Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento lavoro
Titolo: Impiego degli anziani da parte delle amministrazioni locali per lo svolgimento di lavori di utilità sociale - A.C. 2549 Elementi per l'istruttoria legislativa
Riferimenti:
AC N. 2549/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 424
Data: 19/01/2011
Organi della Camera: XI-Lavoro pubblico e privato

 

19 gennaio 2011

 

n. 424/0

 

Impiego degli anziani da parte delle amministrazioni locali per lo svolgimento di lavori di utilità sociale

A.C. 2549

Elementi per l’istruttoria legislativa

 

 

Numero del progetto di legge

2549

Titolo

Disposizioni concernenti l'impiego delle persone anziane da parte delle amministrazioni locali per lo svolgimento di lavori di utilità sociale

Iniziativa

Parlamentare

Iter al Senato

No

Numero di articoli

7

Date:

 

presentazione o trasmissione alla Camera

25 giugno 2009

assegnazione

30 luglio 2009

Commissione competente

XII Affari sociali

Sede

Referente

Pareri previsti

I, II, V, VI, VII, XI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali

 


Contenuto

La pdl 2549 (Reguzzoni ed altri) reca disposizioni concernenti l'impiego delle persone anziane da parte delle amministrazioni locali per lo svolgimento di lavori di utilità sociale.

 

Secondo quanto riportato nella relazione illustrativa al provvedimento, “la presente proposta di legge intende rivalutare il ruolo della persona anziana nell'attuale contesto politico e culturale per permetterle di realizzarsi, assicurandole il benessere psico-fisico e sociale proprio della sua età e del suo stato”.

 

Il provvedimento si compone di 7 articoli.

L’articolo 1 prevede la facoltà, per le amministrazioni locali, di impiegare le persone anziane nelle attività lavorative di utilità sociale (di cui al successivo articolo 5), culturale, sportiva o ricreativa e utilizzarle presso cooperative sociali, organizzazioni di volontariato ed associazioni senza scopo di lucro.

 

L’articolo 2 prevede che lo svolgimento di tali attività avviene mediante la stipulazione di un contratto di diritto privato che comporta l'instaurazione di un rapporto di collaborazione e non di lavoro subordinato, ferma restando la compatibilità di tale attività con le condizioni di salute, con le esperienze di vita e di lavoro e con le attitudini della persona anziana.

L’articolo 3 stabilisce che i compensi, derivanti dai lavori di utilità sociale svolti dalle persone anziane, siano corrisposti in modo forfetario e consistano nella concessione di buoni pasto, di abbonamenti gratuiti per i trasporti pubblici locali o per le palestre, nonché per manifestazioni e spettacoli. I richiamati compensi non concorrono alla determinazione dei redditi ai fini delle prestazioni previdenziali, assistenziali, sociali e sanitarie.

 

Secondo la relazione illustrativa al provvedimento, “l'elenco di questi servizi non è tassativo ma indicativo; in tal modo si permette agli enti locali di individuare quali tra questi servizi offrire a titolo di compenso secondo le proprie possibilità”.

L’articolo 4 prevede l’obbligo per le amministrazioni locali che ricorrono all’impiego di persone anziane, di stipulare una polizza contro i rischi di infortunio, nonché di responsabilità civile nei confronti dei terzi a causa dell'attività svolta.

L'articolo 5 definisce i lavori di utilità sociale, stabilendo che sono tali i lavori:

·         di carattere sociale, consistenti in attività socio-assistenziali e socio-sanitarie;

·         di carattere civile, consistenti in attività per la tutela e il miglioramento della qualità della vita;

·         di carattere culturale, consistenti in attività per la tutela, la valorizzazione, la promozione e lo sviluppo della cultura, del patrimonio storico, artistico e ambientale, nonché in attività di animazione ricreativa, turistica e sportiva.

In ogni caso, tali lavori non devono essere in contrasto con le iniziative previste dalla legislazione vigente volte a favorire l'occupazione giovanile o l'impiego di categorie protette.

L’articolo 6 dispone che dell’affidamento dei lavori di utilità sociale alle persone anziane avvenga mediante delibera dell'amministrazione locale secondo criteri preventivamente stabiliti dalla medesima amministrazione e resi noti mediante pubblici avvisi nell'albo pretorio del comune dove l'attività è svolta.

Il finanziamento dei lavori di pubblica utilità è a carico delle amministrazioni locali, che sono tenute a provvedervi con le disponibilità esistenti negli appositi capitoli di bilancio e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

L’articolo 7, infine, dispone l'obbligo, per i soli comuni, di organizzare annualmente una conferenza volta a valutare le iniziative svolte durante l'anno e a programmare quelle per l'anno successivo, con la partecipazione dei consigli circoscrizionali.

 

Relazioni allegate

Alla proposta di legge è allegata la relazione illustrativa.

Necessità dell’intervento con legge

Appare opportuno valutare l’effettiva necessità dell’intervento con legge, tenendo conto, da un lato che l’affidamento di lavori di utilità sociale ad anziani, da parte di enti locali, nei termini previsti dal provvedimento in esame, non appare preclusa dalla normativa vigente; dall’altro, che l’ordinamento già prevede forme contrattuali (si pensi al lavoro accessorio, al lavoro intermittente e al contratto d’opera, su cui v. oltre “Quadro della normativa vigente”) che consentono lo svolgimento di attività analoghe a quelle oggetto del provvedimento in esame.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Le norme contenute nella proposta di legge in esame, in quanto introducono una nuova tipologia di contratto di lavoro, sono riconducibili, in linea generale, alla materia di legislazione esclusiva stataleordinamento civile”, di cui all’articolo 117, comma 2, lettera l), Cost..

Nella misura in cui l’attività svolta dagli anziani è funzionale alla realizzazione di obiettivi di carattere sociale (come indicato all’articolo 5) occorre fare riferimento anche alle materie di legislazione concorrente Stato-regionitutela della salute” e “valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali”, di cui all’articolo 117, comma 3, Cost.

 

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Attribuzione di poteri normativi

Non è prevista l’attribuzione di poteri normativi.

Coordinamento con la normativa vigente

Poiché il provvedimento è volto a introdurre una nuova tipologia contrattuale in ambito lavoristico, appare opportuno formularlo come novella del decreto legislativo n.276 del 2003 (c.d. legge Biagi), che ha dettato una disciplina generale della materia ridefinendo le fattispecie contrattuali atipiche.

Collegamento con lavori legislativi in corso

Non vi sono lavori legislativi in corso sulla materia.

Formulazione del testo

All’articolo 1, comma 3, si osserva che dalla platea dei soggetti destinatari del provvedimento, come si desume dall’inciso “che non svolgano attività professionali”, non resterebbero esclusi i lavoratori dipendenti e i lavoratori autonomi (non professionisti) ultrasessantacinquenni in attività (in quanto non svolgono tecnicamente “attività professionali”). Potrebbe essere preferibile, pertanto, fare riferimento all’avvenuto collocamento in quiescenza e al fatto di non essere titolari di altri rapporti di lavoro (dipendente o autonomo) che implichino una retribuzione.

 

Con riferimento alla clausola di invarianza degli oneri di cui all’articolo 6, comma 2, appare opportuno valutare se l’acquisizione da parte dell’ente locale dei beni che costituiscono i compensi per l’attività svolta (ai sensi dell’articolo 3, comma 1: buoni pasto, abbonamenti gratuiti per i trasporti pubblici locali, per le palestre, per manifestazioni e spettacoli) possa effettivamente avvenire senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (soprattutto ove si consideri che taluni beni e servizi – si pensi alle palestre e a talune manifestazioni e spettacoli – non sempre sono nella disponibilità di enti pubblici).

 

Quadro della normativa vigente

1. Il lavoro accessorio.

La disciplina del lavoro accessorio è regolata dagli articoli 70 e ss. Del D.Lgs. 276/2003, come da ultimo modificati dall’articolo 7-ter, commi 12 e 13, del D:L. 5/2009 e dall’articolo 2, comma 148 e 149, della legge finanziaria per il 2010 (L. 191/2009).

Tale istituto è stato più volte oggetto di interventi volti ad ampliarne l’ambito applicativo, sia dal punto di vista dei soggetti ammessi, sia dal punto di vista del tipo di prestazioni lavorative ammesse.

Si ricorda che per prestazioni di lavoro accessorio (articolo 70, comma 1, del D.Lgs. 276) si intendono attività lavorative di natura occasionale rese nell'ambito: a) di lavori domestici; b) di lavori di giardinaggio, pulizia e manutenzione di edifici, strade, parchi e monumenti; c) dell'insegnamento privato supplementare; d) di manifestazioni sportive, culturali, fieristiche o caritatevoli o di lavori di emergenza o di solidarietà, anche in caso di committente pubblico; e) di qualsiasi settore produttivo, compresi gli enti locali, le scuole e le università, il sabato e la domenica e durante i periodi di vacanza da parte di giovani con meno di 25 anni di età, regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso l'università o un istituto scolastico di ogni ordine e grado, ovvero in qualunque periodo dell’anno se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso l’università; f) di attività agricole di carattere stagionale effettuate da pensionati e da giovani di cui alla lettera e), ovvero delle attività agricole svolte a favore dei produttori agricoli con volume d’affari annuo non superiore a 7.000 euro; g) dell'impresa familiare di cui all'articolo 230-bis c.c.; h) della consegna porta a porta e della vendita ambulante di stampa quotidiana e periodica, h-bis) di qualsiasi settore produttivo, compresi gli enti locali da parte di pensionati; h-ter) di attività di lavoro svolte nei maneggi e nelle scuderie.

Tali attività, anche se svolte a favore di più beneficiari, configurano rapporti di natura meramente occasionale e accessoria, nel caso in cui non diano complessivamente luogo, con riferimento al medesimo committente, a compensi superiori a 5.000 euro nel corso di un anno solare. Infine, le imprese familiari possono utilizzare prestazioni di lavoro accessorio per un importo complessivo non superiore, nel corso di ciascun anno fiscale, a 10.000 euro.

Lo stesso comma, inoltre, ha disposto che, in via sperimentale, fino al 31 marzo 2011 (termine previsto dalla tabella 1, prevista dall’articolo 1, comma 1, del D.L. 225/2010, recante la proroga di termini di disposizioni legislative), per prestazioni di lavoro accessorio si intendono altresì le attività lavorative di natura occasionale rese nell’ambito di qualsiasi settore produttivo da parte di prestatori di lavoro titolari di contratti di lavoro a tempo parziale, con esclusione della possibilità di utilizzare i buoni lavoro presso il datore di lavoro titolare del contratto a tempo parziale.

Il successivo comma 1-bis ha previsto, in via sperimentale fino al 31 marzo 2011 (termine previsto dalla tabella 1, prevista dall’articolo 1, comma 1, del D.L. 225/2010), che prestazioni di lavoro accessorio possano essere rese, in tutti i settori produttivi, compresi gli enti locali, anche dai percettori di prestazioni integrative del salario o sostegno al reddito, a condizione che si rispetti un limite massimo degli emolumenti ricevuti, pari a 3.000 euro per anno solare, e che tali prestazioni siano comunque compatibili con quanto disposto dall’articolo 19, comma 10, del D.L. 29 novembre 2008, convertito dalla L. 28 gennaio 2009, n. 2, il quale ha subordinato il diritto a percepire qualsiasi trattamento di sostegno al reddito previsto dalla legislazione vigente in materia di ammortizzatori sociali, alla dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro o a un percorso di riqualificazione professionale.

Si evidenzia, infine, che il successivo articolo 72 ha disposto che i beneficiari del lavoro accessorio acquistino presso rivenditori autorizzati i carnet di buoni il cui valore nominale è fissato periodicamente dal Ministero del Lavoro. I buoni devono essere consegnati al lavoratore che riscuoterà il proprio compenso dal concessionario incaricato del servizio. Il compenso così percepito è esente da imposizioni fiscali e non incide sullo stato di disoccupazione del prestatore di lavoro. È compito del concessionario registrare i dati anagrafici e fiscali ed effettuare i versamenti alla gestione separata dell'INPS ai fini previdenziali (in misura pari al 13% del valore nominale del buono) e ai fini assicurativi (per il 7% dello stesso valore nominale).

 

2. Il lavoro intermittente.

La fattispecie del lavoro intermittente, ai sensi degli articoli 33 e ss. dello stesso D.Lgs. 276/2003, si sostanzia nel contratto mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa entro specifici limiti. In particolare, l’articolo 37 disciplina tale fattispecie per particolari periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno, prevedendo che in tali casi l’indennità di disponibilità sia corrisposta al prestatore di lavoro solo in caso di effettiva chiamata da parte del datore di lavoro.

Tale contratto, inoltre, può essere stipulato anche a tempo determinato. Spetta ai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale la possibilità di concludere il richiamato contratto, sia per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente, sia per periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno.

Si prevede tuttavia che il contratto di lavoro intermittente possa essere in ogni caso utilizzato, nel caso di lavoratori con meno di 25 anni di età ovvero con più di 45 anni di età, anche se pensionati. Allo stesso tempo, si elenca una serie di fattispecie nelle quali non poteva utilizzarsi il contratto richiamato (sostituzione di lavoratori in sciopero, salva diversa previsione dei contratti collettivi, nel caso di unità produttive che nei 6 mesi precedenti avessero effettuato licenziamenti collettivi o presso cui fosse operante una sospensione dei rapporti o una riduzione di orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessassero lavoratori con analoghe mansioni, aziende che non avessero effettuato la valutazione dei rischi ai sensi del D.Lgs. 81/2008).

Il contratto, da redigere in forma scritta ad probationem, e deve contenere specifici elementi.

Nel caso in cui sia espressamente garantita, da parte del lavoratore, la disponibilità allo svolgimento di prestazioni di carattere intermittente su richiesta del datore di lavoro, il contratto deve prevedere la misura della indennità mensile di disponibilità, stabilita dai contratti collettivi. Veniva in ogni caso previsto un limite minimo, stabilito con il D.M. 10 marzo 2004, il quale ha previsto che la misura dell'indennità mensile di disponibilità, divisibile in quote orarie, corrisposta al lavoratore per i periodi nei quali lo stesso garantisce la disponibilità al datore di lavoro in attesa di utilizzazione, sia determinata nel 20% della retribuzione prevista dal CCNL applicato.

Merita ricordare, infine, che la richiamata fattispecie, abolita dall’articolo 1, comma 45, della L. 247/2007, di attuazione del Protocollo sul welfare del 23 luglio del 2007, ha ritrovato cittadinanza nel nostro ordinamento attraverso il combinato disposto delle disposizioni di cui all’articolo 39, commi 10 e 11, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, che, rispettivamente, hanno abrogato, l’articolo 1, comma 45, della richiamata L. 247/2007 e, contestualmente, ripristinato l’applicazione, tra gli altri, delle disposizioni del D.Lgs. 276/2003 concernenti il lavoro intermittente.

 

3. Le collaborazioni coordinate e continuative (Co.co.co.)

L’attività di collaborazione coordinata e continuativa si riferisce a prestazioni d’opera prevalentemente personali, svolte senza vincolo di subordinazione in un rapporto unitario e continuativo, senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita. Precedentemente alla riforma recata dal D.Lgs. 276/2003 le collaborazioni coordinate e continuative erano regolamentate solamente in relazione agli aspetti fiscali e previdenziali. Nessuna specifica disciplina era invece prevista sul piano del diritto del lavoro. Il richiamato D.Lgs. 276/2003 ha introdotto, in particolare, una specifica disciplina delle collaborazioni coordinate e continuative, il “lavoro a progetto”, applicabile al solo settore lavorativo privato, finalizzata a superare gli abusi che hanno condotto all’uso talvolta improprio di tale strumento contrattuale, per eludere la disciplina del rapporto di lavoro subordinato.

Le collaborazioni coordinate e continuative sono quindi rimaste applicabili al solo settore pubblico. Più specificamente, è data facoltà alle pubbliche amministrazioni, per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, di conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, in presenza di specifici presupposti di legittimità (corrispondenza tra oggetto della prestazione alle competenze attribuite dall'ordinamento all'amministrazione conferente, e coerenza con le esigenze di funzionalità dell'amministrazione conferente; accertamento preliminare dell'impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno; prestazione di natura temporanea e altamente qualificata; determinazione preventiva di durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione).

Si prescinde dal requisito della comprovata specializzazione universitaria in caso di stipulazione di contratti di collaborazione di natura occasionale o coordinata e continuativa per attività che debbano essere svolte da professionisti iscritti in ordini o albi o con soggetti che operino nel campo dell'arte, dello spettacolo, dei mestieri artigianali o dell’attività informatica nonché a supporto dell’attività didattica e di ricerca, per i servizi di orientamento, compreso il collocamento, e di certificazione dei contratti di lavoro di cui al D.Lgs. 276/2003, purché senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, ferma restando la necessità di accertare la maturata esperienza nel settore.

Il ricorso a contratti di collaborazione coordinata e continuativa per lo svolgimento di funzioni ordinarie o l'utilizzo dei collaboratori come lavoratori subordinati è causa di responsabilità amministrativa per il dirigente che ha stipulato i contratti.

 

4. Il contratto d’opera

Gli articoli 2222 e ss. c.c. disciplinano il contratto d’opera, definito come il contratto in cui una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente. Ai sensi del successivo articolo 2225, il corrispettivo, se non è convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo le tariffe professionali o gli usi, è stabilito dal giudice in relazione al risultato ottenuto e al lavoro normalmente necessario per ottenerlo.

 


 

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