Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Bilancio dello Stato
Altri Autori: Servizio Commissioni
Titolo: (AC 4059) Legge Comunitaria 2010
Riferimenti:
AC N. 4059/XVI     
Serie: Note di verifica    Numero: 277
Data: 22/02/2011
Descrittori:
DIRITTO DELL' UNIONE EUROPEA     
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione
XIV - Politiche dell'Unione europea

 


Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

 

 

 

 

 

Verifica delle quantificazioni

 

 

 

A.C. 4059

 

Legge comunitaria 2010

 

 

(Approvato dal Senato – S. 2322)

 

 

 

 

 

N. 277 – 22 febbraio 2011

 

 


 

La verifica delle relazioni tecniche che corredano i provvedimenti all'esame della Camera e degli effetti finanziari dei provvedimenti privi di relazione tecnica è curata dal Servizio Bilancio dello Stato.

La verifica delle disposizioni di copertura, evidenziata da apposita cornice, è curata dalla Segreteria della V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione).

L’analisi è svolta a fini istruttori, a supporto delle valutazioni proprie degli organi parlamentari, ed ha lo scopo di segnalare ai deputati, ove ne ricorrano i presupposti, la necessità di acquisire chiarimenti ovvero ulteriori dati e informazioni in merito a specifici aspetti dei testi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SERVIZIO BILANCIO DELLO STATO – Servizio Responsabile

Tel. 2174 – 9455

 

SERVIZIO COMMISSIONI – Segreteria della V Commissione

Tel 3545 – 3685

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

Estremi del provvedimento

 

 

A.C.

 

4059

Titolo breve:

 

Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee (legge comunitaria 2010)

 

Iniziativa:

 

 

 

 

Commissione di merito:

 

XIV

 

Relatore per la

Commissione di merito:

 

Pini

 

Gruppo:                                      

LNP

 

Relazione tecnica:

 

 

 

 

 

 

 

Parere richiesto

 

 

Destinatario:

 

XIV Commissione

Oggetto:

 

 

 



 

INDICE

 

 

 

ARTICOLI 1-4. 9

Deleghe per il recepimento della disciplina comunitaria.. 9

ARTICOLO 6. 13

Repertorio nazionale dei dispositivi medici13

ARTICOLO 8. 15

Delega per il riordino della disciplina in materia di organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari15

ARTICOLO 9. 18

Nomenclatura europea di Roma capitale. 18

ARTICOLO 10. 19

Delega per il riordino della disciplina della professione di guide turistiche. 19

ARTICOLO 11. 20

Attuazione di direttive in materia di comunicazioni elettroniche. 20

ARTICOLO 12. 23

Delega per la disciplina della fiducia.. 23

ARTICOLO 14. 25

Concessioni demaniali marittime. 25

ARTICOLO 15. 25

IVA relativa a trasferimenti di quote di emissioni di gas a effetto serra.. 25

ARTICOLO 16. 26

Trasferimenti all’interno dell’Unione europea di prodotti per la difesa.. 26

ARTICOLO 17. 28

Gestione della qualità delle acque di balneazione. 28

ARTICOLO 18. 29

Adeguamento alla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 29 ottobre 2009, resa nella causa C-249/08. 29


PREMESSA

 

Il disegno di legge, già approvato dal Senato, reca disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee (Legge comunitaria 2010).

Il testo originario è corredato di relazione tecnica, che risulta utilizzabile anche a seguito delle modifiche introdotte dal Senato.

Nel corso dell’esame presso il Senato il Governo ha trasmesso alla Commissione Bilancio ulteriori note tecniche, delle quali si dà conto nel presente dossier..

Si esaminano di seguito le norme considerate dalla relazione tecnica e dalla ulteriore documentazione  trasmessa al Senato, nonché le altre disposizioni che presentano profili di carattere finanziario.

 

 

VERIFICA DELLE QUANTIFICAZIONI

ARTICOLI 1-4

Deleghe per il recepimento della disciplina comunitaria

Le normeripropongono le procedure di delega generalmente previste nelle precedenti leggi comunitarie.

In particolare, l’articolo 1 delega il Governo ad adottare i decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare attuazione alle direttive comunitarie indicate negli appositi allegati A e B[1]. In particolare, gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive elencate nell'allegato B (nonché quelli relativi all'attuazione delle direttive elencate nell'allegato  A che prevedono il ricorso a sanzioni penali) devono essere trasmessi alla Camera e al Senato per il parere dei competenti organi parlamentari. Nel caso di direttive e di norme di recepimento che comportino conseguenze finanziarie, i relativi schemi di decreto devono essere corredati di relazione tecnica e su di essi è richiesto anche il parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari. Il Governo, ove non intenda conformarsi alle condizioni formulate ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, ritrasmette alle Camere i testi, corredati dei necessari elementi integrativi d'informazione, per i pareri definitivi delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari. Con le medesime procedure sopra descritte devono essere adottate, dal Governo, le eventuali disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi emanati ai sensi dell’articolo in esame.

Anche con riferimento alle modalità di quantificazione e di copertura degli eventuali effetti onerosi derivanti dalle norme di recepimento della disciplina comunitaria, il disegno di legge in esame ripropone i meccanismi generalmente utilizzati nelle precedenti leggi comunitarie.

In particolare:

·    l'articolo 2, comma 1, lett. a), prevede che le amministrazioni direttamente interessate[2] provvedano con le ordinarie strutture amministrative all’attuazione dei decreti legislativi recanti le norme necessarie per dare attuazione alle direttive;

·    l'articolo 2, comma 1, lett. d), prevede che eventuali spese o minori entrate non contemplate da leggi vigenti - e che non riguardino l’attività ordinaria delle amministrazioni statali o regionali – possano essere previste nei decreti legislativi nei soli limiti occorrenti per l’adempimento degli obblighi di attuazione delle relative direttive stesse. Alla relativa copertura:

-        si provvede, in via principale, con i fondi già assegnati alle competenti amministrazioni;

-        nel caso in cui non i predetti oneri non possano essere coperti con le risorse già disponibili a normativa vigente, si provvede a carico del Fondo di rotazione per le politiche comunitarie[3];

·    l’articolo 4 prevede[4] che gli oneri per le prestazioni e i controlli che gli uffici pubblici sono chiamati a sostenere in applicazione della normativa comunitaria siano posti a carico dei soggetti interessati, secondo tariffe determinate sulla base del costo effettivo del servizio, mentre le entrate derivanti dalle tariffe siano attribuite alle amministrazioni che effettuano le prestazioni e i controlli.

Il testo in esame ripropone, infine, la disciplina sanzionatoria generalmente contenuta nelle leggi comunitarie, in base alla quale  per assicurare l’osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi sono previste, fra l’altro, sanzioni amministrative fino a 150.000 euro di ammenda [articolo 2, comma 2, lettera c)][5].

 

La relazione tecnica, in ordine agli effetti finanziari derivanti dal provvedimento:

Ÿ        da una parte, esclude l'insorgenza di nuovi o maggiori oneri, nonché di minori entrate, a carico del bilancio dello Stato;

Ÿ        dall’altra, afferma che è estremamente difficile, se non impossibile, riuscire a determinare – prima della effettiva stesura degli schemi di decreto legislativo di recepimento delle direttive comunitarie – se da alcune delle norme necessarie all’adempimento degli obblighi contenuti nelle singole direttive possano o meno derivare maggiori spese o minori entrate a carico del bilancio dello Stato.

Ciò ha comportato – secondo la RT - che, nella quasi generalità dei casi, le leggi comunitarie non contenessero disposizioni volte a prevedere e quantificare queste eventuali spese.

Circa le modalità di copertura degli oneri non contemplati da leggi vigenti e che non riguardino l’attività ordinaria delle amministrazioni statali o regionali [articolo 2, comma 1, lett. d)], nel corso dell’esame presso il Senato, è stato richiesto al Governo di valutare l'opportunità di indicare un limite massimo di utilizzo del Fondo di rotazione per le politiche comunitarie, sia per definire con certezza l'eventuale impatto finanziario derivante dall'attuazione delle direttive comunitarie sia per porre un limite all'utilizzo delle risorse presenti Fondo di rotazione[6]. In risposta a tale richiesta, il Governo ha rilevato[7] l’inopportunità di prevedere un limite di spesa, in quanto si renderebbe necessario - nell’eventualità di oneri superiori all’importo stabilito - il ricorso ad apposite norme di legge per la copertura finanziaria delle norme di attuazione delle direttive. Ciò richiederebbe tempi eccessivi e produrrebbe, di conseguenza, oneri aggiuntivi connessi ad un incremento del contenzioso per ritardato adempimento. Inoltre il Governo ha rilevato che, pure in assenza del predetto limite (con la sola eccezione della legge comunitaria 2006), il Fondo di rotazione è sempre prontamente intervenuto, in caso di necessità, per far fronte agli obblighi derivanti dal recepimento delle direttive. La fissazione di un massimale determinerebbe infine – secondo il Governo – un elemento di rigidità operativa del Fondo e costituirebbe, altresì, un pretesto per le amministrazioni interessate di non utilizzare le ordinarie risorse disponibili nei rispettivi stati di previsione.

 

Al riguardo – fatto salvo quanto di seguito osservato nella scheda relativa alla copertura finanziaria - non si hanno osservazioni da formulare con riferimento ai profili di quantificazione.

 

Si ricorda che l’articolo 2, comma 1, lettera d), riprende testualmente un criterio generale di delega contenuto nelle due più recenti leggi comunitarie[8]. Anche in tali occasioni non era, infatti, previsto un limite massimo di utilizzo delle risorse del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie. Le precedenti leggi comunitarie, recavano, invece un limite massimo di ricorso al predetto Fondo, stabilito in 50 milioni di euro.

Come già rilevato in occasione dell’esame delle precedenti leggi comunitarie prive del suddetto limite di spesa, la previsione dello stesso sembrerebbe corrispondere all’esigenza sia di delineare il quadro finanziario entro il quale dovrebbero trovare attuazione le direttive comunitarie, sia di limitare il ricorso alle risorse del Fondo di rotazione.

Per quanto attiene all’utilizzo del Fondo di rotazione con finalità di copertura di decreti legislativi adottati in attuazione delle deleghe contenute nelle leggi comunitarie, si segnala che il ricorso a tale modalità di copertura residuale è stato estremamente ridotto. Nell’ultima legislatura solo due decreti legislativi hanno fatto ricorso a tale modalità di copertura, per oneri sensibilmente inferiori ai limiti indicati[9].

Si osserva, peraltro, che la relazione tecnica allegata al disegno di legge presentato presso l’altro ramo del Parlamento afferma che il provvedimento “non comporta di per sé nuovi o maggiori oneri, né minori entrate a carico del bilancio dello Stato”, osservando tuttavia come sia estremamente difficile, se non impossibile, determinare a priori se l’adempimento degli obblighi contenuti nelle singole direttive possa comportare effetti onerosi.

Alla luce di tale considerazioni, sembrerebbe, pertanto, che il ricorso alle risorse del citato Fondo di rotazione abbia carattere eccezionale. Al riguardo appare opportuno acquisire una conferma in tal senso da parte del Governo.

Per quanto attiene, invece, al ricorso - in via ordinaria – ai “fondi già assegnati alle competenti amministrazioni” appare opportuno che, anche alla luce della prassi applicativa delle disposizioni di identico tenore contenute nelle precedenti leggi comunitarie, il Governo chiarisca se il riferimento a tali fondi consenta anche la riduzione di autorizzazioni legislative di spesa o la riduzione dei fondi speciali di pertinenza delle rispettive amministrazioni e, in caso di risposta affermativa, se tali riduzioni debbano riguardare gli stanziamenti di bilancio direttamente interessati agli interventi previsti dalle singole direttive ovvero debbano realizzare ulteriori economie relative al complesso delle spese rimodulabili.

 

ARTICOLO 6

Repertorio nazionale dei dispositivi medici

La norma, modificando l’articolo 1, comma 409, della legge n. 266/2005, dispone:

-          l’aumento dal 5 al 5,5 per cento del contributo che le aziende che producono o commercializzano in Italia dispositivi medici sono tenute a versare annualmente al bilancio dello Stato (lettera a).

Si segnala che la percentuale in esame è applicata all’ammontare complessivo della spesa sostenuta nell’anno precedente per le attività di promozione rivolte ai medici, agli operatori sanitari e ai farmacisti, al netto delle spese per il personale addetto. I proventi derivati dai versamenti sono riassegnati al Ministero della salute e utilizzati dalla Direzione generale dei farmaci e dei dispositivi medici per il miglioramento e il potenziamento della attività del settore dei dispositivi medici, con particolare riguardo alle attività di sorveglianza del mercato[10];

-          la soppressione della tariffa di 100 euro per ogni dispositivo che i produttori e i distributori sono tenuti a versare al Ministero della salute per l’inserimento delle informazioni nella banca dati necessaria alla gestione del repertorio dei dispositivi medici (lettera b).

Anche in questo caso, i proventi derivanti dalla tariffa in esame sono versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati al Ministero della salute ed essere utilizzati dalla Direzione generale farmaci e dispositivi medici per la manutenzione del repertorio generale. Tuttavia, secondo la Commissione europea, l’onere del pagamento di 100 euro configura una misura di ostacolo alla libera concorrenza delle merci e alla crescita del mercato dei dispositivi medici[11]. La relazione illustrativa al disegno di legge, inoltre, evidenzia che si è concluso l’iter procedurale per la modifica del decreto del Ministro della salute 20 febbraio 2007, di applicazione di quanto disposto dal citato comma 409 dell’articolo 1 della legge n. 266/2005. In particolare, tale provvedimento, che si ritiene conforme al parere motivato, riduce significativamente, in termini sia numerici sia qualitativi, il livello di informazione richiesto per la registrazione dei prodotti.

 

La relazione tecnica afferma la compensatività delle due misure recate dalle disposizioni in esame, quantificando in 800.000 euro annui l’aumento del gettito derivante dall’incremento dell’ammontare del contributo a carico delle imprese (lettera a) a cui corrispondono 700.000 euro annui di minori entrate derivanti dalla soppressione della tariffa di 100 euro a dispositivo medico (lettera b).

In particolare, la relazione tecnica quantifica gli effetti finanziari recati dalle disposizioni come segue:

1.       minori entrate (lettera b):

-          106.000 registrazioni effettuate nei primi due anni di applicazione delle disposizioni in materia di Repertorio dei dispositivi medici. Tali registrazioni hanno riguardato sia i prodotti sul mercato in tale periodo sia quelli già presenti, per i quali era previsto un periodo transitorio;

-          sospensione delle registrazioni tra il 1° maggio 2009 e il 6 febbraio 2010, come richiesto dalla Commissione europea[12], in attesa di definire il contenzioso riferito alle decisioni ministeriali adottare con il decreto 20 febbraio 2007;

-          essendo ormai totalmente decorso il termine per la iscrizione dei prodotti in commercio al 1° maggio 2007, d’ora in poi le registrazioni riguarderanno esclusivamente prodotti immessi in commercio da oggi in avanti, stimati in circa 42.000 annui[13];

-          di tali 42.000 registrazioni solo la metà (21.000) riguarderebbe prodotti venduti al SSN e quindi ricadenti potenzialmente nell’obbligo del pagamento del contributo;

-          sulla base del principio che solo per i prodotti dotati di specificità ed originalità[14] vi è l’obbligo del pagamento del contributo, di tali 21.000 registrazioni solo 7.000 (un terzo) sarebbero soggette al pagamento del contributo nella misura di 100 euro, per un ammontare complessivo pari, pertanto, a 700.000 euro annui;

2.       maggiori entrate (lettera a):

-          sulla base del gettito per il 2009, derivante dal versamento del 5 per cento delle spese promozionali, gettito pari a 8.085.951,21 (dati al 331 luglio 2009), l’incremento del versamento dal 5 al 5,5 per cento (incremento del 10 per cento) comporterebbe un aumento del gettito di circa 800.000 euro.

Sulle disposizioni in esame, il Governo ha presentato al Senato, in data 3 novembre 2010, una documentazione integrativa recante dati più aggiornati rispetto alla relazione tecnica. In particolare, a causa della riduzione della platea dei prodotti assoggettati all’obbligo di registrazione e quindi al pagamento della tariffa di 100 euro, per le modifiche normative che si sono susseguite dopo la decisione della Commissione europea, le entrate derivanti dal pagamento della tariffa di 100 euro, che verrebbero meno per effetto della normativa in esame,  si sono ridotte a meno di 500.000 euro. Invece, le entrate derivanti dal contributo calcolato sulle spese di promozione ha registrato un aumento, rispetto a quanto quantificato dalla relazione tecnica, né si prevede una sua contrazione a seguito del diminuire del numero di prodotti per i quali è obbligatoria la registrazione. Tale contributo, infatti, grava su qualsiasi soggetto che, nell’ambito dell’attività professionale o di quella di impresa, svolge attività di promozione verso gli operatori sanitari e quelli professionali delle Aziende sanitarie, sopportandone direttamente le spese connesse.

In particolare, a seguito di una specifica attività di accertamento sulle autocertificazioni delle spese di promozione, costituenti la base per l’applicazione del contributo, si è avviata un’efficace azione di recupero di importi erroneamente o colpevolmente elusi dall’imponibile delle spese sostenute nell’anno 2009 da dichiarare entro l’aprile del 2010. Tale attività ha comportato l’aumento, rispetto al 2008, degli importi incassati sul conto di Tesoreria dello Stato, con un recupero, in soli tre mesi (maggio – luglio 2010), di circa 127.000 euro.

 

Al riguardo, sulla base degli ulteriori elementi informativi forniti dal Governo, non si hanno rilievi da formulare.

 

ARTICOLO 8

Delega per il riordino della disciplina in materia di organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari

La norma delega il Governo ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (comma 2), un decreto legislativo di attuazione della direttiva 2009/65/CE, per il coordinamento delle disposizioni in materia di organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM).

La direttiva rientra tra quelle elencate nell’allegato B al disegno di legge in esame; pertanto, il decreto adottato nell’esecuzione della delega dovrà essere trasmesso alla Camera e al Senato per l’acquisizione dei prescritti pareri e, ove recanti conseguenze finanziarie, dovrà essere corredato di relazione tecnica;

I criteri per l’esercizio della delega sono i seguenti (comma 1):

-                          l'attribuzione di competenze, poteri di vigilanza e di indagine alla Banca d'Italia e alla CONSOB secondo quanto previsto dagli articoli 5, 6 e 187-octies del d.lgs. n. 58 del 1998 [lettere a) e d)];

-                          la possibilità che una società di gestione del risparmio possa istituire e gestire fondi comuni di investimento armonizzati in altri Stati membri e che una società di gestione armonizzata possa istituire e gestire fondi comuni di investimento armonizzati in Italia [lettera b)];

-                          l'introduzione di modifiche concernenti la libera prestazione dei servizi e la libertà di stabilimento delle società di gestione armonizzate [lettera c)];

-                          il recepimento delle disposizioni della direttiva in materia di fusioni transfrontaliere di OICVM e di strutture master-feeder [lettera e)];

-                          l'introduzione di norme di coordinamento con la disciplina fiscale vigente in materia di OICVM [lettera f)];

-                          la ridefinizione dell'offerta in Italia di quote di fondi comuni di investimento armonizzati [lettera g)];

-                          l'attuazione di misure di tutela dell'investitore [lettera h)];

-                          l'applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie per le violazioni delle regole dettate nei confronti delle società di gestione del risparmio armonizzate [lettera i)].

Le amministrazioni interessate provvedono ai compiti previsti dal decreto in esame con le risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente (comma 2).

 

La relazione tecnica conferma che dall'attuazione della direttiva non devono derivare nuovi o maggiori oneri né minori entrate a carico del bilancio della finanza pubblica e che le amministrazioni interessate dovranno svolgere le attività previste con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

Il Governo, nella documentazione integrativa trasmessa al Senato il 3 novembre 2010, ha fornito ulteriori elementi a sostegno di quanto affermato dalla relazione tecnica. In particolare, in tale documentazione viene precisato che il finanziamento della CONSOB, ai sensi della legge n. 724 del 1994, avviene in parte mediante un fondo iscritto nel bilancio dello Stato e in parte attraverso contribuzioni versate direttamente dagli organismi e dagli operatori del mercato a fronte dell’attività di vigilanza svolta dall’Istituto.

Il Governo afferma, inoltre, con riferimento alla lettera h), che la direttiva non richiede l’individuazione di particolari soggetti incaricati di attuare misure di tutela dell’investitore e, peraltro, l’ordinamento italiano già contempla l’istituto della Camera di conciliazione ed arbitrato istituita presso la CONSOB dal d.lgs. n. 179 del 2007.

Con riferimento, infine, alla lettera f), relativa agli aspetti fiscali, la documentazione fa presente che la necessità del coordinamento delle discipline nei vari Stati membri è legata alla novità della disposizione presente nella direttiva che consente alle società di gestione di uno Stato membro di istituire e gestire fondi comuni in un altro Stato membro. Il coordinamento in materia fiscale si rende necessario per evitare di pregiudicare gli intermediari italiani e per salvaguardare il regime di concorrenza tra Stati membri. Il Governo precisa, inoltre, che il recepimento della direttiva comporterà l’individuazione di opportune soluzioni relative alla modalità di tassazione degli OICVM di diritto italiano, in base ai criteri di delega previsti. Pertanto, verranno disciplinati sia le innovazioni relative alla tassazione dei fondi coinvolti nelle operazioni di fusione, sia i casi di istituzione e gestione di fondi comuni di investimento ammortizzati in altri Stati membri da parte di una società di gestione del risparmio italiana, o di società di gestione armonizzata che istituisce e gestisce fondi comuni di investimento ammortizzati in Italia. Si afferma, infine, l’operatività, in via generale, dell’articolo 17, comma 2 della legge n. 196 del 2009 e che tali interventi assicureranno comunque l’equilibrio finanziario.

In proposito, si segnala che il comma 2 sopra richiamato afferma che le leggi di delega comportanti oneri debbano recare i mezzi di copertura necessari per l'adozione dei relativi decreti legislativi. Qualora, in sede di conferimento della delega, per la complessità della materia trattata, non sia possibile procedere alla determinazione degli effetti finanziari derivanti dai decreti legislativi, la quantificazione degli stessi è effettuata al momento dell'adozione dei singoli decreti legislativi ed a ciascuno schema di decreto legislativo è allegata una relazione tecnica che dà conto della neutralità finanziaria del medesimo decreto ovvero dei nuovi o maggiori oneri da esso derivanti e dei corrispondenti mezzi di copertura.  

 

Al riguardo, si segnala che il disegno di legge di conversione del decreto legge n. 225 del 2010, in materia di proroga termini (C. 4086), tuttora in corso di esame da parte della Camera dei deputati, contiene all’articolo 2-sexies, una disciplina di modifica del regime di tassazione dei Fondi comuni di investimento, alla quale è ascritto un effetto di minor gettito per gli anni 2012 e 2013. Poiché tale articolo interviene su profili, quali la disciplina fiscale in materia di OICVM, oggetto anche della delega in esame, andrebbero chiariti gli elementi di coordinamento tra le due fonti normative. Inoltre andrebbero meglio precisati i profili finanziari della delega in esame alla luce dell’onerosità della norma contenuta nel citato ddl C.4086 e alla luce delle considerazioni espresse nella documentazione integrativa trasmessa al Senato, che sembrano prefigurare la possibilità di applicare l’articolo 17, comma 2, della legge n. 196/2009, riguardante le deleghe onerose.

 

ARTICOLO 9

Nomenclatura europea di Roma capitale

La norma attribuisce al territorio di Roma capitale la qualifica di territorio europeo NUTS 2 nell’ambito della nomenclatura europea delle unità territoriali.

Nella scheda sulla legge comunitaria 2010, pubblicata sul sito del Dipartimento politiche comunitarie della Presidenza del Consiglio, è spiegato che NUTS è acronimo di Nomenclatura europea delle Unità Territoriali Statistiche ed identifica la ripartizione del territorio dell'Unione Europea a fini statistici. Tale nomenclatura attualmente suddivide i Paesi dell'Unione Europea in territori di livello NUTS 0 (i 27 Stati nazionali), territori di livello NUTS 1 (per es. gli Stati federati della Germania tedeschi, le Regioni del Belgio, le aree sovra-regionali italiane), territori di livello NUTS 2 (come le regioni italiane, le Comunità autonome in Spagna, l'Inner e Outer London) e i territori di livello NUTS 3 (ad esempio le province italiane, i Dipartimenti francesi, le province spagnole, etc.).

I fondi strutturali europei (Obiettivo 1) sono principalmente destinati ai territori qualificati come NUTS 2, mentre altri (Obiettivo 2) sono assegnati alle entità territoriali di livello NUTS 3. La norma in esame ha quindi lo scopo di sottrarre il territorio di Roma Capitale dalla qualifica di NUTS 3, attualmente attribuita alla provincia di Roma, e di elevarlo ad area da ricomprendere nell'obiettivo 1.

 

La relazione tecnica afferma che la norma non comporta alcun effetto sulla finanza pubblica, tendendo ad utilizzare esclusivamente le risorse finanziarie di fonte comunitaria.

La relazione introduttiva evidenzia che la norma determinerà l’importante vantaggio di facilitare la corretta utilizzazione dei fondi nei tempi prescritti, senza correre il rischio di restarne privi per mancato utilizzo.

In una nota del Governo[15], presentata nel corso dell’esame del provvedimento presso il Senato, è osservato che i fondi europei che affluiranno all’Ente Roma Capitale ai sensi della norma in esame sono destinati ad incidere sulla attuale quota della Regione Lazio, che verrà conseguentemente ridotta.

 

Al riguardo, andrebbe preliminarmente chiarito rispetto a quali fondi europei la norma in esame sia destinata a esplicare i propri effetti, tenuto conto che il Lazio non sembra attualmente ricompreso fra i territori che beneficiano dei fondi erogati nelle aree dell’Obiettivo 1.

Inoltre, ferma restando la neutralità della disposizione sotto il profilo dell’impatto sui saldi complessivi di finanza pubblica, ai fini di un’esaustiva valutazione dei profili finanziari andrebbe chiarito se l’effetto della disposizione sia:

a)     quello di attribuire direttamente a Roma capitale le risorse comunitarie che comunque sarebbero state trasferite a tale amministrazione da parte della regione Lazio, attuale destinataria dei fondi in questione;

b)      ovvero quello di consentire l’attribuzione a Roma capitale di risorse europee in misura superiore a quella prima retrocessa dalla regione, con conseguente riduzione della quota da devolvere ai restanti territori della regione medesima.

 

ARTICOLO 10

Delega per il riordino della disciplina della professione di guide turistiche

La norma delega il Governo ad adottare, senza nuovi o maggior oneri per la finanza pubblica (comma 5, primo periodo), un decreto legislativo per il riordino della professione di guida turistica, con particolare riguardo ai titoli ed ai requisiti per l’esercizio della professione.

I criteri per l’esercizio della delega sono i seguenti (comma 1):

-          individuazione dei principi fondamentali (lettera a);

-          modalità attuative uniformi per il conseguimento dell’idoneità all’esercizio della professione (lettera b);

-          determinazioni di aree omogenee sul territorio nazionale per la predisposizione di particolari percorsi formativi (lettera c);

-          previsione di modalità con le quali le amministrazioni locali possano avvalersi di associazioni di volontariato che operino in convenzione con le pubbliche amministrazioni (lettera e);

-          previsione di un adeguato periodo transitorio (lettera f).

I soggetti pubblici interessati provvedono ai compiti previsti dal decreto in esame con le risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente (comma 5, secondo periodo).

 

La relazione tecnica precisa che l’intervento si realizza ad invarianza di oneri. Infatti le disposizioni prevedono un riordino organico della disciplina per ottenere le autorizzazioni senza prevedere nuovi procedimenti, ma solo la razionalizzazione di quelli esistenti.

Il Governo, nella documentazione integrativa trasmessa al Senato il 21 ottobre e il 3 novembre 2010, ha fornito ulteriori elementi a sostegno di quanto affermato dalla relazione tecnica. In particolare, nella nota trasmessa il 21 ottobre 2010, il Governo precisa che l’assenza di oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica discende da un duplice ordine di ragioni: avendo come obiettivo, in primo luogo, la razionalizzazione e la semplificazione del quadro normativo e dei relativi provvedimenti (attualmente, ciascuna regione ha una propria disciplina) e, in secondo luogo, la chiusura della procedura di infrazione[16].

La nota trasmessa il 3 novembre 2010, inoltre, precisa che le disposizioni prevedono interventi procedurali su percorsi formativi già in essere, omogeneizzandoli e rendendoli più congrui ai profili professionali che si intende disciplinare. Tali attività non comportano nuovi o maggiori oneri in quanto vengono svolte con risorse già disponibili presso il Dipartimento del turismo.

 

Nulla da osservare al riguardo, dal momento che le disposizioni sono volte alla unificazione, alla semplificazione e alla razionalizzazione delle procedure in materia.

 

ARTICOLO 11

Attuazione di direttive in materia di comunicazioni elettroniche

La norma:

·  delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi di recepimento della direttive 2009/136/CE, 2002/58/CE e 2009/140/CE, relative al settore delle  comunicazioni elettroniche (comma 1).

Le direttive rientrano tra quelle elencate nell’allegato B al disegno di legge in esame; pertanto, i decreti adottati nell’esecuzione della delega dovranno essere trasmessi alla Camera e al Senato per l’acquisizione dei prescritti pareri e, ove recanti conseguenze finanziarie, dovranno essere corredati di relazione tecnica;

·  stabilisce che i decreti legislativi siano adottati anche mediante le opportune modifiche ai decreti legislativi n. 259/2003[17], n. 196/2003[18]  e n. 269/ 2001[19] (comma 2);

·  prevede i principi e i criteri direttivi per l'esercizio della delega  (comma 3):

Tra tali principi si segnalano:

-  la garanzia di accesso al mercato con criteri di obiettività, trasparenza, non discriminazione e proporzionalità;

-  la gestione efficiente, flessibile e coordinata dello spettro radio, nel prioritario rispetto di obiettivi d'interesse generale o di ragioni di ordine pubblico, pubblica sicurezza e difesa;

-  la possibilità di introdurre limitazioni proporzionate e non discriminatorie al fine di evitare interferenze dannose e proteggere la salute pubblica dai campi elettromagnetici, assicurare la qualità tecnica del servizio e la massima condivisione delle radiofrequenze;

-  il rafforzamento delle prescrizioni in materia di sicurezza ed integrità delle reti, delle prestazioni a garanzia degli utenti finali, in particolare dei disabili, degli anziani, dei minori e dei portatori di esigenze sociali particolari, anche per ciò che concerne le apparecchiature terminali;

-  il rafforzamento delle prescrizioni sulla trasparenza dei  contratti per la fornitura di servizi di comunicazione elettronica e delle prescrizioni in tema di sicurezza e riservatezza delle comunicazioni, nonché di protezione dei dati personali;

-  l’individuazione del Garante per la protezione dei dati personali e della Direzione nazionale antimafia quali autorità nazionali ai fini dell'articolo 15, paragrafo 1-ter, della direttiva 2002/58/CE in materia di accesso ai dati personali degli utenti per finalità di difesa nazionale, sicurezza pubblica o prevenzione, accertamento o repressione di reati;

-  l’adozione di misure volte a promuovere investimenti efficienti e innovazione nelle infrastrutture di  comunicazione elettronica e di procedure tempestive relative alla concessione del diritto di installazione di infrastrutture;

-  la promozione di un efficiente livello di concorrenza infrastrutturale;

-  la revisione delle procedure di analisi dei mercati e la definizione degli obblighi regolamentari per i servizi di comunicazione elettronica;

-  la definizione del riparto di attribuzioni tra Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e Garante per la protezione dei dati personali nel rispetto del quadro istituzionale e delle funzioni e dei compiti del Ministero dello sviluppo economico;

-  la revisione delle sanzioni e degli illeciti;

-  l’abrogazione espressa di tutte le disposizioni incompatibili con quelle adottate in sede di recepimento;

·  stabilisce che dall’esercizio della delega non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che le amministrazioni interessate provvedano all’adempimento dei compiti derivanti dall’esercizio della delega con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente (comma 5).

 

La relazione tecnica afferma la neutralità finanziaria delle norme e la circostanza che le amministrazioni interessate provvederanno all'adempimento dei compiti derivanti dall'esercizio della delega in materia di comunicazioni elettroniche con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili.

Con riferimento ad alcuni principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega, la relazione tecnica precisa quanto segue:

·  il rafforzamento delle prescrizioni in materia di sicurezza ed integrità delle reti non produce alcun onere a carico del bilancio dello Stato o della finanza pubblica, in quanto le misure atte a garantire la sicurezza ed integrità delle reti costituiscono condizioni che corredano i titoli abilitativi per l’esercizio dell’attività di fornitura di reti o servizi di comunicazione elettronica a carico delle imprese di settore;

·  il rafforzamento delle prescrizioni a garanzia degli utenti finali, in particolare dei disabili, degli anziani, dei minori e dei portatori di esigenze sociali particolari, anche per ciò che concerne le apparecchiature terminali, non produce alcun onere a carico del bilancio dello Stato o della finanza pubblica in quanto le misure a favore degli utenti disabili, di natura sociale, rientrano tra gli obblighi del servizio universale il cui finanziamento è posto a carico dei fornitori di reti o servizi di comunicazione elettronica;

·  l’individuazione, per i rispettivi profili di competenza, del Garante per la protezione dei dati personali e della Direzione nazionale antimafia quali autorità nazionali ai fini dell’articolo 15, paragrafo 1-ter, della direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 luglio 2002, come modificato dall’articolo 2, paragrafo 9, della direttiva 2009/136/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, non produce alcun onere a carico dello Stato o della finanza pubblica, in quanto trattasi di competenze riconducibili a funzioni già di spettanza del Garante per la protezione dei dati personali e della Direzione nazionale antimafia che saranno svolte con le risorse disponibili a legislazione vigente;

·  l’adozione di misure volte a promuovere investimenti efficienti e innovazione nelle infrastrutture di comunicazione elettronica - anche attraverso disposizioni relative alla condivisione o alla coubicazione delle stesse e che, nella definizione degli obblighi di accesso, tengano debitamente conto dei rischi degli investimenti sostenuti dalle imprese - non produce alcun onere a carico del bilancio dello Stato o della finanza pubblica in quanto trattasi di disposizioni volte a promuovere l’innovazione e a razionalizzare e rendere efficienti gli investimenti da parte degli operatori che vogliono implementare le proprie reti e, quindi, con oneri a carico degli operatori stessi;

·  la definizione del riparto di attribuzioni tra Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e Garante per la protezione dei dati personali, nell’adempimento delle funzioni previste dalle direttive di cui al comma 1, nel rispetto del quadro istituzionale e delle funzioni e dei compiti del Ministero dello sviluppo economico non produce alcun onere a carico del bilancio dello Stato o della finanza pubblica, in quanto trattasi di compiti riconducibili alle funzioni già attribuite dalla disciplina vigente alla Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e al Garante per la protezione dei dati personali, sicuramente realizzabili mediante le risorse disponibili a legislazione vigente.

Con nota del 15 ottobre 2010 del Ministero dell’economia – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, è stato affermato, in risposta ad un’osservazione formulata nel corso dell’esame del provvedimento all’esame, che gli oneri relativi alla promozione di investimenti efficienti ed all’innovazione nelle infrastrutture di comunicazione elettronica necessari al rafforzamento delle prescrizioni a garanzia degli utenti finali, in particolare dei disabili, degli anziani, dei minori e dei portatori di esigenze particolari sono a carico delle imprese che implementano a tal fine le proprie reti.

 

Al riguardo, sulla base degli ulteriori elementi informativi forniti dal Governo, non si hanno rilievi da formulare.

 

ARTICOLO 12

Delega per la disciplina della fiducia

La norma delega il Governo ad adottare, senza nuovi o maggior oneri per la finanza pubblica (comma 7), uno o più decreti legislativi recanti la disciplina della fiducia.

I decreti legislativi sono adottati su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell’economia e delle finanze (comma 3).

Tra i criteri per l’esercizio della delega si segnala in particolare l’emanazione di norme di coordinamento con la disciplina fiscale vigente in materia di trust (comma 6, lettera r)).

Ulteriori criteri per l’esercizio della delega sono (comma 6):

-                          prevedere la disciplina speciale del contratto di fiducia, quale contratto con cui il fiduciante trasferisce diritti, beni o somme di denaro specificamente individuati in forma di patrimonio separato ad un fiduciario che li amministra, secondo uno scopo determinato, anche nell’interesse di uno o più beneficiari determinati o determinabili (lettera a));

-                           prevedere che il contratto di fiducia venga stipulato per atto pubblico o scrittura privata autenticata a pena di nullità (lettera b));

-                           prevedere, quali effetti del contratto, di fiducia la separazione patrimoniale, la surrogazione del fiduciario e l’opponibilità del contratto ai terzi ed ai creditori mediante idonee formalità pubblicitarie riguardanti i diritti ed i beni che costituiscono oggetto della fiducia (lettera c));

-                           disciplinare l’opponibilita` ai terzi aventi causa delle eventuali limitazioni apposte ai poteri del fiduciario e l’obbligo di rendiconto (lettera f));

-                           disciplinare la cessazione del fiduciario dall’incarico, prevedendo la possibilità di sua sostituzione anche da parte del giudice e l’ingresso del nuovo fiduciario nella titolarità dei beni oggetto del rapporto (lettera g));

-                           disciplinare la durata del contratto, la revoca e la rinuncia del fiduciario, nonché la possibilità` di nominare da parte del giudice, in caso di urgenza, un fiduciario provvisorio (lettera h));

-                           disciplinare le cause di scioglimento del contratto di fiducia, prevedendo tra di esse l’unanime deliberazione di tutti i beneficiari, purché pienamente capaci di agire (lettera i));

-                           prevedere che la disciplina della fiducia si applichi anche qualora gli effetti di questa derivino da testamento (lettera m));

-                           dettare norme di coordinamento e, ove necessario, di deroga alla disciplina di tutela dei creditori, alla disciplina sul contratto a favore di terzo, alla disciplina sulla cessione dei crediti futuri ed alla disciplina degli strumenti finanziari (lettera o));

-                           dettare norme di coordinamento e, ove necessario, di deroga alla disciplina fallimentare (lettera p));

-                           assicurare il coordinamento con le norme vigenti in materia di antiriciclaggio, antimafia, conflitto di interessi ed a tutela dell’ordine pubblico (lettera q)).

 

La relazione tecnica nel confermare che dall'attuazione della direttiva non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, afferma, con riferimento al comma 6, lettera r) che, rispetto alla attuale normativa fiscale, che prevede la tassazione del trust ai sensi e nei termini di cui all’articolo 73 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al DPR n. 917 del 1986, la clausola di invarianza sarà rispettata equiparando il patrimonio fiduciario al trust, senza soluzioni di continuità. Tale equiparazione sarà possibile all’atto del coordinamento della normativa delegata con le disposizioni vigenti anche tributarie come previsto dal comma 2.

Il Governo, nella documentazione integrativa trasmessa il 3 novembre 2010, ha affermato, con riferimento al comma 6, lettera r), che dalla formulazione di detto criterio di delega non emerge in alcun modo che il previsto coordinamento della disciplina del trust con quello della fiducia possa dar luogo all’applicazione retroattiva delle nuove norme fiscali da introdurre.   

 

Al riguardo, tenuto conto dell’ampia portata normativa della delega legislativa, con particolare riferimento al coordinamento con la disciplina fiscale in materia di trust, previsto dalla lettera r), si rileva che la norma non detta specifici criteri di delega in proposito, né prevede la presentazione, in sede di esercizio della delega medesima, di relazioni tecniche a corredo degli schemi di decreti legislativi. Andrebbero, pertanto, forniti elementi di maggior dettaglio volti a suffragare la neutralità finanziaria della disciplina fiscale di coordinamento, individuando le fattispecie interessate ed i prevedibili criteri di coordinamento.

 

ARTICOLO 14

Concessioni demaniali marittime

Le norme sopprimono l’articolo 01, comma 2 della L. 400/1993 (Disposizioni per la determinazione dei canoni relativi a concessioni demaniali marittime) con il quale si prevede che le concessioni dei beni demaniali marittimi abbiano durata di sei anni e che alla scadenza si rinnovino automaticamente per altri sei anni, così successivamente a ogni scadenza.

 

Le norme, introdotte durante l’esame in prima lettura al Senato, non sono corredate di relazione tecnica.

 

Al riguardo, andrebbero chiarite le possibili implicazioni di carattere finanziario dell’abrogazione in esame con riferimento ai flussi di entrata percepiti dalle pubbliche amministrazioni a valere sui canoni di concessione.

 

ARTICOLO 15

IVA relativa a trasferimenti di quote di emissioni di gas a effetto serra

Le norme, introdotte nel corso dell’esame presso il Senato, dispongono una delega al Governo per il recepimento della direttiva 2010/23/UE, che modifica la direttiva 2006/112/CE, relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto per quanto concerne l'applicazione facoltativa e temporanea del meccanismo dell'inversione contabile alla prestazione di determinati servizi a rischio di frodi, con particolare riferimento al trasferimento di quote di emissioni di gas a effetto serra e di altre unità utilizzabili dai gestori.

La direttiva in riferimento rientra tra quelle elencate nell’allegato B al disegno di legge in esame; pertanto, i decreti adottati nell’esecuzione della delega dovranno essere trasmessi alla Camera e al Senato per l’acquisizione dei prescritti pareri e, ove recanti conseguenze finanziarie, essere corredati di relazione tecnica.

Le disposizioni prevedono che il Governo, nella predisposizione del decreto legislativo di attuazione, sia tenuto, oltre al rispetto dei principi e criteri direttivi generali di cui all’articolo 2 del provvedimento in esame, in quanto compatibili, a determinare, un periodo di validità delle disposizioni di attuazione della direttiva non inferiore a 30 mesi e che comunque non si estenda oltre il 30 giugno 2015 (comma 1).

Si ricorda che l’articolo 1 della direttiva 2010/23/UE introduce l’articolo 199-bis alla direttiva 2006/112/CE (Sistema comune d'imposta sul valore aggiunto). Le disposizioni introdotte prevedono, tra l’altro, che fino al 30 giugno 2015 e per un periodo minimo di due anni gli Stati membri possano stabilire che il soggetto tenuto al pagamento dell'IVA sia il soggetto passivo nei cui confronti è effettuato il trasferimento di quote di emissioni di gas a effetto serra e di altre unità utilizzabili dai gestori in conformità all’ordinamento comunitario.

Per evitare frodi in materia di IVA, si prevede altresì l’adozione di analoghe misure di inversione contabile relativamente al trasferimento di quote di energia prodotte da fonti rinnovabili, nonché al trasferimento di titoli di efficienza energetica[20]. L’efficacia delle disposizioni è subordinata alla preventiva autorizzazione da parte del Consiglio dell’Unione europea (commi 2 e 3).

 

Le norme non sono corredate di relazione tecnica.

Il Governo, durante l’esame in prima lettura presso il Senato, in merito alle disposizioni in esame, ha ritenuto non compatibile rispetto alla normativa comunitaria il testo originario della proposta emendativa, nel quale si prevedeva una durata del periodo di validità “non inferiore a cinque anni” [21]. La 5aCommissione bilancio del Senato nella seduta n. 465 del 13 gennaio 2011 ha espresso sull’articolo aggiuntivo recante le norme in esame parere non ostativo a condizione che, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, fosse specificato il termine della durata di validità al 30 giugno 2015.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

ARTICOLO 16

Trasferimenti all’interno dell’Unione europea di prodotti per la difesa

La norma, introdotta al Senato, delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per dare attuazione alla direttiva 2009/43/CE, che disciplina le modalità e le condizioni dei trasferimenti all’interno delle Comunità di prodotti per la difesa (comma 1).

La direttiva in riferimento rientra tra quelle elencate nell’allegato B al disegno di legge in esame; pertanto, i decreti adottati nell’esecuzione della delega dovranno essere trasmessi alla Camera e al Senato per l’acquisizione dei prescritti pareri e, ove recanti conseguenze finanziarie, essere corredati di relazione tecnica.

Il comma 1 prescrive, inoltre, che l'esercizio della delega per il recepimento della direttiva - in scadenza il 30 giugno 2011 - avvenga nel rispetto dei principi contenuti nella medesima, nonché dei principi di cui alle posizioni comuni 2003/468/PESC e 2008/944/PESC, concernenti, rispettivamente, il controllo dell’intermediazione di armi ed il controllo delle esportazioni di tecnologia e attrezzature militari.

La norma, in particolare, prevede che:

·        la delega deve essere esercitata in conformità ai principi di cui alla legge n. 185/1990 (comma 2).

La legge n. 185/1990 (Nuove norme sul controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento) individua, preliminarmente, alcune fattispecie di divieto ad esportare ed importare i materiali d’armamento e disciplina i requisiti indispensabili per poter operare nel settore, fissando dettagliatamente le modalità e le varie fasi dei procedimenti autorizzativi e le misure sanzionatorie in caso di violazione delle norme. La legge prevede, inoltre, che l’effettuazione delle operazioni di esportazione, importazione e transito di prodotti per la difesa, sia consentita solo alle imprese iscritte nel “registro delle imprese del settore della difesa”. Tali operazioni possono avere come destinatari solo governi esteri, organizzazioni internazionali riconosciute dal Governo italiano ovvero imprese estere autorizzate dai rispettivi governi;

·        i decreti legislativi sono adottati[22], nel rispetto dei principi e criteri direttivi generali di cui agli artt. 1 e 2 del provvedimento in esame, prevedendo, ove necessario, semplificazioni di natura organizzativa e amministrativa, nonché ulteriori fattispecie sanzionatorie di natura amministrativa nel rispetto dei principi di cui alla legge n. 185/1990 (comma 3);

·        gli oneri relativi alle autorizzazioni per le forniture e ai controlli da eseguire da parte di uffici pubblici - ai fini dell’attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo - sono posti a carico dei soggetti interessati, secondo tariffe determinate[23] sulla base del costo effettivo del servizio, ove ciò non risulti in contrasto con la disciplina comunitaria. Gli introiti derivanti dal pagamento delle tariffe sono versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere successivamente riassegnati, nei limiti previsti dalla legislazione vigente, alle amministrazioni che rilasciano le citate autorizzazioni ed effettuano i controlli previsti dal presente articolo (comma 5).

L’Art. 346, n. 1, lett. b) del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), prevede che ogni Stato membro può adottare, tra l’altro, misure relative alla produzione o al commercio di armi, munizioni e materiale bellico; tali misure non devono alterare le condizioni di concorrenza nel mercato interno per quanto riguarda i prodotti che non siano destinati a fini specificamente militari.

 

La relazione tecnica, riferita al testo originario del provvedimento, non considera la norma, che è stata introdotta durante l’esame dello stesso in prima lettura al Senato.

 

Al riguardo, al fine di escludere effetti per la finanza pubblica, appare opportuno che il Governo confermi che gli oneri connessi allo svolgimento delle procedure autorizzatorie e di controllo da parte dei soggetti pubblici preposti all’applicazione alla norma in esame trovino integrale copertura nelle tariffe - poste a carico dei soggetti esercenti le attività di trasferimento di prodotti per la difesa – che in base a quanto disposto (comma 5) saranno determinate, ove ciò non risulti in contrasto con la disciplina europea, sulla base del costo effettivo del servizio reso. Detta equivalenza andrebbe verificata anche per quanto attiene all’allineamento temporale tra spese a carico delle amministrazioni pubbliche ed introiti tariffari.

 

ARTICOLO 17

Gestione della qualità delle acque di balneazione

La norma, introdotta nel corso dell’esame presso il Senato, a seguito dell’approvazione di un emendamento del Governo, sostituisce l’articolo 13 del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 116, sulla gestione delle acque di balneazione, prevedendo, oltre alla collaborazione tra enti territoriali nel caso di acque interregionali (già prevista dal citato art. 13 sostituito dall’articolo in esame), la cooperazionecon gli altri Stati dell’Unione europea, qualora il bacino idrografico comporti un impatto transfrontalierosulla qualità delle acque di balneazione.

Il d. lgs. 116/2008 reca attuazione alla direttiva 2006/7/CE, relativa alla gestione della qualità delle acque di balneazione. La norma in esame permette l’integrale recepimento dell’articolo 10 della direttiva 2006/7/CE che prevede, nel caso in cui il bacino idrografico abbia un impatto transfrontaliero sulla qualità delle acque di balneazione, la collaborazione tra Stati, attuata anche tramite scambio di informazioni ed un’azione comune per limitare l’impatto stesso. L’art. 13 del d. lgs. 116/2008 aveva recepito le disposizioni della direttiva citata limitando la cooperazione ai soli casi di impatto sulla qualità delle acque interregionali. Tale disposizione permane all’interno del comma 2 dell’articolo 13, come novellato dall’articolo in esame.

 

La relazione tecnica, riferita al testo originario del provvedimento, non considera la norma introdotta durante l’esame dello stesso in prima lettura al Senato.

 

Nulla da osservare, nel presupposto - sul quale appare opportuna una conferma – che gli interventi da realizzare in cooperazione con altri Stati dell’Unione possano essere realizzati nell’ambito delle risorse preordinate alle medesime finalità.

 

ARTICOLO 18

Adeguamento alla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 29 ottobre 2009, resa nella causa C-249/08

La norma, introdotta nel corso dell’esame presso il Senato[24], introduce modifiche all’articolo 27 della legge  963/1965 concernente la disciplina delle sanzioni amministrative accessorie per la violazione di norme sulla pesca marittima.

Più in particolare la norma estende le sanzioni amministrative accessorie – tra cui confisca del pescato, degli strumenti, degli attrezzi e sospensione della licenza di pesca – alle violazioni di norme relative ai piani di ricostruzione di specie ittiche previste da normative nazionali e comunitarie[25].

 

La relazione tecnica non considera la norma

 

Nulla da osservare al riguardo.

 



[1] I decreti legislativi di recepimento delle direttive devono essere adottati entro il termine di 2 mesi antecedenti a quello di recepimento indicato nelle rispettive direttive. Per le direttive il cui termine sia già scaduto ovvero scada nei 3 mesi successivi alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, il Governo è delegato ad adottare i decreti legislativi di attuazione entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame. Per le direttive elencate negli allegati A e B che non prevedono un termine di recepimento, il Governo è delegato ad adottare i decreti legislativi entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame. Il Ministro per le politiche europee, nel caso in cui una o più deleghe non risultino esercitate alla scadenza del termine previsto, trasmette al Parlamento una relazione che dà conto dei motivi a giustificazione del ritardo.

[2] Interessate all’esecuzione delle norme della disciplina comunitaria oggetto di recepimento.

[3] Di cui all’articolo 5 della legge 183/1987 (Coordinamento delle politiche riguardanti l’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee ed adeguamento dell’ordinamento interno agli atti normativi comunitari).

[4] Conformemente a quanto disposto dall’articolo 9, commi 2 e 2-bis, della legge 11/2005 (Norme generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari).

[5] Inoltre l’articolo 3 del disegno di legge in esame delega il Governo ad adottare norme recanti sanzioni penali o amministrative per le violazioni di obblighi contenuti in direttive comunitarie attuate in via regolamentare o amministrativa.

[6] Di recente, solo la legge comunitaria 2006 (legge n. 13 del 2007) ha previsto un limite di spesa per il ricorso al Fondo (limite pari a 50 milioni di euro).

[7] Nota MEF-RGS del 15 ottobre 2010.

[8] Si tratta, in particolare, dell’articolo 2, comma 1, lettera d), della legge comunitaria per il 2008 (legge n. 88 del 2009) e dell’articolo 2, comma 1, lettera d) della legge comunitaria per il 2009 (legge n. 96 del 2010).

[9] Il decreto legislativo n. 16 del 2010 prevede un utilizzo, in via permanente, di 1,08 milioni di euro a decorrere dal 2010, mentre il decreto legislativo n. 190 del 2010 dispone l’utilizzo di 9,1 milioni di euro per il 2011 e di 9 milioni di euro per il 2012.

[10] Cfr. il comma 409 dell’articolo 1 della legge n. 266/2005.

[11] Cfr.  il parere motivato, comunicato con nota C(2009)3587 del 14 maggio 2009, emesso dalla Commissione europea ex articolo 226 del Trattato CE nei confronti della Repubblica Italiana, in relazione ad alcune disposizioni previste dal DM 20 febbraio 2007; successivamente con la nota D(2009) D31361 del 14 ottobre 2009 la Commissione europea, in particolare, ha ribadito la necessità di limitare l'obbligo di registrazione nel Repertorio dei dispositivi medici solo ad alcune tipologie di dispositivi medici, di limitare la quantità di informazioni richieste per la registrazione dei dispositivi medici delle classi IIa, IIb e III e dei dispositivi medici impiantabili attivi; con la medesima nota, la Commissione europea, inoltre, ha richiesto di concedere un tempo ragionevole per l'attuazione dei provvedimenti previsti, al fine di permettere ai fabbricanti di dispositivi medici e ai loro mandatari, che avessero sospeso il processo di registrazione nell'incertezza giuridica in merito agli obblighi cui attenersi, di conformarsi ai nuovi obblighi al momento della loro entrata in vigore.

[12] Cfr. supra.

[13] Tale cifra si ottiene abbattendo prudenzialmente l’ammontare di 53.000 prodotti ottenuto sulla base delle 106.000 registrazioni effettuate nei 24 mesi dal 1° maggio 2007 al 30 aprile 2009. Tale cifra, comprendendo anche la registrazione dei prodotti già in commercio, non risulta significativa.

[14] Cfr. il DM 20 marzo 2007.

[15] Cfr. la nota del 12 ottobre 2010 della Presidenza del Consiglio dei Ministri, depositata il 20 ottobre 2010.

[16] A tale riguardo si segnala che non risultano procedure di infrazione aperte a carico dello Stato italiano nella materia in esame.

[17] “Codice delle comunicazioni elettroniche”.

[18] “Codice in materia di protezione dei dati personali”.

[19] “Attuazione della direttiva 1999/5/CE riguardante le apparecchiature radio, le apparecchiature terminali di telecomunicazione ed il reciproco riconoscimento della loro conformità”.

[20] Di cui agli articoli 11 del D. Lgs. 79/1999 (Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica) e 10 del DM 20 luglio 2004 (Obiettivi di efficienza energetica).

[21] Cfr. la nota del Ministero dell’economia del 3 novembre 2010, presentata durante l’esame al Senato.

[22] Su proposta del Ministro per le politiche europee, di concerto con i ministri per la semplificazione normativa, degli affari esteri, della difesa, della giustizia, dell’interno, dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro dello sviluppo economico e con particolare riferimento al parere delle competenti Commissioni parlamentari.

[23] Le tariffe di cui al presente comma sono determinate con decreto del Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

[24] Al fine di adeguare la normativa nazionale alla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 29 ottobre 2009, resa nella causa C-249/08, all'articolo 27 della legge 14 luglio 1965, n. 963.

[25] Articolo 26, comma 8, L.963/1965.