento al fine di escludere possibili effetti onerosi per il bilancio dello Stato. In particolare - fermo restando che la previsione di una riduzione dell’imposta ha, per i comuni, carattere facoltativo - occorre escludere che l’eventuale minor gettito possa incidere sugli introiti destinati allo Stato. Si ricorda infatti che, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legge n. 201/2011 (che ha disposto l’anticipazione al 2012 dell’IMU), una quota (50%) del maggior gettito recato dalla richiamata disposizione, al netto degli effetti dell’applicazione dell’IMU sulla prima casa, è attribuita allo Stato. 

 

ARTICOLO 56, comma 1-bis

Disposizioni in materia di permuta di immobili in uso governativo

Normativa vigente L’articolo 6 del decreto legge n. 138/2011, nel recare norme concernenti la razionalizzazione della spesa delle amministrazioni pubbliche, stabilisce, al comma 6-ter, che l’Agenzia del demanio possa procedere ad operazioni di permuta di beni non più utilizzati e disponibili con immobili adeguati all’uso governativo, al fine di rilasciare immobili di terzi condotti in locazione passiva ovvero comunque ritenuti inadeguati (primo periodo). E’ previsto inoltre che le Amministrazioni dello Stato comunichino all’Agenzia del demanio: 1) l’ammontare dei fondi statali – stanziati e non impegnati - per la realizzazione di nuovi immobili (al fine di valutare la possibilità di recupero di spesa per effetto di operazioni di permuta); 2) gli immobili di nuova realizzazione da destinare ad uso governativo.

 

La norma, introducendo un periodo al comma 6-ter dell’articolo 6 del D.L. n. 138/2011, prevede una ulteriore tipologia di permuta ai sensi della quale possono essere ceduti immobili in uso governativo in cambio dell’acquisizione di immobili da realizzare in aree di particolare disagio e con significativo apporto occupazionale. Gli immobili ceduti in permuta continueranno ad essere utilizzati in regime di locazione fino alla percentuale massima del 75% della permuta mentre il restante 25% dovrà interessare immobili dello Stato dismessi e disponibili.

 

Il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del provvedimento non ascrive effetti alla norma in esame.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento presentato al Senato, nella parte riguardante le norme per le quali la RT non viene verificata positivamente evidenzia che l’emendamento è suscettibile di comportare maggiori oneri a carico dello Stato non quantificati e coperti. Infatti la norma confligge con la ratio dell’art. 6, comma 6-ter, del DL n. 138/2011, che ha come obiettivo la riduzione degli oneri tramite permuta per affitti passivi delle Amministrazioni statali,  e si pone, altresì in contrasto con il processo di razionalizzazione degli spazi in uso alle medesime Amministrazioni, perseguito dal quadro normativo vigente.

 

Al riguardo si osserva che la norma presenta profili problematici in termini di possibili riflessi negativi sulla finanza pubblica.

In particolare, la cessione in permuta di immobili già destinati ad uso governativo, che prosegue in regime di locazione, appare suscettibile di determinare un aumento degli oneri per locazioni per la durata del relativo contratto.

In secondo luogo andrebbero verificati i profili di compatibilità delle operazioni prefigurate con la normativa contabile europea. Andrebbe infatti assicurato che le operazioni stesse - che utilizzano lo strumento della permuta di immobili – non possano essere considerate elusive dei vincoli che graverebbero sulle operazioni stesse qualora effettuate con lo strumento della cessione di immobili (eventualmente con patto di lease-back) e con l’utilizzo delle corrispondenti entrate per l’acquisto o la realizzazione di altri immobili. In questo caso infatti, in base ai criteri di contabilità europea, l’operazione non risulterebbe compensativa per quanto attiene all’impatto sul saldo di indebitamento strutturale, non risultando valide a tal fine le entrate derivanti dalla cessione di immobili. Andrebbero inoltre valutati i riflessi delle operazioni di cessione con patto di lease-back ai fini del debito.[114]

In particolare, occorrerebbe valutare se, nel caso in esame, si determini il rischio di una riclassificazione contabile in merito ai seguenti profili: la cessione di un immobile con patto di lease-back potrebbe essere assimilata all’accensione di un prestito, con effetti negativi sul debito, mentre le spese per acquisto o realizzazione degli immobili inciderebbero negativamente su tutti i saldi di finanza pubblica, compresi quelli di natura strutturale.

In ordine ai profili evidenziati andrebbe acquisito l’avviso del Governo.

 

ARTICOLO 57

Ripristino IVA per housing sociale

Normativa previgente L’articolo 10, primo comma, numero 8, del DPR n. 633/1972 dispone il regime di esenzione dall’IVA, tra l’altro, delle locazioni di fabbricati, ad esclusione delle locazioni di fabbricati abitativi che presentino tutti i seguenti requisiti: 1) siano effettuate in attuazione di piani di edilizia abitativa convenzionata dalle imprese che li hanno costruiti o che hanno realizzato sugli stessi specifiche tipologie di interventi; 2) siano stipulati entro quattro anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell’intervento; 3) a condizione che il contratto abbia durata non inferiore a quattro anni.

Il successivo numero 8-bis stabilisce il regime di esenzione dall’IVA delle cessioni di fabbricati, che non si applica - tra le altre - alle cessioni effettuate dalle imprese costruttrici o dalle imprese che vi hanno effettuato le specifiche tipologie di intervento entro 5 anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell’intervento. Sono altresì escluse dal regime di esenzione (e quindi imponibili IVA) le cessioni di cui al precedente periodo effettuate anche oltre i 5 anni purché entro tale termine i fabbricati interessati siano stati locati per un periodo non inferiore a 4 anni in attuazione dei programmi di edilizia residenziale convenzionata.

La relazione tecnica relativa alla norma che aveva introdotto il regime di esenzione in luogo di quello di imponibilità di talune cessioni e locazioni di immobili (art. 35, commi 8-10-sexies, del decreto legge n. 223 del 2006) aveva stimato effetti finanziari di maggior gettito indicati nella seguente tabella:

 

(milioni di euro)

 

2006

2007

2008

2009

Cessioni di immobili

1.122,0

2.131,6

1.506,2

1.763,5

Locazioni di immobili

260,6

498,9

376,6

453,3

Recupero IVA già detratta

31,3

48,8

28,5

27,6

TOTALE EFFETTI DI CASSA

1.413,9

2.679,3

1.911,3

2.244,4

 

 

La norma, sostituendo i numeri 8 e 8-bis dell’articolo 10, primo comma, del D.P.R. n. 633/1972 (decreto IVA), amplia l’ambito di applicazione del regime di imponibilità IVA (10%) in luogo del regime di esenzione dall’imposta (comma 1, lettere a) e b), prima parte). Si provvede anche, a fini di coordinamento, a modificare la Tabella A, parte III, relativa ai beni soggetti ad aliquota 10%, allegata al medesimo Decreto IVA[115] (comma 1, lettera c)).

In particolare, in base alle modifiche introdotte al richiamato numero 8, rientrano nel regime di imponibilità IVA, su espressa opzione del locatore, anche le locazioni di fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali[116], di fabbricati abitativi effettuate in attuazione di piani di edilizia abitativa convenzionata e di durata non inferiore a quattro anni. Rispetto alla normativa previgente non è richiesto:

-        il requisito soggettivo del locatore (si trattava infatti delle locazioni effettuate dalle imprese che li hanno costruiti o che hanno realizzato sugli stessi specifici interventi di ristrutturazione);

-        il requisito temporale (locazioni effettuate entro quattro anni dalla data di ultimazione della costruzione o della ultimazione dei lavori).

La riformulazione del numero 8-bis è finalizzata ad assoggettare ad IVA alcune cessioni di immobili che, in base al testo previgente, sarebbero rientrate nel regime di esenzione dall’imposta. In particolare, ove il cedente effettui esplicita opzione, rientrano nel regime di imponibilità le cessioni di fabbricati di civile abitazione locati, per un periodo non inferiore a quattro anni, in attuazione dei piani di edilizia residenziale convenzionata ovvero di fabbricati destinati ad alloggi sociali. Rispetto alla normativa previgente non è richiesto:

-        il requisito soggettivo del cedente;

-        il requisito temporale per gli immobili locati (la locazione doveva avvenire entro quattro anni dalla data di ultimazione della costruzione o della ultimazione dei lavori).

La relazione illustrativa afferma che la norma intende sia escludere dal regime di esenzione le vendite effettuate dalle imprese costruttrici anche dopo i cinque anni dall’ultimazione dei lavori, sia estendere il regime di imponibilità alle cessioni di immobili per uso abitativo effettuate nei confronti di soggetti che operano nel settore dell’housing sociale. 

La norma interviene, inoltre, sull’articolo 36 del decreto IVA, al fine di ampliare la facoltà di applicare il regime di contabilità separata anche ai soggetti che effettuano cessioni esenti di immobili che comportano l’applicazione del pro-rata di indetraibilità dell’imposta (comma 1, lettera b), seconda parte).

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica afferma che la disposizione è diretta ad assoggettare a IVA le operazioni relative al social housing in modo da non penalizzare il settore con l’applicazione della vigente normativa che prevede l’assoggettamento ad IVA limitatamente nel tempo, in funzione del periodo di conclusione dei lavori.

Da informazioni desunte per le vie brevi, prosegue la RT, risulta un numero limitato di progetti di social housing e, pertanto - diversamente da quanto indicato nella relazione illustrativa (v. infra) - si ritiene che gli effetti siano di entità trascurabile.

La seconda parte della norma estende la facoltà di applicare la contabilità separata, già prevista per le locazioni, anche alle cessioni di immobili. A tale estensione, finalizzata a rendere più facile la gestione delle operazioni di cessione in esenzione IVA, non si ascrivono sostanziali effetti in termini di gettito.

Diversamente da quanto indicato dalla relazione tecnica, la relazione illustrativa evidenzia che la disposizione comporta complessivamente maggiori oneri mediamente pari a 47,2 milioni di euro annui di cui 6 milioni ascrivibili al comma 1, lettera a) e 41,2 milioni ascrivibili al comma 1, lettera b).

La nota tecnica del Dipartimento delle finanze trasmessa al Senato in data 15 febbraio 2012, in risposta ai rilievi formulati nel corso dell’esame del provvedimento al Senato, ribadisce quanto già espresso nella relazione tecnica, ossia che il fenomeno del social housing risulta essere limitato per cui, a quadro macroeconomico invariato, non si rilevano sostanziali effetti di gettito.

Per quanto concerne, invece, gli effetti onerosi indicati nella relazione illustrativa (47,2 milioni di euro), la nota tecnica chiarisce che si tratta di effetti riferiti ad una proposta non presente nel provvedimento.

La relazione tecnica allegata al maxiemendamento presentato al Senato, afferma che la modifica apportata nel corso dell’esame al Senato (riformulazione della lettera c) del comma 1) ha natura chiarificatoria e si coordina meglio con le modifiche introdotte dalla norma in esame.

Al riguardo si segnala che la relazione tecnica e la successiva nota tecnica non forniscono gli elementi e le informazioni utili per la verifica degli effetti finanziari, che in tale  documentazione vengono ritenuti di entità trascurabile. Andrebbe in proposito chiarito se l’affermazione contenuta nella RT in merito all’esistenza di un numero limitato di progetti di social housing tenga conto dei prevedibili trend nel settore. Infatti tali progetti risultano in via di sviluppo soprattutto nei grandi centri urbani e la stessa norma in esame determina ulteriori effetti incentivanti per la realizzazione dei predetti progetti. Tenuto conto dei rilevanti valori in termini di imponibili fiscali relativi al settore dell’edilizia, la possibilità di compensare l’IVA assolta sugli acquisti da parte degli operatori potrebbe determinare un onere a regime a carico della finanza pubblica.

Un’ulteriore osservazione riguarda l’eventuale recupero dell’IVA corrisposta sugli acquisti dei beni non ancora ceduti, che si determina ai sensi dell’articolo 19-bis2 del DPR n. 633/1972 in conseguenza del cambio di regime IVA (da esente a imponibile). In base alla norma richiamata, i contribuenti interessati potranno recuperare in detrazione l’IVA sugli acquisti sostenuti negli anni precedenti con possibilità che si determini, nei primi anni di applicazione, un effetto finanziario cumulato rispetto a quello stimabile in base alla detrazione ordinaria ammessa. Sul punto andrebbe quindi acquisita una valutazione del Governo.

In merito all’ambito di applicazione, infine, si osserva che - in base al testo della norma - l’esercizio dell’opzione viene consentito anche a soggetti diversi dalle imprese di costruzione o di ristrutturazione di immobili. Sul punto, tenuto conto che si tratta di una facoltà che sarà esercitata dai contribuenti solo se sussiste un loro vantaggio, andrebbero valutati i relativi effetti per la finanza pubblica derivanti da tale regime opzionale. Analogamente, andrebbe acquisita una valutazione in ordine ai possibili effetti di riduzione del gettito derivanti dall’estensione della facoltà di applicare la contabilità separata ai soggetti che effettuano cessioni di immobili esenti da IVA.

 

ARTICOLO 58

Piano nazionale di edilizia abitativa

Normativa vigente: l’articolo 11 del DL 112/2008 ha previsto un piano nazionale di edilizia abitativa (cd. Piano casa), volto ad incrementare il patrimonio immobiliare ad uso abitativo attraverso l’offerta di abitazioni di edilizia residenziale da destinare prioritariamente a determinate categorie sociali. Il Piano ha per oggetto la costruzione di nuove abitazioni e la realizzazione di misure di recupero del patrimonio abitativo esistente. Spetta al Ministero delle infrastrutture promuovere appositi accordi di programma, da approvarsi con decreto ministeriale previa delibera del CIPE, d’intesa con la Conferenza unificata Stato-regioni-autonomie, al fine di concentrare gli interventi sull’effettiva richiesta abitativa, attraverso la realizzazione di programmi integrati di promozione di edilizia residenziale e di riqualificazione urbana caratterizzati da elevati livelli di qualità. Decorsi novanta giorni senza che sia stata raggiunta la predetta intesa, gli accordi di programma possono essere comunque approvati.

La norma  integra l’articolo 11 del DL 112/2008 prevedendo che l’intesa fra il CIPE e la Conferenza unificata Stato-regioni-autonomie vada conclusa nella seduta del CIPE nella quale sono approvati gli accordi di programma per la realizzazione dei piani di promozione di edilizia residenziale e di riqualificazione urbana.

Eventuali rimodulazioni degli interventi contenuti negli accordi di programma sono approvate con decreto del Ministero delle infrastrutture. Eventuali atti aggiuntivi agli accordi di programma, da sottoscrivere per l’utilizzo di economie ovvero di nuove risorse finanziarie che si rendessero disponibili, sono approvati con decreto del Ministro delle infrastrutture.

Ai predetti accordi di programma si applicano l’articolo 41, commi 4 e 5, del DL 201/2011.

In base alle norme richiamate, le delibere assunte dal CIPE sono formalizzate e trasmesse al Presidente del Consiglio per la firma entro trenta giorni decorrenti dalla seduta in cui viene assunta la delibera. Inoltre per tali delibere i termini per il controllo preventivo della Corte dei Conti sono ridotti di un terzo.

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica afferma che la norma è di carattere procedimentale e non comporta effetti negativi per la finanza pubblica.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

 

ARTICOLO 59

Extragettito IVA per le società di progetto per le opere portuali

Normativa previgente: l’art. 18 della legge n. 183/2011 (legge di stabilità per il 2012) ha previsto la facoltà di introdurre agevolazioni fiscali in favore dei soggetti concessionari che, con il sistema del project financing, realizzino infrastrutture stradali, autostradali, ferroviarie, metropolitane e portuali. Il beneficio consiste nel sostituire l’erogazione del contributo pubblico in conto capitale a fondo perduto spettante ai predetti soggetti con la possibilità di portare in compensazione delle imposte dovute il valore del contributo stesso.

Le norme, modificando l’articolo 18 della legge n. 183/2011, stabiliscono che, limitatamente alle grandi infrastrutture portuali e per un periodo non superiore a 15 anni, la compensazione prevista dalla norma possa essere utilizzata per un valore corrispondente al 25% dell’incremento del gettito di imposta sul valore aggiunto relativa alle operazioni di importazione riconducibili all’infrastruttura oggetto dell’intervento.

Vengono inoltre introdotti alcuni commi aggiuntivi allo stesso articolo 18, che individuano la procedura necessaria per valutare l’effettivo maggior gettito IVA cui parametrare il nuovo beneficio nonché l’emanazione di un apposito decreto ministeriale per stabilire le modalità attuative. In particolare, si stabilisce che (cpv. comma 2-bis):

a)     per i progetti di nuove infrastrutture, l’incremento dell’IVA è determinato in misura pari all’ammontare delle riscossioni dell’IVA registrate nel medesimo anno;

b)     per i progetti di ampliamento o potenziamento di infrastrutture esistenti, l’incremento dell’imposta è pari alla differenza tra l’ammontare delle riscossioni dell’IVA registrato nel medesimo anno e la media delle riscossioni conseguite nel triennio immediatamente precedente l’entrata in esercizio dell’infrastruttura oggetto di intervento.

Gli incrementi di gettito di cui alla sopra indicata lettera b), registrati nei vari porti, per poter essere accertati devono essere stati realizzati nel singolo porto, tenendo anche conto dell’andamento del gettito dell’intero sistema portuale secondo le modalità stabilite con apposito decreto ministeriale (cpv. comma 2-ter)[117].

Con appositi decreti del Ministro dell’economia saranno stabilite le modalità di accertamento, calcolo e determinazione dell’incremento di gettito di cui ai commi 2-bis e 2-ter, di corresponsione della quota di incremento del predetto gettito alla società di progetto, nonché ogni altra disposizione attuativa delle predette norme (cpv. comma 2-quater).

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica afferma che le norme prevedono l’attribuzione alla società di progetto che opera nelle grandi infrastrutture portuali, oltre ai benefici fiscali già previsti dall’articolo 18 della legge di stabilità per il 2012, anche del 25% del maggior gettito IVA generato dall’opera stessa. L’ulteriore beneficio spetta per un periodo non superiore a 15 anni ed è determinato in riferimento all’incremento di IVA relativo alle operazioni di importazione riconducibili all’infrastruttura oggetto dell’intervento.

Ai fini della stima degli effetti finanziari, la RT afferma che allo stato non è possibile una quantificazione né del maggior gettito IVA per le predette né, conseguentemente, degli oneri correlati all’attribuzione della quota derivante dall’opera. Ciò in quanto la verifica dell’effettivo extragettito e delle compensazioni utilizzate a tale titolo può essere effettuata solo a consuntivo. Infatti, spiega la RT, l’attribuzione alla società della quota del 25% del maggior gettito IVA riferita all’anno t potrà essere accertata a consuntivo nell’anno t+1. Soltanto alla fine di tale ultima annualità sarà possibile quantificare gli effetti finanziari e verificare se la spesa erogata nell’anno t+1, proporzionata al gettito dell’anno precedente (t), trova compensazione nell’extragettito dell’anno t+1.

La nota tecnica della Ragioneria Generale dello Stato trasmessa al Senato in data 15 febbraio 2012 evidenzia che a presidio dell’equilibrio dei saldi di finanza pubblica è stata prevista l’emanazione di specifici decreti ministeriali che dovranno dettare una disciplina di dettaglio coerente con l’esigenza di valutare l’effettiva realizzazione di un extragettito.

 

Al riguardo si segnala che alla norma non vengono ascritti effetti finanziari in quanto, come affermato dalla RT, non risulta possibile effettuare una quantificazione del maggior gettito né, conseguentemente, degli oneri correlati all’attribuzione della quota del 25% del maggior gettito derivante dall’opera.

In merito ai profili di cassa, si osserva che il meccanismo illustrato dalla RT evidenzia un disallineamento temporale tra il periodo d’imposta in cui viene fruita la compensazione (in base ad un importo presunto) e il periodo d’imposta in cui è determinato a consuntivo l’ammontare effettivamente spettante. Sul punto appare necessario un chiarimento, tenuto anche conto che non vengono fornite informazioni circa le modalità e i tempi per il recupero delle somme eventualmente utilizzate in misura eccedente rispetto a quella spettante.

In altre parole, i beneficiari possono, nell’anno t+1, utilizzare in compensazione la quota presunta calcolata in base all’anno t. Alla fine dell’anno t+1 si potrà verificare se gli importi utilizzati in compensazione rientrino o meno nell’ambito del beneficio spettante.

Andrebbe inoltre confermato se, con il termine “extragettito” utilizzato nella relazione tecnica, si intenda fare riferimento ad entrate non incorporate nelle previsioni tendenziali di entrata relativa ai conti pubblici.

Infatti - pur considerando che si tratta di un gettito IVA relativa ad importazioni e che, pertanto, sarà recuperato in detrazione dal soggetto interessato - qualora tali entrate fossero già state scontate nelle pressioni relative al bilancio dello Stato, la disposizione risulterebbe suscettibile di recare effetti sui saldi di finanza pubblica.

Premessa quindi l’esigenza di un chiarimento in proposito, si rileva in ogni caso quanto segue:

·        non appare chiara la metodologia che consentirà di isolare l’effetto di maggiore gettito associato alle operazioni in questione, assicurando comunque che l’attribuzione di una quota dello stessi ai soggetti beneficiari non determini riduzioni complessive del gettito IVA rispetto a quello incorporato nelle previsioni complessive di finanza pubblica;

·        andrebbe altresì chiarito come si coordinano le disposizioni in essere con l’articolo 17, comma 1-bis, della legge n. 196 del 2009 (Contabilità e finanza pubblica), in base al quale le maggiori entrate rispetto a quelle iscritte nel bilancio di previsione derivanti da variazioni degli andamenti a legislazione vigente non possono essere utilizzate per la copertura finanziaria di nuove o maggiori spese o riduzioni di entrate e sono finalizzate al miglioramento dei saldi di finanza pubblica. Anche ai fini comunitari, peraltro, si segnala che analoga disposizione è contenuta nel Codice di condotta dell’Unione europea.

 

ARTICOLO 59-bis

Sostituzione dell’articolo 153 del Codice degli appalti pubblici in materia di finanza di progetto

Le norme sostituiscono integralmente l’articolo 153 del D. Lgs. 163/2006 (Codice degli appalti pubblici), in materia di finanza di progetto, estendendo il ricorso a tale procedura anche per le strutture dedicate alla nautica da diporto.

In particolare, le integrazioni introdotte prevedono che:

·       sia inclusa la realizzazione di strutture dedicate alla nautica da diporto tra i lavori pubblici o di pubblica utilità per i quali è possibile porre a base di gara uno studio di fattibilità con la presentazione di offerte che contemplino l’utilizzo di risorse totalmente o parzialmente a carico dei soggetti proponenti (capoverso art. 153, comma 1);

·       l’amministrazione aggiudicatrice abbia la possibilità di richiedere al promotore prescelto di apportare modifiche al progetto preliminare, eventualmente intervenute in fase di approvazione del progetto, anche al fine del rilascio delle concessioni demaniali marittime [capoverso art. 153, comma 3, lettera a)];

·       per quanto concerne le strutture dedicate alla nautica da diporto, l’esame e la valutazione delle proposte siano svolti anche con riferimento alla maggiore idoneità dell’iniziativa a soddisfare in via combinata gli interessi pubblici alla valorizzazione turistica ed economica dell’area interessata, alla tutela del paesaggio e dell’ambiente e alla sicurezza della navigazione. La pubblicazione del bando esaurisce gli oneri di pubblicità previsti per il rilascio della concessione demaniale marittima. Il progetto preliminare deve definire le caratteristiche qualitative e funzionali dei lavori, il quadro delle esigenze da soddisfare e le specifiche prestazioni da fornire; deve contenere uno studio con la descrizione del progetto e i dati necessari per individuare e valutare i principali effetti sull’ambiente e deve essere integrato con le specifiche previste dalla normativa di settore[118] (capoverso art. 153, commi 5, 6 e 9).

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme, introdotte nel corso dell’esame al Senato.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento afferma che le norme – introdotte durante l’esame presso il Senato - estendono la realizzazione di opere mediante il ricorso alla finanza di progetto, riproponendo integralmente il vigente testo dell’articolo 153 del Codice degli appalti pubblici. Per tali motivi, le norme proposte non comportano nuovi o maggiori oneri a carico dello Stato.

Per quanto riguarda le nuove disposizioni in materie di nautica da diporto, finalizzate all’attrazione di capitali privati per la realizzazione di tali tipi di intervento, le stesse concernono aspetti meramente procedurali, quali la valutazione del progetto preliminare, che parimenti non comportano nuovi o maggiori oneri a carico dello Stato.

Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare, attesa la natura ordinamentale delle norme in esame.

 

ARTICOLO 59-ter

Disposizioni in materia di noleggio occasionale di imbarcazioni da diporto

La norma, integrando il decreto legislativo n. 171/2005 (Codice della nautica da diporto), prevede la possibilità per il titolare persona fisica, o utilizzatore a titolo di locazione finanziaria, di imbarcazioni o navi da diporto, di effettuare in forma occasionale attività di noleggio dell’imbarcazione. Tale forma di noleggio non costituisce uso commerciale dell’imbarcazione (cpv. articolo 49-bis, comma 1).

La norma dispone inoltre:

­      l’assoggettamento delle attività del personale utilizzato alla disciplina relativa alle prestazioni occasionali di tipo accessorio, con l’applicazione del regime contributivo previsto dall’articolo 72 del decreto legislativo n. 276/2003[119] (cpv. articolo 49-bis, comma 2);

­      la subordinazione dell’attività di noleggio in esame alla previa comunicazione, con modalità telematica, all’Agenzia dell’entrate e alla Capitaneria di porto competente nonché, nel caso di utilizzo di personale per prestazioni occasionali, all’INPS e all’INAIL (cpv. articolo 49-bis, commi 3 e 4);

­      l’assoggettamento dei proventi derivanti dal noleggio, a richiesta del percipiente e a condizione che siano di importo non superiore a 30.000 euro annui, ad un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e delle relative addizionali, nella misura del 20 per cento, con esclusione della detraibilità o deducibilità dei costi e delle spese sostenute relative all’attività di noleggio. Il versamento dell’imposta si effettua entro il termine di pagamento del saldo IRPEF e, ai fini della determinazione dell’acconto, non rilevano le disposizioni in esame (cpv. articolo 49-bis, comma 5).

 

La relazione tecnica al maxiemendamento non ascrive effetti finanziari alla disposizione in esame. La RT precisa che la norma è volta a sviluppare il noleggio su unità da diporto, prevedendo, in deroga alle disposizioni in materia di istituzione e disciplina dei titoli professionali da diporto, la possibilità che il comando delle imbarcazioni possa essere assunto dal titolare e dall’utilizzatore a titolo di locazione finanziaria.

 

Al riguardo, si osserva che la norma, introducendo una deroga all’articolo 2 del decreto legislativo sul quale si interviene (n. 171 del 2005), ai sensi del quale l’attività di noleggio delle unità da diporto si intende effettuata a fini commerciali, sembrerebbe escludere le attività in esame dall’assoggettamento alla ordinaria disciplina fiscale vigente.

In particolare, la qualificazione di attività esercitata “in forma occasionale”, sembrerebbe determinare l’esclusione della soggettività passiva ai fini dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) e dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP). Sul punto appare opportuno acquisire chiarimenti, nonché una valutazione dei conseguenti effetti finanziari.

Con specifico riferimento ai soggetti che realizzano proventi annui non superiori a 30.000 euro, la norma introduce la facoltà di applicare un regime opzionale ai sensi del quale è dovuta un’imposta, ad aliquota 20%, sostitutiva delle imposte sui redditi e relative addizionali. Sul punto si osserva che, tenuto conto del carattere opzionale del regime fiscale introdotto, la norma comporta una perdita di gettito IRPEF e delle relative addizionali non quantificata né coperta.

Per quanto concerne, infine, la riduzione del gettito delle addizionali comunali e regionali all’IRPEF e dell’IRAP, andrebbero chiarite le conseguenze nei confronti degli enti territoriali tenendo conto, tra l’altro, che ai sensi dell’articolo 11 del decreto legislativo n. 68 del 2011 (c.d. federalismo regionale), le regioni hanno diritto a misure compensative qualora il minor gettito del tributo proprio sia dovuto a riduzioni della base imponibile per effetto di interventi statali.

 

ARTICOLO 60

Regime doganale delle unità da diporto

La norma, modificando l’articolo 36 del D.P.R. n. 43 del 1973[120], esclude le navi da diporto dalla disciplina generale ai sensi della quale le navi straniere si intendono destinate al consumo nel territorio italiano quando vengono iscritte in appositi registri e le navi italiane si intendono destinate al consumo fuori  del  territorio doganale quando vengono cancellate dai medesimi registri (comma 1).

Nel corso dell’esame al Senato è stato inserito l’ultimo periodo al comma 1 ai sensi del quale le navi da diporto si intendono destinate al consumo interno o esterno sulla base di una apposita dichiarazione, rispettivamente, di importazione o di esportazione definitiva effettuata dall’armatore.

Le procedure già previste per le navi non iscritte nei registri nazionali battenti bandiera comunitaria sono estese, attraverso una modifica all’articolo 2 del decreto legislativo n. 171 del 2005[121], alle navi battenti bandiera extracomunitaria (comma 2).

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica relativa al testo originario afferma che il comma 1 prevede, in sostanza, che le navi da diporto possono essere destinate al consumo anche senza il cambio di bandiera. Ritiene, quindi, che la disposizione non determina effetti sul gettito.

 

La relazione tecnica allegata al maxiemendamento presentato al Senato, riporta, in calce, le motivazioni in base alle quali la Ragioneria generale dello Stato non ha verificato positivamente la relazione tecnica con riguardo alla norma in esame.

In particolare, la Ragioneria generale dello Stato, ha affermato che, secondo l’Agenzia delle dogane, il comma 1 dell’articolo 60 incide equivocamente sulle questioni di seguito riportate, con possibili effetti sulla finanza pubblica:

-        la destinazione al consumo dentro il territorio doganale è certificata dalla bolletta di importazione definitiva – atto pubblico fidefaciente – rilasciata a seguito del pagamento dei diritti di confine dovuto all’Agenzia delle Dogane;

-        la stessa funzione di atto pubblico che attesta la destinazione fuori dal territorio doganale è assolta dalla bolletta di esportazione, rilasciata dall’Agenzia delle Dogane;

-        per le navi da diporto, la dichiarazione resa dall’armatore potrebbe rappresentare quindi situazioni conflittuali con le risultanze reali connesse allo status fiscale estero ed al regime di utilizzazione nelle acque comunitarie.

Al riguardo si osserva che, anche alla luce delle motivazioni indicate dalla Ragioneria Generale dello Stato, la norma appare suscettibile di incidere negativamente sulla finanza pubblica. Andrebbero acquisiti dati ed elementi di valutazione volti a chiarire se tali effetti determinino conseguenze apprezzabili sui saldi di finanza pubblica, ai fini di una quantificazione degli stessi e dell’individuazione delle risorse con cui farvi fronte.

 

ARTICOLO 60-bis

Introduzione della tassa annuale sulle unità da diporto

Normativa vigente: l’articolo 16, comma 2, del decreto-legge n. 201/2011[122] ha introdotto, a decorrere dal 1° maggio 2012, la tassa di stazionamento sulle navi ed imbarcazioni da diporto, nazionali ed estere, che stazionino in porti marittimi nazionali, navighino o siano ancorate in acque pubbliche anche se in concessione a privati. L’ammontare della tassa è calcolata in ragione della lunghezza dello scafo e i suoi proventi affluiscono allo Stato. La tassa di stazionamento viene calcolata per ogni giorno, o frazione di esso, d una misura minima di 5 euro al giorno, per scafi fra 10 e 12 metri, fino a una misura massima di 703 euro al giorno per scafi superiori a 64 metri. Sono tenuti al pagamento i proprietari, gli usufruttuari o gli utilizzatori a titolo di locazione finanziaria. La relazione tecnica allegata alla disposizione stimava prudenzialmente, con riferimento alla formulazione originaria, un gettito complessivo pari a 200 milioni di euro annui a decorrere dal 2012, considerando una platea di circa 110.000 posti barca soggetti a pagamento e ipotizzando esclusivamente l’importo minimo annuo. Nel corso dell’esame del provvedimento sono state apportate alcune modifiche, tra le quali la riduzione dell’imposta del 15, 30 e 45 per cento per le imbarcazioni possedute da oltre, rispettivamente, 5, 10 e 15 anni. Per effetto di tale disposizione (con riferimento alla quale non è stata presentata relazione tecnica), le maggiori entrate ascritte alla norma nel prospetto riepilogativo definitivo sono passate da 200 a 155 milioni con decorrenza 2012.

 

La norma, sostituendo l’articolo 16, comma 2, del decreto-legge n. 201/2011, dispone l’assoggettamento delle unità da diporto al pagamento di una tassa annuale (in luogo della precedente tassa di stazionamento giornaliera), la cui misura è calcolata in ragione della lunghezza dello scafo, da un minimo di 800 euro per scafi fra 10 e 12 metri a un massimo di 25.000 euro per scafi di lunghezza superiore a 64 metri [comma 1, lettera a)].

La norma introduce ulteriori modifiche al predetto articolo 16, disponendo quanto segue:

­      vengono esentate dal pagamento della tassa in esame le unità per il primo anno di immatricolazione [comma 1, lettera d), secondo periodo];

­      in merito all’ambito soggettivo, vengono espressamente inclusi, tra i residenti nel territorio dello Stato, gli utilizzatori del bene a titolo di locazione, anche finanziaria. Sono inoltre incluse le stabili organizzazioni in Italia dei soggetti non residenti, che posseggano o ai quali sia attribuibile il possesso di unità da diporto. La tassa non si applica ai soggetti non residenti non aventi stabili organizzazioni in Italia che posseggano unità da diporto, sempre che il loro possesso non sia attribuibile a soggetti residenti in Italia [comma 1, lettera e)];

­      in merito all’ambito oggettivo, la tassa non si applica alle unità qualificate come beni strumentali di aziende di locazione e di noleggio [comma 1, lettera e)].

La norma, infine, modificando ulteriormente l’articolo 16 del decreto-legge n. 201/2011, prevede:

­       una più precisa individuazione delle unità a vela con motore ausiliario per le quali la tassa è ridotta alla metà[123] [comma 1, lettera b)];

­       l’applicazione della tassa anche alle unità che si trovino in un’area di rimessaggio, precedentemente non assoggettate alla tassa di stazionamento [comma 1, lettera c)];

­       l’esenzione per le unità che siano rinvenienti da contratti di locazione finanziaria risolti per inadempienza dell’utilizzatore [comma 1, lettera d), primo periodo].

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma. 

Tuttavia, tenuto conto che viene sostituito l’art. 16, comma 2, del DL  201/2011, il prospetto riepilogativo non registra effetti in quanto la relazione tecnica (v. infra) valuta che il gettito atteso dalla nuova formulazione coincida con quello già iscritto nei saldi per effetto del DL 201/2011. Tale gettito è indicato nella seguente tabella, elaborata sulla base dei dati forniti dalle RT allegate al DL 201/2011 e al DL 1/2012.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

Maggiori entrate tributarie

 

 

 

 

 

 

 

 

 

a16,c2, DL201/2011 (norma originaria)

155

155

155

155

155

155

155

155

155

a16,c2, DL201/2011 (norma riformulata dal DL 1/2012)

155

155

155

155

155

155

155

155

155

Variazioni di gettito

0

0

0

0

0

0

0

0

0

 

La relazione tecnica afferma che la norma dispone, fondamentalmente, la trasformazione della tassa di stazionamento (calcolata anche in base ai giorni) prevista a legislazione previgente in una tassa di possesso.

Viene introdotta l’esenzione per le unità che costituiscono bene strumentale di aziende di locazione e noleggio e prevede la non applicazione della tassa alle unità “per i primi due anni di iscrizione”.

In merito al profilo quantitativo, la RT riporta una tabella contenente la ripartizione per classi di lunghezza dello scafo[124] delle unità soggette al pagamento che risultano, in totale, 110.000. Moltiplicando il numero delle imbarcazioni di ciascuna classe per l’imposta corrispondente, viene determinato l’ammontare del gettito (circa 221 milioni) al lordo delle riduzioni, fissate dal D.L. n. 201/2011, da determinare in base al numero degli anni di possesso. A tal fine è stata considerata la seguente ulteriore distribuzione[125]:

-        possesso da meno di 5 anni (nessuna riduzione): 27,5%;

-        possesso tra i 5 e i 10 anni (riduzione 15%): 27,5%;

-        possesso tra i 10 e i 15 anni (riduzione 30%): 15,3%;

-        possesso da oltre 15 anni (riduzione 45%): 29,7%.

Il gettito, al netto delle riduzioni introdotte dal DL n. 201/2011, ammonta pertanto a circa 175 milioni. Rispetto alle stime ascritte nei saldi di finanza pubblica nel prospetto riepilogativo allegato al richiamato decreto legge n. 201, il maggior gettito recato dalla norma è pari a circa 175 – 155 = 20 milioni di euro.

Da tale importo devono essere dedotte le ulteriori agevolazioni introdotte dalla norma in esame alle quali sono attribuiti i seguenti effetti:

a)     esenzione dei beni strumentali, relativamente alla quale è indicato un ammontare pari a 3 milioni annui;

b)     non applicabilità per le nuove immatricolazioni, valutata in 6 milioni annui.  La RT, considerando una esenzione nei primi due anni di immatricolazione, attribuisce una riduzione di gettito pari a 6 milioni nel primo anno e 12 milioni dal secondo anno.

Complessivamente, il maggior gettito netto sarebbe 11 milioni nel primo anno (20-3-6=11 mln) e 9 milioni dal secondo anno (20-3-12=9 mln).

Concludendo, la RT afferma che, prudenzialmente, le modifiche introdotte non comportano sostanziali variazioni di gettito rispetto a quanto già valutato in sede di relazione tecnica originaria.

 

Al riguardo, premesso che il procedimento di quantificazione illustrato nella relazione tecnica risulta coerente con la stima effettuata in occasione del precedente provvedimento (decreto legge n. 201 del 2011), appare tuttavia necessario acquisire chiarimenti in merito alla stima del minor gettito (3 milioni annui) attribuito alle unità iscritte tra i beni strumentali. Infatti, tenuto conto del gettito complessivo (175 milioni) e dell’effetto derivante dall’esenzione delle nuove immatricolazioni (6 milioni all’anno, escluse le imbarcazioni iscritte come beni strumentali), il valore di 3 milioni potrebbe risultare sottostimato. In proposito appare quindi necessario acquisire più puntuali elementi informativi in ordine ai dati posti alla base della quantificazione.

Si segnala inoltre che la quantificazione sconta, a decorrere dal secondo anno, un minor gettito per le nuove immatricolazioni pari a 12 milioni (riferito ai due anni dalla data di immatricolazione), mentre - in base al testo - tale esclusione spetta per il solo primo anno dalla data di immatricolazione.

In merito ai profili di cassa - tenuto conto che alla tassa sono ascritti, a decorrere dal 2012, effetti di maggior gettito pari a  155 milioni di euro -, si osserva che andrebbe acquisito un chiarimento circa il termine per il pagamento dell’imposta che, ai sensi dell’articolo 16, comma 7, del decreto legge n. 201/2011, dovrebbe essere stabilito con apposito provvedimento del Direttore dell’agenzia delle entrate (che al momento non risulta emanato).

 

ARTICOLO 61

Anticipo del recupero delle accise per gli autotrasportatori

Normativa vigente: l’articolo 8 della legge 448/1998 ha introdotto una tassazione sulle emissioni di anidride carbonica (cd. carbon tax), consistente in un incremento delle accise sugli oli minerali e su altri combustibili. Le maggiori entrate derivanti da tale misura sono state destinate ad una serie di finalità, fra le quali la riduzione, per gli autotrasportatori, degli oneri derivanti dagli incrementi delle aliquote di accisa sul gasolio per autotrazione. Si precisa che la norma[126] e la relazione tecnica non quantificavano né le maggiori entrate assicurate dalla predetta tassazione né gli oneri derivanti dall’agevolazione fiscale per gli autotrasportatori; una nota tecnica[127] trasmessa nel corso dell’esame parlamentare quantificava, invece, solo le maggiori entrate assicurate dalla carbon tax (circa 5,9 miliardi di euro annui a regime per accise+IVA).

In attuazione di tale legge, è stato emanato il DPR 277/2000[[128]], che ha previsto – a decorrere dal 1999 - una riduzione degli oneri sostenuti dagli autotrasportatori in misura pari agli incrementi delle aliquote applicati sui relativi consumi nel periodo di riferimento. Tale riduzione di oneri viene realizzata riconoscendo ai beneficiari un credito, che può essere utilizzato in compensazione ovvero mediante il rimborso della relativa somma.

Le norme intervengono sulla disciplina che riduce, per gli autotrasportatori, gli oneri derivanti dagli incrementi delle aliquote di accisa sul gasolio per autotrazione. A tal fine viene novellato il DPR 277/2000, recante la disciplina dell’agevolazione fiscale.

Con il comma 1, lettera a), viene anticipato[129] il termine entro il quale gli esercenti attività di autotrasporto devono presentare, per ottenere il predetto beneficio (compensazione o rimborso), apposita dichiarazione al competente ufficio, a pena di decadenza. Il testo in esame fissa tale termine entro il mese successivo alla scadenza di ciascun trimestre solare, mentre la disciplina previgente (DPR 277/2000) lo fissava entro il 30 giugno successivo alla scadenza di ciascun anno solare.

Con il comma 1, lettera b), viene modificato l'articolo 4 del medesimo DPR, al fine di consentire la fruizione del credito in compensazione - da parte degli autotrasportatori tenuti alla presentazione della dichiarazione dei redditi - entro il 31 dicembre dell'anno solare successivo a quello in cui è sorto (anziché entro l'anno solare in cui è sorto, come stabilito dal testo previgente del DPR 277/2000).

Per “anno solare in cui il credito è sorto” si intende non l’anno nel quale viene effettuato il consumo, ma l’anno nel quale l’autotrasportatore trasmette all’Agenzia delle dogane la dichiarazione[130] relativa alla capacità dei serbatoi e i dati necessari per la determinazione dei consumi di carburante[131].  

Il comma 2 stabilisce che, a decorrere dall'anno 2012, ai crediti di imposta riconosciuti agli esercenti attività di trasporto merci non si applichi il limite annuale di 250.000 euro previsto dalla normativa vigente.

La normativa vigente alla quale il testo fa riferimento è l’articolo 1, comma 53, della legge 244/2007. Tale norma ha stabilito che, a partire dal 1° gennaio 2008, i crediti d’imposta da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi possano essere utilizzati nel limite annuale di 250.000 euro. L’ammontare eccedente è riportato in avanti anche oltre il limite temporale eventualmente previsto dalle singole leggi istitutive ed è comunque compensabile per l’intero importo residuo a partire dal terzo anno successivo a quello in cui si genera l’eccedenza. La norma ha inoltre disposto due deroghe al predetto limite di 250.000 euro all’anno: il limite non si applica con riferimento ai crediti d’imposta per le attività di ricerca industriale[132] e per i nuovi investimenti nelle aree svantaggiate[133].

Al comma 53 sono stati ascritti effetti di riduzione della spesa in conto capitale, ai soli fini del fabbisogno e dell’indebitamento, pari a 103 milioni di euro annui a regime. Tale risparmio è determinato – secondo la relazione tecnica allegata alla legge 244/2007 - dai seguenti effetti: minore spesa in conto capitale per 404 milioni di euro annui a regime per l’introduzione del limite di 250.000 euro all’anno; maggiore spesa in conto capitale per 300 milioni di euro annui a regime per l’introduzione delle due deroghe sopra richiamate. Il risultato netto di 104 milioni è stato infine corretto a 103 milioni (=minore spesa in conto capitale annua a regime) nel prospetto riepilogativo allegato alla relazione tecnica.

Il comma 3 reca la copertura degli oneri derivanti dall'attuazione del comma 1, che vengono quantificati in 26,4 milioni per l’anno 2012.

Viene conseguentemente ridotta di pari importo l'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 33, comma 10, della legge 183/2011: si tratta di un fondo di 400 milioni di euro per il 2012, da destinare a misure di sostegno per il settore dell'autotrasporto merci.

Il comma 4, primo periodo, prevede che, in tutti i casi in cui disposizioni di legge determinino aumenti dell'aliquota di accisa sul gasolio usato come carburante, a determinati soggetti indicati dal testo il maggior onere conseguente all'aumento dell'aliquota di accisa debba essere sempre rimborsato.

Si tratta dei seguenti soggetti:

-             esercenti le attività di trasporto merci con veicoli di massa massima complessiva pari o superiore a 7,5 tonnellate;

-             enti pubblici e imprese pubbliche locali esercenti l'attività di trasporto;

-             imprese esercenti autoservizi di competenza pubblica (statale, regionale e locale);

-             enti pubblici e imprese esercenti il trasporto pubblico di persone con mezzi a fune.

Il rimborso del maggior onere deve avvenire con le modalità previste dall'articolo 6, comma 2, primo e secondo periodo, del D. Lgs. 26/2007.

Tale disposizione prevede che il maggior onere sia rimborsato, anche mediante compensazione, a seguito della presentazione di apposita dichiarazione ai competenti uffici dell'Agenzia delle dogane, secondo le modalità e con gli effetti previsti dal regolamento di cui al DPR 277/2000,  in precedenza richiamato (Disciplina dell'agevolazione fiscale a favore degli esercenti le attività di trasporto merci).

Il comma 4, secondo periodo, novella l'articolo 33 della legge 183/2011, prevedendo che:

a)     l'aumento dell'aliquota dell'accisa disposta dal medesimo articolo 33, comma 30 (in misura tale da determinare, per l'anno 2012, maggiori entrate pari a 65 milioni di euro), si applichi – fra l’altro – alla benzina con piombo (anziché alla benzina senza piombo, come stabilito dal testo previgente);

b)     al predetto aumento di accisa sulle benzine non si applichi l'articolo 1, comma 154, secondo periodo, della legge 662/1996, in base al quale l'operatività di eventuali aumenti erariali per l'accisa sulla benzina per autotrazione è limitata, nei territori delle regioni a statuto ordinario, alla differenza esistente rispetto all'aliquota in atto della citata imposta regionale, ove vigente (cpv. comma 30-bis);

c)     il maggior costo per gli autotrasportatori conseguente all'aumento dell'aliquota di accisa sul gasolio usato come carburante disposto con il provvedimento di cui al precedente comma 30 sia rimborsato nei confronti dei medesimi soggetti[134] già indicati per il comma 4, primo periodo (cpv. comma 30-ter).

Il rimborso del maggior costo deve avvenire - come nel caso del comma 4, primo periodo - con le modalità previste dall'articolo 6, comma 2, primo e secondo periodo, del D. Lgs. 26/2007[[135]].

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alle norme i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

                                                                       (mln di euro)                  

 

SNF

Fabbisogno

Indebitamento netto P.A.

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

Maggiori spese correnti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Art. 61    co. 1(*)

Oneri per interessi – refusione accise per autotrasportatori

 

26,4

 

 

 

 

 

26,4

 

 

 

26,4

 

 

Minori spese in conto capitale

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Art. 61     co. 3

 Autotrasporto: riduzione spesa

art. 33     c. 10

legge 183/2011

 

26,4

 

 

 

 

 

26,4

 

 

 

26,4

 

 

 (*) Il prospetto indica il comma 2, presumibilmente per un errore materiale: infatti il testo del comma 3

     fa esplicito riferimento alla “copertura degli oneri finanziari derivanti dal comma 1”.

 

 

La relazione tecnica afferma quanto segue.

 

Comma 1, lettera a)

La RT evidenzia che, per i consumi dei quattro trimestri del 2012, il momento della presentazione della richiesta di rimborso viene così rimodulato: 1° trimestre: aprile 2012; 2° trimestre: luglio 2012; 3° trimestre: ottobre 2012; 4° trimestre: gennaio 2013.

Le nuove norme in esame generano, per il bilancio dello Stato, effetti finanziari negativi, in termini di cassa, relativamente ai primi tre trimestri del 2012.

Nel procedimento di calcolo delle quantificazioni, i dati e gli elementi presi in considerazione sono i seguenti:

   consumi di gasolio del settore dell’autotrasporto: circa 7,4 miliardi di litri (dati forniti dall’Agenzia delle Dogane).

La nota tecnica del Dipartimento delle finanze[136] afferma che le stime sui consumi di gasolio utilizzate nella relazione tecnica si riferiscono all’anno 2012.

   differenza tra le nuove aliquote previste dal DL 201/2011 e l’aliquota base prevista prima del DL 201/2011: 190 euro per mille litri a decorrere dal 2012 e ulteriori 0,49 euro per mille litri per gli anni successivi

Infatti l’aliquota, prima del DL 201/2011, era di 403,21 euro per mille litri[137]. Le nuove aliquote dopo il DL 201/2011 sono le seguenti: 593,2 euro per mille litri per il 2012 e 593,7 euro per mille litri per gli anni successivi;

   sulla base di tali dati si prevedono i seguenti effetti di cassa:

€ 190/1.000 lt × 7,4 mld. lt × ¾ (trimestri)= 1.054,5 milioni di euro per il 2012;

€ 0,49/1.000 lt × 7,4 mld. lt × ¾ (trimestri)= 2,7 milioni di euro per il 2013.

Pertanto il totale desumibile dalla  RT è di € 1.054,5 milioni per il 2012 e di €1.057,2 milioni nel 2013;

   si registra, quindi, un’accelerazione sui tempi di fruizione dei rimborsi:

-             dal primo anno (2012), correlato sia alla nuova tempistica dei rimborsi stessi (effetto anticipo) sia all’aumento dell’accisa disposto con il citato decreto-legge 201/2011;

-             nel secondo anno (2013), correlato al solo differenziale tra l’aliquota di accisa prevista per il 2013 e quella dell’anno precedente (pertanto l’effetto è marginale);

   la dotazione del pertinente capitolo di bilancio (capitolo 3820 del MEF), comprensiva della variazione da apportare in attuazione del DL 201/2011 (+1.073,9 milioni di euro), come risulta dalla relazione tecnica e dal prospetto riepilogativo degli effetti allegati al citato DL 201/2011, si attesta in complessivi 1.548,5 milioni di euro annui.

Si ricorda che il predetto onere di 1.073,9 milioni di euro a decorrere dal 2012, relativo all’articolo 15 del DL 201/2011 (con cui sono stati introdotti sia gli aumenti di accisa sia l’esonero per gli autotrasportatori), è stato registrato - nel relativo prospetto riepilogativo - come maggiore spesa corrente, con identico importo sui tre saldi;

   onere a normativa previgente:

-             secondo le modalità di rimborso o di fruizione in compensazione del credito, nel 2012 si dovrebbe fronteggiare una richiesta (sulla base dei dati forniti dall’Agenzia delle dogane) di circa 315 milioni di euro correlati ai consumi relativi all’anno 2011;

-             l’aumento dell’accisa disposto con il decreto-legge 201/2011, in ordine al quale sono previste maggiori spese per 1.073,9 milioni di euro, comporta che, per effetto di tali aumenti, le richieste da parte degli autotrasportatori dei rimborsi avvengano sui consumi del 2012 dichiarati dagli stessi nel giugno 2013 con effetti sul bilancio in tale ultimo anno. Ne consegue che, a legislazione previgente, nell’anno 2012 graverebbe sul pertinente stanziamento del capitolo di spesa solo il predetto importo di 315 milioni circa, riferito ai consumi del 2011;

   onere a normativa variata:

-             a causa dell’anticipo della fruizione del beneficio (alla fine di ogni trimestre), graverà sul medesimo capitolo, solo per l’annualità 2012:

a)     il predetto importo di 315 milioni circa, riferito ai consumi del 2011;

b)     l’importo di 1.054,5 milioni di euro, riferito ai consumi del 2012;

-             l’onere complessivo per il 2012 (a+b) sarebbe quindi di 1.369,5 milioni di euro.

 

Lo stanziamento complessivo per il 2012 ammonta, come detto, a 1.548,5 milioni di euro[138]. Per il 2013 l’onere complessivo si attesta a 1.408,7 milioni di euro a fronte di uno stanziamento pari a 1.539,5 milioni di euro[139].

Pertanto la proposta normativa in esame non comporta la necessità di integrare risorse aggiuntive rispetto alle dotazioni di bilancio relativamente al capitolo 3820 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.

La RT riporta la seguente tabella, che indica gli oneri e i relativi stanziamenti per il triennio 2012-2014:


 

(milioni di euro)

ONERI  RIMBORSI

2012

2013

2014

Rimborsi 2011

315

 

 

Rimborsi I, II e III trim. 2012

1.054,5

 

 

Rimborsi IV trim. 2012

 

351,5

 

Rimborsi I, II e III trim. 2013

 

1.057,2

 

Rimborsi IV trim. 2013

 

 

352,4

Rimborsi I, II e III trim. 2014

 

 

1.057,2

T O T A L E

1.369,5

1.408,7

1.409,6

Stanziamenti – cap. 3820

1.548,5

1.539,5

1.539,5

 

La proposta normativa rileva, invece, come mostra la successiva tabella, per la maggiore spesa per interessi conseguente al peggioramento del saldo di cassa per l’effetto anticipo, stimata in 26,4 milioni di euro per il solo anno 2012, applicando il tasso d’interesse pari al 5% per i rispettivi periodi di anticipazione (9-6-3 mesi).

 

(milioni di euro)

 

Anticipo richiesta rimborso

(A)

Importo anticipato

 

(B)

Oneri per interessi*

Anticipo ad aprile

351,5

13,2

Anticipo a luglio

351,5

8,8

Anticipo a ottobre

351,5

4,4

Totale (=somma dei tre anticipi)

1.054,5

26,4

*Da quanto affermato dalla RT, si desume che gli oneri per interessi sono stati così calcolati: 

onere interessi per anticipo ad aprile (B) =  5% di (A)/12 (mesi)×9 (mesi)

onere interessi per anticipo a luglio (B) =    5% di (A)/12 (mesi)×6 (mesi)

onere interessi per anticipo a ottobre (B) =  5% di (A)/12 (mesi)×3 (mesi)

 

Comma 1, lettera b)

La RT afferma che la disposizione relativa alla fruizione del credito ha finalità di raccordo con le modifiche introdotte nelle lettere precedenti e non produce effetti.

La relazione illustrativa afferma che la norma appare opportuna sia per equiparare la disciplina italiana a quella vigente in altri paesi europei sia per limitare l’esposizione finanziaria che gli aumenti delle accise comportano in attesa del rimborso (che attualmente non avviene prima di un anno), a cui vanno aggiunte le difficoltà di cassa che attualmente caratterizzano le imprese di autotrasporto.

 

 

 

Comma 2

Con riferimento ai crediti d’imposta riconosciuti agli esercenti attività di trasporto merci (con veicoli di almeno 11,5 tonnellate), la RT evidenzia che la non applicazione del limite annuale di 250.000 euro, per l’utilizzo in compensazione dei crediti d’imposta, non comporta effetti finanziari, alla luce del fatto che, prudenzialmente, nelle stime precedenti è sempre stata ipotizzata una piena fruizione del credito nella stessa annualità di spettanza dello stesso.

 

Comma 4 , secondo periodo, cpv. art. 33 co. 30-ter

La RT afferma che l’introduzione, all’articolo 33 della legge 183/2011, del nuovo comma 30-ter (rimborso a favore degli autotrasportatori merci con veicoli di massa massima complessiva pari o superiore a 7,5 tonnellate della maggiore accisa pagata nel 2012 dagli stessi in base a quanto previsto dal comma 30 del medesimo articolo 33) non comporta effetti ulteriori rispetto a quelli già previsti in sede di relazione tecnica al provvedimento originario (articolo 33, comma 30), esposti per l’anno 2012 nel prospetto riepilogativo degli effetti finanziari allegato alla legge 183/2011. Si tratta dei seguenti effetti finanziari: 78,6 milioni di euro di maggiori entrate e 13,4 milioni di euro di maggiori spese correnti, relative proprio ai rimborsi in esame.

Si ricorda che l’articolo 33, comma 30, della legge 183/2011 ha disposto la copertura delle agevolazioni fiscali e contributive in favore delle zone dell’Abruzzo colpite dal sisma del 2009. A tal fine è stato previsto un incremento, per il solo 2012, dell’aliquota dell’accisa sulla benzina e sul gasolio utilizzato come carburante, in misura tale da determinare maggiori entrate pari a 65 milioni di euro per l’anno 2012. Alla norma sono stati ascritti i seguenti effetti (in misura identica sui tre saldi). Maggior gettito complessivo (anno 2012): 78,6 mln di euro. Maggiori spese correnti (anno 2012) per il credito d’imposta agli autotrasportatori: 13,4 mln di euro.

 

Al riguardo, con riferimento all’anticipazione delle richieste di rimborso degli aumenti di accisa [comma 1, lettera a)], si osserva che la relazione tecnica esclude effetti onerosi affermando che il pertinente capitolo di bilancio risulta di capienza sufficiente per fronteggiare l’incremento dei rimborsi nel 2012. La stessa RT, tuttavia:

   sottolinea che a normativa previgente l’onere determinato dal DL 201/2011 (aumento dell’accisa nel 2012) si sarebbe scaricato, invece, sull’anno 2013;

   afferma che le nuove norme in esame generano un’accelerazione nella fruizione dei rimborsi[140];

   indica, comunque, la necessità di individuare, per l’anno 2012, un’apposita copertura per l’onere per interessi determinato dalle anticipazioni delle agevolazioni (copertura che infatti viene prevista dal comma 3).

Poiché l’accelerazione dei rimborsi – che determina l’anticipazione della spesa dal 2013 al 2012 - è stata disposta non dal DL 201/2011, ma dal provvedimento in esame, non è chiaro in base a quali presupposti l’onere risultasse già incorporato nelle previsioni di spesa per il 2012.  Non è chiaro, inoltre, per quale motivo, stante la capienza del predetto capitolo, si è comunque ritenuto di dover individuare, per l’anno 2012, una copertura dell’onere per interessi (che nel prospetto riepilogativo viene scontato per l’identico importo sui tre saldi).

Si osserva - altresì – che, anche dopo aver scontato gli effetti delle anticipazioni in esame, permane una differenza fra il totale dei rimborsi dovuti in ciascun anno e i più elevati importi, per i medesimi esercizi, contenuti nel capitolo 3820 (vedi la RT - tabella “Oneri rimborsi 2012-2014). Appare utile chiarire a quali fattori, considerati nelle previsioni, sia da ricondurre tale differenza.

Riguardo alla copertura dell’onere per interessi derivante dal predetto comma 1, lettera a)  (26,4 milioni per il 2012), si osserva che essa viene effettuata a valere su risorse in conto capitale (finanziamento, per il solo anno 2012, finalizzato al sostegno del settore dell’autotrasporto merci[141]). Premesso che tale modalità di copertura determina una dequalificazione della spesa, non si formulano tuttavia osservazioni circa la necessaria corrispondenza fra lo sviluppo di cassa dell’onere e quello della copertura. Infatti, con riferimento al predetto finanziamento, è stata già prevista l’erogazione - nell’anno 2012  - dell’intero importo della spesa autorizzata.

Ciò è desumibile dalle modalità di contabilizzazione della spesa autorizzata (articolo 33, comma 10, della legge 183/2011), che nel relativo prospetto riepilogativo è stata appunto registrata per l’intero importo  (400 milioni di euro in conto capitale) in pari misura sui tre saldi e per il solo l’esercizio 2012.

Con riferimento al posticipo di un anno della possibilità di fruire del credito in compensazione [comma 1, lettera b)], la relazione tecnica si limita ad affermare che la norma non comporta effetti finanziari.  Appare necessario acquisire i dati e gli elementi posti alla base di tale valutazione, considerato che non è chiaro in base a quali presupposti possa essere assicurata, alla luce della nuova disciplina, la coerenza fra le nuove scadenze in esame e gli andamenti di cassa già scontati a legislazione vigente.

Analoga richiesta di chiarimento è stata formulata nel corso dell’esame presso il Senato.

Con riferimento all’esclusione dei crediti di imposta per l’autotrasporto dal limite di importo annuale (250.000 euro) previsto dalla normativa vigente (comma 2), si osserva che la relazione tecnica esclude effetti onerosi affermando che nelle precedenti stime è sempre stata prudenzialmente ipotizzata una piena fruizione del credito nella stessa annualità di spettanza. Andrebbero acquisiti ulteriori dati ed elementi a suffragio di tale assenza di effetti finanziari, anche al fine di precisare a quali stime la RT faccia riferimento.

Infatti a tale misura - nei precedenti casi di deroga al predetto limite - sono stati ascritti, di regola, effetti di maggiore spesa in conto capitale[142].

Con riferimento, infine, alla disposizione – non considerata dalla relazione tecnica - che stabilizza il meccanismo di rimborso agli autotrasportatori a fronte dei futuri incrementi dell’accisa sul gasolio (comma 4, primo periodo), si osserva che la norma determinerà una riduzione degli effetti di gettito ascritti ai provvedimenti di incremento delle accise. Pertanto  il conseguimento degli effetti prefissati dovrà essere assicurato, di volta in volta, mediante idonee compensazioni (nell’ambito degli stessi aumenti di accisa, come si è verificato nella prassi legislativa più recente[143], ovvero in altra forma). Al riguardo, tenuto conto che il testo non contiene indicazioni in proposito, appare opportuno acquisire la conferma del Governo.

 

ARTICOLO 61-bis

Destinazione di risorse in favore del settore dell’autotrasporto e della Piattaforma logistica nazionale

La norma prevede il ripristino dei fondi di cui all'articolo 2 comma 244 della legge 244/2007, nella misura di 1 mln di euro per ciascuno degli anni del triennio 2012/2014, con specifica destinazione al miglioramento delle condizioni operative dell'autotrasporto e all'inserimento dei porti nella sperimentazione della Piattaforma Logistica Nazionale nell'ambito del progetto UIRNet del Ministero Infrastrutture e Trasporti.

Al relativo onere, si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo speciale di parte corrente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero del lavoro.

Il Ministro delle Infrastrutture e Trasporti è autorizzato a firmare apposito atto convenzionale con UIRNet SpA, soggetto attuatore unico per la realizzazione e gestione della Piattaforma Logistica Nazionale, per disciplinare l'utilizzo dei fondi.

 

Il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del provvedimento ascrive alla norma i seguenti effetti:

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

Maggiori spese in conto capitale

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Piattaforma logistica nazionale progetto UIRNET

1

1

1

1

1

1

1

1

 

Minori spese correnti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tabella A – accantonamento Ministero Lavoro[144]

1

1

1

1

1

1

1

1

1

 

 

La norma non risulta corredata di relazione tecnica.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

In merito ai profili di copertura finanziaria, la norma prevede che all'onere derivante dal comma 1 – pari a 1 milione di euro per ciascuno degli esercizi del triennio 2012-2014 - si provveda mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2012-2014, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2012, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

 

Al riguardo, si osserva che l’accantonamento del quale è previsto l’utilizzo, sebbene privo di una specifica voce programmatica, reca le necessarie disponibilità.

 

ARTICOLO 62

Disciplina delle relazioni commerciali per i prodotti agricoli e agroalimentari

Normativa vigente: l’articolo 4 del D. Lgs. 231/2002 (Attuazione della direttiva 2000/35/CE relativa alle misure contro i ritardi di pagamento) disciplina la decorrenza degli interessi moratori nelle transazioni commerciali. In particolare la norma prevede che gli interessi decorrano automaticamente dal giorno successivo alla scadenza del termine contrattuale di pagamento e che, in assenza di detto termine nel contratto, decorrano dalla scadenza del termine legale di 30 giorni dalla data di ricevimento della fattura, di ricevimento delle merci o di prestazione dei servizi (commi 1 e 2). Per i contratti aventi ad oggetto la cessione di prodotti alimentari deteriorabili, il pagamento del corrispettivo deve essere effettuato entro il termine legale di 60 giorni dalla consegna o dal ritiro dei prodotti; gli interessi decorrono automaticamente dal giorno successivo alla scadenza del termine; gli interessi[145] sono maggiorati di ulteriori due punti percentuali (comma 3). Le parti possono stabilire nel contratto un termine superiore rispetto a quello legale di cui al comma 3, a condizione che le pattuizioni siano stabilite per iscritto e rispettino i limiti concordati in sede negoziale fra le organizzazioni della produzione, della trasformazione e della distribuzione dei prodotti deteriorabili (comma 4).

Con il decreto del Ministro delle attività produttive 13 maggio 2003 sono stati individuati i prodotti alimentari deteriorabili ai fini dell’applicazione del termine di pagamento di cui al predetto articolo 4, comma 3, del D. Lgs. 231/2002.

Le norme abrogano l’articolo 4, commi 3 e 4, del D. Lgs. 231/2002, nonché il decreto ministeriale 13 maggio 2003 (comma 11).

Esse dispongono inoltre quanto segue (commi 1-10).

I contratti che hanno ad oggetto la cessione dei prodotti agricoli e alimentari, ad eccezione di quelli conclusi con il consumatore finale, sono stipulati obbligatoriamente in forma scritta e indicano a pena di nullità, fra l’altro, le modalità di consegna e di pagamento (comma 1). Nelle relazioni commerciali tra operatori economici, ivi compresi i contratti che hanno ad oggetto la cessione dei beni di cui al comma precedente, è vietato imporre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose o oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti, nonché subordinare la conclusione e l’esecuzione dei contratti alla effettuazione di prestazioni che non abbiano alcuna connessione con l’oggetto delle relazioni commerciali (comma 2). Per i contratti di cui al comma 1, il pagamento del corrispettivo deve essere effettuato entro il termine legale di 30 giorni per le merci deteriorabili ed entro il termine di 60 giorni per tutte le altre merci. Il termine decorre, in entrambi i casi, dall’ultimo giorno del mese di ricevimento della fattura. Gli interessi decorrono automaticamente dal giorno successivo alla scadenza del termine. In questi casi il saggio degli interessi è maggiorato di ulteriori due punti percentuali[146] (comma 3). Viene fornita una definizione dei prodotti alimentari deteriorabili (comma 4). Con riferimento alla contravvenzione degli obblighi previsti dai commi 1, 2 e 3 vengono introdotte specifiche sanzioni amministrative pecuniarie (commi 5, 6 e 7). All’Autorità garante per la concorrenza sono affidati i compiti di vigilanza sull’applicazione delle norme in esame e di irrogazione delle relative sanzioni; a tal fine l’Autorità può avvalersi del supporto operativo della Guardia di Finanza. Le attività di cui al presente comma sono svolte con le risorse umane, finanziarie e strumentali già disponibili a legislazione vigente (comma 8). Con apposito decreto del Ministro dell’economia, gli introiti derivanti dall’irrogazione delle predette sanzioni sono riassegnati (comma 9):

        allo stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, per il finanziamento del Fondo - derivante dalle sanzioni amministrative irrogate dall’Autorità per la concorrenza - per l’informazione in materia alimentare a vantaggio dei consumatori e per le attività di ricerca, studio e analisi in materia alimentare nell’ambito dell’Osservatorio unico delle attività produttive;

        allo stato di previsione del Ministero per le politiche agricole, per il finanziamento di iniziative in materia agroalimentare.

Sono fatte salve le azioni in giudizio per il risarcimento del danno derivante dalle violazioni della presente disciplina (comma 10).

Si dispone che le norme dell’articolo in esame abbiano efficacia decorsi sette mesi dalla data di pubblicazione della legge di conversione del presente DL. Entro tre mesi dalla medesima pubblicazione saranno definite, con apposito decreto interministeriale, le relative modalità applicative (comma 11-bis).

Si segnala che, rispetto al testo originario dell’articolo, le norme in esame hanno subito le seguenti modifiche, che appaiono non rilevanti sotto il profilo finanziario:

·        il comma 3 è stato riformulato al fine di precisare che per i contratti di cessione dei prodotti agricoli e alimentari il termine di pagamento del corrispettivo decorre dall’ultimo giorno del mese di ricevimento della fattura;

·        il comma 10 è stato integrato al fine di includere anche le organizzazioni rappresentative a livello nazionale fra i soggetti le cui azioni in giudizio per il risarcimento del danno vengono fatte salve dalla nuova disciplina in esame;

·        il comma 11-bis (sospensione dell’efficacia delle norme in esame e rinvio ad apposito decreto ministeriale per le relative modalità applicative) è stato introdotto ex novo.

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica riferita al testo originario afferma che le norme non comportano oneri, in quanto si limitano ad introdurre obblighi di trasparenza e di correttezza nelle procedure di cessione dei prodotti agroalimentari. L’accertamento delle sanzioni è affidato all’Autorità garante per la concorrenza, che può avvalersi – senza oneri per la finanza pubblica – della Guardia di finanza. Le sanzioni introdotte, di nuova istituzione, sono suscettibili di determinare maggiori entrate, che vengono destinate al Ministero dello sviluppo economico e al Ministero per le politiche agricole per il finanziamento di iniziative in materia agroalimentare.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento presentato al Senato afferma che dalle modifiche apportate nel corso dell’esame presso il Senato non derivano effetti finanziari negativi, in quanto esse sono essenzialmente volte a operare un rinvio, riguardo alle modalità applicative, ad un atto di normazione secondaria. 

 

La Nota tecnica della RGS[147] afferma, circa la sostenibilità delle nuove funzioni affidate all'Autorità garante per la concorrenza, che le attività previste dalle norme in esame non sembrano particolarmente innovative rispetto all’attuale quadro di competenze affidate all’Autorità.

 

Al riguardo, si osserva che la riduzione dei termini di pagamento prevista dalle norme in esame dovrebbe interessare le sole transazioni fra privati, essendo esclusa dalla nuova disciplina la cessione al consumatore finale dei prodotti agricoli e alimentari. Andrebbero tuttavia acquisiti chiarimenti dal Governo volti ad escludere che un’eventuale accelerazione della spesa o un’eventuale incremento degli oneri per interessi (che potrebbero scaturire dalla fissazione di termini di pagamento più ristretti) possa riguardare eventuali soggetti inclusi nel perimetro delle pubbliche amministrazioni ai fini della determinazione dei saldi oggetto di sorveglianza europea.

In merito alla clausola di invarianza finanziaria di cui al comma 8 (riferita ai nuovi compiti di vigilanza affidati all’Autorità garante per la concorrenza e alla Guardia di Finanza), si osserva che la relazione tecnica e la nota tecnica della RGS non forniscono gli elementi volti a dimostrare l'effettiva sostenibilità dei relativi adempimenti in assenza di oneri per le amministrazioni interessate.

La sostenibilità dei nuovi compiti, infatti, non è collegata soltanto alla loro riconducibilità alle competenze già esercitate istituzionalmente, ma anche all’entità delle risorse necessarie per svolgere le nuove attività in rapporto alle risorse già disponibili.

Si segnala tuttavia che l’articolo 5-bis del provvedimento in esame prevede che la pianta organica dell’Autorità garante per la concorrenza sia incrementata di 20 posti in ragione delle nuove competenze attribuite alla stessa Autorità da una serie di norme, fra le quali l’articolo 62 in esame.

Ai relativi oneri lo stesso articolo 5-bis provvede mediante l’introduzione di un contributo a carico delle società di capitale (0,08 per mille del fatturato risultante dall’ultimo bilancio).

Circa il richiamato incremento di organico e la relativa copertura finanziaria, si rinvia alle osservazioni formulate nella scheda dedicata all’articolo 5-bis.

 

ARTICOLO 63

Attivazione dei nuovi contratti di filiera

Normativa vigente: con l’articolo 66 della legge 289/2002 è stata introdotta, per le aree sottoutilizzate, la disciplina dei contratti di filiera[148] nel settore agroalimentare  (e, successivamente[149], anche la disciplina dei contratti di distretto nelle medesime aree). La norma ha previsto che il Ministero delle politiche agricole promuova la definizione di tali contratti attingendo alle risorse destinate alle aree sottoutilizzate. A tal fine il Ministero si avvale delle risorse finanziarie appositamente stabilite dal CIPE a valere sul Fondo per le aree sottoutilizzate e sul Fondo unico per gli incentivi alle imprese.

Con l’articolo 1, comma 354, della legge 311/2004 è stato istituito, presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti, il Fondo rotativo per il sostegno alle imprese, con una dotazione iniziale di 6 miliardi di euro a valere sulle risorse del risparmio postale. Condelibere CIPE del 2005 si è provveduto alla ripartizione del Fondo, prevedendo l'assegnazione al Ministero delle politiche agricole di una quota pari a 300 milioni di euro per l'attuazione dei contratti di filiera e dei contratti di distretto.

Il decreto ministeriale 22 novembre 2007[[150]] ha disciplinato, per i contratti di filiera e di distretto di cui alla predetta legge 289/2002, le condizioni di accesso ai finanziamenti del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese. In particolare, gli articoli da 4 a 6 del DM hanno stabilito che i contributi statali ai contratti di filiera e di distretto[151] siano assegnati per investimenti da realizzare entro quattro anni dalla data di stipula del contratto. Tali agevolazioni possono essere concesse nella forma di contributo in conto capitale (che non può superare il 25% degli investimenti ammissibili) e di finanziamento agevolato (che non deve essere inferiore al 25% dell'investimento ammissibile)[152].  Inoltre, ai fini della concessione delle agevolazioni, deve sussistere - in relazione ai citati contratti - un finanziamento bancario ordinario, a tasso di mercato, di pari durata e di importo superiore o uguale a quello del finanziamento agevolato. Quest’ultimo ha una durata, decorrente dalla data di stipula del relativo contratto, non superiore a quindici anni e non inferiore a sei anni. Il rimborso avviene secondo un piano di ammortamento a rate semestrali costanti. Gli interessi di preammortamento sono corrisposti alle medesime scadenze. Il tasso agevolato da applicare al finanziamento è pari allo 0,50% annuo.  Il finanziamento agevolato[153] ed il finanziamento bancario possono essere assistiti dalla garanzia diretta[154] dell’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (Ismea)[155], in base al merito creditizio attribuito dal medesimo istituto. La garanzia dell’Ismea può essere a sua volta assistita dalla garanzia dello Stato, con eventuale copertura – per escussione - a valere sul Fondo di riserva  per le spese obbligatorie.  

L’articolo 1 della legge 4/2011 ha infine modificato il predetto articolo 66 della legge 289/2002, eliminando la limitazione dell’ambito territoriale di applicazione dei contratti di filiera e dei contratti di distretto alle sole aree sottoutilizzate e integrando la possibilità di finanziamento anche mediante le risorse del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese, che prescinde da vincoli di natura territoriale.

Le norme disciplinano l’utilizzo dei rientri di capitale e interessi dei mutui erogati dall’Istituto sviluppo agroalimentare (ISA SpA)[156] per conto del Ministero delle politiche agricole e finalizzati al finanziamento dei contratti di filiera di cui alla legge 289/2002. In particolare, le norme dispongono che tali rientri siano utilizzati per finanziamenti agevolati dei contratti di filiera e di distretto di cui alla legge 4/2011, secondo le modalità stabilite dal decreto ministeriale 22 novembre 2007 per il Fondo rotativo per il sostegno alle imprese (comma 1).

L’ISA SpA, su indicazione del Ministero delle politiche agricole, è autorizzato a mettere a disposizione per finanziamenti agevolati le risorse finanziarie - per la realizzazione dei contratti di filiera e di distretto di cui al comma 1 - per un importo non superiore a 5 milioni di euro annui per un triennio e comunque nel limite delle risorse rivenienti dai rientri di capitale di cui al comma 1, secondo le modalità che verranno stabilite con apposito decreto ministeriale (comma 2).

Restano fermi i versamenti all’entrata di ISA SpA ai fini del raggiungimento degli obiettivi di risparmio del Ministero fissati dal decreto-legge  n. 138 del 2011 (comma 3).

Il testo sembrerebbe fare riferimento alle misure (introdotte dal DL 98/2011 e dal DL 138/2011) di riduzione delle spese non rimodulabili, alle quali devono concorrere tutti i Ministeri. In attuazione di tali previsioni, l’articolo 4, comma 53, della legge 183/2011 ha previsto – a titolo di concorso del Ministero delle politiche agricole al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle spese non rimodulabili -  che il medesimo Istituto versi all’entrata del bilancio dello Stato:

·        32,4 milioni di euro entro il 31 gennaio 2012;

·        9,2 milioni di euro entro il 31 gennaio 2013;

·        9,2 milioni di euro entro il 31 gennaio 2014.

 

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica afferma che la norma è diretta al rilancio degli investimenti nel settore agroalimentare attraverso la riattivazione dei contratti di filiera di cui alla legge 289/2002. L'obiettivo è di fornire strumenti di crescita e di sviluppo al settore agroalimentare, fortemente colpito dalla crisi. A tale scopo, si autorizza l'Istituto per lo sviluppo agroalimentare (ISA), su indicazione del Ministero delle politiche agricole, a finanziare la realizzazione dei predetti contratti di filiera utilizzando il Fondo rotativo per il sostegno alle imprese della Cassa depositi e prestiti per euro 100 milioni, nonché ad anticipare, per la quota in conto capitale, risorse disponibili nel proprio bilancio, per un importo non superiore a 5 milioni di euro annui nel triennio 2012- 2014. Secondo la RT la disposizione non comporta effetti negativi per la finanza pubblica in quanto ISA Spa non è compreso nell'elenco delle amministrazioni pubbliche rientranti nel conto economico consolidato.

La relazione illustrativa afferma che l’intervento di cui al comma 1 dovrebbe consentire l’utilizzo di risorse quantificabili in 250-300 milioni di euro nei prossimi tre anni attraverso i contratti di filiera e di distretto agroalimentari promossi dal Ministero delle politiche agricole. La relazione precisa che è disponibile uno stanziamento di 100 milioni di euro del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese (FRI) della Cassa depositi e prestiti, mentre è necessario trovare copertura per le risorse in conto capitale, inizialmente recate dal FAS e successivamente confluite nel Fondo strategico per il Paese a sostegno dell’economia reale. Il comma 2 consente appunto di finanziare la quota in conto capitale, necessaria per l’attivazione del FRI, utilizzando i rientri per capitale e interessi dei mutui erogati da ISA SpA per conto del Ministero delle politiche agricole a favore dei contratti di filiera. In considerazione dei flussi previsti per i suddetti rientri, pari a circa 7 milioni di euro per anno, per il periodo compreso tra il 2014 e il 2020, il comma 2 autorizza ISA ad anticipare le risorse in modo da garantire la copertura dei fabbisogni finanziari dei primi tre anni (fermi restando i versamenti all'entrata ai fini del raggiungimento degli obiettivi di risparmio del Ministero).

 

La nota tecnica della RGS (in risposta alle osservazioni formulate nel corso dell’esame presso il Senato) ha rinviato – in ordine al meccanismo di funzionamento dei rientri di capitale e di interessi dei mutui erogati dall’ISA – a chiarimenti del Ministero delle politiche agricole che non risultano pervenuti.

 

Al riguardo, con riferimento al comma 1 (utilizzo dei rientri dei mutui erogati dall’ISA SpA), si osserva che la RT e la relazione illustrativa escludono effetti onerosi, sottolineando che:

        ISA Spa non rientra nelle amministrazioni pubbliche ai fini del conto economico consolidato;

        il finanziamento dei contratti di filiera avverrà mediante il Fondo della Cassa depositi e prestiti per 100 milioni di euro; tale meccanismo dovrebbe consentire l’utilizzo di 250-300 milioni di euro nei prossimi tre anni.

Al fine di precisare i possibili effetti finanziari delle previsioni in esame, andrebbero preliminarmente forniti elementi volti a chiarire:

        l’entità delle risorse effettivamente disponibili a legislazione previgente;

        quali ne sarebbero state le modalità e le condizioni di utilizzo (tassi di interesse, tempi di erogazione e di rientro) in assenza della norma in esame;

        quali saranno le modalità e le condizioni di utilizzo (tassi di interesse e dinamica delle erogazioni) per le nuove operazioni di finanziamento previste dal testo.

Si ricorda che, in base al testo in esame, l’utilizzo dei rientri di capitale e interessi dei mutui erogati dall’ISA SpA per il finanziamento dei contratti di filiera dovrà avvenire secondo le modalità stabilite dal decreto ministeriale 22 novembre 2007 per il Fondo rotativo per il sostegno alle imprese (FRI). Quest’ultimo (che disciplina le condizioni di accesso ai finanziamenti del FRI) prevede che tali finanziamenti agevolati possano avere una durata fra i sei e i quindici anni a decorrere dalla stipula del contratto; prevede inoltre che il tasso agevolato da applicare ai finanziamenti sia pari allo 0,50% annuo.   

Riguardo al comma 2, che autorizza l’ISA SpA a mettere a disposizione per finanziamenti agevolati 5 milioni di euro annui per un triennio a valere sulle risorse per la realizzazione dei contratti di filiera e di distretto, andrebbe chiarita la portata applicativa della norma.

Secondo la relazione illustrativa, il comma 2 consentirebbe di finanziare l’attivazione del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese (FRI) utilizzando i rientri per capitale e interessi dei mutui erogati da ISA SpA. Tali rientri consentirebbero all’ISA di anticipare le risorse al FRI in modo da garantire la copertura dei fabbisogni finanziari dei primi tre anni.

In particolare, il testo e le relazioni allegate sembrerebbero fare riferimento ad un’anticipazione di risorse dall’ISA SpA al Fondo rotativo per il sostegno alle imprese, in presenza della quale si costituirebbe, conseguentemente, un rapporto debitorio fra il Fondo rotativo per il sostegno alle imprese (beneficiario dell’anticipazione) e l’ISA SpA. 

L’anticipazione dovrebbe avvenire entro il limite massimo delle risorse “rivenienti dai rientri di capitale di cui al comma 1” e comunque non oltre 5 milioni all’anno per un triennio.

Premesso che appare opportuno acquisire una conferma circa l’ipotesi richiamata, andrebbe chiarito[157] se tale utilizzo di risorse sia da considerare aggiuntivo o parzialmente sostitutivo rispetto alle quote da destinare al finanziamento dei contratti di filiera e di distretto ai sensi del comma 1. Anche nel caso del comma 2, inoltre, andrebbe chiarito quali riflessi finanziari si determinino per effetto delle nuove condizioni di erogazione delle somme destinate alle agevolazioni in esame. Infine, andrebbe valutato se in relazione a tale operazione possano configurarsi, in base ai criteri contabili europei,  effetti sul debito pubblico.

I predetti chiarimenti appaiono necessari anche al fine di verificare la sostenibilità finanziaria degli interventi agevolativi previsti dal testo, considerando che:

        la società ISA, pur non rientrando fra le pubbliche amministrazioni che concorrono al conto economico consolidato, è interamente partecipata dal Ministero delle politiche agricole;

        le operazioni finanziarie effettuate mediante risorse rientranti nella gestione separata della Cassa depositi e prestiti, come nel caso del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese[158], sono assistite dalla garanzia dello Stato e richiedono quindi l’eventuale copertura, in caso di escussione, a valere sul Fondo di riserva  per le spese obbligatorie.

 

ARTICOLO 64

Attuazione della decisione della Commissione europea in materia di accesso al mercato dei capitali

Normativa vigente: l’articolo 17 del decreto legislativo n. 102 del 2004 recante interventi per favorire la capitalizzazione delle imprese agricole, prevede che l’ISMEA[159], al fine di favorire l'accesso al mercato dei capitali da parte delle imprese operanti nel settore agricolo, agroalimentare e della pesca, può concedere garanzia diretta a banche e agli intermediari finanziari anche mediante rilascio di controgaranzia e cogaranzia in collaborazione con confidi, altri fondi di garanzia pubblici e privati anche a carattere regionale (comma 4). L’articolo 10, comma 8, del decreto legge n. 35/2005 ha previsto che le garanzie prestate ai sensi del presente articolo possono essere assistite dalla garanzia dello Stato secondo criteri, condizioni e modalità da stabilire con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze (comma 5-bis).

La decisione della Commissione europea C(2011) 2929 del 13 maggio 2011 ha autorizzato l’attivazione del Fondo credito, in esito all’esame dell’aiuto di Stato n. SA 32469 (11/N) concernente il metodo di calcolo dell’ESL (equivalente sovvenzione lorda)[160] connessa a prestiti agevolati erogati da ISMEA tramite il proprio Fondo credito a sostegno del settore agricolo e agro-industriale[161]. L’aiuto sotto forma di prestito agevolato viene erogato con il concorso di risorse pubbliche e private secondo le seguenti modalità:

·        il Fondo, gestito da ISMEA, opera sulla base di una dotazione finanziaria versata da un ente finanziatore, statale o regionale, che fissa dei vincoli in merito alla natura e alla durata del finanziamento (punti 17 e 18 della Decisione);

·        l’ammontare complessivo del finanziamento è composto in parte da risorse a carico del Fondo credito e in parte da risorse provenienti dal settore bancario, con la precisazione che la quota a carico del Fondo non può eccedere il 50 per cento dell’ammontare del finanziamento stesso (punto 23);

·        la quota del Fondo è rilasciata ad un tasso di interesse ridotto, o a tasso zero, mentre la quota bancaria è rilasciata a condizioni di mercato (punto 24);

·        alle banche spetta la valutazione sul rating dei beneficiari mentre la valutazione tecnica delle domande è di competenza del Fondo o dell’ente finanziatore anche con riferimento alla verifica di compatibilità con la normativa comunitaria (punto 25);

·        il Fondo si avvale degli istituti bancari per l’erogazione della propria quota di finanziamento e all’incasso delle relative rate di rimborso (punto 26);

·        il rischio grava sulla banca e sul Fondo in proporzione alla rispettiva quota di partecipazione. Le eventuali garanzie richieste dalla banca erogante a copertura dei rischi dell’operazione proteggono la banca ed il Fondo, in proporzione alla rispettiva quota (punto 27).

La Decisione ricorda che, in base al considerando 14 del regolamento CE n. 1857/2006, i prestiti pubblici sono considerati trasparenti se sono coperti da cauzioni normali e non implicano un rischio anormale, per cui si ritiene che non contengano elementi di garanzia statale (punto 7).

Le norma, modificando il comma 4 dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 102/2004, dispone che l’ISMEA, al fine di favorire l'accesso al mercato dei capitali da parte delle imprese operanti nel settore agricolo, agroalimentare e della pesca, può intervenire anche mediante finanziamenti erogati, nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato, a valere sul Fondo credito di cui alla decisione della Commissione europea C(2011) 2929 del 13 maggio 2011.

I criteri e le modalità di erogazione dei finanziamenti a valere sul Fondo credito sono stabiliti con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, di natura non regolamentare.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma in esame effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica afferma che la disposizione non reca effetti negativi sui saldi di finanza pubblica dal momento che l’ISMEA non è ricompreso tra gli enti appartenenti al comparto della P.A., specificando inoltre che la norma non presenta criticità sotto il profilo della compatibilità con la normativa europea.

La relazione tecnica precisa che l’obiettivo del Fondo credito è quello di offrire un ulteriore sostegno all’accesso al credito delle imprese agricole, soprattutto in alcune aree del Paese, dove la carenza di liquidità deprime fortemente la capacità di accedere ai contributi per la realizzazione di investimenti cofinanziati da risorse comunitarie. Il Fondo è progettato per operare in sinergia con le Autorità di gestione dei programmi di sviluppo rurale cofinanziati dall’Unione europea e con il sistema creditizio che, nel caso di specie, concorrerebbero alla valutazione del merito del credito e al finanziamento delle operazioni proposte dai singoli imprenditori. L’erogazione dei finanziamenti infatti, spiega la relazione tecnica, avviene attraverso il ricorso al sistema bancario.  Precisa, inoltre, che in data 21 dicembre 2011 è stata acquisita l’intesa della Conferenza Stato-regioni sullo schema di accordo-tipo tra il Ministero per le politiche agricole alimentari e forestali (Mipaaf), l’Ismea e le singole regioni. Il Fondo inoltre può rappresentare un ulteriore strumento di supporto alla Amministrazioni per una migliore modulazione della spesa ed una riduzione del rischio disimpegno a carico dei programmi cofinanziati dall’Unione europea.

 

Al riguardo si rileva preliminarmente che la norma è diretta a favorire l’accesso al credito da parte delle imprese operanti nel settore agricolo e agro-industriale mediante prestiti agevolati da erogare con il concorso di risorse pubbliche e private, attraverso il Fondo credito presso l’ISMEA. Con riferimento alla quota di risorse provenienti dal settore pubblico, considerato che la decisione della Commissione europea C(2011) 2929 precisa che la dotazione del Fondo è costituita da risorse versate da un ente finanziatore, statale o regionale, appare necessario un chiarimento circa le modalità di finanziamento del Fondo credito, nonché circa i soggetti sui quali grava il rischio dell’operazione in caso di insolvenza del debitore.

Andrebbe inoltre confermata l’esclusione di ogni garanzia dello Stato sui finanziamenti agevolati erogati a norma dell’articolo 17, comma 4, come modificato dalla norma in esame a valere sul Fondo credito.

Si ricorda infatti che l’articolo 10, comma 8, del decreto-legge n. 35/2005, che ha previsto la possibilità che le garanzie prestate dall’ISMEA  siano a loro volta assistite da garanzia dello Stato.

 

ARTICOLO 65

Impianti fotovoltaici in ambito agricolo

Normativa vigente: l’articolo 24 del D. Lgs. 28/2011 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili) disciplina i meccanismi di incentivazione per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, che interessa fra gli altri anche  gli impianti solari fotovoltaici. Il comma 7 stabilisce che le risorse per l'erogazione degli incentivi trovano copertura nel gettito della componente A3 delle tariffe dell'energia elettrica.

Le norme dispongono che agli impianti solari fotovoltaici con moduli collocati a terra in

aree agricole non è consentito l’accesso agli incentivi statali di cui al D. Lgs. 28/2011 (comma 1).

A fronte di tale disposizione di carattere generale sono stabilite le seguenti deroghe (comma 2):

         impianti realizzati e da realizzare su terreni nella disponibilità del demanio militare;

         impianti solari fotovoltaici con moduli collocati a terra, da installare in aree classificate agricole alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, che hanno conseguito il titolo abilitativo entro la data di entrata in vigore della medesima legge[162].

L’Autorità per l’energia elettrica e il gas assicura, nel rispetto dei princìpi della normativa dell’Unione europea, la priorità di connessione alla rete elettrica per un solo impianto di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili di potenza non superiore ai 200 kW per ciascuna azienda agricola (comma 3).

Il comma 3 è stato aggiunto nel corso dell’esame presso il Senato.

Sono abrogati i commi 4 e 5 dell’articolo 10 del D. Lgs. 28/2011 (comma 4)[163].

In base ai commi 4 e 5, l'accesso agli incentivi statali per gli impianti solari fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole è consentito a determinate condizioni indicate dal testo (potenza nominale di ciascun impianto non superiore a 1 MW; impianti collocati ad una distanza non inferiore a 2 chilometri[164]; destinazione all'installazione di non più del 10 per cento della superficie del terreno agricolo).

Si stabilisce che l’articolo 12 , comma 4-bis, del D. Lgs. 387/2003 debba intendersi riferito esclusivamente alla realizzazione di impianti alimentati a biomasse situati in aree classificate come zone agricole dagli strumenti urbanistici comunali (comma 5).

Il comma 5 è stato aggiunto nel corso dell’esame presso il Senato.

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 12 , comma 4-bis, del D. Lgs. 387/2003, per la realizzazione di impianti alimentati a biomassa e per gli impianti fotovoltaici il proponente debba dimostrare nel corso del procedimento, e comunque prima dell’autorizzazione, la disponibilità del suolo su cui realizzare l’impianto.

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica, riferita al testo originario, afferma che la norma non presenta effetti negativi per la finanza pubblica, essendo diretta a rimodulare la destinazione degli incentivi in materia di impianti fotovoltaici.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento conferma presentato al Senato l’assenza di effetti negativi, sottolineando che negli ultimi anni si è verificata una rapida diffusione degli impianti fotovoltaici a terra con sottrazione di rilevanti aree a vocazione agricola.  

 

Nulla da osservare al riguardo, trattandosi di norme che regolano l’accesso agli incentivi per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, i quali -  in base alla legislazione vigente - trovano copertura nel gettito della componente A3 delle tariffe dell'energia elettrica.

 

ARTICOLO 66

Dismissione di terreni demaniali agricoli

Normativa vigente: l’articolo 4-quinquies del DL 78/2009 ha previsto che l’Agenzia del demanio individui i beni liberi di proprietà dello Stato aventi destinazione agricola non utilizzabili per altri fini istituzionali che possono essere ceduti in affitto. L’individuazione di tali beni ne determina il trasferimento al patrimonio disponibile dello Stato. L’Agenzia del demanio li cede in affitto a giovani imprenditori agricoli. Ai contratti di affitto si applicano le agevolazioni previste dall’articolo 5-bis, commi 2 e 3, del D. Lgs. 228/2001 (esenzione dall’imposta di registro, ipotecaria, catastale, di bollo e di ogni altro genere; onorari notarili ridotti ad un sesto). I giovani imprenditori agricoli assegnatari possono inoltre accedere ai benefìci di cui agli articoli 21 e 22 del D. Lgs. 185/2000 (sovvenzioni alla produzione, commercializzazione e trasformazione di prodotti in agricoltura, in forma di contributi a fondo perduto e di mutui agevolati). Gli enti pubblici statali possono cedere in affitto beni aventi destinazione agricola di cui siano proprietari con le medesime modalità, previa autorizzazione dell’amministrazione vigilante. I relativi proventi, nella misura del 90 per cento, devono essere versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati ad integrazione delle disponibilità del Fondo di solidarietà nazionale - incentivi assicurativi[165]. Anche le regioni e province autonome possono procedere alla definizione di contratti d’affitto sui propri beni a destinazione agricola, che dovranno essere impiegati con le medesime modalità di cui all’articolo in esame. Il Ministero delle politiche agricole presenta annualmente alle Camere una relazione sull’attuazione delle norme, anche al fine della possibile estensione all’ipotesi di alienazione dei terreni interessati. Dall’articolo 4-quinquies non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

L’articolo 7 della legge 183/2011 ha disposto l’alienazione, a cura dell’Agenzia del demanio, dei terreni agricoli di proprietà dello Stato non utilizzabili per altre finalità istituzionali, mediante trattativa privata per gli immobili di valore inferiore a 400 mila euro e mediante asta pubblica per quelli di valore pari o superiore a 400 mila euro. L’individuazione dei terreni da alienare deve essere effettuata con uno o più decreti di natura non regolamentare. L’individuazione del bene ne determina il trasferimento al patrimonio disponibile dello Stato e, di conseguenza, lo assoggetta, salvo leggi speciali, alle norme di diritto privato del codice civile. Il prezzo dei terreni da porre a base delle procedure di vendita è determinato sulla base di valori agricoli medi. Sono espressamente esclusi da tale disciplina: a) gli immobili statali che possono essere attribuiti agli enti territoriali ai sensi del D. Lgs. 85/2010 (Federalismo demaniale); b) gli immobili degli enti pubblici nazionali. Anche le regioni, le province e i comuni possono vendere, con le medesime modalità stabilite dalla norma, i beni di loro proprietà aventi destinazione agricola, anche avvalendosi dell’Agenzia del demanio. I proventi netti derivanti dalle operazioni di dismissione di cui all’articolo 7 sono destinati alla riduzione del debito pubblico. Si ricorda che la RT e il prospetto riepilogativo non hanno ascritto alla norma effetti finanziari.

Le norme abrogano l’articolo 7 della legge 183/2011 e l’articolo 4-quinquies del DL 78/2009, disponendo quanto segue:

        entro il 30 giugno di ogni anno, il Ministro delle politiche agricole, con decreto di natura non regolamentare[166] individua i terreni agricoli e a vocazione agricola, non utilizzabili per altre finalità istituzionali, di proprietà dello Stato non ricompresi negli elenchi predisposti ai sensi del D. Lgs. 85/2010 (Federalismo demaniale), nonché di proprietà degli enti pubblici nazionali, da locare o da alienare a cura dell’Agenzia del demanio mediante procedura negoziata senza pubblicazione del bando per gli immobili di valore inferiore a 100.000 euro e mediante asta pubblica per quelli di valore pari o superiore a 100.000 euro. L’individuazione del bene ne determina il trasferimento al patrimonio disponibile dello Stato. Il prezzo dei terreni da porre a base delle procedure di vendita è determinato sulla base di valori agricoli medi di cui al DPR 327/2001 (Espropriazione per pubblica utilità)  (comma 1);

        i predetti beni possono formare oggetto delle operazioni di riordino fondiario di cui all’articolo 4 della legge 441/1998 (Operazioni di acquisto o ampliamento di aziende da parte di giovani agricoltori) (comma 2);

        nelle procedure di alienazione o di locazione in esame è riconosciuto il diritto di prelazione ai giovani imprenditori agricoli (comma 3);

        vengono estese ai contratti di alienazione disciplinati dal presente articolo le agevolazioni fiscali già previste a legislazione vigente[167] per le locazioni dei terreni agricoli di proprietà statale: si tratta delle agevolazioni di cui all’articolo 5-bis, commi 2 e 3, del D. Lgs. 228/2001 (esenzione dall’imposta di registro, ipotecaria, catastale, di bollo e di ogni altro genere; onorari notarili ridotti ad un sesto) (comma 4);

        viene ampliato l’ambito soggettivo e oggettivo di applicazione del regime agevolativo IRPEF previsto per le locazioni di terreni concessi ai giovani per uso agricolo (comma 4-ter).

Il beneficio fiscale[168] consiste nel determinare la base imponibile IRPEF dei terreni in oggetto in misura corrispondente ai valori indicati nel certificato catastale senza applicare le rivalutazioni previste per legge (incremento dell’80% del valore del reddito dominicale e del 70% del reddito agrario risultanti dal certificato catastale).

In particolare, ai fini della fruizione del beneficio (già concesso per i terreni affittati a soggetti di età inferiore ai 40 anni):

-             il locatario deve avere la qualifica di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale, anche in forma societaria purché, in quest’ultimo caso, la maggioranza delle quote o del capitale sociale sia detenuto da giovani in possesso delle suddette qualifiche[169];

-             il requisito della qualifica di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale può essere acquisito entro 2 anni dalla stipula del contratto di affitto[170];

           l’agevolazione fiscale di cui al comma 4-ter viene estesa ai terreni concessi in locazione per uso agricolo ai sensi dell’articolo in esame (comma 4-bis);

           i giovani imprenditori agricoli che acquistano la proprietà dei terreni alienati ai sensi del presente articolo possono accedere ai benefìci di cui agli articoli 21 e 22 del D. Lgs. 185/2000 (sovvenzioni alla produzione, commercializzazione e trasformazione di prodotti in agricoltura, in forma di contributi a fondo perduto e di mutui agevolati) (comma 5);

           per i terreni ricadenti all’interno delle aree protette, l’Agenzia del demanio acquisisce preventivamente l’assenso alla vendita o alla cessione in affitto da parte degli enti gestori delle medesime aree (comma 6);

           le regioni, le province, i comuni, anche su richiesta dei soggetti interessati, possono  vendere o cedere in locazione, per le finalità e con le modalità di cui al comma 1, i beni di loro proprietà agricoli e a vocazione agricola, compresi quelli attribuiti ai sensi del decreto legislativo 85/2010 (Federalismo demaniale). L’Agenzia del demanio provvede al versamento dei proventi derivanti dalla vendita, al netto dei costi sostenuti e documentati, agli enti territoriali già proprietari (comma 7).

Per le finalità di cui al comma 7 gli enti citati possono conferire all’Agenzia del demanio mandato irrevocabile a vendere e a cedere in locazione. In ogni caso, le regioni, le province, i comuni sono tenuti a destinare una quota superiore alla metà dei beni medesimi a giovani che non abbiano compiuto il quarantesimo anno di età;

        ai terreni alienati o locati ai sensi del presente articolo non può essere attribuita una destinazione urbanistica diversa da quella agricola prima del decorso di venti anni dalla trascrizione dei relativi contratti nei pubblici registri immobiliari (comma 8);

        le risorse derivanti dalle operazioni di dismissione di cui ai commi precedenti, al netto dei costi sostenuti dall’Agenzia del demanio per le attività svolte, sono destinate alla riduzione del debito pubblico. Gli enti territoriali destinano le predette risorse alla riduzione del proprio debito e, in assenza del debito o per la parte eventualmente eccedente, al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato (comma 9).

I commi 1, 3, 6, 7 e 8 sono stati modificati nel corso dell’esame presso il Senato aggiungendo alle procedure oggetto della disciplina in esame anche le locazioni.

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica, riferita al testo originario, afferma che le modifiche introdotte alla normativa previgente sono finalizzate a superare alcune difficoltà attuative riscontrate con riferimento a tale disciplina, che ha mostrato problemi legati sia alle modalità di esecuzione (con il rischio di mancato raggiungimento delle finalità della norma) sia alla durata troppo breve del vincolo di destinazione d’uso (con il rischio di speculazioni).

 

La Nota tecnica del Dipartimento delle finanze[171] afferma che gli eventuali effetti derivanti dall’estensione dell’ambito applicativo delle esenzioni fiscali di cui al D. Lgs. 228/2001 (dall’estensione ai contratti di vendita) si configurano come rinuncia a un maggior gettito che non si sarebbe verificato in assenza delle norme in esame.

 

La Nota tecnica dell’Agenzia delle dogane[172] chiarisce che non è stato possibile fornire indicazioni in ordine agli effetti di gettito attesi dalle norme in quanto non è stata ancora effettuata una ricognizione completa dei terreni interessati. Tale ricognizione – come previsto dal comma 1 – è rinviata ad un apposito decreto di natura non regolamentare.

Ciò in quanto i terreni di proprietà dello Stato sono soltanto in parte gestiti dall’Agenzia del demanio, mentre per la restante parte attengono ad altre amministrazioni (per lo più il Ministero delle politiche agricole e gli enti da questo controllati).

Peraltro la Nota evidenzia che il prezzo dei terreni è determinato in modo agevolato, sulla base dei valori agricoli medi, e che le norme sono finalizzate non alla dismissione di beni dello Stato, bensì a favorire lo sviluppo dell’imprenditorialità agricola giovanile.

Con particolare riferimento ai terreni agricoli di proprietà statale gestiti dall’Agenzia del demanio, la Nota precisa che essi ammontano a 1.182, per un valore approssimativo di inventario di circa 19 milioni di euro. Si tratta per lo più di terreni di modesta estensione e ubicati in località montane. Peraltro gran parte dei beni rientrano nell’elenco di quelli suscettibili di attribuzione agli enti locali ai sensi del D. Lgs. 85/2010 (Federalismo demaniale).

 

La relazione tecnica, riferita al maxiemendamento, afferma – con riferimento ai commi 4-bis e 4-ter – quanto segue:

        gli effetti finanziari connessi all’incremento da 12 a 24 mesi del termine entro il quale acquisire la qualifica di coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale sono configurabili come rinuncia a maggior gettito;

        gli effetti finanziari derivanti dalla riduzione dell’imponibile IRPEF (mancata rivalutazione del reddito agrario e del reddito dominicale) sono di entità non rilevante. Tale rilievo si basa su una elaborazione dei dati acquisiti nel quadro RA delle dichiarazioni dei redditi relativi all’anno 2009.

Pertanto, la RT stima che dai commi 4-bis e 4-ter non derivino sostanziali effetti di gettito.

 

Al riguardo, con riferimento alle agevolazioni fiscali previste dal testo, si rileva che la documentazione trasmessa dal Governo afferma che tali benefici non determinano effetti finanziari in quanto si configurano in parte come rinuncia a maggior gettito (nel caso dell’estensione ai contratti di vendita in esame delle esenzioni fiscali di cui al D. Lgs. 228/2001) e, in parte, come di entità non rilevante (nel caso delle riduzioni di imponibile IRPEF per la mancata rivalutazione dei redditi agrari e dominicali). Si osserva tuttavia che la norma in base alla quale viene ampliato l’ambito soggettivo e oggettivo di applicazione del regime agevolativo IRPEF sulle locazioni di terreni concessi ai giovani per uso agricolo (comma 4-ter) sembrerebbe operare non soltanto per i soggetti interessati dalla disciplina in esame (i giovani imprenditori agricoli[173]), per i quali potrebbe ipotizzarsi un effetto di rinuncia a maggior gettito attualmente non previsto, ma anche per gli altri soggetti destinatari del beneficio (coltivatori diretti o imprenditori agricoli in forma societaria;  coltivatori o imprenditori agricoli che abbiano acquisito la qualifica fino a 2 anni dalla stipula del contratto di affitto).

Per gli aspetti richiamati appare quindi necessario acquisire dal Governo gli elementi posti alla base della valutazione di neutralità finanziaria indicata dalla relazione tecnica.

Riguardo agli effetti per le imposte sui redditi, si segnala che la norma è suscettibile di determinare anche un minor gettito delle addizionali IRPEF comunali e regionali. Andrebbero quindi chiariti i possibili effetti nei confronti degli enti territoriali, anche tenendo conto - tra l’altro - che ai sensi dell’articolo 11 del decreto legislativo n. 68 del 2011 le regioni hanno diritto a misure compensative qualora il minor gettito di un tributo proprio sia dovuto ad una riduzione della base imponibile per effetto di interventi statali.   

Quanto ai possibili effetti derivanti dalle operazioni di dismissione previste dal testo, si rileva che, secondo la documentazione trasmessa dal Governo, non è stato possibile acquisire una stima degli effetti di entrata a causa della mancanza di una ricognizione dei terreni interessati alle procedure di alienazione. Sul punto si segnala comunque l’opportunità di un chiarimento, anche per meglio precisare la finalità generale dell’intervento in esame e, conseguentemente, gli effetti finanziari attesi[174].

Tale finalità generale non sembra potersi desumere univocamente dal testo, tenuto conto che le norme[175]:

         da una parte destinano le risorse derivanti dalle operazioni di dismissione alla riduzione del debito pubblico (comma 9);

         dall’altra utilizzano come parametro di determinazione del prezzo il valore agricolo medio preso a riferimento per le espropriazioni di pubblica utilità  (comma 1).

Che tale ultimo criterio non corrisponda ad una finalità di massima valorizzazione dei beni sembra confermato dalla stessa documentazione tecnica trasmessa dal Governo (v. Nota dell’Agenzia delle dogane), nella quale si  afferma che il prezzo dei terreni viene determinato in modo agevolato, sulla base dei valori agricoli medi, e che le norme in esame sono finalizzate non alla dismissione di beni dello Stato, bensì a favorire lo sviluppo dell’imprenditorialità agricola giovanile[176].

Si segnala, infine, che con il comma 5 viene esteso ai giovani imprenditori agricoli oggetto della presente disciplina l’accesso ai contributi a fondo perduto e ai mutui agevolati previsti dalla normativa vigente per il finanziamento delle produzioni agricole. Tale previsione è suscettibile di determinare effetti di carattere finanziario, considerato che - in presenza di un numero di beneficiari più elevato - l’invarianza della spesa potrà essere garantita riducendo gli importi unitari delle sovvenzioni ovvero ponendo limiti di altra natura all’accesso. In proposito appare opportuno acquisire una valutazione del Governo.

 

ARTICOLO 67

Convenzioni per lo sviluppo della filiera della pesca

Normativa previgente: l’articolo 5 del D. Lgs. 226/2001 (Orientamento e modernizzazione del settore della pesca e dell'acquacoltura) prevede che il Ministero delle politiche agricole e le regioni interessate possano promuovere e stipulare con le associazioni nazionali di categoria, o con i centri di servizi da esse istituiti, convenzioni per lo svolgimento di una serie di attività e obiettivi ispirati ai princìpi della pesca responsabile verso l'ambiente e verso i consumatori (applicazione di tecnologie ecosostenibili per la promozione delle vocazioni produttive degli ecosistemi acquatici; tutela e valorizzazione delle tradizioni alimentari locali anche attraverso la istituzione di consorzi volontari per la tutela del pesce di qualità; messa a punto di sistemi di controllo e di tracciabilità; semplificazione amministrativa e miglioramento dei rapporti fra operatori del settore e pubblica amministrazione). I criteri generali per l’introduzione di tecnologie ecosostenibili sono definiti dal Ministero delle politiche agricole  sulla base di linee guida predisposte dall'Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare (ICRAM) e, per gli interventi in ambienti continentali, dalle agenzie regionali per l'ambiente.

La norma, sostituendo l’articolo 5 del decreto legislativo n. 226/2001, prevede la possibilità per il Ministero delle politiche agricole di stipulare con le associazioni nazionali di categoria o con i loro consorzi convenzioni per lo sviluppo della filiera della pesca (comma 1).

In particolare, le attività (non ricomprese nel testo previgente dell’articolo 5) che potranno essere oggetto delle convenzioni sono le seguenti:

­       promozione di azioni finalizzate alla tutela del’ambiente marino e costiero;

­       agevolazioni per l’accesso al credito per le imprese;

­       assistenza tecnica alle imprese di pesca nel quadro delle azioni previste dalla politica comune della pesca (PCP) e degli affari marittimi.

Le convenzioni in esame sono finanziate a valere sulle risorse della gestione stralcio (già Fondo centrale per il credito peschereccio) istituita in base alla disciplina che ha soppresso le gestioni fuori bilancio ed ha individuato quelle con le caratteristiche proprie dei fondi di rotazione[177] (comma 2).

Il Senato ha disposto (comma 2-bis) che le risorse prelevate dal Fondo siano versate all’entrata del bilancio dello Stato (capitolo 3585) per essere riassegnate all’apposito capitolo di spesa da istituire nell’ambito dello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole.

Si segnala che il precedente testo dell’articolo 5 del decreto legislativo n. 226/2001, sostituito dalle disposizioni in esame, non conteneva un’autonoma indicazione delle risorse da destinare al finanziamento delle convenzioni. La norma, infatti, recava una clausola di copertura (articolo 10) riferita ad altre disposizioni del decreto. Non è chiaro se, per il finanziamento delle convenzioni, siano state impiegate le risorse formalmente non destinate a tale finalizzazione ma utilizzabili, per analogia, per la copertura di tali disposizioni [articolo 2 (Definizione dell’imprenditore ittico, anche ai fini dell'accesso alle agevolazioni fiscali e previdenziali e ai contributi nazionali e regionali); articolo 3 (Attività connesse a quelle di pesca)].

 

La relazione tecnica al testo originario precisa che la disposizione non comporta effetti per la finanza pubblica. Con riferimento alla copertura delle spese per le convenzioni, precisa che il Fondo per il credito peschereccio, istituito dall’articolo 10 della legge n. 41/1982 e abrogato dall’articolo 23 del decreto legislativo n. 154/2004, si proponeva la concessione di mutui a tasso agevolato, per finanziare iniziative di costruzione, acquisto o ammodernamento di navi adibite alla pesca, oltre ad altre finalità. Attualmente, il Fondo si configura, per effetto della legge n. 289/2002, come una gestione stralcio e riceve annualmente i rientri dei mutui per le rate di ammortamento dei finanziamenti concessi nell’ambito del credito peschereccio che confluiscono sul c/c 23511 acceso presso la Tesoreria centrale dello Stato intestato al Fondo centrale credito peschereccio. Con la soppressione del Fondo, pertanto, non è possibile concedere nuovi mutui a valere sul Fondo per il credito peschereccio e la disposizione del decreto-legge in esame è volta a consentire l’utilizzo delle risorse nei limiti delle disponibilità esistenti per la realizzazione del rilancio del comparto ittico.

 

La relazione tecnica riferita  al testo del maxiemendamento afferma che il comma 2-bis non comporta effetti negativi per la finanza pubblica.

 

Al riguardo si rileva che, in base al testo in esame, le risorse disponibili nella gestione stralcio dell’ex Fondo per il credito peschereccio potranno essere destinate al finanziamento delle convenzioni finalizzate allo sviluppo della filiera della pesca. Al fine di escludere effetti onerosi, andrebbe chiarito se (e per quali finalità) l’integrale utilizzo delle risorse del Fondo risulti già scontato - a legislazione vigente - ai fini dei saldi di finanza pubblica.

 

In merito ai profili di copertura finanziaria, con riferimento al comma 2, si ricorda che le risorse del Fondo centrale per il credito peschereccio ammontavano a 5.414.046,93 euro, come indicato dal Conto riassuntivo del tesoro al 30 novembre 2011 pubblicato nel supplemento straordinario n. 2 alla Gazzetta ufficiale del 16 febbraio 2012.

Per quanto concerne il capitolo 3585 dell’entrata del bilancio dello Stato, richiamato dal comma 2-bis, si osserva che esso concerne i versamenti derivanti dalle gestioni fuori bilancio proprie del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali da ricondurre in bilancio ai sensi dell’articolo 93, comma 8, della legge n. 289 del 2002.

 

ARTICOLO 67-bis

Accertamenti contributivi in caso di demolizione di navi

Normativa vigente: l’articolo 15 della legge n. 413/1984 prevede che non possa essere accordata dalle autorità marittime l'autorizzazione alla dismissione di bandiera per vendita della nave a stranieri o per demolizione della nave stessa, se non previo accertamento dell'avvenuto pagamento di tutti i crediti contributivi relativi agli equipaggi della nave interessata da tali procedure.

La norma prevede che l’accertamento contributivo, necessario all’autorizzazione alla dismissione di bandiera per vendita della nave a stranieri o per demolizione, debba essere effettuato entro 30 giorni dalla richiesta (comma 1).

L’accertamento in esame non è invece richiesto in caso di demolizione dell’imbarcazione con trasferimento della licenza di pesca ad un’altra imbarcazione di proprietà dello stesso armatore (comma 2).

Il medesimo comma 2 prevede anche il trasferimento, dall’imbarcazione demolita alla imbarcazione a cui viene trasferita la licenza, dei privilegi di cui all’articolo 552 del codice della navigazione[178].

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento presentato al Senato, precisa che alla disposizione in esame non sono ascritti sostanziali effetti finanziari.

 

Al riguardo si rileva che la norma in esame potrebbe comportare aggravi organizzativi con possibili effetti finanziari a carico dell’istituto previdenziale competente, per la necessità di provvedere agli adempimenti indicati entro il termine stabilito. Sul punto appare necessario acquisire l’avviso del Governo.

 

ARTICOLO 67-ter

Adempimenti per le cooperative di pesca

Normativa vigente: l’articolo 1 della legge n. 12/1979 prevede che tutti gli adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale dei lavoratori dipendenti, quando non sono curati dal datore di lavoro, direttamente od a mezzo di propri dipendenti, non possono essere assunti se non da coloro che siano iscritti nell'albo dei consulenti del lavoro, nonché da coloro che siano iscritti negli albi degli avvocati e procuratori legali, dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali.

La norma prevede che le cooperative di imprese di pesca e i consorzi di imprese possono svolgere gli adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale dei lavoratori dipendenti per conto delle imprese associate[179].

 

La relazione tecnica al maxiemendamento precisa che la disposizione non comporta effetti finanziari, trattandosi di norma di carattere ordinamentale.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

ARTICOLO 68

Repertorio nazionale dei dispositivi medici

Le norma, modificando l’articolo 1, comma 409, della legge finanziaria per il 2006, incrementa, dal 5 al 5,5 per cento, la misura del contributo che le imprese, che producono o commercializzano in Italia dispositivi medici, sono tenute a versare all’entrata del Bilancio dello Stato sulle spese autocertificate. E’ contestualmente soppressa la tariffa di 100 euro che i produttori e i distributori sono tenuti a versare per ogni dispositivo registrato nella banca dati del repertorio dei dispositivi medici.

Si ricorda che l’articolo 1, comma 409, lettera c), della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006) prevede che i proventi derivanti dai versamenti del contributo, ora innalzato dal 5 al 5,5 per cento, sono riassegnati al Ministero della salute e utilizzati per il miglioramento e il potenziamento delle attività del settore dei dispositivi medici, con particolare riguardo alle attività di sorveglianza del mercato, anche attraverso l'aggiornamento e la manutenzione della classificazione nazionale dei dispositivi e la manutenzione del relativo repertorio generale.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma in esame effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica afferma che la norma non comporta effetti finanziari negativi sui saldi di finanza pubblica in quanto l’innalzamento della percentuale del contributo a carico delle aziende che producono o commercializzano in Italia dispositivi medici dal 5 al 5,5 per cento, dati i volumi calcolati secondo l’andamento storico dei medesimi, compensa l’eliminazione del pagamento della tariffa di 100 euro per ogni registrazione effettuata nel repertorio dei dispositivi medici.

La relazione tecnica, premettendo che la tariffa fissa di registrazione è stata oggetto di contestazione da parte delle istituzioni comunitarie, precisa che l’intervento recato dalla norma in esame ha la  finalità di evitare l’irrogazione di sanzioni in cui l’Italia sarebbe potuta incorrere, qualora non avesse proceduto all’eliminazione dei motivi per cui è stata avviata la procedura di infrazione n. 2007/4516.

 

Al riguardo si rileva che la relazione tecnica non fornisce tutti gli elementi volti a suffragare l’asserita compensatività tra gli effetti di minore e maggiore entrata derivanti, rispettivamente, dalla soppressione della tariffa fissa di 100 euro per la registrazione dei dispositivi medici e dall’innalzamento della misura del contributo dal 5 al 5,5 per cento a carico delle aziende che producono o commercializzano dispositivi medici. Andrebbero quindi acquisiti i dati sottostanti la valutazione di neutralità finanziaria delle disposizioni.

 

ARTICOLO 69

Dichiarazione preventiva in caso di spostamento del prestatore di servizi

Le norma, modificando il decreto legislativo n. 206/2007[180], elimina l'obbligo per il prestatore di servizi transfrontaliero di comunicare l'intenzione di effettuare la prestazione in Italia con un anticipo di almeno 30 giorni, stabilendo semplicemente che essa sia effettuata in anticipo.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma in esame effetti sui di saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica afferma che la norma non comporta oneri per la finanza pubblica considerata la natura prettamente procedurale della stessa, precisando che, da un’indagine svolta presso le Autorità competenti, risulta che il diritto dei prestatori a svolgere la loro attività in Italia, in modo occasionale e temporaneo, è stato riconosciuto anche quando la dichiarazione preventiva è stata presentata meno di trenta giorni prima dell’effettuazione della prestazione.

La relazione tecnica, premettendo che la previgente normativa non costituiva – secondo quanto contestato dalle competenti istituzioni comunitarie – corretta attuazione dell’articolo 7 della direttiva 2005/36/CE, che non prevede alcun termine per la dichiarazione preventiva, precisa che l’intervento recato dalla norma in esame ha la  finalità di evitare l’irrogazione di sanzioni, in cui l’Italia sarebbe potuta incorrere, qualora non avesse proceduto all’eliminazione dei motivi per cui è stata avviata la procedura di infrazione n. 2010/2143.

 

Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare, considerato il carattere ordinamentale della norma.

 

ARTICOLO 70

Aiuti de minimis a favore di piccole e medie imprese in particolari aree

Normativa vigente: l’articolo 1, commi 340-342, della legge 296/2006 (legge finanziaria per il 2007), prevede:

·        l’istituzione di un Fondo per favorire lo sviluppo economico e sociale di aree nelle città del Mezzogiorno identificate quali zone franche urbane, con una dotazione di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009. (comma 340);

·        alcune agevolazioni di cui le piccole e microimprese, che iniziano, nel periodo compreso tra il 10 gennaio 2008 e il 31 dicembre 2012, una nuova attività economica nelle zone franche urbane, possono usufruire: l’esenzione dalle imposte sui redditi per i primi cinque anni d’imposta; l’esenzione dall’IRAP per i primi cinque periodi d’imposta (fino a concorrenza di euro 300.000 per ciascun periodo d’imposta, del valore della produzione netta); l’esenzione dall’ICI a decorrere dal 2008 e fino al 2012 per gli immobili posseduti dalle stesse imprese nelle zone franche urbane; l’esonero dal versamento dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente, per i primi cinque anni d’attività nei limiti di un massimale di retribuzione definito (comma 341). Sono escluse dall’accesso alle predette agevolazioni le imprese operanti in alcuni settori specificati dal comma 341-ter.

Successivamente il comma 1-bis dell’articolo 10 del decreto legge n. 39/2009 ha esteso le agevolazioni fiscali previste per le zone franche urbane dalla citata legge finanziaria per il 2007 alle piccole e microimprese che operano nei territori dell’Abruzzo colpiti dal sisma del 6 aprile 2009, che nel periodo compreso tra il 6 aprile 2009 – 31 dicembre 2012 iniziano una nuova attività. Al fine di finanziare le suddette misure agevolative, per il periodo di vigenza degli incentivi è istituito un apposito Fondo nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, con una dotazione iniziale di 45 milioni di euro, successivamente incrementata a 90 milioni di euro[181], che costituisce un tetto massimo di spesa.

Le norma, integralmente sostituita nel corso dell’esame presso il Senato[182], dispone che la dotazione del Fondo per il finanziamento delle zone franche urbane nelle zone dell'Abruzzo colpite dal sisma[183] è destinata anche al finanziamento degli aiuti de minimis, nel rispetto del regolamento (CE) n. 1998/2006 relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato agli aiuti di importanza minore[184], a favore delle piccole e micro imprese  localizzate nelle zone dell’Abruzzo colpite dal sisma, già costituite o che si costituiranno entro il 31 dicembre 2014. La norma dispone inoltre che a tali imprese si applicano le tipologie di agevolazioni previste dall’articolo 1, comma 341, della legge n. 296/2006.

Con decreto del Ministro dello sviluppo economico sono individuati le condizioni, i limiti e le modalità di applicazione delle agevolazioni di cui al presente articolo nei limiti delle risorse disponibili.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma in esame effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica, riferita al testo originario, precisa che il Fondo per il finanziamento delle zone franche urbane nelle zone dell'Abruzzo colpite dal sisma è iscritto in bilancio, per il triennio 2012-2014, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (capitolo 7816) con uno stanziamento di  15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012 e 2013 a cui sono da aggiungere ulteriori 13,4 milioni di euro disponibili quali residui di stanziamento, nel corrente anno finanziario, derivanti dalla somma autorizzata in bilancio nell’anno 2011 al netto delle riduzioni operate in applicazione dell’articolo 40, comma 1-bis, del decreto-legge n. 98/2011.

Inoltre, sono previsti ulteriori 45 milioni di euro complessivi per le zone franche urbane, iscritti sul fondo politiche di sviluppo coesione, a valere sulle risorse autorizzate dall’articolo 10, comma 1-bis, del decreto legge n. 39/2009, in relazione agli interventi per i territori colpiti dal sisma in Abruzzo.

 

Nella nota integrativa del 15 febbraio 2012 il Governo, in risposta alle osservazioni della Commissione bilancio del Senato, precisa che l’ articolo 10, comma 1-bis, non ha una operatività temporale limitata al 2009 considerato che lo stesso prevedeva per il Fondo una dotazione finanziaria per il triennio 2012-2014. Afferma inoltre che l’articolo in esame si prefigge di estendere le finalità dell’utilizzo delle risorse già esistenti a legislazione vigente. Quanto alle modalità applicative si specifica che saranno le medesime previste dal decreto legge n. 39/2009.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento[185] delGoverno, presentato al Senato, afferma che la modifica introdotta è volta ad attingere risorse dalla dotazione del Fondo istituito dall’articolo 10, comma 1-bis, del decreto-legge n. 39/2009 in origine destinato alle zone franche urbane.

Precisa inoltre che, nella nuova formulazione proposta dell’articolo 70, viene meglio perimetrato l’ambito di operatività della norma, stabilendo che le piccole e microimprese e non anche le medie imprese, già costituite o che si costituiranno entro il 31 dicembre 2014 nelle aree interessate dagli eventi sismici del 2009, potranno beneficiare delle tipologie di agevolazioni previste dal comma 341 della legge n. 296/2006 (legge finanziaria per il 2007).

La relazione tecnica afferma infine che la norma in esame, nella sua nuova formulazione, non modifica il profilo e i termini finanziari della disposizione, restando pertanto fermo quanto asserito nella relazione tecnica riferita all’articolo 70 nella sua formulazione originaria.

 

Al riguardo si rileva preliminarmente che la norma in esame appare finalizzata ad ampliare  i soggetti beneficiari degli interventi finanziati a carico del Fondo per le zone dell’Abruzzo colpite dal sisma, disponendo in particolare che gli aiuti de minimis possano essere erogati anche a favore delle piccole e micro imprese già costituite o che si costituiranno entro il 31 dicembre 2014.  A tale proposito, pur considerando che le agevolazioni previste dall’articolo in esame saranno concesse, in base alle modalità che saranno definite con successivo DM, nei limiti delle risorse disponibili, appare necessario un chiarimento da parte del Governo circa la congruità della dotazione complessiva del Fondo con riferimento agli interventi già previsti a legislazione vigente a valere sulle medesime risorse.

Inoltre, con riferimento al periodo di finanziamento del Fondo, si rileva che la relazione tecnica afferma che la sua dotazione si estende per tutto il triennio 2012-2014. Al riguardo, andrebbe verificata la compatibilità di tale proiezione temporale rispetto ai profili di cassa connessi ai benefici da finanziare a valere sulle risorse del Fondo, i cui effetti potrebbero protrarsi oltre l’anno 2014. Infatti, la tipologia degli interventi agevolativi a favore delle imprese già costituite o che si costituiranno entro il 31 dicembre 2014, comprendono, tra l’altro, l’esenzione dalle imposte sui redditi per i primi cinque anni d’imposta, l’esenzione dall’IRAP per i primi cinque periodi d’imposta e l’esonero dal versamento dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente, per i primi cinque anni d’attività nei limiti di un massimale di retribuzione definito.

Si segnala inoltre che la rubrica dell’articolo in esame, fa riferimento anche alle medie imprese, che non sembrano comprese nel campo di applicazione delle agevolazioni previste dalla norma.

 

In merito ai profili di copertura finanziaria, con riferimento al comma 1, si ricorda che le risorse del Fondo per il finanziamento delle zone franche urbane sono iscritte nel capitolo 7816 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, con uno stanziamento di competenza pari a 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012 e 2013.

Da una interrogazione effettuata alla banca dati della Ragioneria generale dello Stato, risulta che le risorse disponibili nel predetto capitolo per l’anno 2012 ammontano a euro 7.500.000.

 

ARTICOLO 71-82

Diritti aeroportuali

Le norme stabiliscono i princıpi comuni per la determinazione e la riscossione dei diritti aeroportuali negli aeroporti nazionali aperti al traffico commerciale. Le disposizioni in esame non si applicano ai diritti riscossi per la remunerazione di servizi di navigazione aerea di rotta e di terminale, né ai diritti riscossi a compenso dei servizi di assistenza a terra, né ai diritti riscossi per finanziare l’assistenza fornita alle persone con disabilità e mobilità ridotta. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, previa istruttoria dell’Autorità di vigilanza, trasmette annualmente alla Commissione europea una relazione sullo stato di attuazione delle disposizioni in esame e della normativa comunitaria (articolo 71, commi 1, 4 e 5)

In particolare, le disposizioni, tra l’altro, prevedono che:

·       sia istituita l’Autorità nazionale di vigilanza, che svolge compiti di regolazione economica nonché di vigilanza, con l’approvazione dei sistemi di tariffazione e dell’ammontare dei diritti. I modelli di tariffazione, approvati dall’Autorità previo parere del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministro dell’economia, sono orientati ai costi delle infrastrutture e dei servizi, a obiettivi di efficienza, nonché all’incentivazione degli investimenti correlati anche all’innovazione tecnologica, alla sicurezza dello scalo e alla qualità dei servizi. Gli interventi infrastrutturali relativi ai sistemi aeroportuali, compresi quelli inseriti nell'ambito dei contratti di programma o convenzione unica, sono considerati infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale. Per l’approvazione e l’esecuzione degli stessi interventi, nonché dei piani di sviluppo aeroportuale, le società di gestione si avvalgono delle specifiche procedure approvative previste per dette infrastrutture strategiche, come specificato dalle norme introdotte durante l’esame al Senato, di cui al comma 3-bis (articolo 71);

·       nelle more dell’operatività dell’Autorità di regolazione dei trasporti di cui all’articolo 36, comma 1, del presente decreto, le funzioni di Autorità di vigilanza siano svolte previo atto di indirizzo del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (articolo 73).

Tale articolo è stato integralmente riformulato durante l’esame presso il Senato rispetto alla stesura del testo originario del decreto-legge, presumibilmente alla luce dell’immeditata istituzione dell’Autorità di regolazione dei trasporti - come introdotta al Senato con le modifiche all’articolo 36 del provvedimento in esame - cui sono affidate le funzioni di Autorità di vigilanza. La stesura dell’articolo 73 riproponeva sostanzialmente l’articolo 3 della schema di decreto legislativo n. 380, recante attuazione della direttiva 2009/12/CE, concernente i diritti aeroportuali. Le disposizioni ivi contenute specificavano che, nelle more dell’istituzione dell’Autorità indipendente di regolazione dei trasporti, le funzioni dell’Autorità di vigilanza fossero svolte dall’Ente nazionale per l’aviazione civile (ENAC). Nell’ambito dell’ENAC era quindi istituita la Direzione diritti aeroportuali. La Direzione era costituita da un dirigente e da un massimo di 12 esperti in materia giuridico-economica, nonché da 5 unità di personale tecnico-amministrativo inquadrati rispettivamente nel ruolo dirigenziale, professionale e tecnico-amministrativo del vigente contratto di lavoro ENAC. Al fine di garantire le risorse necessarie alla costituzione e al funzionamento dell’Autorità, con decreto ministeriale, previa istruttoria dell’ENAC, sarebbe dovuto essere fissata la misura dei diritti a carico degli utenti degli aeroporti e dei gestori aeroportuali da utilizzarsi a copertura dei costi della struttura. Il medesimo decreto avrebbe dovuto altresì disporre in ordine alla corresponsione degli importi all’ENAC, da effettuarsi alle scadenze e con le modalità previste per il versamento del canone di concessione aeroportuale nonché al suo eventuale adeguamento. Con lo stesso decreto era ridotto il contributo dello Stato al funzionamento dell’ENAC, per un importo corrispondente alle spese non più sostenute dall’Ente, correlate al funzionamento della Direzione trasformata in Autorità;

·       l’Autorità di vigilanza possa autorizzare il gestore di una rete aeroportuale ad introdurre un sistema di tariffazione comune all’intera rete, un sistema comune presso gli aeroporti che servono la stessa città o agglomerato urbano, nel rispetto della normativa comunitaria. L’Autorità di vigilanza può, comunque, operare una modulazione degli stessi diritti aeroportuali per motivi di interesse pubblico, compresi quelli ambientali, con impatto economico neutro per il gestore (articoli 74 e 75);

·       l’Autorità di vigilanza predisponga specifici modelli tariffari, calibrati sulla base del traffico annuo di passeggeri registrato. Il gestore, individuato il proprio modello tariffario e l’ammontare dei diritti, previa consultazione degli utenti degli aeroporti, lo sottopone all’Autorità, che lo verifica e lo approva entro 40 giorni. Si prevede altresì una procedura obbligatoria di consultazione tra il gestore aeroportuale e gli utenti dell’aeroporto; l’Autorità adotta inoltre le misure necessarie per lo svolgimento di negoziati allo scopo di concludere un accordo sul livello di servizio. L’Autorità pubblica una relazione annuale sull’attività svolta fornendo, su richiesta del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero dell’economia, le informazioni sulle procedure di determinazione dei diritti aeroportuali e dispone che i gestori aeroportuali forniscano agli utenti adeguate informazioni sugli elementi utilizzati per la determinazione dei diritti riscossi in ciascun aeroporto. L’Autorità controlla che nella determinazione della misura dei diritti aeroportuali, richiesti agli utenti per l’utilizzo di infrastrutture e servizi forniti in regime di esclusiva negli aeroporti, siano applicati princıpi quali, tra l’altro, la correlazione ai costi e l’orientamento alla media europea applicata in scali aventi caratteristiche analoghe (articoli 76-80);

·        nella determinazione dei diritti aeroportuali, da applicarsi negli aeroporti militari aperti al traffico civile, si tenga conto delle infrastrutture e dei servizi forniti dall’Aeronautica militare, che stipula apposita convenzione con il gestore aeroportuale, per la definizione degli stessi e l’individuazione delle modalità per il ristoro dei costi sostenuti (articolo 81);

·       dall’attuazione delle disposizioni non derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono all’adempimento dei compiti derivanti dal presente Capo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente (articolo 82).

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica, riferita al testo originario, afferma che le norme in esame sono volte a dare attuazione alla direttiva comunitaria 2009/12/CE in materia di determinazione di diritti aeroportuali, considerata la scadenza della relativa delega contenuta di cui all’articolo 39 della L. 96/2010 (Legge comunitaria 2009) e la conseguente apertura della procedura d’infrazione comunitaria da parte della Commissione europea. Dalle disposizioni del testo originario non derivano, in base alla RT, nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Con riferito alle modifiche apportate dal maxiemendamento approvato dal Senato, non risultano verificati positivamente gli effetti finanziari recati dal comma 3-bis dell’art. 71 e dal comma 2 dell’art. 76. Con riferimento alla prima disposizione, la relazione tecnica afferma che le diverse procedure ivi previste per i piani di sviluppo aeroportuali degli aeroporti maggiori non consentono, a differenza di quelle previste dalla legislazione vigente, la verifica di ogni possibile effetto sulla dinamica tariffaria, sugli investimenti e sulla finanza pubblica anche in termini di eventuali valori di subentro collegati alla durata delle convenzioni.

In particolare, il richiamo alla “convenzione unica” contenuto al comma 3-ter introdurrebbe una tipologia contrattuale nuova ed ulteriore rispetto ai contratti di programma disciplinati dalla normativa vigente, senza individuarne le caratteristiche e l’ambito di applicazione; ciò creerebbe incertezza regolatoria e aprirebbe la possibilità di limitare l’azione di monitoraggio del regolatore che presuppone periodi di verifica ripetuti e, in ogni caso, scollegati dalla durata della concessione, con effetti non prevedibili sulle condizioni di riequilibrio dei PEF e, quindi, sulla finanza pubblica.

Con riferimento al comma 2 dell’art. 76, la relazione evidenzia che l’approvazione da parte dell’Autorità indipendente dell’ammontare dei diritti proposto dal gestore appare suscettibile di incidere sull’equilibrio del PEF, sulla copertura degli investimenti e sull’eventuale valore di subentro. Pertanto è necessario che l’approvazione dei diritti aeroportuali non rientri nelle funzione dell’Autorità indipendente ma in quelle delle Amministrazioni concedenti (MIT e MEF) che devono verificare il corretto adempimento del contratto di programma e degli obblighi/diritti derivanti dalle concessioni, con particolare riferimento, per quanto riguarda il MEF, ad eventuali valori di subentro che avrebbero un impatto sulla finanza pubblica.

La relazione evidenzia inoltre un’incongruenza tra la norma in esame e l’art. 36 che disciplina il funzionamento dell’Autorità dei trasporti: in tale ultima disposizione è infatti precisato che restano ferme le competenze delle Amministrazioni con particolare riferimento ai profili di finanza pubblica.

 

Al riguardo, si rileva preliminarmente che le norme ripropongono sostanzialmente le disposizioni contenute nello schema di decreto legislativo n. 380, recante attuazione della direttiva 2009/12/CE, in materia di diritti aeroportuali.

In merito alla determinazione delle tariffe, di cui agli articoli da 76 a 80, appare utile acquisire dati ed elementi volti a chiarire l’impatto finanziario che le eventuali modifiche degli importi produrranno sulle società di gestione degli aeroporti, alcune delle quali partecipate da pubbliche amministrazioni.

Il Governo in proposito aveva osservato[186] che il sistema di tariffazione, pur essendo volto alla maggiore consapevolezza degli utenti e alla trasparenza dei rapporti tra gestori e consumatori, non determinava una diversa modalità di calcolo.

Per quanto attiene alla soppressione della disposizione che prevedeva la riduzione del contributo in favore dell’ENAC, in relazione all’adeguamento dei diritti aeroportuali, si rinvia alle osservazioni formulate con riferimento all’articolo 36.

Nulla da osservare con riferimento alle valutazioni della relazione tecnica in merito alle modifiche apportate al Senato.

ARTICOLO 83

Disposizioni in materia di farmaci generici

La norma, abrogando il comma 1-bis dell’articolo 68 del decreto legislativo n. 30/2005, fa venir meno la possibilità per le aziende che intendono produrre specialità farmaceutiche al di fuori della copertura brevettuale di avviare la procedura di registrazione del prodotto contenente il principio attivo in anticipo di un anno rispetto alla scadenza della copertura complementare o, in mancanza, della copertura brevettuale del principio attivo, tenuto conto anche di ogni eventuale proroga.

 

La relazione tecnica precisa che la disposizione non comporta oneri per la finanza pubblica in quanto ha natura prettamente procedimentale.

In particolare, la relazione tecnica precisa che la disposizione è volta ad eliminare un ostacolo alla sollecita presentazione di una richiesta di autorizzazione all’immissione in commercio per prodotto medicinali generici, se protetti da un brevetto. Tale norma è stata contestata in sede comunitaria con l’apertura della procedura di infrazione n. 2010/4188 e la sua abrogazione evita le eventuali conseguenti sanzioni comminate all’Italia.

 

Nulla da osservare al riguardo, alla luce di quanto indicato dalla relazione tecnica.

 

ARTICOLO 84

Zone e diritti marittimi

La norma, modificando il DPR n. 107/2009, dispone che i trasporti fra i porti nazionali e quelli fra porti nazionali e porti di altri Stati membri dell’Unione europea sono assoggettati al medesimo trattamento per quanto riguarda l’applicazione della tassa di ancoraggio e della tassa portuale.

La relazione illustrativa precisa che la disposizione in esame si rende necessaria ed urgente al fine di risolvere la procedura d’infrazione n. 2010/4387, attualmente allo stadio di parere motivato, con la quale la Commissione europea ha chiesto allo Sato italiano di rendere conforme al diritto europeo l’intera normativa in materia di tasse portuali che gravano sul trasporto marittimo di cabotaggio, sia in arrivo che in partenza da porti italiani, come fissate dal DPR n. 107/2009.

La relazione illustrativa precisa, inoltre, che in Italia gravano sui soggetti interessati maggiori tasse, quali ad esempio la tassa di ancoraggio dovuta anche per le merci caricate in coperta o nelle sovrastrutture, non previste dalla normativa europea in materia.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica afferma che, la norma non comporta oneri in quanto ha carattere meramente formale ed è diretta a dar corso all’esplicitazione sul piano legislativo di una prassi interpretativa ed applicativa già in atto da molto tempo.

Nella Nota di risposta delle osservazioni formulate in prima lettura al Senato, il Governo ha precisato che tenendo conto della prassi interpretativa che ha inteso la parola “estero” come equivalente all’espressione “al di fuori dell’Unione europea” si ritiene che dalla disposizione non derivino effetti di finanziari negativi. La Nota aggiunge che l’ammontare delle entrate sconta quindi effetti di una prassi conforme alla normativa comunitaria, secondo quanto affermato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

 

Al riguardo, pur tenuto conto di quanto affermato dalla RT e di quanto precisato nella successiva Nota tecnica, andrebbero acquisiti comunque dati ed elementi dal Governo sui possibili effetti di minor gettito derivanti dalla disposizione in esame. Infatti, con riferimento alle tasse portuali, la relazione illustrativa dà conto dell’esistenza in Italia di livelli di imposizione più elevati non previsti dalla normativa europea: presumibilmente, con l’applicazione della disciplina in esame, tali livelli risulterebbero ridotti.

 

ARTICOLO 85

Disposizioni in materia di sperimentazione clinica

La norma, modificando l’articolo 7 del decreto legislativo n. 211/2003 (applicativo della direttiva 2001/20/CE), introduce modifiche alle competenze dei comitati etici dei centri di sperimentazione italiani coinvolti in una sperimentazione clinica.

 

La relazione tecnica precisa che la norma non comporta oneri per la finanza pubblica in quanto ha natura prettamente procedimentale.

In particolare, la relazione tecnica precisa che la disposizione è volta ad eliminare dall’ordinamento una pluralità di interventi consultivi che, nel corso di una sperimentazione clinica, vanificano la finalità di semplificazione e velocizzazione che, con la previsione di un parere unico da parte del comitato etico coordinatore, la direttiva intendeva perseguire. Con la disposizione in esame, che riduce la filiera decisoria, la norma evita le sanzioni che avrebbero potuto essere comminate all’Italia a seguito dell’apertura della procedura di infrazione n. 2010/4212.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

ARTICOLO 86

Disposizioni in materia di pagamenti per le pratiche di motorizzazione

Normativa previgente: l’articolo 4, comma 171, della legge n. 350/2003 ha stabilito che, al fine di semplificare le procedure e gli adempimenti, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dovesse predisporre idonei sistemi per la gestione informatizzata di tutti i pagamenti su conto corrente postale, a qualsiasi titolo dovuti, relativi alle operazioni di competenza. Il secondo periodo del comma 171 ha rinviato ad un successivo decreto ministeriale, sulla base di apposita convenzione con Poste italiane SpA, la definizione, senza oneri aggiuntivi per lo Stato, delle relative modalità di attuazione (termini, diritti, corrispettivi, realizzazione gestione e sviluppo delle specifiche infrastrutture tecnologiche, procedure applicative, informazione all'utenza). Al comma 171 non sono stati ascritti effetti finanziari.

La convenzione di cui al secondo periodo del comma 171 è stata stipulata il 22 marzo 2004 ed è stata approvata con decreto ministeriale 4 maggio 2004. Quest’ultimo, in particolare, ha ribadito che l'esecuzione della Convenzione deve avvenire senza alcun onere per lo Stato ed ha stabilito che, a ristoro dei costi necessari per la completa esecuzione degli impegni derivanti dall'attuazione della convenzione, Poste italiane SpA è autorizzata all'applicazione di un corrispettivo aggiuntivo a quello vigente alla data per le operazioni di pagamento.

La norma dispone quanto segue:

­      Viene soppresso il secondo periodo del comma 171 dell’articolo 4 della legge n. 350/2003, che prevedeva la stipula di una convenzione con Poste italiane Spa per l’attuazione della gestione automatizzata dei pagamenti a qualunque titolo dovuti al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (comma 1);

­      viene confermato il termine di durata di nove anni alla convenzione attualmente in vigore con Poste italiane Spa, già previsto dalla convenzione medesima, stipulata il 22 marzo 2004 (comma 2);

­      viene previsto che, alla scadenza della medesima convenzione, l’affidamento dell’espletamento del servizio avvenga mediante il ricorso a gara pubblica nel rispetto della normativa europea. L’eventuale impossibilità del ricorso a tale procedura deve essere motivata sulla base di apposita analisi di mercato e deve essere adeguatamente pubblicizzata. La norma prevede anche la trasmissione da parte del Ministero delle infrastrutture di una relazione all’Autorità garante della concorrenza per l’espressione di un parere preventivo, da rendere entro 60 giorni, decorsi i quali, la pronuncia si intende favorevolmente espressa (comma 3).

Si segnala che l’articolo 86 in esame è incluso fra le norme[187] - che assegnano nuove competenze all’Autorità garante della concorrenza - che sono poste alla base della previsione di un incremento di 20 posti della pianta organica della medesima Autorità (ai sensi dell’articolo 5-bis del decreto-legge in esame). I relativi oneri sono posti a carico[188] del meccanismo di finanziamento previsto dal medesimo articolo 5-bis (contributo aggiuntivo per le società di capitali al di sopra di una determinata soglia di fatturato).

­      viene stabilito che il Ministero delle infrastrutture effettui (senza nuovi oneri per la finanza pubblica e con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente) un’indagine di mercato, entro il 30 settembre 2012, volta a verificare l’interesse degli operatori economici all’esecuzione del servizio, tenuto conto delle esigenze tecniche ed organizzative richieste per l’espletamento del servizio stesso (commi 4 e 5).

 

La relazione tecnica afferma preliminarmente che la norma è diretta a risolvere la procedura di infrazione 2011/4079, con la quale la Commissione europea ha contestato all’Italia la violazione delle norme in materia di tutela del mercato e della concorrenza (che, in materia di affidamento di servizi, impongono il ricorso alla gara pubblica).

La Commissione ha contestato all’Italia che i servizi di gestione automatizzata dei pagamenti e dei corrispettivi dovuti per le pratiche della motorizzazione siano stati affidati direttamente a Poste italiane SpA.

La relazione tecnica precisa che le disposizioni non comportano oneri per la finanza pubblica, in quanto le eventuali attività che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dovrà svolgere nel caso in cui non si possa fare ricorso alla procedura di gara pubblica saranno effettuate con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

Nulla da osservare in merito ai profili di quantificazione, nel presupposto – sul quale appare opportuno acquisire la conferma del Governo – che il Ministero delle infrastrutture disponga dei mezzi necessari per effettuare, entro i termini stabiliti dal testo (30 settembre 2012), l’indagine di mercato prevista dal comma 3.

Con riferimento al comma 2 (scadenza dell’attuale convenzione al termine originariamente previsto), si osserva che la conferma della scadenza naturale della convenzione sembrerebbe avere – fra l’altro – l’effetto di evitare l’eventuale pagamento di una penale a favore di Poste italiane SpA. Sul punto andrebbe acquisita una precisazione del Governo.

 

In merito ai profili di copertura finanziaria, si rileva che la formulazione della clausola di neutralità finanziaria di cui al comma 5 fà riferimento solo ai “nuovi oneri” e non anche ai “maggiori oneri” come previsto dalla prassi vigente.

 

 

ARTICOLO 87

Prestazione transfrontaliera di servizi in Italia dei consulenti in materia di brevetti

Le norma, modificando gli articoli 201 e 203 del Codice della proprietà industriale[189], dispone che possono essere iscritti all'albo dei consulenti in proprietà industriale i cittadini dell'Unione europea abilitati all'esercizio della professione in un altro Stato. Prevede inoltre che i suddetti consulenti, che intendano esercitare l’attività di rappresentanza in Italia a titolo occasionale e temporaneo, si considerano automaticamente iscritti all'albo a seguito della trasmissione al Consiglio dell'ordine, da parte dell'autorità competente, della dichiarazione preventiva di attività resa dal professionista transfrontaliero. Le modalità di invio e i contenuti di tale dichiarazione sono disciplinati dall'articolo 10 del D.Lgs. 206/2007.

Tale articolo è stato, a sua volta, modificato, nella parte in cui prevedeva un termine temporale per l'invio della dichiarazione, dall'articolo 69 del presente decreto-legge.

Si ricorda che il D. Lgs. 206/2007 (che attua la direttiva sul riconoscimento delle qualifiche professionali) dispone l'obbligo di dichiarazione anticipata del prestatore di servizi transfrontaliero. All'articolo 13 è prevista una procedura di iscrizione automatica agli albi, previa trasmissione da parte dell'autorità competente della dichiarazione al competente Ordine o Collegio professionale. Tale organismo provvede ad un’iscrizione automatica in apposita sezione degli albi istituiti e tenuti presso i consigli provinciali ed il consiglio nazionale, con oneri a carico dell'Ordine o Collegio stessi.

Viene infine specificato che l’iscrizione rileva ai soli fini dell’applicazione delle norme professionali, di carattere professionale, legale o amministrativo, direttamente connesse alla qualifica professionale.

Si ricorda che, in base all'articolo 202 del Codice della proprietà industriale, per far parte dell’ordine dei consulenti in proprietà industriale occorre essere iscritti nell’apposito albo. La norma attribuisce al Ministero delle attività produttive (ora sviluppo economico), tramite l'Ufficio italiano brevetti e marchi, le funzioni di vigilanza sull'esercizio della professione.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma in esame effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica riferita al testo originario afferma che con la norma si intende evitare l’avvio di una procedura d’infrazione, da parte della Commissione europea nei confronti dell’Italia, a seguito del caso EU Pilot2066/11/MARK, non ancora concluso, per la contestata restrizione della libera prestazione dei servizi degli agenti di brevetto. La relazione precisa che la norma non comporta oneri per la finanza pubblica, in quanto trattasi di modifiche finalizzate ad eliminare ostacoli alla libera prestazione dei servizi degli agenti di brevetto evitando nel contempo le sanzioni in cui l’Italia sarebbe potuta incorrere, qualora non avesse proceduto all’eliminazione dei motivi per cui è stato istruito il suddetto caso EU Pilot.

 

Nulla da osservare al riguardo, nel presupposto – sul quale appare opportuno acquisire la conferma del Governo – che il Ministero dello sviluppo economico, pure in presenza della nuova procedura in esame, possa adempiere alle sue funzioni di controllo nell’ambito delle risorse già disponibili.

 

ARTICOLO 88

Deducibilità degli interessi passivi per le società a prevalente capitale pubblico

La norma, modificando l’articolo 96, comma 5, del DPR 917/1986 (Testo unico delle imposte sui redditi), interviene sulla deducibilità degli interessi passivi per le società a prevalente capitale pubblico che costruiscono o gestiscono impianti per la fornitura di acqua, energia, teleriscaldamento e impianti per lo smaltimento e la depurazione.  In particolare – mediante la soppressione della parte finale del citato comma 5 - per tali società si prevede l’applicazione del più limitato regime di deducibilità vigente in luogo della deducibilità degli interessi passivi prevista dal richiamato comma 5 nella misura del 96% o in misura integrale (comma 1).

In base a tale più limitato regime è consentito dedurre ai fini fiscali, in ciascun periodo d’imposta, un ammontare di interessi passivi non superiore al valore degli interessi attivi risultanti nel medesimo bilancio e, per la parte eccedente, una quota non superiore al 30% del reddito operativo lordo (ROL). La quota non dedotta in un esercizio potrà essere riportata a nuovo negli esercizi successivi, sempre nel rispetto dei limiti sopra indicati.

La decorrenza, in deroga al principio di irretroattività delle norme tributarie stabilito dallo Statuto del contribuente, è fissata al periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto (24 gennaio 2012) (comma 2).

Le maggiori entrate, pari a 4,4 milioni per il 2013 e 2,5 milioni a decorrere dal 2014 sono destinate ad incrementare il Fondo ammortamento dei titoli di Stato iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’economia (comma 3).

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

Maggiori entrate

Variazione gettito IRES società fornitrici di servizi energetici (comma.1)

 

4,4

2,5

 

4,4

2,5

 

4,4

2,5

Fondo ammortamento titoli di Stato (comma 3)   (*)

 

4,4

2,5

 

4,4

2,5

 

4,4

2,5

(*)La riga del Fondo ammortamento titoli di Stato è riportata, nel prospetto riepilogativo, dopo i saldi.

 

La relazione tecnica, con riferimento alla stima effettuata, fornisce i seguenti dati:

-        per la individuazione dei soggetti, sono stati utilizzati i dati relativi alle dichiarazioni Unico 2010 (anno 2009) e sono stati presi in considerazione i contribuenti che esercitano le attività interessate dalla norma in esame (in base alla classificazione ATECO2007 si tratta dei codici 35.12.00, 35.13.00, 35.22.00, 35.30.00, 37.00.00, 38.2 e 49.5);

-        nell’ambito della suddetta platea, sono stati considerati i soggetti relativamente ai quali è stata verificata la presenza di ambedue i seguenti elementi:

        interessi passivi superiori agli attivi nel quadro RS (nel quale sono riportati i dati di bilancio);

        mancata compilazione del “Prospetto interessi passivi non deducibili” (nell’ambito quadro RF).

In base a quanto sopra illustrato, la relazione tecnica stima che gli interessi passivi indeducibili siano di ammontare pari a 9 milioni di euro.

Applicando ad essi l’aliquota IRES del 27,5% si ottiene, per cassa, un maggior gettito pari a 4,4 milioni nel 2013 e a 2,5 milioni a decorrere dal 2014.

La nota tecnica del Dipartimento delle finanze trasmessa al Senato in data 15 febbraio 2012, in risposta ai rilievi formulati nel corso dell’esame presso il Senato, conferma che a seguito della modifica in esame i soggetti interessati dalla norma in esame vengono ricompresi nella disciplina sulla indeducibilità degli interessi passivi.

Ai fini della stima, la nota precisa che:

-        sono stati considerati i dati indicati nel relativo prospetto dai contribuenti privati che svolgono le attività interessate dalla disposizione in commento (costruzione o gestione di impianti per la fornitura di acqua, energia e teleriscaldamento, nonché impianti per lo smaltimento e la depurazione);

-        sulla base dei suddetti dati, si è proceduto ad una simulazione applicando la normativa in capo ai soggetti che esercitano le medesime attività ed indicano nel quadro RS l’ammontare degli interessi passivi senza procedere alla contestuale compilazione dell’apposito prospetto e, di conseguenza, sono stati considerati con partecipazione pubblica.

Pertanto, conclude la Nota, la stima si basa su un’elaborazione macro relativamente ai soggetti interessati dalla norma e, in quanto tale, la metodologia non permette la puntuale individuazione dei soggetti a partecipazione pubblica che si troveranno a determinare interessi passivi indeducibili a seguito della modifica normativa.

 

Al riguardo in merito alla stima degli effetti di gettito, si osserva che la relazione tecnica – pur illustrando la procedura per l’individuazione dei soggetti interessati - non fornisce i dati (platea delle società a prevalente partecipazione pubblica, ammontare degli interessi sottoposti al nuovo regime) necessari per la verifica della quantificazione. Su tali aspetti appare pertanto opportuno acquisire i necessari elementi dal Governo.

Con particolare riferimento alle precisazioni fornite nella Nota del 15 febbraio, andrebbe chiarito se – nell’ambito dei soggetti esercenti le attività interessate dalla norma in esame - il dato sugli interessi passivi ottenuto dalla differenza tra gli oneri finanziari indicati nel quadro RS e gli interessi passivi indeducibili indicati nell’apposito prospetto sia stato interamente utilizzato ai fini della quantificazione. Tale valore, infatti, andrebbe prudenzialmente ridotto per tenere conto delle possibili modifiche dei comportamenti da parte dei soggetti interessati che, in presenza della parziale indeducibilità degli interessi passivi, potrebbero scegliere fonti di finanziamento alternative.

In merito ai possibili effetti indiretti, si segnala che dalle informazioni fornite non appare chiaro se nella quantificazione si sia tenuto conto del fatto che, trattandosi di società a prevalente partecipazione pubblica, le maggiori imposte pagate determinano una riduzione degli utili societari e, conseguentemente, una riduzione dei dividendi riscossi dai soci.

Si osserva infine che l’assegnazione di effetti finanziari positivi al nuovo regime in esame sembrerebbe derivare da una valutazione dei dati effettivamente riscontrati nelle dichiarazioni dei redditi più recenti, non conformi a quelli disponibili in occasione dell’approvazione della norma originaria, alla quale non erano stati invece ascritti – a suo tempo - effetti negativi.

Si fa riferimento alla legge 244/2007: infatti la parte del comma 5, ultimo periodo, che si intende sopprimere era stata introdotta in tale provvedimento, nel corso dell’esame parlamentare[190]. La RT allegata all’emendamento non scontava effetti onerosi: precisava infatti che l’esclusione dal nuovo regime di alcune specifiche tipologie di società non avrebbe comportato effetti differenziali rispetto alla stima originaria, in quanto tali soggetti sarebbero stati di fatto esclusi, non presentando generalmente situazioni di sottocapitalizzazione.

In proposito andrebbe pertanto acquisito un chiarimento del Governo.

 

ARTICOLO 89

Disposizioni in materia di recupero di sgravi contributivi

La sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea[191] del 17 novembre 2011 ha riconosciuto l’inadempienza dell’Italia alla sentenza[192] del 1° aprile 2004 avente ad oggetto il recupero presso i beneficiari di sgravi contributivi dichiarati non coerenti con la normativa europea (in quanto riconosciuti come aiuti di Stato)[193]. La Corte ha condannato l’Italia a versare alla Commissione europea una penalità di importo corrispondente alla moltiplicazione dell’importo di base di 30 milioni di euro per la percentuale degli aiuti illegali il cui recupero non è ancora stato effettuato, calcolata rispetto alla totalità degli importi non ancora recuperati alla data della pronuncia della sentenza, per ogni semestre di ritardo nell’attuazione della citata sentenza C-99/02. Inoltre, la Corte ha condannato l’Italia a versare alla Commissione europea una somma forfetaria di 30 milioni di euro ed a rifondere le spese processuali.

La norma dispone che, entro il giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto in esame (e, quindi, entro il 25 gennaio 2012), l’INPS provvede a versare 30 milioni di euro a favore della Commissione UE, in esecuzione della sentenza n. C-496/09 della Corte europea (comma 1).

Prevede, inoltre, che tale importo e le eventuali altre penalità inflitte dalle istituzioni comunitarie per il mancato recupero degli sgravi contributivi illegittimi fanno carico sulle risorse recuperate dall’INPS a fronte dei medesimi sgravi contributivi in esecuzione delle decisioni comunitarie (comma 2).

 

La relazione tecnica precisa che, sul totale degli aiuti da recuperare, pari a euro 251.271.032,37, risultano già recuperati euro 63.062.555, come risulta dalla sentenza della Corte di Giustizia europea n. C-496/09[194]. A fronte di tale sentenza, la Commissione europea, con apposita ingiunzione, ha richiesto il pagamento di tale importo entro la data del 21 gennaio 2012[195].

Considerato che il compito del recupero degli sgravi contributivi è stato affidato all’INPS (e che l’Istituto sta tuttora provvedendo agli adempimenti connessi), la norma fa gravare il pagamento delle somme richieste dalle autorità comunitarie sulle risorse acquisite dall’INPS a titolo dei predetti recuperi.

 

Al riguardo appaiono necessari chiarimenti del Governo in merito ad alcuni aspetti problematici relativi alla quantificazione degli effetti finanziari.

In particolare, la norma appare suscettibile di determinare effetti sui saldi di fabbisogno e di indebitamento netto per la maggiore spesa dell’INPS, nel caso in cui questa non sia stata scontata nei tendenziali. Sul punto appare opportuno un chiarimento da parte del Governo. Inoltre la norma sembrerebbe poter recare effetti anche ai fini del saldo netto da finanziare, considerato che all’aumento delle esigenze dell’INPS dovrebbe corrispondere un incremento dei trasferimenti a carico del bilancio dello Stato; inoltre a fronte di un esborso immediato e di data certa, il recupero dai beneficiari delle somme dovute da parte dell’INPS non avverrebbe con la medesima tempistica, potendosi determinare un potenziale disallineamento tra spesa e copertura; se, invece, la relazione tecnica facesse riferimento alle entrate dei recuperi già effettuati, si tratterebbe comunque di somme già acquisite al bilancio, con riferimento ad esercizi già chiusi.

Si osserva, inoltre, che, la sentenza della Corte di Giustizia dispone, per ogni semestre di ritardo nell’attuazione dei provvedimenti di recupero degli aiuti a decorrere dalla sentenza in esame (17 novembre 2011), il pagamento a carico dell’INPS anche di una penalità (calcolata moltiplicando l’importo base di 30 milioni di euro per la percentuale degli aiuti giudicati illegali il cui recupero non è stato ancora effettuato). Come risulta dalla relazione tecnica, l’ammontare teorico dei contributi da recuperare è pari a euro 188.208.477,37. Appare pertanto opportuno che il Governo chiarisca quale sia il monte di aiuti illegittimi che si prevede ragionevolmente di recuperare e secondo quale tempistica, dal momento che, in assenza di recupero, l’INPS sarà obbligato, sulla base della disposizione in esame, a versare nell’esercizio finanziario in corso anche la penalità prevista dalla sentenza della Corte di Giustizia.

Si segnala infine che, sulla base della sentenza, l’Italia è condannata al pagamento anche delle spese processuali. Dal momento che né la disposizione né la relazione tecnica recano alcuna precisazione in merito, appare necessario che il Governo chiarisca quale sia il soggetto obbligato al pagamento e quale sia l’ammontare di questa spesa.

 

ARTICOLO 90

Interventi per favorire l’afflusso di capitale di rischio verso nuove imprese

Normativa vigente: l’articolo 31 del DL  98/2011, al fine di favorire l'accesso al c.d. venture capital e sostenere l’avvio e la crescita di nuove imprese, prevede specifici incentivi a vantaggio dei sottoscrittori di "Fondi di Venture Capital" (FVC) specializzati nelle fasi di avvio delle nuove imprese. In particolare vengono esentati da imposizione i proventi - di cui all’articolo 44, comma 1, lett. g), del Testo unico delle imposte sui redditi - derivanti dalla partecipazione ai FVC.

I fondi di venture capital che possono partecipare al beneficio suddetto sono fondi comuni di investimento armonizzati UE[196] che investono almeno il 75% dei capitali raccolti in società non quotate nella fase di avvio, sperimentazione, costituzione e sviluppo del prodotto.

L’articolo 31 dispone, inoltre, che  le società destinatarie dei fondi di venture capital devono:

-                      non essere quotate;

-                      avere sede legale nel territorio di uno Stato membro dell’Unione Europea (o dello Spazio Economico Europeo), a condizione che abbiano con l’Italia un accordo che consenta un adeguato scambio di informazioni ai fini fiscali;

-                      essere detenute in via prevalente da persone fisiche, sia in forma diretta che indiretta;

-                      essere soggette all’imposta sul reddito delle società (o imposta analoga prevista dalla legislazione locale) senza possibilità di esenzione né totale né parziale;

-                      esercire attività di impresa da non più di 36 mesi;

-                      avere un fatturato non superiore ai 50 milioni di euro (in base all’ultimo bilancio approvato prima dell’investimento del FVC).

Si ricorda che all’articolo 31 del DL  98/2011 sono stati ascritti effetti di minore entrata pari a 7,3 milioni nel 2012, a 19,5 milioni nel 2013 e a 14,3 milioni a decorrere dal 2014.

La norma, modificando l’articolo 31 sopra richiamato, interviene su alcuni dei requisiti ivi stabiliti. In particolare viene previsto che:

§       il beneficio sia riconosciuto anche ai Fondi non armonizzati UE, quindi anche ai fondi chiusi (comma 1, lett. a));

§       tali fondi beneficiari devono avere sede operativa in Italia (mentre in precedenza la sede era consentita in uno Stato membro) e le relative quote od azioni devono essere direttamente detenute, in via prevalente, da persone fisiche (comma 1, lett. b));

§       le quote di investimento oggetto delle misure in esame devono essere inferiori a 2,5 milioni di euro per piccola e media impresa destinataria su un periodo di dodici mesi (comma 1, lett. c)).

Nel corso dell’esame presso il Senato, è stato introdotto un nuovo comma 1-bis, volto ad estendere anche ai crediti erogati dalle società finanziarie i benefici previsti[197] per i crediti concessi a valere sul Fondo di rotazione per la promozione e lo sviluppo della cooperazione (Foncooper)[198]. Si tratta in particolare del riconoscimento - prima limitato ai soli finanziamenti concessi a valere sul Foncooper - del privilegio sugli immobili, sugli impianti e su ogni loro pertinenza, sui macchinari e sugli utensili della cooperativa, comunque destinati al suo funzionamento.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica riferita al testo originario afferma che le modifiche previste dalla norma possono comportare un ampliamento dei potenziali beneficiari del regime agevolato previsto per i fondi di venture capital. In merito agli effetti finanziari, la RT evidenzia che la stima contenuta nella relazione tecnica all’articolo 31 del DL n. 98/2011 è stata effettuata sulla base di dati “macro”:

-             considerando prudenzialmente il totale dei capitali raccolti sul mercato per l’avvio di imprese che presentano profili di forte innovazione tecnologica;

-             ipotizzando un effetto di piena sostituzione a favore dello strumento dei fondi di venture capital, nell’attuale politica di investimento verso le imprese interessate dall’applicazione della disposizione.

Pertanto, la RT stima che la norma in esame non comporti ulteriori effetti finanziari rispetto a quelli già scontati nelle previsioni di bilancio[199].

 

Nella Nota tecnica di risposta alle osservazioni formulate nel corso dell’esame presso il Senato, il Governo ha precisato che in presenza di soggetti IRES non viene utilizzata, in via generale, l’aliquota nominale del 27,5% ai fini della stima degli effetti di gettito, nel caso in cui l’elaborazione avvenga attraverso l’utilizzazione del modello di micro simulazione IRES. Pertanto, nel caso specifico è stata utilizzata un’aliquota media del 25%, alla quale corrisponde una redditività molto elevata, superiore al 90 per cento. Il Governo chiarisce, inoltre, che, per quanto concerne il possibile ampliamento della platea dei fondi interessati, in sede di relazione tecnica originaria in via prudenziale er stato ipotizzato un pieno effetto di sostituzione, stante la maggiore convenienza del nuovo regime. La Nota sottolinea, infine, che la normativa proposta limita la platea delle società destinatarie degli investimenti a quelle aventi sede operativa in Italia e richiede, altresì, che le quote o azioni delle società medesime siano direttamente detenute da persone fisiche, in via prevalente, escludendo pertanto i casi di detenzione indiretta.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento[200], afferma che dalla modifica introdotta non derivano effetti finanziari.

 

Al riguardo si osserva che la norma appare suscettibile di determinare effetti compensativi (in termini di minori e di maggiori entrate) derivanti, da un lato, dall’ampliamento del numero dei potenziali beneficiari del regime agevolato per effetto dell’inclusione dei Fondi non armonizzati UE, dall’altro, dalla riduzione di detto numero, dovuta sia al restringimento dei requisiti territoriali delle società beneficiarie sia all’assetto delle partecipazioni azionarie dei Fondi di venture capital. Le relazioni e le note tecniche non hanno fornito i dati volti a suffragare l’effettiva compensatività di tali misure, sostenendo che le stime iniziali contenute nella RT al decreto legge 98/2011 avevano già considerato, prudenzialmente, il totale dei capitali raccolti sul mercato per l’avvio di imprese ad alta innovazione tecnologica e un effetto di piena sostituzione a favore dello strumento dei fondi di venture capital.

Appare pertanto opportuno acquisire dal Governo dati ed elementi volti a confermare – pure in presenza delle innovazioni introdotte dal testo in esame - la quantificazione degli effetti finanziari a suo tempo ascritti alla norma oggetto della presente modifica (articolo 31 del DL 898/2011).

In relazione alla norma che estende ai crediti erogati dalle società finanziarie in favore delle cooperative il privilegio sugli immobili e su altri beni strumentali, appare necessario che il Governo chiarisca se tale estensione possa pregiudicare il soddisfacimento di crediti vantati dall’Amministrazione finanziaria o da enti comunque rientranti nel perimetro della P.A.

 

 

ARTICOLO 91

Trasferimento all’estero della residenza fiscale dei soggetti che esercitano imprese commerciali

Normativa vigente: l’articolo  166 del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR)[201] prevede  che il trasferimento all'estero della residenza dei soggetti che esercitano imprese commerciali, ove comporti la perdita della residenza ai fini delle imposte sui redditi, sia considerato come realizzo al valore normale dei componenti dell'azienda o del complesso aziendale, a meno che gli stessi non siano confluiti in una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato. La stessa disposizione si applica se successivamente i componenti confluiti nella stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato ne vengano distolti. Si considerano in ogni caso realizzate al valore normale le plusvalenze relative alle stabili organizzazioni all'estero. La ”exit tax” consente dunque allo Stato di partenza di tassare le plusvalenze latenti all'atto del trasferimento all'estero della residenza fiscale di un'impresa (o dei suoi componenti aziendali).

La norma, integra l’articolo 166 del TUIR, che disciplina gli effetti tributari del trasferimento all'estero della residenza dei soggetti che esercitano imprese commerciali.

L’integrazione in esame dispone che i soggetti che trasferiscono la residenza, ai fini delle imposte sul reddito, in Stati appartenenti all’Unione europea ovvero in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo inclusi nella cd. white list[202], con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo sulla reciproca assistenza in materia di riscossione dei crediti tributari comparabile a quella assicurata dalla direttiva 2010/24/UE del Consiglio, in alternativa a quanto stabilito dall’articolo 166, comma 1, del TUIR, possono richiedere la sospensione degli effetti del realizzo dei componenti dell’azienda o del complesso aziendale, in conformità ai principi sanciti dalla sentenza 29 novembre 2011, causa C-371-10, National Grid Indus BV.

Si prevede, inoltre che con apposito decreto del Ministro dell’economia, da emanarsi entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame, siano adottate le disposizioni di attuazione della norma in esame, al fine di individuare, tra l’altro, le fattispecie che determinano la decadenza della sospensione, i criteri di determinazione dell’imposta dovuta e le modalità di versamento.

Si prevede, infine, che le disposizioni in esame si applichino ai trasferimenti effettuati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica sottolinea che l’articolo 166 del TUIR prevede il realizzo al valore normale dei componenti d’azienda e dell’azienda stessa all’atto del trasferimento della residenza all’estero, tranne nell’ipotesi in cui detti componenti confluiscano in una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato, in quanto gli stessi continuano a produrre redditi in Italia. Tale disciplina presenta finalità antielusive, dal momento che intende evitare che il contribuente trasferisca la propria residenza all’estero al fine di “esportare” reddito imponibile verso Stati a minore tassazione.

La RT precisa che la Commissione europea ha aperto una procedura d’infrazione 2010/4141 nei confronti della Repubblica italiana in merito al regime fiscale ex art. 166 relativo al trasferimento di residenza di soggetti esercenti impresa in altro Stato dell’UE e dello Spazio economico Europeo (cd. exit tax ).

Infatti la Commissione è del parere che “l’Italia sia venuta meno agli obblighi che le incombono a norma dell’art. 49 del TFUE e dell’art. 31 dell’Accordo SEE in quanto le plusvalenze latenti sono incluse nella base imponibile dell’esercizio finanziario qualora una società italiana trasferisca la residenza in un altro Stato membro dell’UE o SEE, o qualora una stabile organizzazione cessi le proprie attività in Italia o trasferisca i propri attivi situati in Italia in un altro Stato membro dell’UE o SEE, mentre le plusvalenze latenti risultanti da operazioni effettuate esclusivamente all’interno del territorio nazionale non sono incluse nella predetta base imponibile”.

Anche la relazione illustrativa sottolinea che con la procedura d’infrazione 2010/4141[[203]] viene contestata l’imposizione da parte italiana di un’imposta sulle plusvalenze ancora latenti quando l’impresa italiana trasferisce la propria sede in un altro Stato membro dell’UE.

La RT precisa, quindi che la modifica proposta all’art. 166 del TUIR prevede la possibilità, nei casi di trasferimento di residenza, di vedersi applicata la sospensione dell’imposta a tali plusvalenze.

La RT afferma, infine, che, pur essendo tale sospensione suscettibile di determinare effetti negativi in termini di gettito, si tratta di effetti comunque temporanei e di trascurabile entità, in considerazione della verosimile esiguità del numero delle fattispecie potenzialmente interessate dalla norma.

 

Nella Nota tecnica di risposta alle osservazioni formulate nel corso dell’esame in prima lettura al Senato, il Governo ha confermato la trascurabile entità degli effetti negativi stimati, in considerazione del limitato numero delle fattispecie interessate.

 

Al riguardo appare opportuno che il Governo fornisca una stima della perdita di gettito, indicata nella RT, connessa all’applicazione della norma in esame, tenuto conto, fra l’altro, del valore antielusivo svolto, così come affermato dalla RT, dalla norma oggetto di modifica.

 

ARTICOLO 91-bis

Norme sull’esenzione IMU degli enti non commerciali

La norma, modificando l’articolo 7 del D. Lgs. 504/1992[[204]], stabilisce che sono esenti dall’imposta municipale propria (introdotta in sostituzione dell’ICI) gli immobili degli enti no profit destinati ad utilizzi diversi da quelli commerciali (comma 1).

Per gli immobili in parte utilizzati per finalità commerciali, il regime di esenzione opera in misura parziale e l’IMU è dovuta in riferimento alle aree destinate all’attività commerciale. A tal fine è previsto:

-        l’obbligo per il soggetto passivo di presentare apposita richiesta di attribuzione della rendita catastale (limitatamente all’area destinata ad attività commerciale) ai sensi dell’articolo 2, commi 41, 42 e 44, del decreto legge n 262/2006. La rendita così attribuita produce effetti fiscali a decorrere dal 2013 (comma 2);

-        ove non sia possibile procedere ai sensi di quanto sopra indicato, il soggetto passivo deve presentare apposita dichiarazione attestando la ripartizione proporzionale fra area commerciale e area non commerciale (comma 3).

Viene, quindi, abrogato il comma 2-bis dell’articolo 7, del decreto legge n. 203/2005 ai sensi del quale l’esenzione ICI si intendeva riconosciuta agli enti non commerciali per gli immobili utilizzati per lo svolgimento di attività aventi carattere non esclusivamente commerciale (comma 4)

La norma sull’esenzione ICI degli immobili posseduti dalle ONLUS, dalla Chiesa cattolica e dagli altri enti del settore no profit è stata oggetto di numerose modifiche finalizzate a chiarire il regime di imponibilità (ovvero di esenzione) degli immobili nei quali fosse esercitata anche l’attività commerciale (in via esclusiva, prevalente o non prevalente).

Nel corso dell’esame presso il Senato, il Presidente del Consiglio è intervenuto ed ha chiarito che la norma in esame si interpreta nel senso che l’imposta municipale si applica agli istituti religiosi solo in presenza di finalità commerciali e, pertanto, rientrano nel regime di esenzione IMU le scuole no profit.

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma. 

 

La relazione tecnica allegata al maxiemendamento afferma che l’esenzione IMU opera quando l’attività è svolta esclusivamente con modalità non commerciali.

Per i casi in cui l’immobile abbia utilizzazione mista, l’esenzione è limitata alla frazione di unità nella quale si svolge l’attività di natura non commerciale. A tal fine, dovranno essere aggiornate le risultanze catastali per dare evidenza del diverso utilizzo degli immobili. Qualora non sia possibile operare detta distinzione presso il catasto, l’esenzione si applicherà comunque in proporzione all’utilizzazione non commerciale dell’immobile in base a modalità e procedure che possono essere puntualmente riscontrate e sanzionate nel caso di attestazioni false o mendaci.

In merito ai profili finanziari, la RT afferma che la norma determina effetti positivi di gettito anche in considerazione della circostanza che consente un più efficace contrasto di fenomeni elusivi e di abusi. Tuttavia, prudenzialmente, non vengono ascritti effetti finanziari. Le maggiori entrate accertate a consuntivo potranno essere destinate, per la quota di spettanza statale, all’alleggerimento della pressione fiscale.

 

Al riguardo, in merito all’applicazione della norma nel 2012 per gli immobili parzialmente utilizzati per finalità commerciali, si osserva che in base al testo la rettifica dei dati catastali rileverà a decorrere dal 2013. Andrebbero pertanto precisate le modalità di determinazione dell’imposta dovuta per il 2012 nonché le modalità relative agli eventuali conguagli, positivi o negativi, che potrebbero determinarsi dalla differenza tra il valore autocertificato dal contribuente e quello attribuito, successivamente, in base alle modifiche catastali.

Ulteriori precisazioni appaiono necessarie in merito al coordinamento della norma in esame con quanto disposto dall’articolo 13 del decreto legge n. 201 del 2001. Tale disposizione, infatti, ha introdotto una serie di misure (anticipazione dell’IMU al 2012 con applicazione di un’aliquota ordinaria superiore a quella ICI; inclusione nell’ambito di applicazione anche dell’abitazione principale; incremento dei coefficienti per la determinazione della base imponibile dell’imposta) che determinano un gettito IMU superiore a quello dell’ICI ormai sostituita. Tenuto conto che la medesima norma attribuisce allo Stato il 50% del maggior gettito IMU – al netto di quello relativo alla prima casa – rispetto a quello previsto ai fini ICI, si osserva quanto segue:

        non risulta indicato se il gettito IMU recato dalla norma in esame sia da attribuire interamente ai comuni ovvero rientri nella disposizione generale prevista dal richiamato articolo 13 e determini, per una quota pari al 50%, un effetto positivo per l’Erario;

        in riferimento agli enti locali, la norma – che determina effetti finanziari positivi - andrebbe coordinata con la disciplina del federalismo fiscale, con particolare riferimento alla quota di compartecipazione ai tributi erariali nonché agli effetti perequativi.

 

ARTICOLO 92

Controlli sulle operazioni doganali

La norma, modificando l’articolo 11 del D. Lgs. 374/1990[[205]] introduce una fase di contraddittorio diretta ad assicurare una tutela procedimentale per l'operatore doganale nel caso di revisioni o di controlli eseguiti successivamente all’effettuazione dell’operazione doganale.

Si prevede, in particolare, che dopo la notifica all’operatore interessato (revisione eseguita in ufficio), o dopo il rilascio al medesimo della copia del verbale delle operazioni compiute (nel caso di accessi, ispezioni o verifiche)[206], l’operatore interessato possa comunicare osservazioni e richieste, nel termine di 30 giorni decorrenti dalla data di consegna o di avvenuta ricezione del verbale, che sono valutate dall’Ufficio doganale prima della notifica dell’avviso (comma 1).

Si dispone altresì l’adeguamento dello Statuto del contribuente (legge n. 212 del 2000) alla nuova disciplina (comma 2).

E’ stabilita inoltre una clausola di invarianza finanziaria, in base alla quale dall’attuazione della norma in esame non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le amministrazioni interessate e, in particolare, gli uffici incaricati degli accertamenti doganali e della revisione dei medesimi, provvederanno agli adempimenti derivanti dall’attuazione delle predette disposizioni con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente (comma 3).

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica afferma che sotto il profilo strettamente tributario alla disposizione non si ascrivono effetti sul gettito, in considerazione del tenore eminentemente procedurale della stessa. Anche gli adempimenti previsti dalle disposizioni in esame non determinano oneri aggiuntivi per la finanza pubblica in considerazione del fatto che le amministrazioni interessate provvederanno con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

La relazione illustrativa precisa che la norma, prevedendo un adeguamento della disciplina nazionale di settore al principio sancito dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, del 17 giugno 2010, resa nella causa C-423/08, è volta a sanare la procedura d’infrazione 2005/2117 in materia di riscossione a posteriori e accreditamento delle risorse proprie comunitarie. La relazione afferma che si introduce una tutela procedimentale dell’operatore in caso di controlli eseguiti successivamente all’effettuazione dell’operazione doganale, stabilendo un termine di 30 giorni, in luogo dei 60 attualmente previsti, per l’esercizio del “diritto ad essere ascoltati”[207].

 

La Nota dell’Agenzia delle dogane del 20 febbraio 2012 precisa che la necessità di adeguamento della normativa nazionale al principio del “diritto ad essere ascoltati” trova fondamento, oltre che nel Codice doganale comunitario, anche nel documento di lavoro n. 1705/2009 del 20 gennaio 2009 della Commissione europea. Chiarisce, inoltre, che la riduzione del termine da 60 a 30 giorni per la comunicazione delle osservazioni da parte dell’operatore interessato è conforme alle nuove norme del Codice doganale comunitario in corso di elaborazione.

Nella medesima Nota si precisa che, con la sentenza della Corte di giustizia UE n. 423/08 in relazione alla procedura di infrazione n. 2005/2117, l’Italia è stata condannata per i ritardi nella contabilizzazione e messa a disposizione delle risorse proprie tradizionali (RPT) derivanti dalla prassi di prendere come base per la contabilizzazione delle RPT l’atto di accertamento del credito e non il precedente verbale di constatazione. Tale prassi, basata sulla convinzione di dover attendere il decorso del termine di 60 giorni (previsto dall’articolo 12 dello Statuto del contribuente) e l’emanazione dell’atto di accertamento è stata ora modificata conformemente al principio statuito dalla Corte di giustizia, secondo cui l’Autorità doganale già al momento della stesura del verbale di costatazione - e quindi prima del diritto di essere ascoltati - è nelle condizioni di poter individuare l’entità del debito e l’identità del debitore e, conseguentemente, di poter contabilizzare il proprio credito.

La Nota evidenzia inoltre come la nuova procedura contabile risulti essere in linea con quanto emerso in sede di Comitato consultivo sulle risorse proprie presso la Commissione europea nella seduta del 29 giugno 2010. Nel documento di lavoro conclusivo relativo a tale riunione, la Commissione ha invitato gli Stati membri a provvedere, ai sensi dell’articolo 220 del Codice doganale comunitario[208], alla contabilizzazione nei registri doganali dei diritti calcolati sulla base del documento con il quale per la prima volta viene comunicato al debitore l’importo che si presume dovuto (di regola quindi con il processo verbale di constatazione) e a riconoscere sempre al contribuente il successivo diritto ad essere ascoltati prima di emettere l’invito al pagamento.

Con riferimento all’osservazione del Servizio bilancio del Senato circa la compatibilità del termine di 30 giorni con quelli previsti dal Codice doganale comunitario, la nota precisa che il termine di 14 giorni previsto dall’articolo 70 del Regolamento (CE) n. 450/2008 riguarda la sola registrazione del verbale di constatazione nella contabilità doganale,che dopo la sentenza C-423/08 avviene sulla base del verbale di constatazione, quindi prima dell’esercizio del diritto ad essere ascoltati e comunque indipendentemente da tale diritto.

 

Al riguardo, non si hanno osservazioni da formulare, alla luce degli elementi forniti dalle relazioni allegate e dalla Nota dell’Agenzia delle dogane.

Secondo quanto affermato dalla relazione illustrativa e dalla Nota dell’Agenzia delle dogane, una delle finalità perseguite dalla norma in esame sembrerebbe la riduzione dei tempi per l’adozione dell’atto di accertamento delle imposte da parte dell’Agenzia delle dogane. D’altra parte la Nota della stessa Agenzia precisa che la registrazione nella contabilità doganale degli importi dei dazi all’importazione e all’esportazione avviene sulla base del verbale di constatazione, quindi in un momento antecedente rispetto all’esercizio del contradditorio da parte del contribuente. Tale aspetto non viene modificato dalla norma in esame, che non sembra incidere sui meccanismi di contabilizzazione e di relativa messa a disposizione - da parte dello Stato italiano - dei dazi doganali a favore del bilancio comunitario (e non sembra incidere, conseguentemente, sui possibili meccanismi finanziari da attivare in caso di scostamento tra le somme contabilizzate al momento della stesura del verbale di constatazione e quelle successivamente accertate a seguito dell’esito del procedimento di verifica).

 

ARTICOLO 93

Rivalsa dell’imposta pagata in conseguenza di accertamento o rettifica

La norma, modificando l’articolo 60 del DPR 633/1972[209], introduce la possibilità, per il contribuente che ha ricevuto un accertamento o una rettifica per maggiore IVA dovuta, di rivalersi sul cessionario o committente purché abbia provveduto preventivamente al pagamento del maggiore importo accertato[210]. Il cessionario o committente che riceve l’addebito per rivalsa può esercitare il diritto alla detrazione IVA entro la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui ha corrisposto l’imposta in via di rivalsa.

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica afferma che la disposizione è finalizzata alla chiusura della procedura di infrazione (n. 2011/4081) aperta dalla Commissione europea nei confronti dell’Italia in relazione alla impossibilità, per il contribuente che ha ricevuto l’avviso di accertamento, di rivalersi nei confronti del cessionario.

Ai fini della stima degli effetti finanziari, viene considerata una media di maggiore imposta IVA definita negli anni dal 2008-2010 pari a circa 450 milioni di euro.

Ipotizzando che i due terzi di tale importo (300 milioni di euro) siano riferibili a violazioni relative alla irregolare fatturazione, suscettibili di determinare la successiva rivalsa della maggiore imposta nei confronti dei cessionari o committenti, è possibile stimare:

-        un maggiore impulso alla definizione degli accertamenti emessi dalla data di entrata in vigore della norma. Tale effetto viene valutato in misura pari al 25% di tale importo (75 milioni di euro) di cui metà riscosso non prima del 2013 (pari a circa 37,5 milioni di euro) e la restante parte nel 2014;

-        i soggetti che hanno versato le suddette imposte, procederanno quindi ad addebitare, in via di rivalsa, la maggiore IVA al cessionario o committente il quale eserciterà il diritto alla detrazione.

Pertanto, conclude la RT, viene ripristinato, a regime, il meccanismo di neutralità dell’IVA secondo i principi elaborati dalla Corte di Giustizia europea e le maggiori entrati stimate tenderanno nel tempo a compensarsi. Pertanto prudenzialmente tali entrate non vengono contabilizzate.

 

Al riguardo si evidenzia che la relazione tecnica si limita ad illustrare gli effetti relativi ad una possibile accelerazione di definizione degli accertamenti rispetto ai quali si avrebbe, da un lato, la riscossione di maggiore imposta e, dall’altro lato, la rivalsa nei confronti del cessionario o committente con il relativo recupero mediante il meccanismo della detrazione. Pertanto, a regime, viene valutata la neutralità finanziaria della disposizione.

Si osserva tuttavia che, per gli accertamenti che avrebbero trovato comunque un esito positivo e rispetto ai quali – pertanto - gli incassi si sarebbero realizzati anche nelle condizioni date a normativa previgente, la  disposizione, consentendo l’esercizio della rivalsa e la conseguente detrazione in capo al cessionario o committente, determina un effetto di minor gettito a carico della finanza pubblica. Sul punto appare opportuno acquisire un chiarimento da parte del Governo.

 

ARTICOLO 94

Domanda di sgravio dei diritti doganali

La norma introduce la possibilità di ricorrere alla Commissione tributaria competente nei confronti dei provvedimenti di diniego di rimborso, di sgravio o di non contabilizzazione a posteriori dei dazi doganali adottati dall'autorità doganale nelle ipotesi di cui agli articoli 871 e 905 del regolamento CE n. 2454/1993 in materia di codice doganale comunitario. Si tratta dei casi nei quali lo Stato membro da cui dipende l'Autorità doganale trasmette il caso alla Commissione UE affinché lo stesso sia risolto o trattato in conformità alle procedure comunitarie.

Si dispone, inoltre, che la norma in esame non deve determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica afferma che alla disposizione non si ascrivono effetti finanziari, specificando che la relativa attività giurisdizionale rientra nelle funzioni proprie delle Commissioni tributarie, che la svolgeranno con le risorse disponibili a legislazione vigente.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

ARTICOLO 95

Rendite finanziarie

La norma, novellando in più parti l'articolo 2 del decreto-legge n. 138 del 2011, interviene sulla disciplina che ha introdotto l’aliquota unica (20%) sui redditi relativi alle rendite finanziarie. In particolare, si dispone:

-        l'espunzione del riferimento ai "redditi di capitale ed ai redditi diversi di natura finanziaria" dalla disposizione che esclude le fattispecie ivi previste dall'applicazione dell'aliquota unica del 20% (comma 1, lett. a));

-        la non applicazione dell'aliquota del 20% sugli utili corrisposti ai fondi pensione istituiti in Stati UE ed in Stati aderenti all'accordo sullo spazio economico europeo inclusi nella c.d. white list. Ciò determina l’applicazione della precedente tassazione con l'aliquota ridotta all'11% prevista dal comma 3, secondo periodo, dell'articolo 27 del D.P.R. n. 600 del 1973 (comma 1, lett b));

-        l'applicazione dell'aliquota del 12,5% per i pronti contro termine su titoli pubblici italiani o ad essi equiparati e per i titoli pubblici emessi da stati esteri rientranti nella c.d. white list (comma 1, lett. c));

-        l'abrogazione del comma 9 dell'articolo 7 del decreto-legge n. 323 del 1996, con la conseguente soppressione della norma in base alla quale su interessi, premi ed altri frutti delle obbligazioni e dei titoli similari maturati fino al momento dell'anticipato rimborso, è dovuta dall'emittente una somma pari al 20% qualora il rimborso abbia luogo entro 18 mesi dall'emissione (comma 1, lett. d)).

Alle minori entrate derivanti dal comma 1, lettera c), valutate in 5,5 milioni a decorrere dal 2012, si provvede con quota parte del maggior gettito di spettanza erariale derivante dal comma 4 dell’articolo 35 del presente decreto, recante incremento delle aliquote dell’accisa sull’energia elettrica (comma 2).

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

Minori entrate

Rendite finanziarie (comma.1)

5,5

5,5

5,5

5,5

5,5

5,5

5,5

5,5

5,5

 

La relazione tecnica afferma che le disposizioni contenute nel comma 1, lettere a), b) e d) sono di carattere formale in quanto finalizzate ad evitare dubbi interpretativi.

In particolare, con la lettera b) si evita il crearsi di incertezze riguardanti la tassazione sugli utili percepiti dai fondi pensione esteri istituiti negli Stati membri dell’UE e negli Stati aderenti allo Spazio Economico Europeo inclusi nella c.d. white list. In proposito, prosegue la RT, si chiarisce che non viene modificata l’attuale tassazione che i fondi pensione esteri subiscono nel momento della percezione dei dividendi e, pertanto, non si rilevano effetti di gettito rispetto alla legislazione vigente.

Risulta invece onerosa la norma contenuta nel comma 1, lettera c) che dispone l’equiparazione del trattamento fiscale dei proventi dei pronti contro termine su titoli pubblici, quelli ad essi assimilati e i titoli pubblici emessi da stati esteri compresi nell'elenco dei Paesi inclusi nel D.M. 4 settembre 1996 (c.d. white list) a quello degli interessi ed altri proventi stabilito per tali titoli (soggetti all'aliquota del 12,5%). Infatti, tali operazioni erano state considerate nell’ambito delle attività i cui proventi avrebbero subito, dal 1° gennaio 2012, l’incremento dell’aliquota al 20%.

Ai fini della quantificazione viene utilizzato il gettito relativo al capitolo 1026/19 del Bilancio dello Stato indicato in 13 milioni di euro (dato 2010). Sulla base di informazioni apprese dagli operatori del sottore, la RT stima che circa il 70% delle operazioni in argomento (corrispondente ad un valore imponibile di 72,8 milioni di euro) possa riguardare i titoli pubblici o titoli ad essi equiparati.

La conseguente perdita di gettito risulta pari a: 72,8mln x (20%-12,5%) = 5,5 milioni.

Alle minori entrate si provvede con quota parte del maggior gettito derivante dall’art. 35, comma 4, del presente provvedimento.

La Nota tecnica del Dipartimento delle finanze trasmessa al Senato in data 15 febbraio 2012 ha risposto parzialmente ai rilievi formulati nel corso dell’esame del provvedimento al Senato ed in particolare a quelli riferiti alla quantificazione del minor gettito stimato in relazione al comma 1, lettera c). In proposito, è stato ribadito quanto già affermato nella relazione tecnica, chiarendo che la base imponibile è stata determinata in base alla seguente formula: (13 milioni x 70%)/ 12,5% = 72,8 milioni.

In base a quanto illustrato, la Nota ritiene che la stima sia sufficientemente prudenziale tenuto conto sia dei dati assunti, sia della circostanza che la perdita è stata considerata sulla maggior parte dell’ammontare delle operazioni di pronti contro termine.

 

Al riguardo si osserva che non risulta possibile effettuare una verifica della quantificazione degli oneri relativi alla lettera c) in quanto la relazione tecnica e la successiva nota trasmessa fanno riferimento ad ipotesi basate su dichiarazioni rese dagli operatori e non suffragate da ulteriori evidenze statistiche.

In merito alla lettera b) si rileva che la disposizione, secondo quanto affermato nella relazione tecnica, è volta ad evitare dubbi interpretativi circa l’applicazione dell’art.8, comma 2, del decreto legge n. 138 del 2011. In proposito, andrebbe in primo luogo confermato che la quantificazione riferita alla norma originaria non sconti effetti di maggior gettito relativi alla previsione oggetto di interpretazione autentica con la norma in esame. In secondo luogo, tenuto conto che, trattandosi di norma interpretativa, determina effetti retroattivi, andrebbe valutata l’incidenza gli effetti di eventuali rimborsi che potrebbero essere richiesti da contribuenti che, nel dubbio interpretativo, abbiano applicato la più elevata aliquota al 20%.

Per la copertura dell'onere si rinvia alle osservazioni formulate con riguardo al comma 4 dell'articolo 35.

 

ARTICOLO 96

Residenza degli Organismi di investimento collettivo del risparmio

La norma interviene sull’articolo 73 del D.P.R. n. 917/1986 (TUIR), concernente l’individuazione dei soggetti passivi IRES, al fine di includere nel predetto ambito soggettivo gli Organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) residenti nel territorio dello Stato (comma 1 lettere a) e b)).

Viene inoltre confermato il regime di esenzione dall’imposta sul reddito delle società già previsto nella normativa previgente per gli OICR sottoposti a forme di vigilanza (comma 1, lettera c)).

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica afferma che la disposizione è diretta ad eliminare i dubbi circa l’applicazione delle convenzioni contro le doppie imposizioni, mantenendo il sostanziale regime fiscale vigente. Alla disposizione, pertanto, non si ascrivono effetti.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

ARTICOLO 97

Protezione dell’euro contro le falsificazioni

La norma modifica la disciplina vigente in materia di controllo e vigilanza sulle banconote e sulle monete in Euro.

Le disposizioni, rese necessarie a seguito della revisione della normativa europea in materia di controllo di autenticità ed idoneità delle banconote e delle monete in euro, riguardano, tra l’altro:

-        le modalità di trasmissione di banconote e monete in euro sospette di falsità o non idonee alla circolazione alla Banca d’Italia e all’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato (IPZS);

-        la trasmissione dei relativi dati e informazioni al Ministero dell’Economia e delle Finanze;

-        la competenza della Banca d’Italia e del Centro nazionale di analisi delle monete (Coin National Analysis Centre - CNAC) istituito presso l’IPZS - rispettivamente con riguardo a banconote e monete - per quanto concerne i controlli sui gestori del contante e i test sulle apparecchiature utilizzate dagli stessi per il trattamento di banconote e monete;

-        la facoltà, per la Banca d’Italia, di avvalersi della Guardia di finanza per l’espletamento dei controlli nei confronti dei gestori del contante;

-        il conferimento esclusivo al Ministero dell’Economia e Finanze per l'individuazione delle modalità di attuazione della trasmissione di dati e informazioni relativi al ritiro dalla circolazione di banconote e monete.

Il comma 3 stabilisce che le disposizioni non devono comportare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato e che le Amministrazioni competenti devono provvedere con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica evidenzia, in primo luogo, la neutralità finanziaria delle disposizioni previste dal comma 3.

In particolare, afferma che:

-        la regolamentazione dei gestori del contante nonché l’effettuazione di controlli sugli stessi è effettuato dalla Banca d’Italia e non determina alcun onere a carico del bilancio dello Stato;

-        la facoltà attribuita alla Banca d’Italia di avvalersi, per l’esecuzione dei controlli, della collaborazione della Guardia di Finanza deve avvenire nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali previste a legislazione vigente;

-        il passaggio delle procedure di autenticazione delle monete metalliche dal Ministero dell’economia e finanze al CNAC (sezione della Zecca dello Stato) deve avvenire senza comportare oneri aggiuntivi per il bilancio;

-        in merito alla trasmissione telematica al MEF dei dati e delle informazioni relative ai ritiri ed ai sequestri delle banconote e/o monete sospetti di falsità, la RT evidenzia che il Dipartimento del Tesoro è già dotato di un nuovo applicativo informatico realizzato mediante l’utilizzo di appositi fondi previsti dall’art. 2, comma 154, del decreto legge n. 262/2006 e, pertanto, non determina alcun effetto finanziario aggiuntivo a carico del bilancio dello Stato;

-        le spese di adeguamento delle strutture informatiche degli intermediari abilitati al ritiro delle monete e banconote sospette di falsità, volte ad assicurare il dialogo informatico con il Ministero, sono interamente sostenute dagli stessi intermediari.

 

Al riguardo si osserva che la relazione tecnica si limita ad affermare che le modifiche introdotte non determinano maggiori oneri per il bilancio dello Stato. Andrebbero tuttavia acquisiti dati ed elementi idonei a verificare, ai sensi dell’art. 17 della legge n. 196/2009, se le amministrazioni pubbliche e gli enti interessati siano in grado di svolgere le nuovi funzioni con le risorse disponibili e senza ulteriori oneri.

A titolo esemplificativo, si segnala che andrebbe verificata la effettiva possibilità per la Guardia di finanza di effettuare le verifiche ed i controlli resi necessari dell’applicazione della norma nell’ambito delle risorse umane e finanziarie disponibili.

 


 

 

 

 

PROSPETTO RIEPILOGATIVO degli EFFETTI FINANZIARI

 

(trasmesso dal Ministero dell’economia e delle finanze)

 

Riferito al testo del decreto-legge come risultante

dalle modifiche approvate in prima lettura dal Senato

 

 

 




[1] Si fa riferimento alla seguente documentazione trasmessa dal Ministero dell’economia:

a)      Nota del MEF-Dipartimento delle finanze del 15 febbraio 2012 (risposta alle osservazioni formulate dal Servizio Bilancio del Senato - Nota di lettura n.119 - febbraio 2012);

b)      Nota del MEF-Dipartimento della RGS del 15 febbraio 2012  (risposta alle osservazioni formulate dal Servizio Bilancio del Senato);

c)      Nota dell’Agenzia delle dogane del 20 febbraio 2012 (risposta alle osservazioni formulate dal Servizio Bilancio del Senato, con specifico riferimento agli articoli 60 e 92);

d)      Nota dell’Agenzia del demanio del 20 febbraio 2012 (risposta alle osservazioni formulate dal Servizio Bilancio del Senato, con specifico riferimento all’articolo 66);

e)      Nota del MEF-Ufficio del coordinamento legislativo del 27 febbraio 2012 (emendamenti agli articoli 2 e 55);

f)       Nota del MEF-Ufficio del coordinamento legislativo del 27 febbraio 2012 (emendamento all’articolo 70).

[2] Emendamento 1.900 del Governo (v.  Senato - Assemblea - seduta n. 684 del 1° marzo 2012).

[3] Si tratta dei tribunali e delle corti di appello di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste e Venezia. Le sezioni specializzate in questione sono previste dal decreto legislativo n. 168/2003.

[4] Considerando le città dove le sezioni specializzate già esistono si aggiungono ulteriori sezioni a Trento, Ancona, Perugia, L’Aquila, Campobasso, Catanzaro, Potenza, Cagliari.

[5] Di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002.

[6] Istituito dall'articolo 37, comma 10, del decreto-legge n. 98/2011.

[7] Con l’emendamento 1.900 del Governo.

[8] Che sono semplicemente ridenominate sezioni specializzate in materia d’impresa.

[9] Ai sensi dell'articolo 37, comma 10, del decreto legge n. 98/2011.

[10] Il contributo è raddoppiato rispetto alla legislazione vigente per cui la maggiorazione delle entrate è pari ad ulteriori 450 euro per ciascun procedimento in primo grado e 675 euro per ogni procedimento in secondo grado.

[11] La quota è stabilita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri della giustizia e dell’economia e delle finanze.

[12] Norme per la tutela della concorrenza e del mercato.

[13] Salvo che le informazioni fornite risultino gravemente inesatte, incomplete o non veritiere.

[14] Con proprio regolamento.

[15] La norma prevede, inoltre, che in sede di prima applicazione, per l’anno 2013, il contributo di cui al comma 1, cpv. 7-ter è versato direttamente all’Autorità con le modalità determinate dall’Autorità medesima con propria deliberazione, entro il 30 ottobre 2012. Per gli anni successivi, a decorrere dall’anno 2014, il contributo è versato, entro il 31 luglio di ogni anno, direttamente all’Autorità con le modalità determinate dall’Autorità medesima con propria deliberazione.

[16] Previste dall’articolo 23 della legge n. 576/1982.

[17] Di cui all’articolo 2, comma 38, della legge 1995, n. 481/1995.

[18] Indicate all’articolo 1, comma 6, lettera c), n. 5) della legge n. 249/1997.

[19] Di cui all’articolo 1, comma  67, della legge n. 266/2005, legge finanziaria 2006.

[20] Previsto ai sensi dell’art. 10, comma 7, della legge n. 287/1990.

[21] In virtù dell’art. 10, comma 7-bis, della legge n. 287/1990 che viene contestualmente abrogato.

[22] Dovuta in virtù dell’art. 9, comma 1, del DL n. 207/2008 (Proroga termini 2009), convertito, con modificazioni, dalla legge  n. 14/2009.

[23] Previsto dall'art. 10, comma 7, della legge n. 287/1990, ora modificato dal comma 2 della disposizione in esame.

[24] Attuazione dell'articolo 4, della legge n. 15/2009, in materia di ricorso per l'efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici.

[25] Ai sensi dell’art. 1, comma 1, del D.lgs. n. 198/2009.

[26] Del Ministro della Giustizia di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze.

[27] La previsione in esame è stata inserita nel corso dell’esame presso il Senato.

[28] L’articolo 1 della legge n. 475/1968, modificata dalla norma in esame, prevede che il parametro sia una farmacia ogni 5.000 abitanti nei comuni con popolazione fino a 12.500 abitanti e una farmacia ogni 4.000 abitanti negli altri comuni.

[29] Tale norma non è stata modificata dal Senato.

[30] Si tratta delle farmacie ubicate in comuni con meno di 5.000 abitanti

[31] La norma modifica il comma 1 dell’articolo 32 del decreto-legge n. 201/2011 che limitava tale possibilità ai centri commerciali ricadenti nei comuni con più di 12.500 abitanti.

[32] La norma modifica il comma 1 dell’articolo 70 del decreto legislativo n. 193/2006.

[33] Articolo 11, comma 9, del decreto-legge n. 78/2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122/2010.

[34] Decreto legislativo n. 153/2009.

[35] Di cui all’articolo 4, comma 2, della legge n. 89/1913 (Ordinamento del notariato e degli archivi notarili). Tabella come revisionata da ultimo con i decreti del Ministro della giustizia del 23 dicembre 2009 e del 10 novembre 2011.

[36]Dda adottare entro 120 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame.

[37] Tale concorso deve concludersi con la nomina dei notai entro un anno dalla data di pubblicazione del bando.

[38] Da concludersi con la nomina dei notai entro un anno dalla data di pubblicazione del bando

[39] Cfr.: 5ª Commissione permanente - Resoconto sommario n. 643, del 14 febbraio 2012

[40] In data 15 febbraio 2012.

[41] Di cui all'articolo 7 del decreto legislativo 1° giugno 2011, n. 93.

[42] Di cui all’art. 19 del D.Lgs. n. 93/2011, emanato in attuazione della direttiva 2009/73/CE.

[43] In data 15 febbraio 2012.

[44] Di cui al decreto legislativo n. 164 del 2000.

[45] Valutazione ambientale strategica.

[46] Cfr. l’art. 21, commi 19 e 20 del DL 201/2011.

[47] Cfr. l’art. 21, comma 21 del DL 201/2011.

[48] Il testo fa riferimento ad una relazione pervenuta per le vie brevi.

[49] Ai sensi dell'articolo 20, comma 3, del decreto legge n. 98 del 2011, che prevede che la modulazione delle manovre a carico di ciascun ente tenga conto del suo grado di virtuosità.

[50] Ai sensi dell’art. 119, quinto comma, Cost.

[51] Cfr. la scheda relativa al citato articolo 5-bis.

[52] Decreto legislativo n. 385 del 1993.                          

[53] Si ricorda che l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP) si configura come un'autorità indipendente, dotata di autonomia giuridica, patrimoniale, contabile, organizzativa e gestionale. La provenienza della quasi totalità delle entrate necessarie per far fronte alle spese di funzionamento dell'ISVAP è costituita dal contributo di vigilanza a carico dei soggetti vigilati; le restanti entrate sono formate, principalmente, da interessi attivi sui depositi bancari e dai proventi derivanti dalla gestione patrimoniale. Il bilancio preventivo e il rendiconto finanziario dell'ISVAP sono soggetti al controllo della Corte dei conti.

[54] Nota del 1 marzo 2012, riferita all’emendamento 1.900 del Governo presentato nel corso dell’esame presso il Senato.

[55] Nota del 1 marzo 2012, riferita all’emendamento 1.900 del Governo presentato nel corso dell’esame presso il Senato.

[56] Si stratta in particolare della banca dati sinistri istituita presso l’ISVAP  ai sensi dell’articolo 135 del decreto legislativo n. 209/2005.

[57] Nota del 1 marzo 2012, riferita all’emendamento 1.900 del Governo presentato nel corso dell’esame presso il Senato.

[58] Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122/2010.

[59] Modifica dell’articolo 642 del codice penale.

[60] Nota del 1 marzo 2012, riferita all’emendamento 1.900 del Governo presentato nel corso dell’esame presso il Senato.

[61] “Fraudolento danneggiamento dei beni assicurati e mutilazione fraudolenta della propria persona”.

[62] Le circolare chiarisce che i debiti commerciali sono relativi a forniture di beni e servizi già avvenute, ma per le quali non si sia ancora verificato il pagamento. Essi “sono individuabili prevalentemente – ma non esclusivamente – nell’ambito della categoria economica 2 – consumi intermedi”.

[63] Tale ultima precisazione è stata fornita nella circolare MEF n. 6 del 27 febbraio 2012.

[64] Regolametno recante norme di attuazione delle disposizioni in materia di versamenti in tesoreria previste dall’articolo 24, comma 10, del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241.

[65] A titolo esemplificativo, nel caso della compensazione tale situazione potrebbe verificarsi qualora un credito tributario vantato dal cliente in sede di dichiarazione dei redditi, non sia poi riconosciuto dall’Amministrazione finanziaria a seguito di controlli fiscali eseguiti nei confronti del contribuente.

[66] Cfr. la direttiva del Consiglio 2003/96/CE.

[67] Si ricorda infatti che tali regioni trattengono nel loro territorio la totalità del gettito del tributo erariale in questione, eccezion fatta per la Sardegna e il Friuli-Venezia Giulia che ne trattengono i nove decimi.

[68] Relativa a un decimo del maggior gettito conseguito in Sardegna e in Friuli-Venezia Giulia.

[69] Il prospetto riepilogativo indica gli effetti con riferimento al comma 3, che dispone la modalità di utilizzo a copertura delle risorse in questione, invece che al comma 4, che aumenta il concorso delle RSS alla manovra.

[70] Relativa a un decimo del maggior gettito conseguito in Sardegna e in Friuli-Venezia Giulia.

[71] Cfr. ad esempio la regione Trentino Alto Adige e le province autonome di Trento e Bolzano.

[72] Per i ricordati casi di Sardegna e Friuli-Venezia Giulia, cui competono i 9/10 del gettito.

[73] Cfr. ad esempio la Valle d’Aosta.

[74] Di cui all’articolo 16, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165.

[75] Con decreto dell’organo di vertice politico.

[76] Agli enti inclusi nella tabella B si applica un regime di limitazione delle giacenze liquide detenibili presso il proprio tesoriere, il cui importo non deve essere superiore al 3 per cento dell'ammontare delle entrate previste dal bilancio di competenza; le somme eccedenti sono versate in conti correnti aperti presso la tesoreria centrale dello Stato. Nei conti suddetti affluiscono direttamente gli stanziamenti provenienti dal bilancio dello Stato. Anche in questo caso, i conti sono fruttiferi o infruttiferi a secondo che si tratti o meno di entrate proprie dell’ente o provenienti dallo Stato o da altro ente pubblico.

[77]Il tasso di interesse annuo posticipato da corrispondere sulle somme depositate nelle contabilità speciali fruttifere è stato da ultimo stabilito (a decorrere dal 1° maggio 2011) nella misura dell'1% lordo dall'articolo unico del decreto 13 maggio 2011.

[78]Articolo 45.

[79] Analogo regime è stato esteso alle Università dall’art. 29 della legge 448/1998.

[80] Convertito con modificazioni dalla legge 133/2008.

[81]Ai sensi dell’articolo 77-quater, le somme rivenienti dal gettito dell’IRAP e dell’addizionale regionale all’IRPEF sono accreditate ai tesorieri delle regioni e province autonome entro il quinto giorno lavorativo di ciascun mese (secondo la normativa pre-vigente, solo l’addizionale IRPEF veniva riversata dalla tesoreria centrale ai tesorieri, mentre l’IRAP affluiva ad apposite contabilità speciali infruttifere presso le sezioni delle tesorerie provinciali). Resta confermato, fino alla determinazione definitiva della quota di compartecipazione all’IVA, il sistema di compensazione/riversamento del gettito rispetto all’aliquota standard: le regioni non sono, tuttavia, tenute ad effettuare immediatamente l’eventuale riversamento all’Erario delle somme eccedenti. Per quanto riguarda il regime delle anticipazioni sulle somme loro spettanti in base alle assegnazioni del Fondo sanitario nazionale , il versamento é determinato in relazione all’effettivo gettito dell’IRAP e dell’addizionale regionale all’IRPEF, nonché dei trasferimenti (su contabilità speciali infruttifere) a titolo di compartecipazione IVA (corrisposta nella misura risultante dall’ultimo riparto, al netto delle somme accantonate, da erogare sulla base della verifica degli adempimenti).

[82] Di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282.

[83] Ai sensi del comma 6, lettera b) dell’art. 37 del DL 201/2011.

[84] La RT ipotizzava altresì un aumento dei diritti a carico dei soggetti interessati pari a 0,0171 euro a passeggero. In proposito, si ricorda che la relazione tecnica riferita allo schema di decreto legislativo n. 380, in materia di attuazione della direttiva 2009/12/CE concernente i diritti aeroportuali, stimava prudenzialmente una quota di traffico passeggeri pari a 140.000.000 per il 2011, con introiti corrispondenti a circa 2.394.000 euro.

 

[85] “Riordino del sistema di diffusione della stampa quotidiana e periodica, a norma dell’art. 3, della legge 13 aprile 1999, n. 108”.

[86] Recante norme sul rilascio della carta d'identità da parte dei sindaci.

[87] Per effetto dell’art. 1, comma 1, Tabella 1, n. 15, del DL n. 225/2010 e del DPCM 25 marzo 2011.

[88] Convertito in legge con modificazioni dalla legge  n. 14/2012.

[89] Come modificato dall’art. 50, comma 5 del DL n.78/2010

[90] Di cui all’articolo 4, comma 1, lettera a) del DPR   n. 605/1973.

[91] Cfr.: 5ª Commissione permanente - Resoconto sommario n. 643, del 14 febbraio 2012

[92] In data 15 febbraio 2012.

[93] Di cui agli articoli 9 e 11 del D.Lgs. n. 164/2000.

[94] Ai sensi dell’articolo 161 del Codice dei contratti pubblici.

[95] Ai sensi dell’art. 153, comma 19, tredicesimo, quattordicesimo e quindicesimo periodo del Codice dei contratti pubblici.

[96] Ai sensi dell’articolo 177 del Codice dei contratti pubblici.

[97] Previste dall’articolo 153 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

[98] Di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e dell’economia e delle finanze.

[99] Di cui alla L. 443/2001.

[100] Ai sensi dell'articolo 252 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

[101] O, laddove non istituita, dall'ente competente ovvero dal concessionario dell'area demaniale.

[102] Deve essere predisposto il documento contenente le indicazioni di cui all'articolo 193, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

[103] Non identificati specificatamente dalla stessa relazione.

[104] Con la nota del 15 febbraio 2012 del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, recante protocollo di uscita n. 13491.

[105] Recante norme di attuazione della direttiva in materia di sicurezza per le gallerie della rete stradale trans europea.

[106] Il decreto legislativo n. 267/2000 reca il testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.

[107] Pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta ufficiale 8 aprile 2006, n. 83.

[108] Ai sensi dell' art. 2 della legge 24 novembre 2006, di conversione con modificazioni del decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262.

[109] Ai sensi dell' articolo 2, comma 172, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262.

[110] Decreto legge n. 216/2011.

[111] Nel caso in questione l’AGEA.

[112] Di cui all'articolo 12, comma 3, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.

[113] Si ricorda che l’articolo 1, comma 460, della L. 296/2006 (Legge finanziaria 2007) ha disposto che la società Sviluppo Italia Spa assumesse la denominazione di “Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa”.

[114] Cfr. in proposito, sotto il profilo metodologico, la pubblicazione “Long term contracts between government units and non government partners (Public – private – partnerships)” di Eurostat, dove si raccomanda un’attenta analisi dei profili di incidenza del rischio sui diversi soggetti per evitare che un debito contratto da un soggetto privato per l’acquisito ad esempio di immobili pubblici, possa essere imputato al soggetto pubblico qualora su questo ricada, di fatto, la maggior parte del rischio (incluso, ad esempio, quello inerente il livello effettivo della domanda).

[115] Nel corso dell’esame al Senato, la formulazione della lettera c) è stata modificata a fini di coordinamento.

[116] Come definiti dal D.M. 22 aprile 2008.

[117] Il comma 2-ter è stato sostituito nel corso dell’esame al Senato. La precedente formulazione stabiliva che i medesimi aumenti di cui alla lettera b), registrati nei vari porti, per poter essere accertati, dovevano essere stati realizzati nel loro importo complessivo, anche con riferimento all’intero sistema portuale.

[118] Di cui ai decreti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 5 giugno 2009, nn. 10/09, 11/09 e 12/09.

[119] Tale disposizione prevede il pagamento del prestatore di lavoro accessorio mediante appositi buoni il cui valore nominale è fissato con DM ed è periodicamente aggiornato. Dal punto di vista contributivo, l’utilizzatore della prestazione versa alla gestione dei lavoratori parasubordinati presso l’INPS un importo pari al 13 del per cento del valore del buono e, a fini assicurativi, all’INAIL un importo pari al 7 per cento.

[120] Testo unico delle disposizioni legislative in materia doganali.             

[121] Codice della nautica da diporto.

[122] Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214/2011.

[123] La norma modifica il comma 3 dell’articolo 16 del decreto-legge n. 201/2011.

[124] La RT indica, quale fonte informativa, le principali associazioni di categoria.

[125] La fonte indicata dalla RT è UCINA “La nautica in cifre: analisi del mercato per l’anno 2010”.

[126] Articolo 8, comma 10, della legge 448/1998: “Le maggiori entrate derivanti per effetto delle disposizioni di cui ai commi precedenti sono destinate (…)”.

[127] Ministero delle finanze.

[128] Regolamento recante disciplina dell’agevolazione fiscale a favore degli esercenti le attività di trasporto merci.

[129] Novellando l’articolo 3 del DPR 277/2000.

[130] Di cui all’articolo 4, commi 1 e 2, del DPR 277/2000.

[131] V. sentenza n. 96 del 1° dicembre 2010 - Commissione tributaria regionale di Torino.

[132] Di cui all’articolo 1, comma 280, della legge 296/2006.

[133] Di cui all’articolo 1, comma 271, della legge 296/2006.

[134] Come nel caso del comma 4, primo periodo, si tratta dei seguenti soggetti: esercenti le attività di trasporto merci con veicoli di massa massima complessiva pari o superiore a 7,5 tonnellate; enti pubblici e imprese pubbliche locali esercenti l'attività di trasporto; imprese esercenti autoservizi di competenza pubblica (statale, regionale e locale); enti pubblici e imprese esercenti il trasporto pubblico di persone con mezzi a fune.

[135] Come detto, tale disposizione prevede che il maggior onere sia rimborsato, anche mediante compensazione, a seguito della presentazione di apposita dichiarazione ai competenti uffici dell'Agenzia delle dogane, secondo le modalità e con gli effetti previsti dal regolamento di cui al DPR 277/2000,  sopra richiamato.

[136]  Nota tecnica 15 febbraio 2012, di risposta ai rilievi formulati presso la Commissione bilancio del Senato.

[137] Dagli dati contenuti nella circolare dell’Agenzia delle Dogane 4 gennaio 2012 si desume che la relazione tecnica intende fare riferimento all’aliquota vigente prima del decreto legge 16/2005, il quale – all’articolo 1, comma 9 - aveva portato l’aliquota da 403,21 a 413 euro per mille litri. Pertanto il differenziale di 190 euro utilizzato dalla RT in esame, come parametro per il calcolo degli effetti di cassa, si riferisce non alla normativa vigente prima del DL 201/2011,  ma a quella vigente prima del DL 16/2005.

[138] Comprensivo della variazione in corso di attuazione relativa all’articolo 15 del  DL 201/2011.

[139] Anch’esso comprensivo della variazione in corso di attuazione relativa all’articolo 15 del  DL 201/2011.

[140] Accelerazione che, secondo la RT, si riflette in effetti di cassa pari a 1.054,5 milioni di euro per il 2012.

[141] Articolo 33, comma 10, della legge 183/2011.

[142] Alla norma con cui il limite è stato introdotto per la generalità dei crediti d’imposta (articolo 1, comma 53, della legge 244/2007) erano stati ascritti effetti di riduzione della spesa in conto capitale pari a 404 milioni di euro annui a regime (ai soli fini del fabbisogno e dell’indebitamento), mentre alle due deroghe successivamente introdotte dal medesimo comma 53 (crediti d’imposta per le attività di ricerca industriale di cui all’articolo 1, comma 280, della legge 296/2006 e crediti d’imposta per i nuovi investimenti nelle aree svantaggiate di cui all’articolo 1, comma 271, della legge 296/2006) erano stati ascritti effetti di maggiore spesa in conto capitale pari a 300 milioni di euro annui a regime.  Analogamente, erano stati ascritti effetti di maggiore spesa in conto capitale anche ai commi 54-55 della stessa legge 244/2007, con i quali era stata introdotta un’ulteriore deroga ai limiti di importo previsti dal comma 53. Per la copertura del relativo onere era stata prevista l’istituzione di un apposito Fondo presso il Ministero dell’economia con dotazione di 10 milioni di euro annui a decorrere dal 2008.

[143] In base a tale meccanismo (che è stato applicato, da ultimo, con l’articolo 33, comma 30, della legge 183/2011 e con l’articolo 15 del DL 201/2011), ciascun innalzamento di aliquota richiede un doppio incremento: il primo per garantire l’effetto di gettito prefissato dalla norma, il secondo per compensare la spesa per i rimborsi agli autotrasportatori.

[144] Nel prospetto viene erroneamente indicato l’art. 62-bis, non presente nel provvedimento in esame. La voce in questione appare invece imputabile all’art. 61-bis in esame.

[145] Gli interessi sono disciplinati ai sensi del successivo articolo 5 del D. Lgs. 231/2002, in base al quale vengono determinati in misura pari al saggio d'interesse del principale strumento di rifinanziamento della Banca centrale europea (applicato alla sua più recente operazione di rifinanziamento principale effettuata il primo giorno di calendario del semestre in questione), maggiorato di sette punti percentuali. Tale misura, al netto della maggiorazione di sette punti,  viene comunicata semestralmente dalMinistero dell'economia. Per il semestre 1° gennaio-30 giugno 2012, il Ministero dell'economia (con il comunicato 27 gennaio 2012) ha reso noto che il saggio degli interessi da applicare a favore del creditore nei casi di ritardo nei pagamenti nelle transazioni commerciali è stato fissato all'1% (a cui vanno quindi aggiunte le maggiorazioni – di due e di sette punti - previste dagli articoli 4 e 5 del D. Lgs. 231/2002).

 

[146] Il testo non precisa se si faccia riferimento al saggio di interesse da praticare ai sensi del D. Lgs. 231/2002 (v. la nota precedente).

[147] Di risposta ai rilievi formulati nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio del Senato.

[148] I contratti di filiera e i contratti di distretto sono strumenti di finanziamento di programmi integrati di investimento a carattere interprofessionale: tali aiuti agli investimenti possono assumere la forma di sovvenzioni dirette e di prestiti agevolati.

[149] Con modifica introdotta dall’art. 10, comma 5, del DL 35/2005.

[150] Decreto del Ministro delle politiche agricole 22 novembre 2007 (Gazzetta Ufficiale n. 42 del 19 febbraio 2008).

[151] I cui piani progettuali devono prevedere un ammontare di investimenti ammissibili compreso tra 5 e 50 milioni di euro.

[152] Nel caso di azioni o investimenti concernenti la ricerca, nonché nel caso di aiuti destinati a promuovere la produzione e la commercializzazione di prodotti agricoli di qualità e nel caso delle prestazioni di assistenza tecnica nel settore agricolo, le agevolazioni possono essere concesse fino al 50% degli investimenti ammissibili nella forma di contributo in conto capitale e almeno al 50% degli investimenti ammissibili nella forma di capitale di credito.

[153] Come detto, il finanziamento agevolato è concesso a valere sulle disponibilità del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese, nei limiti della quota e secondo i criteri e le modalità stabiliti dal CIPE.

[154]  Ai sensi dell'art. 17 del D. Lgs. 102/2004.

[155] L'ISMEA è un ente pubblico economico che fornisce servizi informativi, assicurativi e finanziari e costituisce forme di garanzia creditizia e finanziaria per le imprese agricole e le loro forme associate.

[156] ISA è la società finanziaria, con socio unico il Ministero delle politiche agricole, che sostiene progetti di sviluppo agroindustriale che, comportino, come ricaduta indotta, un miglioramento strutturale dei livelli di reddito dei produttori agricoli. La società è stata istituita nell’ottobre 2004 allo scopo di subentrare nelle attività svolte nel settore da Sviluppo Italia.

 

[157] Ferma restando la necessità di chiarimenti sulle nuove condizioni di erogazione delle somme destinate alle agevolazioni in esame.

[158] Al quale fanno riferimento sia la relazione tecnica sia la relazione illustrativa (ma non il testo delle norme in esame).

[159] L’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) è un ente pubblico economico istituito con l'accorpamento dell'Istituto per Studi, Ricerche e Informazioni sul Mercato Agricolo (già ISMEA) e della Cassa per la Formazione della Proprietà Contadina, con decreto legislativo 29 ottobre 1999 n. 419, concernente il riordino del sistema degli enti pubblici nazionali. Nell'ambito delle sue funzioni istituzionali, l'ISMEA, anche attraverso società controllate, realizza servizi informativi, assicurativi e finanziari e costituisce forme di garanzia creditizia e finanziaria per le imprese agricole e le loro forme associate.

[160] L’equivalente sovvenzione lorda (ESL) è l’unità di misura utilizzata per calcolare l’entità dell’aiuto concesso a decorrere dal 1° gennaio 2007. Tale parametro è determinato dalla differenza fra il tasso teorico di riferimento  - dato dalla somma tra il tasso base indicato dalla Commissione con riferimento all’IBOR a un anno e il margine determinato per ciascuna operazione sulla base del rating dell’impresa beneficiaria - e il tasso effettivo applicato alla quota pubblica dell’operazione di finanziamento. Il valore viene poi attualizzato al momento dell’erogazione del prestito sulla base del tasso di attualizzazione fissato dalla Comunicazione della Commissione sui tassi di riferimento.

[161] La Decisione considera che i potenziali beneficiari di tale agevolazione, tra medie, piccole e microimprese, è di oltre 1.000 soggetti (punto 11  della Decisione).

[162] A condizione che l’impianto entri in esercizio entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

[163] Viene comunque fatto salvo quanto disposto dal precedente comma 2, secondo periodo, dell'articolo in esame, il quale prescrive il rispetto di tali disposizioni per gli impianti in corso di realizzazione per i quali è garantito l'accesso agli incentivi.

[164] Nel caso di terreni appartenenti al medesimo proprietario.

[165] Di cui all’ articolo 15, comma 2, del decreto legislativo 102/2004.

[166] Da adottare di concerto con il Ministro dell’economia, anche sulla base dei dati forniti dall’Agenzia del demanio

nonché su segnalazione dei soggetti interessati.

[167] V. l’articolo 4-quinquies del DL 78/2009, sopra richiamato.

[168] Previsto dall’articolo 14, comma 3, della legge n. 441/1998.

[169] Ai sensi del medesimo comma 3 (testo vigente prima della sostituzione in esame) il beneficio è ammesso qualora il locatario sia un coltivatore diretto o un imprenditore agricolo.

[170] Il testo sostituito ammette il beneficio qualora il requisito richiesto sia acquisito entro 12 mesi dalla stipula del contratto di affitto.

[171] Nota del 15 febbraio 2012 - di risposta ai rilievi formulati nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio del Senato.

[172] Nota del 20 febbraio 2012 - di risposta ai rilievi formulati nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio del Senato.

[173] Ai sensi del comma 4-bis in esame.

[174] Si ricorda che nella seduta del 17 novembre 2011 il Presidente del Consiglio aveva ha precisato che «il primo elenco

di cespiti immobiliari da avviare alla dismissione sarà definito nei tempi previsti dalla legge di stabilità, cioè entro il 30 aprile 2012. La lettera di intenti inviata alla Commissione europea prevede proventi di “almeno 5 miliardi all'anno nel prossimo triennio”.  A tale scopo verrà definito un calendario puntuale per i successivi passi del piano di dismissioni e di valorizzazione del patrimonio pubblico». Non è chiaro se tale ammontare di proventi dovrebbe derivare da dismissioni riguardanti esclusivamente i beni immobili o anche i terreni agricoli.

[175] Che per queste parti confermano la disciplina previgente (articolo 7 della legge 183/2011, sopra richiamato).

[176] Si osserva, infatti, che valore agricolo medio non tiene conto di una serie di fattori che possono incidere sul valore venale del bene (caratteristiche di posizione del suolo, valore intrinseco del terreno, eventuali perizie sulla conduzione del fondo etc.).

[177] Articolo 93, comma 8, della legge n. 289/2002; DPCM 4 giugno 2003 (Individuazione delle gestioni fuori bilancio per le quali permangono le caratteristiche proprie dei fondi di rotazione).

 

[178] In particolare, tale articolo prevede che sono privilegiati: 1) le spese giudiziali dovute allo Stato o fatte nell'interesse comune dei creditori per atti conservativi sulla nave o per il processo di esecuzione, i diritti di ancoraggio, di faro, di porto e gli altri diritti e le tasse della medesima specie; le spese di pilotaggio; le spese di custodia e di conservazione della nave dopo l'entrata nell'ultimo porto; 2) i crediti derivanti dal contratto di arruolamento o di lavoro del comandante e degli altri componenti dell'equipaggio; 3) i crediti per le somme anticipate dall'amministrazione della marina mercantile o della navigazione interna ovvero dall'autorità consolare per il mantenimento ed il rimpatrio di componenti dell'equipaggio; i crediti per contributi obbligatori dovuti ad istituti di previdenza e di assistenza sociale per la gente di mare e per il personale della navigazione interna; 4) le indennità e i compensi di assistenza e di salvataggio e le somme dovute per contribuzione della nave alle avarie comuni; 5) le indennità per urto o per altri sinistri della navigazione, e quelle per danni alle opere dei porti, bacini e vie navigabili; le indennità per morte o per lesioni ai passeggeri ed agli equipaggi e quelle per perdite o avarie del carico o del bagaglio; 6) i crediti derivanti da contratti stipulati o da operazioni eseguite in virtù dei suoi poteri legali dal comandante, anche quando sia armatore della nave, per le esigenze della conservazione della nave ovvero per la continuazione del viaggio.

[179] La norma modifica l’articolo 31 del decreto legislativo n. 276/2003.

[180] Che ha dato attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, nonché della direttiva 2006/100/CE che adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle persone a seguito dell'adesione di Bulgaria e Romania

[181] Articolo 39, comma 4-bis, del decreto-legge n. 78/2010, convertito con modificazioni dalla legge n. 122/2010.

[182] Maxiemendamento 1.900 approvato nel corso dell’esame presso il Senato.

[183] Di cui all’articolo 10, comma 1-bis, del decreto-legge n. 39/2009, convertito con modificazioni dalla lette n. 77/2009.

[184] Si ricorda che l'articolo 88, paragrafo 3, del trattato che istituisce la Comunità europea contempla l'obbligo di notificare gli aiuti di Stato alla Commissione europea al fine di stabilirne la compatibilità con il mercato comune sulla base dei criteri dell'articolo 87, paragrafo 1. Il regolamento (CE) n. 1998/2006 prevede una deroga per le sovvenzioni di importo minimo. Esso stabilisce una soglia al di sotto della quale gli aiuti non rientrano più nel campo di applicazione dell'articolo 87, paragrafo 1, e sono pertanto dispensati dalla procedura di notifica di cui all'articolo 88, paragrafo 3.

[185] Nota del 1 marzo 2012, riferita all’emendamento 1.900 del Governo presentato nel corso dell’esame presso il Senato.

[186] Durante l’esame dello schema di decreto legislativo n. 380, nella seduta della V Commissione (Bilancio) del 21 luglio 2011.

[187] Articoli 1, 5, 25, 62, 86.

[188] Dal medesimo articolo 5-bis del decreto-legge in esame.

[189] Decreto legislativo n. 30/2005.

[190] Esame in seconda lettura presso la Camera dei deputati..

[191]  In riferimento alla causa C-496/09.

[192]  In riferimento alla causa C-99/02.

[193] Come risulta dalla relazione illustrativa, si tratta di sgravi contributivi concessi per l’assunzione di lavoratori mediante contratti di formazione lavoro.

[194] Si segnala che, pertanto, mancherebbero da recuperare euro 188.208.477,37.

[195] La norma, invece, prevede il pagamento entro il 25 gennaio 2012, giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame.

[196] Si tratta di fondi e società di investimento a capitale variabile (SICAV) di tipo aperto, costituiti nei paesi dell'Unione europea, che investono prevalentemente in strumenti finanziari quotati (azioni, obbligazioni, ecc.).

[197] Dall'articolo 4, comma 1, della legge 27 febbraio 1985, n. 49.

[198] La legge n. 49 del 1985 ha istituito (presso la Sezione speciale per il credito alla cooperazione costituita presso la Banca nazionale del lavoro) un Fondo di rotazione per la promozione e lo sviluppo della cooperazione denominato Foncooper. Il Foncooper è utilizzato per l'erogazione di prestiti a tasso agevolato per l'attuazione di progetti finalizzati all’aumento della produttività e/o dell’occupazione mediante incremento e/o ammodernamento dei mezzi di produzione e/o dei servizi tecnici, commerciali e amministrativi dell’impresa.

[199] Si ricorda che la RT all’articolo 31 del DL n. 98/2011 scontava un effetto di minore entrata pari a 7,3 milioni di euro nel 2012, 19,5 milioni di euro nel 2013 e 14,3 milioni di euro a decorrere dal 2014.

[200] Nota del 1 marzo 2012, riferita all’emendamento 1.900 del Governo presentato nel corso dell’esame presso il Senato.

[201] DPR n. 917/1986.

[202] Di cui all’articolo 168-bis del DPR n. 917/1986.

[203] Costituzione in mora ex art. 258 TFUE del 24 novembre 2010.

[204] Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell'articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421.

[205] Riordinamento degli istituti doganali e revisione delle procedure di accertamento e controllo in attuazione delle direttive 79/695/CEE e 82/57/CEE (in tema di procedure di immissione in libera pratica delle merci) e delle direttive 81/177/CEE e 82/347/CEE (in tema di procedure di esportazione delle merci comunitarie).

[206] Nel verbale – precisa il testo  - devono essere indicati i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche posti a base delle irregolarità, delle inesattezze o degli errori.

[207] La relazione precisa che il “diritto ad essere ascoltati” è stato codificato dall’articolo 16, comma 4 del Regolamento CE n. 450/2008 (Codice doganale comunitario).

[208] Ora articolo 70 del “Codice doganale comunitario aggiornato” di cui al Regolamento  (CE) n. 450/2008.

[209] Decreto istitutivo dell’imposta sul valore aggiunto (IVA).

[210] La normativa previgente escludeva, in ogni caso, la possibilità di rivalsa.