Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari comunitari
Altri Autori: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica, di contrasto alla violenza sessuale e di atti persecutori - D.L. 11/2009 - A.C. 2232 - Elementi di valutazione per la compatibilità comunitaria
Riferimenti:
AC N. 2232/XVI   DL N. 11 DEL 23-FEB-09
Serie: Note per la compatibilità comunitaria    Numero: 9
Data: 17/03/2009
Descrittori:
MINACCE   PUBBLICA SICUREZZA
REATI SESSUALI     
Organi della Camera: Commissione per le politiche dell'Unione europea
II-Giustizia

 

17 marzo 2009

 

n. 9

Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica, di contrasto alla violenza sessuale e di atti persecutori

D.L. 11/2009 - A.C. 2232

Elementi di valutazione per la compatibilità comunitaria

 

Numero dell’atto

A.C. 2232

Titolo

Conversione in legge del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori

Iniziativa

Governativa

Iter:

 

sede

Referente

esame al Senato

No

Commissione competente

II Giustizia

Pareri previsti

I Affari Costituzionali, IV Difesa, V Bilancio, XII Affari sociali e XIV Politiche dell'Unione europea

 


Contenuto

Il provvedimento in esame (C. 2232) è volto a convertire in legge il decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori. Il decreto-legge, che consta di 14 articoli, anticipa alcune disposizioni contenute nel disegno di legge in materia di sicurezza (C. 2180), già approvato dal Senato e attualmente all’esame della Camera, nonché parte delle previsioni del disegno di legge in materia di atti persecutori (S. 1348), già approvato dalla Camera e in corso di esame al Senato.

L’articolo 1, novellando l’art. 576 c.p., introduce aggravanti speciali per il delitto di omicidio, in particolare quando esso è consumato in occasione della commissione dei delitti di violenza sessuale, di atti sessuali con minorenne e di violenza sessuale di gruppo ovvero da parte dell’autore del delitto di atti persecutori.

L’articolo 2, modificando l’articolo 275 c.p.p., estende l’obbligatorietà della custodia cautelare in carcere, in presenza di gravi indizi di colpevolezza, a specifici delitti ritenuti di particolare gravità e allarme sociale, tra i quali diverse fattispecie di reato a sfondo sessuale. La medesima disposizione inserisce nella lista dei reati per i quali è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza la violenza sessuale (esclusi i casi di minore gravità) e la violenza sessuale di gruppo.

L’articolo 3 modifica la legge sull’ordinamento penitenziario, al fine di limitare l’accesso ai benefici penitenziari (assegnazione al lavoro all'esterno, permessi premio e misure alternative alla detenzione) da parte dei condannati per taluni delitti di tipo sessuale.

L’articolo 4 interviene sulla disciplina del patrocinio a spese dello Stato per consentire alla persona offesa da determinati reati a sfondo sessuale l’accesso al gratuito patrocinio, anche in deroga ai limiti di reddito ordinariamente previsti.

L’articolo 5 prolunga il periodo massimo ditrattenimento dello straniero nei Centri di identificazione ed espulsione da 60 a 180 giorni.

L’articolo 6 novella l’art. 61, comma 22, del D.L. 112/2008 con l’obiettivo di attuare un piano straordinario di controllo del territorio, anticipando al 31 marzo 2009 il termine per l’adozione del decreto del Presidente della Repubblica volto alla ripartizione tra le forze di polizia e i vigili del fuoco delle risorse destinate all’assunzione di personale.

Si dispone, inoltre, la riassegnazione immediata delle somme oggetto di confisca:

§       al Ministero dell’interno (nel limite di 100 mln. di euro per il 2009), per le esigenze urgenti di tutela della sicurezza e del soccorso pubblico;

§       al Fondo contro la violenza sessuale (nel limite di 3 mln. di euro per il 2009), per l’assistenza alle vittime di violenza sessuale e di genere.

Si prevede altresì che il sindaco, previa intesa con il Prefetto, possa avvalersi di associazioni volontarie di cittadini non armati (iscritte in un apposito elenco) con la finalità di segnalare alle Forze di polizia situazioni di disagio sociale o eventi che ledano la sicurezza urbana. Il sindaco si avvale, in via prioritaria, di associazioni costituite tra gli appartenenti, in congedo, delle Forze di polizia, delle Forze armate e di altri corpi dello Stato.

Si autorizzano poi i comuni, a fini di tutela della sicurezza urbana, ad impiegare sistemi di videosorveglianza nei luoghi pubblici o aperti al pubblico.

L’articolo 7 introduce nel codice penale il delitto di atti persecutori, per il quale si richiede la ripetitività della condotta nonché l’idoneità dei comportamento a provocare nella vittima un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero a ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona alla medesima legata da relazione affettiva ovvero a costringere la stessa ad alterare le proprie abitudini di vita. La pena è della reclusione da sei mesi a quattro anni.

L’articolo 8, al fine di apprestare tutela nel periodo che intercorre tra il comportamento persecutorio e la presentazione della querela e allo scopo di dissuadere il reo dal compimento di nuovi atti, introduce la possibilità per la persona offesa di avanzare al questore richiesta di ammonimento nei confronti dell’autore della condotta lesiva.

L’articolo 9 apporta una serie di modifiche al codice di procedura penale,tra le quali si segnalano:

§         la possibilità per taluni delitti (tra i quali, i maltrattamenti in famiglia e gli atti persecutori) di procedere, con incidente probatorio anche al di fuori dei casi già previsti, all’assunzione della testimonianza di minori o della persona offesa maggiorenne;

§         l’estensione delle particolari modalità di incidente probatorio originariamente circoscritte ai minori di anni 16 a tutti i casi di coinvolgimento di minori nonché al caso di indagini per atti persecutori;

§         l’estensione delle particolari protezioni previste dal codice di rito per l'esame in dibattimento del minore vittima di reato (uso di un vetro specchio con impianto citofonico) anche all’esame del maggiorenne infermo di mente vittima del reato.

Viene inoltre prevista una nuova misura coercitiva, consistente nel divieto di avvicinamento dell’imputatoai luoghi frequentati dalla persona offesa.

L’articolo 10 novella il codice civile in materia di ordini di protezione contro gli abusi familiari, prolungando a un anno l’efficacia del decreto del giudice con il quale si ordinano la cessazione della condotta criminosa, l’allontanamento dalla casa familiare e il divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima.

L’articolo 11 prevede l’obbligo per le Forze dell’ordine, i presidi sanitari e le istituzioni pubbliche che ricevono dalla vittima notizia di reato di atti persecutori di fornire alla medesima tutte le informazioni relative ai Centri antiviolenza.

L'articolo 12 istituisce presso il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri un numero verde nazionale per le vittime di atti persecutori, con compiti di assistenza psicologica e giuridica e, nei casi d'urgenza, di segnalazione alle Forze dell'ordine.

Gli articoli 13 e 14 disciplinano, rispettivamente, la copertura finanziaria e l’entrata in vigore del provvedimento.

Esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria

Dal punto di vista della rilevanza comunitaria, le disposizioni di maggiore interesse sono contenute negli articoli 5 e 6 del decreto-legge.

L’articolo 5, come già illustrato,modifica il Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (di cui al D.Lgs. 286/1998), estendendo il periodo di trattenimento dello straniero cittadino di Paesi terzi nei Centri di identificazione ed espulsione (CIE) fino ad un massimo di 180 giorni. I CIE sono luoghi di trattenimento del cittadino straniero in attesa di esecuzione di provvedimenti di espulsione. Il trattenimento è disposto con provvedimento del questore, dietro convalida del giudice, per un periodo di 30 giorni, prorogabile in presenza di gravi difficoltà inerenti all’identificazione dello straniero o all’acquisizione dei documenti di viaggio, di altri 30 giorni. Anche la proroga è soggetta a convalida del giudice. Sono, inoltre, trattenuti nei CIE coloro che fanno richiesta di asilo dopo essere stati oggetto di un provvedimento di espulsione, ad esclusione dell’espulsione a causa di ingresso clandestino o di trattenimento nel territorio nazionale senza aver fatto richiesta del permesso di soggiorno. Va ricordato che, in base alla disciplina posta dall’articolo 20, comma 11, del D.Lgs. 30/2007, come modificato dal D.Lgs. 32/2008, il trattenimento nei CIE può riguardare anche i cittadini comunitari colpiti da un provvedimento di allontanamento, nelle more della procedura di convalida.

Le nuove disposizioni prevedono la possibilità di due ulteriori proroghe, di 60 giorni ciascuna, in presenza di due condizioni, tra loro alternative:

§       mancata cooperazione al rimpatrio del cittadino del Paese terzo;

§       ritardi nell’ottenimento della necessaria documentazione dai Paesi terzi.

Di conseguenza, la permanenza complessiva massima, pari in precedenza a 60 giorni, è ora prolungata a 180 giorni. Il comma 2 dell’articolo 5 in esame dispone, altresì, che la nuova disciplina si applica anche ai cittadini di Paesi terzi già trattenuti nei CIE alla data di entrata in vigore del decreto.

Una disposizione relativa al prolungamento del periodo di trattenimento nei CIE, fino al massimo di 18 mesi, era contenuta nel testo originario del disegno di legge in materia di sicurezza presentato al Senato nel giugno 2008 (S. 733), attualmente all’esame della Camera (C. 2180). Durante l’iter al Senato la disposizione è stata soppressa.

La relazione illustrativa sottolinea la diversità tra la disposizione originariamente contenuta nell’A.S. 733 e quella riportata nel decreto-legge in commento. Oltre alla differente durata temporale del periodo massimo di trattenimento (rispettivamente 18 mesi e 180 giorni), divergono anche le motivazioni alla base della decisione di proroga: mentre il primo testo faceva riferimento al rifiuto dell’interessato a fornire elementi utili per l’identificazione, la norma in esame è incentrata sulla mancata collaborazione del Paese di origine. Le nuove disposizioni sarebbero quindi dirette a “porre in essere ulteriori urgenti modifiche alla normativa in tema di contrasto all'immigrazione irregolare, rendendo ancora più efficace la disciplina dell'espulsione e del respingimento degli immigrati clandestini in ossequio ai princìpi contenuti nella direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare”. La stessa relazione illustrativa sottolinea, poi, che lo scopo prioritario della direttiva è quello di consentire agli Stati europei di disporre di adeguati periodi di tempo per l'espletamento delle procedure necessarie all'esecuzione del provvedimento di espulsione, in caso di mancata cooperazione al rimpatrio e all'allontanamento del cittadino del Paese terzo interessato o di ritardi nell'ottenimento della necessaria documentazione dai Paesi terzi.

In particolare, la citata direttiva prevede:

§       il rimpatrio dei clandestini riguarda tutti i casi di cittadini di Paesi terzi soggiornanti illegalmente nel territorio di uno Stato membro nel rispetto dei diritti fondamentali in quanto principi generali del diritto comunitario e del diritto internazionale, compresi gli obblighi in materia di protezione dei rifugiati e dei diritti dell’uomo (art. 1);

§       il soggiorno irregolare è definito come la presenza nel territorio di uno Stato membro di un cittadino di un Paese terzo che non soddisfi o non soddisfi più le condizioni di ingresso, di soggiorno o di residenza in tale Stato membro (art. 3);

§       la decisione di rimpatrio dell'immigrato illegale fissa per la partenza volontaria un periodo tra 7 e 30 giorni, con la possibilità di proroghe in casi particolari (art. 7, par. 1);

§       ove sussiste il rischio di fuga o la domanda di soggiorno regolare è stata respinta in quanto infondata o fraudolenta o se l’interessato costituisce un pericolo per l’ordine pubblico, gli Stati possono astenersi dal concedere un periodo per la partenza volontaria (art. 7, par. 4);

§       il trattenimento, ammesso solo se non sia possibile ricorrere ad altre misure sufficienti ma meno coercitive, è disposto al fine di preparare le procedure di rimpatrio e/o effettuare l’allontanamento, in particolare nel caso di rischio di fuga o se l’interessato ostacola il rimpatrio (art. 15, par.1);

§       il trattenimento richiede una deliberazione scritta e motivata e deve essere il più possibile limitato, non oltre i 6 mesi (articolo 15, paragrafo 2);

§       tale periodo può essere esteso di altri 12 mesi in casi specifici e, segnatamente, per la mancata cooperazione del cittadino interessato o per ritardi nell’ottenimento della necessaria documentazione dai Paesi terzi (art. 15, par. 6);

§       la detenzione si deve svolgere in strutture specifiche (art. 16).

La direttiva 2008/115/CE fa obbligo agli Stati membri di dare attuazione alle nuove disposizioni entro il 24 dicembre 2010.

Con riferimento al trattenimento degli stranieri irregolari nelle strutture di accoglienza, si ricorda, inoltre, che l’articolo 5 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) consente restrizioni della libertà personale, nei modi previsti dalla legge, nei casi di arresto o detenzione regolari di una persona per impedirle di entrare illegalmente nel territorio, oppure di una persona contro la quale è in corso un procedimento d’espulsione o d’estradizione (par. 1, lett. f)). A questo proposito, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha precisato che, al fine di evitare l’arbitrarietà delle misure restrittive della libertà personale, occorre assicurare, tra l’altro, il rispetto del principio di ragionevole durata, in base al quale la detenzione non può eccedere il tempo necessario a raggiungere lo scopo perseguito (cfr., in particolare, la sentenza 29 gennaio 2008 Saadi c. Regno Unito, §§ 72-74 nonché la sentenza 15 novembre 1996 Chahal c. Regno Unito, §§ 112-113).

L’articolo 6, commi 7 e 8, autorizza i comuni, ai fini della tutela della sicurezza urbana, ad impiegare sistemi di videosorveglianza nei luoghi pubblici o aperti al pubblico, consentendo altresì la conservazione dei dati raccolti sino al settimo giorno successivo alla rilevazione, salvo particolari esigenze di ulteriore conservazione. In materia, appare utile menzionare la direttiva 95/46/CE, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati, che, all’art. 3, par. 2,esclude dall’ambito di applicazione della disciplina sui dati personali il trattamento di dati sotto forma di suoni e immagini per fini connessi con la sicurezza pubblica, la difesa, la sicurezza dello Stato (compreso il benessere economico dello Stato, laddove tali trattamenti siano connessi a questioni di sicurezza dello Stato) e le attività dello Stato in materia di diritto penale. Va ricordato, inoltre, che l‘art. 13, par. 1, della stessa direttiva consente agli Stati l’adozione di disposizioni legislative intese a limitare la portata degli obblighi e dei diritti relativi al trattamento dei dati previsti dall’art. 6, par. 1 (rientranti nel campo di applicazione della direttiva), ove ricorrano, tra l’altro, ragioni di pubblica sicurezza. In proposito, il Gruppo di lavoro per la tutela dei dati personali istituito ai sensi dell’art. 29della direttiva 95/46/CE ha precisato (cfr., in particolare, il parere n. 4/2004) che la videosorveglianza, al pari di altre operazioni di trattamento di dati personali non rientranti nel campo di applicazione della direttiva, “deve rispettare i requisiti fissati dall’articolo 8 della convenzione dei diritti umani e delle libertà fondamentali e, nel contempo, essere disciplinata da disposizioni specifiche rese note al pubblico e connesse e proporzionate alla prevenzione di rischi concreti e reati specifici ad esempio, in luoghi esposti a tali rischi o in relazione a manifestazioni pubbliche con probabilità ragionevole di tradursi in tali reati”. Il citato art. 8 tutela, infatti, il diritto al rispetto della vita privata e familiare, del domicilio e della corrispondenza, specificando che eventuali ingerenze dell’autorità pubblica devono essere previste dalla legge e costituire misure necessarie, in una società democratica, a garantire la sicurezza nazionale, la pubblica sicurezza, il benessere economico del Paese, la difesa dell’ordine e la prevenzione dei reati, la protezione della salute o della morale, o la protezione dei diritti e delle libertà altrui. La necessità di osservare, in materia di videosorveglianza, le garanzie fissate dall’articolo 8 della Convenzione emergono, tra l’altro, anche dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (cfr., in particolare, la sentenza n. 44647/98 Peck c. Regno Unito del 28 gennaio 2003).

Da ultimo, si segnala il parere (23 marzo 2007) espresso dalla Commissione europea per la democrazia attraverso il Diritto, organo consultivo del Consiglio d’Europa (nota anche come “Commissione di Venezia”), relativamente alla compatibilità tra la videosorveglianza dei luoghi pubblici da parte delle pubbliche autorità e la protezione dei diritti umani. Al fine di evitare violazioni del diritto alla privacy, alla vita privata e alla libertà di movimento, la Commissione raccomanda di assicurare che le normative in materia garantiscano i requisiti stabiliti dall’art. 8 della CEDU e dalla direttiva 95/46/CE, evidenziando altresì l’esigenza di segnalare sistematicamente le zone soggette a videosorveglianza e di creare, a livello nazionale, un organo indipendente che assicuri la conformità delle installazioni alle leggi e agli standard internazionali.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea
(a cura dell'Ufficio Rapporti con l'Unione europea)

Relativamente ai reati di violenza sessuale e agli atti persecutori, si segnala che il 3 febbraio 2009 il Parlamento europeo ha adottato raccomandazioni rivolteal Consiglio sulla lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pornografia infantile.

In particolare, nel quadro della prossima revisione della decisione quadro in materia (2004/68/GAI), il Parlamento europeo raccomanda, tra le altre cose: la penalizzazione della partecipazione ad attività sessuali con una persona di età inferiore a 18 anni, dell’adescamento online dei minori a scopo sessuale; della partecipazione intenzionale a esibizioni di carattere pornografico che coinvolgano bambini e li costringano intenzionalmente ad assistere ad abusi o attività sessuali; l'adozione di misure volte a incoraggiare le vittime di abusi sessuali a sporgere denuncia presso i tribunali nazionali, affinché siano avviate azioni civili e penali contro gli autori di reati a sfondo sessuale; l'ampliamento del catalogo di circostanze aggravanti nel determinare le sanzioni in relazione ai reati previsti dalla decisione quadro; la classificazione dello sfruttamento di una posizione dominante da parte di chi commette un reato (in un contesto familiare, educativo, professionale) come circostanza aggravante.

Relativamente alle disposizioni del decreto legge in materia di lotta all’immigrazione clandestina, si segnala che il 5 febbraio 2009il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sull’attuazione nell'Unione europea della direttiva 2003/9/CE sulle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati, basata sulle visite svolte tra il 2005 e il 2008 dalla Commissione Libertà civili, giustizia e affari interni nei centri per immigrati e richiedenti asilo in Italia (Lampedusa nel 2005), Spagna, Francia, Malta, Grecia, Belgio, Regno Unito, Paesi Bassi, Polonia, Danimarca e Cipro. Sulla situazione attuale del centro di Lampedusa il Parlamento europeo ha svolto un dibattito nella seduta del 3 febbraio 2009.

 


 

Servizio Studi – Dipartimento Affari comunitari

( 066760-9409 – *st_affari_comunitari@camera.it

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File: NOTST009.doc