Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento lavoro
Titolo: Reinserimento lavorativo dei detenuti AA.C. 124, 859, 937, 3010 Elementi per l'istruttoria legislativa
Riferimenti:
AC N. 124/XVI   AC N. 859/XVI
AC N. 937/XVI   AC N. 3010/XVI
Serie: Progetti di legge    Numero: 552
Data: 05/10/2011
Organi della Camera: XI-Lavoro pubblico e privato

5 ottobre 2011

 

n. 552/0

 

Reinserimento lavorativo dei detenuti

AA.C. 124, 859, 937, 3010

Elementi per l’istruttoria legislativa

 

 

Numero del progetto di legge

124

859

937

3010

Titolo

Norme per favorire il reinserimento dei detenuti e agevolazioni per le imprese che li assumono

Norme per il reinserimento degli ex detenuti nell'attività lavorativa

Norme per favorire il lavoro dei detenuti

Modifiche alla legge 22 giugno 2000, n. 193, in materia di agevolazioni per le imprese e le coopera­tive sociali che favo­riscono l'inserimento lavorativo dei detenuti

Iniziativa

Parlamentare

Parlamentare

Parlamentare

Parlamentare

Iter al Senato

No

No

No

No

Numero di articoli

5

3

2

5

Date:

 

 

 

 

presentazione alla Camera

29 aprile 2008

7 maggio 2008

9 maggio 2008

2 dicembre 2009

assegnazione

27 maggio 2008

15 ottobre 2008

18 settembre 2008

3 febbraio 2010

Commissione competente

XI Lavoro

XI Lavoro

XI Lavoro

XI Lavoro

Sede

Referente

Referente

Referente

Referente

Pareri previsti

I, II, III, V e XII

I, II, V, VIII  e XII

I, II, V e X

I, II, V, VI, X, XII e XIV


Contenuto

Le proposte di legge in esame (AA.C. 124, 859, 937 e 3010) dettano norme volte a favorire il reinserimento lavorativo di detenuti ed ex detenuti.

 

PROPOSTA DI LEGGE C. 3010

La proposta di legge C. 3010 (Renato farina e altri), che tra i provvedimenti in esame è quello di contenuto più ampio ed articolato, modifica in più parti la legge n.193 del 2000, che ha dettato la disciplina generale della materia, ampliando portata ed effetti di talune delle misure agevolative ivi previste. La proposta si compone di 5 articoli.

L’articolo 1 prevede agevolazioni per l’inserimento lavorativo dei detenuti, disponendo che gli sgravi contributivi siano applicati per un periodo di 12 o 24 mesi successivi alla cessazione dello stato di detenzione (a seconda che il detenuto abbia beneficiato o meno delle misure alternative alla detenzione o del lavoro all’esterno del carcere, ai sensi degli articoli 21 e 47 e ss. della legge 354/1975).

 

L’articolo 2 dispone l’estensione delle agevolazioni previste ai commi 3 e 3-bis dell’articolo 4 della legge 381/1991 (riduzione delle aliquote previdenziali ed assistenziali dovute sulle retribuzioni corrisposte dalle cooperative sociali a detenuti e internati, fino a sei mesi dopo la cessazione dello stato di detenzione) alle aziende pubbliche e private che organizzino attività produttive o di servizi, all'interno o all'esterno degli istituti penitenziari, impiegando persone detenute o internate, ammesse alle misure alternative alla detenzione (previste dagli articoli 47 della legge n.354 del 1975) o al lavoro all'esterno (ai sensi dell'articolo 21 della medesima legge n.354 del 1975), limitatamente ai contributi dovuti per tali soggetti. La definizione del trattamento retributivo viene rimessa alle convenzioni con l'amministrazione penitenziaria, in misura non inferiore a quanto previsto dalla normativa vigente per il lavoro carcerario.

 

L’articolo 3, sostituendo il vigente articolo 3 della legge n. 193/2000 con gli articoli da 3 a 3-ter, da un lato modifica la disciplina del credito d’imposta in favore delle imprese che effettuano assunzioni di lavoratori dipendenti detenuti; dall’altro introduce due ulteriori tipologie di credito d’imposta finalizzate ad incentivare l’inserimento nel mondo del lavoro dei medesimi soggetti.

Il nuovo articolo 3 modifica la disciplina vigente disponendo, in particolare:

-              l’incremento da 516 a 1.000 euro mensili della misura del beneficio spettante;

-              l’estensione della durata del beneficio attualmente fissata in 6 mesi. In particolare, si prevede che il beneficio spetti per 12 o 24 mesi a seconda che si assumano, rispettivamente, detenuti che abbiano beneficiato delle misure alternative o del lavoro esterno ovvero detenuti o internati presso istituti penitenziari;

-              l’ampliamento dell’ambito di applicazione, in quanto il diritto all’agevolazione è riconosciuto anche in caso di assunzione di soggetti che beneficiano delle misure alternative alla detenzione presso gli istituti penitenziari.

Il nuovo articolo 3-bis introduce  un credito d’imposta in favore delle imprese che affidano a cooperative sociali o ad altre aziende pubbliche o private l’esecuzione di attività produttive o di servizi costituenti occasione di inserimento lavorativo per detenuti, sia all’interno che all’esterno del carcere, da utilizzare in progetti di innovazione tecnologica, di formazione professionale e di sicurezza. Il beneficio è concesso in misura proporzionale all’attività produttiva o di servizi affidata.

Il nuovo articolo 3-ter introduce un credito d’impostain favore delle cooperative sociali e loro consorzi e delle comunità di recupero che inseriscono in attività lavorative detenuti tossicodipendenti o alcol dipendenti.

Il nuovo articolo 4 sostituisce il vigente articolo 4 della legge n. 193 del 2000, confermando il rinvio ad un decreto interministeriale, da emanare entro il 31 maggio di ogni anno, per la definizione delle modalità e delle misure dei crediti d’imposta di cui agli articoli da 3 a 3-ter. Rispetto al testo vigente, la norma non ripropone l’obbligo di determinare annualmente l’entità dell’agevolazione nel rispetto delle risorse disponibili.

 

L’articolo 5 prevede l’accreditamento presso il Ministero della giustizia e l’iscrizione in un registro apposito, per le cooperative sociali che assumono lavoratori detenuti e che svolgono attività di formazione, supporto, assistenza e monitoraggio degli inserimenti lavorativi effettuati, sia per attività proprie che per attività gestite dall'amministrazione penitenziaria o da altre imprese ed enti pubblici affidanti.

Le modalità e i requisiti per l'accreditamento sono rimessi a un decreto del Ministro della giustizia, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge.

Il credito d’imposta viene suddiviso in parti uguali tra le imprese che assumono i detenuti e le cooperative sociali accreditate, a copertura dei costi da queste sostenuti per le figure professionali impegnate nelle attività di formazione, supporto, assistenza e monitoraggio degli inserimenti lavorativi operati dalle imprese.

Si prevede che gli enti pubblici, compresi quelli economici, e le società di capitali a partecipazione pubblica, possano stipulare convenzioni con le cooperative sociali accreditate e iscritte nel registro sopra esaminato, per importi, al netto dell'imposta sul valore aggiunto (IVA), anche superiori alle soglie stabilite dall'Unione europea. Tali convenzioni devono essere finalizzate a creare opportunità di lavoro per detenuti.

Le cooperative sociali accreditate e iscritte nel registro vengono privilegiate nell'assegnazione dei fondi della Cassa delle ammende (istituita dall'articolo 4 della legge 547/1932 e disciplinata dagli articoli 121 e seguenti del regolamento di cui al D.P.R. 230/2000), per progetti volti all'incremento delle assunzioni di lavoratori detenuti anche attraverso la ristrutturazione e l'ampliamento degli istituti penitenziari e l'acquisto di attrezzature.

Infine, si prevede un’aliquotaIVA agevolata del 4 per cento (o in una diversa percentuale stabilita ai sensi della legislazione vigente in materia, ma comunque non inferiore al 4 per cento) a favore delle amministrazioni pubbliche che affidano a cooperative sociali o ad altre imprese attività produttive intramurarie costituenti occasioni di inserimento lavorativo per detenuti

 

PROPOSTE DI LEGGE CC. 124 e 397

Le proposte di legge C.124 (on. Angeli) e C.397 (on. D’Ippolito Vitale), di contenuto sostanzialmente analogo, prevedono l’esenzione dei contributi previdenziali e assistenziali obbligatori, il cui onere è posto interamente a carico dello Stato, per i datori di lavoro che assumono detenuti condannati o internati, nel rispetto della normativa vigente in materia di regime carcerario.

Tali esenzioni sono previste anche per i datori di lavoro che svolgono effettivamente attività formative nei confronti di detenuti (e, in particolare, di giovani detenuti) e per un determinato periodo (12 mesi nell’AC 124 e 9 mesi nell’AC 937) successivo alla cessazione dello stato di detenzione, al fine di favorire il reinserimento nell'ambito sociale degli ex detenuti.

La sola proposta C.124 prevede, infine, l’applicabilità della disciplina anche agli italiani residenti all'estero detenuti nei Paesi che hanno stipulato con l'Italia accordi bilaterali in materia di reinserimento dei detenuti.

 

PROPOSTA DI LEGGE C. 859

La proposta di legge C.859 (on. Pisicchio) impone alle stazioni appaltatrici di lavori pubblici di assumere tra le proprie maestranze lavoratori ex detenuti in misura non inferiore al 10 per cento del totale dei lavori a contratto.

E’ inoltre previsto un contributo di 1.000 euro per ogni ex detenuto assunto con contratto di lavoro a tempo indeterminato o a tempo determinato, erogabile per 12 mesi e cumulabile con eventuali agevolazioni stabilite a livello nazionale o locale, per gli operatori pubblici e privati, gli enti locali e i soggetti del privato sociale, ancorché non appaltatori di lavori pubblici, che assumono alle proprie dipendenze ex detenuti.

Gli ex detenuti, all'atto dell'assunzione, devono produrre una documentazione rilasciata dalle autorità penitenziarie attestante l'idoneità professionale allo svolgimento dell'attività lavorativa, a cui si accompagna una relazione a cura delle stesse autorità  sulla condotta del detenuto nel periodo di carcerazione, al fine di attestare la compatibilità psicologica del detenuto allo svolgimento dell'attività lavorativa.

 

Relazioni allegate

Trattandosi di proposte di legge di iniziativa parlamentare, ad esse è allegata la sola relazione illustrativa.

 

Necessità dell’intervento con legge

L’intervento con legge si rende necessario in quanto la materia è regolata da una fonti normative di rango primario (in primis la legge n.193 del 2000).

 

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

I provvedimenti sono riconducibili alle materie di potestà esclusiva statalesistema tributario e contabile dello Stato”, ai sensi dell’articolo 117, comma 2, lettera e), della Costituzione e “ordinamento penale”, ai sensi dell’articolo 117, comma 2, lettera l), della Costituzione;

 

Compatibilità comunitaria

Esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria

Con riferimento all’articolo 5, capoverso 5-bis, comma 2, dell’AC 3010, va valutata la compatibilità della disposizione con la direttiva 2004/18/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004 (relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, da ultimo modificata dalla direttiva 2009/81/CE), che ha fissato soglie di valore (di forniture e servizi) oltre le quali trova applicazione la normativa comunitaria.

Con riferimento all’articolo 5, capoverso 5-ter, dell’AC 3010, si segnala che, in base ai vincoli imposti dalla disciplina comunitaria, l’elenco dei beni e servizi cui è applicabile l’aliquota ridotta del 4% è tassativamente indicato nella Tabella A, parte II, allegata al D.P.R. n. 633/1972 (recante Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto).

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Attribuzione di poteri normativi

La proposta di legge C.3010 prevede attribuzione di poteri normativi agli articoli 4 e 5.

Coordinamento con la normativa vigente

Il coordinamento con la normativa vigente è efficacemente assicurato unicamente dalla proposta di legge C.3010, in quanto interviene a modificare espressamente disposizioni di legge vigenti.

Collegamento con lavori legislativi in corso

La II Commissione (Giustizia) del Senato ha avviato l’esame della proposta di legge S.623 (Berselli e altri), recante “Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e al codice di procedura penale, in materia di permessi premio e di misure alternative alla detenzione” (l’esame, avviato il 24 settembre 2008, è peraltro  interrotto dal 7 ottobre 2008)

Formulazione del testo

Con riferimento alla proposta di legge C.3010, si osserva innanzitutto che il provvedimento, pur recando disposizioni di carattere oneroso, è privo della relativa copertura finanziaria.

Per quanto riguarda l’individuazione dei soggetti beneficiari, inoltre, si osserva che il comma 1 dell’articolo 3 (ove si prevede che il credito d’imposta “deve essere concesso alle imprese che assumono lavoratori detenuti”) andrebbe coordinato con quanto disposto dall’articolo 5 (ove si stabilisce che “il credito d’imposta di cui all’articolo 3 è suddiviso in parti uguali tra le imprese che assumono i detenuti e le cooperative sociali accreditate” a copertura dei costi per l’attività di formazione e monitoraggio), anche alla luce di quanto previsto dall’articolo 3, capoverso 3-bis (che introduce un credito d’imposta in favore di imprese che affidano a cooperative sociali l’attività formativa).

Con riferimento alle proposte di legge C.859, C.124 e C.937, si osserva che le clausole di copertura finanziaria andrebbero riformulate al fine di fare riferimento al bilancio triennale 2011-2013.

 

Quadro della normativa vigente

1. Il lavoro dei detenuti

1.1 L’ordinamento penitenziario

L'art. 15 della legge 26 luglio 1975 n. 354 (Ordinamento penitenziario, di seguito “O.P.”) individua il lavoro come uno degli elementi del trattamento rieducativo stabilendo che, salvo casi di impossibilità, al condannato e all’internato è assicurata un’occupazione lavorativa.

L'art. 20 O.P. definisce le principali caratteristiche del lavoro negli istituti penitenziari:

- è obbligatorio. Negli istituti penitenziari deve essere favorita la destinazione dei detenuti e degli internati al lavoro e la loro partecipazione a corsi di formazione professionale. In questo senso, possono essere stipulati rapporti con aziende pubbliche o con aziende private convenzionate e con l'ente Regione al fine di istituire all'interno degli istituti lavorazioni organizzate o corsi di formazione professionale. Le direzioni degli istituti penitenziari, in deroga alle norme di contabilità generale dello Stato e di quelle di contabilità speciale, possono, previa autorizzazione del Ministro della giustizia, vendere prodotti delle lavorazioni penitenziarie a prezzo pari o anche inferiore al loro costo, tenuto conto, per quanto possibile, dei prezzi praticati per prodotti corrispondenti nel mercato all'ingrosso della zona in cui è situato l'istituto. I soggetti che non abbiano sufficienti cognizioni tecniche possono essere ammessi a un tirocinio retribuito.

- non ha carattere affittivo. Non  rappresenta pertanto  un inasprimento della pena ma è considerato come una forma di organizzazione necessaria alla  vita della comunità carceraria. Tale carattere ricalca i contenuti dell’ 71 delle regole minime Onu ed è confermato dell’articolo 26,1 delle regole penitenziarie europee - adottate con la raccomandazione R 2006-2 del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa - che considerano il lavoro elemento positivo del trattamento.

- è remunerato. Il compenso è calcolato  in base alla quantità e alla qualità di lavoro prestato, in misura non inferiore ai 2/3 del trattamento economico previsto dai contratti collettivi nazionali. La durata delle prestazioni lavorative non può superare i limiti stabiliti dalle leggi vigenti in materia di lavoro e sono garantiti il riposo festivo, la tutela assicurativa, contributiva e previdenziale.

- l’organizzazione e i metodi devono riflettere quelli della società libera allo scopo di preparare i detenuti alle normali condizioni del lavoro libero e favorirne il reinserimento sociale

 

Secondo l’art. 20 O.P., nell'assegnazione dei soggetti al lavoro si deve tener conto esclusivamente dell'anzianità di disoccupazione durante lo stato di detenzione o di internamento, dei carichi familiari, della professionalità, nonché delle precedenti e documentate attività svolte e di quelle a cui essi potranno dedicarsi dopo la dimissione, con l'esclusione dei detenuti e internati sottoposti a regime di sorveglianza speciale Il collocamento al lavoro da svolgersi all'interno dell'istituto avviene nel rispetto di graduatorie fissate in due apposite liste, delle quali una generica e l'altra per qualifica o mestiere.

Per la formazione delle graduatorie all'interno delle liste e per il nulla-osta agli organismi competenti per il collocamento, è istituita, presso ogni istituto, una commissione composta dal direttore, da un appartenente al ruolo degli ispettori o dei sovrintendenti del Corpo di polizia penitenziaria e da un rappresentan­te del personale educativo, eletti all'interno della categoria di appartenenza, da un rappresentante unitariamente designato dalle organizzazioni sindacali più rappresentative sul piano nazionale, da un rappresentante designato dalla commissione circoscri­zionale per l'impiego territorialmente competente e da un rappresentante delle organizzazioni sindacali territoriali. Alle riunioni della commissione partecipa senza potere deliberativo un rappresentante dei detenuti e degli internati, designato per sorteggio secondo le modalità indicate nel regolamento interno dell'istituto.

Al lavoro all'esterno, si applicano la disciplina generale sul collocamento ordinario ed agricolo.

 

L’articolo 21 O.P. riguarda il cd. lavoro all’esterno; la norma prevede la possibilità che i detenuti e gli internati possono essere assegnati al lavoro all'ester­no in condizioni idonee a garantire l'attuazione positiva degli scopi rieducativi previsti dall'articolo 15.

I detenuti condannati per una serie di delitti di particolare gravità ed allarme sociale (art. 4-bis, commi 1, 1-ter e 1-quater, dell’ordinamento penitenziario) possono godere del citato beneficio dopo l'espiazione di almeno 1/3 della pena e, comunque, di non oltre 5 anni. Nei confronti dei condannati all'ergastolo l'assegnazione può invece avvenire dopo l'espiazione di almeno 10 anni.

Gli assegnati al lavoro all'esterno sono avviati a prestare la loro opera senza scorta, salvo che essa sia ritenuta necessaria per motivi di sicurezza. Mentre per gli imputati è necessaria autorizzazione della competente autorità giudiziaria, il provvedimento di ammissione al lavoro all'esterno dei condannati ed internati diviene esecutivo dopo l'approvazione del magistrato di sorveglianza. Quando il lavoro esterno è alle dipendenze di imprese private, questo deve svolgersi sotto il diretto controllo della direzione dell'istituto a cui il detenuto o l'internato è assegnato, la quale può avvalersi a tal fine del personale dipendente e del servizio sociale.

 

1.2 La legge n.193 del 2000

La legge n.193 del 2000 (c.d. Legge Smuraglia) ha in primo luogo incluso i detenuti tra i “soggetti svantaggiati” ai quali si applica la disciplina delle cooperative sociali e previsto agevolazioni contributive e fiscali per il loro impiego.

Più specificamente, l’articolo 1 della legge n.193 del 2000, modificando l’articolo 1 della legge n.381 del 1991, con riferimento alle cooperative sociali finalizzate all'inserimento lavorativo di “persone svantaggiate”, ha ampliato la platea dei soggetti beneficiari, ricomprendendovi anche gli “ex degenti di istituti psichiatrici giudiziari e le persone detenute o internate negli istituti penitenziari o ammesse alle misure alternative alla detenzione e al  lavoro esterno, ai sensi dell'articolo 21 della L. 26 luglio 1975, n. 354”.

La stesso articolo 1 ha poi modificato il trattamento previdenziale ed assistenziale delle categorie delle “persone svantaggiate”. In particolare, nell’ambito delle agevolazioni concesse alle cooperative sociali, consistenti nell’esenzione dal versamento dei contributi assistenziali e previdenziali (articolo 4, comma 3, della L. 381/1991) sulle retribuzioni corrisposte, ha previsto che per le persone detenute o internate negli istituti penitenziari, agli ex degenti di ospedali psichiatrici giudiziari e alle persone condannate e internate ammesse alle misure alternative alla detenzione e al lavoro esterno le aliquote previdenziali ed assistenziali dovute sulle retribuzioni corrisposte dalle cooperative sociali vengano erogate in misura ridotta, determinata ogni due anni con decreto interministeriale. Inoltre, è stata stabilita la perduranza di tali sgravi contributivi per un ulteriore periodo di sei mesi dalla cessazione dello stato di detenzione.

 

Con il D.M. 9 novembre 2001 del Ministro della Giustizia, di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze, è stata fissata nella misura dell'80% la riduzione delle aliquote complessive della contribuzione per l'assicurazione obbligatoria, previdenziale ed assistenziale, dovuta dalle cooperative sociali relativamente alla retribuzione corrisposta ai detenuti, agli internati ed agli ammessi al lavoro all'esterno,  sia per quanto riguarda la quota a carico dei datori di lavoro, sia per quanto riguarda la quota a carico dei lavoratori.

 

L’articolo 2 ha esteso le richiamate agevolazioni contributive previste per le cooperative sociali anche alle aziende pubbliche o private che organizzino attività produttive o di servizi, all'interno degli istituti penitenziari, impiegando persone detenute o internate, limitatamente ai contributi dovuti per questi soggetti. Per quanto attiene al trattamento retributivo, esso viene definito nelle convenzioni stipulate con l’amministrazione finanziaria, ai sensi dell'articolo 20, comma 13, della legge n.354 del 1975, tra i datori di lavoro e le amministrazioni penitenziarie in misura non inferiore a quanto previsto dalla normativa sul lavoro carcerario (due terzi delle tariffe sindacali).

 

L’articolo 20, comma 13, della legge n.345 del 1975 (introdotto dall’articolo 5 della legge n.193 del 2000) ha previsto che le amministrazioni penitenziarie, centrali e periferiche, stipulino apposite convenzioni con soggetti pubblici o privati o cooperative sociali interessati a fornire a detenuti o internati opportunità di lavoro. Le convenzioni devono disciplinare l'oggetto e le condizioni di svolgimento dell'attività lavorativa, la formazione e il trattamento retributivo, senza oneri a carico della finanza pubblica.

 

L’articolo 3 ha disposto la concessione di sgravi fiscali (da determinare ai sensi del successivo articolo 4) alle imprese che assumono, per un periodo di tempo non inferiore a trenta giorni, lavoratori detenuti (non gli internati) o a quelle che svolgono (effettivamente) attività formative nei confronti dei detenuti stessi, in particolare di quelli giovani. Anche in questa ipotesi lo sgravio trova applicazione anche nei sei mesi successivi alla cessazione dello stato di detenzione.

 

L'articolo 4 ha demandato la determinazione delle modalità e dell'entità delle agevolazioni contributive e degli sgravi fiscali ad un decreto del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri del lavoro e delle politiche sociali e dell’economia e delle finanze, da emanare annualmente, entro il 31 maggio, sulla base delle risorse finanziarie disponibili.

 

 L’unico decreto interministeriale emanato in attuazione di tale disposizione risulta il decreto del Ministro della Giustizia, di concerto con il Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali ed il Ministro dell'Economia e delle Finanze, del 25 febbraio 2002, n. 87. Il decreto fissa in 516,46 euro mensili la misura del credito di imposta per ogni lavoratore assunto (a decorrere dal 28 luglio 2000), a favore delle imprese che assumono detenuti, internati e ammessi al lavoro esterno (ai sensi dell'art. 21 della L. n. 354 del 1975), per un periodo superiore a 30 giorni ed in misura proporzionale alle effettive giornate lavorative da questi prestate.

Ai sensi dell’articolo 2 del decreto sono inclusi tra i soggetti beneficiari:

-    le imprese che svolgono attività di formazione nei confronti dei detenuti o internati negli istituti penitenziari o ammessi al lavoro all’esterno, a condizione che detta attività comporti, al termine del periodo di formazione, l’assunzione dei detenuti o internati formati;

-    le imprese che svolgono attività di formazione mirata a fornire professionalità ai detenuti o agli internati da impiegare in attività gestite in proprio dall’Amministrazione penitenziaria.

L’articolo 3 del decreto subordina il diritto al beneficio alla stipulazione di un contratto di lavoro subordinato per un periodo non inferiore a 30 giorni e alla corresponsione di un trattamento economico non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi di lavoro.

L’articolo 4 del decreto prevede che i benefici spettino anche nei sei mesi successivi alla cessazione dello  stato  di  detenzione  del  soggetto assunto.

Ai sensi dell’articolo 5 del decreto il credito d’imposta non concorre alla formazione della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP e non rileva ai fini della determinazione della quota indeducibile degli interessi passivi. Inoltre, il credito d’imposta può essere utilizzabile in compensazione ai sensi dell’art. 17 del d.lgs. n. 241/1997, non può essere chiesto a rimborso, ed è cumulabile con eventuali altri benefici.

Si segnala, infine, che con risoluzione n. 144/E del 30 giugno 2003,  l’Agenzia delle entrate ha chiarito che “ai fini della concessione del credito d'imposta in questione, il regime di detenzione domiciliare, il cui luogo di detenzione non è l'istituto penitenziario, o quello di sorveglianza speciale, che non è un regime di detenzione, non possono essere considerate come forme analoghe alla reclusione all'interno di un istituto penitenziario.”.

 

L’articolo 5 prevede la trasmissione al Parlamento, da parte del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro del lavoro e della politiche sociali, di una relazione annuale sull’attuazione della legge (l’ultima disponibile è stata trasmessa alla Camera il 20 dicembre 2010, Doc. CXCIV, n.3)

 

2. Le misure alternative alla detenzione in carcere

2.1 L’affidamento in prova al servizio sociale

La misura dell'affidamento in prova al servizio sociale, disciplinata dall'art. 47 O.P., consiste nell'affidamento del condannato ad un servizio sociale fuori dall'istituto, per un periodo corrispondente alla pena da scontare.

La misura può essere concessa soltanto ai condannati a pena detentiva non superiore a 3 anni e purché l'osservazione della personalità del soggetto, condotta collegialmente per almeno un mese all’interno dell’istituto carcerario, dia esito positivo e convinca dunque degli effetti rieducativi che potrebbero conseguire dall'applicazione della misura.

Peraltro, la legge n. 165/1998 ha consentito l’affidamento in prova anche senza procedere all’osservazione in istituto quando il condannato dopo la commissione del reato abbia tenuto una condotta tale da consentire la predetta valutazione positiva. La stessa legge 165 ha previsto inoltre una nuova disciplina per la concessione dell’affidamento in prova richiesto dopo l’inizio dell’esecuzione della pena, attribuendo la titolarità della sospensione della stessa al magistrato di sorveglianza e quella sul merito del provvedimento di concessione al tribunale di sorveglianza.

Ricorrendo i presupposti, il reo viene rimesso in libertà e, in caso di rispetto degli obblighi indicati nel cd. verbale di affidamento per il periodo corrispondente alla pena da scontare, la pena ed ogni altro effetto penale si estinguono.

Compito principale del servizio sociale è quello di aiutare il soggetto nel reinserimento sociale nonché quello di vigilare affinché il comportamento dell'affidato sia conforme alle prescrizioni contenute nel verbale, anche ai fini di una eventuale revoca del beneficio.

 

2.2 L’affidamento in prova in casi particolari

Il contenuto dell’originario art. 47-bis O.P. (ora abrogato) relativo all’affidamento in prova dei condannati tossicodipendenti, è confluito nell’art. 94 del testo unico delle leggi sugli stupefacenti (DPR 309/1990) in base al quale oggi il tribunale di sorveglianza può, a domanda, affidare al servizio sociale persone tossicodipendenti o alcooldipendenti condannate a pena detentiva non superiore a 6 anni (4 anni in caso di condanna per uno dei delitti di cui all’art. 4-bis, O.P.) - anche se la pena costituisce residuo di una pena maggiore - al fine di proseguire o iniziare un'attività terapeutica di recupero.

All'istanza di affidamento deve essere allegata una certificazione rilasciata da una struttura sanitaria che, oltre ad attestare lo stato di dipendenza del soggetto da alcool o droghe, attesti l'idoneità ai fini del recupero del programma terapeutico concordato - a meno che esso non sia già in corso - tra l'interessato e una U.S.L. o altra struttura rispondente ai requisiti di legge.

Competente alla decisione sull'istanza di affidamento in prova, come nell'affidamento ordinario, è il Tribunale di sorveglianza, che stabilisce le modalità esecutive e le forme di controllo necessarie all'accertamento che il reo segua effettivamente il programma di recupero.

 

2.3 La detenzione domiciliare

La detenzione domiciliare – prevista dall’art. 47-ter O.P. (introdotto dalla legge Gozzini e modificato dalla legge Simeone) - si configura come una modalità di esecuzione extracarceraria della pena detentiva: essa consente, a determinate categorie di soggetti, se non è già stato disposto l'affidamento in prova al servizio sociale, di espiare la reclusione non superiore a 4 anni (ovvero non superiore a 3 anni in caso di recidiva reiterata ex art. 99, co. 4, c.p.), anche se costituisce residuo di una pena maggiore, nonché l’arresto, nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero in luogo pubblico di cura o di assistenza.

La detenzione domiciliare può essere concessa ai seguenti soggetti:

a)    donna incinta o madre di prole di età inferiore a 10 anni con lei convivente;

b)    padre, esercente la potestà, di prole di età inferiore a 10 anni con lui convivente, quando la madre sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole;

c)    persona in condizioni di salute particolarmente gravi, che richiedano costanti contatti con i presìdi sanitari territoriali;

d)    persona di età superiore a 60 anni, se inabile anche parzialmente;

e)    persona minore di 21 anni per comprovate esigenze di salute, di studio, di lavoro e di famiglia.

 

Al di fuori di questa disciplina generale, il legislatore ha consentito l’accesso alla detenzione domiciliare anche nei seguenti casi specifici:

   a tutti i condannati (esclusi i recidivi reiterati e i condannati per i delitti di cui all’art. 4-bis O.P.), quando ricorrono i presupposti per l’affidamento in prova ai servizi sociali e la pena detentiva da scontare non supera i 2 anni (anche se costituente parte residua di maggior pena);

   a tutti i condannati, quando potrebbe essere disposto il rinvio obbligatorio o facoltativo dell’esecuzione della pena ai sensi degli artt. 146 e 147 c.p., anche se la pena da scontare supera i limiti previsti per la misura. In tal caso il tribunale di sorveglianza stabilisce un termine di durata della detenzione domiciliare, che può essere prorogato;

   al condannato che abbia compiuto 70 anni, a prescindere dall’entità della pena detentiva inflitta (e della pena residua), purché non si tratti di soggetto:

-         dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero recidivo;

-         condannato a pena detentiva per: uno dei delitti contro la personalità individuale (artt. 600-602 c.p.); un delitto di violenza sessuale semplice e di gruppo ovvero di atti sessuali con minorenne (artt. 609-bis, 609-quater e 609-octies c.p.); uno dei delitti previsti dall’art. 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale; uno qualsiasi dei delitti di cui all’art. 4-bis O.P. (v. sopra);

§         al condannato (o internato) affetto da Aids conclamata, a prescindere dall’entità della pena da scontare, laddove intenda intraprendere un programma di cura ed assistenza (art. 47-quater, O.P.).

 

2.4 Misure in favore di affetti da AIDS

L’art. 47-quater O.P. estende l’applicazione dell’affidamento in prova al servizio sociale e della detenzione domiciliare anche al di là dei limiti di pena previsti, nei confronti di coloro che sono affetti da Aids conclamata e che intendono intraprendere un programma di cura ed assistenza. La domanda di affidamento deve essere corredata della necessaria certificazione sanitaria che attesti la sussistenza delle condizioni di salute nonché la concreta attuabilità del programma assistenziale, a carico dei Centri di servizio sociale per adulti.

 

2.5 La detenzione domiciliare speciale e l’assistenza all’esterno dei figli minori

Si tratta di due nuovi istituti introdotti nell’ordinamento penitenziario dalla legge n. 40 del 2001.

La detenzione domiciliare speciale è volta a permettere l’assistenza familiare ai figli di età non superiore a 10 anni da parte delle madri condannate quando non sia possibile l’applicazione della detenzione domiciliare di cui all’art. 47-ter O.P. (v. sopra).

Ai sensi dell’art. 47-quinquies O.P. condizioni per accedere alla detenzione domiciliare speciale sono:

§         l’avvenuta espiazione di almeno un terzo della pena (15 anni in caso di ergastolo);

§         l’insussistenza di un reale pericolo di commissione di nuovi reati;

§         la possibilità di ripristinare la convivenza con i figli.

La misura è applicabile anche al padre detenuto in caso di morte della madre o di impossibilità della stessa o di altri di assistere il figlio.

Le modalità attuative della detenzione domiciliare speciale nonché le prescrizioni inerenti l’intervento del servizio sociale sono stabilite dal tribunale di sorveglianza e sono modificabili dal magistrato di sorveglianza competente; al servizio sociale sono assegnati i controlli sulla condotta delle persone in detenzione domiciliare speciale nonché gli oneri di assistenza alle stesse nel reinserimento nella vita sociale.

Quando, al compimento dei 10 anni di età del bambino, sussistano i requisiti per la concessione della semilibertà, il beneficio della detenzione domiciliare speciale potrà essere prorogato dal tribunale di sorveglianza; in caso contrario, si potrà disporre l’assistenza all’esterno dei figli minori.

Laddove non sussistano i presupposti per la detenzione domiciliare speciale, la legge prevede la misura dell’assistenza all’esterno dei figli minori, che permette comunque la cura e l’assistenza extracarceraria dei figli di età non superiore a 10 anni. A tal fine, la legge 48/2001 ha inserito l’art. 21-bis O.P., la cui collocazione sistematica indica l’equiparazione della misura a quella del lavoro esterno, la cui disciplina si applica in quanto compatibile.

 

2.6 La semilibertà

In base all’art. 48 O.P., il regime di semilibertà consiste nella concessione all'internato o al condannato di trascorrere fuori dall'istituto carcerario parte del giorno per partecipare ad attività lavorative, istruttive o comunque utili al reinserimento sociale. Tali soggetti sono assegnati ad appositi istituti carcerari o sezioni di essi e indossano abiti civili.

La semilibertà – le cui modalità applicative sono state largamente ampliate dalla legge Gozzini e, da ultimo, modificate dalla legge n. 165/1998 - rappresenta dunque, più che una misura alternativa alla detenzione, una modalità di esecuzione della pena detentiva.

L'ammissione a tale regime (artt. 50 e 50-bis, O.P.) è concessa facoltativamente dal tribunale di sorveglianza:

§         quando al condannato sia stata inflitta la pena dell'arresto o della reclusione non superiore a sei mesi e non sia già affidato in prova al servizio sociale (la legge 165/1998 ha esteso la possibilità di disporre la semi-libertà anche successivamente all’inizio dell’esecuzione della pena);

§         quando il condannato (fuori dei casi più gravi previsti per reati di criminalità organizzata, per i quali è necessario aver scontato i 2/3 della pena inflitta) abbia già scontato almeno la metà della pena;

§         quando il condannato al quale sia stata applicata la c.d. recidiva reiterata (art. 99, co. 4, c.p.) abbia scontato i 2/3 della pena (3/4 della pena se la condanna riguarda un delitto indicato nell’art. 4-bis, co. 1, O.P.);

§         quando il condannato alla pena dell’ergastolo abbia scontato almeno 20 anni di detenzione.

La concessione del beneficio della semilibertà – che non è esclusa per lo straniero privo del permesso di soggiorno (cfr. Corte costituzionale, sent. n. 78 del 2007) - è condizionata dai progressi compiuti nel corso del trattamento nonché dalla prospettiva di un utile reinserimento sociale del reo.

 

2.7 La liberazione anticipata

In base all’art. 54 O.P. al condannato a pena detentiva che abbia dato prova di partecipazione all'opera di rieducazione può essere concessa, quale riconoscimento di tale partecipazione e ai fini del suo più efficace reinserimento nella società, una riduzione di pena di 45 giorni per ogni semestre di pena scontata,valutando a tale scopo anche il periodo trascorso in custodia cautelare o detenzione domiciliare.

Anche la liberazione anticipata non è quindi una misura alternativa alla detenzione quanto una misura di natura premiale.

Originariamente, il principale problema applicativo della norma ha riguardato il criterio temporale di valutazione della partecipazione del soggetto alla rieducazione ai fini della concessione del beneficio; si trattava, cioè, di stabilire se potesse essere fatta una valutazione globale del comportamento del detenuto o se tale valutazione fosse frazionabile semestre per semestre, potendo in quest'ultimo caso applicare la riduzione di pena solo nei semestri valutati positivamente. La legge n. 663/86 ha risolto tali dubbi accogliendo la seconda interpretazione.

L'effettiva partecipazione del reo al trattamento rieducativo desunta dal globale atteggiamento del soggetto nel corso della detenzione (impegno nel trarre profitto dalle opportunità offertegli durante il trattamento, rapporti con il personale penitenziario e qualità dei rapporti interpersonali in carcere e nell'ambiente familiare) costituisce condizione essenziale alla concessione del beneficio; non è quindi, richiesta soltanto la c.d. buona condotta, bensì un insieme di comportamenti sintomatici dell'evoluzione della sua personalità e di un suo effettivo ravvedimento.

Le riduzioni di pena previste dall'art. 54 sono concedibili a tutti i detenuti, ivi compresi gli ergastolani, indipendentemente dalla durata della pena inflitta.

Sull’istanza di concessione del beneficio provvede il Magistrato di sorveglianza (legge 19 dicembre 2002, n. 277),che si pronuncia inaudita altera parte con ordinanza. Sulla decisione, l’interessato, il suo difensore e il pubblico ministero possono proporre reclamo al tribunale di sorveglianza entro 10 giorni dalla notifica o dalla comunicazione dell’ordinanza (art. 69-bis O.P.).

 

3. La cassa delle ammende

La Cassa delle Ammende è un ente con personalità giuridica istituito presso il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della giustizia.

L’art. 44–bis della legge 27 febbraio 2009 n. 14, di conversione del D.L. 30 dicembre 2008 n. 207,Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti, ha modificato la precedente disciplina dell’ente, risalente alla legge 9 maggio 1932, n. 547.

In particolare, la Cassa – oltre a sostenere economicamente, come in precedenza, programmi di reinserimento in favore di detenuti e internati, programmi di assistenza ai medesimi e alle loro famiglie – può ora finanziare progetti di edilizia penitenziaria finalizzati al miglioramento delle condizioni carcerarie.

Fra le entrate che concorrono a costituire il conto patrimoniale della Cassa vi sono i proventi delle manifatture carcerarie, le sanzioni pecuniarie, le sanzioni per il rigetto del ricorso per cassazione, di inammissibilità della richiesta di revisione ed altre sanzioni connesse al processo.

Organi della cassa delle ammende sono: il presidente, il consiglio di amministrazione, il segretario e il collegio dei revisori dei conti.

 


 

Dipartimento Lavoro                                                                                                        ( 06/67604884 - *st_lavoro@camera.it

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