Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento lavoro
Titolo: Collaboratori parlamentari A.C. 2438 e 5382 Elementi per l'istruttoria legislativa
Riferimenti:
AC N. 2438/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 677
Data: 05/09/2012
Descrittori:
CONTRATTI DI LAVORO   INDENNITA' PARLAMENTARE
PARLAMENTARI     
Organi della Camera: XI-Lavoro pubblico e privato

 

5 Settembre 2012

 

n. 677/0

 

Collaboratori parlamentari

A.C. 2438 e 5382

Elementi per l’istruttoria legislativa

 

 

Numero dei progetti di legge

2438 e abb.

Titolo

Disciplina della professione di collaboratore parlamentare

Iniziativa

Parlamentare

Iter al Senato

No

Numero di articoli

5

Date:

 

presentazione

14  maggio 2009

assegnazione

16 settembre 2009

Commissione competente

XI (Lavoro)

Sede

Referente

Pareri previsti

Pareri delle commissioni I (Affari costituzionali), V (Bilancio), VI (Finanze)


Contenuto

Le proposte di legge C.2438 (Codurelli e altri) e C. 5382 (Cazzola e altri) recano disposizioni per la regolamentazione del rapporto di lavoro dei collaboratori parlamentari.

 

Le due proposte di legge presentano numerosi aspetti in comune. In particolare, entrambe le proposte prevedono che:

·         il rapporto di lavoro tra parlamentare e collaboratore ha natura fiduciaria e, salvo diverso accordo delle parti, ha una durata commisurata a quella della legislatura;

·         che il rapporto cessa di diritto in caso di cessazione anticipata del mandato parlamentare rispetto alla conclusione della legislatura;

·         che la disciplina privatistica applicabile può essere quella del lavoro subordinato, della collaborazione di cui all’articolo 61 del decreto legislativo n.276 del 2003 o del lavoro autonomo;

·         che il rapporto di lavoro si instaura unicamente tra parlamentare e collaboratore, con esclusione di qualsiasi rapporto lavorativo tra quest’ultimo e le amministrazioni delle Camere;

·         che gli Uffici di presidenza definiscono l’ammontare del contributo spettante ai parlamentari per la retribuzione dei collaboratori e disciplinano il pagamento diretto da parte dell’Amministrazione e l’assolvimento dei relativi oneri amministrativi, fiscali e previdenziali.

 

La proposta di legge C.2438 detta, poi, alcune disposizioni ulteriori (non rinvenibili nell’AC 5382), volte a prevedere:

·         l’introduzione di una incompatibilità, per cui non possono svolgere le funzioni di collaboratore parlamentare i congiunti fino al terzo grado del parlamentare;

·         l'istituzione di un albo dei collaboratori parlamentari;

·         la sottoscrizione da parte dei collaboratori di un codice etico, approvato d’intesa dagli Uffici di presidenza delle Camere.

Relazioni allegate

Alle proposte di legge sono allegate le relazioni illustrative, ove vengono indicate le finalità degli interventi.

Nella relazione illustrativa della proposta di legge C.2438 si evidenzia che l’”esigenza di regolamentare in via definitiva la figura del collaboratore parlamentare nasce da un duplice ordine di fattori: 1) cancellare ogni accezione negativa del termine «portaborse» con il quale sono appellati i collaboratori parlamentari, che in realtà sono professionisti, nella maggior parte dei casi laureati; 2) rispondere all'esigenza di trasparenza che l'opinione pubblica chiede da sempre al mondo politico”.

Nella relazione illustrativa della proposta di legge C.5382 si afferma che essa è volta a “regolamentare alcuni aspetti peculiari del rapporto di lavoro tra deputati e loro collaboratori, nonché a consentire il pagamento diretto della retribuzione dei collaboratori da parte della Camera di appartenenza del singolo parlamentare […]”; inoltre, si intendono “introdurre nell’ordinamento alcune limitate norme di rango legislativo necessarie a garantire il corretto svolgimento del rapporto di collaborazione, evitando incertezze interpretative circa la titolarità del contratto e la giurisdizione competente”.

Necessità dell’intervento con legge

Benchè gli organi competenti di Camera e Senato abbiano già provveduto a dettare disposizioni relative alle caratteristiche e ai requisiti dei rapporti giuridici che intercorrono tra i parlamentari e i loro collaboratori, l’intervento con legge si rende necessario al fine di prevedere deroghe alla disciplina civilistica. In particolare, solo con legge può essere introdotta una nuova fattispecie di recesso ad nutum e può essere previsto che la titolarità del rapporto di lavoro resti in capo al parlamentare (con la conseguenza che le eventuali controversie sono devolute al giudice ordinario e non alla giurisdizione domestica) anche nel caso in cui la retribuzione al collaboratore sia versata dalla Camera di appartenenza.

 

Si ricorda, in proposito, che già con delibera del 3 giugno 2003, l’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati ha adottato una nuova disciplina per il rilascio del titolo di accesso ai collaboratori dei deputati.

In particolare, era stabilito che i deputati, nel richiedere l’accreditamento presso le sedi della Camera per i propri collaboratori, nel numero massimo di due, dovessero depositare la documentazione relativa al rapporto di lavoro, nel caso di contratto a titolo oneroso, ovvero autocertificare la natura non onerosa della collaborazione.

Tale disciplina è stata profondamente modificata con le successive deliberazioni dell’Ufficio di Presidenza della Camera del 13 marzo e del 5 luglio 2007, di cui i punti qualificanti sono:

§    il principio per cui ciascun deputato può chiedere il rilascio del titolo di accesso per collaboratori, sempre nel limite massimo di due, con i quali abbia instaurato un rapporto di lavoro a titolo oneroso. Tale rapporto può intercorrere anche con un soggetto terzo, purché ciò avvenga nel pieno rispetto della normativa vigente. E’ ammesso, inoltre, l’accredito di collaboratori che svolgono attività di tirocinio formativo (stage), nel qual caso il titolo di accesso è valido per la sola durata dello stesso tirocinio;

§    per quanto concerne la collaborazione a titolo non oneroso, essa è ammessa soltanto per collaboratori titolari di reddito da pensione, da lavoro dipendente ovvero da lavoro autonomo, purché avvenga, per i lavoratori dipendenti, al di fuori del normale orario di lavoro;

§    in tutti i casi,  sono stati previsti precisi oneri quanto alla documentazione da presentare, attestante il contratto ovvero l’attività lavorativa svolta. Nei casi in cui è consentito l’accredito per collaboratori a titolo non oneroso deve, inoltre, essere presentata la documentazione relativa all’iscrizione previdenziale.

 

Da ultimo, nella riunione del 30 gennaio 2012, l'Ufficio di Presidenza (deliberazione n.185/2012)ha istituito un "rimborso delle spese per l'esercizio del mandato" che sostituisce il contributo per le spese inerenti al rapporto tra eletto ed elettori. Tale rimborso, di importo complessivo invariato rispetto al precedente contributo, è pari a 3.690 euro (dopo la riduzione di 500 euro del luglio 2010) ed è corrisposto direttamente a ciascun deputato con le seguenti modalità:

- per un importo fino a un massimo del 50% a titolo di rimborso per specifiche categorie di spese che devono essere documentate: collaboratori (sulla base di una dichiarazione di assolvimento degli obblighi previsti dalla legge, corredata da copia del contratto, con attestazione di conformità sottoscritta da una professionista); consulenze, ricerche; gestione dell'ufficio; utilizzo di reti pubbliche di consultazione di dati; convegni e sostegno delle attività politiche.

- per il restante 50% forfetariamente.

Per quanto riguarda, in particolare,  le spese relative ai collaboratori, oltre a dichiarare di aver assolto agli obblighi di legge, il deputato deve consegnare copia del relativo contratto recante l’attestazione di un consulente del lavoro, ovvero di altro professionista qualificato, per quanto attiene la conformità del contratto medesimo alla normativa vigente. Sono comunque escluse dal rimborso le somme a qualunque titolo erogate al coniuge, al convivente e ai parenti od affini del deputato entro il quarto grado.

Si fa presente, infine, che nelle premesse alla delibera del 30 gennaio 2012, l’Ufficio di presidenza ha evidenziato “l’esigenza di adottare un intervento legislativo volto a disciplinare in modo organico la figura del collaboratore del parlamentare, anche tenendo conto delle esperienze di altri parlamenti europei, e di affidare al Collegio dei questori l’incarico di predisporre una apposita iniziativa legislativa in materia, da sottoporre alla firma dei membri dell’Ufficio di presidenza in tempi rapidi, in modo tale che la relativa legge possa essere approvata nella presente legislatura e trovare applicazione a decorrere dall’inizio della prossima”.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Il provvedimento, dettando disposizioni relative alla disciplina civilistica di alcuni peculiari rapporti di lavoro, riguarda principalmente la materia “ordinamento civile” di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, attribuita alla potestà legislativa esclusiva dello Stato.

 

Rispetto degli altri princìpi costituzionali

Il provvedimento, poiché prevede una disciplina volta a introdurre adeguate garanzie per i collaboratori parlamentari, appare coerente con i principi costituzionali di cui all’art. 35, primo comma, della Costituzione, secondo cui la Repubblica deve tutelare il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni.

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Attribuzione di poteri normativi

La proposta di legge C.2438 rimanda a decisioni dell’Ufficio di presidenza delle Camere la determinazione dell'ammontare del contributo spettante ai membri del Parlamento per provvedere alla retribuzione dei loro collaboratori (articolo 3, comma 1); l’adozione di disposizioni per consentire alle Amministrazioni delle Camere di espletare, in nome e per conto dei parlamentari, gli adempimenti amministrativi e previdenziali relativi alla gestione del rapporto di lavoro (articolo 3, comma 2); l’adozione di un codice etico (articolo 5).

 

L’articolo 3, comma 1, della proposta di legge C.5382, prevede che gli uffici di presidenza delle Camere disciplinino il pagamento diretto della retribuzione dei collaboratori da parte dell’amministrazione della Camera di appartenenza, nonché l’assolvimento dei relativi oneri fiscali e previdenziali.

 

Collegamento con lavori legislativi in corso

Analoghe proposte di legge (delle quali non è peraltro iniziato l’esame) risultano presentate al Senato (AS 1355 e AS 1515).

Formulazione del testo

Con riferimento all’articolo 5, comma 3, della proposta di legge C.2438, andrebbe chiarito se l’iscrizione nell’albo dei collaboratori parlamentari è requisito necessario di partecipazione e a quali corsi si intenda fare riferimento.

Quadro della normativa vigente

Il lavoro a progetto

Gli articoli 61-69 del decreto legislativo n. 276 del 2003 hanno introdotto una specifica disciplina delle collaborazioni coordinate e continuative, il lavoro a progetto, applicabile al solo settore lavorativo privato.

La materia è stata, da ultimo, rivista dalla legge n.92 del 2012 di riforma del mercato del lavoro, che ha introdotto alcune misure volte a ridurre l’uso distorto del lavoro a progetto.

Il  progetto deve essere funzionalmente collegato a un determinato risultato finale e non può consistere in una mera riproposizione dell’oggetto sociale del committente, avuto riguardo al coordinamento con l’organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa. Il progetto non può comportare lo svolgimento di compiti meramente esecutivi o ripetitivi, che possono essere individuati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (articolo 61)

La determinazione del progetto e di tutti gli elementi accessori è lasciata alla contrattazione. Il contratto, infatti, che deve essere redatto in forma scritta ad probationem, deve contenere l’indicazione della durata della prestazione lavorativa e del progetto, nonchè le forme di coordinamento del lavoratore, che in ogni caso non devono essere tali da pregiudicare l’autonomia del collaboratore stesso. Lo stesso contratto, infine, deve prevedere forme di tutela e di sicurezza della salute del collaboratore a progetto (articolo 62).

Il compenso è proporzionato alla quantità e qualità del lavoro e deve tenere conto dei compensi normalmente corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo nel luogo di esecuzione del rapporto; n relazione a ciò, nonché alla particolare natura della prestazione e del contratto che la regola, il compenso non può essere inferiore ai minimi stabiliti in modo specifico per ciascun settore di attività, eventualmente articolati per i relativi profili professionali tipici e in ogni caso sulla base dei minimi salariali applicati nel settore medesimo alle mansioni equiparabili svolte dai lavoratori subordinati, dai contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale a livello interconfederale o di categoria ovvero, su loro delega, ai livelli decentrati. In assenza di contrattazione collettiva specifica, il compenso non può essere inferiore, a parità di estensione temporale dell’attività oggetto della prestazione, alle retribuzioni minime previste dai contratti collettivi nazionali di categoria applicati nel settore di riferimento alle figure professionali il cui profilo di competenza e di esperienza sia analogo a quello del collaboratore a progetto (articolo 63).

E’ prevista la possibilità, per il collaboratore a progetto, di svolgere l’attività nei riguardi di più committenti, anche se lo stesso non può svolgere attività concorrenziale nei confronti dei committenti stessi, né può venire meno all’obbligo di riservatezza (articolo 64).

Per quanto riguarda i principali diritti del collaboratore a progetto, si prevede che gravidanza, malattia ed infortunio non comportano estinzione del rapporto contrattuale, che rimane sospeso, senza erogazione del corrispettivo. In caso di gravidanza, inoltre, la durata del rapporto è prorogata di 180 giorni, salvo previsione contrattuale più favorevole. In caso di infortunio o malattia, salva diversa previsione contrattuale, la sospensione del rapporto non comporta una proroga della durata del contratto, che si estingue alla scadenza. Il contratto si intende comunque risolto se la sospensione si protrae per un periodo superiore ad un sesto della durata stabilita nel contratto, se determinata, ovvero superiore a 30 giorni per i contratti di durata determinabile (articolo 66)

I contratti si risolvono al momento della realizzazione del progetto che ne costituisce l’oggetto. E’ comunque prevista la possibilità, per le parti contraenti, di recedere prima della scadenza del termine per giusta causa, ovvero qualora siano emersi oggettivi profili di inidoneità professionale del collaboratore tali da rendere impossibile la realizzazione del progetto. Il collaboratore può recedere prima della scadenza del termine, dandone preavviso, nel caso in cui tale facoltà sia prevista nel contratto individuale di lavoro (articolo 67).

Nel caso in cui il rapporto di lavoro sia instaurato senza individuare uno specifico progetto, il rapporto viene considerato di lavoro subordinato a tempo indeterminato fin dalla data di costituzione. Inoltre, salvo prova contraria a carico del committente, i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, sono considerati rapporti di lavoro subordinato sin dalla data di costituzione del rapporto, nel caso in cui l’attività del collaboratore sia svolta con modalità analoghe a quella svolta dai lavoratori dipendenti dell’impresa committente, fatte salve le prestazioni di elevata professionalità che possono essere individuate dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (articolo 69).

 

Il recesso ad nutum

In materia di licenziamenti individuali, al di fuori delle situazioni in cui trovano applicazione gli istituti della tutela "reale" e "obbligatoria", permane un'area, ormai residuale, in cui si applica il regime di libera recedibilità (c.d. recesso ad nutum), ai sensi dell’articolo 2118 del codice civile. Tale disposizione prevede, in caso di recesso ad nutum di uno dei contraenti, il diritto ad un congruo preavviso per l’altro contraente. In mancanza del preavviso, colui che recede è tenuto a corrispondere all’altra parte un’indennità equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso.

Attualmente, il regime di libera recedibilità si applica a dirigenti, prestatori di lavoro domestico, sportivi professionisti, lavoratori assunti in prova, lavoratori ultrasessantasettenni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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