Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari comunitari
Altri Autori: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Legge comunitaria 2009 - A.C. 2449 - Schede di lettura
Riferimenti:
AC N. 2449/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 181
Data: 15/06/2009
Descrittori:
DIRITTO DELL' UNIONE EUROPEA     
Organi della Camera: XIV - Politiche dell'Unione europea

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Legge comunitaria 2009

A.C. 2449

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 181

 

 

 

15 giugno 2009

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Affari comunitari

( 066760-9409– * st_affari_comunitari@camera.it

Ha partecipato alla redazione del dossier l’Ufficio:

 

Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

( 066760-2145 – *cdrue@camera.it

§       L’introduzione e le schede di lettura sono state redatte dal Servizio Studi.

§       Le parti relative ai documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea e alle procedure di contenzioso sono state curate dall'Ufficio Rapporti con l'Unione europea.

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: ID0008.doc

 


INDICE

Introduzione

Il disegno di legge comunitaria 2009  3

La legge comunitaria annuale e la c.d. fase discendente  5

I dati contenuti nella relazione governativa al disegno di legge comunitaria  16

Lo stato di attuazione delle direttive comunitarie in Italia  21

Le leggi comunitarie regionali23

La Relazione sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea nel 2008.29

Schede di lettura sugli articoli

Art. 1 (Delega al Governo per l’attuazione di direttive comunitarie)35

Art. 2 (Principi e criteri direttivi generali della delega legislativa)41

Art. 3 (Delega al Governo per la disciplina sanzionatoria di violazioni di disposizioni comunitarie)47

Art. 4 (Oneri relativi a prestazioni e a controlli)49

Art. 5 (Delega al Governo per il riordino normativo nelle materie interessate dalle direttive comunitarie)51

Art. 6 (Attuazione della direttiva 2008/46/CE)55

Art. 7 (Modifica all'articolo 14 della legge 20 febbraio 2006, n. 82, recante disposizioni di attuazione della normativa comunitaria concernente l'Organizzazione comune di mercato (OCM) del vino)57

Art. 8 (Delega al Governo per l'attuazione di decisioni quadro)59

Art. 9 (Princìpi e criteri direttivi di attuazione della decisione quadro 2001/413/GAI del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativa alla lotta contro le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti)71

Schede sulle direttive contenute negli allegati

Allegato A

2008/72/CE (Commercializzazione delle piantine di ortaggi )79

2008/106/CE (Requisiti minimi di formazione per la gente di mare)81

Allegato B

2008/92/CE (Trasparenza dei prezzi al consumatore finale industriale di gas ed energia elettrica)87

2008/95/CE (Riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa)91

2008/96/CE (Gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali)95

2008/98/CE (Rifiuti)97

2008/99/CE (Tutela penale dell’ambiente)101

2008/104/CE (Lavoro tramite agenzia interinale)105

2008/105/CE (Standard di qualità ambientale nel settore della politica delle acque)115

Tabelle riepilogative (aggiornamento al 15 giugno 2009)

Tabella 1 DIRETTIVE CONTENUTE NEL DDL COMUNITARIA 2009 DA ATTUARE PER DELEGA E IN VIA AMMINISTRATIVA  121

Tabella 2 STATO DI ATTUAZIONE DELLE DIRETTIVE IN CIASCUNO STATO MEMBRO (dati aggiornati al 29 aprile 2009)129

Tabella 3 DIRETTIVE CONTENUTE IN PRECEDENTI LEGGI COMUNITARIE E NON ANCORA RECEPITE   131

Tabella 4 DIRETTIVE GIA’ SCADUTE ed IN SCADENZA ENTRO IL 31/12/2009 NON RECEPITE E NON INSERITE IN LEGGI COMUNITARIE E NEL DDL COMUNITARIA 2009  147

 

 


Introduzione

 


Il disegno di legge comunitaria 2009

Il disegno di legge comunitaria 2009 (C. 2449), presentato in prima lettura alla Camera, reca norme volte ad assicurare l’osservanza degli obblighi derivanti dalla partecipazione dell’Italia all’Unione europea nonché a recepire ed attuare nell’ordinamento nazionale la normativa adottata a livello comunitario.

Il provvedimento, che è esaminato congiuntamente alla Relazione annuale sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea riferita all’anno 2008, consta di 9 articoli, suddivisi in tre Capi, nonché degli allegati A e B, che elencano le direttive da recepire mediante decreti legislativi (recanti rispettivamente 3 e 7 direttive).

Il disegno di legge interviene in diversi settori, ora delegando il Governo all’adeguamento dell’ordinamento nazionale mediante l’adozione di decreti legislativi, ora modificando direttamente la legislazione vigente per assicurarne la conformità all’ordinamento comunitario.

Esso è corredato sia di un’ampia relazione illustrativa, sia dell’analisi tecnico-normativa e di una sintetica analisi dell’impatto della regolamentazione.

In particolare, la relazione di accompagnamento:

• illustra i contenuti dei nove articoli di cui si compone il disegno di legge;

• segnala le disposizioni espunte rispetto al testo approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri in quanto collocate in altri provvedimenti. Si accenna così ad un fenomeno piuttosto diffuso negli ultimi anni: alla legge comunitaria annuale si affiancano ulteriori provvedimenti, in qualche caso anche d’urgenza[1], volti a dare attuazione agli obblighi comunitari. Si rammenta tra gli altri, in quanto all’esame in sede consultiva della Commissione Politiche dell’Unione europea in questi giorni, il disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica C. 1441-ter-B, recante disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia. A titolo esemplificativo, si segnalano le seguenti disposizioni: l’articolo 4, volto a dare attuazione al capo II del regolamento comunitario n. 765/2008, in materia di accreditamento e vigilanza del mercato per la commercializzazione dei prodotti; l’articolo 61 consente l’applicazione di alcune previsioni del regolamento n. 1370/2007, sui servizi pubblici di trasporto passeggeri, per la cui integrale attuazione è prevista una lunga fase transitoria;

• dà conto del parere espresso dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano,  illustrando le ragioni che hanno indotto il Governo ad accettare uno solo dei tre emendamenti proposti in sede tecnica, relativo alla previsione del parere della Conferenza stessa sui testi unici o sui codici di settore quando riguardino principi fondamentali nelle materie di legislazione concorrente ovvero – con formula generica – in altre materie di interesse delle regioni. Gli altri emendamenti, non accettati dal Governo, concernono: una riformulazione della clausola di cedevolezza prevista all’articolo 1, comma 6, finalizzata a riprodurre il disposto dell’articolo 11, comma 8, della legge n. 11/2005, sul potere sostitutivo dello Stato, in luogo dell’attuale previsione, che richiama semplicemente il disposto della legge n. 11; l’inserimento di un articolo recante l’abrogazione di alcune disposizioni della citata legge n. 11, che il Governo si è impegnato  a considerare nell’ambito  del più ampio progetto di modifica della medesima legge n. 11/2005, al quale l’esecutivo stesso sta lavorando;

• fornisce un quadro delle procedure di contenzioso che coinvolgono l’Italia (v. infra);

• elenca le direttive da attuare in via amministrativa, due delle quali ((le direttive nn. 39 e 47 del 2008) già contenute nella relazione al disegno di legge comunitaria 2008[2] (v. infra);

• elenca i provvedimenti adottati dalle Regioni e Province autonome al fine di dare attuazione agli obblighi comunitari. Si tratta di provvedimenti (leggi, regolamenti e delibere di Giunta) adottati da 11 Regioni (di cui tre a statuto speciale) e dalla Provincia autonoma di Trento, tra i quali si segnalano le leggi comunitarie approvate dal Friuli Venezia Giulia e dalle Marche (v. infra, il paragrafo sulle leggi comunitarie regionali).

 

 


La legge comunitaria annuale e la c.d. fase discendente

Il raccordo tra l’ordinamento italiano e i processi normativi dell’UE concerne, in linea generale, due aspetti distinti sebbene complementari: per un verso, la partecipazione delle istituzioni nazionali, e in particolare del Parlamento, alla formazione delle politiche e delle decisioni dell’UE (c.d fase ascendente) e, per altro verso, l’attuazione della normativa europea sul piano interno (c.d. fase discendente).

In relazione al primo aspetto, la legge e i regolamenti parlamentari prevedono procedure volte alla definizione della posizione italiana nelle sedi decisionali dell’UE stabilendo, tra l’altro, specifici strumenti per l’informazione delle Camere in merito, anche ai fini dell’espressione di indirizzi al Governo.

Con riguardo al secondo profilo, sono previsti appositi strumenti e procedure volte ad assicurare la piena e tempestiva attuazione degli obblighi discendenti da atti giuridici dell’UE, oltre che da pronunce giurisdizionali.

La legge comunitaria

La legge comunitaria annuale, introdotta per la prima volta dalla legge 9 marzo 1989, n. 86 (c.d. legge “La Pergola”) assume una funzione cruciale nel processo di adeguamento dell’ordinamento interno al diritto comunitario, soprattutto a seguito dell’approvazione della legge 4 febbraio 2005, n. 11[3], che ha riscritto e rafforzato le procedure relative alla partecipazione dell’Italia al processo di formazione, trasposizione e attuazione della normativa comunitaria.

La legge n. 11 del 2005 è stata, tra l’altro, oggetto di recenti modifiche a seguito dell’approvazione delle leggi 6 febbraio 2007, n. 13 (comunitaria 2006) e 25 febbraio 2008, n. 34 (comunitaria 2007). Le innovazioni hanno riguardato principalmente i seguenti profili:

·       la partecipazione del Parlamento e degli altri soggetti interessati alla cosiddetta fase “ascendente” della formazione del diritto comunitario;

·       l’introduzione della riserva di esame parlamentare sui progetti di atti comunitari, che il Governo può apporre in sede di Consiglio dei ministri dell’Unione europea;

·       la previsione di nuove modalità per il recepimento del diritto comunitario nella cosiddetta fase “discendente”;

·       la procedimentalizzazione della partecipazione delle regioni, degli enti locali e delle parti sociali a tutto il processo di integrazione dell’ordinamento nazionale con quello dell’Unione europea, anche in relazione alle modifiche apportate al Titolo V della Parte II della Costituzione dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.

L’articolo 1 della legge n. 11 del 2005 statuisce che le disposizioni ivi contenute sono volte a garantire l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, di proporzionalità, di efficienza, di trasparenza e di partecipazione democratica.

In particolare, la norma chiarisce che tali obblighi derivano:

-      dall’emanazione di ogni atto comunitario e dell’Unione europea che vincoli la Repubblica italiana ad adottare provvedimenti di attuazione;

-      dall’accertamento giurisdizionale, con sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee, della incompatibilità di norme legislative e regolamentari dell’ordinamento giuridico nazionale con le disposizioni dell’ordinamento comunitario;

-      dall’emanazione di decisioni-quadro e di decisioni adottate nell’ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale.

La legge n. 11 del 2005 dedica alla procedura di presentazione ed approvazione della legge comunitaria gli articoli 8 e 9, il primo dei quali sancisce che lo Stato, le regioni e le province autonome, nelle materie di propria competenza legislativa, sono tenuti a dare tempestiva attuazione alle direttive comunitarie.

La medesima legge definisce la procedura preparatoria alla predisposizione del disegno di legge comunitaria, che vede il coinvolgimento non solo delle Camere, come in precedenza, ma anche delle regioni, con una doppia finalità:

• la verifica sullo stato di conformità dell’ordinamento interno a quello comunitario. Sulla base di tale verifica, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche comunitarie, di concerto con il Ministro degli affari esteri e con gli altri ministri interessati, presenta il disegno di legge comunitaria entro il 31 gennaio di ogni anno (articolo 8);

• più in generale, sullo schema del disegno di legge comunitaria, attraverso la convocazione in apposita sessione comunitaria della Conferenza Stato-Regioni.

Al disegno di legge comunitaria deve essere allegata un’apposita nota aggiuntiva, aggiornata al 31 dicembre, recante i seguenti elementi informativi:

·       i dati sullo stato di conformità dell'ordinamento interno al diritto comunitario e sullo stato delle eventuali procedure di infrazione dando conto, in particolare, della giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee relativa alle eventuali inadempienze e violazioni degli obblighi comunitari da parte della Repubblica italiana;

·       l'elenco delle direttive attuate o da attuare in via amministrativa;

·       l’indicazione dell’eventuale omissione dell’inserimento di direttive il cui termine di recepimento sia scaduto o scada nel periodo di riferimento, in relazione ai tempi previsti per l’esercizio della delega legislativa;

·       l’elenco delle direttive attuate con regolamento ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 11 del 2005, nonché gli estremi degli eventuali regolamenti d’attuazione già adottati;

·       l’elenco degli atti normativi regionali e delle province autonome attuativi delle direttive comunitarie, anche con riferimento a leggi annuali di recepimento eventualmente approvate dalle regioni e dalle province autonome.

La legge n. 11 del 2005 ha inoltre ampliato il contenuto della legge comunitaria che, ai sensi dell’articolo 9, deve prevedere disposizioni:

§      modificative o abrogative di norme statali vigenti in contrasto con gli obblighi di attuazione degli atti comunitari, ovvero oggetto di procedure di infrazione (lettere a) e b));

§      volte a dare attuazione al diritto comunitario, anche mediante il conferimento al Governo di delega legislativa;

§      recanti autorizzazione al Governo per l’attuazione in via regolamentare e amministrativa delle direttive, sulla base di quanto previsto dall’articolo 11;

§      volte a dare esecuzione ai trattati internazionali conclusi nel quadro delle relazioni esterne dell’Unione europea;

§      di individuazione dei princìpi fondamentali nel rispetto dei quali le regioni e le province autonome esercitano la propria competenza normativa per dare attuazione o assicurare l’applicazione di atti comunitari nelle materie di competenza concorrente di cui all’art. 117, terzo comma, della Costituzione;

§      recanti delega al Governo, nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome, per l’adozione di decreti legislativi concernenti sanzioni penali per la violazione delle disposizioni comunitarie recepite dalle regioni e dalle province autonome;

§      emanate nell’esercizio del potere sostitutivo di cui all’articolo 117, quinto comma, della Costituzione, in conformità ai princìpi e nel rispetto dei limiti di cui all’articolo 16, comma 3.


 

La procedura di esame della legge comunitaria

Per quanto concerne l’iter parlamentare di approvazione della legge comunitaria, l’esame del relativo disegno di legge avviene contestualmente a quello della relazione sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell'Unione europea, al fine di compiere una verifica complessiva in ordine all’adempimento degli obblighi comunitari. In particolare, sui due atti si svolge un esame congiunto fino alla conclusione dell'esame preliminare; successivamente, l’esame dei due provvedimenti segue un iter autonomo, avendo l'uno natura legislativa e l'altro finalità di indirizzo e controllo.

Per quanto riguarda l’esame del disegno di legge comunitaria, l’articolo 126-ter del Regolamento della Camera ha tracciato una procedura “speciale”, prevedendo che il disegno di legge comunitaria e la relazione annuale sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea siano assegnati:

§       per l'esame generale in sede referente, alla Commissione politiche dell'Unione europea;

§       per l'esame delle parti di rispettiva competenza, alle Commissioni competenti per materia.

Le Commissioni sono tenute a esaminare le parti del disegno di legge di propria competenza entro 15 giorni dall'assegnazione, approvando una relazione e nominando un relatore, che può partecipare alle sedute della Commissione politiche dell’Unione europea. Nello stesso termine sono trasmesse le eventuali relazioni di minoranza presentate in Commissione. Un proponente per ciascuna relazione di minoranza può partecipare alle sedute della Commissione politiche dell’Unione europea per riferire in merito. Le eventuali relazioni di minoranza non possono contenere in allegato emendamenti, che devono necessariamente essere approvati dalle Commissioni di settore.

Analogamente, sempre entro 15 giorni, le Commissioni competenti per materia esaminano anche le parti di competenza della relazione annuale, approvando un parere.

Decorso il termine indicato, la Commissione politiche dell'Unione europea, entro i successivi 30 giorni, conclude l'esame in sede referente del disegno di legge comunitaria e della relazione annuale, predisponendo per ciascun atto una relazione generale per l'Assemblea, alla quale sono allegate, rispettivamente, le relazioni e i pareri approvati dalle Commissioni.

Le Commissioni competenti per materia, nel corso dell’esame, votano anche gli emendamenti al disegno di legge comunitaria, che allegano alla relazione per la Commissione politiche dell'Unione europea. Gli emendamenti approvati dalle singole Commissioni si ritengono accolti, salvo che la Commissione politiche dell'Unione europea non li respinga per motivi di compatibilità con la normativa comunitaria ovvero per esigenze di coordinamento generale. Di norma gli emendamenti attinenti al merito sono presentati presso le Commissioni di settore; presso la XIV Commissione sono presentati possibilmente solo gli emendamenti inerenti a profili ordinamentali. Qualora presso la XIV Commissione siano presentati direttamente emendamenti attinenti a profili di merito di competenza delle Commissioni di settore, queste devono esprimere il proprio parere.

 

 

Criteri particolari riguardano l’ammissibilità degli emendamenti: oltre ai princìpi generali contenuti all'articolo 89 del Regolamento della Camera, sono considerati inammissibili dai Presidenti delle Commissioni di settore e dal Presidente della Commissione politiche dell'Unione europea gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi che riguardino materie estranee all'oggetto proprio della legge comunitaria, come definito dalla legislazione vigente. Nel caso in cui sorga questione sulle valutazioni di ammissibilità svolte dal Presidente della Commissione, la decisione è rimessa al Presidente della Camera. Gli emendamenti dichiarati inammissibili in Commissione non possono essere ripresentati in Assemblea.

Terminata la fase in Commissione, il disegno di legge comunitaria e la relazione sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea approdano in Assemblea, dove la discussione sulle linee generali del disegno di legge comunitaria si svolge congiuntamente alla discussione sulla citata relazione annuale. Entro il termine di tale discussione possono essere presentate risoluzioni sulla relazione annuale, che si votano dopo la votazione finale sul disegno di legge comunitaria, partendo dalla risoluzione accettata dal Governo.

Si ricorda, infine, che sul disegno di legge comunitaria si esprime anche il Comitato per la legislazione, ai sensi dell’articolo 16-bis, comma 6-bis, del Regolamento della Camera, dal momento che di norma contiene deleghe legislative.

Misure urgenti di attuazione

L’articolo 10 della legge n. 11 del 2005 definisce gli strumenti giuridici, diversi dalla legge comunitaria annuale, con i quali è possibile ottemperare agli obblighi comunitari di adeguamento dell’ordinamento nazionale. La condizione per poter usufruire di questo canale ulteriore rispetto allo strumento tradizionale della legge comunitaria è che il termine di adempimento degli obblighi comunitari scada anteriormente alla data presunta di entrata in vigore della legge comunitaria relativa all’anno in corso.

Per quanto riguarda la tipologia di atti, l’articolo 10 prevede che siano provvedimenti, anche urgenti, adottati dal Consiglio dei ministri,su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche comunitarie.

Qualora gli “obblighi di adeguamento” riguardino materie rientranti nella competenza legislativa o amministrativa delle regioni e province autonome, si prevede una procedura particolare, secondo la quale il Governo informa gli enti titolari del potere-dovere di provvedere, assegnando un termine per l’adempimento. Ove necessario, il Governo può chiedere di sottoporre la questione alla Conferenza permanente Stato-Regioni per concordare le iniziative da assumere.

In caso di mancato adempimento nei termini da parte dell’ente interessato, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche comunitarie propongono al Consiglio dei ministri di assumere iniziative volte all’esercizio dei poteri sostitutivi di cui agli articoli 117, quinto comma, e 120, secondo comma, della Costituzione.

Infine, lo stesso articolo 10 detta specifiche disposizioni per i decreti legislativi di attuazione di normative comunitarie o di modifica di disposizioni attuative, emanati sulla base di deleghe contenute in leggi diverse dalla comunitaria annuale.

 

Al di là della lettera della norma, la legge comunitaria annuale è affiancata regolarmente da altri provvedimenti, non solo di urgenza, volti a dare attuazione ad obblighi comunitari. Nel paragrafo relativo al disegno di legge comunitaria 2009 già si è dato conto – esemplificativamente – di tali provvedimenti.

 

Attuazione in via regolamentare e amministrativa

La possibilità di procedere al recepimento degli atti comunitari anche attraverso i regolamenti governativi era già prevista dalla legge n. 86 del 1989. Peraltro, a seguito della riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, sono emersi alcune questioni applicative, soprattutto in relazione all’articolo 117, sesto comma, che limita alle materie di potestà legislativa statale esclusiva l’ambito di intervento dei regolamenti.

Con la legge n. 11 del 2005 si è provveduto ad adeguare al nuovo dettato costituzionale le modalità di attuazione delle direttive in via regolamentare.

In primo luogo, l’articolo 11 stabilisce che l’attuazione in via regolamentare può avvenire solo nelle materie di competenza statale esclusiva (ossia quelle previste all’articolo 117, secondo comma, della Costituzione). In secondo luogo, la norma prevede una differente disciplina a seconda che l’attuazione venga effettuata attraverso:

·       regolamenti governativi;

·       regolamenti ministeriali o interministeriali.

In merito alla prima tipologia, l’articolo 11 pone dei requisiti stringenti, in quanto tali regolamenti possono essere adottati solo nelle materie

-          già disciplinate con legge;

-          non coperte da riserva assoluta di legge.

In secondo luogo, si stabilisce che i regolamenti siano adottati ai sensi dell’articolo 17, commi 1 e 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400[4], su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro con competenza istituzionale prevalente per la materia di concerto con gli altri ministri interessati.

Sugli schemi dei regolamenti deve essere sempre acquisito il parere del Consiglio di Stato e, ove la legge comunitaria disponga in tal senso, anche quello dei competenti organi parlamentari.

La procedura appena descritta può essere utilizzata anche per recepire (ovviamente con fonte di rango regolamentare) le modifiche delle direttive attuate in via regolamentare, se così dispone la legge comunitaria (articolo 12).

I regolamenti in esame devono conformarsi a principi generali espressamente individuati, nel rispetto dei principi e delle disposizioni posti dalle direttive da attuare, e tenendo comunque conto delle eventuali modificazioni della disciplina comunitaria intervenute sino al momento della loro adozione.

In merito alla seconda tipologia di regolamenti, l’articolo 11 pone ulteriori requisiti, in quanto i regolamenti ministeriali o interministeriali (nonché gli atti amministrativi generali) possono intervenire nelle materie:

-          non disciplinate dalla legge;

-          non disciplinate dai regolamenti governativi;

-          non coperte da riserva di legge.

I regolamenti in esame sono adottati ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

Nelle stesse materie, la disciplina di attuazione può essere posta anche a mezzo di atto amministrativo generale adottato dal Ministro con competenza prevalente per materia, di concerto con gli altri Ministri interessati.

In ogni caso, in relazione ad entrambe le tipologie di regolamenti, è sempre necessario l’intervento della legge comunitaria (o di altra legge):

·       laddove le direttive lascino spazio alla discrezionalità del legislatore nazionale quanto alle modalità della attuazione, al fine di individuare principi e criteri direttivi;

·       per l’adozione delle disposizioni atte a prevedere sanzioni penali o amministrative nonché quelle necessarie per individuare le autorità pubbliche alle quali affidare le funzioni amministrative attinenti all’applicazione della nuova disciplina;

·       ove l’attuazione delle direttive comporti l’istituzione di nuovi organi o strutture amministrative;

·       ove l’attuazione delle direttive comporti la previsione di nuove spese o minori entrate.

I descritti regolamenti possono essere utilizzati anche per porre rimedio all’eventuale inerzia delle regioni nell’attuazione del diritto comunitario.

Inoltre l’articolo 11-bis della legge n. 11 reca, in via generale, un’autorizzazione permanente al Governo all’attuazione in via regolamentare ex articolo 17, comma 1, della legge n. 400 del 1988 delle disposizioni adottate dalla Commissione europea in attuazione di direttive recepite con decreto legislativo.

I regolamenti governativi di esecuzione/attuazione in esame sono adottati secondo quanto disposto dagli articoli 9 e 11 della legge n. 11 del 2005 e con le procedure ivi previste.

Infine, l’articolo 13 della legge n. 11 del 2005 prevede che il Governo, nelle materie riservate alla legislazione esclusiva dello Stato, dia attuazione in via amministrativa con decreto del Ministro competente alle norme comunitarie non autonomamente applicabili, che modifichino caratteristiche di ordine tecnico e modalità esecutive di direttive già recepite nell’ordinamento nazionale.

L’attuazione delle direttive da parte delle regioni e delle province autonome

L’articolo 16 della legge n. 11 del 2005 disciplina le competenze delle regioni e delle province autonome nel dare attuazione alle direttive comunitarie.

Al riguardo, si segnala che l’articolo 20 della legge provvede a fare salve le norme previste negli statuti delle regioni ad autonomia differenziata e le relative norme di attuazione. Si tratta di una disposizione volta a salvaguardare l’autonomia delle regioni a statuto speciale e delle province autonome.

La disciplina introdotta dalla legge n. 11 del 2005 attribuisce a tutte le regioni, nonché alle province autonome di Trento e di Bolzano la facoltà di dare immediata attuazione alle direttive comunitarie nelle materie di propria competenza. Inoltre, si chiarisce che, nelle materie oggetto di potestà legislativa concorrente, la legge comunitaria indica i princìpi fondamentali cui le regioni e le province autonome sono tenute a conformarsi: tali principi sono qualificati come inderogabili dalla legge regionale o provinciale e prevalenti sulle contrarie disposizioni eventualmente già emanate dalle regioni e province autonome.

Per le direttive che ricadono in materie di legislazione esclusiva dello Stato, il Governo indica i criteri ai quali si devono attenere le regioni e le province autonome ai fini del soddisfacimento di esigenze di carattere unitario, del perseguimento degli obiettivi della programmazione economica e del rispetto degli impegni derivanti dagli obblighi internazionali.

I poteri statali sostitutivi

La disciplina dei poteri statali sostitutivi è sostanzialmente quella prevista dall’articolo 11, comma 8 della legge n. 11/2005, volto a dare attuazione all’articolo 117, quinto comma, della Costituzione. In particolare si prevede che spetta allo Stato, secondo modalità da stabilirsi con legge, un potere sostitutivo per i casi di inadempienza delle regioni e delle province autonome agli obblighi di attuazione degli atti normativi dell’Unione europea.

La norma prevede una triplice garanzia per le regioni e province autonome:

§      gli atti statali attuativi di direttive comunitarie, che intervengono su materie rimesse alla competenza legislativa – concorrente o residuale generale – delle regioni o delle province autonome, entrano in vigore solo alla data di scadenza del termine stabilito per l’attuazione della normativa comunitaria;

§      tali atti riguardano esclusivamente le regioni e province autonome che non abbiano ancora adottato la propria normativa di attuazione;

§      gli atti statali perdono comunque efficacia dalla data di entrata in vigore della normativa regionale (o provinciale) di attuazione delle direttive comunitarie, e devono recare l’esplicita indicazione della natura sostitutiva e cedevole del potere esercitato e delle disposizioni in essi contenute.

La norma in oggetto persegue una duplice finalità: da un lato, quella di rispettare il riparto di competenze legislative delineato dall’articolo 117 della Costituzione e le funzioni in materia di attuazione degli atti comunitari attribuite alle regioni dal quinto comma del medesimo articolo 117; dall’altro, quella di garantire allo Stato uno strumento per evitare l’insorgere di una responsabilità nei confronti dell’Unione europea e il verificarsi di ritardi tali da esporre l’Italia a procedure di infrazione.

Analogamente, l’articolo 13, comma 2, sempre in attuazione dell’articolo 117, quinto comma, della Costituzione, stabilisce che i provvedimenti in materia di adeguamenti tecnici possono essere adottati nelle materie di competenza legislativa regionale in caso di inerzia delle regioni e province autonome. In tale caso, i provvedimenti statali adottati si applicano secondo modalità analoghe a quelle definite dall’articolo 11. Infine, l’articolo 16, comma 3, in riferimento all’attuazione regionale delle direttive comunitarie, chiarisce che le disposizioni legislative adottate dallo Stato per l’adempimento degli obblighi comunitari in materie di competenza regionale si applicano “alle condizioni e secondo la procedura di cui all’articolo 11, comma 8”.

Il diritto di rivalsa

Di particolare rilievo sono le disposizioni dettate dall’articolo 16-bis della legge n. 11 del 2005, con il quale sono previste misure volte ad assicurare l’adempimento degli obblighi comunitari e internazionali dello Stato derivanti, in particolare, dalle procedure d’infrazione avviate dalla Commissione europea, dalle sentenze di condanna della Corte di giustizia, dalle sentenze di condanna della Corte europea dei diritti dell'uomo originate dalla violazione della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (e dei relativi Protocolli addizionali)[5].

A tal fine, viene introdotto il diritto di rivalsa dello Stato nei confronti dei soggetti responsabili dell’inadempimento degli obblighi comunitari e internazionali. In particolare, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti territoriali, gli altri enti pubblici ed i soggetti equiparatidevono:

§      adottare le misure necessarie a porre tempestivamente rimedio alle violazioni, loro imputabili, degli obblighi comunitari, al fine di prevenire l'instaurazione delle procedure d'infrazione di cui agli articoli 226 e seguenti del Trattato istitutivo della Comunità europea o per porre termine alle stesse;

§      dare esecuzione agli obblighi derivanti dalle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee, pronunciate ai sensi dell'articolo 228, paragrafo 1, del Trattato istitutivo della Comunità europea.

In ogni caso,è previstol’esercizio dei poteri statali sostitutivi nei confronti delle regioni e degli altri enti suindicati, secondo i princìpi e le procedure stabiliti dall'articolo 8 della legge n. 131 del 2003 (c.d. legge “La Loggia”) e dall’articolo 11, comma 8, della legge n. 11 del 2005.

Le modalità di esercizio del diritto di rivalsa prevedono che tale facoltà possa essere esercitata in modo differente, a seconda che l’obbligato sia un ente territoriale, ovvero un ente od organismo pubblico diverso assoggettato al sistema di tesoreria unica, ovvero altro ente.

Le sessioni comunitarie della Conferenza Stato-regioni e della Conferenza Stato-città

La legge disciplina anche le sessioni comunitarie della Conferenza Stato-regioni e della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, stabilendo rispettivamente che il Presidente del Consiglio convochi:

-       almeno ogni sei mesi - anche su richiesta delle regioni e delle province autonome - una sessione speciale della Conferenza Stato-regioni, dedicata alla trattazione degli aspetti delle politiche comunitarie di interesse regionale e provinciale (articolo 17);

-       almeno una volta all’anno - anche su richiesta delle associazioni rappresentative degli enti locali ovvero degli enti locali interessati - una sessione speciale della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, dedicata alla trattazione degli aspetti delle politiche comunitarie di interesse degli enti locali (articolo 18).

Dei risultati emersi in tali sedi il Governo è tenuto ad informare tempestivamente le Camere.


I dati contenuti nella relazione governativa al disegno di legge comunitaria

La relazione governativa al disegno di legge comunitaria 2009 contiene i dati che, secondo il testo vigente della legge n. 11 del 2005, dovrebbero essere riportati in una Nota aggiuntiva[6], ossia:

a)    i dati sullo stato di conformità dell'ordinamento interno al diritto comunitario e sullo stato delle eventuali procedure di infrazione dando conto, in particolare, della giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee relativa alle eventuali inadempienze e violazioni degli obblighi comunitari da parte della Repubblica italiana.

La relazione presentata dal Governo al disegno di legge comunitaria 2009 (A.C. 2449) riferisce che, alla data del 31 dicembre 2008, risultavano complessivamente aperte contro l’Italia 159 procedure, di cui 136 per violazione del diritto comunitario e 23 per mancata trasposizione di direttive.

Viene poi fornita la classificazione per livello delle procedure. Da questa si evince che, per quanto riguarda le 159 procedure, 65 di queste sono lettere di costituzione in mora (primo stadio del contenzioso comunitario) ex art. 226del Trattato, altre 94 sono relative a stadi più avanzati del contenzioso: 4 messe in mora complementare, 41 pareri motivati, 2 pareri motivati complementari, 19 ricorsi e 15 sentenze per inadempimento. A queste si aggiungono 13 procedure di cui all’art. 228 del Trattato CE in base al quale la Commissione europea, in caso di mancata esecuzione del giudicato, può adire la Corte di Giustizia per chiedere l’irrogazione di sanzioni pecuniarie per lo Stato membro inadempiente.

Per quanto riguarda la mancata trasposizione di direttive risultano aperte 23 procedure, di cui 14 procedure di messa in mora, 7 pareri motivati e 2 sentenze per mancata attuazione.

Nella Relazione il Governo fornisce, altresì, la classificazione per amministrazioni competenti. Il maggior numero di procedure riguarda il Ministero dell’ambiente (41 procedure), seguito dai seguenti Ministeri: Economia e finanze (35), Lavoro, salute e politiche sociali (32), Sviluppo economico (18), Infrastrutture e trasporti (12), Politiche agricole (8), Interno (5), Giustizia (2), Affari esteri (2), Istruzione, università e ricerca (2), Difesa (1), Presidenza del Consiglio – Dipartimento per lo sviluppo del turismo (1).

Si segnala che dai dati forniti dal Ministro per le politiche europee, alla data del 14 maggio 2009, risultano aperte complessivamente contro l’Italia 156 procedure di cui 130 riguardano casi di violazione del diritto comunitario e 26 attengono a mancata trasposizione di direttive nell’ordinamento italiano[7].

Di recente il Collegio dei Commissari UE ha deciso per l'Italia 16 archiviazioni,di cui 7 concernenti procedure già aperte e 5 ancora allo stadio di reclamo, e l'apertura di 4 nuove procedure d'infrazione.

 

Si rileva che, per quanto riguarda lo stato delle procedure di infrazione relative al solo mercato interno, la Commissione europea, nella Strategia per il mercato interno 2003-2006[8], chiedeva agli Stati membri una riduzione del numero delle procedure di infrazione di almeno il 50 per cento entro il 2006.

A tale proposito, si ricorda anche che la Commissione europea, già a partire dalla “Comunicazione sul miglioramento del controllo dell’applicazione del diritto comunitario” (COM(2002)725def.) ha optato per un approccio differenziato al trattamento delle procedure d’infrazione, a causa della loro costante crescita e alla prospettiva di un ulteriore forte aumento delle stesse dopo l’allargamento dell’Unione. In pratica la Commissione, secondo la gravità della presunta infrazione, decide caso per caso se avviare la procedura d’infrazione ovvero ricorrere a meccanismi alternativi di risoluzione delle controversie: si tratta principalmente delle c.d. “riunioni pacchetto o cumulative”, che mirano a risolvere politicamente le questioni evitando azioni legali, nonché del meccanismo c.d. SOLVIT.

Il SOLVIT è una rete on-line in funzione dal luglio 2002 che permette di trovare una risoluzione extragiudiziale (informale) alle denunce dei consumatori e delle imprese relative ad una scorretta applicazione delle norme sul mercato interno da parte delle autorità amministrative pubbliche. In ciascuno Stato membro le vittime di un’applicazione erronea del diritto dell’Unione, da parte di autorità locali o nazionali di un altro Stato membro, possono rivolgersi al centro SOLVIT per ottenere che la questione sia rapidamente risolta: i tempi medi sono di 10 settimane per risolvere i reclami. Le soluzioni proposte non sono vincolanti. In ogni caso, se il cliente considera la proposta inaccettabile, può raccomandare di risolvere la controversia per via giudiziaria. Nel 2008 sono stati presentati a SOLVIT 1000 casi, registrando un aumento del 22 per cento, mentre la percentuale di casi risolti è stata pari a circa l’83 per cento. Il tempo medio di soluzione dei problemi, sempre nel 2008, è stato di circa due mesi. I risparmi derivanti dalla soluzione dei problemi tramite SOLVIT sono stati stimati pari a 32,6 milioni di euro[9].

b)    l'elenco delle direttive attuate o da attuare in via amministrativa.

Si tratta di 37 direttive (riportate nella tabella 1 allegata al presente dossier) pubblicate a partire dal 29 gennaio 2008, non ancora attuate alla data del 31 dicembre 2008, alla cui attuazione provvedono lo Stato ovvero le regioni o le province autonome, nell’ambito del riparto costituzionale di competenze e fermi restando i poteri sostitutivi dello Stato.

Al riguardo il Governo segnala che 14 delle direttive suindicate risultano già attuate, riportando gli estremi dei provvedimenti di attuazione.

Si ricorda, altresì, che non è stato più rispettato a partire dal 2000, in sede di pubblicazione delle leggi comunitarie, l’obbligo previsto dall’articolo 10, comma 3-quater, del Testo unico sulla promulgazione delle leggi (D.P.R. n. 1092/1985) di riportare a titolo informativo nella Gazzetta Ufficiale, unitamente alla legge comunitaria annuale, l’elenco delle direttive attuate o da attuare in via amministrativa.

Il Governo ha inoltre fornito l’elenco di 13 direttive – pubblicate a decorrere dal 29 gennaio 2008 – che, alla data del 31 dicembre 2008 risultavano essere già attuate in via amministrativa.

c)    l’indicazione dell’eventuale omissione dell’inserimento di direttive il cui termine di recepimento sia scaduto o scada nel periodo di riferimento, in relazione ai tempi previsti per l’esercizio della delega legislativa, quindi entro il 31 dicembre 2008.

Al riguardo, la relazione governativa segnala che non risulta omessa alcuna direttiva pubblicata nell’anno 2008 il cui termine di recepimento sia già scaduto ovvero scada entro il 31 dicembre 2009.

Si segnala, in proposito, che (cfr. la tabella 4 allegata) risultano essere 4 le direttive, già scadute al 31 dicembre 2008, non recepite e non inserite nel disegno di legge comunitaria 2008, oltre a 2 direttive di codifica per le quali non è indicato un termine preciso ai fini del recepimento.

d)    l’elenco delle direttive attuate con regolamento, ai sensi dell’art. 11 della legge n. 11/2005, nonché gli estremi degli eventuali regolamenti d’attuazione già adottati.

La relazione al disegno di legge comunitaria 2009 indica che, nell’anno 2008, non risultano essere state attuate direttive con regolamento.

e)    l’elenco degli atti normativi regionali e delle province autonome attuativi delle direttive comunitarie, anche con riferimento alle leggi annuali di recepimento eventualmente approvate dalle regioni o dalle province autonome.

Si tratta di dati che devono essere comunicati annualmente (entro il 25 gennaio) al Dipartimento per le politiche comunitarie da parte della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome. Il disegno di legge comunitaria per il 2009 evidenzia che sono pervenuti i dati delle seguenti regioni:

Ø      Abruzzo (5 direttive recepite);

Ø      Emilia-Romagna (9 direttive recepite e 13 regolamenti);

Ø      Friuli Venezia Giulia (4 direttive recepite, 6 regolamenti ed una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo);

Ø      Lazio (2 regolamenti);

Ø      Lombardia (1 direttiva recepita);

Ø      Marche (6 direttive recepite ed un regolamento);

Ø      Piemonte (1 direttiva recepita);

Ø      Puglia (9 direttive recepite, 1 regolamento ed 1 risoluzione

Ø      Sardegna (1 direttiva recepita);

Ø      Valle d’Aosta (2 direttive recepite e 2 regolamenti);

Ø      Veneto (3 direttive recepite);

Ø      Provincia autonoma di Trento (4 direttive recepite).

Si rileva, infine, che non è più previsto dalla legge n. 11 del 2005 l’obbligo di indicare l’elenco delle direttive che non necessitano di provvedimento di attuazione, in quanto evidentemente di diretta applicazione, in virtù del loro contenuto sufficientemente specifico, ovvero in quanto l’ordinamento interno risulta già conforme ad esse.


Lo stato di attuazione delle direttive comunitarie in Italia

Profili generali

Nella tabella 2 allegata al presente dossier è indicato,per ciascuno Stato membro dell’Unione europea, lo stato di attuazione di tutte le direttive comunitarie già scadute alla data del 29 aprile 2009[10]. A tale data risultano scadute e applicabili in Italia 3.012 direttive. L’Italia si colloca al 24° posto nella graduatoria del recepimento a 27 Paesi, avendo comunicato i provvedimenti di attuazione relativi a 2.980 di queste, pari al 98,94 per cento delle direttive da recepire (la media CE a 27 Stati è pari al 99,37 per cento). Alla data del 29 aprile 2009 risulta quindi un deficit di attuazione dell’Italia pari a 32 direttive.

Nella tabella 3, allegata al dossier[11], sono invece riportate le direttive il cui recepimento è stato previsto da leggi comunitarie precedenti a quella del 2009 e che non risultano ancora attuate. Complessivamente, risultano ancora da recepire 22 direttive contenute nelle precedenti leggi comunitarie, a prescindere dal termine di recepimento[12],e, tra queste, 7 direttivesono da attuare in base alla legge comunitaria 2007 (legge n. 34 del 2008).

Le direttive contenute in precedenti leggi comunitarie, il cui termine di recepimento è già scaduto (al 15 giugno 2009) e che non sono ancora state attuate risultano essere 18.

Si rileva inoltre che il ddl comunitaria 2008 (A.C. 2320-bis-B), non ancora approvato in via definitiva dal Parlamento, prevede il recepimento di 3 direttive nell’articolato, di 5 direttive nell’Allegato A, di 43 direttive nell’Allegato B (3 direttive sono già state recepite), mentre delle direttive indicate in origine nella relazione governativa (cfr. A.S. 1078) ne risultano da recepire ancora 5.

Infine, come si desume dalla tabella 4, le direttive scadute o in scadenza nell’anno 2009, non recepite e non inserite in leggi comunitarie, risultano essere 23.

Le direttive comunitarie relative al solo “Mercato interno”

La Commissione europea ritiene che il mercato interno svolga un ruolo fondamentale nella realizzazione dell’obiettivo che l’Unione europea si è fissata in materia di crescita e occupazione e che tuttavia esso non possa realizzare pienamente il suo potenziale se la legislazione concordata a livello europeo non viene effettivamente recepita e applicata da tutti gli Stati membri.

In base ai dati dell’ultimo scoreboard della Commissione europea[13], il tasso di mancato recepimento dell’UE a 27 Paesi,che indica la percentuale media delle direttive relative al mercato interno in vigore non trasposte alla scadenza, è pari all’1 per cento, migliorando di 0,2 punti percentualeil dato registrato nel mese di luglio 2007 (1,2 per cento). È stato pertanto raggiunto l’obiettivo a medio termine del tasso medio dell’1% concordato dai Capi di Stato e di Governo dell’Unione nel Consiglio europeo di marzo 2007, considerato elemento chiave per il successo ed il rilancio della “Strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione”.

Per quanto riguarda la graduatoria dei 27 Stati dell’Unione, 17 Stati membri hanno raggiunto l’obiettivo. Si tratta, nell’ordine, di Danimarca, Malta, Slovenia, Bulgaria, Paesi Bassi, Romania, Slovacchia, Lettonia, Ungheria, Germania, Lituania, Finlandia, Francia, Austria, Irlanda, Svezia e Spagna. Danimarca e Malta hanno fatto registrare ex aequo il risultato migliore.

L’Italia si colloca nel gruppo dei 10 Paesi che non hanno ancora centrato l’obiettivo dell’1 per cento. In particolare, l’Italia risulta avere un deficit pari all’1,3 per cento e si colloca al 20° posto della graduatoria a 27 Paesicon 21 direttive relative al solo mercato interno ancora da recepire alla data del 19 febbraio 2009.

La Commissione europea sottolinea peraltro che il quadro di valutazione riveste una funzione duplice: da un lato presenta il grado di integrazione economica raggiunto dagli Stati membri – dimostrando che vi sono margini considerevoli per una maggiore integrazione, se e quando saranno eliminati gli ostacoli esistenti –, dall’altro analizza come i Paesi applichino in pratica le regole del mercato interno. Per quanto riguarda il secondo aspetto, i dati indicano che il numero medio di casi di cattiva applicazione è salito a 49 per Stato membro e che i tempi per arrivare ad una soluzione sono troppo lunghi. Dalle relazioni annuali di SOLVIT e del Servizio di orientamento per i cittadini (CSS) risulta che, anziché avviare procedure formali di denuncia, i cittadini e le imprese fanno sempre più ricorso ai servizi di risoluzione dei problemi e di consulenza dell’UE per risolvere i problemi incontrati nel mercato interno.

 

 


Le leggi comunitarie regionali

Il quadro normativo regionale concernente il raccordo con la normativa comunitaria è complesso e in continua evoluzione. La partecipazione delle regioni alla fase ascendente e discendente del diritto comunitario ha assunto sempre maggior rilievo a partire dalla riforma costituzionale del 2001 e dalla legge 131/2003 (cosiddetta “La Loggia”) che ne disciplina gli aspetti generali. Con la legge 11 del 2005, come già illustrato, sono state emanate norme più specifiche sulla partecipazione delle regioni alla formazione degli atti comunitari (articolo 5) e sui rapporti istituzionali tra Governo e Regioni, con riferimento, in particolare, al ruolo e alle funzioni della Conferenza Stato-Regioni, per la quale viene istituita una sessione comunitaria, e degli organismi rappresentativi dei Governi regionali (Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome) e delle Assemblee legislative (Conferenza dei Presidenti dell’Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome)[14].

Molte regioni hanno adottato norme organiche in materia, così le regioni Friuli Venezia Giulia (L.R. n. 10/2004 e L.R. n. 17/2007, artt. 17 e 18), Valle d’Aosta (L.R. n. 8/2006), Marche (L.R. n. 14/2006), Calabria (L.R. n. 3/2007), Umbria (L.R. n. 23/2007, artt. 29-35), Emilia-Romagna (L.R. n. 16/2008[15]), Molise (L.R. n. 32/2008), Campania (L.R. n. 18/2008)e da ultimo la regione Toscana (L.R. 22 maggio 2009, n. 26)[16]. Le norme regionali disciplinano:

§      la partecipazione della Regione alla formazione degli atti comunitari, in particolare le forme istituzionali di informazione e raccordo tra Giunta e Consiglio, nonché le funzioni di ciascun organo in relazione alla formazione  della posizione italiana sui progetti di atti comunitari e i documenti di consultazione (libri verdi, libri bianchi, comunicazioni);

§      l’attuazione degli atti comunitari e delle sentenze della Corte di Giustizia, principalmente attraverso la legge comunitaria regionale;

In alcuni casi le norme regionali disciplinano altresì le attività di rilievo internazionale della regione – tra cui gli accordi con altri Stati e le intese con enti territoriali interni ad altro Stato dell’UE – e i rapporti interregionali (Emilia-Romagna; Umbria; Valle d’Aosta e Toscana).

Disposizioni di principio sui rapporti con l’Unione europea sono contenute in tutti i nuovi statuti adottati dalle regioni a statuto ordinario a seguito della riforma costituzionale del 2001[17]. In alcuni casi per la disciplina di dettaglio lo statuto fa rinvio alla legge regionale, in altri casi, invece, sono presenti anche disposizioni specifiche:

§      adozione della legge comunitaria regionale quale strumento principale per l’attuazione degli obblighi derivanti dall’appartenenza alla CE (Calabria, Emilia-Romagna, Lazio, Lombardia, Piemonte e Umbria)

§      previsione di una sessione comunitaria dei lavori del Consiglio regionale (Lazio, Piemonte, Lombardia);

§      istituzione di una specifica Commissione competente in materia comunitaria (Calabria, Lazio e Liguria)[18].

Le leggi regionali di cui sopra[19] indicano la legge comunitaria regionale quale strumento principale – ma non esclusivo – per dare attuazione agli atti normativi comunitari e alle sentenze della Corte di giustizia nelle materie di competenza della regione. Fa eccezione la legge della Campania secondo cui la regione adempie agli obblighi comunitari con i consueti strumenti normativi (regolamento, provvedimento amministrativo, legge).

Nella quasi totalità dei casi il disegno di legge comunitaria, presentato annualmente dalla Giunta al Consiglio entro una specifica data (che varia dal 31 marzo in Friuli-Venezia Giulia e Valle d’Aosta al 1° luglio in Molise), viene esaminato nell’ambito di una sessione comunitaria del Consiglio regionale, in alcuni casi insieme al rapporto sullo stato di attuazione delle politiche comunitarie.

Le regioni Umbria e Molise pongono un termine per l’approvazione della legge comunitaria regionale. In Umbria il disegno di legge deve essere presentato entro il 30 giugno e approvato in tempo utile per la predisposizione dell'elenco degli atti normativi con i quali nelle singole regioni e province autonome si è provveduto a dare attuazione alle direttive nelle materie di loro competenza. Il riferimento della legge umbra è all’elenco di cui all’art. 8, comma 5, lett. e) della legge n. 11 del 2005, che deve essere predisposto dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano e trasmesso alla Presidenza del Consiglio non oltre il 25 gennaio di ogni anno. Per la regione Molise invece il termine per l’approvazione è entro l’anno di riferimento.

La legge comunitaria regionale ha un contenuto obbligatorio condiviso dalle regioni che l’hanno disciplinata. Essa, in analogia con quanto disposto per la legge comunitaria nazionale, deve contenere:

§      disposizioni modificative o abrogative di norme legislative in contrasto con gli obblighi comunitari;

§      disposizioni per dare attuazione ad atti comunitari ed anche alle sentenze della Corte di giustizia;

§      disposizioni che autorizzano la Giunta ad attuare le direttive in via regolamentare e/o amministrativa.

Alcune regioni aggiungono inoltre:

§      disposizioni per l’attuazione di programmi regionali cofinanziati dall’Unione europea (Valle d’Aosta, Emilia-Romagna);

§         indicazione del termine per l’adozione di ogni ulteriore atto regionale di attuazione cui la legge eventualmente rimandi (Emilia-Romagna);

§      elenchi allegati degli atti normativi comunitari che non necessitano di recepimento, in quanto l’ordinamento regionale risulta già conforme (Calabria) e degli atti normativi comunitari attuati in via amministrativa e/o regolamentare dalla Giunta (Friuli-Venezia Giulia, Valle d’Aosta, nella regione Toscana l’elenco è inserito nella relazione che accompagna il disegno di legge).

Ancora in analogia con quanto disposto per la legge comunitaria nazionale, nella relazione che accompagna il disegno di legge la Giunta riferisce sullo stato di uniformità dell’ordinamento regionale al diritto comunitario e sulle eventuali procedure di infrazione a carico dello Stato per inadempienze regionali.

La normativa regionale si differenzia maggiormente in relazione ai rapporti istituzionali tra i soggetti coinvolti e le funzioni di ciascuno.

In alcune regioni la Giunta regionale presenta al Consiglio – insieme al disegno di legge comunitaria nella sessione comunitaria – il Rapporto sullo stato di attuazione delle politiche comunitarie nella regione[20], in cui sono esposte le posizioni sostenute dalla Regione in seno alla Conferenza Stato-Regioni nell’ambito della sessione comunitaria della stessa e nell’ambito del Comitato delle Regioni, lo stato di avanzamento dei programmi di competenza della Regione e gli orientamenti, le misure che si intendono adottare per l’attuazione delle politiche comunitarie per l’anno in corso (Calabria, Marche e Molise)[21]. Nella regione Campania analogo rapporto deve essere elaborato nell’ambito della sessione comunitaria della Giunta regionale, convocata dal Presidente della Regione almeno una volta all’anno al fine di verificare lo stato di avanzamento degli interventi regionali e definire le linee di azione[22]. La legge della regione Emilia-Romagna non prevede un unitario rapporto, ma elenca nel dettaglio le informazioni che la Giunta è tenuta a fornire al Consiglio, tra cui quelle relative alle osservazioni inviate al Presidente del Consiglio ai fini della posizione italiana (art. 5, comma 3, legge n. 11 del 2005) e quindi le informazioni sull’iter di formazione degli atti come comunicato dalla Conferenza dei Presidenti, nonché sulle risultanze delle riunioni del Consiglio UE aventi ad oggetto le proposte ed atti su cui la regione (Giunta o Consiglio) ha espresso una posizione.

In altre regioni – Valle d’Aosta, Umbria e Toscana – è il Presidente della Regione che riferisce annualmente (o periodicamente) sulle iniziative e sulle attività svolte in relazione alle politiche comunitarie. In Friuli Venezia Giulia il Presidente della Regione ha, inoltre, il compito di informare il Consiglio regionale delle risultanze delle riunioni del Consiglio dei ministri dell’Unione europea entro quindici giorni dal loro svolgimento. Nella regione Toscana, infine, l’obbligo di informazione è reciproco: il presidente del Consiglio regionale informa periodicamente il Presidente della Giunta sull’attività svolta dal Consiglio regionale in ambito comunitario.

Le regioni che hanno adottato la legge comunitaria regionale sono:

§         la regione Friuli Venezia Giulia che ha adottato annualmente la legge comunitaria regionale ad iniziare dal 2004 fino all’ultima relativa al 2007, legge regionale 21 luglio 2008, n. 7[23].

§      la regione Valle d’Aosta che ha approvato la prima legge comunitaria nel 2007 (L.R. 21 maggio 2007, n. 8), avente ad oggetto le stesse direttive cui dà attuazione la legge comunitaria del Friuli Venezia Giulia per il 2006[24].

§         la regione Marche che ha adottato la prima legge comunitaria regionale riferita al 2008, L.R. 16 dicembre 2008, n. 36[25].

 


La Relazione sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea nel 2008.

La Relazione sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea nel 2008, presentata in Consiglio dei Ministri il 20 aprile 2009, è stata successivamente trasmessa al Parlamento, come previsto dall’articolo 15 della legge n. 11 del 2005[26].

Come indicato dal Governo nella Premessa, essa costituisce, da un lato, un necessario momento di raffronto tra le azioni programmatiche del Governo sui temi europei ed i risultati effettivamente conseguiti nel corso dell’anno 2008 e, dall’altro, un’occasione di riflessione sia sulla incisività della politica italiana in sede europea, sia sull’attuazione della politica europea nel nostro Paese.

La Relazione è strutturata in tre parti:

1.      la prima parte tratta le questioni istituzionali dell’Unione e gli orientamenti prioritari delle politiche economico-finanziarie, anche in relazione alla recente crisi dei mercati internazionali;

In particolare viene sottolineata l’azione incisiva e continua svolta dall’Italia per favorire l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona ed il processo di allargamento dell’Unione. Per quanto concerne la crisi dei mercati finanziari, l’Italia ha adottato – nel corso del 2008 –  tre decreti-legge che prevedono diverse misure di sostegno in favore delle famiglie e delle imprese[27].

2.      la seconda parte, suddivisa in tre sezioni, illustra la partecipazione dell’Italia alla cd. “fase ascendente” del processo normativo comunitario ed a quella “discendente”;

Nella prima sezione viene sottolineato il ruolo centrale avuto dal Comitato interministeriale per gli affari comunitari europei (CIACE) nella fase della partecipazione italiana al processo decisionale dell’Unione europea; inoltre nel corso del 2008 si è intensificata l’attività di adeguamento dell’ordinamento nazionale alla normativa comunitaria: da un lato è aumentato il numero dei provvedimenti di recepimento di direttive, con una significativa riduzione del deficit di trasposizione (dal 3,8% registrato nel 2006 all’1,3% del 2008) e, dall’altro, è diminuito il numero delle procedure di infrazione da 198 a gennaio 2008 a 159 a dicembre 2008).

La seconda sezione analizza l’azione del Governo nelle singole politiche, con particolare riguardo per il mercato interno e la concorrenza, le politiche agricole e la pesca, i trasporti e le infrastrutture, la ricerca, l’energia e l’ambiente, la politica fiscale e la lotta alle contraffazioni, le politiche sociali, lo spazio europeo della libertà  giustizia e sicurezza.

La terza sezione illustra la dimensione esterna del processo di integrazione europea e la partecipazione italiana alle missioni internazionali in corso.

 

3.      la terza parte riguarda le politiche di coesione e l’andamento dei flussi finanziari verso l’Italia e la loro utilizzazione.

In particolare vengono illustrate le politiche di coesione realizzate nell’ambito della programmazione 2000-2006 e quelle avviate a seguito del nuovo Quadro strategico nazionale 2007-2013. Viene inoltre fornita la situazione delle risorse finanziarie versate dall’UE in favore dell’Italia: alla data del 30 settembre 2008 gli accrediti, a titolo di cofinanziamento degli interventi strutturali e come sostegno alla Politica Agricola Comune, risultavano essere pari a 8.557,06 milioni di euro.

La Relazione presenta inoltre 10 Allegati contenenti dati riguardanti, principalmente, l’attività del CIACE, i provvedimenti attuativi di atti comunitari adottati nel 2008 da parte dello Stato, delle regioni e Province autonome, i provvedimenti in materia fiscale (decisioni in materia di aiuti di Stato, le procedure di infrazione avviate dalla Commissione e le richieste avanzate di deroga alla direttiva IVA e accise), i lavori in seno a gruppi tecnici per la lotta al terrorismo ed alla criminalità organizzata, i ricorsi presentati dal Governo avverso notificazioni degli organismi comunitari, la partecipazione delle Camere al processo normativo comunitario.

 


Schede di lettura sugli articoli

 


Art. 1

 

(Delega al Governo per l’attuazione di direttive comunitarie)

 

 


1. Il Governo è delegato ad adottare, entro il termine di recepimento indicato negli allegati A e B, i decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare attuazione alle direttive elencate nei medesimi allegati. Per le direttive elencate negli allegati A e B il cui termine di recepimento sia già scaduto ovvero scada nei tre mesi successivi alla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo è delegato ad adottare i decreti legislativi di attuazione entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge. Per le direttive elencate negli allegati A e B che non prevedono un termine di recepimento, il Governo è delegato ad adottare i decreti legislativi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

2. I decreti legislativi sono adottati, nel rispetto dell'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche europee e del Ministro con competenza istituzionale prevalente per la materia, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell'economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati in relazione all'oggetto della direttiva.

3. Gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive elencate nell'allegato B, nonché, qualora sia previsto il ricorso a sanzioni penali, quelli relativi all'attuazione delle direttive elencate nell'allegato A, sono trasmessi, dopo l'acquisizione degli altri pareri previsti dalla legge, alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica affinché su di essi sia espresso il parere dei competenti organi parlamentari. Decorsi quaranta giorni dalla data di trasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza del parere. Qualora il termine per l'espressione del parere parlamentare di cui al presente comma ovvero i diversi termini previsti dai commi 4 e 8 scadano nei trenta giorni che precedono la scadenza dei termini previsti dai commi 1 o 5 o successivamente, questi ultimi sono prorogati di novanta giorni.

4. Gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive che comportino conseguenze finanziarie sono corredati della relazione tecnica di cui all'articolo 11-ter, comma 2, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. Su di essi è richiesto anche il parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari. Il Governo, ove non intenda conformarsi alle condizioni formulate con riferimento all'esigenza di garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, ritrasmette alle Camere i testi, corredati dei necessari elementi integrativi di informazione, per i pareri definitivi delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari, che devono essere espressi entro venti giorni.

5. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi fissati dalla presente legge, il Governo può adottare, con la procedura indicata nei commi 2, 3 e 4, disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi emanati ai sensi del citato comma 1, fatto salvo quanto previsto dal comma 6.

6. I decreti legislativi, relativi alle direttive elencate negli allegati A e B, adottati, ai sensi dell'articolo 117, quinto comma, della Costituzione, nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome, si applicano alle condizioni e secondo le procedure di cui all'articolo 11, comma 8, della legge 4 febbraio 2005, n. 11.

7. Il Ministro per le politiche europee, nel caso in cui una o più deleghe di cui al comma 1 non risultino esercitate alla scadenza del termine previsto, trasmette alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica una relazione che dà conto dei motivi addotti a giustificazione del ritardo dai Ministri con competenza istituzionale prevalente per la materia. Il Ministro per le politiche europee, ogni sei mesi, informa altresì la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica sullo stato di attuazione delle direttive da parte delle regioni e delle province autonome nelle materie di loro competenza, secondo modalità di individuazione delle stesse da definire con accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

8. Il Governo, quando non intende conformarsi ai pareri parlamentari di cui al comma 3, relativi a sanzioni penali contenute negli schemi di decreti legislativi recanti attuazione delle direttive elencate negli allegati A e B, ritrasmette con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni i testi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica. Decorsi venti giorni dalla data di ritrasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza di nuovo parere.


 

L’articolo 1 conferisce una delega al Governo per l’attuazione delle direttive comunitarie riportate in allegato alla legge comunitaria e stabilisce i termini e le modalità di emanazione dei decreti legislativi attuativi.

L’attuazione delle direttive comunitarie mediante delega legislativa, già contemplata dall’art. 3 della L. 86/1989[28] è ora espressamente prevista, in via generale, dalla L. 11/2005[29] il cui art. 9, nel fissare i contenuti della legge comunitaria annuale, prevede che l’adeguamento dell’ordinamento nazionale a quello comunitario venga assicurato, oltre che con disposizioni modificative o abrogative di norme statali vigenti e con autorizzazione al Governo ad intervenire in via regolamentare, anche mediante conferimento al Governo di delega legislativa.

In particolare, il comma 1, nel fare richiamo ai due elenchi di direttive comprese negli allegati A e B, pone i relativi termini di attuazione mediante decreto legislativo con modalità analoghe a quelle introdotte dalla legge comunitaria 2007 e riprodotte nel disegno di legge comunitaria 2008 (A.C. 2320-bis-B).

Il termine generale per l’esercizio della delega, infatti, non è determinato mediante indicazione di una data fissa o di un periodo uniforme per tutte le direttive, ma viene fatto coincidere con il termine di recepimento di ciascuna delle direttive medesime, che viene riportato negli allegati A e B (mentre la legge comunitaria per il 2006, in linea con le precedenti leggi comunitarie, fissava un termine generale pari a dodici mesi dall’entrata in vigore della legge: cfr. art. 1, co. 1, della legge n. 13/2007).

Accanto al termine generale “flessibile”, dianzi illustrato, il comma 1 dispone anche, specificamente, in ordine:

§         alle direttive comprese negli allegati il cui termine di recepimento sia già scaduto ovvero scada nei tre mesi successivi all’entrata in vigore della legge comunitaria: in questo caso il termine della delega è di tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge;

§         alle direttive comprese negli allegati che non prevedono un termine di recepimento: in questo caso il termine della delega è di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge comunitaria.

 

Si segnala, in proposito, che due delle tre direttive contenute nell’allegato A e due delle sette direttive contenute nell’allegato B non indicano espressamente un termine per il loro recepimento e dovranno pertanto essere attuate entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge. La ulteriore direttiva contenuta nell’allegato A deve essere recepita entro il 1° aprile 2010 ed applicata entro il 1° giugno dello stesso anno; quattro delle altre direttive contenute nell’allegato B devono essere recepite entro un periodo compreso tra il 5 ed il 26 dicembre 2010; la residua direttiva contenuta nell’allegato B deve essere recepita entro il 13 luglio 2010. Ovviamente, la scadenza dei termini di delega – che attualmente appare congrua – potrà essere valutata soltanto in uno stadio più avanzato del procedimento di approvazione della legge comunitaria, anche in connessione con i procedimenti previsti per l’adozione dei relativi decreti legislativi (parere e, in qualche caso, doppio parere parlamentare e coinvolgimento della Conferenza Stato-Regioni).

La distinzione tra i due allegati risiede nel fatto che (comma 3) il procedimento per l’attuazione delle direttive incluse nell’allegato B prevede l’espressione del parere da parte dei competenti organi parlamentari; decorsi 40 giorni dalla data di trasmissione, i decreti possono comunque essere emanati anche in assenza del parere. Tale procedura – che riproduce quella già prevista nelle ultime leggi comunitarie – è estesa anche ai decreti di attuazione delle direttive di cui all’allegato A, qualora in essi sia previsto il ricorso a sanzioni penali.

È inoltre previsto che, qualora il termine fissato per l’espressione del parere parlamentare venga a spirare nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine per l’esercizio della delega o successivamente, il termine per la delega sia prorogato di 90 giorni. Si intende in tal modo permettere al Governo di usufruire in ogni caso di un adeguato periodo di tempo per l’eventuale recepimento nei decreti legislativi delle indicazioni emerse in sede parlamentare.

Tale ultima previsione normativa si applica anche ai decreti legislativi integrativi o correttivi previsti dal successivo comma 5, nonché alle ipotesi di eventuale “doppio parere” previste dai commi 4 e 8, di cui si dirà tra breve.

Il testo prevede che il parere parlamentare debba essere richiesto dopo aver già acquisito tutti gli altri pareri previsti dalla legge, in linea con la prassi affermatasi nelle scorse legislature, soprattutto a partire dal 1998, a seguito dei reiterati interventi dei Presidenti delle Camere nei confronti del Governo, volti ad ottenere che il testo trasmesso per il parere parlamentare avesse completato la fase procedimentale interna all’esecutivo.

Il comma 2 richiama la procedura prevista dall’art. 14 della L. 400/1988[30] per l’adozione dei decreti legislativi, i quali sono emanati dal Presidente della Repubblica previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del ministro per le politiche europee e del ministro con competenza istituzionale prevalente per materia, di concerto con i ministri degli affari esteri, della giustizia, dell’economia e delle finanze e con gli altri ministri interessati in relazione all’oggetto della direttiva.

Il comma 4 reca una disposizione (già contenuta nelle leggi comunitarie a partire dal 2004), che prevede modalità procedurali specifiche per il recepimento delle direttive che comportino conseguenze finanziarie. I relativi schemi di decreto legislativo:

§         dovranno essere corredati della relazione tecnica prevista dalla L. 468/1978[31] (art. 11-ter, co. 2);

§         saranno oggetto del parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari.

Per quanto riguarda la prima condizione, va segnalato che l’obbligo di accompagnare con la relazione tecnica gli schemi di decreto legislativo comportanti conseguenze finanziarie è già contemplato in via generale dalla L. 468/1978.

Il comma prevede, altresì, che il Governo, ove non intenda conformarsi alle condizioni formulate al fine di garantire il rispetto dell’art. 81, quarto comma, Cost.[32], deve sottoporre i testi (corredati delle necessarie informazioni integrative) a un nuovo parere delle Commissioni competenti per i profili finanziari, che si esprimono entro 20 giorni. Viene così introdotto il cosiddetto “doppio parere”, limitatamente ai provvedimenti di recepimento delle direttive sopra indicate. Una misura analoga è prevista, come si vedrà, per gli schemi di decreto che prevedono sanzioni penali (comma 8).

Il comma 5 autorizza il Governo ad adottare con la medesima procedura di cui ai commi 2, 3 e 4, entro 24 mesi dall’entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi, disposizioni integrative e correttive dei decreti medesimi, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi fissati dal testo in commento.

Il comma 6 prevede che per i decreti legislativi emanati dal Governo al fine di dare attuazione alle direttive comunitarie comprese negli allegati, in materie di competenza legislativa regionale, valgano le condizioni e le procedure di cui all’art. 11, co. 8, della L. 11/2005. Tale ultima norma prevede – in attuazione del quinto comma dell’art. 117 della Costituzione – un intervento suppletivo anticipato e cedevole da parte dello Stato, in caso di inadempienza delle Regioni nell’attuazione delle direttive nelle materie di loro competenza.

 

Come accennato in precedenza (cfr. il paragrafo I poteri statali sostitutivi), la disciplina dei poteri statali sostitutivi è contenuta – nell’ambito della L. 11/2005 – negli artt. 11, co. 8, relativo all’attuazione in via regolamentare, 13, co. 2, relativo agli adeguamenti tecnici e 16, co. 3, in materia di attuazione regionale.

La disciplina è sostanzialmente quella prevista dall’art. 11, co. 8, in base al quale spetta allo Stato, secondo modalità da stabilirsi con legge, un potere sostitutivo delle regioni e province autonome per i casi di loro inadempienza agli obblighi di attuazione degli atti normativi dell’Unione europea. La norma prevede un’articolata garanzia per le Regioni e Province autonome, in forza della quale gli atti statali attuativi di direttive comunitarie, che intervengono su materie rimesse alla competenza legislativa – concorrente o residuale generale – delle regioni o delle province autonome:

§         entrano in vigore solo alla data di scadenza del termine stabilito per l’attuazione della normativa comunitaria, per le regioni e le province autonome che non abbiano ancora adottato la propria normativa di attuazione;

§         perdono comunque efficacia dalla data di entrata in vigore della normativa regionale (o provinciale) di attuazione delle direttive comunitarie, adottata da ciascuna regione e provincia autonoma e devono recare l’esplicita indicazione della natura sostitutiva e cedevole del potere esercitato e delle disposizioni in essi contenute;

§         sono sottoposti al preventivo esame della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.

Analogamente, l’art. 13, co. 2, stabilisce che i provvedimenti in materia di adeguamenti tecnici possono essere adottati nelle materie di competenza legislativa regionale in caso di inerzia delle regioni e province autonome. In tale caso, i provvedimenti statali adottati si applicano:

§       per le regioni e le province autonome nelle quali non sia ancora in vigore la propria normativa di attuazione;

§       a decorrere dalla scadenza del termine stabilito per l’attuazione della normativa comunitaria.

Essi perdono comunque efficacia dalla data di entrata in vigore della normativa di attuazione di ciascuna regione e provincia autonoma. I provvedimenti recano l’esplicita indicazione della natura sostitutiva del potere esercitato e del carattere cedevole delle disposizioni in essi contenute.

Infine, l’art. 16, co. 3, in riferimento all’attuazione regionale delle direttive comunitarie, chiarisce che le disposizioni legislative adottate dallo Stato per l’adempimento degli obblighi comunitari in materie di competenza regionale si applicano “alle condizioni e secondo la procedura di cui all’articolo 11, comma 8”. La disciplina applicabile in questi casi è quindi desumibile dalla norma citata, che viene richiamata esclusivamente per quanto riguarda le condizioni e la procedura di attuazione, ma non per le tipologie di atti statali sostitutivi che essa presuppone.

 

Il comma 7 prevede l’obbligo per il Ministro per le politiche europee di trasmettere:

§      una relazione a ciascuna delle Camere qualora una o più deleghe conferite dal comma 1 non risultino esercitate entro il termine previsto (termine che in base al testo in esame coincide – generalmente – con quello per il recepimento della singola direttiva);

§      un’informativa periodica (con cadenza semestrale) sullo stato di attuazione delle direttive da parte delle regioni e province autonome nelle materie di loro competenza, secondo “modalità di individuazione” delle stesse da definire con accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni (una previsione di questo tenore è stata inserita, per la prima volta, nella legge comunitaria 2007).

 

Si ricorda che il quadro delle competenze regionali è definito a livello costituzionale. Per quanto in particolare concerne l’attuazione della normativa comunitaria, l’art. 117 Cost. stabilisce che le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, provvedono all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite dalla legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.

 

Il comma 8 concerne i pareri parlamentari aventi ad oggetto le disposizioni penali introdotte negli schemi di decreti legislativi e prevede che, qualora il Governo non intenda conformarsi ai pareri, debba ritrasmettere alle Camere gli schemi con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni. Le Commissioni competenti esprimono il parere definitivo entro 20 giorni, decorsi i quali i decreti sono comunque emanati.

 

 


Art. 2

 

(Principi e criteri direttivi generali della delega legislativa)

 

 


1. Salvi gli specifici princìpi e criteri direttivi stabiliti dalle disposizioni di cui ai capi II e III, e in aggiunta a quelli contenuti nelle direttive da attuare, i decreti legislativi di cui all'articolo 1 sono informati ai seguenti princìpi e criteri direttivi generali:

a) le amministrazioni direttamente interessate provvedono all'attuazione dei decreti legislativi con le ordinarie strutture amministrative, secondo il principio della massima semplificazione dei procedimenti e delle modalità di organizzazione e di esercizio delle funzioni e dei servizi;

b) ai fini di un migliore coordinamento con le discipline vigenti per i singoli settori interessati dalla normativa da attuare, sono introdotte le occorrenti modificazioni alle discipline stesse, fatti salvi i procedimenti oggetto di semplificazione amministrativa ovvero le materie oggetto di delegificazione;

c) al di fuori dei casi previsti dalle norme penali vigenti, ove necessario per assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, sono previste sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti stessi. Le sanzioni penali, nei limiti, rispettivamente, dell'ammenda fino a 150.000 euro e dell'arresto fino a tre anni, sono previste, in via alternativa o congiunta, solo nei casi in cui le infrazioni ledono o espongono a pericolo interessi costituzionalmente protetti. In tali casi sono previste: la pena dell'ammenda alternativa all'arresto per le infrazioni che espongono a pericolo o danneggiano l'interesse protetto; la pena dell'arresto congiunta a quella dell'ammenda per le infrazioni che recano un danno di particolare gravità. Nelle predette ipotesi, in luogo dell'arresto e dell'ammenda, possono essere previste anche le sanzioni alternative di cui agli articoli 53 e seguenti del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, e la relativa competenza del giudice di pace. La sanzione amministrativa del pagamento di una somma non inferiore a 150 euro e non superiore a 150.000 euro è prevista per le infrazioni che ledono o espongono a pericolo interessi diversi da quelli indicati nei periodi precedenti. Nell'ambito dei limiti minimi e massimi previsti, le sanzioni indicate nella presente lettera sono determinate nella loro entità, tenendo conto della diversa potenzialità lesiva dell'interesse protetto che ciascuna infrazione presenta in astratto, di specifiche qualità personali del colpevole, comprese quelle che impongono particolari doveri di prevenzione, controllo o vigilanza, nonché del vantaggio patrimoniale che l'infrazione può recare al colpevole ovvero alla persona o all'ente nel cui interesse egli agisce. Entro i limiti di pena indicati nella presente lettera sono previste sanzioni identiche a quelle eventualmente già comminate dalle leggi vigenti per violazioni omogenee e di pari offensività rispetto alle infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi. Nelle materie di cui all'articolo 117, quarto comma, della Costituzione, le sanzioni amministrative sono determinate dalle regioni;

d) eventuali spese non contemplate da leggi vigenti e che non riguardano l'attività ordinaria delle amministrazioni statali o regionali possono essere previste nei decreti legislativi recanti le norme necessarie per dare attuazione alle direttive, nei soli limiti occorrenti per l'adempimento degli obblighi di attuazione delle direttive stesse; alla relativa copertura, nonché alla copertura delle minori entrate eventualmente derivanti dall'attuazione delle direttive, in quanto non sia possibile farvi fronte con i fondi già assegnati alle competenti amministrazioni, si provvede a carico del fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183;

e) all'attuazione di direttive che modificano precedenti direttive già attuate con legge o con decreto legislativo si procede, se la modificazione non comporta ampliamento della materia regolata, apportando le corrispondenti modificazioni alla legge o al decreto legislativo di attuazione della direttiva modificata;

f) nella predisposizione dei decreti legislativi si tiene conto delle eventuali modificazioni delle direttive comunitarie comunque intervenute fino al momento dell'esercizio della delega;

g) quando si verificano sovrapposizioni di competenze tra amministrazioni diverse o comunque sono coinvolte le competenze di più amministrazioni statali, i decreti legislativi individuano, attraverso le più opportune forme di coordinamento, rispettando i princìpi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione e le competenze delle regioni e degli altri enti territoriali, le procedure per salvaguardare l'unitarietà dei processi decisionali, la trasparenza, la celerità, l'efficacia e l'economicità nell'azione amministrativa e la chiara individuazione dei soggetti responsabili;

h) quando non sono di ostacolo i diversi termini di recepimento, sono attuate con un unico decreto legislativo le direttive che riguardano le stesse materie o che comunque comportano modifiche degli stessi atti normativi.


 

L’articolo 2 detta i princìpi ed i criteri direttivi di carattere generale per l’esercizio delle deleghe ai fini dell’attuazione delle direttive comunitarie; si tratta di princìpi e criteri in gran parte conformi a quelli previsti dalle precedenti leggi comunitarie.

La disposizione, prima di elencare tali princìpi generali, richiama due ulteriori categorie di princìpi e criteri direttivi per l’esercizio delle deleghe:

§         si tratta, innanzitutto, dei princìpi e criteri contenuti nelle singole direttive comunitarie da attuare;

§         in secondo luogo, sono fatti salvi gli specifici criteri di delega previsti dal capo II e dal capo III della legge comunitaria, contenenti disposizioni particolari di adempimento e criteri specifici di delega relativi ad alcune delle direttive da attuare, nonché disposizioni volte a dare attuazione a decisioni quadro adottate nell'ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale.

Venendo ai criteri generali di delega, quello di cui alla lettera a) prevede che le amministrazioni interessate provvedano all’attuazione dei decreti legislativi avvalendosi delle loro strutture ordinarie, seguendo il principio della massima semplificazione procedimentale ed organizzativa: si ripropone così un principio introdotto nel disegno di legge comunitaria 2008 in coerenza – rileva la relazione illustrativa al disegno di legge – con gli obiettivi di riduzione degli oneri amministrativi posti anche dalla Commissione europea.

La lettera b) dispone l’introduzione delle modifiche necessarie per un migliore coordinamento con le discipline vigenti nei singoli settori interessati dall’attuazione delle direttive comunitarie. Analogamente alle ultime leggi comunitarie, la norma in esame fa salve “le materie oggetto di delegificazione ovvero i procedimenti oggetto di semplificazione amministrativa”.

Norme specifiche per l’introduzione nei decreti legislativi di recepimento delle direttive comunitarie di sanzioni penali e amministrative, per il caso di violazioni delle disposizioni contenute nei decreti legislativi stessi, sono previste nella lettera c). La scelta che il Governo è autorizzato ad operare, in sede di attuazione della delega, tra la configurazione delle violazioni come reati o come illeciti amministrativi, è ancorata ai seguenti princìpi e criteri direttivi[33]:

§         introduzione di nuove fattispecie al di fuori dei casi previsti dalle norme penali vigenti;

§         introduzione di nuove fattispecie di reati contravvenzionali, sanzionate – in via alternativa o congiunta – con la pena pecuniaria dell’ammenda fino a 150.000 euro e dell’arresto sino a 3 anni, nei casi in cui siano lesi o esposti a pericolo “interessi costituzionalmente protetti”. Quest’ultima formula è stata per la prima volta introdotta nella legge comunitaria per il 2002 (L. 14/2003). Le leggi comunitarie precedenti facevano, invece, riferimento ad “interessi generali dell’ordinamento interno, compreso l’ecosistema”. In particolare, le pene citate dovranno essere previste come alternative per le infrazioni che espongano a pericolo o danneggino l’interesse protetto; viceversa, si applicherà la pena congiunta dell’ammenda e dell’arresto per le infrazioni che rechino un danno di particolare gravità[34];

§         irrogabilità, nelle ipotesi testé dette, delle sanzioni alternative di cui agli artt. 53 ss. del D.lgs. 274/2000[35], applicandosi la relativa competenza del giudice di pace; tali sanzioni sono quelle consistenti nell’obbligo di permanenza domiciliare (il sabato e la domenica), nel divieto di accesso a determinati luoghi e nello svolgimento di lavori di pubblica utilità (solo su richiesta del contravventore);

§         introduzione di nuove fattispecie di illeciti amministrativi puniti con la sanzione pecuniaria di importo non inferiore a 150 euro e non superiore a 150.000 euro, per le violazioni che ledano o espongano a pericolo beni giuridici diversi da quelli sopra indicati;

§         nell’ambito del minimo e del massimo previsti, determinazione della pena edittale in ragione delle diverse potenzialità lesive dell’interesse protetto che le infrazioni presentano in astratto, delle specifiche qualità personali del colpevole – con particolare riferimento a quelle che impongono particolari doveri di prevenzione, controllo o vigilanza – e del vantaggio patrimoniale che l’infrazione può recare al colpevole (o all’ente o alla persona nel cui interesse agisce);

§         entro i limiti di pena sopra indicati, previsione di sanzioni identiche a quelle eventualmente già comminate da leggi vigenti per violazioni omogenee e di pari offensività (la previsione dei limiti rende pertanto astrattamente possibile la differenziazione punitiva fra fattispecie omogenee e di pari offensività);

§         riserva di determinazione regionale delle sanzioni amministrative, nelle materie di cui all’articolo 117, quarto comma, della Costituzione, ossia nelle materie rimesse alla potestà legislativa “residuale” delle regioni (si tratta di un principio innovativo rispetto a quanto previsto dalla legge comunitaria 2007, e già introdotto nel disegno di legge comunitaria 2008).

 

L’articolo non ripropone il principio, introdotto nel disegno di legge comunitaria 2008, della riassegnazione delle somme derivanti dalle sanzioni di nuova istituzione alle amministrazioni competenti all’irrogazione delle stesse (entro i limiti previsti dalla legislazione vigente, previo versamento all’entrata del bilancio dello Stato e tramite decreti del Ministro dell’economia e delle finanze).

 

Il principio di delega di cui alla lettera d) fa riferimento alla copertura finanziaria delle norme delegate. Al riguardo, si stabilisce che le spese derivanti dall’attuazione delle direttive, ove non contemplate dalle leggi vigenti e non riguardanti l’attività ordinaria delle amministrazioni interessate, possono essere previste nei decreti legislativi recanti le norme necessarie per dare attuazione alle direttive nei soli limiti occorrenti per l’adempimento degli obblighi di attuazione delle direttive stesse.

Per la relativa copertura (anche con riferimento alle eventuali minori entrate derivanti dall’attuazione) si farà ricorso alle disponibilità sussistenti sul fondo di rotazione di cui all’art. 5 della L. 183/1987 (vedi infra), ove non sia possibile farvi fronte con i fondi già assegnati alle competenti amministrazioni. Analoghe disposizioni sono contenute nelle più recenti leggi comunitarie.

 

La citata L. 183/1987[36] istituisce, tra gli organi del coordinamento delle politiche comunitarie, il Fondo di rotazione. Ai sensi dell’art. 5 della legge, confluiscono nel fondo le somme erogate dalle istituzioni comunitarie, le somme individuate annualmente in sede di legge finanziaria e altre somme determinate con la legge di bilancio (nonché altre somme specifiche). Le risorse presenti sul fondo vengono erogate, su richiesta e secondo limiti di quote determinate dal CIPE, alle amministrazioni pubbliche e ad altri operatori pubblici e privati per l’attuazione dei programmi di politica comunitaria.

Le procedure finanziarie riguardanti le erogazioni concesse dal Fondo di rotazione delle politiche comunitarie sono state modificate dall’art. 65, co. 2, della legge finanziaria 2001 (legge 23 dicembre 2000, n. 388). Richiamando le nuove procedure finanziarie previste dai regolamenti comunitari per il ciclo di interventi dei Fondi strutturali 2000-2006, la norma ha autorizzato il Fondo di rotazione ad anticipare alle amministrazioni centrali l’acconto dei contributi comunitari previsto dall’art. 32, par. 2, del regolamento (CE) n. 1260/1999, direttamente in base ai programmi operativi previsti dai regolamenti comunitari, anziché, come in precedenza, in base ai progetti in cui si articolano i programmi di intervento. La norma intende facilitare l’avvio da parte delle amministrazioni centrali degli interventi, ovviando alla mancanza di disponibilità di cassa in attesa del ricevimento dell’acconto da parte comunitaria, fermo restando il successivo reintegro al Fondo stesso degli accrediti provenienti dall’Unione europea. I ritardi nell’avvio dell’attuazione degli interventi comportano, infatti, secondo quanto espressamente previsto dal regolamento, il disimpegno automatico delle risorse comunitarie.

 

Criteri legati all’armonizzazione delle deleghe legislative sono contenuti nelle lettere e) ed f). In particolare, si dispone che l’attuazione di direttive che modificano precedenti direttive già attuate avvenga per mezzo di modifiche apportate ai testi legislativi di attuazione di tali direttive (ove ciò non determini ampliamento della materia regolata), e che nella stesura dei decreti legislativi di attuazione si tenga conto delle eventuali modifiche delle direttive intervenute fino al momento del concreto esercizio della delega.

Criteri connessi all’univocità dei processi decisionali, quando i decreti legislativi investano trasversalmente diverse competenze ed amministrazioni, sono contenuti nella lettera g), che si pone inoltre l’obiettivo di garantire, attraverso specifiche forme di coordinamento, anche la trasparenza nell’azione amministrativa e la chiarezza nell’attribuzione di responsabilità. Sono espressamente richiamati il rispetto delle competenze delle regioni e degli altri enti territoriali, nonché l’osservanza dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione.

 

Si ricorda che i primi tre princìpi qui menzionati (sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza), già posti dalla L. 59/1997[37] a fondamento della ripartizione delle funzioni e dei compiti amministrativi tra i vari livelli di governo, hanno assunto rilievo costituzionale in virtù della L. Cost. 3/2001, di riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione. Quest’ultima, nel novellare l’art. 118 Cost., ha infatti posto i princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza alla base della ripartizione delle funzioni amministrative tra Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni e Stato. Il principio di leale collaborazione, pur non espressamente menzionato dall’art. 118 Cost., è tuttavia riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale quale principio essenziale informatore dei rapporti tra Stato ed autonomie territoriali (v. per tutte la sent. C. Cost. 303/2003).

 

La lettera h) fissa il principio secondo cui deve darsi attuazione con un unico decreto legislativo alle direttive che:

§         riguardino le stesse materie;

§         pur riguardando materie diverse, comportino modifiche degli stessi atti normativi.

Tale principio di “attuazione unitaria” è destinato a operare qualora non siano “di ostacolo” i diversi termini di recepimento delle direttive.

 


Art. 3

 

(Delega al Governo per la disciplina sanzionatoria di violazioni di disposizioni comunitarie)

 

 


1. Al fine di assicurare la piena integrazione delle norme comunitarie nell'ordinamento nazionale, il Governo, fatte salve le norme penali vigenti, è delegato ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative per le violazioni di obblighi contenuti in direttive comunitarie attuate in via regolamentare o amministrativa, ai sensi delle leggi comunitarie vigenti, o in regolamenti comunitari pubblicati alla data di entrata in vigore della presente legge, per i quali non sono già previste sanzioni penali o amministrative.

2. La delega di cui al comma 1 è esercitata con decreti legislativi adottati ai sensi dell'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche europee e del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri competenti per materia. I decreti legislativi si informano ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c).

3. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al presente articolo sono trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica per l'espressione del parere da parte dei competenti organi parlamentari con le modalità e nei termini previsti dai commi 3 e 8 dell'articolo 1.

 


 

 

L’articolo 3 prevede, analogamente a quanto disposto dalle ultime leggi comunitarie, l’introduzione di un trattamento sanzionatorio per le violazioni di obblighi discendenti da direttive attuate, ai sensi delle leggi comunitarie vigenti, in via regolamentare o amministrativa (ossia per via non legislativa) e per le violazioni di regolamenti comunitari già pubblicati alla data di entrata in vigore della legge comunitaria.

La necessità della disposizione risiede nel fatto che, sia nel caso dell’attuazione di direttive in via regolamentare o amministrativa, sia nel caso di regolamenti comunitari (che, come è noto, non necessitano di leggi di recepimento, essendo direttamente applicabili nell’ordinamento nazionale), è necessaria una fonte normativa di rango primario atta ad introdurre norme sanzionatorie di natura penale nell’ordinamento nazionale.

La finalità dell’articolo è, pertanto, quella di consentire al Governo di introdurre sanzioni volte a punire le trasgressioni commesse in violazione dei precetti contenuti nelle disposizioni normative comunitarie, garantendo il rispetto degli atti regolamentari o amministrativi con cui tali disposizioni comunitarie vengono trasposte nell’ordinamento interno.

A tal fine, il comma 1 contiene una delega al Governo per l’adozione, entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge e fatte salve le norme penali vigenti, di disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative per la violazione di obblighi contenuti in direttive comunitarie attuate in via regolamentare o amministrativa ai sensi delle leggi comunitarie vigenti (non solo, pertanto, ai sensi della legge comunitaria in commento) nonché di regolamenti comunitari pubblicati alla data di entrata in vigore della legge comunitaria e per i quali non siano già previste sanzioni penali o amministrative.

Il comma 2 stabilisce che i decreti legislativi siano adottati, ai sensi dell'art. 14 della L. 400/1988[38], su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del ministro per le politiche europee e del ministro della giustizia, di concerto con i ministri competenti per materia.

La tipologia e la scelta delle sanzioni deve essere effettuata secondo i princìpi e i criteri direttivi di cui all’articolo 2, comma 1, lettera c) (vedi supra).

Il comma 3 prevede l’acquisizione del parere delle competenti Commissioni parlamentari sugli schemi di decreto legislativo. I pareri sono espressi con le modalità previste dai commi 3 e 8 dell’articolo 1.

 


Art. 4

 

(Oneri relativi a prestazioni e a controlli)

 

 

1. In relazione agli oneri per prestazioni e per controlli, si applicano le disposizioni dell'articolo 9, comma 2, della legge 4 febbraio 2005, n. 11.

 

 

L’articolo 4 detta disposizioni circa gli oneri derivanti dalle prestazioni e dai controlli che gli uffici pubblici sono chiamati a sostenere in applicazione della normativa comunitaria: a tal fine viene richiamato il disposto dell’articolo 9, comma 2, della legge n. 11 del 2005, che pone a carico dei soggetti interessati i predetti oneri per prestazioni e controlli, secondo tariffe determinate sulla base del costo effettivo del servizio, purché ciò non risulti in contrasto con la disciplina comunitaria[39].

 

L’articolo 4 del disegno di legge comunitaria 2008 (A.C. 2320-bis-B), ora all’esame della Camera in seconda lettura, prevede che all’articolo 9 della legge n. 11/2005 venga aggiunto, in fine, un comma 2-bis con il quale si dispone che le entrate derivanti dalle tariffe siano attribuite, nei limiti previsti dalla legislazione vigente, alle amministrazioni che effettuano le prestazioni e i controlli, mediante riassegnazione alle unità previsionali di base del bilancio statale ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1999, n. 469. In questo modo assume rango di disciplina generale una norma in passato riprodotta in tutte le leggi comunitarie.

Qualora tale disposizione venga approvata definitivamente, andrebbe valutata l’opportunità di richiamare non soltanto il comma 2 ma anche il comma 2-bis dell’articolo 9 della legge n. 11/2005.

 


Art. 5

 

(Delega al Governo per il riordino normativo nelle materie interessate dalle direttive comunitarie)

 

 


1. Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, con le modalità e secondo i princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, testi unici o codici di settore delle disposizioni dettate in attuazione delle deleghe conferite dalla presente legge per il recepimento di direttive comunitarie, al fine di coordinare le medesime con le altre norme legislative vigenti nelle stesse materie. Qualora i testi unici o i codici di settore riguardino princìpi fondamentali nelle materie di cui all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione o in altre materie di interesse delle regioni, i relativi schemi di decreto legislativo sono sottoposti al parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

2. I testi unici e i codici di settore di cui al comma 1 riguardano materie o settori omogenei. Le disposizioni contenute nei testi unici o nei codici di settore non possono essere abrogate, derogate, sospese o comunque modificate, se non in modo esplicito mediante l'indicazione puntuale delle disposizioni da abrogare, derogare, sospendere o modificare.


 

 

L’articolo 5 conferisce, al comma 1, una delega al Governo – da esercitare entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore della legge – per l’adozione di testi unici o codici di settore delle disposizioni dettate in attuazione delle deleghe conferite dal disegno di legge in esame per il recepimento di direttive comunitarie, con lo scopo di coordinare tali disposizioni con quelle vigenti nelle stesse materie. Andrebbe valutata l’opportunità di prevedere che il termine della delega decorra – piuttosto che dalla data di entrata in vigore della legge – dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi cui si riferisce la successiva attività di riordino, valutando la congruità dell’opzione operata nel testo, in base al quale il termine della delega per il riordino normativo ha durata più breve rispetto al termine per l’esercizio della delega integrativa e correttiva (18 mesi dalla data di entrata in vigore della legge rispetto a 24 mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi).

 

I decreti legislativi di riordino sono adottati secondo le modalità e in conformità ai princìpi e criteri direttivi posti dall’art. 20 della L. 59/1997[40] e successive modificazioni, richiamato dal comma in commento.

 

Si ricorda che l’art. 20 richiamato reca una pluralità di princìpi e criteri direttivi volti a conformare l’opera del legislatore delegato alla razionalizzazione normativa, in aggiunta ai princìpi e criteri previsti dalle singole leggi annuali di semplificazione.

 

Il comma precisa che l’esercizio della delega volta al riordino normativo non deve comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

La previsione di riordino mediante codici di settore – oltre che tramite testi unici – è stata inserita per la prima volta nella legge comunitaria 2007. Tale scelta, innovativa rispetto ai contenuti delle precedenti leggi comunitarie, appare volta a prefigurare un “assestamento normativo”, dando luogo nelle singole materie ad un complesso di norme stabili e armonizzate, in virtù della maggiore portata innovativa del codice di settore rispetto a quella del testo unico.

 

Si può ricordare che, nell’evoluzione delle politiche di semplificazione, in materia di testi unici era intervenuta la disciplina generale di cui all’art. 7 della L. 50/1999[41], che prevedeva il riordino della normativa attraverso lo strumento dei testi unici cosiddetti “misti”, ossia recanti sia disposizioni di rango legislativo, che regolamentari.

È in seguito intervenuta la legge di semplificazione per il 2001 (legge n. 229/2003)[42], che ha innovato profondamente le metodologie di razionalizzazione normativa, modificando il contenuto della legge annuale di semplificazione (così come disciplinato dall’art. 20 della L. 59/1997), privilegiando il ricorso alla delegazione legislativa ed alla delegificazione e sancendo l’abbandono dei testi unici misti, con l’abrogazione del citato art. 7 della L. 50/1999, che li aveva introdotti.

La differenza fra testo unico e codice – fermo restando che entrambe le tipologie sono volte alla “riorganizzazione” (termine che ricomprende sia il “riordino” che il “riassetto”) delle fonti di regolazione e a una drastica riduzione del loro numero, in modo da permettere ai cittadini di avere un quadro ben preciso e unitario delle regole che disciplinano un settore della vita sociale – è stata individuata nel fatto che il secondo strumento di semplificazione autorizza il legislatore delegato non soltanto ad apportare modifiche di “coordinamento formale” alla disciplina di rango legislativo, ma anche consistenti innovazioni del merito della disciplina codificata. In altri termini, il codice, rispetto al testo unico, è connotato da una maggiore capacità innovativa dell’ordinamento (si veda, in tal senso, il parere reso dall’Adunanza generale del Consiglio di Stato in data 24 ottobre 2004, sullo schema di Codice dei diritti di proprietà industriale).

 

Il secondo periodo del comma 1 dispone che gli schemi di decreto legislativo siano sottoposti al parere della Conferenza Stato-regioni qualora la relativa disciplina riguardi la determinazione dei princìpi fondamentali nelle materie di competenza concorrente tra Stato e regioni (ai sensi del terzo comma dell’articolo 117 della Costituzione) o, più genericamente, “altre materie di interesse delle regioni”. La disposizione è stata introdotta – precisa la relazione illustrativa – su richiesta della Conferenza Stato-regioni, avanzata in sede di parere sul disegno di legge.

Si osserva che l’art. 20 della L. 59/1997, al quale il comma in esame come si è detto fa rinvio, al comma 5 prevede l’acquisizione del parere della Conferenza unificata Stato-regioni-città e autonomie locali su tutti gli schemi dei decreti legislativi adottati ai sensi dell’art. 20 medesimo.

Il comma 2 stabilisce che i testi unici e i codici di settore debbano riguardare materie o settori omogenei. Inoltre, esso precisa che le disposizioni contenute nei predetti provvedimenti di riordino possono essere oggetto di interventi di abrogazione, deroga, sospensione o modificazione solo in via esplicita e con indicazione puntuale della disposizione su cui si interviene. Si tratta di una disposizione che ha ovviamente una valenza solo monitoria nei confronti del legislatore, non potendo una norma di legge vincolare giuridicamente una norma successiva di grado gerarchico equivalente.

 

Il comma ripropone una norma analoga a quelle recate da diverse tra le precedenti leggi comunitarie, a partire dal 1994[43], in tema di riordino normativo nei settori interessati da direttive comunitarie. L’emanazione del testo unico in materia di intermediazione finanziaria costituisce – a tutt’oggi – l’unico esempio di riordino normativo effettuato sulla base delle prescrizioni della legge comunitaria annuale (D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, adottato ai sensi degli artt. 8 e 21 della legge comunitaria per il 1994[44]).


Art. 6

 

(Attuazione della direttiva 2008/46/CE)

 

 

1. All'articolo 306, comma 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, dopo le parole: «direttiva 2004/40/CE» sono inserite le seguenti: «, e successive modificazioni».

 

 

L'articolo 6 reca disposizioni per l'attuazione della direttiva 2008/46/CE[45], che modifica la direttiva 2004/40/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici), diciottesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE.

 

In particolare, la richiamata direttiva 2008/46/CE, sostituendo il paragrafo 1 dell'articolo 13 della direttiva 2004/40/CE, ha prorogato al 30 aprile 2012 (in luogo del 30 aprile 2008 come previsto nel testo originario) il termine per l'adozione, da parte degli Stati membri, delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla stessa direttiva.

 

Si ricorda che la direttiva 2004/40/CE era tra le direttive contenute nell’allegato B della L. 25 gennaio 2006, n. 29 (legge comunitaria per il 2005), da attuare cioè mediante apposito decreto legislativo previo espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari.

Nel corso della XV Legislatura l’attuazione di tale direttiva era contenuta in un apposito schema di decreto (il n. 234), per il quale non è stato espresso il parere delle competenti Commissioni parlamentari a causa della fine anticipata della Legislatura stessa.

In ogni caso, le disposizioni concernenti la tutela dei lavoratori dai campi elettromagnetici sono successivamente confluite nel D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, nuova legge fondamentale sulla sicurezza e salute sui luoghi di lavoro.

 

L’articolo 306, comma 3, del D.lgs. 81/2008 prevede che le disposizioni di cui al titolo VIII, capo IV, concernenti appunto la protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a campi elettromagnetici, entrino in vigore alla data fissata dal primo comma dell'articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2004/40/CE. Il riferimento – introdotto dall’articolo in esame – anche alle successive modificazioni della direttiva comporta il differimento del termine – già scaduto – di entrata in vigore della disciplina nazionale di attuazione della medesima direttiva.

 

Infine, si ricorda che attualmente presso le Commissioni XI e XII della Camera dei deputati è all’esame lo schema di decreto legislativo n. 79, recante modifiche al D.Lgs. 81/2008, il quale reca altre modifiche al comma 3 dell’articolo 306 del D.Lgs. 81.

Più specificamente, l’integrazione al richiamato comma 3 proposta dallo schema di decreto legislativo prevede diversi limiti temporali per l’ottemperanza agli obblighi di cui all’articolo in caso di attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori anteriormente al 6 luglio 2007 e che non permettono il rispetto dei valori limite di esposizione (6 luglio 2010), nonché per il settore agricolo e forestale (6 luglio 2014). Inoltre, si richiede per il 15 febbraio 2011 l’ottemperanza dell'obbligo del rispetto dei valori limite di esposizione al rumore di cui all’articolo 189e per il settore della navigazione aerea e marittima.


Art. 7

 

(Modifica all'articolo 14 della legge 20 febbraio 2006, n. 82, recante disposizioni di attuazione della normativa comunitaria concernente l'Organizzazione comune di mercato (OCM) del vino)

 

 

1. Il comma 8 dell'articolo 14 della legge 20 febbraio 2006, n. 82, e successive modificazioni, è abrogato.

 

 

L’articolo 7 dispone l’abrogazione della norma (art. 14, comma 8, della legge n. 82/2006) che impone ai laboratori di analisi, i quali sottopongano ad analisi ufficiale qualsiasi prodotto vinoso, di effettuare la ricerca sistematica dei denaturanti dalla stessa legge previsti. La norma abrogata prevede inoltre che il risultato delle analisi debba essere riportato sul certificato di analisi chimica mentre la eventuale irregolarità rilevata va segnalata al competente ufficio periferico dell’Ispettorato centrale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari.

La relazione di presentazione del disegno di legge afferma al riguardo che “sebbene la finalità della norma sia quella di impedire, attraverso un'estensione dei controlli analitici, che prodotti avviati alla distillazione (vini e fecce) vengano destinati al consumo umano attraverso la miscelazione con altri vini, si rileva, tuttavia, che la disposizione richiamata si somma a un ampio e puntuale sistema di controllo già previsto dalla normativa nazionale e comunitaria circa gli obblighi di distillazione, di distruzione o, comunque, di destinazione ad altri usi industriali dei sottoprodotti della vinificazione e dei prodotti vinosi esclusi dal consumo umano diretto”. La eliminazione dell’obbligatorietà della verifica di cui sopra quindi non porterebbe alcun indebolimento dei sistema dei controlli ampiamente previsto dalle attuali norme nazionali e comunitarie e consentirebbe invece dei risparmi di spesa, rendendo più efficace ed efficiente l’azione amministrativa.

 

La legge n. 82/2006, che reca disposizioni di attuazione delle norme comunitarie che regolano la OCM vitivinicola, dispone che siano denaturati addizionandoli con una sostanza rivelatrice taluni prodotti vinosi, segnatamente i mosti con titolo alcolometrico inferiore all’8% in volume (art. 8, co. 1), il vino con acidità volatile superiore a determinati valori (art. 10, co. 3), mosti e vini non rispondenti a determinati requisiti (art. 11, co. 3), le fecce di vino prima di essere trasferite fuori cantina (art. 14, co.5), i sidri con fermentazione acetica che vengano destinati alle distillerie ed i mosti e vini che debbano essere estratti da un acetifico per essere destinati ad una distilleria o avviati alla distruzione (art. 24).

I provvedimenti di attuazione, adottati con il D.M. 31 luglio 2006[46] e D.M. 4 aprile 2007[47], prevedono che la denaturazione dei prodotti avvenga per addizione di cloruro di litio nella misura compresa fra 5 e 10 grammi per ogni cento litri di prodotto fatta eccezione per i vini destinati ad un acetifico che debbono essere denaturati con sale alimentare.

 


Art. 8

 

(Delega al Governo per l'attuazione di decisioni quadro)

 

 


1. Il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare completa attuazione alle seguenti decisioni quadro:

a) decisione quadro 2001/413/GAI del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativa alla lotta contro le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti;

b) decisione quadro 2002/946/GAI del Consiglio, del 28 novembre 2002, relativa al rafforzamento del quadro penale per la repressione del favoreggiamento dell'ingresso, del transito e del soggiorno illegali;

c) decisione quadro 2004/757/GAI del Consiglio, del 25 ottobre 2004, riguardante la fissazione di norme minime relative agli elementi costitutivi dei reati e alle sanzioni applicabili in materia di traffico illecito di stupefacenti;

d) decisione quadro 2008/841/GAI del Consiglio, del 24 ottobre 2008, relativa alla lotta contro la criminalità organizzata.

2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati, nel rispetto dell'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche europee e del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri degli affari esteri, dell'interno, dell'economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati.

3. Fermo restando quanto previsto dell'articolo 9, i decreti legislativi di cui al comma 1 del presente articolo sono adottati nel rispetto delle disposizioni previste dalle decisioni quadro e dei seguenti princìpi e criteri direttivi, realizzando il necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti:

a) introdurre tra i reati di cui alla sezione III del capo I del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e successive modificazioni, le fattispecie criminose indicate nelle decisioni quadro di cui al comma 1 del presente articolo, con la previsione di adeguate e proporzionate sanzioni pecuniarie e interdittive nei confronti degli enti nell'interesse o a vantaggio dei quali è stato commesso il reato;

b) attribuire a organi di autorità amministrative esistenti, nei limiti delle risorse di cui già dispongono e senza oneri aggiuntivi a carico dello Stato, il compito di svolgere l'attività di punto di contatto per lo scambio di informazioni e per ogni altro rapporto con autorità straniere previsto dalle decisioni quadro di cui al comma 1.

4. Gli schemi dei decreti legislativi sono trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica affinché su di essi sia espresso il parere dei competenti organi parlamentari. Decorsi sessanta giorni dalla data di trasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza del parere. Qualora il termine per l'espressione del parere parlamentare di cui al presente comma, ovvero i diversi termini previsti dai commi 5 e 7, scadano nei trenta giorni che precedono la scadenza dei termini previsti dai commi 1 o 6 o successivamente, questi ultimi sono prorogati di sessanta giorni.

5. Gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle decisioni quadro che comportano conseguenze finanziarie sono corredati della relazione tecnica di cui all'articolo 11-ter, comma 2, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. Su di essi è richiesto anche il parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari. Il Governo, ove non intenda conformarsi alle condizioni formulate con riferimento all'esigenza di garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, ritrasmette alle Camere i testi, corredati dei necessari elementi integrativi di informazione, per i pareri definitivi delle Commissioni competenti per i profili finanziari, che devono essere espressi entro venti giorni.

6. Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi fissati dalla presente legge, il Governo può adottare, con la procedura indicata nei commi 2, 3, 4 e 5, disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi emanati ai sensi del citato comma 1.

7. Il Governo, quando non intende conformarsi ai pareri parlamentari di cui al comma 4, ritrasmette con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni i testi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica. Decorsi venti giorni dalla data di ritrasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza di nuovo parere.


 

 

L’articolo 8 delega il Governo, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge, alla piena attuazione nell’ordinamento nazionale delle seguenti quattro decisioni quadro in materia penale.

 

a) decisione quadro 2001/413/GAI[48] del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativa alla lotta contro le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti (per la cui descrizione si rinvia alla scheda relativa all’art. 9);

 

b) decisione quadro 2002/946/GAI del Consiglio, del 28 novembre 2002, relativa al rafforzamento del quadro penale per la repressione del favoreggiamento dell'ingresso, del transito e del soggiorno illegali;

 

Il termine per l’attuazione della decisione quadro è scaduto il 5 dicembre 2004.

L’articolo 1 della decisione quadro prescrive agli Stati membri l’adozione di misure necessarie affinché gli illeciti definiti negli articoli 1 e 2 della direttiva 2002/90/CE siano passibili di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive che possono comportare l'estradizione, eventualmente accompagnate da ulteriori misure accessorie amministrative (espulsione, confisca del mezzo usato, interdizione dall’attività professionale, ecc)

L’art. 1 della Dir. 2002/90/CE prevede che ogni Stato membro adotta sanzioni appropriate: a) nei confronti di chiunque intenzionalmente aiuti una persona che non sia cittadino di uno Stato membro ad entrare o a transitare nel territorio di uno Stato membro in violazione della legislazione di detto Stato relativa all'ingresso o al transito degli stranieri; b) nei confronti di chiunque intenzionalmente aiuti, a scopo di lucro, una persona che non sia cittadino di uno Stato membro a soggiornare nel territorio di uno Stato membro in violazione della legislazione di detto Stato relativa al soggiorno degli stranieri. L’art. 2 della stessa direttiva prevede che si sanzioni allo stesso modo l’istigazione e il tentativo dei comportamenti sopradescritti.

Analoghe misure dovranno essere adottate per garantire che anche le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili di tali illeciti.

Nell’ordinamento italiano si richiama l’art. 12 del TU Immigrazione (D.Lgs 286 del 1998) che in particolare:

§       al comma 1, prevede il reato di favoreggiamento all’immigrazione clandestina, destinato a colpire coloro che compiano atti diretti a procurare l’ingresso illegale nel territorio dello Stato di uno straniero, ovvero diretti a procurare l’ingresso illegale in altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente. La sanzione è la reclusione da uno a cinque anni e la multa fino a 15.000 euro per ogni persona;

§       al comma 3, prevede il reato di sfruttamento dell’immigrazione clandestina, destinato a colpire coloro che al fine di trarre profitto, anche indiretto, compiano atti diretti a procurare l’ingresso illegale nel territorio dello Stato di uno straniero, ovvero diretti a procurare l’ingresso illegale in altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente. La sanzione è la reclusione da quattro a quindici anni e la multa di 15.000 euro per ogni persona;

§       al comma 5, punisce con la reclusione fino a quattro anni e con la multa fino a 15.493 euro chiunque, al fine di trarre un ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero, favorisce la permanenza di questi nel territorio dello Stato in violazione delle norme del testo unico.

La medesima disposizione prevede specifiche circostanze aggravanti e attenuanti.

In proposito, si segnala che il ddl sicurezza (AS 733-B, attualmente all’esame del Senato in terza lettura) interviene sulla disciplina del favoreggiamento dell’immigrazione clandestina di cui all’art. 12 del T.U. dell’immigrazione, in particolare ridefinendo le condotte che ne integrano la fattispecie e modificando le pene e intervenendo sulle aggravanti e prevede l’operatività dell’ipotesi aggravata del reato di associazione per delinquere anche nel caso di associazione diretta a commettere il delitto di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina aggravato di cui all’art. 12, c. 3-bis, del T.U. sull’immigrazione.

 

c) decisione quadro 2004/757/GAI del Consiglio, del 25 ottobre 2004, riguardante la fissazione di norme minime relative agli elementi costitutivi dei reati e alle sanzioni applicabili in materia di traffico illecito di stupefacenti;

 

Il termine di recepimento della decisione quadro è scaduto 12 maggio 2006.

Il provvedimento, dopo aver fornito le definizioni di stupefacenti e “precursori” (art. 1), all’art. 2 prevede che – con esclusione della detenzione per uso personale come definita dalle rispettive legislazioni nazionali – gli Stati membri adottino sanzioni di natura detentiva in merito alle seguenti condotte illecite, ascrivibili anche alle persone giuridiche:

a) la produzione, la fabbricazione, l'estrazione, la preparazione, l'offerta, la commercializzazione, la distribuzione, la vendita, la consegna a qualsiasi condizione, la mediazione, la spedizione, la spedizione in transito, il trasporto, l'importazione o l'esportazione di stupefacenti;

b) coltura del papavero da oppio, della pianta di coca o della pianta della cannabis;

c) detenzione o acquisto di stupefacenti allo scopo di porre in essere una delle attività sopraccitate;

d) fabbricazione, trasporto, e distribuzione di precursori, quando la persona che compie tali atti sia a conoscenza del fatto che essi saranno utilizzati per la produzione o la fabbricazione illecite di stupefacenti.

La decisione prevede che gli Stati membri adottino, per gli indicati reati pene detentive della durata massima compresa tra almeno 1 e 3 anni e prescrive l’adozione di circostanze aggravanti ed attenuanti nonché di specifiche sanzioni pecuniarie e amministrative applicabili alle persone giuridiche.

Nell’ordinamento italiano, si ricorda che la produzione, il traffico e la detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope sono puniti dall’art. 73 testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza (DPR 9 ottobre 1990, n. 309).

Il disegno di legge S. 1080 delega il Governo a dare attuazione a tre regolamenti comunitari in tema di precursori di droghe apportando le necessarie modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza (DPR 9 ottobre 1990, n. 309.

 

d) decisione quadro 2008/841/GAI del Consiglio, del 24 ottobre 2008, relativa alla lotta contro la criminalità organizzata.

 

La decisione quadro, da recepire entro l'11 maggio 2010, è finalizzata a consolidare le misure di lotta contro la criminalità organizzata all'interno dell'Unione europea. Tale obiettivo costituisce una delle priorità poste dal Programma dell’Aia del 2005 per rinnovare l'Europa nel campo della libertà, sicurezza e giustizia.

In particolare, l’articolo 2 della decisione quadro prevede l’adozione di misure da parte degli Stati membri al fine di considerare reato:

a) la partecipazione attiva (oltre che intenzionale e consapevole) alle attività criminali di un’organizzazione criminale (come definita dall’articolo 1) ivi compresi la fornitura di informazioni o mezzi materiali, il reclutamento di nuovi membri nonché qualsiasi forma di finanziamento delle sue attività (passibile in base all’articolo 3 di una pena privativa della libertà di durata massima compresa tra due e cinque anni);

b) l’intesa da parte di una persona con una o più altre persone per porre in essere un'attività che, se attuata, comporterebbe la commissione di reati di cui all'articolo 1 (reati punibili con una pena privativa della libertà o con una misura di sicurezza privativa della libertà non inferiore a quattro anni), anche se la persona in questione non partecipa all'esecuzione materiale dell'attività (passibile in base all’articolo 3 di una pena privativa della libertà di durata massima pari a quella prevista per il reato a cui è finalizzata l'intesa o compresa tra due e cinque anni).

Si segnala, inoltre, l’articolo 5 della decisione quadro che impone agli Stati l’adozione di misure affinché anche le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili dei reati di cui all'articolo 2:

§         qualora tali reati siano commessi a loro beneficio da una persona, che agisca a titolo individuale o in quanto membro di un organo della persona giuridica, la quale detenga una posizione preminente in seno alla persona giuridica stessa (par. 1);

§         qualora la mancata sorveglianza o il mancato controllo da parte di una persona di cui al paragrafo 1 abbia reso possibile la commissione, da parte di una persona soggetta alla sua autorità, di uno dei reati di cui all'articolo 2 a beneficio della persona giuridica (par. 2).

In relazione alla responsabilità delle persone giuridiche, in base all’articolo 6,  devono essere previste pene effettive, proporzionate e dissuasive, di natura pecuniaria (penali o non penali) o anche di natura diversa.

 

Con riferimento ai reati cd. associativi, nell’ordinamento italiano si richiamano in particolare la fattispecie generale di cui all’articolo 416 c.p. (che punisce l’associazione per delinquere) e quella di cui all’articolo 416-bis c.p. (relativa all’associazione di tipo mafioso), entrambe ricomprese nell’ambito dei delitti contro l’ordine pubblico, nonché i reati di cui agli artt. 270 (relativo alle associazioni sovversive), 270-bis (relativo alle associazioni con finalità di terrorismo o eversive dell’ordinamento democratico) e 271 c.p. (associazioni antinazionali), ricompresi invece tra i delitti contro la personalità dello Stato.

Con riferimento al profilo della responsabilità delle persone giuridiche, si segnala l’articolo 2, comma 29, del ddl sicurezza (AS 733-B, all’esame del Senato in terza lettura), che inserisce nel D.Lgs. 231/2001, in materia di responsabilità amministrativa degli enti[49], un nuovo art. 24-ter, che prevede sanzioni pecuniarie e interdittive a carico dell’ente in relazione alla commissione di delitti di criminalità organizzata.

 

I principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega sono delineati nel comma 3, che oltre a richiamare l’articolo 9 (che detta specifici principi per l’attuazione della decisione quadro 2001/413/GAI), nonché il rispetto delle disposizioni delle decisioni quadro, prevede:

a) l’introduzione delle fattispecie criminose indicate nelle decisioni quadro nei confronti degli enti nell'interesse o a vantaggio dei quali è stato commesso il reato tra i reati di cui alla sezione III del capo I (che riguarda la responsabilità amministrativa da reato) del sopra richiamato decreto legislativo n. 231 del 2001; la disposizione prescrive inoltre la previsione di adeguate e proporzionate sanzioni pecuniarie e interdittive;

b) l’attribuzione ad organi di autorità amministrative esistenti del compito di svolgere l'attività di punto di contatto per lo scambio di informazioni e per ogni altro rapporto con autorità straniere previsto dalle decisioni quadro; la disposizione precisa che ciò deve avvenire nei limiti delle risorse di cui tali amministrazioni già dispongono e senza oneri aggiuntivi a carico dello Stato.

 

In proposito, la relazione illustrativa precisa che “nell'individuazione dei princìpi e criteri direttivi di delega, il disegno di legge prende le mosse dalla constatazione che, per molte delle decisioni quadro già scadute, i profili di inattuazione sono limitati e comuni”.

Il procedimento di adozione dei decreti legislativi è sostanzialmente analogo a quello previsto dall’articolo 1 per l’attuazione delle direttive (in particolar modo delle direttive comprese nell'elenco di cui all'allegato B, nonché di quelle elencate nell'allegato A, qualora si intenda fare ricorso a sanzioni penali), salvo che per alcune specificità. In particolare, considerato che la materia oggetto delle decisioni quadro rientra nella potestà legislativa esclusiva dello Stato, manca ogni riferimento alla competenza legislativa delle regioni e delle province autonome e alla clausola di cedevolezza. Inoltre, sono previsti termini diversi per l’espressione del parere parlamentare (sessanta giorni dalla trasmissione anziché quaranta giorni[50]) e per l’adozione di decreti correttivi (diciotto mesi anziché ventiquattro mesi).

ll comma 2 individua i soggetti proponenti i decreti legislativi nonché i ministeri deputati ad esprimere il concerto.

I commi 4, 5 e 7 disciplinano l’espressione del parere parlamentare sugli schemi dei decreti legislativi di attuazione (da rendere entro sessanta giorni, decorsi i quali il decreto è emanato anche in mancanza di parere); l’obbligo di relazione tecnica per gli schemi di decreti legislativi che comportino conseguenze finanziarie, e su questi ultimi anche il parere delle Commissioni competenti per i profili finanziari; la ritrasmissione del testo alle Camere qualora il Governo non intenda conformarsi ai pareri parlamentari resi dalle commissioni competenti o alle condizioni formulate dalle Commissioni competenti per i profili finanziari con riferimento all'esigenza di garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione.

Il comma 6 contiene, infine, la delega al Governo – da esercitare entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore dei singoli decreti legislativi – per l’adozione di disposizioni correttive ed integrative della normativa delegata di attuazione. La disposizione conferma i principi e criteri direttivi fissati dalla medesima legge comunitaria e, per quanto riguarda la procedura, richiama l’applicazione della disciplina prevista dai commi 2, 3, 4 e 5 per l’adozione dei decreti attuativi delle decisioni quadro. Si segnala che non viene richiamato anche il comma 7 relativo alla ritrasmissione del testo alle Camere nel caso in cui il Governo non intenda conformarsi ai pareri precedentemente resi (salvo che non si tratti di mancato recepimento di condizioni formulate per garantire il rispetto dell’art. 81, quarto comma, Cost., nel qual caso trova comunque applicazione il comma 5).

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Lotta all’immigrazione clandestina

Per quanto riguarda le misure legislative UE volte a contrastare l’immigrazione clandestina, si segnala che il 25 maggio 2009 il Consiglio ha definitivamente adottato la direttiva  relativa a sanzioni contro i datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi residenti illegalmente nel territorio dell’UE (COM(2007)249).

Il tema dell’immigrazione clandestina nell’area del Mediterraneo, è stato recentemente oggetto di particolare attenzione da parte delle istituzioni dell’UE. Il 27 maggio 2009 la Commissione europea ha prospettato alla Presidenza del Consiglio giustizia e affari interni dell’UE, in  vista della riunione del 4-5 giugno, una serie di misure a breve termine volte a far fronte al problema con riguardo sia alla sicurezza dei migranti che alla situazione di forte pressione a cui sono sottoposti gli Stati membri del Sud dell’UE.

Le misure proposte riguardano i seguenti ambiti:

·         asilo e protezione umanitaria

·         controllo delle frontiere e operazioni marittime

·         rapporti con i paesi terzi

Per quanto riguarda l’asilo e la protezione umanitaria, la Commissione ritiene utile proporre un’azione coordinata per uno sforzo volontario di solidarietà con gli Stati membri  più esposti, sotto forma di “reinsediamento”  delle persone che abbiano ottenuto lo status di rifugiato, vale a dire di redistribuzione tra gli Stati membri in modo da non gravare eccessivamente sui paesi di arrivo. In un secondo tempo, la Commissione ritiene possibile prevedere il consolidamento di questo impegno, tramite la messa in atto di un meccanismo di solidarietà più strutturato. La Commissione propone inoltre di rafforzare i dispositivi di protezione dei rifugiati e dei richiedenti asilo nei paesi del Sud e dell’Est del Mediterraneo, anche attraverso programmi di protezione regionale.

Nell’ambito del controllo delle frontiere e delle operazioni marittime la Commissione ritiene opportuno chiarire le responsabilità degli Stati membri che partecipano alle operazioni di Frontex con proprie navi, in particolare adottando disposizioni chiare relativamente al luogo di sbarco  delle persone soccorse nel quadro delle operazioni. La Commissione considera inoltre necessario sfruttare tutti i mezzi a disposizione di Frontex, compresa l’organizzazione di voli di ritorno congiunti, eventualmente inquadrati da accordi di riammissione.

Nell’ambito delle relazioni esterne, relativamente alla regione nel suo insieme, la Commissione auspica l’organizzazione di una conferenza ministeriale euro-africana su migrazione e sviluppo, in continuità con la conferenza di Tripoli del 2006, che veda la partecipazione dei paesi di origine, di transito e di destinazione e si concentri in particolare sulle rotte migratorie dall’Africa orientale.

Per quanto riguarda la Libia in particolare, la Commissione suggerisce: 1) l’adozione,  nell’ambito dei negoziati di un accordo quadro, di un programma di cooperazione che preveda azioni concrete in materia di gestione delle frontiere marittime e terrestri, di prevenzione e lotta all’immigrazione clandestina e alla tratta degli esseri umani nonché un dialogo sulla facilitazione dei visti; 2) la promozione delle relazioni tra l’Alto commissariato ONU per i rifugiati (UNHCR) e la Libia al fine di instituire nel paese un dispositivo di accoglienza e protezione dei richiedenti asilo conforme alle norme internazionali.

Il comunicato stampa relativo al Consiglio giustizia e affari interni del 4 - 5 giugno 2009 informa che, prendendo atto delle proposte della Commissione, i ministri competenti degli Stati membri hanno tenuto uno scambio di opinioni sul tema dell’immigrazione clandestina nel Mediterraneo. Esprimendo viva preoccupazione per il numero crescente di migranti che rischiano la vita in mare nel tentativo di entrare illegalmente nell’UE, i ministri hanno convenuto che l’individuazione dei metodi atti a prevenire le tragedie umane e rafforzare la lotta all’immigrazione clandestina richieda un ulteriore esame.

Si ricorda che il Consiglio giustizia e affari interni del 26-27 febbraio 2009 aveva accolto favorevolmente un documento trasmesso dai Ministri dell’Interno di Cipro, Grecia, Italia e Malta, nel quale, ispirandosi al Patto europeo sull’immigrazione e l’asilo adottato dal Consiglio europeo nell’ottobre 2008, si richiamava l’esigenza e si ribadiva l’impegno a rafforzare le misure pratiche di cooperazione al fine di un migliore controllo dei flussi migratori nella regione mediterranea, assicurando  al contempo la protezione della vita dei migranti. Le misure pratiche previste nel documento si riferivano tra l’altro al rafforzamento di Frontex e al proseguimento delle operazioni congiunte nel Mediterraneo.

Particolare rilevanza assume l’impegno dell’Unione europea nel contrasto alle reti di trafficanti che sfruttano l’immigrazione clandestina. Il 17 ottobre 2008 la Commissione europea ha presentato un documento di lavoro dal titolo Valutazione e monitoraggio dell’attuazione del piano UE sulle migliori pratiche, le norme e le procedure per contrastare e prevenire la tratta di esseri umani. In esso la Commissione, partendo dalla considerazione che gli emigranti costituiscono un gruppo particolarmente vulnerabile, ritiene che vada migliorata la  cooperazione Europol/Frontex  in modo da realizzare un più diretto collegamento tra  le attività di contrasto all’immigrazione clandestina e la lotta alla tratta degli esseri umani.

Le osservazioni contenute nel documento di lavoro sono state tenute in conto nell’elaborazione della proposta di decisione quadro (COM(2009)136) concernente la prevenzione e la repressione della tratta degli esseri umani e la protezione delle vittime, presentata dalla Commissione europea il 25 marzo 2009 e volta ad adeguare la normativa UE alla Convenzione del Consiglio d’Europa del 2005.

Il Consiglio giustizia e affari interni del 4-5 giugno 2009 ha individuato alcuni aspetti della proposta che necessitano approfondimenti: la questione della base giuridica, l’intensità delle sanzioni in relazione alla gravità del reato; la questione della giurisdizione extraterritoriale in caso di turismo sessuale; la protezione e l’assistenza alle vittime.

Il Consiglio ha inoltre adottato conclusioni nelle quali invita  gli Stati membri a partecipare a una rete informale e flessibile dell'UE di relatori nazionali o di meccanismi equivalenti al fine di migliorare la comprensione del fenomeno della tratta degli esseri umani e fornire all'Unione e ai suoi Stati membri informazioni strategiche obiettive, affidabili, comparabili e aggiornate in materia.

In vista del rafforzamento della cooperazione nella gestione delle frontiere esterne dell’UE, nel febbraio 2008 la Commissione europea ha presentato le seguenti comunicazioni:

·   Relazione sulla valutazione e sullo sviluppo futuro della Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea – Frontex (COM(2008)67)

La relazione intende fornire la base per esaminare la fattibilità di un eventuale “sistema europeo di guardie di frontiera”, rafforzando strumenti già esistenti quali il Registro centralizzato delle attrezzature tecniche disponibili (CRATE), fornite su base volontaria degli Stati membri ad uno Stato membro che ne faccia richiesta per operazioni di controllo e sorveglianza delle frontiere e le squadre di intervento rapido (RABIT), di recente istituzione.

·   La creazione di un Sistema europeo di controllo delle frontiere (EUROSUR) (COM(2008)68);

La Commissione propone la creazione di un “sistema europeo di controllo delle frontiere” (denominato Eurosur), finalizzato soprattutto a ridurre il numero di immigrati illegali che entrano clandestinamente nell’UE; ridurre il tasso di mortalità degli immigrati illegali, salvando un maggior numero di vite in mare; aumentare la sicurezza interna in tutta l’UE contribuendo a prevenire la criminalità transfrontaliera.

·   Le evoluzioni future della gestione delle frontiere nell’Unione europea (COM(2008)69).

La comunicazione propone misure volte a rafforzare le procedure in materia di controllo dei cittadini dei paesi terzi lungo le frontiere, facilitando nel contempo le procedure di ingresso e di uscita dall’Unione europea per i cittadini UE e per i viaggiatori in buona fede, provenienti dai paesi terzi.

Lotta alla criminalità organizzata

Il Consiglio giustizia e affari interni del 4-5 giugno 2009 ha adottato conclusioni sulle priorità dell'UE per il biennio 2009-2010 nella lotta contro la criminalità organizzata

Sulla base della Valutazione Europol per il 2009 della minaccia rappresentata dalla criminalità organizzata (OCTA) e della Valutazione della minaccia rappresentata dalla criminalità organizzata russa (ROCTA), il Consiglio ritiene debba essere considerato prioritario per l'UE il contrasto dei  seguenti “mercati criminali”:

·   traffico di stupefacenti, specie lungo la rotta dell'Africa occidentale e centrale (compresi gli stupefacenti provenienti dall'America latina e dai Caraibi), a fini di stoccaggio e transito ma anche di lavorazione, commercializzazione e/o produzione;

·   tratta di esseri umani (anche dall'Africa) specie a fini di sfruttamento sessuale;

·   frode, corruzione e riciclaggio dei proventi di reato nonché altre attività connesse alla presenza nell'economia di gruppi criminali organizzati, soprattutto se causano gravi distorsioni della concorrenza legale o un aumento dell'influenza dei gruppi criminali nella sfera politica, economica e giudiziaria. Il Consiglio rileva che quest'ultimo pericolo è presente specialmente in relazione ai gruppi criminali organizzati di lingua russa.

Il Consiglio  sottolinea  la necessità di attuare misure per lottare contro i fattori che favoriscono la criminalità (uso di documenti d'identità falsificati o ottenuti in modo fraudolento, uso di tecnologie bancarie/ finanziarie, uso illecito del settore dei trasporti) nonché la necessità di sviluppare un approccio preventivo e amministrativo, e la cooperazione tra il settore pubblico e quello privato, ivi inclusa la società civile.

Rilevando come le priorità dell'UE nella lotta contro la criminalità organizzata possano essere attuate soltanto dalle autorità nazionali degli Stati membri con il necessario supporto degli organi dell'UE e delle agenzie competenti, il Consiglio pone  l'accento sull'importanza che gli Stati membri assegnino alla cooperazione internazionale risorse nazionali sufficienti e rilevanti e che siano conseguentemente adottate altre priorità nazionali. Gli Stati membri, i competenti gruppi di lavoro del Consiglio, la Commissione e le competenti agenzie dell'UE saranno tenuti a presentare alla Presidenza, entro il 30 ottobre 2010, una relazione sull'attuazione delle suddette priorità redatta per mezzo di un formato standard fornito dal Segretariato del Consiglio.

Per quanto riguarda gli strumenti di cooperazione operativa nella lotta alla criminalità organizzata, il Consiglio giustizia e affari interni del 24 ottobre 2008  ha adottato conclusioni sull’attuazione di un meccanismo di allerta precoce per minacce legate sia ad organizzazioni criminali che  e al terrorismo, basato, previa valutazione della necessità di emendare l’attuale quadro normativo, su una procedura di segnalazione di individui sospetti tramite il Sistema informativo Schengen (SIS).

Per quanto riguarda la criminalità informatica, il Consiglio del 24 ottobre 2008 ha adottato conclusioni in materia di cibercriminalità nelle quali, tra le altre cose, invita Europol ad istituire ed ospitare una piattaforma europea di lotta alla criminalità in rete che costituisca il punto di convergenza delle varie piattaforme nazionali, al fine di un più efficace scambio di informazioni in materia. Il Consiglio giustizia e affari interni del 27 novembre 2008 ha concordato una strategia di lavoro per la lotta alla cibercriminalità nella quale individua le misure a breve e medio termine che la Commissione europea e gli Stati membri dovranno adottare in materia, con il coinvolgimento del settore privato.

Si ricorda infine che il 20 novembre 2008 la Commissione europea ha presentato la comunicazione ”Proventi della criminalità organizzata – Garantire che “il crimine non paghi” (COM(2008)766). La comunicazione si concentra sull’istituto della confisca e del recupero dei proventi di reato nell’ambito dell’Unione europea e analizza le differenti procedure giuridiche esistenti negli Stati membri, individuando misure strategiche, legislative e non, per migliorare la cooperazione a livello UE.

 L’impegno dell’Unione europea nella lotta alla criminalità organizzata con particolare riferimento alla tratta degli esseri umani, allo sfruttamento sessuale dei bambini, alla cybercriminalità e alla criminalità economica  e al traffico di droga costituiscono elementi chiave della proposta della Commissione europea per il nuovo programma pluriennale per l’area libertà giustizia e sicurezza 2010-2014, presentato dalla Commissione europea il 10 giugno 2009 (COM(2009)262) e in attesa di esame del Consiglio e del Parlamento europeo, in vista dell’adozione definitiva da parte del Consiglio europeo di dicembre.

Lotta al traffico di droga

L’8 dicembre 2008 il Consiglio ha adottato il Piano d’azione di lotta alla droga 2009-2012, presentato dalla Commissione nel settembre 2008 (COM(2008)567).

Sul versante della riduzione dell’offerta, il piano d’azione prevede, tra le altre cose, che gli  Stati membri, in collaborazione con le istituzioni europee, Europol, Eurojust e Cepol, si impegnino a:

·   rendere più efficace la cooperazione UE nel campo delle misure intese a contrastare la produzione di sostanze psicoattive e il narco-traffico, attraverso:

-   il perseguimento delle organizzazioni criminali che costituiscono maggior pericolo utilizzando a pieno il modello europeo in materia di informazioni sull'attività criminale e relative componenti;

-  Il potenziamento delle operazioni di contrasto multidisciplinari ricorrendo a squadre investigative comuni (SIC) e operazioni doganali congiunte (ODC), con la partecipazione di forze di polizia, autorità doganali e di controllo delle frontiere e eventualmente di Europol;

-  il miglioramento della qualità dei dati investigativi che dalle unità nazionali Europol confluiscono all’unità narcotici Europol, soprattutto per quanto riguarda i livelli di criminalità organizzata più elevati;

-  il ricorso più sistematico, ai fini dello scambio di informazioni e dati investigativi tra le autorità di contrasto,  agli ufficiali di collegamento nei paesi terzi, con l’eventuale coinvolgimento di Europol.

·   ridurre lo sviamento e il traffico dei precursori chimici nell'UE utilizzati per la produzione di sostanze psicoattive illecite, in particolare dei precursori di droghe sintetiche, attraverso:

-  l’ assunzione di  una posizione chiara e unitaria in ambito internazionale e in seno all'ONU, sulla base della normativa in vigore e delle pratiche di cooperazione con il settore privato;

-  l’inclusione, da parte dei servizi doganali, di controlli sui precursori nei propri piani strategici, onde pervenire ad una gestione più efficace dei controlli alle frontiere e un coordinamento più stretto con le altre autorità di contrasto coinvolte in operazioni antidroga (sostegno reciproco);

-  la sottoscrizione da parte dell’UE, ove possibile, di accordi di cooperazione con i paesi individuati quali fonti principali dei principali precursori di droghe sintetiche.

·   ridurre le conseguenze sulla società delle attività criminali connesse alla produzione di stupefacenti e al narcotraffico, attraverso

-  il potenziamento delle politiche di confisca e recupero dei beni a livello nazionale e dell'UE per agevolare la confisca e il recupero dei proventi della criminalità connessa agli stupefacenti;

-  la creazione di una piattaforma informale a sostegno della creazione di uffici per il recupero dei beni negli Stati membri e il sostegno alle indagini tramite l'ufficio dell'Europol che si occupa dell'intercettazione dei proventi criminali.

 


Art. 9

 

(Princìpi e criteri direttivi di attuazione della decisione quadro 2001/413/GAI del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativa alla lotta contro le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti)

 

 


1. Il Governo adotta il decreto legislativo recante le norme occorrenti per dare attuazione alla decisione quadro 2001/413/GAI del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativa alla lotta contro le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi generali stabiliti dall'articolo 2, comma 1, lettere a), e), f) e g), e dall'articolo 8, comma 3, nonché nel rispetto delle disposizioni previste dalla decisione quadro medesima e sulla base del seguente principio e criterio direttivo, realizzando il necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti: introdurre nel titolo V del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, una fattispecie criminosa la quale punisca con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da 310 a 1.550 euro la condotta di chi fabbrica, acquista, detiene o aliena strumenti, articoli, programmi informatici e ogni altro mezzo destinato esclusivamente alla contraffazione o alla falsificazione di strumenti di pagamento diversi dai contanti, del tipo di quelli indicati nell'articolo 55 del medesimo decreto legislativo n. 231 del 2007, nonché una fattispecie criminosa la quale punisca con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 200 a 1.000 euro la condotta di chi fabbrica, acquista, detiene o aliena programmi informatici destinati esclusivamente al trasferimento di denaro o di altri valori monetari, allo scopo di procurare a sé o ad altri un indebito vantaggio economico, mediante l'introduzione, la variazione o la soppressione non autorizzata di dati elettronici oppure mediante un'interferenza non autorizzata con il funzionamento del programma o del sistema elettronico.


 

 

L’articolo 9 delega il Governo ad introdurre nell’ordinamento due nuove fattispecie penalmente rilevanti al fine di attuare la decisione quadro 2001/413/GAI del Consiglio dell’Unione europea del 28 maggio 2001, in tema di lotta contro le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti.

 

A tal fine, le norme in commento richiedono che vengano rispettati sia i princìpi e criteri direttivi generali stabiliti dall’articolo 2, comma 1, lettere a), e), f) e g), e dall’articolo 8, comma 3 del progetto di legge in esame, sia le disposizioni previste dalla citata decisione-quadro, precisando ulteriormente l’obbligo di effettuare il necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti in materia.

 

Si ricorda che l’articolo 2, comma 1, tra i principi e criteri direttivi di delega recati dal provvedimento in esame, contempla:

§       la massima semplificazione dei procedimenti (lett. a));

§       ove si debbano attuare direttive che modificano precedenti direttive già attuate con legge o con decreto legislativo, che si proceda – salvo che la modificazione comporti ampliamento della materia regolata - apportando le corrispondenti modificazioni alla legge o al decreto legislativo di attuazione della direttiva modificata (lett. e));

§       l’obbligo di tener conto delle eventuali modificazioni delle direttive comunitarie comunque intervenute fino al momento dell'esercizio della delega (lett. f));

§       in presenza di sovrapposizioni di competenze tra amministrazioni diverse o coinvolgimento di più amministrazioni statali, che si applichino i princìpi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione (lett. g)).

Il comma 3 dell’articolo 8 dispone, nell’adozione di norme attuative di disposizioni europee di natura penale, che le fattispecie criminose indicate in alcune decisioni quadro (nello specifico, quelle indicate al comma 1 dell’articolo 8, per cui si veda la relativa scheda di lettura) debbano essere inseriti nell’alveo della disciplina di cui alla sezione III del capo I del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231[51], ovvero nella sezione dedicata alla responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche; in tal caso si devono prevedere adeguate e proporzionate sanzioni pecuniarie e interdittive nei confronti degli enti nell'interesse o a vantaggio dei quali è stato commesso il reato (lettera a)).

Inoltre, nell’attuazione della delega è necessario attribuire a organi di autorità amministrative esistenti, nei limiti delle risorse di cui già dispongono e senza oneri aggiuntivi a carico dello Stato, il compito di svolgere l'attività di punto di contatto per lo scambio di informazioni e per ogni altro rapporto con autorità straniere previsto dalle citate decisioni quadro.

 

La decisione-quadro del Consiglio del 28 maggio 2001, relativa alla lotta contro le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti (2001/413/GAI), persegue l’obiettivo di uniformare le legislazioni degli Stati membri, affinché le frodi e la falsificazione di mezzi di pagamento diversi dai contanti siano considerati illeciti penali passibili di sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive sia nei confronti delle persone fisiche, sia nei confronti delle persone giuridiche che commettono tali illeciti (considerando 4 e 9 della decisione quadro).

 

In particolare, le norme europee (articolo 2) dispongono che gli Stati membri caratterizzino come penalmente rilevanti specifiche condotte illecite concernenti strumenti di pagamento diversi dal denaro, ovvero carte di credito, carte eurocheque, altre carte emesse da istituti finanziari, travellers’ cheques, eurocheque, nonché altri assegni o cambiali. La rilevanza penale deve concernere anche gli illeciti commessi mediante computer (articolo 3) o mediante dispositivi informatici appositamente allestiti (articolo 4).

Le norme europee dispongono altresì (articoli 7 e 8) che in ciascuno Stato membro anche le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili delle condotte illecite a determinate condizioni. In particolare, la responsabilità si configura ove le condotte siano poste in essere commesse da qualsiasi persona, che agisca individualmente o in quanto parte di un organo della persona giuridica, la quale detenga una posizione dominante in seno alla persona giuridica, basata sul potere di rappresentanza o sull'autorità di prendere decisioni per conto della persona giuridica, ovvero sull'esercizio del controllo in seno a tale persona giuridica, in presenza della complicità o dell'istigazione a commettere l’illecito. Per quanto attiene al profilo sanzionatorio, per le persone giuridiche responsabili degli illeciti penali la normativa europea prevede che siano comminate sanzioni pecuniarie (penali o amministrative) ed eventualmente anche sanzioni interdittive quali l’assoggettamento a sorveglianza giudiziaria, il divieto di esercizio di attività commerciale e lo scioglimento mediante provvedimenti giudiziari.

 

In tale ottica e come già rilevato supra, le disposizioni dell’articolo 9 prevedono l’individuazione di due fattispecie criminose da inserire all’interno del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231[52]:

In particolare, si dispone l’introduzione di :

-       una fattispecie che punisca con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da 310 a 1.550 euro la condotta di chi fabbrica, acquista, detiene o aliena strumenti, articoli, programmi informatici e ogni altro mezzo destinato esclusivamente alla contraffazione o alla falsificazione di strumenti di pagamento diversi dai contanti, del tipo di quelli indicati nell’articolo 55 del medesimo decreto legislativo n. 231 del 2007.
L’articolo 55, ultimo comma, del D. Lgs. n. 231 del 2007 punisce la condotta di utilizzo indebito di carte di credito o di pagamento o di qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all'acquisto di beni o alla prestazione di servizi.

-       una fattispecie che punisca con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 200 a 1.000 euro la condotta di chi fabbrica, acquista, detiene o aliena programmi informatici destinati esclusivamente al trasferimento di denaro o di altri valori monetari, allo scopo di procurare a sé o ad altri un indebito vantaggio economico, mediante l’introduzione, la variazione o la soppressione non autorizzata di dati elettronici oppure mediante un’interferenza non autorizzata con il funzionamento del programma o del sistema elettronico.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il 22 aprile 2008 la Commissione ha presentato una relazione nella quale passa in rassegna i progressi realizzati nell’attuazione del piano di azione per la lotta contro le frodi dei mezzi di pagamento diversi dal contante relativo al periodo 2004-2007 (SEC(2008)511), richiamando, in particolare:

-      l’adozione di una serie di disposizioni legislative nel settore dei servizi finanziari che direttamente o indirettamente disciplinano gli aspetti relativi alla lotta contro le frodi nei pagamenti, quali la direttiva 2005/60/CE sulla lotta contro il riciclaggio di capitale e la direttiva 2007/64/CE sui servizi di pagamento nel mercato interno;

-      l’adozione di specifiche iniziative, anche di natura non legislativa, intese a fronteggiare le nuove minacce per la sicurezza dei pagamenti, tra cui l’istituzione dell’Agenzia europea per la sicurezza delle reti e dell’informazione (ENISA), la costituzione di un gruppo di esperti per la prevenzione delle frodi, l’avvio di una serie di progetti di ricerca in materia di sicurezza delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni, l’adozione da parte della Commissione di una comunicazione sulla lotta contro la cibercriminalità (COM(2007)267) ed infine l’adozione della decisione quadro 2005/222/GAI relativa agli attacchi contro i sistemi di informazione.

Considerato che la frode contro i mezzi di pagamento costituisce una seria minaccia per la realizzazione del mercato interno in questo settore, la Commissione considera prioritario rafforzare la sicurezza dei nuovi sistemi di pagamento e la fiducia dei consumatori in tali strumenti. Dopo aver sottolineato l’importante contributo che verrà dato a tal fine dalla realizzazione della SEPA (Area unica dei pagamenti in euro), la relazione ricorda le altre iniziative attualmente in corso nel settore e riguardanti il rafforzamento dei requisiti di sicurezza delle carte di credito, la lotta contro la frode nell’e-banking, la formazione del personale di polizia specializzato nella lotta contro le frodi dei pagamenti, la realizzazione di una banca dati contenente statistiche sulle frodi ed infine l‘avvio di un piano d’azione comunitario relativo al periodo 2006-2010 per lo sviluppo di statistiche UE sulla criminalità e sulla giustizia penale.

 


Schede sulle direttive contenute negli allegati


Allegato A

 


Direttiva 2008/72/CE

 

(Commercializzazione delle piantine di ortaggi)

 

 

La direttiva n. 2008/72/CE per motivi di razionalità e chiarezza procede alla codificazione della direttiva 92/33/CEE relativa alla commercializzazione delle piantine di ortaggi e dei materiali di moltiplicazione di ortaggi, ad eccezione delle sementi, che è stata modificata in modo sostanziale ed a più riprese.

La direttiva base 92/33/CEE ha definito i requisiti armonizzati a livello comunitario che consentono la commercializzazione di materiale di qualità e in buone condizioni fitosanitarie in modo da superare le barriere create dalle diverse legislazioni nazionali e consentire all’orticoltura di conseguire risultati soddisfacenti.

La direttiva 2008/72/CE di codifica, non modificando il quadro normativo preesistente, non prevede nuovi termini di recepimento e si limita pertanto a far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento delle direttive che vengono abrogate con la codifica.

La direttiva base 92/33/CEE, per la quale valeva il termine del 31 dicembre 1992, è stata recepita nell’ordinamento nazionale con il DPR 21 dicembre 1996, n. 698; la direttiva 2003/61/CE, che recava il termine del 10 ottobre 2003, è stata recepita il 13 dicembre 2004 con il d.lgs. n. 331; l’adeguamento infine alla direttiva 2006/124/CE, che doveva essere disposto entro il 1° luglio 2007, è stato effettuato con il D.M. 18 giugno 2007.


Direttiva 2008/106/CE

 

(Requisiti minimi di formazione per la gente di mare)

 

 

La direttiva 2008/106/CE definisce i requisiti minimi di formazione della gente di mare, basati su norme approvate a livello internazionale, e il reciproco riconoscimento dei certificati di abilitazione rilasciati dagli Stati membri, al fine di rafforzare la sicurezza dei mari e di promuovere la mobilità professionale dei marittimi all’interno dell’Unione europea.

 

La direttiva in esame costituisce la rifusione della direttiva 2001/25/CE e delle direttive successivamente intervenute in materia.

Si ricorda che la direttiva 2001/25/CE costituiva a sua volta la rifusione delle direttive 94/58/CE e 98/35/CE, recepite in Italia con il D.P.R. 9 maggio 2001, n. 324. La direttiva 2001/25/CE è stata modificata dalle seguenti direttive:

§       direttiva 2002/84/CE, recepita con il D.Lgs. 27 maggio 2005, n. 119;

§       direttiva 2003/103/CE, recepita con il D.P.R. 2 maggio 2006, n. 246;

§       direttiva 2005/23/CE, anch’essa recepita con il D.P.R. n. 246/2006;

§       direttiva 2005/45/CE, recepita con il D.P.R. 31 marzo 2009, n. 55.

 

I nuovi elementi introdotti dalla direttiva 2008/106/CE in esame, rispetto alla normativa previgente, riguardano esclusivamente le procedure di comitato per l'esercizio delle competenze di esecuzione, conferite alla Commissione, di cui all’articolo 28, paragrafo 3.

Il citato articolo rinvia all’articolo 5-bis[53] della decisione 1999/648/CE, che disciplina la procedura di regolamentazione con controllo, per l’adozione di misure di portata generale intese a modificare elementi non essenziali di un atto legislativo. Tale procedura consente ai due rami dell'autorità legislativa di effettuare un controllo preliminare all'adozione delle misure.

 

Termine di recepimento: come indicato nel “considerando n. 25”, il recepimento della direttiva 106/2008/CE da parte degli Stati membri non è necessario. L’articolo 32 fa salvi i termini di recepimento delle direttive sopra menzionate, che hanno novellato la direttiva 2001/25/CE e sono state già recepite in Italia.


Direttiva 2008/112/CE

 

(Classificazione, etichettatura e imballaggio delle sostanze e delle miscele)

 

 

La direttiva in esame, composta di nove articoli ed entrata in vigore il 12 gennaio 2009, modifica diverse norme europee allo scopo di adeguarle al regolamento n. 1272 del 2008 relativo alla classificazione, all'etichettatura e all'imballaggio delle sostanze e delle miscele pericolose.

Il regolamento n. 1272 del 2008, al fine di garantire un elevato livello di protezione della salute dell'uomo e dell'ambiente, dispone sulla armonizzazione della classificazione ed etichettatura di sostanze, miscele ed esplosivi, per favorirne la libera circolazione nella Comunità. Conseguentemente, tale regolamento ha sostituito la direttiva 67/548/CEE sulle sostanze pericolose e la direttiva 1999/45/CE concernente i preparati pericolosi.

Il regolamento non si applica tra l’altro ai medicinali ai cosmetici e alle sostanze radioattive

Entro il 1°aprile 2010 gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva e applicano tali disposizioni a decorrere dal 1° giugno 2010 (articolo 7).

La direttiva in esame modifica le seguenti norme:

la direttiva 76/768[54] sui cosmetici (articolo 1);

la direttiva 88/378[55] sulla sicurezza dei giocattoli (articolo 2);

la direttiva 1999/13[56] sulla limitazione delle emissioni di composti organici volatili dovute all'uso di solventi organici (articolo 3);

la direttiva 2000/53[57] relativa ai veicoli fuori uso (articolo 4);

la direttiva 2002/96[58] sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) (articolo 5);

la direttiva 2004/42/CE[59] relativa alla limitazione delle emissioni di composti organici volatili dovute all'uso di solventi organici in talune pitture e vernici e in taluni prodotti per carrozzeria (articolo 6).

La transizione dai criteri di classificazione contenuti nelle direttive 67/548/CEE e 1999/45/CE deve essere completata il 1° giugno 2015.


Allegato B

 


Direttiva 2008/92/CE

 

(Trasparenza dei prezzi al consumatore finale industriale di gas ed energia elettrica)

 

 

La direttiva 2008/92/CE del Parlamento e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, procede alla rifusione delle disposizioni della direttiva 90/377/CEE e successive modifiche concernenti la procedura comunitaria sulla trasparenza dei prezzi al consumatore finale industriale di gas e di energia elettrica.

La trasparenza dei prezzi dell’energia è essenziale per la realizzazione e il buon funzionamento del mercato interno dell’energia. Essa può contribuire a eliminare le discriminazioni tra i consumatori, favorendo la libera scelta tra le diverse fonti energetiche e tra i fornitori.

La direttiva, entrata in vigore il 27 novembre 2007, impone (articolo 1) agli Stati membri l’adozione delle misure necessarie affinché le imprese che forniscono gas o elettricità ai consumatori industriali finali comunichino all’Istituto statistico delle Comunità europee (Eurostat):

§         i prezzi e le condizioni di vendita di gas e di elettricità ai suddetti consumatori;

Si tratta di informazioni che secondo il considerando (9) consentiranno un paragone con le altre fonti energetiche (petrolio, carbone, energie fossili e rinnovabili) e gli altri consumatori.

§         i sistemi di prezzi in vigore;

§         la ripartizione dei consumatori per categore di consumo.

 

I dati relativi ai prezzi e condizioni di vendita ai consumatori industriali finali nonchè ai sistemi vigenti di prezzi sono rilevati il 1° gennaio e il 1° luglio di ogni anno e sono comunicati a Eurostat e alle competenti autorità dei singoli Stati membri entro due mesi; quindiEurostat pubblica, a maggio e a novembre di ogni anno, in una forma appropriata, i prezzi del gas e dell'energia elettrica per usi industriali negli Stati membri nonché i sistemi di prezzi utilizzati per la loro elaborazione. Invece l’informazione sulla ripartizione dei consumatori per categorie di consumo viene trasmessa a Eurostat e alle competenti autorità dei singoli Stati membri con cadenza biennale; tale informazione non viene pubblicata (articolo 2) .

Le suddette comunicazioni a Eurostat dovrebbero consentire alla Commissione di essere informata al fine di determinare, se necessario, le azioni o le proposte più opportune in relazione alla situazione del mercato interno dell’energia(“considerando n. 13”).

 

Negli allegati I e II della direttiva figurano le disposizioni attuative relative alla forma, al tenore e alle altre caratteristiche delle informazioni indicate all’articolo 1 (articolo 3).

E’ fatto divieto ad Eurostat di divulgare i dati comunicati ai sensi dell’art. 1 che potrebbero essere coperti dal segreto commerciale delle imprese. I dati riservati trasmessi sono accessibili unicamente ai funzionari di Eurostat e possono essere utilizzati solo a scopi statistici. E’ tuttavia consentita una pubblicazione di tali dati in forma aggregata in modo da non consentire l’identificazione delle singole transazioni commerciali (articolo 4).

In presenza di anomalie o incoerenze statisticamente significative nei dati comunicati, Eurostat, ai fini di una valutazione e di una eventuale rettifica  dell’informazione ritenuta anormale, ha facoltà di richiedere agli organi nazionali di conoscere i dati disaggregati e i procedimenti di calcolo o di valutazione su cui si fondano le informazioni aggregate (articolo 5).

Alla Commissione è riconosciuto il potere di apportare modifiche agli allegati I e II in caso di problemi specifici individuati, con la precisazione che tali modifiche riguardano soltanto gli elementi tecnici contenuti negli allegati I e II, per cui vengono esclusi gli emendamenti tali da poter alterare l'economia generale del sistema (articolo 6).

Si dispone inoltre che la Commissione, per l’esercizio delle competenze in questione, è assistita da un comitato (articolo 7).

La Commissione con cadenza annuale invia al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo una relazione di sintesi sull’applicazione della direttiva in esame (articolo 8).

 

Per quanto concerne il settore del gas la direttiva in esame sarà applicata nei singoli Stati membri soltanto cinque anni dopo l’introduzione di tale energia nel mercato nazionale (articolo 9).

Al “considerando n. 20” si evidenzia che sarà possibile attuare la direttiva in modo uniforme solo se il mercato del gas naturale avrà raggiunto un livello di sviluppo sufficiente specie per quanto riguarda le infrastrutture.

 

Infine si dispone (articolo 10) l’abrogazione della direttiva 90/377/CEE così come modificata da successivi atti normativi, facendo salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento della medesima direttiva (30 luglio 1991) e della direttiva 2006/108/CE che la ha modificata (1° gennaio 2007).

 

Il “considerando n. 23” precisa che la direttiva in esame non richiede l’adozione di provvedimenti di attuazione da parte degli Stati membri “dato che i nuovi elementi introdotti nella presente direttiva riguardano esclusivamente la procedura di comitato”.

Pertanto non è indicato un termine per il recepimento della direttiva in esame da parte degli Stati membri[60].


Direttiva 2008/95/CE

 

(Riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa)

 

 

La direttiva 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008[61], procede, a fini di razionalità e chiarezza, alla codificazione della normativa sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, dal momento che la direttiva del Consiglio 89/104/CEE del 21 dicembre 1988 era stata modificata da una decisione del Consiglio del 1992[62].

Essa si applica ai marchi di impresa di prodotti o di servizi individuali, collettivi, di garanzia o certificazione che hanno formato oggetto di una registrazione o di una domanda di registrazione in uno Stato membro o presso l’Ufficio Benelux per la proprietà intellettuale o che sono oggetto di una registrazione internazionale che produce effetti in uno Stato membro (articolo 1).

Non ritenendo necessario procedere a un ravvicinamento completo delle legislazioni degli Stati Membri in tema di marchi di impresa, il provvedimento limita il ravvicinamento alle disposizioni nazionali che hanno un'incidenza più diretta sul funzionamento del mercato interno. Esso non priva gli Stati membri del diritto di continuare a tutelare i marchi di impresa acquisiti attraverso l'uso, ma disciplina detti marchi solo per ciò che attiene ai loro rapporti con i marchi d'impresa acquisiti attraverso la registrazione.

Possono costituire marchi di impresa tutti i segni che possono essere riprodotti graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, la forma del prodotto o il suo confezionamento, a condizione che tali segni siano adatti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese (articolo 2).

La realizzazione degli obiettivi perseguiti presuppone che l'acquisizione e la conservazione del diritto sul marchio di impresa registrato siano in linea di massima subordinate alle stesse condizioni in tutti gli Stati membri. A tale scopo occorre un elenco esemplificativo di segni in grado di costituire un marchio di impresa, i quali consentano di contraddistinguere i prodotti o i servizi di un'impresa da quelli di altre imprese.

Il marchio di impresa registrato conferisce al titolare un diritto esclusivo. Il titolare ha quindi il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio un segno identico al marchio di impresa per prodotti o servizi identici a quelli per cui è stato registrato, ovvero un segno che possa dare adito a un rischio di confusione per il pubblico (articolo 5).

La tutela che è accordata dal marchio di impresa registrato e che mira in particolare a garantire la funzione d'origine del marchio di impresa è assoluta in caso di identità tra il marchio di impresa e il segno, nonché tra i prodotti o servizi. La tutela viene accordata anche in caso di somiglianza tra il marchio di impresa e il segno e tra i prodotti o servizi. La nozione di somiglianza viene adottata dalla norma in relazione al rischio di confusione. Il rischio di confusione - la cui valutazione dipende da numerosi fattori, e segnatamente dalla notorietà del marchio di impresa sul mercato, dall'associazione che può essere fatta tra il marchio di impresa e il segno usato o registrato, dal grado di somiglianza tra il marchio di impresa e il segno e tra i prodotti o servizi designati - costituisce la condizione specifica della tutela. La direttiva non pregiudica, in ogni caso, le norme procedurali nazionali, alle quali spetta disciplinare i mezzi grazie a cui può essere constatato il rischio di confusione, e in particolare l'onere della prova.

Il marchio di impresa può essere oggetto di licenza (esclusiva o non esclusiva) per la totalità o parte dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato. Il titolare di un marchio di impresa può far valere i diritti conferiti da tale marchio contro un licenziatario che trasgredisca una disposizione del contratto di licenza per quanto riguarda la durata, la forma, la natura  e la qualità dei prodotti, oppure il territorio al cui interno il marchio di impresa può essere apposto (articolo 8).

La direttiva contiene inoltre disposizioni riguardanti i motivi di nullità, l’uso del marchio d’impresa, le sanzioni per il mancato uso[63] e i motivi di decadenza, nonché disposizioni particolari concernenti i marchi collettivi, i marchi di garanzia e i marchi di certificazione, per gli Stati membri la cui legislazione ne autorizzi la registrazione.

Agli Stati membri è inoltre lasciata la piena libertà di fissare le disposizioni procedurali relative alla registrazione, alla decadenza o alla nullità dei marchi di impresa acquisiti attraverso la registrazione. Spetta loro, ad esempio, stabilire la forma delle procedure di registrazione e di nullità, decidere se debbano essere fatti valere diritti anteriori nella procedura di registrazione o nella procedura di nullità ovvero in entrambe, o ancora, qualora possano essere fatti valere diritti anteriori nella procedura di registrazione, prevedere una procedura di opposizione o un esame d'ufficio, ovvero entrambi. Gli Stati membri mantengono poi la facoltà di determinare gli effetti della decadenza o della nullità dei marchi di impresa.

 

Infine si dispone (articolo 17) l’abrogazione della direttiva 89/104/CEE, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento della medesima direttiva nel diritto nazionale (31 dicembre 1992).

 

Si segnala che non è indicato il termine per il recepimento della direttiva 2008/95/CE da parte degli Stati membri[64].


Direttiva 2008/96/CE

 

(Gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali)

 

 

La direttiva 2008/96/CE contiene alcune misure dirette a migliorare la sicurezza delle infrastrutture stradali della Comunità allo scopo di ridurre il tasso di mortalità e il numero di incidenti stradali.

Si segnala che, nella comunicazione del 2 giugno 2003, relativa al Programma di azione europeo per la sicurezza stradale, la Commissione ha individuato nell’infrastruttura stradale uno degli obiettivi della politica di sicurezza stradale.[65]

 

La direttiva si applica alle strade che fanno parte della rete transeuropea dei trasporti, di cui alla decisione 1692/96/CE; è comunque possibile la sua applicazione, come codice di buone prassi, alle altre strade nazionali, costruite con il finanziamento parziale o totale della Comunità.

 

La direttiva prevede la messa a punto e l’attuazione delle seguenti procedure:

§      valutazione d’impatto dei progetti di infrastruttura sulla sicurezza stradale (articolo 3);

La valutazione consiste in un’analisi comparativa strategica dell’impatto di una nuova strada o della modifica sostanziale della rete esistente sul livello di sicurezza della rete stradale. Deve essere effettuata prima dell’approvazione del progetto.

§      controlli della sicurezza stradale per i progetti di infrastruttura (articolo 4);

I progetti di costruzione delle infrastrutture dovranno essere sottoposti a controlli nelle loro diverse fasi (studio di fattibilità, studi preliminari, progettazione particolareggiata, ultimazione e prima fase di funzionamento). Il controllo deve essere effettuato da un controllore indipendente (articolo 9), dotato di idonea formazione professionale, che redige una relazione di controllo, nella quale sono definiti gli aspetti della progettazione che possono rivelarsi critici per la sicurezza. La mancata rettifica del progetto in seguito ai rilievi del controllore deve essere giustificata dall’organo competente, in allegato alla relazione.

§      classificazione della rete stradale (articolo 5);

Gli Stati membri dovranno individuare, analizzare e classificare i tratti stradali in cui è stato registrato un elevato numero di incidenti mortali. Gli stessi dovranno inoltre individuare, analizzare e classificare le sezioni della rete stradale in funzione del loro potenziale di miglioramento della sicurezza e di risparmio dei costi connessi agli incidenti. I tratti così individuati saranno oggetto di valutazione da parte di gruppi di esperti, mediante visite in loco, e per essi saranno adottate misure correttive mirate.

Gli Stati membri dovranno predisporre un’adeguata segnaletica per evidenziare i tratti dell’infrastruttura stradale in riparazione e segnalare agli utenti la presenza di tratti stradali ad elevata concentrazione di incidenti.

§      ispezioni di sicurezza (articolo 6);

Le strade aperte al traffico dovranno essere sottoposte a verifica ordinaria periodica in ordine alle loro caratteristiche e difetti che esigono interventi di manutenzione per ragioni di sicurezza. Dovranno inoltre essere valutati i possibili effetti dei lavori in corso sulla sicurezza del flusso di traffico.

 

L’organo competente dovrà redigere una relazione di incidente per ciascun incidente mortale verificatosi sulla rete stradale transeuropea. Gli Stati membri calcolano il costo sociale medio di un incidente mortale e di un incidente grave verificatosi nel proprio territorio (articolo 7).

 

 

Il termine di recepimento della direttiva è stabilito al 19 dicembre 2010.

Si segnala che entro il 19 dicembre 2011 gli Stati membri dovranno adottare orientamenti per coadiuvare gli organi competenti nell’applicazione della direttiva (articolo 8). Entro la stessa data gli Stati membri dovranno inoltre adottare programmi di formazione per i controllori della sicurezza stradale (articolo 9).

 


Direttiva 2008/98/CE

 

(Rifiuti)

 

 

La nuova direttiva quadro in materia di rifiuti 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 si compone di 43 articoli e 5 allegati e provvederà a sostituire la precedente direttiva quadro (2006/12/CE) a decorrere dal 12 dicembre 2010.

Tra le principali novità previste dalla nuova direttiva, si segnalano, in particolare, per il loro rilevante impatto:

§      il tentativo di semplificazione e chiarificazione della normativa sui rifiuti;

A tal fine vengono introdotte nuove definizioni allo scopo di prevenire le possibili distorsioni sul mercato derivanti da un’applicazione non uniforme delle nozioni in oggetto.

Benché la definizione di rifiuto rimanga sostanzialmente immutata, viene introdotta una serie di nuove nozioni (prima fra tutte, quella di ‘‘sottoprodotto’’), intese a circoscrivere l’ambito di applicazione della legislazione comunitaria in materia. Vengono, inoltre, introdotte le definizioni di ‘‘riciclaggio’’, ‘‘riutilizzo’’ e ‘‘ preparazione per il riutilizzo’’ nonché rivisitate le definizioni di ‘‘raccolta’’ e di ‘‘recupero’’, nonché fissati i criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto (cd. end of waste).

In particolare si segnala che il concetto di «sottoprodotto» - introdotto dall’art. 5 della direttiva -, seppur non nuovo nel diritto comunitario (in quanto oggetto di ricostruzione giurisprudenziale fin dal 2002), viene inserito per la prima volta in un provvedimento legislativo comunitario.

Ai sensi del successivo art. 6 (relativo alla “cessazione della qualifica di rifiuto”), taluni rifiuti specifici cessano di essere tali, quando siano sottoposti a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio, e soddisfino determinati criteri da elaborare conformemente ad una serie di condizioni stabilite dalla norma.

Oltre all’inserimento di nuove definizioni, la direttiva prevede l’introduzione (all’art. 2) di nuove ipotesi di esclusione dal campo di applicazione della normativa in materia di rifiuti.

Tra di esse si ricordano: il terreno (in situ), inclusi il suolo contaminato non escavato e gli edifici collegati permanentemente al terreno; il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel corso di attività di costruzione, ove sia certo che il materiale sarà utilizzato a fini di costruzione allo stato naturale nello stesso sito in cui è stato escavato.

Si fa notare che tale ipotesi di esclusione è stata già recepita nell’ordinamento nazionale dall’art. 20, comma 10-sexies, del decreto-legge n. 185/2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2/2009, che ha opportunamente modificato l’art. 185 del d.lgs. n. 152/2006 (cd. Codice dell’ambiente).

Si rammentano, altresì, tra le nuove esclusioni, i materiali agricoli o forestali naturali non pericolosi utilizzati nell'attività agricola, nella silvicoltura o per la produzione di energia a partire dalle stesse biomasse, nonché - nella misura in cui sono contemplati da altra normativa comunitaria - i sottoprodotti di origine animale, compresi i prodotti trasformati contemplati dal regolamento (CE) n. 1774/2002, eccetto quelli destinati all'incenerimento, allo smaltimento in discarica o all'utilizzo in un impianto di produzione di biogas o di compostaggio. Inoltre, fatti salvi gli obblighi risultanti da altre normative comunitarie pertinenti, sono esclusi dall'ambito di applicazione della direttiva i sedimenti spostati all'interno di acque superficiali ai fini della gestione delle acque e dei corsi d'acqua o della prevenzione di inondazioni o della riduzione degli effetti di inondazioni o siccità o ripristino dei suoli, se è provato che i sedimenti non sono pericolosi.

Un’ulteriore semplificazione operata dalla direttiva in esame, avviene mediante l’integrazione nel testo della stessa delle due direttive, che vengono contestualmente abrogate, sui rifiuti pericolosi (91/689/CEE) e sugli oli usati (75/439/CEE).

Il contenuto degli articoli della direttiva sui rifiuti pericolosi è trasposto nel testo degli articoli 17-20 della direttiva in esame, mentre gli obblighi in materia di raccolta e trattamento degli oli usati vengono incorporati nella direttiva quadro dall’art 21.

§      l'inserimento dell'obiettivo ambientale (art. 1) e l’introduzione del concetto di “ciclo di vita” in materia di rifiuti. L'obiettivo è, infatti, di ridurre l’impatto ambientale legato all’uso dei rifiuti, tenendo conto di tutte le fasi del loro ciclo di vita, ossia il periodo che va dalla produzione alla gestione. Il concetto di ciclo di vita si inserisce all’interno della “gerarchia dei rifiuti”, di fatto già esistente nella legislazione vigente, ma rielaborata dall’art. 4.

La nuova scala gerarchica (articolata su cinque stadi[66]) che, ai sensi dell’art. 4 della direttiva, deve essere rispettata quale ordine di priorità della normativa e della politica in materia di prevenzione e gestione dei rifiuti, a differenza della previgente norma di fonte comunitaria, che poneva il recupero di energia sullo stesso piano del recupero di materia prima, considera il riciclaggio preferibile rispetto ad altre forme di recupero. Inoltre viene concessa la facoltà agli Stati membri, per alcuni flussi di rifiuti, di discostarsi dalla gerarchia sulla base di valutazioni legate al ciclo di vita e che riguardano l'impatto generale del trattamento.

§      la previsione di specifici programmi di prevenzione dei rifiuti;

Per quanto riguarda la prevenzione dei rifiuti, la fissazione di obiettivi quantitativi in materia di prevenzione viene rinviata ad un momento successivo ed è prevista (dall’art. 9) l’elaborazione, a livello nazionale, di programmi di prevenzione dei rifiuti entro il 12 dicembre 2013 (art. 29) volti a fissare gli obiettivi di prevenzione.

§      l’istituzione di un nuovo quadro normativo adeguato per lo sviluppo delle attività di recupero e riciclo mediante, soprattutto[67]:

§      l’introduzione di soglie di efficienza energetica al fine di inquadrare le operazioni di trattamento dei rifiuti urbani in inceneritori municipali come attività di recupero o di smaltimento (art. 38; Allegato II, punto R1);

Nell'ambito delle operazioni di recupero vengono infatti riconosciuti due tipi di incenerimento: quello volto a valorizzare i rifiuti e quello volto ad eliminarli. Nell'allegato II della direttiva sono riportate le percentuali dell’indice di efficienza energetica[68] quale linea di demarcazione per la classificazione delle operazioni di incenerimento come "recupero" o "smaltimento". Esse sono fissate al 60% per gli impianti già esistenti e al 65% per quelli autorizzati dopo il 31 dicembre 2008.

§      l’inserimento di chiari obiettivi in materia di riciclaggio;

Le disposizioni di cui all’art. 11, rubricato “riutilizzo e riciclaggio”, sono finalizzate ad incentivare gli investimenti nel settore della prevenzione, del riciclaggio e del riutilizzo. A tal fine, l’art. 11, oltre a prevedere l’adozione da parte degli Stati membri di una combinazione di misure per la promozione del riutilizzo e del riciclaggio (tra cui, strumenti economici, costituzione di reti di riutilizzo e riparazione, criteri in materia di appalti, obiettivi quantitativi), fissa i seguenti target:

- entro il 2015, istituzione della raccolta differenziata almeno per i seguenti materiali: carta, metallo, plastica e vetro;

- entro il 2020: incremento del 50%, in termini di peso, per quanto attiene alla preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio di rifiuti, quali, come minimo, carta, metalli, plastica e vetro provenienti dai nuclei domestici; nonché incremento del 70 per cento, in termini di peso, relativamente alla preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e altri tipi di recupero di materiale, di rifiuti da costruzione e demolizione non pericolosi.

L’elemento di novità della disposizione in esame è – come sottolineato da più parti[69] - quello di coniugare obiettivi di riciclo e riutilizzo basati sui prodotti alla fine del ciclo di vita (già in vigore per gli imballaggi, i veicoli fuori uso, le pile e gli accumulatori usati ed i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche) con obiettivi basati sui singoli materiali.

§      la previsione di una “responsabilità estesa del produttore”;

L’art. 8 prevede - fatti salvi i settori ove la legislazione comunitaria già prevede che il produttore sia responsabile delle varie fasi di gestione[70] - che gli Stati membri possano adottare misure legislative o non legislative volte ad assicurare che qualsiasi persona fisica o giuridica che professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi, tratti, venda o importi prodotti (produttore del prodotto) sia soggetto ad responsabilità. Qualora uno Stato membro non decida di avvalersi di un regime specifico sulla responsabilità del produttore, ai sensi dell’art. 14 i “costi della gestione dei rifiuti sono sostenuti dal produttore iniziale o dai detentori del momento o dai detentori precedenti dei rifiuti”, secondo il principio «chi inquina paga».

Il termine per il recepimento della direttiva 2008/98/CE da parte degli Stati membri è fissato al 12 dicembre 2010.


Direttiva 2008/99/CE

 

(Tutela penale dell’ambiente)

 

 

La direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell’ambiente dovrà essere attuata dagli Stati membri entro il 26 dicembre 2010.

Essa si propone l’obiettivo di ottenere che gli Stati membri introducano, nel proprio diritto penale interno, sanzioni penali che possano garantire una più efficace tutela dell’ambiente (“considerando n. 3” e art. 1), con un grado di deterrenza maggiore rispetto alle sanzioni amministrative o ai meccanismi risarcitori del diritto civile.

La direttiva rappresenta, pertanto, un importante cambiamento nel sistema delle fonti normative del diritto penale ambientale, in quanto istituisce un livello minimo di armonizzazione in relazione alle attività contro l’ambiente che devono essere considerate reati e un sistema di responsabilità penale analogo per tutte le persone giuridiche in grado di garantire una più efficace tutela dell’ambiente stesso.

La direttiva recepisce i principi ribaditi in due sentenze della Corte di giustizia europea[71] secondo cui la competenza della Comunità europea ad attuare le politiche e le azioni comuni di cui agli artt. 2 e 3 del Trattato CE comprende anche il potere di richiedere agli Stati membri l’applicazione di adeguate sanzioni penali.

Nelle due citate sentenze, pur confermando il consolidato principio in forza del quale, in linea generale, “la legislazione penale e le regole di procedura penale non rientrano tra le competenze comunitarie”, la Corte ha affermato che tale constatazione non potrebbe precludere alla legislazione comunitaria - quando l’applicazione di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive da parte delle autorità nazionali competenti costituisca una misura «indispensabile» per lottare contro i comportamenti gravemente pregiudizievoli per l’ambiente - di adottare misure collegate al diritto penale degli Stati membri e che siano considerate “necessarie” per garantire la piena efficacia delle norme che esso venga a emanare in materia di protezione dell’ambiente.

Sul piano applicativo, la direttiva è destinata, infatti, ad avere effetti sulle normative penali dei singoli Stati membri, in quanto prevede che vengano sanzionate una serie di condotte imputabili a persone giuridiche idonee a provocare danni alla salute delle persone o un significativo deterioramento dell’ambiente.

L’articolo 3 reca, pertanto, un elenco di nove tipi di attività illecite che dovranno essere considerate reati da parte degli Stati membri, allorché poste in essere intenzionalmente o con grave negligenza e qualora provochino danni alla salute delle persone (decesso o lesioni gravi), ovvero un danno rilevante alle componenti naturali dell’ambiente (un significativo deterioramento della qualità dell’aria, del suolo, delle acque, della fauna o della flora):

1.    scarico, emissione o immissione illeciti nell’aria, nel suolo o nelle acque, di un quantitativo di sostanze o radiazioni ionizzanti;

2.    raccolta, trasporto, recupero o smaltimento di rifiuti, comprese la sorveglianza di queste operazioni e il controllo dei siti di smaltimento successivo alla loro chiusura, nonché l’attività di gestione di rifiuti effettuata dal commerciante o intermediario;

3.    spedizione di rifiuti transfrontalieri effettuata in quantità non trascurabile in un’unica operazione o in più operazioni che risultino fra di loro connesse;

4.    esercizio di un impianto in cui sono svolte attività pericolose o nelle quali siano depositate sostanze o preparati pericolosi;

5.    fabbricazione, trattamento, deposito, uso, trasporto, esportazione o importazione di materiali nucleari o di altre sostanze radioattive pericolose;

6.    uccisione, la distruzione, il possesso o il prelievo di quantità non trascurabili di specie animali o vegetali selvatiche protette;

7.    commercio di quantità non trascurabili di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette o di parti di esse o di prodotti derivati;

8.    significativo deterioramento di un habitat all’interno di un sito protetto;

9.    produzione,importazione,esportazione, immissione sul mercato o uso di sostanze che riducano lo strato di ozono.

 

Allo stesso modo, è previsto che siano qualificate come reati le condotte di favoreggiamento e di istigazione a commettere intenzionalmente talune delle suddette attività (articolo 4).

L’articolo 5 dispone, quindi, che gli Stati membri dovranno adottare, secondo una formula ricorrente a livello comunitario, misure necessarie per assicurare che i reati previsti agli articolo 3 e 4 vengano puniti con sanzioni penaliefficaci, proporzionate e dissuasive”, ferma restando lafacoltà di stabilire disposizioni penali più stringenti (“considerando n. 12”).

 

La direttiva introduce, all’articolo 6, una responsabilità penale in capo alle persone giuridiche per i reati indicati agli articoli 3 e 4, qualora siano commessi, a loro vantaggio, da qualsiasi soggetto che detenga una posizione preminente in seno alla stessa persona giuridica (comma 1).

Lo stesso articolo introduce anche una responsabilità da reato dell’ente «per carenza di sorveglianza o controllo» da parte di uno dei soggetti aventi la posizione preminente sopracitata, che abbia reso possibile la perpetrazione dei suddetti reati a vantaggio della persona giuridica da parte di una persona soggetta alla sua autorità (comma 2).

Il comma 3 precisa, infine, come la responsabilità dell’ente non escluda l’azione penale nei confronti delle persone fisiche che siano autori, incitatori o complici dei reati di cui agli articoli 3 e 4.

La previsione del coinvolgimento delle persone giuridiche nella materia ambientale rappresenta un profondo cambiamento nel sistema delle fonti normative del diritto penale ambientale in quanto, il più delle volte, sono gli enti economici a svolgere attività industriale nel cui interesse vengono colposamente o dolosamente compiuti gravi danni all’ambiente, ed essi sono, in genere, costituiti come persone giuridiche.

 

L’articolo 7 stabilisce che anche nei confronti delle persone giuridiche responsabili dei reati ambientali le sanzioni disposte dai singoli ordinamenti nazionali siano "efficaci, proporzionate e dissuasive".

 

La direttiva reca, infine, due allegati, in cui viene elencata la normativa comunitaria la cui violazione sostituisce un comportamento “illecito” ai sensi dell’articolo 2 della stessa direttiva:

§      l’allegato A reca 69 direttive comunitarie emanate a protezione dell’ambiente e adottate in base al Trattato CE;

§      l’allegato B riporta 3 direttive adottate ai sensi del Euratom.

 

Da ultimo si riportano alcune considerazioni in merito agli effetti delle disposizioni della direttiva 2008/99/CE sulla disciplina nazionale relativa alla responsabilità da reato degli enti, ai sensi del decreto legislativo n. 231 del 2001, estendendone l'ambito applicativo ai reati ambientali.

Si ricorda, infatti, che il citato decreto n. 231, con cui è stata introdotta nel sistema giuridico italiano la responsabilità da reato delle persone giuridiche, non prevede la responsabilità amministrativa degli enti dipendente da reati ambientali. La delega contenuta nell’art. 11, comma 1, lett. d), della legge 29 settembre 2000, n. 300, che includeva nell’elenco dei reati - presupposto della responsabilità dell’ente – anche quelli in materia di tutela dell’ambiente e del territorio, non è stata, infatti, ancora esercitata dal Governo.

Attualmente, l'unica norma in materia ambientale che rinvia alla responsabilità della persona giuridica - e alle previsioni del citato decreto legislativo n. 231/2001 - è contenuta nell’art. 192, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (cd. Codice ambientale) sull’abbandono dei rifiuti.

 

Il citato 4 dell’art. 192 così recita “Qualora la responsabilità del fatto illecito sia imputabile ad amministratori o rappresentanti di persona giuridica ai sensi e per gli effetti del comma 3, sono tenuti in solido la persona giuridica ed i soggetti che siano subentrati nei diritti della persona stessa, secondo le previsioni del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni”.

 

Tale disposizione, tuttavia, oltre a limitare il riferimento agli amministratori o rappresentanti delle persone giuridiche, sembrerebbe far espresso riferimento unicamente alla previsione del comma 3 dell’art. 192 citato (abbandono e deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo e immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee). Si tratta, pertanto, di un rinvio generico che, alla luce di una interpretazione della norma e dei principi di tassatività e tipicità cui è ispirato il diritto penale, non può che condurre ad escludere l'applicabilità della responsabilità ex decreto 231 agli illeciti ambientali.

Pertanto, il legislatore nazionale dovrà prevedere, entro il 26 dicembre 2010 (termine di recepimento della direttiva), l’estensione della responsabilità penale delle persone giuridiche anche ai reati ambientali colposi che saranno introdotti nel sistema giuridico nazionale, in quanto la direttiva impone l’attuazione di un sistema sanzionatorio di natura esclusivamente penale. Viene, invece, lasciata ampia discrezionalità in merito alla tipologia di sanzioni, pecuniarie e/o interdittive (revoca delle autorizzazioni, interdizioni dall’esercizio dell’attività, esclusione da finanziamenti, divieto di contrattazione con la P.A., tanto per citarne alcune), applicabili alle persone giuridiche responsabili di reati ambientali.


Direttiva 2008/104/CE

 

(Lavoro tramite agenzia interinale)

 

 

La direttiva 2008/104/CE del 19 novembre 2008, del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al lavoro tramite agenzia interinale, provvede a disciplinare, in ambito europeo, la fattispecie del lavoro interinale, peraltro già diffusa nella maggior parte dei paesi europei.

Quadro normativo

Nel nostro ordinamento la fornitura di lavoro temporaneo (cd. lavoro interinale) è stata introdotta dagli articoli 1-11 della legge 24 giugno 1996, n. 197 (cd. legge Treu)[72], i quali hanno disciplinato la fattispecie sotto il profilo contrattuale, retributivo e previdenziale, innovando profondamente la previgente normativa, che addirittura sanzionava penalmente e civilmente l'attività delle agenzie fornitrici di manodopera (articoli 11 e 27 della legge n. 264/1949 sul collocamento) e vietava, in generale, di affidare a un soggetto terzo l'esecuzione di mere prestazioni di lavoro da svolgersi da parte di personale assunto e retribuito dal terzo intermediario (articolo 1 della legge 23 ottobre 1960, n. 1369).

Si ricorda che nel lavoro interinale viene individuato un rapporto trilaterale (tra impresa fornitrice, lavoratore temporaneo e impresa utilizzatrice) fondato su due diversi contratti:

§       il contratto di fornitura di lavoro temporaneo (stipulato tra impresa fornitrice e impresa utilizzatrice);

§       il contratto di natura lavoristica tra impresa fornitrice e lavoratore temporaneo, (denominato "contratto per prestazioni di lavoro temporaneo") che deve indicare anche l'impresa utilizzatrice, ma in cui il rapporto tra quest'ultima e il lavoratore non assume una autonoma veste contrattuale.

 

Successivamente, il d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276[73], ha introdotto la fattispecie del contratto di somministrazione di lavoro (articoli 20 e ss.), che può essere concluso da ogni soggetto (utilizzatore) che si rivolga ad altro soggetto (somministratore) a ciò autorizzato dal Ministero del lavoro.

Tale contratto in sostanza sostituisce il contratto di fornitura di lavoro interinale (la cui disciplina è stata contestualmente abrogata). Pertanto le agenzie di somministrazione hanno preso il posto delle vecchie agenzie di lavoro temporaneo.

 

La normativa originaria prevedeva che il contratto di somministrazione potesse essere concluso a termine o a tempo indeterminato. Successivamente, l’articolo 1, comma 46, della legge 24 dicembre 2007, n. 247[74], ha abolito la fattispecie della somministrazione a tempo indeterminato[75].

 

Nel caso della somministrazione a tempo determinato viene superata la precedente impostazione restrittiva che rendeva possibile la fornitura di lavoro temporaneo solamente nel casi previsti tassativamente dalla legge o dalla contrattazione collettiva. Pertanto la somministrazione di lavoro a tempo determinato è ammessa ogniqualvolta ricorrano ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all'ordinaria attività dell'utilizzatore. Si affida alla contrattazione collettiva il compito dell’eventuale individuazione, anche in misura non uniforme, di limiti quantitativi di utilizzazione della somministrazione a tempo determinato.

L’articolo 20, inoltre, elenca una serie di fattispecie nelle quali è vietata l’utilizzazione del contratto di somministrazione:

§       nel caso di sostituzione di lavoratori in sciopero;

§       salva diversa previsione dei contratti collettivi, nel caso di unità produttive che nei sei mesi precedenti abbiano effettuato licenziamenti collettivi[76] o presso cui sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione di orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori con analoghe mansioni;

§       nel caso di aziende che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi degli articoli 15 e ss. del d.lgs. n. 81/2008[77].

 

Il successivo articolo 21 dispone che il contratto di somministrazione deve essere concluso in forma scritta (ad substantiam) e deve contenere una serie di elementi (per esempio, numero dei lavoratori interessati e loro mansioni, durata, motivi di interesse aziendale, luogo, orario e trattamento economico, assunzione reciproca degli obblighi contrattuali). La mancanza della forma scritta o la mancata indicazione di alcuni elementi essenziali determina la nullità del contratto di somministrazione, con la conseguenza che i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell’utilizzatore.

Per quanto concerne in generale il rapporto di lavoro tra somministratore e prestatore, per i contratti di lavoro a tempo indeterminato, l’articolo 22 conferma l’applicazione della disciplina civilistica e delle leggi speciali vigenti, mentre per i contratti di lavoro a tempo determinato si applicano le disposizioni del d.lgs. n. 368/2001, in materia, appunto, di lavoro a tempo determinato

Nell’ipotesi di somministrazione a tempo determinato, nel caso in cui il prestatore sia stato assunto dall’agenzia di somministrazione con contratto stipulato a tempo indeterminato, nel medesimo è precisato l’ammontare dell’indennità mensile di disponibilità, corrisposta dal somministratore per i periodi in cui il lavoratore rimane in attesa di assegnazione. La misura di tale indennità è fissata dal contratto collettivo e comunque non può essere inferiore alla misura prevista con decreto ministeriale. Si precisa che l’indennità di disponibilità è esclusa dal computo di ogni istituto di legge o di contratto collettivo (quindi non concorre alla determinazione della tredicesima mensilità o al trattamento di fine rapporto).

All’articolo 23, oltre a prevedersi un obbligo in solido tra somministratore ed utilizzatore per quanto riguarda la corresponsione ai lavoratori dei trattamenti retributivi e dei contributi previdenziali, si prevedono alcune tutele per i lavoratori dal punto di vista economico e retributivo, della sicurezza sul lavoro e dell’esercizio del potere disciplinare riservato al somministratore.

L’articolo 24 dispone che ai lavoratori delle imprese di somministrazione si applicano i diritti sindacali di cui allo Statuto dei lavoratori, alla stregua di tutti i lavoratori subordinati a tempo indeterminato. Il lavoratore può esercitare liberamente, anche presso l’utilizzatore, le libertà sindacali e può partecipare alle assemblee del personale dipendente delle imprese utilizzatrici.

Ai lavoratori che dipendono da uno stesso somministratore ma lavorano presso diversi utilizzatori compete uno specifico diritto di riunione secondo la normativa vigente, con le modalità stabilite dalla contrattazione.

Inoltre, l’utilizzatore è tenuto a comunicare alle rappresentanze sindacali aziendali (r.s.a.) il numero e i motivi dei contratti di somministrazione conclusi, la durata degli stessi, il numero e la qualifica dei lavoratori interessati. In mancanza delle r.s.a. tale comunicazione va indirizzata alle associazioni territoriali di categoria aderenti alle confederazioni dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano sindacale.

L’articolo 25 pone a carico del somministratore il versamento degli oneri contributivi (previdenziali ed assistenziali), nonché quelli relativi all’assicurazione contro gli infortuni. A tal fine il somministratore viene inquadrato nel settore terziario, tranne nel caso in cui i lavoratori prestino la loro opera nel settore agricolo o nel lavoro domestico dove sono applicate le discipline di settore.

Per quanto concerne la responsabilità civile per i danni arrecati a terzi nell’esercizio dell’attività lavorativa, ai sensi dell’articolo 2049 c.c., l’articolo 26precisa che ne risponde il soggetto utilizzatore, poiché esercita nel concreto il potere direttivo nei confronti del lavoratore.

In caso di somministrazione irregolare di lavoro, ovvero quando non siano state rispettate le condizioni per la stipula del contratto di somministrazione (cfr. articolo 20) o non siano state indicati alcuni elementi che configurano il rapporto di lavoro, l’articolo 27stabilisce che il lavoratore possa adire le vie legali per richiedere l’instaurazione di un rapporto di lavoro alle dipendenze dell’utilizzatore con decorrenza fin dall’inizio della somministrazione. Il giudizio dovrà riguardare solo l’accertamento della irregolarità del contratto, senza entrare nel merito delle scelte organizzative o produttive.

Nell’eventualità di somministrazione di lavoro fraudolenta con l’intento di eludere disposizioni legislative o contrattuali inderogabili, l’articolo 28 prevede – oltre alle sanzioni pecuniarie indicate all’articolo 18 del d.lgs. n. 276/2003 – l’irrogazione di una sanzione pecuniaria di 20 euro, a carico sia del somministratore sia dell’utilizzatore, per ciascun lavoratore coinvolto e per ciascun giorno di somministrazione.

Il contenuto della direttiva 2008/104/CE

La direttiva in esame, ritenendo necessarie, per i lavoratori e le imprese, nuove forme di organizzazione del lavoro nonché una maggiore differenziazione dei contratti, che combinino meglio flessibilità e sicurezza, al fine di migliorare la capacità di adattamento (“considerando n. 9”), e stabilendo un quadro normativo che tuteli i lavoratori tramite agenzia interinale che sia non discriminatorio, trasparente e proporzionato, nel rispetto della diversità dei mercati del lavoro e delle relazioni industriali (“considerando n. 12”), provvede a tutelare i lavoratori tramite agenzia interinale e a migliorare la qualità del lavoro tramite agenzia interinale, garantendo il rispetto del principio della parità di trattamento nei confronti dei lavoratori utilizzati e riconoscendo tali agenzie quali datori di lavoro (articolo 2).

 

La stessa direttiva, infatti, nel riconoscere come il ricorso al lavoro temporaneo tramite agenzia, la posizione giuridica, lo status e le condizioni di lavoro dei lavoratori tramite agenzia interinale siano caratterizzati, nell’ambito dell’Unione europea, da una grande diversità (“considerando n. 10”), ha ritenuto tale fattispecie lavorativa rispondente non solamente alle esigenze di flessibilità delle imprese, ma anche alla necessità di conciliare vita privata e vita professionale dei lavoratori dipendenti, nonché in grado di contribuire alla creazione di posti di lavoro e alla partecipazione e all’inserimento al mercato del lavoro (“considerando n. 11”).

 

Le disposizioni di cui alla direttiva in oggetto, ai sensi dell’articolo 11, devono essere adottate entro il 5 dicembre 2011.

Gli Stati membri, ai sensi dello stesso articolo, possono comunque accertarsi che le parti sociali attuino le disposizioni necessarie mediante specifico accordo; in ogni caso devono comunque adottare tutte le misure necessarie a consentire alle stesse parti di garantire in qualsiasi momento il conseguimento degli obiettivi della direttiva in esame.

E’ prevista inoltre la predisposizione di un apparato sanzionatorio (articolo 10) in caso di inosservanza delle disposizioni da parte di agenzie interinali o di imprese utilizzatrici.

 

La direttiva in esame si applica (articolo 1) ai lavoratori titolari di contratto di lavoro o un rapporto di lavoro con un’agenzia interinale e che sono assegnati a imprese utilizzatrici per lavorare temporaneamente (quindi non a tempo indeterminato) e sotto il controllo e la direzione delle stesse, nonché alle imprese pubbliche e private che siano agenzie di lavoro interinale o imprese utilizzatrici che esercitino un’attività economica, con o senza fini di lucro.

Lo stesso articolo (paragrafo 3), dispone la facoltà, per gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, di prevedere la non applicazione delle disposizioni in esame ai contratti o ai rapporti di lavoro conclusi nell’ambito di un programma specifico di formazione, d’inserimento e di riqualificazione professionali, pubblico o sostenuto da enti pubblici.

 

L’articolo 3, paragrafo 1, lasciando comunque impregiudicate le definizioni di retribuzione, contratto di lavoro, rapporto di lavoro o lavoratore, contenute nella legislazione nazionale (paragrafo 2), reca alcune definizioni, tra le quali si segnalano le seguenti:

§      agenzia interinale”: qualsiasi persona fisica o giuridica che, conformemente alla legislazione nazionale, sottoscrive contratti di lavoro o inizia rapporti di lavoro con lavoratori tramite agenzia interinale al fine di inviarli in missione presso imprese utilizzatrici affinché prestino temporaneamente la loro opera sotto il controllo e la direzione delle stesse;

§      lavoratore tramite agenzia interinale” (di seguito lavoratore interinale): il lavoratore che sottoscrive un contratto di lavoro o inizia un rapporto di lavoro con un’agenzia interinale, al fine di essere inviato in missione presso un’impresa utilizzatrice per prestare temporaneamente la propria opera sotto il controllo e la direzione della stessa;

§      impresa utilizzatrice”: qualsiasi persona fisica o giuridica presso cui e sotto il cui controllo e direzione un lavoratore interinale presti temporaneamente la propria opera;

§      missione”: il periodo durante il quale il lavoratore interinale è messo a disposizione di un’impresa utilizzatrice affinché presti temporaneamente la propria opera sotto il controllo e la direzione della stessa.

 

Lo stesso articolo, inoltre, dispone (paragrafo 2) la valenza delle definizioni di retribuzione, contratto di lavoro, rapporto di lavoro o lavoratore, contenute nella legislazione nazionale.

In ogni caso, gli Stati membri non possono escludere dall’ambito d’applicazione della direttiva in esame i lavoratori, i contratti o i rapporti di lavoro unicamente per il fatto che riguardano lavoratori a tempo parziale, lavoratori a tempo determinato o persone che hanno un contratto o un rapporto di lavoro con un’agenzia interinale.

 

La stessa direttiva, inoltre, giustifica la possibilità di ricorrere a divieti o restrizioni in materia soltanto da ragioni d’interesse generale che investono in particolare la tutela dei lavoratori interinali, le prescrizioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro o la necessità di garantire il buon funzionamento del mercato del lavoro e la prevenzione di abusi (articolo 4). E’ previsto altresì un riesame, da effettuare entro il 5 dicembre 2011, delle richiamate restrizioni o divieti sul ricorso al lavoro tramite agenzia interinale, al fine di accertarne la fondatezza.

 

Il successivo articolo 5 reca il principio della parità di trattamento, stabilendo, in particolare (paragrafo 1), che per tutta la durata della missione presso un’impresa utilizzatrice, le condizioni di base di lavoro e d’occupazione dei lavoratori tramite agenzia interinale siano almeno identiche a quelle che si applicherebbero loro se fossero direttamente impiegati dalla stessa impresa per svolgervi il medesimo lavoro.

Più specificamente, ai fini dell’applicazione del richiamato principio, le regole in vigore nell’impresa utilizzatrice concernenti, in particolare, la protezione delle donne in stato di gravidanza e in periodo di allattamento, la protezione dei bambini e dei giovani, nonché la parità di trattamento fra uomini e donne e ogni azione volta a combattere qualsiasi forma di discriminazione fondata su sesso, razza o origine etnica, religione o convinzioni personali, disabilità, età o tendenze sessuali, devono essere rispettate a norma di quanto stabiliscono le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative, i contratti collettivi e/o le altre disposizioni di portata generale presenti in ogni singolo Stato membro.

 

Il principio di parità di trattamento prevede comunque alcune deroghe:

 

§      per quanto attiene alla retribuzione (paragrafo 2), si prevede che gli Stati membri possano, previa consultazione delle parti sociali, derogare al principio richiamato nel caso in cui i lavoratori interinali legati da un contratto a tempo indeterminato a un’agenzia interinale continuino a essere retribuiti nel periodo che intercorre tra una missione e l’altra;

 

§      per quanto concerne la contrattazione (paragrafo 3), si prevede la possibilità, per gli Stati membri, di accordare ai lavoratori interinali, al livello appropriato e alle condizioni da essi previste, l’opzione di mantenere o concludere contratti collettivi che, nel rispetto della protezione globale dei lavoratori interinali, possano stabilire modalità alternative riguardanti le condizioni di lavoro e d’occupazione dei lavoratori interinali, diverse da quelle in precedenza richiamate.

Inoltre, è prevista la possibilità, per gli Stati membri in cui i contratti collettivi siano applicabili o non sia possibile estendere le disposizioni di questi ultimi a tutte le imprese simili in un determinato settore o area geografica, di stabilire modalità alternative riguardanti le condizioni di base di lavoro e d’occupazione in deroga al principio in precedenza richiamato (paragrafo 4);

Tali modalità alternative sono esplicitamente considerate conformi alla normativa comunitaria e sufficientemente precise e accessibili da consentire ai settori e alle aziende interessate di individuare e assolvere i loro obblighi.

Gli Stati membri hanno comunque l’obbligo di precisare, in applicazione dell’articolo 3, paragrafo 2, se i regimi professionali di sicurezza sociale, inclusi i regimi pensionistici, i regimi relativi alle prestazioni per malattia o i regimi di partecipazione finanziaria dei lavoratori, siano compresi nelle condizioni di base di lavoro e d’occupazione in oggetto. Tali modalità alternative lasciano inoltre impregiudicati eventuali accordi a livello nazionale, regionale, locale o settoriale che non siano meno favorevoli ai lavoratori.

 

Spetta in ogni caso agli Stati membri (paragrafo 5) adottare le misure necessarie, conformemente alla legislazione e/o le pratiche nazionali, al fine di evitare il ricorso abusivo all’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo in esame, e, in particolare, per prevenire missioni successive con lo scopo di eludere le disposizioni della presente direttiva.

 

L’articolo 6 dispone in merito all’accesso all’occupazione, alle attrezzature collettive e alla formazione professionale dei lavoratori interinali.

In particolare, si prevede:

§      l’informazione dei lavoratori interinali in relazione ai posti vacanti nell’impresa utilizzatrice, affinché possano aspirare, al pari degli altri dipendenti dell’impresa, a ricoprire posti di lavoro a tempo indeterminato; 

§      la nullità delle clausole che vietino o impediscano la stipulazione di un contratto di lavoro o l’avvio di un rapporto di lavoro tra l’impresa utilizzatrice e il lavoratore tramite agenzia interinale al termine della sua missione;

§      la valenza delle disposizioni in base alle quali le agenzie di lavoro interinale debbano ricevere un compenso ragionevole per i servizi resi all’impresa utilizzatrice in relazione alla missione, all’impiego e alla formazione dei lavoratori tramite agenzia interinale;

§      il divieto per le stesse agenzie di richiedere compensi ai lavoratori in cambio di un’assunzione presso un’impresa utilizzatrice o nel caso in cui essi stipulino un contratto di lavoro o avviino un rapporto di lavoro con l’impresa utilizzatrice dopo una missione nella medesima;

§      l’accesso, salvo specifiche eccezioni, dei lavoratori interinali alle strutture o alle attrezzature collettive e, in particolare, ai servizi di ristorazione, alle infrastrutture d’accoglienza dell’infanzia e ai servizi di trasporto dell’impresa utilizzatrice, alle stesse condizioni dei lavoratori impiegati direttamente dall’impresa stessa, a meno che ragioni oggettive giustifichino un trattamento diverso;

§         l’adozione di misure, da parte degli Stati membri, volte:

·         a migliorare l’accesso dei lavoratori interinali alle opportunità di formazione e alle infrastrutture d’accoglienza dell’infanzia nelle agenzie di lavoro interinale, anche nei periodi che intercorrono tra una missione e l’altra, per favorirne l’avanzamento della carriera e l’occupabilità;

·         a migliorare l’accesso dei lavoratori medesimi alle opportunità di formazione di cui godono i lavoratori delle imprese utilizzatrici.

 

Gli articoli 7 ed 8 recano disposizioni concernenti, rispettivamente, la rappresentanza dei lavoratori interinali e l’informazione dei, rappresentanti degli stessi. In questo ambito si segnala la disposizione di cui all’articolo 7, paragrafo 1, in base alla quale i lavoratori interinali debbono essere presi in considerazione, alle condizioni stabilite dagli Stati membri, per il calcolo della soglia sopra la quale si devono costituire gli organi rappresentativi dei lavoratori previsti dalla normativa comunitaria e nazionale o dai contratti collettivi in un’agenzia interinale.

 

Infine, l’articolo 9, quale norma di garanzia, prevede la possibilità per gli Stati membri di introdurre o applicare disposizioni, o di agevolare o consentire contratti collettivi o accordi più favorevoli ai lavoratori, non permettendo, allo stesso tempo, che l’applicazione della direttiva si sostanzi in una riduzione del livello generale di protezione dei lavoratori rientranti nel suo ambito d’applicazione.

 

 

Il termine di recepimento della direttiva 2008/104/CE è fissato al 5 dicembre 2011.


Direttiva 2008/105/CE

 

(Standard di qualità ambientale nel settore della politica delle acque)

 

 

L’inquinamento chimico delle acque di superficie rappresenta una minaccia per l’ambiente acquatico, con effetti quali la tossicità acuta e cronica per gli organismi acquatici, l’accumulo negli ecosistemi e la perdita di habitat e di biodiversità, e una minaccia per la salute umana.

La principale finalità della direttiva 2008/105/CE è quella di consentire il raggiungimento di uno stato chimico buono delle acque superficiali attraverso l’istituzione, già prevista dalla “direttiva quadro sulle acque” (2000/60/CE), di standard di qualità ambientale (SQA) per gli inquinanti o gruppi di inquinanti che presentano un rischio significativo per l’ambiente acquatico, ossia le “sostanze prioritarie” e, all’interno di questa categoria, le sostanze “prioritarie pericolose” (art. 1).

Più in particolare, ai sensi dell’art. 2, numero 35), della direttiva 2000/60/CE (le cui definizioni si applicano anche alla direttiva in esame, in virtù dell’art. 2 della stessa) gli standard di qualità ambientale rappresentano «la concentrazione di un particolare inquinante o gruppo di inquinanti nelle acque, nei sedimenti e nel biota[78] che non deve essere superata, per tutelare la salute umana e l’ambiente». Essi sono differenziati a seconda che si tratti di acque interne (fiumi e laghi) o di altre acque di superficie (di transizione, costiere e territoriali).

L’allegato II della direttiva (che sostituisce, ai sensi dell’art. 10, l’allegato X della direttiva quadro) elenca le 33 sostanze considerate prioritarie e, tra queste, le 20 sostanze identificate come pericolose (è il caso, ad esempio, di cadmio, mercurio e degli idrocarburi policiclici aromatici). Ulteriori sostanze soggette a riesame (ai sensi dell’art. 8) per l’eventuale classificazione come sostanze prioritarie o sostanze pericolose prioritarie sono elencate dall’allegato III.

L’art. 3, prevede che gli Stati membri:

§      applichino gli SQA figuranti nell’allegato I, parte A, ai corpi idrici superficiali secondo le disposizioni dell’allegato I, parte B (par. 1);

§      dispongano l’analisi della tendenza a lungo termine delle concentrazioni delle citate sostanze prioritarie, che tendono ad accumularsi nei sedimenti e/o nel biota, in base al monitoraggio dello stato delle acque effettuato a norma dell’art. 8 della direttiva 2000/60/CE (par. 3);

§      adottino misure atte ad impedire (fatte salve le disposizioni previste dall’art. 4 della direttiva quadro per il raggiungimento degli obiettivi ambientali in esso contemplati) aumenti significativi nei sedimenti e/o nel biota di tali concentrazioni (par. 3).

Nel “considerando n. 15” viene sottolineato che in una prima fase si è ritenuto opportuno, per la maggior parte delle sostanze, limitare la definizione di SQA a livello comunitario alle sole acque di superficie. Tuttavia, per garantire una protezione contro gli effetti indiretti e l’avvelenamento secondario provocato da esaclorobenzene, esaclorobutadiene e mercurio, gli Stati membri possono decidere di applicare gli SQA per i sedimenti e/o il biota (art. 3, par. 2).

L’art. 4 consente agli Stati membri di avvalersi di “zone di mescolamento” adiacenti ai punti di scarico, in cui le concentrazioni di uno o più inquinanti possano superare gli SQA applicabili a condizione, però, che «tale superamento non abbia conseguenze sulla conformità del resto del corpo idrico superficiale ai suddetti standard»[79]. Sempre ai sensi dell’art. 4, gli Stati membri che ricorrono a questa possibilità, dovranno descrivere nei piani di gestione dei bacini idrografici elaborati a norma della direttiva quadro sulle acque gli approcci e le metodologie applicati per ottenere tali zone nonché descrivere le misure adottate al fine di ridurre in futuro le dimensioni delle zone di mescolamento.

In base alle informazioni raccolte o ad altri dati disponibili, gli Stati membri dovranno poi istituire un inventario, corredato di eventuale mappatura, delle emissioni, degli scarichi, delle perdite di sostanze prioritarie e degli inquinanti indicati dalla direttiva per ciascun bacino idrografico o parte di esso all’interno del loro territorio specificandone, se necessario, le concentrazioni per i sedimenti e il biota (art. 5).

 

L’art.12 prevede, al paragrafo 1, l’abrogazione, a decorrere dal 22 dicembre 2012, delle seguenti direttive:

§      82/176/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di mercurio del settore dell’elettrolisi dei cloruri alcalini;

§      83/513/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di cadmio;

§      84/156/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di mercurio provenienti da settori diversi da quello dell’elettrolisi dei cloruri alcalini;

§      84/491/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di esaclorocicloesano;

§      86/280/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di talune sostanze pericolose che figurano nell’elenco I dell’allegato della direttiva 76/464/CEE.

Il paragrafo 2 dello stesso articolo consente agli Stati membri, prima della decorrenza abrogativa indicata, di procedere al monitoraggio e alla comunicazione dei dati a norma della direttiva 2000/60/CE anziché applicare le relative disposizioni delle direttive indicate al par. 1.

 

Il termine per il recepimento della presente direttiva scade il 13 luglio 2010 (art. 13).

Procedure di contenzioso

Sebbene in riferimento alle direttive modificate dalla direttiva 2008/105/CE non risultino attive procedure d’infrazione nei confronti dell’Italia, si segnala che il 19 febbraio 2009 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato (procedura d’infrazione 2004/2034) contestando all’Italia di non avere ottemperato agli obblighi concernenti il trattamento delle acque reflue urbane secondo quanto previsto dalla direttiva 91/271/CE.

In particolare, la Commissione ritiene che l’Italia non abbia provveduto ad istituire sistemi adeguati per la raccolta e il trattamento delle acque, nei centri urbani con oltre 15.000 abitanti, sebbene la direttiva stabilisse come limite massimo di tempo il 31 dicembre 2000.

Il provvedimento fa seguito alla lettera di messa in mora inviata dalla Commissione all’Italia il 9 luglio 2004 nella quale la Commissione contestava all’Italia che, in base alle informazioni disponibili, risultava che un numero elevato di città e centri urbani non fossero conformi alla direttiva. Dopo una valutazione successiva, la Commissione e’ giunta alla conclusione che 299 agglomerati continuano a non essere conformi. L’Italia ha due mesi di tempo per rispondere. Secondo quanto previsto dall’art 226 TCE, qualora la Commissione rilevi il persistere dello stato di infrazione potrebbe decidere di deferire l’Italia di fronte alla Corte di giustizia europea.

 


Tabelle riepilogative
(aggiornamento al 15 giugno 2009)

 


Avvertenza: nella colonna “TERMINE DI RECEPIMENTO” di ciascuna delle tabelle che seguono sono evidenziati in grassetto i termini scaduti o in scadenza al 30/6/2009.

 

 

 

Tabella 1
DIRETTIVE CONTENUTE NEL DDL COMUNITARIA 2009
DA ATTUARE PER DELEGA E IN VIA AMMINISTRATIVA

Direttive da attuare con decreti legislativi

(Contenute negli articoli e negli allegati A e B del ddl comunitaria 2009 – A.C. 2449)

 

Allegato A

 

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI
RECEPIMENTO

PARERE DELLE COMMISSIONI

2008/72/CE

del Consiglio, del 15 luglio 2008, relativa alla commercializzazione delle piantine di ortaggi e dei materiali di moltiplicazione di ortaggi, ad eccezione delle sementi (Versione codificata)

Non c’è termine espresso

NO

2008/106/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, concernente i requisiti minimi di formazione per la gente di mare (rifusione)

Non c’è termine espresso

NO

2008/112/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, che modifica le direttive del Consiglio 76/768/CEE, 88/3789/CEE, 1999/13/CE e le direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 2000/53/CE, 2002/96/CE e 2004/42/CE allo scopo di adeguarle al regolamento (CE) n. 1272/2008 relativo alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele

 

¼/2010 applicaz: 1/6/2010

NO

 

 


Allegato B

 

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI
RECEPIMENTO

PARERE DELLE COMMISSIONI

2008/92/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, concernente una procedura comunitaria sulla trasparenza dei prezzi al consumatore finale industriale di gas ed energia elettrica (rifusione)

 

Non c’è termine espresso

 

2008/95/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (Versione codificata)

 

Non c’è termine espresso

 

2008/96/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, sulla gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali

 

19/12/2010

 

 

2008/98/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive

 

12/12/2010

 

 

2008/99/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, sulla tutela penale dell’ambiente

 

26/12/2010

 

 

2008/104/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa al lavoro tramite agenzia interinale

 

05/12/2011

 

 

2008/105/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativa a standard di qualità ambientale nel settore della politica delle acque, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive del Consiglio 82/176/CEE, 83/513/CEE, 84/156/CEE, 84/491/CEE e 86/280/CEE, nonché modifica della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio

 

 

13/7/2010

 

 

 


Direttive da attuare in via amministrativa

(Indicate nella relazione governativa al disegno di legge comunitaria 2009 - .AC 2449)

N.B.: A sfondo grigio sono evidenziate le direttive che risultano già attuate alla data del 10/6/2009

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI RECEPIMENTO

2008/1/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008, sulla prevenzione e riduzione integrate dall’inquinamento (VERSIONE CODIFICATA)

non c’è termine espresso

2008/2/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008, concernente il campo di visibilità e i tergicristalli dei trattori agricoli o forestali a ruote (VERSIONE CODIFICATA)

1/5/2008

2008/39/CE

della Commissione, del 6 marzo 2008, che modifica la direttiva 2002/72/CE relativa ai materiali e agli oggetti di materia plastica destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari

7/3/2009

2008/42/CE

della Commissione, del 3 aprile 2008, che modifica la direttiva 76/768/CEE del Consiglio sui prodotti cosmetici al fine di adeguare al progresso tecnico i suoi allegati II e III

4/10/2008

(Applicaz.: 4/4/2009[80])

2008/47/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE

12/5/2010

2008/53/CE

della Commissione, del 30 aprile 2008, che modifica l’allegato IV della direttiva 2006/88/CE del Consiglio per quanto riguarda la viremia primaverile delle carpe (SVC)

1/7/2008[81]

2008/60/CE

della Commissione, del 17 giugno 2008, che stabilisce i requisiti di purezza specifici per gli edulcoranti per uso alimentare (VERSIONE CODIFICATA)

non c’è termine espresso

2008/61/CE

della Commissione, del 17 giugno 2008, che stabilisce le condizioni alle quali taluni organismi nocivi, vegetali, prodotti vegetali e altri prodotti elencati negli allegati I, II, III, IV e V  della direttiva 2000/29/CE del Consiglio possono essere introdotti o trasferiti da un luogo all’altro nella Comunità o in taluine sue z one protette per prove o scopi scientifici e per lavori di selezione varietale (VERSIONE CODIFICATA)

non c’è termine espresso

2008/64/CE

della Commissione, del 27 giugno 2008, che modifica gli allegati da I a IV della direttiva 2000/29/CE del Consiglio concernente le misure di protezione contro l’introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità

31/8/2008

2008/66/CE

della Commissione, del 30 giugno 2008, che modifica la direttiva 91/414/CE del Consiglio ai fini dell’iscrizione di bifenox, diflufenican, fenoxa-prop-P, fenpropidin e quinoclamine come sostanze attive

30/9/2009[82]

 

2008/67/CE

della Commissione, del 30 giugno 2008, recante modifica della direttiva 96/98/CE del Consiglio sull’equipaggiamento marittimo

21/7/2009

 

2008/69/CE

della Commissione, del 1° luglio 2008, che modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio con l’iscrizione delle sostanze attive clofentezina, dicamba, difenoconazolo, diflubenzurone, imazaquin, lenacil, ossadiazone, picloram e piriprossifen 

30/6/2009[83]

2008/70/CE

della Commissione, dell’11 luglio 2008, che modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio per includervi il tritosulfuron come sostanza attiva

31/5/2009[84]

2008/74/CE

della Commissione, del 18 luglio 2008, che modifica la direttiva 2005/55/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la direttiva 2005/78/CE riguardo all’omologazione dei veicoli a motore rispetto alle emissioni dei veicoli passeggeri e commerciali leggeri (euro 5 ed euro 6) e alle informazioni sulla riparazione e la manutenzione dei veicoli

2/1/2009[85]

2008/75/CE

della Commissione, del 24 luglio 2008, recante modifica della direttiva 98/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio al fine di iscrivere il biossido di carbonio come principio attivo nell’allegato I della direttiva

31/3/2009[86]

2008/76/CE

della Commissione, del 25 luglio 2008, che modifica l’allegato I della direttiva 2002/32/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle sostanze indesiderabili nell’alimentazione degli animali

¼/2009

2008/77/CE

della Commissione, del 25 luglio 2008, recante modifica della direttiva 98/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio al fine di includere il thiamethoxam come principio attivo nell’allegato I della direttiva

30/6/2009[87]

2008/78/Ce

della Commissione, del 25 luglio 2008, recante modifica della direttiva 98/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio al fine di includere il propiconazolo come principio attivo nell’allegato I della direttiva

31/3/2009[88]

2008/79/CE

della Commissione, del 28 luglio 2008, recante modifica della direttiva 98/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio al fine di iscrivere l’IPBC come principio attivo nell’allegato I della direttiva

30/6/2009[89]

2008/80/CE

della Commissione, del 28 luglio 2008, recante modifica della direttiva 98/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio al fine di iscrivere l’1-ossido di cicloesilidrossidiazene, sale di potassio (K-HDO) come come principio attivo nell’allegato I della direttiva

30/6/2009[90]

2008/81/CE

della Commissione, del 29 luglio 2008, recante modifica della direttiva 98/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio al fine di iscrivere il difenacum come principio attivo nell’allegato I della direttiva

31/3/2009[91]

2008/82/CE

della Commissione, del 30 luglio 2008, che modifica la direttiva 2008/389/CE relativamente agli alimenti per animali destinati a sostenere la funzione renale in caso di insufficienza renale cronica

20/2/2009[92]

2008/84/CE

della Commissione, del 27 agosto 2008, che stabilisce i requisiti di purezza specifici per gli additivi alimentari diversi dai coloranti e dagli edulcoranti (Versione codificata)

non c’è termine espresso

2008/85/CE

della Commissione, del 5 settembre 2008, recante modifica della direttiva 98/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio al fine di iscrivere il tiabendazolo come principio attivo nell’allegato I della direttiva

30/6/2009[93]

2008/86/CE

della Commissione, del 5 settembre 2008, recante modifica della direttiva 98/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio al fine di iscrivere il tebuconazolo come principio attivo nell’allegato I della direttiva

¼/2010[94]

2008/88/CE

della Commissione, del 23 settembre 2008, che modifica la direttiva 76/768/CEE del Consiglio sui prodotti cosmetici al fine di adeguare al progresso tecnico i suoi allegati II e III

14/2/2009

2008/89/CE

della Commissione, del 24 settembre 2008, che modifica, per adeguarla al progresso tecnico, la direttiva 76/756/CEE del Consiglio concernente l’instalolazione dei dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa dei veicoli a motore e dei loro rimorchi

15/10/2009

2008/91/CE

della Commissione, del 29 settembre 2008, che modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio per includervi il diuron come sostanza attiva

31/3/2009

2008/100/CE

della Commissione, del 28 ottobre 2008, che modifica la direttiva 90/496/CEE del Consiglio relativa all’etichettatura tradizionale dei prodotti alimentari per quanto riguarda le razioni giornaliere raccomandate, i coefficienti di conversione per il calcolo del valore energetico e le definizioni

31/10/2009

2008/107/CE

della Commissione, del 25 novembre 2008, che modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio con l’iscrizione delle sostanze attive abamectina, epossiconazolo, fenpropimorf, fenpirossimato e tralcossidim

31/10/2009

2008/108/CE

della Commissione, del 26 novembre 2008, che modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio al fine di includere il flutolanil, il benfluralin, il fluazinam, il fuderidazolo e il mepiquat come sostanze attive

31/8/2009

2008/109/CE

della Commissione, del 28 novembre 2008, che modifica  l’allegato IV della direttiva 2000/29/CE del C onsiglio concernente le misure di protezione contro l’introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità

31/12/2008

2008/113/CE

della Commissione, dell’8 dicembre 2008, recante modifica della direttiva 91/414/CEE del Consiglio per includervi alcuni microorganismi come sostanze atitve

31/10/2009

2008/116/CE

della Commissione, del 15 dicembre 2008, che modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio con l’iscrizione delle sostanze attive aclonifen, imidacloprid, e metazachlor

31/1/2010

2008/123/CE

della Commissione, del 18 dicembre 2008, che modifica la direttiva 76/768/CEE del Consiglio sui prodotti cosmetici al fine di adeguare al progresso tecnico i suoi allegato II e VII

8/7/2009

2008/125/CE

della Commissione, del 19 dicembre 2008, che modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio al fine di iscrivere il fosfuro di alluminio, il fosfuro di calcio, il fosfuro di magnesio, il cimoxanil, il dodemorf, l’estere metilico dell’acido 2,5-diclorobenzoico, il metamitron, il solcotrione, il tebuconazolo e il triadimenol quali sostanze attive

28/2/2010

2008/127/CE

della Commissione, del 19 dicembre 2008, che modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio per includervi alcune sostanze attive

28/2/2010


 

Tabella 2
STATO DI ATTUAZIONE DELLE DIRETTIVE
IN
CIASCUNO STATO MEMBRO
(dati aggiornati al 29 aprile 2009)

 

 

Graduatoria

Stato membro

Direttive con termine di recepimento scaduto al 29/4/2009

Direttive per le quali sono state comunicate misure di attuazione

 

Percentuale di direttive attuate

 

1

Lituania

3060

3054

99,80%

2

Lettonia

3056

3048

99,74%

3

Malta

3048

3039

99,70%

4

Bulgaria

3161

3151

99,68%

5

Slovacchia

3057

3047

99,67%

6

Germania

3002

2992

99,67%

7

Svezia

2987

2977

99,67

8

Danimarca

3001

2990

99,63%

9

Paesi Bassi

3002

2990

99,60%

10

Slovenia

3054

3040

99,54%

11

Romania

3161

3146

99,53

12

Belgio

3056

3041

99,51%

13

Francia

3004

2988

99,47%

14

Regno Unito

2997

2981

99,47%

15

Irlanda

3015

2997

99,40%

16

Finlandia

2999

2981

99,40%

17

Ungheria

3050

3030

99,34%

18

Spagna

3021

3000

99,30%

19

Repubblica Ceca

3058

3036

99,28%

20

Austria

3007

2984

99,24%

21

Cipro

3047

3022

99,18%

22

Estonia

3042

3017

99,18%

23

Polonia

3057

3029

99,08%

24

Italia

3012

2980

98,94%

25

Lussemburgo

3007

2973

98,87%

26

Portogallo

3042

3005

98,78%

27

Grecia

3006

2958

98,40%

 

Media CE

3037

3018

99,37%

              Fonte: Commissione europea – Segretariato Generale

 


 

Tabella 3
DIRETTIVE CONTENUTE IN PRECEDENTI LEGGI COMUNITARIE
E NON ANCORA RECEPITE

Direttive da attuare con decreti legislativi

Legge comunitaria 1999

(Legge 21 dicembre 1999, n. 526)

Direttive da recepire con decreto legislativo

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI RECEPIMENTO

PARERE DELLE COMMISSIONI

98/49/CE

del Consiglio, del 29 giugno 1998, relativa alla salvaguardia dei diritti a pensione integrativa dei lavoratori subordinati e autonomi che si spostano all’interno della Comunità.

25/07/2001

Non previsto

Legge comunitaria 2000

(Legge 29 dicembre 2000, n. 422)

Direttive da attuare in via amministrativa


DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI RECEPIMENTO

1999/17/CE

della Commissione, del 18 marzo 1999, che adegua al progresso tecnico la direttiva 76/761/CEE del Consiglio relativa ai proiettori dei veicoli a motore con funzione di fari abbaglianti e/o anabbaglianti nonché alle lampade ad incandescenza per tali proiettori

1/10/99

al più tardi 6 mesi dopo la pubbl. dei regolamenti ECE/ONU della Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite (nov.-dic. 2001)

1999/18/CE

direttiva 1999/18/CE della Commissione, del 18 marzo 1999, che adegua al progresso tecnico la direttiva 76/762/CEE del Consiglio relativa ai proiettori fendinebbia anteriori dei veicoli a motore, nonché alle lampade ad incandescenza per tali proiettori

1/10/99

al più tardi 6 mesi dopo la pubbl. del regolamento (ECE/ONU) n. 19 della Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite (nov.-dic. 2001)

1999/81/CE

del Consiglio, del 29 luglio 1999, che modifica la direttiva 92/79/CEE relativa al ravvicinamento delle imposte sulle sigarette, la direttiva 92/80/CEE relativa al ravvicinamento delle imposte sui tabacchi lavorati diversi dalle sigarette e la direttiva 95/59/CE relativa alle imposte diverse dall’imposta sul volume d’affari che gravano sul consumo dei tabacchi lavorati

1/1/99

Legge comunitaria 2001

(Legge 1° marzo 2002, n. 39)

Direttive contenute negli articoli e negli allegati A e B (da recepire con decreto legislativo)

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI RECEPIMENTO

PARERE DELLE COMMISSIONI

2000/20/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 maggio 2000, che modifica la direttiva 64/432/CEE del Consiglio relativa a problemi di polizia sanitaria in materia di scambi intracomunitari di animali delle specie bovina e suina

Immediato

Non previsto

 

 

 

 

 

 

Legge comunitaria 2002

(Legge 3 febbraio 2003, n. 14)

Tutte le direttive contenute nell’Allegato A e nell’Allegato B sono state recepite


Legge comunitaria 2003

(Legge 31 ottobre 2003, n. 306)

Direttive contenute negli articoli e negli allegati A e B (da recepire con decreto legislativo)

Il termine per l’attuazione delle deleghe è scaduto il 30 maggio 2005

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI
RECEPIMENTO

PARERE DELLE COMMISSIONI

2002/83/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 novembre 2002, relativa all’assicurazione sulla vita

17/11/2002 20/9/2003 19/6/2004

No

2002/86/CE

della Commissione del 6 novembre 2002 recante modifica della direttiva 2001/101/CE per quanto concerne il termine a partire da cui sono vietati gli scambi di prodotti non conformi alla direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio

non definito (modifica termine di precedente direttiva)

No

 

 

 

 

Legge comunitaria 2004

(Legge 18 aprile 2005, n. 62)

Le direttive contenute negli articoli e negli allegati A e B sono state tutte recepite

Direttive da attuare in via amministrativa

(Indicate nella relazione governativa al disegno di legge comunitaria 2004 – A.S. 2742 – XIV legislatura)

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI RECEPIMENTO

2003/65/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 luglio 2003, che modifica la direttiva 86/609/CEE del Consiglio concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla protezione degli animali utilizzati a fini sperimentali o ad altri fini scientifici

16/9/2004

 


Legge comunitaria 2005

(Legge 25 gennaio 2006, n. 29)

Direttive contenute negli articoli e negli allegati A e B (direttive da recepire con decreto legislativo)

Il termine per l’esercizio delle deleghe è scaduto il 23 agosto 2007

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI
RECEPIMENTO

PARERE DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI

2005/1/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2005, che modifica le direttive 73/239/CEE, 85/611/CEE, 91/675/CEE, 92/49/CEE e 93/6/CEE del Consiglio e le direttive 94/19/CE, 98/78/CE, 2000/12/CE, 2001/34/CE, 2002/83/CE e 2002/87/CE al fine di istituire una nuova struttura organizzativa per i comitati del settore dei servizi finanziari

13/5/2005

No

Direttive da attuare in via amministrativa

(Indicate nella relazione governativa al disegno di legge comunitaria 2005 A.C. 5767 – XIV legislatura)

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI RECEPIMENTO

2003/107/CE

che modifica la direttiva 96/16/CE del Consiglio relativa alle indagini statistiche da effettuare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari

31/3/2004

2004/63/CE

 

del 26 aprile 2004, che modifica la direttiva 2003/79/CE della Commissione per quanto riguarda i termini di attuazione

eventuale revoca autorizzazioni entro il 30/6/2005

2004/97/CE

modifica la direttiva 2004/60/CE della Commissione per quanto riguarda i termini di attuazione

eventuale revoca autorizzazioni entro il 28/2/2006

 


Legge comunitaria 2006

(Legge 6 febbraio 2007, n. 13)

Direttive contenute negli articoli e negli allegati A, B e C (direttive da recepire con decreto legislativo)

Il termine per l’esercizio delle deleghe è scaduto il 4 marzo 2008.

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI RECEPIMENTO

PARERE DELLE COMMISSIONI

2006/38/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2006, che modifica la direttiva 1999/62/CE relativa alla tassazione a carico di autoveicoli pesanti

29/6/2008

2006/54/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (rifusione)

15/8/2008

 

Direttive da attuare in via amministrativa

(Indicate nella Relazione governativa al ddl comunitaria 2006 – AC 1042)

Direttiva

Titolo

Termine di recepimento

2005/38/CE

della Commissione, del 6 giugno 2005, relativa ai metodi di campionamento e di analisi per il controllo ufficiale del tenore di tossine di Fusarium nei prodotti alimentari

1/7/2006


Legge comunitaria 2007

(Legge 25 febbraio 2008, n. 34)

Direttive contenute negli articoli e negli allegati A e B (direttive da recepire con decreto legislativo)

Il termine per l’esercizio delle deleghe coincide con il termine di recepimento previsto da ciascuna direttiva.

Direttiva

Titolo

Termine di recepimento

2006/69/CE

del Consiglio, del 24 luglio 2006, che modifica la direttiva 77/388/CEE per quanto riguarda talune misure aventi lo scopo di semplificare la riscossione dell’imposta sul valore aggiunto e di contribuire a contrastare la frode o l’evasione fiscale e che abroga talune decisioni che autorizzano misure derogatorie

1/1/2008

 

2006/86/CE

della Commissione, del 24 ottobre 2006, che attua la direttiva 2004/23/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le prescrizioni in tema di rintracciabilità, la notifica di reazioni ed eventi avversi, gravi e determinate prescrizioni tecniche per la codifica, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umane

1/1/2007[95]

2006/93/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, sulla disciplina dell’utilizzazione degli aerei di cui all’allegato 16 della convenzione sull’aviazione civile internazionale, volume I, parte II, capitolo 3, seconda edizione (1988) (Versione codificata)

Non c’è termine espresso

2006/112/CE

del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto

1/1/2008

 


Direttive da attuare in via amministrativa

(Indicate nella relazione governativa al disegno di legge comunitaria 2007 AS 1448)

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI RECEPIMENTO

2006/91/CE

del Consiglio, del 7 novembre 2006, concernente la lotta contro la cocciniglia di San Josè (versione codificata)

Non presente
(versione codificata)

2006/125/CE

della Commissione, del 5 dicembre 2006, sugli alimenti a base di cereali e gli altri alimenti destinati ai lattanti e ai bambini

Non presente
(versione codificata)

2006/126/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, concernente la patente di guida (Rifusione)

Adozione delle misure: 19/1/2011

Applicazione: 19/1/2013

 


Disegno di legge comunitaria 2008

(A.C. 2320-bis-B)

Direttive contenute negli articoli e negli allegati A e B (direttive da recepire con decreto legislativo)

Articoli

 

 

ARTICOLO

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI RECEPIMENTO

19

2004/41/CE

del Consiglio, del 26 settembre 2007, che modifica la direttiva 2001/114/CE relativa a taluni tipi di latte conservato parzialmente o totalmente disidratato destinato all’alimentazione umana

31/8/2008

20

2008/13/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2008, che abroga la direttiva 84/539/CE del Consiglio per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative agli apparecchi elettrici utilizzati in medicina veterinaria

31/12/2008

26

(vedi anche All. B)

2007/65/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007, che modifica la direttiva 89/552/CEE del Consiglio relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’esercizio delle attività televisive

 

19/12/2009

27

2007/68/CE

della Commissione, del 27 novembre 2007, che modifica l’allegato III bis della direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto concerne l’inclusione di alcuni ingredienti alimentari

31/5/2008

29

(vedi anche All. B)

2007/23/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 maggio 2007, relativa all’immissione sul mercato di articoli pirotecnici

 

4/1/2010

30

(vedi anche All. A)

2008/43/CE

della Commissione, del 4 aprile 2008, relativa all’istituzione, a norma della direttiva 93/15/CEE del Consiglio, di un sistema di identificazione e tracciabilità degli esplosivi per uso civile

 

5/4/2009

31

(vedi anche All. B

2007/36/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 luglio 2007, relativa all’esercizio di alcuni diritti degli azionisti di società quotate

 

3/8/2009

32

(vedi anche All. B)

2007/64/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, recante modifica delle direttive 97/7/CE, 2005/65/CE, 2005/60/CE e 20/06/48/CE, che abroga la direttiva 97/5/CE

 

1/11/2009

 

33

(vedi anche All. B)

2008/48/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE

 

12/5/2010

36

(vedi anche All. B)

2008/51/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, che modifica la direttiva 91/477/CEE del Consiglio, relativa al controllo dell’acquisizione e della detenzione di armi

 

28/7/2010

41

(vedi anche All. B)

2006/123/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno

 

28/12/2009

 

44

(vedi anche All. B)

2007/66/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007, che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE del Consiglio per quanto riguarda il miglioramento dell’efficacia delle procedure di ricorso in materia d’aggiudicazione degli appalti pubblici

 

20/12/2009

 

 


Allegato A

 

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI
RECEPIMENTO

2007/47/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che modifica la direttiva 90/385/CEE del Consiglio per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai dispositivi medici impiantabili attivi, la direttiva 93/42/CEE del Consiglio concernente i dispositivi medici, e la direttiva 98/8/CE relativa all’immissione sul mercato dei biocidi

 

21/12/2008

 

2007/63/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007, che modifica le direttive 78/855/CE e 82/891/CEE del Consiglio per quanto riguarda l’obbligo di far elaborare ad un esperto indipendente una relazione in occasione di una fusione o di una scissione di società per azioni

 

31/12/2008

 

2008/43/CE

della Commissione, del 4 aprile 2008, relativa all’istituzione, a norma della direttiva 93/15/CEE del Consiglio, di un sistema di identificazione e tracciabilità degli esplosivi per uso civile

 

5/4/2009

2008/62/CE

della Commissione, del 20 giugno 2008, recante deroghe per l’ammissione di ecotipi e varietà agricole naturalmente adattate alle condizioni locali e regionali e minacciate di erosione genetica, nonché per la commercializzazione di sementi e tuberi di patata a semina di tali ecotipi e varietà

 

30/6/2009

2008/97/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, che modifica la direttiva 96/22/CE del Consiglio concernente il divieto d’utilizzazione di talune sostanze ad azione ormonica, tireostatica e delle sostanze B-agoniste nelle produzioni animali

 

31/12/2008

 


Allegato B

 

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI
RECEPIMENTO

2005/47/CE

del Consiglio, del 18 luglio 2005, concernente l’accordo tra la Comunità delle ferrovie europee (CER) e la Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) su taluni aspetti delle condizioni di lavoro dei lavoratori mobili che effettuano servizi di interoperabilità transfrontaliera nel settore ferroviario

 

27/7/2008

2005/94/CE

del Consiglio, del 20 dicembre 2005, relativa a misure comunitarie di lotta contro l’influenza aviaria e che abroga la direttiva 92/40/CEE

 

1/7/2007

2006/17/CE

della Commissione, dell’8 febbraio 2006, che attua la direttiva 2004/23/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda determinate prescrizioni tecniche per la donazione, l’approvvigionamento e il controllo di tessuti e cellule umani

 

1/11/2006

2006/38/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2006, che modifica la direttiva 1999/62/CE relativa alla tassazione a carico di autoveicoli pesanti adibiti al trasporto di merci su strada per l’uso di alcune infrastrutture

 

10/6/2008

2006/42/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2006, relativa alle macchine e che modifica la direttiva 95/16/CE (rifusione)

 

29/6/2008

2006/43/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2006, relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati, che modifica le direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE del Consiglio e abroga la direttiva 84/253/CEE del Consiglio

 

29/6/2008

2006/54/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (rifusione)

 

15/8/2008

2006/86/CE

della Commissione, del 24 ottobre 2006, che attua la direttiva 2004/23/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le prescrizioni in tema di rintracciabilità, la notifica di reazioni ed eventi avversi gravi e determinate prescrizioni tecniche per la codifica, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umane

 

1/9/2007

(cfr. nota 95)

2006/112/CE

del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto

 

1/1/2008

2006/123/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno

 

28/12/2009

 

2006/126/CE

Del parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, concernente la patente di guida (rifusione)

 

19/1/2011

 

2007/2/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 marzo 2007, che istituisce un'Infrastruttura per l'informazione territoriale nella Comunità europea (Inspire)

 

14/5/2009

2007/23/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 maggio 2007, relativa all'immissione sul mercato di articoli pirotecnici

 

4/1/2010

 

2007/30/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2007, che modifica la direttiva 89/391/CEE del Consiglio, le sue direttive particolari e le direttive del Consiglio 83/477/CEE, 91/383/CEE, 92/29/CEE, e 94/33/CE ai fini della semplificazione e della razionalizzazione delle relazioni sull'attuazione pratica

 

31/12/2007

 

2007/36/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 luglio 2007, relativa all'esercizio di alcuni diritti degli azionisti di società quotate

 

3/8/2009

2007/43/CE

del Consiglio, del 28 giugno 2007, che stabilisce norme minime per la protezione dei polli allevati per la produzione di carne

 

30/6/2010

 

2007/44/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che modifica la direttiva 92749/CEE del Consiglio e le direttive 2002/83/CE, 2004/39/CE, 2005/68/CE e 2006/48/CE per quanto riguarda le regole procedurali e i criteri per la valutazione prudenziale di acquisizioni e incrementi di partecipazioni nel settore finanziario

 

21/3/2009

2007/45/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che reca disposizioni sulle quantità nominali dei prodotti preconfezionati, abroga le direttive 75/106/CEE e 80/232/CEE del Consiglio e modifica la direttiva 76/211/CEE del Consiglio

 

11/10/2008

2007/58/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, che modifica la direttiva 91/440/CEE del Consiglio relativa allo sviluppo delle ferrovie comunitarie e la direttiva 2001/14/CE relativa alla ripartizione della capacità di infrastruttura ferroviaria e all'imposizione dei diritti per l'utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria

 

4/6/2009

 

2007/59/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativa alla certificazione dei macchinisti addetti alla guida di locomotori e treni sul sistema ferroviario della Comunità

 

4/12/2009

 

2007/60/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni

 

26/11/2009

 

2007/64/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, recante modifica delle direttive 97/7/CE, 2005/65/CE, 2005/60/CE e 20/06/48/CE, che abroga la direttiva 97/5/CE

 

1/11/2009

 

2007/65/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007, che modifica la direttiva 89/552/CEE del Consiglio relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’esercizio delle attività televisive

 

19/12/2009

2007/66/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2007, che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE  del Consiglio per quanto riguarda il miglioramento dell'efficacia delle procedure di ricorso in materia d'aggiudicazione degli appalti pubblici

 

20/12/2009

 

2008/5/CE

della Commissione, del 30 gennaio 2008, relativa alla specificazione sull'etichetta di alcuni prodotti alimentari di altre indicazioni obbligatorie oltre a quelle previste dalla direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (versione codificata)

 

20/2/2008

2008/8/CE

del Consiglio del 12 febbraio 2008, che modifica la direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda il luogo delle prestazioni di servizi

1/1/2009

 

2008/9/CE

del Consiglio del 12 febbraio 2008, che stabilisce norme dettagliate per il rimborso dell'imposta sul valore aggiunto, previsto dalla direttiva 2006/112/CE, ai soggetti passivi non stabiliti nello Stato membro di rimborso, ma in un altro Stato membro

 

1/1/2010

 

2008/48/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE

 

12/5/2010

2008/49/CE

della Commissione, del 16 aprile 2008, recante modifica dell'allegato II della direttiva 2004/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i criteri per l'effettuazione delle ispezioni a terra sugli aeromobili che utilizzano aeroporti comunitari

 

19/10/2008

2008/50/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa

11/6/2010

2008/51/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, che modifica la direttiva 91/477/CEE del Consiglio, relativa al controllo dell'acquisizione e della detenzione di armi

 

28/7/2010

2008/52/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale

 

20/5/2011

2008/56/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria nel campo della politica per l'ambiente marino (direttiva quadro sulla strategia per l'ambiente marino)

 

15/7/2010

2008/57/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, relativa all'interoperabilità del sistema ferroviario comunitario (rifusione)

 

19/7/2010

2008/59/CE

del Consiglio, del 12 giugno 2008, che adegua la direttiva 2006/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio che fissa i requisiti tecnici per le navi della navigazione interna a motivo dell'adesione della Repubblica di Bulgaria e della Romania

 

30/12/2008[96]

2008/63/CE

della Commissione, del 20 giugno 2008, relativa alla concorrenza sui mercati delle apparecchiature terminali di telecomunicazioni (versione codificata)

 

30/6/2009

2008/68/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 settembre 2008, relativa al trasporto interno di merci pericolose

 

30/6/2009[97]

2008/71/CE

del Consiglio, del 15 luglio 2008, relativa all'identificazione e alla registrazione dei suini  (versione codificata)

 

28/8/2008

2008/73/CE

del Consiglio, del 15 luglio 2008, che semplifica le procedure di redazione degli elenchi e di diffusione dell'informazione in campo veterinario e zootecnico e che modifica le direttive 64/432/CEE, 77/504/CEE, 88/407/CEE, 88/661/CEE, 89/361/CEE, 89/556/CEE, 90/426/CEE, 90/427/CEE, 90/428/CEE, 90/429/CEE, 90/539/CEE, 91/68/CEE, 91/496/CEE, 92/35/CEE, 92/65/CEE,  92/66/CEE, 92/119/CEE, 94/28/CE, 2000/75/CE, la decisione 2000/258/CE nonché le direttive 2001/89/CE, 2002/60/CE e 2005/94/CE

 

1/1/2010

2008/87/CE

della Commissione, del 22 settembre 2008, che modifica la direttiva 2006/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio che fissa i requisiti tecnici per le navi della navigazione interna

30/12/2008[98]

2008/90/CE

del Consiglio, del 29 settembre 2008, relativa alla commercializzazione dei materiali di moltiplicazione delle piante da frutto e delle piante da frutto destinate alla produzione di frutti (rifusione)

 

31/3/2010

2008/98/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive

 

12/12/2010

2008/100/CE

della Commissione, del 28 ottobre 2008, che modifica la direttiva 90/496/CEE del Consiglio relativa all'etichettatura tradizionale dei prodotti alimentari per quanto riguarda le razioni giornaliere raccomandate, i coefficienti di conversione per il calcolo del valore energetico e le definizioni

 

31/10/2009

 

2008/117/CE

del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante modifica della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto, per combattere la frode fiscale connessa alle operazioni intracomunitarie

 

31/12/2009

2008/118/CE

del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativa al regime generale delle accise e che abroga la direttiva 92/12/CEE

 

1/1/2010

 


Direttive da attuare in via amministrativa

(Indicate nella relazione governativa al disegno di legge comunitaria 2008 AS 1078)

N.B.: Vengono indicate le sole direttive che non risultano attuate alla data del 10 giugno 2009.

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI RECEPIMENTO

2007/33/CE

del Consiglio dell’11 giugno 2007, relativa alla lotta ai nematodi a cisti della patata e che abroga la direttiva 69/465/CEE

1/7/2010

2007/61/CE

del Consiglio, del 26 settembre 2007, che modifica la direttiva 2001/114/CE relativa a taluni tipi di latte conservato parzialmente o totalmente disidratato destinato all'alimentazione umana

 

31/08/2008

2007/71/CE

della Commissione, del 13 dicembre 2007, recante modifica dell'allegato II della direttiva 2000/59/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa agli impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi e i residui del carico

 

15/6/2009

2008/39/CE

della Commissione, del 6 marzo 2008, che modifica la direttiva 2002/72/CE relativa ai materiali e agli oggetti di materia plastica destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari

 

7/3/2009

 

2008/47/CE

della Commissione, dell'8 aprile 2008, che modifica, per adeguarla al progresso tecnico, la direttiva 75/324/CEE del Consiglio per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative agli aerosol

 

29/10/2009

 

 


Tabella 4
DIRETTIVE GIA’ SCADUTE
edIN SCADENZA ENTRO IL 31/12/2009
NON RECEPITE E NON INSERITE IN LEGGI COMUNITARIE E NEL DDL COMUNITARIA 200
9

In grassetto sono evidenziate le direttive già scadute alla data del 15/6/2009

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI
RECEPIMENTO

2000/64/CE

del 7 novembre 2000, che modifica le direttive 85/611/CEE, 92/49/CEE, 92/96/CEE e 93/22/CEE del Consiglio per quanto riguarda lo scambio d'informazioni con i paesi terzi

17/11/2002

abrogata parzialmente dalla direttiva 2002/83/CE

2004/106/CE

del 16 novembre 2004, che modifica le direttive 77/799/CEE relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri in materia di imposte dirette, di talune accise e imposte sui premi assicurativi, e 92/12/CEE, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa

30/6/2005

2005/75/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2005, che rettifica la direttiva 2004/18/CE relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi

31/01/2006

2006/29/CE

della Commissione, dell’8 marzo 2006, che modifica la direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda l’inclusione di taluni enti nel campo di applicazione di tale direttiva o la loro esclusione da esso

30/06/2006

2007/42/CE

della Commissione, del 29 giugno 2007, relativa ai materiali e agli oggetti di pellicola di cellulosa rigenerata destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari (versione codificata)

non c’è termine espresso

2008/55/CE

del Consiglio, del 26 maggio 2008, sull'assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da taluni contributi, dazi, imposte ed altre misure (versione codificata)

non c’è termine espresso

2008/58/CE

della Commissione, del 21 agosto 2008, recante trentesimo adeguamento al progresso tecnico della direttiva 67/548/CEE del Consiglio concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative regolamentari ed amministrative relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura delle sostanze pericolose

 

1/6/2009

2008/72/CE

del Consiglio, del 15 luglio 2008, relativa alla commercializzazione delle piantine di ortaggi e dei materiali di moltiplicazione di ortaggi, ad eccezione delle sementi (versione codificata)

 

non c’è termine espresso

2008/94/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, relativa alla tutela dei lavoratori subordinati in casi d'insolvenza del datore di lavoro (versione codificata)

 

non c’è termine espresso

2008/95/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa (versione codificata)

 

non c’è termine espresso

2008/103/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, che modifica la direttiva 2006/66/CE relativa a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori in relazione all'immissione di pile e accumulatori sul mercato

 

5/12/2009

2008/106/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, concernente i requisiti minimi di formazione per la gente di mare (rifusione)

 

non c’è termine espresso

2009/2/CE

della Commissione, del 15 gennaio 2009, recante trentunesimo adeguamento al progresso tecnico della direttiva 67/548/CEE del Consiglio concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura delle sostanze pericolose

 

1/6/2009

2009/3/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2009, che modifica la direttiva 80/181/CEE del Consiglio sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri riguardo alle unità di misura

 

31/12/2009

2009/4/CE

della Commissione, del 23 gennaio 2009, sulle contromisure volte a prevenire e rilevare la manipolazione delle registrazioni dei tachigrafi, che modifica la direttiva 2006/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sulle norme minime per l'applicazione dei regolamenti (CEE) n. 3820/85 e (CEE) n. 3821/85 del Consiglio relativi a disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada e che abroga la direttiva 88/599/CEE del Consiglio

 

31/12/2009

 

2009/5/CE

della Commissione, del 30 gennaio 2009, che modifica l'allegato III della direttiva 2006/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sulle norme minime per l'applicazione dei regolamenti (CEE) n. 3820/85 e (CEE) n. 3821/85 del Consiglio relativi a disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada

 

31/12/2009

2009/6/CE

della Commissione, del 4 febbraio 2009, che modifica la direttiva 76/768/CEE del Consiglio sui prodotti cosmetici al fine di adeguare al progresso tecnico i suoi allegati II e III

 

5/8/2009

 

2009/7/CE

della Commissione, del 10 febbraio 2009, che modifica gli allegati I, II, IV e V della direttiva 2000/29/CE del Consiglio concernenti le misure di protezione contro l'introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità

 

31/3/2009

 

2009/8/CE

della Commissione, del 10 febbraio 2009, che modifica l'allegato I della direttiva 2002/32/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i tenori massimi di coccidiostatici o istomonostatici presenti per effetto di carry-over inevitabile in mangimi destinati a specie non bersaglio

 

1/7/2009

2009/9/CE

della Commissione, del 10 febbraio 2009, che modifica la direttiva 2001/82/CE del Parlamento europeo e del Consiglio recante un codice comunitario relativo ai medicinali veterinari

 

6/9/2009

2009/14/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2009, recante modifica della direttiva 94/19/CE relativa ai sistemi di garanzia dei depositi per quanto riguarda il livello di copertura e il termine di rimborso

 

30/6/2009

2009/19/CE

della Commissione, del 12 marzo 2009, che modifica, ai fini dell'adattamento al progresso tecnico, la direttiva 72/745/CEE del Consiglio relativa alle perturbazioni radioelettriche (compatibilità elettromagnetica) dei veicoli

 

1/10/2009

2009/25/CE

della Commissione, del 2 aprile 2009, che modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio per quanto riguarda l'estensione dell'utilizzo della sostanza attiva pyraclostrobin

4/8/2009

 

 



[1]    La relazione dà notizia che i commi 6-quater e 6-quinquies dell’articolo 41 del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, introdotti dalla legge di conversione 27 febbraio 2009, n. 14, recano misure relative all’attuazione della programmazione cofinanziata dall’Unione europea per il periodo 2007-2013, già oggetto dell’articolo 8 del testo del disegno di legge comunitaria 2009 approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri.

[2]    Ad esse va aggiunta la direttiva 2008/98/CE, la cui attuazione con decreto legislativo da sottoporre al parere delle competenti Commissioni parlamentari è prevista dall’allegato B sia al disegno di legge comunitaria 2008 sia al disegno di legge comunitaria 2009.

[3]    Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari.

[4]    Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

[5]    L’articolo 42-ter del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti, ha fornito l’interpretazione autentica dell’art. 16-bis della L. 11/2005, precisando che il diritto di rivalsa nei confronti delle regioni e degli altri enti pubblici può essere esercitato dallo Stato anche in relazione agli oneri finanziari sostenuti per la definizione di controversie presso la Corte europea dei diritti dell’uomo che si siano concluse con sentenza di radiazione o cancellazione dal ruolo. La nuova disposizione consente, quindi, di esercitare il diritto di rivalsa anche nelle ipotesi di controversie cessate con la cancellazione del ricorso dal ruolo, ai sensi dell’art. 37 CEDU, o con la conclusione di un regolamento amichevole ex art. 39 CEDU.

[6]     Il Governo ha preferito, già nel disegno di legge comunitaria 2008, far confluire nella relazione illustrativa i dati che dovrebbero costituire oggetto della Nota aggiuntiva in base ad una modifica dell’articolo 8, comma 5 della legge n. 11/2005, apportata dalla legge n. 34/2008 (legge comunitaria 2007). La scelta del Governo anticipa  quanto previsto dall’articolo 6 del disegno di legge comunitaria 2008 (A.C. 2320-bis-B), il quale  modifica l’alinea del comma 5 dell’articolo 8 della legge n. 11 del 2005, stabilendo che tutte le informazioni ivi contenute siano nuovamente inserite nella relazione al disegno di legge comunitaria annuale presentata dal Governo. In tal modo viene ripristinata la formulazione originaria della norma.

 

[7]     I dati vengono aggiornati ogni tre mesi: quelli riportati sono stati rilevati dal sito del Dipartimento per le Politiche comunitarie e sono aggiornati al 14 maggio 2009 (ultimo aggiornamento dello Scoreboard della Commissione europea.

[8]    COM(2003)238 final del 7 maggio 2003.

[9]    I dati sono tratti dallo Scoreboard presentato dalla Commissione in data 19 febbraio 2009.

[10]    I dati della tabella 2 sono forniti dal Segretariato generale della Commissione europea.

[11]   I dati della tabella 3 sono elaborati dal Servizio Studi della Camera.

[12]    Tale dato comprende quindi anche le direttive il cui termine di recepimento non è ancora scaduto.

[13]   Dati pubblicati il 19 febbraio 2009 e aggiornati al 10 novembre 2008.

[14]   Cfr. gli articoli 8 e 17.

[15]   La regione Emilia Romagna aveva già dettato disposizioni a riguardo con l’art. 3 della L.R. n. 6/2004, ora abrogato dalla dettagliata e organica nuova disciplina.

[16]   Si ricorda qui brevemente che alcune regioni avevano adottato norme di procedura per l’adeguamento della normativa regionale alle direttive comunitarie e per la partecipazione della regione alla formazione del diritto comunitario anche prima della riforma del Titolo V della Costituzione; sono le regioni Liguria (L.R. n. 44/1995), Veneto (L.R. n. 30/1996) Basilicata (L.R. n. 30/1997, art. 10) e Sardegna (L.R. n. 20/1998).

[17]   Le regioni che non hanno ancora adottato lo statuto sono: Basilicata, Molise e Veneto. Gli estremi degli statuti e gli articoli concernenti i rapporti con l’Unione europea sono i seguenti: Abruzzo: Statuto 28/12/2006, art. 4; Calabria: L.R. n. 25/2004, artt. 3, 28, 42; Campania L.R. 28-05-2009, n. 6 artt. 9 e 10; Emilia Romagna: L.R. n. 13/2005, art. 12; Lazio: L. Stat. 1/2004, artt.10, 11 e 32; Liguria: L.Stat. 1/2005, artt. 4, 16 e 50; Lombardia, L.R.Stat. 30/8/2008, n. 1, artt. 6 e 39; Marche: L.Stat. n. 1/2005, art. 2; Piemonte: L.R. Stat. N. 1/2005, artt. 15 e 42; Puglia: L.R. n. 7/2004, art. 9; Toscana: Statuto, art. 70 (BURT n. 12 dell’11 febbraio 2005); Umbria: L.R. n. 21/2005, art. 25.

[18]   In relazione a quest’ultimo aspetto si ricorda che anche altre regioni hanno istituito – principalmente attraverso il Regolamento interno del Consiglio regionale – una Commissione dedicata alle questioni concernenti l'attività dell'Unione europea (Abruzzo, Toscana, Regione siciliana, Sardegna, Provincia autonoma di Trento).

[19]   Il riferimento è alle leggi regionali in materia di raccordo con la normativa comunitaria, i cui estremi sono indicati sopra in sintesi.

[20]   Il regolamento interno del Consiglio regionale dell’Emilia-Romagna prevede invece che la relazione sullo stato di conformità dell’ordinamento regionale all’ordinamento comunitario sia esaminata congiuntamente al programma legislativo della Commissione europea.

[21]   Altri contenuti del rapporto sono: disposizioni per l’attuazione di programmi regionali cofinanziati dall’Unione europea e lo stato di attuazione di quelli in corso (Calabria); le attività di collaborazione internazionale avviate e quelle che si intendono avviare nell’anno in corso (Marche, Molise).

[22]   La sessione comunitaria della Giunta è prevista anche dalla legge della regione Calabria; essa è convocata dal Presidente “almeno ogni sei mesi”.

[23]   La regione Friuli Venezia Giulia ha emanato le seguenti leggi comunitarie:

§       L.R. 6 maggio 2005, n. 11 - Disposizioni per l'adempimento degli obblighi della Regione Friuli-Venezia Giulia derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità Europee. Attuazione della direttiva 2001/42/CE, della direttiva 2003/4/CE e della direttiva 2003/78/CE (Legge comunitaria 2004).

§       L.R. 26 maggio 2006, n. 9 - Disposizioni per l’adempimento degli obblighi della Regione Friuli Venezia Giulia derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Attuazione delle direttive 98/64/CE, 1999/27/CE, 1999/76/CE, 2000/45/CE, 2001/22/CE, 2003/126/CE, 2004/16/CE, 2005/4/CE, 2005/6/CE, 2005/10/CE. Modifica alla legge regionale 31 maggio 2002, n. 14 (Disciplina organica dei lavori pubblici) in adeguamento al parere motivato della Commissione europea C(2005) 5145 del 13 dicembre 2005 (Legge comunitaria 2005).

§       L.R. 14 giugno 2007, n. 14 - Disposizioni per l’adempimento degli obblighi della Regione Friuli-Venezia Giulia derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Attuazione degli articoli 4, 5 e 9 della direttiva 79/409/CEE concernente la conservazione degli uccelli selvatici in conformità al parere motivato della Commissione delle Comunità europee C(2006) 2683 del 28 giugno 2006 e della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (Legge comunitaria 2006).

§       L.R. 21 luglio-2008, n. 7 - Disposizioni per l'adempimento degli obblighi della Regione Friuli-Venezia Giulia derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee. Attuazione delle direttive 2006/123/CE, 92/43/CEE, 79/409/CEE, 2006/54/CE e del regolamento (CE) n. 1083/2006 (Legge comunitaria 2007).

[24]   Regione Valle d'Aosta, L.R. 21 maggio-2007, n. 8 - Disposizioni per l'adempimento degli obblighi della Regione autonoma Valle d'Aosta derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee. Attuazione della direttiva 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, e della direttiva 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche (Legge comunitaria 2007).

[25]   RegioneMarche: L.R. 16 dicembre 2008, n. 36 (Legge comunitaria regionale 2008). Dà attuazione alle seguenti direttive: “a) 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2003 sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale; b) 2003/105/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2003, che modifica la direttiva 96/82/CE sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose; c) 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi; d) 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 luglio 2006, riguardante l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego; e) 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre, relativa ai servizi nel mercato interno; f) 2008/62/CE della Commissione del 20 giugno 2008 recante deroghe per l'ammissione di ecotipi e varietà agricole naturalmente adattate alle condizioni locali e regionali e minacciate di erosione genetica, nonché per la commercializzazione di sementi e di tuberi di patata a semina di tali ecotipi e varietà. […] Si provvede, altresì, all'applicazione del regolamento della Commissione 5 settembre 2008, n. 889/2008 recante modalità di applicazione del regolamento 834/2007 del Consiglio relativo alla produzione biologica e all'etichettatura dei prodotti biologici”.

 

[26]   L'art. 15 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, stabilisce che la relazione tratti i seguenti temi:

gli sviluppi del processo di integrazione europea, con particolare riferimento alle attività del Consiglio europeo e del Consiglio dei Ministri dell'Unione Europea, alle questioni istituzionali, alle relazioni esterne dell'Unione Europea, alla cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni e agli orientamenti generali delle politiche dell'Unione;

la partecipazione dell'Italia al processo normativo comunitario con l'esposizione dei princìpi e delle linee caratterizzanti della politica italiana nei lavori preparatori in vista dell'emanazione degli atti normativi comunitari e, in particolare, degli indirizzi del Governo su ciascuna politica comunitaria, sui gruppi di atti normativi riguardanti la stessa materia e su singoli atti normativi che rivestono rilievo di politica generale;

l'attuazione in Italia delle politiche di coesione economica e sociale, l'andamento dei flussi finanziari verso l'Italia e la loro utilizzazione, con riferimento anche alle relazioni della Corte dei conti delle Comunità europee per ciò che concerne l'Italia;

i pareri, le osservazioni e gli atti di indirizzo delle Camere, nonché le osservazioni della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e della Conferenza dei presidenti dell'Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome, con l'indicazione delle iniziative assunte e dei provvedimenti conseguentemente adottati;

l'elenco e i motivi delle impugnazioni che il Consiglio dei Ministri intende assumere a seguito della notificazione di decisioni adottate dal Consiglio o dalla Commissione delle Comunità europee.

Nella relazione debbono essere inoltre indicati i resoconti delle attività svolte e gli orientamenti che il Governo intende assumere per l'anno in corso.

[27]   Si tratta del d.l. n. 155/2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 190/2008, del d.l. n. 157/2008 che – decaduto – è confluito nelle disposizioni della citata legge di conversione n. 190/2008, e del d.l. n. 185/2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2/2009. Ad essi si è aggiunto, al’inizio di quest’anno, il decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, recante misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi, nonché disposizioni in materia di produzione lattiera e rateizzazione del debito nel settore lattiero-caseario, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33.

[28]    Legge 9 marzo 1989, n. 86, Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo comunitario e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari.

[29]    Legge 4 febbraio 2005, n. 11, Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari.

[30]    Legge 23 agosto 1988, n. 400, Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri.

[31]    Legge 5 agosto 1978, n. 468, Riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio.

[32]    L’art. 81, co. 4°, Cost. stabilisce che ogni legge che importi nuove o maggiori spese, rispetto alla legge di bilancio, deve indicare i mezzi per farvi fronte.

[33]    Al riguardo si ricorda che la Corte costituzionale, con la sent. 53/1997, confermata dalla successiva sent. 456/1998, ha avuto modo di pronunciarsi criticamente sulla scarsa precisione dei princìpi e criteri direttivi relativi alle sanzioni penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi delegati. La Corte ha infatti affermato, in relazione alla disposizione dell’art. 2, lett. d), della L. 146/1994 – legge comunitaria per il 1993 – analoga a quella contenuta nella lett. c) in esame, che la disposizione, che stabilisce i criteri e princìpi direttivi della delega conferita al Governo, in ordine alle sanzioni per le infrazioni alle norme delegate “non appare certo perspicua. […] La Corte esprime dunque l’auspicio che il Legislatore, ove conferisca deleghe ampie di questo tipo, adotti, per quanto riguarda il ricorso alla sanzione penale, al cui proposito è opportuno il massimo di chiarezza e certezza, criteri configurati in modo più preciso”.

[34]   Le infrazioni lesive di determinati interessi generali dell’ordinamento interno, in quanto ritenuti meritevoli di tutela penale, erano state escluse dalla depenalizzazione effettuata dalla L. 689/1981 e, da ultimo, dalla ulteriore depenalizzazione prevista dalla L. 205/1999, e dal D.Lgs. 507/1999, emanato in base alla delega ivi prevista.

[35]    D.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell’articolo 14 della L. 24 novembre 1999, n. 468.

[36]    Legge 16 aprile 1987, n. 183, Coordinamento delle politiche riguardanti l’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee ed adeguamento dell’ordinamento interno agli atti normativi comunitari.

[37]   Legge 15 marzo 1997, n. 59, Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa.

[38]   Legge 23 agosto 1988, n. 400, Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

[39]   Lo stesso articolo 9 stabilisce che tali tariffe siano predeterminate e pubbliche.

[40]    Legge 15 marzo 1997, n. 59, Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa (c.d. “Bassanini 1”). L’art. 20, norma base delle leggi di semplificazione, è stato più volte modificato, da ultimo dalla L. 246/2005 (legge di semplificazione 2005).

[41]   Legge 8 marzo 1999, n. 50, Delegificazione e testi unici di norme concernenti procedimenti amministrativi – Legge di semplificazione 1998.

[42]   Legge 29 luglio 2003, n. 229, Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione. Legge di semplificazione 2001.

[43]   Legge 22 febbraio 1994, n. 146, art. 8.

[44]   Legge 6 febbraio 1996, n. 52, art. 8.

[45]   Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008, che modifica la direttiva 2000/40/CE sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) (diciottesima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE).

[46]   D.M. 31-07-2006 Disposizioni di attuazione della normativa comunitaria concernente l'organizzazione comune di mercato (OCM) del vino, ai sensi dell'articolo 10, commi 1 e 2, dell'articolo 11, dell'articolo 14, commi 5, 8 e 24, della L. 20 febbraio 2006, n. 82.

[47]   D.M. 04-04-2007 Disposizioni di attuazione della normativa comunitaria concernente l'organizzazione comune di mercato (OCM) del vino, ai sensi degli articoli 8 e 10 della L. 20 febbraio 2006, n. 82.

[48]   Il Trattato di Maastricht ha creato il “Terzo pilastro” dell’Unione Europea con il nome di Giustizia e affari interni (GAI) e con lo scopo di creare uno spazio europeo di libertà, di sicurezza e di giustizia all'interno dell'UE. Il Trattato di Amsterdam ha in seguito trasferito parte delle competenze – specialmente in materia civilistica – entro il “Primo pilastro” dell’Unione (Comunità Europea). Conseguentemente, il terzo pilastro assume oggi il nome di "Cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale". In tale quadro, il Consiglio europeo definisce i principi e gli orientamenti generali; il Consiglio dell'Unione prende le decisioni di definizione e attuazione del terzo pilastro.

[49]   D.Lgs. 8 giugno 2001 n. 231, Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell'articolo 11 della L. 29 settembre 2000, n. 300.

[50]   La relazione illustrativa spiega che l’ampliamento del termine a sessanta giorni è legato al numero e alla complessità delle decisioni quadro da recepire.

[51]   Recante la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell'articolo 11 della L. 29 settembre 2000, n. 300.

[52]   Recante Attuazione della direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo nonchè della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione.

[53]    Introdotto dalla decisione 2006/512/CE.

[54]   Direttiva recepita con D.M. 27 gennaio 1979, D.M. 10 dicembre 1979, D.M. 15 febbraio 1980, D.M. 6 giugno 1980, L. 11 ottobre 1986, n. 713 e Circolare 18 ottobre 1990 n. 27.

[55]   Direttiva recepita con D.Lgs. 27 settembre 1991, n. 313 e con D.M. 9 ottobre 2007. Il D.M. 13 dicembre 1991 ha emanato le modalità di presentazione delle istanze di autorizzazione alla certificazione CEE previste dalla Dir. 88/378/CEE.

[56]   Direttiva recepita con D.M. 16 gennaio 2004, n. 44.

[57]   Direttiva recepita con D.Lgs. 24 giugno 2003, n. 209.

[58]   Direttiva recepita con D.Lgs. 25 luglio 2005, n. 151.

[59]   Direttiva recepita con D.Lgs. 27 marzo 2006, n. 161.

[60]   Si consideri che l'articolo 1, comma 1, del disegno di legge comunitaria in esame dispone che, per le direttive che non stabiliscono un termine di recepimento, i decreti legislativi di attuazione vanno adottati entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge stessa.

 

[61]   Entrata in vigore il 28 novembre 2008.

[62]   Decisione 92/10/CEE del Consiglio.

[63]   Per ridurre il numero totale dei marchi di impresa registrati e tutelati nella Comunità, e di conseguenza il numero di conflitti che possono insorgere al riguardo, la direttiva prescrive che i marchi di impresa registrati vengano effettivamente usati, a pena di decadenza.

[64]   Vale in tal caso per l'adozione dei decreti legislativi di attuazione il termine stabilito dall'articolo 1, comma 1, del disegno di legge comunitaria in esame, che lo fissa entro i dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge stessa.

 

[65]    Gli altri obiettivi sono:

§          incoraggiare gli utenti ad un migliore comportamento;

§          sfruttare il progresso tecnico;

§          sicurezza del trasporto professionale di merci e di passeggeri;

§          soccorso e assistenza alle vittime della strada;

§          raccolta, analisi e diffusione dei dati sugli incidenti.

[66]   Tali stadi sono: a) prevenzione; b) preparazione per il riutilizzo; c) riciclaggio; d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia; e) smaltimento. Si fa notare che l’art. 3 introduce, oltre alle nozioni di “smaltimento” e “recupero”, già presenti nella precedente direttiva quadro, anche le definizioni di “prevenzione”, “preparazione per il riutilizzo” e di “riciclaggio”.

[67]   Oltre alle misure indicate, si ricorda che vengono modificate le definizioni di recupero e smaltimento, nonché introdotta la definizione di riciclaggio. La definizione di «riciclaggio», introdotta al punto 17) dell’art. 3, risponde all’esigenza di disporre di una nozione di riciclaggio di applicabilità generale, mentre le definizioni di «recupero» e «smaltimento» contenute, rispettivamente, ai punti 15) e 19) dell’art. 3, sono mutuate dalla giurisprudenza comunitaria volta ad inquadrare le operazioni di trattamento termico dei rifiuti quali attività di recupero o di smaltimento.

[68]   Calcolato tramite la formula prevista dall’Allegato II.

[69]   Si veda ad es. M. G. Boccia, Guida alla lettura della nuova Direttiva Quadro per la gestione dei rifiuti nell’Unione Europea, in Ambiente e sviluppo nn. 1, 2 e 3 del 2009.

[70]   A livello comunitario, tale principio è stato reso obbligatorio unicamente in relazione ad un numero limitato di flussi di rifiuti: i veicoli fuori uso, le apparecchiature elettriche ed elettroniche, le pile e gli accumulatori.

[71]   Sentenza 13 settembre 2005, causa C-176/03, con la quale è stata annullata la decisione quadro relativa alla protezione dell’ambiente attraverso il diritto penale, affermando che la Comunità, anche se non dispone si una competenza normativa “generale” in materia penale, può adottare provvedimenti finalizzati al riavvicinamento delle legislazioni penali nazionali in materia di ambiente, ove ciò risulti necessario a garantire piena efficienza al diritto comunitario. Sentenza 23 ottobre 2007, causa C-440/05, per l’annullamento della decisione quadro 2005/667/GAI intesa a rafforzare la cornice penale per la repressione dell’inquinamento provocato dalle navi.

[72]   L'introduzione del lavoro interinale è stata espressamente prevista nel Protocollo del 2 luglio 1993 tra Governo e parti sociali sulla politica dei redditi e sull'occupazione, i cui principi sono stati richiamati e integrati nell'Accordo per il lavoro del settembre 1996 (che ha intravisto nel nuovo istituto benefìci sia in termini di regolarizzazione di posizioni di lavoro oggi sommerse, che di gettito contributivo e fiscale) e in gran parte sostanzialmente fatti propri dalla legge n. 197/1996.

[73]   Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30.

[74]   Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale.

[75]   La somministrazione a tempo indeterminato era uno strumento contrattuale inedito per l'Italia, ma molto diffuso negli Stati Uniti fin dai primi anni ’80. Con tale istituto sostanzialmente si introduceva anche nell’ordinamento italiano il cosiddetto leasing di manodopera (staff leasing), grazie al quale le aziende potevano "affittare" la forza-lavoro anche a tempo indeterminato e non solo a termine. Invece, con il contratto di fornitura di lavoro interinale di cui alla legge n. 196/1997, l’impresa fornitrice metteva a disposizione dell’impresa utilizzatrice un lavoratore solamente per esigenze lavorative di carattere temporaneo.

Si consideri tuttavia che l’articolo 20 del d.lgs. 276/2003 prevedeva una tassativa elencazione delle attività per le quali è legittima la somministrazione di lavoro a tempo indeterminato, in presenza di ragioni di carattere tecnico, organizzativo o produttivo. Si trattava in particolare delle seguenti attività:

§       servizi di consulenza e assistenza nel settore informatico, compresa la progettazione e manutenzione di reti intranet e extranet, siti internet, sistemi informatici, sviluppo di software applicativo, caricamento dati;

§       servizi di pulizia, custodia, portineria;

§       servizi, da e per lo stabilimento, di trasporto di persone e di trasporto e movimentazione di macchinari e merci;

§       gestione di biblioteche, parchi, musei, archivi, magazzini, nonché servizi di economato;

§       attività di consulenza direzionale, assistenza alla certificazione, programmazione delle risorse, sviluppo organizzativo e cambiamento, gestione del personale, ricerca e selezione del personale;

§       attività di marketing, analisi di mercato, organizzazione della funzione commerciale;

§       gestione di call-center, nonché avvio di nuove iniziative imprenditoriali nelle aree Obiettivo 1 di cui al regolamento (CE) n. 1260/1999 del 21 giugno 1999 del Consiglio, recante disposizioni generali sui Fondi strutturali;

§       costruzioni edilizie all'interno degli stabilimenti, per installazioni o smontaggio di impianti e macchinari, per particolari attività produttive, con specifico riferimento all'edilizia e alla cantieristica navale, le quali richiedano più fasi successive di lavorazione, l'impiego di manodopera diversa per specializzazione da quella normalmente impiegata nell'impresa.

La somministrazione a tempo indeterminato era inoltre lecita in tutti gli altri casi previsti dai contratti collettivi di lavoro nazionali o territoriali stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative.

[76]   La norma fa riferimento agli artt. 4 e 24 della L. 23 luglio 1991, n. 223, Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro.

[77]   Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

[78]   Vita animale e vegetale caratterizzante una regione (http://81.208.25.93/RSA/capitolo_8/main_glossario.htm). In ambito acquatico il riferimento è quindi a pesci, molluschi, crostacei ecc.

[79]   Tale possibilità viene concessa poiché – come sottolineato nel “considerando 19” – “in prossimità degli scarichi da fonti puntuali le concentrazioni degli inquinanti sono di solito più elevate delle concentrazioni ambiente nelle acque”.

[80]   DM Lavoro, salute e politiche sociali del 5 novembre 2008.

[81]   DM Lavoro, salute e politiche sociali del 16 febbraio 2009.

[82]   DM Lavoro, salute e politiche sociali dell’11 settembre 2008.

[83]   DM Lavoro, salute e politiche sociali del 5 novembre 2008.

[84]   DM Lavoro, salute e politiche sociali dell’11 settembre 2008.

[85]   DM Infrastrutture e trasporti 31 ottobre 2008.

[86]   DM Lavoro, salute e politiche sociali del 9 ottobre 2008.

[87]   DM Lavoro, salute e politiche sociali del 9 ottobre 2008.

 

[88]   DM Lavoro, salute e politiche sociali del 9 ottobre 2008.

[89]   DM Lavoro, salute e politiche sociali del 9 ottobre 2008.

[90]   DM Lavoro, salute e politiche sociali del 9 ottobre 2008.

[91]   DM Lavoro, salute e politiche sociali del 9 ottobre 2008.

[92]   DM Lavoro, salute e politiche sociali del 9 ottobre 2008.

[93]   DM Lavoro, salute e politiche sociali del 9 ottobre 2008.

[94]   DM Lavoro, salute e politiche sociali del 9 ottobre 2008.

 

 

[95]   Il decreto attuativo, sul quale le Commissioni parlamentari hanno espresso il parere (atto n. 10) non risulta pubblicato nella G.U. .

[96]   La direttiva è già stata recepita con il d.lgs. n. 66 del 20 marzo 2009.

[97]   La direttiva è già stata recepita con il d.lgs. n. 66 del 20 marzo 2009.

[98]   La direttiva è già stata recepita con il d.lgs. n. 66 del 20 marzo 2009.