Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari comunitari
Titolo: Libera circolazione dei cittadini comunitari e rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi irregolari (direttive 2004/38/CE e 2008/115/CE) - D.L. 89/2011 - A.C. 4449 - Elementi di valutazione per la compatibilità comunitaria
Riferimenti:
AC N. 4449/XVI   DL N. 89 DEL 23-GIU-11
Serie: Note per la compatibilità comunitaria    Numero: 95
Data: 05/07/2011
Descrittori:
CITTADINI DELL' UNIONE EUROPEA   DECRETO LEGGE 2011 0089
DIRETTIVE DELL'UNIONE EUROPEA   ESPULSIONE DI STRANIERI
LIBERA CIRCOLAZIONE NEL MERCATO   RIMPATRIO
Organi della Camera: XIV - Politiche dell'Unione europea
Altri riferimenti:
04/38/CE   08/115/CE  

5 luglio 2011

 

n. 95

Libera circolazione dei cittadini comunitari
e rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi irregolari
(direttive 2004/38/CE e 2008/115/CE)

D.L. 89/2011 - A.C. 4449

Elementi di valutazione per la compatibilità comunitaria

 

Numero dell’atto

A.C. 4449

Titolo

Conversione in legge del decreto-legge 23 giugno 2011, n. 89, recante disposizioni urgenti per il completamento dell'attuazione della direttiva 2004/38/CE sulla libera circolazione dei cittadini comunitari e per il recepimento della direttiva 2008/115/CE sul rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi irregolari

Iniziativa

Governo

Iter:

 

sede

Referente

esame al Senato

No

Commissione competente

I Commissione (Affari costituzionali)

Pareri previsti

II Giustizia (ex art. 73, comma 1-bis, del reg.), III Affari esteri, V Bilancio, VII Cultura, XII Affari sociali e XIV Politiche dell'Unione europea

 


Contenuto

Il decreto-legge 89/2011, composto di 6 articoli, dispone:

§         alcune modifiche ed integrazioni al D.Lgs. 30 del 2007, recante l’attuazione della direttiva 2004/38/CE sulla libera circolazione dei cittadini comunitari e dei loro familiari nel territorio degli Stati membri (artt. 1 e 2);

§       il recepimento della direttiva 2008/115/CE sul rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi irregolari (artt. 3, 4 e 5).

Il testo si compone di sei articoli, organizzati in due capi.

Il capo I (artt. 1-2) contiene disposizioni volte a dare piena attuazione alla direttiva 2004/38/CE, sulla cui trasposizione nell’ordinamento italiano la Commissione europea ha annunciato l’imminente avvio di una procedura di infrazione a causa dell’incompleto o non corretto recepimento della direttiva.

In particolare:

- l’articolo 1 modifica in più punti il decreto legislativo 30 del 2007, in materia di permanenza dei cittadini comunitari e dei loro familiari.

- l’articolo 2 novella l’articolo 183-ter delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 271 del 1989, nel senso di estendere le modalità di esecuzione della misura di sicurezza dell’allontanamento del cittadino comunitario anche ai suoi familiari

Il capo II (artt. 3-6) è volto a recepire la direttiva 2008/115/CE, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare.

In particolare:

- l’articolo 3 novella il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 286 del 1998. Vengono novellati, tra l’altro, gli articoli 5 (permesso di soggiorno), 13 (espulsione amministrativa) e 14 (esecuzione dell’espulsione);

- l’articolo 4 integra l’articolo 4, comma 2 del decreto legislativo 274 del 2000, al fine di prevedere la competenza del giudice penale per i reati connessi all’inottemperanza sia ai provvedimenti che dispongono il termine per la partenza volontaria, sia all’ordine del questore di lasciare il territorio nazionale.

Si rileva che a seguito del mancato recepimento della direttiva 2008/115/CE, il cui termine di trasposizione è scaduto il 24 dicembre 2010, è già stata avviata, da parte della Commissione, la fase prodromica all’apertura dell’infrazione.

A tale riguardo la Commissione Politiche dell’Unione europea del Senato aveva inserito il recepimento della direttiva 2008/115/CE nel testo del disegno di legge comunitaria 2010 licenziato per l’Assemblea (A.S. 2322-A). Il riferimento all’attuazione della direttiva è stato soppresso dall’Assemblea del Senato nella seduta del 1° febbraio 2011 con un emendamento sul quale la relatrice ed il Governo hanno dato parere favorevole – come spiegato dalla stessa relatrice – “alla luce dei recenti accadimenti e vista l'intenzione del Ministro dell'interno di applicare la direttiva attraverso un provvedimento d'urgenza”.

 

Peraltro, la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 28 aprile 2011 (causa C-61/11) è già intervenuta sulla compatibilità dell’ordinamento italiano con la direttiva 2008/115/CE stabilendo che “la direttiva osta ad una normativa di uno Stato membro che preveda l’irrogazione della pena della reclusione al cittadino di un paese terzo il cui soggiorno sia irregolare per la sola ragione che questi, in violazione di un ordine di lasciare entro un determinato termine il territorio di tale Stato, permane in detto territorio senza giustificato motivo”. In tal senso, è stata sancita l’incompatibilità con il diritto dell’Unione europea dell’art. 14, commi 5-ter e 5-quater,del Testo unico sull’immigrazione di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, che punivano con la reclusione da uno a quattro anni la permanenza illegale senza giustificato motivo dello straniero sul territorio nazionale in violazione dell’ordine impartito dal questore nonché con la reclusione da uno a cinque anni la permanenza illegale sul territorio nazionale dello straniero destinatario del provvedimento di espulsione con accompagnamento alla frontiera.

L’articolo 5 reca la clausola di copertura finanziaria, mentre l’articolo 6 dispone in ordine all’entrata in vigore, a decorrere dal giorno successivo a quello della pubblicazione nella “Gazzetta ufficiale”.

Per una completa illustrazione delle norme si rinvia al dossier n. 507 del Servizio Studi; il dossier è corredato dei testi a fronte tra le norme previgenti e quelle risultanti dalle modifiche apportate dal decreto-legge in esame.

Esame del provvedimento in relazione alla normativa europea

In relazione alla compatibilità delle disposizioni con la normativa europea si osserva quanto segue:

Art. 1, comma 1 (attuazione della direttiva 2004/38/CE):

- la lettera a) modifica l’articolo 3, comma 2, lett. b), del citato D.Lgs. del 2007, con riferimento all’ingresso e al soggiorno del partner di cittadino dell’Unione, prevedendo che la relazione stabile tra il suddetto cittadino e il partner debba essere ufficialmente – anziché debitamente – attestata: tale modifica, pur potendosi interpretare come riconducibile all’ambito di discrezionalità dello Stato nel recepimento della direttiva, elimina dal testo la parola “debitamente”, contenuta, invece, nel testo della direttiva (art. 3, par. 2, lett. b);

- la lettera c) n. 1, in merito alla procedura di verifica della sussistenza del requisito della disponibilità delle risorse economiche sufficienti a garantire il soggiorno oltre i tre mesi, inserisce nell’art. 9 del citato D.Lgs.30il comma 3-bis, che prescrive la “valutazione della situazione complessiva personale dell’interessato”, quale ulteriore elemento da tenere in considerazione: tuttavia l’introduzione dell’obbligo della valutazione complessiva della situazione personale dell’interessato non fa venir meno il riferimento al reddito minimo annuo contenuto nel comma 3 dell’art. 9, attraverso il richiamo all’articolo 29, comma 3, lettera b) del Testo unico sull’immigrazione di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998. In proposito, la direttiva 2004/38/CE fa riferimento, all’articolo 7, alla sola esistenza di “risorse economiche sufficienti” e all’articolo 8, precisa che “gli Stati membri non possono esigere” l’indicazione “dell’importo specifico delle risorse”. La coesistenza dei criteri di valutazione recati dai commi 3 e 3 bis andrebbe pertanto valutata dal punto di vista degli effetti in sede interpretativa, e alla luce dalla compatibilità con il dettato della direttiva;

- la lettera f) introduce nell’art. 19 del D.Lgs 30 la previsione per cui il possesso del documento (di attestazione di iscrizione anagrafica o di soggiorno) non costituisce condizione per l’esercizio di un diritto: l’art. 25, par. 1, della direttiva esclude invece che il possesso del documento possa costituire un prerequisito per l’esercizio di un diritto, […] “in quanto la qualità di beneficiario dei diritti può essere attestata con qualsiasi altro mezzo di prova”. Appare pertanto opportuno un chiarimento sulla formulazione della disposizione di recepimento che appare ambigua, poiché la stessa potrebbe essere interpretata sia nel senso di ritenere che il documento non costituisca condizione necessaria per l’esercizio del diritto (e quindi un “prerequisito”: interpretazione coerente con la direttiva) sia in quello di ritenere che il documento non costituisca condizione sufficiente (interpretazione invece non coerente con la direttiva).

- la lettera g), n. 3, modifica il comma 4 dell’art. 20 del citato D.Lgs. 30 che ora prevede, tra i presupposti dei provvedimenti di allontanamento, che i comportamenti individuali rappresentino una minaccia “concreta, effettiva e sufficientemente grave”, e non più, come previsto nel testo previgente, una minaccia “concreta e attuale” all'ordine pubblico o alla pubblica sicurezza: occorre pertanto valutare se la nuova formulazione, pur non contenendo più un riferimento esplicito all’attualità della minaccia, risulti coerente con il secondo periodo del paragrafo 2 dell’art. 27 della direttiva, che prevede che il comportamento personale debba rappresentare “una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave da pregiudicare un interesse fondamentale della società”.

Art. 3, comma 1 (attuazione della direttiva 2008/115/CE):

- la lettera c) n. 3), che riformula il comma 4 dell’art. 13 del Testo unico sull’immigrazione di cui al D.Lgs. 286 del 1998, riguarda i casi di esecuzione dell’espulsione dello straniero. Tra tali fattispecie è inserita anche l’espulsione per violazione di una delle misure “cautelative” disposte dal questore nelle more del periodo della partenza volontaria o in caso di una delle prescrizioni meno coercitive rispetto al trattenimento. Al riguardo, si rileva che invece la direttiva, all’articolo 7, paragrafo 3, fa riferimento alla possibilità, per la durata del periodo per la partenza volontaria di imporre “obblighi diretti a evitare il rischio di fuga”, come “l’obbligo di presentarsi periodicamente alle autorità, la costituzione di una garanzia finanziaria adeguata, la consegna di documenti o l’obbligo di dimorare in un dato luogo” ma non prevede la possibilità di sanzioni per la violazione di tali disposizioni ;

- la lettera d) modifica l’art. 14 del D.Lgs. 286 che reca le disposizioni relative al trattenimento dello straniero presso i centri di identificazione ed espulsione (CIE). In particolare, la lettera d) n. 2)introduce, in coerenza con la direttiva, misure meno coercitive alternative al trattenimento, a condizione però che lo straniero sia in possesso di passaporto o altro documento equipollente in corso di validità o che l'espulsione non sia stata disposta per gravi motivi ordine pubblico o sicurezza dello Stato. Al riguardo, si segnala che l’art. 15, par. 1 della direttiva, nel delineare il trattenimento dello straniero come extrema ratio quando non possa essere adottata alcuna misura alternativa, non pone condizioni particolari per l’accesso a tali misure alternative;

- la lettera d) nn. 5) e 6), modificando i commi 5-ter e 5-quater dell’art. 14, attenuano le sanzioni per l’inottemperanza all’ordine al questore a lasciare il territorio nazionale: le pene alla reclusione ivi previste vengono sostituite con un articolato sistema di multe che vanno da 10 a 20 mila euro. La disposizione appare volta a dare attuazione alla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 28 aprile 2011 (causa C. 61/11: cfr. supra).

- la lettera d) n. 10) integrail comma 7 dell’art. 14 del D.Lgs 186 prevedendo che, nel caso di indebito allontanamento dello straniero irregolare dal CIE, sia adottato un nuovo provvedimento di trattenimento, mentre il testo previgente si limitava a prevedere che il questore ripristinasse senza indugio il trattenimento. Al riguardo, si osserva che, nel caso in cui il nuovo provvedimento avesse l’effetto di far decorrere nuovamente i tempi massimi di durata del trattenimento, come sembra presupporre la relazione illustrativa, andrebbe valutata la coerenza della disposizione con quanto previsto dall’art. 15 della direttiva che pone un limite massimo di 18 mesi al trattenimento.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea
(a cura dell'Ufficio Rapporti con l'Unione europea)

Il 2 luglio 2009 la Commissione europea ha presentato una comunicazione concernente gli orientamenti per un migliore recepimento e una migliore applicazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente sul territorio degli Stati membri  (COM(2009)313).

L’esigenza di fornire indicazioni in merito ai criteri di attuazione della direttiva è emersa in seguito ad una valutazione non pienamente soddisfacente delle modalità di recepimento della stessa da parte degli Stati membri, espressa dalla Commissione europea in una relazione adottata il 10 dicembre 2008. Secondo tale relazione il recepimento della direttiva nel complesso sarebbe stato piuttosto problematico, soprattutto per quanto riguarda il Capo VI (che consente agli Stati membri di limitare il diritto di ingresso e di soggiorno dei cittadini UE e dei loro familiari per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza) e l'articolo 35 (in base al quale gli Stati membri possono adottare provvedimenti volti a evitare abusi e frodi, quali, ad esempio, matrimoni fittizi).

Per quanto riguarda gli aventi diritto, la Commissione sottolinea che la direttiva si applica al  partner con cui un cittadino dell'Unione abbia una stabile relazione di fatto, debitamente attestata. Le persone cui la direttiva riconosce diritti in quanto partner stabili possono essere tenute a presentare prove documentali che dimostrino la loro qualità di partner di cittadini UE e la stabilità della relazione; la prova può essere fornita con ogni mezzo idoneo.

Relativamente al criterio delle risorse economiche sufficienti, la Commissione ricorda che la direttiva fa divieto agli Stati membri di fissare, direttamente o indirettamente, l'importo preciso delle risorse economiche che considerano sufficienti, al di sotto del quale il diritto di soggiorno può essere negato automaticamente; le autorità degli Stati membri devono tenere conto della situazione personale dell'interessato; le risorse provenienti da un terzo devono essere ammesse.

Per quanto riguarda le limitazioni del diritto di circolare e di soggiornare liberamente per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza, la Commissione sottolinea che gli Stati membri rimangono liberi di determinare i requisiti in materia di ordine pubblico e pubblica sicurezza conformemente alle loro necessità; tuttavia, nel contesto dell'applicazione della direttiva, gli Stati membri sono tenuti ad interpretare tali requisiti in senso restrittivo.

Relativamente ai provvedimenti restrittivi per comportamento personale,  la Commissione sottolinea che essi possono essere adottati  solo caso per caso, qualora il comportamento personale dell'interessato rappresenti una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave da pregiudicare un interesse fondamentale della società dello Stato membro ospitante, e non possono basarsi esclusivamente su motivi di tutela dell'ordine pubblico o della pubblica sicurezza avanzati da un altro Stato membro; la legislazione comunitaria preclude l'adozione di provvedimenti restrittivi per motivi di prevenzione generale (Causa 67/74 Bonsignore (punti 5-7). Una condanna penale non comporta automaticamente l'adozione di provvedimenti restrittivi, che devono tenere in considerazione il comportamento personale del reo e la minaccia che costui rappresenta per l'ordine pubblico (Cause C-348/96 Calfa (punti 17-27) e 67/74 Bonsignore (punti 5-7); la minaccia deve sussistere nel momento in cui il provvedimento restrittivo è adottato dall'autorità nazionale o riesaminato dal giudice (Cause C-482/01 e C-493/01 Orfanopoulos e Oliveri (punto 82); il comportamento passato può essere preso in considerazione solo se vi è probabilità di recidiva (Causa 30/77 Bouchereau (punti 25-30).

Procedure di contenzioso
(a cura dell'Ufficio Rapporti con l'Unione europea)

Il 26 gennaio 2011 la Commissione europea ha inviato al Governo italiano una lettera di costituzione in mora ai sensi dell’articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell’UE (TFUE) per mancata attuazione di 24 direttive (procedura di infrazione n. 2011/208), tra le quali la direttiva 2008/115/CE il cui termine di scadenza per il recepimento era il 24 dicembre 2010.

Compatibilità con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo
(in collaborazione con l’Avvocatura, Osservatorio sulle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo)

A partire dalla sentenza Soering c. Regno Unito (07/07/1989), la Corte europea ha affermato che gli Stati parti della Convenzione possono essere ritenuti responsabili per l’espulsione di individui verso altri Stati nei confronti dei quali vi sono “motivi seri” per ritenere che gli stessi individui potrebbero correre un “rischio reale” di essere sottoposti a trattamenti inumani e degradanti in contrasto con l’art. 3 CEDU.Tale responsabilità viene ricondotta alla violazione indiretta del citato art. 3 CEDU.Di questa giurisprudenza costituiscono tappe rilevanti le sentenze Chahal c. Regno Unito del 15/11/1996,Saadi c. Italia del 28/02/2008 (Grande Chambre), fino alle sentenze Trabelsi c. Italia del 13/4/2010 e Y.P et L.P. c. Francia del 1/09/2010. La Corte europea ha ravvisato la violazione dell’art. 3 CEDUanche in caso di esecuzione di espulsione di malato in fase terminale verso lo Stato di destinazione (sentenza D. c. Regno Unito 02/05/1997).

 

Si ricorda che l’articolo 6 del Trattato dell’Unione europea, stabiliscono che “L’Unione aderisce alla Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Tale adesione non modifica le competenze dell’Unione definite nei trattati. I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali”.

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

Servizio Studi – Dipartimento Affari Comunitari

( 066760-9409 – *st_affari_comunitari@camera.it

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File: NOTST095.doc