Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento affari comunitari | ||
Titolo: | Nuove disposizioni in materia di utilizzo dei termini "cuoio", "pelle" e "pelliccia" e di quelli da essi derivanti o loro sinonimi - A.C. 5584 - Elementi di valutazione per la compatibilità con l'ordinamento dell'Unione europea | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Note per la compatibilità comunitaria Numero: 189 | ||
Data: | 28/11/2012 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | XIV - Politiche dell'Unione europea |
28 novembre 2012 |
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n. 189 |
Nuove disposizioni
in materia di utilizzo dei termini 'cuoio', 'pelle' e 'pelliccia' e di quelli
da essi derivanti
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Numero dell’atto |
5584 |
Titolo |
Nuove disposizioni in materia di utilizzo dei termini «cuoio», «pelle» e «pelliccia» e di quelli da essi derivanti o loro sinonimi |
Iniziativa |
Parlamentare |
Iter: |
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sede |
Referente |
esame al Senato |
Si (A.S. 2642) |
Commissione competente |
X (Attività produttive) |
Pareri previsti |
Commissioni: I, II, V, VIII, XI, XII, XIII, XIV e Commissione parlamentare per le questioni regionali |
Il provvedimento, approvato dal Senato il 14 novembre, reca talune norme in materia di utilizzo dei termini “cuoio”, “pelle” e “pelliccia”, già disciplinati dalla legge 16 dicembre 1966, n. 1112, di cui si dispone l’abrogazione.
In particolare l’articolo 1:
§
definisce nuovamente il cuoio e la pelle,
confermando che deve trattarsi di prodotti ottenuti dalla lavorazione di
spoglie di animali sottoposte a trattamento di concia o impregnate in modo tale
da conservare inalterata la struttura delle fibre; aggiunge, rispetto alla
formulazione contenuta nella legge n. 1112 del 1966, che tali prodotti possono
essere con o senza pelo e che eventuali strati ricoprenti di altro materiale
devono essere di spessore uguale o inferiore a
§ riproduce la definizione di “pelliccia” contenuta nell’art. 2 della legge n. 1112 del 1966, riservando il termine esclusivamente ai prodotti ottenuti dalle spoglie di animali sottoposte ad un trattamento di concia o in modo tale da conservare inalterata la struttura naturale delle fibre, ed aggiungendo che tale riserva si applica anche nel caso in cui il termine pelliccia sia tradotto in lingua diversa dall’italiano (comma 2);
§ aggiunge che le definizioni riportate nei commi 1 e 2 si applicano anche nei casi in cui i termini “cuoio”, “pelle” e “pelliccia” siano utilizzati come aggettivi, sostantivi o inseriti come prefissi o suffissi in altre parole (comma 3);
§ prevede che con un decreto del Ministero (rectius Ministro) dello sviluppo economico siano definite le specifiche tecniche dei rigenerati da fibre di cuoio realizzati mediante processi di disintegrazione meccanica o di riduzione chimica di particelle fibrose, poi trasformati in fogli; per tali prodotti viene disposto il divieto di utilizzo dei termini “cuoio”, “pelle” e “pelliccia”.
L’articolo 2 prevede che le imprese specializzate nella lavorazione dei prodotti ottenuti dalle spoglie di animali, così come definiti dall’articolo 1, siano soggette alle disposizioni vigenti in materia di tutela della salute dei consumatori, dei diritti dei lavoratori e dell'ambiente, secondo modelli di organizzazione, di gestione e di lavorazione certificati da enti terzi all'uopo accreditati secondo le vigenti normative nazionali ed internazionali.
In Italia l'attività di normazione è svolta dall'UNI (Ente nazionale italiano di unificazione) e dal CEI (Comitato elettrotecnico italiano) che rappresentano l'Italia presso gli enti di normazione a livello comunitario (CEN e CENELEC) e a livello internazionale (ISO - International Organization for Standardization e IEC - International Electrotechnical Commission).
Infine è prevista la possibilità per le associazioni dei produttori, dei consumatori e dei lavoratori maggiormente rappresentative di riunirsi in consorzi per garantire l'origine geografica, la natura e la qualità dei prodotti di cui all'articolo 1.
L’articolo 3 riproduce con qualche modifica l’art. 3 della legge n. 1112 del 1966 che già prevede il divieto di mettere in vendita o altrimenti in commercio, con i termini cuoio, pelle, pelliccia, prodotti che non siano ottenuti esclusivamente da spoglie animali, sottoposte ai trattamenti di cui all’art. 1 per il cuoio e la pelle, lavorate appositamente per la conservazione delle sue caratteristiche naturali, per la pelliccia.
Più in particolare, l’articolo 3 del provvedimento in esame conferma il divieto di vendere prodotti con tali denominazioni se non ottenuti da spoglie animali lavorate appositamente per la conservazione delle loro caratteristiche naturali (in tal senso accomuna le due categorie, quella del cuoio e della pelle, e quella della pelliccia tenute, invece, distinte nella legge n. 1112 del 1966) aggiungendo che tale divieto si applica anche nel caso in cui tali termini siano usati come aggettivi e sostantivi, inseriti quali prefissi o suffissi o sotto nomi generici di “pellame”, “pelletteria” o “pellicceria” ed anche se tradotti in lingua diversa dall’italiano (comma 1). Il comma 2 aggiunge che per i prodotti ottenuti da lavorazioni in Paesi esteri che comunque utilizzano la dicitura italiana dei termini “cuoi”, “pelle” e “pelliccia”, l’etichetta deve indicare lo Stato di provenienza.
Si rammenta, al riguardo, che l’art. 4 della L. 1112/1966 prevede l’applicazione delle definizione e dei divieti disposti dal provvedimento anche ai prodotti importati dall’estero; con l’approvazione delle nuove disposizioni, tale norma cesserà di avere vigore.
L’articolo 4 modifica l’entità della sanzione amministrativa prevista
dall’art. 5 della legge n. 1112 del
Con l’articolo 5, infine, viene abrogata la legge 16 dicembre 1966, n. 1112, ed è prevista la clausola di invarianza dei saldi di finanza pubblica.
La direttiva europea n. 94/11/CE, sul
ravvicinamento delle disposizioni degli Stati membri sull’etichettatura dei
materiali usati nelle calzature
fornisce una definizione di cuoio
pressoché equivalente a quella introdotta con l’art. 1 del provvedimento in
esame. salvo prevedere che lo stato di rivestimento non deve essere superiore a
Relativamente a quanto previsto dall’art. 2 del provvedimento in esame - introduzione dell’obbligo di certificazione del rispetto delle leggi in materia di tutela della salute dei consumatori, dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente - si ricorda che gli enti terzi richiamati sono sottoposti ad un’apposita disciplina europea che regolamenta il ruolo dagli stessi svolto su base essenzialmente volontaria, traducendo i modelli organizzativi, gestionali e lavorativi nella fissazione di un codice di qualità la cui applicazione sembra poter essere incentivata a livello normativo piuttosto che sanzionata la sua disapplicazione. Secondo la direttiva 98/34/CE “norma” è la specifica tecnica, la cui osservanza non è obbligatoria, approvata da un organismo riconosciuto, ed appartenente ad una delle seguenti categorie: norma internazionale (ISO), norma europea (EN) norma nazionale (UNI). Dalle norme tecniche si distinguono le regole tecniche, che definiscono le caratteristiche dei prodotti e dei processi la cui osservanza è resa obbligatoria per legge. In Italia l’attività di formazione è svolta dall’UNI (Ente nazionale italiano di unificazione) e dal CEI (Comitato elettrotecnico italiano) che rappresentano l’Italia presso gli enti di formazione a livello comunitario (CEN e CENELEC) e a livello internazionale (ISO). Le norme tecniche assumono carattere cogente se richiamate nei provvedimenti legislativi; in tal caso occorre che le stesse siano previamente notificate alla Commissione europea ai sensi della direttiva 98/34/CE.
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