Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari comunitari
Altri Autori: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense - A.C. 3900 - Elementi di valutazione per la compatibilità con l'ordinamento dell'Unione europea
Riferimenti:
AC N. 3900/XVI     
Serie: Note per la compatibilità comunitaria    Numero: 161
Data: 05/06/2012
Descrittori:
AVVOCATI E PROCURATORI   LIBERI PROFESSIONISTI
Organi della Camera: XIV - Politiche dell'Unione europea

 

5 giugno 2012

 

n. 161

Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense

A.C. 3900

Elementi di valutazione per la compatibilità con l’ordinamento dell’Unione europea

 

Numero dell’atto

3900

Titolo

Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense

Iniziativa

Parlamentare

Iter:

 

sede

Parlamentare

esame al Senato

S. 601-711-1171-1198

Commissione competente

II Giustizia

Pareri previsti

I Affari Costituzionali, V Bilancio, VI Finanze (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII Cultura, X Attività produttive, XI Lavoro (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XIV Politiche dell'Unione europea e della Commissione parlamentare per le questioni regionali

 


Contenuto

Il progetto di legge AC 3900 contiene la riforma organica della disciplina della professione di avvocato.

L’attuale disciplina della materia è principalmente contenuta nel r.d.l. 1578/1933 (Ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore), e nel relativo provvedimento attuativo (r.d. 37/1934).

L’iter delle proposte di legge confluite nel testo unificato approvato in prima lettura dal Senato il 23 novembre 2010 era iniziato il 4 febbraio 2009.

 

I principali profili di novità contenuti nel testo consistono nei seguenti:

ül’inserimento tra le attività riservate in esclusiva agli avvocati delle attività di consulenza legale e assistenza legale stragiudiziale (art. 2);

üla nuova disciplina delle società tra avvocati e, in particolare delle società multidisciplinari (art. 4);

üla figura dell’avvocato specialista (art. 8);

ül’obbligo di formazione continua (art. 10);

ül’obbligo di assicurazione per la responsabilità civile (art. 11);

üla vincolatività dei minimi tariffari e il sostanziale ripristino del divieto del patto di quota lite (art. 12);

ül’obbligo di esercizio effettivo, continuativo, abituale e prevalente della professione, pena la cancellazione dall’albo (art. 20);

üla nuova e più rigorosa disciplina del tirocinio professionale e del regime di incompatibilità per il praticante.

üle modifiche alla disciplina del procedimento disciplinare, anche sotto il profilo degli organi competenti (artt. 49-62).

 

Più in dettaglio il provvedimento è composto di sei titoli per un totale di 66 articoli.

Il Titolo I (artt. 1-13) reca disposizioni generali.

L’articolo 1 delinea in termini generali il contenuto della riforma della professione di avvocato e demanda la sua attuazione a regolamenti ministeriali. L’articolo 2 individua il contenuto della professione, inserendo tra le attività riservate in esclusiva agli avvocati le attività di consulenza legale e assistenza legale stragiudiziale. L'articolo 3 elenca i doveri dell'avvocato ed i principi cui deve ispirarsi la sua attività; esso inoltre determina in termini generali il contenuto del codice deontologico, rimettendo ad un decreto ministeriale le modalità di pubblicazione e di accesso al medesimo. L’articolo 4 interviene in materia di esercizio della professione forense in forma associata o societaria. Esso, in particolare ammette le società e le associazioni multidisciplinari tra professionisti e conferma, invece, il divieto di costituire società di capitali per lo svolgimento di attività forense. L’articolo 5 impone all’avvocato e ai suoi collaboratori l’osservanza del dovere di riservatezza e del segreto professionale. L’articolo 6 dispone in ordine al domicilio professionale dell’avvocato (determinante per individuare l’albo professionale al quale lo stesso dovrà iscriversi) e prevede la pubblicazione da parte degli ordini professionali dell’elenco degli indirizzi di posta elettronica comunicati dagli avvocati iscritti. L’articolo 7 modifica la formula del giuramento da parte dell’avvocato, prevedendo altresì che esso sia prestato innanzi al Consiglio dell’ordine, piuttosto che agli organi giudiziari. L’articolo 8 introduce le specializzazioni; l’avvocato potrà indicare il titolo di specialista in vari rami del diritto, senza che questo comporti riserva di attività professionale, dopo aver seguito scuole e corsi di formazione di durata non inferiore a due anni e dopo aver superato un apposito esame presso il CNF. Una volta conseguito il titolo, l’avvocato potrà conservarlo solo curando il proprio costante aggiornamento. L'articolo 9 interviene in materia di pubblicità professionale, dettando alcuni principi di ordine generale e rimettendo al CNF la determinazione dei criteri concernenti le modalità delle informazione e della comunicazione. L’articolo 10 introduce per gli avvocati (salvo alcune categorie specificamente indicate) l’obbligo di costante aggiornamento professionale secondo regole che dovranno essere stabilite dal CNF. L'articolo 11 introduce anche per gli avvocati l'obbligo di assicurarsi per la responsabilità civile derivante dall’esercizio della professione. L'articolo 12 interviene sulla materia delle tariffe professionali, reintroducendo la vincolatività dei minimi tariffari e il divieto del patto di quota-lite. L’articolo 13 interviene in tema di mandato professionale e di sostituzioni e collaborazioni, sancendo in particolare la natura personale dell’incarico e della responsabilità dell’avvocato, anche nel caso di sostituzione o di società o associazione professionale.

Il Titolo II (artt. 14-22) disciplina gli albi, gli elenchi e i registri.

L’articolo 14 indica gli albi, elenchi e registri che devono essere istituiti da parte dei Consigli dell'ordine, rinviando ad un regolamento del Ministro della giustizia le modalità applicative per la tenuta e l’aggiornamento dei medesimi; sulla base di tali albi ed elenchi il CNF annualmente redige l’elenco nazionale degli avvocati. L’articolo 15 novella le disposizioni di attuazione e coordinamento del codice di procedura penale in tema di elenco dei difensori d’ufficio, intervenendo sui requisiti richiesti per l’iscrizione nell’elenco. L’articolo 16 disciplina l’iscrizione nell’albo degli avvocati e nel registro dei praticanti, dettando procedure specifiche per il caso di avvocati provenienti da altri Stati membri dell’UE o di avvocati extra-comunitari; la disposizione disciplina anche la procedura per l’eventuale cancellazione e reiscrizione all’albo. L’articolo 17 disciplina il regime delle incompatibilità con l’esercizio della professione di avvocato, confermando, in particolare, relativamente ai lavoratori dipendenti, il divieto di iscrizione all’albo anche nel caso di attività part-time. L’articolo 18, in deroga a tale disciplina, prevede la compatibilità della professione di avvocato con l’insegnamento di materie giuridiche nelle scuole secondarie e nelle università, con i limiti stabiliti dall’ordinamento universitario per i docenti e i ricercatori a tempo pieno. L’articolo 19 disciplina la sospensione dall’esercizio dell’attività professionale su richiesta dell’avvocato o per lo svolgimento di alcune funzioni pubbliche e per la durata della carica. L’articolo 20 richiede all’avvocato l’esercizio effettivo, continuativo, abituale e prevalente della professione, pena la cancellazione dall’albo, e rinvia ad un regolamento ministeriale, previo parere del CNF, la definizione delle modalità di accertamento di tali requisiti. L’articolo 21 disciplina il patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori, prevedendo l’iscrizione nel relativo albo a seguito del superamento di un esame o della frequenza, valutata positivamente, della Scuola superiore dell’avvocatura. L’articolo 22 prevede l'iscrizione obbligatoria in un elenco speciale per gli avvocati degli uffici legali specificatamente istituiti presso gli enti pubblici; a tali soggetti deve essere assicurata la piena autonomia e indipendenza da ogni altro ufficio nella trattazione degli affari legali dell’ente e un trattamento economico adeguato alla funzione professionale svolta.

Il Titolo III (artt. 23-37) disciplina gli organi e le funzioni degli ordini forensi.

L'articolo 23 disciplina l'ordine forense, costituito dall'insieme degli iscritti negli albi degli avvocati, prevedendo la sua articolazione nel CNF e negli ordini circondariali. L’articolo 24 dispone in ordine agli ordini circondariali, ai quali è attribuita in via esclusiva la rappresentanza istituzionale dell'Avvocatura a livello locale; gli ordini circondariali hanno sede presso ciascun tribunale (l’ordine circondariale di Roma presso la Corte di cassazione). L’articolo 25 individua gli organi degli ordini circondariali e degli ordini circondariali del distretto. In base all’articolo 26, gli avvocati iscritti all’albo circondariale ed agli elenchi speciali costituiscono l’assemblea degli iscritti, organo al quale spettano, oltre che funzioni consultive, anche l’elezione dei componenti del consiglio e l’approvazione dei bilanci. L’articolo 27 interviene in materia di consigli dell’ordine, individuandone il numero di componenti, fissandone in 4 anni la durata in carica, rinviando ad un regolamento attuativo la disciplina di dettaglio delle modalità di elezione e stabilendone l’articolazione interna. L’articolo 28 interviene in materia di funzioni dei consigli dell’ordine; le novità più rilevanti riguardano la sottrazione a tali organi della competenza disciplinare e l’attribuzione ai medesimi di compiti ulteriori, legati in particolare alla formazione degli avvocati e ai requisiti dell’esercizio dell’attività professionale. L’articolo 29 disciplina il collegio dei revisori, composto da avvocati iscritti al registro dei revisori contabili nominati dal presidente del Tribunale. L’articolo 30 prevede che i consigli dell’ordine con almeno 9 componenti possano anche funzionare per commissioni. L’articolo 31 introduce ulteriori ipotesi di scioglimento dei consigli dell’ordine e prevede che lo scioglimento sia disposto su proposta del CNF e previa diffida al consiglio. L’articolo 32 interviene in materia di Consiglio nazionale forense, prolungandone la durata, incidendo sul numero dei componenti e disciplinandone le modalità di elezione. L’articolo 33 elenca le funzioni attribuite al Consiglio nazionale forense; si tratta di funzioni di rappresentanza e di vertice dell’avvocatura, di natura normativa, consultive, di proposta e giurisdizionali. L’articolo 34 disciplina l’esercizio della funzione giurisdizionale da parte del CNF, delineando sommariamente il procedimento e rinviando alle disposizioni contenute nel regolamento attuativo della legge professionale (R.D. 37/1934). L’articolo 35 detta ulteriori disposizioni in materia di competenza giurisdizionale del CNF, affida il controllo contabile e di gestione al collegio dei revisori e prevede lo svolgimento dell’attività non giurisdizionale del CNF anche attraverso l’istituzione di commissioni di lavoro. L’articolo 36 prevede l’eleggibilità al CNF degli avvocati iscritti all’albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori, che non abbiano subito, nei 5 anni precedenti, una sanzione disciplinare più grave dell’avvertimento, e disciplina le incompatibilità. L’articolo 37 introduce un ulteriore organo, il Consiglio nazionale forense, al quale spetta la formulazione di proposte in tema di giustizia, diritti fondamentali dei cittadini e professione forense.

Il Titolo IV (artt. 38-48) interviene in materia di accesso alla professione forense, disciplinando il tirocinio professionale e l’esame di Stato.

L’articolo 38, con la finalità di rafforzare i rapporti di collaborazione tra consigli dell'ordine e facoltà di giurisprudenza, prevede la stipula di convenzioni da parte dei consigli circondariali e del CNF. L’articolo 39 interviene in materia di tirocinio per l’accesso alla professione; tra i profili di maggiore novità si segnalano: l’incompatibilità della pratica con qualunque rapporto di impiego pubblico e la limitazione della possibilità di impieghi subordinati privati; l’eliminazione della possibilità di sostituire la frequenza di uno studio professionale con la frequenza alla scuola di formazione forense; la previsione di un rimborso delle spese sostenute dal praticante per conto dello studio professionale e, dopo il primo anno, di un «rimborso congruo» per l’attività svolta. L’articolo 40 estende ai praticanti i doveri e le norme deontologiche previste per gli avvocati e la competenza disciplinare del Consiglio dell’ordine. L’articolo 41 dispone che il tirocinio di durata biennale debba essere accompagnato da un approfondimento teorico da realizzare attraverso la frequenza obbligatoria e con profitto di appositi corsi di formazione, che spetta al CNF regolamentare. L’articolo 42 demanda ad un regolamento del Ministero della giustizia la disciplina delle modalità di svolgimento del praticantato pressi gli uffici giudiziari. L’articolo 43 disciplina la conclusione del tirocinio, attestata dal certificato di compiuta pratica, e conferma che il praticante è ammesso a sostenere l'esame di Stato nella sede di corte di appello nel cui distretto ha svolto il maggior periodo di tirocinio. L’articolo 44 detta disposizioni generali sull’esame di Stato, ribadendo la cadenza annuale delle prove di esame, indette con un apposito decreto del Ministro della giustizia, sentito il CNF. L’articolo 45 delinea la nuova articolazione dell’esame di Stato. Tra le novità più significative si segnalano: la motivazione del voto assegnato alle prove scritte; la modifica della disciplina delle prove orali; la previsione secondo cui le prove si svolgono col solo ausilio dei testi di legge, senza commenti e citazioni giurisprudenziali. La disposizione introduce anche una nuova fattispecie di reato a carico di chiunque faccia pervenire ai candidati all’interno della sede d’esame testi relativi al tema proposto. L’articolo 46 disciplina le commissioni esaminatrici (intervenendo in particolare sulla relativa composizione) e alcuni aspetti della procedura d’esame e prevede il potere ispettivo del CNF sulla regolarità dello svolgimento delle prove. L’articolo 47 prevede che, per i primi 5 anni dall’entrata in vigore della riforma (termine prorogabile con D.M. giustizia) sia possibile svolgere il tirocinio senza la prescritta frequenza dei corsi di formazione previsti dall’art. 41. L’articolo 48 prevede un’applicazione graduale della nuova disciplina sull’esame di Stato.

Il Titolo V (artt. 49-62) interviene sul procedimento disciplinare.

L’articolo 49 sottrae la competenza in materia di procedimento disciplinare al consiglio dell'ordine che ha la custodia dell'albo in cui il professionista è iscritto, per conferirla a due organismi (il consiglio istruttore di disciplina e il collegio giudicante) operanti a livello distrettuale. L’articolo 50 detta i criteri per definire la competenza territoriale. L’articolo 51 afferma l'obbligatorietà dell’esercizio dell'azione disciplinare da parte del Consiglio istruttore di disciplina e configura un tentativo obbligatorio di conciliazione rispetto a specifiche violazioni disciplinari. L’articolo 52 conferma, in generale, il termine quinquennale di prescrizione dell’azione disciplinare, prevedendo invece, nel caso di condanna per reato non colposo, un termine di due anni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna. L’articolo 53 disciplina l’istruttoria disciplinare (affidata ad un collegio istruttorio nell’ambito del Consiglio istruttore di disciplina), che può durare al massimo sei mesi e concludersi con l’archiviazione, nel caso di manifesta infondatezza della notizia, o con l’apertura del procedimento. L’articolo 54 disciplina il dibattimento e la decisione di accertamento della responsabilità disciplinare; questa fase, che avviene dinanzi al collegio giudicante, non potrà protrarsi per più di 18 mesi. L’articolo 55 dispone in ordine alla decisione che conclude il procedimento disciplinare e individua le possibili sanzioni disciplinari (avvertimento, censura, sospensione e radiazione). L’articolo 56, anche attraverso rinvii alle disposizioni vigenti, disciplina l’impugnazione innanzi al CNF delle decisioni disciplinari e il ricorso alle Sezioni unite della Cassazione avverso la sentenza del CNF. L’articolo 57 sancisce in generale l’autonomia del processo disciplinare rispetto al processo penale avente ad oggetto gli stessi fatti, anche se il successivo articolo 58 prevede ipotesi di riapertura del procedimento disciplinare in relazione agli esiti del processo penale. L’articolo 59 prevede la sospensione del procedimento disciplinare nel caso in cui l’incolpato sia cancellato dall’albo. L’articolo 60 individua i casi e disciplina il procedimento per la sospensione cautelare del professionista o del praticante dall’esercizio della professione; la sospensione in ogni caso non può avere durata superiore a un anno. L’articolo 61 disciplina l’esecutorietà delle decisioni emesse in sede disciplinare, attribuendo la competenza per l’esecuzione della sentenza al consiglio dell’ordine nel quale è iscritto il professionista incolpato. L'articolo 62 attribuisce al CNF poteri ispettivi per il controllo del regolare funzionamento dei Consigli istruttori di disciplina e in relazione ai procedimenti disciplinari in corso presso i consigli dell’ordine di appartenenza.

Il Titolo VI (artt. 63-66) reca infine disposizioni transitorie e finali.

L’articolo 63 delega il Governo all’emanazione di un testo unico di riordino delle disposizioni vigenti in tema di professione forense. L’articolo 64 disciplina la fase transitoria in attesa della piena operatività della riforma, che si realizzerà successivamente all’entrata in vigore dei regolamenti attutivi. La medesima disposizione disciplina anche la proroga del CNF e dei consigli circondariali in carica e l’emanazione del codice deontologico nel termine di un anno dall’entrata in vigore della legge. L’articolo 65 interviene in materia di previdenza forense, stabilendo che la disciplina vigente in materia di prescrizione dei contributi previdenziali non si applichi alle contribuzioni dovute alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense. L’articolo 66 contiene, infine, la clausola di invarianza finanziaria.

Esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria

Nel corso dell’esame parlamentare sono stati evidenziati alcuni profili critici del provvedimento sotto il profilo della compatibilità comunitaria.

L’articolo 2, comma 5 prevede che “sono attività esclusive dell'avvocato, fatti salvi i casi espressamente previsti dalla legge, l'assistenza, la rappresentanza e la difesa nei giudizi davanti a tutti gli organi giurisdizionali e nelle procedure arbitrali rituali”; al comma 6, primo periodo, si aggiunge inoltre che ”fuori dai casi in cui ricorrono competenze espressamente individuate relative a specifici settori del diritto e che sono previste dalla legge per gli esercenti altre professioni regolamentate, l'attività di consulenza legale e di assistenza legale stragiudiziale è riservata agli avvocati”.

Come evidenziato dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato nella segnalazione del 18 settembre 2009, inviata al Parlamento, l’ampliamento del novero delle attività riservate agli avvocati appare suscettibile di determinare restrizioni alla concorrenza.

L’ordinamento comunitario pone esplicitamente come regola la libertà di concorrenza e come eccezione l’attribuzione legale di esclusive, che comunque devono essere giustificate dal perseguimento di interessi generali.

La giurisprudenza della Corte di giustizia presidia l’osservanza di questi principi, fissati nell’articolo 101 TFUE e nel Regolamento n. 1/2003 del Consiglio del 16 dicembre 2002, applicando un penetrante controllo delle legislazioni degli Stati membri, secondo il criterio della proporzionalità.

Sulla riserva d’attività a favore degli avvocati in particolare nell’attività di assistenza stragiudiziale si sono espresse criticamente anche l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (segnalazione del 20 novembre 2009) e dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas (segnalazione del 2 dicembre 2010).  

L’articolo 16, comma 4, prevede che “l’iscrizionenella sezione speciale dell'albo ai sensi dell'articolo 6 del D.Lgs. 96/2001, può essere subordinata dal consiglio dell'ordine alla presentazione di apposita documentazione comprovante l'esercizio della professione nel Paese di origine per un congruo periodo di tempo”.

Con riguardo al tema della iscrizione nella Sezione speciale dell’Albo degli Avvocati comunitari stabiliti, si segnala che la norma del testo unificato appare in contrasto con le disposizioni contenute nella direttiva 98/5/CE, volta a facilitare l'esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquisita la qualifica professionale. All’articolo 3, comma 2 della direttiva, si prevede infatti che l'autorità competente dello Stato membro ospitante procede all'iscrizione dell'avvocato su presentazione del documento attestante l'iscrizione di questi presso la corrispondente autorità competente dello Stato membro di origine e che essa può esigere che l'attestato dell'autorità competente dello Stato membro di origine non sia stato rilasciato prima dei tre mesi precedenti la sua presentazione.

Sul punto è intervenuta altresì la Corte di Cassazione, che con sentenza n. 28340 del 15 dicembre 2011, ha stabilito che “l'iscrizione nella Sezione speciale dell'Albo degli avvocati comunitari stabiliti (…) è, ai sensi dell'art. 3, comma 2, direttiva 98/5/Ce e del D. Lgs. n. 96 del 2001, art. 6, comma 2, subordinata alla sola condizione della documentazione dell'iscrizione presso la corrispondente Autorità di altro Stato membro”.

Il tenore letterale della norma comunitaria, come interpretata dal giudice nazionale, sembrerebbe escludere, quindi,  la facoltà in capo agli Stati membri di prescrivere requisiti ulteriori, rispetto all’iscrizione presso la corrispondente autorità competente dello Stato membro di origine.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea
(a cura dell'Ufficio Rapporti con l'Unione europea)

Con riferimento all’articolo 10, in materia di formazione professionale continua, in una risoluzione del 17 giugno 2010 il Parlamento europeo ha accolto con favore l’intenzione della Commissione europea di presentare un piano d'azione in materia di formazione europea per tutte le professioni legali e di lanciare progetti pilota concernenti programmi di scambio del tipo "Erasmus" per le autorità giudiziarie e i professionisti del diritto. Il PE ha inoltre esortato la Commissione, con la collaborazione degli Stati membri, ad elaborare proposte volte alla creazione di una rete UE di istituti di formazione giuridica abilitati a fornire corsi di familiarizzazione al diritto nazionale, comparato ed europeo su base stabile e continuativa.

Procedure di contenzioso
(a cura dell'Ufficio Rapporti con l'Unione europea)

Con sentenza pronunciata il 29 marzo 2011, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha respinto il ricorso contro l’Italia presentato dalla Commissione europea il 19 dicembre 2008, in materia di fissazione di tariffe massime obbligatorie per le attività giudiziali e stragiudiziali degli avvocati (causa C-565/08). La Commissione europea aveva adito la Corte al fine di constatare che le disposizioni nazionali che impongono l’obbligo per gli avvocati di rispettare tariffe massime costituiscono una restrizione alla libertà di stabilimento di cui all'articolo 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (ex articolo 43 del Trattato CE) e alla libera prestazione dei servizi ai sensi dell’articolo 56 del TFUE (ex articolo 49 del TCE). 

In particolare, la Commissione osservava che l’esistenza di tariffe massime obbligatorie da applicare indipendentemente dalla qualità dell'opera svolta, dal lavoro necessario a svolgerlo e dai costi sostenuti, può rappresentare un freno alla libera circolazione dei servizi legali nel mercato interno e rendere il mercato italiano dei servizi legali non attraente per gli avvocati stabiliti in altri Stati membri. Inoltre, l’obbligo di rispettare tariffe massime in un rapporto tra avvocato e cliente costituirebbe un limite alla libertà contrattuale di questi ultimi.

Nella sentenza del 29 marzo 2011, la Corte di giustizia ha innanzitutto rilevato che una normativa nazionale non costituisce una restrizione ai sensi degli articoli 49 e 56 TFUE per il solo fatto che altri Stati membri applichino regole meno severe o economicamente più vantaggiose ai prestatori di servizi simili stabiliti sul loro territorio; l’esistenza di una restrizione ai sensi del Trattato non può pertanto essere desunta dalla mera circostanza che gli avvocati stabiliti in Stati membri diversi dalla Repubblica italiana devono, per il calcolo dei loro onorari per prestazioni fornite in Italia, abituarsi alle norme applicabili in tale Stato membro; una restrizione del genere esisterebbe, invece se detti avvocati fossero privati della possibilità di penetrare nel mercato dello Stato membro ospitante in condizioni di concorrenza normali ed efficaci.

Su tali basi, la Corte ha respinto le argomentazioni addotte dalla Commissione europea ritenendole non sufficienti a dimostrare che la normativa italiana sia concepita in modo da pregiudicare l’accesso degli avvocati provenienti dagli altri Stati membri al mercato italiano in condizioni di concorrenza normali ed efficaci.

Al riguardo, la Corte ha infatti sottolineato che la normativa italiana  sugli onorari è caratterizzata da una flessibilità che sembra permettere un corretto compenso per qualsiasi tipo di prestazione fornita dagli avvocati dal momento che: risulta possibile aumentare gli onorari fino al doppio delle tariffe massime altrimenti applicabili, per cause di particolare importanza, complessità o difficoltà, o fino al quadruplo di dette tariffe per quelle che rivestono una straordinaria importanza, o anche oltre, in caso di sproporzione manifesta, alla luce delle circostanze nel caso di specie, tra le prestazioni dell’avvocato e le tariffe massime previste; in diverse situazioni, è consentito agli avvocati concludere un accordo speciale con il loro cliente al fine di fissare l’importo degli onorari.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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