Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Bilancio dello Stato
Altri Autori: Servizio Studi - Dipartimento cultura
Titolo: (AC 4307) DL 34/2011 Disposizioni urgenti in materia di cultura, stampa e televisione, spettro radioelettrico, nucleare, cassa depositi e prestiti ed enti del servizio sanitario dell'Abruzzo
Riferimenti:
AC N. 4307/XVI     
Serie: Note di verifica    Numero: 299
Data: 28/04/2011
Descrittori:
ABRUZZI   ATTIVITA' CULTURALI
BANCHE ISTITUTI E AZIENDE DI CREDITO   BENI CULTURALI ED ARTISTICI
ENERGIA NUCLEARE   ENTI PUBBLICI
RADIOTELEVISIONE   SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE
STAMPA     
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione
VII-Cultura, scienza e istruzione

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Disposizioni urgenti in materia di cultura, stampa e televisione, spettro radioelettrico, nucleare, Cassa depositi e prestiti, ed enti del Servizio sanitario nazionale dell’Abruzzo

D.L. 34/2011 – A.C. 4307

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 481

 

 

 

28 aprile 2011

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimenti Bilancio e Cultura

( 066760-2233 – * st_bilancio@camera.it

( 066760-3255 – * st_cultura@camera.it

Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici:

Servizio Studi:

Dipartimento Finanze

( 066760-9496 – * st_finanze@camera.it

Dipartimento Ambiente

( 066760-9253 – * st_ambiente@camera.it

Dipartimento Trasporti

( 066760-2614 – * st_trasporti@camera.it

Dipartimento Attività produttive

( 066760-9574 – * st_attprod@camera.it

Dipartimento Lavoro

( 066760-4884 – * st_lavoro@camera.it

Dipartimento Affari sociali

( 066760-3266 – * st_affarisociali@camera.it

Servizio Bilancio dello Stato

Nota di verifica - dossier n. 299

( 066760-2174 / 066760-9455 – * bs_segreteria@camera.it

Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

( 066760-2145 – * cdrue@camera.it

§         La nota di sintesi e le schede di lettura sono state redatte dal Servizio Studi.

§         Le parti relative ai profili di carattere finanziario sono state curate dal Servizio Bilancio dello Stato, nonché dalla Segreteria della V Commissione per quanto concerne le coperture.

§       Le parti relative ai documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea e alle procedure di contenzioso sono state curate dall'Ufficio rapporti con l'Unione europea.

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: D11034.doc

 


INDICE

Schede di lettura

§      Articolo 1 (Intervento finanziario dello Stato in favore della cultura)                3

§      Articolo 2 (Potenziamento delle funzioni di tutela dell’area archeologica di Pompei)           19

§      Articolo 3 (Divieto di incroci tra settore della stampa e settore della televisione)      43

§      Articolo 4 (Misure di razionalizzazione dello spettro radioelettrico)              47

§      Articolo 5 (Abrogazione di disposizioni relative alla realizzazione di nuovi impianti nucleari)           55

§      Articolo 6 (Enti del Servizio sanitario nazionale della regione Abruzzo)       71

§      Articolo 7 (Operatività della Cassa Depositi e prestiti – CDP S.p.A.)           75

§      Articolo 8 (Entrata in vigore)                                                                          85

§      Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE                                                87

§      Procedure di contenzioso                                                                             89

 

 


Schede di lettura

 


Articolo 1
(
Intervento finanziario dello Stato in favore della cultura)

 


1. In attuazione dell'articolo 9 della Costituzione, a decorrere dall'anno 2011:

a) la dotazione del fondo di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163, è incrementata di 149 milioni di euro annui;    

b) in aggiunta agli ordinari stanziamenti di bilancio è autorizzata la spesa di 80 milioni di euro annui per la manutenzione e la conservazione dei beni culturali;    

c) è autorizzata la spesa di 7 milioni di euro annui per interventi a favore di enti ed istituzioni culturali.    

2. All'articolo 1, comma 13, quarto periodo, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, in fine, sono aggiunte le seguenti parole: «, nonché il fondo di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163, e le risorse destinate alla manutenzione ed alla conservazione dei beni culturali».

3. All'articolo 2 del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, è abrogato il comma 4-ter, nonché la lettera b) del comma 4-quater.

4. Agli oneri derivanti dal comma 1, pari a 236 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2011, e dal comma 3, pari a 45 milioni di euro per l'anno 2011 ed a 90 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012 e 2013, si provvede mediante l'aumento dell'aliquota dell'accisa sulla benzina e sulla benzina con piombo, nonché dell'aliquota dell'accisa sul gasolio usato come carburante di cui all'allegato I del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, in modo tale da compensare il predetto onere nonché quello correlato ai rimborsi di cui all'ultimo periodo del presente comma. La misura dell'aumento è stabilita con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane da adottare entro sette giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto; il provvedimento è efficace dalla data di pubblicazione sul sito internet dell'Agenzia. Agli aumenti disposti ai sensi del presente comma ed agli aumenti eventualmente disposti ai sensi dell'articolo 5, comma 5-quinquies, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, non si applica l'articolo 1, comma 154, secondo periodo, della legge 23 dicembre 1996, n. 662; inoltre, nei confronti dei soggetti di cui all'articolo 5, comma 1, limitatamente agli esercenti le attività di trasporto merci con veicoli di massa massima complessiva pari o superiore a 7,5 tonnellate, e comma 2, del decreto-legge 28 dicembre 2001, n. 452, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2002, n. 16, il maggior onere conseguente ai predetti aumenti è rimborsato con le modalità previste dall'articolo 6, comma 2, primo e secondo periodo, del decreto legislativo 2 febbraio 2007, n. 26.    

5. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a disporre, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. 


 


 

Il comma 1 autorizza, in attuazione dell’art. 9 della Costituzione[1], nuove spese a carattere permanente, a decorrere dal 2011, per la cultura, per un importo complessivo pari a 236 milioni di euro.

 

In particolare, la lettera a) aumenta la dotazione del Fondo unico per lo spettacolo – FUS di 149 milioni di euro annui[2].

 

Il Fondo unico per lo spettacolo (FUS) è attualmente il principale strumento di sostegno al settore dello spettacolo dal vivo e della cinematografia. Esso è stato istituito dalla L. 163 del 1985, nell’intento di porre fine alla frammentazione dell'intervento statale e alla conseguente, pressoché annuale, approvazione di apposite leggi di finanziamento. Il suo importo, stabilito annualmente in Tabella C della legge finanziaria (ora, legge di stabilità), è allocato in diversi capitoli dello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali (Tab. 13)[3]. I criteri per l’assegnazione dei contributi del FUS sono determinati con decreto ministeriale, d’intesa con la Conferenza unificata[4].

Nel prospetto che segue vengono riportati gli stanziamenti complessivi di competenza del Fondo, come determinati dalla Tabella C delle leggi finanziarie per gli anni 2007-2010, indi dalla legge di stabilità 2011, per il triennio corrispondente (che non considerano, quindi, eventuali modifiche disposte dopo l’intervento delle medesime leggi).

(migliaia di euro)

Stanziamenti FUS -Anni 2007-2011 (Tabella C)

 

2007

2008

2009

2010

2011

2012

2013

L. 296/2006

441.301

486.817

543.785

 

 

 

 

L. 244/2007

 

511.544

567.339

563.307

 

 

 

L. 203/2008

 

 

398.036

420.535

307.163

 

 

L. 191/2009

 

 

 

418.418

304.075

304.075

 

L. 220/2010

 

 

 

 

258.610

262.465

262.465

 

Successivamente all’approvazione della legge di stabilità per il 2011, l'articolo 2, comma 12-novies, del D.L. n. 225 del 2010 (L. 10/2011) ha integrato l’ammontare del FUS di 15 milioni di euro per il 2011, per le esigenze delle fondazioni lirico-sinfoniche, ad eccezione di quelle beneficiarie dello specifico contributo previsto dal comma 16-quinquies del medesimo articolo[5].

Rispetto alla dotazione del Fondo 2011-2013 come determinata nella Tabella C della legge di stabilità 2011, per effetto degli incrementi disposti dal D.L. in esame e, limitatamente al 2011, dal D.L. n. 225 del 2010, l’importo del FUS risulta essere complessivamente pari, per il triennio 2011-2013, ai seguenti importi (fermo restando che l’incremento di 149 milioni del FUS è disposto a regime):

2011: 422,6 milioni di euro;

2012 e 2013: 411,5 milioni di euro.

 

Lalettera b) autorizza la spesa di 80 milioni di euro annui – aggiuntivi rispetto alle ordinarie dotazioni di bilancio – per la manutenzione e la conservazione dei beni culturali. Il provvedimento e la relazione illustrativa di cui era corredato l’A.S. 2665 non recano indicazioni circa le modalità attuative di tale spesa(ma, si veda, infra, ordine del giorno G1.101 (testo 2), accolto al Senato).

La Missione Tutela e valorizzazione dei beni e attività culturali e paesaggistici (21) dello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali, riporta, nella legge di bilancio 2011, stanziamenti di competenza pari a 1.205,5 milioni di euro per il 2011, 1.203,5 milioni per il 2012 e 1.200,8 milioni per il 2013.

 

La lettera c) autorizza la spesa di7 milioni di euro annui per interventi in favore di enti ed istituzioni culturali. Anche in tal caso, il provvedimento e la relazione illustrativa di cui era corredato l’A.S. 2665 non recano indicazioni circa le modalità attuative di tale spesa(ma, si veda, infra, ordine del giorno G1.101 (testo 2), accolto al Senato).

 

Al riguardo, si ricorda che l’art. 7, comma 24, del D.L. 78/2010 (L. 122/2010), ha ridotto, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, gli stanziamenti sui capitoli iscritti negli stati di previsione delle amministrazioni centrali vigilanti relativi al contributo dello Stato a enti, istituti, fondazioni e altri organismi per una quota pari al 50% delle dotazioni dell'anno 2009. La stessa disposizione ha, altresì, previsto che, i Ministri competenti, entro 60 giorni, stabilissero con decreto il riparto delle risorse rimaste disponibili nei citati capitoli.

Nell’ambito dell’esame presso l’Assemblea del Senato, il relatore per le parti di competenza della 7^ Commissione ha precisato che queste risorse sono stanziate a favore degli enti vigilati dal Ministero, richiamando in maniera esplicita Biennale di Venezia, Festival dei due mondi di Spoleto, Italia nostra, FAI (Fondo Ambiente Italiano), Triennale di Milano e Quadriennale di Roma[6].

Per gli enti citati, gli stanziamenti sono allocati sul capitolo 3670 dello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali, a seguito dell’intervento dell’art. 32, commi 2 e 3, della L. n. 448 del 2001.

 

L’art. 32, c. 2 e 3, della L. 448/2001 (Finanziaria 2002), nell’ottica di contenimento e razionalizzazione degli stanziamenti dello Stato in favore di enti, istituti, associazioni, fondazioni, ha disposto che gli importi relativi ad una serie di enti indicati nella sua tabella 1 fossero iscritti in un'unica unità previsionale di base dello stato di previsione di ciascun Ministero interessato, che il riparto fosse effettuato annualmente, entro il 31 gennaio, dal Ministro competente, con proprio decreto, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, e che la dotazione delle UPB fosse quantificata in Tabella C della legge finanziaria[7].

In relazione a tale previsione, è stato istituito nello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali un nuovo capitolo, ora 3670Somma da erogare a enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi.

Si evidenzia, ancora, che la L. 534 del 1996 aveva disposto la razionalizzazione di diverse ipotesi di erogazione di contributi statali ad enti culturali. Peraltro, fino al 2007, le risorse per l’erogazione dei contributi in questione sono state appostate sul già citato cap. 3670. In seguito, la L. 244/2007 (Finanziaria 2008, art. 2, c. 396-397) ha previsto, a decorrere dal 1° gennaio 2008, la costituzione di un apposito capitolo di bilancio per i finanziamenti a tali istituzioni. E’ stato, pertanto, istituito il nuovo capitolo 3671 - Contributi ad enti e istituti culturali, la cui dotazione annuale è quantificata annualmente nella tabella C della legge finanziaria. In particolare, l’art. 1 della L. 534/ 1996 ammette al contributo ordinario annuale dello Stato le istituzioni culturali che presentino domanda e siano incluse in apposita tabella emanata con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentite le Commissioni parlamentari competenti, nonché il Comitato tecnico-scientifico per i beni librari e gli istituti culturali. La tabella è sottoposta a revisione ogni tre anni con la stessa procedura[8].

Nel bilancio 2011 (legge n. 221/2010 e relativo D.M. economia di riparto in capitoli) gli stanziamenti assegnati al capitolo 3671 per il triennio 2011-2013 risultano pari, rispettivamente, a 5,4 milioni di euro per il 2011 e a 3,2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012 e 2013[9].

Con riferimento agli enti i cui stanziamenti sono rimasti appostati sul capitolo 3670, da ultimo, il Decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con ilMEF,30 novembre 2010, relativo ai contributi 2010, ha ripartito l’importo di 13.573,3 milioni di euro[10]. Per il triennio 2011-2013, risultano assegnati al capitolo 3670, rispettivamente, somme per 6,6 milioni di euro per il 2011 e per 5,8 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012 e 2013.

 

Con riguardo alle disposizioni contenute nel comma 1, si evidenzia che, nella seduta dell’Assemblea del Senato del 19 aprile 2011[11], il Governo, accogliendo l’ordine del giorno G1.101 (testo 2), si è impegnato, tra l’altro:

·        ai fini della ripartizione delle risorse di cui alle lettere a), b) e c), a prevedere l'individuazione dei criteri, delle modalità e dei soggetti beneficiari in coerenza con apposito atto di indirizzo delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari;

·        nella fase dell'attuazione delle disposizioni di cui alle lettere b) e c), ad acquisire il parere degli enti locali interessati;

·        ad assegnare le risorse di cui alla lettera c) prioritariamente a favore di coloro che attuano ricerca nell'ambito delle specificità linguistiche, culturali e storico-geografiche territoriali e regionali, anche appositamente costituiti per le predette finalità, nonché a ripartire le risorse attribuendo l'80% come quota ordinaria e il 20% come quota premiale, tra coloro che abbiano raggiunto almeno il 15% della copertura dei costi.

 

Il comma 2 reca una novella all’articolo 1, comma 13, della legge di stabilità per il 2011, al fine di escludere il FUS e le risorse destinate alla manutenzione e conservazione dei beni culturali dalle dotazioni finanziarie di bilancio cui si applicano le eventuali riduzioni lineari previste dalla norma a titolo compensativo, nell’eventualità di minori entrate rispetto alle previsioni derivanti dalle operazioni di cessione delle frequenze radioelettriche.

 

L’art. 1, comma 13, della legge n. 220 del 2010 (legge di stabilità 2011) prevede che, qualora in sede di gara per l’assegnazione dei diritti d’uso di frequenze radioelettriche da destinare a servizi di comunicazione elettronica – da cui sono stati stimati proventi non inferiori a 2.400 milioni di euro – si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alla previsione di entrata, il Ministro dell'economia e delle finanze provvede con proprio decreto alla riduzione lineare, sino a concorrenza dello scostamento finanziario, delle dotazioni finanziarie iscritte nel bilancio dello Stato a legislazione vigente nell’ambito delle spese rimodulabili delle missioni di spesa di ciascun Ministero.

La norma prevede che le procedure di assegnazione dei diritti devono concludersi in termini tali che i relativi introiti vengano versati all'entrata dello Stato entro il 30 settembre 2011.

Dalla eventuale riduzione lineare sono esclusi il Fondo per il finanziamento ordinario delle università, le risorse destinate alla ricerca e le risorse al finanziamento del 5 per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche.

 

La disposizione di cui al comma 13 della legge n. 220/2011 è stata prevista a titolo cautelativo quale clausola di salvaguardia, volta a recuperare, in caso di insuccesso dell'operazione di cessione delle frequenze radioelettriche da destinare a servizi di comunicazioni mobili in larga banda, l’importo pari al corrispettivo mancante attraverso corrispondenti riduzioni di spesa pubblica.

 

Nella Nota depositata dal Ministro dell’economia presso la Commissione bilancio del Senato in data 15 aprile 2011, in risposta ai rilievi formulati dalla Commissione nel corso dell’esame del decreto-legge, il Ministero ha reso noto che sono stati già predisposti, sebbene in via provvisoria, gli accantonamenti lineari sugli stanziamenti di bilancio rimodulabili dei singoli Ministeri per l’intero importo di 2.400 milioni di euro, che, soltanto in caso di conferma di minori introiti derivanti dall’operazione, saranno trasformati in riduzioni di spesa.

Dall’allegato n. 2 alla Nota del Ministero, gli accantonamenti disposti sui programmi di spesa risultano così ripartiti tra i vari Ministeri:

(milioni di euro)                 

MINISTERO

2011

Riduzioni

Ministero economia e finanze

579,1

Ministero dello sviluppo economico

1.012,0

Ministero del lavoro e politiche sociali

42,5

Ministero della giustizia

55,0

Ministero degli affari esteri

39,3

Ministero istruzione, università e ricerca

165,5

Ministero dell'interno

107,2

Ministero ambiente tutela del territorio e mare

25,1

Ministero infrastrutture e trasporti

78,0

Ministero della difesa

235,1

Ministero politiche agricole, alimentari e forestali

36,9

Ministero beni e le attività culturali

11,3

Ministero della salute

13,0

TOTALE

2.400,0

 

 

Profili finanziari riferiti ai commi 1 e 2

 

La relazione tecnica ribadisce il contenuto delle disposizione di cui ai commi 1 e 2 e sottolinea che resta fermo il conseguimento dell’obiettivo complessivo prefissato dal comma 13 dell’art. 1 della legge 220/2010 contenente una clausola di salvaguardia che opererebbe nel caso in cui non venissero conseguiti i 2,4 miliardi di introiti per il 2011 derivanti dall’assegnazione delle frequenze. Il taglio lineare previsto dalla norma citata  viene infatti ripartito sulle voci di spesa non escluse.

Il Governo, in risposta ad alcune osservazioni formulate nel corso dell’esame del provvedimento al Senato circa la concreta fattibilità delle riduzioni lineari di spesa, con nota dell’11 aprile 2011, del Ministero dell’economia – Dipartimento Ragioneria generale dello Stato, ha rappresentato che l’ammontare delle somme del FUS e della manutenzione e conservazione dei beni culturali, che sarebbero escluse dall’applicazione del taglio lineare previsto dall’art. 1, comma 13, della legge finanziaria 2011, è pari a circa 42,4 milioni di euro. Tale ammontare determinerebbe un corrispondente aumento complessivo dell’1,8 per cento delle rimanenti somme accantonate sul bilancio dello Stato.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare in relazione al comma 1, trattandosi di limiti di spesa. In merito al comma 2 si prende atto di quanto chiarito dal Governo, che quantifica nell’1,8 per cento del totale delle risorse interessate l’ammontare delle somme di pertinenza del FUS e per la manutenzione dei beni culturali che non saranno più soggette alla clausola di salvaguardia. Andrebbero peraltro acquisiti ulteriori elementi volti a confermare la sostenibilità di una  rimodulazione del taglio lineare per pari importo a valere sugli altri stanziamenti del bilancio dello Stato.

 

 

Il comma 3 abroga le disposizioni che avevano introdotto un contributo speciale di un euro sui biglietti cinematografici per il periodo 1° luglio 2011-31 dicembre 2013.

 

L’art. 2, comma 4-ter, del D.L. 225/2010 aveva istituito per l'accesso a pagamento nelle sale cinematografiche (ad esclusione di quelle delle comunità ecclesiali o religiose) il contributo speciale di un euro a carico dello spettatore, per il periodo 1° luglio 2011-31 dicembre 2013, da versare all'entrata del bilancio dello Stato[12].

Il comma 4-quater, fissando per l’onere derivante dagli incentivi fiscali per il settore cinematografico (di cui ai commi 4 e 4-bis del medesimo articolo) un limite di spesa di 90 milioni di euro per ciascuno degli esercizi dal 2011 al 2013, ne dispone la relativa copertura. In particolare, ai sensi della lettera b), si provvede – quanto a euro 45 milioni per l’anno 2011 e ad euro 90 milioni per ciascuno degli anni 2012 e 2013 – mediante utilizzo di una quota delle maggiori entrate derivanti dal contributo speciale sul biglietto di ingresso alle sale cinematografiche. Si prevede, inoltre, che l’eventuale maggior gettito eccedente il predetto limite di spesa viene riassegnato allo stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali per essere destinato al rifinanziamento del Fondo per la produzione, la distribuzione l'esercizio e le industrie tecniche, istituito dall’art. 12 del D.lgs. n. 28 del 2004[13].

 

I commi 4 e 5 recano la copertura finanziaria degli oneri derivanti dalle disposizioni in favore del settore culturale e cinematografico, di cui ai commi 1 e 3, provvedendo ad aumentare l’aliquota dell’accisa su alcuni prodotti energetici, in particolare sulla benzina, sulla benzina con piombo e sul gasolio usato come carburante.

 

Nello specifico, a copertura degli oneri di 236 milioni di euro a decorrere dall’anno 2011 per interventi a favore della cultura e di 45 milioni di euro per il 2011 e 90 milioni di euro per gli anni 2012 e 2013 derivanti dall’abrogazione del contributo speciale a carico dello spettatore per l’accesso nelle sale cinematografiche, come già anticipato, si dispone l’aumento dell’aliquota delleseguenti accise, di cui all’Allegato I del D.Lgs. n. 504 del 1995[14] (testo unico sulle accise – TUA):

§         accisa sulla benzina;

§         accisa sulla benzina con piombo;

§         accisa sul gasolio usato come carburante.

 

L’aumento dell’aliquota deve compensare sia i predetti oneri, sia l’onere correlato alle disposizioni sui rimborsi previsti a favore degli autotrasportatori dall’ultimo periodo del comma 4 in esame (su cui si veda infra).

 

Le disposizioni hanno affidato la variazione a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane, da adottarsi entro il 7 aprile 2011 (sette giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in commento), efficace dalla data di pubblicazione sul sito internet dell'Agenzia.

Con la determinazione del direttore dell’Agenzia delle Dogane del 5 aprile 2011, pubblicata sul sito internet il 6 aprile 2011, sono state modificate le aliquote di accisa dei suddetti prodotti energetici, con le cadenze temporali esposte nella seguente tabella (i valori sono espressi in euro per mille litridi prodotto):

 

 

Fino al
 6 aprile 2011

6 aprile 2011 -
30 giugno 2011

1° luglio 2011-
31 dicembre 2011

1° gennaio 2012 -
31 dicembre 2013

dal
1° gennaio 2014

Benzina e benzina con piombo

564,00[15]

571,30

573,20

571,60

569,50

Gasolio carburazione

423,00[16]

430,30

432,20

430,60

428,50

 

L'ultimo periodo del comma 4 dispone poi che non trovino applicazione, in alcune ipotesi, i limiti agli eventuali aumenti erariali dell'accisa sulla benzina per autotrazione di cui all’articolo 1, comma 154, secondo periodo, della legge n. 662 del 1996[17]. Tale norma stabilisce che eventuali aumenti erariali dell’accisa abbiano effetto, nelle regioni che hanno istituito tale imposta, solo per la differenza tra l’aumento erariale e la misura dell’imposta regionale sulla benzina per autotrazione.

In conseguenza della disapplicazione prevista dalla norma in esame, l’aumento dell’aliquota dell’accisa sulla benzina si somma ad eventuali imposte regionali sulla benzina vigenti nelle regioni a statuto ordinario.

L’articolo 17 del decreto legislativo 21 dicembre 1990, n. 398[18] ha autorizzato le regioni a statuto ordinario a istituire, con proprie leggi, un'imposta regionale sulla benzina per autotrazione, erogata dagli impianti di distribuzione ubicati nelle rispettive regioni, successivamente alla data di entrata in vigore della legge istitutiva. Ai sensi del citato articolo 1, comma 154 della legge 662/1996, l’importo massimo di tale imposta è pari a 0,025 euro per litro. Diverse disposizioni hanno consentito, nel tempo, di derogare ai limiti massimi stabiliti dalla legge: da ultimo, l’articolo 2, comma 2-bis del D.L. n. 225 del 2010 (cd “milleproroghe”) ha autorizzato le Regioni ad innalzare il predetto limite, alle condizioni poste dalla norma medesima, per far fronte all’emergenza rifiuti.

 

La disapplicazione delle limitazioni opera pergli aumenti disposti ai sensi del comma in esame e per gliaumenti disposti per la reintegrazione del fondo di riserva per le spese impreviste ai sensi dell’articolo 5, comma 5-quinquies  della legge n. 225 del 1992[19], nel caso di calamità naturali. In tali ipotesi, come già illustrato, l’aumento dell’accisa erariale si sommerà all’eventuale imposizione regionale.

Il richiamato articolo 5, comma 5-quinquies,appartiene a un complesso di disposizioni introdotte dal citato decreto-legge “milleproroghe”(articolo 2, comma 2-quater del D.L. 225 del 2010) in favore di enti territoriali colpiti da calamità naturali. In particolare, esso disciplina le ipotesi di accesso della Regione colpita da calamità al Fondo per la protezione civile; dispone inoltre che, qualora sia utilizzato il fondo di riserva per le spese impreviste, esso venga reintegrato mediante l'aumento dell'accisa sulla benzina e sulla benzina senza piombo e sul gasolio usato come carburante deliberato dal direttore dell'Agenzia delle dogane in misura non superiore a cinque centesimi al litro e, comunque, in misura tale da determinare maggiori entrate corrispondenti all’importo prelevato dal fondo di riserva. Tale aumento dovrà essere finalizzato anche alla copertura degli oneri derivanti dal differimento, in caso di dichiarazione dello stato di emergenza, dei termini per gli adempimenti e i versamenti dei tributi e dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali.

 

Infine, il comma in esame reca disposizioni in favore di alcune categorie di soggetti esercenti l’attività di trasporto.

 

Viene a tal fine disposto il rimborso del maggior onere derivante dagli aumenti di accisa disposti dal comma in esame nei confronti di:

- soggetti esercenti le attività di trasporto merci (articolo 5, comma 1 del decreto-legge n. 452 del 2001[20]) con veicoli di massa massima complessiva pari o superiore a 7,5 tonnellate.

Si ricorda che il citato comma 1 prevede una riduzione dell'aliquota dell'accisa prevista per il gasolio per autotrazione utilizzato dagli esercenti le attività di trasporto merci con veicoli di massa massima complessiva superiore a 3,5 tonnellate;

- enti pubblici e imprese pubbliche locali esercenti l'attività di trasporto pubblico locale (di cui al decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422[21], e relative leggi regionali di attuazione, norme richiamate dall’articolo 5, comma 2 del D.L. 452/2001);

- imprese esercenti autoservizi di competenza statale, regionale e locale, (di cui alla legge 28 settembre 1939, n. 1822[22], al Regolamento (CEE) n. 684/92 del Consiglio del 16 marzo 1992[23], e successive modificazioni, e al citato decreto legislativo n. 422 del 1997, tutti richiamati dall’articolo 5, comma 2 del D.L. 452/2001);

- enti pubblici e imprese esercenti trasporti a fune in servizio pubblico per trasporto di persone (articolo 5, comma 2 del D.L. 452/2001).

 

Il rimborso viene disposto con le modalità previste dall’articolo 6, comma 2, primo e secondo periodo, del decreto legislativo n. 26 del 2007, ai sensi del quale esso può venir effettuato anche in compensazione, a seguito della presentazione di apposita dichiarazione ai competenti Uffici dell'Agenzia delle dogane, secondo le modalità e con gli effetti previsti da apposito regolamento (di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 277 del 2000, recante disciplina dell'agevolazione fiscale a favore degli esercenti le attività di trasporto merci).

 

Il successivo comma 5 autorizza infine il Ministro dell’economia e delle finanze a disporre, con propri decreti, le necessarie variazioni di bilancio.

 

Profili finanziari riferiti ai commi da 3 a 5

 

La relazione tecnica riferita al testo originario del provvedimento riepiloga brevemente il contenuto delle norme in esame.

In particolare, il comma 3, abroga le disposizioni di cui all’articolo 2, commi 4-ter e 4-quater, lettera b) del decreto legge n. 225 del 2010. Tali norme prevedevano, rispettivamente, l’istituzione, a decorrere dal 1° luglio 2011, di un contributo speciale a carico dello spettatore, nella misura di un euro, per l’accesso a pagamento alle sale cinematografiche, da versarsi all’entrata del bilancio dello Stato e l’utilizzo delle relative maggiori entrate a copertura degli oneri derivanti dalla proroga al 31 dicembre 2013 delle disposizioni in favore del settore cinematografico – prevista dall’articolo 2, commi 4 e 4-bis del decreto legge n. 225 del 2010 - nel limite di 45 milioni di euro per il 2011 e di 90 milioni di euro annui per gli anni 2012 e 2013.

Il successivo comma 4 disciplina le modalità di copertura degli oneri derivanti dal comma 1 dell’articolo 1 in esame, pari a 236 milioni di euro annui a decorrere dal 2011 e dal comma 3, pari, come si è detto, a  45 milioni di euro per il 2011 ed a 90 milioni di euro annui per il 2012 ed il 2013. Dispone, in particolare che ad essi si provveda mediante l’aumento delle rispettive aliquote di accisa gravanti sulla benzina e benzina senza piombo e sul gasolio usato come carburante[24], in modo tale da compensare i predetti oneri nonché quello correlato ai rimborsi agli esercenti le attività di trasporto di merci con veicoli di massa massima complessiva non inferiore a 7,5 tonnellate, cui saranno rimborsati i maggiori costi di carburante connessi all’incremento di accisa, come previsto dall’ultimo periodo del medesimo comma 4.

Pertanto, l’incremento di accisa dovrà assicurare la copertura di oneri per un ammontare complessivo di 281 milioni di euro nel 2011, 326 milioni di euro annui nel 2012 e 2013 e di 236 milioni di euro annui dal 2014, cui debbono annualmente aggiungersi gli oneri per i rimborsi agli autotrasportatori, la cui quantificazione è correlata alla determinazione dell’incremento dell’aliquota di accisa sul gasolio per autotrazione.

Tale determinazione è demandata dalle norme ad un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle dogane da adottare entro sette giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame.

La relazione tecnica fornisce, altresì, i risultati di una simulazione degli effetti di gettito associati ad un’ipotesi di variazione delle aliquote di accisa rispetto a quelle attualmente vigenti, ivi compresi gli effetti relativi all’incremento del gettito IVA, al netto della quota utilizzata per compensare i rimborsi previsti per gli autotrasportatori.

La simulazione ipotizza l’invarianza dei consumi tra l’anno 2010 ed il 2011, una flessione dei consumi di benzina del 3 per cento negli anni 2012 e 2013, nonché l’invarianza dei consumi rispetto al 2013 per gli anni successivi.

Sulla base di tali ipotesi la variazione delle aliquote adottata dalla relazione tecnica sarebbe in grado di assicurare un maggior gettito comprensivo di IVA, al netto dei rimborsi dovuti agli autotrasportatori, idoneo a compensare gli oneri recati dai commi 1 e 3 dell’articolo 1 del provvedimento.

I risultati della simulazione sono riassunti nella tavola che segue:

 

 

 

 

(milioni di euro ove non diversamente indicato)

Periodo

2011

(aprile/giugno)

2011

(luglio/dicemb.)

2012

2013

2014

e seguenti

Var. Accise

( per 1000 litri)

7,10

9,20

7,60

7,60

5,50

Maggior gettito

(IVA inclusa)

78,73

205,43

329,75

327,90

237,29

Effetti sul consumatore (maggior prezzo alla pompa IVA inclusa)

Un litro di prodotto ( euro)

0,009

0,011

0,009

0,009

0,007

Un pieno di 40 litri (euro)

0,36

0,44

0,36

0,36

0,28

Consumi stimati utilizzati per il calcolo del maggior gettito (migliaia di litri)

Benzina

3.452.703

6.931.081

13.286.851

13.084.514

13.084.514

Gasolio auto

di cui autotrasporto

7.650.299

 

1.861.916

15.434.731

 

3.759.042

30.265.898

 

7.395.689

30.265.898

 

7.395.689

30.265.898

 

7.395.689

 

Si segnala che, nella Nota di risposta alle osservazioni formulate nel corso dell’esame in sede referente presso il Senato[25], il Dipartimento delle finanze ha fornito in merito i seguenti chiarimenti:

    i dati di consumo dei carburanti su cui si fonda la simulazione provengono dalle rilevazioni del Ministero dello sviluppo economico e sono espressi in tonnellate. Ai fini dell’applicazione dell’aliquota di accisa, applicata alle quantità espresse in litri, sono stati utilizzati coefficienti basati sulla densità convenzionale di ciascun prodotto;

    l’invarianza dei consumi tra il 2010 ed il 2011, ipotizzata dalla relazione tecnica, è motivata dal fatto che, dopo una consistente diminuzione dei consumi dovuta alla crisi economica, si notano segnali positivi di ripresa che fanno ragionevolmente ritenere un assestamento dei consumi, tenuto anche conto del fatto che i consumi petroliferi sono da considerarsi per larga parte anelastici rispetto all’andamento dei prezzi;

     in merito agli effetti indiretti dell’aumento dell’accisa relativi alla possibilità, per i titolari di partita IVA, di detrarre maggiore IVA a credito o di dedurre maggiori oneri, si ritiene che il fenomeno possa considerarsi trascurabile e limitato al solo comparto del gasolio, in considerazione del fatto che la maggior parte di tali operatori è rappresentata dagli autotrasportatori, per i quali l’incremento della tassazione è sterilizzato. Inoltre, il maggior gettito indicato nella relazione tecnica è stato stimato in base a criteri prudenziali in modo da garantire per ogni annualità la copertura degli oneri derivanti dai commi 1 e 3  dell’articolo 1 del provvedimento, anche considerando gli effetti indiretti di cui sopra.       

      

In merito ai profili di quantificazione, si rileva, in primo luogo, che il 6 aprile è stato pubblicato sul sito dell’Agenzia delle dogane il provvedimento del direttore dell’Agenzia che individua gli incrementi delle aliquote di accisa delle benzine e del gasolio usato come carburante necessari per assicurare la copertura degli oneri recati dall’articolo 1, commi 1 e 3 del provvedimento in esame.

Nella tabella che segue sono indicati i suddetti incrementi, in vigore dal 6 aprile, nonché i relativi effetti netti in termini di maggior gettito a titolo di accisa e di IVA, quali risultano da un’esercitazione che utilizza le medesime ipotesi della RT.

Tali effetti sono stati calcolati: al netto dei rimborsi agli autotrasportatori e sulla base delle quantità di consumo fornite, per ciascun periodo temporale, dalla relazione tecnica, considerando l’entrata in vigore degli incrementi dal 6 aprile 2011. Detti incrementi, in base a tale esercitazione, sarebbero effettivamente in grado di assicurare la copertura dell’onere pari a 281 milioni di euro nel 2011, 326 milioni di euro annui nel 2012e nel 2013 e 236 milioni di euro annui dal 2014.

 

(milioni di euro ove non diversamente indicato)

Periodo

2011

(aprile/giugno)

2011

(luglio/dicemb.)

2012

2013

2014

e seguenti

Var. Accise

( per 1000 litri):

benzina

gasolio auto

 

 

7,30

7,30

 

 

9,30

9,20

 

 

7,60

7,60

 

 

7,60

7,60

 

 

5,50

5,50

Maggior gettito

(IVA inclusa)

76,50

206,25

329,75

327,90

237,30

Periodo

2011

2012

2013

2014

Oneri co. 1 e 3

281,00

326,00

326,00

236

Fonte: Elaborazione su dati RT

 

In merito, si rileva peraltro che il differenziale annuo tra le maggiori entrate - al netto dei rimborsi agli autotrasportatori - e gli oneri alla cui copertura le medesime sono destinate potrebbe non assicurare un margine prudenziale ove si considerino:

     la possibilità di una diversa dinamica dei consumi, soprattutto in riferimento all’anno in corso, in corrispondenza di un trend costantemente crescente dei prezzi. In proposito si segnala che le stesse statistiche rilevate dal Ministero dello sviluppo economico mostrano per i primi tre mesi del 2011, a fronte di un lieve incremento dei consumi di gasolio (0,9 per cento), una flessione del 5,3% per cento dei consumi di benzina, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente;

●     la perdita di gettito per l’erario conseguente alla possibilità di detrarre un maggiore ammontare di IVA ovvero di dedurre maggiori costi ai fini  delle imposte sui redditi non riguarda i soli autotrasportatori, per i quali l’incremento è sterilizzato per effetto delle stesse norme, ma tutto il comparto dei veicoli aziendali.

In merito ai profili evidenziati appare opportuno acquisire l’avviso del Governo.

 


Articolo 2
(
Potenziamento delle funzioni di tutela dell’area archeologica di Pompei)

 


1. Al fine di rafforzare l'efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, il Ministro per i beni e le attività culturali adotta, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, un programma straordinario e urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nelle suddette aree. Il piano è predisposto dalla competente Soprintendenza ed è proposto dal Direttore generale per le antichità, previo parere del Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici.

2. Per la realizzazione del programma di cui al comma 1 si provvede anche mediante l'utilizzo di risorse derivanti dal fondo per le aree sottoutilizzate (F.A.S.), di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, destinati alla regione Campania, nonché di una quota dei fondi disponibili nel bilancio della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, determinata con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali. La quota da destinare al programma straordinario di manutenzione da parte della regione Campania è individuata dalla Regione medesima nell'ambito del Programma di interesse strategico regionale (PAR) da sottoporre al CIPE per l'approvazione.

3. Per il conseguimento degli obiettivi e per la realizzazione del programma di cui al comma 1 è autorizzata l'assunzione, in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 2, comma 8-quater, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, mediante l'utilizzazione di graduatorie in corso di validità, di personale di III area, posizione economica F1, nel limite di spesa di euro 900.000 annui a decorrere dall'anno 2011. Tale personale è vincolato alla permanenza presso le sedi di servizio della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei per almeno un quinquennio dalla data di assunzione. È altresì autorizzata, in deroga alle medesime disposizioni di cui al primo periodo, l'assunzione di ulteriore personale specializzato, anche dirigenziale, mediante l'utilizzazione di graduatorie in corso di validità, nel limite delle ordinarie facoltà assunzionali consentite per l'anno 2011 dalla normativa vigente, da destinare all'espletamento di funzioni di tutela del patrimonio culturale. Alla copertura degli oneri derivanti dal presente comma si provvede, a valere sulle facoltà assunzionali del predetto Ministero, nell'ambito degli stanziamenti di bilancio previsti a legislazione vigente per il reclutamento del personale del Ministero per i beni e le attività culturali e nel rispetto dei limiti percentuali in materia di assunzioni di personale a tempo indeterminato di cui all'articolo 3, comma 102, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni. Il Ministero per i beni e le attività culturali comunica alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica ed al Ministero dell'economia e delle finanze Dipartimento della ragioneria generale dello Stato le assunzioni effettuate ai sensi del presente comma ed i relativi oneri.

4. La Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, ai fini dell'attuazione del programma di cui al comma 1, può altresì avvalersi, nel rispetto dei princìpi e delle disposizioni di fonte comunitaria, della società ALES s.p.a., interamente partecipata dallo Stato, mediante stipula di un'apposita convenzione, nell'ambito delle risorse disponibili, per l'affidamento diretto di servizi tecnici, anche afferenti alla fase di realizzazione degli interventi in attuazione del programma di cui al comma 1.

5. Al fine della realizzazione del programma di cui al comma 1, i termini minimi stabiliti dagli articoli 70, 71, 72 e 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, sono ridotti della metà. Per l'affidamento dei lavori compresi nel programma è sufficiente il livello di progettazione preliminare, in deroga all'articolo 203, comma 3-bis, del citato decreto legislativo n. 163 del 2006, salvo che il responsabile del procedimento ritenga motivatamente la necessità di acquisire un maggiore livello di definizione progettuale.

6. Gli interventi previsti dal programma di cui al comma 1 ricadenti all'esterno del perimetro delle aree archeologiche sono dichiarati di pubblica utilità, indifferibili e urgenti e possono essere realizzati, ove occorra, in deroga alle previsioni degli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriali vigenti, sentiti la Regione e il Comune territorialmente competente.

7. Allo scopo di favorire l'apporto di risorse provenienti da soggetti privati per l'esecuzione dei lavori, dei servizi e delle forniture di cui al comma 1, gli obblighi di pubblicità, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, previsti dagli articoli 26 e 27 del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, per i contratti di sponsorizzazione finalizzati all'acquisizione di risorse finanziarie o alla realizzazione degli interventi ricompresi nel programma straordinario di cui al comma 1, si considerano assolti con la pubblicazione di un avviso pubblico nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e, ove occorrente, nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea, nonché su due quotidiani a diffusione nazionale, per almeno trenta giorni, contenente un elenco degli interventi da realizzare, con l'indicazione dell'importo di massima stimato previsto per ciascuno intervento. In caso di presentazione di una pluralità di proposte di sponsorizzazione, la Soprintendenza provvede ad assegnare a ciascun candidato gli specifici interventi, definendo le correlate modalità di valorizzazione del marchio o dell'immagine aziendale dello sponsor, secondo quanto previsto dall'articolo 120 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni. In caso di mancata o insufficiente presentazione di candidature, il Soprintendente può ricercare ulteriori sponsor, senza altre formalità e anche mediante trattativa privata.

8. In deroga a quanto previsto dall'articolo 4, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 29 maggio 2003, n. 240, al fine di assicurare l'equilibrio finanziario delle Soprintendenze speciali ed autonome, il Ministro per i beni e le attività culturali, con proprio decreto, può disporre trasferimenti di risorse tra le disponibilità depositate sui conti di tesoreria delle Soprintendenze medesime, in relazione alle rispettive esigenze finanziarie, comunque assicurando l'assolvimento degli impegni già presi su dette disponibilità.


 

 

I commi da 1 a 7 riguardano l’adozione di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi per Pompei e, a tal fine, dispongono le modalità per l’adozione e le misure necessarie per la sua attuazione.

Il comma 8, invece, riguarda tutte le Soprintendenze speciali ed autonome. Inoltre, nell’ambito del comma 3, oltre che l’assunzione di personale da destinare alla Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei, sembrerebbe essere prevista una più generale assunzione di personale da destinare all’espletamento di funzioni di tutela del patrimonio culturale (questa lettura sembrerebbe supportata, oltre che dal testo della disposizione, dalla relazione introduttiva all’A.S. 2665).

 

Il comma 1 prevede l'adozione da parte del Ministro per i beni e le attività culturali, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, di un programma straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione, manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica[26] di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei, al fine di rafforzare l’efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nelle suddette aree. Il programma (o “piano”, come detto nel secondo periodo) è predisposto dalla medesima Soprintendenza speciale, su proposta del Direttore generale per le antichità, previo parere del Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici[27].

 

Al riguardo sembrerebbe opportuno uniformare la terminologia, utilizzando sempre la parola “programma” o la parola “piano”.

 

Con riferimento agli incidenti occorsi nel novembre e dicembre 2010 nell’area archeologica di Pompei, si ricorda che il Ministro per i beni e le attività culturali, Sandro Bondi, nell’ambito nell’informativa urgente del Governo sul crollo della c.d. Scuola dei gladiatori resa alla Camera nella seduta del 10 novembre 2010[28], ha evidenziato che “l’unico modo per affrontare alla radice il problema di Pompei è quello di lasciare ai sovrintendenti il compito della tutela, mentre quello della gestione e dell’applicazione dei progetti di manutenzione e restauro predisposti dai sovrintendenti deve essere assegnato a nuove figure professionali e a nuove forme di gestione”[29]. Il Ministro sottolineava, altresì, l’ulteriore aspetto problematico costituito dal “pensionamento del personale più qualificato del Ministero per i beni e le attività culturali e l'impossibilità di assumere nuovo personale”, rilevando che “la situazione più critica è quella che riguarda la carenza di architetti ed archeologi”.

Successivamente, il sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali, Francesco Maria Giro, rispondendo oralmente (seduta della Camera del 1° febbraio 2011[30]) alle interrogazioni Mosella 3-01352 e Vaccaro 3-1426 e 3-1427, all’indomani della visita degli ispettori UNESCO[31], ha riferito che agli esperti erano stati presentati “i programmi d’intervento previsti nell’immediato e a lungo termine, finalizzati alla migliore fruizione e valorizzazione dei siti vesuviani”[32].

 

Si ricorda che il primo intervento straordinario di rilievo nei confronti dell'area archeologica di Pompei fu adottato con L. 216 del 1976, che disponeva a favore della Soprintendenza alle antichità di Napoli e Caserta un finanziamento straordinario di 3 miliardi di lire complessivi, suddivisi negli esercizi finanziari dal 1977 al 1980, per opere di manutenzione, restauro, salvaguardia e valorizzazione della zona archeologica di Pompei. Il finanziamento venne poi rinnovato con L. 404 del 1981, in ragione di 2 miliardi di lire per ciascuno degli anni dal 1981 al 1985.

Successivamente, al fine di incentivare la tutela, la conservazione e la fruizione del patrimonio archeologico, l’art. 9 della L. 352 del 1997 ha previsto che la soprintendenza di Pompei fosse dotata di autonomia scientifica, organizzativa, amministrativa e finanziaria per quanto concerne l'attività istituzionale, con esclusione delle spese per il personale.

L’art. 8 del D.lgs. 368 del 1998istitutivo del Ministero per i beni e le attività culturali – traducendo in norma generale l’esperienza dell’attribuzione dell’autonomia alla soprintendenza di Pompei, ha poi previsto che le soprintendenze archeologiche, le soprintendenze per i beni artistici e storici e le soprintendenze per i beni ambientali e architettonici possono essere dotate di autonomia scientifica, finanziaria, organizzativa e contabile[33].

Con D.P.R. 240 del 2003 è stato, quindi, adottato il regolamento per il funzionamento amministrativo-contabile e per la disciplina del servizio di cassa delle Soprintendenze dotate di autonomia. In particolare, l’art. 4, comma 3, del provvedimento dispone che, al fine di consentire il riequilibrio finanziario nell'ambito delle soprintendenze speciali ed autonome, il MIBAC può annualmente disporre che una quota non superiore al 30% delle entrate da proventi diversi sia versata in conto entrata del bilancio dello Stato, riassegnata con decreto del MEF allo stato di previsione della spesa del MIBAC e da quest’ultimo ripartita tra le soprintendenze interessate in relazione alle rispettive esigenze finanziarie.

Inizialmente, le disposizioni del DPR 240/2003 non erano riferite anche alla Soprintendenza autonoma di Pompei, giacché il citato art. 9 della L. 352/1997 (ora abrogato: v. infra), conteneva disposizioni amministrative e contabili ad hoc[34].

In seguito, l’art. 39-vicies septies del D.L. 273 del 2005 ha esteso l’applicabilità dell’art. 4, c. 3, del DPR 240/2003 anche alla Soprintendenza archeologica di Pompei.

Ancora successivamente, l’art. 15, comma 3, del regolamento di riorganizzazione del MIBAC, emanato con D.P.R. 233 del 2007, ha individuato gli istituti dotati di autonomia speciale, tra cui figura anche la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei. La nuova Soprintendenza speciale (organo periferico del MIBAC, ai sensi dell’art. 16 del DPR) riunisce sotto un’unica gestione i siti e i musei archeologici di competenza della ex Soprintendenza archeologica di Pompei e parte di quelli gestiti dalla ex Soprintendenza archeologica di Napoli e Caserta[35].

Dalla disposizione richiamata, quindi, sembrerebbe derivare l’abrogazione implicita sia dell’art. 9 della L. 352/1997[36] sia dell’art. 39-vicies septies del D.L. 273/2005. Pertanto, alla Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei si applicherebbero integralmente le disposizioni contenute nel DPR 240/2003.

Con DPR 91 del 2009 – con il quale sono state apportate modifiche nel sistema organizzativo del MIBAC –, infine, si è stabilito che il coordinamento e la vigilanza sulla Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei, anche ai fini dell'approvazione del bilancio di previsione, delle relative proposte di variazione e del conto consuntivo, è esercitato dalla Direzione generale per le antichità del MIBAC.

 

Si rammenta, altresì, che, con D.P.C.M. 4 luglio 2008 era stato deliberato lo stato di emergenza nell’area archeologica di Pompei, fino al 30 giugno 2009, in considerazione della “situazione di grave criticità che caratterizzava l'area, nonché del fatto che detta situazione “per intensità ed estensione” non era “fronteggiabile con mezzi e poteri ordinari”. Lo stato di emergenza era stato poi prorogato fino al 30 giugno 2010 con DPCM 24 luglio 2009, in relazione al permanere della “situazione di grave criticità”, ed infine era stato anticipatamente revocato con DPCM 10 giugno 2010, in considerazione dello “stato di avanzamento delle iniziative finalizzate alla messa in sicurezza, alla tutela del patrimonio ed alla tutela della salute della pubblica” che consentiva il “completamento delle medesime attraverso l'utilizzo dei poteri ordinari previsti dalla normativa vigente”[37].

 

Il comma 2 individua le risorse per il finanziamento del programma straordinario di interventi conservativi e di restauro, prevedendo la possibilità di utilizzo:

§      delle risorse derivanti dal Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) desinate alla regione Campania.

La quota regionale del FAS destinata alla regione Campaniaèattualmente pari a 3.506,8 milioni (cfr. oltre le tavole di riparto regionale).

Si ricorda tuttavia che, a valere su di essa, il D.L. n. 196/2010 ne prevede l’utilizzo per 150 milioni di euro, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, per le attività di raccolta e trasporto dei rifiuti, e per ulteriori 282 milioni, ai sensi del successivo comma 2,per interventi di bonifica ambientale, a seguito della rideterminazione della copertura degli oneri derivanti dall’Accordo sottoscritto il 18 luglio 2008, come modificato con Atto 8 aprile 2009, tra il Ministero dell’ambiente e la regione Campania per gli interventi di bonifica ambientale[38]. Infine, si segnala che nella recente seduta del 23 marzo 2011 il CIPE ha autorizzato l’utilizzo delle risorse del FAS 2007–2013 relative ai programmi di interesse strategico delle Regioni Abruzzo (160 milioni di euro), Campania (322 milioni di euro) e Lazio (796 milioni di euro) per il ripiano dei relativi disavanzi sanitari, come previsto dall’articolo 2, comma 90, della legge n. 191/2009[39] (legge finanziaria per il 2010);

§      di una quota dei fondi disponibili nel bilancio della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei, determinata con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali (sulla Soprintendenza Speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei si veda la scheda relativa all'art. 2).

 

In merito all’utilizzo delle risorse del Fondo aree sottoutilizzate e delle disponibilità di bilancio della Soprintendenza, si ricorda che nel corso della discussione in Aula alla Camera (seduta del 10 novembre 2010, Informativa urgente del Governo sul crollo della scuola dei gladiatori presso gli scavi di Pompei), il Governo ha reso noto che già nei “due anni del commissariamento, dal giugno del 2008 al giugno del 2010, quando il commissariamento è cessato per tornare alla normalità, sono stati investiti oltre 79 milioni di euro, dei quali 21 milioni provenienti dai fondi FAS del Ministero dello sviluppo economico e 40 milioni dai residui attivi giacenti nel bilancio della soprintendenza speciale di Napoli e di Pompei, oltre ai fondi derivanti dalla vendita di biglietti.

 

Il secondo periodo del comma specifica che la quota di risorse da destinare al programma straordinario di manutenzione da parte della Regione Campania verrà individuata dalla Regione medesima nell’ambito del Programma di interesse strategico regionale (PAR) da sottoporre al CIPE per l’approvazione.

 

Al riguardo, con riferimento alle risorse finanziarie indicate nel secondo periodo del comma 2 in esame, andrebbe chiarito se la quota che la Regione Campania deve individuare nell’ambito del PAR per il finanziamento del Piano di manutenzione straordinario provenga da Fondo FAS desinato alla regione Campania (posto che i Programmi di interventi di interesse strategico regionale (PAR) sono fondamentalmente finanziati a valere sulle risorse del FAS destinate alle singole regioni), ovvero se tale quota debba intendersi a valere sulle ulteriori fonti di finanziamento, quali ad esempio i fondi regionali di cofinanziamento o i Fondi comunitari destinati alla regione stessa, che possono essere considerati nella programmazione finanziaria complessiva del Programma strategico regionale. Tale chiarimento appare opportuno anche alla luce di quanto prevede, sul punto, la relazione illustrativa all’A.S. 2665 che reca un generico riferimento ad un “concorso finanziario della regione Campania con una quota che verrà individuata dalla regione medesima”.

 

Si segnala che la versione vigente del decreto prevede una “presa d’atto” da parte del CIPE, mentre la modifica introdotta dal Senato fa riferimento alla “approvazione” del Comitato. In linea generale, è opportuno evidenziare che i programmi attuativi, sia regionali che interregionali, devono essere inviati dalle Amministrazioni responsabili al Ministero dello sviluppo economico per la verifica di coerenza ed efficacia programmatica ed attuativa; entro 30 giorni dall’esame con esito positivo del programma ricevuto, il Ministero trasmette il programma al CIPE per la relativa presa d’atto.

Dopo la presa d’atto da parte del CIPE, il MISE, entro 15 giorni, adotta il provvedimento con il quale lo Stato assume l’obbligazione per le quote annuali di risorse FAS indicate nel programma stesso nei confronti della Regione.

Si ricorda, quindi, che con delibera n. 11 del 6 marzo 2009 il CIPE ha preso atto dei programmi attuativi regionali di interesse strategico delle regioni Emilia-Romagna, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Toscana, Umbria, Valle d’Aosta e della provincia autonoma di Bolzano.

Per quanto concerne le regioni del Mezzogiorno, con delibera n. 69 del 31 luglio 2009 il CIPE ha preso atto del programma attuativo di interesse strategico della sola Regione Siciliana.

Pertanto, alla data attuale, il Programma attuativo regionale della regione Campania non risulta ancora essere stato sottoposto al CIPE.

 

Per quanto concerne le risorse del Fondo FAS relative ai programmi di interesse strategico regionale, si segnala che con una serie di delibere adottate nel marzo 2009, le risorse disponibili relative alla programmazione 2007-2013 (complessivi 52,4 miliardi di euro) sono state assegnate dal CIPE per 27 miliardi alle Amministrazioni regionali e per 25,4 miliardi alle Amministrazioni centrali.

Con la delibera n. 1 del 6 marzo 2009, per l’attuazione della politica regionale unitaria attraverso Programmi di interventi di interesse strategico regionale, il CIPE ha assegnato le risorse alle singole regioni nel rispetto della seguente ripartizione: 21.831,5 milioni in favore delle regioni del Mezzogiorno e 5.195,5 milioni in favore del Centro-Nord.

Nell’ambito della quota assegnata al Mezzogiorno e al Centro-Nord, il riparto tra le regioni è stato effettuato sulla base della “chiave di ripartodefinita in sede di QSN 2007-2013, approvato con la delibera CIPE n. 174 del 22 dicembre 2006.

Va peraltro sottolineato che, rispetto all'importo originariamente programmato nel QSN 2007-2013[40], la quota assegnata alle regioni con la delibera n. 1/2009 risulta inferiore di oltre 1,3 miliardi di euro, in quanto nel corso dell’esercizio 2008 le risorse del FAS hanno subito riduzioni per complessivi 12 miliardi di euro.

Da ultimo, con la delibera 11 gennaio 2011, n. 1 il CIPE ha inoltre provveduto a ripartire, tra le assegnazioni del FAS già effettuate, la riduzione del 10% che ha riguardato le risorse del Fondo (per complessivi 4.990,8 milioni) ai sensi dell’articolo 2 del D.L. n. 78 del 2010.

Pertanto, rispetto alla ripartizione originaria (CIPE n. 166/2007) le risorse destinate al Mezzogiorno risultano, ad oggi, ridotte di 3,5 miliardi e quelle destinate alle regioni del Centro-Nord di 800 milioni.

 

Il riparto regionale, come determinato dalle delibere CIPE, è indicato nelle tavole seguenti:

(dati in milioni di euro)

 

 

CIPE
166/2007

chiave di riparto

CIPE
1/2009

CIPE
1/2011

MEZZOGIORNO

22.841,5

100,0

21.831,5

19.347,2

Programmi di interesse strategico regionale

Abruzzo

854,7

4,73

811,1

730,0

Molise

476,6

2,64

452,3

407,1

Campania

4.105,5

22,72

3.896,4

3.506,8

Puglia

3.271,7

18,11

3.105,1

2.794,6

Basilicata

900,3

4,98

854,4

769,0

Calabria

1.868,4

10,34

1.773,3

1.595,9

Sicilia

4.313,5

23,87

4.093,8

3.684,4

Sardegna

2.278,5

12,61

2.162,5

1.946,2

Progetti strategici di interesse interregionale

Energie rinnovabili e risparmio energetico

814,0

 

772,5

695,3

Attrattori culturali, naturali e turismo

946,3

 

898,1

808,3

Obiettivi servizio (premialità)

3.012,0

 

3.012,0

2.409,6

 

 

 

 

 

CIPE
166/2007

chiave di riparto

CIPE
1/2009

CIPE
1/2011

CENTRO-NORD

5.544,0

100,0

5.195,5

4.676,1

Programmi di interesse strategico regionale

Piemonte

889,3

16,04

833,4

750,0

Valle d'Aosta

41,6

0,75

39,0

35,1

Lombardia

846,6

15,27

793,4

714,0

Bolzano

85,9

1,55

80,5

72,5

Trento

57,7

1,04

54,0

48,6

Veneto

608,7

10,98

570,5

513,4

Friuli Venezia Giulia

190,2

3,43

178,2

160,4

Liguria

342,1

6,17

320,6

288,5

Emilia Romagna

286,1

5,16

268,1

241,3

Toscana

757,3

13,66

709,7

638,8

Umbria

253,4

4,57

237,4

213,7

Marche

240,6

4,34

225,5

203,0

Lazio

944,7

17,04

885,3

796,8

 

 

Profili finanziari riferiti ai commi 1 e 2

 

La relazione tecnica afferma, con riferimento al comma 1, la natura programmatica della disposizione.

Con riferimento al comma 2, la RT precisa che la norma non comporta effetti negativi trattandosi di risorse già previste a legislazione vigente.

Il Governo, durante l’esame del provvedimento presso il Senato[41], ha precisato che il programma di interesse regionale per la Campania (PAR) ancora non è stato presentato al CIPE e che pertanto non si è attualmente a conoscenza dello sviluppo pluriennale del programma. In ogni caso, il Governo afferma che, sotto il profilo degli impatti, tutte le utilizzazioni del PAR sottostanno ai vincoli del patto di stabilità e che pertanto non sussistono problemi in merito all’utilizzo, a fini di copertura, di risorse quali quelle del FAS, caratterizzate da un particolare profilo di cassa.

Per quanto attiene alla garanzia che l’utilizzo di una quota dei fondi disponibili nel bilancio della Soprintendendenza speciale per i beni archeologici di Napoli non pregiudichi eventuali attività o finalizzazioni cui le stesse erano preordinate, il Governo ha segnalato che la norma prevede l’utlilizzo di risorse disponibili e quindi non destinate o preordinate a finalità già individuate. Il Governo ha altresì precisato[42] che tra gli aspetti critici relativi all’area archeologica di Pompei è emersa la scarsa capacità di spesa per l’esecuzione dei lavori a fronte di un’ampia disponibilità di cassa derivante dagli introiti dei biglietti d’ingresso. Per tali motivi la previsione normativa in esame, lungi da comportare rischi di distrazione di risorse da altre priorità, costituisce lo strumento necessario per attuare pienamente il prioritario fine istituzionale della Soprintendenza, che consiste negli interventi conservativi e manutentivi dei beni.

La relazione illustrativa afferma altresì che, per dare attuazione al programma, è previsto che siano utilizzate anche le risorse derivanti dal fondo per le aree sottoutilizzate (FAS), una quota maggioritaria dei proventi della Soprintendenza, da determinare con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, nonché il concorso finanziario della regione Campania mediante una quota individuata dalla regione medesima.

 

In merito ai profili di quantificazione, si rileva preliminarmente che non risultano definite in modo esaustivo le risorse finanziarie connesse alla realizzazione del programma di interventi e le relative modalità di copertura finanziaria, pur rilevando che il primo periodo del comma 2 fa riferimento alla possibilità di finanziare il programma “anche” con risorse FAS e con una quota, non definita, di fondi disponibile presso la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei.

Per quanto attiene all’utilizzazione del FAS, il Governo ha ribadito che tali risorse sono spese secondo i vincoli del patto di stabilità interno. Ciò presuppone che la titolarità delle spese sia in capo alla regione. Premessa la necessità di una conferma in tal senso, si rileva che, poiché detti vincoli per le regioni consistono in un limite alla spesa complessiva, occorrerebbe chiarire se sussiste l’effettiva possibilità per la regione Campania di usufruire di margini per l’utilizzo delle somme in questione, eventualmente comprimendo altre spese.

Con riferimento ai fondi disponibili nel bilancio della Soprintendenza, preso atto delle precisazioni dal Governo, pare utile acquisire chiarimenti circa l’impatto sui saldi di finanza pubblica di tali somme per le quali sembrerebbe configurarsi un’accelerazione della spesa rispetto alle previsioni tendenziali.

Infine, in merito al secondo periodo del comma 2 in esame, andrebbe precisato se la quota di finanziamento individuata dalla regione nell’ambio del PAR si configuri come aggiuntiva rispetto ai predetti sistemi di finanziamento, come sembra desumersi dalla relazione illustrativa.

 

 

Per la realizzazione del programma previsto dal comma 1, il comma 3 autorizza l'assunzione di:

·       personale di III area, posizione economica F1, nel limite di spesa di euro 900.000 annui a decorrere dall'anno 2011, mediante l'utilizzazione di graduatorie in corso di validità. Tale personale ha l’obbligo di prestare servizio per almeno 5 anni presso le sedi della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei[43];

Appartengono alla Terza Area i lavoratori che, nel quadro di indirizzi generali, per la conoscenza dei vari processi gestionali, svolgono, nelle unità di livello non dirigenziale a cui sono preposti, funzioni di direzione, coordinamento e controllo di attività di importanza rilevante, ovvero lavoratori che svolgono funzioni che si caratterizzano per il loro elevato contenuto specialistico (si veda più ampiamente infra, box)

·       ulteriore personale specializzato, anche dirigenziale, mediante l'utilizzazione di graduatorie in corso di validità, nel limite delle ordinarie facoltà di assunzione consentite per l'anno 2011 dalla normativa vigente, da destinare all'espletamento di funzioni di tutela del patrimonio culturale.

Le assunzioni possono avvenire in deroga al divieto di cui all'articolo 2, comma 8-quater, del D.L. 194 del 2009 (c.d. proroga termini).

Tale disposizione ha introdotto il divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsiasi contratto per le pubbliche amministrazioni che non abbiano adempiuto l'obbligo - previsto dal precedente comma 8-bis del medesimo articolo 2 - di disporre, entro il 30 giugno 2010, una riduzione degli uffici dirigenziali di livello non generale, e delle relative dotazioni organiche, in misura non inferiore al 10% di quelli risultanti a seguito dell'applicazione dell'articolo 74, comma 1, del D.L. 112/2008[44], e di rideterminare le dotazioni organiche del personale non dirigenziale apportando una ulteriore riduzione non inferiore al 10% della spesa complessiva relativa al numero dei posti di organico di tale personale risultante a seguito dell'applicazione del predetto articolo 74. Restano esclusi da tale divieto i conferimenti di incarichi dirigenziali a soggetti esterni all’amministrazione di riferimento, di cui all’articolo 19, commi 5-bis e 6, del D.lgs. 165/2001.

Alla copertura degli oneri derivanti dalle suddette assunzioni si provvede nell'ambito degli stanziamenti di bilancio previsti a legislazione vigente per il reclutamento del personale del Ministero per i beni e le attività culturali. Inoltre, deve essere rispettata la disciplina in materia di turn over di cui all’articolo 3, comma 102, della L. 244/2007, come da ultimo modificata dall'articolo 9, comma 5, del D.L. 78/2010, in base alla quale, per ciascun anno del quadriennio 2010-2013, si può procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 20% di quella relativa al personale cessato nell'anno precedente e in ogni caso il numero delle unità di personale da assumere non può eccedere il 20% delle unità cessate nell'anno precedente.

E’ infine previsto l’obbligo, per il Ministero, di comunicare al Dipartimento della Funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri e alla Ragioneria generale dello Stato le assunzioni effettuate ai sensi del comma in esame ed i relativi oneri.

 

 

Una nuova classificazione del pubblico impiego si è avuta con il recente CCNL del 14 settembre 2007,relativo al personale del comparto ministeri per il quadriennio normativo 2006 – 2009 e biennio economico 2006 – 2007, ispirato ai principi della valorizzazione delle professionalità interne e della flessibilità nella gestione delle risorse umane.

In particolare, ai sensi dell’articolo 6 del richiamato CCNL, il sistema di classificazione del personale viene articolato in tre aree - denominate Prima, Seconda e Terza – caratterizzate da livelli omogenei di competenze, conoscenze e capacità necessarie per l’espletamento di una gamma di attività lavorative.

Tali aree sono individuate mediante le declaratorie che descrivono l’insieme dei requisiti indispensabili per l’inquadramento nell’area medesima. Le stesse corrispondono a livelli omogenei di competenze, conoscenze e capacità necessarie per l’espletamento di una vasta e diversificata gamma di attività lavorative, secondo quanto riportato nell’allegato allo stesso CCNL.

All’interno di ogni singola area sono collocati i profili professionali, tra loro omogenei o affini, che definiscono i contenuti tecnici della prestazione lavorativa. L’accesso dall’esterno nelle aree è previsto nella posizione retributiva iniziale di ciascun profilo professionale.

Per il perseguimento della valorizzazione della professionalità dei dipendenti è prevista la possibilità di effettuare progressioni all’interno del sistema classificatorio, mentre in ciascun profilo viene individuato un sistema di progressioni economiche, che si attua mediante l’attribuzione di successive fasce retributive. Ciascun profilo è unico e si caratterizza per il titolo di studio necessario per l’accesso dall’esterno, nonché per il livello di complessità, responsabilità ed autonomia richiesto per lo svolgimento delle mansioni in esso ricomprese.

Le progressioni dei dipendenti all’interno del nuovo ordinamento professionale si configurano sia come progressioni tra le aree, che avvengono dall’area sottostante alla posizione di accesso dell’area superiore, nel rispetto dei principi in materia di accesso dall’esterno, della valutazione dei titoli presentati dal candidato, attraverso l’espletamento di una selezione interna e compatibilmente con i posti vacanti, sia come sviluppi economici all’interno delle aree, nel senso di prevedere successive fasce retributive all’interno di ciascuna area.

Di seguito, viene riportata la tabella B allegata al richiamato CCNL di trasposizione automatica del sistema di classificazione (da attuarsi ad invarianza di spesa).

In particolare, la Terza Area comprende le ex posizioni C1, C1S, C2, C3 e C3S, la posizione F1 corrisponde alla precedente posizione C1.

 


 

Aree precedente

sistema classificatorio

Posizioni economiche del precedente sistema classificatorio

Aree nuovo sistema classificatorio

Fasce retributive all’interno delle aree

 

 

 

 

A (I-III l.321/80)

A1

PRIMA AREA

F1

A1S

F2

///

F3

B (IV-VI l.321/80)

B1

SECONDA AREA

F1

B2

F2

B3

F3

B3S

F4

///

F5

///

F6

C (VII-IX l.321/80)

C1

TERZA AREA[45]

F1

C1S

F2

C2

F3

C3

F4

C3S

F5

///

F6

///

F7

 

 

Profili finanziari riferiti al comma 3

 

La relazione tecnica allegata al testo originario del decreto legge, ribadisce, nella sostanza, il contenuto delle norme. La disposizione non comporta effetti finanziari negativi in quanto le assunzioni vengono disposte nei limiti delle facoltà assunzionali già previsti dalla normativa vigente (20 per cento delle economie da cessazione avvenute nell’anno precedente e 20 per cento delle unità cessate)

Si precisa che il contingente che il Ministero per i beni e le attività culturali è autorizzato ad assumere, a norma del comma 3, primo periodo, è pari a circa 25 funzionari neoassunti presso la Soprintendenza speciale di Napoli e Pompei.

Nel corso del dibattito svoltosi al Senato, il rappresentante del Governo ha chiarito che le assunzioni possibili per il 2011 sono pari al massimo a 180 unità per vari profili professionali, sulla base delle cessazioni avvenute nel 2010. Per quanto concerne il personale dirigenziale, il rappresentante del Governo ha affermato che le assunzioni possibili possono essere al massimo pari a 10 unità.

Il relatore, nel corso del dibattito svoltosi in Commissione di merito presso il Senato, in ordine alle assunzioni di personale autorizzate dalle norme in esame, ha puntualizzato che, dalle informazioni assunte, esse rispettano il doppio vincolo del 20 per cento delle economie da cessazioni 2010, nonché del 20 per cento delle unità cessate nell’anno 2010, come previsto dall’articolo 3, comma 102 della legge n. 244/2007. Tale ricostruzione è stata confermata  dal rappresentante del Governo. Inoltre la Ragioneria generale dello Stato con apposita nota[46] ha precisato che le cessazioni avvenute nel corso del 2010 hanno riguardato 903 unità di personale ed hanno comportato un risparmio di spesa di 39.870.905,91 euro. Conseguentemente nel corso del 2011 potrà essere disposta l’assunzione di 180 unità di personale (20 per cento delle cessazioni) nel limite di spesa di 7.974.181,18 euro (20 per cento dei risparmi).

 

In merito ai profili di quantificazione, si rileva che le assunzioni previste dai periodi primo e terzo possono essere disposte in deroga alle disposizioni di cui all’articolo 2, comma 8-quater, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, il quale subordina l’effettuazione di assunzioni, disposte a qualsivoglia titolo e con qualsiasi contratto, alla previa riduzione del 10 per cento  delle dotazioni organiche del personale non dirigenziale e dirigenziale non generale in conformità a quanto previsto dal comma 8-bis dello stesso articolo.

Le unità di personale eventualmente risultanti in soprannumero all'esito delle riduzioni previste dall'articolo 2, comma 8-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194 restano temporaneamente in posizione soprannumeraria, nell'ambito dei contingenti di ciascuna area o qualifica dirigenziale secondo quanto disposto dall’articolo 9, comma 25 del decreto legge n. 78/2010. Le posizioni soprannumerarie, in base al citato comma 25, si considerano riassorbite all'atto delle cessazioni, a qualunque titolo, nell'ambito della corrispondente area o qualifica dirigenziale. In relazione alla presenza di posizioni soprannumerarie in un'area, viene reso, quindi, indisponibile un numero di posti equivalente dal punto di vista finanziario in aree della stessa amministrazione che presentino vacanze in organico.

Tanto premesso andrebbe chiarito se per effetto della deroga - prevista dalla norma in esame - alle disposizioni di cui all’articolo 2 comma 8-quater, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, l’amministrazione dei beni culturali possa essere autorizzata alle predette assunzioni anche in deroga alle previsioni dell’articolo 9, comma 25, del decreto legge n. 78/2010 volte ad evitare assunzioni in posizione soprannumeraria. A tal proposito si osserva che le richiamate disposizioni del decreto legge n. 78/2010, che discendono da un principio di più ampia portata nel pubblico impiego, sembrano rispondere alla finalità di consolidare i risparmi connessi al divieto di assunzioni, assicurando che queste ultime avvengano esclusivamente nell’ambito delle dotazioni organiche, come ridotte a seguito del medesimo blocco delle assunzioni.

 

 

Il comma 4 autorizza la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei ad avvalersi, per l'attuazione del programma di interventi conservativi urgenti nell'area di Pompei previsto dal precedente comma 1, della società ALES, mediante la stipula di apposita convenzione.

Tale convenzione deve comunque essere stipulata nel rispetto della normativa comunitaria e potrà prevedere l'affidamento diretto alla società di servizi tecnici, compresi quelli attinenti all'attuazione del programma. In ogni caso, la convenzione dovrà svolgersi nei limiti delle risorse disponibili.

 

La società Arte Lavoro e Servizi (ALES SpA) è stata costituita nel dicembre 1998, ai sensi dell'articolo 20 della L. 196/1997, al fine di consentire la stabilizzazione di personale impiegato in attività socialmente utili presso il Ministero dei Beni Culturali e Ambientali ed ha come oggetto sociale lo svolgimento di attività di servizi di conservazione del patrimonio culturale. Il Ministero partecipò alla costituzione, sottoscrivendone il capitale per il 30% delle azioni. Socio di maggioranza era Italia Lavoro S.p.A., allora controllata da Itainvest S.p.A.

L'articolo 26, comma 1, della L. 69/2009[47] ha successivamente disposto il trasferimento a titolo gratuito della titolarità della partecipazione azionaria detenuta da Italia Lavoro S.p.A. in ALES S.p.A. (70%) al MIBAC, al fine di garantire la continuità occupazionale del personale impiegato in ALES s.p.a., con riguardo – secondo quanto desumibile dalla rubrica dell’articolo – al personale impiegato in attività socialmente utili, attraverso società partecipate da Italia Lavoro S.p.A.

In base a tale previsione, il MIBAC – che precedentemente deteneva solo il 30% del capitale sociale – è divenuto azionista unico della ALES S.p.A. Nel corso dell’esame al Senato, il Governo ha precisato che la società ALES costituisce uno strumento operativo del Ministero per i beni e le attività culturali, pienamente rientrante nella fattispecie delle società in house, anche in virtù della citata disposizione della L. 69/2009. Inoltre, esiste già un accordo quadro tra il Ministero e la società ALES in base al quale il Ministero si avvale di personale, anche tecnico, già alle sue dipendenze, per l’affidamento di alcuni servizi strumentali, tra cui possono rientrare quelli di supporto tecnico al responsabile unico del progetto e altre attività esecutive complementari per la progettazione, l’affidamento e l’esecuzione del programma straordinario di interventi [48]

Con riferimento al sistema degli affidamenti in house (in house providing) – pur essendo derogatorio rispetto al metodo di scelta del contraente mediante gara pubblica richiesto dai principi comunitari a tutela della concorrenza e del mercato – esso è stato ritenuto ammissibile dalla Corte di Giustizia e dalla giurisprudenza nazionale entro determinati limiti. Più specificatamente, le condizioni necessarie affinché si possa derogare alla gara pubblica (secondo la sentenza del 18 novembre 1999 della Corte di Giustizia, c.d. “Sentenza Teckal”, in causa C-107/98) sono:

·        l’esercizio da parte dell’ente committente, sul soggetto affidatario, di un “controllo analogo” a quello che esercita sui propri servizi;

·        la necessità che il soggetto affidatario realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente committente (o gli enti se son più di uno) che la controlla.

Sul requisito del controllo analogo la giurisprudenza comunitaria è negli ultimi anni a più riprese intervenuta con numerose pronunce finalizzate a ridimensionare l’effettivo ricorso all’istituto dell’in house. Si ricordano, tra i numerosi interventi, la sentenza 11 gennaio 2005, in causa C-26/03, (sentenza Stadt Halle), in cui la Corte di Giustizia ha sostenuto la necessità della partecipazione totalitaria dell’ente pubblico di riferimento perché possa dirsi sussistente il c.d. "controllo analogo" ed ammessa, quindi, l’eccezionale deroga alle norme che impongono il ricorso alla pubblica gara. Con la sentenza Parking Brixen (sentenza 13 ottobre 2005 in causa C 458/03) per la Corte occorre altresì che il soggetto affidante sia in grado di influenzare in modo determinante gli “obiettivi strategici” e le “decisioni importanti” del soggetto affidatario.

L’orientamento della Corte è stato fatto proprio dalla giurisprudenza nazionale.

Si ricorda, inoltre, che con riguardo ai servizi pubblici locali il decreto-legge n. 135 del 2009 è intervenuto modificando l’articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008 disponendo che, in deroga alle modalità di affidamento ordinario di cui al comma 2, per situazioni eccezionali che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato, l'affidamento può avvenire a favore di società a capitale interamente pubblico, partecipata dall'ente locale, che abbia i requisiti richiesti dall'ordinamento comunitario per la gestione cosiddetta “in house” e, comunque, nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria in materia di controllo analogo sulla società e di prevalenza dell'attività svolta dalla stessa con l'ente o gli enti pubblici che la controllano.

Si segnala, infine, che nella seduta n. 544 dell’Assemblea del Senato del 19 aprile 2011 è stato accolto l’ordine del giorno G2.100 (Garavaglia Massimo ed altri) che impegna il Governo a valutare l'opportunità di procedere alla privatizzazione della società ALES affidando, nelle more della privatizzazione, i servizi tecnici di cui all’articolo 2, comma 5, ai sensi del Codice dei contratti di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006, applicando ai fini della definizione del progetto le disposizioni di cui all’articolo 133, comma 3, che riguardano l’adeguamento dei prezzi.

 

 

Profili finanziari riferiti al comma 4

 

La relazione tecnica afferma che le disposizioni prevedono la possibilità per la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei, senza nuovi o maggiori oneri e comunque nell’ambito delle risorse disponibili per il programma, di stipulare un’apposita convenzione con la societa` ALES, in particolare per l’affidamento diretto di servizi tecnici.

Il Governo, durante l’esame del provvedimento presso il Senato, ha ribadito[49] che il testo della disposizione prevede esplicitamente che la convenzione venga stipulata nell’ambito delle risorse disponibili, escludendo quindi di fatto l’insorgenza di nuovi oneri o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Il Governo ha altresì precisato[50] che la società ALES costituisce uno strumento operativo del Ministero per i beni e le attività culturali, pienamente rientrante nella fattispecie delle società in house, anche in virtù dell’articolo 26 della L. 69/2009 che ha trasferito a detto Ministero l’intera partecipazione azionaria della società in questione. Inoltre, esiste già un accordo quadro tra il Ministero e la società ALES in base al quale il Ministero si avvale di personale, anche tecnico, già alle sue dipendenze, per l’affidamento di alcuni servizi strumentali, tra cui possono rientrare quelli di supporto tecnico al responsabile unico del progetto e altre attività esecutive complementari per la progettazione, l’affidamento e l’esecuzione del programma straordinario di interventi. Tale previsione consente di completare la task-force per avviare a soluzione i problemi di manutenzione e restauro dell’area archeologica, a integrazione delle assunzioni di professionalità da destinare alla Soprintendenza speciale.

 

In merito ai profili di quantificazione, andrebbe confermata la compatibilità della disposizione con l’ordinamento comunitario, al fine di evitare eventuali effetti sanzionatori.

Andrebbero altresì esclusi eventuali effetti di riclassificazione della spesa della società ALES, che attualmente non fa parte del perimetro delle pubbliche amministrazioni ai fini del conto economico consolidato.

 

 

I commi 5, 6 e 7 recano disposizioni speciali volte ad accelerare la realizzazione del programma straordinario di interventi per la tutela dell'area archeologica di Pompei, nonché per favorire le relative sponsorizzazioni.

 

Il comma 5 prevede deroghe ad alcuni termini previsti dal Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 163/2006) e, in particolare, la riduzione della metà dei termini minimi indicati negli articoli 70, 71, 72 e 79, al fine di accelerare la realizzazione degli interventi del programma straordinario di tutela dell'area archeologica di Pompei. Si tratta:

§         dei terminidi ricezione delle domande di partecipazione e di ricezione delle offerte, che variano a seconda che si affidino i lavori con procedure aperte, ristrette o negoziate con o senza bando di gara, ristrette e negoziate urgenti o con il dialogo competitivo (articolo 70);

§         del termine entro il quale le stazioni appaltanti inviano ai richiedenti i capitolati d’oneri, i documenti e le informazioni complementari nelle procedure aperte (articolo 71);

§         dei termini per l’invio (prima della scadenza del termine stabilito per la ricezione delle offerte) ai richiedenti dei capitolati d’oneri, dei documenti e delle informazioni complementari nelle procedure ristrette, negoziate e nel dialogo competitivo (articolo 72);

§         dei termini di comunicazione dei mancati inviti, delle esclusioni e delle aggiudicazioni, in alcuni casi fornite su richiesta, ed in altri d’ufficio (articolo 79).

 

Si ricorda che nel Codice dei contratti pubblici i contratti relativi ai beni culturali sono disciplinati nel Titolo IV, Capo II, articoli 197-205. L’art. 197 specifica innanzitutto la disciplina comune applicabile a tali tipi di contratti, ovvero i principi e disposizioni comuni, le norme in materia di programmazione, direzione ed esecuzione dei lavori, quelle sulle concessioni e sul contenzioso. Ai contratti sui beni culturali si applicano inoltre, in quanto non derogate, le disposizioni del titolo I della parte II (contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture nei settori ordinari) e, tra queste, rientrano anche le norme cui fa riferimento il comma in esame sui termini di presentazione delle richieste di invito e delle offerte, nonché sulle varie forme di comunicazione ai candidati ed agli offerenti (artt. 70-80).

 

Lo stesso comma 5 prevede, inoltre, che per l’affidamento dei lavori compresi nel programma sia sufficiente il livello di progettazione preliminare, in deroga all’articolo 203, comma 3-bis, del d.lgs. n. 163/2006, che prevede, invece, la progettazione definitiva, salvo che il responsabile del procedimento ritenga motivatamente necessario un maggiore livello di definizione progettuale.

 

Al riguardo, si ricorda che l’art. 203, che ricade all’interno delle disposizioni specifiche per i lavori sui beni culturali contenute nel citato Titolo IV, Capo II, del Codice, prevede che l’affidamento di tali tipi di lavori avvenga, di regola, sulla base del progetto definitivo, integrato dal capitolato speciale e dallo schema di contratto. Il comma 3-bis, dispone, quindi, che per ogni intervento sia il responsabile del procedimento, nella fase di progettazione preliminare, a stabilire il successivo livello progettuale da porre a base di gara ed a valutare motivatamente, esclusivamente sulla base della natura e delle caratteristiche dell'intervento conservativo, la possibilità di ridurre i livelli di definizione progettuale ed i relativi contenuti dei vari livelli progettuali, salvaguardandone la qualità.

 

Sul punto si evidenzia che con l’ordine del giorno G1.101 (testo 2) accolto nella seduta del 19 aprile 2011, il Governo si è impegnato a “prevedere, quale condizione per l’affidamento dei lavori compresi nel programma di tutela dell’area archeologica di Pompei, l’adozione del progetto definitivo, non risultando sufficiente, al riguardo, il solo livello di progettazione preliminare”.

 

Il comma 6 riguardagli interventi previsti dal programma straordinario ricadenti all’esterno del perimetro delle aree archeologiche. Tali interventi:

§         sono dichiarati di pubblica utilità, indifferibili e urgenti;

§         possono essere realizzati, ove occorra, in deroga alle previsioni degli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriali vigenti, sentiti la Regione e il Comune territorialmente competente.

 

La dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza è un presupposto per la procedura di esproprio disciplinata dal DPR n. 327 del 2001 (TU in materia di espropriazione per pubblica utilità). Ai sensi dell’art. 1 la dichiarazione di pubblica utilità rappresenta, pertanto, l'atto con cui la pubblica amministrazione sancisce il ruolo collettivo sociale di un bene o immobile, per renderne possibile l’esproprio, per gli usi previsti dalle leggi e norme vigenti.

 

La disposizione, per l’ampia formulazione utilizzata, sembra possa consentire di derogare agli atti di pianificazione ad ogni livello (locale e regionale), siano essi piani urbanistici, ma anche territoriali, con valenza ambientale e paesaggistica.

 

La disciplina della materia urbanistica è contenuta nella legge n. 1150/1942, a cui si fa riferimento per la pianificazione del territorio, per la quale uno degli strumenti principali è rappresentato dal piano regolatore generale (PRG), mediante il quale l'amministrazione comunale determina le direttive per lo sviluppo urbanistico ed edilizio, individuando le zone edificabili e quelle inedificabili destinate a soddisfare i bisogni della collettività. Il principio generale, vigente dal 1942 nell’ordinamento giuridico italiano, è pertanto quello della necessaria conformità degli interventi edilizi alla preventiva pianificazione urbanistica, salvo deroghe per le opere pubbliche e di interesse pubblico.

 

Il comma 7 disciplina i contratti di sponsorizzazione per favorire l’apporto di risorse finanziarie da parte di soggetti privati per la realizzazione del programma straordinario.

I contratti di sponsorizzazione dovranno essere stipulati nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità previsti dagli artt. 26 e 27 del Codice dei contratti pubblici per tali tipologie di contratti. Tali obblighi si considerano assolti con la pubblicazione di un avviso pubblico contenente l’elenco degli interventi da realizzare, con l'importo di massima stimato per ciascuno intervento:

§         nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e, ove occorrente, nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea[51];

§         su due quotidiani a diffusione nazionale per almeno trenta giorni.

 

In caso di presentazione di una pluralità di proposte di sponsorizzazione, la Soprintendenza potrà:

§         assegnare a ciascun candidato gli specifici interventi definendo le modalità di valorizzazione del marchio o dell’immagine aziendale dello sponsor secondo quanto previsto dall’art. 120 del Codice dei beni culturali di cui al d.lgs. n. 42/2004.

 

L’art. 120 del Codice dei beni culturali e del paesaggio definisce la sponsorizzazione di beni culturali come ogni contributo, anche in beni o servizi, erogato per la progettazione o l'attuazione di iniziative in ordine alla tutela ovvero alla valorizzazione del patrimonio culturale, con lo scopo di promuovere il nome, il marchio, l’immagine, l’attività o il prodotto dell’attività del soggetto erogante. La norma stabilisce, altresì, che possono essere oggetto di sponsorizzazione iniziative del Ministero, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali nonché di altri soggetti pubblici o di persone giuridiche private senza fine di lucro, ovvero iniziative di soggetti privati su beni culturali di loro proprietà. La verifica della compatibilità di dette iniziative con le esigenze di tutela è effettuata dal MIBAC.

 

Qualora, invece, le candidature risultino insufficienti o non ne venga presentata alcuna, il Soprintendente potrà ricercare ulteriori sponsor, senza altre formalità e anche mediante trattativa privata.

 

Si ricorda che il contratto di sponsorizzazione è stato ufficialmente introdotto nella p.a. dall’art. 43 della legge n. 449/1997 (finanziaria 1998) che, coordinato con l'art. 119 del d.lgs. n. 267/2000 sugli enti locali, ha disposto espressamente che le p.a. hanno la facoltà di stipulare tali tipi di contratto. Dal punto di vista privatistico la sponsorizzazione è, comunque, un contratto atipico (art. 1322 del Codice civile), a forma libera (art. 1350), di natura patrimoniale (art. 1174) , a prestazioni corrispettive (sinallagmatico).

Nel Codice dei contratti pubblici il contratto di sponsorizzazione rientra tra i contratti esclusi in tutto o in parte dall’applicazione dello stesso Codice. E’ disciplinato all’art. 26 ove ha ad oggetto lavori, servizi o interventi di restauro e manutenzione di beni sottoposti a tutela ai sensi del d.lgs. 42/2004 e non è soggetto alla normativa sugli appalti pubblici, ma unicamente al rispetto dei principi del Trattato per la scelta dello sponsor, nonché alle disposizioni in materia di requisiti di qualificazione dei progettisti e degli esecutori del contratto. Lo stesso articolo dispone che l’amministrazione aggiudicatrice avrà comunque l’obbligo di impartire le opportune prescrizioni relative alla progettazione, nonché alla direzione ed esecuzione del contratto. Si rammenta che in tale articolo sono confluite le disposizioni sui contratti di sponsorizzazione disseminate in varie disposizioni legislative citate in precedenza (art. 2, comma 6, della legge n. 109/1994; art. 43 della legge n. 449/1997 e art. 119 del d.lgs. n. 267/2000), nonché le indicazioni fornite su tali tipi di contratti dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (AVCP) nella determinazione n. 24 del 2001 (vedi infra). Il successivo art. 27 riporta quindi i principi che devono rispettare i contratti esclusi (tra i quali rientrano quelli di sponsorizzazione) in tutto o in parte dall’applicazione del Codice, che sono: i principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità. Inoltre si applicano anche i principi indicati nell’art. 2, commi 2, 3 e 4 del codice (il principio di economicità subordinato a criteri ispirati a esigenze socio-ambientali; il rispetto delle disposizioni sul procedimento amministrativo di cui alla legge n. 241/1990 e delle norme del Codice civile). Infine, lo stesso art. 27 dispone che le amministrazioni aggiudicatrici possono stabilire se è ammesso o meno il subappalto, e le relative condizioni di ammissibilità.

Considerando, nello specifico, l'ipotesi dell'utilizzo da parte delle p.a. e degli enti locali del contratto di sponsorizzazione con riferimento alla normativa dei lavori pubblici si rammenta la citata determinazione dell'AVCP n. 24 del 2001 sulla possibilità di applicare il contratto di sponsorizzazione alla realizzazione delle opere pubbliche. Secondo l'Autorità la sponsorizzazione non può rientrare nella disciplina dei lavori pubblici poiché il contratto di sponsorizzazione non è direttamente riferibile alla realizzazione di opere pubbliche: la sponsorizzazione non comporta infatti oneri economici per la p.a. ma piuttosto, come si argomenta dal diritto positivo, consente un risparmio di spesa. Pertanto, come già avviene per altre attività svolte nell'ambito della p.a., le attività facenti capo ai lavori pubblici possono essere oggetto di sponsorizzazione, così come l'Autorità afferma in merito al fatto che la progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva e tutte le prestazioni accessorie fino all'esecuzione dell'opera pubblica possono essere sponsorizzate. Conseguentemente al contratto di sponsorizzazione non sono applicabili le normative per gli appalti pubblici di lavori, forniture e servizi, ma, in ogni caso, è necessaria l'applicazione di regole che possano garantire in relazione al lavoro di scelta del contraente sponsor, la trasparenza, l'efficacia e l'efficienza amministrativa. L’Autorità ha ribadito, in buona sostanza, che il contratto di sponsorizzazione può riguardare anche la realizzazione di progetti e dell'opera pubblica nella fase dell'esecuzione da parte di uno sponsor. In tale ipotesi i soggetti sponsorizzati, e cioè gli enti pubblici, sono comunque tenuti ad assumere un'obbligazione di sorveglianza sull’attività svolta dallo sponsor. Viene, altresì precisato che, nel caso in cui la sponsorizzazione riguardi anche la realizzazione dell'opera da parte dello sponsor, lo stesso è tenuto ad interpellare ditte esecutrici, così come anche i progettisti, qualificate secondo quanto disposto dal D.M. 34/2000 (ora confluito nel d.lgs. n. 163/2006).

 

Secondo la relazione tecnica, i commi 5, 6 e 7 hanno carattere meramente procedurale e quindi non comportano effetti per la finanza pubblica.

 

 

Profili finanziari riferiti ai commi da 5 a 7

 

La relazione tecnica afferma che le disposizioni sono di carattere procedurale e non comportano effetti per la finanza pubblica.

Il Governo, durante l’esame del provvedimento presso il Senato, ha rilevato[52] che, relativamente alla progettazione preliminare degli interventi, lo strumento è regolato dall’articolo 203 del Codice dei contratti pubblici (D. Lgs. 163/2006). La disciplina speciale consente maggiore elasticità operativa proprio in considerazione della particolare natura degli beni culturali che dell’esigenza di assicurare una progettazione in progress adeguata all’effettiva consistenza di ogni bene, che spesso diviene conoscibile solo nel corso della realizzazione dell’intervento. In ogni caso, interventi di ampio respiro e di natura strutturale potranno essere comunque basati su una progettazione esecutiva di maggior dettaglio.

 

In merito ai profili di quantificazione, andrebbe confermata la compatibilità della disposizione con l’ordinamento comunitario, al fine di evitare eventuali effetti sanzionatori.

 

 

Il comma 8 consente al Ministro per i beni e le attività culturali di provvedere, con proprio decreto, a trasferire risorse tra le disponibilità giacenti sui conti di tesoreria delle Soprintendenze speciali ed autonome, al fine di assicurarne l'equilibrio finanziario. Tale operazione, effettuata in relazione alle rispettive esigenze finanziarie delle soprintendenze, deve assicurare comunque l’assolvimento degli impegni già presi sulle disponibilità suddette.

La disposizione è esplicitamente assunta in deroga a quanto disposto dall’art. 4, comma 3, del DPR n. 240 del 2003 (si veda ante), il quale, prevedendo una procedura differente di riequilibrio, pone anche un limite percentuale alle risorse attingibili dal Ministero.

Al riguardo, la relazione tecnica di cui era corredato l’A.S. 2665 evidenzia che la finalità della norma è assicurare “secondo modalità immediate il trasferimento diretto di risorse tra i conti di tesoreria di diverse Soprintendenze”.

Peraltro, la norma – a differenza degli altri commi del medesimo articolo, specificamente rivolti alla Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei – assume, come ante evidenziato – portata generale.

 

In considerazione del fatto che la disposizione sembrerebbe introdotta a regime, occorrerebbe chiarire la ragione della previsione della deroga. Ove l’interpretazione secondo cui l’applicazione della disposizione non è soggetta a un termine temporale sia corretta, sembrerebbe conseguentemente opportuno novellare l’art. 4, comma 3, del DPR 240/2003.

 

 

Profili finanziari riferiti al comma 8

 

La relazione tecnica afferma che la deroga all’articolo 4, comma 3, del regolamento di cui al DPR 240/2003 è volta ad assicurare il trasferimento diretto di risorse tra i conti di tesoreria di diverse Soprintendenze secondo modalità immediate.

Come in precedenza ricordato, l’articolo 4, comma 3, del DPR 240/2003 (Regolamento concernente il funzionamento amministrativo-contabile e la disciplina del servizio di cassa delle soprintendenze dotate di autonomia gestionale) – di cui il testo prevede la deroga – consente al Ministro per i beni e le attività culturali di disporre annualmente, con proprio decreto, che una quota non superiore al 30 per cento delle entrate da proventi diversi sia riassegnata allo stato di previsione della spesa del medesimo Ministero per essere ripartita tra le soprintendenze interessate in relazione alle rispettive esigenze finanziarie[53].

La relazione tecnica afferma inoltre che si tratta di una disposizione derogatoria di portata ben definita: tenendo conto del trend di richieste di trasferimento secondo la vigente procedura, non si ravvisano effetti negativi sui saldi di finanza pubblica.

Nel corso dell’esame in Senato, il Governo - rispondendo ai rilievi formulati presso la  Commissione Bilancio – ha precisato[54] che il Ministero per i beni e le attività culturali ha rappresentato l’esigenza della norma in esame esclusivamente al fine di accelerare una procedura che rendeva difficile il soddisfacimento delle richieste. D’altra parte, queste ultime non potranno mai assumere portata rilevante, tenuto conto delle attuali esigenze di ciascuna Soprintendenza, che vengono sostenute a valere sulle rispettive disponibilità.

 

In merito ai profili di quantificazione, andrebbero acquisiti elementi volti ad escludere eventuali effetti sui saldi di cassa, considerato che, in conseguenza della procedura in esame  potrebbero  determinarsi  effetti di accelerazione della spesa.

Andrebbe inoltre escluso che la deroga al limite previsto dal DPR 240/2003 (riassegnazione di una quota non superiore al 30 per cento delle entrate derivanti da proventi diversi) possa incidere negativamente sugli equilibri di bilancio delle soprintendenze originariamente titolari di dette entrate.

 


Articolo 3
(Divieto di incroci tra settore della stampa e settore della televisione)

 


1. Il comma 12 dell'articolo 43 del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

«12. I soggetti che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale su qualunque piattaforma che, sulla base dell'ultimo provvedimento di valutazione del valore economico del sistema integrato delle comunicazioni adottato dall'Autorità ai sensi del presente articolo, hanno conseguito ricavi superiori all'8 per cento di detto valore economico e i soggetti di cui al comma 11 non possono, prima del 31 dicembre 2012, acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani o partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani, con l'eccezione delle imprese editrici di giornali quotidiani diffusi esclusivamente in modalità elettronica. Il divieto si applica anche alle imprese controllate, controllanti o collegate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile».


 

 

L’articolo 3 apporta modifiche all’art. 43, comma 12, del testo unico dei servizi di media audiovisivi, che prevede fino al 31 dicembre 2010 - termine prorogato al 31 marzo 2011 dal decreto legge n. 225/2010[55] - il divieto per i soggetti che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale attraverso più di una rete, di acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani o partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani. 

L’articolo in esame, oltre a prorogare il divieto fino al 31 dicembre 2012, ne ridefinisce l’ambito di applicazione, prevedendo che esso si applichi ai soggetti che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale su qualunque piattaforma che, sulla  base  dell'ultimo provvedimento  di  valutazione  del  valore  economico  del Sistema integrato delle comunicazioni (SIC) adottato dall'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni, hanno conseguito ricavi superiori all'8 per cento di tale valore. Viene inoltre  introdotta una deroga al divieto qualora la partecipazione riguardi imprese editrici di giornali quotidiani diffusi unicamente in modalità elettronica.

 

L’articolo 2, comma 1, lettera s) del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici (di cui al d.lgs. n. 177/2005) contiene la definizione di Sistema integrato delle comunicazioni, individuato nel settore economico che comprende le seguenti attività: stampa quotidiana e periodica; editoria annuaristica ed elettronica anche per il tramite di Internet; radio e servizi di media audiovisivi; cinema; pubblicità esterna; iniziative di comunicazione di prodotti e servizi; sponsorizzazioni. L’articolo 43 del testo unico ha introdotto specifiche limitazioni al fine evitare il determinarsi di posizioni dominanti. Il comma 12 reca il divieto per i soggetti che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale attraverso più di una rete, di acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani o partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani. Come già ricordato, tale divieto, venuto a scadenza il 31 dicembre 2010, è stato prorogato al 31 marzo 2011 dal decreto legge n. 225/2011.

Per quanto riguarda i limiti connessi ai ricavi, il comma 9 dello stesso articolo 43 prevede che i soggetti tenuti all'iscrizione nel registro degli operatori di comunicazione - costituito ai sensi dell'articolo 1, comma 6, lettera a), numero 5), della legge n. 249/1997 - non possono né direttamente, né attraverso soggetti controllati o collegati, conseguire ricavi superiori al 20 per cento dei ricavi complessivi del sistema integrato delle comunicazioni. Il comma 10 precisa che i predetti ricavi sono quelli derivanti dal finanziamento del servizio pubblico radiotelevisivo al netto dei diritti dell'erario, da pubblicità nazionale e locale anche in forma diretta, da televendite, da sponsorizzazioni, da attività di diffusione del prodotto realizzata al punto vendita con esclusione di azioni sui prezzi, da convenzioni con soggetti pubblici a carattere continuativo e da provvidenze pubbliche erogate direttamente ai soggetti esercenti le attività indicate dal citato articolo 2, comma 1, lettera s), da offerte televisive a pagamento, dagli abbonamenti e dalla vendita di quotidiani e periodici inclusi i prodotti librari e fonografici commercializzati in allegato, nonché dalle agenzie di stampa a carattere nazionale, dall'editoria elettronica e annuaristica anche per il tramite di internet e dalla utilizzazione delle opere cinematografiche nelle diverse forme di fruizione del pubblico.

In proposito, si segnala che l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha recentemente approvato la valutazione delle dimensioni del Sistema integrato delle comunicazioni (SIC) per il 2009 (delibera n. 126/11/CONS). Il valore complessivo si è attestato sui 23 miliardi di euro, di cui il 40,4% è rappresentato dall’area radiotelevisiva, mentre la stampa quotidiana e periodica rappresenta il 28,5%. Si è registrata una riduzione del 5,2% rispetto al valore conseguito nel 2008, in linea con il decremento del PIL a livello nazionale. Nessuno dei soggetti considerati ha realizzato ricavi superiori ai limiti fissati dall’articolo 43 del testo unico dei servizi di media audiovisivi. I sei principali gruppi operanti nel SIC (Fininvest, RAI, News Corporation - SKY, RCS, Gruppo L’Espresso, Seat) rappresentano congiuntamente il 48% dell’aggregato. Le imprese che fanno capo a Fininvest  raggiungono  il 13,3%, seguite da RAI con l’11,8%, News Corporation con l’11,5%, RCS con il 4,1%, L’Espresso con il 3,6% e SEAT con il 3,6%. 

Va ricordato che la questione della proroga del divieto di cui all’art. 43, comma 12, è stata oggetto di  una segnalazione al Governo, trasmessa dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni il 24 novembre 2010, nella quale si afferma che la disposizione in materia di limiti antitrust all'incrocio tra stampa e giornali quotidiani è stata sin dall'inizio concepita dal legislatore a tutela del pluralismo dei mezzi di comunicazione e di informazione, sulla base delle indicazioni date dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 826/1988). La protezione del pluralismo informativo è uno dei principi fondamentali dell'Unione Europea (articolo 11, comma secondo, dalla Carta Europea dei diritti fondamentali) e, in forza di ciò, la giurisprudenza della Corte di Giustizia ha riconosciuto il diritto degli Stati membri a mantenere una legislazione speciale in materia, più restrittiva del diritto della concorrenza. Si ritiene, pertanto, secondo l’Autorità, che il mantenimento della normativa sui limiti antitrust incrociati stampa-tv, possa a pieno titolo rientrare tra gli interventi consentiti al legislatore per il mantenimento della concorrenzialità e del pluralismo del sistema dell'informazione, anche alla luce del confronto con i principali Paesi europei. In tal senso, l’Autorità sottolinea l’opportunità di mantenere in vigore il divieto recato dal citato art. 43, comma 12, del testo unico.

Successivamente, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, con una segnalazione inviata il 1° marzo al Parlamento e al Governo, aveva rilevato un problema di opportunità circa la disposizione, contenuta nel decreto n. 225/2010 (Proroga termini)  che affida a un decreto del Presidente del Consiglio la facoltà di prorogare ulteriormente la norma sul divieto di incroci proprietari fra settore televisivo e settore della stampa quotidiana. In particolare, l’Autorità sottolinea come l’adozione o la mancata adozione dell’atto di proroga potranno prestarsi ad essere sindacati, ai sensi della legge n. 215/2004 (Norme in materia di risoluzione dei conflitti di interessi), allo scopo di valutarne l’incidenza specifica e preferenziale sul patrimonio del Presidente del Consiglio e il danno per l’interesse pubblico.

 

 

 

 

Profili finanziari

 

La relazione tecnica afferma che la disposizione non comporta oneri stante la natura ordinamentale della proroga del divieto, previsto dal testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, per i soggetti che esercitano l’attività televisiva in ambito nazionale attraverso più di una rete, di acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani o partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare.

 

 


Articolo 4
(Misure di razionalizzazione dello spettro radioelettrico)

 


1. Il termine per stabilire, con le modalità di cui al comma 5 dell'articolo 8-novies del decreto-legge 8 aprile 2008, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2008, n. 101, il calendario definitivo per il passaggio alla trasmissione televisiva digitale terrestre è prorogato al 30 settembre 2011. Entro il 30 giugno 2012 il Ministero dello sviluppo economico provvede all'assegnazione dei diritti di uso relativi alle frequenze radiotelevisive nel rispetto dei criteri e delle modalità disciplinati dai commi da 8 a 12 dell'articolo 1 della legge 13 dicembre 2010, n. 220, nonché, per quanto concerne le frequenze radiotelevisive in ambito locale, predisponendo, per ciascuna area tecnica o Regione, una graduatoria dei soggetti legittimamente abilitati alla trasmissione radiotelevisiva in ambito locale che ne facciano richiesta sulla base dei seguenti criteri: a) entità del patrimonio al netto delle perdite; b) numero dei lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato; c) ampiezza della copertura della popolazione; d) priorità cronologica di svolgimento dell'attività nell'area, anche con riferimento all'area di copertura. Nelle aree in cui, alla data del 1o gennaio 2011, non ha avuto luogo il passaggio alla trasmissione in tecnica digitale, il Ministero dello sviluppo economico non procede all'assegnazione a operatori di rete radiotelevisivi in ambito locale dei diritti d'uso relativi alle frequenze di cui al primo periodo del comma 8 dell'articolo 1 della legge 13 dicembre 2010, n. 220. Nelle aree in cui alla medesima data del 1o gennaio 2011 ha avuto luogo il passaggio alla trasmissione in tecnica digitale, il Ministero dello sviluppo economico rende disponibili le frequenze di cui al citato primo periodo del comma 8, assegnando ai soggetti titolari di diritto d'uso relativi alle frequenze nella banda 790-862 Mhz, risultanti in posizione utile in base alle rispettive graduatorie, i diritti d'uso riferiti alle frequenze nelle bande 174-230 Mhz e 470-790 Mhz. L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni dispone le modalità e le condizioni economiche secondo cui i soggetti assegnatari dei diritti d'uso hanno l'obbligo di cedere una quota della capacità trasmissiva ad essi assegnata, comunque non inferiore a due programmi, a favore dei soggetti legittimamente operanti in ambito locale alla data del 1o gennaio 2011 non destinatari di diritti d'uso sulla base delle citate graduatorie.


 

 

L’articolo 4 differisce il termine per stabilire il calendario definitivo per la transizione alla trasmissione televisiva digitale terrestre; viene, inoltre, dettata una nuova disciplina di assegnazione delle frequenze radiotelevisive, anche in riferimento alla gara per i servizi di comunicazione elettronica mobili in larga banda.

In particolare, il comma 1, primo periodo, proroga al 30 settembre 2011 il termine per stabilire, con le modalità di cui all’articolo 8-novies, comma 5, del decreto-legge n. 59/2008, il calendario definitivo per il passaggio alla trasmissione televisiva digitale terrestre.

Tale comma 5 prevede che, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanarsi entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto-legge, venga definito il calendario per il passaggio definitivo alla trasmissione televisiva digitale terrestre con l'indicazione delle aree territoriali interessate e delle rispettive scadenze. In attuazione di tale previsione è stato emanato il decreto del Ministero dello sviluppo economico 10 settembre 2008. La disposizione in esame non appare peraltro diretta a modificare il termine per la transizione definitiva alla trasmissione televisiva digitale terrestre, che in base a quanto previsto dall’articolo 2-bis, comma 5, del decreto-legge n. 5/2001, è fissata al 2012, ma solo quello per la definizione del calendario, relativo alle singole aree tecniche in cui è stato suddiviso il territorio nazionale.

 

Il secondo periodo del comma 1 prevede che, entro il 30 giugno 2012, il Ministero dello sviluppo economico provvede all’assegnazione dei diritti di uso relativi alle frequenze radiotelevisive nel rispetto dei criteri e delle modalità disciplinati dai commi da 8 a 13 dell’articolo 1 della legge n. 220/2010. Per quanto concerne le frequenze radiotelevisive in ambito locale, il provvedimento ministeriale dovrà predisporre, per ciascuna area tecnica o Regione, una graduatoria dei soggetti legittimamente abilitati alla trasmissione radiotelevisiva in ambito locale che ne facciano richiesta sulla base dei seguenti criteri:

a)  entità del patrimonio al netto delle perdite;

b)  numero dei lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato;

c)  ampiezza della copertura della popolazione;

d)  priorità cronologica di svolgimento dell’attività nell’area, anche con riferimento all’area di copertura.

 

Va in proposito ricordato che l’articolo 1, commi 8-13, della legge n. 220/2010 (legge di stabilità 2011), disciplina la procedura per l’attribuzione delle frequenze radioelettriche a servizi di comunicazione elettronica. Il comma 8, in particolare, prevede che, entro 15 giorni dall’entrata in vigore della legge, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni deve avviare le procedure per l’assegnazione di tali frequenze, che saranno destinate a servizi di comunicazione elettronica mobile in banda larga. La data per l’attribuzione delle frequenze verrà individuata dal Ministero dello sviluppo economico, tenendo conto della normativa dell’Unione europea. Il Ministro potrà sostituire frequenze già assegnate con altre che si rendano disponibili. Il Piano di ripartizione delle frequenze e il Piano di assegnazione delle frequenze verranno aggiornati secondo le nuove disposizioni.

L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha dato attuazione alla norma con la delibera n. 3/2011/CONS, con la quale sono state avviate le procedure per l’assegnazione di diritti d’uso di frequenze radioelettriche da destinare a servizi di comunicazione elettronica mobili in larga banda con l’utilizzo della banda 790-862 MHz e di altre risorse eventualmente disponibili. Nella delibera l'Autorità propone al Ministro dello sviluppo economico la costituzione di un Comitato di Ministri incaricato di coordinare la procedura di gara, in particolare per quanto attiene al bando ed al disciplinare di gara. Con la successiva delibera n. 127/11/CONS, l’AGCom ha indetto una consultazione pubblica concernente l’assegnazione e l’utilizzo delle predette frequenze.

Il comma 9 dispone che, con decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge, vengano definiti criteri e modalità per quantificare e attribuire misure finanziarie compensative, pari al 10 per cento degli introiti derivanti dalla procedura di cui al comma precedente, e comunque entro il limite massimo di 240 milioni di euro, destinate ad un apposito fondo istituito presso il Ministero dello sviluppo economico e finalizzate a promuovere un uso più efficiente dello spettro attualmente destinato alla diffusione di trasmissioni in ambito locale. Il comma 10 stabilisce che, entro la data di cessazione delle trasmissioni in tecnica analogica – fissata al 31 dicembre 2012 - il Ministero dello sviluppo economico provvede alla definitiva assegnazione dei diritti d’uso del radiospettro, anche mediante la trasformazione del rilascio provvisorio in assegnazione definitiva, e rilascia i titoli abilitativi secondo i criteri previsti dall’art. 15, comma 1, del Testo unico sui servizi di media audiovisivi nonché dell’articolo 8-novies del citato decreto-legge n. 59/2008. Il comma 11 dispone che, entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge, il Ministero dello sviluppo economico e l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni stabiliscano gli obblighi gravanti sui titolari dei diritti d’uso delle radiofrequenze destinate alla diffusione di servizi di media audiovisivi, ai fini di un uso efficiente dello spettro, nonché della promozione delle culture regionali e locali. In caso di violazione degli obblighi suddetti, si applicano le sanzioni di cui all’art. 52, comma 3, del citato testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici (decreto legislativo 177/2005) il quale prevede che, in caso di mancato utilizzo delle radiofrequenze assegnate, il Ministero dispone la revoca ovvero la riduzione dell'assegnazione. Il Ministero in questo caso acquisisce il diritto di disporre delle frequenze precedentemente assegnate. Il comma 12 prevede che, in caso di trasmissioni di programmi televisivi in digitale privi del titolo abilitativo, al responsabile editoriale si applicano le sanzioni di cui all’articolo 98, comma 2, del citato codice delle comunicazioni elettroniche (decreto legislativo 259/2003), il quale stabilisce che, in caso di installazione e fornitura di reti di comunicazione elettronica od offerta di servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico senza la relativa autorizzazione generale, il Ministero commina, se il fatto non costituisce reato, una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 15.000,00 ad euro 2.500.000,00.Il comma 13 stima in non meno di 2.400 milioni di euro i proventi derivanti dall’attuazione dei commi da 8 a 12, relativi all’assegnazione dei diritti d’uso di frequenze radioelettriche da destinare a servizi di comunicazione elettronica.

 

Per regolamentare la fase di transizione verso il definitivo passaggio dal sistema televisivo analogico al digitale terrestre (switch off), previsto in Italia, come già detto, entro il 2012, il citato art. 8-novies del decreto legge n. 59/2008 ha modificato la disciplina vigente in materia radiotelevisiva (decreto legislativo 177/2005) tenendo conto dei principi elaborati in sede di Unione europea. E’ stato pertanto introdotto il regime dell’autorizzazione generale per l’attività di operatore di rete, anche per la fase di transizione, e si è stabilito che le procedure da applicarsi per le assegnazioni dei diritti d’uso delle frequenze per le reti digitali terrestri sono quelle indicate dalla delibera n.603/2007 dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Successivamente, con decreto del Ministero dello sviluppo economico del 13 novembre 2008, è stato approvato il Piano nazionale di ripartizione delle frequenze. Con la delibera n. 181/2009 del 7 aprile 2009, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha adottato i criteri per la completa digitalizzazione delle reti terrestri, che integrano e modificano quelli indicati nella precedente citata delibera n. 603/07. In particolare, l’allegato A della delibera n. 181/2009, recante “Criteri per la completa digitalizzazione delle reti televisive terrestri”, prevede tra l’altro la disponibilità di un dividendo digitale, non inferiore a cinque reti nazionali, la cui assegnazione dovrà avvenire attraverso procedure selettive basate sui criteri obiettivi, proporzionati, trasparenti e non discriminatori. Tre delle cinque reti saranno riservate a “nuovi entranti”, o ad operatori già esistenti, con esclusione dei soggetti già titolari di due (o più) reti nazionali. Le regole per le procedure di gara potranno prevedere l’utilizzo del meccanismo del “beauty contest”. Tale sistema – assimilabile a quello della licitazione privata – prevede una selezione fra i soggetti interessati, al fine di individuare quello più idoneo all’aggiudicazione, sulla base di una serie di requisiti (affidabilità, esperienza maturata, risorse finanziarie, caratteristiche del progetto, etc.). Si precisa peraltro che nella definizione delle procedure di gara, si terrà conto dei seguenti principi:

assicurare un uso efficiente dello spettro attraverso l’utilizzo della SFN (single frequency network);

promuovere l’innovazione tecnologica nell’interesse sia dell’industria, sia dei consumatori;

assicurare la miglior valutazione dello spettro tenendo conto della diffusione di contenuti di buona qualità alla più vasta maggioranza della popolazione italiana.

A seguito di tale delibera, l'art. 45 della legge comunitaria 2008 (88/200936) ha modificato il citato art. 8-novies del citato decreto-legge 59/2008, prevedendo appunto che per l’assegnazione delle nuove frequenze televisive vengano applicati i criteri stabiliti nella delibera n. 181/2009 della citata Autorità.

Con la delibera n. 300 del 15 giugno 2010 l'Autorità ha poi approvato i criteri generali ai fini dell'assegnazione delle frequenze per il servizio di radioffusione televisiva terrestre in tecnica digitale. In particolare, la delibera detta i criteri generali per la definizione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze per il servizio di radiodiffusione televisiva in tecnica digitale, che deve conformarsi ai principi di uso pluralistico ed efficiente dello spettro radioelettrico e alle raccomandazioni e decisioni assunte in sede comunitaria, identifica il numero delle reti televisive nazionali digitali terrestri e correlate frequenze, e riserva almeno un terzo delle frequenze pianificabili alle emittenti televisive locali. La pianificazione delle frequenze adottata nella delibera tiene conto – come specificato nei considerata iniziali - degli sviluppi relativi alla utilizzazione delle frequenze della banda 800 MHz per servizi diversi dalla radiodiffusione televisiva secondo gli indirizzi comunitari, e che le frequenze non assegnate concorrono alla riorganizzazione dello spettro per l’assegnazione al dividendo digitale esterno. A tal fine, l’articolo 1 della delibera dispone, al comma 12, che le frequenze non utilizzate in conformità con quanto previsto dalla normativa vigente, quelle non necessarie e quelle non assegnate concorrono alla riorganizzazione dello spettro radio ai fini della costituzione di un dividendo digitale “esterno”, in linea con gli obiettivi comunitari di utilizzazione di parte dello spettro UHF per i servizi di telecomunicazioni.

 

Il comma 1, terzo periodo, prevede che nelle aree in cui, alla data del 1º gennaio 2011, non ha avuto luogo il passaggio alla trasmissione in tecnica digitale, il Ministero dello sviluppo economico non procede all’assegnazione a operatori di rete radiotelevisivi in ambito locale dei diritti d’uso relativi alle frequenze di cui al primo periodo del citato comma 8 dell’articolo 1 della legge 220/2010.

Il comma 1, quarto periodo, prevede che nelle aree in cui alla medesima data del 1º gennaio 2011 ha avuto luogo il passaggio alla trasmissione in tecnica digitale, il Ministero dello sviluppo economico rende disponibili le frequenze di cui al citato primo periodo del comma 8, assegnando ai soggetti titolari di diritto d’uso relativi alle frequenze nella banda 790-862 Mhz, risultanti in posizione utile in base alle rispettive graduatorie, i diritti d’uso riferiti alle frequenze nelle bande 174-230 Mhz e 470-790 Mhz.

 

Il comma 1, quinto periodo, demanda all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni di definire le modalità e le condizioni economiche secondo cui i soggetti assegnatari dei diritti d’uso hanno l’obbligo di cedere una quota della capacità trasmissiva ad essi assegnata, comunque non inferiore a due programmi, a favore dei soggetti legittimamente operanti in ambito locale alla data del 1º gennaio 2011 non destinatari di diritti d’uso sulla base delle citate graduatorie.

 

Secondo la relazione governativa, l’intervento normativo in esame è finalizzato a razionalizzare l’uso dello spettro radioelettrico, anche a seguito della previsione di cui alla sopra illustrata legge 220/2010, secondo la quale le frequenze nella banda 790-862 MHz sono destinate ai servizi di comunicazione elettronica in larga banda e non più alle trasmissioni televisive. È, quindi, necessario individuare un nuovo termine per il decreto definitivo relativo al passaggio al digitale e nuovi criteri per procedere all’assegnazione dei diritti d’uso delle frequenze. Il mutato quadro normativo, infatti, non consente più di assegnare per le trasmissioni in digitale una frequenza a tutti i soggetti legittimamente operanti in analogico, in quanto le risorse, almeno in alcune regioni, sono oggettivamente insufficienti. La legge n. 220/2010, riducendo le risorse frequenziali disponibili, ha determinato un quadro di risorse scarse, in presenza delle quali, conformemente alla normativa comunitaria, è necessario procedere allo svolgimento di una selezione per individuare i soggetti destinatari delle stesse. L’applicazione della suddetta norma comporterebbe quindi l’esclusione dal mercato radiotelevisivo di un certo numero di soggetti attualmente operanti. La relazione sottolinea inoltre come tale situazione impone da un lato la necessità di individuare in tempi brevi – in considerazione della scadenza per l’effettuazione della gara sulle frequenze imposta dalla legge di stabilità per il mese di settembre 2011 – efficaci criteri selettivi dei destinatari dei diritti d’uso televisivi, e dall’altro di prevedere l’obbligo per gli assegnatari di riservare parte della propria capacità trasmissiva in favore dei soggetti esclusi dall’assegnazione, come appunto prevede l’ultimo periodo del comma 1 in esame.

 

Profili finanziari

 

La relazione tecnica afferma che la disposizione – che anticipa il termine dell’assegnazione dei diritti di uso definitivi relativi alle frequenze radiotelevisive, fissa i criteri per la selezione dei soggetti abilitati alla trasmissione radiotelevisiva in ambito locale e specifica le modalità con cui il Ministero dello Sviluppo economico dovrà procedere alla liberazione della banda 790 -862 MHz - non comporta oneri aggiuntivi. Essa mira a liberare più agevolmente la banda di frequenza messa a gara ai sensi della legge di stabilità 2011, evitando l’esclusione dal mercato radiotelevisivo di parte dei soggetti attualmente operanti e prevedendo criteri selettivi dei destinatari dei diritti d’uso televisivi.

 

Si ricorda che si tratta di adempimenti preordinati alla realizzazione della procedura di assegnazione dei diritti d’uso delle frequenze, alla quale la legge di stabilità 2011 riconnette  proventi per 2,4 mld per il 2011 (art. 1, co 13, L 220/2010).

 La relazione afferma inoltre che la certezza dell’effettiva disponibilità delle frequenze oggetto della gara alla data prevista, assicurata tramite una norma di rango primario, nonché l’anticipo della liberazione della banda oggetto di gara al 30 giugno 2012, potranno anche avere riflessi positivi sull’entità delle entrate derivanti dall’asta.

La relazione introduttiva chiarisce che la legge 220/2010, riducendo le risorse frequenziali disponibili, ha reso necessario procedere allo svolgimento di una selezione per individuare i soggetti destinatari delle stesse. Si rende pertanto necessaria da un lato l’individuazione di criteri selettivi dei destinatari dei diritti d’uso televisivi e dall’altro la previsione dell’obbligo per gli assegnatari di riservare parte della propria capacità trasmissiva in favore dei soggetti esclusi dall’assegnazione, al fine di consentire a questi ultimi il prosieguo della propria attività nella veste di fornitori di servizi media audiovisivi. La norma in esame, aggiunta alle misure economiche compensative già disposte nella legge di stabilità, renderebbe raggiungibile l’obiettivo prefissato di introitare nel bilancio dello Stato le entrate conseguenti alla gara citata.

Nel corso dell’esame del provvedimento presso il Senato, il Governo[56] ha evidenziato che la norma in esame mira ad evitare l’emersione di contenziosi, possibili in assenza di una norma di rango primario, e che il rinvio ad un successivo provvedimento amministrativo della fissazione delle condizioni economiche con le quali i soggetti assegnatari dei diritti d’uso dovranno cedere ad altri soggetti[57] una quota della capacità trasmissiva ad essi assegnata “non è, allo stato, fondamentale e comunque potrà essere individuato in sede di conversione dei provvedimenti”.

 

In merito ai profili di quantificazione non si hanno osservazioni da formulare, nel presupposto che le modalità individuate siano idonee a garantire l’effettiva realizzazione degli  incassi ricavabili dall’assegnazione dei diritti d’uso delle frequenze radiotelevisive nella misura prevista dalla legge di stabilità per il 2011 e considerata comunque la vigenza della clausola di salvaguardia prevista dal comma 13 dell’articolo 1 della citata Legge n. 220/2010, che prevede un meccanismo di riduzione degli stanziamenti di bilancio in caso di mancata realizzazione dei proventi dell’asta.

 


Articolo 5
(Abrogazione di disposizioni relative alla realizzazione di nuovi impianti nucleari)

 


1. Al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche, mediante il supporto dell'Agenzia per la sicurezza nucleare, sui profili relativi alla sicurezza nucleare, tenendo conto dello sviluppo tecnologico in tale settore e delle decisioni che saranno assunte a livello di Unione europea, non si procede alla definizione e attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare.

2. L'articolo 7 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, è abrogato.

3. Alla legge 23 luglio 2009, n. 99, sono apportate le seguenti modificazioni: 

a) all'articolo 25, comma 1, nel primo periodo, sono soppresse le parole: «della localizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare,» ed è soppresso l'ultimo periodo; 

b) all'articolo 25, comma 2, lettera c), sono soppresse le parole: «, con oneri a carico delle imprese coinvolte nella costruzione o nell'esercizio degli impianti e delle strutture, alle quali è fatto divieto di trasferire tali oneri a carico degli utenti finali»; 

c) all'articolo 25, comma 2, lettera d), sono soppresse le parole: «che i titolari di autorizzazioni di attività devono adottare»; 

d) all'articolo 25, comma 2, lettera g), le parole: «la costruzione e l'esercizio di impianti per la produzione di energia elettrica nucleare e di impianti per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi o per lo smantellamento» sono sostituite dalle seguenti: «la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi o lo smantellamento»; 

e) all'articolo 25, comma 2, la lettera i) è abrogata; 

f) all'articolo 25, comma 2, lettera l), sono soppresse le parole: «gli oneri relativi ai» e le parole: «a titolo oneroso a carico degli esercenti le attività nucleari e possano essere»; 

g) all'articolo 25, comma 2, la lettera n) è abrogata; 

h) all'articolo 25, comma 2, la lettera o) è sostituita dalla seguente: 

«o) previsione di opportune forme di informazione per le popolazioni e in particolare per quelle coinvolte»; 

i) all'articolo 25, comma 2, la lettera q) è abrogata; 

l) all'articolo 25, i commi 3 e 4 sono abrogati; 

m) l'articolo 26 è abrogato; 

n) all'articolo 29, comma 1, sono soppresse le parole: «gli impieghi pacifici dell'energia nucleare,», le parole: «sia da impianti di produzione di elettricità sia» e le parole: «costruzione, l'esercizio e la»; 

o) all'articolo 29, comma 4, sono soppresse le parole: «nell'ambito di priorità e indirizzi di politica energetica nazionale e»; 

p) all'articolo 29, comma 5, lettera c), sono soppresse le parole: «sugli impianti nucleari nazionali e loro infrastrutture,»; 

q) all'articolo 29, comma 5, lettera e), sono soppresse le parole: «del progetto, della costruzione e dell'esercizio degli impianti nucleari, nonché delle infrastrutture pertinenziali,»; 

r) all'articolo 29, comma 5, lettera g), sono soppresse le parole: «, diffidare i titolari delle autorizzazioni», le parole: «da parte dei medesimi soggetti», le parole: «di cui alle autorizzazioni» e la parola: «medesime»; 

s) all'articolo 29, comma 5, la lettera h) è abrogata; 

t) all'articolo 29, comma 5, lettera i), sono soppresse le parole: «all'esercizio o». 

4. All'articolo 133, comma 1, lettera o), del codice del processo amministrativo, di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, sono soppresse le parole: «ivi comprese quelle inerenti l'energia da fonte nucleare,».

5. Al decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, sono apportate le seguenti modificazioni: 

a) l'articolo 1 è sostituito dal seguente: 

«Art. 1. – (Oggetto). – 1. Con il presente decreto si disciplinano: 

a) la localizzazione del Deposito nazionale, incluso in un Parco Tecnologico comprensivo di un Centro di studi e sperimentazione, destinato ad accogliere i rifiuti radioattivi provenienti da attività pregresse di impianti nucleari e similari, nel territorio nazionale; 

b) le procedure autorizzative per la costruzione e l'esercizio del Deposito nazionale e del Parco Tecnologico; 

c) i benefici economici relativi alle attività di esercizio del Deposito nazionale, da corrispondere in favore delle persone residenti, delle imprese operanti nel territorio circostante il sito e degli enti locali interessati.»; 

b) l'articolo 2 è sostituito dal seguente:

«Art. 2. – (Definizioni). – 1. Fatte salve le definizioni di cui alla legge 31 dicembre 1962, n. 1860, e al decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, ai fini del presente decreto si definisce:

a) “Agenzia”: l'Agenzia per la sicurezza nucleare di cui all'articolo 29 della legge 23 luglio 2009, n. 99; 

b) “Conferenza unificata”: la Conferenza prevista all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni; 

c) “AIEA”: l'Agenzia internazionale per l'energia atomica delle Nazioni Unite, con sede a Vienna; 

d) “AEN-OCSE”: l'Agenzia per l'energia nucleare presso l'OCSE, con sede a Parigi; 

e) “Deposito nazionale”: il deposito nazionale destinato allo smaltimento a titolo definitivo dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività, derivanti da attività industriali, di ricerca e medico-sanitarie e dalla pregressa gestione di impianti nucleari, e all'immagazzinamento, a titolo provvisorio di lunga durata, dei rifiuti ad alta attività e del combustibile irraggiato provenienti dalla pregressa gestione di impianti nucleari; 

f) decommissioning: l'insieme delle azioni pianificate, tecniche e gestionali, da effettuare su un impianto nucleare a seguito del suo definitivo spegnimento o della cessazione definitiva dell'esercizio, nel rispetto dei requisiti di sicurezza e di protezione dei lavoratori, della popolazione e dell'ambiente, fino allo smantellamento finale o comunque al rilascio del sito esente da vincoli di natura radiologica.»; 

c) l'articolo 3 è sostituito dal seguente:

«Art. 3. – (Documento programmatico). – 1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, che può avvalersi dell'Agenzia, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono stabiliti gli indirizzi in materia di gestione dei rifiuti radioattivi e di decommissioning degli impianti dismessi.»; 

d) gli articoli da 4 a 24 sono abrogati; 

e) all'articolo 26, comma 1, l'alinea è sostituito dal seguente: «La Sogin S.p.A. è il soggetto responsabile degli impianti a fine vita, del mantenimento in sicurezza degli stessi, nonché della realizzazione e dell'esercizio del Deposito nazionale e del Parco Tecnologico di cui all'articolo 25, comprendente anche il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti radioattivi. A tal fine:»; 

f) all'articolo 26, comma 1, lettera d), sono soppresse le parole: «riceve dagli operatori interessati al trattamento ed allo smaltimento dei rifiuti radioattivi il corrispettivo per le attività di cui all'articolo 27, con modalità e secondo tariffe stabilite con decreto del Ministero dello sviluppo economico di concerto con il Ministero dell'economia e finanze, ed» e le parole: «, calcolate ai sensi dell'articolo 29 del presente decreto legislativo»; 

g) all'articolo 26, comma 1, lettera e), sono soppresse le parole: «, al fine di creare le condizioni idonee per l'esecuzione degli interventi e per la gestione degli impianti»; 

h) all'articolo 27, il comma 1 è sostituito dal seguente: 

«1. La Sogin S.p.A., tenendo conto dei criteri indicati dall'AIEA e dall'Agenzia, definisce una proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee alla localizzazione del Parco Tecnologico, proponendone contestualmente un ordine di idoneità sulla base di caratteristiche tecniche e socio-ambientali delle suddette aree, nonché un progetto preliminare per la realizzazione del Parco stesso.»;

i) all'articolo 27, comma 4, sono soppresse le parole: «, comma 2»; 

l) all'articolo 27, comma 10, sono soppresse le parole: «Si applica quanto previsto dall'articolo 12.»; 

m) l'articolo 29 è abrogato; 

n) all'articolo 30, il comma 1 è sostituito dal seguente: 

«1. Al fine di massimizzare le ricadute socioeconomiche, occupazionali e culturali conseguenti alla realizzazione del Parco Tecnologico, è riconosciuto al territorio circostante il relativo sito un contributo di natura economica. Il contributo di cui al presente comma è destinato per il 10 per cento alla provincia o alle province nel cui territorio è ubicato il sito, per il 55 per cento al comune o ai comuni nel cui territorio è ubicato il sito e per il 35 per cento ai comuni limitrofi, intesi come quelli il cui territorio ricada in tutto o in parte all'interno di un'area compresa nei 25 chilometri dal centro dell'edificio Deposito.»;

o) all'articolo 30, i commi 2 e 3 sono abrogati; 

p) gli articoli da 31 a 34 sono abrogati; 

q) l'articolo 35 è sostituito dal seguente: 

«Art. 35. – (Abrogazioni). – 1. Sono abrogate le seguenti disposizioni: 

a) articoli 8 e 9 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230; 

b) articolo 1, comma 100, della legge 23 agosto 2004, n. 239.»; 

r) nel titolo del decreto legislativo sono soppresse le parole: «della localizzazione, della realizzazione e dell'esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare,» e le parole: «e campagne informative al pubblico».

6. Nel decreto legislativo 23 marzo 2011, n. 41, sono abrogati gli articoli da 1 a 23, 25, 26, comma 1, 28, 29, comma 1, lettera a), 30, 31, 32, comma 1, lettera c).

7. Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, come modificato dal comma 5 del presente articolo, è adottato entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. 

8. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari, adotta la Strategia energetica nazionale, che individua le priorità e le misure necessarie al fine di garantire la sicurezza nella produzione di energia, la diversificazione delle fonti energetiche e delle aree geografiche di approvvigionamento, il miglioramento della competitività del sistema energetico nazionale e lo sviluppo delle infrastrutture nella prospettiva del mercato interno europeo, l'incremento degli investimenti in ricerca e sviluppo nel settore energetico e la partecipazione ad accordi internazionali di cooperazione tecnologica, la sostenibilità ambientale nella produzione e negli usi dell'energia, anche ai fini della riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, la valorizzazione e lo sviluppo di filiere industriali nazionali. Nella definizione della Strategia, il Consiglio dei Ministri tiene conto delle valutazioni effettuate a livello di Unione europea e a livello internazionale sulla sicurezza delle tecnologie disponibili, degli obiettivi fissati a livello di Unione europea e a livello internazionale in materia di cambiamenti climatici, delle indicazioni dell'Unione europea e degli organismi internazionali in materia di scenari energetici e ambientali. 


 

 

L’articolo 5 reca disposizioni in materia di impianti nucleari.

Nella versione originaria, tale articolo disponeva – “allo scopo di acquisire ulteriori evidenze scientifiche sui parametri di sicurezza in ambito comunitario” - la sospensione, per la durata di un anno, delle disposizioni del decreto legislativo 31/2010 concernenti la localizzazione e la realizzazione di impianti nucleari.

Nel corso d’esame presso l’Assemblea del Senato è stato però approvato un emendamento governativo interamente sostitutivo (5.800) che ha sostanzialmente modificato l’art. 5 del DL 34.

Il nuovo testo, rubricato Abrogazione di disposizioni relative alla realizzazione di nuovi impianti nucleari, in luogo della c.d. moratoria nucleare, inizialmente prevista, cancella dall’ordinamento tutta una serie di disposizioni in materia di impianti nucleari contenute in più leggi del quadriennio 2008/2011 (DL 112/2008, legge 99/2009, d.lgs 31/2010, d.lgs 41/2011).

 

La prima innovazione riguarda la cancellazione del programma in materia di impianti di produzione di energia nucleare e la riformulazione integrale della norma sulla strategia energetica nazionale. In particolare:

Il primo comma dell’art. 5 del DL 34/2011, come modificato dal Senato, precisa che, al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche relativamente alla sicurezza nucleare (con il supporto  dell’Agenzia per la sicurezza nucleare e tenendo conto dello sviluppo tecnologico e delle decisioni che saranno prese dalla UE), non si procede più alla definizione e attuazione del programma sugli impianti nucleari implicato dagli artt. 25 e 26 della legge 99/2009;

Il secondo comma dell’art. 5 del DL 34/2011, come modificato dal Senato, abroga per intero l’art. 7 del DL 112/2008 che introduceva e disciplinava la cosiddetta “Strategia energetica”.

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 7 del DL 11/2008, la “Strategia energetica” era configuarat come strumento di indirizzo e programmazione a carattere generale della politica energetica nazionale, cui pervenire a seguito di una Conferenza nazionale dell’energia e dell’ambiente, contemplando anche la possibilità di realizzare sul territorio nazionale impianti di produzione di energia nucleare. Tale strumento era delineato come aferente a tutte le tipologie di energia, inclusa, con specifici riferimenti (lettere d) e d-bis), l’energia nucleare.

Va poi segnalato qui che il comma 8 dell’art. 5 del DL 34/2011, come modificato dal Senato, detta una nuova norma sulla cosiddetta “Strategia energetica nazionale”, che resta strumento generale di indirizzo e pianificazione energentica ma, nella nuova formulazione, non reca più alcun riferimento alla tematica energetica (cfr. comma 8). Questo punto è esaminato più approfonditamente alla fine di questa scheda.

Il comma 3 dell’art. 5 del DL 34/2011, come modificato dal Senato, incide sugli artt. 25, 26 (interamente abrogato) e 29 della legge 99/2009 (Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia), sostanzialmente sopprimendo tutti i riferimenti alla individuazione, realizzazione ed esercizio degli impianti e attività nucleari e norme connesse. In particolare, è interamente abrogato l’art. 26 della legge 99, che disciplinava proprio la materia della “Energia nucleare”, e sono soppresse o modificate le disposizioni o frasi sullo stesso tema contenute in vari commi e lettere degli artt. 25 e 29 della stessa legge.

 

Si ricorda che l’articolo 25 della legge 99, al comma 1 delegò il Governo ad adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi di riassetto normativo recanti:

§       la disciplina della localizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare e di fabbricazione del combustibile nucleare;

§       la disciplina dei sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi e dei sistemi per il deposito definitivo dei materiali e rifiuti radioattivi;

§       la definizione delle misure compensative da corrispondere e da realizzare alle popolazioni interessate.

 

In particolare il comma 3 dell’art. 5 in commento (come modificato dal Senato) introduce le seguenti modifiche all’articolo 25della legge 99:

§      al comma 1 è soppresso il riferimento allalocalizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, nonché alla definizione di procedure autorizzative e i requisiti soggettivi per lo svolgimento delle attività di costruzione, di esercizio e di disattivazione degli impianti nucleari.

§      al comma 2, recante definizione dei principi e criteri direttivi che il Governo è tenuto a rispettare nell’esercizio della delega, sono espunti tutti i riferimenti alla costruzione e all’esercizio di impianti o attività nucleari. Rimangono i riferimenti alla messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi e allo smantellamento;

§      sono abrogati i commi 3 e 4 .

Il comma 3 dell’art. 25 della legge 99/2009 dispone che nei giudizi davanti agli organi di giustizia amministrativa che comunque riguardino le procedure di progettazione, approvazione e realizzazione delle opere, delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi concernenti il settore dell'energia nucleare e le relative attività di espropriazione, occupazione e asservimento, si applichino le disposizioni dell'articolo 246 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

Il comma 4 integra l'articolo 11, comma 4 del D.Lgs. 16 marzo 1999, n. 79, con il quale si prevede che il gestore della rete di trasmissione nazionale assicuri la precedenza all'energia prodotta da impianti che utilizzano, nell'ordine, fonti energetiche rinnovabili, sistemi di cogenerazione  e fonti nazionali di energia combustibile primaria. Con la modifica l'ordine di precedenza prescritto al gestore delle rete è integrato mediante l'inserimento, dopo le parole «fonti energetiche rinnovabili», e prima di «sistemi di cogenerazione», delle parole « energia nucleare prodotta sul territorio nazionale».

 

Come già detto, l’art. 5 del DL in commento (come modificato dal Senato) abroga per intero l’articolo 26 della legge 99/2009.

Tale articolo 26 affida ad una delibera del CIPE, da adottare previo parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 281 del 1997 (secondo una integrazione introdotta dalla Camera dei deputati) la definizione delle tipologie degli impianti di produzione di energia elettrica nucleare che possono essere realizzati nel territorio nazionale, nonché le procedure autorizzative e i requisiti soggettivi per lo svolgimento delle attività di costruzione e di esercizio degli impianti. Sempre con delibera del CIPE si provvede all’individuazione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, dei i criteri e delle misure atti a favorire la costituzione di consorzi per la costruzione e l’esercizio degli impianti nucleari, formati da soggetti produttori di energia elettrica e da soggetti industriali anche riuniti in consorzi.

 

L’art. 29 della L. 99/2009, relativo all’Agenzia per la sicurezza nucleare, viene invece modificato in più punti, al fine di eliminare ogni riferimento a funzioni dell’Agenzia relative a nuovi impianti di produzione di energia nucleare.

In base alle modifiche previste, il nuovo testo dell’art. 29 conferma quindi in capo all’Agenzia i soli compiti relativi alla gestione e sistemazione dei rifiuti radioattivi, dei materiali nucleari provenienti da attività mediche ed industriali, nonché alla protezione dalle radiazioni e alla vigilanza sugli impianti e sui materiali nucleari, comprese le loro infrastrutture e la logistica.

 

Il comma 4 dell’art. 5 del DL 34/2011, come riformulato dal Senato, modifica l’articolo 133, comma 1, lett. o), del D.Lgs. 104/2010 sul processo amministrativo (giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di energia), espungendo anche qui i riferimenti alla tematica nucleare.

Si ricorda che il comma 1 alla lettera o) del D.Lgs. 104 stabilisce che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge,le controversie, incluse quelle risarcitorie, attinenti alle procedure e ai provvedimenti della P.A. riguardanti la produzione di energia, tra le quali sono comprese anche  controversie  inerenti l’energia da fonte nucleare.

 

I commi 5 e 6 dell’art. 5 del DL 34/2011, come riformulato dal Senato, apportano modifiche al D.Lgs. 31/2010 e al D.Lgs. 41/2011 che lo ha modificato.

Ricordiamo che il D.Lgs. 31/2010, in attuazione della delega di cui all’articolo 25 della legge n. 99 del 2009, disciplina la localizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione di combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonché dei sistemi per il deposito definitivo dei materiali e rifiuti radioattivi, e definisce le misure compensative da corrispondere e da realizzare in favore delle popolazioni interessate. Il decreto stabilisce altresì le procedure autorizzative e i requisiti soggettivi per lo svolgimento delle attività di costruzione, di esercizio e di disattivazione dei citati impianti

 

In particolare il comma 5 dell’art. 5 del DL 34 in commento, come riformulato dal Senato:

 

§      modifica (cfr. lett. r)  il titolo del D.Lgs 31/2010 per eliminare i riferimenti alla localizzazione, la realizzazione, l’esercizio di impianti nucleari e alla campagna d’informazione al pubblico.

§      riformula larticolo 1 del D.Lgs. 31/2010, nel senso direstringerne il campo di applicazione. Infatti, sono espunti i riferimenti alle attività di costruzione, di esercizio e di decommissioning degli impianti nucleari, e tutta la norma viene riferita esclusivamente a:

-       localizzazione del Deposito nazionale, incluso in un Parco tecnologico comprensivo di un Centro studi e sperimentazione, destinato ad accogliere i rifiuti radioattivi provenienti di attività pregresse di impianti nucleari e similari;

-       procedure di autorizzazione per la costruzione e l’esercizio del Deposito nazionale e del parco tecnologico;

-       benefici economici relativi alle attività di esercizio degli impianti del Deposito nazionale a fravore  di residenti, imprese operanti nel territorio circostante il sito e gli enti locali interessati.

§      riformula l’art. 2 del D.Lgs. 31/2010, recante le definizioni delle formule usate in tale decreto, sostanzialmente eliminando le definizioni specificamente attinenti agli impianti e ai siti nucleari non più considerati dal provvedimento.

Il nuovo testo, fatte salve le definizioni contenute nella legge 1860 del 1982 (Impiego pacifico dell'energia nucleare), reca soltanto le definizioni di :

-       "Agenzia":l'Agenzia per la sicu­rezza nucleare di cui all'art. 29 della legge 23 luglio 2009, n. 99;

-       "Conferenza unificata" è la Conferenza di cui all'art. 8 del D.Lgs. 281/97;

-       AIEA: è l’Agenzia internazionale per l’energia atomica delle Nazioni Unite con sede a Vienna;

-       AEN-OCSE: l’Agenzia per l’energia nucleare presso l’Ocse a Parigi;

-       “Deposito nazionale”, destinato allo smaltimento a titolo definitivo dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività derivanti da attività industriali, di ricerca e medico-sanitarie e dalla pregressa gestione di impianti nucleari e all’immagazzinamento a titolo provvisorio di lunga durata dei rifiuti ad alta attività edel combustibile irraggiato provenienti dalla pre­gressa gestione di impianti nucleari;

Si fa notare che tale precisazione, in verità già presente nel testo originario del D.Lgs. 31/2010, era scomparsa nella riscrittura operata dal D.Lgs. 41/2011. Tale riscrittura risulta abrogata dal comma 6 dell'articolo in esame.

Si fa notare che nel nuovo testo della definizione previsto dalla norma in esame scompare il riferimento al fatto che il Deposito è annesso al Parco tecnologico.

Tale riferimento non era presente nella versione originaria del D.Lgs. 31/2010, ma era stato introdotto dalla riscrittura operata dal D.Lgs. 41/2011, che risulta abrogata dal comma 6 dell'articolo in esame.

 

Si osserva che, per finalità di coordinamento, l’art. 25 del D.Lgs. 31/2010 andrebbe modificato in quanto nel nuovo testo dell’art. 2 la definizione di deposito nazionale non si trova più alla lett. i) bensì alla lett. e).

-       decommissioning”: l’insieme delle azioni pianificate, tecniche e gestionali, da effettuare su un impianto nucleare a seguito del suo definitivo spegnimento o della cessazione definitiva dell'esercizio, nel rispetto dei requisiti di sicurezza e di protezione dei lavoratori, della popola­zione e dell'ambiente, sino allo sman­tellamento finale o comunque al rila­scio del sito esente da vincoli di natura radiologica.

Relativamente alla pregressa gestione degli impianti nucleari si ricorda che lo smantellamento (decommissioning) degli impianti nucleari - resosi necessario dopo il referendum del 1987 con cui venne sancito l'abbandono, da parte dell'Italia, del ricorso al nucleare come forma di approvvigionamento energetico - e la gestione dei relativi rifiuti radioattivi sono affidati, dal 1999, alla Sogin S.p.A.

Quanto alla classificazione dei rifiuti radioattivi, si ricorda che quelli a bassa e media attività corrispondono a quelli meno pericolosi[58].

Oltre alle definizioni inerenti, aree idonee, siti, impianti e strategia nucleari scompare il richiamo  alle definizioni contenute nel  D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 230 recante Attuazione delle direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom e 2006/117/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti.

 

§      Riformula l’articolo 3 del D.Lgs. 31/2010, anche qui espungendo ogni riferimento alla materia nucleare. Il nuovo articolo 3 del d.lgs 31/2010 è ora intitolato non più alla strategia nucleare ma semplicemente “Documento programmatico” e consta di un solo comma. Vi si prevede che con DPCM, su proposta del Ministro dello sviluppo economico - che può avvalersi dell’Agenzia per la sicurezza nucleare - di concerto con i ministri delle infrastrutture e dell’ambiente siano stabiliti gli indirizzi in materia di gestione dei rifiuti radioattivi e di decommissioning degli impianti dismessi;

Si ricorda che l’articolo 3 del d.lgs 31/2010, al comma 1[59] prevede l’adozione da parte del Ministro dello sviluppo economico - che si avvale dell’Agenzia- di concerto con altri Ministri, di una strategia del Governo in materia nucleare, con la quale sono delineati gli obiettivi tra i quali, in via prioritaria, la protezione dalle radiazioni ionizzanti e la sicurezza nucleare. Al comma 2 stabilisce che la Strategia nucleare, le cui caratteristiche sono individuate al comma 3, costituisce parte integrante della Strategia energetica nazionale.

§      Abroga gli articoli dal 4 al 24 nonché 29 del D.Lgs. 31/2010.

Si tratta delle disposizioni del titolo II del d.lgs 31/2010 (artt. 4-24) relative al procedimento unico per la localizzazione, la costruzione e l'esercizio degli impianti nucleari; ai benefici economici per le persone residenti, gli enti locali e le imprese e le disposizioni sulla decommissioning degli impianti, nonché della disposizione del tit. III (art. 29) concernente il corrispettivo per il conferimento dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare irraggiato.

 

·       Modifica gli articoli da 26 a 30 del D.Lgs. 31/2010, che fanno parte del Titolo III (recante “Procedure per la localizzazione, costruzione ed esercizio del Deposito nazionale destinato allo smaltimento a titolo definitivo dei rifiuti radioattivi, del Parco Tecnologico e dei relativi benefici economici”).

 

Le modifiche all’art. 26 sono finalizzate ad eliminare, dai compiti affidati alla Sogin S.p.A., quelli relativi alla gestione di nuovi impianti.

Si segnala che la lettera f) del comma 5 dell'articolo in esame si riferisce al testo originario dell’art. 26 del D.Lgs. 31/2010, in virtù dell’abrogazione, disposta dal comma 6 dell'articolo in esame, dell'art. 25 del D.Lgs. 41/2011, che ha modificato l’art. 26 del decreto n. 31.

 

Si ricorda che la Società Gestione Impianti Nucleari S.p.A. (SOGIN)[60] è stata istituita nel quadro del riassetto del mercato elettrico disposto dal D.Lgs. 79/1999; con la trasformazione dell'ENEL in una Holding formata da diverse società indipendenti, le attività nucleari sono state trasferite alla SOGIN, che ha pertanto incorporato le strutture e le competenze precedentemente applicate alla progettazione, alla costruzione e all’esercizio delle centrali elettronucleari italiane, ed ha conseguentemente acquisito le quattro centrali nucleari italiane di Trino, Caorso, Latina e Garigliano di Sessa Aurunca. Poiché con il referendum del 1987 è stata bloccata la possibilità di costruire nuove centrali nucleari, la SOGIN, oltre ad essere impegnata in attività di ricerca, consulenza, assistenza e servizio in campo nucleare, energetico e ambientale, ha avuto come missione lo smantellamento (decommissioning) degli impianti nucleari e la gestione dei rifiuti radioattivi[61].

 

Si fa notare che il comma 2 dell’articolo 26 del D.Lgs. 31/2010, non modificato dall'articolo in esame, prevede che l’erogazione dei contributi “compensativi” agli enti locali avvenga sotto il controllo e la vigilanza dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas. Tale disposizione è giustificata dal fatto che, nel testo vigente, tali contributi riguardano anche i nuovi impianti e che, in tal caso, la determinazione delle tariffe spetta proprio alla citata Autorità, in forza dell’art. 29. Sarebbe quindi opportuno, considerate le modifiche apportate all’art. 26 e l’abrogazione dell’art. 29, valutare se modificare, al comma 2 dell’art. 26, le parole “e, limitatamente a quelle di cui alla lettera d), anche al controllo ed alla vigilanza dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas di cui alla legge 14 novembre 1995, n. 481”.

 

Le modifiche all’art. 27 del D.Lgs. 31/2010 sono finalizzate al coordinamento del testo. Scompare infatti il riferimento, nella riscrittura del comma 1 operata dalla norma in esame, alla valutazione ambientale strategica della strategia nucleare (di cui è prevista l’abrogazione da parte del comma 2 dell'articolo in esame). La predisposizione di una proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee alla localizzazione del Parco Tecnologico dovrà quindi avvenire solamente “tenendo conto dei criteri indicati dall'AIEA e dall'Agenzia” nazionale per la sicurezza nucleare.

Il riferimento ai criteri indicati dall’AIEA e dall’Agenzia era invero già previsto dal testo originario dell’art. 27 del D.Lgs. 31/2010.

 

Il comma in esame dispone altresì l’abrogazione dell’art. 29 che disciplina le tariffe per il conferimento, al Deposito nazionale, dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare irraggiato provenienti da impianti nucleari e dal ciclo del combustibile.

Tale articolo risulta infatti inutile alla luce della rinuncia alla costruzione di nuovi impianti prevista dall'articolo in esame.

Si ricorda che l’art. 29 affida la determinazione delle tariffe citate all'Autorità per l'energia elettrica ed il gas.

 

Le modifiche all’art. 30 del D.Lgs. 31/2010, che disciplina lacorresponsione di un contributo “compensativo” ai territori limitrofi al Parco Tecnologico, sono finalizzate ad eliminare ogni riferimento ai rifiuti radioattivi provenienti dai nuovi impianti disciplinati dal titolo II. A tal fine viene riformulato il comma 1 ed abrogati i commi 2 e 3 dell’art. 30.

Nel riformulare il comma 1 viene altresì introdotto un criterio per il riparto tra i vari enti locali coinvolti, del contributo compensativo citato. Tale contributo è destinato:

§         per il 10% alla Provincia o alle Province nel cui territorio è ubicato l'impianto;

§         per il 55% al comune o ai comuni nel cui territorio è ubicato l'impianto;

§         per il 35% ai comuni limitrofi, intesi come quelli il cui territorio ricada in tutto o in parte all'interno di un'area compresa nei 25 km dal centro dell'edificio Deposito.

 

Si ricorda che il testo attualmente vigente del comma 3 dell’art. 30 (di cui è prevista l’abrogazione da parte dell'articolo in esame) prevede, relativamente ai rifiuti radioattivi derivanti da attività già esaurite al momento dell'entrata in vigore del D.Lgs. 31/2010, che rimane ferma la disciplina di cui all'art. 4 del D.L. 314/2003 s.m.i.

La disposizione citata, in estrema sintesi, prevede che il contributo sia assegnato annualmente con deliberazione del CIPE e ripartito, per ciascun territorio, in misura del 50% in favore del comune nel cui territorio è ubicato il sito, in misura del 25% in favore della relativa provincia e nella restante misura del 25% in favore dei comuni confinanti con quello nel cui territorio è ubicato il sito.

 

§      abroga gli articoli da 31 a 34-bis del D.Lgs. 31/2010, relativi alla realizzazione di una campagna di informazione nazionale in materia di produzione di energia elettrica da fonte nucleare (articoli 31 e 32), alle sanzioni penali per chiunque costruisca o ponga in esercizio un impianto di produzione di energia elettrica di origine nucleare o di fabbricazione del combustibile nucleare, senza avere ottenuto l'autorizzazione unica (articolo 33), alle sanzioni amministrative per violazioni alla normativa autorizzatoria (articolo 34) e alle disposizioni finali del d.lgs 31/2010 (art. 34-bis). del d.lgs 31/2010

Si segnala che l’abrogazione dell’articolo 34-bis del d.lgs 31/2010 viene effettuata dal comma 6 dell’art. 5 del DL 34/2011, come modificato dal Senato, tramite l’abrogazione dell’articolo 30 del D.Lgs. 41/2011, che aveva introdotto tale art. 34-bis nel d.lgs 31/2010.

 

§      riformula l’articolo 35 del D.Lgs. 31/2010, contenente le abrogazioni.

Si segnala che nell’elenco delle disposizioni abrogate dall’art. 35 del d.lgs 31/2010, così come novellato dall’art. 5 del DL 34/2011 nella versione approvata dal Senato,  non è più menzionata la 393/1975 a suo tempo disciplinante “Norme sulla localizzazione delle centrali elettronucleari e sulla produzione e sull'impiego di energia elettrica”.

 

Per parte sua, il comma 6 dell’art. 5 del DL 34/2011 in esame, come modificato dal Senato, abroga gli articoli del D.Lgs. 41/2011 che intervenivano sulle parti del D.Lgs. 31/2010 a loro volta abrogate o interamente sostituite dalla norma in esame.

Il comma 7 dell’art. 5 del DL 34/2011 in esame, come modificato dal Senato, precisa che il D.P.C.M. di cui all’articolo 3 del D.Lgs. 31/2010, come modificato dal comma 5 della norma in esame, che stabilisce gli indirizzi in materia di gestione dei rifiuti radioattivi e di decommissioning degli impianti dismessi, sia adottato entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

Infine, e come anticipato in apertura di questa scheda, il comma 8 dell’art. 5 del DL 34/2011 in esame, come modificato dal Senato, detta una nuova disciplina (interamente sostitutiva di quella, previgente, risultante dall’art. 7 del DL 112/2008) dei contenuti e modalità di adozione della Strategia energetica nazionale.

In base alla nuova disciplina, la Strategia energetica nazionale (SEN) dovrà essere adotttata entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del DL 34/2011. Essa sarà adottata con delibera del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari, e dovrà individuare:

§      le priorità e le misure necessarie al fine di garantire la sicurezza nella produzione di energia,

§      la diversificazione delle fonti energetiche e delle aree geografiche di approvvigionamento,

§      il miglioramento della competitività del sistema energetico nazionale e lo sviluppo delle infrastrutture nella prospettiva del mercato interno europeo,

§      l'incremento degli investimenti in ricerca e sviluppo nel settore energetico e la partecipazione ad accordi internazionali di cooperazione tecnologica,

§      la sostenibilità ambientale nella produzione e negli usi dell'energia, anche ai fini della riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra,

§      la valorizzazione e lo sviluppo di filiere industriali nazionali.

Nella definizione della Strategia, il Consiglio dei ministri tiene conto, a livello di Unione europea e a livello internazionale:

-      delle valutazioni effettuate sulla sicurezza delle tecnologie disponibili,

-      degli obiettivi fissati in materia di cambiamenti climatici,

-      delle indicazioni in materia di scenari energetici e ambientali.

Si ricorda che l’articolo 7 del decreto-legge 112/2008, abrogato dal comma 2 della norma in esame, ha attribuito al Governo il compito di definire una “Strategia energetica nazionale” intesa quale strumento di indirizzo e programmazione a carattere generale della politica energetica nazionale, cui pervenire a seguito di una Conferenza nazionale dell’energia e dell’ambiente. Secondo la norma originaria del DL 112/2008, la Strategia avrebbe dovuto essere definita entro sei mesi, ma ciò non è avvenuto.

Differenze tra la norma del 2008 e quella del 2011. A parte la soppressione dei riferimenti alla produzione di energia nucleare, la nuova formulazione della norma sulla Strategia energetica nazionale presenta alcune differenze rispetto alla formulazione del 2008. Ai sensi della norma del 2008, la Strategia doveva essere definita dal Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, previa convocazione, d'intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di una Conferenza nazionale dell'energia e dell'ambiente. Di tale Conferenza nazionale dell'energia e dell'ambiente non si fa menzione nella nuova formulazione introdotta dal comma 8 dell’art. 5 del DL 34/2011 qui in esame. Per converso, la nuova formulazione  prevede – in aggiunta alla versione del 2008 - che la proposta della SEN sia effettuata dal Ministro dello sviluppo economico congiuntamente con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che siano inoltre sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e che siano acquisiti i parere delle competenti Commissioni parlamentari. Rispetto al citato articolo 7, inoltre, nel comma 8 della norma in esame vengono modificati gli obiettivi, eliminando i riferimenti al nucleare (viene peraltro inserita la sicurezza nella produzione di energia) e alla promozione delle fonti rinnovabili di energia e dell’efficienza energetica, ed inserendo tra di essi la valorizzazione e lo sviluppo di filiere industriali nazionali. Infine, rispetto alla formulazione dell’articolo 7 del DL 112/2008, la nuova formulazione recata dal DL 34/2011 precisa che nella definizione della SEN il Consiglio dei ministri tiene conto delle valutazioni effettuate a livello di Unione europea e a livello internazionale.

Si segnala che l’articolo 7 del D.L. 112/2008 conteneva una clausola di salvaguardia finanziaria (comma 4), che non viene riproposta dal comma 8 dell’art. 5 del DL 34/2011 in esame.

 

Profili finanziari

 

Le norme, introdotte durante l’esame al Senato, non sono corredate di relazione tecnica.

Si ricorda che la 5a Commissione del Senato[62] ha espresso sull’emendamento 5.800, che ha introdotto le disposizioni in esame, parere non ostativo.

 

In merito ai profili di quantificazione, si rileva che le norme dispongono la soppressione del Titolo II del D. Lgs. 31/2010 (articoli da 4 a 24), relativo alla localizzazione, alla costruzione e all’esercizio di impianti nucleari, procedendo altresì alla modifica e alla soppressione delle norme presenti nell’ordinamento direttamente collegate a detti adempimenti. Vengono pertanto abrogati anche gli articoli 20 e 21 del D. Lgs. 31/2010, relativi al Fondo per il decommissioning, nonché la norma che aveva originariamente previsto l’istituzione del Fondo medesimo [articolo 25, comma 2, lettera n) della L. 99/2009].

Si ricorda che il Fondo per il decommissioning, costituito presso la Cassa Conguaglio per il Settore Elettrico, sarebbe stato alimentato dai titolari dell'autorizzazione unica per la localizzazione, la costruzione e l’esercizio di impianti nucleari attraverso il versamento di un contributo per ogni anno di esercizio dell'impianto. A valere su tali risorse, la SOGIN avrebbe provveduto alle attività di decommissioning.

In proposito si osserva che il Fondo che viene soppresso dalle norme in esame appare preordinato alla realizzazione di attività di decommissioning rispetto alle nuove centrali autorizzate. Pertanto, la soppressione del Fondo sembra conseguente al venir meno della normativa riferita a tali nuovi impianti. Poiché peraltro rimane confermata, con talune modifiche, la disposizione dell’articolo 26, comma 1, del D. Lgs. 31/2010, che individua nella SOGIN[63] il soggetto responsabile degli impianti a fine vita, del loro mantenimento in sicurezza nonché della realizzazione e dell’esercizio del Deposito nazionale e del Parco tecnologico, appare necessario acquisire conferma che dette attività possano essere espletate con le risorse di cui la SOGIN dispone a valere sull’apposita componente della tariffa elettrica (DM del Ministero dell’industria 26 gennaio 2000 e articolo 25, comma 2, del D. Lgs. 31/2010).

Si rileva inoltre che le disposizioni sopprimono anche il Titolo IV (articoli 31 e 32) del D. Lgs. 31/2010, relativo alla campagna di informazione in materia di produzione di energia elettrica da fonte nucleare.

Si ricorda che, ai sensi degli articoli 31 e 32, il Ministero dello sviluppo economico propone detta campagna, avvalendosi, nell'ambito delle risorse di bilancio disponibili allo scopo, tramite stipula di un'apposita convenzione, dell'Agenzia per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa. La campagna è condotta avvalendosi dei mezzi di comunicazione di massa disponibili, come la creazione di un portale internet di riferimento e approfondimento con modalità di interazione con l'utenza, e ricorrendo altresì al supporto del sistema tecnico-scientifico e industriale nazionale.

In proposito, appare utile acquisire dati ed elementi volti a chiarire gli impegni eventualmente già assunti dal Ministero, nonché dall’Agenzia, per la realizzazione della campagna di informazione e i loro eventuali effetti sulla finanza pubblica.

 


Articolo 6
(Enti del Servizio sanitario nazionale della regione Abruzzo)

 


1. Per l'anno 2011, per gli enti del Servizio sanitario nazionale della regione Abruzzo, in conseguenza degli eventi sismici nel mese di aprile 2009, il primo e il secondo periodo del comma 28 dell'articolo 9 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, si applicano con riferimento all'anno 2010. Alla relativa disciplina, anche in coerenza con il programma operativo per il rientro del disavanzo sanitario della regione Abruzzo, si provvede con ordinanza di protezione civile a valere, ove necessario, sulle risorse di cui all'autorizzazione di spesa dell'articolo 14, comma 5, del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n. 77.


 

 

L’articolo in commento reca misure in sostegno del personale a tempo determinato e con tipi di contratto di lavoro flessibile, utilizzato dagli enti del servizio sanitario della regione Abruzzo.

In considerazione degli eventi sismici dell’aprile 2009, l’articolo 6 modifica il parametro annuale su cui computare il limite percentuale della spesa per il personale degli enti del servizio sanitario della regione Abruzzo con contratti a tempo determinato o con tipologie di contratto di lavoro flessibile (limite pari al 50 per cento della spesa sostenuta per le medesime finalità nel 2010). Si demanda l’effettiva disciplina della fattispecie alla fonte dell’ordinanza di protezione civile.

 

In conseguenza degli eventi sismici del mese di aprile 2009, l’articolo in commento reca misure a sostegno degli enti del servizio sanitario nazionale della regione Abruzzo.

In particolare, viene modificato, spostandolo al 2010, il parametro annuale su cui computare per il 2011:

§      il limite della spesa per il personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa;

§      la spesa relativa a contratti di formazione-lavoro, ad altri rapporti formativi, alla somministrazione di lavoro, nonché al lavoro accessorio.

 

In base alla disciplina recata dall’articolo 9, comma 28, del D.L. 78/2010[64], a decorrere dal 2011 la spesa per il personale degli enti del Servizio sanitario nazionale a tempo determinato e con le tipologie di contratto di lavoro flessibile sopra descritte deve essere contenuta nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009.

 

L’articolo in commento reca pertanto una deroga alla disciplina generale, la cui applicazione, anche in considerazione del programma operativo per il rientro del disavanzo sanitario della stessa regione Abruzzo, è demandata ad ordinanze di protezione civile.

 

Ove necessario, gli eventuali oneri saranno a valere sull’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 14, comma 5 del decreto legge n. 39/2009, destinata agli interventi di ricostruzione in Abruzzo e alle altre misure a favore della popolazione colpita dal sisma dell’aprile 2009, contenute nel citato decreto.

L’articolo 14, comma 5 del decreto legge n. 39/2009 ha stanziato per gli interventi di ricostruzione e per le altre misure a favore della popolazione abruzzese contenute nel decreto - in aggiunta alle risorse previste per far fronte alle medesime finalità dall’articolo 14, comma 1 – la somma di 27 milioni di euro per l’anno 2009, di 260 milioni per l’anno 2010, di 350 milioni per il 2011 e 30 milioni per il 2012.

La predetta autorizzazione di spesa è iscritta nello stato di previsione del Ministero dell’economia e finanze,  capitolo 7462, il quale – a legge di bilancio 2011– riporta la somma di 350 mln per il 2011, di 30 milioni per il 2012 e nessuno stanziamento per il 2013.

Si osserva che il Dipartimento per la protezione civile, in una Nota depositata presso il Senato in risposta alle osservazioni sollevate dal Servizio Bilancio del Senato[65] in ordine alla copertura finanziaria di cui all’articolo 6 in esame, ha osservato che gli impieghi promossi in attuazione della disposizione in questione sono compatibili con le previsioni del capitolo 7462.

 

 

Profili finanziari

 

La relazione tecnica non considera la disposizione in esame.

Il Governo, nella documentazione trasmessa l’11 aprile 2011, ha precisato preliminarmente che l’applicabilità agli enti del SSN della norma di contenimento della spesa per il personale a contratto flessibile (comma 28 dell’articolo 9 del decreto-legge n. 78/2010) è solo in termini di principio[66]. Pertanto le regioni non sono vincolate al rispetto puntuale del limite di spesa ma possono modulare l’intervento garantendo comunque una riduzione tendenziale di tale componente di spesa. Il Governo, inoltre, precisa che la relazione tecnica al citato articolo 9 del decreto-legge n. 78/2010 non associava effetti di risparmio alla norma di contenimento del lavoro flessibile con riferimento al sistema della autonomie, ivi compresi gli enti del SSN.

Sulla base di tali precisazioni, il Governo esclude la necessità di ricorrere alla copertura finanziaria della disposizione, peraltro prevista dalla norma stessa come eventuale, in quanto la regione Abruzzo, in coerenza con il piano di rientro dal deficit sanitario in atto, ha già adottato stringenti misure di riduzione della spesa per il personale[67] che consentono il pieno rispetto del vincolo previsto in materia dall’articolo 2, commi 71-74, della legge n. 191/2009[68]. Inoltre, la regione Abruzzo sta predisponendo per gli anni 2011 e 2012 un programma operativo che dovrà prevedere specifiche misure di contenimento della spesa anche per il lavoro flessibile.

Infine, anche sulla scorta della precisazione trasmessa dal Dipartimento della Protezione civile, il Governo chiarisce che le risorse di cui all’articolo 14, comma 5, del decreto-legge n. 39/2009 (il cui possibile utilizzo è da considerare meramente cautelativo) risultano iscritte per l’anno 2011 sul capitolo 7462/MEF e sono attualmente disponibili per l’importo di 262,5 milioni di euro.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare, tenuto conto di quanto precisato dal Governo e considerato, altresì, che i risparmi ascritti alle disposizioni del decreto-legge n. 78/2010, cui si deroga, erano stati computati escludendo il comparto delle autonomie.

 


Articolo 7
(Operatività della Cassa Depositi e prestiti – CDP S.p.A.)

 


1. Dopo il comma 8 dell'articolo 5 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, è inserito il seguente:

«8-bis. Fermo restando quanto previsto al comma 8, CDP S.p.A. può altresì assumere partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale in termini di strategicità del settore di operatività, di livelli occupazionali, di entità di fatturato ovvero di ricadute per il sistema economico-produttivo del Paese, e che risultino in una stabile situazione di equilibrio finanziario, patrimoniale ed economico e siano caratterizzate da adeguate prospettive di redditività. Ai fini della qualificazione di società di interesse nazionale, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di natura non regolamentare sono definiti i requisiti, anche quantitativi, delle società oggetto di possibile acquisizione da parte di CDP S.p.A. ai sensi del presente comma. Il decreto è trasmesso alle Camere. Le medesime partecipazioni possono essere acquisite anche attraverso veicoli societari o fondi di investimento partecipati da CDP S.p.A. ed eventualmente da società private o controllate dallo Stato o enti pubblici. Nel caso in cui dette partecipazioni siano acquisite mediante utilizzo di risorse provenienti dalla raccolta postale, le stesse sono contabilizzate nella gestione separata di cui al comma 8».


 

 

L'articolo 7, modificato nel corso dell’esame al Senato, è volto ad ampliare l’ambito di operatività della Cassa depositi e prestiti S.p.a. (CDP)

 

A tal fine, all’articolo 5 del decreto legge n. 269/2003[69] è aggiunto un nuovo comma 8-bis che - ferme restando le modalità di gestione delle partecipazioni previste dal comma 8 del medesimo articolo 5 - consente alla CDP di assumere partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale in termini di:

 

§      strategicità del settore di operatività,

§      livelli occupazionali,

§      entità di fatturato

§      e di ricadute per il sistema economico-produttivo del Paese.

 

A seguito della modifica introdotta nel corso dell’esame al Senato, le società le cui partecipazioni possono essere oggetto di acquisizione dalla CDP devono altresì risultare in una stabile situazione di equilibrio finanziario, patrimoniale ed economico ed essere caratterizzate da adeguate prospettive di redditività.

 

La definizione dei requisiti, anche quantitativi, che devono possedere le società ai fini della qualificazione di “società di interesse nazionale” è demandata ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, che deve essere trasmesso alle Camere.

Si osserva, al riguardo, che non è fissato un termine per l'adozione del predetto decreto.

 

Il terzo periodo del nuovo comma 8-bis, specifica che le predette partecipazioni in società di interesse nazionale possono essere acquisite dalla CDP anche attraverso:

§      veicoli societari

§      fondi di investimento partecipati dalla Società

§      ed eventualmente da società private o controllate dallo Stato o enti pubblici.

Qualora l’acquisizione delle partecipazioni da parte della CDP avvenga utilizzando risorse provenienti dalla raccolta postale, esse devono essere contabilizzate nella “gestione separata” della Società.

 

 

Si segnala che lo Statuto della CDP è stato modificato dall’Assemblea straordinaria della Società, svoltasi il 14 aprile 2011, al fine di adeguarlo a quanto previsto dal decreto legge in esame. La modifica statutaria ha dunque previsto l’inclusione, nell’elenco delle attività che costituiscono l’oggetto sociale della CDP, dell'assunzione di partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale. Nello Statuto è stato inoltre già richiamato quanto previsto a seguito delle modifiche introdotte al Senato, laddove si specifica che le società oggetto di possibile acquisizione devono trovarsi in una “stabile situazione di equilibrio finanziario, patrimoniale ed economico  con adeguate prospettive di redditività” e devono avere i requisiti che saranno indicati dal citato decreto del Ministro dell'economia.

 

In relazione a quanto previsto dall’articolo 7 in commento, si segnala altresì che il Consiglio dei Ministri del 31 Marzo 2011 "ha autorizzato il Ministro dell’economia e delle finanze a predisporre ed attivare strumenti di finanziamento e capitalizzazione, analoghi a quelli in essere in altri Paesi europei, mirati ad assumere partecipazioni in società di interesse nazionale rilevante in termini di strategicità del settore, di livelli occupazionali, etc. “. In tale comunicato stampa si afferma che “Parmalat è inclusa nella casistica di cui sopra" [70].

 

Appare opportuno evidenziare, in via generale, come l’articolo in esame si collochi nell’ambito di una serie di modifiche al regime giuridico della Cassa depositi introdotte dal Legislatore negli ultimi anni al fine ampliarne l’operatività - sia in termini di oggetto sociale sia con riferimento alle possibilità di utilizzo dei fondi provenienti dalla raccolta postale - nella prospettiva della creazione di migliori condizioni di accesso al credito e alla liquidità per le imprese nazionali.

 

In particolare, il primo intervento in tal senso è stato disposto dall’articolo 22 del decreto legge n. 185 del 2008[71], che ha consentito l’utilizzo dei fondi provenienti dalla raccolta postale (libretti di risparmio postale e buoni fruttiferi postali) per il compimento “di ogni altra operazione di interesse pubblico prevista dallo statuto sociale della CDP S.p.A., nei confronti dei soggetti istituzionali pubblici o promossa dai medesimi soggetti”.

 

Una serie di modifiche sono state poi specificamente introdotte ai fini dell’estensione dei soggetti beneficiari dei finanziamenti concessi da parte di CDP attraverso l’uso delle risorse della raccolta del risparmio postale. A tale ultimo riguardo, il decreto legge n.5 del 2009[72], all’articolo 3, comma 4-bis, ha permesso l’utilizzo dei fondi della raccolta postale anche per finanziare, attraverso l’intermediazione degli enti creditizi, le piccole e medie imprese.

 

In seguito, l’articolo 2, comma 235, della legge finanziaria 2010 (legge n. 191/2009) ha previsto che le operazioni di finanziamento effettuate dalla  CDP a favore delle piccole e medie imprese attraverso le risorse della raccolta postale – oggetto di gestione contabile separata - possano svolgersi - oltre che attraverso l’intermediazione degli enti creditizi - anche attraverso la sottoscrizione di fondi comuni di investimento gestiti da una società di gestione del risparmio, il cui oggetto sociale realizza uno o più fini istituzionali della stessa CDP.

Si ricorda che per garantire credito e liquidità alle imprese, la CDP ha messo a disposizione, nella seconda metà del 2009, una provvista di 8 miliardi di euro per il finanziamento delle Piccole e medie imprese (cd. Plafond PMI). Si rammenta, altresì, che il 16 febbraio 2011 è stato firmato l’Accordo per il Credito alle PMI tra il Presidente del Consiglio, il Ministro dell'Economia e delle Finanze e i vertici dell'ABI, che ha, tra l’altro, accordato la possibilità per le PMI della sospensione - per un periodo di 12 mesi - del pagamento della quota capitale delle rate dei mutui in essere con il sistema creditizio. Allo scopo, CDP ha messo a disposizione del sistema bancario il “Plafond Accordo PMI”, pari a 1 miliardo di euro, regolato da una nuova Convenzione CDP-ABI, sottoscritta il 24 marzo 2011.

 

Nell’ambito degli interventi a favore delle popolazioni abruzzesi colpite dal sisma contenute nel decreto legge n. 39/2009[73], è stato inoltre previsto che CDP – utilizzando i fondi provenienti dalla raccolta postale - metta a disposizione delle banche una provvista di 2 miliardi di euro ai fini della concessione da parte di queste ai soggetti privati di finanziamenti per la riparazione o ricostruzione di immobili “prima casa” (art. 3, comma 3). Tali finanziamenti sono assistiti da garanzia statale.

 

Infine, ai sensi dell’articolo 8 del decreto legge n. 78/2009[74], Cassa depositi e prestiti partecipa con la SACE al sistema integrato di sostegno finanziario all’internazionalizzazione, cd. “Export-banca”. Le operazioni di internazionalizzazione assistite da garanzia o assicurazione SACE possono essere finanziate da CDP con le risorse provenienti dalla raccolta del risparmio postale, dall’emissione di titoli, dall’assunzione di finanziamenti o da altre operazioni finanziarie.

In tale ultima fattispecie il finanziamento da parte di CDP è indiretto: CDP fornisce una provvista vincolata alle banche e indica il livello massimo che le banche possono sommare al costo della provvista. L’intervento diretto di CDP è consentito in taluni casi: indisponibilità del sistema bancario, indisponibilità delle banche ad accettare il livello massimo del margine indicato, nel caso di operazioni su settori di interesse strategico. La disciplina attuativa del sistema di sostegno export banca di cui all’articolo 9 del D.L. n. 78/2010 è contenuta nel Decreto del Ministero dell’economia e finanze  22 gennaio 2010, recante “Autorizzazione alla Cassa depositi e prestiti S.p.A. a fornire, alle banche italiane e alle succursali di banche estere comunitarie ed extracomunitarie operanti in Italia, la provvista per effettuare operazioni di finanziamento a sostegno dell'internazionalizzazione delle imprese”. Il 6 aprile 2011 è stata firmata la “Convenzione Export Banca” ABI – CDP – SACE. L’accordo definisce le modalità di intervento di CDP (“indiretto” e “diretto”).

 

La disciplina generale della Cassa depositi e prestiti

 

L’articolo 5 del decreto-legge n. 269 del 2003 ha disposto la trasformazione della Cassa depositi e prestiti in società per azioni con la denominazione di «Cassa depositi e prestiti società per azioni» (CDP S.p.A.), disciplinandone il relativo ambito di operatività. Attualmente, Cassa depositi e prestiti è una società per azioni controllata dallo Stato, che possiede il 70% del capitale, mentre il restante 30% è posseduto da 66 fondazioni di origine bancaria[75].

Per ciò che attiene all’attività di Cassa depositi e prestiti S.p.A., l’articolo 5, comma 7 del D.L. n. 269/2003 prevede che essa consista nel finanziamento:

a)    sotto qualsiasi forma, di Stato, Regioni, enti locali, enti pubblici e organismi di diritto pubblico, precipuamente mediante l’utilizzo dei fondi provenienti dalla raccolta del risparmio postale [76], assistiti dalla garanzia dello Stato e in regime di gestione separata [77].

L’utilizzo dei fondi provenienti dalla raccolta postale è peraltro consentito – ai sensi della norma in oggetto - per il compimento di ogni altra operazione di interesse pubblico prevista dallo statuto sociale della CDP S.p.A., nei confronti dei soggetti istituzionali pubblici o promossa dai medesimi soggetti.

Quest’ultima previsione – che consente a CDP di estendere l’ambito delle attività compiute attraverso l’utilizzo dei fondi della raccolta postale - è stata introdotta nell’articolo 5, comma 7, lettera a) del D.L. n. 269/2003 dall’articolo 22 del decreto legge n. 185/2008. Il decreto n. 185 citato è stato il primo di una serie di provvedimenti legislativi adottati dal Governo tra il 2008 ed il 2009, aventi finalità “anti-crisi” e contenenti a tal fine disposizioni volte a creare – anche attraverso l’utilizzo dei Fondi gestiti da CDP S.p.a - maggiori condizioni di accesso al credito e alla liquidità alle imprese nazionali (sul punto, cfr. supra);

b)    nel finanziamento, in qualsiasi forma, di opere, impianti, reti e dotazioni destinati alla fornitura di servizi pubblici ed alle bonifiche, attraverso l’utilizzo di fondi provenienti dall'emissione di titoli, dall'assunzione di finanziamenti e da altre operazioni finanziarie, senza garanzia dello Stato e con raccolta esclusivamente presso investitori istituzionali.

 

Ai sensi dell’articolo 5, comma 8, del D.L. n. 269, attività di Cassa depositi e prestiti è anche l’assunzione di partecipazioni e lo svolgimento delle attività, strumentali, connesse e accessorie all’assunzione di queste.

Allo stato, il portafoglio azionario di CDP è composto da società quotate, non quotate e da quote di fondi di private equity.

Secondo dati aggiornati al 18 gennaio 2011, pubblicati sul sito della Società, CDP è proprietaria, tra l’altro, del 26,4% di Eni e del 29,9% di Terna.  

La Tabella che segue illustra il portafoglio partecipazioni di Cassa depositi e prestiti S.p.a, pubblicato sul sito della Società [78] e aggiornato al 18 gennaio 2011.

 

* Quota di partecipazione al capitale di ICS, banca pubblica residua ai sensi dell’art. 151 TUB ed ente di diritto pubblico con gestione autonoma.

** In liquidazione

 

Il riassetto del portafoglio azionario di Cassa depositi e prestiti S.p.a. è avvenuto con il Decreto del Ministero dell’Economia e finanze del 30 novembre 2010, che ha disposto lo scambio di partecipazioni azionarie tra il ministero dell’Economia e CDP[79].

 

Si ricorda, infine, che il citato articolo 5, comma 8, al secondo periodo, istituisce un sistema di gestione separata organizzativa e contabile uniformata a criteri di trasparenza e di salvaguardia dell’equilibrio economico tra le attività di interesse economico generale, di cui al comma 7 lettera a) dell’articolo 5, cioè le attività che prevedono l’utilizzo dei fondi della raccolta del risparmio postale, e le altre attività svolte dalla società.

In particolare, il comma 8 assegna alla gestione separata le partecipazioni e le attività ad essa strumentali, connesse e accessorie, e le attività di assistenza e di consulenza in favore dei soggetti istituzionali di cui al comma 7, lettera a) citato.  

 I poteri di indirizzo e di vigilanza, anche regolamentari sulle attività in regime di gestione separata di CDP sono attribuiti al Ministero dell'economia e delle finanze. 

L’art. 8 del D.M. economia e finanze 5 dicembre 2003 ha previsto che CDP S.p.A. sottoponga al MEF, sentita la Banca d’Italia, i criteri di separazione organizzativa e contabile in base agli indirizzi forniti dallo stesso Ministero. Tali indirizzi sono stati forniti  con il D.M. economia e finanze 6 ottobre 2004 [80].

 

 

Profili finanziari

 

La relazione tecnica non considera l'articolo in esame, volto ad includere nell'oggetto sociale della Cassa l'assunzione, in via diretta o attraverso altri soggetti, di partecipazioni in società di rilevante interesse, con relativa contabilizzazione nella gestione separata[81] nel caso di utilizzo dei fondi della raccolta postale.

La relazione illustrativa afferma che dalla norma non derivano implicazioni finanziarie.

Nel corso dell’esame del provvedimento presso il Senato, il Governo[82] ha fornito alcuni chiarimenti inerenti il profilo finanziario della disposizione, riguardanti in particolare:

- una delimitazione della portata innovativa della disposizione che non modifica in modo sostanziale l’oggetto sociale della Cassa: quest’ultimo infatti già prevede la possibilità di acquisizione di partecipazioni azionarie delle quali vengono solo ampliate la tipologia e le modalità di acquisizione;

- l’assenza di rischi di riclassificazione della Cassa nel perimetro della pubblica amministrazione, trattandosi di un ente classificato come intermediario finanziario monetario in quanto rispondente ai requisiti a tal fine previsti in sede europea;

- l’assenza di riflessi sui saldi di finanza pubblica e sul fabbisogno dell’eventuale utilizzo delle giacenze del conto che CDP mantiene presso la Tesoreria centrale[83] al fine dell’acquisto di partecipazioni azionarie: tali giacenze sono infatti già incluse nel debito pubblico e remunerate con tassi di interesse in linea con quello praticato sui titoli del debito pubblico;

- l’assenza di un incremento di rischio a carico del risparmio postale in quanto l’eventuale utilizzo delle relative risorse al fine dell’acquisizione delle partecipazioni potrà comunque avvenire solo nei limiti del rischio massimo assorbibile dal capitale disponibile della CDP e dei vincoli di riserva obbligatoria cui questa è soggetta.

 

In merito ai profili di quantificazione, si prende atto dei chiarimenti forniti nel corso dell’esame della disposizione presso il Senato che ribadiscono l’assenza di effetti immediati e diretti sui saldi di finanza pubblica e sul debito pubblico.

Si osserva che detta neutralità finanziaria appare subordinata alla permanenza della classificazione della Cassa nel settore degli intermediari finanziari, ai fini dei conti economici nazionali, nonché, per quanto attiene al debito, al permanere di condizioni di operatività dell’Istituto che escludano la possibilità di escussioni della garanzia statale sulla raccolta postale.

 


Articolo 8
(Entrata in vigore)

 


1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.


 

 

L’articolo 8 dispone in ordine all’entrata in vigore del decreto-legge il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana avvenuta il 31 marzo 2011.

 


Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Agenda digitale europea

Con riferimento all’art. 4 del decreto-legge, si segnala che il 19 maggio 2010 la Commissione europea ha adottato la comunicazione “Un’agenda digitale europea” (COM(2010)245), una delle sette “iniziative faro” della Strategia UE 2020,che si articola in linee d’azione fondamentali per affrontare in modo sistematico sette aree problematiche.

La Commissione si dovrebbe adoperare, tra l’altro, per:

definire una politica efficiente in materia di spettro radio;

creare un vero e proprio mercato unico per i contenuti e i servizi online;

promuovere l'accesso a internet, in particolare mediante azioni a sostegno dell'alfabetizzazione digitale e dell'accessibilità;

Gli Stati membri dovrebbero:

elaborare strategie operative per internet ad alta velocità e orientare i finanziamenti pubblici, compresi i fondi strutturali, verso settori non totalmente coperti da investimenti privati;

creare un quadro legislativo per coordinare i lavori pubblici in modo da ridurre i costi di ampliamento della rete;

promuovere la diffusione e l'uso dei moderni servizi online .

 

Nell’ambito dell’agenda digitale europea, il 20 settembre 2010 la Commissione europea ha presentato un pacchetto di misure finalizzate al raggiungimento dell’obiettivo di fornire ai cittadini europei l’accesso alla banda larga (base per il 2013 e veloce per il 2020), composto da:

·      una proposta di decisione sulla creazione di un programma per la politica dello spettro radio (COM(2010)471) che espone orientamenti per la pianificazione strategica e l'armonizzazione dell'uso dello spettro radio per realizzare il mercato interno; mira a garantire l'uso e la gestione efficiente dello spettro radio, la promozione della neutralità della tecnologia e del servizio, l'applicazione di un sistema di autorizzazione più snello.

Fra gli obiettivi da perseguire da parte degli Stati membri e della Commissione vi sono: favorire il più possibile la disponibilità, la flessibilità, l’efficienza dello spettro radio, evitare distorsioni della concorrenza, nonché interferenze e disturbi nocivi, armonizzare le condizioni tecniche e garantire la tutela della salute; migliorare la visibilità dell'UE nelle trattative internazionali e offrire un ausilio agli Stati membri nelle trattative con i paesi terzi.

Entro il 2015 la Commissione dovrà trasmettere una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio e gli Stati membri dovranno attuare la decisione.

·      una comunicazione per promuovere gli investimenti nella rete di banda larga (COM(2010)472), che indica l’obiettivo di assicurare l’accesso a internet per tutti i cittadini ad una velocità di connessione superiore a 30 megabit per secondo, e per almeno il 50% delle famiglie la disponibilità di un accesso a internet con una velocità superiore a 100 Megabit per secondo entro il 2020;

·      una raccomandazione sull’accesso regolato alla rete Next Generation Access (NGA) (C(2010)6223, pubblicato in G.U.U.E. L, n. 251 del 25.9.2010) che mira a favorire lo sviluppo del mercato unico rafforzando la certezza del diritto e promuovendo gli investimenti, la concorrenza e l'innovazione sul mercato dei servizi a banda larga;

 

Con riferimento all’art. 5 del decreto-legge, si ricorda che il Consiglio europeo del 24-25 marzo 2011, intervenendo sul tema della sicurezza dell’energia nucleare, pur ricordando che il mix energetico è di competenza degli Stati membri, ha sottolineato la necessità di procedere, in via prioritaria, al riesame della sicurezza di tutte le centrali nucleari dell'UE sulla scorta di una valutazione esauriente e trasparente dei rischi ("stress test").

Il Consiglio europeo valuterà le prime conclusioni entro la fine del 2011 sulla base di una relazione della Commissione. A giudizio del Consiglio analoghi "stress test" andrebbero promossi nei paesi limitrofi e nel mondo, sia per le centrali esistenti sia per quelle in fase di progetto. Il Consiglio europeo è infine impegnato a seguire l’evoluzione degli eventi, a livello mondiale e nell'UE, prestando particolare attenzione alla volatilità dei prezzi dell'energia e delle materie prime.

 

Il 3 novembre 2010 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva (COM(2010)618) intesa a elevare gli standard di sicurezza per la gestione e lo smaltimento del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi prodotti dalle centrali nucleari nell’UE. La Commissione propone di istituire un quadro normativo UE giuridicamente vincolante per garantire che tutti gli Stati membri applichino le norme comuni elaborate nell'ambito dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA) per quanto concerne tutte le fasi della gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, fino al loro smaltimento definitivo.

In particolare, la Commissione chiede agli Stati membri di mettere a punto, entro quattro anni dall'adozione della direttiva, programmi nazionali che forniscano piani dettagliati relativi tutte le fasi di realizzazione e di gestione dei depositi per lo stoccaggio definitivo dei rifiuti. La proposta individua come principio generale la responsabilità ultima degli Stati membri per la gestione del proprio combustibile esaurito e dei propri residui radioattivi, specificando che i residui radioattivi vanno smaltiti nello Stato membro in cui sono stati prodotti. Tuttavia, è prevista la possibilità per due o più Stati membri di utilizzare un deposito per lo stoccaggio definitivo dei rifiuti ubicato sul territorio di uno di essi. Essa sottolinea, altresì, la necessità che l'opinione pubblica sia sempre informata dagli Stati membri, e coinvolta nel processo decisionale relativo alla gestione delle scorie nucleari. È infine prevista l'istituzione di un'autorità indipendente che rilasci le autorizzazioni a costruire i depositi e per ciascuno di essi verifichi l'analisi della sicurezza.

Il 22 dicembre 2009 la Commissione ha presentato un documento  di lavoro (SEC(2009)1654) che contiene i dati relativi all’uso delle risorse finanziarie destinate alle attività di smantellamento degli impianti nucleari (decommissioning) secondo il quale in Italia i costi (calcolati nel 2004) per lo smantellamento di tutti gli impianti nucleari (esclusi quelli provenienti dal centro di ricerca di Ispra), da realizzare entro il 2024, è valutato in circa 4 miliardi di euro, esclusi i costi per lo smaltimento di rifiuti ad alta attività e del combustibile esaurito non calcolabili in assenza di un sito definitivo di stoccaggio.

Relativamente all’articolo 20, si segnala che il 12 gennaio 2009 la Commissione ha presentato una comunicazione (COM(2008)903) intesa ad aggiornare, per il periodo 2004-2008, le informazioni trasmesse al Parlamento europeo e al Consiglio sugli sviluppi del programma per la disattivazione degli impianti nucleari obsoleti e la gestione dei rifiuti nucleari gestito dal Centro comune di ricerca (CCR) della Commissione europea, che comprende anche le attività di disattivazione svolte dal sito del CCR di Ispra (Italia).

Procedure di contenzioso

Il 18 luglio 2007 la Commissione europea ha inviato all’Italia un parere motivato ritenendo che l’Italia, con l’adozione di talune disposizioni di legge, sia venuta meno agli obblighi di cui all’articolo 9 della direttiva 2002/21/CE, (direttiva quadro per le reti e i servizi di comunicazione elettronica), agli articoli 3, 5 e 7 della direttiva 2002/20/CE (direttiva autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica), e agli articoli 2 e 4 della direttiva 2002/77/CE, (direttiva concorrenza nei mercati delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica).

In particolare la Commissione ritiene che il D.Lgs. 177 del 2005 (testo unico di radiodiffusione) e la legge n. 112 del 2004 non siano conformi all’articolo 9 della direttiva quadro e agli articoli 5 e 7 della direttiva autorizzazioni per un duplice ordine di fattori:

·   l’art. 27, comma 3 (Trasferimenti di impianti e rami d'azienda) del D.Lgs. 177 del 2005 e l’articolo 23, comma 3 (avvio delle trasmissioni televisive in tecnica digitale) della legge n. 112 del 2004, non sono conformi al principio di non discriminazione della direttiva autorizzazioni, in quanto non consentirebbero alle aziende che non esercitano l’attività di radiodiffusione l’acquisto o l’utilizzo di frequenze ai fini delle trasmissioni in tecnica digitale;

·   nonostante sia legittimo l’intento di agevolare il passaggio al digitale da parte degli operatori di trasmissioni in tecnica analogica già in attività, la legislazione non rispetterebbe il principio di proporzionalità poiché non limita il numero delle frequenze che gli operatori già attivi possono acquistare in digitale, sostituendo gli attuali programmi in analogica con un numero eguale di programmi in digitale; inoltre, le stesse aziende non sono obbligate a restituire le frequenze adesso utilizzate, una volta che si renderanno libere dopo il passaggio al digitale.

Con riguardo alla compatibilità delle disposizioni di legge con la direttiva sulla concorrenza, la Commissione afferma che le norme in contrasto con gli articoli 2 e 4 della direttiva concorrenza, in quanto attributive di diritti speciali, sarebbero le seguenti:

l’art. 25, comma 11, della legge n. 112 del 2004 che, prorogando fino alla data dello switch-off l’autorizzazione a trasmettere in analogica per gli operatori non titolari di concessione televisiva analogica, fornisce di fatto un vantaggio a questi ultimi a danno di altri che, pur essendo titolari di concessioni televisive analogiche, non possono trasmettere per mancanza di radiofrequenze;

l’art. 2-bis, comma 1, della legge n. 66/2001 (differimento di termini in materia di trasmissioni radiotelevisive analogiche e digitali), l’art. 23, comma 1 della legge n. 112 del 2004 e l’art. 25, comma 1, del D.Lgs. n.177 del 2005, che riservano solo ai titolari di attività di radiodiffusione in tecnica analogica la possibilità di avviare la sperimentazione in tecnica digitale, così conferendo ai medesimi un’evidente protezione dalla concorrenza esercitata sul nuovo mercato digitale dagli operatori che non sono più attivi nelle trasmissioni in analogica;

l’art. 23, comma 5, della legge n. 112 del 2004 che, dalla sua data di entrata in vigore fino a quella del switch-off, prevede che le licenze per il digitale siano assegnate agli operatori che già trasmettono in analogica e le cui reti digitali abbiano raggiunto una copertura non inferiore al 50% della popolazione; inoltre l’art. 25, comma 1, del D.Lgs. n. 177 del 2005, stabilisce che, fino alla data di attuazione del piano di assegnazione delle frequenze in tecnica digitale, tutti gli operatori esercenti radiodiffusione televisiva terrestre in tecnica analogica possono presentare domanda per la concessione delle autorizzazioni necessarie per avviare le trasmissioni in digitale. Tale disposizione concede un evidente vantaggio a detti operatori rispetto agli altri operatori che, non esercitando un’attività in tecnica analogica, non possono ottenere una licenza come operatore in tecnica digitale;

l’art. 23, comma 3, della legge n. 112 del 2004, che attribuisce ai soli titolari di cui sopra sia la possibilità di realizzare compravendita di frequenze e impianti ed esclusivamente per la realizzazione di reti digitali, sia di convertire tutte le reti analogiche in digitali ottenendo licenze per ciascuna di esse, comprese le reti per le quali non era stata loro accordata una concessione analogica. Tale meccanismo crea un evidente vantaggio – nell’affermarsi sul mercato dei servizi in tecnica digitale - per gli operatori (RAI e Mediaset) che controllano la maggior parte (80%) delle frequenze in tecnica analogica.

 

 



[1]    L’art. 9 Cost. assegna alla Repubblica il compito di promuovere lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica (comma 1) e di tutelare il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione (comma 2).

[2]    Al riguardo, il relatore per le parti di competenza della 7^ Commissione del Senato, sen. Asciutti, intervenendo l’11 aprile 2011 nell’ambito dell’esame presso le Commissioni 5^ e 7^ riunite, ha precisato che l’assegnazione di risorse stabili al FUS – indispensabile per consentire la programmazione dell’attività artistica – è legata in primo luogo alla riforma del settore lirico-sinfonico, prevista dal D.L. 64/2010. In particolare, essa è volta a ristabilire condizioni di funzionalità degli enti e a favorire un’adeguata razionalizzazione della spesa, ivi compresa la stipula di un nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro improntato a principi di forte recupero dell’efficienza e dell’efficacia gestionale (http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=SommComm&leg=16&id=530198).

     Sul punto, brevemente, si ricorda che con il D.L. 30 aprile 2010, n. 64 (L. n. 100/2010), è stato disposto un primo, urgente, intervento nel settore dello spettacolo, e in particolare nel settore lirico-sinfonico, per razionalizzare le spese e al contempo implementare la produttività e i livelli di qualità delle produzioni offerte. Il 15 febbraio 2011 è stato presentato al Parlamento il primo schema di regolamento di delegificazione (Atto 331, sul quale v. infra).

[3]    Gli stanziamenti sono allocati nella Missione Tutela e valorizzazione dei beni e attività culturali e paesaggistici (21), programma Sostegno, valorizzazione e tutela del settore dello spettacolo, nei seguenti capitoli rimodulabili: 1390 - Osservatorio per lo spettacolo; 1391 - Consiglio nazionale dello spettacolo e interventi integrativi per i singoli settori; 6120 e 6620 - Commissioni per l’erogazione dei contributi; 6621 - Fondazioni lirico sinfoniche; 6622 - Attività musicali; 6623 -Attività teatrali di prosa; 6624 - Danza; 6626 - Attività teatrali di prosa svolte da soggetti privati; 8570 - Produzione cinematografica; 8571 - Produzione, distribuzione, esercizio e industrie tecniche; 8573 - Promozione cinematografica; 8721 - Attività circensi e spettacolo viaggiante.

[4]    Si è addivenuti a tale procedura dopo l’intervento del nuovo art. 117 della Costituzione che ha affidato alla competenza concorrente la promozione e l’organizzazione di attività culturali, fra le quali la Corte costituzionale ha ricompreso lo spettacolo (sentenze n. 255 e 256 del 2004 e 285 del 2005). In particolare, nella sentenza 255/2004, la Corte si è pronunciata sull’art. 1 del D.L. 24/2003il quale, proprio in attesa che la legge di definizione dei principi fondamentali di cui all’art. 117 della Costituzione definisse gli ambiti di competenza dello Stato, ha stabilito che i criteri e le modalità di erogazione dei contributi alle attività dello spettacolo, previsti dalla L. 163/1985, e le aliquote di ripartizione annuale del FUS fossero indicati annualmente con decreti del Ministro per i beni e le attività culturali non aventi natura regolamentare. La Corte, pur confermando la legittimità della norma, in ragione del suo carattere transitorio, ha segnalato l’esigenza di prevedere opportuni strumenti di collaborazione con le autonomie regionali. Dopo l’intervento del D.L. 314/2004 (L. 26/2005), che confermava per il 2005 la disciplina transitoria, è intervenuta la L. 239/2005 che, in linea con quanto richiesto dalla Corte, ha introdotto l’intesa con la Conferenza unificata nella procedura di adozione dei decreti ministeriali previsti dal D.L. 24/2003 e ha eliminato la cadenza annuale per l’emanazione di questi ultimi.

     Le modalità di assegnazione dei contributi sono state fissate con DM 8 novembre 2007 (attività di danza), DM 9 novembre 2007 (attività musicali), DM 12 novembre 2007 (attività teatrali), DM 20 novembre 2007 (attività circensi e di spettacolo viaggiante), tutti successivamente modificati dal DM 3 agosto 2010. Con DM 29 ottobre 2007, successivamente modificato dal DM 24 aprile 2008, sono state fissate le modalità di assegnazione dei contributi per le Fondazioni liriche.

     Con riguardo al riparto dell’importo del FUS in aliquote tra i diversi settori dello spettacolo, l’ultimo decreto emanato – DM 4 marzo 2010 – ha assegnato per il 2010: il 47,5% agli enti lirici; il 18,5 % alle attività cinematografiche; il 16,3% alla prosa; il 13,7% alla musica; il 2,3% alla danza, l’1,5% all’attività circense; quote residue sono riservate al funzionamento delle commissioni e all’Osservatorio dello spettacolo.

     Si ricorda, infine, che annualmente, ai sensi dell’art. 6 della L. 163/1985, il Ministro presenta al Parlamento una documentazione conoscitiva e una relazione analitica sulla utilizzazione del FUS, nonché sull'andamento complessivo dello spettacolo. L’ultima relazione presentata è quella relativa al 2009, trasmessa alla Presidenza il 23 settembre 2010 (doc. LVI, n. 3).

     http://www.camera.it/_dati/leg16/lavori/documentiparlamentari/indiceetesti/056/003/pdfel.htm

[5]    L’art. 2, c. 16-quinquies, del D.L. 225/2010 riconosce un contributo di 3 milioni di euro per il 2011 a “ciascuna delle fondazioni lirico-sinfoniche di cui all’art. 1, c. 1, lett. f), del D.L. 64/2010, al fine di assicurare la prosecuzione delle attività esercitate, a condizione che nell’ultimo bilancio approvato: abbiano avuto un’incidenza del costo del personale non superiore, nell’ultimo bilancio approvato, ad un rapporto 2 a 1 rispetto all’ammontare dei ricavi provenienti dalla vendita di biglietti, e abbiano avuto ricavi provenienti dalla stessa vendita dei biglietti non inferiori al 70 per cento dell’ammontare del contributo statale.

     La disposizione richiamata si inserisce fra le norme generali regolatrici della materia cui attenersi in sede di emanazione dei regolamenti di delegificazione per il riordino del settore lirico-sinfonico, previsti dallo stesso art. 1, entro il termine di 18 mesi dall’entrata in vigore della legge di conversione del D.L. (quindi entro la fine del 2011). In particolare, la lett. f) citata contempla l’eventuale previsione di forme organizzative speciali per le fondazioni lirico-sinfoniche, in relazione alla loro peculiarità, alla loro assoluta rilevanza internazionale, alle loro eccezionali capacità produttive, per rilevanti ricavi propri o per il significativo e continuativo apporto finanziario di soggetti privati. Nella lettera inviata dal Ministero per i beni e le attività culturali al Consiglio di Stato il 30 dicembre 2010, allegata allo schema di regolamento concernente criteri e modalità di riconoscimento di forme organizzative speciali per le fondazioni lirico-sinfoniche (Atto 331), è indicato che tali requisiti sono posseduti, allo stato, solo dal Teatro alla Scala e dall’Accademia di S. Cecilia. Le Commissioni parlamentari hanno espresso il parere di competenza nei mesi di marzo e aprile 2011.

[6]    Senato della Repubblica, seduta del 18 aprile 2011 -

     http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Resaula&leg=16&id=531269

[7]    Disposizioni analoghe a quelle recate dall’art. 32 della L. 448/2001 – quanto all’unificazione dei contributi agli enti in un unico capitolo, alla determinazione dell’importo in tabella C) della legge finanziaria ed alle modalità di riparto – erano già previste dalla L. 28 dicembre 1995, n. 549 (art. 1, commi 40-44). Peraltro, il fatto che, dopo tale intervento, erano state approvate varie disposizioni recanti finanziamenti a specifici enti, ha indotto il legislatore ad intervenire nel 2001 per accorpare nuovamente il complesso degli stanziamenti all’interno di un’unica unità previsionale di base. A seguito della nuova unificazione dei contributi, i finanziamenti già accorpati in attuazione della L. 549/1995 sono divenuti la prima delle voci dello schema di riparto ora trasmesso alle Camere ai sensi dell’art. 32 della L. 448/2001.

[8]    La tabella delle istituzioni culturali ammesse al contributo ordinario dello Stato per il triennio 2009-2011, emanata con D.M. 17 novembre 2009, ha ripartito tra 121 istituti, per il 2009, la somma complessiva di 5.104.356,41 euro.

[9]    Lo stanziamento assegnato al capitolo 3671 dello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali per l’anno finanziario 2010 recava somme per 7,9 milioni di euro. A seguito dell’intervento del D.L. n. 78 del 2010, il sottosegretario competente, rispondendo, il 20 gennaio 2011, all’interrogazione 5-03856 presso la VII Commissione della Camera, aveva precisato che, per quanto riguarda il 2010, attraverso il reperimento di risorse da altri capitoli del bilancio, era stato possibile procedere all'erogazione del contributo ai soli istituti inseriti nella Tabella di cui all'art. 1 della L. 534/1996, con una somma ridotta di circa il 16% di quanto previsto all'atto dell'emanazione della Tabella medesima per il triennio 2009-2011. Il rappresentante del Governo aveva, poi, aggiunto che, analogamente a quanto avvenuto nel 2010, anche per il 2011 il Ministero si era adoperato per integrare i fondi stanziati dalla legge di stabilità in favore degli Istituti culturali con risorse trasferite dal capitolo sul quale gravano i contributi dei Comitati ed Edizioni nazionali che avevano portato ad una disponibilità simile a quella del 2010. Aveva quindi concluso che in tal modo potevano essere assicurati anche per il 2011 i soli contributi tabellari, se pure con una decurtazione paragonabile a quella applicata ai contributi 2010.

     http://xvi.intra.camera.it/453?shadow_organo_parlamentare=1500&bollet=_dati/leg16/lavori/bollet/201101/0120/html/07

[10]   La premessa al medesimo D.M. ha chiarito che dall’applicazione del D.L. 78/2010 è derivata una decurtazione pari al 6 per cento del totale.

[11]   http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Resaula&leg=16&id=531328

[12]   Per le disposizioni applicative della nuova disciplina, anche relative alle procedure di riscossione e di versamento del contributo, la norma rinviava ad un decreto interdirigenziale MIBAC-MEF.

[13]   D.lgs. 22 gennaio 2004, n. 28, Riforma della disciplina in materia di attività cinematografiche, a norma dell'articolo 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137. Tale provvedimento, nel prevedere una nuova disciplina organica in materia di cinematografia, ha definito un nuovo sistema di sostegno pubblico al cinema, mediante l’istituzione, presso il MIBAC, del Fondo per la produzione, la distribuzione, l’esercizio e le industrie tecniche, al quale affluiscono le risorse già esistenti, in particolare, nel Fondo di intervento, nel Fondo di sostegno e nel Fondo di garanzia, nonché la quota del cinema nell’ambito del Fondo unico dello spettacolo (FUS). Il D.M. 6 marzo 2006, in attuazione dell’art. 12, comma 5, del D.lgs., ha poi definito le modalità tecniche di gestione e di erogazione dei finanziamenti e dei contributi, nonché le modalità di monitoraggio ed impiego dei finanziamenti concessi. Con decreto ministeriale, sentita la Consulta territoriale per le attività cinematografiche, il Fondo viene ripartito annualmente tra le seguenti finalità (indicate dall’art. 12, comma 3, del D.lgs.): finanziamento di investimenti per la produzione di opere filmiche; contributi a favore di imprese di distribuzione ed esportazione; contributi a favore delle imprese e di esercizio e dei proprietari delle sale cinematografiche per la realizzazione, il ripristino e l'adeguamento delle medesime; contributi a favore delle industrie tecniche cinematografiche per ristrutturazione e adeguamento di stabilimenti per la produzione e la postproduzione; contributi destinati ad ulteriori esigenze del settore delle attività cinematografiche, salvo diversa determinazione del Ministro con riferimento ad altri settori dello spettacolo.

[14]    D.lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, recante il testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative.

[15]    Ai sensi dell’articolo 1, comma 9 del D.L. 21 febbraio 2005, n. 16, convertito in legge con modificazioni dalla L. 22 aprile 2005, n. 58.

[16]    Ai sensi dell’articolo 6 del D.lgs. 2 luglio 2007, n. 26.

[17]    Legge 23 dicembre 1996, n. 662, Misure di razionalizzazione della finanza pubblica.

[18]    Istituzione e disciplina dell'addizionale regionale all'imposta erariale di trascrizione di cui alla legge 23 dicembre 1977, n. 952 e successive modificazioni, dell'addizionale regionale all'accisa sul gas naturale e per le utenze esenti, di un'imposta sostitutiva dell'addizionale, e previsione della facoltà delle regioni a statuto ordinario di istituire un'imposta regionale sulla benzina per autotrazione.

[19]    Legge 24 febbraio 1992 n. 225, Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile.

[20]    D.L. 28 dicembre 2001, recante disposizioni urgenti in tema di accise, di gasolio per autotrazione, di smaltimento di oli usati, di giochi e scommesse, nonché sui rimborsi IVA, sulla pubblicità effettuata con veicoli, sulle contabilità speciali, sui generi di monopolio, sul trasferimento di beni demaniali, sulla giustizia tributaria, sul funzionamento del servizio nazionale della riscossione dei tributi e su contributi ad enti ed associazioni; è stato convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 27 febbraio 2002, n. 16.

[21]    Recante il conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell'articolo 4, comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59.

[22]    Recante la disciplina degli autoservizi di linea (autolinee) per viaggiatori, bagagli e pacchi agricoli in regime di concessione all'industria privata.

[23]    Relativo alla fissazione di norme comuni per i trasporti internazionali di viaggiatori effettuati con autobus.

[24]    Le aliquote attualmente vigenti sono applicate, rispettivamente, nella misura di 564,00 euro per 1000 litri per la benzina e di 423,00 euro per 1000 litri per il gasolio per autotrazione.

[25]    MEF, Dipartimento delle finanze, Nota dell’8 aprile 2011.

[26]   Il Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42) inserisce tra gli istituti e i luoghi della cultura (art. 101) l'area archeologica e il parco archeologico, definendoli rispettivamente come “un sito caratterizzato dalla presenza di resti di natura fossile o di manufatti o strutture preistorici o di età antica” e "un ambito territoriale caratterizzato da importanti evidenze archeologiche e dalla compresenza di valori storici, paesaggistici o ambientali, attrezzato come museo all'aperto".

[27]   Il Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici è organo consultivo a carattere tecnico-scientifico del Ministero per i beni e le attività culturali (art. 13 DPR n. 233 del 2007).

[28]   http://xvi.intra.camera.it/410?idSeduta=393

[29]   A tal fine, il Ministro riferiva che l’ufficio legislativo del Ministero si stava occupando della predisposizione degli atti costitutivi e statutari di una Fondazione per la gestione di Pompei.

[30] http://xvi.intra.camera.it/412?idSeduta=427&resoconto=stenografico&indice=alfabetico&tit=00020&fase=00040#sed0427.stenografico.tit00020.sub00040

[31]   L’area archeologica di Pompei è iscritta nella lista del Patrimonio Mondiale UNESCO dal 1997.

[32]   La strategia presentata si articolava in alcuni punti fondamentali, così riassunti dallo stesso rappresentante del Governo: “Ricostituire la soprintendenza autonoma di Pompei e dotare il soprintendente di poteri più incisivi per la tutela del sito; individuare gli strumenti necessari per l'adozione di un piano straordinario di manutenzione, con l'aumento del personale tecnico addetto e con l'invio immediato di una task force composta da archeologi, architetti e operai specializzati, per realizzare tutti gli interventi necessari; adottare una linea comune, già concordata con i rappresentanti della regione Campania e della provincia di Napoli, per il miglior utilizzo dei fondi europei sulle aree archeologiche interessate, sottolineando l'esigenza di destinare dei fondi FAS anche per l'area di Pompei”.

[33]   Analoga autonomia può essere altresì attribuita a musei, biblioteche pubbliche statali, archivi di Stato e soprintendenze archivistiche. In attuazione della citata normativa, con il D.M. 22 maggio 2001 è stata istituita la Soprintendenza speciale per l’archeologia di Roma e, con distinti decreti ministeriali, si è proceduto, in data 11 dicembre 2001, all’individuazione delle soprintendenze speciali per i poli museali romano, fiorentino, napoletano e veneziano.

[34]   In particolare, il c. 8 dell’art. 9 prevedeva che le somme assegnate alla Soprintendenza autonoma dall'amministrazione centrale del MIBAC e ogni altro provento esterno affluissero al bilancio della medesima Soprintendenza. I proventi esterni dovevano essere finalizzati alle attività di recupero, restauro, adeguamento strutturale e funzionale. Gli introiti derivanti dai servizi aggiuntivi e quelli provenienti dai biglietti d'ingresso agli scavi e alle altre aree e complessi archeologici erano destinati ad interventi di adeguamento strutturale e funzionale, restauri, recupero archeologico, attività di promozione culturale, di godimento del bene stesso e di incentivazione della occupazione ed alle altre attività da realizzare nelle medesime aree ed erano acquisiti al bilancio della Soprintendenza. Inoltre, al fine di promuovere, in ambito nazionale e internazionale, l'immagine degli scavi di Pompei e degli altri complessi archeologici, la Soprintendenza era autorizzata a realizzare iniziative miranti alla valorizzazione del sito archeologico, anche con accordi di programma, con gli enti locali territoriali, con gli altri soggetti pubblici e privati interessati e con la regione Campania (art. 9, c. 9).

[35]   In base alle informazioni assunte dalla Soprintendenza, si tratta, in particolare, di: Museo Archeologico Nazionale, Parco archeologico Pausilypon (Villa di Vedio Pollione e Grotta di Seiano), Area archeologica di Carminiello ai Mannesi, Parco e Tomba di Virgilio (Crypta Neapolitana), Parco archeologico sommerso della Gaiola, Villa romana e terme di via Terracina, Museo dell’Opera di Santa Chiara e Museo dell’Opera di San Lorenzo Maggiore in Napoli; Grotta azzurra e Villa romana di Damecuta in Anacapri; Museo Archeologico dei Campi Flegrei, del Parco archeologico delle Terme di Baia, Parco archeologico sommerso di Baia, Grotta della Dragonara, Monumento archeologico di Cento Camerelle, Parco monumentale di Baia, Tombadi Agrippina, Piscina Mirabile, Sacello degli Augustali e Teatro di Miseno e Necropoli di Cappella in Bacoli; Scavi e Antiquarium di Villa Regina in Boscoreale; Villa Iovis e Certosa di San Giacomo in Capri; Scavi di Stabia (Villa San Marco) in Castellammare di Stabia; Scavi di Ercolano; Parco archeologico in Giugliano in Campania; Museo Archeologico dell’antica Pithecusae in Lacco Ameno; Museo storico archeologico dell’Antica Nola, Area archeologica in località Croce del Papa (villaggio preistorico) in Nola; Museo Archeologico della Penisola Sorrentina "G. Vallet" in Piano di Sorrento; Scavi di Pompei; Anfiteatro Flavio, Serapeo – Macellum, Necropoli monumentale di Via Celle, Rione Terra, Ipogei del Fondo Caiazzo e Parco archeologico di Cuma in Pozzuoli; Scavi di Oplontis in Torre Annunziata; Antiquarium dell’antica Aequana in Vico Equense.

[36]   L’abrogazione esplicita dell’art. 9 della L. n. 352 del 1997 era stata disposta, prima dall'art. 7, c. 3, del D.lgs. 3/2004, a decorrere dalla data di entrata in vigore dei regolamenti – da emanarsi con DPR – di individuazione ed organizzazione degli istituti dotati di autonomia, e successivamente, dal c. 8 dell'art. 23 del D.P.R. 173/2004, con la medesima decorrenza. Di fatto, a seguito dell’art. 15, c. 5, del DPR 233/2007 - che prevedeva che gli istituti potessero essere riordinati mediante decreti ministeriali emanati ai sensi dell'articolo 17, c. 4-bis, della L. 400/1988 -, è intervenuto il DM 7 ottobre 2008. Esso contiene disposizioni per la composizione del Consiglio di amministrazione e del Collegio dei revisori dei conti delle Soprintendenze speciali, tra le quali viene esplicitamente citata la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei. Per completezza, si evidenzia che, a seguito del DPR 91/2009, l’art. 15 del DPR 233/2007 è stato modificato prevedendo che l'organizzazione ed il funzionamento degli Istituti dotati di autonomia speciale sono definiti con regolamenti emanati con DPR. Fino all'entrata in vigore dei predetti regolamenti, continua ad applicarsi la normativa vigente.

[37]   A seguito della dichiarazione di stato di emergenza, sono state emanate nel tempo varie ordinanze di protezione civile, delle quali, di seguito, si ricordano le principali.

     Con l’Ordinanza 11 luglio 2008, n. 3692 è nominato un Commissariodelegato alla realizzazione degli interventi e ne vengono definiti i compiti. Il Commissario è tenuto a predisporre un Piano che include, tra l’altro: misure di sicurezza e di salvaguardia dell'area; allontanamento degli insediamenti abusivi in prossimità del sito archeologico; affidamento, a soggetti privati, dei servizi di vigilanza. Al fine di supportare il Commissario, si dispone, inoltre, l’istituzione con decreto del MIBAC di una Commissione generale d'indirizzo e coordinamento. Nell'espletamento delle iniziative volte alla tutela del patrimonio archeologico, il Commissario provvede d'intesa con il Sovrintendente di Napoli e Pompei, ferme restando le competenze della Soprintendenza. Per i primi interventi, viene stanziata la somma di 40 milioni di euro, da trasferire dalla contabilità del sovrintendente di Pompei ad una contabilità speciale, appositamente istituita, intestata al Commissario delegato.

     Con le Ordinanze n. 3707 del 3 ottobre 2008 (art. 18) e n. 3795 del 30 luglio 2009 i compiti del Commissario delegato sono ampliati alle iniziative ricadenti nella competenza territoriale della Sovrintendenza di Napoli e Pompei strettamente correlate al superamento della situazione di emergenza. In base all’Ordinanza del 2009, inoltre, il Piano degli interventi predisposto dal Commissario include anche l'organizzazione dei servizi di guida ai turisti e l'elaborazione di attività attinenti alla promozione e valorizzazione delle aree. Il provvedimento autorizza, altresì, il Commissario delegato a riallocare le attività commerciali nei luoghi circostanti l'area archeologica, provvedendo anche all’adozione di un Piano di individuazione delle aree nelle quali vietare o sottoporre a condizioni particolari l’esercizio del commercio.

     Con l’Ordinanza n. 3851 del 19 febbraio 2010, in particolare, sono trasferiti sulla contabilità speciale intestata al Commissario 21 milioni di euro – a valere sulle risorse FAS (Fondo per le aree sottoutilizzate - 2007/2013) assegnate alla Regione Campania – nonché 18 milioni di euro a carico della contabilità della Soprintendenza speciale, destinati, in particolare, ad interventi di messa in sicurezza, salvaguardia e valorizzazione del patrimonio archeologico e storico-artistico, nonché ad assicurare la tutela della salute pubblica nell’area archeologica.

     A seguito della revoca dello stato di emergenza, l’Ordinanza n. 3884 del 18 giugno 2010 ha dettato disposizioni relative alla fase post-emergenziale, fissando al 31 luglio 2010 la data di cessazione dell’incarico del Commissario delegato: dopo tale termine, le risorse finanziarie residue presenti sulla contabilità speciale intestata al Commissario confluiscono nella contabilità della Soprintendenza speciale. In base alla medesima ordinanza, inoltre, il Commissario delegato, avvalendosi di un consulente giuridico e della collaborazione delle strutture del MIBAC, era tenuto ad elaborare una proposta per la costituzione di una Fondazione di partecipazione finalizzata alla gestione, valorizzazione e promozione del patrimonio archeologico e museale di Pompei, Ercolano e degli altri siti di competenza dell'ex Soprintendenza archeologica di Pompei. Tuttavia, tale ultima disposizione è stata successivamente abrogata dall’art. 11 dell’Ordinanza n. 3885 del 2 luglio 2010.

     Con riferimento alle ordinanze in questione, si ricorda che la Corte dei conti – sezione centrale di controllo di legittimità su atti del Governo e delle amministrazioni dello Stato, nella deliberazione n. 16/2010/P del 20 luglio 2010 in ordine alla mancata sottoposizione delle stesse al suo controllo preventivo di legittimità, ha affermato in via incidentale “il convincimento che, nel caso dell’area archeologica di Pompei, i presupposti per la dichiarazione dello stato di emergenza fossero sostanzialmente assenti”.

     http://www.corteconti.it/opencms/opencms/handle404?exporturi=/export/sites/portalecdc/_documenti/controllo/sez_legittimita/2010/delibera_16_2010_p.pdf&%5d

[38]    Si ricorda che la copertura originaria degli oneri derivanti dall’Accordo sottoscritto il 18 luglio 2008 era contenuta nell’articolo 11, comma 12, del D.L. n. 90/2008, che è stato pertanto novellato dal citato articolo 3, comma 2, del D.L. n. 196/2010 al fine di garantire copertura agli oneri come complessivamente considerati dall’ultima versione dell’Accordo dell’8 aprile 2009.

[39]    Si ricorda, infatti, che la legge n. 191 del 2009, all’articolo 2, comma 90, prevede che le regioni interessate dai piani di rientro dai disavanzi sanitari, d’intesa con il Governo, possano utilizzare a copertura dei debiti sanitari le risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate relative ai programmi di interesse strategico regionale (delibera CIPE n. 1/2009), nel limite individuato nella delibera di presa d’atto dei singoli piani attuativi regionali da parte del CIPE.

[40]    Riparto definito con la delibera CIPE n. 166 del dicembre 2007.

[41]    Con Nota del Ministero dell’economia –  Ragioneria generale dello Stato dell’11 aprile 2011.

[42]    Con Nota del Ministero per i beni e le attività culturali dell’11 aprile 2011.

[43]    Con l’ordine del giorno G1.101 (testo 2) accolto nella seduta del 19 aprile 2011, il Governo si è peraltro impegnato a “vincolare alla permanenza presso le sedi di servizio della medesima Soprintendenza il nuovo personale di III area, assunto nell'ambito delle graduatorie in corso di validità, per un triennio dalla data di assunzione”.

[44]    Il richiamato articolo 74, comma 1, ha disposto l’obbligo, per le amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo (ivi comprese – precisa la disposizione – la Presidenza del Consiglio e le agenzie, incluse le agenzie fiscali), gli enti pubblici non economici, gli enti di ricerca e gli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 165/2001, di ridimensionare, entro il 30 novembre 2008, gli assetti organizzativi esistenti secondo principi di efficienza, razionalità ed economicità, riducendo in corrispondenza le dotazioni organiche. In particolare, il comma ha disposto la riduzione degli uffici dirigenziali di livello generale e di quelli di livello non generale, in misura non inferiore, rispettivamente, al 20 e al 15 per cento, sulla base di criteri puntualmente indicati dalla norma ed orientati verso la concentrazione delle funzioni e l’accorpamento delle strutture. Lo stesso comma ha altresì previsto la riorganizzazione delle strutture periferiche delle amministrazioni statali. Alle amministrazioni inadempienti è fatto divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsiasi contratto. Il ridimensionamento degli assetti organizzativi dovrà essere attuato da tali organismi “secondo i rispettivi ordinamenti” (per quanto riguarda i Ministeri – è da ritenersi – mediante i regolamenti di organizzazione di cui all’articolo 17, comma 4-bis, della L. 400/1988).

[45]    Nella terza area è compreso anche il personale dei ruoli ad esaurimento che conserva il proprio trattamento economico.

[46]    Protocollo 49432 dell’11 aprile 2011.

[47]    “Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile”.

[48]    Tale precisazione è stata resa con nota del Ministero per i beni e le attività culturali dell’11 aprile 2011. Si veda, inoltre, il contratto stipulato tra il Ministero per i beni e le attività culturali e ALES nel mese di gennaio 2011 per l’affidamento di servizi in Lazio e Campania:

http://www.uilbac.it/phpbb/download/file.php?id=336&sid=8f8d18b2eec303ecf58aad6bc43d90dc

[49]    Con Nota del Ministero dell’economia – Ragioneria generale dello Stato dell’11 aprile 2011.

[50]    Con Nota del Ministero per i beni e le attività culturali dell’11 aprile 2011.

[51]    Sono soggetti ad obblighi di pubblicazione sovranazionale i contratti pubblici di rilevanza comunitaria, cd. appalti sopra soglia, ovvero gli appalti di lavori pubblici o concessioni pari o superiori a 4.845.000 euro, a 125.000 euro per appalti di forniture e servizi pubblici e a 193.000 euro per i contratti stipulati dagli altri soggetti tenuti all’osservanza delle direttive comunitarie. Per gli appalti sopra soglia la pubblicità deve essere effettuata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e per estratto su almeno due dei principali quotidiani a diffusione nazionale e su almeno due (uno in caso di appalti di forniture e servizi) quotidiani a maggiore diffusione regionale.

[52]    Con Nota del Ministero per i beni e le attività culturali dell’11 aprile 2011.

[53]    Si ricorda che l'articolo 39-vicies septies del decreto legge 273/2005 ha espressamente previsto che il citato l'articolo 4, comma 3, del DPR 240/2003 si applichi anche nei confronti della soprintendenza archeologica di Pompei.

[54]    Nota MEF-RGS 11 aprile 2011.

[55]    Decreto legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito con legge 26 febbraio 2011, n. 10, recante  Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie.

[56]    Cfr. la Nota del 15 aprile 2011, depositata presso la Commissione bilancio del Senato.

[57]    Operanti in ambito locale al primo gennaio 2011, ma non destinatari di diritti d’uso sulla base delle graduatorie.

[58]    Per approfondimenti circa le definizioni di “rifiuti radioattivi” e di “combustibile irraggiato” si rinvia al commento all’art. 2 nel dossier relativo allo schema di decreto n. 174 (http://documenti.camera.it/leg16/dossier/Testi/AP0099.htm#_Toc251580769).

[59]    La Corte costituzionale, con sentenza 12-26 gennaio 2011, n. 28 (GU 28 gennaio 2011, n. 5, ediz. straord. – Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l’altro, ammissibile la richiesta di referendum popolare, come modificata per effetto dell’ordinanza dell’Ufficio centrale per il referendum in data 6-7 dicembre 2010, per l'abrogazione del presente comma, limitatamente alle parole: «, con il quale sono delineati gli obiettivi strategici in materia nucleare, tra i quali, in via prioritaria, la protezione dalle radiazioni ionizzanti e la sicurezza nucleare», limitatamente alle parole: «la potenza complessiva ed i tempi attesi di costruzione e di messa in esercizio degli impianti nucleari da realizzare,», limitatamente alle parole: «valuta il contributo dell'energia nucleare in termini di sicurezza e diversificazione energetica,» e limitatamente alle parole: «, benefici economici e sociali e delinea le linee guida del processo di realizzazione». La Corte ha dichiarato ammissibile la richiesta di referendum popolare anche con riferimento ai restani commi 2 e 3.

[60] www.sogin.it.

[61]    Nel 2003 le sono stati affidati in gestione gli impianti di ricerca sul ciclo del combustibile di ENEA (l'impianto EUREX di Saluggia, gli impianti OPEC e IPU della Casaccia, l’impianto ITREC di Rotondella), mentre nel 2005 è stato acquisito l'impianto di Bosco Marengo. Per una panoramica dello stato delle procedure di decommissioning degli impianti si veda l’articolo di M. Cumo, Il decommissioning degli impianti nucleari italiani, dell’ottobre 2008, disponibile all’indirizzo web http://www.latermotecnica.net/pdf_riv/200810/20081015002_1.pdf.

[62]    Cfr Bollettino n. 442, Seduta della Commissione Bilancio n. 516 del 19 aprile 2011.

[63]    La SOGIN s.p.a. è stata costituita come società dell’ENEL il 1° novembre 1999 in ottemperanza al decreto di liberalizzazione del settore elettrico, per curare lo smantellamento (decommissioning) degli impianti nucleari dell’ENEL. A partire dal 2000 le azioni di tale società sono state trasferite al Ministero del tesoro che ha così preso in carico lo smantellamento del parco nucleare italiano. Dal 2003 la Sogin gestisce alcuni impianti di ricerca sul ciclo del combustibile di ENEA.

Si ricorda che la Sogin – che non rientra nel comparto della PA, ai fini del conto economico consolidato - finanzia le sue attività d’istituto in base all’articolo 13, comma 2, lettera e), del D. Lgs. 79/1999 di smantellamento delle centrali elettronucleari dismesse e dei laboratori di ricerca nucleare, nonché le attività di sistemazione del combustibile nucleare irraggiato mediante l’onere di sistema rappresentato dalla componente A2 della tariffa elettrica. Le ulteriori attività svolte dalla Sogin (consulenza a favore di terzi nel settore nucleare) sono svolte per legge (articolo 1, comma 103, della L. 239/2004) in regime di separazione contabile.

 

[64]    D.L. 31 maggio 2010,  n. 78, Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 30 luglio 2010, n.122.

[65]    Cfr. Dossier del Servizio Bilancio del Senato, Note di lettura n. 105 del 2011.  Il Servizio bilancio del Senato nel citato dossier, in ordine alla copertura finanziaria contenuta nell’articolo 6 in esame a valere sull’articolo 14, comma 5 del decreto legge n. 39/2009, pari a 350 mln di euro per il 2011, ha rilevato – poiché tale autorizzazione di spesa è destinata a finanziare gli interventi di ricostruzione in Abruzzo e le altre misure di cui al decreto-legge n. 39 -  l’opportunità di assicurare che siano ancora presenti le necessarie disponibilità, non solo formalmente ma anche tenendo conto della necessità di proseguire o terminare gli interventi già finanziati negli anni precedenti.

[66]    Come precisa il Governo nella documentazione integrativa in esame, sarebbero in contrasto con l’orientamento assunto dalla Corte costituzionale norme statali recanti vincoli puntuali e precisi nei confronti del sistema della autonomie in materia di singole componenti della spesa per il personale.

[67]    Tali misure operano principalmente sulla riduzione del personale a tempo indeterminato attraverso l’applicazione di disposizioni di blocco del turn over.

[68]    In particolare, il comma 71 prevede che gli enti del Servizio sanitario nazionale concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica adottando, anche nel triennio 2010-2012, misure necessarie a garantire che le spese del personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell’imposta regionale sulle attività produttive, non superino per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012 il corrispondente ammontare dell’anno 2004 diminuito dell’1,4 per cento.

[69]    Convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, della legge 24 novembre 2003, n. 326, recante, al citato art. 5,  la trasformazione della Cassa depositi e prestiti in società per azioni.

[70]    Sul punto si può ricordare l'esperienza francese del Fond strategique d’investissement (FSI), un fondo strategico di investimento costituito nel 2008 in forma di una società anonima e partecipato per una quota del 51% dalla Caisse des dépots et consignations (analoga alla Cassa depositi e prestiti italiana) mentre il 49% è di proprietà dello Stato. Il FSI, come fondo strategico: entra nel capitale di società strategiche, importanti per l’aumento della competitività del Paese; favorisce i coinvestimenti; sostiene le imprese nel medio- lungo termine. Invece, come fondo di investimento pubblico: entra in possesso di quote partecipative solo minoritarie, e non di controllo; ricerca profitti secondo le regole del mercato finanziario; effettua investimenti azionari; adatta i propri metodi di investimento ai vincoli aziendali. Al 31 dicembre 2010 l'attivo totale del FSI ammontava a 21,8 miliardi di euro; gli impegni nell'industria e servizi erano pari a 16,2 miliardi di euro. Nel 2010 il FSI ha effettuato investimenti per un importo totale di 2,4 miliardi di euro, coinvolgendo nel complesso 426 aziende.

[71]    D.L. n. 185 del 29 novembre 2008, recante “Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale”, convertito con modificazioni, in legge n. 2 del 28 gennaio 2009.

[72]    D.L. n. 5 del 10 febbraio 2009, recante “Misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi, nonché disposizioni in materia di produzione lattiera e rateizzazione del debito nel settore lattiero-caseario”, convertito con modificazioni, in legge n. 33 del 9 aprile 2009.

[73]    D.L. n. 39 del 28 aprile 2009, recante “Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione civile”, convertito con modificazioni, dalla legge n. 77 del 24 giugno 2009 .

[74]    D.L. n. 78 del 1 luglio 2009, recante “Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini”, convertito con modificazioni in legge n. 102 del 3 agosto 2009.

[75]    Ai sensi di quanto previsto dall’articolo 5, comma 6, la Società è intermediario finanziario non bancario, essendo soggetta alla vigilanza della Banca d’Italia nelle forme previste per gli intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale di cui all’articolo 107 del T.U.B.

A seguito di comunicazione ufficiale da parte di Banca d’Italia, dal 2006 la CDP S.p.A. è stata qualificata, in virtù dell’attività di finanziamento da essa svolta, come ente creditizio e pertanto assoggettato al regime di riserva obbligatoria previsto per gli enti creditizi dal regolamento n. 1745/2003 della Banca Centrale Europea del 12 settembre 2003. Le passività di CDP S.p.A. attualmente assimilabili a quelle soggette a riserva obbligatoria sono i libretti di risparmio postale, i buoni fruttiferi postali e i depositi passivi a favore di controparti bancarie di paesi UE non appartenenti all’unione monetaria che si vengono a costituire in forza degli accordi di garanzia per il contenimento del rischio di controparte derivante da transazioni in strumenti derivati (cd. Credit Support Annex). Attualmente Cassa depositi e prestiti è però sottratta a taluni altri profili di vigilanza bancaria.

[76]    Ai sensi dell’articolo 2, comma 2 del D.L. n. 487/1993, la raccolta del risparmio postale è affidata a Cassa depositi e prestiti che si avvale di Poste italiane S.p.a. Quest’ultima società, totalmente detenuta dal Ministero dell’economia e finanze, cura la distribuzione dei prodotti del risparmio postale. Per risparmio postale si intende la raccolta di Fondi con obbligo di rimborso assistito dalla garanzia dello Stato. La raccolta avviene sotto forma di buoni postali fruttiferi e di libretti di risparmio postale. I criteri per l’emissione degli uni e degli altri, per lo svolgimento delle altre operazioni finanziarie assistite da garanzia dello Stato e i criteri per la gestione separata organizzativa e contabile in virtù del carattere di servizio di interesse economico generale di tali operazioni di raccolta Fondi sono fissati nel Decreto del Ministro dell’economia e finanze del 6 ottobre 2004.     

      Infine, relativamente ai dati della raccolta postale, si osserva che – stando ai risultati 2010, pubblicati sul sito di Cassa depositi e prestiti il 20 aprile 2011 (comunicato 16/2011) – la raccolta postale è ammontata nel 2010 a oltre 207 miliardi di euro.

[77]    Il finanziamento avviene anche mediante fondi provenienti dall'emissione di titoli, dall'assunzione di finanziamenti e da altre operazioni finanziarie, che possono essere assistiti dalla garanzia dello Stato.

[78]    http://www.cassaddpp.it/cdp/Areagenerale/Informazionifinanziarie/Partecipazioni/index.htm.

[79]    Il D.M. 30 novembre 2010 ha disposto il trasferimento in proprietà da parte del MEF a CDP S.p.A  di circa 655,9 milioni di azioni ordinarie di ENI rappresentative di circa il 16,4 percento del capitale sociale. Quale corrispettivo per la cessione di tali azioni, CDP S.p.a ha ceduto al Ministero dell’Economia le azioni detenute in ENEL S.p.a, pari al 17,36 percento del capitale sociale, in Poste S.p.a, pari al 35 per cento del capitale sociale, in STMicroelectronics Holding N.V. rappresentative del 50 per cento del capitale della società.

      La cessione al Ministero dell’economia delle azioni possedute da CDP S.p.a in ENEL S.p.a ha dato attuazione ad un provvedimento dell’Autorità Garante della concorrenza e del mercato (Provv. n. 14542 del 4 agosto 2005) la quale aveva autorizzato l’acquisizione da parte di CDP S.p.a delle azioni in Terna S.p.a, a condizione della cessione – entro il 1° luglio 2010 - delle azioni detenute da Cassa depositi in ENEL S.p.a.

[80]    Il sistema di separazione organizzativa e contabile, previsto dal citato D.L. 269/2003, si è reso necessario in primo luogo per rispettare la normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato e concorrenza interna;le forme di raccolta di CDP S.p.A., quali i buoni fruttiferi e i libretti postali, beneficiano infatti della garanzia esplicita dello Stato in caso di inadempimento dell’emittente. La separazione è poi volta ad evitare il trasferimento indiscriminato di risorse tra le attività che beneficiano di forme di compensazione, quali la garanzia dello Stato, e le altre attività svolte dalla società.

[81]    Di cui al comma 8 dell'articolo 5 del decreto-legge n. 269 del 2003,

[82]    Cfr. la Nota del 15 aprile 2011, depositata presso la Commissione bilancio del Senato.

[83]    Nella citata Nota del 15 aprile 2011 sono forniti i dati della giacenza media mensile del 2010 che mostrano un’incidenza di circa il 59% delle giacenze sul conto corrente CDP in tesoreria rispetto al totale del risparmio postale. In particolare, il dato relativo al mese di dicembre mostra una giacenza sul conto corrente di tesoreria n. 29814 di 120,3 mld a fronte di un risparmio postale di 205,5 mld (composto da 96,4 mld di libretti di risparmio e 109,0 mld di buoni fruttiferi).