Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Bilancio dello Stato
Altri Autori: Servizio Commissioni
Titolo: C. 2320: Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'apparteneneza dell'Italia alle Comunità europee
Riferimenti:
AC N. 2320/XVI     
Serie: Note di verifica    Numero: 63
Data: 01/04/2009
Descrittori:
DIRETTIVE DELL'UNIONE EUROPEA   DIRITTO DELL' UNIONE EUROPEA
REGOLAMENTI DELL'UNIONE EUROPEA     
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione
XIV - Politiche dell'Unione europea

 


Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Verifica delle quantificazioni

 

 

 

A.C. 2320

 

Legge comunitaria 2008

 

(Approvato dal Senato AS 1078)

 

 

 

 

 

N. 63 – 1° aprile 2009

 

 


 

La verifica delle relazioni tecniche che corredano i provvedimenti all'esame della Camera e degli effetti finanziari dei provvedimenti privi di relazione tecnica è curata dal Servizio Bilancio dello Stato.

La verifica delle disposizioni di copertura, evidenziata da apposita cornice, è curata dalla Segreteria della V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione).

L’analisi è svolta a fini istruttori, a supporto delle valutazioni proprie degli organi parlamentari, ed ha lo scopo di segnalare ai deputati, ove ne ricorrano i presupposti, la necessità di acquisire chiarimenti ovvero ulteriori dati e informazioni in merito a specifici aspetti dei testi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SERVIZIO BILANCIO DELLO STATO- Servizio responsabile

Tel. 2174 – 9455

 

SERVIZIO COMMISSIONI – Segreteria della V Commissione

Tel 3545 – 3685

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Estremi del provvedimento

 

 

A.C.

 

2320

Titolo breve:

 

Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee (legge comunitaria 2008)

 

Iniziativa:

 

governativa

 

approvato con modifiche dal Senato

 

Commissione di merito:

 

XIV

 

Relatore per la

Commissione di merito:

 

 

da nominare

 

Gruppo:                                      

 

Relazione tecnica:

presente

 

 

verificata dalla Ragioneria generale

 

 

riferita al testo presentato al Senato

 

 

Parere richiesto

 

Destinatario:

 

XIV Commissione

in sede referente

Oggetto:

 

testo del provvedimento

 

 

Nota di verifica n. 63

 


INDICE

 

ARTICOLO 1, comma 4. 5

Esame parlamentare degli schemi di decreti legislativi5

ARTICOLO 2, comma 1, lettere a) e d)5

Princìpi e criteri direttivi generali della delega: ricorso al Fondo politiche comunitarie  5

ARTICOLO 2, comma 1, lettera d)6

Copertura finanziaria.. 6

ARTICOLO 2, comma 1, lettera c)7

Princìpi e criteri direttivi generali della delega: riassegnazione gettito delle sanzioni7

ARTICOLO 7. 8

Delega in materia di sicurezza alimentare. 8

ARTICOLO 7, comma 1, 4 e 5. 9

Clausole di invarianza finanziaria.. 9

ARTICOLO 8. 10

Delega al Governo per l’attuazione della direttiva CE su dispositivi medici10

ARTICOLO 10. 11

Delega al Governo per l’attuazione della delega sulla qualità dell’aria.. 11

ARTICOLO 12. 12

Delega in materia di fertilizzanti12

ARTICOLO 13. 13

Disposizioni relative al mercato vitivinicolo.. 13

ARTICOLO 16, comma 1. 14

Tutela della fauna selvatica.. 14

ARTICOLO 20. 14

Modifiche al Codice del consumo.. 14

ARTICOLO 22, commi 1-3. 15

Regime fiscale dei dividendi distribuiti a fondi pensione dei paesi UE ed aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo.. 15

ARTICOLO 22, comma 4, lettera b)17

Criteri di valutazione della base imponibile IVA.. 17

ARTICOLO 22, comma 4, lettera e)18

Rimborso IVA in favore di soggetti non residenti18

ARTICOLO 22, comma 4, lettera f) e comma 5. 19

Misure in materia di accertamento ai fini Iva e delle imposte dirette. 19

ARTICOLO 22, comma 7, lettera a)21

Acquisti intracomunitari21

ARTICOLO 22, comma 7, lettera b)  e lettera c)23

Vendite a distanza.. 23

ARTICOLO 22 commi 11-34. 24

Esercizio dei giochi a distanza in Italia.. 24

ARTICOLO 22, commi 32 e 33. 29

Copertura finanziaria.. 29

ARTICOLO  25. 29

Delega in materia di composizione e denominazione degli estratti alimentari e affini29

ARTICOLO 26. 30

Delega al Governo per l’attuazione della direttiva su articoli pirotecnici30

ARTICOLO 27. 31

Sistema di identificazione e tracciabilità degli esplosivi per uso civile.31

ARTICOLO 28. 32

Attuazione direttiva 2007/36/CE relativa ad alcuni diritti degli azionisti di società quotate.32

ARTICOLO 29. 32

Attuazione direttiva 2007/64/CE relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno.. 32

ARTICOLO 30. 33

Attuazione direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori33

ARTICOLO 33. 34

Controllo dell’acquisizione e della detenzione di armi34

ARTICOLO 34. 35

Disposizioni per la commercializzazione delle uova.. 35

ARTICOLO 35. 36

Controlli della Commissione europea,  a tutela della concorrenza, in locali non societari36

ARTICOLO 37. 36

Accreditamento dei laboratori di autocontrollo del settore alimentare. 36

ARTICOLO 38. 37

Liberalizzazione dei servizi nel mercato interno.. 37

ARTICOLI 39. 38

Requisiti di pubblicità di taluni tipi di società.. 38

ARTICOLI 40, 41 e 42. 39

I Gruppi europei di cooperazione territoriale (GECT)39

ARTICOLI da 43 a 46. 40

Delega al Governo per l’attuazione di decisioni quadro in materia di giustizia.. 40


PREMESSA

 

Il disegno di legge (Legge comunitaria 2008) reca disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee[1].

Il provvedimento, già approvato dal Senato, è corredato di relazione tecnica.

La R.T. precisa che l’esperienza derivante dalla trasposizione delle direttive nell’ordinamento nazionale ha evidenziato l’impossibilità o l’estrema difficoltà di riuscire a determinare, prima della effettiva stesura degli schemi di decreto legislativo di recepimento, se da alcune delle norme necessarie all’adempimento degli obblighi contenuti nelle singole direttive possano o meno derivare maggiori spese o minori entrate a carico del bilancio dello Stato: pertanto, di norma, le leggi comunitarie non contengono disposizioni che prevedano e quantifichino tali eventuali spese, con la relativa copertura. Tuttavia i decreti legislativi di recepimento possono introdurre norme comportanti oneri, se ciò è necessario a garantire il corretto e completo adempimento degli obblighi comunitari; in caso contrario, infatti, si esporrebbe “l’Erario al maggior danno ad esso derivante dall’apertura di un contenzioso con la Corte di giustizia delle Comunità europee” dal quale deriverebbero rilevanti sanzioni pecuniarie[2].

Ciò premesso, al fine di garantire un completo e corretto adempimento degli obblighi comunitari, e quindi evitare di esporre l’erario al rischio derivante dall’apertura di contenziosi con la Corte di giustizia, la RT sottolinea come sia stato previsto (articolo 1, comma 4) che gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive che comportino oneri finanziari debbano comunque essere corredati da relazione tecnica. Inoltre l’articolo 2, comma 1, lettera d) (utilizzo del Fondo di rotazione per le politiche comunitarie), è volto ad assicurare sia una corretta gestione del bilancio dello Stato sia un puntuale adempimento degli obblighi connessi all’appartenenza all’Unione europea. Con riferimento, infine, a specifiche disposizioni del provvedimento in esame, sono state inserite apposite clausole di invarianza finanziaria.

 

Nel corso dell’esame in prima lettura è stata trasmessa alla Commissione bilancio del Senato un’ulteriore documentazione riguardante i profili di carattere finanziario, della quale si dà conto nell’ambito della presente nota.

Si esaminano di seguito le disposizioni suscettibili di determinare effetti finanziari.

 

 

ARTICOLO 1, comma 4

Esame parlamentare degli schemi di decreti legislativi

La norma prevede che gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive che comportano oneri finanziari debbono essere corredati dalla relazione tecnica e che sui medesimi sia richiesto anche il parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari.

 

Al riguardo, al fine di consentire una verifica puntuale in sede parlamentare delle conseguenze finanziarie derivanti dal recepimento delle direttive previste dal disegno di legge in esame, il Governo dovrebbe valutare l’opportunità di integrare il comma 4 dell’articolo 1, indicando le direttive per il cui recepimento si applicano le procedure ivi previste.

Si rileva che le disposizioni in esame si applicano, in virtù di un esplicita previsione in tal senso disposta dal comma 2 dell’articolo 10, per lo schema di decreto recante l’attuazione della direttiva 2008/50/CE - relativa alla qualità dell’aria ambiente, e dall’art. 43, comma 5, per gli schemi di decreti per l’attuazione delle decisioni quadro nell’ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria e in materia penale.

Le restanti direttive aventi conseguenze di carattere finanziario per le quali i relativi schemi di decreto devono essere corredati dalla relazione tecnica e trasmessi per il parere anche alle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari, saranno individuate in sede di attuazione del provvedimento.

 

ARTICOLO 2, comma 1, lettere a) e d)

Princìpi e criteri direttivi generali della delega: ricorso al Fondo politiche comunitarie

Le norme, prevedono che:

-         le amministrazioni direttamente interessate provvedono all’attuazione delle disposizioni contenute nei decreti legislativi di attuazione di normative comunitarie con le ordinarie strutture amministrative (lettera a);

-         eventuali oneri non contemplati dalla legislazione vigente e non riguardanti l’attività ordinaria delle amministrazioni statali o regionali possono essere previsti nei soli limiti occorrenti per l’adempimento degli obblighi posti dalle direttive; alla copertura di tali oneri, qualora non si possa provvedere con i fondi già assegnati alle competenti amministrazioni, si fa fronte a valere sul Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie di cui all’articolo 5 della legge 183/1987 (lettera d).

Il Fondo, finanziato dalla legge finanziaria, presenta le seguenti disponibilità: 6.872 milioni nel 2009 e 5.271 milioni per ciascuno degli anni 2010 e 2011.

 

ARTICOLO 2, comma 1, lettera d)

Copertura finanziaria

Al riguardo, si ricorda che la norma in esame appare di contenuto identico all’articolo 2, comma 1, lettera d), della legge comunitaria per il 2007 (legge n. 34 del 2008). Anche in tale occasione non era previsto un limite massimo di utilizzo delle risorse del Fondo di rotazione per le politiche comunitarie.

A tale proposito si osserva che precedenti leggi comunitarie[3] recavano invece un limite massimo di ricorso al Fondo di rotazione, stabilito in 50 milioni di euro.

In presenza di un provvedimento per il quale la relazione tecnica non fornisce alcuna indicazione in merito agli eventuali oneri da sostenere, rimandando all’adozione degli specifici schemi di decreto il momento della quantificazione degli eventuali oneri, la previsione di un limite di spesa sembrerebbe corrispondere all’esigenza sia di delineare il quadro finanziario entro il quale dovrebbero trovare attuazione le direttive comunitarie, sia di limitare il ricorso alle risorse del Fondo di rotazione.

In merito a tali profili, si osserva che nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio del Senato sono stati richiesti chiarimenti al Governo sull’ordine di grandezza delle eventuali spese non contemplate da leggi vigenti da porre a carico del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie. Il rappresentante del Governo, in risposta, non ha fornito elementi di quantificazione di tali eventuali oneri ma ha osservato che le direttive da attuare intervengono in settori già ampiamente disciplinati a legislazione vigente e l’attuazione delle disposizioni in esse contenute può avvenire nell’ambito delle risorse previste nei bilanci delle amministrazioni pubbliche, confermando il ruolo residuale attribuito al Fondo dalla norma in esame (si veda la seduta del 20 gennaio 2009).

Si osserva che al predetto Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie, affluisce, ai sensi della tabella F allegata alla legge n. 203 del 2008 (legge finanziaria 2009), a carico del bilancio dello Stato, un importo di 6.872.286 mila euro per l’anno 2009.

Al riguardo, pur prendendo atto delle affermazioni del Governo in ordine all’adeguatezza delle risorse previste a legislazione vigente per le amministrazioni interessate al fine del recepimento delle direttive comunitarie oggetto del presente provvedimento, appare comunque opportuno acquisire dal Governo una stima delle eventuali ulteriori spese che non troverebbe capienza nei predetti stanziamenti a legislazione vigente al fine di verificare la congruità delle risorse del Fondo di rotazione a far fronte a tali eventuali oneri senza pregiudicare la realizzazione degli interventi già previsti a valere sulle medesime risorse.

Al fine di garantire la operatività del predetto Fondo, il Governo dovrebbe comunque assicurare che l’eventuale utilizzo delle risorse del Fondo per dare attuazione alle direttive in oggetto sia tale da garantire comunque la giacenza media di cassa del Fondo stesso.

 

ARTICOLO 2, comma 1, lettera c)

Princìpi e criteri direttivi generali della delega: riassegnazione gettito delle sanzioni

Le norme dispongono che, al di fuori dei casi previsti dalle norme penali vigenti, ove necessario per assicurare l’osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, siano previste sanzioni penali (nei limiti dell’ammenda fino a 150.000 euro e dell’arresto fino a tre anni) e amministrative (pagamento di una somma compresa tra i 150 e i 150.000 euro).

Secondo quanto disposto da una modifica approvata in prima lettura[4], le somme derivanti dalle sanzioni di nuova istituzione sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, entro i limiti previsti dalla legislazione vigente, alle amministrazioni competenti all’irrogazione delle stese.

Si ricorda che la legge 266/2005 (legge finanziaria 2006) all’art. 1, comma 46, dispone che, a decorrere dal 2006, l’ammontare complessivo delle riassegnazioni di entrate non può superare, per ciascuna amministrazione, l’importo complessivo di quelle effettuate nel 2005. Da tale vincolo sono esclusi gli importi che non presentano impatto sul conto della PA e quelli relativi agli interventi cofinanziati dall’Unione europea. Alla norma sono ascritti effetti di risparmio pari, in termini di fabbisogno, a 238 milioni e, in termini di indebitamento netto, a 288 milioni a decorrere dal 2008.

Con la legge 244/2007 (legge finanziaria 2008), all’art 2, commi 615-617 è stato previsto che a decorrere dal 2008, con riferimento ai provvedimenti indicati nell’elenco 1 allegato alla legge, non sia dia luogo a iscrizioni di stanziamenti negli stati di previsione dei Ministeri in correlazione a versamenti di somme all’entrata del bilancio dello Stato. Il 50 per cento delle somme riassegnabili nel 2006 è destinata a Fondi da iscrivere negli stati di previsione dei Ministeri, il cui utilizzo è effettuato dal Ministro competente, d’intesa con il Ministro dell’Economia. La dotazione dei Fondi è rideterminata ogni anno sulla base dei versamenti riassegnabili effettuati entro il 31 dicembre dei due esercizi precedenti, in modo di assicurare in ciascun anno un risparmio di 300 milioni in termini di indebitamento netto.

 

Al riguardo appare opportuno che il Governo confermi che la destinazione alla spesa di entrate derivanti da nuove sanzioni non sia suscettibile di determinare, anche in ragione della modulazione temporale della spesa stessa, incrementi rispetto ai livelli di erogazione complessivi scontati nei tendenziali di finanza pubblica.

 

ARTICOLO 7

Delega in materia di sicurezza alimentare

Le norme delegano il Governo a coordinare le disposizioni attuative della direttiva 2004/41/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, con la normativa vigente in materia di alimenti e mangimi e con i regolamenti del cosiddetto “pacchetto igiene”[5],  prevedendo che dall’attuazione della delega non derivino nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e che le amministrazioni statali e regionali interessate provvedano agli adempimenti con le risorse umane e strumentali disponibili a legislazione vigente (commi 4 e 5).

In particolare le suddette norme:

·          vincolano il legislatore delegato alla tutela della salute, dell’ambiente, dei diritti del consumatore e al rispetto della libera circolazione dei prodotti (comma 2, lettera b));

·          prevedono la riformulazione, la razionalizzazione e la graduazione dell’apparato sanzionatorio (comma 2, lettera d));

·          dispongono la semplificazione delle procedure per la registrazione e il riconoscimento delle imprese del settore (comma 2, lettera e));

·          vincolano il legislatore delegato alla definizione di un assetto istituzionale fondato su di una migliore organizzazione e circolazione delle informazioni tra tutte le autorità competenti, procedendo anche ad un migliore coordinamento degli organi preposti ai controlli (comma 2, lettere f) e l));

·          prevedono l’individuazione di adeguate modalità e procedure di collaborazione tra gli uffici doganali e gli uffici periferici delle altre amministrazioni coinvolte nel controllo degli alimenti e dei mangimi (comma 2, lettera i));

·          dispongono la programmazione di una capillare e puntuale azione formativa e informativa rivolta a tutti i soggetti coinvolti e interessati dalle norme in questione  (comma 2, lettera m)).

 

La relazione tecnica non prende in considerazione le norme.

 

Nulla da osservare nel presupposto, come specificato dalle disposizioni di cui ai commi 4 e 5 e sul quale pare necessaria una conferma, che l’attuazione della delega possa essere effettivamente realizzata senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e che le amministrazioni statali e regionali interessate provvedano agli adempimenti con le risorse umane e strumentali disponibili a legislazione vigente.

 

ARTICOLO 7, comma 1, 4 e 5

Clausole di invarianza finanziaria

Le norme prevedono che l’attuazione della delega ivi prevista debba avvenire senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (comma 1) e che dall’attuazione dell’articolo in esame non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (comma 4) specificando che le amministrazioni statali interessate provvedono agli adempimenti previsti dall’articolo in esame con le risorse umane e strumentali disponibili a legislazione vigente (comma 5).

 

Al riguardo, si osserva che la clausola di invarianza di cui al comma 4, riferita all’intero articolo 7, potrebbe assorbire la previsione dell’invarianza degli oneri per la finanza pubblica disposta al comma 1 in relazione all’adozione dei decreti delegati.

Al fine di coordinare le disposizioni in esame si dovrebbe pertanto valutare l’opportunità di modificare il testo prevedendo una unica clausola di invarianza, così come disposto in altri articoli del disegno di legge in esame (si vedano ad esempio gli articoli 8, comma 4 e 12, comma 3).

 

ARTICOLO 8

Delega al Governo per l’attuazione della direttiva CE su dispositivi medici

La norma prevede che, nella predisposizione del decreto legislativo per l’attuazione della direttiva 2007/47/CE (che modifica le direttive 90/385/CEE, in materia di dispositivi medici impiantabili attivi[6], 93/42/CEE sui dispositivi medici[7] e 98/8/CE sull’immissione sul mercato dei biocidi[8]), il Governo, al fine di assicurare una maggiore coerenza e l’eliminazione delle incongruenze nella normativa in vigore, è tenuto a seguire, oltre ai principi e ai criteri direttivi previsti dal precedente articolo 2, anche i seguenti:

a)      una disciplina più adeguata della vigilanza sugli incidenti e una più organizzata gestione dei dati da parte del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali;

b)     la revisione delle norme sulle indagini cliniche;

c)      la revisione delle norme sull’uso compassionevole dei dispositivi medici;

d)     la revisione delle norme sulla pubblicità dei dispositivi medici, individuando, nell’ambito dei dispositivi per i quali è consentita la pubblicità, le fattispecie che non necessitano di autorizzazione ministeriale.

Ai sensi dell’articolo 21 del decreto legislativo n. 46/1997, per ciascuna domanda inoltrata al Ministero della salute per l’autorizzazione alla pubblicità di un dispositivo medico, l’Azienda fabbricante o responsabile dell’immissione in commercio è tenuto al pagamento di una tassa pari a 314,54 euro per ciascun testo, ciascun prodotto e per ciascun mezzo di diffusione;

e)      la garanzia di efficaci collegamenti tra le banche dati nazionali e la banca dati europea Eudamed;

f)       la riformulazione delle norme a contenuto sanzionatorio.

Il decreto legislativo che il Governo è tenuto ad emanare deve provvedere anche alla riformulazione delle previsioni riguardanti i dispositivi medici per risonanza magnetica nucleare contenute del DPR n. 542/1994, assicurando:

a)       la coerenza con le disposizioni di carattere generale in materia di dispositivi medici;

b)      l’adeguamento allo sviluppo tecnologico, modificando il sistema autorizzativo con la previsione della competenza delle regioni ad autorizzare l’installazione delle apparecchiature per risonanza.

La norma prevede infine che dall’attuazione dell’articolo in esame non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che le Amministrazioni pubbliche provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente.

 

La norma non è corredata di relazione tecnica.

 

Al riguardo, con riferimento alla revisione delle norme sulla pubblicità, si segnala che l’eventuale individuazione delle fattispecie che non necessitano di autorizzazione ministeriale potrebbe recare una riduzione delle entrate per tariffe in favore del Ministero della salute. Sul punto, appare opportuno acquisire un chiarimento del Governo.

 

ARTICOLO 10

Delega al Governo per l’attuazione della delega sulla qualità dell’aria

Le norme delegano il Governo ad emanare un decreto legislativo per coordinare le disposizioni attuative della direttiva 2008/50/CE, riformando e riunendo le disposizioni comunitarie in tema di qualità dell’aria. L’adozione del presente articolo è sottoposta al disposto di cui all’articolo 1, comma 4, del presente disegno di legge, secondo cui gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive che comportino conseguenze finanziarie siano corredati della relazione tecnica, richiedendo il parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari.

In particolare le suddette norme:

·        vincolano il Governo ad introdurre adeguati poteri di coordinamento, di approvazione e di risoluzione dei casi di inadempimento per garantire uniformità di valutazione e gestione della qualità dell’aria ambiente nel quadro delle competenze tra Stato, regioni ed enti locali (comma 2, lettera a));

·        prevedono il coordinamento della disciplina relativa alla pianificazione ed alla programmazione della qualità dell’aria ambiente con le norme vigenti in materia di autorizzazioni alle emissioni, agli impianti termici civili, ai combustibili e alla circolazione veicolare (comma 2, lettera b));

·        vincolano il Governo ad introdurre una specifica disciplina e di una ripartizione delle competenze in merito all’approvazione degli strumenti di campionamento e di misura, delle reti di misurazione, dei metodi di valutazione e dei laboratori, nonché alla definizione delle procedure di approvazione, alla garanzia della qualità delle misurazioni ed ai controlli connessi  (comma 2, lettera c));

 

La relazione tecnica non prende in considerazione le norme.

 

Al riguardo, si osserva che le norme non recano un criterio direttivo che preveda l’attuazione della delega senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. È peraltro prevista la presentazione di relazioni tecniche a corredo degli schemi di decreto legislativo. Andrebbe quindi chiarito se siano previsti eventuali oneri derivanti dall’esercizio della delega e, in caso di conferma, quali siano le risorse con cui si prevede di farvi fronte.

 

ARTICOLO 12

Delega in materia di fertilizzanti

Le norme delegano il Governo ad emanare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo di riordino e revisione della disciplina in materia di fertilizzanti.

In particolare, le norme prevedono che il suddetto decreto legislativo:

·          disponga l’adeguamento e l’ammodernamento delle definizioni di «concime» e delle sue molteplici specificazioni, di «fabbricante» e di «immissione sul mercato»[9] (comma 1, lettera a));

·          preveda indicazioni obbligatorie per i concimi immessi sul mercato con l’indicazione «concimi CE» (comma 1, lettera b));

·          individui le misure ufficiali di controllo per valutare la conformità dei concimi (comma 1, lettera c));

·          riveda il sistema delle sanzioni da irrogare in base ai princìpi di effettività, proporzionalità e dissuasività (comma 1, lettera d));

 

Le norme dispongono inoltre che il D. Lgs. 217/2006 (Revisione della disciplina in materia di fertilizzanti) sia abrogato dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo e che dall’attuazione delle norme in oggetto non devono derivare nuovi o maggiori oneri, né minori entrate a carico della finanza pubblica. Pertanto, le amministrazioni interessate svolgeranno le attività previste con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente (commi 2 e 3).

 

Le norme, inserite al Senato durante l’esame in prima lettura, non sono corredate di relazione tecnica.

 

Nulla da osservare nel presupposto, come specificato dalle disposizioni di cui al comma 3, che l’attuazione della delega avvenga senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e che le amministrazioni interessate provvedano agli adempimenti con le risorse umane e strumentali disponibili a legislazione vigente

 

ARTICOLO 13

Disposizioni relative al mercato vitivinicolo

Le norme, introdotte nel corso dell’esame presso il Senato, prevedono la possibilità per i produttori di regolarizzare le superfici vitate, impiantate prima del 1° settembre 1998 senza disporre dei corrispondenti diritti di impianto, con il versamento di una somma pari a 6.000 euro/ha (comma 1).

Si ricorda l’articolo 86 del regolamento (CE) n. 479/2008 del Consiglio prevede che entro il 31 dicembre 2009 i produttori regolarizzino, mediante versamento di una tassa, le superfici vitate anteriormente al 1° settembre 1998 senza disporre dei relativi diritti di impianto. Tale tassa sarà fissata dagli Stati membri ed equivale almeno al doppio del valore medio del corrispondente diritto di impianto nella regione di cui trattasi. Per le superfici impiantate illegalmente e non regolarizzate si prevede l’estirpazione a spese dei produttori, prevedendo l’imposizione di sanzione da parte degli Stati membri ai produttori che non ottemperino tale obbligo.

Sono stabilite una serie di sanzioni, applicate ogni dodici mesi, a carico, rispettivamente, di chi non effettua il suddetto versamento o non estirpa la relativa superficie, non ha estirpato le superfici vitate impiantate dopo il 31 agosto 1998 senza disporre dei corrispondenti diritti di impianto, oppure ha impiantato dopo il 3 luglio 2008 superfici vitate senza disporre dei corrispondenti diritti di impianto (commi 2-5).

Qualora i produttori non eseguano l’estirpazione delle viti, viene previsto un intervento sostitutivo delle regioni per provvedere, nei limiti delle loro competenze, alla rimozione degli impianti ponendo a carico degli stessi produttori le relative spese (comma 13).

Sono, inoltre, disciplinate le sanzioni amministrative pecuniarie da applicare ai produttori per la mancata o incompleta comunicazione del contratto di distillazione o mancata osservanza delle disposizioni in materia di vendemmia verde[10] (commi 6-10).

Viene previsto che le sanzioni amministrative pecuniarie siano applicate dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano nei limiti delle loro competenze (comma 12).

Al riguardo andrebbe chiarito se gli interventi sostitutivi delle regioni che si rendessero necessari in caso di mancata ottemperanza dell’obbligo di estirpazione da parte dei produttori, di cui al comma 13, possano determinare oneri a carico di tali enti territoriali, dovute sia all’anticipo delle spese che saranno poste a carico dei relativi produttori, sia  all’eventualità di un mancato o parziale recupero delle stesse.

 

ARTICOLO 16, comma 1

Tutela della fauna selvatica

La norma prevede che Regioni e le province autonome, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, si adoperino per mantenere o adeguare le popolazioni di alcune specie di uccelli ad un livello corrispondente alle esigenze ecologiche, scientifiche e culturali, tenendo conto degli aspetti economici e ricreativi.

Si ricorda che la Direttiva 79/409/CEE del Consiglio, in attuazione della quale è stata disposta la norma in esame, concerne la conservazione degli uccelli selvatici. In particolare, l'art. 2 prevede che gli Stati membri adottino le misure necessarie per mantenere o adeguare la popolazione di determinate specie di uccelli ad un livello che corrisponde in particolare alle esigenze ecologiche, scientifiche e culturali, pur tenendo conto delle esigenze economiche e ricreative.

 

La relazione tecnica non considera la norma.

La relazione illustrativa precisa che le attività che eventualmente si renderà necessario intraprendere a tal fine saranno poste in essere utilizzando gli ordinari stanziamenti di bilancio e che esse consisteranno in misure di ripopolamento o di reintroduzione ovvero di miglioramento ambientale in relazione alle specie che si renderà necessario adeguare.

Nulla da osservare al riguardo, tenuto conto della clausola di non onerosità inserita nella disposizione.

 

ARTICOLO 20

Modifiche al Codice del consumo

Le norme recano modifiche al codice del consumo, di cui al D. Lgs. 206/2005.

In particolare, il comma 1, lettera b) sostituisce l’articolo 144-bis che disciplina la cooperazione tra le autorità nazionali per la tutela dei consumatori. Nel dettaglio, le innovazioni prevedono:

·        la ridefinizione delle competenze del Ministero dello sviluppo economico anche per i contratti negoziati fuori dai locali commerciali, per quelli a distanza, per quelli relativi all’acquisto di un diritto di godimento ripartito di beni immobili (attualmente in capo alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura), nonché in materia di prezzi, ferme restando le attribuzioni in capo ai comuni (cpv. comma 1);

·        la possibilità che il suddetto Ministero, nello svolgimento delle sue competenze, possa avvalersi delle camere di commercio, industria e agricoltura, del Corpo della Guardia di finanza, con i poteri attribuiti per l’accertamento IVA e delle imposte sui redditi nonché definisca forme di collaborazione con altri soggetti delle pubbliche amministrazioni, tra cui i comuni (cpv. commi 3 e 4);

·        la previsione di apposite sanzioni volte ad assicurare l’effettivo esercizio dei poteri da parte delle autorità nazionali competenti (cpv. commi 6, 7 e 8)

·        l’applicazione delle competenze in materia di pratiche commerciali scorrette all’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che può avvalersi della Guardia di finanza utilizzando strutture e personale esistenti (cpv. comma 8).

Le norme prevedono, altresì, che agli adempimenti si provveda nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (comma 2).

 

La relazione tecnica non prende in considerazione le norme.

 

Nulla da osservare nel presupposto, come specificato dalla disposizione di cui ai comma 2 e sul quale pare opportuna una conferma, che l’attuazione delle norme avvenga senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e che le amministrazioni interessate provvedano agli adempimenti con le risorse umane e strumentali disponibili a legislazione vigente.

 

ARTICOLO 22, commi 1-3

Regime fiscale dei dividendi distribuiti a fondi pensione dei paesi UE ed aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo

Normativa vigente: Ai sensi dell’articolo 27, comma 3, del DPR n. 600 del 1973 gli utili corrisposti ai fondi pensione istituiti negli Stati membri della UE e negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo[11] scontano una ritenuta a titolo d’imposta del 27 per cento. Tali soggetti hanno diritto al rimborso, fino a concorrenza dei 4/9 della ritenuta, dell’imposta che dimostrino di aver pagato all’estero in via definitiva sui medesimi utili, mediante certificazione del competente ufficio fiscale dello Stato estero[12].

I fondi pensione residenti in Italia scontano, invece, un’imposta sostitutiva sul reddito nella misura dell’11 per cento.

Con la Nota C(2007)2622 del 18 luglio 2007, nell’ambito della procedura di infrazione n. 2006/4094, la Commissione europea ha rilevato l’esistenza di una discriminazione di ordine fiscale intercorrente tra i fondi pensione residenti in Italia e quelli degli Stati in questione, che verrebbero a trovarsi in una situazione di svantaggio competitivo sul mercato italiano.

 

Le norme in esame, in particolare, modificano l’articolo 27, comma 3, del DPR n. 600 del 1973, assoggettando gli utili corrisposti ai fondi pensione istituiti negli Stati UE e negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo, che garantiscano un adeguato scambio di informazioni, ad una ritenuta a titolo d’imposta dell’11 per cento.  Tali soggetti non hanno diritto a nessun rimborso delle imposte assolte sugli stessi utili nello Stato estero di residenza.

La nuova aliquota di prelievo si applica agli utili distribuiti a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di cui al disegno di legge in esame.

Alla copertura delle minori entrate, valutate in 22 milioni di euro annui dal 2009, si provvede mediante utilizzo delle maggiori entrate derivanti dai commi da 11 a 30 dell’articolo in esame, ai sensi del comma 32 del medesimo articolo.

 

La relazione tecnica ascrive alla disposizione un effetto di perdita di gettito di 22 milioni di euro annui a decorrere dal 2009.

La relazione precisa che, dato l’attuale regime di tassazione, che consente il rimborso delle imposte assolte nello Stato estero di residenza fino a concorrenza dei 4/9 della ritenuta assolta in Italia, la previsione di una aliquota dell’11 per cento comporta una riduzione di quattro punti percentuali rispetto all’aliquota attualmente applicata [(27%-4/9*27%) – 11% = 4%]. 

Precisa, inoltre, che il nuovo regime fiscale si applicherebbe esclusivamente ai fondi pensione comunitari sottoposti a vigilanza da parte delle autorità competenti dei singoli Stati ai sensi della direttiva 2003/41/CE.

La quantificazione si basa sui dati del quadro SK del modello 770/2005, riguardante la comunicazione degli utili corrisposti da società ed enti residenti a soggetti non residenti. Da tali dati, emerge un ammontare di ritenute ed imposte sostitutive, applicate al momento della distribuzione dei dividendi in favore di società residenti in Stati UE ed in Stati AELS/SEE  e soggette a ritenuta del 27 per cento, pari a circa 150 milioni di euro.

Poiché non è possibile individuare nell’ambito di tale ammontare la quota di ritenute applicate ai fondi pensione, la relazione tecnica ipotizza prudenzialmente che l’intero importo sia ascrivibile a tali soggetti.

Di tale ammontare, in base alla legislazione vigente, una quota, fino ad un massimo di 4/9 potrebbe essere rimborsata ai soggetti interessati. La stima assume una rimborsabilità teorica fino all’ammontare massimo. Pertanto, dei 150 milioni di euro di ritenute applicate, circa 67 milioni (150*4/9) rappresentano le somme rimborsate ed  83 milioni rappresentano le somme incassate dall’erario corrispondenti ad un livello di tassazione del 15%. Pertanto la perdita di gettito, a seguito della riduzione di 4 punti di aliquota, si cifra in circa 22 milioni di euro annui (83/15*4).

 

Si segnala che in una Nota[13] di risposta alle osservazioni formulate in sede di esame in prima lettura al Senato, l’Agenzia delle entrate ha ribadito che le disposizioni contenute nell’articolo in esame sono finalizzate ad adeguare la normativa nazionale alle disposizioni comunitarie e tendono ad evitare l’apertura di procedure d’infrazione, ovvero, come nella fattispecie in esame, ad adeguarsi a procedure già aperte nei confronti dello Stato italiano.

In proposito la medesima Nota afferma che la disposizione che prevede l’applicazione dell’aliquota ridotta ai dividendi distribuiti a far tempo dalla data di entrata in vigore della legge comunitaria per il 2008, non appare idonea a consentire la chiusura della procedura di infrazione avviata nei confronti dell’Italia. Ciò in quanto la modifica normativa non inciderebbe sui casi che hanno determinato l’apertura della procedura medesima.

 

Al riguardo si rileva che la quantificazione appare sostanzialmente corretta sulla base dei dati e delle ipotesi assunte dalla relazione tecnica.

 

ARTICOLO 22, comma 4, lettera b)

Criteri di valutazione della base imponibile IVA

Le norme integrano, mediante sostituzione, l’articolo 13 del DPR n. 633 del 1972, riguardante i criteri di determinazione della base imponibile ai fini IVA. In particolare, nel comma 3 di tale articolo, sono introdotte due nuove fattispecie per le quali, nella valutazione della base imponibile dell’imposta, si deve utilizzare il valore normale dei beni e dei servizi oggetto rispettivamente della cessione o della prestazione.

Le integrazioni riguardano le operazioni effettuate da soggetti che esercitano sia attività che danno luogo ad operazioni che conferiscono il diritto alla detrazione dell’IVA pagata a monte, sia attività che danno luogo ad operazioni esenti. Per tali soggetti, ai sensi dell’articolo 19, comma 5, del DPR n. 633 del 1972, il diritto alla detrazione dell’imposta spetta in misura proporzionale alla prima categoria di operazioni. Il relativo ammontare è calcolato annualmente in base ad una percentuale, ottenuta come rapporto tra le operazioni che danno diritto alla detrazione effettuate nell’anno ed il medesimo ammontare aumentato delle operazioni esenti realizzate nel medesimo esercizio, ai sensi dell’articolo 19-bis del medesimo DPR.

Le lettere b) e c) del comma 3 dell’articolo 13 del DPR n. 633 del 1972, come sostituito dalle norme in esame prevedono, infatti, quanto segue:

·        per le operazioni esenti effettuate da un soggetto per il quale l’esercizio del diritto alla detrazione è limitato ai sensi dell’articolo 19, comma 5 del DPR n. 633 del 1972 la base imponibile è costituita dal valore normale dei beni e servizi se è dovuto un corrispettivo inferiore a tale valore e se le operazioni sono effettuate nei confronti di società che controllano tale soggetto, ne sono controllate o sono controllate da una società che controlla il soggetto stesso;

·        per le operazioni imponibili o assimilate ai fini del diritto alla detrazione, effettuate da un soggetto per il quale l’esercizio del diritto alla detrazione è limitato ai sensi dell’articolo 19, comma 5 del DPR n. 633 del 1972 la base imponibile è costituita dal valore normale dei beni e servizi se è dovuto un corrispettivo superiore a tale valore e se le operazioni sono effettuate nei confronti di società che controllano tale soggetto, ne sono controllate o sono controllate da una società che controlla il soggetto stesso.

 

La relazione tecnica non considera la disposizione.

 

Nella Nota di risposta alle osservazioni formulate nel corso dell’esame in prima lettura al Senato, l’Agenzia delle entrate ha precisato che le disposizioni recepiscono quanto previsto dall’articolo 80, comma 1, lettere b) e c)  della Direttiva 28-11-2006 n. 2006/112/CE, relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto. L’Agenzia ha precisato, inoltre, che esse sono volte ad evitare comportamenti elusivi finalizzati ad aumentare il pro-rata di detraibilità da parte di soggetti che effettuano contemporaneamente operazioni esenti ed operazioni imponibili, nell’ambito di rapporti tra soggetti collegati che potrebbero indicare corrispettivi superiori o inferiori al valore normale alla scopo di massimizzare la quota di imposta detraibile. Nel caso di operazioni esenti, infatti, l’indicazione di un corrispettivo inferiore al valore normale determina un ammontare inferiore di operazioni esenti, aumentando il valore del rapporto di detrazione, nel quale tali operazioni compaiono al denominatore. Nel caso speculare di operazioni imponibili, al contrario, è l’indicazione di un corrispettivo superiore al valore normale che consente di determinare un pro-rata di detrazione più elevato.  

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

ARTICOLO 22, comma 4, lettera e)

Rimborso IVA in favore di soggetti non residenti

Normativa vigente: l’articolo 38-ter, comma 1, del DPR n. 633 del 1972, disciplina l’esecuzione dei rimborsi dell’Iva detraibile nei confronti dei soggetti non residenti. In particolare, dispone che i soggetti domiciliati o residenti negli Stati membri della Comunità, assoggettati all’imposta nello Stato in cui hanno il domicilio o la residenza, che non abbiano effettuato operazioni in Italia, ad eccezione delle prestazioni di trasporto, e relative prestazioni accessorie, non imponibili ai sensi dell’articolo 9 del medesimo DPR, nonché delle prestazioni indicate all’articolo 7, quarto comma lettera d)[14] , possono ottenere, in relazione a periodi inferiori all’anno, il rimborso dell’imposta, se detraibile, relativa ai beni mobili e ai servizi importati o acquistati, sempreché di importo complessivo non inferiore a 200 euro, senza doversi munire di un numero di partita IVA in Italia.

Le norme non si applicano per gli acquisti e le importazioni di beni e servizi effettuati da soggetti residenti all’estero tramite stabili organizzazioni in Italia.

 

 La norma in esame, modifica l’articolo 38-ter, comma 1, del DPR n. 633 del 1972, estendendo l’ambito delle operazioni effettuate dal soggetto non residente, in relazione alle quali è possibile chiedere il rimborso dell’IVA detraibile assolta a monte, a tutte le operazioni effettuate nel territorio dello Stato che diano luogo all’assolvimento dell’IVA a carico del cessionario o committente attraverso il meccanismo del reverse charge

 

La relazione tecnica non considera la disposizione.

 

Nella Nota di risposta alle osservazioni formulate nel corso dell’esame in prima lettura al Senato, l’Agenzia delle entrate ha precisato che la misura è diretta ad adeguare la normativa nazionale a quella contenuta nell’articolo 171 della Direttiva 2006/112[15], che ha ampliato, rispetto a quanto in precedenza stabilito dalla VI direttiva, la possibilità di ottenere il rimborso da parte dei soggetti non residenti.

 

Al riguardo andrebbero acquisiti chiarimenti sui profili finanziari delle modifiche introdotte che, di fatto, ampliano l’ambito oggettivo delle operazioni effettuate in Italia a fronte delle quali i soggetti stabiliti in altri Stati membri possono richiedere il rimborso dell’IVA assolta sui beni e servizi acquistati o importati.

 

ARTICOLO 22, comma 4, lettera f) e comma 5

Misure in materia di accertamento ai fini Iva e delle imposte dirette

Normativa vigente: L’articolo 54, comma 3, del DPR n. 633 del 1972, contenente disposizioni in materia di rettifica delle dichiarazioni IVA da parte degli uffici, prevede che l’ufficio possa procedere alla rettifica indipendentemente dall’ispezione della contabilità del contribuente, qualora l’esistenza di operazioni imponibili per un ammontare superiore a quello indicato o l’inesattezza delle indicazioni sulle operazioni che danno diritto alla detrazione risulti in modo certo e diretto, e non in via presuntiva, da verbali, questionari e fatture, dagli elenchi allegati alle dichiarazioni di altri contribuenti, nonché da atti o documenti in suo possesso.

Per le cessioni aventi ad oggetto beni immobili e relative pertinenze, la prova s’intende integrata se l’esistenza delle operazioni imponibili o l’inesattezza delle indicazioni contenute nella dichiarazione sono desunte sulla base del valore normale dei predetti beni.

Tale presunzione legale di maggiore imponibile non dichiarato, desunta in base al valore normale dei beni immobili oggetto di cessione, è stata introdotta nell’articolo 54 del DPR n. 633 del 1972, dal commi 2 dell’articolo 35 del decreto legge n. 223 del 2006. Analoga previsione è stata introdotta dal successivo comma 3 del medesimo articolo 35 nell’articolo 39 del DPR n. 600 del 1973 ai fini dell’accertamento delle imposte sui redditi d’impresa.  Il medesimo articolo 35, al comma 23-bis, ha stabilito inoltre che per i trasferimenti immobiliari soggetti ad IVA finanziati con mutui fondiari e finanziamenti bancari, il valore normale non possa essere inferiore all’ammontare del mutuo o finanziamento erogato.

Successivamente, la legge n. 244 del 2007, all’articolo 1, comma 265, ha stabilito che, per gli atti formati anteriormente al 4 luglio 2006, le presunzioni introdotte dall’articolo 35, commi 2, 3 e 23-bis, avessero il valore, agli effetti tributari, di presunzioni semplici.

 

Le norme in esame sopprimono le disposizioni introdotte, nell’articolo 54 del DPR n. 633 del 1972 e nell’articolo 39 del DPR n. 600 del 1973, rispettivamente, dai commi 2 e 3 dell’articolo 35 del decreto legge n. 223 del 2006, facendo venir meno la presunzione legale di attività non dichiarate fondata sulla base del valore normale dei beni immobili oggetto di cessione.

 

La relazione tecnica non considera la disposizione.

 

Nella Nota di risposta alle osservazioni formulate nel corso dell’esame in prima lettura al Senato, l’Agenzia delle entrate ha riconosciuto come le norme antielusive che si intende sopprimere abbiano, nel periodo di vigenza, reso più penetrante il potere di accertamento degli uffici, consentendo un significativo incremento del volume di base imponibile recuperata a tassazione.

Tuttavia, la presunzione legale di cessione di beni immobili in evasione di imposte sulla base del valore normale, con inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, presenta profili di incompatibilità con la normativa comunitaria. In particolare, in riferimento all’IVA, l’articolo 73 della Direttiva 2006/112/CE stabilisce il principio generale che la base imponibile IVA, in caso di cessione di beni e di prestazione di servizi, è rappresentata dal corrispettivo ricevuto dal cedente o dal prestatore.

Le perplessità in merito all’incompatibilità con la disciplina comunitaria sono state rappresentate dalla Commissione europea con la messa in mora del Governo italiano del 26 giugno 2008, ai sensi dell’articolo 226 del trattato. Nella lettera di messa in mora, la Commissione, nel ribadire la regola generale di riferimento al corrispettivo, richiama i casi in cui il diritto comunitario consente il riferimento al valore normale, specificamente disciplinati dall’articolo 80 della direttiva.

La Nota afferma, infine, come la mancata considerazione dei rilievi mossi dalla Commissione esporrebbe l’Italia al rischio di soccombere nella successiva fase di contenzioso, con conseguenze anche di natura finanziaria.   

      

 Al riguardo appare opportuno che il Governo chiarisca se nella formulazione delle previsioni tendenziali del gettito derivante dall’attività di accertamento, formulate per l’esercizio in corso e per gli esercizi successivi, si sia tenuto conto della  necessità di sopprimere le disposizioni antielusive in questione.

Nel caso in cui le previsioni di gettito siano state formulate in base al criterio della normativa vigente, la soppressione di tali disposizioni appare suscettibile di determinare effetti di perdita di gettito, peraltro di non lieve entità, come si afferma nella stessa Nota dell’Agenzia delle entrate, che risultano non quantificati e privi di copertura.

Si rileva, inoltre, che la soppressione delle norme antielusive appare suscettibile di determinare anche una perdita di gettito a titolo di imposte ordinarie, in quanto la presenza di tali norme poteva costituire un efficace deterrente per il contribuente a non dichiarare corrispettivi delle transazioni che si discostassero in modo significativo dal valore normale.

 

ARTICOLO 22, comma 7, lettera a)

Acquisti intracomunitari

Le norme modificano l’articolo 38 del decreto legge n. 331 del 1993[16], recante, in particolare, disposizioni sulla disciplina IVA degli acquisti intracomunitari.

Per acquisto intracomunitario deve intendersi l’acquisizione a titolo oneroso della proprietà o di altro diritto reale di godimento su beni spediti o trasportati nel territorio dello Stato italiano da altro Stato membro, a cura del cedente o dell’acquirente, entrambi soggetti passivi d’imposta, ovvero di terzi per loro conto. Il debitore d’imposta per gli acquisti intracomunitari effettuati in Italia è l’acquirente soggetto passivo. L’IVA è perciò dovuta nel paese di destinazione dei beni.     

Le norme in esame:

·        escludono dall’ambito IVA degli acquisti intracomunitari il gas fornito dal sistema di distribuzione di gas naturale e l’energia elettrica;

·        aumentano da 16 milioni di lire (8.263,31 euro) a 10.000 euro il limite di importo al di sotto del quale gli acquisti effettuati da soggetti assimilati ai consumatori finali, da soggetti passivi per i quali l’IVA è totalmente indetraibile e da produttori agricoli che hanno optato per l’applicazione del regime speciale non sono considerati acquisti intracomunitari. Tali acquisti sono considerati fuori dal campo di applicazione dell’IVA, salvo opzione per il regime intracomunitario ordinario. Tali acquisti, quindi, sono soggetti a tassazione nel Paese membro di provenienza dei beni.

 

 La relazione tecnica considera esclusivamente la disposizione riguardante l’innalzamento della soglia al di sotto della quale gli acquisti non sono considerati intracomunitari. In merito la relazione afferma che, dai dati relativi agli archivi IVA, riferiti ai contribuenti interessati, risulta che l’ammontare di imposta IVA è di importo non rilevante, per cui la disposizione non comporta sostanziali effetti in termini di gettito.

 

Nella Nota di risposta alle osservazioni formulate nel corso dell’esame in prima lettura al Senato, l’Agenzia delle entrate, in riferimento alla disposizione riguardante l’esclusione dal novero degli acquisti intracomunitari per il gas e l’energia elettrica, afferma che la medesima ha natura sistematica. Infatti, l’articolo 7, secondo comma, del DPR n. 633 del 1972 considera la cessione di tali prodotti come cessione interna ai fini IVA. Pertanto, in caso di cessione di tali prodotti da parte di soggetti comunitari a favore di soggetti nazionali la tassazione viene assicurata attraverso il meccanismo del reverse charge, così come avviene per le operazioni intracomunitarie.    

 

Al riguardo si rileva che, poiché l’innalzamento della soglia in capo ai soggetti acquirenti che non possono integralmente detrarre l’IVA, recata dalle disposizioni, appare suscettibile di determinare un effetto di perdita di gettito, tale effetto, anche se di misura non rilevante, dovrebbe comunque essere stimato nel suo importo.

L’IVA relativa agli acquisti comunitari, infatti, di regola non influisce sul debito d’imposta, in quanto viene registrata dall’acquirente a debito ed a credito nello stesso periodo e per lo stesso importo. Le due registrazioni, quindi, si compensano, eccetto il caso in cui l’IVA sia indetraibile per l’acquirente. Per tali soggetti l’applicazione del regime degli acquisti intracomunitari determina un debito d’imposta. Pertanto, l’innalzamento della soglia di importo complessivo annuo al di sotto del quale le operazioni non sono considerati acquisti intracomunitari e sono quindi esclusi dal campo di applicazione dell’IVA determina una perdita di gettito.

 

ARTICOLO 22, comma 7, lettera b)  e lettera c)

Vendite a distanza

Normativa vigente: Per vendite a distanza si intendono le cessioni (effettuate generalmente sulla base di cataloghi, corrispondenza, internet) di beni spediti o trasportati dal cedente o da altri per suo conto dall’Italia ad un altro Stato membro e viceversa, nei confronti di privati o di soggetti assimilabili ai consumatori finali ai fini della indetraibilità dell’imposta assolta (enti non commerciali, produttori agricoli in regime speciale, soggetti che effettuano esclusivamente operazioni esenti), residenti in un altro Stato membro.

Tali vendite sono soggette ad un particolare regime di individuazione del luogo di tassazione,che può variare dallo Stato membro di origine dei beni a quello di destinazione. Da tale regime sono escluse le cessioni di beni immateriali effettuate direttamente tramite internet, le cessioni di mezzi di trasporto nuovi, le cessioni previa istallazione o montaggio, le cessioni di beni soggetti ad accisa.

In particolare, per gli acquisti a distanza da altro Stato membro, il luogo di imposizione delle vendite è situato in Italia se il venditore non residente ha effettuato in Italia, nell’anno precedente e nell’anno solare in corso, vendite a distanza di beni ad acquirenti non soggetti ad IVA per un ammontare che supera 54 milioni di lire (27,888,67 euro), al netto di IVA.

Le vendite a distanza effettuate da un venditore residente risultano non imponibili in Italia  se il venditore residente ha realizzato nell’altro Stato membro, nell’anno precedente ed in quello in corso, vendite a distanza superiori a 154 milioni di lire (79.534,36 euro), ovvero al minore ammontare stabilito nell’ambito della disciplina interna al detto Stato membro.  Sono, invece, imponibili in Italia se l’ammontare delle vendite a distanza effettuate nello Stato membro non supera le soglie indicate. 

Le norme in esame:

·        innalzano da 54 milioni di lire a 35.000 euro la soglia al di sotto della quale gli acquisti a distanza da altro Stato membro non sono imponibili in Italia;

·        innalzano da 154 milioni di lire a 100.000 euro la soglia al di sotto della quale le vendite effettuate da venditore residente sono imponibili in Italia.

 

La relazione tecnica:

·        con riferimento alla soglia di non imponibilità degli acquisti a distanza afferma che la disposizione non comporta rilevanti effetti di gettito. La valutazione si basa sull’elaborazione dei dati riguardanti le operazioni imponibili effettuate da soggetti non residenti con volume di affari compreso tra i 26.000 ed i 40.000 euro e sulla loro suddivisione tra consumatori finali e partite IVA;

·        con riferimento all’innalzamento della soglia di imponibilità delle cessioni a distanza verso altri Paesi UE, afferma che la disposizione non determina effetti di gettito in quanto, ai fini dell’imponibilità o meno delle operazioni in Italia occorre far riferimento anche al limite stabilito dalla disciplina interna dello Stato membro di destinazione dei beni.

 

Al riguardo appare opportuno che il Governo fornisca elementi quantitativi in merito agli effetti di gettito connessi all’innalzamento della soglia di non imponibilità in Italia degli acquisti da altro Stato membro, effetti che la relazione tecnica valuta di importo irrilevante.

La relazione tecnica non esplicita, in particolare, a quale periodo d’imposta si riferiscano i dati alla base di tale valutazione e se i medesimi, quindi, incorporino o meno gli effetti connessi al recente sviluppo degli acquisti in rete.

 

ARTICOLO 22 commi 11-34

Esercizio dei giochi a distanza in Italia

Normativa vigente: l’articolo 38 del DL 223/2006 (Rilancio dell’economia e contenimento della spesa pubblica) ha stabilito nuove modalità di distribuzione dei giochi, prevedendo – fra l’altro – l’introduzione di   scommesse e giochi via internet (comma 1) e l’attribuzione della raccolta dei giochi a distanza a nuovi concessionari per un corrispettivo non  inferiore a  200.000 euro[17] (commi 2 e 4).

Alle norme sono stati ascritti effetti di maggior gettito pari a 240 milioni una tantum (per l’aggiudicazione delle nuove concessioni a distanza) e a 18 milioni di euro a decorrere dal 2008 (per un incremento della raccolta di scommesse e di giochi on line).

Ulteriori norme in materia di raccolta e di esercizio dei giochi a distanza sono contenute nella legge finanziaria 296/2006 (art. 1, c. 88, che ha introdotto modalità di scommesse su eventi simulati: maggior gettito previsto dalla RT pari a 1,2 milioni di euro a regime) e nel decreto legge 159/2007 (art.40,  cc. da 6-bis a 6-sexies – nuova disciplina dei requisiti per l’accesso alle concessioni: nessun effetto di maggior gettito).

Le norme – che ripropongono disposizioni già sottoposte all’esame della Commissione bilancio[18] - recano una disciplina organica in materia di esercizio e di raccolta a distanza  dei giochi e delle scommesse. 

La nuova disciplina, finalizzata a contrastare la diffusione del gioco illegale, si applica ad un ambito esteso di giochi e di scommesse, puntualmente individuati dal testo[19] (comma 11).

Non è chiaro se tale ambito risulti più esteso, in base alla nuova disciplina introdotta dai commi in esame, rispetto a quello già previsto dal decreto legge 223/2006, il quale contiene misure finalizzate all’introduzione dell’esercizio e della raccolta a distanza per molte tipologie di gioco (scommesse ippiche, concorsi pronostici su base ippica e sportiva, scommesse dirette fra singoli giocatori, giochi di abilità, giochi di carte, nonché “ogni ulteriore gioco pubblico”[20]).

Si prevede[21], in particolare, l’istituzione di giochi, la fissazione delle poste o dei titoli di partecipazione, l’individuazione delle misure di aggi, diritti, proventi e prelievi fiscali (comma 12).

Le condizioni di accesso alle nuove concessioni (commi 13-16) sono distinte fra due categorie di operatori[22]:

Ÿ        quelli attualmente non titolari di concessioni in Italia, che per accedere alla nuova concessione devono essere in possesso di particolari requisiti stabiliti dal testo e sono tenuti a versare all’Amministrazione dei Monopoli un corrispettivo una tantum di 300.000 euro+IVA[23] (o di 50.000 euro+IVA per il bingo on line) per ciascuna concessione di  9 anni[24];

Ÿ        quelli già titolari di concessione per l’esercizio e la raccolta di giochi e scommesse attraverso rete fisica o rete di raccolta a distanza, che sono tenuti a versare all’Amministrazione dei Monopoli i seguenti corrispettivi una tantum: 300.000 euro+IVA per gli attuali concessionari del bingo; euro 350.000+IVA per gli attuali concessionari dei rimanenti giochi non ancora abilitati alla loro raccolta a distanza; 50.000 euro+IVA relativamente a domande di concessione riferite al solo bingo on line[25].

Nel testo non è esplicitato quale sia, per i concessionari non ancora abilitati al gioco a distanza, la durata della concessione. Il successivo comma 22 sembra prevedere che, nel caso dei soggetti già titolari di licenza per i giochi a distanza, la scadenza della concessione in esame sia la medesima della concessione già in atto[26]. Tale coincidenza temporale fra la vecchia e la nuova concessione sembrerebbe tuttavia riguardare solo i soggetti già titolari di licenza[27] e non per gli altri. Sul punto andrebbe quindi acquisito un chiarimento da parte del Governo, tenuto conto che le stime di maggior gettito contenute nella relazione tecnica si basano sul presupposto che le concessioni giungano a scadenza con un andamento tendenzialmente costante, tale da stabilizzare il maggior gettito su un livello di 7 milioni di euro all’anno (= 20 nuove concessioni all’anno).

I predetti contributi possono essere adeguati in aumento ogni tre anni sulla base della variazione dei prezzi al consumo individuata dall’Istat (comma 20).

Sono previste specifiche misure finalizzate a consentire i controlli di regolarità da parte dell’Amministrazione dei Monopoli (commi 17 e 19), nonché a fissare le procedure per l’esame istruttorio delle domande di concessione  (comma 18) e per l’entrata in vigore dei nuovi obblighi per i titolari di concessioni in essere (comma 22).

Vengono introdotte specifiche sanzioni, anche di carattere pecuniario, per il mancato rispetto delle norme in esame (commi 23-29).

Si prevede infine ( commi 32-34) che:

Ÿ        il Fondo speciale destinato al soddisfacimento delle esigenze dei cittadini meno abbienti[28] sia integrato di 6 milioni di euro per il 2009 e di 15 milioni a decorrere dal 2010;

Ÿ        al relativo onere, nonché alle minori entrate recate dai commi 1-3 dell’articolo 22 in esame, valutate in 22 milioni di euro dall’anno 2009, si provveda mediante utilizzo delle maggiori entrate derivanti dai commi da 11 a 30, al netto dei costi sostenuti dall’Amministrazione dei Monopoli per la realizzazione e la gestione degli strumenti informatici occorrenti.

 

La relazione tecnica attribuisce alle disposizioni in esame un maggior gettito pari a 28 milioni di euro per il 2009 e a 37 milioni a decorrere dal 2010.

La stima è così effettuata:

-          maggiori entrate una tantum di 350.000 euro (per l'ingresso nel mercato di ciascun nuovo concessionario) per un numero di almeno 20 nuovi concessionari all’anno=7 milioni di euro all’anno.

Come detto, tale stima si basa sul presupposto che le concessioni giungano a scadenza con un andamento tendenzialmente costante, tale da stabilizzare il maggior gettito su un livello di 7 milioni di euro all’anno;

-          attuale ammontare del gioco illegale ipotizzato=circa 2 miliardi di euro;

-          emersione di gioco illegale=700 milioni nel 2009; 1 miliardo a decorrere dal 2010;

-          applicazione dell’aliquota del 3 per cento all'ammontare della raccolta risultante dall'emersione=maggior gettito pari a 21 milioni nel 2009 e a 30 milioni dal 2010.

 

La seguente tabella ricavata dalla relazione tecnica espone gli effetti complessivi dell’articolo 22:

(milioni di euro)

ARTICOLO  22

EFFETTI FINANZIARI

2009

2010

2011

commi 11-30

maggiore entrata

+28

+37

+37

commi 1-3

minore entrata

-22

-22

-22

comma 32

maggiore spesa

-6

-15

-15

 

EFFETTI NETTI

0

0

0

 

 

Al riguardo, in ordine alla metodologia di stima delle maggiori entrate quantificate dalla relazione tecnica, si osserva che l’attendibilità delle previsioni formulate dal Governo è collegata alle ipotesi poste alla base della stima medesima, quali:

Ÿ         l’effettiva entità del mercato irregolare (circa 2 miliardi di euro, secondo la RT);

Ÿ         l’efficacia delle misure di controllo e di contrasto al mercato irregolare per determinare lo spostamento di una rilevante quota delle giocate verso il mercato legale;

Ÿ         l’andamento degli altri fattori che possono incidere sulla crescita o, quanto meno, sulla stabilità della domanda di mercato (reddito disponibile, tassazione, montepremi, concorrenza di altre forme di gioco, possibili effetti di sostituzione).

In proposito, si osserva che il trend crescente della raccolta registrato negli ultimi anni è in prevalenza attribuito alle misure di contrasto al gioco illegale, alla più favorevole imposizione fiscale e all’arricchimento del palinsesto dell’offerta legale (con il lancio operativo di nuovi giochi di abilità on line). Poiché i più recenti dati disponibili[29] confermano questa tendenza favorevole, si deve assumere - al fine di garantire i risultati di gettito previsti dalla RT - che tale andamento risulti sufficientemente stabile da consentire il finanziamento di oneri (quali quelli derivanti dai commi 1-3 e dal comma 32) che hanno carattere permanente. Il che implica, fra l’altro, che altre condizioni di contesto eventualmente meno favorevoli e apparentemente non considerate dalla relazione tecnica (come, per esempio, il reddito disponibile e la propensione alla spesa del pubblico) non vadano a compensare in negativo le dinamiche di raccolta scontate a legislazione vigente. Sul punto andrebbe acquisita una valutazione del Governo, tenuto conto che - in via generale - non appare prudenziale destinare al finanziamento di oneri permanenti entrate caratterizzate, in sé, da un elevato grado di aleatorietà e di variabilità.

Si osserva inoltre, con particolare riferimento alla significativa quota di raccolta che secondo la relazione tecnica dovrebbe essere sottratta al mercato irregolare per confluire in quello legale, che non sono stati forniti gli elementi posti alla base di questa previsione, che interessa nel primo anno il 35 per cento e nel secondo anno il 50 per cento del gioco illegale stimato.

Circa gli altri effetti finanziari connessi all’attuazione delle norme in esame, si osserva che il testo del comma 32 fa esplicito riferimento a “costi sostenuti dall’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato per la realizzazione e la gestione degli strumenti informatici occorrenti”. La relazione tecnica, tuttavia, non provvede a quantificare le relative spese, le quali pertanto non entrano a far parte delle componenti di costo incluse nel calcolo dell’onere totale. Sul punto andrebbe acquisito un chiarimento da parte del Governo.

In ordine, infine, all’effettiva possibilità che nell’esercizio in corso possano essere integralmente conseguiti i risultati di maggior gettito ascritti alle norme in esame, andrebbe acquisita una valutazione del Governo, tenuto conto che i commi 18, 22 e 30 prevedono tempi di istruttoria e di esecuzione della nuova disciplina (nonché sospensioni dei termini in caso di incompletezza della documentazione) che potrebbero incidere negativamente sul raggiungimento dei predetti obiettivi di gettito.

 

ARTICOLO 22, commi 32 e 33

Copertura finanziaria

La norma, al comma 32,  integra di 6 milioni di euro per l’anno 2009 e di 15 milioni di euro a decorrere dall’anno 2010 il Fondo per i meno abbienti di cui all’articolo 81, comma 29, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008. Al relativo onere, nonché alle minori entrate recate dai commi da 1 a 3 del presente articolo, valutate in 22 milioni di euro dall’anno 2009, si provvede mediante utilizzo delle maggiori entrate derivanti dai commi da 11 a 30 del presente articolo, al netto dei costi sostenuti dall’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato per la realizzazione e la gestione degli strumenti informatici occorrenti.

Il comma 33 prevede una clausola di salvaguardia relativa agli oneri di cui all’articolo in esame, formulata secondo la prassi consolidata

 

Al riguardo, si rileva che dal tenore della disposizione di cui al comma 32, le maggiori entrate derivanti dai commi da 11 a 30 del presente articolo dovrebbero fornire la copertura non solo degli oneri quantificati dalla norma, ma anche di quelli corrispondenti ai costi sostenuti dall’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato per la realizzazione e la gestione degli strumenti informatici occorrenti.

Al fine di verificare la corrispondenza tra i predetti oneri e le risorse utilizzate a copertura, appare opportuno acquisire ulteriori elementi di informazione sia in merito ai costi sostenuti dall’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato,  per la realizzazione e la gestione degli strumenti informatici di cui non vi è alcuna quantificazione nella relazione tecnica, sia in merito all’ammontare complessivo delle maggiori entrate che si prevede di incassare in virtù delle disposizioni di cui ai commi da 11 a 30 dell’articolo in esame.

 

ARTICOLO  25

Delega in materia di composizione e denominazione degli estratti alimentari e affini

Le norme delegano il Governo ad emanare un decreto legislativo al fine di dare esecuzione alla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 19 giugno 1990, nella causa C-177/89, con particolare riferimento alle disposizioni in materia di composizione e denominazione degli estratti alimentari e dei prodotti affini, modificando opportunamente, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore dello stesso, le relative disposizioni regolamentari[30].

La sentenza ha condannato l’Italia per aver contravvenuto agli obblighi derivanti dall'articolo 30 del Trattato CEE, relativo alla libera circolazione delle merci. In particolare, la sentenza specifica che il nostro Paese ha assoggettato a restrizioni lo smercio sul proprio territorio di estratti alimentari e di prodotti affini fabbricati e messi in commercio in altri Stati membri, subordinandolo, inoltre, ad autorizzazione preventiva.

 

Le norme, inserite al Senato durante l’esame in prima lettura, non sono corredate di relazione tecnica.

 

Nulla da osservare tenuto conto della necessità di evitare l’applicazione di sanzioni comunitarie a carattere pecuniario nei confronti dell’Italia in grado di determinare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

ARTICOLO 26

Delega al Governo per l’attuazione della direttiva su articoli pirotecnici

La norma stabilisce che il Governo, nel predisporre il decreto legislativo per l’attuazione – senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica[31] - della direttiva 2007/23/CE[32], relativa all’immissione sul mercato di articoli pirotecnici, sia tenuto a seguire, oltre ai principi e ai criteri direttivi previsti dal precedente articolo 2, tra gli altri, anche i seguenti:

·        disciplinare, mediante sistemi informatizzati, le procedure per l’accertamento della conformità degli articoli pirotecnici ai requisiti di sicurezza previsti dalla direttiva e per il riconoscimento dei prodotti pirotecnici destinati ad organismi diversi [(comma 1, lett. a)];

·        determinare attribuzioni e composizione del comitato competente al controllo delle attività degli organismi responsabili delle verifiche di conformità [(comma 1, lett. g)].

E’ prevista un’apposita clausola di invarianza, in cui si precisa che dall’attuazione della delega non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (comma 2).

 

La relazione tecnica, allagata al testo originario del provvedimento (AS 1078) non considera la norma.

 

Nulla da osservare al riguardo, nel presupposto che all’attuazione della disposizione, con specifico riferimento all’adozione delle procedure informatiche di cui al comma 1, lett. a) e all’istituzione del comitato di controllo di cui al comma 1, lett. g), si provveda, come disposto al comma 2, senza oneri per la finanza pubblica.

 

ARTICOLO 27

Sistema di identificazione e tracciabilità degli esplosivi per uso civile.

La norma stabilisce che il Governo, nel predisporre il decreto legislativo per l’attuazione della direttiva 2008/43/CE[33], relativa all’istituzione[34] di un sistema di identificazione e tracciabilità degli esplosivi per uso civile, sia tenuto, tra i principi e i criteri direttivi[35], a prevedere che le modalità per assicurare la trattazione e la conservazione dei dati concernenti le licenze di pubblica sicurezza relative agli esplosivi siano assicurate dal Ministero dell’interno, con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente [(comma 1, lett. a)].

E’ prevista un’apposita clausola di invarianza, in cui si precisa che dall’attuazione della delega non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (comma 2).

 

 

La relazione tecnica, allagata al testo originario del provvedimento (AS 1078) non considera la norma.

 

Nulla da osservare al riguardo, nel presupposto che all’attuazione della disposizione di cui al comma 1, lett. a) si provveda nell’ambito delle dotazioni del Ministero dell’interno disponibili a legislazione vigente e nel rispetto della generale previsione d’invarianza disposta al comma 2.

 

ARTICOLO 28

Attuazione direttiva 2007/36/CE relativa ad alcuni diritti degli azionisti di società quotate.

La norma, introdotta dal Senato, prevede una delega al Governo, da cui non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, per dare organica attuazione alla direttiva 2007/36/CE relativa all’esercizio di alcuni diritti degli azionisti di società quotate in borsa. A tal fine l’attuazione deve uniformarsi ai seguenti principi e criteri direttivi:

a)       escludere dall'ambito di applicazione gli organismi di investimento collettivo, armonizzati e non armonizzati e le società cooperative;

b)       individuare, adeguare, agevolare e disciplinare le norme applicabili alle società quotate in borsa contenute nella direttiva con riguardo a:

-         i tempi tra l’avviso di convocazione e lo svolgimento dell’assemblea;

-         il diritto dei soci di integrare l'ordine del giorno dell'assemblea;

-         la legittimazione all'intervento in assemblea e all'esercizio del voto;

-         l’ aggiornamento del libro dei soci,

-         il diritto dell'azionista di porre domande connesse all'ordine del giorno prima dell'assemblea;

-         la rappresentanza in assemblea;

-         le fattispecie di potenziale conflitto di interessi fra il rappresentante e l'azionista rappresentato;

-         la sollecitazione delle deleghe di voto;

-         l'esercizio tramite mezzi elettronici dei diritti sociali;

-         i poteri regolamentari necessari per l'attuazione delle norme emanate ai sensi della presente delega;

-         le sanzioni amministrative pecuniarie non inferiori nel minimo a euro 500 e non superiori nel massimo a euro 500.000, in caso di violazioni.

 

Nulla da osservare nel presupposto che la delega possa esser esercitata nel rispetto del principio di invarianza finanziaria previsto al comma 2.

 

ARTICOLO 29

Attuazione direttiva 2007/64/CE relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno

La norma, introdotta dal Senato, prevede una delega al Governo, da cui non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, per dare organica attuazione alla Direttiva 2007/64/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 novembre 2007, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, recante modifica delle direttive 97/7/CE, 2002/65/CE, 2005/60/CE e 2006/48/CE, che abroga la direttiva 97/5/CE.

Il termine per il recepimento è fissato dalla medesima direttiva al 1° novembre 2009.

Inoltre indica i principi ed i criteri direttivi cui il Governo deve informarsi nella predisposizione del decreto legislativo di attuazione della direttiva stessa.

Tra questi si segnalano in particolare:

       l’incentivazione della riduzione dell’uso del contante nelle operazioni tra privati e PA  e l’incentivazione per le pubbliche amministrazioni a livello nazionale e locale all’uso di strumenti di pagamento elettronici;

       la designazione della Banca d’Italia quale autorità competente ad autorizzare l’avvio dell’esercizio dell’attività degli istituti di pagamento e ad esercitarne il controllo, nonché a verificare il rispetto delle condizioni previste dalla direttiva per l’esecuzione delle operazioni di pagamento.

 

Al riguardo, sebbene il maggior ricorso a strumenti di pagamento elettronici da parte della PA potrebbe indurre ad una riduzione dei costi di transazione si rileva che l’esigenza, per le pubbliche amministrazioni, di disporre delle dotazioni necessarie alle nuove modalità di pagamento potrebbe determinare, soprattutto nella fase di avvio, oneri non immediatamente compensati da una riduzione dei costi di transazione. Inoltre la Banca d’Italia svolgerà attività di vigilanza nuove e aggiuntive rispetto a quelle assegnate. Pertanto, attesa la presenza di profili di carattere finanziario e di una clausola di neutralità nelle disposizioni di delega, appare opportuno acquisire elementi volti a suffragare che la delega sia attuata senza oneri per la finanza pubblica.

 

ARTICOLO 30

Attuazione direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori

La norma, introdotta dal Senato,prevede una delega al Governo, da cui non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, per dare organica attuazione alla direttiva 2008/48/CE[36] relativa ai contratti di credito ai consumatori e per prevedere modifiche ed integrazioni al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia.[37]

Inoltre indica i principi ed i criteri direttivi cui il Governo deve informarsi nella predisposizione del decreto legislativo di attuazione della direttiva stessa.

Tra questi si segnalano in particolare:

-         rafforzare ed estendere i poteri amministrativi inibitori e l'applicazione delle sanzioni amministrative (comma 1 lettaera c));

-         garantire la semplificazione, la trasparenza, la celerità, l'economicità e l'efficacia dell'azione amministrativa e dei procedimenti sanzionatori, attribuendo alla Banca d'Italia la competenza sul procedimento sanzionatorio e di irrogazione delle eventuali sanzioni (comma 1, lettera e) numero 1)) ;

-         istituire un organismo associativo avente personalità giuridica, con autonomia organizzativa e statutaria, costituito da soggetti nominati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze e sottoposto alla vigilanza della Banca d'Italia,  con il compito di  proporre alla Banca d'Italia l'adozione delle misure inibitorie e sanzionatorie nei casi di violazione (comma 1 lettera f), numero 2));

 

Al riguardo, andrebbero acquisiti elementi volti a confermare la possibilità di esercizio della delega senza nuovi o maggiori oneri con particolare riferimento ai compiti attributi alla Banca d’Italia relativi al procedimento sanzionatorio e di irrogazione delle eventuali sanzioni, e con riferimento all’istituzione di nuovi organismi associativi previsti dalla norma.

 

ARTICOLO 33

Controllo dell’acquisizione e della detenzione di armi

La norma, introdotta nel corso della trattazione del provvedimento al Senato, stabilisce che il Governo, nel predisporre il decreto legislativo per l’attuazione della direttiva 2008/51/CE[38], relativa al controllo dell’acquisizione e della detenzione di armi, sia tenuto a seguire, oltre ai principi e ai criteri direttivi generale previsti dal precedente articolo 2, tra gli altri, anche i seguenti:

·        attribuzione al Ministero dell’interno delle competenze di indirizzo e vigilanza  in materia di marcatura di armi da fuoco e munizioni [comma 1, lett. c)];

·        sostituzione dei registri cartacei delle annotazioni delle operazioni giornaliere svolte, richieste ai titolari di licenze di pubblica sicurezza, concernenti le armi e le munizioni, con registrazioni informatizzate garantendo l’interoperabilità con i sistemi  automatizzati del Ministero dell’interno [comma 1, lett. d)];

·        controllo delle immissioni sul mercato civile di armi da fuoco provenienti da scorte governative e procedure speciali per la loro catalogazione e marcatura [comma 1, lett. e)];

·        scambio protetto di dati informatizzati relativi ai detentori di armi da fuoco tra il Servizio sanitario nazionale e gli uffici delle Forze dell’ordine [comma 1, lett. h)].

E’ prevista un’apposita clausola di invarianza, in cui si precisa che dall’attuazione della delega non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (comma 2).

La norma prevede, altresì, che agli adempimenti derivanti dalla delega in esame le amministrazioni interessate provvedano con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente (comma 3).

 

La relazione tecnica, allagata al testo originario del provvedimento (AS 1078), non considera la norma.

 

Nulla da osservare, nel presupposto che, all’attuazione della disposizione in esame, si provveda come previsto (comma 2) senza oneri per la finanza pubblica e nell’ambito delle dotazioni delle Amministrazioni pubbliche interessate disponibili a legislazione vigente (comma 3).

 

ARTICOLO 34

Disposizioni per la commercializzazione delle uova

Le norme, introdotte nel corso dell’esame presso il Senato, prevedono l’applicazione dei provvedimenti amministrativi della revoca e della sospensione dell’autorizzazione nei confronti dei centri di imballaggio delle uova che non soddisfino le condizioni previste, in materia di classificazione, imballaggio ed etichettatura dall’articolo 5 del regolamento (CE) n. 589/2008[39] (comma 1).

A tal fine vengono introdotte specifiche sanzioni per l’inosservanza delle disposizioni in materia, comunitarie e nazionali, a carico, tra gli altri, di chi effettui l’imballaggio oppure raccolga, produca o commercializzi uova senza le prescritte autorizzazioni (commi 2-5).

Si prevede che nell'ipotesi di partite di uova commercializzate non conformi alle disposizioni comunitarie e nazionali l'Ispettorato centrale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari (ICQ) debba vietarne la commercializzazione o, se provenienti da un paese terzo, l’importazione sino a quando la partita stessa non sarà resa conforme (comma 6).

Viene disposto che la definizione delle modalità di attuazione e di controllo per l’irrogazione delle sanzioni siano definite con apposito accordo tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, e che il controllo per l’applicazione delle disposizioni sia esercitato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali tramite l'Ispettorato per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari (ICQ)  (commi 7-8).

Nulla da osservare al riguardo nel presupposto, sul quale appare necessaria una conferma, che i nuovi compiti possano essere espletati dagli organismi competenti (Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e Ispettorato per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari) nei limiti delle risorse già previste, per analoghe finalità, dalla vigente normativa.

 

ARTICOLO 35

Controlli della Commissione europea,  a tutela della concorrenza, in locali non societari

La norma dispone che l’esecuzione delle decisioni della Commissione europea, relative agli accertamenti disposti in altri locali societari[40] a tutela delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato CE, è autorizzata dal procuratore delle Repubblica[41].

 

La norma, introdotta nel corso dell’esame al Senato, non è corredata di relazione tecnica.

 

Nulla da osservare al riguardo.

 

ARTICOLO 37

Accreditamento dei laboratori di autocontrollo del settore alimentare

La norma prevede:

a)      l’obbligo di accreditamento, da parte di un organismo riconosciuto, per i laboratori non annessi alle imprese alimentari che effettuano analisi nell’ambito delle procedure di autocontrollo per le imprese alimentari nonché per i laboratori annessi alle imprese alimentari che effettuano analisi ai fini dell’autocontrollo per conto di altre imprese alimentari facenti capo a soggetti giuridici diversi;

b)     il rinvio ad un apposito Accordo fra lo Stato e le Regioni per la definizione delle modalità di iscrizione, aggiornamento, cancellazione in appositi elenchi dei laboratori nonché per la definizione delle modalità per l’effettuazione delle verifiche ispettive.

La norma dispone, inoltre, che dall’attuazione dell’articolo in esame non devono derivare nuovi o maggiori oneri né minori entrate a carico della finanza pubblica e che le amministrazioni interessate svolgono le attività previste con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

Infine, la norma pone a carico delle imprese le spese relative alle procedure di riconoscimento, alle iscrizioni, agli aggiornamenti e alle cancellazioni relative all’elenco dei laboratori, sulla base del costo effettivo del servizio, determinato mediante apposito accordo tra lo Stato e le Regioni.

 

La norma non è corredata di relazione tecnica.

 

Nulla da osservare al riguardo, tenuto conto che la disposizione stessa reca la clausola di invarianza finanziaria.

 

ARTICOLO 38

Liberalizzazione dei servizi nel mercato interno

La norma,introdotta durante l’esame in prima lettura[42],introduce specifici principi e criteri di delega, in aggiunta a quelli previsti dall’articolo 2, per l’emanazione di uno o più decreti legislativi per l’attuazione della direttiva 2006/123/CE del Parlamento e del Consiglio sulla liberalizzazione dei servizi nel mercato interno.

Tra i principi e criteri si segnalano (comma 1):

-          assicurare agli utenti un livello essenziale ed uniforme di condizioni di accessibilità all’acquisto di servizi sul territorio nazionale, ai sensi dell’art. 117, comma secondo, lettere e) ed m), della Costituzione (lett. a);

-          garantire l’accesso e l’esercizio delle attività di servizi in condizioni di parità di trattamento (lett. e);

-          prevedere che lo svolgimento di tutte le procedure e le formalità necessarie per l’accesso all’attività di servizi e per il suo esercizio avvenga attraverso sportelli unici usufruibili da tutti i prestatori di servizi, a prescindere che siano stabiliti sul territorio nazionale o di altro Stato membro, in coerenza con quanto già previsto dall’art. 38, del DL 112/2008, e che tali procedure e formalità possano essere espletate attraverso gli sportelli unici anche a distanza e per via elettronica (lett. i);

-          realizzare l’interoperabilità dei sistemi di rete, l’impiego della firma elettronica o digitale, e i collegamenti tra la rete centrale e le reti periferiche della pubblica amministrazione (lett. l, m);

-          prevedere forme di collaborazione con gli altri Stati membri e la Commissione per lo scambio di informazioni (lett. n).

La norma dispone, infine, che dai provvedimenti attuativi non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (comma 3).

 

Al riguardo, si rileva che il comma 1, lettera a), qualifica come attinente ai livelli essenziali delle prestazioni, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. e) e m) della Costituzione la disciplina in esame, con particolare riferimento alla necessità di garantire condizioni di pari opportunità e corretto funzionamento del mercato, e di assicurare agli utenti uniformi condizioni di accesso all’acquisto dei servizi sul territorio nazionale.

Pertanto le norme in esame appaiono suscettibili di dar luogo a pretese che risulterebbero difficilmente eludibili o comprimibili, pur in mancanza di adeguate risorse per farvi fronte.

Appare, quindi, necessario un chiarimento da parte del Governo circa la compatibilità del principio del rispetto dei livelli essenziali di assistenza di cui alla richiamata norma costituzionale con la clausola di invarianza di cui al comma 3.

 

ARTICOLI 39

Requisiti di pubblicità di taluni tipi di società

La norma, modificando gli articoli 2250 e 2630 del codice civile, dispone, tra l’altro, che gli atti delle società[43] per le quali è obbligatoria l’iscrizione al registro delle imprese possono altresì essere pubblicati in apposita sezione del registro delle imprese in altra lingua ufficiale delle Comunità europee, con traduzione giurata di un esperto.

 

La norma, introdotta nel corso dell’esame al Senato, non è corredata di relazione tecnica.

 

Nulla da osservare al riguardo, nel presupposto – sul quale appare opportuna una conferma da parte del Governo - che le Camere di Commercio possano espletare i compiti derivanti dalla conservazione e pubblicazione degli atti societari nella seconda lingua prescelta nell’ambito delle risorse previste a legislazione vigente e che le spese di traduzione siano a carico delle imprese.

 

ARTICOLI 40, 41 e 42

I Gruppi europei di cooperazione territoriale (GECT)

Le norme danno attuazione al regolamento (CE) 1082/2006[44] che istituisce il Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale (GECT) che persegue l’obiettivo di facilitare e promuovere la cooperazione transfrontaliera, transnazionale e/o interregionale tra i suoi membri al fine esclusivo di rafforzare la coesione economica e sociale[45]. Le norme, tra l’altro, prevedono:

a)      l’attribuzione di personalità giuridica di diritto pubblico ai GECT aventi sede in Italia.

La personalità giuridica si ottiene con l’iscrizione nel Registro dei gruppi europei di cooperazione territoriale istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Segretariato generale (articolo 40, comma 2);

b)     la definizione dei soggetti che possono divenire membri di un GECT: in particolare, per “autorità regionali” e “autorità locali” si intendono rispettivamente le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano e gli enti locali (articolo 40, comma 3).

 L’articolo 3 del regolamento (CE) 1082/2006 prevede che membri di un GECT possono essere gli Stati membri, le autorità regionali, le autorità locali e gli organismi di diritto pubblico[46];

c)      la possibilità per i membri di affidare al GECT i seguenti compiti:

·        il ruolo di Autorità di gestione, l’esercizio dei compiti di segretariato tecnico congiunto, la promozione e l’attuazione di operazioni nell’ambito dei programmi operativi cofinanziati da fondi strutturali comunitari (articolo 40, comma 4, lettera a);

·        la promozione e l’attuazione di operazioni inserite nell’ambito di programmi e progetti finanziati dal fondo per le aree sottoutilizzate  (articolo 40, comma 4, lettera b);

·        la realizzazione anche di altre azioni specifiche di cooperazione territoriale purché coerenti con il fine di rafforzare la coesione economica e sociale (articolo 40, comma 4, lettera c);

d)     le modalità per la costituzione di un GECT (articolo 41, commi 1-4);

e)      l’esecuzione di controlli sulla gestione e sul corretto utilizzo dei fondi pubblici da parte del Ministero dell’economia e delle finanze, della Corte dei Conti e della Guardia di finanza, nell’ambito delle rispettive competenze (articolo 41, comma 5).

Qualora i compiti di un GECT riguardino azioni cofinanziate dalla Comunità, si applica la legislazione pertinente relativa al controllo dei fondi versati dalla Comunità[47];

f)       l’acquisizione del parere delle amministrazioni vigilanti di cui all’articolo 41, comma 5 sulla redazione dei documenti di bilancio: bilancio economico, stato patrimoniale, conto economico, rendiconto finanziario e nota integrativa (articolo 42, comma 1);

g)      un obbligo di neutralità finanziaria, con riferimento all’attuazione degli articoli in esame, in base al quale le amministrazioni interessate devono provvedere all’attuazione dei compiti derivanti dal presente decreto con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente (articolo 42, comma 3). 

 

La relazione tecnica non considera la norma.

 

Nulla da osservare al riguardo nel presupposto della effettiva possibilità per gli enti interessati di realizzare le attività indicate dalle norme nel rispetto della clausola di invarianza finanziaria espressamente prevista.

 

ARTICOLI da 43 a 46

Delega al Governo per l’attuazione di decisioni quadro in materia di giustizia

Le norme delegano il Governo ad adottare[48] i decreti legislativi recanti le norme di attuazione delle seguenti decisioni quadro:

·        decisione quadro 2006/783/GAI del Consiglio, del 6 ottobre 2006, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca;

·        decisione quadro 2006/960/GAI del Consiglio, del 18 dicembre 2006, relativa alla semplificazione dello scambio di informazioni e intelligence tra le autorità degli Stati membri dell’Unione europea incaricate dell’applicazione della legge;

·        decisione quadro 2008/909/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell’Unione europea.

Si prevede che gli schemi di decreto legislativo che comportano conseguenze finanziarie siano corredati da relazione tecnica e siano sottoposti all’esame delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari (articolo 43, comma 5).

L’articolo 44 specifica i principi ed i criteri direttivi che dovranno essere rispettati per l’emanazione dei decreti legislativi che disporranno l’applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca. Detti principi stabiliscono, tra l’altro,  che le somme ottenute con l'esecuzione della decisione di confisca sono destinate in parte allo Stato di esecuzione (articolo 44, comma 1, lettera u),  e che i danni liquidati dallo Stato italiano a causa dell’esecuzione di un provvedimento di confisca siano rimborsati dallo Stato richiedente la confisca (articolo 44, comma 1, lettera z). E’, in ogni caso, stabilito che all’attuazione delle disposizioni concernenti il reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente (articolo 44, comma 2).

L’articolo 45 specifica i principi ed i criteri direttivi che dovranno essere rispettati per l’emanazione dei decreti legislativi concernenti la semplificazione dello scambio di informazioni e intelligence tra gli Stati membri dell’Unione europea. Anche in tale ipotesi      è stabilito che l’attuazione delle disposizioni sia effettuata con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

L’articolo 46 specifica i principi ed i criteri direttivi che dovranno informare i decreti legislativi concernenti l’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale. Le norme prevedono, tra l’altro, al verificarsi di determinate condizioni, che la detenzione possa essere scontata anche presso istituti penitenziari in Stati esteri e viceversa che l’Italia potrebbe dovere farsi carico di far scontare a propri residenti  pene detentive per reati commessi all’estero. Anche in questo caso i compiti e le attività previsti dai decreti legislativi attuativi della decisione quadro, in relazione ai rapporti con autorità straniere, sono svolti dalle amministrazioni nei limiti delle risorse disponibili, senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.

 

 

Nulla da osservare al riguardo considerato che le deleghe legislative sono finalizzate alla sistematizzazione e razionalizzazione di attività di tipo istituzionale già svolte dalle amministrazioni interessate.

 



[1] Si ricorda che la disciplina relativa alle procedure per la partecipazione dell’Italia al processo di formazione e attuazione della normativa comunitaria è dettata dalla legge 11/2005 (“Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari” c.d. “legge Buttiglione”), che ha sostituito e abrogato la legge 86/1989  (c.d.” legge La Pergola”).

[2] Cfr  A.S. 1078, p.34.

[3] Si vedano la legge n. 13 del 2007 (Legge comunitaria 2006), la legge n. 29 del 2006 (Legge comunitaria 2005) e la legge n. 62 del 2005 (Legge comunitaria 2004).

[4] Em. 2.1 del relatore, presentato durante l’esame in Commissione.

[5] Si tratta dei regolamenti (CE) nn. 178/2002 (Parlamento europeo e Consiglio) del 28 gennaio 2002; 852/2004, 853/2004, 854/2004 e 882/2004 (Parlamento europeo e Consiglio) del 29 aprile 2004; 183/2005 (Parlamento europeo e del Consiglio) del 12 gennaio 2005.

[6] A tale direttiva è stata data attuazione con il Decreto legislativo n. 507/1992.

[7] La direttiva è stata attuata con decreto legislativo n. 46/1997.

[8] La direttiva è stata attuata con il decreto legislativo n. 174/2000.

[9] Ai sensi dell’articolo 2 del regolamento (CE) n. 2003/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003

[10] Articolo 56 paragrafo 2 e articolo 57 del regolamento (CE) n. 555/2008.

[11] Islanda, Liechtenstein, Norvegia.

[12] Pertanto, la tassazione si concretizza in un prelievo del 15% (27 – 4/9*27 = 15).

[13] Agenzia delle entrate, Direzione centrale normativa e contenzioso, 28 gennaio 2009.

[14] Si tratta di prestazioni relative ha contratti di locazione, prestazioni pubblicitarie, consulenze tecniche e legali, addestramento del personale, prestazioni di servizi di comunicazione, elaborazione e fornitura dati, operazioni bancarie.

[15] Direttiva del Consiglio relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto.

[16] Armonizzazione delle disposizioni in materia di imposte sugli oli minerali, sull’alcole, sulle bevande alcoliche sui tabacchi lavorati e in materia di IVA con quelle recate da direttive CEE e modificazioni conseguenti a detta armonizzazione, nonché disposizioni concernenti  la disciplina dei centri autorizzati di assistenza fiscale, le procedure dei rimborsi di imposta, l’esclusione ILOR dei redditi d’impresa fino all’ammontare corrispondente al contributo diretto lavorativo, l’istituzione per il 1993 di un’imposta erariale straordinaria su taluni beni ed altre disposizioni. 

[17] Corrispettivo successivamente soppresso dall’articolo 40, comma 1-sexies, del DL 159/2007, che ha rinviato ad un apposito provvedimento amministrativo l’individuazione dell’importo da versare per l’acquisizione del diritto di esercizio del gioco a distanza. A tale variazione del testo, tuttavia, non è corrisposto un adeguamento (in riduzione) della  misura del gettito previsto (in quanto, come successivamente precisato dal Governo, il gettito una tantum previsto dal DL 223/2006 era stato comunque acquisito nell’anno 2006).

[18] Si tratta dell’articolo 1-ter dell’atto Camera n. 1707-A, inserito - durante l’esame parlamentare - nel testo del decreto legge 149/2008 (Adempimenti comunitari in materia di giochi) e successivamente soppresso dall’Assemblea della Camera nella seduta del 6 novembre 2008. Per l’esame in sede consultiva presso la Commissione bilancio v. sedute del 21-22-23 ottobre 2008. Per l’analisi degli effetti finanziari v. Scheda del Servizio Bilancio n. 8 del 21 ottobre 2008.

[19] Si tratta, in particolare, dei seguenti giochi:

a) scommesse;

b) concorsi a pronostici sportivi e ippici;

c) giochi di ippica nazionale;

d) giochi di abilità;

e) scommesse con interazione diretta tra i giocatori;

f) bingo;

g) giochi numerici a totalizzatore nazionale;

h) lotterie ad estrazione istantanea e differita.

[20] V. articolo 38, commi 1  e 4, del DL 223/2006.

[21] Attraverso l’emanazione di appositi regolamenti ministeriali e di provvedimenti del direttore generale dell’Amministrazione dei Monopoli di Stato.

[22] Comma 13, lettere a) e b).

[23] “A titolo di contributo spese per la gestione tecnica ed amministrativa dell’attività di monitoraggio e controllo” [comma 15, lettera f)].

[24] E’ attribuita all’Amministrazione dei Monopoli la facoltà di limitare a 200 - in fase di prima applicazione e in funzione di esigenze di mercato – le concessioni da assegnare ai nuovi operatori.

[25] Per gli attuali concessionari del Bingo e dell’esercizio a distanza dei giochi di cui all'articolo 38, comma 4, del DL  223/2006 (giochi su eventi; giochi e scommesse ippici e sportivi).

[26] Come detto, la durata delle nuove concessioni è di 9 anni per gli operatori attualmente non titolari di concessioni in Italia.

[27] Il comma 22, infatti, così prevede: “… i soggetti di cui al comma 13, lettera b), ai quali sono già consentiti l’esercizio e la raccolta a distanza (…), sottoscrivono l’atto di integrazione della convenzione accessiva alla concessione occorrente per adeguarne i contenuti alle disposizioni dei commi da 11 a 30”

[28] Di cui all'articolo 81, comma 29, del decreto-legge 112/2008.

[29] V. il Comunicato stampa del 10 marzo 2009 su “http://www.aams.it”.

[30] Di cui al DPR 567/1953

[31] Coma disposto dall’apposita clausola d’invarianza di cui al comma 2 dell’articolo in esame.

[32] Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 maggio 2007.

[33] Direttiva della Commissione del 4 aprile 2008.

[34] A norma della direttiva 93/15/CEE.

[35] Oltre quelli previsti dal precedente articolo 2.

[36] Che abroga la direttiva 87/102/CEE,

[37] Decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385.

 

[38] Direttiva del Parlamento e del Consiglio del 21 maggio 2008.

[39] Recante “modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1234 /2007 del Consiglio per quanto riguarda le norme di commercializzazione applicabili alle uova”.

[40] Ai sensi dell’articolo 21, comma 1, del regolamento (CE) n. 1/2003 per altri locali si intendono terreni e mezzi di trasporto, compreso il domicilio di amministratori, direttori e altri membri del personale delle imprese o associazioni di imprese interessate.

[41] L’articolo 21, comma 3, del regolamento (CE) n. 1/2003 prevede che la decisione di accertamento della Commissione non può essere eseguita senza l'autorizzazione preliminare dell'autorità giudiziaria nazionale dello Stato membro interessato.

[42] Em.  20.0.21 del Governo.

[43] Società per Azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata (capi V, VI e VII del Titolo V delle società)

[44] Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 luglio 2006

[45]Articolo 1 del regolamento (CE) 1082/2006.

[46] Ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 9, secondo comma, della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004.

 

[47] Articolo 6 del regolamento (CE) n. 1082/2006

[48] Entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi possono essere adottate disposizioni integrative e correttive rispettando lo stesso iter procedurale.