Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Bilancio dello Stato
Altri Autori: Servizio Commissioni
Titolo: (AC 4612) DL 138/2011 - Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo
Riferimenti:
AC N. 4612/XVI     
Serie: Note di verifica    Numero: 333
Data: 08/09/2011
Descrittori:
DECRETO LEGGE 2011 0138   FINANZA PUBBLICA
POLITICA ECONOMICA     
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione

 


Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

 

 

 

 

Verifica delle quantificazioni

 

 

 

A.C. 4612

 

 

Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo

 

(Conversione in legge del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 - Approvato dal Senato A.S. 2887)

 

 

 

 

 

 

 

N. 333 – 8 settembre 2011

 

 


 

La verifica delle relazioni tecniche che corredano i provvedimenti all'esame della Camera e degli effetti finanziari dei provvedimenti privi di relazione tecnica è curata dal Servizio Bilancio dello Stato.

La verifica delle disposizioni di copertura, evidenziata da apposita cornice, è curata dalla Segreteria della V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione).

L’analisi è svolta a fini istruttori, a supporto delle valutazioni proprie degli organi parlamentari, ed ha lo scopo di segnalare ai deputati, ove ne ricorrano i presupposti, la necessità di acquisire chiarimenti ovvero ulteriori dati e informazioni in merito a specifici aspetti dei testi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SERVIZIO BILANCIO DELLO STATO – Servizio Responsabile

( 066760-2174 / 066760-9455 – * bs_segreteria@camera.it

 

SERVIZIO COMMISSIONI – Segreteria della V Commissione

( 066760-3545 / 066760-3685 – * com_bilancio@camera.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


INDICE

ARTICOLO 1 del disegno di legge di conversione, commi da 2 a 5. 7

Delega per la ridistribuzione sul territorio degli uffici giudiziari7

ARTICOLO 01 e ARTICOLO 1, commi da 01 a 03. 10

Revisione della spesa pubblica  e flessibilità di bilancio.. 10

ARTICOLO 1, commi 1 e 2. 14

Taglio delle spese dei Ministeri14

ARTICOLO 1, commi da 3 a 5. 18

Riduzione delle dotazioni organiche. 18

ARTICOLO 1, comma 6. 20

Riduzione agevolazioni fiscali20

ARTICOLO 1, comma 7. 22

Riduzione della retribuzione di risultato dei dirigenti pubblici22

ARTICOLO 1, commi 8 e 9. 23

Disposizioni in materia di patto di stabilità interno.. 23

ARTICOLO 1, commi 10 e 11. 26

Ampliamento manovrabilità addizionali IRPEF. 26

ARTICOLO 1, comma 12. 28

Possibilità di riduzione, nel 2012, della manovra sulle amministrazioni locali - Imposta provinciale di trascrizione. 28

ARTICOLO 1, commi da 12-bis a 12-quater.. 29

Potenziamento della partecipazione dei comuni all’attività di accertamento.. 29

ARTICOLO 1, comma 13. 30

Trasporto pubblico locale. 30

ARTICOLO 1, comma 14. 32

Disposizioni in materia di commissariamento di enti soggetti alla vigilanza dello Stato   32

ARTICOLO 1, commi 14, ultimo periodo, e 16. 32

Disposizioni relative alla risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici32

ARTICOLO 1, comma 15. 34

Garanzia dello Stato in favore dell’ESM (European Stability Mechanism)34

ARTICOLO 1, comma 17. 35

Trattenimento in servizio dei pubblici dipendenti35

ARTICOLO 1, comma 18. 36

Passaggio di dirigenti ad altro incarico.. 36

ARTICOLO 1, comma 19. 36

Inquadramento del personale trasferito.. 36

ARTICOLO 1, comma 20. 37

Anticipo del graduale aumento dell’età pensionabile per le dipendenti del settore privato   37

ARTICOLO 1, comma 21. 40

Modifica delle decorrenze del pensionamento nel settore della scuola.. 40

ARTICOLO 1, commi 22 e 23. 41

Modifiche al regime della liquidazione dell’indennità di buonuscita.. 41

ARTICOLO 1, comma 23-bis. 44

Deroga blocco del turn over nelle regioni in Piano di rientro.. 44

ARTICOLO 1, comma 24. 45

Data di celebrazione di festività civili45

ARTICOLO 1, comma 25. 45

Dotazione Fondo ISPE. 45

ARTICOLO 1, commi 26-27. 46

Roma capitale. 46

ARTICOLO 1, comma 26-ter.. 49

Copertura finanziaria.. 49

ARTICOLO 1, comma 28. 50

Commissione per la valutazione dei trattamenti economici pubblici50

ARTICOLO 1, comma 28-bis. 51

R.ETE. Imprese Italia.. 51

ARTICOLO 1, comma 29. 52

Luogo e sede di lavoro.. 52

ARTICOLO 1, comma 30. 53

Aspettativa riconosciuta ai componenti di organi elettivi, di Authority e di Agenzie. 53

ARTICOLO 1, comma 31 (norma soppressa)54

Soppressione di enti pubblici non economici54

ARTICOLO 1, comma 32. 56

Modalità di determinazione del TFS nel caso di conferimenti di incarichi dirigenziali56

ARTICOLO 1, comma 33. 57

Livellamento remunerativo Italia-Europa.. 57

ARTICOLO 1 comma 33-bis. 58

Mantenimento in bilancio di somme in conto capitale. 58

ARTICOLO 1-bis. 61

Trattamento economico spettante al personale del Ministero degli affari esteri nel periodo di servizio all’estero.. 61

ARTICOLO 1-ter.. 62

Modifiche in materia di procedura civile. 62

ARTICOLO 2, commi 1 e 2. 63

Contributo di solidarietà.. 63

ARTICOLO 2 commi da 2-bis a 2-quater.. 69

Aumento aliquota IVA.. 69

ARTICOLO 2 comma 3. 70

Maggiori entrate nel settore dei giochi e aumento dell’imposta di consumo sulle sigarette  70

ARTICOLO 2, comma 4. 73

Limitazione nell’uso del contante. 73

ARTICOLO 2, comma 4-bis. 74

Disapplicazione di sanzioni e abrogazione di norme in materia di antiriciclaggio.. 74

ARTICOLO 2, comma 5. 75

Disposizioni in materia di sanzioni75

ARTICOLO 2, commi 5-bis e 5-ter.. 75

Recupero somme condono.. 75

ARTICOLO 2, commi da 6 a 34. 76

Aliquota unica sui redditi di natura finanziaria.. 76

ARTICOLO 2, commi 12-bis e 12-ter.. 91

Utilizzo della detrazione per ristrutturazioni edilizie. 91

ARTICOLO 2, comma 35. 92

Studi di settore. 92

ARTICOLO 2, commi da 35-bis a 35-sexies. 95

Rimodulazione degli importi dovuti a titolo di contributo unificato.. 95

ARTICOLO 2, comma 35-octies. 97

Istituzione di un’imposta di bollo sui trasferimenti di denaro all’estero.. 97

ARTICOLO 2, comma 36. 98

Destinazione maggiori entrate. 98

ARTICOLO 2, commi dal 36-bis a 36-quater.. 99

Riduzione delle agevolazioni previste per le cooperative. 99

ARTICOLO 2 commi da 36-quinquies a 36-novies. 101

Maggiorazione IRES per società di comodo.. 101

ARTICOLO 2 commi da 36-decies a 36-duodecies. 102

Applicazione disciplina delle società di comodo ai soggetti in perdita sistematica.. 102

ARTICOLO 2 commi da 36-terdecies a 36-duodevicies. 106

Beni concessi in godimento ai soci106

ARTICOLO 2, comma 36-undevicies. 109

Implementazione delle comunicazioni all’anagrafe tributaria da parte di operatori finanziari109

ARTICOLO 2, comma 36-vicies. 113

Documentazione e registrazione delle operazioni IVA.. 113

ARTICOLO 2, comma 36-vicies semel.. 114

Inasprimento di sanzioni per i reati di natura tributaria.. 114

ARTICOLO 2, comma 36 - vicies bis. 116

Riduzione di sanzioni per utilizzo di mezzi di pagamento diversi dal contante. 116

ARTICOLO 2, comma 36-vicies ter.. 117

Requisiti dei soggetti autorizzati all’estrazione dei beni da depositi IVA.. 117

ARTICOLO 3, comma 4. 118

Parametri di virtuosità per gli enti locali e le regioni118

ARTICOLO 3, commi da 5 a 11-bis. 118

Disposizioni per l’eliminazione di restrizioni all’esercizio di attività economiche. 118

ARTICOLO 3, comma 12. 120

Dismissione immobili dell’amministrazione della difesa.. 120

ARTICOLO 4, commi 1-12. 123

Liberalizzazione dei servizi pubblici locali123

ARTICOLO 4, commi da 13 a 35. 126

Disposizioni in materia di affidamento diretto dei servizi pubblici locali126

ARTICOLO 5. 127

Norme in materia di società municipalizzate ed eventi calamitosi in Basilicata.. 127

ARTICOLO 5, comma 1-bis. 130

Copertura finanziaria.. 130

ARTICOLO 5-bis. 131

Sviluppo delle regioni dell'obiettivo convergenza e realizzazione del Piano Sud.. 131

ARTICOLO 6. 132

Dichiarazione di inizio attività, SISTRI, DigitPA, contenzioso in materia di “bonus bebè” e dismissioni immobiliari della PA.. 132

ARTICOLO 6-bis. 137

Sistemi informativi relativi a crediti al consumo.. 137

ARTICOLO 6-ter.. 137

Fondo di rotazione per la progettualità.. 137

ARTICOLO 7. 138

Addizionale IRES per le imprese dei settori petrolifero, dell’energia elettrica e del gas  138

ARTICOLO 7-bis. 143

Costi minimi nel settore dell’autotrasporto merci143

ARTICOLO 8. 143

Sostegno alla contrattazione collettiva di prossimità.. 143

ARTICOLO 9. 144

Collocamento obbligatorio e regime delle compensazioni144

ARTICOLO 10. 145

Fondi interprofessionali per la formazione continua.. 145

ARTICOLO 11. 146

Livelli di tutela essenziali per l’attivazione dei tirocini146

ARTICOLO 13. 146

Trattamento economico dei membri degli organi costituzionali, incompatibilità parlamentare, disciplina del referendum... 146

ARTICOLO 14. 148

Riduzione del numero dei consiglieri e assessori regionali e delle loro indennità.. 148

ARTICOLO 15. 150

Soppressione delle province e dimezzamento di consiglieri e assessori provinciali150

ARTICOLO 16. 152

Riduzione dei costi relativi alla rappresentanza politica nei comuni.152

ARTICOLO 17. 156

Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL)156

ARTICOLO 18. 158

Voli in classe economica.. 158

ARTICOLO 19. 159

Copertura finanziaria.. 159

ARTICOLO 19-bis. 160

Modalità applicative del provvedimento per le autonomie speciali160

 


 

PREMESSA

 

Il provvedimento, già approvato dal Senato, dispone la conversione del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo.

È oggetto della presente Nota il testo del provvedimento come risultante dalle modifiche apportate dal Senato a seguito dell’approvazione dell'emendamento 1.900 del Governo, interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge di conversione.

La Nota tiene conto, inoltre, delle rettifiche testuali dell’emendamento 1.900 che sono state comunicate dal rappresentante del Governo all’Assemblea del Senato in sede di esame del medesimo emendamento[1].

Il testo originario è corredato di relazione tecnica e di prospetto riepilogativo degli effetti finanziari. Nel corso dell’esame presso il Senato, il Governo ha trasmesso la relazione tecnica, e il prospetto riepilogativo riferiti alle modifiche contenute nel predetto emendamento 1.900.

Nella presente Nota si dà conto, oltre che della richiamata documentazione, anche delle ulteriori note tecniche, riguardanti gli effetti finanziari trasmesse dal Governo nel corso dell’esame presso la Commissione Bilancio del Senato.

Si esaminano, di seguito, le norme considerate dalle relazioni tecniche, nonché le altre disposizioni che presentano profili di carattere finanziario.

 

VERIFICA DELLE QUANTIFICAZIONI

 

ARTICOLO 1 del disegno di legge di conversione, commi da 2 a 5

Delega per la ridistribuzione sul territorio degli uffici giudiziari

Le norme, introdotte dal Senato[2], delegano il Governo ad emanare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, uno o più decreti legislativi per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari, al fine di realizzare risparmi di spesa e un incremento di efficienza. La delega è attribuita anche ai fini del perseguimento degli obiettivi di razionalizzazione della spesa di cui all’articolo 9 del decreto legge n. 98/2011.

Tale specificazione, che indica la necessità di perseguire gli obiettivi di razionalizzazione della spesa di cui all’articolo 9 da ultimo citato, è conseguenza dell’approvazione del subemendamento X1.0.1000/13 del relatore, che recepisce una richiesta avanzata dalla Ragioneria generale dello Stato in una nota tecnica presentata nel corso dell’esame in 5° Commissione.

Sono fissati i principi ed i criteri direttivi di delega, fra i quali:

Ÿ        la riduzione degli uffici giudiziari di primo grado (comma 2, lettera a);

Ÿ        la ridefinizione dell’assetto territoriale degli uffici giudiziari tenendo conto, fra l’altro, dell’estensione del territori, del numero degli abitanti, dei carichi di lavoro, del tasso di impatto della criminalità (comma 2, lettera b);

Ÿ        la soppressione, ovvero la riduzione, delle sezioni distaccate di tribunale (comma 2, lettera d);

Ÿ        la previsione che i magistrati ed il personale amministrativo entrino di diritto, anche in soprannumero riassorbibile con le successive vacanze, nell’organico dei tribunali e delle procure cui sono trasferite le funzioni delle sedi presso cui prestavano servizio (comma 2, lettera g);

Ÿ        la previsione che l’assegnazione dei magistrati e del personale alla nuova sede in forza della lettera g) non costituisca assegnazione ad altro ufficio giudiziario o destinazione ad altra sede, né costituisca trasferimento (comma 2, lettera h);

Ÿ        la riduzione degli uffici del giudice di pace (comma 2, lettera l);

Ÿ        l’obbligo di neutralità finanziaria ai fini dell’attuazione delle norme in esame (comma 2, lettera q)[3].

Si prevede che sugli schemi di decreto legislativo esprimano un parere non vincolante le Commissioni parlamentari competenti per materia (comma 4).

 

Il prospetto riepilogativo, riferito al testo modificato dal Senato, non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica, riferita al maxiemendamento approvato dal Senato, afferma che le norme prevedono la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al fine di realizzare risparmi di spesa e per introdurre nel sistema elementi di efficienza, anche attraverso la riallocazione ottimale del personale, amministrativo e di magistratura, per sopperire a carenze strutturali dell'organico. Le norme mirano, inoltre, a realizzare virtuose economie di scala, grazie alla specializzazione delle funzioni ed alla concentrazione delle sedi.

La proposta emendativa, secondo la relazione tecnica, prevede:

Ÿ        la riduzione e l'accorpamento degli uffici giudiziari di primo grado, individuati in misura pari al 19,4% del totale degli uffici giudicanti e del 24,8% di quelli requirenti;

Ÿ        la riduzione e l'accorpamento ai tribunali limitrofi del 50% delle sezioni distaccate di tribunale;

Ÿ        la riduzione del 71,9% degli uffici del giudice di pace dislocati in sedi diverse da quelle circondariali.

La riduzione degli uffici comporta, secondo quanto affermato dalla relazione tecnica, complessivi risparmi di spesa valutabili a consuntivo in circa 60 milioni di euro con riferimento alle sole spese di gestione e di funzionamento delle strutture, con esclusione dei costi incomprimibili del personale dell'amministrazione giudiziaria, per il quale è prevista la riallocazione in uffici di maggiore dimensione.

In particolare, i risparmi complessivi derivano:

Ÿ        dai minori contributi ai comuni per le spese di funzionamento degli uffici giudiziari, risparmi stimati sulla base del 90% dei rimborsi erogati annualmente;

Ÿ        dalla riduzione delle altre spese di funzionamento sostenute dall' amministrazione, in misura pari all'10% delle spese totali sostenute per l'apparato giudiziario;

Ÿ        dalla riduzione delle spese del personale proveniente dagli enti locali e comandato presso gli uffici del giudice di pace.

La relazione tecnica evidenzia che, per gli accorpamenti dei soli uffici di procura, il risparmio sul contributo dovuto ai comuni è stimabile in misura pari al 10% del contributo stesso.

La relazione tecnica chiarisce infine che, per motivi prudenziali, i risparmi non vengono considerati nel prospetto riepilogativo degli effetti finanziari in quanto verificabili solo a consuntivo.

Una nota tecnica della Ragioneria generale dello Stato, trasmessa nel corso dell’esame presso il Senato[4], afferma che l’ampia portata del processo di riorganizzazione previsto dalle norme avrebbe dovuto essere valutato alla luce di appositi elementi, volti a delineare l’impatto organizzativo sugli uffici e sul personale del Ministero, nonché a certificare l’assenza di nuovi oneri. La nota ha evidenziato la necessità di inserire, tra i principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega, una clausola di invarianza ed ha proposto, altresì, la riformulazione del comma 1. In sede di esame in Commissione della proposta emendativa del Governo, il relatore ha presentato i subemendamenti X1.0.1000/12 e X1.0.1000/13, con cui sono state accolte le indicazioni contenute nella nota tecnica della Ragioneria.

 

Al riguardo si osserva che le norme in esame appaiono idonee a conseguire, a regime, risparmi di spesa. Considerata, tuttavia, l’entità degli interventi di riorganizzazione degli uffici che si prevede di realizzare, appare ipotizzabile che, in sede di prima applicazione e nel breve periodo, possano determinarsi maggiori oneri per spese di funzionamento. Su tali aspetti si segnala l’opportunità di acquisire la valutazione del Governo.

In sostanza l’avvio del processo di riorganizzazione potrebbe comportare un aggravio delle spese di funzionamento negli uffici di destinazione, mentre contestualmente non verrebbero immediatamente meno le spese sostenute per le sedi oggetto di soppressione. A titolo esemplificativo si rileva, infatti, che:

-          alcune spese delle sedi soppresse continuerebbero a essere comunque sostenute (locazioni e contratti di fornitura a carattere pluriennale);

-          occorrerebbe provvedere al trasferimento fisico del materiale di lavoro da alcune sedi ad altre;

-          gli uffici delle sedi il cui organico si amplia potrebbero non disporre dei locali e di parte delle attrezzature necessari al personale trasferito.

 

 

DECRETO LEGGE n. 138 del 2011

 

ARTICOLO 01 e ARTICOLO 1, commi da 01 a 03

Revisione della spesa pubblica  e flessibilità di bilancio

La norma, oggetto del nuovo articolo 01, prevede che il Ministro dell’economia, d’intesa con i Ministeri interessati, presenti al Parlamento entro il 30 novembre 2011 un programma di riorganizzazione della spesa pubblica che preveda, tra l’altro, l’integrazione operativa delle agenzie fiscali, la razionalizzazione delle strutture periferiche dell’amministrazione dello Stato, l’accorpamento degli enti previdenziali pubblici, la razionalizzazione dell’organizzazione giudiziaria, amministrativa, militare, tributaria, nonché di quella consolare e diplomatica. Con la risoluzione di approvazione del DEF 2012 sono indicati i disegni di legge collegati con cui il Governo è delegato ad attuare tale riorganizzazione degli apparati. Il programma individua le criticità nella produzione ed erogazione dei servizi pubblici e le possibili strategie di miglioramento dei risultati ottenibili con le risorse stanziate (commi 1-3 dell’articolo 01).

Per garantire l’uso efficiente di tali risorse, a partire dal 2012, avrà inizio una “spending review” diretta a definire i costi standard dei programmi di spesa delle amministrazioni centrali dello Stato, prevedendosi specifiche metodologie per quelle periferiche (comma 4 dell’articolo 01).

 

Nel corso dell’iter al Senato sono stati, inoltre, premessi i seguenti commi all’articolo 1,che prevedono una progressiva riduzione della spesa corrente al netto degli interessi delle Amministrazioni centrali.

Nei limiti delle risorse che si rendano disponibili in base al processo di riorganizzazione e razionalizzazione di cui all’articolo 01 si prevede, negli anni 2012 e 2013, una riduzione per le missioni di spesa dei Ministeri, rispetto alla dotazione definitiva 2010, rispettivamente, fino all’1 per cento in ciascun anno per le spese di funzionamento, all’1,5 per cento per gli interventi e allo 0,5 per cento per gli oneri comuni di parte corrente e capitale.

Per il triennio 2014-2016, viene posto un tetto alla crescita della spesa primaria del bilancio dello Stato: rispetto ai valori registrati a consuntivo nell’esercizio precedente, la spesa potrà crescere in misura non superiore  al 50 per cento  della variazione indicata per il PIL nominale dal Documento di economia e finanza (comma 01 dell’articolo 1).

 

La norma di cui al comma 02, sostitutiva del comma 14 dell’articolo 10 del DL 98/2011, dispone che, in deroga alle norme in materia di flessibilità previste dall’articolo 23 della legge 196/2009, limitatamente al quinquennio 2012-2016, possono essere rimodulate le dotazioni finanziarie di ciascuno stato di previsione, con riferimento alle spese sia rimodulabili e non rimodulabili.

Le variazioni di bilancio non devono pregiudicare il conseguimento delle finalità cui le norme sostanziali sono dirette e devono essere contenute nel limite del 20 per cento delle risorse in caso di spese definite per fattore legislativo e del 5 per cento per gli oneri inderogabili. Resta precluso l’utilizzo degli stanziamenti di spesa in conto capitale per finanziare oneri correnti. Gli schemi dei decreti di variazione sono trasmessi alle Commissioni parlamentari. Decorso il termine di 15 giorni senza che le Commissioni abbiano espresso tale parere, i decreti possono essere adottati.

L’articolo 21, comma 5, della legge n. 196/2009 dispone che, nell'ambito di ciascun programma, le spese si ripartiscono in spese non rimodulabili (lett a) e rimodulabili (lett b).

Le spese non rimodulabili sono quelle per le quali l'amministrazione non ha la possibilità di esercitare un effettivo controllo, in via amministrativa, sulle variabili che concorrono alla loro formazione, allocazione e quantificazione. Esse corrispondono alle spese definite «oneri inderogabili», in quanto vincolate a particolari meccanismi o parametri che regolano la loro evoluzione, determinati sia da leggi sia da altri atti normativi. Rientrano tra gli oneri inderogabili le cosiddette spese obbligatorie, ossia quelle relative al pagamento di stipendi, assegni, pensioni e altre spese fisse, le spese per interessi passivi, quelle derivanti da obblighi comunitari e internazionali, le spese per ammortamento di mutui, nonché quelle così identificate per espressa disposizione normativa (comma 6).

Secondo quanto disposto dal comma 7 dell’articolo 21, le spese rimodulabili si dividono in:

- spese di adeguamento al fabbisogno, ossia spese non predeterminate legislativamente che sono quantificate tenendo conto delle esigenze delle amministrazioni.

- fattori legislativi, ossia le spese autorizzate da espressa disposizione legislativa che ne determina l'importo, considerato quale limite massimo di spesa, e il periodo di iscrizione in bilancio. Esse possono essere sono rimodulabili ai sensi dell'articolo 23, comma 3, all'interno di un programma o tra programmi di ciascuna missione, nel rispetto dei saldi di finanza pubblica. Resta precluso l'utilizzo degli stanziamenti di conto capitale per finanziare spese correnti. In apposito allegato allo stato di previsione della spesa sono indicate le autorizzazioni legislative di cui si propone la modifica e il corrispondente importo.

 

Il prospetto riepilogativo, riferito al testo modificato dal Senato, non considera la norma.

 

La relazione tecnica rileva che la disposizione prevede che il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con i Ministeri interessati, presenti al Parlamento entro il 30 novembre 2011 un piano di riorganizzazione della spesa pubblica. Tale piano conterrà le linee guida di riorganizzazione e di snellimento della struttura dell’amministrazione dello Stato. Il programma potrà fornire indicazioni per integrare l’operatività delle agenzie fiscali, per razionalizzare le strutture periferiche dello Stato, per migliorare il coordinamento delle attività delle forze dell’ordine, per accorpare gli enti della previdenza pubblica, per razionalizzare l’organizzazione giudiziaria civile, penale, amministrativa, militare e tributaria, nonché per riorganizzare la rete consolare e diplomatica. Le riorganizzazioni delineate nel programma saranno tradotte in norme di delega al Governo contenute nei disegni di legge collegati alla manovra finanziaria per il triennio 2013-2015. Le attività previste nel piano verranno sostenute anche attraverso un ciclo di «spending review» mirata alla definizione dei fabbisogni dei programmi di spesa delle amministrazioni centrali dello Stato. Saranno, inoltre, definite specifiche metodologie per quantificare i costi per le amministrazioni periferiche dello Stato.  Ciò per meglio definire l’allocazione efficiente delle risorse in bilancio.

Nella misura in cui dalla progressiva riorganizzazione dell’amministrazione si rendessero disponibili risorse finanziarie, si potrà procedere alla riduzione delle spese di funzionamento, interventi e oneri comuni, relative alle missioni di spesa di ciascun Ministero per gli anni 2012 e 2013.   

Per gli anni 2014, 2015 e 2016 la spesa primaria del bilancio dello Stato potrà aumentare in termini nominali, ciascun anno, rispetto alla spesa corrispondente registrata nel rendiconto dell’anno precedente, di una percentuale non superiore al 50 per cento dell’incremento del PIL previsto dal Documento di economia e di finanza di cui all’articolo 10 della legge n. 196 del 2009, come approvato nella apposita risoluzione parlamentare.

La norma prevede poi al comma successivo un ampliamento dei margini di flessibilità in deroga alle norme in materia, di cui all’articolo 23 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, limitatamente al quinquennio 2012-2016, nel rispetto dell’invarianza dei saldi di finanza pubblica.

I risparmi derivanti dalla norma potranno essere verificati solo a consuntivo. Resta fermo l’effetto rafforzativo della disposizione finalizzata a individuare risparmi aggiuntivi per i Ministeri rispetto a quelli previsti dal decreto legge originario.

 

Al riguardo, con riferimento all’articolo 01, rilevato che alle disposizioni in esame non sono imputati effetti finanziari, si osserva che le norme di delega oggetto dei provvedimenti collegati ed i relativi decreti di attuazione dovranno puntualmente dimostrare gli effetti complessivi di tale riorganizzazione, sia in termini dei costi ad essa associati che dei risparmi derivanti dalla razionalizzazione e dall’applicazione del regime dei costi standard.

Con riferimento al comma 01 dell’articolo 1, si rileva il carattere programmatico della norma diretta a recepire, dal 2014, la regola sulla dinamica della spesa delle Amministrazioni pubbliche prevista dalle proposte di regolamento della Commissione europea. Andrebbe, tuttavia, chiarito in quale modo le misure in esame si coordinino con i tagli alle dotazioni dei Ministeri e, più in generale, con le riduzioni di spesa delle Amministrazioni centrali disposte con il decreto n. 138 nonché con le analoghe misure previste dal decreto legge n. 98/2011 e dalle precedenti manovre di finanza pubblica. Secondo quanto precisato dalla RT, infatti, la prevista riduzione delle spese per funzionamento, interventi e oneri comuni dovrebbe intendersi come aggiuntiva rispetto a quella risultante dai predetti tagli.

Con riferimento al comma 02 dell’articolo 1, sostitutivo del comma 14 dell’articolo 10 del DL 98/2011, si rileva come la disposizione in esame faccia riferimento al quinquennio 2012-2016, ad un orizzonte temporale quindi più ampio rispetto a quello triennale preso di norma in considerazione sia dal bilancio dello Stato che dagli stessi documenti di finanza pubblica.

A differenza di quanto previsto dal DL 98, le rimodulazioni possono riguardare, in misura non superiore al 5 per cento, anche le spese classificate tra quelle “non rimodulabili” ai sensi dell’articolo 21, comma 6, della legge 196/2009, per le quali l’Amministrazione “non ha la possibilità di esercitare un effettivo controllo sulle variabili che concorrono alla loro formazione, allocazione e quantificazione”.

Non viene, inoltre, specificato per tali variazioni e per quelle, fino al 20 per cento delle risorse stanziate, riguardanti le spese rimodulabili (articolo 21, comma 7, della legge 196/2009) se esse debbano essere di carattere compensativo e se debbano intendersi tra programmi all’interno della medesima missione o anche tra missioni.

Su tali aspetti appare opportuno un chiarimento da parte del Governo.

Va, infine, segnalato che, a differenza di quanto previsto dal comma 14 dell’articolo 10 del DL 98/2011, la norma in esame non prevede che, qualora le Commissioni parlamentari non si siamo pronunciate nei termini e il Parlamento non approvi le corrispondenti variazioni in sede di disegno di legge di assestamento, i decreti che le dispongono perdano efficacia fin dall’inizio.

 

ARTICOLO 1, commi 1 e 2

Taglio delle spese dei Ministeri

Le norme, modificate nel corso dell’esame presso il Senato, dispongono, per gli anni 2012 e 2013, un’ulteriore riduzione delle spese delle amministrazioni centrali dello Stato che si aggiunge a quella già apportata con il decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, e dettagliata nell’allegato C al decreto stesso. L’ulteriore riduzione è pari, in termini di indebitamento netto, a 6 miliardi di euro per l'anno 2012 e a 2,5 miliardi di euro per l'anno 2013.

A differenza di quanto previsto con il decreto-legge n. 98/2011, il testo in esame non specifica direttamente in apposito allegato la ripartizione tra i diversi ministeri dei tagli di spesa, né prende in considerazione l'ammontare della riduzione in termini di saldo netto da finanziare. Conseguentemente è stata prevista l'emanazione, entro il 25 settembre 2011, di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che fissi:

Ÿ        la ripartizione della riduzione di spesa tra i Ministeri;

Ÿ        i corrispondenti importi relativi alla voce “saldo netto da finanziare”.

Con l’approvazione dell’emendamento 1.1000 del Governo è stata soppressa la norma che prevedeva la possibilità di ridurre il taglio di 6.000 milioni di euro disposto per il 2012 in misura non superiore al 50 per cento del gettito derivante dall’articolo 7, comma 6, del testo in esame (maggiori entrate, pari – per il 2012 - a 1,8 miliardi di euro per un aumento dell’addizionale IRES applicata alle società operanti nel settore energetico). 

Tale modifica è stata poi recepita nel maxiemendamento 1.900 del  Governo, approvato dall’Assemblea del Senato. In ordine alla contabilizzazione dei relativi effetti finanziari, si rinvia a quanto osservato nella successiva scheda riferita all’articolo 7.

Si modifica, infine, l’articolo 10, comma 1, del decreto-legge n. 98/2011, al fine di eliminare per l’anno 2012, dal novero delle voci di spesa escluse dai tagli, il Fondo per le aree sottoutilizzate. Una modifica approvata dal Senato[5] ha stabilito che i Ministri, qualora intendano rimodulare le riduzioni dei propri stanziamenti fissate, in prima battuta, dal Ministro dell’economia e delle finanze, non possano comunque incidere sulle risorse destinate alla programmazione regionale nell'ambito del Fondo delle aree sottoutilizzate.

 

Il prospetto riepilogativo, riferito al testo iniziale del provvedimento, ascrive alle norme i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

Minori spese correnti/ conto capitale

6.000

2.500

 

6.000

2.500

 

6.000

2.500

 

 

 

La relazione tecnica, riferita al testo originario, afferma che la norma è volta a rafforzare, relativamente agli anni del biennio 2012-2013, gli effetti in termini di indebitamento netto già disposti dall’articolo 10, comma 2, del decreto-legge 98/2011. In particolare, si prevede l’incremento - per 6 e 2,5 mld di euro rispettivamente per gli anni 2012 e 2013 in termini di indebitamento netto - degli obiettivi di riduzione di spesa che i Ministeri dovranno proporre in sede di predisposizione del disegno di legge di stabilità per il triennio 2012 - 2014.

Dall’applicazione della norma restano esclusi interventi già indicati al comma 1 dell’articolo 10 del decreto legge n. 98/2011, quali il Fondo per il finanziamento ordinario delle università, le risorse destinate alla ricerca, all’istruzione scolastica e al finanziamento del cinque per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, il Fondo Unico per lo Spettacolo e le risorse destinate alla manutenzione ed alla conservazione dei beni culturali.

La relazione tecnica precisa poi che gli effetti in termini di saldo netto da finanziare vengono considerati in misura equivalente a quelli di indebitamento netto. La stessa precisa, altresì, che in sede di individuazione degli obiettivi di riduzione di spesa da parte dei Ministeri si terrà necessariamente conto della corrispondente spendibilità delle risorse;

pertanto, l’importo di riduzione in termini di saldo netto potrà risultare più elevato rispetto a quello di indebitamento netto, tenuto conto dei coefficienti di spendibilità degli stanziamenti di competenza, che determinano un rapporto complessivo tra saldo netto e

indebitamento mediamente pari a circa 1,3-1,4.

I risparmi richiesti ai ministeri per il 2012 (6.000 milioni) possono essere ridotti in relazione al maggior gettito atteso dalla cd. “Robin tax” e, in particolare, di un importo fino al 50 per cento delle maggiori entrate previste dall’articolo 7 del presente decreto (1,8 miliardi di euro, nel testo originario del decreto legge).

Come in precedenza segnalato si ricorda che, a seguito dell’approvazione dell’emendamento 1.1000, tale ultima norma è stata soppressa. 

 

Al riguardo, si osserva che la relazione tecnica non contiene indicazioni che consentano di accertare l’incidenza delle riduzioni di spesa sulle singole amministrazioni interessate né elementi di valutazione riferiti alla sostenibilità dei tagli in relazione alle specifiche esigenze e ai compiti amministrativi demandati a ciascun settore. Si evidenzia pertanto la necessità di disporre di elementi, anche quantitativi, di valutazione a tale riguardo, considerando peraltro che, a seguito delle modifiche introdotte dal Senato, parte delle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate non può essere oggetto di riduzione di spesa a decorrere dall’anno 2013.

In particolare, ai fini della verifica della fattibilità delle riduzioni, appaiono necessarie indicazioni circa l’entità delle risorse disponibili presso ciascuna amministrazione interessata, tenendo conto anche dei tagli previsti dalla precedente normativa in materia. Per valutare la quota delle risorse potenzialmente riducibili occorrerà verificare inoltre l’incidenza, sul complesso delle previsioni di spesa, di quelle caratterizzate da fattori di rigidità, che non ne consentono una rideterminazione mediante atti di valenza amministrativa ovvero che prescindano dalla revisione della disciplina sottostante la definizione dei singoli stanziamenti.

 Si ricorda che, ai sensi dell’art. 21, comma 6, della legge n. 196/2009, sono “spese non rimodulabili”  quelle per le quali l'amministrazione non ha la possibilità di esercitare un effettivo controllo, in via amministrativa, sulle variabili che concorrono alla loro formazione, allocazione e quantificazione. Esse corrispondono alle spese definite «oneri inderogabili», in quanto vincolate a particolari meccanismi o parametri che regolano la loro evoluzione, determinati sia da leggi sia da altri atti normativi. Sulla base della norma interpretativa dettata dall’art. 10, comma 15, del D.L. n. 98/2011 (legge n. 111/2011), nell'ambito degli oneri inderogabili rientrano esclusivamente le spese cosiddette obbligatorie, ossia le spese relative al pagamento di stipendi, assegni, pensioni e altre spese fisse, le spese per interessi passivi, le spese derivanti da obblighi comunitari e internazionali, le spese per ammortamento di mutui, nonché quelle vincolate a particolari meccanismi o parametri, determinati da leggi che regolano la loro evoluzione.

La relazione tecnica afferma inoltre che la riduzione in termini di saldo netto da finanziare potrà risultare più elevata rispetto a quella in termini di indebitamento netto, tenuto conto dei coefficienti di spendibilità degli stanziamenti di competenza, che determinano un rapporto complessivo tra saldo netto e saldo di indebitamento mediamente pari a circa 1,3-1,4.

Sulla base di tale parametro pertanto la riduzione sul saldo netto da finanziare dovrebbe risultare di circa il 30 per cento più elevata del taglio determinato dalla norma in termini di indebitamento netto. Andrebbe tuttavia chiarito come sia stato ottenuto il predetto valore medio, atteso che il rapporto tra gli effetti ascrivibili sui due diversi saldi dipende dalla distribuzione effettiva dei tagli tra le diverse, specifiche categorie di spesa, mentre sulla base delle disposizioni e dei documenti allegati non è possibile desumere né tali elementi né la ripartizione tra spesa corrente e spesa in conto capitale.

Premessa l’opportunità di chiarimenti in proposito, si rileva che la scelta di non incorporare il predetto rapporto medio nel computo degli effetti ascritti alla norma in termini di saldo netto da finanziare potrebbe rispondere a ragioni di prudenzialità.

Tali effetti sono infatti contabilizzati in misura identica a quella prevista ai fini del fabbisogno e dell’indebitamento (6 mld per il 2012 e 2,5 mld per il 2013), mentre, tenendo conto del predetto rapporto, si sarebbero potuti scontare, nel prospetto riepilogativo degli effetti finanziari (allegato 3), minori spese per 7,8 miliardi per il 2012 e 3,25 miliardi per il 2013 in termini di saldo netto da finanziare.

Più in generale, si rileva che la mancanza di elementi che consentano una più puntuale definizione dell’impatto della norma in termini di saldo netto da finanziare comporta che l’equilibrio degli effetti ascrivibili ai tagli in esame rispetto ai tre saldi di finanza pubblica potrà essere valutato soltanto nel quadro del procedimento di adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dal comma in esame, ossia in una sede diversa dal procedimento di verifica parlamentare delle quantificazioni.

Infine, considerato che l’intervento in esame segue una serie di altri interventi di analoga natura approvati nel corso degli ultimi anni, si ritiene opportuno valutare se l’incertezza circa l’effettiva entità, nel tempo, degli stanziamenti riferiti a spese rimodulabili possa determinare problemi di gestione finanziaria con eventuali riflessi sull’azione amministrativa. Si rileva, infatti, che la programmazione finanziaria e le attività di razionalizzazione degli acquisti sono influenzate, in termini di efficienza e di efficacia, dall’esistenza di elementi di ragionevole certezza riguardo alle effettive disponibilità finanziarie, con riferimento ad un ambito temporale pluriennale.

In ordine agli aspetti evidenziati, andrebbe acquisito l’avviso del Governo.

 

ARTICOLO 1, commi da 3 a 5

Riduzione delle dotazioni organiche

Normativa previgente: l’art. 74 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 ha stabilito, fra l’altro, che alcune amministrazioni statali e varie categorie di enti pubblici nazionali dovessero ridurre il numero degli uffici dirigenziali (del 20 per cento per quelli di livello generale e del 15 per cento per quelli di livello non dirigenziale) e rideterminare le dotazioni organiche del personale non dirigenziale, apportando una riduzione non inferiore al 10% della spesa complessiva relativa al numero dei posti di organico di tale personale.

Successivamente, l'art. 2, comma 8-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194 ha disposto, nei confronti delle medesime amministrazioni interessate dall'art. 74 del decreto-legge n. 112/2008, un’ulteriore riduzione degli assetti organizzativi delle amministrazioni pubbliche, consistente in una riduzione degli uffici dirigenziali di livello non generale e delle relative dotazioni organiche, in misura non inferiore al 10 per cento, e nella rideterminazione delle dotazioni organiche del personale non dirigenziale in misura non inferiore al 10 per cento della spesa complessiva relativa al numero dei posti di organico di tale personale, quale risultante dall’applicazione dell’art. 74 del decreto-legge 112/2008.

 

Le norme stabiliscono che le amministrazioni indicate nell’articolo 74, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112:

Ÿ        apportino, entro il 31 marzo 2012, un’ulteriore riduzione degli uffici dirigenziali di livello non generale, e delle relative dotazioni organiche, in misura non inferiore al 10 per cento (comma 3, lettera a);

Ÿ        rideterminino le dotazioni organiche del personale non dirigenziale, ad esclusione di quelle degli enti di ricerca, apportando una ulteriore riduzione non inferiore al 10 per cento della spesa complessiva relativa al numero dei posti di organico di tale personale risultante a seguito dell’applicazione del predetto articolo 2, comma 8-bis, del decreto. La riduzione delle dotazioni organiche del personale non dirigenziale non deve essere disposta dagli enti di ricerca (comma 3, lettera b).

Le riduzioni devono essere disposte con riferimento alle dotazioni organiche risultanti in esito all’applicazione del comma 1 dell’articolo 74 del decreto legge n. 112/2008 e del comma 8-bis dell’articolo 2, del decreto legge 30 dicembre 2009, n. 194, sopra illustrati.

Le amministrazioni che non applicano quanto previsto dal comma 3 entro il 31 marzo 2012 sono assoggettate, a decorrere dalla medesima data, al divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsiasi contratto.

Il divieto non si applica agli incarichi conferiti ai sensi dell’articolo 19, commi 5-bis e 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 ossia attribuiti a soggetti non appartenenti ai ruoli dell’amministrazione che conferisce l’incarico.

Fino all’emanazione dei provvedimenti di cui alle norme in esame le dotazioni organiche sono provvisoriamente individuate in misura pari ai posti coperti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge in esame (comma 4).

Sono fatte salve le procedure concorsuali e di mobilità nonché di conferimento di incarichi ai sensi dell’articolo 19, commi 5-bis e 6, del decreto legislativo n. 165/2001, avviate alla predetta data.

Sono inoltre espressamente indicate alcune Amministrazioni e categorie di personale cui le norme in esame non si applicano (comma 5).

Si tratta del personale amministrativo operante presso gli uffici giudiziari, della Presidenza del Consiglio, delle Autorità di bacino di rilievo nazionale, del Corpo della polizia penitenziaria, dei magistrati, dell’Agenzia italiana del farmaco, nei limiti consentiti dalla normativa vigente nonché delle strutture del comparto sicurezza, delle Forze armate, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, e quelle del personale indicato nell’articolo 3, comma 1, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001[[6]].

Continua applicarsi la disposizione che prevede che le Agenzie fiscali possono assolvere alle disposizioni vigenti in materia di contenimento della spesa dell’apparato amministrativo effettuando un riversamento a favore dell’entrata del bilancio dello Stato pari all’1 per cento delle dotazioni previste sui capitoli relativi ai costi di funzionamento.

Restano inoltre ferme le vigenti disposizioni in materia di limitazioni delle assunzioni.

 

Il prospetto riepilogativo, riferito al testo originario del provvedimento, non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica, riferita al testo originario del provvedimento, evidenzia, con riferimento alla stima dei risparmi, che la disposizione - atteso il quadro normativo vigente - dovrebbe presumibilmente incidere su posti delle dotazioni organiche non coperti e che la quantificazione delle economie conseguite non potrà che avvenire a consuntivo.

Si rammenta che le relazione tecniche riferite alle precedenti disposizioni[7] di riordino degli assetti amministrativi non quantificavano risparmi con riferimento alla riduzione delle dotazioni organiche del personale non dirigenziale e dirigenziale di livello non generale.

 

Al riguardo, in merito all’affermazione contenuta nella relazione tecnica, secondo la quale “la disposizione dovrebbe presumibilmente incidere su posti delle dotazioni organiche non coperti”,  si rileva preliminarmente che, soltanto se riferite a posti coperti le riduzioni sono suscettibili di determinare, nel tempo, risparmi di spesa, che – secondo la stessa RT - dovranno essere rilevati a consuntivo. Tuttavia andrebbe valutato se tale operazione di riduzione delle dotazioni organiche risulti compatibile con le esigenze funzionali connesse al perseguimento delle finalità istituzionali di ciascuna amministrazione interessata, anche alla luce delle riduzioni già intervenute in base alla normativa citata in premessa. In proposito andrebbero acquisiti dal Governo elementi di verifica e valutazione.

 

ARTICOLO 1, comma 6

Riduzione agevolazioni fiscali

Normativa previgente: L’articolo 40, comma 1-ter, del decreto legge n. 98 del 2011 ha previsto che i regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale, elencati in apposito allegato C-bis al medesimo decreto, siano ridotti del 5 per cento per l’anno 2013 e del 20 per cento a decorrere dall’anno 2014.

Il successivo comma 1-quater ha previsto che la suddetta riduzione non si applichi qualora, entro il 30 settembre 2012, siano adottati provvedimenti legislativi in materia fiscale ed assistenziale aventi ad oggetto il riordino della spesa in materia sociale, nonché l’eliminazione o la riduzione di regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale che si sovrappongono alle prestazioni sociali, tali da determinare effetti positivi,  ai fini dell’indebitamento netto, non inferiori a 4.000 milioni di euro nel 2013 ed a 20.000 milioni di euro annui dal 2014.

Il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del decreto legge n. 98 del 2011 ascrive alle disposizioni citate maggiori entrate per 4.000 milioni di euro nel 2013 e per 20.000 milioni di euro annui dal 2014.

 

Le norme, rimaste invariate rispetto al testo iniziale, modificano l’articolo 40, commi 1-ter ed 1-quater del decreto legge n. 98 del 2011, prevedendo quanto segue:

·        le percentuali di riduzione dei regimi di agevolazione e esenzione sono fissate al 5 per cento nel 2012 ed al 20 per cento dal 2013;

·        al fine di garantire comunque gli effetti finanziari connessi alla riduzione, in alternativa, anche parziale, a tale riduzione, può essere disposta, con DPCM, la rimodulazione delle aliquote delle imposte indirette, inclusa l’accisa;

·        ai fini della non applicazione della riduzione, i provvedimenti legislativi di riordino della spesa sociale e di eliminazione o riduzione dei regimi di favore debbono essere adottati entro il 30 settembre 2012 e debbono determinare effetti positivi,  ai fini dell’indebitamento netto, non inferiori a 4.000 milioni di euro nel 2012, a 16.000 milioni di euro nel 2013 ed a 20.000 milioni di euro annui dal 2014.

 

Il prospetto riepilogativo, riferito al testo iniziale del provvedimento, ascrive alle norme i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

Maggiori entrate

4.000

12.000

 

4.000

12.000

 

4.000

12.000

 

 

La relazione tecnica riferita al testo iniziale sottolinea che le norme anticipano al 2012 l’effetto di 4 miliardi in precedenza previsto per il 2013, rimodulano l’effetto previsto per il 2013 – anno in cui il maggior gettito passa da 4 a 16 miliardi – e confermano gli effetti positivi stimati a decorrere dal 2014, pari a 20 miliardi annui.

Pertanto l’incremento recato dalle disposizioni in esame è pari a 4 miliardi nel 2012 ed a 12 miliardi nel 2013.

La relazione evidenzia, inoltre, che la rimodulazione delle imposte indirette - ora prevista in alternativa alla riduzione dei regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale – agevola il raggiungimento della realizzazione degli effetti positivi attesi.     

 

Al riguardo si rileva, come già osservato nel corso dell’esame in prima lettura[8], che la possibilità di ricorrere ad una rimodulazione delle aliquote delle imposte indirette, compresa l’accisa, attraverso l’adozione di un provvedimento di carattere amministrativo andrebbe attentamente valutata alla luce di una possibile incompatibilità con l’articolo 23 della Costituzione, che dispone una riserva assoluta di legge ai fini dell’imposizione di prestazioni personali e patrimoniali.

Ciò anche in considerazione del fatto che il testo in esame non contiene alcuna indicazione in merito ai criteri ed ai parametri quantitativi nell’ambito dei quali la suddetta facoltà può essere esercitata dal Governo.

Va, altresì, rilevato che il ricorso ad un provvedimento non legislativo sottrae i relativi effetti finanziari attesi alla procedura di verifica parlamentare delle quantificazioni.

Si rileva, infine, che il possibile ricorso alla rimodulazione delle aliquote delle imposte indirette appare solo in parte alternativo rispetto all’intervento di riduzione delle agevolazioni e dei regimi di favore fiscale, dal momento che, tra questi ultimi, nel citato Allegato C-bis, risultano elencati anche i regimi IVA ad aliquota inferiore a quella ordinaria.  

     

ARTICOLO 1, comma 7

Riduzione della retribuzione di risultato dei dirigenti pubblici

La norma, nel testo risultante dalle modifiche apportate al Senato, introduce un periodo aggiuntivo all’art. 10, comma 12, del DL n. 98/2011, norma che prevede – in presenza di scostamenti rilevanti dagli obiettivi di finanza pubblica indicati per l’anno considerato dal Documento di economia e finanza e da eventuali aggiornamenti - la limitazione all’assunzione di impegni di spesa o all’emissione di titoli di pagamento a carico del bilancio dello Stato, entro limiti percentuali determinati in misura uniforme rispetto a tutte le dotazioni di bilancio, ad esclusione delle cosiddette spese obbligatorie.

La disposizione in esame prevede che, qualora ricorra la predetta ipotesi di scostamento dagli obiettivi di finanza pubblica, nonché nell’ulteriore ipotesi in cui non siano assicurati gli obiettivi di risparmio richiesti alle amministrazioni centrali dello Stato (stabiliti ai sensi del comma 2, del citato art. 10), l’amministrazione competente disponga[9], nel rispetto degli equilibri di bilancio pluriennale, la riduzione della retribuzione di risultato dei dirigenti responsabili nella misura del 30 per cento.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica, riferita al maxiemendamento approvato dal Senato non considera la norma.

Si ricorda che la relazione tecnica riferita al testo originario della norma in esame (che prevedeva - a garanzia degli obiettivi di risparmio[10] - il differimento, senza corresponsione di interessi, del pagamento della tredicesima mensilità dovuta ai dipendenti pubblici) affermava che le disposizioni attuative[11] della medesima disposizione avrebbero dovuto essere tali da garantire il rispetto degli equilibri programmati del bilancio pluriennale in termini di saldo netto da finanziare, fabbisogno e indebitamento netto della P.A.

 

Al riguardo, pur rilevando che alla norma in esame – così come al testo originario - non risultano ascritti effetti ai fini dei saldi di finanza pubblica, andrebbero acquisiti chiarimenti in merito al relativo ambito applicativo. In particolare, andrebbe precisato a quale platea di dirigenti si applichi la prevista decurtazione della retribuzione di risultato allorquando all’origine della stessa non vi sia il mancato conseguimento degli obiettivi di contenimento della spesa delle singole amministrazioni (ai sensi dell’art. 10, comma 2, del D.L. n. 98/2011), ma lo scostamento rilevante rispetto agli obiettivi previsti dal DEF (ai sensi dell’art. 10, comma 12, del citato D.L. n. 98).

 

ARTICOLO 1, commi 8 e 9

Disposizioni in materia di patto di stabilità interno

Le norme, non modificate dal Senato:

Ÿ        inaspriscono per gli esercizi 2012 e 2013 (nella misura indicata dal testo e di seguito riportata nel prospetto riepilogativo) gli obiettivi di risparmio del patto di stabilità interno previsti dall'articolo 20, comma 5, del decreto legge n. 98 del 2011 (comma 8);

Si ricorda che il comma 12 dell’articolo in esame prevede che le entrate effettive derivanti dall’incremento della cosiddetta “Robin tax”, disposto dall’articolo 7, commi da 1 a 6, possano essere destinate, nel 2012, alla riduzione dell’importo della manovra a carico delle amministrazioni locali, previsto dal comma 8 in esame. Si ricorda inoltre che l’art. 5-bis prevede la possibilità per lo Stato di concedere annualmente deroghe ai limiti di spesa previsti dal patto in favore delle regioni rientranti nell’obiettivo di convergenza, con compensazioni a carico dello Stato e delle altre regioni.

Ÿ        anticipano al 2012 l’applicazione dei criteri di virtuosità al fine del riparto delle manovre di finanza pubblica a carico delle amministrazioni locali previste dall’articolo 14 del DL 78/2010 e dall’articolo 20, comma 5, del DL 98/2011, come modificato dal comma 8 sopra descritto (comma 9). È conseguentemente anticipata all'anno 2012 l'esclusione degli enti collocati nella classe più virtuosa dal concorso alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica fissati dall’articolo 20, comma 5, del decreto legge n. 98 del 2011 e dall'articolo 14 del decreto legge n. 78 del 2010.

 

Il prospetto riepilogativo riferito al testo iniziale ascrive alle norme i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica:

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

Minore spesa corrente

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

Regioni a S.O.

 

 

 

1.600

800

 

1.600

800

 

Regioni a S.S. e province aut

 

 

 

2.000

1.000

 

2.000

1.000

 

Province

 

 

 

700

400

 

700

400

 

Comuni

> 5000 ab

 

 

 

1.700

1.000

 

1.700

1.000

 

Totale

 

 

 

6.000

3.200

 

6.000

3.200

 

 

La relazione tecnica riferita al testo iniziale si limita a confermare che il comma 8 integra il concorso alla manovra di finanza pubblica degli enti territoriali, anticipando al 2012 la decorrenza degli effetti derivanti dall’applicazione delle regole del patto di stabilità interno disposte dal decreto legge n. 98 del 2011. In base a quanto previsto dal testo in esame, le autonomie territoriali concorreranno, complessivamente, per ulteriori 6 miliardi di euro per il 2012 e per ulteriori 3,2 miliardi di euro per l’anno 2013 (con pari effetti sull’indebitamento netto e sul fabbisogno); tale risparmio è ripartito tra le regioni a statuto ordinario, le regioni a statuto speciale, le province e i comuni con popolazione superiore ai 5.000 abitanti.

Si ricorda che l’articolo 16, comma 31, prevede a decorrere dal 2013 l’estensione dell’applicazione del patto di stabilità interno ai comuni con più di 1.000 abitanti. Quelli con meno di 1.000 abitanti, riuniti in unioni di comuni, saranno invece soggetti al patto a decorrere dal 2014 (art. 16, co. 5).

Con riferimento al comma 9, volto ad anticipare al 2012 la decorrenza dei criteri di virtuosità ai fini della distribuzione tra gli enti territoriali del concorso al miglioramento della finanza pubblica, la RT si limita ad affermare che la norma non comporta effetti finanziari.

 

Al riguardo, con riferimento alle norme in esame, che sostanzialmente anticipano al 2012 gli effetti delle misure previste dall’articolo 20 del DL n. 98/2011, si richiamano i medesimi rilievi già formulati in relazione al citato articolo.

In particolare, con riferimento al comma 8, riguardante l’incremento, per il 2012 e il 2013, della manovra a carico delle amministrazioni locali non appartenenti alla prima classe di virtuosità, si segnala l’assenza di elementi di valutazione, da parte della relazione tecnica, in ordine ai profili di sostenibilità per le amministrazioni locali degli obiettivi loro assegnati[12]. Si osserva inoltre che tale inasprimento, non operato attraverso un taglio dei trasferimenti, configura la possibilità di incremento delle posizioni di avanzo che gli enti sono chiamati ad esporre già ai sensi della normativa vigente.

Tali posizioni determinano l’immobilizzo di risorse non utilizzabili, destinate ad accumularsi esercizio dopo esercizio. Ne conseguono possibili profili problematici, sia sotto il profilo dell’efficiente allocazione delle risorse sia sotto quello della permanenza dei risparmi nel lungo periodo. A tale ultimo proposito si rileva che l’accumulo di risorse proprie non spendibili potrebbe costituire la premessa di richieste volte ad ottenere lo sblocco delle risorse.

Con riferimento al comma 9 – riguardante l’anticipo al 2012 dei criteri di riparto della manovra fra gli enti sulla base di alcuni parametri di virtuosità, con l’esclusione degli enti appartenenti alla prima classe di virtuosità, a parità degli obiettivi di comparto – si osserva che la relazione tecnica non fornisce elementi informativi e valutazioni in ordine all’effettiva sostenibilità, da parte degli enti appartenenti a classi di virtuosità diverse dalla prima, dell’ulteriore quota di manovra posta a loro carico. Al fine di mantenere fermi gli obiettivi di comparto, sarà infatti necessario che, dal 2012, i predetti enti si facciano carico dell’intero ammontare cumulato delle tre manovre sopra ricordate, sia con riferimento agli obiettivi del patto di stabilità interno[13] sia con riferimento ai tagli ai trasferimenti operati dalla prima di esse[14]. Al fine di verificare la conseguibilità degli obiettivi di risparmio cumulati nelle manovre,  andrebbero pertanto acquisiti dati ed elementi circa i criteri in base ai quali tale peso ulteriore verrà ripartito tra gli enti appartenenti alle classi di virtuosità diverse dalla prima.

 

ARTICOLO 1, commi 10 e 11

Ampliamento manovrabilità addizionali IRPEF

Normativa vigente. L’articolo 6, commi 1 e 2, del D.lgs. n. 68 del 2011[15] dispone che:

-    a decorrere dall’anno 2013 le regioni a statuto ordinario possono, con propria legge, modificare la misura dell’aliquota di base dell’Irpef. In caso di maggiorazione l’incremento non può essere superiore (comma 1):

§          a) allo 0,5 per cento, per l’anno 2013;

§          b) all’1,1 per cento, per l’anno 2014;

§          c) al 2,1 per cento, a decorrere dall’anno 2015;

-    fino al 31 dicembre 2012 rimangono ferme le maggiorazioni di aliquote deliberate dalle regioni prima del 27 maggio 2011, ferma restando la facoltà di provvedere ad una loro eventuale riduzione (comma 2).

Le norme anticipano, rispettivamente all'anno 2012 e all’anno 2011, le disposizioni previste dai commi 1 e 2 dell’articolo 6 del D.lgs. n. 68 del 2011 in materia di addizionale regionale IRPEF, disponendo, inoltre, che la maggiorazione prevista dalla lettera a) valga sia per il 2012 che per il 2013 (comma 10).

Viene ripristinato il potere posto in capo ai comuni (e in precedenza sospeso) di estendere ovvero di aumentare l’addizionale comunale IRPEF[16].

Nel corso dell’esame presso il Senato è stato previsto, inoltre, che i comuni possano stabilire[17] aliquote dell'addizionale comunale IRPEF differenziate esclusivamente in relazione agli scaglioni di reddito corrispondenti a quelli stabiliti dalla legge statale. Resta fermo che la soglia di esenzione prevista dalla legislazione vigente[18] è stabilita unicamente in ragione del possesso di specifici requisiti reddituali e deve essere intesa come limite di reddito al di sotto del quale l'addizionale comunale all'imposta sul reddito delle persone fisiche non è dovuta; nel caso di superamento del suddetto limite, l’addizionale si applica al reddito complessivo (comma 11).

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti finanziari.

 

La relazione tecnica riferita al testo originario afferma che le disposizioni sono funzionali al perseguimento degli obiettivi del patto di stabilità interno e non comportano effetti finanziari aggiuntivi rispetto a quelli indicati dal precedente comma 8 (misura della compartecipazione degli enti territoriali agli obiettivi di finanza pubblica).

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento afferma che la modifica apportata dal Senato al comma 11 non comporta effetti sui saldi di finanza pubblica, rappresentando una facoltà per i comuni.

 

Nulla da osservare al riguardo.

Si segnala, peraltro, che l’affermazione della RT, allegata al testo originario, appare riferibile agli enti locali e alle sole regioni che applicano il patto di stabilità interno in termini di saldo. Per le restanti regioni, per le quali i vincoli sono fissati in termini di spesa, l’utilizzo della leva fiscale appare invece funzionale al reperimento delle risorse necessarie al pieno sfruttamento dei margini di spesa consentiti dal patto.

 

ARTICOLO 1, comma 12

Possibilità di riduzione, nel 2012, della manovra sulle amministrazioni locali - Imposta provinciale di trascrizione

La norma, modificata dal Senato, dispone che, per l’anno 2012, le maggiori entrate derivanti dall’effettiva attuazione dell’articolo 7 del provvedimento in esame possano essere destinate alla riduzione degli interventi inerenti il patto di stabilità interno[19] di cui al comma 8 dell’articolo 1  , in favore dei comuni che abbiano istituito entro il 31/12/2011 i consigli tributari[20]. La riduzione è distribuita tra i comparti interessati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza unificata.

Si dispone, inoltre, che a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, sia soppressa la misura della tariffa concernente l'imposta provinciale di trascrizione per gli atti soggetti ad IVA nella tabella allegata al decreto ministeriale n. 435 del 1998 e che, per i medesimi atti soggetti ad IVA, la misura dell'IPT dovuta sia determinata secondo quanto previsto dalla stessa tabella per gli atti non soggetti ad IVA. Con la medesima decorrenza le province percepiranno le somme dell'IPT conseguentemente loro spettanti.

Il prospetto riepilogativo riferito al testo originario non considera la norma.

Il prospetto riepilogativo, riferito al maxiemendamento, ascrive alla norma i seguenti effetti finanziari:

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

Maggiori spese

 

 

 

1.800

 

 

1.800

 

 

 

La relazione tecnica, riferita al testo originario, afferma che la modifica della disciplina per la tassazione IPT degli atti soggetti ad IVA, il cui trattamento fiscale verrà equiparato a quello previsto per gli atti non soggetti ad IVA, comporterà il passaggio dal pagamento di una tariffa in somma fissa (150,81 euro) a quello di una tariffa modulata sulla base delle caratteristiche di potenza e portata dei veicoli soggetti ad immatricolazione con conseguente incremento di gettito a livello provinciale. In sostanza si prevede l'applicazione della predetta tariffa modulata a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto legge anche in assenza del decreto ministeriale di modifica della disciplina.

La RT non ascrive alla disposizione effetti ulteriori potenzialmente già di spettanza delle province, essendo sostanzialmente attuativa di quanto già previsto dall'articolo 17, comma 6, del decreto legislativo n. 68 del 2011.

 

Al riguardo, con riferimento alla possibilità di destinazione delle maggiori entrate derivanti dall’attuazione dell’articolo 7 del decreto in esame alla riduzione degli obiettivi inerenti il PSI, si rinvia a quanto osservato in sede di esame del predetto articolo 7 in particolare in merito ai possibili profili critici inerenti le modalità attuative del meccanismo di certificazione e utilizzo di dette maggiori entrate in corso d’esercizio.

Nulla da osservare in merito alla modifica relativa all'imposta provinciale di trascrizione trattandosi di una norma di carattere procedurale inerente ad una fattispecie già prevista dall’ordinamento vigente.

 

ARTICOLO 1, commi da 12-bis a 12-quater

Potenziamento della partecipazione dei comuni all’attività di accertamento

Le norme, introdotte nel corso dell’iter presso il Senato, al fine di incentivare la partecipazione dei comuni all’attività di accertamento tributario, elevano, per gli anni 2012, 2013 e 2014, dal 50 al 100 per cento, la quota delle maggiori entrate riscosse a seguito della partecipazione dei comuni stessi all’attività di accertamento (comma 12-bis).

E’ previsto il rafforzamento degli strumenti a disposizione dei comuni per la partecipazione all’attività di accertamento attraverso il coinvolgimento dei Consigli tributari, alla cui istituzione i comuni stessi sono tenuti a provvedere entro il 31 dicembre 2011 (commi 12-ter e 12-quater).

In caso di mancata istituzione dei Consigli tributari, infatti, ai sensi del comma 12-quater, non troverebbero applicazione per gli enti locali interessati, sia la norma (articolo 1, comma 12, primo periodo) che destina l’integrale gettito dell’addizionale IRES per le imprese del settore energetico, incassato nel 2012, ad integrale riduzione dell’importo della manovra di cui all’articolo 1, comma 8, del provvedimento in esame, sia la norma di cui al comma 12-bis in esame, che incrementa la quota devoluta ai comuni delle maggiori entrate riscosse per accertamento.

Infine, è rinviata ad un successivo decreto del Ministro dell’economia e delle finanze la fissazione dei criteri e delle modalità per la pubblicazione, sul sito di ciascun comune, dei dati aggregati delle dichiarazioni presentate dalle persone fisiche, con riferimento a determinate categorie di contribuenti o di reddito.

 

Il prospetto riepilogativo, riferito al maxiemendamento approvato al Senato, non ascrive alle norme alcun effetto sui saldi.

 

La relazione tecnica riferita al medesimo maxiemendamento afferma che l’innalzamento della quota di maggiori entrate da accertamento devoluta ai comuni è suscettibile di potenziare l’attività di contrasto all’evasione fiscale, anche in considerazione del fatto che i Comuni, data la vicinanza al territorio, riescono ad intercettare fattispecie non immediatamente individuabili dall’Amministrazione centrale e, dunque, aggiuntive rispetto all’ordinaria attività di accertamento.

L’ innalzamento della quota di compartecipazione attualmente in vigore non comporta, d’altro canto, oneri per la finanza pubblica, essendo tale compartecipazione commisurata alle maggiori entrate riscosse a seguito della partecipazione dei comuni all’attività di accertamento e, quindi, a risorse ulteriori rispetto a quelle scontate nelle previsioni di entrata.

La relazione precisa, altresì, che, in ogni caso le attività svolte dai comuni saranno realizzate nell’ambito delle risorse finanziarie, umane e strumentali disponibili a legislazione vigente.

 

Nulla da osservare per il profilo degli effetti finanziari.

 

ARTICOLO 1, comma 13

Trasporto pubblico locale

Normativa previgente. L’articolo 21, comma 3, del DL 98/2011 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria) dispone che, a decorrere dall'anno 2011, sia istituito presso il Ministero dell'economia il Fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario, con dotazione di 400 milioni di euro annui, il cui utilizzo è escluso dai vincoli del Patto di stabilità. La disposizione determina effetti di maggiore spesa in conto capitale, per 400 mln. annui, contabilizzati sui tre saldi di finanza pubblica nell’apposito prospetto riepilogativo, allegato al provvedimento.

Le norme inseriscono un periodo al citato articolo 21, comma 3, prevedendo che dal 2012 il Fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale sia ripartito, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, sulla base di criteri premiali individuati da un’apposita struttura paritetica, da istituire senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. La struttura svolge compiti di monitoraggio sulle spese e sull’organizzazione del trasporto pubblico locale.

Il 50 per cento delle risorse può essere attribuito, in particolare, a favore degli enti collocati nella classe dei più virtuosi.

Il testo originario della norma prevedeva l’obbligo, e non la facoltà, che il 50 per cento delle risorse fosse attribuito a favore degli enti più virtuosi[21].

Tra i criteri di virtuosità è comunque inclusa l’attribuzione della gestione dei servizi di trasporto con procedura a evidenza pubblica.

 

Il prospetto riepilogativo  non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica riferita al testo originario afferma che la norma non determina effetti finanziari negativi, trattandosi di ripartizione di risorse già previste a legislazione vigente.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento conferma l’assenza di effetti onerosi, precisando che la modifica apportata al testo originario (facoltatività dell’attribuzione agli enti più virtuosi del 50 per cento delle risorse del Fondo) è volta a consentire una maggiore autonomia decisionale e flessibilità alla Conferenza Stato-regioni.

 

Al riguardo, appare opportuno che la clausola di non onerosità per la finanza pubblica, riferita all’istituzione della struttura paritetica incaricata di definire meccanismi premiali, sia suffragata, ai sensi dell’articolo 17, comma 7, della legge n. 196/2009, da dati ed elementi di verifica e di valutazione circa le esigenze organizzative e finanziarie connesse al funzionamento dell’organismo e alle risorse già disponibili con le quali farvi fronte. Tali elementi appaiono necessari anche in considerazione dei compiti di monitoraggio, sulle spese e sull’organizzazione del trasporto pubblico locale, affidati alla struttura.

 

ARTICOLO 1, comma 14

Disposizioni in materia di commissariamento di enti soggetti alla vigilanza dello Stato

La norma, non modificata dal Senato, disciplina la decadenza degli organi, con esclusione del collegio dei revisori o sindacale, degli enti sottoposti alla vigilanza dello Stato nei casi in cui non venga approvato il bilancio nei termini previsti dalla normativa vigente, ovvero esso presenti un disavanzo di competenza per due esercizi finanziari consecutivi. È prevista la nomina di un commissario che adotta le misure necessarie per ripristinare l'equilibrio finanziario dell'ente e, se ciò non risulta possibile, chiede la messa in liquidazione coatta amministrativa dell'ente. Il commissario può, anche nei confronti del personale che non abbia raggiunto l'anzianità massima contributiva di 40 anni, risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro con preavviso di sei mesi.

 

Il prospetto riepilogativo riferito al testo originario non ascrive alla norma effetti finanziari.

 

La relazione tecnica riferita al testo originario afferma che la disposizione, in quanto volta a determinare una virtuosa gestione finanziaria degli enti pubblici vigilati dallo Stato, non determina effetti negativi per la finanza pubblica. Per i profili inerenti l'ultimo periodo la relazione rinvia all'analisi relativa al comma 16.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

ARTICOLO 1, commi 14, ultimo periodo, e 16

Disposizioni relative alla risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici

Normativa vigente: il comma 11 dell’articolo 72 del DL n. 112/2008[22] prevede, per gli anni 2009, 2010 e 2011, la facoltà per le pubbliche amministrazioni, a decorrere dal compimento dell’anzianità massima contributiva di quaranta anni del personale dipendente, di risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro e il contratto individuale, anche del personale dirigenziale, con un preavviso di sei mesi, fermo restando quanto previsto dalla disciplina vigente in materia di decorrenza dei trattamenti pensionistici. Tali disposizioni non si applicano ai magistrati, ai professori universitari e ai dirigenti medici responsabili di struttura complessa.

Le norme dispongono:

-          la proroga al triennio 2012-2014 delle disposizioni relative alla risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro da parte delle pubbliche amministrazioni con riferimento a dipendenti che maturino i 40 anni di anzianità contributiva (comma 16);

-          la facoltà del commissario di un ente vigilato dallo Stato posto in liquidazione coatta amministrativa (ai sensi della prima parte del comma 14 dell’articolo in esame) di applicare la normativa relativa alla risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro anche nei confronti del personale che non abbia raggiunto l’anzianità massima contributiva di 40 anni (comma 14, ultimo periodo).

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alle disposizioni i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica:

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

maggiore spesa corrente (spesa pensionistica)

 

8

16

 

8

16

 

8

16

maggiore spesa corrente (buonuscita)

 

 

30

 

 

30

 

 

30

 

Pertanto, l’effetto complessivo può essere quantificato come risulta dalla tabella che segue:

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

maggiore spesa corrente

 

8

46

 

8

46

 

8

46

 

La relazione tecnica quantifica gli effetti onerosi delle disposizioni come risulta dalla tabella che segue:

(milioni di euro)

 

2012

2013

2014

2015

2016

spesa pensionistica

0

8

16

16

16

indennità di buonuscita

 

 

30

5

0

totale

0

8

46

21

16

 

Le maggiori spese derivano dal maggiore accesso al pensionamento rispetto a quanto previsto sulla base dell’ordinamento vigente e delle conseguenti propensioni al pensionamento per circa 500 soggetti l’anno, per un anticipo medio di 1 anno.

 

Al riguardo si rileva che la stima recata dalla RT è il risultato di un procedimento di quantificazione che coinvolge parametri, non esplicitati dalla stessa relazione: in particolare, ai fini della verifica della stima, andrebbero forniti i dati relativi all’importo medio del trattamento pensionistico e dell’indennità di buonuscita.

 

ARTICOLO 1, comma 15

Garanzia dello Stato in favore dell’ESM (European Stability Mechanism)

Normativa previgente: l’articolo 17, comma 2, del decreto legge n. 78 del 2010 ha autorizzato il Ministro dell’economia e delle finanze a concedere la garanzia dello Stato sulle passività della società che sarebbe stata costituita dagli Stati membri dell’area euro in conformità con le Conclusioni del Consiglio dell’Unione europea del 9-10 maggio 2010, al fine di assicurare la salvaguardia della stabilità finanziaria dell’area euro[23]. La garanzia è concessa sulle passività emesse al fine di costituire la provvista finanziaria per concedere prestiti agli Stati membri dell’area euro.

La norma citata prevede che agli eventuali oneri derivanti dall’escussione della garanzia si provveda ai sensi dell’articolo 2, comma 2, del decreto legge n. 67 del 2010. Tale ultima disposizione autorizza l’emissione di titoli di Stato a medio-lungo termine precisando che i relativi importi non sono computati nel limite massimo di emissione di titoli di Stato e nel livello massimo del ricorso al mercato stabiliti dai provvedimenti di finanza pubblica.

La predetta garanzia dello Stato sarebbe stata elencata in distinto allegato allo stato di previsione del MEF unitamente alle altre garanzie per le quali non è previsto il prelevamento dal fondo di riserva.

La relazione tecnica riferita al comma 2 dell’articolo 17 del decreto legge n. 78 del 2010 ha precisato che tale elenco riguarda garanzie di tipo “politico”, per le quali non appare plausibile il ricorso alla usuale metodologia di copertura, attraverso il prelevamento dal fondo di riserva per le spese obbligatorie, atteso l’elevato ordine di grandezza dell’eventuale onere connesso al rischio di escussione. 

 

La norma in esame, solo marginalmente modificata al Senato, amplia l’ambito delle possibilità di prestazione della garanzia statale alle passività non solo emesse ma anche contratte dall’ESM al fine di costituire la provvista finanziaria per concedere agli Stati membri dell’area euro non solo prestiti, bensì anche altre forme di assistenza finanziaria.

 

Il prospetto riepilogativo e la relazione tecnica al testo iniziale non considerano la disposizione.

 

Al riguardo, considerando l’ampliamento introdotto dalla norma, nonché il carattere rilevante dell’esborso connesso ad un eventuale rischio di escussione - riconosciuto dalla stessa relazione tecnica riferita alla norma modificata – appare opportuna, a fini conoscitivi, una stima della possibile entità di tale spesa e del relativo impatto sul debito pubblico nonché, attraverso la spesa per interessi, sull’indebitamento netto della P.A.

Ciò anche in considerazione del fatto che, rispetto al periodo di adozione della disposizione ora modificata, appaiono mutati sia il quadro finanziario internazionale, sia, in particolare, le condizioni di ricorso al mercato.    

 

ARTICOLO 1, comma 17

Trattenimento in servizio dei pubblici dipendenti

La norma dispone la modifica della procedura che consente la permanenza in servizio dei dipendenti pubblici, per un periodo massimo di un biennio, oltre il limite di età stabilito per il collocamento a riposo.

La disciplina fino ad ora vigente prevede che, ai fini della prosecuzione, il dipendente presenti una richiesta all'amministrazione di appartenenza, la quale ha facoltà di accettarla. Le modifiche prevedono che la richiesta del dipendente sia sostituita dall’espressione di disponibilità alla permanenza in servizio.

 

Il prospetto riepilogativo, riferito al testo originario del provvedimento, non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica, riferito al testo originario del provvedimento, fa presente che la disposizione è intesa a prevedere che la facoltà di trattenimento in servizio del dipendente oltre i limiti di età per il collocamento a riposo previsti venga esercitata unilateralmente dall’amministrazione sulla base della semplice disponibilità del dipendente e non più su sua richiesta. La relazione tecnica afferma, inoltre, che la norma non produce effetti onerosi a carico della finanza pubblica.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

ARTICOLO 1, comma 18

Passaggio di dirigenti ad altro incarico

La norma prevede che le pubbliche amministrazioni possano disporre, nei confronti del personale appartenente alla carriera prefettizia ovvero avente qualifica dirigenziale, il passaggio ad altro incarico prima della data di scadenza dell’incarico ricoperto prevista dalla normativa o dal contratto. In tal caso, il dipendente conserva, sino alla predetta data, il trattamento economico in godimento a condizione che, ove necessario, sia prevista la compensazione finanziaria, anche a carico del fondo per la retribuzione di posizione e di risultato o di altri fondi analoghi.

 

Il prospetto riepilogativo, riferito al testo originario del provvedimento, non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica, riferito al testo originario del provvedimento, afferma che la norma ha carattere ordinamentale e non determina effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

Al riguardo si rileva che la formulazione della norma subordina la conservazione del trattamento economico in godimento alla concreta possibilità di disporre una compensazione finanziaria mediante ricorso ai fondi per la retribuzione di posizione e di risultato. Si osserva tuttavia che, essendo il trattamento economico oggetto di accordo contrattuale, non sembra possibile procedere, in assenza delle predette disponibilità, alla sua riduzione con atto unilaterale dell’amministrazione. Al fine di garantire la neutralità finanziaria della disposizione, dovrebbe essere subordinata all’effettiva sussistenza dei necessari fondi non la possibilità di continuare ad erogare lo stesso trattamento economico, bensì la facoltà riconosciuta all’amministrazione di destinare il dirigente ad altro incarico.

Su tali profili appare necessario acquisire elementi di valutazione dal Governo.

 

ARTICOLO 1, comma 19

Inquadramento del personale trasferito

La norma modifica la disciplina della mobilità volontaria nel pubblico impiego[24], prevedendo che, a seguito dell'attivazione delle procedure di mobilità, il trasferimento del personale possa essere disposto anche se la vacanza di organico è presente in area diversa da quella di inquadramento.

 

Il prospetto riepilogativo, riferito al testo originario del provvedimento, non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica, riferito al testo originario del provvedimento, afferma che la norma, fermo restando il rispetto dell’invarianza finanziaria, è volta ad incentivare l’istituto della mobilità quale strumento di flessibilità nell’utilizzo delle risorse umane nello svolgimento dell’attività amministrativa. Pertanto essa non determina effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

Al riguardo si rileva che la norma, prevedendo la possibilità di trasferimenti in aree diverse da quella di appartenenza, sembra consentire l’inquadramento di personale in soprannumero rispetto alla dotazione organica di una determinata area. Secondo la prassi consolidata, l’inquadramento in soprannumero a valere su vacanze di organico in altri profili o aree viene disposto prevedendo esplicitamente che il soprannumero venga riassorbito al verificarsi di successive vacanze e che sia reso indisponibile un numero di posti finanziariamente equivalenti (quindi anche più di uno se l’inquadramento fosse disposto in un’area superiore a quella dove risulta esservi una vacanza). La norma in esame, invece, reca un generico richiamo alla necessità di assicurare la neutralità finanziaria. Appare, pertanto, opportuno che il Governo chiarisca se la formulazione adottata sia idonea ad evitare il prodursi di possibili effetti onerosi.

 

ARTICOLO 1, comma 20

Anticipo del graduale aumento dell’età pensionabile per le dipendenti del settore privato

Normativa previgente: il comma 1, dell’articolo 18 del DL n. 98/2011[25] dispone che, a decorrere dal 1° gennaio 2020, ferma restando la disciplina vigente in materia di decorrenza del trattamento pensionistico e di adeguamento dei requisiti di accesso al sistema pensionistico agli incrementi della speranza di vita, per le lavoratrici dipendenti e per le lavoratrici autonome i requisiti anagrafici di sessanta anni per l'accesso alla pensione di vecchiaia sono incrementati di un mese. Tali requisiti anagrafici sono incrementati di ulteriori due mesi a decorrere dal 1° gennaio 2021, di ulteriori tre mesi a decorrere dal 1° gennaio 2022, di ulteriori quattro mesi a decorrere dal 1° gennaio 2023, di ulteriori cinque mesi a decorrere dal 1° gennaio 2024, di ulteriori sei mesi a decorrere dal 1° gennaio 2025 e per ogni anno successivo fino al 2031 e di ulteriori tre mesi a decorrere dal 1° gennaio 2032.

La norma, nel testo originario, modificando il comma 1 dell’articolo 18 del DL n. 98/2011, dispone l’anticipo dal 1° gennaio 2020 al 1° gennaio 2016 del processo di graduale aumento del requisito anagrafico per l’accesso alla pensione di vecchiaia per le lavoratrici dipendenti e per le lavoratrici autonome[26].

Il testo risultante dalle modifiche introdotte dal Senato dispone l’ulteriore anticipo al 1° gennaio 2014 del processo di graduale aumento del requisito anagrafico per l’accesso alla pensione di vecchiaia per le lavoratrici dipendenti e per le lavoratrici autonome e l’entrata a regime della normativa nel 2026.

 

Il prospetto riepilogativo, essendo riferito agli anni 2011-2014, non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica riferita al testo originario, sulla base delle valutazioni finanziarie già scontate nella relazione tecnica all’articolo 18, comma 1, del DL n. 98/2011, quantifica le maggiori economie ascrivibili alla disposizione in esame[27], come risulta dalla tabella che segue:

(milioni di euro)

2012

2013

2014

2015

2016

2017

2018

2019

2020

2021

0

0

0

0

0

112

320

565

1.180

1.825

 

Tali economie sono quelle imputabili esclusivamente alla norma in esame e sono computate in termini differenziali rispetto a quanto già previsto dall’ordinamento vigente (economie pari a 145 milioni di euro nel 2021, progressivamente crescenti, come indicato in sede di relazione tecnica al citato articolo 18, comma 1, del DL n. 98/2011)[28].

La relazione tecnica riferita al testo risultante dalle modifiche approvate dal Senato, sulla base delle valutazioni finanziarie già scontate nella relazione tecnica all’articolo 18, comma 1, del DL n. 98/2011 e in sede di relazione tecnica al testo originario del DL in esame, quantifica le maggiori economie ascrivibili alla disposizione in esame[29], come risulta dalla tabella che segue:

(milioni di euro)

2012

2013

2014

2015

2016

2017

2018

2019

2020

2021

0

0

0

90

275

400

507

630

675

720

 

Tali economie, imputabili esclusivamente alla norma in esame e computate in termini differenziali rispetto a quanto già previsto dall’ordinamento vigente, sono calcolate, nel breve periodo, sulla base dei seguenti parametri:

-          numero di soggetti interessati alla maturazione dei requisiti minimi: circa 120.000 l’anno in media nel primo triennio (anni 2014-2016 in termini di maturazione dei requisiti), di cui circa 80.000 lavoratrici dipendenti in media e circa 40.000 lavoratrici autonome. Nell’intero decennio di previsione le collettività interessate sono crescenti nel tempo (in particolare nel settore del lavoro dipendente)[30];

-          importo medio (2015): circa 10.800 euro per le lavoratrici dipendenti e circa 8.600 euro per le lavoratrici autonome.

 

Al riguardo, con riferimento al testo risultante dalle modifiche approvate dal Senato, si rileva che la quantificazione degli effetti nel breve periodo, sulla base dei parametri esplicitati dalla relazione tecnica, appare corretta. Premessa l’opportunità di acquisire in proposito più dettagliati elementi di verifica e valutazione con riferimento al medio-lungo periodo, si osserva che, in coerenza con quanto esplicitato nella relazione tecnica riferita all’articolo 18 del DL n. 98/2011, apparirebbe altresì utile disporre, anche con riferimento alla norma in esame, dei dati relativi all’incidenza della disposizione in esame sulla spesa pensionistica nel medio-lungo periodo, anche in rapporto al PIL.

 

ARTICOLO 1, comma 21

Modifica delle decorrenze del pensionamento nel settore della scuola

La norma, modificando l’articolo 59, comma 9, della legge n. 449/1997, dispone che i soggetti appartenenti al comparto della scuola e dell’università, che maturano i requisiti a decorrere dal 1° gennaio 2012[31], possono accedere al pensionamento non più a decorrere dall’inizio dell’anno scolastico o accademico dell’anno solare di maturazione dei requisiti medesimi ma da quello successivo.

Resta ferma l’applicazione della disciplina previgente per coloro che maturano i requisiti per il pensionamento entro il 31 dicembre 2011.

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alla disposizione i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica:

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

minore spesa corrente (trattamenti pensionistici)

100

415

476

100

415

476

100

415

476

minore spesa corrente (per buonuscita)

 

616

298

 

616

298

 

616

298

 

Pertanto, l’effetto complessivo della disposizione sui saldi di finanza pubblica risulta il seguente:

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

minore spesa corrente

100

1.031

774

100

1.031

774

100

1.031

774

 

La relazione tecnica quantifica gli effetti della disposizione sulla base dei seguenti parametri ed ipotesi:

-          stima del numero dei soggetti interessati con requisiti minimi (e, quindi, coinvolti nel posticipo di un anno) con propensione al pensionamento nel periodo 2012-2015: circa 15.500-17.000;

-          importo medio pensione: circa 26.000 euro (stima 2012);

-          importo medio buonuscita: circa 72.500 euro (stima 2012).

 

Al riguardo si rileva che, con riferimento alla minore spesa pensionistica, l’effetto per il 2012 appare riguardare circa la metà della leva annua e circa 5-6 mesi di trattamento pensionistico, in conformità ai criteri di stima generalmente utilizzati. Riguardo ai  risparmi per l’indennità di buonuscita, andrebbero esplicitate le ragioni della ridotta entità di quelli previsti per il 2014 rispetto a quelli ascritti al 2013 (circa la metà), differenza questa che potrebbe essere riconducibile all’incidenza dei soggetti che, accedendo al pensionamento con i requisiti minimi (quote), ottengono la liquidazione posticipata della buonuscita (sei mesi in base alla normativa previgente).

 

ARTICOLO 1, commi 22 e 23

Modifiche al regime della liquidazione dell’indennità di buonuscita

Normativa previgente: l’articolo 3 del DL n. 79/1997[32] prevede, al comma 2, la liquidazione dell’indennità di buonuscita decorsi sei mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro e, al comma 3, la liquidazione della medesima indennità senza tale dilazione nei casi di cessazione dal servizio per raggiungimento dei limiti di età o di servizio previsti dagli ordinamenti di appartenenza, per collocamento a riposo d’ufficio a causa del raggiungimento dell’anzianità massima di servizio prevista dalle norme di legge o di regolamento applicabili nell’amministrazione, per inabilità nonché per decesso del dipendente.

La norma, modificando i commi 2 e 5 dell’articolo 3 del DL n. 79/1997, dispone al comma 22:

-          l’incremento da 6 a 24 mesi del posticipo della liquidazione dell’indennità di buonuscita per coloro che accedono al pensionamento con i requisiti minimi (quote);

-          la riduzione dell’esenzione dal posticipo ai soli casi di inabilità e di decesso del dipendente, e la contestuale introduzione del posticipo di sei mesi della liquidazione della indennità di buonuscita per gli altri casi per i quali finora non esso era previsto (accesso al pensionamento di vecchiaia e accesso con 40 anni di anzianità contributiva).

Il comma 23 prevede l’applicazione della previgente normativa per i soggetti che hanno maturato i requisiti per il pensionamento prima della data di entrata in vigore del decreto in esame e per gli appartenenti al settore della scuola che hanno maturato i requisiti entro il 31 dicembre 2011.

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alle disposizioni i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica:

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

minore spesa corrente

330

1.065

723

330

1.065

723

330

1.065

723

 

La relazione tecnica quantifica le economie derivanti dalle disposizioni (sia in termini di indebitamento netto che di saldo netto da finanziare) come risulta dalla tabella che segue:

(milioni di euro)

2012

2013

2014

2015

2016

2017

330

1.065

723

307

598

0

 

La quantificazione si basa sui seguenti parametri e stime:

a)       posticipo di 6 mesi

-          soggetti interessati : con riferimento a coloro che maturano i requisiti dal 2012 e manifestano annualmente la propensione al pensionamento, circa 16.500, gradualmente crescenti a circa 35.000, tenuto conto che una parte dei soggetti in esame manifesta la propensione ad accedere al pensionamento successivamente alla maturazione dei requisiti minimi;

-          importo medio complessivo della prestazione di prima liquidazione: circa 63.000 euro (considerando i diversi comparti), crescente nel tempo;

-          per il computo delle economie si è tenuto conto del posticipo di 6 mesi introdotto dalla disposizione nonché del regime in vigore in materia di decorrenza del trattamento pensionistico (il posticipo di 6 mesi rileva a partire dalla data di decorrenza del trattamento);

-          per il computo delle economie si è tenuto conto anche che non per tutti i soggetti potenzialmente interessati il posticipo di 6 mesi comporta economie, nel caso in cui lo spostamento della liquidazione della buonuscita ricada nel medesimo anno;

-          per il computo delle economie del primo anno (2012) si è tenuto conto, in virtù del regime delle decorrenze, esclusivamente dei soggetti del settore della scuola (17.000 soggetti circa per un importo medio di circa 72.500[33]). Prudenzialmente, gli effetti di economia sul 2012 sono stati ridotti del 40 per cento circa, nell’ipotesi che, anche prima dell’entrata in vigore del DL in esame, l’attività amministrativa non consentisse, stante la concentrazione delle pratiche in esame nell’ultimo trimestre (vista l’unica finestra di settembre), il pieno completamento della liquidazione delle pratiche medesime entro l’anno. Si è altresì tenuto conto degli effetti fiscali indotti;

-          per il computo delle economie del secondo anno (2013) si è tenuto conto, come per gli anni successivi (da tale circostanza deriva la riduzione e poi l’annullamento delle economie previste) dei maggiori oneri derivanti dalle maggiori liquidazioni slittate dall’anno precedente nonché delle economie derivanti dai soggetti il cui pensionamento decorre nel 2013 (stimati complessivamente in 20.500, di cui circa 11.000 nel settore scuola, per un importo medio di circa 63.000 euro e per un’effettiva incidenza in termini di economie sulla spesa annua del 50-60 per cento);

-          con riferimento alla quota di soggetti che maturano i requisiti nell’ultima parte del 2011 (stimati in circa 3.300, con esclusione della scuola, per un importo medio di circa 50.000 euro), si registrano economie per l’anno 2012 e corrispondente maggiore onere per l’anno 2013: Anche in questo caso gli effetti di economia sono stati ridotti del 40 per cento per tenere conto dei tempi amministrativi effettivi per la liquidazione.

 

b)      incremento posticipo da 6 a 24 mesi

-          soggetti interessati: con riferimento a coloro che maturano i requisiti nel 2012 e manifestano annualmente al propensione al pensionamento, circa 19.000. Tale numero si riduce con riferimento a coloro che maturano i requisiti minimi nel 2013, per effetto dell’innalzamento dei requisiti per tale anno, per ritornare a livelli attorno ai 21.000/22.000 nel 2014;

-          importo medio complessivo della prestazione: circa 60.000 euro (considerando i diversi comparti, di cui circa 70.000 euro per il settore scuola, circa 75.000 euro per il settore ministeri e circa 50.000 euro per il settore degli enti locali), crescente nel tempo;

-          per il computo delle economie si è tenuto conto del posticipo di 24 mesi introdotto dalla disposizione, del regime in vigore in materia di decorrenza del trattamento pensionistico nonché degli effetti fiscali indotti;

-          per il computo delle economie nei vari anni si è tenuto conto dei maggiori oneri derivanti dalle maggiori liquidazioni slittate dagli anni precedenti;

-          con riferimento alla quota di soggetti che maturano i requisiti nell’ultima parte del 2011, gli stessi sono stimati in circa 4.800, con esclusione del settore della scuola, per un importo medio di circa 54.000 euro.

 

Al riguardo, non si hanno rilievi da formulare sotto il profilo della quantificazione, la quale, sulla base dei parametri e delle stime adottati, appare sostanzialmente corretta. Dai dati forniti non risulta peraltro evidente la metodologia di calcolo dell’incidenza sulla stima degli effetti fiscali indotti. Risulterebbe quindi utile disporre di ulteriori elementi di verifica in proposito.

 

ARTICOLO 1, comma 23-bis

Deroga blocco del turn over nelle regioni in Piano di rientro

La norma prevede che, nelle regioni sottoposte ai piani di rientro dai disavanzi sanitari per le quali sia scattato il blocco del turn over ai sensi dell’art 1, comma 174, della legge 311/2004[34], possa essere disposta, con decreto del Ministro della salute di concerto con il Ministro dell’economia, una deroga. Essa è subordinata all’accertamento, da parte del Tavolo di verifica degli adempimenti e dal Comitato LEA, della necessità della deroga medesima al fine di assicurare i livelli essenziali di assistenza, del conseguimento dei risparmi derivanti dalla corrispondente riduzione di prestazioni di lavoro straordinario o in convenzione, della compatibilità con la ristrutturazione della rete ospedaliera e con gli equilibri di bilancio sanitario come programmati nei rispettivi piani di rientro e nei programmi operativi, fermo restando la previsione del raggiungimento dell’equilibrio di bilancio.

 

Il prospetto riepilogativo, riferito al testo modificato dal Senato, non considera la norma introdotta al Senato.

 

La relazione tecnica riprende il contenuto nella norma e specifica come dalla disposizione in esame, tenuto conto delle condizioni poste e del procedimento previsto per l’autorizzazione alla deroga, non derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Al riguardo, non vi sono osservazioni da formulare considerando che la deroga al blocco del turn over è subordinata, da un lato, all’accertamento della necessità di assicurare il mantenimento dei LEA e, dall’altro, della compatibilità con la ristrutturazione della rete ospedaliera e con gli equilibri del bilancio sanitario, come programmati dai piani di rientro ovvero nei programmi operativi.

 

 

ARTICOLO 1, comma 24

Data di celebrazione di festività civili

La norma, modificata nel corso dell’esame presso il Senato,stabilisce che, a decorrere dall’anno 2012, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri[35], siano stabilite annualmente le date in cui ricorrono le festività introdotte con legge dello Stato non conseguente ad accordi con la Santa Sede, nonché le celebrazioni nazionali e le festività dei Santi Patroni in modo tale che le stesse cadano il venerdì precedente ovvero il lunedì seguente la prima domenica immediatamente successiva ovvero coincidano con tale domenica.

Nel corso dell’esame presso il Senato le norme sono state modificate[36], al fine di escludere la loro applicazione alle festività civili del 25 aprile, del 1° maggio e del 2 giugno.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica, riferita al maxiemendamento approvato al Senato, afferma che l’esclusione delle festività civili prevista dal testo non determina effetti negativi per la finanza pubblica.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

ARTICOLO 1, comma 25

Dotazione Fondo ISPE

La norma incrementa di 2 miliardi di euro, per l’anno 2012, la dotazione del Fondo per interventi strutturali di politica economica[37].

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica:

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

maggiori spese correnti

 

 

2.000

 

-

 

-

 

 

2.000

 

-

 

-

 

 

2.000

 

-

 

-

 

 

La relazione tecnica, riferita al testo originario del provvedimento, specifica che gli effetti negativi della disposizione si esprimono in termini di saldo netto da finanziare, fabbisogno e indebitamento netto.

 

Al riguardo non si hanno rilievi da formulare, essendo l’onere limitato all’entità dello stanziamento.

 

ARTICOLO 1, commi 26-27

Roma capitale

Le norme, modificate dal Senato[38]:

-          integrano l’articolo 78, comma 4, del DL 112/2008, relativo al piano di rientro del comune di Roma, disponendo che, per procedere alla liquidazione degli importi inseriti nel piano di rientro e riferiti ad obbligazioni assunte alla data del 28 aprile 2008, sia sufficiente una determinazione dirigenziale del comune (in luogo della deliberazione consiliare), assunta con l’attestazione dell’avvenuta assistenza giuridico-amministrativa del Segretario Generale[39] (comma 26);

-          prevedono che le attività finalizzate all’attuazione del piano di rientro di cui al comma 4 dell’art. 78 del DL n. 112/2008 possano essere direttamente affidate a società totalmente controllate dallo Stato, previa convenzione che individui le predette attività e stabilisca il relativo compenso, nei limiti di spesa previsti dall’art. 14, comma 13-ter del citato decreto legge (comma 26-bis);

-          aumentano di 24 milioni di euro per l'anno 2012 e di 30 milioni di euro per l'anno 2013 la dotazione del Fondo[40] per il finanziamento delle spese non previste, con corrispondente riduzione delle dotazioni del Fondo[41] finalizzato ad agevolare i piani di rientro dei Comuni per i quali sia stato nominato un commissario straordinario. Si applica la procedura prevista dall’art. 1, comma 40, quinto periodo, della L. n. 220/2010 (comma 26-ter).

-          escludono che il sindaco pro-tempore di Roma Capitale possa svolgere l’incarico di Commissario (comma 26-quater);

-          modificano l’articolo 14, comma 17, del DL 78/2010, prevedendo che il Commissario straordinario, nei limiti fissati dall'articolo 2 del decreto MEF 18 marzo 2011[42], possa estinguere i debiti della gestione commissariale verso Roma Capitale, diversi dalle anticipazioni di cassa ricevute, ad avvenuta deliberazione del bilancio di previsione per gli anni 2011-2013, con la quale viene dato espressamente atto dell’adeguatezza e dell’effettiva attuazione delle misure occorrenti per il reperimento delle risorse finalizzate a garantire l’equilibrio economico-finanziario della gestione ordinaria, nonché subordinatamente al giudizio dell’organo di revisione, nell’ambito del parere sulla proposta di bilancio di previsione (comma 27).

Si ricorda che il suddetto articolo 14, comma 17, nella sua formulazione originaria, subordinava l’estinzione dei debiti alla verifica positiva da parte del Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia, in merito all'adeguatezza e all'effettiva attuazione delle misure occorrenti per il reperimento delle restanti risorse nonché di quelle finalizzate a garantire l'equilibrio economico-finanziario della gestione ordinaria.

 

Il prospetto riepilogativo, riferito al testo originario, non ascrive alle norme effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

Il prospetto riepilogativo, riferito alle modifiche apportate dal Senato, ascrive a queste ultime i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica:

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

maggiori spese correnti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

F/ esigenze imprevedibili

24

30

 

24

30

 

24

30

 

Minori spese correnti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

F/ piani di rientro

24

30

 

24

30

 

24

30

 

 

Al riguardo si segnala che il capitolo di spesa relativo al Fondo per agevolare i piani di rientro, indicato nel prospetto sopra riportato come di natura corrente, risulta di parte capitale. Si rinvia in proposito a quanto osservato in merito ai profili di copertura (cfr. infra).

 

La relazione tecnica, riferita al testo originario, con riferimento al comma 26, oltre a descrivere sinteticamente la norma, afferma che si tratta di una disposizione di carattere ordinamentale, che riguarda la procedura di riconoscimento dei debiti fuori bilancio. Tale disposizione, pertanto, non ha effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento afferma che le modifiche apportate al comma 26 non determinano effetti finanziari, in quanto sono volte a disciplinare le modalità per procedere alla liquidazione degli importi inseriti nel Piano di rientro dall'indebitamento pregresso di Roma Capitale e riferiti ad obbligazioni assunte alla data del 28 aprile 2008.

Con riferimento al comma 26-bis - che prevede che il Commissario straordinario possa affidare, con apposita convenzione, alcune attività relative al piano di rientro ad una società totalmente controllata dallo Stato, entro il limite di spesa già previsto a legislazione vigente per il funzionamento della gestione commissariale, pari a 2,5 milioni di euro annui, comprensivi dei compensi per il Commissario e i Subcommissari – la relazione afferma che la disposizione non determina nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Con riferimento al comma 26-ter - che prevede un incremento di 24 milioni di euro per l'anno 2012 e di 30 milioni di euro per l'anno 2013 della dotazione del fondo da ripartire per il finanziamento di interventi urgenti e indifferibili con corrispondente riduzione del Fondo destinato ad agevolare i piani di rientro dei comuni per i quali sia stato nominato un Commissario straordinario – la relazione afferma che il fondo utilizzato a copertura, istituito nello stato di previsione del Ministero dell'Economia e delle Finanze a decorrere dall'anno 2011, presenta sufficienti disponibilità per gli anni 2012 e 2013.

Infine, con riferimento al comma 26-quater - finalizzato a prevedere che il Commissario straordinario titolare della gestione commissariale di Roma Capitale non possa essere il Sindaco – la relazione afferma che la norma non determina effetti finanziari.

 

Nulla da osservare con riferimento al testo originario.

 

In merito alle modifiche apportate dal Senato si osserva che la previsione della possibilità di affidare, dietro compenso, le attività inerenti la gestione commissariale a società di proprietà pubblica (comma 26-bis) appare suscettibile di determinare oneri aggiuntivi a carico della predetta gestione e ridurre corrispondentemente le risorse disponibili per il piano di rientro. Si segnala pertanto la possibilità di eventuali futuri riflessi sulla finanza pubblica connessi a possibili esigenze di rifinanziamento della predetta gestione al fine di garantirne la relativa solvibilità.

In merito alla riduzione delle dotazioni del fondo finalizzato ad agevolare i piani di rientro dei Comuni commissariati, prevista dal comma 26-ter a copertura del rifinanziamento del fondo per spese impreviste, andrebbero chiarito le disponibilità esistenti nel predetto fondo risultino eccedentarie rispetto alle esigenze connesse alla gestione dei piani di rientro. In caso contrario, la destinazione delle risorse in questione ad altre finalità potrebbe determinare in futuro l’esigenza di reperire risorse alternative per il necessario ripiano di posizioni debitorie dei comuni commissariati.

 

ARTICOLO 1, comma 26-ter

Copertura finanziaria

La norma dispone che la dotazione del fondo di cui all'articolo 7-quinquies, comma 1, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 22, sia incrementata di 24 milioni di euro per l'anno 2012 e di 30 milioni di euro per l'anno 2013. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 14, comma 14-bis, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio, n. 122. Si applica la procedura prevista dall'articolo 1, comma 40, quinto periodo, della legge 13 dicembre 2010, n. 220.

 

Al riguardo, con riferimento alle risorse utilizzate a copertura si ricorda che le stesse sono iscritte nel capitolo 7282 dello stato di previsione relativo al Ministero dell’economia e delle finanze.

L’articolo 14, comma 14-bis del decreto-legge n. 78 del 2010 ha previsto, al fine di agevolare i piani di rientro dei comuni per i quali sia stato nominato un commissario straordinario, la costituzione, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, di un fondo con una dotazione di 50 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2011. Il suddetto Fondo è già stato ridotto, nella misura di 50 milioni per l’anno 2011 e di 24 milioni di euro per l’anno 2012, dall’articolo 3, comma 1, lettera d) del decreto-legge n. 225 del 2010.

Con riferimento alla copertura finanziaria utilizzata appare opportuno un chiarimento del Governo in merito alla natura degli interventi che intende finanziare mediante il rifinanziamento del Fondo per eventi urgenti e indifferibili di cui all'articolo 7-quinquies, comma 1, del decreto-legge n. 5 del 2009. Tale chiarimento appare necessario dal momento che potrebbe determinarsi una dequalificazione della spesa dal momento che il suddetto Fondo ha natura corrente e le risorse utilizzate a copertura sono, invece, di conto capitale.

 

ARTICOLO 1, comma 28

Commissione per la valutazione dei trattamenti economici pubblici

La norma prevede che la Commissione di cui all’articolo 1, comma 3, del DL n. 98/2011, cui è attribuito il compito di provvedere alla ricognizione e all’individuazione della media dei trattamenti economici europei per incarichi pubblici, sia integrata con un esperto designato dal Ministro dell’economia e delle finanze.

L’art. 1, comma 3, del DL n. 98/2011[43] (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria) prevede l’istituzione con DPCM[44] di una Commissione che, entro il 1° luglio di ogni anno, provveda alla ricognizione e all’individuazione della media ponderata rispetto al PIL dei trattamenti economici - riferiti all’anno precedente - dei titolari di cariche elettive ed incarichi di vertice negli altri sei principali Stati dell'Area Euro. Nel testo previgente la disposizione prevede che Commissione - presieduta dal Presidente dell’ISTAT - sia composta da 4 esperti, che durano in carica quattro anni. La partecipazione alla Commissione è a titolo gratuito. Alla norma in riferimento non sono stati ascritti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

Il prospetto riepilogativo pur considerando la norma in esame non ascrive alla stessa effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica, riferita al testo originario del provvedimento, afferma che, considerato che la partecipazione alla Commissione è a titolo gratuito, la disposizione non determina oneri a carico della finanza pubblica.

 

Nulla da osservare al riguardo, nel presupposto che la previsione di partecipazione gratuita ai lavori della Commissione (ai sensi dell’articolo 1, comma 3, del DL 98/2001) sia suffiiciente ad escludere l’eventualità di maggiori spese.

Si ricorda infatti che né l’articolo 1, comma 3, del DL 98/2011 né la relativa RT hanno espressamente escluso la corresponsione di ulteriori emolumenti di carattere non retributivo (per es. rimborsi spese).

 

ARTICOLO 1, comma 28-bis

R.ETE. Imprese Italia

Normativa vigente: l’art. 14, comma 19, del DL n. 98/2011, dispone che i poteri di indirizzo e vigilanza in materia di promozione e internazionalizzazione delle imprese sono esercitati dal Ministero dello sviluppo economico e dal Ministero degli affari esteri. Le linee guida e di indirizzo strategico per l'utilizzo delle relative risorse in materia di promozione ed internazionalizzazione delle imprese sono assunte da una cabina di regia, costituita senza nuovi o maggiori oneri, copresieduta dai Ministri degli affari esteri e dello sviluppo economico e composta, oltre che dal Ministro dell'economia, da un rappresentante, rispettivamente, di Unioncamere, della Confindustria e dell’Associazione bancaria italiana.

La norma, introdotta dal Senato, integra - con un rappresentante di “R.ETE. Imprese Italia”[45] - la composizione della cabina di regia responsabile dell’adozione delle linee guida e d’indirizzo strategico per l’utilizzo delle risorse in materia di promozione ed internazionalizzazione delle imprese.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica, riferita al maxiemendamento approvato dal Senato, afferma che la norma presenta carattere ordinamentale e non comporta effetti sui saldi.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

ARTICOLO 1, comma 29

Luogo e sede di lavoro

Le norme stabiliscono che i dipendenti delle amministrazioni pubbliche[46], esclusi i magistrati, su richiesta del datore di lavoro, sono tenuti ad effettuare la prestazione in luogo di lavoro e sede diversi sulla base di motivate esigenze e secondo criteri ed ambiti regolati dalla contrattazione collettiva di comparto (primo periodo).

E’ stabilito che nelle more della disciplina contrattuale si faccia riferimento ai criteri datoriali, e il trasferimento è consentito in ambito del territorio regionale di riferimento. Per il personale del Ministero dell’interno il trasferimento può essere disposto anche al di fuori del territorio regionale di riferimento (secondo periodo).

Dall’attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (terzo periodo).

 

Il prospetto riepilogativo, riferito al testo originario del provvedimento, non ascrive alle norme effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica, riferito al testo originario del provvedimento, sottolinea che la disposizione è intesa a consentire una più razionale allocazione del personale pubblico con esclusione dei magistrati. Conferma quindi che il trasferimento non dovrà, in ogni caso, determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Al riguardo si osserva che – come affermato dalla relazione tecnica - la norma è volta a consentire un’allocazione più razionale del personale pubblico. Poiché, tuttavia, l’utilizzo dei dipendenti in sedi diverse dal luogo di lavoro può avere implicazioni sulla spesa per il personale (retribuzioni, indennità di trasferta, rimborsi) e sull’impatto organizzativo (spazi e strumenti di lavoro), andrebbe meglio precisata la portata applicativa della norma e la platea dei dipendenti interessati, anche al fine di escludere eventuali effetti onerosi.

Dal punto di vista della formulazione letterale del testo, si osserva che non è del tutto chiara la portata innovativa del primo periodo rispetto alla legislazione vigente[47]. Inoltre, la disposizione che consente il trasferimento personale solo in ambito territoriale regionale (secondo periodo) sembrerebbe escludere che, per il personale del comparto sicurezza non facente parte del Ministero dell’interno, possano essere consentiti trasferimenti in ambito ultraregionale.

 

ARTICOLO 1, comma 30

Aspettativa riconosciuta ai componenti di organi elettivi, di Authority e di Agenzie

La norma stabilisce che all’aspettativa riconosciuta[48] ai pubblici dipendenti a seguito di nomina o elezione a componente di alcune specifiche Amministrazioni indicate dal DL 98/2011[[49]]  si applica la disciplina prevista dall’articolo 8, comma 2, della legge 145/2002. Tale ultima norma prevede che il servizio prestato presso enti, organizzazioni internazionali o Stati esteri sia computato per intero ai fini della progressione della carriera, dell'attribuzione degli aumenti periodici di stipendio, del trattamento di quiescienza e previdenza, nonché ai fini della valutazione dei titoli.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica afferma che la norma non determina oneri a carico della finanza pubblica.

 

Nulla da osservare al riguardo nel presupposto – sul quale appare necessario acquisire una conferma da parte del Governo – che attualmente ad alcune delle Autorità e delle Agenzie indicate dal DL 98/2011 non si applichino, in materia retributiva o pensionistica, norme speciali che deroghino la disciplina generale sugli effetti dei periodi di aspettativa[50].

 

ARTICOLO 1, comma 31 (norma soppressa)

Soppressione di enti pubblici non economici

Normativa vigente: L'articolo 26, comma 1, primo periodo, del DL 112/2008, ha previsto la soppressione degli enti pubblici non economici con una dotazione organica inferiore alle 50 unità, con esclusione di alcuni enti tra i quali quelli non inclusi nell’elenco ISTAT e quelli che fossero stati confermati con apposito decreto ministeriale. Il secondo periodo della medesima norma ha previsto, altresì, la soppressione di tutti gli enti pubblici non economici, per i quali, alla scadenza del 31 ottobre 2009, non fossero stati emanati i regolamenti di riordino ai sensi dell’articolo 2, comma 634, della legge n. 244/2007 (legge finanziaria 2008). A tali disposizioni non sono stati ascritti autonomi effetti di risparmio, tenuto conto che erano state introdotte nell’ambito del processo di riordino e soppressione degli enti pubblici impostato con la legge finanziaria 296/2006, rispetto alla quale erano stati  quantificati - per gli anni 2009 e seguenti – risparmi pari a 415 milioni di euro all’anno[51] (obiettivo assistito da un’apposita clausola di salvaguardia)[52]. Dopo la legge 196/2006, sono state periodicamente introdotte norme di revisione della disciplina sulla razionalizzazione degli enti pubblici (fra cui quelle del DL 112/2008, sopra richiamate), considerate a vario titolo strumentali al conseguimento delle economie di spesa già incorporate negli andamenti tendenziali sulla base della predetta legge 296/2006[[53]]. e quindi prive di autonomi effetti di risparmio espressamente quantificati.

La norma, nel testo originario, ha disposto la soppressione[54] degli enti pubblici non economici, con una dotazione organica inferiore a 70 unità, inclusi nell’elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato individuate dall'ISTAT[55]. La norma ha escluso dalla suddetta soppressione:

Ÿ        un gruppo di enti direttamente individuati dalla disposizione in esame (primo periodo).

Si tratta degli ordini professionali e delle loro federazioni; delle federazioni sportive; degli enti la cui funzione consiste nella conservazione e nella trasmissione della memoria della Resistenza e delle deportazioni[56]; delle autorità portuali; degli enti parco;

Ÿ        un gruppo di enti di particolare rilievo da individuare con apposito DPCM entro 45 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento in esame (secondo periodo).

Nel testo originario del decreto legge, infine, la norma prevede che le funzioni esercitate da ciascun ente soppresso siano attribuite all'amministrazione vigilante ovvero, nel caso di una pluralità di amministrazioni vigilanti, a quella titolare delle maggiori competenze nella materia che ne è oggetto  (periodi dal terzo al sesto).

L’amministrazione così individuata succede a titolo universale all’ente soppresso, in ogni rapporto, anche controverso, e ne acquisisce le risorse finanziarie, strumentali e di personale. I rapporti di lavoro a tempo determinato, alla prima scadenza successiva alla soppressione dell’ente, non possono essere rinnovati o prorogati. Con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia, le funzioni commissariali di gestioni liquidatorie di enti pubblici ovvero di stati passivi, riferiti anche ad enti locali, possono essere attribuite a società interamente posseduta dallo Stato.

 

Nel corso dell’esame presso il Senato la norma è stata soppressa.

 

Il prospetto riepilogativo, riferito al testo originario, pur considerando la norma non ascrive alla stessa effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica, riferita al testo originario, ricorda che l’articolo 26 del DL 112/2008 aveva già disposto l’abrogazione degli enti con dotazione organica inferiore alle 50 unità, salvo le deroghe in esso previste ed in parte riproposte dalla norma in esame e salvi, altresì, gli enti che sarebbero stati espressamente confermati con apposito provvedimento. Ricorda, inoltre, che con DM 19 novembre 2008 furono confermati tutti gli enti di quelle dimensioni per un numero pari a 9 e che dunque l’articolo 26 non ha prodotto alcun risparmio.

La norma in esame è finalizzata a realizzare con efficacia l’obiettivo della soppressione degli enti di piccole dimensioni facenti parte delle pubbliche amministrazioni ai sensi delle regole di contabilità nazionale, fatta salva la possibilità di escludere dalla predetta soppressione gli enti di particolare rilievo individuati con DPCM. La norma comprende una platea più ampia di enti destinatari sia per la consistenza della dotazione organica (ora pari a 70 unità) sia perché le deroghe contemplate dalla nuova norma sono inferiori rispetto a quelle del citato articolo 26. Specifica, tra l’altro, che la soppressione interesserebbe anche gli enti di ricerca.

La RT attribuisce a tale norma un risparmio certo che scaturirebbe dal venir meno degli oneri finanziari connessi con i costi di funzionamento dell’ente, nonché di quelli legati ai compensi previsti per gli organi collegiali, la cui quantificazione verrà operata a consuntivo per ragioni di prudenzialità.

In merito all’attribuzione a società interamente possedute dallo Stato delle funzioni commissariali di gestioni liquidatorie di enti pubblici o di stati passivi, riferiti anche a  enti locali, la relazione esclude effetti finanziari negativi in quanto la disposizione tende a rafforzare la sorveglianza ai fini di un più efficace e spedito svolgimento delle attività liquidatorie. Afferma, in particolare, che la disposizione non innova in materia di determinazione dei compensi per i commissari liquidatori.

 

La relazione tecnica, relativa al maxiemendamento approvato dal Senato, ribadisce che al soppresso articolo 1, comma 31, del provvedimento non erano stati ascritti effetti sui saldi di finanza pubblica, essendo quantificabili solo a consuntivo i risparmi attesi dalla medesima norma.

 

Nulla da osservare al riguardo, considerato che la relazione tecnica riferita al maxiemendamento qualifica la soppressione del comma 31 in esame, intervenuta nel corso dell’esame presso il Senato,  essenzialmente come una rinuncia a futuri risparmi non quantificabili, che non risultavano scontati né con riferimento al testo originario del decreto legge né con riferimento alla legislazione previgente.

 

ARTICOLO 1, comma 32

Modalità di determinazione del TFS nel caso di conferimenti di incarichi dirigenziali

La norma, modificando il comma 2 dell’articolo 19 del decreto legislativo n. 165/2001, dispone che, nel caso in cui sia attribuito un incarico dirigenziale con durata inferiore a tre anni (caso possibile unicamente se tale durata coincide con il conseguimento del limite di età per il collocamento a riposo dell’incaricato), ai fini della liquidazione del trattamento di fine servizio (TFS), comunque denominato, nonché ai fini della determinazione della base pensionabile per la determinazione della misura del trattamento di quiescenza[57], l’ultimo stipendio, da utilizzare quale parametro di calcolo, va individuato nell’ultima retribuzione percepita prima del conferimento del medesimo incarico. Tale disposizione si applica agli incarichi conferiti successivamente alla data di entrata in vigore del presente DL nonché agli incarichi aventi decorrenza successiva al 1° ottobre 2011.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla disposizione effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica afferma che dalla disposizione non derivano oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, ponendosi comunque nell’ottica di una razionalizzazione della spesa.

 

Nulla da osservare al riguardo dal momento che la disposizione è volta al contenimento della spesa.

 

ARTICOLO 1, comma 33

Livellamento remunerativo Italia-Europa

Normativa previgente: l’articolo 1, comma 1, del DL 98/2011 limita il trattamento economico omnicomprensivo annualmente corrisposto per gli incarichi pubblici, prevedendo che esso non possa superare la media ponderata rispetto al PIL degli analoghi trattamenti economici percepiti annualmente dai soggetti che svolgono funzioni omologhe negli altri sei principali Stati dell'area euro. La misura si applica agli organi costituzionali (esclusa la Presidenza della Repubblica), alle autorità amministrative indipendenti (esclusa la Banca d’Italia), alle regioni, alle province, ai comuni, alle Agenzie ed enti pubblici indicati in un apposito elenco (allegato A).

L’articolo 1, comma 2, primo periodo, del DL n. 98/2011 prevede che la predetta misura di contenimento delle retribuzioni si applichi anche ai segretari generali, ai capi dei dipartimenti, ai dirigenti generali e ai titolari degli uffici a questi equiparati.

Si ricorda che alle predette norme non sono stati ascritti effetti finanziari, in quanto – secondo la relazione tecnica – i conseguenti risparmi potranno essere quantificati soltanto a consuntivo.

La norma sostituisce integralmente il primo periodo dell’articolo 1, comma 2, del DL n. 98/2011. Il nuovo testo prevede che la misura di contenimento delle retribuzioni prevista dal precedente comma 1 si applichi:

·        alle cariche e agli incarichi negli organismi, enti e istituzioni, anche collegiali, indicati nell’apposito elenco allegato al DL 98/2011 (allegato A);

·        ai segretari generali, ai capi dei dipartimenti, ai dirigenti di prima fascia, ai direttori generali degli enti e ai titolari degli uffici a questi equiparati delle amministrazioni centrali dello Stato.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica specifica che la disposizione estende quanto previsto in materia di livellamento retributivo dal comma 1, dell’art. 1 del DL 98/2011 alle figure dirigenziali di vertice delle amministrazioni centrali dello Stato e degli enti.

 

Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare, considerato che la norma è volta ad ampliare la platea dei soggetti interessati dalla misura di risparmio disciplinata dall’art. 1, del DL 98/2011, alla quale non sono associati effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

ARTICOLO 1 comma 33-bis 

Mantenimento in bilancio di somme in conto capitale

Normativa vigente: l’articolo 10, comma 8, del decreto legge 98/2011 ha recentemente modificato alcune disposizioni in materia di perenzione amministrativa dei residui di bilancio. In particolare la norma, sostituendo l’articolo 36, commi 1-3, del regio decreto 2440/1923 (disciplina di contabilità generale dello Stato), ha previsto quanto segue:

-          modificando il primo comma, è stato ridotto da tre a due anni il termine di perenzione dei residui passivi propri di conto capitale (ossia delle somme impegnate ma non pagate). Tale termine è stato così  equiparato a quello previsto per le spese di parte corrente. Inoltre è stata soppressa  la possibilità di mantenere in bilancio, fino al terzo esercizio successivo a quello di iscrizione, i residui di parte corrente concernenti spese per lavori, forniture e servizi. Anche per tali residui, pertanto, il termine di perenzione è stato portato a due anni;

-          modificando il secondo comma, è stata eliminata la possibilità di conservare in bilancio i residui di stanziamento (ossia le somme non impegnate) delle spese in conto capitale. In particolare, la normativa previgente[58] consentiva il mantenimento in bilancio, fino a tutto l’esercizio successivo rispetto a quello di riferimento, delle somme in conto capitale che, entro la fine dell’esercizio finanziario di competenza, non risultassero impegnate[59]. Anche in questo caso, quindi, il trattamento ordinario delle somme in conto capitale è stato equiparatoa quello previsto per le spese di parte corrente[60];

-          modificando il terzo comma, è stata introdotta la possibilità di reiscrizione in bilancio, nel primo esercizio dopo l’anno terminale, delle somme per autorizzazioni di spese pluriennali che hanno costituito economie in quanto non sono state impegnate nella prima annualità di autorizzazione[61].

La relazione tecnica al decreto legge 98/2011 ha ascritto effetti di risparmio alla sola modifica del primo comma: riduzione da tre a due anni del termine di perenzione dei residui passivi di conto capitale e dei residui di parte corrente concernenti spese per lavori, forniture e servizi. Tali effetti (=minori spese in conto capitale) ammontano a 500 milioni di euro annui a decorrere dal 2012, scontati esclusivamente sui saldi di fabbisogno e di indebitamento netto.

Si ricorda che, nel caso di un precedente provvedimento di abbreviazione dei termini di perenzione delle spese in conto capitale (articolo 3, comma 36, della legge 244/2007)[62], la relazione tecnica aveva ascritto a tale misura effetti di risparmio pari a circa 1,3 miliardi di euro all’anno.

La norma, introdotta nel corso dell’esame presso il Senato[63], sostituisce l’articolo 36, commi secondo e terzo, del regio decreto 2440/1923 apportando le seguenti modifiche alla vigente disciplina contabile:

Ÿ        articolo 36, secondo comma: viene ripristinata la possibilità di mantenere in bilancio per tutto l’esercizio successivo, rispetto a quello di iscrizione, gli stanziamenti relativi a spese in conto capitale non impegnate entro la fine dell’esercizio finanziario di competenza[64].

Come in precedenza ricordato, tale possibilità era prevista dall’articolo 36, secondo comma, del regio decreto 2440/1923 nella formulazione vigente prima dell’entrata in vigore del recente DL 98/2011.

Ÿ        articolo 36, terzo comma: viene soppressa la possibilità di reiscrivere in bilancio, per un solo esercizio finanziario, nella competenza dell’esercizio successivo a quello terminale, le somme per autorizzazioni di spese pluriennali non impegnate nella prima annualità di autorizzazione e andate quindi in economia.

Tale soppressione discende dalla mancata riproposizione – con la norma in esame – dell’articolo 36, terzo comma, del testo vigente del regio decreto 2440/1923 (mancata riproposizione che, nella sostanza, equivale ad una soppressione).

Come ricordato, la reiscrizione nell’esercizio successivo a quello terminale può attualmente avvenire (ai sensi del citato terzo comma) con la legge di bilancio.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica, riferita al maxiemendamento approvato dal Senato,  afferma che la disposizione non comporta effetti sui saldi di finanza pubblica in quanto alla disposizione del DL 98/2011 con cui tale termine di perenzione è stato ridotto non erano stati ascritti effetti di risparmio.

 

Al riguardo si osserva che la norma è volta a ripristinare la possibilità (già prevista prima dell’entrata in vigore del recente DL 98/2011) di mantenere in bilancio, per un esercizio aggiuntivo, gli stanziamenti in conto capitale non impegnati. Il testo, come affermato dalla relazione tecnica, interviene su una disposizione del DL 98/2011 (con cui tale termine di perenzione è stato ridotto) al quale non sono stati ascritti effetti finanziari. Ciò premesso, andrebbe comunque chiarito se la norma in esame possa determinare un aumento della spesa in ragione di una maggiore disponibilità di risorse spendibili nell’esercizio di scadenza.

Come ricordato, con altre disposizioni contenute nella legge 244/2007 e nel decreto legge 98/2011 sono stati invece abbreviati i termini di conservazione in bilancio delle somme in conto capitale e di parte corrente impegnate: a tali disposizioni erano stati ascritti effetti di contenimento della spesa per cassa. Dai dati forniti dalle precedenti relazioni tecniche riferite a tali disposizioni si desumeva che ad un’abbreviazione dei termini di perenzione dei residui propri, ossia delle somme impegnate, può corrispondere un effetto di risparmio (variabile a seconda della maggiore o minore accelerazione delle procedure amministrative da cui dipendono gli impegni di spesa)[65].

Si osserva infine che l’abolizione (prevista dal testo in esame) della possibilità di prolungare i termini temporali delle spese pluriennali dovrebbe consentire – in base agli elementi forniti dalla relazione tecnica al DL 98/2011[[66]] - di superare possibili profili di onerosità (riferiti ad esercizi finanziari successivi a quelli considerati dalla manovra in esame e, comunque, non scontati ai fini dei saldi di finanza pubblica). Sul punto appare utile acquisire dal Governo elementi di valutazione.

 

ARTICOLO 1-bis

Trattamento economico spettante al personale del Ministero degli affari esteri nel periodo di servizio all’estero

Normativa vigente. L’articolo 170, del DPR n. 18/1967[67], disciplina gli assegni e l’indennità spettanti al personale del Ministero degli affari esteri in servizio all'estero. E’ stabilito che a detto personale, oltre allo stipendio e agli assegni di carattere fisso e continuativo previsti per l'interno, compresa l'eventuale indennità o retribuzione di posizione nella misura minima prevista dalle disposizioni applicabili (tranne che per tali assegni sia diversamente disposto), spettino, quando è in servizio presso le rappresentanze diplomatiche e gli uffici consolari di prima categoria, l'indennità di servizio all'estero, stabilita per il posto di organico che occupa, nonché le altre competenze eventualmente spettanti in base alle disposizioni dello stesso decreto n. 18/1967. E’, altresì, previsto che nessun'altra indennità ordinaria e straordinaria può essere concessa, a qualsiasi titolo, al personale suddetto in relazione al servizio prestato all'estero in aggiunta al trattamento previsto dal citato decreto.

Le norme, introdotte dal Senato[68], recano l’interpretazione autentica di alcune disposizioni recate dall'articolo 170 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18. E’ stabilito, in particolare, che:

Ÿ        il trattamento economico complessivamente spettante al personale dell'Amministrazione degli affari esteri nel periodo di servizio all'estero, anche con riferimento a «stipendio» e «assegni di carattere fisso e continuativo previsti per l'interno», non include né l'indennità di amministrazione né l'indennità integrativa speciale;

Ÿ        durante il periodo di servizio all'estero al suddetto personale possono essere attribuite soltanto le indennità previste dal decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18.

 

Il prospetto riepilogativo riferito al maxiemendamento approvato al Senato non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento approvato al Senato afferma che le disposizioni sono finalizzate a porre termine al contenzioso seriale, riferito sia all'indennità di amministrazione, sia all'indennità integrativa speciale, instauratosi nei confronti del Ministero degli affari esteri, dal quale possono derivare ingenti oneri a carico della finanza pubblica.

In particolare, la relazione tecnica afferma che sono già pervenuti 32 ricorsi che richiedono la liquidazione dell’indennità di amministrazione in caso di servizio all’estero. I ricorsi interessano 1.131 dipendenti, di questi 454 hanno già avuto sentenza favorevole e l’amministrazione è risultata soccombente in tutte le sentenze di primo grado. Le somme esigibili dai ricorrenti ammontano a 5,5 milioni circa mentre le somme oggetto di contenzioso ammontano a circa 32 milioni di euro (considerato che i dipendenti degli Affari esteri in servizio all'estero sono circa 2.000 unità all'anno). Si deve, inoltre, considerare che l'onere annuale salirà a circa 7 milioni annui a partire dal 2008, per effetto sia degli incrementi contrattuali sia del numero degli interessati. Sono, inoltre, pervenuti 23 ricorsi che richiedono la liquidazione dell’indennità integrativa speciale in caso di servizio all’estero. I ricorsi interessano 813 dipendenti, di questi 331 hanno già avuto sentenza favorevole e l’amministrazione è risultata soccombente in tutte le sentenze di primo grado. Le somme oggetto di contenzioso ammontano a circa 100 milioni di euro. Tale importo sarebbe destinato a crescere nel caso in cui presentassero ricorso anche gli oltre 500 diplomatici in servizio all’estero ogni anno.

Le stime esposte non includono il pagamento delle spese legali.

 

Nulla da osservare al riguardo, considerata la finalità della norma, volta a  ridurre gli oneri a carico della finanza pubblica derivanti da misure la cui applicazione è oggetto di contenzioso.

 

ARTICOLO 1-ter

Modifiche in materia di procedura civile

Le norme, introdotte con il maximendamento, prevedono che alcune modifiche all’articolo 81-bis delle disposizioni per la attuazione del codice di procedura civile, che tratta del calendario del processo, al fine di ridurre la spesa pubblica e migliorare l’organizzazione del servizio di giustizia.

Le modifiche stabiliscono, tra l’altro, che il mancato rispetto dei termini fissati nel calendario del processo da parte del giudice, del difensore o del consulente tecnico d’ufficio può costituire violazione disciplinare, nonché essere considerato ai fini della valutazione della professionalità e della nomina o conferma agli uffici direttivi e semidirettivi.

Le predette norme si applicano alle controversie instaurate successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione in esame.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica, riferita al maxiemendamento approvato al Senato, non considera la norma.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

ARTICOLO 2, commi 1 e 2

Contributo di solidarietà

Le norme, nel testo iniziale, dispongono che, a decorrere dal 2011 e fino al 2013, sul reddito complessivo ai fini IRPEF di importo superiore a 90.000 euro sia dovuto un contributo di solidarietà. Il contributo è determinato nella misura del 5, per cento sulla parte eccedente il predetto importo di 90.000 euro e fino a 150.000 euro, e nella misura del 10 per cento sulla parte eccedente 150.000 euro.

L’ammontare del contributo è deducibile dal reddito complessivo ai sensi dell’articolo 10 del TUIR. 

Sono contestualmente abrogati:

l’articolo 9, comma 2, del decreto legge n. 78 del 2010, che ha introdotto dal 1° gennaio 2011 al 31 dicembre 2013 una riduzione, di entità analoga al contributo in esame, dei trattamenti economici complessivi dei dipendenti pubblici;

l’articolo 18, comma 22-bis, del decreto legge n. 98 del 2011, che ha introdotto dal 1° agosto 2011 al 31 dicembre 2014 una riduzione, di entità analoga al contributo in esame, dei trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie, nonché dei trattamenti corrisposti in aggiunta o ad integrazione del trattamento pensionistico obbligatorio.

Le norme prevedono, inoltre, che, ove l’applicazione del contributo determini un aggravio di prelievo superiore a quello che si produrrebbe applicando l’aliquota marginale del 48 per cento allo scaglione di reddito oltre i 75.000 euro, il contribuente possa optare per tale ultima modalità di prelievo[69].

Le modalità di attuazione delle disposizioni in esame sono rinviate ad apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro il 30 settembre 2011. Tale provvedimento dovrà garantire l’assenza di oneri per il bilancio dello Stato ed assicurare il coordinamento con le disposizioni soppresse.

 

Il prospetto riepilogativo riferito al testo originario assegna alle norme i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

Maggiori entrate

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Contributo

2.829,0

2.829,0

2.829,0

2.829,0

2.829,0

2.829,0

2.829,0

2.829,0

2.829,0

Minori entrate

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Deducibilità

2.051,0

1.172,0

1.172,0

2.051,0

1.172,0

1.172,0

2.051,0

1.172,0

1.172,0

Add. Reg.

 

 

 

35,0

35,0

35,0

35,0

35,0

35,0

Add. Com.

 

 

 

15,6

12,0

12,0

15,6

12,0

12,0

Contr. DL 78/2010

29,0

29,0

0,0

29,0

29,0

0,0

29,0

29,0

0,0

Contr. DL 98/2011

24,0

24,0

24,0

24,0

24,0

24,0

24,0

24,0

24,0

Maggiori spese

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Add. Reg.

35,0

35,0

35,0

 

 

 

 

 

 

Add. Com.

15,6

12,0

12,0

 

 

 

 

 

 

 

La relazione tecnica riferita al testo iniziale afferma che, ai fini della stima, sono state effettuate apposite elaborazioni attraverso il modello di microsimulazione  IRPEF, basato sui dati delle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche presentate nel 2009 (periodo d’imposta 2008). I redditi, con esclusione delle rendite su base catastale, sono stati proiettati all’anno 2011.

In base a tali elaborazioni, considerando anche gli effetti della clausola di salvaguardia che prevede l’opzione per l’applicazione dell’aliquota del 48 per cento per lo scaglione di reddito superiore a 75.000 euro[70], la relazione stima un gettito annuo del contributo di solidarietà di 2.829 milioni di euro.

Al fine di ottenere il corrispondente gettito annuo netto, sono stati inoltre stimati, sempre in base alle predette elaborazioni, gli effetti della deducibilità del contributo dal reddito complessivo, pari a 1.172 milioni annui, gli effetti in termini di minore gettito delle addizionali regionale e comunale, pari, rispettivamente, a 35 e a 12 milioni di euro annui.

Sono stati, inoltre, sottratti gli effetti finanziari a suo tempo ascritti alle norme che hanno introdotto le riduzioni dei trattamenti dei dipendenti pubblici e dei pensionati, soppresse nel testo iniziale.

Pertanto, in termini di cassa, tenendo conto del fatto che il contributo di solidarietà è dovuto per il periodo 2011-2013, la relazione tecnica, riferita al testo iniziale, espone i seguenti effetti finanziari netti.

 

(milioni di euro)

 

2012

2013

2014

Contributo di solidarietà

2.829

2.829

2.829

Deduzione contributo

-2.051

-1.172

-1.172

Addizionale regionale

-35

-35

-35

Addizionale comunale

-15,6

-12

-12

Contributo DL 78/10

-29

-29

 

Contributo DL 98/11

-24

-24

-24

Totale

674,4

1.557

1.586

 

Le norme nel testo risultante dalle modifiche approvate dal Senato sono state integralmente sostituite. E’ previsto, in particolare (comma 1), che le disposizioni di cui all’articolo 9, comma 2, del decreto legge n. 78 del 2010, che ha introdotto dal 1° gennaio 2011 al 31 dicembre 2013 una riduzione dei trattamenti economici complessivi dei dipendenti pubblici, nonché quelle dell’articolo 18, comma 22-bis, del decreto legge n. 98 del 2011, che ha introdotto dal 1° agosto 2011 al 31 dicembre 2014 un contributo perequativo sui trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie, nonché sui trattamenti corrisposti in aggiunta o ad integrazione del trattamento pensionistico obbligatorio, continuino ad applicarsi nei termini temporali rispettivamente previsti dalle norme stesse.

E’, inoltre, previsto (comma 2) che, a decorrere dal 1° gennaio 2011 e fino al 31 dicembre 2013, sul reddito complessivo ai fini IRPEF, di cui all’articolo 8 del TUIR, di importo superiore a 300.000 euro lordi annui sia dovuto un contributo di solidarietà del 3 per cento sulla parte eccedente il predetto importo.

Ai fini della verifica del superamento del limite di 300.000 euro rilevano, per i dipendenti pubblici, anche i redditi di lavoro dipendente di cui all’articolo 9, comma 2, del decreto legge n. 78 del 2010 al lordo della riduzione ivi prevista e, per i pensionati, i trattamenti pensionistici  di cui all’articolo 18, comma 22-bis, del decreto legge n. 98 del 2011, al lordo del contributo di perequazione ivi previsto.

Il contributo di solidarietà del 3 per cento, tuttavia, non si applica ai redditi, rispettivamente, di lavoro dipendente ed ai trattamenti pensionistici, cui si applicano le citate decurtazioni previste dal D.L. 78 e dal D.L. 98.

Il contributo di solidarietà è deducibile dal reddito complessivo. Per l’accertamento, la riscossione ed il contenzioso del contributo di solidarietà si applicano le disposizioni vigenti per le imposte sui redditi.

Con decreto del Presidente della Repubblica, da emanarsi entro il 31 ottobre 2011, saranno disciplinate le modalità tecniche di applicazione del contributo garantendo l’assenza di oneri per il bilancio dello Stato ed il coordinamento con le disposizioni di cui all’articolo 9, comma 2, del decreto legge n. 78 ed all’articolo 18, comma 22-bis, del  decreto legge n. 98 del 2011.

Con decreto del Presidente della Repubblica, l’efficacia delle disposizioni di cui al comma 2 in esame può essere prorogata anche per gli anni successivi al 2013, fino al raggiungimento del pareggio di bilancio.

 

Il prospetto riepilogativo riferito al maxiemendamento approvato al Senato ascrive alle disposizioni i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

Soppressione contributo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Minori entrate

674,4

1.557

1.586

674,4

1.557

1.586

674,4

1.557

1.586

Introduzione nuovo contributo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Maggiori entrate

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Contributo

269

269

269

269

269

269

269

269

269

Minori entrate

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Deducibilità

210

120

120

210

120

120

210

120

120

Add. Reg.

 

 

 

3,6

3,6

3,6

3,6

3,6

3,6

Add. Com.

 

 

 

1,6

1,2

1,2

1,6

1,2

1,2

Maggiori spese

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Add. Reg.

3,6

3,6

3,6

 

 

 

 

 

 

Add. Com.

1,6

1,2

1,2

 

 

 

 

 

 

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento introdotto al Senato ricorda che la modifica di cui al comma 1 fa venire meno, sostanzialmente, le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 del testo originario, istitutivi del contributo di solidarietà, ripristinando la previgente normativa riguardante i dipendenti pubblici ed i pensionati.

Gli effetti finanziari risultano, pertanto i seguenti.

 

(milioni di euro)

 

2012

2013

2014

Contributo di solidarietà

-2.829

-2.829

-2.829

Deduzione contributo

2.051

1.172

1.172

Addizionale regionale

35

35

35

Addizionale comunale

15,6

12

12

Contributo DL 78/10

29

29

 

Contributo DL 98/11

24

24

24

Totale

-674,4

-1.557

-1.586

 

In riferimento all’introduzione del contributo di solidarietà per i redditi di importo superiore a 300.000 euro, di cui al comma 2, la medesima relazione tecnica afferma che, ai fini della stima sono state effettuate apposite elaborazioni tramite il modello di microsimulazione IRPEF basato sui dati delle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche presentate nel 2009, riferite al periodo d’imposta 2008.

I redditi, ad esclusione delle rendite su base catastale, sono stati quindi rivalutati al 2011.

In base a tali elaborazioni, che tengono conto degli effetti di quanto disposto dall’articolo 9, comma 2 del decreto legge n. 78 del 2010 e dall’articolo 18, comma 22-bis, del decreto legge n. 98 del 2011, risulta un ammontare annuo del contributo di solidarietà pari a 269 milioni.

Ai fini della stima, dell’effetto netto di gettito occorre ridurre tale ammontare dei relativi effetti fiscali, connessi alla deducibilità del contributo. Tali effetti sono stimati su base annua in 120 milioni a titolo di IRPEF, 3,6 milioni a titolo di addizionale regionale e 1,2 milioni a titolo di addizionale comunale.

Gli effetti complessivi, considerando la vigenza della disposizione di cui al comma 2 per il periodo 2011-2013, cui corrispondono effetti di cassa per il periodo 2012-2014, sono riassunti nella tavola che segue.

 

(milioni di euro)

 

2012

2013

2014

Contributo di solidarietà

269

269

269

IRPEF

-210

-120

-120

Addizionale regionale

-3,6

-3,6

-3,6

Addizionale comunale

-1,6

-1,2

-1,2

Totale

53,8

144,2

144,2

 

Al riguardo si segnala preliminarmente che le minori entrate derivanti dalla soppressione del contributo, come previsto nel testo iniziale del provvedimento, risultano compensate, nel prospetto riepilogativo riferito al maxiemendamento approvato al Senato, dagli effetti finanziari, oltre che  del comma 2, delle altre misure di entrata introdotte in tale fase dell’iter parlamentare (Articolo 1, commi 1 e 12; articolo 2, commi da 36-bis a 36-vicies bis).

Per i profili di quantificazione delle suddette altre misure si rinvia, pertanto, alle singole schede ad esse riferite.

In merito alla stima degli effetti del comma 2 si osserva che il ricorso ad elaborazioni effettuate mediante utilizzo del modello di microsimulazione – di cui la relazione tecnica indica i soli risultati finali – se, da un lato, garantisce una puntuale quantificazione degli effetti finanziari, dall’altro non consente un’analitica verifica delle stime proposte. Si segnala, inoltre, che la relazione tecnica non fornisce i parametri in base ai quali i redditi dichiarati nel 2009, alla base delle elaborazioni, sono stati rivalutati al 2011.

In merito alla distribuzione temporale delle maggiori entrate derivanti dal contributo – che la relazione tecnica ipotizza costanti in ciascuno degli anni dal 2012 al 2014 - si rileva che tale distribuzione dipende, di fatto, dalle modalità di versamento del prelievo, modalità, peraltro, non esplicitate dalle norme in esame.

Le modalità di versamento del prelievo potrebbero essere diversificate in base alla natura del reddito prevalente del contribuente (ad esempio trattenute effettuate mensilmente dal sostituto d’imposta per i lavoratori dipendenti ovvero autoliquidazione per gli esercenti attività di lavoro autonomo), con effetti diversificati sui tempi di acquisizione all’erario del maggior gettito (11/13 della competenza annua per i lavoratori dipendenti, versamento a saldo ed in acconto per gli autonomi).

Sempre in merito all’andamento temporale degli effetti finanziari ascritti alla norma, si segnala che, in base ai dati ed alle ipotesi adottate dalla relazione tecnica, nel 2015 dovrebbe realizzarsi una ripresa di gettito IRPEF, pari a 90 milioni, conseguente al recupero del minore acconto versato nel 2014 per effetto della deduzione del contributo qualora non si verifichino le condizioni per una proroga dell’applicazione della norma

Andrebbero, inoltre, chiarite le modalità in base alle quali, ai fini della stima degli effetti, si sia tenuto conto delle disposizioni che prevedono, per i dipendenti pubblici ed i pensionati che espongono anche altre tipologie di reddito, l’assoggettamento al nuovo contributo di solidarietà con l’esclusione dei redditi di lavoro dipendente pubblico, ovvero dei trattamenti pensionistici.

Sempre in merito a tali categorie di contribuenti appare opportuno chiarire quali saranno le modalità applicative del contributo di solidarietà, nell’ipotesi di un prolungamento della sua efficacia oltre i termini di vigenza, rispettivamente, delle disposizioni di cui all’articolo 9, comma 2, del decreto legge n. 78 del 2010 e dell’articolo 18, comma 22-bis, del decreto legge n. 98 del 2011.

Infine, appare opportuno acquisire chiarimenti in merito agli eventuali effetti finanziari relativi alle addizionali regionali e comunali derivanti dall’applicazione della norma con riferimento alla disciplina recata dai decreti legislativi n. 23/2011 (federalismo municipale) e n. 68/2011 (federalismo regionale).

 

ARTICOLO 2 commi da 2-bis a 2-quater

Aumento aliquota IVA

Le norme nel testo risultante dalle modifiche approvate dal Senato, dispongono l’aumento dell’aliquota IVA dal 20% al 21%.

 

Il prospetto riepilogativo riferito al maxiemendamento introduttivo delle norme in esame ascrive i seguenti effetti di maggior gettito:

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2011

2012

2013

2014

2011

2012

2013

2014

2011

2012

2013

2014

Maggiori entrate tributarie

700

4.236

4.236

4.236

700

4.236

4.236

4.236

700

4.236

4.236

4.236

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento afferma che, al fine di determinare la variazione di gettito, sono state prese in considerazione le basi imponibili relative alle singole aliquote, determinate secondo la metodologia utilizzata per il calcolo della base imponibile ai fini delle risorse proprie UE (consumi finali delle famiglie, consumi assimilati a quelli finali, acquisti con IVA indetraibile) per l’anno 2008.

Applicando la ripartizione proporzionale così ottenuta, al gettito IVA 2009 al netto della riscossione dei ruoli si ottiene un maggior gettito su base annua pari a 4.236 milioni di euro.

Per l’anno 2011 il maggior gettito è stimato in circa 700 milioni di euro.

 

Al riguardo, si segnala che la relazione tecnica, attribuendo un andamento costante al maggior gettito stimato su dati riferiti al 2009, non considera i possibili effetti di contrazione dei consumi legati all’attuale fase di congiuntura economica sfavorevole.

Inoltre, andrebbero acquisiti chiarimenti in merito ai criteri utilizzati per la quantificazione del dato in termini di cassa nel primo anno di applicazione (2011). Sul punto, andrebbe chiarita, in particolare, la distribuzione fra contribuenti mensili e trimestrali tenuto conto che, relativamente a questi ultimi, il gettito ascrivibile al 2011 interessa le operazioni effettuate dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto legge e il 30 settembre.

 

ARTICOLO 2 comma 3

Maggiori entrate nel settore dei giochi e aumento dell’imposta di consumo sulle sigarette

La norma dispone quanto segue.

Il Ministero dell’economia-Amministrazione dei monopoli di Stato, con propri decreti dirigenziali da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame, emana tutte le disposizioni in materia di giochi pubblici utili al fine di assicurare maggiori entrate (primo periodo).

Il testo precisa che, ai predetti fini, i decreti dirigenziali possono prevedere:

-          l’introduzione di nuovi giochi;

-          l’indizione di nuove lotterie, anche ad estrazione istantanea;

-          l’introduzione di nuove modalità di gioco del Lotto;

-          l’adozione di nuove modalità di gioco dei giochi numerici a totalizzazione nazionale;

-          la variazione della percentuale della posta di gioco a montepremi ovvero delle vincite in denaro;

-          la variazione della misura del prelievo erariale unico;

-          la variazione della percentuale del compenso per le attività di gestione ovvero per i punti vendita.

Il Ministro dell’economia può disporre con propri decreti, entro il 30 giugno 2012[[71]], l’aumento dell’aliquota di base dell’accisa sui tabacchi lavorati[72] (secondo periodo).

Tali decreti, emanati su proposta del Direttore generale dell’Amministrazione dei monopoli di Stato, tengono conto anche degli eventuali provvedimenti di variazione delle tariffe dei prezzi di vendita al pubblico dei tabacchi lavorati nel frattempo intervenuti.

L’attuazione delle predette disposizioni assicura maggiori entrate in misura non inferiore a 1.500 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2012 (terzo comma).

Tali maggiori entrate sono integralmente attribuite allo Stato.

 

Il prospetto riepilogativo, riferito al testo originario del provvedimento, ascrive alla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

Maggiori entrate tributarie e extratributarie

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Delega entrate giochi e accise sul fumo

1.500

1.500

1.500

1.500

1.500

1.500

1.500

1.500

1.500

 

 

La relazione tecnica, riferita al testo originario del provvedimento, nulla aggiunge al contenuto della norma.

Non risultano trasmesse, nel corso dell’esame presso il Senato, documentazioni tecniche integrative.

 

Al riguardo si osserva che la relazione tecnica non fornisce i dati e gli elementi posti alla base delle previsioni di maggiore entrata ascritte alla norma in esame. In particolare, non sono indicate né una ripartizione di massima, fra i due settori di intervento[73], del complessivo obiettivo di gettito (1,5 miliardi di euro all’anno) né le ipotesi di evoluzione delle rispettive dinamiche di mercato e di prodotto coerenti con il conseguimento dei predetti introiti. 

Con riferimento al settore dei giochi, l’effettiva praticabilità di un incremento del gettito dovrebbe essere verificata anche alla luce dell’attuale andamento della raccolta e degli utili erariali per le principali attività di gioco (apparecchi con vincite in denaro, lotterie, Lotto e Superenalotto, scommesse), tenendo conto - fra l’altro - che sia il decreto legge 39/2009 sia il recente decreto-legge 98/2011 hanno già previsto significativi effetti di incremento del gettito nel settore, complessivamente pari, per gli anni 2012 e seguenti,  a circa 1 miliardo di euro all’anno[74].  In relazione a tali misure, si segnala che alcuni ambiti di intervento tornano ad essere interessati anche dalla manovra in esame: è il caso del Lotto, dei giochi numerici a totalizzazione nazionale, dei giochi di nuova introduzione. Tenuto conto dell’entità considerevole degli introiti che si prevede di incassare, andrebbero forniti dati ed elementi in ordine ai valori di gettito già iscritti negli andamenti tendenziali per gli anni 2012 e seguenti, nonché in ordine agli strumenti che si intende introdurre per conseguire i risultati di gettito indicati dal testo.

Circa l’andamento della raccolta e delle conseguenti entrate erariali, si segnala che nel corso del 2011 i dati dell’Amministrazione dei Monopoli mostrano un andamento crescente della raccolta nei mesi da gennaio a giugno (+19,8% rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente). Anche i dati sul gettito erariale fanno registrare, nel medesimo semestre, un significativo incremento (+14% circa)[75].

Andrebbe inoltre precisato in quali settori di intervento e in quale proporzione si intenda, attraverso gli interventi prospettati dal testo, incrementare la raccolta (per esempio attraverso l’emersione di aree di gioco irregolare, l’aggiornamento dell’offerta al pubblico, l’incremento dei montepremi) ovvero aumentare il rendimento erariale anche a parità di raccolta (per esempio attraverso misure di contrasto dell’evasione o attraverso una rimodulazione degli introiti a vantaggio dell’erario[76]).

Dal punto di vista metodologico, si ribadisce quanto già osservato in precedenti occasioni (adozione di misure volte a incrementare il gettito attraverso un ampliamento dell’offerta di gioco), ossia che ai fini di una verifica delle stime di gettito andrebbero distintamente evidenziati sia gli eventuali effetti (positivi) di incremento della raccolta – a seguito dei nuovi interventi posti in essere - sia quelli (negativi) di sostituzione all’interno del comparto dei giochi.

Quanto alle variazioni dell'aliquota di base dell'accisa sui tabacchi lavorati - nel ribadire che, in assenza di dati circa l’obiettivo di gettito assegnato a tale specifica misura, non è possibile verificarne la concreta praticabilità -, si osserva che le stime di maggior gettito dovrebbero prudenzialmente incorporare un effetto di riduzione dei consumi ovvero di possibili comportamenti irregolari o elusivi[77].

Il Bollettino delle entrate tributarie n. 112 (agosto 2011) indica, per il periodo gennaio-giugno 2011, incassi da imposta sul consumo dei tabacchi pari a 5.014 milioni di euro  (+125 milioni di euro, rispetto allo stesso semestre del 2010, pari a +2,6%).

Si segnala infine che, riguardo alle misure in esame, nel corso dell’audizione sul DL 138/2011 presso le Commissioni Bilancio di Camera e Senato[78], la Corte dei Conti ha rilevato  «l’atipicità della disposizione che non definisce un dettato normativo suscettibile di produrre l’effetto di gettito desiderato, ma si limita ad assegnare un obiettivo di gettito al Direttore generale dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, lasciandolo libero di emanare i provvedimenti ritenuti funzionali al raggiungimento del medesimo obiettivo. Del risultato di gettito atteso vanno peraltro sottolineate le incertezze che lo circondano. Per quanto riguarda il settore dei giochi pubblici non si può infatti ignorare che per conseguire i crescenti obiettivi di gettito assegnatigli, si è ormai costretti, da molti anni, a puntare su un’esponenziale dilatazione della raccolta; a costo, tuttavia, di una ricomposizione del “portafoglio prodotti”, in favore di quelli caratterizzati da una più ridotta componente impositiva. Questo percorso ha condotto al “paradosso”, segnalato anche recentemente dalla Corte, di una forte dinamica della raccolta da giochi, a fronte di una stasi dei proventi netti per l’Erario. Va preso atto, dunque, che esistono dei limiti: non tanto allo sviluppo dell’attività del gioco pubblico (sia pure in un contesto che continua ad essere minato da significative aree di illegalità), quanto alle attese che possono esservi fondate dal lato del gettito. Le cautele che invece riguardano le entrate erariali connesse al fumo discendono dal grado di elasticità al prezzo del consumo di sigarette[79]; un’elasticità accentuata dai forti aumenti impositivi succedutisi negli ultimi anni e da stili di vita più attenti ai profili della salute. Anche in questo caso, dunque, gli spazi per incrementi di gettito non sono illimitati».

 

ARTICOLO 2, comma 4

Limitazione nell’uso del contante

La norma dispone che, al fine di rafforzare i meccanismi di prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio di proventi illeciti, l’ utilizzo legale dei contanti[80] come mezzo di pagamento sia ridotto a 2.500 euro, anziché 5.000 euro.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti finanziari.

 

La relazione tecnica afferma che, in via prudenziale, non vengono stimati effetti finanziari.

 

ARTICOLO 2, comma 4-bis

Disapplicazione di sanzioni e abrogazione di norme in materia di antiriciclaggio

La norma, introdotta nel corso dell’iter al Senato, esclude l’applicazione delle sanzioni per le violazioni previste dall’articolo 58 del d.lgs. n. 231/2007 riferite alle disposizioni sulle limitazioni dell’uso del contante[81], così come modificate dal comma 4 dell’articolo 2 del decreto in esame, commesse nel periodo che va dal 13 agosto al 31 agosto 2011. si dispone, inoltre, che, a decorrere dal 1° settembre 2011, le predette sanzioni sono applicate attraverso gli uffici territoriali del Ministero dell’economia e delle finanze.

Vengono, infine, abrogate le disposizioni[82] che limitano il trasferimento di denaro contante per importi pari o superiori a 2.000 euro, effettuato per il tramite degli esercenti attività di prestazione di servizi di pagamento nella forma dell'incasso e trasferimento dei fondi, limitatamente alle operazioni per le quali si avvalgono di agenti in attività finanziaria.

 

Il prospetto riepilogativo, riferito al maxiemendamento, non considera la norma.

 

La relazione tecnica, riferita al maxiemendamento, afferma che la diposizione in esame non determina effetti finanziari in quanto introduce una breve moratoria nell’applicazione delle sanzioni per le violazioni connesse all’abbassamento della soglia antiriciclaggio da 5.000 euro a 2.500 euro, in modo da consentire un’adeguata divulgazione del contenuto della nuova disciplina e permettere agli intermediari finanziari di allineare i propri sistemi di controllo interno.

La RT afferma, inoltre, che, anche dopo la soppressione delle Direzioni territoriali dell’economia e delle finanze, talune sanzioni in materia di antiriciclaggio continuano ad essere applicate attraverso gli Uffici territoriali del Ministero dell’economia e delle finanze, che operano con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

La RT afferma, pertanto, che alla disposizione non si ascrivono effetti, in considerazione anche del breve lasso temporale interessato.

 

Al riguardo, appare opportuno acquisire una conferma da parte del Governo che l’abrogazione delle disposizioni previste dai commi 18 e 19 dell’articolo 49 del d.lgs. 231/2007, relative ai limiti di trasferimento di denaro contante, non determinino effetti in termini di efficacia delle norme in materia di antiriciclaggio con possibili conseguenti effetti finanziari.

Nulla da osservare, invece, per quanto riguarda la disapplicazione delle sanzioni previste.

 

ARTICOLO 2, comma 5

Disposizioni in materia di sanzioni

La norma inserendo due nuovi commi all'articolo 12 del decreto legislativo n. 471 del 1997[83], definisce una nuova sanzione accessoria, riguardante la sospensione dell'iscrizione all'albo o all'ordine professionale, per un periodo da tre giorni a un mese, per i soggetti che abbiano commesso, nell'esercizio della professione, nel corso di un quinquennio e in differenti giornate, quattro distinte violazioni all'obbligo di emissione di documenti attestanti i corrispettivi.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti finanziari.

 

La relazione tecnica afferma che la norma ha la finalità di incrementare le attività di prevenzione e repressione dei fenomeni di frode ed è tesa a produrre effetti principalmente di deterrenza e, pertanto, si stima prudenzialmente che la stessa non comporti sostanziali effetti finanziari.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

ARTICOLO 2, commi 5-bis e 5-ter

Recupero somme condono

La norma, introdotta nel corso dell’iter al Senato, dispone che l'Agenzia delle entrate e le società del gruppo Equitalia, al fine di recuperare all'entrata del bilancio dello Stato le somme dichiarate e non versate dai contribuenti che si sono avvalsi dei condoni e delle sanatorie di cui alla legge 27 dicembre 2002, n. 289, anche dopo l'iscrizione a ruolo e la notifica delle relative cartelle di pagamento, provvedono all'avvio, entro e non oltre trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, ad una ricognizione di tali contribuenti. Nei successivi trenta giorni, le società del gruppo Equitalia provvedono, altresì, ad avviare nei confronti di ciascuno dei contribuenti di cui al periodo precedente ogni azione coattiva necessaria al fine dell'integrale recupero delle somme dovute e non corrisposte, maggiorate degli interessi maturati, anche mediante l'invio di un'intimazione a pagare quanto concordato e non versato alla prevista scadenza, inderogabilmente entro il termine ultimo del 31 dicembre 2011.

In caso, inoltre, di omesso pagamento delle somme dovute e iscritte a ruolo entro il predetto termine, si applica una sanzione pari al 50 per cento delle predette somme e la posizione del contribuente relativa a tutti i periodi di imposta successivi a quelli condonati, per i quali è ancora in corso il termine per l'accertamento, è sottoposta a controllo da parte dell'Agenzia delle entrate e della Guardia di Finanza entro il 31 dicembre 2012, anche con riguardo alle attività svolte dal contribuente medesimo con identificativo fiscale diverso da quello indicato nelle dichiarazioni relative al condono.

Si dispone, infine, che, per i medesimi soggetti che hanno aderito al condono, i termini per l’accertamento ai fini IVA pendenti al 31 dicembre 2011 sono prorogati di un anno.

 

Il prospetto riepilogativo  riferito al maxiemendamentonon considera la norma.

 

La relazione tecnica, riferita al maxiemendamento, afferma che le disposizioni in esame sono suscettibili di determinare effetti positivi con accelerazione della riscossione di somme già accertate negli anni precedenti mediante il rafforzamento delle azioni coattive nei confronti dei contribuenti che hanno omesso il versamento delle rate del condono di cui alla legge n. 289 del 2002. La RT non ritiene comunque prudenziale considerare maggiori introiti, in termini di sola cassa.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

ARTICOLO 2, commi da 6 a 34

Aliquota unica sui redditi di natura finanziaria

Normativa previgente: La disciplina fiscale in materia di tassazione delle rendite finanziarie è contenuta in numerosi provvedimenti che prevedono, in alternativa al regime ordinario, due misure di aliquote di imposta sostitutiva delle imposte sui redditi pari al 12,5% e al 27%. L’applicazione di una o dell’altra misura dipende da numerose variabili quali la tipologia del reddito (es. proventi derivanti da partecipazione a fondi d’investimento nel primo caso e interessi su depositi bancari nel secondo caso), il soggetto investitore (persona fisica o persona giuridica), l’emittente degli strumenti finanziari (Stato o altro ente pubblico, società private), la durata dell’investimento (breve, medio e lungo termine), la tipologia di strumento finanziario (titolo di Stato, obbligazione, azione, ecc.).

 

Le norme, nel testo risultante dalle modifiche approvate dal Senato, intervengono sui vari provvedimenti che disciplinano la materia in esame disponendo, in linea generale:

a)      l’introduzione di una aliquota unica fissata in misura pari al 20% (comma 6);

b)     l’esclusione dall’ambito di applicazione della nuova aliquota di alcune tipologie di investimento alle quali, pertanto, continua ad applicarsi l’aliquota previgente. In particolare sono esclusi dal regime impositivo in commento i redditi dei titoli di Stato e quelli ad essi equiparati (es. buoni fruttiferi postali), i titoli pubblici emessi dagli Stati esteri che consentono un adeguato scambio di informazioni (c.d. white list[84]), le forme di previdenza complementare di cui al D.Lgs. n. 252/2005, i titoli di risparmio per l’economia meridionale[85], i piani di risparmio a lungo termine appositamente istituiti, gli interessi dei prestiti obbligazionari pagati alle società consociate site in altri Stati membri UE che non siano beneficiari effettivi[86], utili spettanti alle società estere assoggettati ad imposta negli Stati membri dell’UE e negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo inclusi nella white list[87] (commi 7 e 8);

c)      la decorrenza, fissata al 1° gennaio 2012, che opera sulla base di diversi criteri. Infatti, per gli interessi nonché per i risultati del risparmio gestito si applica il criterio della maturazione, per i dividendi si applica il principio di cassa, per le plusvalenze si applica il principio della realizzazione. La nuova misura comporta, relativamente agli interessi su obbligazioni private di cui al D.Lgs. n. 239/1996 e sulle gestioni individuali di portafoglio maturati a cavallo degli anni 2011-2012, l’obbligo - per il sostituto d’imposta  - di applicare le diverse aliquote vigenti rispettivamente fino al 31/12/2011 e a decorrere dal 1/1/2012 (commi da 9 a 12).;

d)     norme introdotte con finalità di coordinamento con la disciplina previgente (commi da 13 a 25), tra le quali si segnalano:

-              il comma 13 lett b), modificando l’art. 26-quinquies del DPR 600/73 (Ritenuta sui redditi di capitale derivanti  dalla  partecipazione  ad  Organismi di Investimento Collettivo di Risparmio italiani e lussemburghesi storici), dispone che la base imponibile della ritenuta è determinata al netto di una quota – la cui misura dovrà essere determinata con decreto del Ministro delleconomia e delle finanze - dei proventi riferiti a obbligazioni pubbliche ovvero a obbligazioni emesse da Stati inclusi nella white list. Analoghe disposizioni sono contenute nel comma 14 per quanto concerne i proventi degli OIVCM esteri[88] e nel comma 23 con riferimento ai redditi di capitali relativi a contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione. In ogni caso, la norma introdotta sembrerebbe trovare giustificazione nel fatto che gli investimenti potrebbero avere natura mista e comprendere anche titoli di Stato per i quali l’aliquota rimane invariata;

-              il comma 13 lett.c), modificando l’art.27 del DPR 600/73 (Ritenuta sui dividendi), esclude l’applicazione dell’aliquota 12,5% per azionisti di risparmio e riduce da 4/9 a ¼ la quota di rimborso della ritenuta prevista in favore di percettori non residenti dai fondi pensione. La disposizione sembrerebbe diretta ad allineare, anche se non in modo perfettamente coincidente, la quota di rimborso spettante in quanto i 4/9 sono applicati all’aliquota del 12,50%, mentre la nuova quota è applicata all’aliquota del 20%;

-              il comma 15 lett.b) , modificando l’art. 73 del TUIR, interviene sulla disciplina fiscale degli Organismo di Investimento Collettivo in Valori Mobiliari (OIVCM) italiani (diversi dai fondi immobiliari) e lussemburghesi. In particolare, nell’individuare l’ambito di esclusione non riproduce la previgente condizione in base alla quale la ritenuta non si applica solo se la giacenza media sia superiore ad un certo valore;

-              il comma 19, lett.a), b) e c), modificando gli artt. 5, 6 e 7 del d.Lgs. 461/97, introduce un periodo ai sensi del quale i redditi diversi derivanti da obbligazioni e altri titoli pubblici nonché da obbligazioni emesse da Stati inclusi nella white list sono computati in misura pari al 62,5% del realizzato. La norma è finalizzata a neutralizzare l’applicazione dell’aliquota del 20% ai redditi derivanti da titoli pubblici ed assimilati per i quali viene fatta salva l’aliquota del 12,5% (infatti 62,5% x 20% corrisponde al 12,50%);

-              il comma 22 stabilisce che ai proventi rilevanti in materia di adeguatezza patrimoniale ai sensi della normativa comunitaria e delle discipline prudenziali nazionali, emessi da intermediari vigilati dalla Banca d’Italia o dall’ISVAP si applica il regime dei titoli obbligazionari rientranti nel D.Lgs. n. 239/1996 e che essi siano deducibili dal reddito dell’emittente.

Sul punto la relazione illustrativa chiarisce che la norma è intesa a fronteggiare la crisi finanziaria in campo internazionale. “Con riferimento all’emittente la criticità riguarda il regime fiscale delle remunerazioni corrisposte ai portatori dei titoli in oggetto, mentre sotto il profilo dell’investitore per effetto di tali clausole i medesimi titoli rientrano nel novero dei c.d. titoli atipici ex DL n. 512/83 e, quindi, di titoli con un trattamento fiscale deteriore. Al fine di non creare una situazione di svantaggio rispetto ai medesimi titoli emessi da soggetti non residenti, si è previsto che ai proventi degli strumenti finanziari in esame si rende applicabile il regime dei titoli obbligazionari rientranti nel D.Lgs. n. 239/96”;

e)      norme di carattere transitorio (commi da 26 a 34). In proposito:

-         i commi da 26 a 28 disciplinano le modalità di applicazione delle nuove norme individuando gli adempimenti fino al 31/12/2011 e quelli a decorrere dal 2012;

-         i commi da 29 a 32 consentono l’affrancamento delle plusvalenze e le minusvalenze di cui art. 67, c.1, lettere da c-bis) a c-quinquies), del TUIR determinate assumendo quale valore di acquisto quello attribuito al 31/12/2011. A tal fine il contribuente esercita una specifica opzione a fronte della quale corrisponde sul maggior valore l’aliquota del 12,5%;

-         il comma 33 stabilisce che i risultanti negativi delle gestioni individuali di portafoglio di cui all’art. 7 del D.Lgs. 461/97 sono portati in deduzione dai risultati successivi, entro i limiti temporali previsti dall’art. 10 del medesimo decreto, per una quota pari al 62,5% del loro ammontare.

 

 

Il prospetto riepilogativo riferito al testo iniziale del provvedimento[89], ascrive alle norme i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

Maggiori entrate

1.421

1.534

1.915

1.421

1.534

1.915

1.421

1.534

1.915

 

La relazione tecnica riferita al testo iniziale afferma che per la quantificazione degli effetti finanziari sono stati utilizzati i dati contenuti nel Bilancio dello Stato in quanto gran parte del prelievo si realizza all’interno di regimi sostitutivi i quali non sono evidenziati nelle dichiarazione dei redditi. 

Il valore in termini di competenza

Sono stati considerati i capitoli di bilancio che registrano il gettito delle ritenute versate dai sostituti d’imposta in relazione alle fattispecie interessate dalle norne in esame. Poiché alcuni capitoli riportano un ammontare che comprende, indistintamente, sia le imposte calcolate al 12,5% sia quelle calcolate al 27% la relazione tecnica segnala la necessità di elaborare i dati originari di gettito per poter individuare, all’interno dei diversi capitoli, le componenti attribuibili a ciascuna delle due aliquote sopra indicate. A tal fine, evidenzia la RT, sono stati utilizzati dati di fonti diverse (principalmente informazioni su stock e flussi sulle attività e passività finanziarie dell’Italia desunti dalle pubblicazioni di Banca d’Italia).

Una seconda ulteriore elaborazione è stata necessaria per individuare la distribuzione degli stock fra i settori istituzionali al fine di individuare le differenti categorie di percettori e, pertanto, attribuire il gettito ad imposte versate a titolo definitivo ovvero a titolo di acconto. 

Ferme restando le predette elaborazioni effettuate – rispetto alle quali la relazione tecnica non fornisce ulteriori dettagli – viene precisato che:

-         i dati utilizzati sono riferiti al gettito del 2010;

-         non sono stati assunti significativi effetti di sostituzione rispetto alle scelte di portafoglio operate dagli investitori. Tuttavia, la relazione tecnica ritiene che il maggior gettito ottenuto dagli investimenti che subiscono un incremento dell’aliquota fiscale (dal 12,5% al 20%) possa essere ridotto, in via prudenziale, del 5%;

-         è stata esclusa la possibilità che gli investitori sostituiscano gli attuali investimenti in attività finanziarie con investimenti in attività reali (immobili) in quanto, chiarisce la relazione tecnica, il mercato immobiliare italiano non mostra segnali di crescita.  

Sulla base del procedimento sopra illustrato, la relazione tecnica fornisce i risultati in termini di competenza annua indicati nelle seguenti tabelle nelle quali, inoltre, viene inserito anche il valore stimato in termini di cassa esaminato, nel dettaglio, nel successivo paragrafo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 


TABELLA A – aumento dell’aliquota dal 12,5% al 20% (ritenute a titolo definitivo)

(milioni di euro)

Capitolo/art.

Descrizione

Maggior gettito

 

 

Competenza

annua

cassa

 

 

2012

2013

2014

1026/2+1026/3+

1026/4+1026/14+

1026/19+1026/23

1) Sostitutiva e ritenuta su interessi di obbligazioni e titoli similari tassati al 12,5%

1.106

784

1.106

1.106

1026/6+1026/18+

1026/20+1026/25

2) Ritenute interessi e redditi di capitale di fonte estera e quote OIVCM

110

90[90]

110

110

1026/1+1026/7+

1026/8

3) Ritenute cambiali e altri

156

143

156

156

1027

4) Ritenuta su utili distribuiti da persone giuridiche

191

143

191

191

1031

5) Ritenuta su redditi di capitale dei fondi d’investimento

20

18

20

20

1034/2+1032

6) Sostitutiva su risparmio gestito (risultato maturato dalle gestioni individuali) + plusvalenze su partecipazioni azionarie

238

0

238

238

1034/4

7) Sostitutiva su redditi diversi

264

220

264

264

1195

8) Sostitutiva assicurazioni (contratti capitalizzazione)

111

102

111

111

 

TOTALE A

2.196

1.500

2.196

2.196

 


 

TABELLA B – diminuzione dell’aliquota dal 27% al 20% (ritenute a titolo definitivo)

(milioni di euro)

Capitolo/art.

Descrizione

Minor gettito

 

 

Competenza

annua

cassa

 

 

2012

2013

2014

1026/5+1026/26

1) Ritenute interessi da aziende di credito e poste (depositi, c/c, libretti postali e certificati deposito)

-256

0

-486

-256

1026/2+1026/3+1026/19+

1026/23

2) Sostitutiva su interessi obbligazioni al 27% e titoli similari

-1

 

-1

-1

1026/11

3) Ritenute sui proventi titoli e certificati atipici

-4

-4

-4

-4

1026/25

4) Redditi di capitale di fonte estera

-1

-1

-1

-1

1027

5) Ritenute sugli utili distribuiti dalle persone giuridiche

-15

 

-15

-15

 

TOTALE B

-277

-5

-507

-277

MAGGIOR GETTITO NETTO(1)

(maggior gettito Tabella A al netto minor gettito Tabella B)

1.919

1.494

1.689

1.919

            (1) Sono possibili arrotondamenti.

 


b) Effetti di cassa per ritenute a titolo definitivo

La stima degli effetti in termini di cassa è effettuata considerando il disallineamento temporale esistente tra il momento in cui la ritenuta è operata e il momento in cui la stessa viene versata alle casse erariali da parte del  sostituto d’imposta; tale circostanza rileva, in particolare, nel primo anno di applicazione in quanto i versamenti effettuati nei primi mesi del 2012 possono riferirsi a ritenute operate nel 2011 e, pertanto, calcolate in base alle aliquote previgenti.

Una particolare procedura è prevista per le ritenute operate sulle cedole obbligazionarie, relative ad interessi maturati a cavallo degli esercizi 2011-2012, in quanto l’aliquota deve essere applicata in base al criterio della maturazione degli interessi (pro-rata temporis).

Ulteriori variazioni tra il dato di cassa e quello di competenza riguardano le ritenute operate dalle banche e dalle poste sugli interessi maturati nei depositi e conti correnti. Tali variazioni determinano effetti anche nei periodi d’imposta successivi in quanto scontano gli effetti del meccanismo di saldo/acconto previsto per il versamento delle ritenute da parte delle banche.

La RT quantifica gli effetti di cassa distintamente per ciascuna tipologia di investimento, in base alle modalità e ai termini vigenti per il versamento delle ritenute operate dal sostituto d’imposta al momento del pagamento dei relativi redditi.

Con riferimento ai prestiti obbligazionari – voce n. 1) nella Tabella A – le variazioni per cassa interessano esclusivamente le ritenute sugli interessi maturati in un periodo a cavallo di due esercizi la cui cedola (trimestrale, semestrale, annuale)  viene pagata posticipatamente al termine del periodo stesso, ossia nel successivo periodo d’imposta. A tal fine la RT afferma che“si dovranno considerare i flussi di interesse e la relativa imposizione che matura mese per mese. Di conseguenza la variazione di gettito prevista per la prima cedola (a cavallo tra i due diversi regimi) sarà pari in media ai 15/72 dell’incremento annuo (15/6 x 1/12) mentre la seconda cedola sarà invece interamente soggetta al nuovo regime”. Pertanto il maggior gettito in termini di cassa attribuito, nel primo anno, ai redditi relativi ai presti obbligazionari ammonta a:

1.106milioni x(½ x 15:72) = 784 milioni

 

Con riferimento alle tipologie di reddito relativamente alle quali il versamento della ritenuta è effettuato mensilmente – voci n. 2)[91] , 3), 5) e 8) della Tabella A nonché voci n. 3) e 4) della Tabella B – il valore per cassa del primo anno di applicazione è calcolato in misura corrispondente agli 11/12 del dato di competenza. Pertanto: (385-5) x 11 : 12 = 348 milioni

 

Per i redditi relativi al risparmio amministrato – voce n. 7) della Tabella A – i versamenti della ritenuta sono effettuati entro il secondo mese successivo a quello del pagamento e, pertanto, sono considerati in termini di cassa per il primo anno in misura corrispondente ai 10/12 del valore di competenza. Pertanto: 264 x 10 : 12 = 220 milioni.

 

Il versamento della ritenuta sugli utili distribuiti dalle società – voce n. 4) della Tabella A –è effettuato entro il primo mese successivo al trimestre solare nel quale sono state operate le ritenute. Pertanto, il valore di cassa nel primo anno corrisponde ai 9/12 dell’ammontare in competenza: 191 : 12 x 9 = 143 milioni.

 

Infine, la stima di cassa attribuibile alle ritenute operate da banche e poste sui conti correnti e depositi – voce 1) della Tabella B – considera l’obbligo, a carico dei predetti sostituti d’imposta, di effettuare il versamento delle ritenute operate attraverso un meccanismo di saldo/acconto che prevede un acconto complessivo in corso d’anno pari ai 9/10 delle ritenute dell’anno precedente (l’acconto è versato in due rate uguali con scadenza a giugno e ottobre) e il versamento del saldo nel mese di febbraio dell’anno successivo. Gli effetti rettificativi sono indicati nella seguente tabella che si basa su un minor gettito annuo in termini di competenza pari a 256 milioni di euro.

Versamento delle ritenute da parte di banche e poste

in milioni di euro

 

2012

2013

2014

Saldo 2011

0

 

 

Acconto 2012

0

 

 

Saldo 2012

 

-256

 

Acconto 2013

 

-230

 

Saldo 2013

 

 

-26

Acconto 2014

 

 

-230

Totale

0

-486

-256

 

c) Effetti di cassa per ritenute operate a titolo di acconto

Ulteriori rettifiche al dato di competenza sono apportate per tenere conto che una parte delle ritenute operate è effettuata a titolo di acconto e, pertanto, viene computata in dichiarazione dei redditi dai contribuenti interessati in riduzione dell’imposta lorda calcolata.

Per la quantificazione, la relazione tecnica utilizza dati di fonte Banca d’Italia al fine di individuare la quota del gettito attribuibile alle ritenute a titolo di acconto d’imposta in base sia alla tipologia dei soggetti passivi sia alla tipologia di investimento. In base alla procedura sopra illustrata, la relazione tecnica stima che la modifica della tassazione degli interessi sui depositi bancari dal 27% al 20% determina minori ritenute, e conseguentemente un maggior saldo d’imposte in sede di dichiarazione dei redditi, pari a 55 milioni di euro mentre in relazione agli strumenti finanziari per i quali il regime di tassazione passerà dal 12,5% al 20% la maggiori ritenute, e conseguentemente un minor saldo d’imposte in sede di dichiarazione dei redditi, sono stimati in circa 32 milioni di euro.

La valutazione degli effetti di cassa è effettuata ipotizzando un acconto delle imposte pari al 75% come risulta dalla seguente tabella.

Ritenute a titolo di acconto: prospetto saldo/acconto imposte contribuenti

 in milioni di euro

Descrizione

Competenza annua

Cassa

2012

2013

2014

Minori ritenute su depositi (dal 27% al 20%)

55

0

 

 

Maggiori ritenute su altri strumenti (dal 12,5% al 20%)

-32

 

 

 

Competenza annua

23

 

 

 

Saldo 2012

 

 

23

 

Acconto 2013

 

 

17

 

Saldo 2013

 

 

 

6

Acconto 2014

 

 

 

17

Effetti cassa

 

0

35(1)

23

(1)  La relazione tecnica, indicando per un errore materiale 55+41=91, riporta come totale il valore di 35 in luogo di 40.

 

d) Opzione per l’affrancamento delle plusvalenze latenti (commi 29-32)

Le norme consentono ai contribuenti di determinare, con riferimento alla data del 31/12/2011, le plusvalenze e le minusvalenze latenti - ossia quelle maturate ma non realizzate alla predetta data – al fine di affrancare il maggior valore determinato attraverso il pagamento dell’aliquota previgente.

L’esercizio dell’opzione, come precisato dalla RT, interessa i contribuenti che possono applicare, in presenza di una plusvalenza, un’aliquota più conveniente (12,5%) rispetto a quella applicabile in base alla nuova normativa (20%). A fronte di tale beneficio, gli stessi contribuenti devono anticipare il versamento dell’imposta, rinunciano al differimento della stessa. La relazione tecnica stima che l’opzione sarà esercitata per un ammontare corrispondente all’80% delle plusvalenze latenti.

Al fine di individuare le modalità di distribuzione della effettiva realizzazione delle plusvalenze latenti, in assenza di dati specifici, viene considerato il periodo medio di detenzione dei fondi comuni italiani (tenendo conto degli switch) pari a circa 2 anni. Ipotizzando una distribuzione lineare e costante delle plusvalenze da realizzare negli anni 2012 – 2013 si ottiene un valore di plusvalenze latenti al 1° gennaio 2012 pari al 73% di quelle che comunque si sarebbero realizzate nel corso dell’anno più il 23% di quelle che si sarebbero realizzate nel corso dell’anno successivo.

Infatti, in base alle ipotesi di linearità e costanza adottate, in ciascun mese a decorrere da gennaio 2012 si realizzano 1/24 delle plusvalenze latenti al 1/1/2012. A ciascuna di esse viene attribuito un peso – per il calcolo della media ponderata – corrispondente al numero dei mesi di possesso maturato prima della data di entrata in vigore della disposizione in esame.

La stima dell’ammontare delle plusvalenze latenti al 1/1/2012 non viene fornito dalla relazione tecnica. Tuttavia, nella formula matematica utilizzata per la stima degli effetti finanziari, è evidenziato un valore – pari a 463 milioni – corrispondente al gettito atteso dalla realizzazione delle plusvalenze latenti in base alla normativa previgente (aliquota 12,50%). Si desume, pertanto, che l’ammontare delle plusvalenze latenti al 1/1/2012 risulta stimato in misura pari a 3.704 milioni di euro.

In base alle ipotesi sopra illustrate, considerata la quota optante (80%) cui corrisponde un imponibile pari a (3.704x80%=2.963) e un gettito atteso a legislazione previgente pari a (463 mln x 80% = 370 mln) si stimano i seguenti effetti in termini di competenza:

1)      nel 2012, si realizza, da un lato, una perdita di gettito con riferimento alle plusvalenze che si sarebbero comunque realizzate nel 2012 (73%) e relativamente alle quali i contribuenti versano un’imposta ad aliquota 12,5% in luogo del 20% mln 2.963x73%x (20%-12,5%) = - 162 milioni. Da un altro lato, un recupero di gettito dovuto al versamento in anticipo delle imposte sulle plusvalenze che si realizzeranno nel 2013: mln 2.963x23%x12,5% = + 85 milioni. Pertanto, il valore netto di competenza 2012 risulta pari a – 77 milioni;

2)      nel 2013, si realizza una perdita di gettito relativamente alle plusvalenze la cui realizzazione è attesa nel 2013 e relativamente alle quali sarebbe stata versata un’imposta ad aliquota 20%: mln 2.963x23%x20% = - 136 milioni

 Per la stima degli effetti di cassa, la relazione tecnica afferma di applicare i meccanismi di versamento – senza ulteriori precisazioni – in base ai quali gli effetti di minor gettito sono pari a 50 milioni nel 2012, 140 milioni nel 2013 e 23 milioni nel 2014.

 

La stima degli effetti dovuti all’esercizio dell’opzione da parte dei fondi comuni esteri è effettuata considerando che fino al 30 giugno 2011 è stato applicato il regime del maturato. Pertanto, considerando che la disposizione interessa le plusvalenze latenti maturate dal 1 luglio 2011, ed applicando le medesime ipotesi e metodologie illustrate per i fondi comuni italiani, la relazione tecnica indica effetti di minor gettito pari a:

-              in termini di competenza, -28 mln nel 2012, -49 mln nel 2013;

-              in termini di cassa, -23 mln nel 2012, - 50 mln nel 2013 e – 4 mln nel 2014.

 

Riepilogo degli effetti ascritti

La seguente tabella evidenzia il riepilogo degli effetti ascritti in termini di cassa alle disposizioni in commento.

Milioni di euro

 

2012

2013

2014

2015

Unificazione aliquota al 20%

1.494

1.689

1.919

1.919

Ritenute operate a titolo acconto

0

35

23

23

Opzione per tassazione agevolata plusvalenze latenti

- 73

-190

- 27

--

TOTALE

1.421

1.534(*)

1.915

1.942

(*) Valore pari a 1.539 milioni tenendo conto dell’errore materiale rilevato nella relazione tecnica in riferimento al prospetto saldo/acconto relativo alle ritenute a titolo di acconto.

 

Al riguardo appare opportuno evidenziare alcune considerazioni che interessano sia il profilo generale della quantificazione operata sia specifici aspetti concernente più in dettaglio la procedura adottata.

In linea generale, si segnala che la stima degli effetti finanziari relativi all’unificazione dell’aliquota al 20% è effettuata considerando un ammontare di investimenti interessati dalla disposizione in esame – non espressamente indicato in relazione tecnica – pari complessivamente a 34,8 miliardi di euro dei quali l’88,6% (30,8 mld) è attribuito ad investimenti che subiscono un incremento di aliquota d’imposta (dal 12,5% al 20%) e il restante 11,4% (4 mld) è attribuito ad investimenti che subiranno una riduzione di aliquota (dal 27% al 20%).

I suddetti valori, non esplicitati nella RT, corrispondono alle implicite basi imponibili relative al gettito indicato in relazione tecnica. Infatti, il maggior gettito indicato nel totale della Tabella A (2.196 milioni di euro) corrisponde a: investimenti (30,8 mld) x maggiore aliquota (20%-12,5%) x riduzione prudenziale (1-5%).

Analogamente, la perdita gettito indicata in Tabella B (277 milioni di euro) si ottiene: investimenti (4 mld) x minore aliquota (27%-20%)

La suddetta ripartizione è ottenuta, afferma la relazione tecnica, a seguito di elaborazioni effettuate sui singoli capitali cui è ascritto il gettito 2010 rispetto alle quali non vengono, tuttavia, forniti i criteri e le ipotesi adottate.

La prima delle richiamate elaborazioni è diretta a ripartire il totale del gettito 2010 considerato in due quote imputabili all’applicazione delle aliquote previgenti pari, rispettivamente, al 12,5% e il 27%. Tenuto conto della rilevanza assunta dalla suddetta ripartizione ai fini della quantificazione degli effetti finanziari nonché del rilevante peso attribuito (88,6%) ad investimenti per i quali si prevede un incremento dell’aliquota, appare opportuno che siano acquisiti i dati e gli elementi sottostanti tali ipotesi al fine di poterne verificare la congruità e la presenza di specifici criteri di prudenzialità.

A titolo esemplificativo, si segnala la pubblicazione Banca d’italia “LA RICCHEZZA DELLE FAMIGLIE ITALIANE – 2009” la quale evidenzia la seguente distribuzione delle attività finanziarie possedute dalle famiglie nel 2009:

- 29,8% in biglietti, monete, depositi bancari e risparmio postale;

- 44,2% in obbligazioni private, titoli esteri, prestiti alle cooperative, azioni, partecipazioni in quasisocietà e fondi comuni di investimento;

- 17,7% in riserve tecniche di assicurazione;

- 5,3% in titoli pubblici italiani;

- 3% in crediti commerciali e altri conti attivi.

La seconda elaborazione è diretta a ripartire gli investimenti soggetti ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi – relativamente ai quali si determinano effetti finanziari in termini di competenza e di cassa – da quelli soggetti a ritenuta a titolo d’acconto – relativamente ai quali si determinano esclusivamente effetti in termini di cassa.

Circa i criteri di prudenzialità adottati per la valutazione del gettito atteso dalla norma in esame, si ricorda che la relazione tecnica ipotizza che il 95% degli investimenti che subiscono un incremento di 7,5 punti percentuali dell’aliquota d’imposta non siano interessati da effetti di sostituzione e che, in ogni caso, nessun investitore scelga di sostituire l’investimento effettuato in attività finanziarie con attività reali (immobili). In riferimento a tale ipotesi si ritiene che, qualora, a titolo esemplificativo, gli investitori interessati decidano di rivolgere i propri risparmi verso forme di previdenza complementare avrebbero diritto a fruire della deduzione dall’imponibile IRPEF delle somme versate determinando effetti non considerati dalla relazione tecnica.

Sempre in merito all’ammontare degli investimenti utilizzato per la quantificazione, la relazione tecnica si basa su un dato relativo all’anno 2010 senza considerare gli effetti di proiezione negli anni successivi. Sarebbe opportuno, in via prudenziale, acquisire dati relativi alla costanza degli investimenti nel tempo, tenuto conto del recente andamento dei mercati finanziari, nonché degli effetti conseguenti l’attuale crisi economica che si riflettono anche sugli investimenti e sul risparmio dei contribuenti.

La stima degli effetti di cassa relativi all’unificazione dell’aliquota appaiono, in linea generale, corretti e prudenziali. Si segnala, tuttavia, che non risulta chiara la spiegazione relativa al passaggio logico in base al quale gli effetti per il 2012 relativi ai prestiti obbligazionari sono ridotti a 784 milioni di euro. Inoltre, andrebbero precisate le motivazioni per cui non sono ascritti effetti in termini di cassa per l’anno 2012 ad alcune voci (punto n. 6 e parte del punto n. 2 della tabella A, punti nn. 2 e 5 della tabella B).

La stima degli effetti di cassa relativi alle ritenute operate a titolo di acconto è effettuata sulla base di ipotesi adottate relativamente alle quali la relazione tecnica fornisce una illustrazione complessiva senza indicare i valori assunti e i parametri utilizzati per la quantificazione medesima. Viene, pertanto, fornito il valore di competenza stimato – distinguendo i depositi bancari dagli altri investimenti – e, applicando a questo un acconto di imposte pari al 75%, si ottengono gli effetti in termini di cassa. Sul punto appare necessario acquisire maggiori informazioni circa le ipotesi assunte. Andrebbe, tra l’altro, indicato se tra i criteri adottati si è tenuto conto delle possibili opzioni esercitate dai contribuenti che, a seguito dell’aumento dell’aliquota dal 12,5% al 20%, potrebbero passare al regime ordinario in luogo del sostitutivo.  

L’ultima parte della relazione tecnica è riferita all’opzione per l’affrancamento delle plusvalenze latenti. In linea generale, non appare chiaro - in quanto la relazione tecnica non illustra i dati, i criteri e le metodologie utilizzate - se nella stima degli effetti finanziari si sia tenuto conto dell’attuale andamento dei mercati finanziari e della possibilità che l’ammontare delle plusvalenze latenti da valutare con riferimento al 31 dicembre 2011, possa risultare – a causa della particolare congiuntura – in realtà più contenuto rispetto ad una media di lungo periodo. Inoltre, andrebbe chiarito se nella quantificazione si sia tenuto conto anche delle eventuali minusvalenze latenti deducibili ai fini della determinazione della base imponibile per l’applicazione dell’imposta.

Le suddette precisazioni risultano utili tenuto conto che la relazione tecnica ritiene che l’esercizio dell’opzione possa essere stimato in misura corrispondente all’80% delle plusvalenze latenti. Inoltre, nel calcolo della perdita di gettito ascrivibile alle plusvalenze latenti che si sarebbero comunque realizzate nel 2012 viene utilizzato un dato, pari a 463 milioni, che dovrebbe corrispondere al gettito attribuito a tali plusvalenze ad aliquota del 12,50% rispetto al quale non viene fornita alcuna informazione. Sul punto appare necessario un chiarimento nonché una illustrazione dei criteri di stima adottati.

La relazione tecnica non considera le disposizioni contenute nei commi da 13 a 25 alle quali è attribuito, in via prevalente, una finalità di coordinamento con la disciplina previgente. In proposito, si fa presente che i citati commi recano abrogazioni e soppressioni di norme che avevano un chiaro intento antielusivo e di deterrenza di possibili movimenti di natura speculativa ed elusiva, come confermato anche dalla relazione illustrativa allegata al provvedimento.

 

ARTICOLO 2, commi 12-bis e 12-ter

Utilizzo della detrazione per ristrutturazioni edilizie

La norma, introdotta dal Senato, prevede che le detrazioni IRPEF spettanti per la realizzazione di interventi di ristrutturazione edilizia possano essere - in caso di vendita dell’unità immobiliare - utilizzate dal venditore per i rimanenti periodi d’imposta oppure trasferite all’acquirente persona fisica dell’unità immobiliare.

La normativa vigente prevede, invece, l’obbligo di trasferimento delle detrazioni non utilizzate all’acquirente persona fisica.

 

Il prospetto riepilogativo riferito al maxiemendamento approvato al Senato non considera la norma.

 

La  relazione tecnica riferita al maxiemendamento approvato al Senato afferma che la norma ha lo scopo di demandare alle parti la facoltà di stabilire se le quote residue di detrazione debbano rimanere attribuite al soggetto che ha posto in essere gli interventi ovvero si trasferiscano all’acquirente.

La relazione afferma, inoltre, che la norma non comporta sostanziali effetti di gettito.

 

Al riguardo si rileva che la norma potrebbe determinare effetti di perdita di gettito nei casi in cui, a legislazione vigente, l’acquirente non sarebbe stato nelle condizioni di utilizzare le detrazioni trasferite, in quanto soggetto non persona fisica ovvero in situazione di incapienza della detrazione rispetto all’imposta lorda.

 

ARTICOLO 2, comma 35

Studi di settore

La norma modifica l’articolo 10, comma 4-bis, della legge n. 146 del 1998, nella parte che prevede la limitazione della potestà accertativa da parte dell’ufficio sulla base di presunzioni semplici; nello specifico si prevede che la suddetta limitazione sussiste solo qualora i contribuenti risultino congrui alle risultanze degli studi di settore, anche a seguito di adeguamento, in relazione al periodo di imposta precedente.

Viene modificato, inoltre, l’articolo 1, comma 1-bis, del D.P.R. n. 195 del 1999, prevedendo che, al fine di aggiornare o istituire gli indicatori di normalità economica, di cui all’articolo 10-bis della legge n. 146 del 1998, eventuali modifiche devono essere pubblicate in Gazzetta Ufficiale entro il 31 marzo del periodo d’imposta successivo a quello della loro entrata in vigore.

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica:

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2011

2012

2013

2014

2011

2012

2013

2014

2011

2012

2013

2014

Maggiori entrate

31,5

330

231

231

31,5

330

231

231

31,5

330

231

231

 

 

La relazione tecnica afferma che le disposizioni in esame sono tese a produrre effetti principalmente in termini di deterrenza, garantendo una maggiore correttezza da parte dei contribuenti nella compilazione della relativa modulistica fiscale. In particolare, la modifica dell’articolo 10 della legge n. 146/1998, nella parte relativa alle limitazioni dei poteri di accertamento, induce i contribuenti interessati a comportamenti dichiarativi corretti, attesi i possibili effetti anche per l’annualità successiva.

La RT ritiene che, su circa 700.000 operatori economici non congrui, anche a seguito di adeguamento, almeno il 10% vari il proprio comportamento a seguito della richiamata modifica del citato articolo 10; ci saranno, quindi, almeno 70.000 soggetti in più rispetto a quanto accadrebbe in assenza della modifica legislativa, che risulteranno congrui alle risultanze degli studi di settore.

La RT ipotizza che tali soggetti dichiareranno una maggiore base imponibile media stimabile, in termini prudenziali, in non meno di 3.000 euro; si avrebbe quindi una maggiore base imponibile totale di  210.000.000 di euro. Attesa una tassazione media ai fini delle imposte dirette del 20% ed un’aliquota IVA media del 15%, si avrebbero maggiori imposte dirette per 42.000.000 (210.000.000 x 20%) e maggiore IVA per 31.500.000 euro (210.000.000 x 15%).

Inoltre, la RT evidenzia che tali disposizioni produrranno sicuramente effetti in termini di maggiori importi riscossi a seguito di accertamento, prudenzialmente non quantificati.

La RT prevede, altresì, ulteriori entrate in relazioni agli effetti della possibilità di predisporre o modificare gli indicatori di normalità economica in relazione ad ogni specifico periodo di imposta di applicazione degli studi di settore, al fine di contrastare sempre più efficacemente i comportamenti dichiarativi non corretti.

In merito, in relazione all’annualità di imposta 2009 la platea dei soggetti non normali è risultata di circa 670.000 soggetti. La possibilità di intervenire anno per anno, alla luce delle diverse informazioni disponibili, in modifica o predisposizione di indicatori di normalità economica dovrebbe comportare, prudenzialmente, un incremento dei ricavi e dei compensi attesi per almeno 300.000 soggetti. La RT ipotizza che il 50% di tali soggetti modifichi il proprio comportamento a seguito delle disposizioni in esame, pertanto, 150.000 soggetti dichiareranno maggiore base imponibile.

Presumendo, prudenzialmente, un maggiore base imponibile media di almeno 3.000 euro, si avrebbe una maggiore base imponibile totale di 450.000.000 euro, con conseguenti maggiori imposte dirette per  90.000.000 euro (450.000.000 x 20%) e maggiore IVA per 67.500.000 euro (450.000.000 x 15%). Inoltre, al RT afferma che tali disposizioni produrranno sicuramente effetti in termini di maggiori importi riscossi in fase accertativa, prudenzialmente non quantificati.

Gli effetti finanziari complessivi risultano i seguenti:

 

 

 

 

 

(milioni di euro)

Comma 35 - 1° periodo

2011

2012

2013

2014

IRPEF

0

73,5

42

42

IVA

31,5

31,5

31,5

31,5

Comma 35 -2° periodo

 

 

 

 

IRPEF

0

157,5

90

90

IVA

0

67,5

67,5

67,5

Totale

31,5

330

231

231

 

Al riguardo si osserva, preliminarmente, che la relazione tecnica quantifica effetti di maggior gettito assumendo specifiche ipotesi, che non risultano tuttavia suffragate da oggettivi elementi di valutazione e da dati riscontrabili. Andrebbero pertanto evidenziate le ragioni sottostanti le ipotesi adottate, al fine di verificare la congruità della stima. In particolare, appare utile conoscere su quali ricorrenze statistiche si fondino le previsioni relative all’effetto di deterrenza, stimato in termini di modifica del comportamento dei contribuenti, e come sia stata calcolata l’incidenza di tale effetto in termini di maggiore base imponibile dichiarata.

Si fa presente, inoltre, che nel corso della legislatura, sono stati approvati diversi provvedimenti finalizzati a potenziare l’attività di accertamento e riscossione anche attraverso l’utilizzo degli studi di settore: si ricorda, da ultimo, l’articolo 23, comma 28, del DL n. 98/2011[92], cui sono stati ascritti effetti di maggior gettito pari a 94,7 , 362 e 375,3 milioni di euro rispettivamente negli anni 2012, 2013 e 2014.

Per quanto attiene all’aggiornamento degli indicatori di normalità economica, la RT, pur procedendo ad abbattimenti prudenziali del numero dei soggetti che dichiareranno maggiore base imponibile, non esplicita le variabili riferite agli andamenti economici e alla connessa dinamica dei costi e dei ricavi, che giustificano l’ipotesi di un’emersione di base imponibile media di almeno 3.000 euro.

In proposito appaiono quindi necessari elementi integrativi di analisi e valutazione.

 

ARTICOLO 2, commi da 35-bis a 35-sexies

Rimodulazione degli importi dovuti a titolo di contributo unificato

Le norme, inserite nel corso dell’esame presso la 5° Commissione del Senato[93] e confermate dal testo del maxiemendamento, per lo più dispongono la modifica dell’articolo 13, del DPR 30 maggio 2002, n. 115[94], che disciplina in quale misura il contributo unificato di iscrizione a ruolo sia dovuto dalla parte che per prima si costituisce in giudizio o che deposita un ricorso introduttivo. In particolare:

·        è stabilito che la misura del contributo dovuto per i processi amministrativi di valore indeterminabile sia elevata da 450 euro a 600 [comma 35-bis, lettera a)];

A tal fine si modifica il comma 1, lettera d) dell’articolo 13 del DPR. n. 115/2002 che fissava, appunto il contributo nella misura di 450 euro. A seguito di detta modifica al processo amministrativo di valore indeterminabile si applica il comma 6-bis, lettera e) del medesimo articolo 13 che fissa il contributo unificato in, appunto, 600 euro.

·         si puntualizza più chiaramente che la sanzione dell’incremento della metà del contributo unificato si applica, nel caso di processo tributario, alla fattispecie di mancata indicazione, da parte del difensore, dell’indirizzo di posta elettronica certificata [comma 35-bis, lettera b)];

·        si modifica la disciplina che determina la misura del contributo unificato dovuto nel caso in cui nell’atto introduttivo del giudizio sia omessa la dichiarazione sul valore del processo o della lite. In base alla disciplina vigente l’importo del contributo era fatto pari a 1.466 euro[95]. Le modifiche proposte fissano la misura del contributo, limitatamente alle liti tributarie, in 1.500[96] euro e lasciano immutata la misura dello stesso in tutti gli altri casi [comma 35-bis, lettera c)];

·        sono sostituiti gli ultimi due periodi dell’articolo 13, comma 6-bis), lettera e) disponendo una riformulazione più dettagliata di norme già vigenti e stabilendo che l’onere del contributo unificato grava sulla parte soccombente anche nel caso di compensazione giudiziale delle spese e anche nel caso in cui la stessa non si sia costituita in giudizio. Si esplicita, altresì, che il contributo unificato nei processi amministrativi è dovuto anche per i ricorsi incidentali e in caso di proposizione di motivi aggiuntivi che introducono nuove domande [comma 35-bis, lettere d) ed e)];

·        è fissata in 120 euro la misura del contributo unificato per le controversie di valore indeterminabile proposte davanti le Commissioni tributarie [comma 35-bis, lettera f)].

Atteso che la disciplina del contributo unificato prevede l’incremento della misura dovuta dello stesso nel caso in cui il difensore del ricorrente ometta di indicare, nell’atto introduttivo, il proprio numero di fax e il proprio indirizzo di posta elettronica certificata, sono disposte alcune modifiche al codice di procedura civile volte a potenziare l’utilizzo di tali strumenti per lo scambio di comunicazioni tra le cancellerie degli uffici giudiziari e le parti (comma 36-ter). Modifiche di carattere analogo sono, altresì, apportate al decreto legislativo n. 546/1992 che reca disposizioni sul processo tributario (comma 36-quater).

E’ stabilito, infine, che in caso di mancata partecipazione di una delle parti, senza giustificato motivo, al procedimento di mediazione delle controversie civile e commerciali[97], tale parte è condannata dal giudice al versamento di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio (comma 35-sexies).

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica, riferita al maxiemendamento approvato al Senato, afferma che le modifiche riguardano la migliore definizione di alcune delle fattispecie previste dalla disciplina concernente il contributo unificato, nonché la precisazione di alcune ipotesi in cui il medesimo contributo è aumentato della metà.

Sono state inserite le necessarie misure di coordinamento, conseguenti le modifiche introdotte, nel codice di procedura civile e nel decreto legislativo n. 546/1992 che reca disposizioni sul processo tributario.

La relazione tecnica chiarisce, altresì, che le norme di cui al comma 35-sexies sono finalizzate a ridurre il contenzioso dal momento che fissano una sanzione a carico della parte che non partecipa, senza giustificato motivo, al procedimento di mediazione nelle controversie civili e commerciali.

Sotto il profilo finanziario la relazione tecnica rileva che, limitatamente alle controversie amministrative aventi valore indeterminabile, il contributo unificato passa da 450 a 1.500 euro in virtù della rimodulazione della relativa fattispecie imponibile prevista dall’articolo 13 del DPR n. 115/2002 come modificato dalle norme in esame. Tuttavia, prosegue la relazione tecnica, a titolo prudenziale non si considera il maggior gettito considerato che, a norma dell’articolo 37, comma 14 del decreto legge n. 98/2011, le maggiori entrate dovute al contributo unificato per i ricorsi proposti davanti al Tar ed al Consiglio di Stato confluiscono in apposito fondo per essere destinato alla realizzazione di interventi in materia di giustizia.

Alle altre norme non sono, secondo la relazione tecnica, ascrivibili effetti finanziari diretti mentre quelli indiretti, che sono assunti di segno positivo e sono connessi alla natura sanzionatoria di alcune disposizioni ed allo snellimento di alcune procedure, saranno quantificabili solo a consuntivo.

 

Nulla da osservare al riguardo, considerata la natura sostanzialmente virtuosa delle disposizioni in esame.

Si rileva tuttavia che la misura del contributo dovuto per i processi amministrativi di valore indeterminabile sembrerebbe essere stata elevata da 450 euro a 600 euro in luogo dei 1.500 euro indicati dalla relazione tecnica. Correttamente la relazione tecnica non considera il modesto incremento del contributo unificato disposto dal comma 35-bis, lettera c). La modifica prevista da detta lettera c) ha, infatti, natura sanzionatoria e, per consolidata contabile, non sono scontati nei saldi i possibili maggiori incassi derivanti dall’incremento degli importi di sanzione.

 

ARTICOLO 2, comma 35-octies

Istituzione di un’imposta di bollo sui trasferimenti di denaro all’estero

La norma, a decorrere dall’entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame, istituisce un’imposta di bollo sul trasferimento di denaro all’estero attraverso gli istituti bancari, le agenzie “money transfer” ed altri agenti in attività finanziaria. L’imposta è dovuta in misura pari al 2 per cento dell’importo trasferito con un minimo di prelievo pari a tre euro. L’imposta non è dovuta per i trasferimenti effettuati dai cittadini dell’Unione europea e per quelli effettuati verso i Paesi dell’Unione europea. Sono, inoltre esentati i trasferimenti effettuati da soggetti muniti di matricola INPS e codice fiscale.

 

Il prospetto riepilogativo riferito al maxiemendamento approvato al Senato non assegna alcun effetto finanziario alla disposizione.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento approvato al Senato afferma che la norma comporta effetti positivi di gettito che, in assenza di dati puntuali sulla frequenza e ammontare di versamenti effettuati da soggetti privi di codice fiscale e matricola INPS, prudenzialmente non vengono quantificati.  

 

Al riguardo si segnala che la norma non individua espressamente negli intermediari bancari e finanziari i soggetti tenuti al prelievo ed al versamento dell’imposta e non specifica se tale prelievo sia o meno effettuato con obbligo di rivalsa nei confronti dei soggetti che trasferiscono denaro.

Si segnala, altresì, che l’esenzione dei trasferimenti effettuati dai soggetti  muniti di matricola INPS e codice fiscale potrebbe essere usata con finalità elusive dagli altri soggetti non in possesso di tali requisiti.

 

ARTICOLO 2, comma 36

Destinazione maggiori entrate

La norma riserva all’Erario le maggiori entrate derivante dal provvedimento in esame, destinandole all’esigenza prioritaria del raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea. In base alla modifica introdotta durante l’iter al Senato viene previsto che, a decorrere dal 2014, in sede di presentazione del Documento di economia e finanza siano valutate le maggiori entrate, di carattere permanente, derivanti dalla lotta all’evasione: tali entrate, al netto di quelle necessarie per i suddetti obiettivi, vengono destinate ad un apposito Fondo, denominato Fondo per la riduzione della pressione fiscale, e finalizzate alla riduzione degli oneri fiscali e contributivi gravanti su famiglie e imprese.

 

Il prospetto riepilogativo, riferito al testo modificato dal Senato, non considera la norma e la relativa modifica introdotta al Senato.

 

La relazione tecnica riprende il contenuto della norma, ribadendo che le maggiori entrate sono destinate al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica e che la quota destinabile alla riduzione della pressione fiscale sarà oggetto di valutazione da parte del Documento di economia e finanza.

 

Al riguardo, si rileva che il provvedimento in esame reca numerose disposizioni aventi per oggetto il contrasto all’evasione, i cui effetti in termini di gettito sono computati ai fini della manovra. Le maggiori entrate destinabili al Fondo, che dovranno essere oggetto di puntuale evidenziazione nel Documento di economia e finanza, dovrebbero, pertanto, essere ulteriori rispetto a quelle scontate nei saldi ed imputabili alle disposizioni suddette, nonché di quelle eventualmente necessarie per il raggiungimento degli equilibri di bilancio. Sul punto appare opportuna una conferma da parte del Governo.

 

ARTICOLO 2, commi dal 36-bis a 36-quater

Riduzione delle agevolazioni previste per le cooperative

Normativa vigente: L’articolo 12 della legge n. 904 del 1977 stabilisce che non concorrono a formare il reddito imponibile delle società cooperative e dei loro consorzi le somme destinate alle riserve indivisibili, a condizione che sia esclusa la possibilità di distribuirle tra i soci sotto qualsiasi forma, sia durante la vita dell’ente sia all’atto del suo scioglimento.

L’articolo 6, comma 1, del decreto legge n. 63 del 2002 dispone che il predetto articolo 12 si applichi in ogni caso alla quota degli utili netti annuali destinati alla riserva minima obbligatoria.

L’articolo 1, comma 460, della legge n. 311 del 2004 dispone che il medesimo articolo 12 non si applichi alle società cooperative e loro consorzi a mutualità prevalente:

a)        per la quota del 20 per cento degli utili netti annuali delle cooperative agricole e loro consorzi e delle cooperative della piccola pesca e loro consorzi;

b)       per la quota del 30 per cento degli utili netti delle altre cooperative e loro consorzi;

c)        per la quota del 55 per cento degli utili netti annuali delle società cooperative di consumo e loro consorzi.

Le norme in esame, introdotte nel corso dell’esame presso il Senato, in anticipazione della riforma del sistema fiscale, prevedono quanto segue (comma 36-bis):

Ÿ        è aumentata dal 30 al 40 per cento la quota di utili netti assoggettata a tassazione per le cooperative (e loro consorzi) diverse da quelle agricole,  della piccola pesca e di consumo;

Ÿ        è aumentata dal 55 al 65 per cento la quota di utili netti assoggettata a tassazione per le cooperative di consumo e loro consorzi.

E’, inoltre, previsto che concorra a formare il reddito complessivo delle cooperative e loro consorzi il 10 per cento degli utili netti annuali destinati alla riserva minima obbligatoria (comma 36-ter).

Tale accantonamento è previsto nella misura del 70 per cento dell’utile netto per le banche di credito cooperativo e nella misura del 30 per cento per le altre cooperative.

E’, infine, disposto che le norme di cui sopra si applichino a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame. In sede di determinazione della misura del versamento in acconto dovuto per il primo periodo di applicazione, i contribuenti devono assumere quale imposta dovuta per il periodo precedente, quella che si sarebbe determinata applicando le nuove disposizioni (comma 36-quater).

 

Il prospetto riepilogativo riferito agli effetti del maxiemendamento approvato dal Senato assegna alle norme i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

Maggiori entrate tributarie

 

 

 

 

 

 

 

 

 

co. 36-bis

23,7

31,6

31,6

23,7

31,6

31,6

23,7

31,6

31,6

co. 36-ter

22,5

30,1

30,1

22,5

30,1

30,1

22,5

30,1

30,1

 

La relazione tecnica, riferita al maxiemendamento approvato al Senato, quantifica in riferimento alle norme i seguenti effetti complessivi di maggior entrata per cassa:

 

(milioni di euro)

CASSA

2012

2013

2014

Maggiori entrate

46,2

61,7

61,7

 

La relazione afferma che, ai fini della quantificazione degli effetti del comma 36-bis - che incrementa del 10 per cento la quota imponibile di utili netti destinati a riserve indivisibili delle cooperative di consumo e delle altre cooperative, ad eccezione di quelle agricole e della piccola pesca – è stata realizzata una specifica elaborazione dei Modelli UNICO 2010, distinguendo, in base all’attività esercitata, tra le due tipologie di cooperative.

Gli utili di esercizio netti annuali risultano pari a 93 milioni per le cooperative di consumo ed a 1.058 milioni per le altre cooperative, per un totale di 1.151 milioni. Applicando a tale ammontare l’incremento di base imponibile del 10 per cento[98] e l’aliquota legale IRES del 27,5 per cento si ottiene una maggiore imposta annua per competenza di 31,6 milioni.

Anche la stima degli effetti del comma 36-ter - che assoggetta ad imposta il 10 per cento degli utili netti annuali destinati alla riserva obbligatoria - si basa su un’elaborazione dei modelli UNICO 2010. Ne risulta un importo complessivo di utili netti destinati annualmente a riserva minima obbligatoria pari a 1.097 milioni [(1.239*30%)+ (1.036*70%)], cui corrisponde un recupero di gettito annuo per competenza di 30,1 milioni (1.097*10%*27,5%).

Il gettito complessivo IRES di competenza annua è di 61,7 milioni.

Le stime di cassa considerano l’applicazione delle nuove disposizioni in sede di versamento in acconto per il 2012, scontando una percentuale di acconto effettivo del 75 per cento (61,7*75% =46,2 milioni).

 

Al riguardo si rileva che la quantificazione appare corretta sulla base dei dati forniti dalla relazione tecnica. Tuttavia tali dati, in quanto risultato finale di specifiche uttavia tali dati, in quanto risultato finale di elaborazioni puntuali condotte forn(61,7*75% =46,2 milioni).assoggettatinsommeelaborazioni puntuali condotte sulle dichiarazioni IRES, non risultano suscettibili di analitica verifica. 

 

ARTICOLO 2 commi da 36-quinquies a 36-novies

Maggiorazione IRES per società di comodo

Le norme, nel testo risultante dalle modifiche approvate dal Senato, prevedono una maggiorazione dell’aliquota IRES di 10,5 punti percentuali per i redditi dichiarati dalle società non operative (società di comodo). La disposizione si applica anche nelle ipotesi di imputazione del reddito per trasparenza ai sensi dell’articolo 5 del TUIR (in tal caso la maggiorazione si applica alla quota di reddito imputata), di opzione per il consolidato nazionale (in tal caso la società interessata deve assoggettare autonomamente il proprio reddito imponibile alla maggiorazione di aliquota IRES), ai soggetti – siano essi in qualità di partecipati o di partecipanti – che hanno optato per la trasparenza fiscale ai sensi degli articoli 115 e 116 del TUIR anche nell’ipotesi in cui abbiano esercitato contestualmente l’opzione per la tassazione di gruppo.

La maggiorazione di aliquota si applica a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto ossia, per i contribuenti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, dal 2012.

Le disposizioni rilevano anche ai fini della determinazione dell’acconto d’imposta dovuto per il primo anno di applicazione.

 

Il prospetto riepilogativo riferito al maxiemendamento introduttivo delle norme in esame ascrive i seguenti effetti di maggior gettito:

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

Maggior gettito

25,1

33,5

33,5

25,1

33,5

33,5

25,1

33,5

33,5

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento utilizza, per la stima del maggior gettito, i dati dichiarati nel prospetto per la verifica della operatività presente nel quadro RF del modello UNICO 2010 delle società di capitali dal quale risulta – per le società interessate alla disciplina in esame – un ammontare di reddito minimo pari a circa 241 milioni di euro e un totale di reddito imponibile effettivamente dichiarato pari a circa 319 milioni di euro.

Nel quadro RF richiamato dalla relazione tecnica è contenuto un prospetto, per il quale è prevista l’obbligatoria compilazione, recante “Verifica dell’operatività e determinazione del reddito imponibile minimo dei soggetti non operativi”. In tale prospetto vengono messi a confronto i ricavi presunti – determinati applicando specifici coefficienti stabiliti dalla legge ad alcune voci di bilancio (titoli e credito, immobili, altre immobilizzazioni, beni piccoli comuni) – e i ricavi effettivi. Nel caso in cui questi ultimi siano inferiori a quelli presunti la società è qualificata come “non operativa” ed è tenuta ad incrementare proporzionalmente il proprio reddito ai fini fiscali.

Il reddito imponibile minimo corrisponde alla differenza tra il reddito fiscale rideterminato e le componenti escluse dalla base imponibile nonché altre agevolazioni che vengono, in ogni caso, riconosciute al contribuente (ad es. proventi esenti o soggetti alla ritenuta alla fonte).

Infine, la base imponibile IRES è rappresentata dal maggior valore tra reddito complessivo imponibile determinato con criteri ordinari (indicato nel rigo RN6) e il reddito imponibile minimo determinato ai fini della verifica della non operatività.

La relazione tecnica quantifica il maggior gettito IRES, in termini di competenza annua, applicando l’aliquota 10,5% all’ammontare del reddito complessivamente dichiarato dalle società considerate (319 x 10,5% = 33,5 milioni).

Per la stima degli effetti di cassa è stato considerato un acconto d’imposta pari al 75% versato già nel primo anno di applicazione, come disposto dalle norme in esame. Pertanto, nel 2012 gli effetti di maggior gettito sono pari a 33,5 x 75% = 25,1 milioni mentre a decorrere dal 2013 il maggior gettito è stimato a regime in 33,5 milioni annui.

 

Nulla da osservare al riguardo, tenuto conto dei dati esposti nella relazione tecnica, pur considerando che una quantificazione della maggiorazione di aliquota applicata al reddito imponibile minimo sarebbe da ritenersi più prudenziale.

 

ARTICOLO 2 commi da 36-decies a 36-duodecies

Applicazione disciplina delle società di comodo ai soggetti in perdita sistematica

Le norme, nel testo risultante dalle modifiche approvate dal Senato, estendono l’applicazione della disciplina vigente per le società di comodo alle società:

-          che per tre periodi d’imposta consecutivi dichiarano una perdita fiscale;

-          che, nell’arco del triennio considerato, dichiarano due volte una perdita fiscale e una volta un reddito inferiore al reddito imponibile minimo determinato ai sensi dell’articolo 30, comma 3, della legge n. 724/1994 (società non operative).

Ferme restando le vigenti cause di esclusione previste dalla richiamata disciplina, il comma 36-decies dispone che, in presenza dei suddetti presupposti, le società sono considerate non operative “a decorrere dal successivo quarto periodo d’imposta”.

Le norme si applicano a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame ossia, per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, dal 2012. Esse, inoltre, rilevano ai fini della determinazione dell’acconto d’imposta dovuto per il primo anno di applicazione.

 

Il prospetto riepilogativo riferito al maxiemendamento introduttivo delle norme in esame ascrive i seguenti effetti di maggior gettito:

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

Maggior gettito

169,7

226,3

226,3

169,7

226,3

226,3

169,7

226,3

226,3

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento analizza, per la quantificazione degli effetti finanziari, le dichiarazioni relative agli anni 2007-2008-2009 per individuare le imprese che per tre anni consecutivi hanno evidenziato una perdita fiscale. In base ai dati indicati nel prospetto di verifica della operatività (quadro RF) la relazione tecnica fornisce una stima del reddito minimo sul quale applicare la tassazione (1.192 milioni di euro) senza indicare i criteri e le ipotesi adottate.

Il suddetto valore viene, poi, ridotto del 50% per tenere conto della facoltà delle imprese di richiedere l’interpello e, pertanto, l’imponibile considerato risulta pari a:

1.192 x 50%=596 milioni.

Conseguentemente, il recupero del gettito ad aliquota ordinaria IRES (27,5%) risulta pari, in termini di competenza annua, a:

596 x 27,5% = 164 milioni

al quale si aggiunge la maggiorazione IRES (10,5%) per le società di comodo introdotta dai commi da 36-quinquies a36-novies dell’articolo in esame:

596 x 10,5% = 62,3 milioni di euro.

Complessivamente, il maggior gettito in termini di competenza annua stimato dalla relazione tecnica ammonta a 164 + 62,3 = 226,3 milioni di euro.

Per la stima degli effetti di cassa si considera un acconto d’imposta, da versare già nel primo periodo di applicazione della nuova disciplina, in misura pari al 75%. Pertanto, nel 2012 il maggior gettito risulta pari a 226,3 x 75% = 169,7 milioni e, a decorrere dal 2013, il maggior gettito è stimato in 226,3 milioni di euro annui.

 

Al riguardo, si osserva che andrebbero acquisiti chiarimenti in merito alla correlazione tra il dettato delle norme e gli effetti finanziari indicati nella relazione tecnica.

Ciò in quanto ai sensi del comma 36-decies le società interessate dalle norme in esame sono considerate non operative “a decorrere dal successivo quarto periodo d’imposta”. Rispetto all’applicazione della predetta decorrenza appaiono necessari dei chiarimenti diretti a confermare, in primo luogo, che le parole “a decorrere” debbano intendersi riferite ad un solo periodo d’imposta e non a tutti i successivi; diversamente, infatti, la disciplina sulle società di comodo diventerebbe permanentemente sostitutiva della disciplina ordinaria tributaria vigente.

Inoltre, pur tenendo conto di quanto appena indicato, in base ad una interpretazione letterale della disposizione, alle società interessate verrebbe riconosciuta la perdita fiscale dichiarata per tre esercizi consecutivi mentre, nel quarto esercizio, si applicherebbe la disciplina delle società di comodo. Poiché nel quarto esercizio la società potrebbe realizzare un reddito ai fini fiscali e risultare operativa nel prospetto della verifica della operatività, il maggior gettito IRES quantificato nella relazione tecnica andrebbe depurato della quota di imposta che, in ogni caso, sarebbe stata versata dalla società.

Ferma restando la necessità di fornire i suddetti chiarimenti, si procede, di seguito, alla verifica della quantificazione illustrata nella relazione tecnica.

La relazione tecnica non fornisce informazioni in merito ai criteri utilizzati per la stima del valore imponibile utilizzato nella quantificazione. In proposito andrebbero acquisiti dei chiarimenti e, in particolare, andrebbe precisato se, in tale valore, siano state considerate anche le società che, nell’arco del triennio, dichiarano due esercizi in perdita fiscale ed uno con un reddito inferiore al reddito minimo delle società di comodo.

In merito all’abbattimento dell’imponibile - operato per tenere conto della facoltà delle imprese di richiedere l’interpello – si rileva che non sono stati considerati gli effetti di deterrenza già ascritti alle disposizioni contenute nell’art. 24 del D.L. n. 78/2010. Infatti, nel quantificare il gettito atteso dal potenziamento dell’attività di accertamento nei confronti delle società in perdita per almeno tre esercizi consecutivi, la relazione tecnica allegata al citato provvedimento ha stimato una crescita spontanea della base imponibile da parte dei soggetti interessati.

Tale norma, in materia di potenziamento dell’attività di accertamento fiscale, ha disposto una priorità nello svolgimento dell’attività medesima nei confronti delle società che per tre esercizi consecutivi dichiarano una perdita d’esercizio. La relativa relazione tecnica ha stimato, tra l’altro, un maggior gettito dovuto ad un effetto dissuasivo della norma. In particolare, è stato valutato che il reddito considerato nella quantificazione (pari a 30 miliardi) avrebbe registrato, a seguito dell’introduzione della disposizione, un incremento del 3 per cento nel 2011, del 7 per cento nel 2012 e del 9 per cento nel 2013. A tali incrementi, applicando un’aliquota media del 27,5 per cento, sono stati attribuiti effetti di maggior gettito, in termini di competenza, pari a 247,5 milioni di euro nel 2011, 577,5 milioni di euro nel 2012 e 742,5 milioni di euro dal 2013.

E’ presumibile ipotizzare che le perdite dichiarate anche dopo l’entrata in vigore del richiamato articolo 24 siano realmente conseguite e, pertanto, andrebbe chiarito se le società considerate siano ricomprese tra quelle che presenteranno interpello e che concorrono all’abbattimento dell’imponibile considerato nella relazione tecnica.

Per quanto concerne l’applicazione della maggiorazione dell’aliquota IRES di 10,5 punti percentuali, la relazione tecnica non considera le eventuali sovrapposizioni che possono verificarsi con la quantificazione operata nei precedenti commi da 36-quinquies a 36-nonies. In tale sede, infatti, sono state considerate le società risultate non operative in base alla dichiarazione presentata per l’anno 2009. Tenuto conto che una parte di queste possa rientrare anche tra le società in perdita fiscale per tre anni, gli effetti finanziari positivi ascritti alle norme in esame andrebbero considerati alla luce del gettito relativo alla maggiorazione IRES risulta già quantificato nelle precedenti norme.

Un ulteriore chiarimento andrebbe fornito in merito alla decorrenza della norma con particolare riferimento al primo triennio da considerare e al primo periodo d’imposta cui occorre applicare la disciplina delle società di comodo, tenuto conto che la norma ascrive effetti dal 2012 corrispondenti al versamento dell’acconto d’imposta. In proposito, facendo riferimento per semplicità alle società con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare (quindi decorrenza 2012), si osserva:

-          qualora il primo triennio da prendere in considerazione sia il 2010-2012, le società interessate non sono in grado di sapere con esattezza, alla data del 30 novembre 2012 (data entro la quale deve essere versato l’intero acconto d’imposta), se chiuderanno l’esercizio 2012 in perdita fiscale ovvero se al momento della compilazione della dichiarazione dei redditi 2012 risulteranno o meno operative. Questa circostanza potrebbe influire sul gettito atteso dal maggiore acconto IRES come considerato nel 2012 dalla relazione tecnica;

-          qualora il primo triennio da prendere in considerazione sia il 2009-2011, le norme in esame si applicherebbero al periodo d’imposta 2012 indipendentemente dal risultato fiscale dichiarato in tale esercizio dalle società interessate. In tale ipotesi, il gettito atteso andrebbe stimato tenendo conto delle società che nel 2012 avrebbero comunque dichiarato un utile fiscale e, pertanto, avrebbero comunque pagato, almeno in parte, l’IRES.

 

ARTICOLO 2 commi da 36-terdecies a 36-duodevicies

Beni concessi in godimento ai soci

Le norme, nel testo risultante dalle modifiche approvate dal Senato, recano disposizioni di natura fiscale in relazione ai beni d’impresa concessi in godimento ai soci o ai familiari dell’imprenditore qualora il corrispettivo pagato da questi ultimi risulti inferiore al valore di mercato dei beni concessi in godimento. In particolare si dispone:

-          la concorrenza alla formazione del reddito complessivo del socio o familiare per un ammontare pari alla differenza tra il valore di mercato dei beni concessi in godimento e il corrispettivo pagato per l’utilizzazione (redditi diversi);

-          la indeducibilità ai fini fiscali del costi sostenuti dall’impresa per i beni sopra indicati.

In merito alle modalità applicative, è previsto l’obbligo di comunicare all’Agenzia delle entrate i dati relativi ai beni in godimento. In caso di inadempimento si applicano sanzioni a carico delle imprese, dei soci e dei familiari che rispondono in solido dell’ammontare dovuto.

All’Agenzia delle entrate spetta anche il compito di controllare sistematicamente la posizione delle persone fisiche che utilizzano beni in godimento tenendo anche conto delle eventuali forme di finanziamento o capitalizzazione effettuate nei confronti della società.

Le norme entrano in vigore nel periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge in esame ossia, per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, dal 2012.

Il nuovo regime fiscale rileva anche ai fini della determinazione dell’acconto dovuto per il primo anno di applicazione.

 

Il prospetto riepilogativo riferito al maxiemendamento introduttivo delle norme in esame ascrive i seguenti effetti di maggior gettito:

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

Maggior gettito

37,8

50,4

50,4

37,8

50,4

50,4

37,8

50,4

50,4

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento afferma che il dato relativo al valore ed ai costi relativi ai beni concessi in godimento ai soci o familiari non è desumibile dalle dichiarazioni dei redditi.

Ritiene pertanto utile procedere all’acquisizione di dati ad essi assimilabili, ossia al valore dei beni assegnati ai soci, che è riportato nelle dichiarazioni dei redditi, tra le variazioni indicate nel quadro relativo alla determinazione del reddito di impresa in contabilità ordinaria.

Tra le variazioni in aumento (e non in diminuzione come erroneamente indicato nella relazione tecnica) indicate nelle dichiarazioni dei redditi è prevista una specifica voce nella quale è iscritto “il valore normale dei beni assegnati ai soci o partecipanti o destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa”. L’importo iscritto coincide con il costo di acquisto, nel caso di beni non durevoli, ovvero con la quota di ammortamento annua imputata nel conto economico per i beni durevoli.

Dall’analisi delle dichiarazioni UNICO 2010 delle società di capitali, delle società di persone e delle persone fisiche risulta che il valore normale dei beni assegnati risulta pari, rispettivamente, a 5 milioni, 7,2 milioni e 4,1 milioni di euro per un ammontare annuo complessivo di 16,3 milioni.

La relazione tecnica ipotizza che tale valore corrisponda alla quota di ammortamento annuo di cespiti la cui durata media viene stimata in 7 anni, il valore normale dei beni concessi in godimento risulterebbe pari a 16,3 x 7 = 114,1 milioni di euro.

Sulla base di tale ipotesi di stima, la relazione tecnica provvede a determinare, da un lato, il maggior gettito fiscale derivante dalla indeducibilità dei costi da parte delle imprese concedenti e, dall’altro lato, il maggior gettito derivante dall’incremento della base imponibile fiscale del socio o familiare utilizzatore del bene.

Indeducibilità dei costi d’impresa

Il valore annuo complessivamente indeducibile comprende, oltre al valore dei cespiti sopra stimato, anche le relative spese di manutenzione che, ai fini fiscali, sono deducibili in misura non superiore al 5% del valore stesso. Pertanto, il maggiore imponibile risulta:

114,1 + 114,1 x 5% = 120 milioni di euro.

Applicando a tale valore l’aliquota media IRPEF/IRES del 30,2% si ottiene un maggior gettito annuo in termini di competenza delle relative imposte pari a 36,2 milioni di euro.

Gli effetti recati ai fini IRAP sono calcolati, prudenzialmente, solo per i valori relativi alle società di persone e alle imprese individuali. Applicando una procedura analoga alla precedente si ottiene una maggiore base imponibile pari a (7,2+4,1)+(7,2+4,1)x5%=83 milioni di euro. Considerando un’aliquota media del 4% il maggior gettito IRAP (competenza su base annua) risulta pari a 3,3 milioni di euro.

Imponibilità in capo al socio o familiare utilizzatore del bene

La relazione tecnica adotta le seguenti ipotesi:

a)      il valore di mercato dei beni è stimato in misura pari al 25% del valore normale (114,1x25%)=28,5 milioni di euro;

b)     il corrispettivo versato dall’utilizzatore è stimato in misura corrispondente al 5% del valore di mercato come sopra determinato 28,5 x 5% =1,4 milioni di euro;

c)      l’aliquota marginale IRPEF applicata è del 40%.

Pertanto il maggior gettito IRPEF, in termini di competenza annua risulta pari a:

(28,5 – 1,4) x 40% = 10,9 milioni di euro.

Effetti complessivi di cassa

Per la determinazione degli effetti di cassa si ipotizza un versamento di acconto del 75% per IRPEF/IRES e dell’85% per IRAP. Pertanto gli effetti complessivi sono:

Maggior gettito

2012

2013

2014

IRPEF/IRES

35,1

47,1

47,1

IRAP

2,7

3,3

3,3

Totale

37,8

50,4

50,4

 

Al riguardo, pur tenendo conto della difficoltà di reperire i dati necessari per la stima degli effetti finanziari, si segnala prioritariamente che la quantificazione si basa su dati ricavati da situazioni diverse da quelle prospettate dalle norme in esame (assegnazione dei beni ai soci e non concessione in godimento di beni d’impresa) nonché su ipotesi (durata media dei cespiti, stima del valore di mercato e stima del corrispettivo versato) non supportate da valori reali o statistici.

Specifici chiarimenti andrebbero acquisiti in merito all’esclusione del valore riferito alle società di capitale per la quantificazione del gettito IRAP.

Tra le ipotesi assunte, inoltre, la relazione tecnica non considera le eventuali diverse scelte adottabili dai soggetti interessati (imprese o utilizzatori) che potrebbero decidere di rinunciare all’attribuzione o utilizzazione di beni in godimento qualora ritengano eccessivo il carico fiscale che ne deriva.

Per quanto appena detto, si ritiene anche che la misura del 40% utilizzata come aliquota margine IRPEF potrebbe risultare poco prudenziale. Infatti, in presenza di redditi elevati dell’utilizzatore appare prudenziale ipotizzare una modifica delle scelte attuate dallo stesso e, quindi, una rinuncia al godimento del bene aziendale.

La relazione tecnica non espone valutazioni in merito al ruolo specifico di controllo e verifica attribuito dalle norme all’Agenzia delle entrate. Sul punto appare necessaria una conferma circa la possibilità di espletare i controlli con le risorse umane e strumentali disponibili. In merito, infine, all’iscrizione degli effetti nei saldi finanziari appare opportuno segnalare che, tenuto conto della soppressione dei trasferimenti erariali alle regioni disposta con decorrenza 2013 dal d.lgs. n. 68/2011 (federalismo regionale), il maggior gettito IRAP non andrebbe ascritto ai fini del saldo netto da finanziare a decorrere dal 2013.

 

ARTICOLO 2, comma 36-undevicies

Implementazione delle comunicazioni all’anagrafe tributaria da parte di operatori finanziari

Normativa vigente: L’articolo 7, sesto comma, del DPR n. 605 del 1973 prevede che le banche, la società Poste italiane S.p.a., gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio, nonché ogni altro operatore finanziario siano tenuti a rilevare e a tenere in evidenza i dati identificativi, compreso il codice fiscale, di ogni soggetto che intrattenga con loro qualsiasi rapporto o effettui, per conto proprio ovvero per conto o a nome di terzi, qualsiasi operazione di natura finanziaria ad esclusione di quelle effettuate tramite bollettino di conto corrente postale per un importo unitario inferiore a 1.500 euro; l'esistenza dei rapporti e l'esistenza di qualsiasi operazione di cui al precedente periodo, compiuta al di fuori di un rapporto continuativo, nonché la natura degli stessi sono comunicate all'anagrafe tributaria, ed archiviate in apposita sezione, con l'indicazione dei dati anagrafici dei titolari e dei soggetti che intrattengono con gli operatori finanziari qualsiasi rapporto o effettuano operazioni al di fuori di un rapporto continuativo per conto proprio ovvero per conto o a nome di terzi, compreso il codice fiscale.

Le rilevazioni e le evidenziazioni, nonché le comunicazioni di cui al sesto comma sono utilizzate ai fini delle richieste e delle risposte in via telematica formulate nel corso dell’attività di accertamento ai fini delle imposte dirette e dell’IVA da parte degli uffici. Le informazioni comunicate sono altresì utilizzabili per le attività connesse alla riscossione mediante ruolo, nonché ai fini dell'espletamento degli accertamenti finalizzati alla ricerca e all'acquisizione della prova e delle fonti di prova nel corso di un procedimento penale, sia nelle indagini preliminari e nell'esercizio delle funzioni previste dall'articolo 371-bis del codice di procedura penale sia nelle fasi processuali successive, ovvero ai fini degli accertamenti di carattere patrimoniale per le finalità di prevenzione previste da specifiche disposizioni di legge e per l'applicazione delle misure di prevenzione.

La norma, introdotta dal Senato, autorizza l’Agenzia delle entrate a procedere all’elaborazione di specifiche liste selettive di contribuenti da sottoporre a controllo, basate su informazioni relative ai rapporti e operazioni di cui al citato articolo 7, sesto comma, del DPR n. 605 del 1973, sentite le associazioni di categoria degli operatori finanziari per le tipologie di operazioni da acquisire.

 

Il prospetto riepilogativo riferito al maxiemendamento approvato dal Senato assegna alla disposizione i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

Maggiori entrate

327,8

1.035,7

1.140,4

186,2

610,7

715,4

186,2

610,7

715,4

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento stima gli effetti della norma in esame, approvata dal Senato, con riferimento anche alle variazioni apportate rispetto al testo delle modifiche presentato in sede referente (em. 1.1000 della Commissione).

Tali variazioni riguardano l’espunzione della disposizione riguardante l’obbligo di indicare nelle dichiarazioni in materia di imposte sui redditi e di IVA gli estremi identificativi dei rapporti, in corso nel periodo d’imposta, con gli operatori finanziari, di cui all’articolo 7, sesto comma, del DPR n. 605 del 1973[99], nonché la riformulazione della disposizione in esame, nella quale, rispetto al testo dell’emendamento presentato al Senato, è previsto che le liste selettive dei contribuenti da sottoporre a controllo siano basate sulle informazioni relative ai rapporti ed operazioni di cui all’ articolo 7, sesto comma, del DPR n. 605 del 1973, anziché sui dati forniti dai contribuenti in dichiarazione.

La relazione tecnica allegata all’emendamento presentato in Commissione Bilancio assegnava alla disposizione riguardante l’obbligo di segnalazione in dichiarazione dei rapporti bancari e finanziari un effetto di maggior gettito annuo per competenza di 50 milioni di euro - derivante da adeguamento spontaneo dei contribuenti per effetto del carattere di deterrenza della disposizione - di cui 20 milioni a titolo di versamenti IRPEF in autotassazione e 30 milioni a titolo di IVA.  Per cassa gli effetti della disposizione risultavano i seguenti:

 

(milioni di euro)

 

2012

2013

2014

IRPEF

 

35

20

IVA

30

30

30

TOTALE

30

65

50

 

La relazione riferita al maxiemendamento afferma, pertanto che la mancata approvazione della suddetta disposizione comporta la perdita di tale maggior gettito, con effetto neutrale rispetto ai saldi di finanza pubblica riferiti al testo iniziale.

Alla disposizione di cui al comma 36-undevicies in esame, riguardante, per l’Agenzia delle entrate, la possibilità di procedere alla elaborazione di specifiche liste di contribuenti da sottoporre a controllo, nel testo definitivamente approvato dal Senato, la relazione tecnica riferita al maxiemendamento assegna i seguenti effetti di gettito:

·        un effetto di maggior gettito, ascrivibile al testo della disposizione originariamente presentata al Senato, di circa 200 milioni per il 2012, di cui 175 in termini di aumento della compliance  e 25 milioni in termini di maggiori incassi da attività di accertamento,  e 600 milioni annui dal 2013, di cui 525 milioni di aumento della compliance e 75 milioni di maggiori incassi per attività di accertamento.

La suddetta relazione precisa che il recupero di gettito ascritto a tale versione della disposizione può ritenersi ragionevole in base ad analoghe precedenti disposizioni che hanno reso più selettiva l’attività di controllo ed accertamento e che hanno determinato effetti positivi, sia in termini di maggiori imposte accertate che in termini di maggiori imposte spontaneamente dichiarate.

Gli effetti di maggiore entrata per cassa di tale disposizione sui saldi di finanza pubblica sono così quantificati:

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

co. 36 undevicies

297,8

970,7

1.090,4

156,2

545,7

665,4

156,2

545,7

665,4

 

·        un ulteriore effetto positivo in termini di deterrenza rispetto a quanto già stimato relativamente alla disposizione contenuta nell’emendamento originario. Pertanto la riformulazione si stima possa produrre, in considerazione anche della quantificazione originaria improntata a criteri prudenziali, un maggiore gettito aggiuntivo di 50 milioni su base annua di cui 30 milioni come gettito IVA e 20 milioni come gettito IRPEF.

Per cassa l’ulteriore effetto di maggiore entrata mostra il seguente andamento.

 

(milioni di euro)

 

2012

2013

2014

IRPEF

 

35

20

IVA

30

30

30

TOTALE

30

65

50

 

Complessivamente, pertanto, alla disposizione definitivamente approvata al Senato sono ascritti dalla relazione tecnica al maxiemendamento i seguenti effetti di gettito.

 

(milioni di euro)

Maggiori entrate

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

297,8

970,7

1.090,4

156,2

545,7

665,4

156,2

545,7

665,4

 

30,0

65,0

65,0

30,0

65,0

65,0

30,0

65,0

65,0

Totale

327,8

1.035,7

1.140,4

186,2

610,7

715,4

186,2

610,7

715,4

 

   

Al riguardo si rileva che i complessivi effetti della disposizione di cui al comma 36-undevicies, quali esposti nel prospetto riepilogativo e nella relazione tecnica riferiti al maxiemendamento, risultano identici all’importo che si ottiene come somma degli effetti della medesima disposizione e della disposizione in materia di obbligo di dichiarazione dei rapporti bancari e finanziari - non approvata dal Senato - quali risultanti dalla relazione tecnica riferita all’emendamento inizialmente presentato. Su tale circostanza appare opportuno acquisire un chiarimento, dal momento che, nel testo approvato, appaiono immutate rispetto alla normativa vigente sia le modalità di acquisizione sia la tipologia di informazioni che l’Agenzia delle entrate può desumere in materia di rapporti bancari e finanziari in essere.

Occorre inoltre osservare, sempre con riferimento agli effetti della disposizione di cui al comma 36-undevicies, che la relazione tecnica non fornisce tutti i dati necessari per una compiuta verifica della quantificazione. In particolare, non è chiaro se gli effetti di maggior gettito derivanti dall’adeguamento spontaneo dei contribuenti siano riferibili alle sole imposte dirette ovvero anche all’IVA. Non è chiaro, altresì, in riferimento agli effetti di maggior gettito da attività di accertamento, quale sia l’ipotesi adottata in merito al rapporto tra maggiori imposte accertate e maggiori incassi effettivamente realizzati. La carenza di tali informazioni non consente di  ricostruire in modo univoco l’andamento temporale del gettito per cassa né gli ammontari ascritti annualmente in termini di competenza giuridica.

Occorre, infine, ricordare che negli ultimi provvedimenti di finanza pubblica sono state introdotte misure volte a potenziare gli strumenti informativi e di monitoraggio a disposizione degli uffici, finalizzati a ricostruire, in via indiretta, l’effettiva posizione reddituale dei contribuenti. Si fa riferimento, per esempio, all’articolo 22 del decreto-legge n. 78 del 2010, recante aggiornamento dell’accertamento sintetico (cosiddetto spesometro), ovvero all’articolo 21 del medesimo decreto-legge, riguardante il monitoraggio delle operazioni rilevanti ai fini IVA. A tali norme sono stati assegnati singolarmente cospicui effetti di ripresa di gettito. Si osserva pertanto che l’imputazione di effetti aggiuntivi, in termini di emersione di gettito, a norme di perfezionamento o implementazione di meccanismi, anche selettivi, di conoscenza e di monitoraggio di operazioni indirettamente correlate alla capacità contributiva dei soggetti potrebbe risultare scarsamente prudenziale e verificabile solo a consuntivo.

 

ARTICOLO 2, comma 36-vicies

Documentazione e registrazione delle operazioni IVA

La norma introduce l’obbligo di certificazione, ai fini IVA, mediante rilascio di ricevuta o scontrino fiscale per le prestazioni di servizi rese sul litorale demaniale dai titolari dei relativi provvedimenti amministrativi rilasciati dalle autorità competenti.

Tali operazioni, infatti, con esclusione delle somministrazioni di alimenti e bevande ed ogni altra attività non connessa con quella autorizzata, sono attualmente esclusi dall’obbligo di certificazione ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera rr) del D.P.R. n. 696 del 1996.

 

Il prospetto riepilogativo riferito al maxiemendamento approvato al Senato assegna alla disposizione i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica. 

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

Maggiori entrate

22,0

71,0

50,0

22,0

71,0

50,0

22,0

71,0

50,0

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento approvato al Senato stima un effetto di maggior gettito annuo per competenza di 50 milioni.

La determinazione di tale ammontare si basa sull’analisi dei ricavi, pari a 716 milioni, dichiarati da 5.900 soggetti, congrui e non congrui alle risultanze degli studi di settore, che hanno comunicato per il 2009 di esercitare in via prevalente l’attività di gestione di stabilimenti balneari.

Ai fini della stima si è ipotizzato che l’obbligo di certificazione comporti un incremento di base imponibile del 20 per cento, pari a circa 140 milioni. Tale percentuale tiene conto delle risultanze delle attività di controllo effettuate dall’amministrazione finanziaria.

Applicando un’aliquota media del 20 per cento ai fini delle imposte dirette e del 15 per cento ai fini IVA, l’incremento di base imponibile determina rispettivamente un incremento di gettito annuo di 28 milioni ai fini delle imposte dirette e di circa 22 milioni ai fini IVA.

La relazione tecnica afferma altresì che la norma produrrà effetti anche in termini IRAP, addizionali e contributi previdenziali, nonché effetti in termini di maggiori importi riscossi in fase accertativa, prudenzialmente non quantificati.

Per cassa gli effetti della disposizione sono i seguenti:

 

(milioni di euro)

 

2012

2013

2014

IVA

22

22

22

IRPEF/IRES

 

49

28

TOTALE

22

71

50

 

Al riguardo si rileva che la quantificazione appare corretta sulla base dei dati e delle ipotesi assunte dalla relazione tecnica.

 

ARTICOLO 2, comma 36-vicies semel

Inasprimento di sanzioni per i reati di natura tributaria

La norma, introdotta nel corso dell’esame presso il Senato, modifica alcuni articoli del D. Lgs. n. 74 del 2000 disponendo l’inasprimento di alcune sanzioni per i reati tributari.

In particolare:

§          viene soppressa la riduzione di pena prevista in materia di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (lett. a));

§          vengono ridotti l’ammontare di imposta evasa nonché l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione per i quali è prevista la pena della reclusione nel caso di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (lett. b) e c));

§          vengono ridotti l’ammontare di imposta evasa nonché l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione per i quali è prevista la pena della reclusione nel caso di dichiarazione infedele (lett. d) e e));

§          viene ridotto l’ammontare di imposta evasa per il quale è prevista la pena della reclusione nel caso di omessa dichiarazione (lett. f);

§          viene soppressa la riduzione di pena prevista in materia di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (lett. g));

§          viene esclusa l’applicazione della sospensione condizionale della pena per i delitti in materia di dichiarazione e di documenti e pagamento di imposta nel caso in cui l’imposta evasa o non versata sia superiore a 3 milioni di euro e corrisponda a una quota superiore al 30 per cento del volume d’affari (lett. h));

§          viene disposto che, in caso di pagamento del debito tributario, le pene per i delitti di cui al D. Lgs. 74 del 2000 siano ridotte di un terzo (anziché della metà) (lett. i));

§          sono elevati di un terzo i termini di prescrizione per i delitti in materia di dichiarazione e di documenti e pagamento di imposta (lett. l));

§          viene disposto che l’applicazione della pena su richiesta, di cui all’art. 444 del codice di procedura penale, possa essere richiesta dalle parti solo qualora ricorrano le circostanze attenuanti previste dall’art. 13 del D. Lgs. 74/2000 (lett. m)).

Si stabilisce, infine, che le disposizioni in esame si applichino ai fatti successivi all'entrata in vigore del decreto in esame.

 

Il prospetto riepilogativo, riferito al maxiemendamento, ascrive alla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica:

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

Maggiori entrate tributarie

408,3

740,5

690,5

210

457,5

407,5

210

457,5

407,5

 

La relazione tecnica, riferita al maxiemendamento,  afferma che l’intervento normativo in esame incrementerà l’efficacia dissuasiva delle disposizioni contenute nel D. Lgs. n. 74 del 2000 con un significativo impatto sui comportamenti dei contribuenti e, quindi, sull’aumento delle imposte dichiarate e versate. A tali effetti si aggiungono quelli in termini di maggiori incassi da attività di accertamento che scaturiranno dal nuovo vincolo sul “patteggiamento”.

La RT stima che, dall’inasprimento del sistema sanzionatorio, possa derivare un aumento di gettito pari a circa 300 milioni di euro (265 milioni in termini di aumento della compliance e 35 milioni in termini di maggiori incassi dall’attività di accertamento) per il 2012 e pari a circa 400 milioni di euro a decorrere dal 2013 (350 milioni in termini di aumento della compliance e 50 milioni in termini di maggiori incassi dall’attività di accertamento).

La RT afferma, infine, che, rispetto al gettito complessivo dei tributi interessati, si tratta di una quota realizzabile anche in relazione al fatto che le misure previste intervengono nella sfera penale.

 

Al riguardo si osserva che, al fine di consentire una verifica delle indicazioni fornite dalla RT e dal prospetto riepilogativo, andrebbero chiariti:

Ÿ         la ripartizione fra imposte dirette e indirette dei maggiori introiti che si prevede di realizzare;

Ÿ         il rapporto fra accertamenti e incassi sottostante alle previsioni di entrata contenute nel prospetto riepilogativo.

Si osserva infatti che il dato per competenza, scontato ai fini del saldo netto da finanziare, differisce dalle previsioni di gettito fornite per i medesimi anni dalla relazione tecnica: nel 2012, per esempio, a fronte di una previsione di gettito pari a 300 milioni (indicata dalla relazione tecnica come effetto sia della maggiore adesione spontanea sia delle attività di accertamento), viene stimato un incremento di entrate, ai fini del saldo netto da finanziarie, pari a circa 408 milioni. Analoga differenza si registra per gli anni successivi. Non è chiaro in quale misura tali indicazioni vadano ricondotte alle diverse modalità e alla diversa tempistica di accertamento e di incasso delle imposte (dirette o indirette) e/o alla proporzione fra somme accertate e somme effettivamente incassate che viene applicata per calcolare il gettito di competenza e di cassa.

 

ARTICOLO 2, comma 36 - vicies bis

Riduzione di sanzioni per utilizzo di mezzi di pagamento diversi dal contante

La norma, introdotta nel corso dell’iter al Senato, dispone che siano ridotte alla metà le sanzioni per gli esercenti imprese, arti e professioni con ricavi e compensi dichiarati non superiori a 5 milioni di euro, i quali, per le operazioni effettuate nell’esercizio della propria attività, utilizzino mezzi di pagamento diversi dal contante e nelle dichiarazioni in materia di imposte sui redditi e IVA indicano gli estremi identificativi dei rapporti con gli operatori finanziari.

 

Il prospetto riepilogativo, riferito al maxiemendamento, ascrive alla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica:

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

Maggiori entrate

30

65

50

30

65

50

30

65

50

 

 

La relazione tecnica, riferita al maxiemendamento, afferma che l’intervento normativo incentiva gli operatori ad utilizzare mezzi di pagamento diversi dal contante. Tale comportamento indurrà comportamenti maggiormente virtuosi che faranno emergere base imponibile. La RT stima un ammontare di maggior gettito pari a circa 50 milioni di euro, di cui 20 milioni come versamenti in autotassazione dell’IRPEF e 30 milioni di euro come IVA.

 

Al riguardo si osserva che in mancanza dei dati e delle ipotesi poste alla base della quantificazione del maggior gettito non appare possibile verificare la coerenza della relazione tecnica. Appare, pertanto, opportuno che il Governo fornisca gli elementi necessari al fine di effettuare detta verifica.

Si evidenzia, inoltre, che la norma in esame ha come effetto quello di dimezzare le sanzioni a carico di alcuni soggetti. Ciò potrebbe determinare effetti di riduzione del gettito che non appaiono essere considerati in sede di relazione tecnica. Sul punto appare opportuno un chiarimento da parte del Governo.

 

ARTICOLO 2, comma 36-vicies ter

Requisiti dei soggetti autorizzati all’estrazione dei beni da depositi IVA

La norma modifica l’articolo 50-bis, comma 6, del decreto legge n. 331 del 1993.

Essa prevede che i soggetti passivi dell’imposta ai fini IVA che possono effettuare l’estrazione dei beni da un deposito IVA, ai fini della loro utilizzazione e commercializzazione, devono essere iscritti alle Camere di commercio da almeno un anno, dimostrare una effettiva operatività ed attestare la regolarità dei versamenti IVA, con le modalità definite con apposito provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate.

 

Il prospetto riepilogativo riferito al maxiemendamento approvato al Senato non considera la norma.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento approvato al Senato precisa che, per il profilo finanziario, alla norma non si ascrivono effetti di gettito.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

ARTICOLO 3, comma 4

Parametri di virtuosità per gli enti locali e le regioni

Normativa vigente: l’art. 20, comma 3, del DL n. 98/2011[100] (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria) definisce le modalità di ripartizione dell’ammontare del concorso alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica fissati con il Patto di stabilità tra i vari enti appartenenti al singolo livello di governo (regionale, provinciale e comunale), sulla base della loro collocazione nelle predette quattro classi di virtuosità. In particolare, gli enti che risulteranno collocati nella classe più virtuosa, fermo restando l’obiettivo complessivo del comparto, non concorrono, a decorrere dal 2013 (anticipato per le province al 2012 dall’articolo 1, comma 9, del provvedimento attualmente in esame), alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica fissati dall’articolo 14del D.L. n. 78 del 2010,né agli ulteriori obiettivi di finanza pubblica definiti dal comma 5 del citato articolo 20.

 

La norma, non modificata dal Senato, stabilisce che l’adeguamento di comuni, province e regioni all’obbligo di cui all’articolo 3 comma 1 del presente decreto, che dispone l’abrogazione delle indebite restrizioni all’accesso e all’esercizio delle professioni e delle attività economiche,  costituisce elemento di valutazione della virtuosità dei predetti enti ai sensi del patto territoriale di cui all’articolo 20, comma 3, del decreto legge n. 98 del 2011.

 

Il prospetto riepilogativo e la relazione tecnica non considerano la norma.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

ARTICOLO 3, commi da 5 a 11-bis

Disposizioni per l’eliminazione di restrizioni all’esercizio di attività economiche

Le norme, nel testo risultante dalle modifiche approvate dal Senato, prevedono quanto segue.

Il comma 5 dispone che, fermo restando l’esame di Stato di cui all’articolo 33, quinto comma, della Costituzione per l’accesso alle professioni regolamentate, gli ordinamenti professionali devono garantire che l’esercizio dell’attività risponda ai principi di libera concorrenza, alla presenza diffusa dei professionisti su tutto il territorio nazionale, alla differenziazione e pluralità di offerta che garantisca l’effettiva possibilità di scelta degli utenti nell’ambito della più ampia informazione relativamente ai servizi offerti. A tal fine, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto in esame, gli ordinamenti professionali dovranno essere riformati per recepire una serie di principi in materia di liberalizzazione, di formazione continua, di tirocinio, di deroghe alle tariffe professionali, di obblighi assicurativi a carico del professionista, di organi territoriali con funzione disciplinare, di pubblicità informativa.

In caso di mancata determinazione consensuale del compenso (quando il committente è un ente pubblico), in caso di liquidazione giudiziale dei compensi ovvero allorquando la prestazione professionale è resa nell’interesse dei terzi, si applicano le tariffe professionali determinate con decreto del Ministro della giustizia.

Il comma 6, fermo quanto previsto dal comma 5 per le professioni, chiarisce che l’accesso alle attività economiche e il loro esercizio si basano sul principio di libertà di impresa.

Il comma 7 prevede che le disposizioni vigenti che regolano l’accesso e l’esercizio delle attività economiche devono garantire il principio di libertà di impresa e di garanzia della concorrenza. Le disposizioni relative all’introduzione di restrizioni all’accesso e all’esercizio delle attività economiche devono essere oggetto di interpretazione restrittiva.

I commi 8 e 11-bis abrogano[101] le restrizioni in materia di accesso ed esercizio delle attività economiche previste dall’ordinamento vigente, ad eccezione dei servizi di taxi e noleggio con conducente non di linea, svolti esclusivamente con veicoli categoria M1[[102]].

Il comma 9 definisce puntualmente il concetto di restrizione all’accesso alle attività economiche, elencando le limitazioni, gli atti amministrativi, i divieti, le imposizioni, gli obblighi in presenza dei quali sussiste una restrizione.

Il comma 10 dispone che le restrizioni diverse da quelle elencate nel comma 9 possono essere revocate con regolamento di delegificazione (ex art. 17, comma 2, legge n. 400/1988).

Il comma 11 consente l’applicazione, totale o parziale, a singole attività economiche delle restrizioni in materia di accesso abrogate dal comma 8.

L’applicazione di limitazioni può essere concessa con DPCM qualora:

a)       la limitazione sia funzionale a ragioni di interesse pubblico tra cui, in particolare, quelle connesse alla tutela della salute umana;

b)      la restrizione rappresenti un mezzo idoneo, indispensabile e ragionevolmente proporzionato all’interesse pubblico cui è destinata;

c)       la restrizione non introduca una discriminazione diretta o indiretta basata sulla nazionalità o, nel caso di società, sulla sede legale dell’impresa.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alle norme effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica riferita al testo originario afferma che le norme non comportano effetti peggiorativi sui saldi.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento afferma, riguardo all’esclusione dei servizi di taxi e noleggio di conducente non di linea dall’abrogazione delle restrizioni in materia di accesso ed esercizio di dette attività, che la disposizione non determina effetti negativi sui saldi di finanza pubblica.

Riguardo ad altre modifiche introdotte nel corso dell’esame presso il Senato, la RT afferma che non comportano effetti finanziari negativi, trattandosi di disposizioni di carattere ordinamentale e regolatorio volte a precisare ulteriormente l’ambito dell’intervento normativo ed i relativi strumenti attuativi.

 

Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare in quanto le disposizioni, enunciando principi generali, ai quali dovrà conformarsi la successiva disciplina, non appaiono suscettibili di determinare effetti diretti sui saldi di finanza pubblica.

Andrebbero peraltro acquisiti chiarimenti circa una eventuale riduzione di introiti per tariffe, diritti o altre entrate della pubblica amministrazione, non integralmente compensato da una corrispondente riduzione di costi connessi a compiti autorizzatori, di sorveglianza e controllo non più svolti dai medesimi uffici.

 

ARTICOLO 3, comma 12

Dismissione immobili dell’amministrazione della difesa

Normativa previgente: l’art. 307, comma 10, lettera d) del D. lgs. n. 66/2010 (Codice dell’ordinamento militare) dispone che i proventi monetari derivanti dalle procedure di dismissione degli immobili della difesa[103] - previa verifica da parte del Ministero dell’economia e delle finanze della compatibilità finanziaria con gli equilibri di finanza pubblica, con particolare riferimento al rispetto del conseguimento, da parte dell'Italia, dell'indebitamento netto strutturale concordato in sede di programma di stabilità e crescita - vengano destinati:

-          fino al 42,5 per cento, al Ministero della difesa, per le spese di riallocazione di funzioni, ivi incluse quelle relative agli eventuali trasferimenti di personale, e per la razionalizzazione del settore infrastrutturale della difesa, nonché, fino alla misura del 10 per cento, nel fondo casa di cui all'articolo 1836 del codice dell’ordinamento militare. La riassegnazione è effettuata in deroga ai limiti previsti per le riassegnazioni agli stati di previsione dei Ministeri, previo versamento all’entrata del bilancio dello Stato[104];

-          in misura non inferiore al 42,5 per cento, all’entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione al fondo di ammortamento dei titoli di Stato;

-          in una misura compresa tra il 5 ed il 15 per cento agli enti locali interessati[105]. Ove non sia assegnata la percentuale massima, la differenza viene distribuita in parti uguali alle percentuali di cui ai primi due punti.

Si rammenta che il testo originario dell’articolo 3, comma 12, del decreto in esame - integralmente sostituito dal Senato dalla disposizione di seguito esaminata – dispone l’integrale destinazione dei proventi derivanti dalle suddette procedure di dismissione immobiliare al Ministero della difesa, subordinatamente alla previa verifica della loro compatibilità con gli equilibri di finanza pubblica e, in particolare, al conseguimento dell’indebitamento netto strutturale concordato in sede di patto di stabilità e crescita. La norma prevede, inoltre, che, in caso di verifica negativa della compatibilità finanziaria con gli equilibri di finanza pubblica, i suddetti proventi siano riassegnati al fondo ammortamento dei titoli di Stato.

La norma, nel testo risultante dalle modifiche apportate dal Senato, sostituisce l’articolo 307, comma 10, lettera d), del D. Lgs. n. 66/2010 (Codice dell’ordinamento militare). Nello specifico la nuova disposizione stabilisce che i proventi monetari derivanti dalle procedure di dismissione del patrimonio immobiliare dell’amministrazione della difesa[106] - determinati con decreto del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, tenuto anche conto dei saldi strutturali di finanza pubblica - vengano versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati[107], fino al 31 dicembre 2013:

Ÿ        per una quota corrispondente al 55 per cento, allo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze. La somma andrà assegnata al fondo ammortamento dei titoli di Stato;

Ÿ        per una quota corrispondente al 35 per cento, allo stato di previsione del Ministero della difesa. La somma è finalizzata esclusivamente a spese di investimento e ne è in ogni caso precluso l’utilizzo per la copertura di oneri di parte corrente;

Ÿ        per la rimanente quota del 10 per cento, agli enti territoriali interessati. Ai fini della valorizzazione dei beni immobili in riferimento - le cui procedure sono concluse entro il termine perentorio di 180 giorni - si applicano le disposizioni in materia di conferenze di servizi (di cui all’art. 4, comma 4-decies, del DL n. 2/2010[108]), ovvero di accordi di programma (di cui all’art. 34 del D.lgs. n. 267/2000)[109].

La norma prevede, inoltre, che la determinazione finale delle conferenze di servizi o il decreto di approvazione degli accordi di programma, comportanti variazione degli strumenti urbanistici, vengano deliberati dal consiglio comunale entro 30 giorni, decorsi i quali i due citati provvedimenti, in caso di mancata deliberazione, si intendono comunque ratificati.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica, riferita al testo originario della norma, affermava che la modifica della precedente disciplina relativa alla riassegnazione dei proventi da alienazioni, permute, valorizzazione e gestioni dei beni, dell’amministrazione della difesa, restava vincolata alla previa verifica, da parte del Ministero dell’economia, della sua compatibilità finanziaria con gli equilibri di finanza pubblica, ed in particolare al conseguimento degli obiettivi in termini di indebitamento netto strutturale concordati in sede di programma di stabilità e crescita. La RT evidenziava, inoltre, che in caso di verifica negativa sulla compatibilità finanziaria i proventi in questione sarebbero stati riassegnati al fondo ammortamento titoli di Stato. Pertanto, secondo la RT, la disposizione non comportava effetti peggiorativi sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento approvato dal Senato afferma che le riassegnazioni dei proventi dalle procedure di dismissione del patrimonio immobiliare dell’amministrazione della difesa saranno effettuate nel rispetto della neutralità dei saldi strutturali di finanza pubblica. La RT afferma, altresì, che le somme riassegnate al Ministero della difesa sono finalizzate esclusivamente a spese d’investimento.

 

Al riguardo, appare opportuno acquisire chiarimenti del Governo in merito alla mancata riproposizione, nel testo in esame, della norma[110] che subordina la destinazione degli proventi delle dismissioni immobiliari ad una valutazione circa la compatibilità rispetto agli equilibri di finanza pubblica e, in particolare, al conseguimento dei valori di indebitamento netto strutturale concordati in sede di patto di stabilità e crescita. In particolare, poiché le entrate da dismissioni immobiliari sono considerate misure una tantum, la destinazione delle stesse ad esigenze di spesa - come confermato dalla disposizione in esame - appare potenzialmente in grado di produrre effetti peggiorativi in termini di indebitamento netto strutturale.

In luogo della suddetta valutazione preventiva di compatibilità, la norma prevede che i proventi derivanti dagli interventi di dismissione immobiliare vengano determinati “tenuto anche conto dei saldi strutturali di finanza pubblica”. Non è chiaro in quale misura tale procedimento attribuisca una maggiore discrezionalità - rispetto a quanto previsto a legislazione vigente - alle amministrazioni procedenti in merito alla destinazione delle somme derivanti dalle procedure di dismissione.

Andrebbero infine acquisiti elementi volti a verificare se, in ragione delle specifiche destinazioni previste dalla norma in esame, possano determinarsi effetti apprezzabili di dequalificazione della spesa.

 

ARTICOLO 4, commi 1-12

Liberalizzazione dei servizi pubblici locali

Le norme dispongono che gli enti locali verifichino la realizzabilità di una gestione concorrenziale dei servizi pubblici locali, liberalizzando tutte le attività economiche compatibilmente con le caratteristiche di universalità e accessibilità del servizio e limitando, negli altri casi, l’attribuzione di diritti di esclusiva alle ipotesi in cui, in base a un’analisi di mercato, la libera iniziativa economica privata non risulti idonea a garantire un servizio rispondente ai bisogni della comunità (comma 1).

L’ente adotta una delibera quadro che illustra l’istruttoria compiuta ed evidenzia, per i settori sottratti alla liberalizzazione,  i benefici per la comunità locale[111] (comma 2).

Gli enti locali definiscono preliminarmente, ove necessario, gli obblighi di servizio pubblico, prevedendo, per le aziende esercenti i servizi, eventuali compensazioni economiche in considerazione dei proventi derivanti dalle tariffe e nei limiti della disponibilità di bilancio destinata allo scopo (comma 5).

I soggetti gestori di servizi pubblici locali, qualora intendano svolgere attività in mercati diversi da quelli in cui sono titolari di diritti di esclusiva, sono soggetti alla disciplina prevista dall’articolo 8, commi 2-bis e 2-quater, della L. 287/1990 (comma 7).

Il comma 2-bis prevede che le imprese, che intendano svolgere attività in mercati diversi da quelli in cui agiscono, operino mediante società separate. Il comma 2-quater stabilisce che le imprese, che rendano disponibili a società da esse partecipate o controllate nei mercati diversi beni o servizi, anche informativi, di cui abbiano la disponibilità esclusiva in dipendenza delle attività svolte, sono tenute a rendere accessibili tali beni o servizi, a condizioni equivalenti, alle altre imprese direttamente concorrenti.

Nel caso in cui gli enti interessati procedano all’attribuzione di diritti di esclusiva, il conferimento della gestione di servizi pubblici locali avviene mediante procedure competitive a evidenza pubblica. Le procedure sono indette nel rispetto degli standard qualitativi, quantitativi, ambientali, di equa distribuzione sul territorio e di sicurezza definiti dalla legge, ove esistente, dalla competente autorità di settore o, in mancanza di essa, dagli enti affidanti. Le società a capitale interamente pubblico possono partecipare alle procedure competitive, sempre che non vi siano specifici divieti previsti dalla legge. Le imprese estere, non appartenenti a Stati membri dell’Unione europea, possono essere ammesse nel rispetto del principio di reciprocità (commi 8-10).

Con riferimento al bando di gara o alla lettera di invito, si prevede tra l’altro che nel caso di procedure aventi ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio (al quale deve essere conferita una partecipazione non inferiore al 40 per cento) e l’attribuzione di specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio, i criteri di valutazione delle offerte basati su qualità e corrispettivo del servizio prevalgano di norma su quelli riferiti al prezzo delle quote societarie (commi 11 e 12).

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alle norme effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica riferita al testo originario afferma che le disposizioni non comportano effetti onerosi sulla finanza pubblica.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento afferma che la modifica apportata, di cui al comma 2, ha carattere ordinamentale e che non comporta effetti finanziari.

 

Al riguardo, si osserva preliminarmente che le norme sono volte a favorire la realizzazione di una gestione concorrenziale dei servizi pubblici locali. In relazione alle procedure previste dal testo, si rileva che sono posti a carico degli enti interessati una serie di adempimenti che si profilano aggiuntivi rispetto a quelli previsti a legislazione vigente.

Si fa riferimento, in particolare, alle verifiche per la realizzabilità di una gestione concorrenziale, alle procedure di affidamento, alle compensazioni economiche per le aziende esercenti i servizi relativamente agli obblighidi servizio pubblico, alle procedure ad evidenza pubblica per il conferimento dei servizi, alla redazione dei bandi  e allo svolgimento delle gare.

In proposito, appare utile acquisire conferma che a tali adempimenti gli enti interessati provvedano nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Andrebbe altresì chiarito se, una volta verificata la realizzabilità di una gestione concorrenziale, possano prospettarsi in relazione alle norme in esame effetti finanziari negativi per gli enti eventualmente interessati in riferimento all’esercizio di servizi economicamente redditizi[112].

Si rileva infine che le norme in esame sembrano riferirsi prevalentemente a servizi gestiti in via diretta dagli enti interessati. Nell’eventualità in cui - tuttavia – trovassero applicazione anche nel caso di servizi gestiti mediante società azionarie, nell’ambito del procedimento di liberalizzazione potrebbero realizzarsi per gli enti locali incassi di tipo mobiliare, per esempio in relazione alla cessione di quote azionarie di società attualmente possedute dagli enti stessi. In tal caso, non sussistendo per gli enti in questione un obbligo di utilizzo dei proventi di tipo mobiliare ai fini dell’ammortamento del proprio debito, andrebbe chiarito se l’eventuale utilizzo dei predetti proventi per finalità di spesa possa determinare effetti negativi sul saldo dell’indebitamento netto[113].

 

ARTICOLO 4, commi da 13 a 35

Disposizioni in materia di affidamento diretto dei servizi pubblici locali

La norma, marginalmente modificata dal Senato[114], dispone - in deroga a quanto previsto nei commi da 8 a 12 dell’articolo in esame, riguardanti l’obbligo di attribuzione mediante gara dei diritti in esclusiva in materia di gestione dei servizi pubblici locali – che, qualora il valore economico del servizio oggetto dell'affidamento sia inferiore a 900.000 euro annui, l'affidamento possa avvenire "in house" a favore di società a capitale interamente pubblico (comma 13). Le società "in house" sono assoggettate al patto di stabilità interno sul cui rispetto vigilano gli enti locali che partecipano al capitale (comma 14).

La norma prevede inoltre alcune disposizioni procedurali volte a regolare la normativa applicabile alle società “in house” e alle società a partecipazione mista in materia di acquisti di beni e servizi e di reclutamento del personale, nonché volte a regolare i compiti degli enti locali in materia di vigilanza e in materia di incompatibilità di incarichi (commi da 15 a 27).

Specifiche disposizioni sono previste in materia di proprietà pubblica delle reti la cui gestione sia affidata a soggetti privati (comma 28) e in materia di subentro tra gestori privati nella gestione del servizio pubblico locale (commi da 29 a 31)[115].

Al fine del graduale passaggio alla nuova disciplina viene inoltre introdotto un regime transitorio per gli affidamenti in essere (comma 32).

E’ prevista inoltre l’impossibilità, per le società titolari di affidamento diretto nella gestione di servizi pubblici locali, di acquisire la gestione di servizi ulteriori, né direttamente (anche tramite società partecipate), né mediante partecipazione a gare (comma 33).

Le norme contenute nel presente articolo non si applicano al servizio idrico integrato, al servizio di distribuzione di gas naturale, al servizio di energia elettrica, al servizio di trasporto regionale e alla gestione delle farmacie comunali (comma 34).

Infine si stabilisce che le procedure di affidamento già avviate all'entrata in vigore del presente decreto legge sono salve (comma 35).

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti finanziari.

 

La relazione tecnica, riferita al testo iniziale, nel descrivere sinteticamente la disposizione, afferma che la stessa non comporta effetti onerosi sulla finanza pubblica.

 

La relazione tecnica, riferita al maxiemendamento approvato al Senato afferma il carattere ordinamentale dell’unica modifica, apportata al comma 34, che non comporta effetti finanziari.

 

Al riguardo si osserva che andrebbero acquisiti chiarimenti in merito agli effetti finanziari della disposizione che prevede l'assoggettamento delle società in house al patto di stabilità interno. Nei casi in cui tali società presentino saldi di bilancio positivi, la loro considerazione ai fini del raggiungimento degli obiettivi cui sono soggetti gli enti locali proprietari, potrebbe determinare una riduzione dei risparmi di bilancio cui tali ultimi enti sono tenuti. In tal caso, qualora le società in questione non siano incluse nel perimetro della PA, potrebbero registrarsi effetti negativi sui saldi di finanza pubblica.

 

ARTICOLO 5

Norme in materia di società municipalizzate ed eventi calamitosi in Basilicata

Le norme, nel testo risultante dalle modifiche approvate dal Senato, dispongono che una quota del Fondo infrastrutture[116], nei limiti delle disponibilità in base alla legislazione vigente e comunque fino a 250 milioni di euro per l’anno 2013 e 250 milioni di euro per l’anno 2014, sia destinata a investimenti infrastrutturali effettuati dagli enti territoriali che procedano, rispettivamente entro il 31 dicembre 2012 ed entro il 31 dicembre 2013, alla dismissione di partecipazioni[117] in società esercenti servizi pubblici locali di rilevanza economica, diversi dal servizio idrico. Le spese effettuate a valere sulla predetta quota sono escluse dai vincoli del patto di stabilità interno. La quota assegnata a ciascun ente territoriale non può essere superiore ai proventi della dismissione effettuata. La quota non assegnata agli enti territoriali è destinata alle finalità previste dalla norma istitutiva del Fondo (comma 1).

Si tratta dell’articolo 6-quinquies del DL 112/2008. La norma ha previsto che il Fondo per il finanziamento delle infrastrutture sia finalizzato al potenziamento della rete infrastrutturale di livello nazionale, ivi comprese le reti di telecomunicazione e quelle energetiche. Le risorse del Fondo devono essere ripartite con apposite delibere del CIPE, fermo restando il vincolo di concentrare nelle regioni del Mezzogiorno almeno l’85% degli stanziamenti nazionali. La norma ha inoltre disposto che le regioni debbano concentrare le risorse del Quadro strategico nazionale 2007-2013 su infrastrutture di interesse strategico regionale.

Si prevede altresì che, per il ripristino e la messa in sicurezza delle infrastrutture colpite dagli eventi calamitosi nei territori della Basilicata nel periodo 18 febbraio-1° marzo 2011, per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza, sia autorizzata la spesa di 7 milioni di euro per l'anno 2011. Al relativo onere si provvede mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa (articolo 32, comma 8, del DL 98/2011) relativa al potenziamento e al funzionamento del sistema informativo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (comma 1-bis).

Si ricorda che l’articolo 32, comma 8, autorizza la spesa di 16,7 milioni di euro per il 2011 per il potenziamento e il funzionamento del sistema informativo del Ministero delle infrastrutture. La disposizione determina effetti di maggiore spesa in conto capitale, per 16,7 milioni nel 2011, contabilizzati sui tre saldi di finanza pubblica nell’apposito prospetto riepilogativo, allegato al provvedimento.

 Le disponibilità derivanti dalle specifiche autorizzazioni legislative di spesa iscritte nello stato di previsione del Ministero dell'interno e relative al potenziamento di infrastrutture, sono versate in Tesoreria entro 30 giorni dalla richiesta dell'ente interessato. L'ente destinatario del finanziamento è tenuto a rendicontare le modalità di utilizzo delle risorse (comma 1-ter).

 

Il prospetto riepilogativo, riferito al testo originario (consistente nel solo comma 1), assegna alla norma i seguenti effetti:

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2011

2012

2013

2014

2011

2012

2013

2014

2011

2012

2013

2014

Maggiori spese conto capitale

Società municipalizzate (comma 1)

 

 

 

 

 

 

50,0

150,0

 

 

50,0

150,0

 

Il prospetto riepilogativo, riferito alle modifiche apportate al Senato, assegna alla norma i seguenti effetti:

 (milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2011

2012

2013

2014

2011

2012

2013

2014

2011

2012

2013

2014

Maggiori spese conto capitale

Eventi atmosferici Basilicata (comma 1-bis)

7,0

 

 

 

7,0

 

 

 

7,0

 

 

 

Minori spese conto capitale

Sistemi informativi Min. Infrastr. (comma 1-bis)

7,0

 

 

 

7,0

 

 

 

7,0

 

 

 

 

La relazione tecnica, riferita al testo originario, stima - con riferimento al comma 1 - un effetto sugli investimenti degli enti locali quantificabile complessivamente in 50 milioni per il 2013 e 150 milioni per il 2014, con corrispondente impatto sui saldi di fabbisogno e indebitamento netto (atteso che dette spese vengono escluse dai vincoli del patto di stabilità interno).

La relazione tecnica, riferita al maxiemendamento, ribadisce che le disposizioni di cui al comma 1 non recano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, tenuto conto che rimane comunque confermato l’utilizzo delle risorse disponibili del Fondo infrastrutture in base alla legislazione vigente nella misura massima di 250 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014.

Per quanto attiene agli eventi calamitosi avvenuti nel territorio della regione Basilicata, la RT, oltre a illustrare le disposizioni, afferma che il comma 1-ter non determina alcun effetto finanziario in quanto è esclusivamente finalizzato a disciplinare le modalità di erogazione, da parte del Ministero dell’interno, delle risorse a favore dei comuni derivanti da specifiche autorizzazioni legislative di spesa relative al potenziamento di infrastrutture.

 

Al riguardo, con riferimento al comma 1, si rileva che la relazione tecnica non fornisce i parametri di calcolo sottostanti gli effetti sui saldi di fabbisogno e indebitamento netto, pari complessivamente a 200 milioni nel biennio 2013-2014, a fronte di disponibilità attribuite agli enti interessati pari a 500 milioni di euro per il medesimo biennio.

Dalle indicazioni contenute nel prospetto riepilogativo, sembrerebbe potersi desumere che gli effetti sui saldi di fabbisogno e indebitamento netto si dispieghino in ragione di 50 milioni nel 2013, 150 milioni nel 2014, 200 milioni nel 2015 e 100 milioni nel 2016.

Premessa la necessità di una conferma in proposito, andrebbero esplicitate e opportunamente suffragate le ipotesi di spendibilità delle somme sulle quali si fonda tale proiezione temporale degli effetti in termini di cassa.

Inoltre, ove trovasse conferma la dinamica di spesa indicata, l’onere annuo più elevato si produrrebbe nel 2015. Di tale circostanza occorrerebbe tener conto ai fini di una complessiva valutazione dell’equilibrio tra effetti di segno opposto derivanti dal provvedimento in esame oltre il triennio 2012-2014.

Andrebbe altresì acquisita conferma che la quota del Fondo infrastrutture destinata a investimenti infrastrutturali effettuati dagli enti territoriali sia compatibile con eventuali interventi connessi a programmi già avviati e finanziati a valere sul Fondo in questione.

Con riferimento alla finalità generale delle disposizioni, volte a incentivare la dismissione di partecipazioni da parte degli enti interessati, si rimanda alle considerazioni espresse in proposito nella precedente scheda relativa all’articolo 4, commi da 1 a 12[[118]].

Per quanto attiene alle disposizioni relative al ripristino e alla messa in sicurezza delle infrastrutture lucane, di cui ai commi 1-bis e 1-ter,  con copertura a valere sull'autorizzazione di spesa per il potenziamento e il funzionamento del sistema informativo del Ministero delle infrastrutture, andrebbe acquisita una conferma circa la  compatibilità di detta riduzione di spesa rispetto agli interventi già programmati a valere sulle medesime disponibilità.

Inoltre, al fine di escludere – per gli esercizi successivi al 2011 - effetti non previsti sui saldi di fabbisogno e indebitamento netto, appare opportuno acquisire una conferma circa il profilo temporale della spendibilità degli interventi per infrastrutture nella regione Basilicata.

Riguardo, infine, al comma 1-ter, andrebbe escluso che l’introduzione di un termine massimo per il versamento in Tesoreria delle disponibilità del Ministero dell'interno possa determinare un’accelerazione della spesa non scontata – a legislazione vigente - nei saldi di finanza pubblica.

 

ARTICOLO 5, comma 1-bis

Copertura finanziaria

Al riguardo, con riferimento alle risorse utilizzate a copertura, appare opportuno che il Governo chiarisca se l’autorizzazione di spesa della quale è previsto l’utilizzo rechi le necessarie disponibilità e se l’impiego delle stesse non pregiudichi gli interventi già previsti a valere sulle suddette risorse.

L’articolo 32, comma 8, del decreto-legge n. 98 del 2011 ha previsto, per il potenziamento e il funzionamento del sistema informativo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, un’autorizzazione di spesa pari a 16,7 milioni di euro per l’anno 2011.Come risulta dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanza n. 85477 del 3 agosto 2011 le suddette risorse sono state iscritte, nella misura di 3,5 milioni di euro sul capitolo 1275 e nella misura di 13,2 milioni di euro sul capitolo 7123 dello stato di previsione relativo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

 

ARTICOLO 5-bis

Sviluppo delle regioni dell'obiettivo convergenza e realizzazione del Piano Sud

La norma, introdotta dal Senato[119], prevede che, a decorrere dall’esercizio in corso, la spesa effettuata annualmente da ciascuna delle regioni soggette all’obiettivo di convergenza a valere sulle risorse del fondo per lo sviluppo e la coesione sociale[120], sui cofinanziamenti nazionali dei fondi comunitari a finalità strutturale, nonché sulle risorse oggetto della ricognizione prevista ai sensi di quanto previsto dall’articolo 6-sexies del decreto-legge 112/2008[[121]], possa eccedere i limiti del patto di stabilità interno[122], nel rispetto, comunque, delle condizioni e dei limiti finanziari stabiliti annualmente con decreto ministeriale[123]. Con il medesimo decreto sono stabilite le modalità di attribuzione allo Stato ed alle restanti regioni dei relativi maggiori oneri, garantendo in ogni caso il rispetto dei tetti complessivi, fissati dalla legge, per il concorso dello Stato e delle regioni alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per l’anno di riferimento.

 

Il prospetto riepilogativo riferito al maxiemendamento approvato dal Senato non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica:

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento approvato dal Senato afferma che la norma non determina effetti negativi in termini di indebitamento netto e di fabbisogno, in quanto la deroga ivi prevista è operata solo a fronte di cessione facoltativa di spazi finanziari da parte dello Stato e delle regioni e per un importo pari agli eventuali spazi finanziari ceduti.

 

Al riguardo si osserva che la norma, demandando a una normativa di rango secondario la possibilità di concedere deroghe ai limiti di spesa del patto di stabilità interno per le regioni soggette all’obiettivo di convergenza e l’individuazione delle relative modalità di copertura, a carico di altre regioni o dello Stato, non consente la verifica parlamentare della effettiva neutralità finanziaria delle predette deroghe.

Si segnala inoltre che il carattere facoltativo, affermato dalla relazione tecnica, della cessione dei propri spazi finanziari da parte delle restanti regioni, non emerge dal tenore letterale della disposizione.

 

ARTICOLO 6                      

Dichiarazione di inizio attività, SISTRI, DigitPA, contenzioso in materia di “bonus bebè” e dismissioni immobiliari della PA

Le norme recano una serie di disposizioni in tema di segnalazione certificata di inizio attività, di denuncia e di dichiarazione di inizio attività, nonché ulteriori misure di semplificazione.

In particolare, nel testo risultante dalle modifiche approvate dal Senato, le norme:

Ÿ        modificano e integrano l'articolo 19 della L. 241/1990, concernente la segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) in materia edilizia, riducendo da 60 a 30 giorni il termine per l'esercizio dei poteri in autotutela[124]. Inoltre, si dispone che la SCIA e la DIA non costituiscano provvedimenti taciti direttamente impugnabili (comma 1);

Ÿ        dispongono che, al fine di garantire un periodo transitorio per l’operatività del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), il Ministero dell'ambiente, attraverso il concessionario SISTRI, assicuri, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge e sino al 15 dicembre 2011, la verifica tecnica delle componenti software e hardware, organizzando, in collaborazione con le associazioni di categoria maggiormente rappresentative, test di funzionamento con l'obiettivo della più ampia partecipazione degli utenti. Il termine di entrata in operatività del SISTRI è il 9 febbraio 2012, ad eccezione dei piccoli produttori di rifiuti speciali pericolosi [125], il cui termine non può essere antecedente al 1° giugno 2012.

Si ricorda che il decreto ministeriale 16 maggio 2011 del Ministero dell’ambiente ha introdotto diversi limiti temporali per l’adesione al SISTRI, compresi tra il 1° settembre ed il 1° dicembre 2011, in base alla tipologia ed alle dimensioni delle aziende o enti interessati. L’articolo 6, comma 2, lettera f-octies), del DL 70/2011 (Semestre europeo) ha previsto una proroga ulteriore, a una data non precedente il 1° giugno 2012, per i piccoli produttori di rifiuti speciali pericolosi.

Dall'attuazione della presente disposizione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Con decreto ministeriale sono individuate specifiche tipologie di rifiuti alle quali sono applicate, ai fini del SISTRI, le procedure previste per i rifiuti speciali non pericolosi. Gli operatori che producono esclusivamente rifiuti soggetti a ritiro obbligatorio da parte di sistemi di gestione regolati per legge possono delegare la realizzazione dei propri adempimenti relativi al SISTRI ai consorzi di recupero, secondo le modalità già previste per le associazioni di categoria (commi 2 e 3).

Si ricorda che, nel testo risultante dalle modifiche approvate dal Senato, i commi 2 e 3 sono stati integralmente sostituiti rispetto al testo originario del decreto legge. Quest’ultimo prevedeva in sostanza la soppressione del SISTRI e di tutte le norme che ne disciplinano il funzionamento (soppressione finalizzata – secondo la relazione illustrativa – a “contenere gli eccessivi oneri amministrativi derivanti dal SISTRI, che si traducono in un grave rallentamento dell’attività imprenditoriale”).

Sempre nel testo risultante dalle modifiche approvate dal Senato, il comma 4 – presente nel testo originario del decreto legge – è stato soppresso. Si ricorda che tale disposizione era volta a ad estendere a tutti gli esercizi commerciali la liberalizzazione di orari e aperture che il DL 98/2011 aveva previsto esclusivamente nelle città d’arte e nelle località turistiche;

Ÿ        prevedono che DigitPA[126] metta a disposizione, attraverso il Sistema pubblico di connettività, una piattaforma tecnologica per l’interconnessione e l’interoperabilità tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di pagamento abilitati, al fine di assicurare l’autenticazione certa dei soggetti interessati all’operazione in tutta la gestione del processo di pagamento. Le pubbliche amministrazioni possono utilizzare, entro il 31 dicembre 2013, tale piattaforma anche al fine di consentire la realizzazione e la messa a disposizione della posizione debitoria dei cittadini nei confronti dello Stato (commi 5 e 6);

Ÿ        dispongono che nei confronti dei soggetti che hanno beneficiato delle erogazioni relative al bonus per i bambini nati negli anni 2005 e 2006[[127]], in assenza della condizione di reddito[128], non si applichino le sanzioni penali e amministrative nel caso di restituzione delle somme indebitamente percepite entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente provvedimento. I procedimenti penali ed amministrativi, eventualmente avviati, sono sospesi sino alla scadenza del predetto termine e si estinguono a seguito dell'avvenuta restituzione (comma 6-bis);

Ÿ        prevedono che, ai fini dell’attuazione della disposizione[129] che sottopone le dismissioni immobiliari effettuate dalle pubbliche amministrazioni alla previa verifica, da parte del MEF, del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica, l'Agenzia del demanio proceda, con priorità in aree a più elevato disagio occupazionale e produttivo e senza oneri a carico del bilancio dello Stato, ad operazioni di permuta di beni non più utilizzati e disponibili[130] con immobili adeguati all'uso governativo, al fine di rilasciare immobili di terzi attualmente condotti in locazione passiva ovvero comunque ritenuti inadeguati(comma 6-ter, primo periodo);

Ÿ        prevedono che le amministrazioni dello Stato (comma 6-ter, secondo periodo):

-          al fine di valutare la possibilità di recupero di spesa per effetto di operazioni di permuta, comunicano all'Agenzia del demanio l'ammontare dei fondi statali per la realizzazione di nuovi immobili già stanziati e non impegnati

-          comunicano all'Agenzia del demanio gli immobili di nuova realizzazione da destinare ad uso governativo.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alle norme effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica, riferita al testo originario, afferma quanto segue:

Ÿ        con riferimento alle modifiche in materia di SCIA e DIA, le norme non determinano oneri per la finanza pubblica in virtù del loro carattere ordinamentale;

Ÿ        per quanto attiene alla soppressione del SISTRI, le disposizioni non comportano effetti finanziari negativi;

Ÿ        riguardo alla liberalizzazione di orari e giorni di apertura, la modifica mira a estendere detta liberalizzazione a tutto il territorio nazionale e non solo ai comuni a vocazione turistica, allo scopo di favorire le vendite e il rilancio delle attività ad esse connesse, agevolando la ripresa dei consumi, nonché l’economia nazionale e quella dei territori. La disposizione non comporta effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento approvato al Senato afferma che:

Ÿ        dalle norme relative al SISTRI (commi 2 e 3) non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Per quanto riguarda l’operatività del SISTRI, restano ferme le norme che ne disciplinano la copertura finanziaria a carico dei soggetti aderenti al sistema. Anche le verifiche tecniche e i test, di cui al comma 2, per i quali è prevista apposita clausola di invarianza finanziaria, verranno svolti nell’ambito del predetto meccanismo di finanziamento. Le disposizioni di cui ai commi 3 e 3-bis, in quanto di carattere regolatorio del settore, non comportano effetti finanziari;

Ÿ        la soppressione delle norme relative alla liberalizzazione degli orari di apertura degli esercizi commerciali (comma 4 del testo originario) non ha effetti finanziari;

Ÿ        non si stimano effetti finanziari collegati alla disposizione relativa al contenzioso per i “bonus bebè” (comma 6-bis), in considerazione della non rilevanza del numero dei soggetti coinvolti;

Ÿ        l’attribuzione all’Agenzia del demanio della competenza sugli interventi di permuta di beni appartenenti allo Stato con immobili adeguati all’uso governativo (comma 6-ter) dovrebbe determinare effetti di risparmio. Infatti l’Agenzia del demanio già procede regolarmente ad avviare, con gli enti locali, operazioni di permuta in forza delle quali vengono trasferiti agli enti medesimi beni statali a fronte dell’acquisizione, da parte dello Stato, di immobili in locazione passiva ad amministrazioni statali. Rispetto a tale ordinaria attività, la disposizione estende la possibilità di permutare immobili anche in relazione ad altri soggetti, in modo da ottenere maggiori risparmi, quantificabili a consuntivo, dovuti alla riduzione degli oneri locativi a carico dell’Erario.

 

Al riguardo, appare opportuno che siano evidenziati gli oneri connessi alla realizzazione della piattaforma tecnologica per l’interconnessione e l’interoperabilità tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di pagamento abilitati e le risorse – eventualmente già disponibili a legislazione vigente – con le quali farvi fronte, atteso che DigitPA fa parte dell’elenco dei soggetti individuati, sulla base dei criteri di contabilità europea, ai fini della predisposizione del conto economico consolidato della p.a.

Con riferimento al sistema di controllo sulla tracciabilità dei rifiuti, andrebbero esclusi effetti negativi per la finanza pubblica derivanti della modifica dell’entrata in operatività del SISTRI e connessi a contributi eventualmente già versati da soggetti tenuti ad aderire al predetto sistema[131]. Andrebbe inoltre verificata la conformità dei nuovi termini temporali, previsti dal testo, alla disciplina comunitaria, al fine di escludere l’applicazione di eventuali sanzioni.

Circa gli adempimenti relativi alla verifica tecnica delle componenti software e hardware e ai test di funzionamento – che, come affermato dalla RT, dovrebbero essere integralmente coperti a valere sui contributi degli aderenti al SISTRI – andrebbe confermato che tale meccanismo di finanziamento sia idoneo ad evitare effetti onerosi anche con riferimento al necessario allineamento temporale tra il versamento dei contributi annuali e l’insorgere delle esigenze di spesa connesse a detti adempimenti.

Con riferimento, infine, alla mancata applicazione di sanzioni amministrative nei confronti dei percettori indebiti di assegni relativi al bonus per i nati negli anni 2005 e 2006, non si hanno rilievi da formulare nel presupposto, su cui pare opportuna una conferma, che eventuali sanzioni pecuniarie ed interessi non siano stati contabilizzati nei saldi di finanza pubblica.

Si segnala che, in data 29 luglio 2011, il Ministero dell’economia – in risposta ad un’interrogazione urgente - ha trasmesso alla Commissione Bilancio della Camera una documentazione riguardante l’utilizzo del cosiddetto bonus bebè. In particolare il Governo ha precisato che i beneficiari del bonus sono stati circa 700.000 e che l’erogazione è stata effettuata sulla base di un’autodichiarazione da parte dei beneficiari. Dall’esito dei controlli svolti dall’amministrazione, è emerso che, in poco più di 8.000 casi (circa l’1% degli assegni pagati), il bonus era stato erogato a soggetti che superavano i limiti di reddito consentiti[132]. Si è quindi dato inizio al procedimento di recupero del bonus. Per quanto attiene alla sanzione amministrativa, contestata ai sensi dell’articolo 316 del codice penale, nella documentazione del Governo è stato precisato che il pagamento presuppone l’accertamento della commissione dell’illecito anche relativamente al profilo soggettivo: i cittadini avrebbero pertanto potuto sottoporre agli uffici ogni elemento ritenuto utile a escludere ogni responsabilità.

 

ARTICOLO 6-bis                                 

Sistemi informativi relativi a crediti al consumo

La norma, introdotta dal Senato, dispone che ai sistemi informativi, di cui sono titolari soggetti privati, utilizzati a fini di concessione di crediti al consumo o, comunque, riguardanti l'affidabilità e la puntualità nei pagamenti da parte degli interessati[133], possono avere accesso, anche per le finalità ivi previste, i soggetti che partecipano al sistema di prevenzione delle frodi[134]. Dall'attuazione di tale previsione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Il prospetto riepilogativo e la relazione tecnica riferiti al maxiemendamento non considerano la norma.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

ARTICOLO 6-ter

Fondo di rotazione per la progettualità

La norma, introdotta al Senato, prevede che le risorse disponibili sul Fondo di rotazione[135], siano destinate prioritariamente alla progettazione delle opere inserite nei piani triennali degli enti locali[136] e che ricadono su terreni demaniali o già di proprietà dell'ente locale interessato, aventi già destinazione urbanistica conforme all'opera o alle opere che si intendono realizzare.

Gli enti locali interessati alla utilizzazione delle risorse del Fondo presentano, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, le richieste di accesso al finanziamento, sulla cui base la Cassa Depositi e Prestiti provvede a formare una graduatoria.

 

Il prospetto riepilogativo riferito alle modifiche apportate al Senato non ascrive effetti finanziari alla norma.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento approvato al Senato, richiamando il contenuto della disposizione, afferma che la stessa non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, limitandosi a prevedere una destinazione prioritaria e temporanea di risorse già disponibili per finalità analoghe a quelle previste dalla disposizione stessa.

 

Al riguardo si osserva che appare opportuno un chiarimento sui possibili effetti finanziari della norma in esame, mirante ad agevolare il finanziamento delle opere prontamente realizzabili degli enti locali. Quest’ultima appare infatti suscettibile di imprimere un’accelerazione alla spesa in conto capitale, con possibili riflessi sui saldi di finanza pubblica, seppure limitatamente agli enti locali di minori dimensioni, non soggetti al patto di stabilità interno.

Il provvedimento in esame prevede peraltro la progressiva estensione degli enti locali soggetti al patto di stabilità interno che a decorrere dal 2013 si applicherà anche ai comuni con popolazione compresa tra 1.000 e 5.000 abitanti, mentre a decorrere dal 2014 si applicherà anche alle unioni di comuni formate da comuni con popolazione inferiore ai 1.000 abitanti[137].

 

ARTICOLO 7

Addizionale IRES per le imprese dei settori petrolifero, dell’energia elettrica e del gas

Le norme intervengono nell’ambito dell’addizionale IRES riguardante le società del settore energetico, istituita e disciplinata dai commi da 16 a 18 dell’articolo 81 del decreto legge n. 112 del 2008.

In particolare, è modificato, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2010, il comma 16 del suddetto articolo 81, disponendo quanto segue:

·        sono assoggettate  al pagamento dell’addizionale le imprese con ricavi superiori a 10 milioni ed un reddito imponibile superiore ad un milione, anziché quelle con un volume di ricavi superiore a 25 milioni;

·        è esteso l’ambito applicativo dell’addizionale, cui sono assoggettate ora, oltre alle imprese  di produzione e commercializzazione di energia elettrica, anche quelle di trasmissione, dispacciamento e distribuzione dell’energia elettrica e di trasporto e distribuzione di gas naturale;

·        è soppressa l’esclusione dall’addizionale, prima espressamente prevista, per i soggetti che producono energia elettrica mediante l’impiego prevalente di biomasse e di fonte solare, fotovoltaica o eolica.

Per i primi tre periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2010, l’aliquota dell’addizionale IRES è aumentata di quattro punti percentuali, passando dal 6,5 al 10,5 per cento.

Le modifiche introdotte non rilevano ai fini della determinazione dell’acconto d’imposta dovuto per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2010.

E’ ribadito il divieto, per i soggetti incisi dall’addizionale, di trasferire il maggior onere fiscale sui prezzi.

Si dispone, infine, che dall’attuazione dell’articolo in esame derivano maggiori entrate stimate non inferiori a 1.800 milioni di euro nel 2012 e 900 milioni di euro per gli anni 2013 e 2014.   

 

Il prospetto riepilogativo riferito al testo iniziale come integrato dal prospetto riepilogativo riferito al maxiemendamento approvato al Senato assegna alle norme i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

Maggiori entrate

1.800,0

900,0

900,0

1.800

900,0

900,0

1.800,0

900,0

900,0

In merito si segnala che le norme in esame non sono state modificate nel corso dell’iter al Senato, ma è stata modificata la contabilizzazione delle relative maggiori entrate previste per il 2012 in relazione alla modifica di destinazione delle medesime, introdotta al Senato.

L’articolo 1, comma 1, del decreto originario stabiliva, infatti, che, per l’anno 2012, gli obiettivi di contenimento della spesa dei Ministeri, di cui al medesimo comma 1, potessero essere ridotti di un importo fino al 50 per cento delle maggiori entrate ascritte all’effettiva applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 7. Analoga disposizione era contenuta nel comma 12 dell’articolo 1, in riferimento agli obiettivi di contenimento della spesa degli enti territoriali.

Nel prospetto riepilogativo e nella relazione tecnica riferiti al testo originario, gli effetti di maggiore entrata assegnati alle norme in materia di addizionale IRES per l’anno 2012, stimati in 1.800 milioni, non sono stati contabilizzati ai fini del miglioramento dei saldi. Parimenti non sono stati contabilizzati i possibili effetti di riduzione dei risparmi ascritti ai Ministeri ed agli enti locali. Gli effetti di riduzione dei risparmi ascritti agli enti locali, peraltro, ove contabilizzati, avrebbero rilevato esclusivamente ai fini del fabbisogno e dell’indebitamento netto per un importo massimo di 900 milioni nel 2012.

Pertanto la mancata contabilizzazione, sia degli effetti di maggiore entrata che degli effetti di maggior spesa nel 2012, non consentiva di evidenziare un effetto netto positivo a livello di saldo netto da finanziare pari a 900 milioni.

Il Senato ha modificato i commi 1 e 12 dell’articolo 1 del provvedimento prevedendo l’integrale destinazione delle maggiori entrate derivanti nel 2012 dall’articolo 7 in esame a riduzione dei risparmi attesi dagli enti territoriali.

A seguito di tale modifica, nel prospetto riepilogativo riferito al maxiemendamento approvato al Senato si è operata una rettifica contabile, iscrivendo ai fini dei tre saldi le maggiori entrate derivanti per il 2012 dall’articolo 7 e contestualmente riducendo di pari importo (1.800 milioni) i complessivi risparmi attesi a carico degli locali, ai fini del fabbisogno e dell’indebitamento netto.

 

La relazione tecnica riferita al testo originario fornisce alcuni dati con riferimento alle singole voci che contribuiscono a determinare il gettito complessivo ascritto dalla norma alle disposizioni.

Per quanto riguarda la quantificazione dell'aumento di quattro punti di aliquota riferita ai soggetti sui quali l'addizionale gravava anche in precedenza, la stima si basa sui dati contenuti nel Documento di economia e finanza 2011[138]. Tali dati evidenziano - in base ai versamenti tramite modello F24 - che il gettito di competenza 2009 legato all'addizionale per il settore energetico è stato di 678 milioni, in vigenza di un’aliquota pari al 6,5 per cento. Un punto percentuale corrisponde, quindi, a circa 104 milioni; conseguentemente, l'aumento di quattro punti percentuali previsto dalla norma comporta un aumento, in termini di competenza annua, di 416 milioni.

In termini di cassa, si determinano maggiori entrate per 832 milioni nel 2012 e di 416 milioni per ciascuno degli anni 2013 e 2014.

Si segnala, in proposito, che la relazione tecnica utilizza per la determinazione della quota di versamento in acconto dell’addizionale dovuta una percentuale del 100 per cento, ipotizzando l’insussistenza di società in condizione di perdita, in considerazione dell’elevata redditività delle imprese operanti nel settore energetico. Tale ipotesi è in linea con quanto operato in precedenti relazioni tecniche riguardanti misure per il medesimo settore. 

Con riferimento all’estensione dell’applicazione dell’addizionale a tutte le attività di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, la relazione stima un effetto di maggior gettito di 70 milioni di euro annui in riferimento alle società con ricavi superiori a 10 milioni e scontando un’aliquota del 10,5 per cento.

In termini di cassa, si determina un maggior gettito di 140 milioni di euro nel 2012 e di 70 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014.

Con riguardo all’estensione alle imprese che trasportano e dispacciano energia elettrica e  che trasportano o distribuiscono gas naturale, la relazione tecnica stima un maggior gettito di 310 euro annui ad aliquota del 10,5 per cento.

La relazione precisa che in pratica si tratta di Terna, che ha avuto nel 2010 ricavi per 1,5 miliardi di euro, con un utile netto di 434 milioni e di SNAMRETEGAS, che ha avuto nel primo semestre del 2011 ricavi per 1.744 milioni con un utile operativo di 986 milioni ed un utile netto di 576 milioni.

In base ai dati delle rispettive relazioni semestrali riferite al 2011, il maggior gettito annuo sarebbe di circa 90 milioni per Terna e di circa 220 milioni per SNAMRETEGAS.     

Sulla base dei dati forniti dalla relazione tecnica si determinano i seguenti effetti di maggior gettito nel triennio di riferimento:

 

(milioni di euro)

 

2011

2012

2013

Aumento 4 punti società già soggette addizionale

832

416

416

Società di trasporto energia e gas (Terna e SNAMRETEGAS)

620

310

310

Società produzione energia da fonti rinnovabili ricavi >10 milioni

140

70

70

Totale

1.592

796

796

 

La relazione afferma quindi che, tenendo conto dell’applicazione dell’addizionale a tutte le società di distribuzione di gas ed elettricità, dell’ampliamento della platea alle società con ricavi superiori a 10 milioni e del fatto che l’incremento dell’aliquota si applica ai periodi d’imposta dal 2011 al 2013, nonché considerando il meccanismo di saldo ed acconto dell’imposta, gli effetti complessivamente stimati sono i seguenti:

 

(milioni di euro)

 

2011

2012

2013

2014

2015

dal 2016 

Maggiori entrate

 

1.800

900

900

 

299

Minori entrate

 

 

 

 

302

 

 

Al riguardo si rileva che la relazione tecnica fornisce parziali indicazioni sui dati e gli elementi alla base della stima del gettito complessivo. In particolare non risultano suffragati da dati completi gli effetti di gettito derivanti dall’estensione dell’addizionale alle imprese di distribuzione di gas ed energia elettrica, diverse da Terna e da SNAMRETEGAS, nonché    quelli derivanti dall’estensione dell’addizionale alle società con ricavi compresi tra i 10 ed i 25 milioni di euro. Tali effetti, ricavabili induttivamente dai dati della relazione tecnica, sono stimabili complessivamente in circa 208 milioni per il 2012 ed in 104 milioni per ciascuno degli anni 2013 e 2014.

Si rileva, inoltre, che la relazione tecnica ipotizza, nel periodo interessato dalla stima, l’invarianza delle basi imponibili dell’addizionale, presumendo una sostanziale costanza dei livelli di redditività delle imprese incise dal prelievo. In proposito appare opportuno segnalare che, sulla base dei dati contenuti nel Documento di economia e finanza 2011, basati su un’analisi dei versamenti tramite modello F24, si desume che il gettito ascrivibile ad  un punto dell’aliquota dell’addizionale si è ridotto da 122 milioni nel 2008 a 104 milioni nel 2009, in relazione alla minore redditività delle imprese interessate.

Appaiono, inoltre, necessari chiarimenti circa le modalità attuative del meccanismo di utilizzo delle maggiori entrate, derivanti dalle disposizioni in esame, per il 2012, quale indicato, nel testo approvato dal Senato, dal comma 12 dell’articolo 1 del provvedimento in esame.

Tali norme non prevedono alcuna procedura di certificazione dell’ammontare effettivo delle maggiori entrate - che saranno incassate integralmente solo nella seconda metà dell’anno - cui subordinare la corrispondente riduzione degli obiettivi di contenimento della spesa degli enti locali. L’individuazione di tale procedura appare necessaria al fine di garantire, da un lato, l’invarianza dei saldi di finanza pubblica, dall’altro, l’effettiva possibilità di impiego, da parte degli enti interessati, delle maggiori risorse disponibili.

Si segnala, infine, come la contabilizzazione degli effetti positivi nel 2012 sul saldo netto da finanziare (1.800 milioni), pur non essendo rilevante ai fini del computo del miglioramento complessivo dei saldi ascrivibile alla manovra, operata a seguito delle modifiche introdotte al Senato, sia solo in parte ascrivibile a queste ultime. Infatti, limitatamente a 900 milioni, tali effetti positivi erano già ascrivibili al testo iniziale delle norme, benché non contabilizzati nel relativo prospetto riepilogativo. 

 

ARTICOLO 7-bis

Costi minimi nel settore dell’autotrasporto merci

La norma, introdotta dal Senato, integra i commi 4 e 4-bis dell’articolo 83-bis del DL 112/2008, disponendo, tra l’altro, che la determinazione dei costi minimi relativi all’esercizio dell’autotrasporto merci, individuati nell’ambito degli accordi volontari di settore, conclusi tra organizzazioni associative di vettori rappresentati nella Consulta generale per l'autotrasporto e organizzazioni associative dei committenti, siano sottoposti al parere preventivo della predetta Consulta e pubblicati con decreto ministeriale.

 

Il prospetto riepilogativo riferito al maxiemendamento approvato dal Senato non ascrive effetti alla norma.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento afferma che la norma ha carattere procedurale e che non comporta effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

ARTICOLO 8

Sostegno alla contrattazione collettiva di prossimità

La norma, nel testo originario,prevede che i contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello aziendale o territoriale da associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ovvero dalle rappresentanze sindacali operanti in azienda possono realizzare specifiche intese finalizzate alla maggiore occupazione, alla qualità dei contratti di lavoro, all’ emersione del lavoro irregolare, agli incrementi di competitività e di salario, alla gestione delle crisi aziendali e occupazionali, agli investimenti e all’avvio di nuove attività (comma 1). Le specifiche intese possono inoltre riguardare la regolazione delle materie inerenti l’organizzazione del lavoro e della produzione (comma 2).

La norma stabilisce infine che le disposizioni contenute in contratti collettivi aziendali vigenti, approvati e sottoscritti prima dell’accordo interconfederale del 28 giugno 2011 tra le parti sociali, sono efficaci nei confronti di tutto il personale delle unità produttive cui il contratto stesso si riferisce a condizione che sia stato approvato con votazione a maggioranza dei lavoratori (comma 3).

Il Senato ha introdotto il comma 4 che integra l’articolo 36 del decreto legislativo n. 188/2003[139], esplicitando l’obbligo per le imprese ferroviarie di osservare anche i contratti collettivi nazionali di settore, compatibili con la legislazione comunitaria, e inserendo tra i parametri di riferimento per l’espletamento del servizio anche le condizioni di lavoro del personale.

Le ulteriori modifiche del Senato al testo originario (commi 1-3) non presentano rilievi di carattere finanziario.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica al testo originario afferma che dalla norma non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Nulla da osservare per i profili di quantificazione, anche con riferimento alle modifiche introdotte dal Senato.

 

ARTICOLO 9

Collocamento obbligatorio e regime delle compensazioni

La norma, modificando l’articolo 5 della legge n. 68 del 1999, recante norme in materia per il diritto al lavoro dei disabili, stabilisce che il rispetto delle quote di assunzioni di lavoratori disabili può essere garantito a livello nazionale da parte dei datori di lavoro privati che hanno diverse unità produttive o di imprese che fanno parte di un gruppo. Tali datori di lavoro possono pertanto assumere in una unità produttiva o in una impresa del gruppo avente sede in Italia un numero di lavoratori aventi diritto al collocamento obbligatorio superiore a quello prescritto, portando in via automatica le eccedenze a compenso del minor numero di lavoratori assunti nelle altre unità produttive o imprese del gruppo.

I datori di lavoro pubblici possono essere autorizzati, su loro motivata richiesta, ad accedere al medesimo meccanismo di compensazione nelle diverse unita produttive a livello regionale.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica afferma che dalla norma non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Nulla da osservare  per i profili di quantificazione.

 

ARTICOLO 10

Fondi interprofessionali per la formazione continua

Normativa previgente: l’articolo 118 della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria per il 2001) dispone che possono essere costituiti, sulla base di accordi interconfederali stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori, i fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua, finalizzati al finanziamento in tutto o in parte di piani formativi aziendali, territoriali, settoriali o individuali concordati tra le parti sociali. I fondi sono attivati previa autorizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il quale ne esercita altresì la vigilanza. Ai fondi confluiscono le risorse derivanti dall’addizionale al contributo integrativo per l'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria pari allo 0,30 % delle retribuzioni, prevista dall’articolo 25, quarto comma, della legge n. 845 del 1978.

La norma, modificando l’articolo 118 della citata legge finanziaria per il 2001, dispone che i fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua possono impiegare parte delle risorse ad essi destinate per misure di formazione a favore di apprenditi e collaboratori a progetto.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica afferma che dalla norma non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare nel presupposto che gli eventuali programmi di formazione a favore di apprendisti e collaboratori a progetto da finanziare con le dotazioni dei fondi interprofessionali siano compatibili con altri interventi già previsti, a legislazione vigente, a valere sulle medesime risorse. In proposito appare utile una conferma da parte del Governo.

 

ARTICOLO 11

Livelli di tutela essenziali per l’attivazione dei tirocini

La norma dispone che i tirocini formativi e di orientamento possono essere promossi unicamente da soggetti in possesso degli specifici requisiti preventivamente determinati da normative regionali in funzione di idonee garanzie all’espletamento delle iniziative medesime. Esclude inoltre, salvo alcune eccezioni, che i tirocini formativi e di orientamento “non curriculari”[140] abbiano una durata superiore ai sei mesi (comprese le eventuali proroghe) e prevede che possano riguardare esclusivamente neo-diplomati e neo-laureati, entro dodici mesi dal conseguimento del titolo di studio.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica afferma che dalla norma non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Nulla da osservare per i profili di quantificazione.

 

ARTICOLO 13

Trattamento economico dei membri degli organi costituzionali, incompatibilità parlamentare, disciplina del referendum

Le norme, nel testo risultante dalle modifiche approvate dal Senato,prevedono:

Ÿ        per gli anni 2011, 2012 e 2013, una riduzione[141], per i componenti degli organi costituzionali – fatta eccezione per la Presidenza della Repubblica e la Corte costituzionale - delle retribuzioni o indennità di carica superiori ai 90.000 euro lordi annui, nella misura del 10% per la parte eccedente i 90.000 euro e fino a 150.000 euro, e del 20% per la parte eccedente 150.000 euro. A seguito della predetta riduzione, il trattamento economico complessivo dei suddetti componenti non può, comunque, essere inferiore a 90.000 euro lordi annui. Le predette riduzioni non hanno effetti ai fini previdenziali (comma 1);

Ÿ        la riduzione delle indennità di cui al comma 1 - per i parlamentari che svolgono qualsiasi attività lavorativa per la quale sia percepito un reddito uguale o superiore al 15% dell’indennità parlamentare – nella misura del 20% per la parte eccedente i 90.000 euro e fino a 150.000 euro, e del 40% per la parte eccedente 150.000 euro (lett. a). Viene, altresì, disposto (lett. b) che Camera e Senato, in conformità ai rispettivi ordinamenti, individuino[142], le modalità più adeguate per correlare l’indennità parlamentare al tasso di partecipazione di ciascun parlamentare ai lavori delle Assemblee, delle Giunte e delle Commissioni (comma 2).

Le misure di cui al comma 2 sono disposte in attesa della revisione costituzionale concernente la riduzione del numero dei parlamentari e in attesa della rideterminazione del relativo trattamento economico in misura non superiore alla media, ponderata rispetto al PIL, degli analoghi trattamenti economici percepiti annualmente dai titolari di omologhe cariche e incarichi negli altri sei principali Stati dell’area euro[143]. La riduzione dell’indennità parlamentare (lett. a) si applica a decorrere dal mese successivo al deposito presso la Camera di appartenenza della dichiarazione annuale relativa ai redditi delle persone fisiche[144], dalla quale emerga il superamento del limite suddetto;

Ÿ        l’incompatibilità[145] della carica di deputato e senatore, nonché delle cariche di governo[146], con qualsiasi altra carica pubblica elettiva di natura monocratica relativa ad organi di governo di enti pubblici territoriali aventi - alla data di indizione delle elezioni o della nomina - popolazione superiore a 5.000 abitanti[147]. Viene previsto, che le citate incompatibilità si applichino[148], altresì, alla carica di membro del Parlamento europeo spettante all’Italia. Resta fermo in ogni caso il divieto di cumulo con ogni altro emolumento. Fino al momento dell’esercizio dell’opzione, non spetta alcun trattamento per la carica sopraggiunta (comma 3);

Ÿ        l’integrazione della disciplina sul c.d. election day - di cui all’art. 7, del DL n. 98/2011 - con l’introduzione di un nuovo comma 2-bis. Ai sensi della disposizione introdotta, nel caso in cui, nel medesimo anno, debba essere svolto più di un referendum abrogativo, la convocazione degli elettori[149] dovrà avvenire per tutti i referendum abrogativi nella medesima data (comma 4).

L'art. 7, del DL n. 98/2011, nel testo previgente, dispone che, a decorrere dal 2012, le consultazioni elettorali per le elezioni dei sindaci, dei presidenti delle province e delle regioni, dei consigli comunali, provinciali e regionali, del Senato e della Camera, si svolgano, compatibilmente con quanto previsto dai rispettivi ordinamenti, in un’unica data nell'arco dell’anno. Qualora nel medesimo anno si svolgano le elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, le suddette consultazioni si effettuano nella data stabilita per le elezioni del Parlamento europeo.

 

Il prospetto riepilogativo, riferito al testo originario del provvedimento, pur considerando le norme in esame, non ascrive alle stesse effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica, riferita al testo originario del provvedimento precisa che, non essendo prevista una specifica norma di versamento all’entrata del bilancio dello Stato, la quantificazione dei risparmi non potrà che essere effettuata a consuntivo.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento approvato al Senato afferma, con specifico riguardo alle norme in materia di incompatibilità (comma 3), che la disposizione ha carattere ordinamentale e che, pertanto, non comporta oneri a carico della finanza pubblica.

 

Al riguardo, non si hanno osservazioni da formulare.

 

ARTICOLO 14

Riduzione del numero dei consiglieri e assessori regionali e delle loro indennità

Le norme, nel testo risultante dalle modifiche approvate dal Senato[150], prevedono che la diminuzione del numero dei consiglieri e degli assessori regionali e la riduzione delle relative indennità siano elementi necessari per il conseguimento delle misure premiali previste dalla nuova formulazione del patto di stabilità.La riduzione del numero dei consiglieri e degli assessori, nonché la revisione dei relativi trattamenti previdenziali, da adottarsi entro sei mesi dall'entrata in vigore del presente decreto, decorrono dalla prima legislatura successiva a quella attualmente in essere.

In particolare siprevede:

a) che il numero massimo dei consiglieri regionali, escluso il presidente della giunta regionale, non possa eccedere un determinato valore commisurato alla popolazione della regione stessa (comma 1, lettera a).

Il numero dei consiglieri regionali deve essere uguale o inferiore a 20 per le regioni con popolazione fino a 1 milione di abitanti, 30 per le regioni con popolazione fino a 2 milioni di abitanti e successivamente crescente fino ad arrivare ad un massimo di 80 consiglieri per le regioni con popolazione superiore a 8 milioni di abitanti. La norma prevede - inoltre - che non possano essere aumentati i consiglieri regionali in quelle regioni in cui il numero dei rappresentanti sia attualmente inferiore ai parametri previsti dal testo in esame;

b) che il numero massimo degli assessori regionali sia pari o inferiore ad un quinto del numero dei componenti del consiglio regionale, con arrotondamento per eccesso;

c) che la riduzione degli emolumenti e delle utilità entro i limiti dell’indennità spettante ai parlamentari, già prevista dall'articolo 3 del decreto legge n. 2 del 2010, sia applicata a decorrere dal 1° gennaio 2012, tenendo conto della rideterminazione del trattamento economico dei parlamentari previsto ai sensi dell’articolo 1 del provvedimento in esame;

d) che il trattamento economico dei consiglieri regionali sia commisurato all'effettiva partecipazione ai lavori del consiglio regionale;

e) che sia istituito, a decorrere dal 1° gennaio 2012, un collegio dei revisori dei conti.

Un emendamento dalla Commissione Bilancio del Senato[151] ha precisato alcuni criteri di operatività del collegio e ha modificato i requisiti di qualificazione dei componenti dell’organismo. Il contenuto di tale emendamento è stato successivamente riproposto nell’emendamento presentato dal Governo al Senato, sul quale è stata posta la questione di fiducia.

f) che sia adottato il sistema previdenziale contributivo per i consiglieri regionali.

Per le regioni a statuto speciale l'adeguamento ai parametri sopra indicati costituisce condizione per l'applicazione dell'articolo 27 della legge n. 42 del 2009.

Il testo non specifica il comma di riferimento, che si ritiene possa essere il comma 2, secondo periodo. Tale disposizione prevede – infatti - che lo Stato assicuri il conseguimento degli obiettivi costituzionali di perequazione e di solidarietà per le regioni a statuto speciale i cui livelli di reddito pro capite siano inferiori alla media nazionale. Le modalità attuative di tali previsioni devono essere formulate nell’ambito delle norme di attuazione degli statuti attraverso cui le regioni ad autonomia speciale concorrono al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarietà, nonché al patto di stabilità interno e all’assolvimento degli obblighi comunitari.

L'adeguamento ai predetti parametri costituisce inoltre, per le medesime regioni a statuto speciale, parametro di riferimento per l’applicazione delle misure premiali o sanzionatorie previste dalla normativa vigente.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive effetti alle norme in esame.

 

La relazione tecnica, riferita al testo iniziale del provvedimento, afferma che la disposizione introduce modifiche di carattere ordinamentale relative al funzionamento dei consigli e delle giunte che comportano effetti migliorativi sui saldi di finanza pubblica. i conseguenti risparmi di spesa potranno essere verificati a consuntivo e pertanto non vengono prudenzialmente quantificati.

 

La relazione tecnica, riferita al maxiemendamento approvato dal Senato, precisa che la disposizione introdotta dal Senato (con cui sono stati precisati alcuni criteri di operatività del collegio dei revisori dei conti e sono stati modificati i requisiti di qualificazione dei componenti dell’organismo)[152] ha esclusivamente carattere ordinamentale e non comporta oneri a carico della finanza pubblica.

 

Al riguardo si osserva che le norme riguardanti la riduzione degli oneri di rappresentanza politica delle regioni non sembrano suscettibili di generare effetti migliorativi sui saldi di finanza pubblica, in quanto i relativi risparmi non si configurano come aggiuntivi rispetto a quelli attesi dal patto di stabilità interno, bensì come specifiche modalità di conseguimento degli obiettivi previsti. Analogamente, la norma riguardante l’obbligo di costituzione di un collegio di revisione dei conti appare suscettibile di determinare oneri che andranno comunque contenuti nei limiti dei predetti vincoli del patto.

 

ARTICOLO 15

Soppressione delle province e dimezzamento di consiglieri e assessori provinciali

La norma, nel testo iniziale, dispone che, a decorrere dalla data di scadenza del mandato amministrativo provinciale in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, siano soppresse le province con popolazione fino a 300.000 abitanti o con una superficie complessiva fino a 3.000 chilometri quadrati (comma 1). Entro il medesimo termine i comuni del territorio della circoscrizione delle province soppresse esercitano l’iniziativa di cui all’articolo 133 della Costituzione al fine di essere aggregati ad un’altra provincia all’interno del territorio regionale (comma 2).

In assenza di tale iniziativa entro il suddetto termine, ovvero nel caso in cui non sia ancora entrata in vigore la legge statale di revisione delle circoscrizioni provinciali, le funzioni esercitate dalle province soppresse sono trasferite alle regioni, che possono attribuirle, anche in parte, ai comuni già facenti parte delle circoscrizioni delle province soppresse oppure attribuirle alle province limitrofe a quelle soppresse, delimitando l’area di competenza di ciascuna di queste ultime. in tal caso, con decreto del Ministro dell’interno, sono trasferiti alla regione personale, beni, strumenti operativi e risorse finanziarie adeguati (comma 3).

Non possono, in ogni caso, essere istituite province in regioni con popolazione inferiore a 500.000 abitanti (comma 4).

Inoltre, a decorrere dal primo rinnovo degli organi di governo delle province successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto, il numero dei consiglieri provinciali e degli assessori provinciali previsto dalla legislazione vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto è ridotto della metà (comma 5, primo periodo).

Con la soppressione delle province si determina anche la soppressione degli uffici territoriali del governo aventi sede nelle province soppresse, le cui modalità attuative sono rinviate ad un decreto del Ministero dell’interno (comma 6). Con uno o più decreti delPresidente del Consiglio dei ministri, si procede alla revisione delle strutture periferiche delle amministrazioni pubbliche presenti nelle province soppresse (comma 7).

Con riferimento al testo iniziale, che prevedeva la soppressione di parte delle province e dei relativi uffici territoriali del governo, si segnala che nella valutazione degli effetti di risparmio, valutabili solo a consuntivo, sarebbe stato comunque necessario considerare i possibili profili onerosi connessi alla gestione del passaggio delle funzioni, delle risorse umane, strumentali e finanziarie delle province soppresse ai nuovi enti destinatari, che potrebbero, in fase di prima applicazione, più che compensare i suddetti effetti positivi. In particolare, in ordine al trasferimento del personale dalle province, oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica sarebbero potuti derivare da un diverso inquadramento economico-giuridico di detto personale.

Sarebbe inoltre stato necessario regolare le modalità di conseguimento degli effetti di risparmio attesi dal patto di stabilità con riferimento alle province oggetto di soppressione. La norma prevista nel testo iniziale non disponeva, infatti, espressamente in merito ad eventuali modifiche da apportare ai vincoli relativi alle amministrazioni locali subentranti alle predette province, al fine di mantenere inalterato l’ammontare complessivo dei risparmi attesi dal comparto delle amministrazioni locali.

 

Il Senato[153] ha soppresso tutte le disposizioni sopra riportate ad eccezione del comma 5, primo periodo.

 

Il prospetto riepilogativo riferito al maxiemendamento approvato dal Senato non ascrive alla norma effetti finanziari.

Analogamente, il prospetto riepilogativo riferito al testo originario del decreto legge non ascriveva effetti finanziari alle norme sulla soppressione di parte delle province e dei relativi uffici territoriali del Governo.

 

La relazione tecnica riferita al testo iniziale afferma che la soppressione delle province determina un effetto finanziario positivo sui saldi di finanza pubblica che, allo stato attuale, non si è in grado di quantificare.

Relativamente alla riduzione del numero dei consiglieri e degli assessori provinciali, la relazione tecnica non scrive effetti finanziari positivi sui saldi di finanza pubblica, in quanto la conseguente minore spesa per le province interessate, tenuto conto dei vincoli posti dalle regole in materia di patto di stabilità interno, determina un verosimile incremento delle restanti spese.

In ordine alla soppressione degli uffici territoriali del governo e alle revisione delle strutture periferiche delle altre amministrazioni pubbliche presenti nelle province soppresse, la relazione tecnica precisa che i conseguenti effetti positivi per la finanza pubblica potranno essere verificati solo a consuntivo.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento approvato dal Senato afferma che la soppressione di tutti i commi dell’articolo, ad eccezione del primo periodo del comma 5, non richiede copertura finanziaria. Infatti gli effetti della normativa modificata non erano stati quantificati in relazione tecnica né considerati ai fini della determinazione dei saldi, data la possibilità di verificarli solo a consuntivo e non ex ante.

 

Nulla da osservare al riguardo con riferimento al testo risultante dalle modifiche apportate dal Senato.

 

ARTICOLO 16

Riduzione dei costi relativi alla rappresentanza politica nei comuni.

La norma, modificata dal Senato[154] prevede, tra l’altro:

- l’esercizio obbligatorio in forma associata di tutte le funzioni amministrative e i servizi pubblici dei comuni di dimensione inferiore a 1.000 abitanti, tramite l’istituzione di unioni di comuni (commi da 1 a 16 e comma 18);

- innovazioni in materia di composizione degli organi comunali dei comuni fino a 10.000 abitanti (comma 17);

- innovazioni in materia di diritto a permessi retribuiti degli amministratori locali (commi da 18 a 21);

- le neutralità finanziaria delle norme di cui all’articolo in esame (comma 30);

- l’estensione, a decorrere dall’anno 2013, delle disposizioni vigenti in materia di patto di stabilità interno per i comuni con più di 1.000 abitanti (comma 31).

Più in dettaglio, le norme stabiliscono che, a decorrere dalla data di rinnovo degli organi di governo del comune con popolazione fino a 1000 abitanti che per primo sia interessato al rinnovo, i comuni con popolazione pari o inferiore alla predetta soglia[155] esercitino obbligatoriamente in forma associata tutte le funzioni amministrative e tutti i servizi pubblici loro spettanti, mediante un’unione di comuni cui possono aderire anche comuni con popolazione superiore alla predetta soglia (commi 1 e 2).

Le unioni sono istituite in modo che la complessiva popolazione residente sia di norma superiore a 5.000 abitanti, ovvero 3.000 abitanti qualora i comuni appartengano o siano appartenuti a comunità montane (comma 6).

Gli organi di governo dei comuni facenti parti delle unioni sono il Sindaco e il Consiglio comunale, con poteri di indirizzo rispetto al Consiglio dell’Unione, mentre le giunte decadono di diritto (comma 9). Gli organi dell’unione sono il consiglio, costituito dai sindaci dei comuni appartenenti all’unione municipale e da due consiglieri comunali per ciascun comune, il presidente e la giunta, composta da membri del consiglio (commi 10-14).

Agli organi di governo dell’unione si applicano le disposizioni del Testo unico degli enti locali in materia di indennità spettanti e di trattamento previdenziale, assistenziale, assicurativo e fiscale, in riferimento al trattamento spettante agli amministratori dei comuni aventi corrispondente popolazione, salvo il divieto di trattamenti aggiuntivi per coloro che già risultino percepire emolumenti in qualità di amministratori locali (comma 15) .

Si innova inoltre, la vigente disciplina sulla composizione degli organi comunali (comma 10), disponendo in particolare che, a decorrere dal primo rinnovo di ciascun consiglio comunale successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto:

-          per i comuni fino a 1.000 abitanti il consiglio comunale è composto, oltre che dal sindaco, da sei consiglieri;

-          per i comuni con popolazione superiore a 1.000 e fino a 3.000 abitanti, il consiglio comunale è composto, oltre che dal Sindaco, da cinque consiglieri ed il numero massimo degli assessori è stabilito in due;

-          per i comuni con popolazione superiore a 3.000 e fino a 5.000 abitanti, il consiglio comunale è composto, oltre al Sindaco, da sette consiglieri ed il numero massimo degli assessori è stabilito in tre;

-          per i comuni con popolazione superiore a 5.000 e fino a 10.000 abitanti, il consiglio comunale è composto, oltre al Sindaco, da dieci consiglieri ed il numero massimo degli assessori è stabilito in quattro (comma 17).

E’ inoltre soppresso, per i consiglieri dei comuni con popolazione fino a 1000 abitanti, il diritto al percepimento di indennità e il diritto dei datori di lavoro a  ottenere il rimborso dei permessi retribuiti spettanti ai consiglieri (comma 18) ed è disciplinato in modo restrittivo, per la generalità dei comuni, il regime della concessione dei permessi retribuiti (commi 19-21).

E’ inoltre novellato il comma 31 dell’articolo 14 del decreto-legge n. 78 del 2010[156], elevando da 5.000 a 10.000 abitanti il limite demografico minimo che l’insieme dei comuni, che sono tenuti ad esercitare le funzioni fondamentali in forma associata, deve raggiungere ed è anticipato dal 31 dicembre 2013 al 31 dicembre 2012 il termine entro il quale i comuni sono tenuti ad assicurare il completamento dell’attuazione delle disposizioni relative all’obbligo di esercizio in forma associata[157] ditutte le sei funzioni fondamentali previste dall’articolo 21, comma 5, della legge n. 42 del 2009[158] (comma 24).

Nel definire nuove modalità per la scelta dei componenti del collegio dei revisori dei conti dei comuni (comma 25), le norme stabiliscono che le spese di rappresentanza sostenute dagli organi di governo degli enti locali siano elencate, per ciascun anno in un apposito prospetto allegato al rendiconto[159], trasmesso alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti e pubblicato, entro dieci giorni dall’approvazione del rendiconto stesso, sul sito internet dell’ente locale (comma 26).

E’ anticipato dal 31 dicembre 2013 al 31 dicembre 2012 il termine entro il quale i comuni con popolazione inferiore a 30.000 abitanti sono tenuti a mettere in liquidazione società già costituite o a cederne le partecipazioni (comma 27).

E’ affidato infine al Prefetto il compito di accertare che gli enti territoriali interessati abbiano attuato, entro i termini stabiliti, le misure finalizzate alla riduzione della spesa pubblica, previste dall’articolo 2, comma 186, lettera e) della legge n. 191 del 2009[160], e quelle riguardanti il divieto di costituzione di società per i comuni con popolazione inferiore ai 30.000 abitanti e il relativo obbligo di dismissione delle partecipazioni societarie per società già in essere, stabilito dall’articolo 14, comma 32, del decreto-legge n. 78 del 2010. In caso di mancata attuazione il Prefetto assegna agli enti inadempienti un termine perentorio entro il quale provvedere e in caso di ulteriore inadempimento nomina un commissario ad acta per l’adozione dei provvedimenti necessari (comma 28).

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti finanziari.

 

La relazione tecnica riferita al testo iniziale afferma che le misure riguardanti i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti determinano un effetto finanziario positivo sui saldi di finanza pubblica che, allo stato attuale, non si è in grado di quantificare.

 

La relazione tecnica riferita alle modifiche apportate al Senato afferma che queste ultime non necessitano di copertura, non essendo ascritti effetti al testo iniziale della disposizione. Inoltre, mentre l’assoggettamento al patto di stabilità interno dei comuni compresi tra 1.000 e 5.000 abitanti non determina effetti positivi sulla finanza pubblica, in quanto il comma 32[161] estende solo la platea dei comuni da far concorrere al perseguimento degli obiettivi di cui all’articolo 1, comma 8, lettera e), l’assoggettamento al patto delle Unioni di comuni comporta effetti positivi a decorrere dall’anno 2014, sebbene allo stato non quantificabili.

 

Al riguardo, con riferimento al testo iniziale delle disposizioni, si osserva che, pur rilevando che le norme appaiono dirette a conseguire effetti di riduzione della spesa, appare opportuno disporre di elementi di valutazione circa i possibili effetti finanziari negativi connessi alla costituzione delle unioni municipali dotate di propri organi – ancorché composti dai sindaci e dai consiglieri dei comuni partecipanti alle unioni - e deputate ad esercitare le funzioni amministrative dei comuni partecipanti alle unioni. Nella fase di prima applicazione, infatti, gli oneri amministrativi, connessi a profili organizzativi e logistici,potrebbero parzialmente compensare gli effetti positivi ascrivibili alle misure di risparmio attese a consuntivo dai comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti.

Inoltre, si segnala che per i comuni soggetti al patto di stabilità interno le possibili riduzioni di spesa, derivanti dalla riduzione del numero dei consiglieri e degli assessori, nonché dall’esercizio in forma associata delle funzioni fondamentali, potrebbero non realizzarsi tenuto conto della possibilità dei citati enti di incrementare in misura corrispondente le rimanenti spese appostate in bilancio. Per i predetti enti, pertanto, le norme in esame sembrerebbero non dar luogo a risparmi aggiuntivi, ma configurare una specifica modalità di conseguimento di risparmi già attesi dal patto di stabilità interno.

Con riferimento alle modifiche apportate al Senato, si osserva che alcune affermazioni della relazione tecnica non sembrano trovare puntuale riscontro nel testo delle disposizioni. In particolare, la norma di cui al comma 31 non specifica con quali modalità vada operata l’estensione del patto ai comuni con popolazione compresa tra 1.000 e 5.000 abitanti e non è espressamente previsto, come affermato dalla relazione tecnica, che vada operata la ripartizione tra un numero di comuni più ampio dei medesimi obiettivi previsti, per i comuni maggiori, dall’art. 1, comma 8. Qualora si optasse, invece, per l’applicazione ai comuni di piccole dimensioni dei coefficienti previsti per il 2013 dalla legge finanziaria per il 2011, si determinerebbe l’emersione di risparmi aggiuntivi a decorrere da tale esercizio. Allo stesso modo la norma di cui al comma 5, che estende l’applicazione del patto alle unioni di comuni formate da comuni con meno di 1000 abitanti, non specifica con quali modalità vada operata tale estensione. Non emerge pertanto con chiarezza dal dettato normativo se da tali unioni potranno ottenersi risparmi aggiuntivi, come afferma la relazione tecnica, o se le stesse parteciperanno del riparto dei medesimi obiettivi previsti dalla normativa vigente per i comuni maggiori.

 

ARTICOLO 17

Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL)

Normativa previgente: L’art. 2, della legge n. 936/1986, (Norme sul Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro) prevede che il CNEL sia composto di esperti, rappresentanti delle associazioni di promozione sociale e delle organizzazioni di volontariato e rappresentanti delle categorie produttive, in numero di 121, oltre al Presidente, secondo la seguente ripartizione: a) 12 esperti, qualificati esponenti della cultura economica, sociale e giuridica; b) 10 rappresentanti delle associazioni di promozione sociale e delle organizzazioni di volontariato; c) 99 rappresentanti delle categorie produttive di beni e servizi nei settori pubblico e privato, dei quali 44 rappresentanti dei lavoratori dipendenti, 18 rappresentanti dei lavoratori autonomi, 37 rappresentanti delle imprese.

La norma, nel testo risultante dalle modifiche approvate dal Senato, reca modifiche e integrazioni alla legge n. 936/1986, recante la disciplina del Consiglio nazionale dell’Economia e del lavoro (CNEL).

In particolare la norma:

Ÿ        sostituisce l’art. 2 della legge n. 936/1986, riducendo il numero complessivo dei componenti del Consiglio dai precedenti 121 (oltre al Presidente) a 70 (oltre al Presidente e al Segretario generale[162]). La ripartizione dei componenti del Consiglio - tra le tre categorie degli esperti, dei rappresentanti delle categorie produttive e dei rappresentanti delle associazioni di promozione sociale e delle organizzazioni di volontariato - viene demandata ad un apposito decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio[163] [comma 1, lett. a)].

Il comma 2, terzo periodo, della norma in esame dispone che, decorsi sessanta giorni dall’entrata in vigore del decreto di cui al comma 1, lett. a), gli esperti e i rappresentanti in carica del CNEL decadano dai rispettivi incarichi e che si provveda alla nomina di nuovi esperti e rappresentanti in conformità alla ripartizione stabilita dal medesimo decreto;

Ÿ        sostituisce l’art. 14 della legge n. 936/1986, prevedendo, tra l’altro, che il Presidente del CNEL possa istituire fino a 4 commissioni istruttorie. Alla presidenza ciascuna commissione è preposto uno dei quattro vicepresidenti del CNEL [comma 1, lett. b)].

Il comma 2, primo periodo della disposizione in esame abroga l'art. 6, comma 1, e l’art. 15, della legge n. 936/1986, che prevedono, rispettivamente, che il CNEL elegga fra i suoi componenti 2 vicepresidenti e che il Presidente del CNEL possa istituire comitati e commissioni tenendo conto delle rappresentanze presenti nel Consiglio anche in riferimento alle materia trattate.

 

Il prospetto riepilogativo, riferito al testo originario del provvedimento, pur considerando la norma in esame, non ascrive alla stessa effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica riferita al testo originario del provvedimento specifica che la disposizione riduce il numero dei componenti del CNEL dagli attuali 121 a 70. La RT afferma, inoltre, che eventuali risparmi di spesa potranno essere verificati a consuntivo e pertanto non vengono prudenzialmente quantificati.

La relazione illustrativa afferma che il numero complessivo dei componenti passa da 122 a 72, inserendo nel computo dei componenti anche il Presidente e il Segretario generale.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento approvato dal Senato afferma che le disposizioni modificano la composizione del CNEL rinviando la ripartizione dei componenti ad uno specifico DPCM. Le norme prevedono, altresì, la decadenza automatica degli esperti e dei rappresentanti in carica e la nomina dei nuovi. La RT afferma, infine, che tali disposizioni non comportano effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

Al riguardo, preso atto di quanto specificato dalla relazione tecnica in merito alla mancata attribuzione di effetti sui saldi, non vi sono osservazioni da formulare.

Si segnala peraltro – analogamente a quanto già rilevato nel corso dell’esame presso il Senato[164] - che i principali parametri da considerare ai fini di una quantificazione dei risparmi attesi sono indicati nel decreto del Presidente della Repubblica 20 gennaio 1999, che disciplina - fra l’altro - i criteri per la fissazione delle indennità spettanti al Presidente e ai componenti del Consiglio, nonché per la fissazione dei trattamenti di missione, dei trattamenti accessori per i componenti non residenti a Roma e dei rimborsi spettanti alle persone estranee al Consiglio. In base a quanto previsto dal DPR, la misura dei principali trattamenti economici e indennità viene determinata annualmente con deliberazione del Consiglio medesimo.

 

ARTICOLO 18

Voli in classe economica

Normativa vigente: L'art. 1, comma 216, della legge n. 266/2005 (finanziaria 2006) prevede che, per il personale appartenente alle amministrazioni pubbliche che si reca in missione all’estero, il rimborso delle spese di viaggio in aereo spetta nel limite delle spese per la classe economica. Si ricorda che a tale norma non sono stati ascritti effetti finanziari.

La norma, nel testo risultante dalle modifiche apportate dal Senato, dispone che - fermo restando quanto previsto dall’art. 1, comma 216, della legge n. 266/2005 (finanziaria 2006) - determinate categorie di soggetti pubblici che per gli spostamenti e le missioni legate a ragioni di servizio all’interno dei paesi appartenenti al Consiglio d’Europa utilizzano il mezzo di trasporto aereo, debbano viaggiare in classe economica (primo e secondo periodo).

Ai sensi del primo periodo della disposizione, tale obbligo si applica alle seguenti categorie: parlamentari; amministratori pubblici; dipendenti delle amministrazioni dello Stato, centrali e periferiche, anche a ordinamento autonomo; amministratori, dipendenti e componenti di enti ed organismi pubblici, di aziende autonome e speciali, di aziende a totale partecipazione pubblica, di autorità amministrative indipendenti o di altri enti pubblici; commissari straordinari.

Si segnala che il testo originario indicava come area geografica di riferimento per l’obbligo previsto dalla norma (trasporti aerei in classe economica) non il Consiglio d’Europa (che raggruppa 47 Stati membri), ma l’Unione Europea (27 Stati membri).

La norma, inoltre, riformula l’articolo 1, comma 468, della legge 296/2006, includendo anche i dirigenti di prima fascia nelle misure di risparmio (voli in classe economica) previste dall’articolo 1, comma 216, della legge n. 266/2005, sopra richiamato (terzo periodo).

L’art. 1, comma 468, della legge n. 296/2006 (finanziaria 2007), nel testo previgente, prevedeva che le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 216, della legge n. 266/2005, non si applicassero:

-          al personale con qualifica non inferiore a dirigente di prima fascia e alle categorie equiparate;

-          ai voli transcontinentali superiori alle cinque ore.

Il prospetto riepilogativo (allegato 7) relativo alla legge finanziaria 2007 - con riguardo al comma 468 - scontava sui saldi di fabbisogno ed indebitamento netto un onere annuo pari ad 1 milione di euro a decorrere dal 2007.

 

Il prospetto riepilogativo, riferito al testo originario del provvedimento, pur considerando la norma in esame, non ascrive alla stessa effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica, riferito al testo originario del provvedimento,specifica che la disposizione amplia la disciplina già vigente in materia e si pone nell’ottica del risparmio pubblico e della razionalizzazione della spesa. Afferma, inoltre, che eventuali risparmi saranno quantificabili a consuntivo.

 

Al riguardo non si hanno rilievi da formulare, alla luce di quanto specificato dalla relazione tecnica in merito alla mancata attribuzione di effetti sui saldi.

 

ARTICOLO 19

Copertura finanziaria

La norma dispone che agli oneri derivanti dall’attuazione del presente decreto, di cui, rispettivamente, all’articolo 1 commi 16 e 25, all’articolo 2 comma 1-bis, all’articolo 5 e all’articolo 7, pari complessivamente a 2.215,2 milioni di euro per l’anno 2012,  a 132,8 milioni di euro per l’anno 2013, a 170,8 milioni di euro per l’anno 2014, a 323 milioni di euro per l’anno 2015 e a 16 milioni di euro per l’anno 2016, pari a, in termini di indebitamento netto, 182,8 milioni per l’anno 2013 ed a 320,8 milioni per l’anno 2014, si provvede con quota parte delle maggiori entrate derivanti dal presente decreto. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

Al riguardo,  con riferimento alla compensazione degli effetti finanziari sui saldi del fabbisogno e dell’indebitamento netto, appare opportuno che il Governo chiarisca se le disposizioni di cui all’articolo 5 producano effetti anche negli anni 2015 e 2016.

Si osserva inoltre che non sono esplicitamente indicate le disposizioni di entrata utilizzate per la copertura finanziaria. Dal prospetto riepilogativo degli effetti finanziari si rileva che le maggiori entrate sono ascrivibili agli articoli 1, 2, e 7. Peraltro l’articolo 2, comma 36, prevede che le maggiori entrate derivanti dal presente decreto sono riservate all’Erario per essere destinate alle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica. A tale ultimo riguardo, tuttavia, potrebbe ritenersi che il comma 36 faccia riferimento alle sole entrate derivanti dall’articolo 2 anziché a quelle previste dall’intero decreto. Le entrate utilizzate a copertura dal provvedimento sarebbero, quindi, esclusivamente quelle derivanti dagli articoli 1 e 7. Sul punto appare necessaria una conferma da parte del Governo.

 

ARTICOLO 19-bis

Modalità applicative del provvedimento per le autonomie speciali

La norma, introdotta al Senato[165], prevede che le disposizioni del decreto-legge in esame trovino applicazione nelle Regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano nel rispetto dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione e secondo quanto previsto dall’articolo 27 della L. n. 42/2009 in materia di federalismo fiscale.

 

Il prospetto riepilogativo riferito alle modifiche approvate al Senato non attribuisce effetti alla norma.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento approvato al Senato afferma che la disposizione non comporta effetti finanziari in quanto si limita a introdurre un’apposita clausola di salvaguardia nei confronti delle Autonomie speciali che garantisca che l’attuazione del presente decreto avvenga in conformità ai rispettivi statuti di autonomia e alle relative norma di attuazione.

 

Al riguardo appare opportuno che sia confermato se il richiamo al necessario rispetto delle norme statutarie, nonché alle procedure previste dalla legge delega sul federalismo fiscale, si intenda riferibile unicamente alle modalità di conseguimento dei risparmi attesi dalle autonomie speciali, fissati dall’articolo 1, comma 8, lettera c), e non all’ammontare dei predetti risparmi.

 



[1] V. Senato della Repubblica – Assemblea –seduta antimeridiana del 7 settembre 2011 (n. 600).

[2] Il contenuto dell’emendamento X1.0.1000 del Governo, approvato dalla Commissione Bilancio del Senato (seduta n. 572 del 1° settembre 2011), è stato poi sostanzialmente recepito nel maxiemendamento approvato dall’Assemblea del Senato, sul quale è stata posta la fiducia (rispetto al testo approvato in Commissione, il maxiemendamento si limita ad integrare il contenuto del comma 2, lettera c).

[3] La lettera è stata inserita mediante l’approvazione del subemendamento X1.0.1000/13 del relatore.

[4] La nota, predisposta dalla Ragioneria generale dello Stato, è stata depositata nel corso della seduta pomeridiana del 31 agosto 2011 della 5° Commissione (come dichiarato dal Presidente in apertura della successiva seduta antimeridiana del 1° settembre 2011). La nota ha preceduto la relazione tecnica che è stata redatta solo a corredo del maxiemendamento 1.900 del Governo, sul quale è stata posta la questione di fiducia.

[5] Emendamento 1.2000 del relatore, approvato presso la 5° Commissione del Senato nel corso della seduta 575 del 2 settembre 2011.

[6] Ossia i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati e procuratori dello Stato, il personale militare e le Forze di polizia di Stato, il personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia nonché i dipendenti degli enti che svolgono la loro attività nelle materie contemplate dall'articolo 1 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 17 luglio 1947, n. 691, e dalle leggi 4 giugno 1985, n. 281, e successive modificazioni ed integrazioni, e 10 ottobre 1990, n. 287.

[7] Si tratta dei già citati comma 1, dell’articolo 74 del decreto legge n. 112/2008 e comma 8-bis dell’articolo 2 del decreto legge n. 194/2009.

[8] Cfr. Servizio del Bilancio, Senato della Repubblica, Nota di lettura n. 110, Edizione provvisoria, pag. 8.

[9] Con le modalità previste dal citato primo periodo (decreto del Ministro dell’economia, previa deliberazione del Consiglio dei ministri).

[10] Derivanti dall’articolo 10, commi 2 e 12, primo periodo, del DL n. 98/2011, come integrati dalle ulteriori riduzioni disposte dall’articolo 1, comma 1, del decreto in esame

[11] Da adottare con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.

[12]             Tale esigenza appare particolarmente significativa considerando l’ammontare cumulato, di seguito richiamato, dei risparmi a carico delle amministrazioni locali attesi dalle tre manovre disposte nell’arco di circa un anno (DL 78/2010, DL 98/2011 e DL 138/2011 in esame):

                                                                                               (mln. euro)

2012

2013

2014 e ss.

Risparmi art. 14, comma 1, DL n. 78/2010, art. 14, comma 1:

 

 

 

-          Regioni a statuto ordinario

4.500

4.500

4.500

-          Regioni a statuto speciale e Prov. autonome

1.000

1.000

1.000

-          Province

500

500

500

-          Comuni > 5.000 abitanti

2.500

2.500

2.500

TOTALE DL 78/2010

8.500

8.500

8.500

Risparmi DL n. 98/2011, art. 20, comma 5:

 

 

 

-          Regioni a statuto ordinario

 

800

1.600

-          Regioni a statuto speciale e Prov. autonome

 

1.000

2.000

-          Province

 

400

800

-          Comuni > 5.000 abitanti

 

1.000

2.000

TOTALE DL 98/2011

 

3.200

6.400

Risparmi DL n. 138/2011, art. 1, comma 8:

 

 

 

-     Regioni a statuto ordinario

1.600

800

 

-          Regioni a statuto speciale e Prov. autonome

2.000

1.000

 

-          Province

700

400

 

-          Comuni > 5.000 abitanti

1.700

1.000

 

TOTALE DL 138/2011 (*)

6.000

3.200

 

TOTALE COMPLESSIVO (*)

14.500

14.900

14.900

(*) Gli importi  indicati per il 2012, non considerano la citata riduzione di 1.800 mln complessivi, prevista dal comma 12 dell’art. in esame, che potrà essere deliberata dallo stato a valere sulle risorse della cd “Robin tax

[13] A decorrere dal 2012 i parametri fissati dalla legge finanziaria per il 2011 risultano commisurati ad un’entità della manovra inferiore a quella disposta dal provvedimento in esame e ad una distribuzione della correzione dei conti diversa da quella prevista dai criteri di virtuosità successivamente fissati.

[14] Cfr. L’art. 14, comma 2, del DL n. 78/2010.

[15] Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario.

[16] Viene conseguentemente abrogato l’articolo 5 del decreto legislativo n. 23 del 2011 (Disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale) che prevedeva una procedura per la graduale cessazione, anche parziale, della sospensione del potere dei comuni di istituire l'addizionale comunale all'imposta sul reddito delle persone fisiche.

[17] Al fine di assicurare la razionalità del sistema tributario nel suo complesso e la salvaguardia dei criteri di progressività.

[18] Articolo 1, comma 3-bis, del decreto legislativo 360/1998  (Istituzione di un’addizionale comunale all'IRPEF).

[19] Il testo iniziale prevedeva tale possibilità limitatamente al 50 per cento delle maggiori entrate.

[20] Tale limitazione della platea dei beneficiari è stata introdotta dal Senato.

[21] V. emendamento 1.133 (testo 2) approvato dalla Commissione Bilancio del Senato.

[22] Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133/2008.

[23] Si tratta dell’European Stability Mechanism (ESM), il fondo di salvataggio europea istituito nel luglio 2011 finalizzato a sostituire i fondi EFSF ed EFSM già operanti per salvare gli Stati europei investiti dalla crisi economico-finanziaria.

[24] Di cui all'articolo 30 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

[25] Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111/2011.

[26] Di conseguenza, mantenendo inalterata la progressione, l’entrata a regime del sistema, prima prevista nel 2032, con la norma del testo iniziale del DL si ha nel 2028.

[27] Tali economie, ancorché non sia specificato nella relazione tecnica, sono ascrivibili ai tre saldi.

[28] Si segnala che tale relazione tecnica affermava che gli effetti di contenimento della spesa pensionistica e della sua incidenza in rapporto al PIL, che avrebbero iniziato ad evidenziarsi a partire dal 2021 per un importo pari a 145 milioni di euro, sarebbero risultati strutturali e con andamento significativamente crescente. L’incidenza della spesa rispetto al PIL era indicata di circa 0,1 punti percentuali nel periodo 2024-2026 e di circa 0,4 punti percentuali nel decennio 2031-2040, per poi scendere gradualmente fino ad azzerarsi intorno al 2050.

[29] Anche tali economie, ancorché non sia specificato nella relazione tecnica, sono ascrivibili ai tre saldi.

[30] Tale andamento dipende sia dalla struttura demografica della base assicurativa sia dallo stratificarsi (prima dell’entrata in vigore del complesso delle disposizioni in esame dirette ad allineare gradualmente il requisito anagrafico per il pensionamento di vecchiaia delle lavoratrici del settore privato a quello della generalità dei lavoratori) di soggetti che, in luogo dei requisiti del pensionamento anticipato, maturano prima i più bassi requisiti del pensionamento di vecchiaia (per tali soggetti, ovviamente, il periodo medio di posticipo è, a regime, inferiore all’incremento del requisito anagrafico per il permanere comunque della possibilità di accesso anticipato).

[31] La norma riguarda tutti i soggetti del comparto, e cioè sia coloro che accedono al pensionamento di vecchiaia, sia coloro che accedono con 40 anni di anzianità contributiva, sia coloro che accedono al pensionamento di anzianità con il meccanismo delle quote.

[32] Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 140/1997.

[33] Si segnala che la relazione tecnica indica, verosimilmente per un errore materiale, in 73.500 euro l’importo medio dell’indennità ma, trattandosi dei medesimi soggetti già considerati al precedente comma 21, l’importo medio dell’indennità appare piuttosto di 72.500 euro come sopra riportato dalla medesima relazione tecnica.

[34] Come modificato da ultimo dall’art 2, commi 76 e ss., della legge n. 191/2009 (legge finanziaria 2010), che ha ridefinito la normativa di settore in seguito al Nuovo Patto della salute del dicembre 2009.

[35] Da emanare entro il 30 novembre dell’anno precedente.

[36] Con l’approvazione dell’emendamento 1.187, avvenuta nel corso della seduta della 5a Commissione del Senato, n. 575, del 2 settembre 2011. Il contenuto dell’emendamento è stato integralmente ripreso nel maximendamento del Governo.

[37] Fondo ISPE, di cui all’articolo 10, comma 5, del DL n. 282/2004.

[38] Cfr. l’emendamento 1.3000 approvato in Commissione e il relativo subemendamento 1.3000/1.

[39] Ai sensi dell'articolo 97, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

[40] Di cui all’art. 7-quinques comma 1, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5.

[41] Di cui all'articolo 14, comma 14 bis, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78.

[42] L’articolo 1, comma 1, del DM 10 marzo 2011 del Ministero dell’economia dispone che le province e i comuni, con popolazione superiore a 5.000 abitanti soggetti al patto di stabilità interno, trasmettano, entro il termine perentorio del 31 marzo 2011, al Ministero dell'economia e delle finanze, Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, una certificazione, sottoscritta dal rappresentante legale e dal responsabile del servizio finanziario, relativa al rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno per l'anno 2010. Il successivo articolo 2 è relativo alla pubblicazione del decreto sulla Gazzetta ufficiale.

 

[43] Convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.

[44] Da adottarsi entro 30 giorni dall’entrata in vigore del decreto medesimo.

[45] R.ETE. Imprese Italia (acronimo di Rappresentanza E Territorio) è un’associazione costituita da Casartigiani, CNA (Confederazione Nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa) Confartigianato, Confcommercio e Confesercenti.

[46] Si fa riferimento alle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

[47] A meno che con il primo periodo non si intenda rinviare ad accordi contrattuali la definizione di una nuova disciplina concernente il luogo dove rendere la prestazione di lavoro.

[48] Ai sensi dell’articolo 1, comma 5, del DL 98/2011.

[49] Si tratta degli enti specificamente elencati nell’allegato B del DL 98/2011: Autorità amministrative indipendenti, Consob, Agenzia italiana del farmaco, Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie, Agenzia nazionale per la sicurezza del volo, Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali,  Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione, AGEA, ARAN, DIgitPA, Agenzia nazionale per il turismo, Agenzia nazionale per i beni sequestrati alla criminalità organizzata, Agenzia per la sicurezza nucleare, Agenzia nazionale di regolamentazione del settore postale, Agenzia nazionale di vigilanza sulle risorse idriche, Commissione per la valutazione delle amministrazioni pubbliche.

[50] Analoga osservazione è stata formulata nel corso dell’esame presso il Senato (v. Servizio Bilancio – Nota di lettura n. 110 dell’agosto 2011).

[51] Articolo 1, comma 483, della legge 296/2006: risparmi contabilizzati esclusivamente ai fini del fabbisogno e dell’indebitamento netto, in quanto con la clausola di salvaguardia di cui al comma 621 (v. nota successiva) non era stato previsto un taglio delle dotazioni di competenza nel bilancio dello Stato, ma solo un accantonamento.

[52] In base a tale clausola di salvaguardia [comma 621, lettera a)], nel caso di mancato conseguimento dei risparmi attesi tramite le misure di razionalizzazione introdotte, sarebbero stati ridotti in maniera lineare i trasferimenti dal bilancio dello Stato ai predetti enti fino a concorrenza delle economie previste.

[53] Si tratta, in particolare: della legge finanziaria 244/2007(articolo 2, commi 634-642), del DL 112/2008 (articolo 26: norma c.d. taglia-enti), del DL 78/2009 (articolo 17). Quest’ultimo ha autorizzato il Ministro dell’economia ad accantonare e rendere indisponibile una quota delle risorse iscritte nelle UPB di bilancio relative alle spese non obbligatorie, al fine di garantire - come precisato dalla RT - le economie previste dal processo di riordino. Successivamente il DL 194/2009 (articolo 2, comma 8-septies) ha disposto che a decorrere dal 1° gennaio 2010 le dotazioni di bilancio rese indisponibili ai sensi del DL 78/2009 fossero definitivamente ridotte.

[54] Entro il novantesimo giorno dalla data di entrata in vigore del decreto legge in esame.

[55] Ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge n. 196/2009.

[56] Anche con riferimento alla legge n. 211/2000, istitutiva della Giornata della memoria, e alla legge n. 92/2004, istitutiva del Giorno del ricordo.

[57] Articolo 43, comma 1, del DPR n. 1092/1973.

[58] Articolo 36, comma 2, del regio decreto 2440/1923, nella formulazione vigente prima del DL 98/2011.

[59] Il testo del DL 98/2011 ha escluso da tale limite (ossia dal divieto di mantenimento in bilancio) solo gli stanziamenti iscritti in forza di disposizioni legislative entrate in vigore nell'ultimo quadrimestre del precedente esercizio (che possono essere mantenuti in bilancio come residui non oltre l'esercizio successivo a quello cui si riferiscono).

[60] Con la sola eccezione richiamata nella nota precedente.

[61] In particolare, per tali somme è stata prevista la possibilità di reiscrizione con la legge di bilancio, per un solo esercizio finanziario, nella competenza dell’esercizio successivo a quello terminale della stessa autorizzazione. Sono stati tuttavia esclusi da questa possibilità i fondi del personale, il fondo per l’occupazione, il fondo per le opere strategiche, il fondo per le aree sottoutilizzate e le autorizzazioni di spesa permanenti (per i quali continuano ad applicarsi le attuali disposizioni di conservazione in deroga). Secondo quanto riportato nella relazione tecnica, la norma che consente la reiscrizione in bilancio della prima annualità di una autorizzazione di spesa pluriennale non impegnata nell’esercizio di competenza è volta a moderare gli effetti derivanti dalla disposizione introdotta dal successivo comma 10, che abroga dal 1° gennaio 2012 tutte le norme che dispongono la conservazione nel conto dei residui di somme iscritte negli stati di previsione dei Ministeri non impegnate al termine dell'esercizio precedente ai fini del loro utilizzo nell'esercizio successivo. In sostanza - secondo la RT - le due norme hanno effetti finanziari che si compensano reciprocamente: la prima (comma 8: possibilità di reiscrizione nell’anno terminale dell’autorizzazione pluriennale) è suscettibile di determinare effetti onerosi; la seconda (comma 10: divieto di mantenere nel conto dei residui le somme non impegnate) dovrebbe ridurre la massa spendibile, determinando effetti di risparmio in termini di cassa.

[62] Con cui il termine di perenzione dei residui di spese in conto capitale era stato portato da 7 a 3 anni.

[63] V. emendamento 1.260.

[64] Cosiddetti residui di stanziamento.

[65] Tale interpretazione è confermata anche dalla relazione illustrativa al DL 194/2002, con cui il termine di mantenimento in bilancio (come residui) delle somme relative alle spese in conto capitale non impegnate e non erogate era stato ridotto da 3 anni a 1 anno (articolo 1, comma 6, del DL 194/2002).

[66] La RT al DL 98/2011 considerava infatti tale disposizione suscettibile di produrre, per gli esercizi successivi a quelli terminali dei singoli stanziamenti, effetti di maggiore spesa rispetto a quella già scontata nei tendenziali.

[67] Recante l’ordinamento dell'Amministrazione degli affari esteri.

[68] Le norme sono state approvate nel corso dell’esame presso la 5° Commissione del Senato  e sono quindi state integralmente riprodotte nel maxiemendamento del Governo.

[69] Sono esclusi dall’applicazione del contributo di solidarietà, come disciplinato dalle norme in esame, i membri degli organi costituzionali, alle cui retribuzioni ed indennità si applica la riduzione prevista dall’articolo 13, comma 1, del provvedimento in esame. 

[70] In base ad elaborazioni effettuate dal Servizio Bilancio della Camera, la clausola di salvaguardia opera per redditi complessivi di importo superiore a 165.000 euro.

[71] Il termine per l’emanazione dei decreti ministeriali previsto nel testo originario era il 31 dicembre 2011. Tale termine è stato così modificato dal Senato con l’emendamento 2.23 della Commissione.

[72] Nel testo originario si prevedeva un aumento dell’imposta di consumo per le sole sigarette. In seguito alla modifica in esame (v. emendamenti 2.2000 e 2.23 della Commissione, approvati dal Senato), può essere ora aumentata l’accisa non solo sulle sigarette, ma anche sugli altri tabacchi lavorati (sigari, sigaretti, tabacco da fumo, tabacco da fiuto, tabacco da masticare).

[73] Giochi e accise sulle sigarette.

[74] DL 39/2009: +500 milioni annui a decorrere dal 2010.

  DL 98/2011: +482 milioni di euro nel 2012 e +501 milioni annui a decorrere dal 2013.

[75] Come detto, i dati sulla raccolta 2010 e 2011 sono di fonte Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.

I dati sul gettito erariale sono di fonte MEF - Dipartimento delle Finanze - Bollettino delle entrate tributarie n. 112 (agosto 2011), riferito ai mesi gennaio-giugno 2011. Quest’ultimo riporta la seguente rilevazione sugli incassi: «Le entrate totali relative ai giochi (che includono varie imposte classificate sia come imposte dirette che come indirette), sono risultate 3.764 milioni di euro (+459 milioni di euro, pari a +13,9%)». «Hanno contribuito alla significativa crescita delle entrate relative ai giochi in particolare i proventi del lotto (+39,9%) e quelli degli apparecchi e congegni di gioco(+13,4%)». Tali indicazioni vengono confermate con l’assestamento del bilancio dello Stato 2011 (A.S. 2804) che reca alla voce “Lotto” dello stato di previsione dell’entrata una variazione in aumento pari a 587 milioni di euro per il medesimo anno 2011.

Si ricorda infine che – secondo i dati dell’Amministrazione dei Monopoli - il gettito complessivo per il settore dei giochi nel 2010 è stato di circa 9,4 miliardi di euro (8,7 mld. a carattere permanente + 1,2 mld. una tantum per l’aggiudicazione di concessioni nei settori degli apparecchi da intrattenimento e delle lotterie ad estrazione istantanea).

[76] Per esempio mediante un contenimento delle vincite in denaro, un aumento del prelievo erariale unico o una riduzione dei compensi per le attività di gestione e di vendita.

[77] Nel corso dell’esame presso il Senato è stato fatto riferimento alla possibilità che un incremento significativo dei prezzi al consumo possa incentivare fenomeni di evasione (ricorso a prodotti di contrabbando) o elusivi (nelle aree frontaliere, trasferimento di una quota dei consumi verso Stati in cui il prezzo delle sigarette è più basso). V. Servizio Bilancio del Senato: Nota di lettura n. 110 dell’agosto 2011.

[78] Audizione svoltasi il 30 agosto 2011.

[79] Sigarette che, al momento dell’audizione della Corte, costituivano l’unico prodotto la cui accisa avrebbe potuto essere incrementata in base al testo del decreto legge, considerato che il Senato non aveva ancora approvato l’emendamento 2.23 (con cui il campo di intervento è stato allargato dalle “sigarette” ai “tabacchi lavorati”).

[80] Di cui all’articolo 49, commi 1, 5, 8, 12 e 13 del D.lgs. 231 del  2007.

[81] Di cui all’articolo 49, commi 1, 5, 8, 12 e 13 del D.lgs. 231 del  2007.

[82] Di cui ai commi 18 e 19 dell’articolo 49 del d.lgs. 231 del 2007.

[83] Recante sanzioni accessorie in materia di imposte dirette ed imposta sul valore aggiunto

[84] L’elenco dei Paesi è contenuto nel decreto ministeriale del 4 settembre 1996.

[85] Di cui all’articolo 8, comma 4, del D.L. n. 70/2011.

[86] Articolo 26-quater, comma 8-bis, del DPR n. 600/1973.

[87] Articolo 27, comma 3-ter, del DPR n. 600/1973

[88] Il comma 14 modifica l’art. 10-ter della legge n.77/83 (Disposizioni  tributarie  sui  proventi  delle  quote di organismi  di investimento collettivo in valori mobiliari di diritto estero).

[89] Le modifiche approvate dal Senato non hanno determinato variazioni negli effetti finanziari.

[90]             Il dato per cassa è calcolato come 11/12 del valore dei capitoli 1026/6 e 1026/18.

[91] In relazione alla voce n. 2) sono stati considerati, per la quantificazione del gettito di cassa 2012, solo i capitoli 1026/6 e 1026/18.

[92] Convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.

[93] Con l’emendamento 2.102 a firma Latronico, approvato nel corso della seduta n. 577 del 3 settembre 2011.

[94] Che reca il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia.

[95] Ossia nella misura fissata dall’articolo 13, comma 1, lettera g), del più volte citato DPR. n. 115/2002.

[96] Ossia nella misura fissata dall’articolo 13, comma 6-quater, lettera f), del più volte citato DPR. n. 115/2002.

[97] Di cui al decreto legislativo n. 28/2010.

[98] Nella relazione tecnica, a causa di un mero errore materiale, nella formula non è riportata la quota del 10 per cento, che è stata tuttavia applicata nel calcolo, come si evince dal risultato finale.   

[99] Tale disposizione non è stata oggetto di approvazione.

[100] Convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.

[101] A far data da quattro mesi dopo l’entrata in vigore del DL  in esame (ossia dal 13 dicembre 2011).

[102] L’articolo 47 del D. Lgs. 285/1992 (Nuovo codice della strada) specifica che per appartenenti alla categoria M1 si intendono i veicoli destinati al trasporto di persone, aventi al massimo 8 posti a sedere oltre al sedile del conducente. La modifica è stata introdotta al Senato con l’emendamento 3.103 della Commissione, recepito successivamente all’interno del maxiemendamento.

[103] Di cui all’art. 307, comma 10, lettera a) del medesimo decreto.

[104] Per confluire nei fondi di cui all’articolo 619 del codice dell’ordinamento militare, che disciplina i Fondi in conto capitale e di parte corrente per la riallocazione di funzioni svolte presso infrastrutture in uso al Ministero della difesa individuate per la consegna all’Agenzia del demanio.

[105] Secondo la ripartizione stabilita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

[106] Di cui all’art. 307, comma 10, lettera a) del medesimo decreto.

[107] Con decreto del Ministro delle finanze, anche in deroga ai limiti previsti per le rassegnazioni.

[108] L’art. 4, comma 4-decies, del DL n. 2/2010 (Interventi urgenti concernenti enti locali e regioni) prevede che il Ministero della difesa convochi conferenze di servizi con i comuni, le province e le regioni interessate  al fine di acquisire le autorizzazioni, gli assensi e le approvazioni, comunque denominati, necessari per la realizzazione di programmi di valorizzazione degli immobili dell’amministrazione della difesa - oggetto di accordi con i comuni - da conferire ai fondi di investimento immobiliare di cui all'art. 314, comma 1, del D.lgs. n. 66/2010. La determinazione finale della conferenza di servizi, dopo la ratifica del consiglio comunale, costituisce provvedimento unico di autorizzazione delle varianti allo strumento urbanistico generale.

[109] L’art. 34, del D.lgs. n. 267/2000, reca la disciplina degli accordi di programma, finalizzati alla definizione e all'attuazione di opere, interventi o programmi di intervento che richiedano, per la loro completa realizzazione, l'azione integrata e coordinata di comuni, province e regioni, amministrazioni statali ed altri soggetti pubblici.

[110]  Prevista sia a legislazione vigente sia dal testo originario del decreto legge. In particolare, il testo originario dell’art. 3, comma 12, del decreto in esame - che prevede l’integrale destinazione dei proventi derivanti dalle suddette procedure di dismissione immobiliare al Ministero della difesa - fa comunque salva la suddetta procedura di valutazione di compatibilità.

[111] Si segnala che l’emendamento 4.7 della Commissione, approvato al Senato, ha specificato che la delibera quadro debba riportare per i settori sottratti alle liberalizzazioni le ragioni sottostanti alla decisione e i benefici per la comunità.

[112] In proposito, si richiama quanto già osservato nel Dossier del Servizio del Bilancio della Camera n. 373, parte I, p. 515, relativamente all’articolo 14, comma 32, del DL 78/2010.

[113] Idem.

[114] Cfr. l’emendamento 4.41 della Commissione.

[115] E’ in particolare previsto che i beni strumentali e le loro pertinenze siano ceduti al gestore subentrante a titolo gratuito, se completamente ammortizzati, o corrispondendo un importo pari al valore contabile originario non ancora ammortizzato, in caso di ammortamento parziale.

[116] Di cui all’articolo 6-quinquies del DL 112/2008. Il Fondo è stato istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico ed è alimentato con gli stanziamenti nazionali assegnati per l’attuazione del Quadro strategico nazionale per il periodo 2007-2013 in favore di programmi di interesse strategico nazionale, di progetti speciali e di riserve premiali.

[117] Al Senato, mediante l’approvazione dell’emendamento 5.2 dell’emendamento 5.2 della Commissione, è stato esteso l’ambito di applicazione della norma, non più limitato alle sole partecipazioni azionarie.

[118] Si confronti anche quanto osservato nel Dossier del Servizio del Bilancio della Camera n. 373, parte I, p. 515, relativamente all’articolo 14, comma 32, del DL 78/2010.

[119] Cfr. l’emendamento 5.0.2 (testo 2) approvato in Commissione.

[120] Di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88.

[121] Tale disposizione prevede l’individuazione di tutte le risorse generate da progetti originariamente finanziati con fonti di finanziamento diverse dai Fondi strutturali europei, inserite nei programmi cofinanziati che siano oggetto di rimborso a carico del bilancio comunitario e del fondo di rotazione. E’ prevista in particolare l’individuazione di tutte le risorse che non siano state impegnate attraverso obbligazioni giuridicamente vincolanti correlate alla chiusura dei Programmi operativi 2000-2006 e alla rendicontazione delle annualità 2007 e 2008 dei Programmi operativi 2007-2013, anche individuando modalità per evitare il disimpegno automatico delle relative risorse impegnate sul bilancio comunitario.

[122] Di cui all’articolo 1, commi 126 e 127, della legge 3 dicembre 2010, n. 220.

[123] Da adottarsi entro il 30 settembre di ogni anno.

[124] Si tratta della possibilità, da parte delle amministrazioni competenti, di vietare  la prosecuzione delle opere in presenza di particolari situazioni di irregolarità.

[125] Di cui all’articolo 1, comma 5, del decreto del Ministro dell’ambiente 26 maggio 2011

[126] DigitPA è l’Ente nazionale per la digitalizzazione della pubblica amministrazione, di cui al D. Lgs. 177/2009.  DigitPA assiste le amministrazioni pubbliche nel processo di innovazione tecnologica, fornendo competenze tecniche nel settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione e svolgendo ruoli di consulenza e proposta. L'Ente, che ha sede in Roma, opera secondo le direttive e sotto la vigilanza del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, con autonomia tecnica e funzionale, amministrativa, contabile, finanziaria e patrimoniale e fa parte dell’elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato.

[127] Di cui all'articolo 1, commi 331, 332 e 333, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Legge finanziaria 2006).

[128] L’articolo 1, commi331-333, della L. 266/2005 specifica, tra l’altro, che gli assegni, pari a 1.000 euro per ogni figlio nato o adottato negli anni 2005 e 2006, possono essere riscossi, in deroga ad ogni disposizione vigente in materia di minori, dall'esercente la potestà sui figli, sempreché residente, cittadino italiano ovvero comunitario ed appartenente a un nucleo familiare con un reddito complessivo, riferito all'anno 2004 ai fini dell'assegno per il 2005 e all'anno 2005 ai fini dell'assegno per il 2006, non superiore ad euro 50.000.

[129] Cfr. il comma 1, dell'articolo 12, del DL n. 98/2011.

[130] Con esclusione dei beni patrimoniali trasferibili alle amministrazioni locali in attuazione del cd. Federalismo demaniale (compresi negli elenchi di cui ai DPCM previsti dall'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 85/2010), nonché dei beni la cui dismissione è prevista in relazione all’attribuzione dell’anticipazione finanziaria al comune di Roma di cui all'articolo 2, comma 196-bis, della legge 191/2009.

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[131] In base all’art. 7 del DM 18 febbraio 2011, n. 52 – recante il regolamento relativo all’istituzione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti – la copertura degli oneri derivanti dalla costituzione e dal funzionamento del SISTRI è assicurata mediante il pagamento di un contributo annuale da parte degli operatori iscritti. Il contributo è versato annualmente da ciascun operatore per ciascuna attività di gestione dei rifiuti, si riferisce all'anno solare di competenza, indipendentemente dal periodo di effettiva fruizione del servizio, e deve essere versato al momento dell'iscrizione. Negli anni successivi il contributo è versato entro il 30 aprile dell'anno al quale i contributi si riferiscono.

[132] In particolare, in sede di autocertificazione era stato dichiarato un reddito inferiore a 50.000 euro, mentre in sede di dichiarazione fiscale è stato  dichiarato un reddito superiore.

[133] Di cui all'articolo 117 del D. Lgs. 196/2003.

[134] Di cui all'articolo 30-ter, comma 5,  del D. Lgs. 141/2010. Le norme dispongono che partecipino al sistema di prevenzione: le banche, comprese quelle comunitarie e quelle extracomunitarie, e gli intermediari finanziari; i fornitori di servizi di comunicazione elettronica; i fornitori di servizi interattivi associati o di servizi di accesso condizionato; i gestori di sistemi di informazioni creditizie e le imprese che offrono servizi assimilabili alla prevenzione.

[135] Di cui all'articolo 1, comma 54 della legge 28 dicembre 1995, n. 549.

[136] Approvati alla data di entrata della legge di conversione del presente decreto.

[137] Cfr. in proposito l’articolo 16.

[138] Doc. LVII n. 4, Allegati I e II, pagina 93.

[139] Attuazione della direttiva 2001/12/CE, della direttiva 2001/13/CE e della direttiva 2001/14/CE in materia ferroviaria.

[140] I tirocini curriculari – esclusi dall’ambito di applicazione della norma in esame – sono quelli svolti da studenti universitari presso enti o aziende convenzionati con l’Università ed in relazione ai quali è riconosciuto un numero di crediti formativi universitari.

[141] A decorrere dal mese successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame

[142] Entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.

[143] Ai sensi dell’art. 1, comma 1, del DL n. 98/2011.

[144] Di cui alla legge n. 441/1982 (Disposizioni per la pubblicità della situazione patrimoniale di titolari di cariche elettive e di cariche direttive di alcuni enti).

[145] A decorrere dalla data di indizione delle elezioni relative alla prima legislatura parlamentare successiva alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame e fermo restando quanto previsto dalla legge n. 215/2004 (Norme in materia di risoluzione dei conflitti di interessi).

[146] Di cui all’art. 1, comma 2, della legge n. 215/2004. La norma in riferimento qualifica come titolari di cariche di governo il Presidente del Consiglio dei Ministri, i Ministri, i Vice Ministri, i sottosegretari di Stato e i commissari straordinari del Governo.

[147] Fermo restando quanto previsto dall’art. 62, del D.lgs. n. 267/2000 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali). La norma in riferimento prevede che l’accettazione della candidatura a deputato o senatore comporta, in ogni caso, per i sindaci dei comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti e per i presidenti delle province, la decadenza dalle cariche elettive ricoperte.

[148] A decorrere dalla data di indizione delle relative elezioni successive alla data di entrata in vigore del decreto in esame e fermo restando quanto previsto dall’art. 6, commi secondo, terzo, quarto, quinto e sesto, della legge n. 18/1979. Le norme richiamate disciplinano l’incompatibilità della carica di membro del Parlamento europeo spettante all’Italia con quella di: presidente di giunta regionale; assessore regionale; consigliere regionale; presidente di provincia; sindaco di comune con popolazione superiore a 15.000 abitanti.

[149] Ai sensi dell’art. 34 della legge 25 maggio 1970, n. 352.

[150] V. emendamento 14.7 approvato dalla Commissione Bilancio del Senato, che non presenta profili di rilievo finanziario (riguardando l’operatività e i requisiti di accesso al Collegio dei revisori dei conti previsto dal comma 1, lett. e) e il cui contenuto è stato poi trasfuso nell’emendamento 1.900 del Governo (sul quale è stata posta la questione di fiducia).

[151] V. nota precedente.

[152] V. note precedenti.

[153] Cfr. l’emendamento 15.1000 approvato in Commissione.

[154] Cfr. l’emendamento 16.1000 e il relativo subemendamento 16.1000/18 approvati dalla Commissione.

[155] Eccezion fatta per quelli con territorio isolano e per Campione d’Italia (comma 1) nonché per i comuni che, alla data del 30 settembre 2012, risultino esercitare le funzioni amministrative e i servizi pubblici mediante convenzione con conseguimento di significativi livelli di efficacia ed efficienza da dimostrare con un’attestazione da trasmettere al Ministero dell’interno entro il 15 ottobre 2012 (comma 16).

[156] Convertito con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010.

[157] Commi da 26 a 30 dell’articolo 14 del citato decreto-legge n. 78 del 2010.

[158] Ai sensi del citato articolo 21 le sei funzioni fondamentali sono in sintesi: a) funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo, nella misura complessiva del 70 per cento delle spese certificate dall’ultimo bilancio disponibile; b) funzioni di polizia locale;  c) funzioni di istruzione pubblica; d) funzioni nel campo della viabilità e dei trasporti; e) funzioni riguardanti la gestione del territorio e dell’ambiente, fatta eccezione per il servizio di edilizia residenziale pubblica; f) funzioni del settore sociale.

[159] Di cui all’articolo 227 del Testo unico degli enti locali (DLgs. 267 del 2000),

[160] Tra le misure di risparmio previste dalla citata norma vi sono, in sintesi, la soppressione della figura del difensore civico comunale, la soppressione delle circoscrizioni di decentramento comunale, la possibilità di delega da parte del Sindaco dell’esercizio di proprie funzioni, la soppressione della figura del direttore generale e la soppressione dei consorzi di funzioni tra enti locali.

[161] L’articolo in esame ha 31 commi all’ultimo dei quali sembra riferibile la considerazione della relazione tecnica.

[162] L’art. 22, della legge 936/1986, prevede che il Segretario generale del Consiglio – organo preposto ai servizi del medesimo - venga nominato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentito il presidente del CNEL.

[163] Da emanare entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame.

[164] V. Servizio Bilancio del Senato -  Nota di lettura n. 110 (agosto 2011).

[165] Cfr. emendamento 1.0.1000 approvato in Commissione.