Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Riforma del Titolo IV della Costituzione A.C. 4275 Lavori della Commissione bicamerale per le riforme costituzionali (XIII leg.) Resoconti delle sedute dal 3 giugno al 30 giugno 1997
Riferimenti:
AC N. 4275/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 483    Progressivo: 3
Data: 26/05/2011
Descrittori:
COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA   MAGISTRATURA
ORDINAMENTO GIUDIZIARIO     
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni
II-Giustizia
Altri riferimenti:
AC N. 3931/XIII   AS N. 2853/XIII  

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di

Progetti di legge

Riforma del Titolo IV della Costituzione

A.C. 4275

Lavori della Commissione bicamerale per le riforme costituzionali (XIII leg.)

Resoconti delle sedute dal 3 giugno al 30 giugno 1997

 

 

 

 

 

 

n. 483/3

parte III

 

 

26 maggio 2011

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Giustizia

( 066760-9148 / 066760-9559 – * st_giustizia@camera.it

AVVERTENZA

 

 

La documentazione raccoglie stralci degli atti parlamentari concernenti i lavori della Commissione parlamentare per le riforme costituzionali (cd. Commissione D’Alema) istituita nella XIII legislatura con legge costituzionale 24 gennaio 1997, n. 1.

Le parti stralciate riguardano la riforma del titolo IV della parte II della Costituzione rubricato “La Magistratura” ed oggetto, in particolare, dell’attività del Comitato sul sistema delle garanzie, costituito all’interno della Commissione e presieduto dall’on. Boato.

In tale ambito, con parziale esclusione dei lavori del Comitato sul sistema delle garanzie, sono state selezionate,ove possibile, le parti i cui profili di interesse coincidono con quelli del disegno di legge del Governo AC 4275 “Riforma del Titolo IV della Parte II della Costituzione”, all’esame delle Commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia della Camera.

Nei quattro volumi in cui si articola la documentazione sono contenuti:

§          i resoconti stenografici della sedute della Commissione parlamentare per le riforme costituzionali;

§          i resoconti sommari del Comitato sul sistema delle garanzie;

§          la discussione, presso l’Assemblea della Camera dei deputati, delle linee generali del progetto di legge costituzionale (AC 3931-A/AS 2583-A).

In particolare,

Ø       Il volume primo contiene i resoconti delle sedute della Commissione bicamerale dall’11 febbraio al 27 maggio 1997;

Ø       Il volume secondo contiene i resoconti del Comitato sistema delle garanzie dal 5 marzo al 7 maggio 1997;

Ø       Il volume terzo contiene i resoconti stenografici delle sedute della Commissione bicamerale dal 3 al 30 giugno 1997, il progetto di legge costituzionale approvato (A.C. 3931 e A.S. 2583) nonché gli emendamenti presentati al Parlamento entro il 30 luglio 1997 (limitatamente a quelli riferiti agli articoli da 119 a 132 del testo approvato);

Ø       Il volume quarto contiene, infine, i resoconti stenografici delle sedute della Commissione bicamerale dal 28 ottobre al 4 novembre 2007 ed il progetto di legge costituzionale come risultante dagli emendamenti approvati (A.C. 3931-A e A.S. 2583-A) nonché la relazione di  minoranza Cossutta; i resoconti stenografici delle sedute dell’Assemblea della Camera dei deputati dal 26 gennaio al 9 giugno 1998 (data di interruzione definitiva dei lavori)

Si ricorda che l’Assemblea della Camera dei deputati, per l’anticipata e definitiva interruzione dei lavori, non ha esaminato l’articolato sul Sistema delle garanzie approvato dalla Commissione parlamentare per le riforme costituzionali, come risultante dagli emendamenti approvati nella sessione autunnale conclusasi il 4 novembre 1997.

I resoconti integrali degli atti parlamentari inerenti i lavori della Commissione D’Alema sono disponibili presso il Servizio Studi della Camera (volumi da I a XVII).

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: GI0558d3.doc


INDICE

Atti della Commissione parlamentare per le riforme costituzionali

§      Seduta del 3 giugno 1997 (Seguito dell’esame dei progetti di legge di revisione della parte seconda della Costituzione                                                                                            3

All. 1: Testo presentato dal deputato Boato, relatore sul sistema delle garanzie, ed adottato dalla Commissione nella seduta del 3 giugno 1997                                           7

All. 2: Testo sul sistema delle garanzie presentato dai deputati Parenti e Buttiglione e dai senatori Maceratini, Pera, Loiero e Lisi                                                                  27

§      Seduta del 20 giugno 1997 (Seguito dell’esame)                                          35

§      Seduta del 26 giugno 1997 (Seguito dell’esame)                                          89

§      Seduta del 30 giugno 1997 (Seguito dell’esame)                                        135

Documenti esaminati nel corso delle sedute antimeridiana n. 52 e pomeridiana n. 53   136

§      Progetto di legge costituzionale (A.C. 3931 e A.S. 2583 )                          146

Relazione sul sistema delle garanzie di Marco Boato                           149

Testo del progetto di legge costituzionale                                              169

Relazione di minoranza                                                                          174

§      Emendamenti presentati alla Presidenza della Camera dei deputati e alla Presidenza del Senato della Repubblica entro il 30 luglio 1997, relativi agli articoli dal 119 al 132 del progetto di legge costituzionale (A.C. 3931 e A.S. 2583)                                                       183


Commissione parlamentare per
le riforme costituzionali

 


 

COMMISSIONE PARLAMENTARI

PER LE RIFORME COSTITUZIONALI

 

RESOCONTO STENOGRAFICO

 

 

 

DOCUMENTI ESAMINATI NEL CORSO DELLA SEDUTA N. 32 di MARTEdì 3 GIUGNO 1997

 

 

 


La seduta comincia alle 16.15.

 

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Seguito dell'esame dei progetti di legge di revisione della parte seconda della Costituzione.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'esame dei progetti di legge di revisione della parte seconda della Costituzione.

Nella seduta odierna dobbiamo deliberare l'adozione dei testi base che costituiranno il fondamento del lavoro successivo della Commissione, cioè quello della presentazione, della discussione e dell'approvazione degli articoli e degli emendamenti di riforma costituzionale.

(omissis)

Propongo di mutare l'ordine del giorno passando alla discussione del testo in materia di garanzie presentato dall'onorevole Boato. Successivamente, dato che non mi pare sia stata compiuta una riflessione, propongo di aggiornare la seduta, anche in considerazione della delicatezza della questione proposta e dell'opportunità di una riflessione da parte dei gruppi prima che, magari per la precipitazione degli eventi, possano prodursi fatti anche involontariamente laceranti. Propongo pertanto l'inversione dell'ordine del giorno nel senso di passare subito alla proposta di adozione dell'articolato presentato dal relatore Boato come testo base in materia di sistema delle garanzie. Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.

(Così rimane stabilito).

ADRIANO OSSICINI. Siamo decisamente favorevoli ad adottare come testo base in materia di sistema delle garanzie l'articolato presentato dal relatore Boato.

MAURIZIO PIERONI. Anche i verdi sono favorevoli ad adottare questo testo base: colgo l'occasione per ringraziare rapidamente l'onorevole Boato, a nome del nostro gruppo, cui peraltro egli stesso appartiene, per il lavoro svolto in termini sia qualitativi sia quantitativi. Desidero inoltre ribadire, perché resti agli atti della Commissione, che nello svolgimento del suo lavoro di relatore l'onorevole Boato ha sempre goduto del pieno e totale consenso del suo gruppo.

FAUSTO MARCHETTI. Signor presidente, sono note le nostre riserve su alcune proposte dell'onorevole Boato: le abbiamo espresse nel corso dei lavori del Comitato e nella recente discussione in sede plenaria. Riconosciamo peraltro che alcuni miglioramenti sono stati apportati nell'ultimo testo consegnato al Comitato ed anche in quello su cui oggi ci pronunciamo: il relatore, infatti, ha in parte tenuto conto di alcune osservazioni formulate, anche da parte nostra, nel corso dell'ultima discussione tenuta in sede plenaria. Restano esigenze di approfondimento ed anche punti di dissenso: credo tuttavia che vi siano le condizioni perché si possa esprimere da parte nostra consenso sull'adozione dell'articolato presentato dall'onorevole Boato come testo base, sottolineando però le esigenze di modifica che preciseremo con una serie di emendamenti.

GIULIO MACERATINI. Signor presidente, desidero sgombrare il campo da qualche impressione che, almeno a nostro giudizio, non ha ragione di esservi, in ordine a ipotetiche, astratte, inesistenti doglianze sul lavoro svolto dal collega Boato. Riteniamo che egli abbia fatto molto bene e che si sia impegnato allo spasimo: naturalmente, aveva delle difficoltà obiettive, che sarebbe folle da parte nostra non considerare nel momento in cui esprimiamo la nostra valutazione.

Detto questo, con sincerità e senza alcuna ipocrisia, a me lontana per carattere, debbo osservare che da parte del collega Boato (sono certo che così sarà) non potrà essere valutato l'eventuale parziale o totale dissenso come una forma di non considerazione del suo lavoro. Ripeto infatti che il lavoro è stato fatto, tra l'altro in maniera tale da avvicinare obiettivamente posizioni che all'origine erano molto distanti. Siccome però il lavoro, non essendo nessuno dotato di magici poteri, non poteva completare questa distanza, il gruppo di alleanza nazionale in bicamerale insieme con i colleghi del Polo ha presentato un documento che, in relazione a quello che è l'andamento delle votazioni, non aspira nemmeno ad assurgere all'onore del voto, in quanto sarà precluso dalla votazione che stiamo per svolgere.

Esso, però, vuole essere un promemoria per il lavoro sugli emendamenti in sede di Commissione bicamerale e successivamente di Assemblea: soltanto questo significa tale iniziativa, almeno per quanto riguarda le firme di chi sta parlando e del senatore Lisi che ha collaborato con il sottoscritto alla stesura; l'onorevole Parenti e gli altri firmatari illustreranno poi le loro posizioni, che non credo possano dissentire da questo spirito con il quale ci siamo avvicinati al lavoro.

Consideriamo comunque l'articolato di Boato una base sicuramente utilizzabile per l'ulteriore lavoro ma ci asterremo nella votazione in ordine ad alcuni problemi che in questa fase non vale la pena elencare; ripeto però che ciò non indica alcuna preclusione, perché lo spirito con il quale abbiamo cominciato il percorso in Comitato, e mi auguro lo proseguiremo in Commissione, è quello di non considerare alcuna norma come definitiva o dirimente, ma semplicemente come punto di partenza per ulteriori avvicinamenti.

AGAZIO LOIERO. Il gruppo del CCD si asterrà nella votazione sull'adozione del testo base presentato dall'onorevole Boato, senza nulla togliere - lo diciamo senza infingimenti - al grande impegno profuso dal relatore e dallo stesso Comitato. Penso infatti che il Comitato sul sistema delle garanzie sia stato quello che ha lavorato di più, certamente risentendo di grandi condizionamenti esterni (sarebbe oltremodo ipocrita non ricordarlo).

Si è trattato di un compito impegnativo ma, proprio perché vogliamo dare una nuova dimensione al lavoro, anche attraverso gli emendamenti che presenteremo, riteniamo in questa fase di doverci astenere dalla votazione.

TIZIANA PARENTI. Come ha già osservato il senatore Maceratini, credo che la nostra astensione non debba essere equivocata, né per il valore complessivo del risultato del Comitato sul sistema delle garanzie, ed in particolare del suo relatore, né per l'impegno ed anche per la validità di alcune delle proposte. Poiché però restano comunque distanti alcuni punti, sui quali intendiamo lavorare costruttivamente insieme con i colleghi, con una volontà di maggiore impegno, quindi non con un' adesione che potrebbe essere comunque equivocata diversamente (dato che molti sono rimasti sulle loro rispettive posizioni), l'articolato presentato dall'onorevole Boato può rappresentare un testo sul quale lavorare positivamente (pur rimarcando ancora la lontananza su alcuni punti).

Ci auguriamo che un ulteriore contributo possa venire dal testo che presentiamo, per così dire alternativo ma che in realtà anticipa gli emendamenti che presenteremo ad un testo base che riteniamo possa offrire una grande possibilità, se vi è la volontà di costruire ipotesi effettivamente valide. Ritengo quindi che la nostra astensione vada intesa proprio nel senso di non abbassare la guardia sui punti fondamentali, ma di lavorarci costruttivamente come fino ad ora è stato fatto.

CESARE SALVI. Il gruppo della sinistra democratica voterà a favore dell'adozione come testo base dell'articolato presentato dall'onorevole Boato: anche noi abbiamo alcune riserve su qualche punto, che si tradurranno in emendamenti e tuttavia, da una parte, apprezziamo l'impianto proposto, con gli elementi di serio garantismo che sono stati indicati nell'articolato, dall'altra parte abbiamo valutato molto positivamente il lavoro svolto dal relatore in condizioni difficili, con grande equanimità e serietà.

Il presidente mi consentirà di cogliere l'occasione, in quanto faccio parte della categoria dei relatori (ho aspettato questo momento anche per ragioni scaramantiche), per unire nell'apprezzamento del nostro gruppo al lavoro svolto dal collega Boato anche quello per il lavoro svolto dagli altri colleghi che hanno avuto le funzioni di relatore, i quali questa sera hanno avuto la soddisfazione di vedere il loro lavoro suffragato dal giudizio positivo della Commissione.

ORTENSIO ZECCHINO. Signor presidente, desidero confermare il giudizio positivo dei popolari, già espresso nel corso della discussione generale, sul testo presentato dall'onorevole Boato, che ci sembra un riferimento molto obiettivo per proseguire proficuamente nei nostri lavori. In esso sono stati raggiunti punti di grande rilevanza ed innovazione: siamo pertanto grati all'onorevole Boato di aver garantito un equilibrio difficile tra autonomia e limiti all'autonomia, tra autonomia, indipendenza e effettività del principio di responsabilità, di aver rafforzato la terzietà del giudice, sia amministrativo sia ordinario, attraverso la separazione più marcata dei ruoli di giudice e pubblico ministero, di aver reso più esplicite le garanzie del processo.

Ci sembrano fatti di grande rilevanza, che ci inducono a dare un giudizio di piena positività nella convinzione che quel testo, al quale anche noi proporremo emendamenti migliorativi in alcune parti ed innovativi in altre, possa costituire la partenza migliore per giungere all'obiettivo che tutti ci prefiggiamo.

ENRICO BOSELLI. Signor presidente, esprimeremo un voto favorevole sull'adozione come testo base dell'articolato presentato dall'onorevole Boato, per due ragioni: in primo luogo, come già veniva ricordato, si tratta di adottare un testo base che sarà poi suscettibile di precisazioni, miglioramenti e chiarimenti nel corso del successivo lavoro; in secondo luogo, il relatore ed anche il presidente del Comitato, l'onorevole Urbani, possono confermare che vi è stata grande disponibilità ed apertura in seno allo stesso Comitato nel raccogliere le opinioni diverse che pure vi sono.

Credo quindi che la base di questo lavoro sia positiva e considero anche la proposta dell'onorevole Parenti un elemento utile per introdurre miglioramenti in alcuni punti del testo del collega Boato che effettivamente devono essere migliorati e precisati. Questo però non inficia il significato positivo della proposta di Boato su un punto molto delicato e controverso della vicenda politica, e non soltanto politica, di questi ultimi anni.

GUIDO DONDEYNAZ. Signor presidente, sono favorevole ad assumere come testo base per la discussione l'articolato presentato dall'onorevole Boato.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di adottare l'articolato presentato dal relatore Boato come testo base in materia di sistema delle garanzie.

(È approvata).



Allegato 1

 

TESTO PRESENTATO DAL DEPUTATO BOATO,

RELATORE SUL SISTEMA DELLE GARANZIE, ED ADOTTATO DALLA COMMISSIONE NELLA SEDUTA DEL 3 GIUGNO 1997

 


La proposta di testo-base, in riferimento agli ambiti di revisione costituzionali demandati all'esame del Comitato sul sistema delle garanzie, riproduce in massima parte quanto previsto dalla «ipotesi di modifica n. 1» presentata il 7 maggio al Comitato, nel corso della sua ultima seduta, e il 27 maggio 1997 alla Commissione, in seduta plenaria.

Alcune ulteriori modifiche sono state comunque introdotte, in connessione col dibattito svoltosi nella seduta pomeridiana dello stesso 27 maggio, mantenendo i criteri riformatori e le scelte di fondo illustrate nella relazione svolta durante la seduta antimeridiana.

La necessità di presentare alla Commissione, per l'adozione del testo-base cui riferire i successivi emendamenti, una proposta ormai priva di opzioni integrative o alternative, deriva da una ovvia esigenza di carattere procedurale: i parlamentari componenti la Commissione devono conoscere un testo definito per poter elaborare le proprie proposte emendative.

Tuttavia, per rispetto alla complessità del dibattito e alla pluralità di posizioni espresse su alcune questioni ancora aperte, il relatore ha ritenuto opportuno e doveroso segnalare di volta in volta, nei punti fondamentali, le opzioni alternative ancora sostenute e motivate nella seduta plenaria del 27 maggio.

Tali opzioni alternative non sono più indicate con ipotesi di testi normativi, ma solo nel loro contenuto essenziale sotto forma di «osservazioni» riferite puntualmente alla proposta di testo-base elaborata dal relatore.

Rimarrà ovviamente alla autonoma iniziativa dei gruppi o dei singoli parlamentari della Commissione il compito di elaborare eventuali testi normativi da proporre quali emendamenti integrativi, modificativi o alternativi.

Seguendo un criterio metodologico adottato fin dall'inizio dei lavori del Comitato, e seguito anche da tutti gli intervenuti nel dibattito in seduta plenaria del 27 maggio, il relatore ha ritenuto opportuno elaborare un testo-base puntualmente riferito, come proposta di revisione o integrazione, ai corrispettivi articoli della Costituzione vigente, conservandone anche la relativa numerazione.

(omissis)


 

Articolo 101

Costituzione della Repubblica

Proposta di modifica

Osservazioni

La giustizia è amministrata in nome del popolo.

Identico.

 

I giudici sono soggetti soltanto alla legge.

I giudici e i magistrati del pubblico ministero sono soggetti soltanto alla legge. Le norme sull'ordinamento giudiziario assicurano il coordinamento interno e l'unità di azione degli uffici del pubblico ministero.

In alternativa a questo comma, è stato proposto di aggiungere al secondo comma dell'articolo 101 vigente il quarto comma dell'articolo 107 vigente, con ulteriore previsione del coordinamento e dell'unità di azione degli uffici del pubblico ministero.

 

 

 

La giurisdizione si attua mediante giusti processi regolati dalla legge, che ne assicura la ragionevole durata.

 

 

Il procedimento si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, secondo il principio dell'oralità e davanti a giudice imparziale.

 

 

La legge assicura l'effettivo esercizio del diritto di difesa, in ogni fase del procedimento, anche da parte dei non abbienti.

Per costituire un effettivo sviluppo del terzo comma dell'articolo 24, questo comma dovrebbe essere meglio specificato, eventualmente prevedendo l'istituzione di uffici pubblici di assistenza legale.


Articolo 102

Costituzione della Repubblica

Proposta di modifica

Osservazioni

La funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull'ordinamento giudiziario.

La funzione giurisdizionale è unitaria ed è esercitata dai giudici ordinari e amministrativi istituiti e regolati dalle norme dei rispettivi ordinamenti giudiziari.

 

Non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali. Possono soltanto istituirsi presso gli organi giudiziari ordinarisezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura.

Non possono essere istituiti giudici straordinari.

Presso gli organi giudiziari ordinari e amministrativi possono istituirsi sezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura.

Possono essere istituiti giudici speciali esclusivamente per determinate materie diverse da quella penale e per il solo giudizio di primo grado. Per la giustizia tributaria possono tuttavia essere istituiti giudici speciali anche per il giudizio di secondo grado.

La legge stabilisce per quali materie possono essere nominati giudici non professionali, anche al fine di giudizi di sola equità.

 

La legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo all'amministrazione della giustizia.

Identico.

 

(omissis)


Articolo 104

Costituzione della Repubblica

Proposta di modifica

Osservazioni

La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere.

I giudici ordinari e amministrativi e i magistrati del pubblico ministero costituiscono un ordine autonomo e indipendente da ogni potere.

 

Il Consiglio superiore della magistratura è presieduto dal Presidente della Repubblica.

Il Consiglio superiore della magistratura ordinaria è presieduto dal Presidente della Repubblica.

 

Ne fanno parte di diritto il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione.

Identico.

 

 

Il Consiglio superiore della magistratura ordinaria si compone di una sezione per i giudici e di una sezione per i magistrati del pubblico ministero. Il diverso numero dei componenti di ciascuna sezione è determinato dalla legge. La legge stabilisce funzioni e competenze delle sezioni riunite.

In alternativa è stato proposto un CSM non diviso in sezioni, ovvero due distinti CSM per giudici e pubblici ministeri.

Gli altri componenti sono eletti per due terzi da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie, e per un terzo dal Parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.

I componenti di ciascuna sezione sono eletti per tre quinti rispettivamente dai giudici e dai magistrati del pubblico ministero tra gli appartenenti alle varie categorie e per due quinti dal Parlamento(1) tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.

In alternativa è stata proposta una composizione paritaria tra togati e laici ovvero la conservazione della proporzione di 2/3 e 1/3 tra togati e laici.

Il Consiglio elegge un vice presidente fra i componenti designati dal Parlamento.

Il Consiglio elegge un vice presidente e ciascuna sezione elegge il proprio presidente tra i componenti designati dal Parlamento.

 

 

Il Ministro della giustizia può partecipare, senza diritto di voto, alle riunioni delle sezioni riunite e di ciascuna sezione del Consiglio e presentare proposte e richieste.

 

I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili.

I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono rieleggibili.

 

Non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale.

Non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né assumere cariche pubbliche elettive.

 

 

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(1) Da precisare in relazione alla forma di governo.


Articolo 104-bis

Testo proposto

Osservazioni

Il Consiglio superiore della magistratura amministrativa è presieduto dal Presidente della Repubblica(1)

 

Ne fa parte di diritto il presidente della Corte di giustizia amministrativa.( 2)

 

Gli altri componenti sono eletti per tre quinti da tutti i magistrati amministrativi appartenenti alle varie categorie e per due quinti dal Parlamento 1 tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.

La composizione del CSM amministrativo deve essere omogenea, anche nel rapporto tra togati e laici, con quella del CSM ordinario. La possibilità di prevedere due sezioni anche per il CSM amministrativo dipende dalla eventuale istituzione del PM presso la giurisdizione amministrativa.

Il Consiglio elegge un vice presidente tra i componenti designati dal Parlamento.

Il Ministro della giustizia può partecipare alle riunioni del Consiglio senza diritto di voto e presentare proposte e richieste.

 

I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono rieleggibili.

 

Non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né assumere cariche pubbliche elettive.

 

------------------------------

(1) Da precisare in relazione alla forma di governo.

(2) Ne farebbe parte di diritto anche l’eventuale procuratore generale della Corte di giustizia amministrativa.


 

Articolo 105

Costituzione della Repubblica

Proposta di modifica

Osservazioni

Spettano al Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell'ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati.

Spettano ai Consigli superiori della magistratura ordinaria e amministrativa, secondo le norme dei rispettivi ordinamenti giudiziari, esclusivamente le funzioni amministrative riguardanti le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti e le promozioni nei riguardi dei giudici e dei magistrati del pubblico ministero.

 

 

 

 

 

 

E' stato proposto di introdurre un secondo comma, con la previsione del divieto di atti o deliberazioni di indirizzo politico.


Articolo 105-bis

Testo proposto

Osservazioni

Spettano alla Corte di giustizia della magistratura i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei giudici ordinari e amministrativi e dei magistrati del pubblico ministero. La Corte è altresì organo di tutela giurisdizionale in unico grado contro i provvedimenti amministrativi assunti dai Consigli superiori della magistratura ordinaria e amministrativa.

La Corte è formata da nove membri, eletti tra i propri componenti dai Consigli superiori della magistratura ordinaria e amministrativa.

 

Il Consiglio superiore della magistratura ordinaria elegge sei componenti, di cui quattro tra quelli eletti dai giudici e dai magistrati del pubblico ministero e due tra quelli designati dal Parlamento. Il Consiglio superiore della magistratura amministrativa elegge tre componenti, di cui due tra quelli eletti dai giudici[1] e uno tra quelli designati dal Parlamento. I componenti designati tra quelli eletti dai magistrati sono scelti assicurando la rappresentanza delle varie categorie.

In alternativa è stata proposta una composizione paritaria tra togati e laici.

La Corte elegge un presidente tra i componenti eletti tra quelli designati dal Parlamento.

I componenti della Corte non possono partecipare ad altra attività dei rispettivi Consigli di provenienza e durano in carica fino allo scadere del mandato di tali organi.

 


Articolo 106

Costituzione della Repubblica

Proposta di modifica

Osservazioni

Le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso.

Le nomine dei magistrati ordinari e amministrativi hanno luogo per concorso e previo tirocinio.

In alternativa è stata proposta la netta separazione delle carriere, con concorsi differenziati, ovvero il rinvio alla legge ordinaria per la distinzione delle funzioni.

 

Tutti i magistrati ordinari esercitano inizialmente funzioni giudicanti per un periodo di tre anni, al termine del quale il Consiglio superiore della magistratura ordinaria a sezioni riunite li assegna all'esercizio di funzioni giudicanti ovvero inquirenti, previa apposita formazione e valutazione di idoneità.

Il passaggio tra l'esercizio delle funzioni giudicanti e del pubblico ministero è successivamente consentito a seguito di concorso riservato, secondo modalità stabilite dalla legge.

In nessun caso le funzioni giudicanti penali e quelle del pubblico ministero possono essere svolte nel medesimo distretto giudiziario.

 

La legge sull'ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli.

La legge sull'ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici di primo grado.

 

Su designazione del Consiglio superiore della magistratura possono essere chiamati all'ufficio di consiglieri di cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che abbiano quindici anni di esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori.

Su designazione del Consiglio superiore della magistratura possono essere chiamati all'ufficio di consiglieri di cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che abbiano quindici anni di esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori.

 

 

La legge sull'ordinamento giudiziario può ammettere la nomina di avvocati e professori universitari in materie giuridiche negli altri gradi della giurisdizione.

 

 


Articolo 107

Costituzione della Repubblica

Proposta di modifica

Osservazioni

I magistrati sono inamovibili. Non possono essere dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del Consiglio superiore della magistratura, adottata o per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall'ordinamento giudiziario o con il loro consenso.

I giudici ordinari e amministrativi e i magistrati del pubblico ministero sono inamovibili.

Non possono essere dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del rispettivo Consiglio superiore della magistratura, adottata o per i motivi e con le garanzie del contraddittorio stabilite dall'ordinamento giudiziario o con il loro consenso.

La legge disciplina i periodi di permanenza nell'ufficio e nella sede dei giudici ordinari e amministrativi e dei magistrati del pubblico ministero.

 

Il Ministro della giustizia ha facoltà di promuovere l'azione disciplinare.

Soppresso (ma vedi art. 110).

 

I magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni.

Identico.

 

Il Pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull'ordinamento giudiziario.

Soppresso (ma vedi art. 101).

 

 

Nell'esercizio delle rispettive funzioni, i giudici ordinari e amministrativi ed i magistrati del pubblico ministero si attengono ai principi di responsabilità, correttezza e riservatezza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'ufficio di giudice ordinario e amministrativo e di magistrato del pubblico ministero è incompatibile con qualunque altro ufficio, incarico e professione. I giudici ordinari e amministrativi e i magistrati del pubblico ministero non possono far parte di collegi arbitrali, né essere distaccati presso Ministeri o altre pubbliche amministrazioni. Possono partecipare alle competizioni elettorali solo se si dimettono prima della presentazione delle liste elettorali.

 

 

 

 

 

 

 

In alternativa all'ultimo periodo, è stato proposto che i magistrati che prendono parte alle competizioni elettorali siano in ogni caso assegnati ad altra sede.


Articolo 108

Costituzione della Repubblica

Proposta di modifica

Osservazioni

Le norme sull'ordinamento giudiziario e su ogni magistratura sono stabilite con legge.

Le norme sugli ordinamenti giudiziari ordinario e amministrativo sono stabilite esclusivamente con legge.

 

La legge assicura l'indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali, del pubblico ministero presso di esse, e degli estranei che partecipano all'amministrazione della giustizia.

Identico.

 


Articolo 109

Costituzione della Repubblica

Proposta di modifica

Osservazioni

L'autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria. 

Identico.

 

 


Articolo 110

Costituzione della Repubblica

Proposta di modifica

Osservazioni

Ferme le competenze del Consiglio superiore della magistratura, spettano al Ministro della giustizia l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia.

 

 

 

 

 

 

 

 

Ferme le competenze dei Consigli superiori della magistratura ordinaria e amministrativa, il Ministro della giustizia provvede all'organizzazione e al funzionamento dei servizi relativi alla giustizia, promuove la comune formazione propedeutica all'esercizio delle professioni giudiziarie e forensi, esercita la funzione ispettiva sul corretto funzionamento degli uffici giudiziari, promuove l'azione disciplinare(1).

La legge può individuare altri soggetti titolari in via sussidiaria dell'azione disciplinare.

 

 

 

 

In alternativa all'attribuzione al Ministro della titolarità dell'azione disciplinare e della funzione ispettiva, è stato ipotizzato di affidare tali competenze ad un organo di garanzia di nomina parlamentare.

________________

(1) Può eventualmente qui aggiungersi, come terzo comma, il secondo comma della proposta di modifica dell'articolo 112.


Articolo 111

Costituzione della Repubblica

Proposta di modifica

Osservazioni

Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati.

Identico.

 

Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giuri-sdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in cassazione per violazione di legge. Si può derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei Tribunali militari in tempo di guerra.

Identico.

 

 

 

 

  

In alternativa al vigente secondo comma, è stato proposto di ammettere il ricorso in cassazione per le sentenze nei soli casi previsti dalla legge.

 

 

  

 

La legge assicura che la persona accusata di un reato sia informata, nel più breve tempo possibile, della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico; disponga del tempo e delle condizioni necessarie per preparare la sua difesa; abbia la facoltà di interrogare o far interrogare le persone da cui provengono le accuse a suo carico; abbia la facoltà di ottenere la convocazione e l'interrogatorio di persone a discarico nelle stesse condizioni di quelle di accusa e l'acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore; sia assistita gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo.

Nuove norme penali sono ammesse solo se modificano il codice penale ovvero se contenute in leggi disciplinanti organicamente l'intera materia cui esse si riferiscono.

Le norme penali non possono essere interpretate in modo analogico o estensivo.

Questo comma prevede la costituzionalizzazione dei diritti dell'accusato contenuti nell'articolo 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Tra tali diritti, tuttavia, la Convenzione prevede anche la possibilità di difendersi personalmente ovvero con l'assistenza di un difensore di propria scelta o d'ufficio.

Contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso in cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.

Contro le decisioni della Corte di giustizia amministrativa il ricorso in cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.

 

 


Articolo 112

Costituzione della Repubblica

Proposta di modifica

Osservazioni

Il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale.

Il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale. La legge stabilisce le misure idonee ad assicurarne l'effettivo esercizio.

 

 

 

 

 

 

 

 

In relazione all'azione penale, è stata proposta la costituzionalizzazione di alcune ipotesi riguardanti il suo esercizio in via sussidiaria e concorrente da parte di altri soggetti e la sua improcedibilità nei casi di inoffensività o tenuità del fatto e di occasionalità del comportamento.

 

 

 

 

Il Ministro della giustizia riferisce annualmente al Parlamento sullo stato della giustizia, sull'esercizio dell'azione penale e sull'uso dei mezzi di indagine (1).

 

__________

(1) Tale disposizione può anche essere inserita, come terzo comma, alla proposta di modifica dell'articolo 110.

Eventuali disposizioni transitorie.

(Pro memoria)

Marco BOATO, relatore.

 


Allegato 2

TESTO SUL SISTEMA DELLE GARANZIE PRESENTATO

DAI DEPUTATI PARENTI E BUTTIGLIONE E

DAI SENATORI MACERATINI, PERA, LOIERO E LISI

(omissis)

Costituzione della Repubblica

Proposta di modifica

Art. 101. "La giustizia è amministrata in nome del popolo.

Identico.

I giudici sono soggetti soltanto alla legge.

I giudici sono soggetti soltanto alla legge. I magistrati del pubblico ministero godono delle garanzie stabilite nei loro riguardi dalle norme sull'ordinamento giudiziario, che assicurano l'unità d'azione e il coordinamento interno e tra i diversi uffici.

La giurisdizione si attua mediante giusti processi regolati dalla legge che ne assicura la ragionevole durata.

Il procedimento penale, in ogni stato e grado, si svolge secondo i princìpi di oralità, contraddittorio, parità tra le parti e terzietà del giudice.

Le autonomie locali provvedono ad istituire uffici di assistenza legale per i meno abbienti.

Art. 102. "La funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull'ordinamento giudiziario.

"La funzione giurisdizionale è unitaria ed è esercitata da giudici ordinari e amministrativi istituiti e regolati dalle norme dei rispettivi ordinamenti giudiziari.

Non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali. Possono soltanto istituirsi presso gli organi giudiziari ordinari sezioni specializzate per determinate materie anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura.

Non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali. Possono soltanto istituirsi presso gli organi giudiziari ordinari e amministrativi sezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura.

La legge stabilisce per quali materie possono essere nominati giudici non professionali al fine di giudizi di sola equità.

La legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo all'amministrazione della giustizia".

Identico.

 

Art. 103. "Il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della Pubblica Amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi.

La giurisdizione amministrativa di merito è esercitata dai giudici dei tribunali amministrativi regionali e della Alta Corte di giustizia amministrativa e contabile sulla base di materie omogenee tassativamente indicate dalla legge.

La Corte dei Conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge.

Soppresso.

 

I tribunali militari in tempo di guerra hanno la giurisdizione stabilita dalla legge. In tempo di pace hanno giurisdizione soltanto per i reati commessi da appartenenti alle Forze armate".

Identico.

 

Art. 104. "La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere.

I giudici ordinari e amministrativi e i magistrati del pubblico ministero costituiscono ordini autonomi e indipendenti secondo quanto previsto dalle norme dei rispettivi ordinamenti.

Il CSM è presieduto dal Presidente della Repubblica.

Il Consiglio superiore dei giudici ordinari è presieduto dal Presidente della Repubblica che ne forma l'ordine del giorno.

Ne fanno parte di diritto il primo Presidente e il Procuratore generale della Corte di Cassazione.

Ne fanno parte di diritto il primo Presidente ed il presidente aggiunto della Corte di Cassazione.

Gli altri componenti sono eletti per due terzi da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie, e per un terzo dal Parlamento in seduta comune tra i professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.

Gli altri componenti sono eletti rispettivamente per metà dai giudici ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie, per metà dal Parlamento tra i professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.

Il Consiglio elegge un vice presidente fra i componenti designati dal Parlamento.

Identico.

 

 

Il ministro della giustizia, o un suo delegato, possono partecipare senza diritto di voto alle riunioni del Consiglio e presentare proposte e richieste.

I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili.

Identico.

 

Non possono, finché sono in carica, essere iscritti, negli albi professionali, é far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale".

Non possono, finché sono in carica, essere iscritti, negli albi professionali, né assumere cariche pubbliche elettive.

Art. 104-bis. Il Consiglio superiore dei giudici amministrativi e contabili è presieduto dal Presidente della Repubblica, che ne forma l'ordine del giorno.

Ne fa parte di diritto il presidente della Alta Corte di giustizia amministrativa.

Gli altri componenti sono eletti per metà da tutti i magistrati amministrativi appartenenti alle varie categorie e per metà dal Parlamento tra i professori universitari in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.

Il Consiglio elegge un vice presidente fra i componenti designati dal Parlamento.

Il ministro della giustizia o un suo delegato possono partecipare alle riunioni del Consiglio senza diritto di voto e presentare proposte e richieste.

I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili.

Non possono, finché sono in carica, essere iscritti, negli albi professionali, né assumere cariche pubbliche elettive.

Art. 104-ter. Il Consiglio superiore del pubblico ministero è presieduto dal presidente della Repubblica, che ne forma l'ordine del giorno.

Ne fa parte di diritto il procuratore generale presso la Corte di cassazione.

Gli altri componenti sono eletti per metà da tutti i magistrati inquirenti appartenenti alle varie categorie, per metà dal Parlamento tra i professori universitari in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.

Il Consiglio elegge un vice presidente fra i componenti designati dal Parlamento.

Il ministro della giustizia o un suo delegato possono partecipare alle riunioni del Consiglio senza diritto di voto e presentare proposte e richieste.

I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili.

Non possono, finché sono in carica, essere iscritti, negli albi professionali, né assumere cariche pubbliche elettive.

Art. 105. "Spettano al CSM, secondo le norme dell'ordinamento giudiziario, le assunzioni le assegnazioni ed i trasferimenti le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati".

Art. 105. "Spettano ai Consigli superiori dei giudici ordinari, amministrativi e del pubblico ministero secondo le norme dei rispettivi ordinamenti giudiziari, i provvedimenti amministrativi riguardanti le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti, le promozioni nei riguardi dei giudici e dei magistrati del pubblico ministero.

I Consigli non possono adottare deliberazioni di indirizzo politico o altri atti in materia di interpretazioni delle leggi".

Art. 105-bis. Spettano al Consiglio di disciplina delle Magistrature i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei giudici ordinari, amministrativi e del pubblico ministero.

Il Consiglio è formato da dieci membri. Cinque sono eletti dai giudici ordinari ed amministrativi, dai magistrati del pubblico ministero. Cinque sono eletti dal Parlamento tra i professori di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di servizio.

Il Consiglio elegge un presidente tra i componenti designati dal Parlamento.

I componenti del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili.

Art. 106. "Le nomina dei magistrati hanno luogo per concorso.

I giudici ordinari ed amministrativi e i magistrati del pubblico ministero sono nominati per concorsi differenziati secondo le modalità previste dalle norme dei rispettivi ordinamenti giudiziari.

La legge sull'ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli.

La legge sull'ordinamento giudiziario può ammettere onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici e pubblici ministeri di primo grado.

Su designazione del CSM possono essere chiamati all'ufficio di consiglieri di Cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che abbiano quindici anni di esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori".

La legge sull'ordinamento giudiziario può ammettere la nomina di avvocati e professori universitari in materie giuridiche a tutti i livelli della giurisdizione.

Art. 107. "I magistrati sono inamovibili. Non possono essere dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del CSM adottata o per motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall'ordinamento giudiziario o con il loro consenso.

I giudici ordinari e amministrativi sono inamovibili. Non possono essere dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione dei rispettivi Consigli superiori, adottata o per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall'ordinamento giudiziario o con il loro consenso.

Il ministero della giustizia ha facoltà di promuovere l'azione disciplinare.

(Disposizione spostata all'art. 110).

I magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni.

I giudici si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni.

Il pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull'ordinamento giudiziario".

(Disposizioni soppressa perché assorbita da quelle degli articoli 101 e 108 secondo comma).

La legge disciplina i periodi di permanenza nell'ufficio e nella sede dei giudici ordinari e amministrativi e dei magistrati del pubblico ministero.

I giudici ed i magistrati del pubblico ministero non possono svolgere funzioni e compiti diversi da quelli giudiziari per cui vengono reclutati. Possono partecipare alle competizioni elettorali solo se si dimettono prima della formazione delle relative liste.

Art. 108. "Le norme sull'ordinamento giudiziario e su ogni magistratura sono stabilite con legge.

Identico.

 

La legge assicura l'indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali del Pubblico ministero presso di esse, e degli estranei che partecipano all'amministrazione della giustizia".

Identico.

 

Art. 109. "L'Autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria".

I P.M. e i giudici dispongono della polizia giudiziaria secondo le norme dei rispettivi ordinamenti giudiziari.

Art. 110. "Ferme le competenze del CSM, spettano al Ministero della giustizia l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia".

Ferme le competenze dei Consigli superiori dei giudici ordinari, amministrativi e del pubblico ministero, il Ministro della giustizia provvede all'organizzazione e al funzionamento dei servizi relativi alla giustizia, assicura la formazione delle professioni giudiziarie e forensi, esercita la funzione ispettiva sul corretto funzionamento degli uffici giudiziari, promuove l'azione disciplinare.

La legge può individuare altri soggetti titolari in via sussidiaria dell'azione disciplinare.

Art. 111. "Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati.

Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati.

Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari e speciali, è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge. Si può derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei Tribunali militari in tempo di guerra.

Contro le sentenze, pronunciate dagli organi giurisdizionali ordinari, amministrativi o speciali, e contro i provvedimenti sulla libertà personale e gli altri provvedimenti cautelari è sempre ammesso ricorso in cassazione per violazione di legge. Si può derogare a tali norme soltanto per le sentenze dei Tribunali militari in tempo di guerra.

Contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti il ricorso in cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti la giurisdizione".

Soppresso.

 

La legge assicura che la persona accusata di un reato sia informata, nel più breve tempo possibile, della natura e dei motivi dell'accusa, disponga del tempo e delle condizioni necessarie per preparare la sua difesa; abbia la favoltà di interrogare o far interrogare in un confronto diretto le persone da cui provengono le accuse a suo carico; abbia la facoltà di ottenere la convocazione e l'interrogatorio di persone a discarico nelle stesse condizioni di quelle di accusa e l'acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore.

 

Nuove norme penali sono ammesse solo se modificano il codice penale ovvero se contenute in leggi disciplinanti organicamente l'intera materia cui esse si riferiscono.

 

Le norme penali non possono essere interpretate in modo analogico o estensivo.

Art. 112. "Il Pubblico Ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale".

Il Pubblico Ministero esercita l'azione penale secondo le modalità stabilite dalla legge, ove non ritenga insussistente l'offensività del fatto o l'interesse pubblico al suo perseguimento.

 

Il Ministro della giustizia riferisce annualmente in Parlamento sullo stato della giustizia, sull'efficienza degli uffici giudiziari, sull'esercizio dell'azione penale e sull'uso dei mezzi di indagine.

(omissis)

Parenti, Buttiglione, Maceratini, Pera, Loiero, Lisi.


 

COMMISSIONE PARLAMENTARE

PER LE RIFORME COSTITUZIONALI

 

RESOCONTO STENOGRAFICO

 

 

44.

 

Seduta POMERIDIANA
di VENERDì 20 GIUGNO 1997

 

presidenza del VICEpresidente LEOPOLDO ELIA

INDI

DEL PRESIDENTE MASSIMO D’ALEMA

 

 


La seduta comincia alle 15.50.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Seguito dell'esame dei progetti di legge di revisione della parte seconda della Costituzione.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'esame dei progetti di legge di revisione della parte seconda della Costituzione.

In questa seduta procederemo all'illustrazione degli emendamenti riferiti al testo sul sistema delle garanzie, di cui al relativo stampato in distribuzione (fascicolo n. 3).

PIETRO FOLENA. Signor presidente, abbiamo già avuto modo in sede di assunzione a base della discussione - con un voto a maggioranza della Commissione - del testo in esame, di esprimere un giudizio sul lavoro che ha svolto il Comitato sistema delle garanzie e sulla natura della proposta che viene avanzata. Si tratta di una buona base di lavoro, anche se perfettibile, migliorabile, che testimonia della serietà e, a mio modo di vedere, della capacità di ascolto reciproco che ha segnato le diverse parti politiche e i diversi commissari nell'ambito del lavoro del Comitato.

Si è trattato di un lavoro che ha avuto una forte esposizione pubblica, nell'ambito della quale non sono mancate incomprensioni e deformazioni a proposito di ciò di cui stavamo discutendo, e credo vada riconosciuto al relatore - lo voglio anche qui ribadire - un merito nella capacità notevole di saper procedere fino al punto di proporre alla nostra attenzione, con uno sforzo di equilibrio, un testo importante.

Importante anche perché è un testo che si inserisce nel solco del dettato della Costituzione del 1948, interrogandosi su come e dove introdurre significative novità: le novità, a mio avviso, sono due e vale la pena di tornare a ricordarle per poter illustrare meglio alcune delle modifiche che noi suggeriamo. La prima novità consiste in un disegno costituzionale nel quale crescono le garanzie e le libertà per i cittadini, con norme importanti come la costituzionalizzazione del difensore civico, l'istituzione delle autorità di garanzia indipendenti e di quelle di vigilanza; la seconda riguarda la giustizia e la costituzionalizzazione dei principi del giusto processo. Si possono comunque apportare miglioramenti e perfezionamenti e vi sono emendamenti importanti, che verranno illustrati da altri colleghi, con i quali si propongono alcune riformulazioni per quanto riguarda la difesa dei non abbienti e l'effettiva realizzazione di alcuni principi e valori contenuti nella prima parte della Costituzione.

Sempre in materia di garanzie e di libertà, credo importante il fatto che venga affermata la terzietà del giudice, sia attraverso indicazioni precise per quanto riguarda la procedura, che consistono nella costituzionalizzazione dei principi del processo accusatorio in materia penale, sia sul piano ordinamentale per quanto riguarda la futura collocazione del pubblico ministero rispetto al giudice giudicante. Ancora in materia di garanzie e di libertà, voglio ricordare norme significative come quelle della riserva di codice e delle modalità - su cui tornerò tra breve - del possibile ricorso diretto del cittadino alla Corte costituzionale.

Il secondo asse del lavoro svolto dal Comitato è rappresentato dall'accentuazione, anche in una logica sistemica, in relazione cioè alle scelte che veniamo operando a proposito della forma di governo e del sistema politico, dei presupposti di indipendenza della magistratura, di tutte le magistrature, quella amministrativa in primo luogo: ciò avviene estendendo allo stesso pubblico ministero prerogative di indipendenza che il Costituente del 1948 aveva previsto solo per il giudice, rafforzando il ruolo istituzionale del Consiglio superiore della magistratura e scorporando da esso, forse con la più significativa innovazione costituzionale che noi operiamo, questa Corte di giustizia dei magistrati che rappresenta un grande elemento di novità, perché tende ad affermare concretamente che il principio di responsabilità è intrinseco a quello di indipendenza.

Vi sono tuttavia alcuni problemi aperti, sui quali il nostro gruppo ha scelto di presentare degli emendamenti, sui quali invito il relatore ed i colleghi degli altri gruppi a riflettere, sempre in una logica costruttiva. Il primo, l'emendamento Salvi V.101.6, riguarda il pubblico ministero e concerne una riformulazione delle modalità del coordinamento; riteniamo infatti più chiaro ed efficace scrivere in una norma costituzionale in modo netto il principio tendente ad affermare il coordinamento interno dei singoli uffici del pubblico ministero, ferme restando le prerogative di indipendenza di ogni singolo magistrato del pubblico ministero. In secondo luogo, si prevede, in modo più pieno e più forte (ho già avuto modo di sostenerlo in diversi interventi in Comitato ed anche in sede plenaria), la possibilità di avere forme di coordinamento di attività investigative tra vari uffici del pubblico ministero, come oggi succede per ciò che riguarda la Direzione nazionale antimafia.

Questa formulazione ci pare più precisa ed efficace rispetto a quella che nel testo si riferisce all'unità di azione, termine che potrebbe far insorgere l'equivoco circa una possibile gerarchizzazione di tipo nazionale dell'ufficio del pubblico ministero, scelta che sarebbe negativa.

Una seconda norma che proponiamo di modificare riguarda le modalità del passaggio dall'una all'altra funzione: faccio riferimento all'emendamento Salvi V.106.8, che rappresenta una riscrittura della prima parte dell'articolo 106 proposto dal relatore; essa avrebbe il vantaggio di dare maggiore compattezza e pulizia alla norma. Insistiamo molto - è inutile che torni ora sull'argomento - su un pubblico ministero parte dell'ordine giudiziario, che si forma in una cultura comune della giurisdizione, pur non esercitando (nelle sue funzioni di pubblico ministero) funzioni di tipo giurisdizionale, perché siamo convinti che, in una prospettiva di affermazione piena delle garanzie e delle libertà dei cittadini, questa collocazione sia più propria e garantista. Essa, infatti, in qualche modo, accentua un obbligo che è già previsto nel nostro codice di procedura penale da parte del pubblico ministero nell'ambito del processo: quello non già di ottenere ad ogni costo la condanna dell'accusato, ma di non poter occultare o tacere elementi a discarico dell'indagato e dell'imputato, nella misura in cui ne venga a conoscenza.

Una prospettiva di questo tipo, che evidentemente imporrà sul terreno della legislazione ordinaria (ma di questo si potrà forse discutere in sede di formulazione di un ordine del giorno conclusivo) un ripensamento delle modalità attraverso cui si esercita l'azione di polizia giudiziaria, ci suggerisce di andare ad una norma che non ossifichi le modalità del passaggio da una funzione all'altra, ma le rinvii in modo più pieno alla legge ordinaria. Sarà la legge ordinaria che stabilirà se, dopo lo svolgimento della funzione di tipo giudicante collegiale da parte del nuovo magistrato (che anche noi prevediamo come obbligatoria), per il passaggio tra l'una e l'altra funzione dovrà essere previsto un concorso. Riteniamo più propria questa dizione anche in relazione all'ultimo comma dell'articolo 106, che non indicando le modalità attraverso le quali l'avvocato di domani potrà diventare magistrato (le rinvia alla legge ordinaria) fa anch'essa riferimento in qualche modo ad un principio di carattere generale. L'insieme di questi principi ci può far immaginare, un domani, avvocati, pubblici ministeri, giudici giudicanti che svolgendo funzioni diverse - anche conflittuali - nell'ambito del processo tuttavia si formano, crescono, appartengono ad una cultura di osmosi, di scambio, di intercambio continuo.

Un terzo aspetto di notevole importanza sul quale chiediamo l'attenzione dei colleghi riguarda il ruolo del Consiglio superiore della magistratura, sul quale noi proponiamo modifiche piuttosto sostanziali rispetto ad alcune delle soluzioni indicate nella bozza assunta come testo base.

La prima di queste novità riguarda la composizione del Consiglio superiore della magistratura. In sede di Comitato noi avevamo proposto il passaggio dall'attuale composizione (due terzi dei membri eletti dai magistrati, un terzo eletti dal Parlamento) ad una composizione tre quinti/due quinti in relazione ad un'ipotesi che in quel momento sembrava essere percorribile. Si era prospettata infatti la possibilità della costituzione di una sezione disciplinare composta per metà da togati e per metà da laici. Non vedevamo, quindi, ragioni per modificare - relativamente alle altre attività del Consiglio superiore della magistratura - il rapporto previsto dalla Costituzione vigente; per quanto riguardava l'attività disciplinare la modifica a cui ho fatto cenno avrebbe portato ad una composizione diversa, di tipo paritario. L'insieme della costruzione avrebbe giustificato una modifica costituzionale che portasse il rapporto a tre quinti/due quinti. Nel momento in cui il relatore ha imboccato un'altra strada, suggerita dai colleghi del nostro gruppo, cioè la creazione di un nuovo organismo di nomina dei due Consigli (non già, quindi, la sezione disciplinare composta per quote del 50 per cento da togati e da laici), noi non vediamo più ragione per modificare la composizione attualmente prevista dalla Costituzione.

Se la riforma del Consiglio superiore della magistratura dovesse consistere - alla fine dell'iter costituzionale - nell'aumento di due membri della componente laica, sinceramente avremmo fatto poca cosa e credo che offriremmo in modo anche abbastanza palese il destro a quelle critiche che indicavano come unica finalità della nostra riforma l'incremento di componenti di nomina, di legittimazione politica (non chiamiamoli politici perché politici non sono).

Nella misura in cui questa formulazione (che è molto soddisfacente) si tiene per quanto riguarda la corte di giustizia dei magistrati, siamo convinti che si possa e si debba tornare alla composizione di due terzi e un terzo tra togati e laici.

La seconda questione - come sanno anche i colleghi di altri gruppi, che la pensano in modo ben diverso da noi - è la più rilevante. Riguarda la costituzione di due sezioni (pubblico ministero, giudici giudicanti) nell'ambito del Consiglio superiore della magistratura. Innanzitutto una previsione del genere non può non avere in un'architettura costituzionale una sua proiezione anche sul Consiglio superiore della magistratura amministrativa, nella misura in cui di fatto si prevede l'istituzione di un pubblico ministero presso il giudice amministrativo per l'esercizio della responsabilità dei funzionari delle pubbliche amministrazioni. È quindi logico che, per un inevitabile equilibrio, anche nell'altro Consiglio si debba andare verso la costituzione di due sezioni.

In secondo luogo, la scelta pur essendo animata da un evidente intento di sottolineare la distinzione di funzioni tra pubblico ministero e giudice (distinzione che va sottolineata e che noi - con alcuni emendamenti - proponiamo di evidenziare ulteriormente), nella sua concretezza rischia di contraddire i fini per i quali è stata proposta. Rischiamo di enfatizzare fortemente l'autoreferenzialità del pubblico ministero, il quale deciderà autonomamente e corporativamente la propria carriera e tutte le proprie attività amministrative, in una evidente situazione di squilibrio dal punto di vista numerico (i pubblici ministeri sono 1.800; l'altra sezione dovrebbe occuparsi anche degli onorari delle magistrature, quindi vi sarebbe un evidente squilibrio). Inevitabilmente ciò porterebbe a delegare, ad accentrare, a spostare verso il lavoro delle sezioni riunite una enorme quantità di attività; sulle sezioni riunite inevitabilmente finirebbe per essere crescente il peso del pubblico ministero.

Alla fine, quindi, una norma pensata per sottolineare simbolicamente una distinzione finisce per stabilire di fatto una subordinazione del giudice giudicante rispetto al pubblico ministero nell'equilibrio di potere complessivo interno al Consiglio superiore della magistratura.

Ricordo, colleghi, che noi abbiamo proposto anche altre strade. Per esempio abbiamo ipotizzato di rapportare il numero dei pubblici ministeri da eleggere in Consiglio al numero complessivo dei pubblici ministeri operanti nella magistratura. Si tratterebbe di prevedere norme sul terreno della legge elettorale, misure che potremmo anche inserire in un apposito ordine del giorno per stabilire in modo chiaro una distinzione di funzioni e sancire che la rappresentanza dei giudicanti non possa essere penalizzata rispetto a quella dei requirenti. È un'ipotesi che ci farebbe avanzare nel nostro percorso. Temo, invece, che la strada indicata abbia prevalenti significati simbolici ed ideologici - che non mi sfuggono - e rischi di contraddire i presupposti da cui si è partiti.

Altro problema riguarda la necessità di definire in Costituzione in maniera più precisa i compiti e le materie del Consiglio superiore della magistratura. La formulazione a cui si è giunti come esito conclusivo di un lungo dibattito sui poteri e le competenze del Consiglio (si è discusso lungamente, anche in relazione ad improprie competenze politiche) rischia di essere restrittiva rispetto alle effettive competenze amministrative del Consiglio superiore della magistratura. La proposta del testo base prevede infatti una serie di materie di spettanza del Consiglio precedute dall'avverbio «esclusivamente». Noi abbiamo presentato l'emendamento Salvi V.105.3, tendente a sopprimere la parola «esclusivamente» e ad aggiungere - in fine - una parte riferita alle attività di tipo amministrativo del Consiglio, con esclusione quindi di improprie attività di altra natura. È una formulazione che sinceramente ci sembra più appropriata rispetto a quella contenuta nel testo base.

Vorrei infine svolgere una considerazione politica. Mi auguro che il dibattito di oggi possa proseguire nel tono di confronto e di reciproca ricerca che in tutte le fasi - dalle facili alle più difficili - ha ispirato il lavoro della Commissione. Questa speranza e questa convinzione derivano anche dal fatto che il lavoro della bicamerale sul complesso dei temi in esame è giunto ad un punto molto avanzato. Non mi nascondo che in materia di giustizia le differenze erano e restano profonde. Ma se sul testo proposto dal relatore si dovessero realizzare stravolgimenti gravi o inaccettabili, tali da rappresentare un ritorno indietro, un ritorno a prima dell'inizio dei lavori del Comitato, non si può non sottolineare che una scelta del genere significherebbe un aggravamento complessivo della situazione e non potrebbe non avere conseguenze di carattere più generale. Non vi è in questo riferimento alcun tono di minaccia; chiunque mi conosca sa che questo non è mia consuetudine. Lo dico perché abbiamo già compiuto un pezzo di strada insieme, pure nei dissensi che si sono registrati. È importante, quindi, che si introducano modifiche, ed io stesso ne ho proposte alcune che certo non rappresentano stravolgimenti inaccettabili, anche se sono significative; mi auguro che saranno accolte in uno spirito costruttivo. Spero che il senso di questa considerazione sia raccolto fino in fondo e ci possa magari aiutare a riprendere una sollecitazione già formulata dal presidente del Comitato e dallo stesso relatore, nonché da molti colleghi di diversi gruppi: sarebbe opportuno accompagnare la fase conclusiva dei lavori della bicamerale su questo punto anche con l'esame e l'approvazione di un ordine del giorno da inviare alle Commissioni di merito di Camera e Senato con riferimento ad alcuni urgenti provvedimenti in materia di giustizia che riteniamo coerenti con l'impianto costituzionale suggerito al Parlamento ed anche molto importanti per l'affermazione piena di quei principi di garanzia e di indipendenza che debbono ispirare una nuova politica della giustizia. Voglio allora rilanciare questa idea, questa proposta di un documento laterale ma di grande rilievo. Se i colleghi converranno, credo che nei prossimi giorni potremo trovare le formule più adatte perché i diversi commissari dalle varie parti politiche possano avanzare a tal fine le proprie proposte.

FAUSTO MARCHETTI. Signor presidente, abbiamo sempre sottolineato che in materia di giustizia è necessario un intervento del legislatore ordinario su diverse questioni; se vi saranno le condizioni per concordare nel merito un ordine del giorno che solleciti, inviti, auspichi un intervento del legislatore ordinario in materia, saremo senz'altro disponibili a dare il nostro consenso. Si tratta di stabilire quali misure suggerire come urgenti.

Per quanto concerne gli emendamenti da noi presentati non tornerò a richiamare le ragioni generali, le posizioni che abbiamo già espresso in sede di Comitato e di Commissione plenaria. Mi limiterò quindi a riferirmi alle principali proposte che abbiamo presentato per modificare il testo del relatore.

Continuiamo a non ravvisare ragioni valide per scegliere di costituzionalizzare gli istituti del difensore civico e delle cosiddette autorità indipendenti. Per questo proponiamo la soppressione degli articoli 97-bis e 99-bis.

Riteniamo che non vi debbano essere né giudici straordinari né giudici speciali. La proposta del relatore è di escludere la presenza di giudici straordinari, ma nel testo sopravvivono i giudici speciali; per questo non ci convince la soluzione proposta di escludere soltanto quelli straordinari e proponiamo la soppressione sia della parte riferita ai giudici straordinari sia della parte riguardante quelli speciali.

Di conseguenza proponiamo al quarto comma dell'articolo 102 una diversa soluzione per la materia tributaria.

MARCO BOATO, Relatore sul sistema delle garanzie. Collega Marchetti, mi scusi, perché poi non risulti indebitamente resocontato il suo pensiero: lei ha parlato poco fa della soppressione della parte riguardante i giudici straordinari; in realtà lei parla della conferma dell'esclusione dei giudici straordinari. Dico questo perché il suo pensiero non venga tradito dal resoconto stenografico.

FAUSTO MARCHETTI. Il mio pensiero è così chiaro che credo non possa essere tradito: nel testo sopravvivono i giudici speciali; io chiedo che non vi siano né i giudici straordinari né i giudici speciali. Mi sembra chiarissimo, tant'è che nella proposta di modifica presentata dal relatore si prevede che la materia tributaria sia affidata a giudici speciali anche in secondo grado; noi proponiamo che questa materia sia attribuita a sezioni specializzate presso i giudici ordinari.

Naturalmente sappiamo che il passaggio dalla situazione attuale a quella che prospettiamo è complesso e prevediamo quindi che la legge disciplini modi e forme di questo passaggio.

Consideriamo grave la sottovalutazione del problema della giustizia tributaria attualmente assegnata a commissioni provinciali e regionali del tutto inadeguate a garantire imparzialità. Né tale garanzia può considerarsi, per così dire, recuperata dal ricorso finale in Cassazione. Il sistema a mio avviso deve essere completamente rivisto e per questo si propone una soluzione di vera garanzia giurisdizionale.

Si parla tanto da qualche tempo di fisco, ma non si presta alcuna attenzione al problema della giustizia fiscale, sul quale intendiamo richiamare l'attenzione della Commissione sottolineando che il testo proposto, costituzionalizzando per la giustizia tributaria il giudice speciale anche per il secondo grado, rappresenta una soluzione negativa. So che l'intenzione del relatore è quella di affrontare in qualche modo questo problema; rispetto ad una disattenzione complessiva sulla questione, se ne è fatto carico, ma la soluzione proposta non mi convince. Consideriamo insufficiente l'innovazione relativa ai tribunali militari e chiediamo che siano istituiti solo in tempo di guerra con giurisdizione limitata ai reati militari commessi da appartenenti alle forze armate.

Riteniamo che il rapporto numerico tra le componenti dei laici e dei togati nel Consiglio superiore della magistratura ordinaria debba restare quello attualmente previsto dalla Costituzione e che lo stesso rapporto debba essere stabilito per il previsto nuovo Consiglio superiore della magistratura amministrativa. Nel Consiglio superiore della magistratura ordinaria, a nostro avviso, non deve esservi una sezione per i giudici ed una per i pubblici ministeri. È questa una conseguenza della scelta che condividiamo di sottoporre il PM soltanto alla legge; l'averne affermato giustamente - questo concetto è stato espresso dal relatore fin dalla prima delle bozze presentate - la sottoposizione soltanto alla legge rafforza la scelta che non vi sia una sezione per i giudici ed una per i pubblici ministeri, conforta nell'orientamento di non mutare l'attuale situazione.

Questo ci porta anche ad escludere ogni forma di gerarchizzazione tra i magistrati del pubblico ministero. Per questo proponiamo di sopprimere la previsione di norme volte ad assicurare l'unità d'azione dei relativi uffici e vediamo un'insidia per l'autonomo e indipendente esercizio dell'azione penale nella stessa indicazione del coordinamento interno, formula ambigua che può essere utilizzata per pervenire ad un condizionamento del singolo magistrato, del pubblico ministero.

So che alcuni colleghi, consapevoli di questo rischio ma nello stesso tempo sensibili ad un'esigenza che ha qualche fondamento oggettivo, hanno presentato formulazioni in base alle quali forme di coordinamento potrebbero essere sottratte a questo rischio cui facevo riferimento. Si tratterà di esaminare attentamente questi emendamenti, ma indubbiamente il solo coordinamento interno può prestarsi al rischio di un condizionamento del singolo magistrato, del pubblico ministero.

Consideriamo di grande importanza l'attribuzione ai magistrati amministrativi delle garanzie proprie dello status dei magistrati ordinari e proponiamo che nell'istituendo Consiglio superiore della magistratura amministrativa il rapporto tra laici e togati sia identico a quello già esistente nel Consiglio superiore della magistratura ordinaria.

Consideriamo opportuna una riflessione sulla funzione dell'istituenda Corte di giustizia della magistratura. Giustamente il collega Folena sottolineava che si tratta di un elemento di novità molto significativo; credo che qualche riflessione sia necessaria, mantenendo la scelta presente nel testo del relatore. Ci sembra che le funzioni attribuite a questa Corte debbano essere limitate alla materia disciplinare, escludendosi invece che questa possa essere anche organo di tutela giurisdizionale nei riguardi dei provvedimenti amministrativi dei consigli superiori. Avverso questi provvedimenti potrebbe essere previsto soltanto il ricorso in Cassazione per questioni di legittimità.

Devo dire che è questa una riflessione maturata negli ultimi giorni, poiché la soluzione che qui viene prospettata dal relatore aveva avuto anche il mio consenso. Tuttavia, riflettendo sulla soluzione alla quale anch'io avevo acconsentito, mi sembra che probabilmente il potere e le funzioni che andiamo ad attribuire a questa Corte siano eccessivi. Una riflessione sull'opportunità di mantenere la scelta, attribuendo tuttavia alla Corte così come configurata nella proposta del relatore soltanto la materia disciplinare, sarebbe a mio avviso auspicabile. Diversamente mi pare di intravedere il rischio che questa Corte diventi essa il vero Consiglio superiore della magistratura. L'idea di fondo resta dunque valida, ma si ravvisa l'esigenza di una riflessione sul complesso delle funzioni attribuite.

Anche una permanenza nella carica limitata a due anni mi sembrerebbe una soluzione opportuna; riprendo il concetto che avevo già espresso nel Comitato di non far durare in carica i membri della Corte per l'intera durata del Consiglio superiore della magistratura (allora si parlava ancora della commissione disciplinare). I membri della Corte dovrebbero dunque restare in carica per due anni per evitare un'eccessiva cristallizzazione dei ruoli, dalla quale deriverebbe un'estraneità dei membri della Corte rispetto all'esperienza più complessiva del Consiglio. Si tratta pur sempre di membri che, attraverso vari meccanismi, sono stati eletti nel Consiglio superiore per svolgere le funzioni complessive dello stesso, per cui probabilmente una riflessione su questo aspetto sarebbe auspicabile.

All'articolo 106 proponiamo di escludere il concorso per il passaggio dall'esercizio delle funzioni giudicanti a quelle del pubblico ministero, nonché qualche altra modifica di snellimento.

Sottolineiamo che all'articolo 107 ci appare non soltanto inaccettabile nel merito ma anzitutto contrastante con l'articolo 51, ultimo comma, della Costituzione la norma con la quale si condiziona la partecipazione dei magistrati alle competizioni elettorali alle dimissioni dal loro incarico; in altri termini, un magistrato per poter partecipare ad una tale competizione dovrebbe dimettersi, rinunciare al proprio lavoro, il che contrasta con l'articolo 51 inserito nella prima parte della Costituzione. Considero inammissibile una modifica di questo tipo dati i poteri della nostra Commissione.

Mi sembra inoltre pleonastica la norma che prevede che i magistrati si attengono ai principi di responsabilità, correttezza e riservatezza.

Credo sia opportuno fissare in Costituzione la titolarità dell'azione disciplinare, il che avviene nel testo proposto dal relatore, ma con una norma che poi consente alla legge ordinaria di individuare ulteriori soggetti che possono essere, sia pure subordinatamente, titolari dell'azione disciplinare. Considero del tutto inopportuna questa previsione - l'avevo già detto - perché o riteniamo che vi siano, oltre a quello già individuato, altri soggetti da individuare e allora, data la portata della questione, dobbiamo dirlo sin d'ora oppure, se non lo facciamo in questo momento, cioè in sede di revisione della Costituzione, ritengo non sia opportuno rinviare questa scelta alla legge ordinaria. In materia disciplinare proponiamo inoltre che la legge stabilisca tassativamente i casi e le modalità dell'esercizio dell'azione disciplinare.

Per quanto riguarda la Corte costituzionale dobbiamo tenere presenti le soluzioni che daremo alla questione della forma di governo. Abbiamo quindi presentato, fermo restando il numero complessivo proposto dal relatore, ipotesi di composizione diversa. È chiaro che bisognerà -ripeto - tenere conto della forma di governo che sarà adottata, perché la soluzione che sceglieremo non potrà non avere riflessi sulle attribuzioni del Presidente della Repubblica in ordine al potere dei giudici costituzionali.

TIZIANA PARENTI. Ho l'impressione che vi sia aria di smobilitazione, dovuta un po' ad una situazione complessiva, al termine di un lungo studio da parte nostra per evitare che qualsiasi cosa cambi; per non darne troppo l'apparenza abbiamo cercato, in questa come negli altri precedenti Comitati, che hanno quasi concluso il loro lavoro, di dare l'impressione ai cittadini che in realtà abbiamo effettuato cambiamenti. È questa un'opera di ingegneria funambolistica che potrebbe anche avere un merito, perché ci iscriverà nella storia dei camaleonti, cioè di quelli che fanno di tutto per non cambiare mai. Asseriscono che vi è stata una rivoluzione giudiziaria, che obiettivamente ha portato ad una delle peggiori reazioni che si siano mai conosciute nel nostro paese e ricompattiamo tutto il sistema dando ragione a tutti e torto ovviamente a nessuno. D'altra parte siamo molto impressionati dai migliori, da coloro che vogliono difendere la società e che in virtù di questa difesa fanno sparire nelle patrie galere singoli cittadini; patrie galere che sono l'esatta immagine di questo paese. Abbiamo molta paura perché chi cerca di far capire che la cultura di un paese è necessario farla crescere, soprattutto attraverso un dettato costituzionale, si espone ad elevati rischi personali. Verrebbe davvero da chiedersi se ne valga la pena: può darsi di sì, anche perché abbiamo la presunzione di pensare che questo paese abbia la nostra cultura. In una parte di esso certamente è così, la cultura che è stata qui espressa nella complessità dei suoi argomenti. Credo però vi sia un'altra parte del paese che ormai è molto delusa, perché le tante aspettative di una società finalmente civile, che si è organizzata politicamente in modo diverso, un paese davvero a consolidata democrazia, non vengono soddisfatte; essa pensa che dovrà aspettare altri cinquant'anni, con tutto ciò che può conseguire in questo arco di tempo che ci separa da qualcun altro che, con buona volontà, ma con molto insuccesso, farà la nostra operazione.

Ed allora facciamo finta di esaminare i nostri emendamenti, che riproducono, peraltro in peggio, la nostra Costituzione. Partirò proprio dal primo di essi. Non mi soffermo peraltro sulla proposta di istituzione del difensore civico, che mi auguro venga respinta, perché di baracconi in questo Stato già ve ne sono parecchi e non è il caso di accingersi a crearne altri.

Passo ora invece ad affrontare i temi della giustizia ordinaria, poiché anche quella amministrativa, in virtù di una forte lobby dei magistrati amministrativi, se non avesse il Consiglio di Stato e la Corte dei conti, registrerebbe un grandissimo insuccesso. Vi saranno ancora grandi commistioni tra organo consultivo ed organo giurisdizionale; vi saranno ancora tutta una serie di situazioni relative all'attribuzione di incarichi ultramiliardari, di situazioni cioè che hanno contribuito enormemente alla corruzione di questo paese, ma tutto resterà pressoché uguale, con l'apparenza di esserci impegnati. Visto allora che in questo settore tutto resta uguale, vediamo cosa peggiora nell'ambito della magistratura ordinaria.

È molto semplice e partirei direttamente dall'articolo 101, che praticamente snatura anche tutte le sentenze della Corte costituzionale, che il nostro presidente sicuramente ben conosce. Ricordo che la Corte si era più volte affannata a dichiarare che i giudici sono indipendenti, mentre i magistrati singoli del pubblico ministero non lo possono essere, perché l'indipendenza è garantita all'ufficio, non al singolo. Ricordo, infatti, che la Corte con la sentenza n. 95 del 1975 ed una successiva del 1976 ha dichiarato proprio che «a differenza delle garanzie di indipendenza previste dall'articolo 101 della Costituzione, a presidio del singolo giudice, quelle che riguardano il pubblico ministero si riferiscono all'ufficio unitariamente inteso e non ai singoli componenti di esso». Ciò per un motivo abbastanza ovvio, ossia che l'indipendenza di un giudice non solo è garantita all'esterno e dall'esterno, ma soprattutto, in particolare, dall'interno. Abbiamo soprassalti di una coscienza molto falsa e molto ipocrita allorché scopriamo che vi sono anche carteggi dai quali risulta che il pubblico ministero dice «arrestami quello» ed il giudice risponde «se è per questo, lo abbiamo già arrestato, ma possiamo anche arrestarlo per un altro motivo». Salvo poi discutere del principio della giurisdizione, ossia che i pubblici ministeri devono avere una coscienza tale da assicurare la giurisdizione e i giudici devono averne pari. Ma si tratta invece di una mentalità inquisitoria dall'una come dall'altra parte. Questi soprassalti, dunque, questo piccolo clamore sono destinati a sopravvivere mezza giornata; per fortuna, a mio avviso, anche perché non si può creare un caso nella generalità dell'andamento delle situazioni e non si può trovare un capro espiatorio laddove sappiamo che le cose, purtroppo, sono andate e vanno così dappertutto. È un'ipocrisia dire che non c'eravamo. Non ci siamo mai stati! Non c'eravamo quando i pubblici ministeri erano ugualmente indipendenti ma il paese si andava corrompendo sempre di più; non c'era nessuno quando i giudici, a Milano come altrove, erano soggetti ai pubblici ministeri con insulti, minacce, estorsioni e così via; non c'era nessuno, per quanto i corridoi fossero frequentatissimi da bivacchi di giornalisti e da avvocati che andavano questuando; non c'era nessuno, salvo poi provare con la nostra mentalità ipocrita un soprassalto quando tutto ciò ci viene sbattuto in prima pagina.

L'articolo 101 costituzionalizza il peggio dell'esistente, ovverosia che ogni magistrato del pubblico ministero, essendo soggetto soltanto alla legge, e quindi ad un'interpretazione, a una scelta di quale legge applicare ed a chi, avrà sancito quello che si è detto per tanti anni (molti magistrati, anche negli anni settanta), ossia che quello di giudice imparziale è un concetto piccolo borghese. È questa la categoria di giudici che abbiamo allevato. Negli anni settanta si diceva che quello del giudice terzo era un concetto piccolo borghese; ritroviamo oggi questa affermazione come una mina all'interno di uno Stato di diritto. Non era un concetto piccolo borghese, era un concetto di alta democrazia che si è perso nel tempo. Adesso vogliamo invece rendere il pubblico ministero addirittura sovrastante il giudice sulla base della Costituzione. Diciamo che se il pubblico ministero non fosse soggetto soltanto alla legge, non sarebbe un organo di giustizia.

Diceva Bettiol che «è proprio dei regimi totalitari il concetto di voler considerare il pubblico ministero come organo della giustizia». Ovviamente, lo diceva tanti anni fa, ma è un monito che davvero vorrei fosse considerato. Affermava Calamandrei che non è possibile «mantenere il pubblico ministero nella situazione attuale» (quella che si vorrebbe oggi costituzionalizzare) «se si vogliono evitare i gravi inconvenienti verificatisi sotto il regime fascista e che potrebbero rinnovarsi sotto qualsiasi governo: che si verifichi, cioè, che gli stessi fatti siano considerati reati per appartenenti ad una determinata tendenza politica e per altri no». Poiché il futuro non ha memoria ed il passato ne ha ancora meno, mi pare che stiamo andando in una direzione completamente opposta.

Perché, a tale proposito, non cambia assolutamente nulla, anzi sicuramente si peggiora la situazione della Costituzione attuale? Perché noi non riconosciamo che esistono due status, due soggetti, due poteri che nella natura devono essere diversi, ovverosia il potere del pubblico ministero, assolutamente diverso da quello del giudice. Il giudice che giudica il caso concreto e specifico non può avere una mentalità inquisitoria. Noi ignoriamo che ognuno di noi è il prodotto di una cultura. Entrare in magistratura con un sistema burocratico come quello attuale senza alcun vaglio sulle attitudini del soggetto, sul suo equilibrio mentale, senza alcun vaglio sulle capacità, rischia di creare - e chissà che non sia mai avvenuto - anche dei mostri. Tuttavia noi vogliamo insistere e pensiamo che l'unico rimedio sia quello di passare da una regione ad un'altra, come se una persona diventasse più capace, cambiasse le sue categorie mentali, impostasse un lavoro nuovo passando da una regione ad un'altra. Pensate ai pubblici ministeri che ci hanno fatto vivere momenti «gloriosi» e che si considerano - ovviamente non so fino a che punto - i migliori, se andassero a fare i giudici. Pensate se un pubblico ministero che ritiene che il momento in cui si ammanetta una persona sia un momento magico, andasse a fare il giudice! Per voi sarebbe sufficiente che cambiasse regione per cambiare questa sua impostazione mentale? Vedete, non vorrei, se insistiamo - e mi pare che lo facciamo - in questa nostra concezione molto farisaica (sono molto pessimista, ma perché i fatti danno ragione al mio pessimismo) che accadesse qualcosa di analogo a quanto accade a chi pensa che sarà sempre sano prima di capire cosa significa essere ammalato, perché tutti siamo soggetti alla malattia come ad innumerevoli altri rischi, compreso quello di trovarsi in un sistema da cui non si esce se non completamente schiacciati e talvolta, anzi quasi sempre, senza essersi potuti difendere.

Se non pensiamo che l'approccio ad una professione così difficile e al tempo stesso così deformante abbia bisogno di una formazione iniziale in cui si valutino le specifiche idoneità, si valuti e si formi il soggetto anche tecnicamente per due lavori che sono tecnicamente diversi, credo che non comprendiamo cosa significhi svolgere un'attività di indagine o di giudizio. Peggioriamo addirittura l'ordinamento giudiziario che già non è bellissimo in sé - essendo una legge vecchissima - ma che già il Consiglio superiore con la sua strabiliante e arbitraria attività paranormativa ha contribuito enormemente a peggiorare. L'articolo 190 dell'ordinamento giudiziario prevedeva che il passaggio dalle funzioni di pubblico ministero a quelle di giudice potesse avvenire soltanto per ragioni di salute, durante la permanenza nel medesimo grado, debitamente accertate o in via eccezionale per gravi e giustificati motivi. Poneva quindi limiti fortissimi ad un passaggio da una parte all'altra. Il Consiglio superiore nel 1977 dichiarò non più vigente tale articolo.

Ci troviamo oggi in una situazione di complessità di una società che molto probabilmente è sempre più criminale in tutti i suoi aspetti, soprattutto quello della corruzione: è una società corrotta nella mente perché è sempre pronta a vendersi a qualcuno, chiunque esso sia, pur di averne dei benefici e riteniamo che un lavoro così difficile possa essere svolto indifferentemente da una parte e dall'altra: basta cambiare regione.

È scritto nel testo che bisogna garantire un equo processo. Il Parlamento europeo ha detto una cosa molto più precisa, cioè che per garantire un equo processo occorre la terzietà istituzionale - perché l'imparzialità è una caratteristica della persona - del giudice giudicante attraverso la separazione delle carriere di magistrato inquirente e di magistrato giudicante. Allora è possibile garantire un equo processo, perché se non abbiamo lo strumento per garantirlo affermiamo solo una speranza che non servirà a nulla.

D'altra parte, nelle risoluzioni più volte adottate dai congressi delle Nazioni Unite sulla prevenzione del crimine si prescrive che devono essere assicurati standard elevati di addestramento professionale, che la selezione e la carriera devono essere basate sul merito e regolate da procedure corrette ed imparziali, che gli uffici del pubblico ministero devono essere rigorosamente separati dalle funzioni giudiziarie, che devono essere adottate linee guida per aumentare il loro potere decisionale affinché la loro discrezionalità sia assoggettata al principio democratico della responsabilità.

Mi dispiace dirlo per la stima e l'amicizia per il relatore e per il grande sforzo che ha fatto, ma sicuramente con questo testo non garantiamo il principio democratico di responsabilità. Diciamo che l'azione penale è obbligatoria e che la legge farà di tutto per renderla tale - come se ciò fosse possibile - ma anche questa è una tautologia; sappiamo che non verrà mai attuata, lasciamo la discrezionalità e l'arbitrarietà dell'azione penale, lasciamo un corpo separato dello Stato senza alcun tipo di responsabilità. Questo sembra preoccupare una minoranza di parlamentari qui presenti, ma sembra preoccupare una maggioranza di questo paese: il quorum più elevato tra gli ultimi referendum è stato raggiunto da quello riguardante la magistratura.

Questo principio non ha mai avuto fortuna in questo paese. Non amo appropriarmi delle idee di nessuno, ma credo che a volte sia necessario ricordare le idee anche nel rispetto di chi non c'è più. Qualche tempo fa, con uno strano sussulto immediatamente rientrato, il dottor De Rita mise in guardia dalla possibilità che pubblici ministeri privi di responsabilità abbiano avuto nel passato e possano avere nel presente e nel futuro connivenze con centri occulti. Peccato non abbia detto di più e che immediatamente si sia chiuso nel silenzio, quasi disconoscendo quanto aveva detto: evidentemente non siamo un popolo di eroi.

Falcone diceva di condividere l'analisi secondo cui, in mancanza di controlli istituzionali sull'attività del PM, saranno sempre più gravi i pericoli che influenze informali e collegamenti con centri occulti di potere possano influenzare l'esercizio di tale attività. Sembra giunto quindi il momento di razionalizzare e coordinare l'attività del pubblico ministero, finora reso praticamente irresponsabile da una visione feticistica dell'obbligatorietà dell'azione penale e dalla mancanza di efficaci controlli sulla sua attività. Al Consiglio superiore Falcone fu processato anche e soprattutto da eminenti esponenti della sinistra, che lo ritenevano un eretico. E così finì tristemente anche una storia.

Facciamo adesso la stessa cosa. Lo facciamo per paura? Probabilmente. Lo facciamo perché abbiamo paura che qualcuno sappia, e noi sappiamo che molti sanno? Può darsi. Però, al di là delle nostre paure, c'è un paese che avrebbe bisogno che il principio di responsabilità fosse affermato per tutti, per i parlamentari, per i cittadini, per i magistrati e che vi fosse la sicurezza che, comunque le indagini vengano fatte, ci sarà un giudice che saprà giudicarne la legalità, la legittimità e la fondatezza. Nessun cittadino oggi può essere sicuro di questo; può avere la fortuna di trovare una persona di coscienza, di trovare qualcuno più coraggioso di altri perché non è legato al carro di correnti, a intimidazioni, ad aspettative di carriera, ma quella speranza o quella fortuna non sempre può essere soddisfatta.

È certo che una legge è un prodotto della cultura di un paese, in questo caso di chi lo rappresenta a torto o a ragione, ma la Costituzione dovrebbe andare al di là delle nostre paure, dei nostri interessi e anche della nostra giusta aspirazione di tranquillità. Distruggere una persona è molto più facile che tirargli una revolverata. Però, se ci siamo assunti il compito arduo e talvolta anche impopolare di dare un fondamento più saldo, dopo i tanti disastri, instabilità e misteri di questo paese, se vogliamo creare un principio di responsabilità democratica di tutti, se una Costituzione ha anche il compito di formare la cultura e la coscienza di un paese, non dovremmo perdere - come probabilmente perderemo - questa occasione di scegliere. Il grande problema di questo paese è che non ha scelto mai, perché scegliere comporta sempre responsabilità e rischi. Se non assumiamo la responsabilità di scegliere adesso, stiamo dalla parte di chi ha scelto delle battaglie sbagliate e ce ne accorgeremo quando gli atti di cannibalismo posti in essere anche dalla magistratura nei confronti di se stessa saranno tali che non potremo più trovare adeguato rimedio.

GIOVANNI PELLEGRINO. Come i colleghi avranno notato, ho sottoscritto pochissimi emendamenti al testo Boato; l'ho fatto perché credo che quello al nostro esame sia un buon testo e che per questo non meriti le critiche aprioristiche, pregiudiziali e feroci che ha ricevuto negli ultimi giorni. Tali critiche però a mio avviso non sono senza ragione: il testo Boato è criticato perché è un buon testo.

Siamo uno strano paese e probabilmente il suo ceto dirigente ha alcune particolarità: a parole siamo tutti innovatori, ma a condizione che l'innovazione non ci riguardi personalmente e non riguardi la categoria di cui facciamo parte. Nel momento in cui un privilegio o una situazione di comodità che ci riguarda viene in qualche modo messa in discussione, immediatamente lo spirito innovatore si raffredda e ci domandiamo se non sia meglio lasciare le cose come stanno o modificarle per quel poco che serva a lasciarle sostanzialmente come sono. Non mi ha meravigliato, quindi, che il testo Boato abbia avuto tante critiche: non piace al Consiglio di Stato, alla Corte dei conti, ai TAR, ai pubblici ministeri, ai giudici ordinari, agli avvocati. Nel suo insieme la corporazione dei lawyers e le subcorporazioni sono insorte e hanno gridato allo scandalo. Si voleva innovare, si voleva modificare qualcosa.

Vorrei dire all'onorevole Parenti che condivido le sue paure: ho letto il fascicolo degli emendamenti e lo spettro di una sostanziale conservazione è evidentissimo. Ma noi facciamo il gioco di questa volontà conservatrice e già restauratrice rispetto a una bozza di riforma che abbiamo all'esame, se non riusciamo a cogliere in essa il complessivo elemento di novità e se, rispetto ad aspetti di questo testo che non ci convincono pienamente o che non riusciamo fino in fondo a capire, usiamo un tono ingiustamente stroncatorio; se non capiamo l'importanza che ha in questo testo la previsione costituzionale delle autorità indipendenti e se ne propone la soppressione, come nell'emendamento Buttiglione-Dentamaro; se, pur di modificare quell'accenno alla possibilità dell'impugnazione in unico grado, proponiamo emendamenti che corrono il rischio di costituzionalizzare il doppio grado di giurisdizione, il che ci porterebbe a modificare subito il codice di procedura civile che prevede molti casi di impugnazione in unico grado, a cominciare da quello dei lodi arbitrali.

Se non si comprende l'elemento di novità che è contenuto nella normativa del testo Boato sui giudici speciali, il disegno complessivo sfugge, si formulano critiche aspre e ingiustificate e, involontariamente, si fa il gioco complessivo di quanti, per motivi diversi, vorrebbero che in questo delicato settore le cose restassero come sono o restassero sostanzialmente come sono, con mutamenti soltanto di facciata.

Il testo Boato è un buon testo, innanzitutto perché rispetta in pieno il valore dell'indipendenza e dell'autonomia della giurisdizione; anzi, lo esalta perché estende la garanzia dell'autonomia e dell'indipendenza a ordini giudiziari che fino adesso non avevano quella garanzia, per lo meno non l'avevano elevata a rango costituzionale.

Detto questo, vorrei spiegare subito perché ho firmato l'emendamento V.104.16, cioè quello che riporta il rapporto fra membri laici e membri togati del CSM da tre quinti a due terzi. Devo dire, dopo aver ascoltato il collega Folena, che l'ho fatto per motivi probabilmente diversi da quelli che hanno indotto altri colleghi del mio gruppo a sottoscriverlo. Il problema è che quando uno dei maggiori giuristi italiani scrive su uno dei quotidiani a maggiore diffusione che si incrina l'autonomia della magistratura perché si sposta il rapporto da due terzi a tre quinti, il che significa che i membri laici salgono da 10 a 12 e i membri togati scendono da 20 a 18, a me sembra che il modo migliore di rispondere a chi sostiene una cosa di questo genere sia quello di dire che non ce ne importa niente: o 10 o 12 è la stessa cosa; o 18 o 20 è la stessa cosa. Quindi, il motivo per cui ho sottoscritto quell'emendamento è questo. Io polemizzo contro questo modo fuorviante di trattare problemi delicati, perché, in realtà, erano altri punti fortemente innovatori del testo Boato che, evidentemente, non piacevano.

È un buon testo perché insieme modernizza e semplifica il sistema complessivo delle giurisdizioni, incide profondamente sull'ordinamento attuale, un ordinamento che deve ad un suo eccesso di complessità e alla sua sostanziale vecchiezza la sua permanente inefficienza, che è il vero problema che abbiamo davanti e che ci pone drammaticamente fuori dell'Europa e, in certa misura, direi fuori del mondo civilizzato. Un sistema complessivamente inefficiente che recupera un'efficienza soltanto quando è afflittivo, e come tale manca alla sua complessiva e alta funzione regolatrice.

Il testo Boato rispetta l'autonomia e l'indipendenza della magistratura, ma mantiene all'interno della giurisdizione un benefico pluralismo che è pronubo di una benefica dialettica.

 

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE

MASSIMO D'ALEMA

 

GIOVANNI PELLEGRINO. Io non penso che la comune cultura della giurisdizione possa naturalmente albergare nella testa, nell'animo di chi svolge funzioni differenti, perché, in realtà, il nostro modo di pensare e di operare è fortemente influenzato dalle funzioni che svolgiamo. La comune cultura della giurisdizione nasce da una dialettica fra culture che sono onticamente diverse: la cultura dell'accusa, la cultura della difesa, la cultura del giudizio. E il testo Boato si muove in questa direzione attraverso una trasparente architettura istituzionale che è visibile nell'articolazione del CSM, nelle due sezioni del pubblico ministero e della magistratura giudicante. Mi meraviglio che sfugga all'onorevole Parenti il forte elemento di novità che è in questa strutturazione del CSM.

E vorrei dire che in qualche modo questa dialettica fra culture diverse diventa istituzionalmente visibile nella presenza dei due consigli superiori della magistratura e nel raccordo che fra i due consigli superiori della magistratura viene stabilito attraverso quest'organo nuovo a cui abbiamo pensato. Qui condivido quello che ha detto Folena: la grande novità istituzionale, perché è il modo, direi la scelta di architettura istituzionale che rende visibile quel principio di unitarietà funzionale della giurisdizione. E in questo è apprezzabile il testo che abbiamo davanti, nell'aver rifiutato l'idea dell'unicità della giurisdizione, perché ciò che non funziona non è l'autonomia, non è l'indipendenza, che sono valori che riteniamo importanti, direi quasi sacri, ma che sicuramente si affermeranno sempre di più nel mondo che verrà; ciò che fa paura è un mondo del controllo giurisdizionale sostanzialmente monolitico. L'equilibrio lo si raggiunge non limitandone gli ambiti ma inserendo al suo interno principi di dialettica che determinano equilibrio.

Direi che l'aspetto di novità principale sta però nell'attenzione che il testo Boato ha dedicato a un tipo di giudice che, in realtà, nella polemica sui media di questi anni è rimasto sempre sullo sfondo, pur svolgendo una funzione importantissima. Non c'è dubbio che oggi il giudice amministrativo sposti più ricchezza di quanta ne sposti il giudice ordinario come giudice civile.

Vorrei qui spiegare brevemente perché ho sottoscritto l'emendamento V.102.3. È importantissimo questo passaggio dal criterio di riparto della giurisdizione fondato su interessi legittimi e diritti soggettivi a un criterio di riparto sostanzialmente della competenza fondato per materie. Personalmente, non dimenticherò mai un caso in cui dovevo assistere la vedova di un mio amico: mi trovai di fronte a un problema così complesso che proposi un ricorso al giudice del lavoro, un ricorso al TAR, un ricorso alla Corte dei conti e un regolamento preventivo di giurisdizione per farmi dire subito dalle sezioni unite della Cassazione quale giudice era quello ben scelto. Noi non possiamo consentirci, andando nel terzo millennio, un sistema di questo tipo. Quindi, beneficamente, semplificando nell'accorpamento fra giudice contabile e giudice amministrativo, il testo Boato prevede una ripartizione della competenza per materie.

Nel dibattito che è sorto ci si è però domandati: queste materie può il legislatore ordinario sceglierle liberamente o è opportuno che gli sia dato un indirizzo attraverso una clausola generale? E ci si è ancora domandati: nel momento in cui, per la dinamica della effettività, ci si trovi di fronte a un caso dove è dubbia l'appartenenza all'una o all'altra materia, non è comunque opportuna una clausola generale che possa guidare non solo il legislatore ordinario ma anche l'interprete in sede applicativa? La risposta prevalente è stata di tipo positivo, e per questo abbiamo proposto, con i colleghi che con me hanno sottoscritto quell'emendamento, una clausola di tipo generale, che però non è fondata su un criterio esclusivamente soggettivo, quale quello che potrebbe essere per le controversie contro la pubblica amministrazione. Non lo è perché nel momento in cui facciamo legislazione costituente, la presbiopia è l'atteggiamento visivo che più ci si adatta: noi dobbiamo cioè cercare di immaginare qual è il mondo futuro. Allora il problema è: che cosa sarà la pubblica amministrazione nel futuro? Che cosa sarà la pubblica amministrazione nel momento in cui alcune regole che abbiamo inserito giorni or sono nel testo costituzionale avranno cominciato a funzionare? Che cosa sarà la pubblica amministrazione nel momento in cui alcune funzioni saranno ad essa attribuite soltanto in quanto l'autonomia privata non riesca a svolgerle in maniera adeguata? Cioè, noi possiamo facilmente pensare ad un avvenire in cui il giudice amministrativo sarà un giudice sostanziale della complessità e in controversie nelle quali non sia parte quello che noi vediamo o immaginiamo essere in senso proprio la pubblica amministrazione.

Quindi, la formula suscettibile di precisazioni e di miglioramenti che abbiamo adottato è: controversie nei confronti della pubblica amministrazione e nel settore dei pubblici servizi.

Condivido quello che ha detto il collega Folena: è opportuno che il testo Boato non sia stravolto. Ma direi che in questo ognuno di noi dovrebbe provare a dare il buon esempio esercitando in maniera estremamente parca la funzione emendativa. È però un problema che riguarda tutti. Vedo con chiarezza questo rischio: se ciascuno di noi assume la difesa di un singolo interesse settoriale, anche nobile in sé considerato, perché vuole modificare quella parte del testo Boato che personalmente non gradisce, finiamo per perdere di vista l'architettura complessiva, e il sistema delle garanzie finirà per restare sostanzialmente inalterato. Quindi, continueremo ad avere il sistema attuale che - ripeto - si caratterizza per la sua complessiva inefficienza e per il fatto di acquistare efficienza soltanto quando è afflittivo. È un sistema che, come dicevo prima, non adempie al suo compito regolatore. Se lo lasceremo inalterato, noi non avremo adempiuto al compito di riforma che la legge istitutiva della Commissione ci assegnava.

MARIO GRECO. Signor presidente, cercherò di essere breve per diverse ragioni. Innanzitutto, perché molti degli emendamenti a mia firma sono comuni ad altri presentati da altri colleghi, per cui risultano in parte già compiutamente illustrati da chi mi ha preceduto e sono certo che ulteriori illustrazioni verranno da coloro che mi seguiranno. Mi sforzerò di limitarmi a richiamare la vostra cortese attenzione su tre punti principali, anch'essi in parte brillantemente già trattati dalla collega Parenti: esercizio dell'azione penale; separazione dei ruoli; Consiglio superiore della magistratura. Affronterò questi tre problemi con osservazioni anche di carattere generale, perché avremo poi modo di scendere nel particolare in sede di illustrazione degli emendamenti, che mi auspico possano essere utili per rafforzare la comune volontà di compiere qualche altro passo in avanti, più coraggioso, sulla strada della riforma del Titolo IV della Costituzione.

Innanzitutto, non credo che sia superfluo, non tanto per noi quanto per chi ci leggerà o ci ascolta dall'esterno, sottolineare che non ci sono mai stati in nessuno di noi e non ci sono tuttora in nessuna delle nostre proposizioni intenti di una inutile conflittualità di polemica con l'ordine giudiziario, nel tentativo da parte nostra, di noi politici - come spesso si è letto anche sui giornali, in particolar modo da una certa parte della magistratura requirente - di comprimere l'indipendenza e l'autonomia della magistratura.

Credo che sarebbe un grosso errore rappresentare il nostro lavoro in questi termini; più che riduttivo sarebbe fuorviante questo tipo di rappresentazione dei nostri sforzi. Come è stato già detto ci stiamo tutti sforzando per soddisfare le esigenze di giustizia avvertite dai cittadini, l'esigenza di rafforzare la garanzia dei diritti primari. Chiariamo a noi stessi e agli altri che indipendenza e autonomia - a queste due guarentigie hanno fatto riferimento altri colleghi - sono state concepite non come privilegi della magistratura fini a se stessi, ma come mezzi affinché l'ordine giudiziario potesse meglio tutelare i diritti primari fissati nella prima parte della Costituzione e cioè inviolabilità delle libertà personali e della difesa in ogni stato e grado del procedimento (articoli 13 e 14 della Costituzione), uguaglianza dei cittadini davanti alla legge (articolo 3). Indipendenza ed autonomia non possono e non devono essere gestite fino all'arbitrio, all'abuso, all'invasione di altre sfere di competenza. In un regime di democrazia costituzionale come il nostro non credo si possa giungere ad affermare che non sono consentiti controlli e limiti all'indipendenza e all'autonomia della magistratura, soprattutto in considerazione di un innegabile ruolo politico assunto da quest'ultima sia pure per ragioni obiettive, tra cui la crisi delle organizzazioni sindacali e politiche.

I nostri emendamenti, esimio relatore, tendono ad evitare che il potere giudiziario rappresenti una seria minaccia per lo stato di diritto da parte di chi gestisce le regole, che anziché esaltarle le travolge sull'altare degli obiettivi. Queste parole non sono mie ma sono state pronunciate dal presidente nel CNEL, al quale ha fatto riferimento l'onorevole Parenti richiamando un altro tipo di preoccupazione.

Da qui discende la necessità di trovare dei correttivi seri all'esercizio dell'azione penale che da obbligatorio - lo abbiamo riconosciuto ormai quasi tutti - sul piano concreto è divenuto discrezionale, facoltativo. È stato detto e riconosciuto che in questa discrezionalità si annida l'uso politico della magistratura. Il rischio maggiore dell'uso discrezionale dell'azione penale è che un qualsiasi procuratore scelga la persona che vuole colpire, piuttosto che il reato che occorre perseguire.

Abbiamo concordato che non basta affermare in linea di principio che il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale, ma che occorre per legge fissare misure idonee per assicurarne l'effettivo esercizio. L'onorevole Parenti poco fa ha richiamato la nostra attenzione su questo aspetto; ora dobbiamo vedere come la legge, sul piano concreto, possa assicurare queste misure. Credo che occorra sollecitare un sistema di controlli interni ed esterni, perché altrimenti i pubblici ministeri continuerebbero a non rispondere ad alcuno delle proprie scelte, né al procuratore capo, né al Consiglio superiore della magistratura, né al ministro.

Pochi giorni fa tutti abbiamo letto quello che è stato non un grido di allarme ma una voce che ha rotto il muro del silenzio della magistratura giudicante nei confronti dello strapotere di quella requirente, una voce apparsa in un articolo scritto su un quotidiano da un magistrato del tribunale di Firenze stanco di vedere quotidianamente raggirato il principio dell'articolo 112 della Costituzione. Egli ha rilevato che in Italia esistono non 150 procure ma 2000 sostituti procuratori che gestiscono la propria polizia giudiziaria, la propria fettina di potere e che esercitano l'azione penale senza essere chiamati a risponderne ad alcuno.

Pur rendendoci conto che non sono modifiche risolutive per quanto riguarda la discrezionalità politica dei pubblici ministeri, abbiamo ritenuto che accanto alla determinazione per legge di misure idonee per l'esercizio effettivo dell'azione penale, si potesse prevedere l'improcedibilità nei casi di inoffensività o tenuità del fatto, come già previsto nell'ordinamento tedesco. Più incisiva rispetto a queste di dettaglio è la proposizione, colta dal relatore, di attribuire al ministro di grazia e giustizia il potere di riferire annualmente al Parlamento sullo stato della giustizia, sull'esercizio dell'azione penale e sull'uso dei mezzi di indagine. Una costituzionalizzazione questa che correttamente potrebbe assegnare un certo controllo della politica criminale ad un organo elettivo qual è il Parlamento sottoposto al controllo popolare ad ogni scadenza elettorale, anziché a soggetti che, superato un concorso, non si sottopongono e non vogliono essere sottoposti ad alcun controllo e gestiscono l'azione penale sino a 72 anni di età.

In ordine all'articolo 106, non ci soddisfa la formulazione del testo approvato a maggioranza poiché non riteniamo che sia efficace, per un'effettiva e completa garanzia della terzietà del giudice, la previsione di una separazione delle funzioni sia pure innovata rispetto a quanto già contenuto nella Costituzione.

Abbiamo proposto che si vada oltre la distinzione delle funzioni, per pervenire ad una separazione dei ruoli, con accesso mediante concorsi separati per magistrati giudicanti e requirenti. Essere parte accusatrice costituisce già una prerogativa importante; bisogna guardarsi dall'aggiungervi anche il diritto di immischiarsi nella funzione del giudice - è stato scritto da un buon giurista - perché ormai non ci si può fidare più di un pubblico ministero che, dismessa la veste dell'accusatore, passa a fare il giudice, talvolta anche come dirigente. Notizie recenti sul capo della procura di Milano ci debbono far riflettere in questo senso.

Inutile dire che il pubblico ministero è una parte imparziale, così come alcuni magistrati si sono affannati a dire. Il pubblico ministero è parte e basta, così come parte è la difesa. Il nostro sistema processuale ormai ha acquisito un carattere esclusivamente triadico, accusa, difesa, giudice e noi riteniamo che la contiguità, la colleganza, la comunanza di carriere tra pubblico ministero e giudice - e io dico anche l'accesso con un unico concorso - costituiscano, così come ci dimostrano alcuni fatti recenti e meno recenti, un serio pericolo per l'imparzialità e la terzietà del giudice. Quanto più si spezzano questi vincoli, tanto più ne possono guadagnare la terzietà e l'imparzialità della magistratura giudicante. Prevedere un accesso con concorsi differenziati, a nostro parere, significa anche garantire una maggiore professionalità investigativa dei magistrati requirenti, che altrimenti continuerebbero ad essere dipendenti dai rapporti della polizia giudiziaria, dai collaboratori di giustizia, dalle trascrizioni delle intercettazioni telefoniche da parte dei periti.

In una società sempre più specialistica - è stato scritto - è indubbio che le qualità professionali, il tipo di cultura, le conoscenze tecniche debbono essere diverse a seconda che si sia chiamati a cercare le prove ovvero a giudicare. A questo punto richiamo quello che è stato detto poc'anzi dall'onorevole Folena, nel momento in cui ha cercato di dimostrare come il nostro codice di procedura penale abbia già una norma che impone al pubblico ministero la ricerca della verità o delle prove a discarico. Io non ci credo perché l'articolo 358 del codice di procedura penale non impone al pubblico ministero alcun obbligo ma solo una facoltà, che purtroppo non viene mai esercitata dai giudici e dai magistrati, si dice per mancanza di tempo o per economia processuale, ma molti altri, il comune cittadino, gli avvocati invece sospettano per ben altri motivi e cioè perché non vogliono ricercarla, nel momento in cui si prefiggono determinati obiettivi, quegli obiettivi ai quali faceva riferimento il presidente del CNEL.

Farò ora un breve cenno sulla struttura e la composizione del Consiglio superiore della magistratura e cioè sull'articolo 105 della Costituzione. Vorremmo che il Consiglio superiore della magistratura perdesse completamente la caratterizzazione di organo di amministrazione e giurisdizione domestica, o meglio, come è stato detto addomesticata.

Insistiamo quindi perché il Consiglio superiore della magistratura, o in subordine le sue due sezioni, abbiano una composizione paritaria tra togati e laici, questi ultimi scelti tra i professori ordinari dell'università in materie giuridiche, avvocati con quindici anni di servizio o - abbiamo aggiunto in alcuni emendamenti - iscritti all'albo speciale delle giurisdizioni superiori. Si tratta di una categoria molto spesso trascurata della quale alcuni di noi si sono ricordati soprattutto nel momento in cui ci siamo occupati anche di una riforma dell'ordinamento professionale forense. Queste categorie certamente non rappresentano corporazioni né una longa manus del potere politico.

A nostro parere all'avvocatura italiana deve essere riconosciuta la piena titolarietà e legittimazione per essere considerata una componente essenziale della giurisdizione, altrimenti non ci sapremmo spiegare la ratio della legge n. 374 del 1991, che ha previsto la presenza di avvocati designati dai consigli forensi nei consigli giudiziari, sia pure al fine limitato dell'espressione di un parere sulle nomine dei giudici di pace, né noi della Commissione giustizia del Senato ci sapremmo spiegare perché recentemente abbiamo dato attuazione all'articolo 106, terzo comma, nel momento in cui abbiamo finalmente ammesso nel supremo collegio della Cassazione professori ed avvocati per meriti insigni. Ciò significa che il legislatore anche ordinario ha considerato i rappresentanti dell'avvocatura componenti essenziali della giurisdizione.

In un momento in cui si dice che sono state superate tante divergenze, che sono stati sciolti tanti nodi e che vi sono buone ragioni per ritenere che questa Commissione riuscirà a dare un grosso contributo alla costruzione di uno Stato snello, di un Parlamento efficiente nelle sue funzioni di controllo e di legislazione e di un Governo forte, sarebbe veramente un peccato non compiere altri sforzi per trovare ulteriori punti di incontro, affinché sia migliorato il quadro del sistema delle garanzie del nostro paese che deve adeguarsi non solo ai parametri economico-monetari di Maastricht, ma anche e soprattutto a quelli della grande civiltà giuridica di tanti paesi europei - cui ha fatto riferimento anche il senatore Pellegrino - ove da tempo i cittadini sono veramente uguali davanti alla legge, le libertà personali sono veramente inviolabili, i diritti della difesa uguali a quelli della pubblica accusa. Questo perché sono ormai da tempo patrimonio culturale di tutti la separazione delle carriere, la terzietà del giudice, i controlli democratici e trasparenti sull'operato della giurisdizione.

SALVATORE SENESE. Questa mattina l'onorevole De Mita ha avanzato un rilievo di metodo sull'uso che troppo frequentemente si fa nel corso di questi dibattiti della coppia innovatori-conservatori ed ha osservato, a mio avviso giustamente, che questa chiave interpretativa rischia di essere fuorviante e sopratutto spesso sostituisce l'analisi concreta dei problemi ai quali intende dare risposta e l'adeguatezza delle soluzioni che si propongono.

La cosa mi è tornata in mente ascoltando gli interventi del collega Greco e, già prima, della collega Parenti. Queste posizioni, che - per evitare fraintendimenti nei quali sono incorso in occasione di un altro intervento - definirò fortemente innovatrici, tuttavia su alcuni punti precisi, che valgono a rispondere a gravi disfunzioni esistenti nel nostro sistema di giustizia, o tacciono o sono contrarie.

Indico due di questi punti piuttosto periferici rispetto alla contesa politica e però utili da affrontare in una sede come questa, i quali a mio avviso meritano di essere discussi in un'opera di riforma costituzionale e che si presentano condizionanti rispetto ad un funzionamento della giustizia meno difettoso di quello che abbiamo dinanzi.

Il primo punto riguarda la norma sul ricorso in Cassazione, secondo la nostra Costituzione necessario avverso tutte le sentenze. È questa una sorta di norma-capestro, che impedisce al legislatore ordinario di intervenire regolando le impugnazioni di affari bagatellari, in modo da escludere in tali casi il ricorso per Cassazione, con la conseguenza - come abbiamo potuto ascoltare dalla viva voce del primo presidente della Corte di cassazione - che attualmente quella che pomposamente chiamiamo «Corte suprema di cassazione» ha un carico annuo di 60 mila ricorsi. Pensare che a fronte di 60 mila ricorsi si possa assicurare tendenzialmente l'uniformità della giurisprudenza o il rispetto del diritto oggettivo (questi sono i compiti della Corte di cassazione) è davvero derisorio.

Ciò nonostante non possiamo escludere il ricorso per Cassazione neanche contro la sentenza di un pretore che applichi una pena amministrativa per contravvenzione stradale depenalizzata, perché ci troviamo di fronte ad una norma secca della nostra Costituzione che dice: contro le sentenze (e naturalmente contro i provvedimenti sulla libertà personale, ma questa seconda parte è sacrosanta), quali che siano, anche se riguardino un valore minimo e non tocchino in alcun modo beni essenziali, è sempre ammesso il ricorso per Cassazione.

È una battaglia che sto facendo dall'inizio con alterne vicende. Nelle varie bozze appare e scompare una previsione che in qualche modo riduce questa strettoia; nell'ultima bozza è scomparsa ed abbiamo presentato un emendamento per ripristinarla nei termini più chiari: contro le sentenze è ammesso alternativamente l'appello o il ricorso per Cassazione. Comunque, quest'ultimo non deve essere una necessità, salvo che si tratti di provvedimenti sulla libertà personale.

È un argomentare molto specialistico, molto periferico? Non tanto, perché l'enorme durata dei processi civili e anche di quelli penali si connette a questo aspetto. In penale il ricorso per Cassazione si fa sempre, perché si spera nella prescrizione, nell'amnistia, eccetera. Su questo punto non mi pare di aver trovato, al di fuori del gruppo cui mi onoro di appartenere, grande sensibilità (Interruzione del senatore Zecchino). Ma lo consideravo parte di uno schieramento più vasto!

Dicevo che abbiamo combattuto inutilmente questa battaglia; il che dimostra che spesso la categoria innovazione-conservazione non è quella più adeguata per cogliere la realtà dei processi. Riproponiamo dunque questo emendamento e le considerazioni che ho fatto - indugiando forse un po' troppo - valgono a sottolinearlo in modo particolare all'attenzione dei cortesi colleghi.

Secondo punto. Ho io stesso proposto - e ho avuto il piacere di vederlo accolto - che cadesse il divieto assoluto di giudici speciali contenuto nella nostra Costituzione. Ho argomentato - e ho trovato attenzione da questo punto di vista - nel senso che quel divieto assoluto si spiegava all'indomani del fascismo: la nozione «giudici speciali» evocava il tribunale speciale e vi era l'illusione di poter ricondurre tutto nell'alveo della giurisdizione ordinaria. Ho ulteriormente precisato, richiamando la parte più avvertita della dottrina civilprocessualistica (cito i nomi di Chiarloni, di Taruffo, di Denti, che chiunque si occupi di queste cose sa essere studiosi seri, dei civilprocessualisti attenti anche a quello che avviene fuori dal nostro paese), la quale ha spiegato che in tutti i paesi d'Europa, man mano che procede il campo della regolazione giuridica, che è un fenomeno proprio della nostra epoca, man mano che nuovi settori della vita sociale vengono avocati al diritto, cresce la domanda di giustizia.

Per evitare che quest'ultima crei quell'ingolfamento che ci ritroviamo nel nostro paese (ci chiediamo: come mai in Italia ci sono milioni di cause pendenti e non si riesce ad andare avanti?) si provvede, tutte le volte che l'ambito di regolazione tocca materie che non involgono diritti di libertà, fondamentali o indisponibili, ad istituire anche giudici speciali per quelle materie. Spesso si tratta di semplici commissioni arbitrali.

Faccio un esempio. Il contenzioso sull'equo canone pesa statisticamente: si istituisca una commissione di rappresentanti dei proprietari e degli inquilini che dirima queste controversie ed alleggerisca i tribunali. Questo in Italia non si può fare perché tale commissione, anche se fosse chiamata a giudicare solo in primo grado - come spesso avviene in Francia o in Inghilterra: quest'ultimo esempio è particolarmente significativo perché l'Inghilterra è il paese dell'unità della giurisdizione - rappresenterebbe un giudice speciale e come tale non ammesso.

Trovo quindi positivo che il relatore abbia raccolto - assumendo le posizioni espresse nel corso dei lavori del Comitato - questa previsione. Trovo altresì singolare che un emendamento che porta la firma del collega Greco ed un altro sottoscritto dal collega Pera e, se non erro, anche della collega Parenti propongano di eliminare questa «apertura». In tal modo noi non innoviamo ma lasciamo persistere strozzature che impediscono anche al più volenteroso dei legislatori di procedere.

Devo dire al collega Marchetti, il cui intervento ho molto apprezzato nelle linee generali, che credo che la posizione che guarda con sospetto all'introduzione della possibilità di istituire giudici speciali, sia pure solo per il primo grado (perché poi si può ricondurre il tutto nell'alveo generale per assicurare un'unità di giurisprudenza), sia segnata - questa sì - da conservatorismo.

Più in generale, credo che il problema non sia tanto quello di innovare ma quello di individuare le questioni. Ho ascoltato in interventi dei colleghi del Polo che mi hanno preceduto una serie di preoccupazioni, di denunce, di cahiers de doléances. Vi è però una riflessione alla quale non riesco a sottrarmi: quelle denunce, quelle preoccupazioni, quelle disfunzioni sono tutte legate alla congiuntura; e per congiuntura intendo un arco temporale non breve ma nemmeno molto lungo.

Mi pare che l'insieme dei problemi che, in particolare con riferimento alla giustizia penale, sono stati qui sollevati attengano alla situazione in cui versa lo stato della nostra legislazione ordinaria e in particolare della nostra legislazione processualpenalistica. È quello il terreno su cui occorre impegnarsi. Vorrei dire: a partire dall'indomani dell'approvazione del codice di procedura penale si è aperta nel paese, per una serie di ragioni, una stagione di interventi fortemente discutibili.

Ne richiamo soltanto alcuni: la legge 19 maggio 1990, n. 55, che vieta di candidarsi ad una serie di cariche elettive pubbliche a chiunque sia stato rinviato a giudizio per alcuni reati o sia stato già condannato con sentenza anche non definitiva, anche solo in primo grado, per altri reati, e commina la decadenza di sindaci, amministratori, eccetera che vengano a trovarsi in queste condizioni. Ricordo poi il decreto Scotti-Martelli e la legge che lo ha in qualche modo convertito.

Vi è stato tutto un crescendo di misure illiberali che hanno ferito gravemente la presunzione di non colpevolezza, il principio del contraddittorio, quello della custodia cautelare in carcere come extrema ratio ed altri fondamentali principi di civiltà giuridica. Badate: si è trattato di leggi approvate con larghissimo consenso, anche da parte di molti di coloro che oggi protestano contro i tratti illiberali del nostro ordinamento o contro le ricadute culturali illiberali che questi tratti inducono.

Credo che se vogliamo essere davvero all'altezza del compito che ci assegniamo dobbiamo avere questo scatto: giustificheremo e legittimeremo appieno nei contenuti la nostra opera solo se avremo questa capacità di riflessione, se saremo capaci di dire che premevano forti esigenze di difesa sociale, che il sottosistema sociale era debole ed incapace di assumere da sé molte di quelle misure - come per esempio la non candidatura di chi sia condannato in primo grado per certi reati - che, sacrosante se rimesse all'autolimitazione delle forze politiche, divengono vessatorie ed illiberali se imposte per legge. Ciascuno si illudeva magari che la repressione non lo toccasse direttamente.

I magistrati hanno recepito non soltanto le norme illiberali ma, come è inevitabile, a comprova che il sottosistema politico dispone dei mezzi per orientare la cultura dei magistrati, pur nel rispetto della separazione dei poteri, soprattutto il messaggio culturale racchiuso in quelle norme, sintetizzabile nel principio: il fine giustifica i mezzi. E quando il potere politico ha cominciato a preoccuparsi per l'orientamento illiberale delle inchieste vi è stato un periodo in cui ha pensato che questa preoccupazione potesse esprimersi solo attraverso nobili sermoni e non si è preoccupato di sgombrare il campo dalle fonti dell'infezione.

Ricordo ancora un importante convegno che si svolse alla Camera dei deputati nel 1993, nel corso del quale sono state avanzate tutte le esigenze che oggi sento prospettare di nuovo, ma dove nessuno ha pensato, per esempio, a toccare l'articolo 275, terzo comma, del codice di procedura penale il quale, dopo aver enunciato il principio che la custodia cautelare era una extrema ratio, che bisognava ricorrervi solo in casi eccezionali, quando ogni altra misura fosse inadeguata, sciorinava una serie indescrivibile di fattispecie di reato, dicendo però che la cattura è obbligatoria salvo che non sia il catturante a dimostrare l'inesistenza del pericolo. Abbiamo dovuto attendere anni per cominciare a mettervi mano: l'opera è appena iniziata ed incontra difficoltà, come dimostra la vicenda della riforma dell'articolo 513. Credo che sarebbe un errore voler trasferire oggi tutto questo ripensamento in Costituzione; avremmo - allora sì - una Costituzione non lunga ma lunghissima, e ci esporremmo, come già stiamo facendo, alle critiche di chi dice: badate, voi non state facendo una Costituzione, state facendo un codice; e poiché non può avere l'ampiezza e l'organicità del codice, diventa qualcosa di necessariamente contorto.

MARCO BOATO, Relatore sul sistema delle garanzie. Senatore Senese, si è accorto che chi ha detto questo - vale a dire il professor Chiavario su Il Sole 24 Ore di martedì 17 giugno - ha poi proposto di introdurre altre norme oltre quelle che abbiamo previsto noi?

SALVATORE SENESE. Naturalmente. Mi sono accorto di questo e di tante altre cose che per brevità taccio; ciò che mi interessa non è tanto vedere dove i nostri critici sbagliano quanto dove colgono, pur tra i loro errori, un punto su cui noi dobbiamo riflettere. A me interessa il compito cui siamo chiamati: se noi avremo questa capacità, se riusciremo a depurare il testo costituzionale di tutto questo appesantimento congiunturale, di questa ansia, di questo carico di doglianze prevedendo - perché non dobbiamo farlo? Se ne è parlato all'inizio dei lavori del Comitato sistema delle garanzie - in un ordine del giorno, votato da tutte le forze politiche, un indirizzo chiaro al Parlamento, che indichi i punti su cui impegnarsi in un'opera di bonifica legislativa e cominciando a lavorare sul terreno proprio, un terreno che richiede aggiustamenti, allora forse faremo un'opera positiva. Altrimenti, rischiamo di fallire, per lo meno in questa parte.

Vorrei svolgere pochissime altre considerazioni, anche perché condivido tutto ciò che è stato detto dal collega Folena all'inizio con riferimento ai punti da modificare. So che il relatore ha seguito con grande attenzione e non c'è quindi bisogno di appesantire la discussione; del resto, c'è stato l'intervento del collega Pellegrino per quanto riguarda la giustizia amministrativa e seguirà quello del collega Russo.

C'è la norma sul coordinamento degli uffici del pubblico ministero, sulla quale concordiamo: il coordinamento interno deve essere sancito in Costituzione giustappunto come contrappeso rispetto all'affermazione - che condividiamo - della soggezione dei magistrati, quale che sia la funzione che svolgano - giudicante o requirente - soltanto alla legge. Ma un conto è il coordinamento interno dei singoli uffici, un conto è l'unità d'azione degli uffici: l'unità d'azione degli uffici del pubblico ministero significa una visione piramidale e gerarchica, per cui il procuratore della Repubblica dipende dal procuratore generale e quest'ultimo dipende dal procuratore generale della Cassazione. È una visione che, se si dovesse veramente tradurre, creerebbe - questa sì - fortissime preoccupazioni.

Dobbiamo attestarci su una linea che contrassegni il potere giudiziario come potere diffuso, naturalmente badando che, laddove si tratti di uffici del pubblico ministero, questo potere diffuso sia un potere che, nell'ufficio, si esercita secondo norme che, all'interno dell'ufficio stesso, impediscano il proliferare disordinato delle iniziative.

Per quanto riguarda la norma sulle interpretazioni - farò poi dei brevissimi rilievi, di cui il relatore spero vorrà tenere conto - delle disposizioni penali, a me pare del tutto impropria in Costituzione. Come si fa ad inserire in Costituzione una norma sull'interpretazione, quando noi non sappiamo cosa sia l'interpretazione estensiva? Molto meglio prevedere invece una norma che riproduca l'articolo 14 delle preleggi: il divieto di analogia è già un principio costituzionale ricavato pacificamente dalla dottrina e dalla giurisprudenza, mentre invece dire che non è consentita l'interpretazione estensiva delle norme penali aprirà il campo ad infinite dispute, oltre ad esporre il fianco a rilievi non privi di giustificazione.

Del resto, il legislatore ha scritto, nell'articolo 14 delle preleggi, un principio molto chiaro, che noi proponiamo come emendamento, sostituendo inoltre alla formula «norme penali» la dizione «norme incriminatrici». Norme penali sono infatti anche quelle che disciplinano le scusanti, le esimenti, le attenuanti; e, come diceva Carrara, per analogia non si può passare da un'incriminazione all'altra, ma per analogia si può passare da una scusante all'altra. Quindi, norme incriminatrici è la dizione che noi proponiamo.

Passando alla Corte costituzionale, prevediamo una disciplina più compiuta dei conflitti di attribuzione e del ricorso...

MARCO BOATO, Relatore sul sistema delle garanzie. Poiché ho seguito con grande attenzione - come sempre - ciò che ha detto, vorrei far presente che ho già compiuto una verifica su questi emendamenti: con l'articolo 14 delle preleggi però escluderemmo il divieto di interpretazioni estensive; infatti, quell'articolo copre il divieto di interpretazione analogica ma non l'interpretazione estensiva. In questo senso forse la previsione che avevamo introdotto era più ampia di quella prevista dall'articolo 14 delle preleggi; si tratta di un'osservazione che svolgo per un approfondimento in tempo reale, visto che di tempo non ne avremo molto altro.

SALVATORE SENESE. Procedo subito all'approfondimento. Non per nulla l'articolo 14 delle preleggi non parla di interpretazione estensiva. C'era allora e c'è oggi un grande dibattito su cosa sia l'interpretazione estensiva: si dice che sia quella che assegna alle parole un significato eccedente il senso loro proprio, ma il senso delle parole è sempre un senso condizionato dal contesto. Hanno scritto volumi sull'interpretazione della legge e sulla pericolosità di formule che tentano di vietare in qualche modo al giudice o ad altri l'uso di procedimenti intellettivi proprio per ricavare il significato delle parole. Già agli inizi del secolo scorso Guglielmo von Humboldt diceva che alla parola singola si riconnette sempre un'eccedenza di significato che fa appello all'intelligenza ed alla cultura dell'interlocutore.

Sulla base di queste considerazioni - per le quali il relatore, che è un cultore della materia, potrà trovare ottimi precedenti, per esempio nella Teoria generale dell'interpretazione di Betti o nella teoria generale dell'interpretazione alla legge degli atti giuridici - credo sarebbe periglioso e azzardato inserire in Costituzione delle norme che in qualche maniera pretendono di tagliare questo dibattito. L'articolo 14 delle preleggi, invece, che è frutto, per così dire, del primo apparire di questo dibattito, che poi è venuto sviluppandosi sempre più (basti pensare per esempio, oltre ai libri più recenti, al libro di Tarello sull'interpretazione della legge) vale a raggiungere lo scopo che noi ci prefiggiamo. Questo per rispondere al cortese invito del relatore.

Per tornare alla Corte costituzionale, ampliamo naturalmente la previsione dei conflitti di attribuzione e prevediamo i ricorsi diretti, anche in connessione con il nuovo ordinamento federale, delle regioni ma anche delle nuove entità federate; rinviamo invece ad una futura legge costituzionale il ricorso diretto alla Corte da parte del singolo a tutela del suo diritto, perché ci sembra che questa materia abbia bisogno di particolari approfondimenti. Noi stessi in Comitato sistema delle garanzie non siamo riusciti a mettere bene in chiaro cosa significhi la formula «quando non gli sia dato ricorso»; significa che deve avere già esaurito i ricorsi possibili o che deve trovarsi in una condizione per cui il ricorso non è possibile? Ma questa condizione allo stato del nostro ordinamento costituzionale e di quello che stiamo costruendo non esiste, perché l'articolo 24 dice che è sempre ammessa la tutela dei diritti, in ogni situazione. Allora bisognerebbe recuperare la suggestione del collega Urbani, il quale diceva che questo è un ricorso a tutela dello ius constitutionis, il ricorso che il quivis de populo può fare contro una legge incostituzionale, anche se quella legge non lo lede. Però, a questo punto dobbiamo chiederci se vogliamo arrivare a queste condizioni e se vogliamo gravare la Corte con il tipo di amore - diciamo così - per le controversie che contrassegna i nostri concittadini, se vogliamo gravarla di una serie di ricorsi.

Ci sembra saggio dunque rimettere ad una legge costituzionale l'approfondimento di questo tema. Del resto, questa è anche l'opinione della maggior parte dei costituzionalisti che ho potuto sentire. Vedo che il collega Elia annuisce; eravamo insieme ultimamente in un convegno. Queste sono le posizioni.

MARCO BOATO, Relatore sul sistema delle garanzie. Nel convegno però l'unico costituzionalista che veniva da un paese - la Spagna - dove c'è il ricorso ha detto che ha avuto una buona efficacia. Tra l'altro è molto più estensivo rispetto a questa previsione.

SALVATORE SENESE. Comunque, con condizioni che non sono quelle precisate da questa norma.

All'articolo 135 prevediamo una diversa composizione della Corte, pur senza alterarne i meccanismi; credo che dovremo procedere tutti ad una riflessione se il Presidente della Repubblica, una volta che dovesse confermarsi espressione di una maggioranza politica, possa mantenere la stessa quota di incidenza nella formazione degli organi di garanzia che ha attualmente. Proponiamo quindi un emendamento che è anche un avvio di riflessione; si potrebbe andare al di là.

All'articolo 137 proponiamo puramente e semplicemente la soppressione del ricorso delle minoranze, anche perché a questo punto, che io sappia, non c'è nessun paese in cui coesistano il ricorso incidentale, il ricorso diretto e il ricorso delle minoranze. Anche qui, il relatore conosce tutte le obiezioni che sono state mosse, che attengono non soltanto alla funzionalità della Corte - badate - ma in questo caso anche al pericolo che la Corte sia sospinta immediatamente a ridosso dello scontro politico: una minoranza che adisca la Corte, magari dopo aver perso una battaglia politica in Parlamento, si trova. Se abbiamo escluso il ricorso in materia di eleggibilità, o per lo meno lo abbiamo graduato in modo diverso (parlo per la parte cui appartengo) proprio per una preoccupazione di funzionalità della Corte, mi sembra poco coerente lasciare aperta questa porta.

Queste sono le considerazioni che volevo sottoporvi; per il resto, credo che il collega Russo potrà integrare completamente la posizione del nostro gruppo sulla materia.

MARCELLO PERA. Signor presidente, ovviamente non intendo riaprire la discussione generale, come talvolta si è inclinato a fare quest'oggi, perché ne abbiamo già fatta una all'inizio ed un'altra alla fine dei lavori del Comitato: troverei quindi inutile ripetere le posizioni iniziali da cui ciascuno di noi è partito. Mi limito perciò all'illustrazione analitica ma in tempi molto brevi degli emendamenti di cui sono primo firmatario: do quindi per illustrati gli emendamenti che sono stati presentati da altri colleghi del mio gruppo, il che significa che accetto le norme del testo del relatore alle quali non farò riferimento e devo dire che in particolare accetto le norme sulla giustizia amministrativa.

A tale proposito devo osservare che considero le norme sulla giustizia amministrativa un compromesso rispetto alle posizioni iniziali, compromesso cui mi adeguo: il relatore ed i colleghi ricorderanno che noi, su questo punto, siamo partiti da posizioni assai ambiziose; più precisamente, siamo partiti dall'idea della giurisdizione unica. A me sembrava una grande conquista e l'ho difesa, ma questa posizione è rimasta assai minoritaria nel Comitato e posso soltanto darne qui testimonianza: ritengo che l'istituto della giurisdizione unica sarebbe stato un notevole passo in avanti. L'abbiamo accantonato forse con troppa fretta, anche colleghi che lo avevano sostenuto hanno poi ritirato le relative proposte: posso soltanto rammaricarmi di ciò, vuol dire che cinquant'anni dopo che quella battaglia fu combattuta ci ritroviamo a perderla, forse senza averla combattuta con la convinzione con cui alcuni Costituenti la combatterono...

MARCO BOATO, Relatore sul sistema delle garanzie. Se rimanesse il testo attuale che lei ha detto di condividere, avremmo fatto comunque un notevolissimo passo avanti.

MARCELLO PERA. Lo confermo, a questo punto la considero una conquista irrinunciabile: voglio augurarmi che non vi siano delle retrocessioni in proposito.

Come dicevo, mi limito all'illustrazione di alcuni emendamenti: sono in parte di carattere tecnico e penso che con essi si possa apportare una chiarificazione ulteriore al testo in discussione; altri naturalmente fanno riferimento a posizioni politiche di principio, su cui permane una divergenza tra le mie e nostre posizioni e quelle del relatore. In proposito devo premettere che non vi è da scandalizzarsi sulle differenze di principio: non apprezzo il riferimento (devo dirlo purtroppo alla sedia vuota prima occupata dall'onorevole Folena) un po' allusivo ed obliquo che egli ha fatto a quelle che ha chiamato le conseguenze di carattere generale che deriverebbero ove alcune norme fossero modificate. Siamo in democrazia e i principi per ognuno che li abbia sono irrinunciabili, ma la democrazia ha uno strumento molto pragmatico per decidere su queste controversie, e non se ne è inventato uno migliore: è quello del voto. Sulle questioni di principio, su cui cioè non è possibile trovare un ulteriore compromesso o affinamento rispetto al testo, voteremo e ci divideremo. Ritengo però che sia legittimo confermare le divergenze di principio senza che questo comporti allusioni a conseguenze misteriose di carattere generale relative a questa Commissione.

Ciò detto, inizio dall'emendamento V.104.29, che ho sottoscritto insieme al collega Greco: esso riguarda il Consiglio superiore della magistratura. Si accetta la previsione delle sue sezioni, prevista nel testo Boato (ripeto, non torno su ciò che la collega Parenti ha detto in proposito), ma si propone una correzione per quanto riguarda non tanto la composizione quanto l'elezione. Il testo del relatore prevede che i componenti di ciascuna sezione siano eletti per tre quinti rispettivamente dai giudici e dai magistrati del pubblico ministero tra gli appartenenti alle varie categorie e per due quinti dal Parlamento: ora, mi sembra che il punto su cui si era manifestata convergenza in ordine all'elezione della componente togata delle due sezioni consistesse nel fatto che, essendo le stesse una per il giudicante e l'altra per il requirente, dovessero essere composte l'una soltanto da magistrati giudicanti e l'altra solo da magistrati requirenti, per quanto riguarda l'elettorato passivo, e che non vi fosse commistione neppure con riferimento all'elettorato attivo. In altri termini, molto più espliciti, credevo che vi fosse un accordo sul punto per cui i soli magistrati giudicanti votano per la sezione del giudicante, mentre i soli magistrati inquirenti votano per la sezione dei magistrati del pubblico ministero.

Temo che la formulazione dell'articolo 104 del relatore possa ingenerare un equivoco quanto alla commistione dell'elettorato attivo tra i magistrati: forse sarebbe meglio, se sul punto vi è un accordo, precisare che tutti i giudici al loro interno eleggono la loro componente nella sezione del giudicante e tutti i magistrati del pubblico ministero al loro interno eleggono la loro componente nella sezione che li riguarda. L'espressione «tra gli appartenenti alle varie categorie», siccome per categorie potremmo intendere i giudicanti e i requirenti, potrebbe significare che gli uni votano per gli altri, e viceversa. Raccomando quindi al relatore un'interpretazione autentica della norma...

MARCO BOATO, Relatore sul sistema delle garanzie. Se posso darla subito, l'interpretazione autentica è quella che ha dato lei; se poi passasse il principio della divisione in sezioni, potremmo chiarire meglio la questione in modo che non vi siano equivoci interpretativi.

MARCELLO PERA. La ringrazio.

Passando all'emendamento V.104.30, che ho ugualmente sottoscritto insieme con il collega Greco, esso riguarda la durata in carica dei membri delle sezioni del Consiglio superiore. Il testo del relatore prevede che «i membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili»; mi sembra preferibile prevedere, secondo l'emendamento che abbiamo presentato, che «ciascun membro elettivo del Consiglio dura in carica quattro anni e non è rieleggibile» per evitare l'obbligatoria elezione contestuale di tutti i membri togati del Consiglio superiore della magistratura. Come è noto, le lamentele che riguardano il Consiglio è di essere un organo corporativo, con giurisprudenza domestica protettiva, iperpoliticizzato: se questa è la lamentela diffusa, emersa anche in sede di discussione generale, è preferibile fare in modo che le elezioni non siano contestuali, poiché la contestualità delle elezioni tende a politicizzare di più l'organo rispetto a quanto accadrebbe invece qualora la sostituzione avvenisse ogni volta che un membro decade o dà le dimissioni, esattamente come si fa per gli attuali membri della Corte costituzionale. Questi infatti non sono eletti o nominati contestualmente e il loro avvicendamento avviene a seconda della loro durata in carica.

L'emendamento V.104.31, sempre sottoscritto insieme con il collega Greco, è riferito al nono comma del testo del relatore, che prevede che i membri del Consiglio superiore non possano essere iscritti negli albi professionali, né assumere cariche pubbliche elettive; l'emendamento propone di sostituire alla parola «assumere» la parola «ricoprire», per evitare che chi ha già una carica elettiva nel momento in cui diviene membro del Consiglio possa continuare a ricoprirla. Ovviamente, l'intenzione è evitare che vi sia contestualità tra cariche elettive ed appartenenza al Consiglio superiore della magistratura, per cui mi sembra opportuno introdurre la correzione proposta con il nostro emendamento.

Ho così sostanzialmente illustrato anche i nostri articoli aggiuntivi V.104-bis.11 e V.104-bis.12, che hanno la medesima ratio degli emendamenti di cui ho parlato ma che fanno riferimento al Consiglio superiore della magistratura amministrativa.

Un altro nostro emendamento attiene alla separazione delle funzioni, delle carriere, dei ruoli: è l'emendamento V.106.19. Questa è una di quelle differenze di principio a cui facevo riferimento inizialmente. Vorrei illustrare di nuovo il senso dell'emendamento, come i colleghi hanno già fatto in sede di discussione generale: ho già detto una volta che non intendevo «impiccarmi» alle parole «distinzione, separazione, funzioni, carriere, ruoli» perché probabilmente potremmo anche trovare una soluzione verbale che però non risolverebbe alcunché. Parliamo comunque di separazione, di distinzione, di differenziazione, comunque si voglia esprimere: perché a mio avviso bisogna insistere su una distinzione, o separazione più netta di quanto non faccia l'attuale testo del relatore? Perché l'istituto della separazione, a mio avviso, è a difesa delle garanzie dei cittadini: a me pare che una maggiore distinzione, o separazione, sia imposta anche dai principi che abbiamo previsto - che considero importanti ed accetto - nell'articolo 101 del testo del relatore.

Più precisamente, non esistono garanzie per i cittadini se il giudice non è terzo, non esiste un giudice terzo se non vi è equidistanza rispetto ad stesso dell'accusa e della difesa, ma non esiste equidistanza se pubblico ministero e giudice appartengono allo stesso ordine giudiziario, possono scambiarsi i ruoli più o meno facilmente (con il testo Boato un po' meno facilmente di prima, lo riconosco), hanno lo stesso elettorato attivo, partecipano alle stesse correnti e appartengono allo stesso organo che amministra le loro carriere. È una questione di principio molto importante: l'istituto della separazione è veramente a tutela dei cittadini; ce lo impongono non solo i principi che vogliamo scrivere nella Costituzione ma anche le norme per l' unificazione europea e, come ho già ricordato una volta per cui non intendo insistere molto sul punto, i principi ispiratori del nuovo codice.

Onorevole Boato, su questo punto non abbiamo ripetuto (su altri punti sì, per esempio sulla giustizia amministrativa) il dibattito che vi fu all'Assemblea costituente e che era tra coloro che sostenevano, credo legittimamente, la subordinazione del pubblico ministero al potere esecutivo (o facevano del pubblico ministero una parte del potere esecutivo) e coloro che invece lo volevano completamente svincolato, autonomo e indipendente. Noi abbiamo raggiunto l'autonomia e l'indipendenza, l'abbiamo detto e scritto, abbiamo conservato il principio: questa volta, il dibattito che si è svolto nel Comitato ed anche nella sede plenaria è tra coloro che accettano la configurazione ambigua che ancora vi è nella Costituzione italiana del pubblico ministero, che è in parte organo accusatorio (quindi parte dello Stato) ed in parte organo giurisdizionale, ed invece coloro che vogliono sciogliere l'ambiguità. Vorrei ricordare che l'ambiguità della figura del pubblico ministero - da tutti denunciata e documentata dalla dottrina - fu accettata dai nostri padri costituenti, da ultimo, prendendo una sorta di impegno. Essi dissero che l'ambiguità sarebbe stata sciolta il giorno in cui fosse mutato il rito del processo: una volta divenuto accusatorio, sarebbe stato chiaro che il pubblico ministero è parte, accusa, non più organo giurisdizionale.

Quando in questo paese fu introdotto il rito accusatorio, nella relazione introduttiva al nuovo codice fu fatto esplicito riferimento alla natura di accusa e di parte del pubblico ministero; vi è, inoltre, un riferimento al divieto della giurisdizionalizzazione del pubblico ministero stesso.

Ancora una volta, invece, oggi ho sentito dall'onorevole Folena un riferimento alla cultura della giurisdizione. Qui allora dobbiamo intenderci: nessuno nega che il pubblico ministero abbia una cultura della giustizia o della legalità, ma la cultura della giurisdizione è altra cosa. A fronte della cultura del giudice, cioè della giurisdizione, vi è una cultura della investigazione. Accetto quindi il principio della comune cultura della legalità o della giustizia, ma non accetto la commistione delle culture, perché esse sono diverse, così come sono diverse - al di là della comune cultura della legalità - le specializzazioni, perché la investigazione è diversa dalla giurisdizione. In tal senso insisto - e si tratta veramente di una fondamentale differenza di principio - su una previsione, più forte rispetto all'attuale testo predisposto dal relatore, di separazione fra giudice e pubblico ministero. Non mi riferisco a tutti gli episodi di cronaca ben noti, anche di cronaca nera dal punto di vista giudiziario, ma alla natura istituzionale di queste figure: dobbiamo in ogni caso sciogliere l'ambiguità; l'abbiamo sopportata per anni, ora il problema va definito in maniera più precisa.

Il mio emendamento V.106.21 tende a sostituire il quarto comma della proposta che ci è stata sottoposta dal relatore. Il testo base prevede che: «In nessun caso le funzioni giudicanti penali e quelle del pubblico ministero possono essere svolte nel medesimo distretto giudiziario». Se ho compreso bene questa previsione, ritengo che la norma vada rafforzata e per questo ho presentato l'emendamento a cui ho fatto cenno. Sulla base del precedente comma dell'articolo 106 è consentito il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle inquirenti mediante concorso. La norma di cui ho dato lettura tende ad evitare che il magistrato possa svolgere nello stesso distretto prima funzioni giudicanti e poi inquirenti (e viceversa). Non evita però - se non ho capito male, signor relatore - che ciò avvenga in una fase successiva: è possibile infatti che chi abbia svolto funzioni giudicanti in un certo distretto possa esercitare funzioni inquirenti in un altro distretto per poi tornare nel primo distretto a svolgere funzioni inquirenti. Se non vado errato questa possibilità non viene evitata.

MARCO BOATO, Relatore sul sistema delle garanzie. In realtà il testo dovrebbe evitare questa possibilità. Ma certo a volte le interpretazioni della legge, anche di quella fondamentale, fanno miracoli...

MARCELLO PERA. Però, se c'è un accordo politico su questo punto, il problema può essere evitato. Ed il mio emendamento è teso appunto a tal fine. Chi ha svolto funzioni inquirenti in un distretto non dovrebbe poter svolgere nel medesimo distretto funzioni giudicanti e viceversa: è sufficiente dirlo più chiaramente. L'attuale testo base, invece, sembra più che altro sufficiente per evitare soltanto per un certo periodo che si verifichi l'inversione delle funzioni nello stesso distretto.

Anche in questo caso credo si stia parlando di problemi che attengono alle garanzie per i cittadini. Consentire a chi ha svolto in un certo distretto per molti anni la pubblica accusa di trasferirsi temporaneamente in altro distretto e poi di tornare nel precedente con funzioni giudicanti credo che - indipendentemente dall'opportunità del passaggio, sul quale non mi soffermo ulteriormente - non sarebbe a tutela delle garanzie dei cittadini del medesimo distretto.

Mi auguro che su questo punto si trovi un accordo, trattandosi della tutela di un diritto fondamentale dei cittadini: occorrerebbe approvare una formulazione più chiara.

Il mio emendamento V.111.9 si riferisce al quarto comma dell'articolo 111, che introduce la riserva di codice. Vedo che il mio interlocutore collega Senese è momentaneamente scomparso (oppure si è nascosto provvisoriamente...). In realtà la finalità di questa proposta di modifica è riferita ad una preoccupazione sollevata proprio dal collega Senese durante i lavori del Comitato; una notazione che noi abbiamo accolto.

La riserva di codice (nuove norme penali sono ammesse solo se introdotte nel codice penale) è un istituto di civiltà. Ma la formulazione completa del comma proposto dal relatore aggiunge un passaggio: «...ovvero se contenute in leggi disciplinanti organicamente l'intera materia cui esse si riferiscono». Cosa potrebbe accadere, allora? Che il buon fine da noi perseguito risulti frustrato proprio da «leggi disciplinanti organicamente la materia». Da un lato vogliamo fare in modo che esista un unico codice penale che contenga tutte le fattispecie di reato, in modo che il cittadino conosca i reati che possono essere configurati; dall'altro, però, consentiamo che il codice sia di fatto espropriato o spogliato mediante legge organica: mentre prima lo aggiravamo con leggi disparate, ora ciò accadrebbe con legge organica.

Preferirei, allora, mantenere la prima parte del quarto comma, rinviando - per l'integrazione dell'attuale codice penale - alla disposizione transitoria che propongo di inserire con un apposito emendamento: «Entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione si procede con legge ad inserire nel codice penale i reati attualmente non riportati nello stesso». In sostanza occorrerebbe a mio avviso di rendere concreta l'intenzione sottesa alla proposta contenuta nel testo base: si tratterebbe di perseguire realmente un fine che mi pare nobile evitando al contempo che possa essere annullato da un legislatore che approvasse leggi organiche su tante materie (e lasciasse il codice così come è, impoverito oppure contraddetto da tutte le leggi organiche di contorno).

Non mi soffermo sulle proposte presentate sull'articolo 112, sull'azione penale, e passo alla materia della Corte costituzionale. In proposito ho presentato l'emendamento V.134.8. Si tratta dell'istituto del ricorso diretto, una novità che sostengo molto strenuamente. Il ricorso diretto dei cittadini alla Corte dovrebbe tutelare i diritti fondamentali sanciti e garantiti dalla prima parte della Costituzione. Se introducessimo questo istituto nella nostra Costituzione, lo mutueremmo da altri paesi che già lo prevedono (Spagna, Austria, Germania). Sono però preoccupato dalle condizioni che dovrebbero essere soddisfatte per il ricorso diretto.

Lei, relatore, ha scritto che l'oggetto del ricorso dovrebbe essere «un atto dei pubblici poteri avverso il quale non sia dato rimedio giurisdizionale». Mi domando di cosa si tratti. Nella sua relazione lei fa riferimento - non so se a titolo esemplificativo o esaustivo - a due tipi di atto: leggi e delibere non legislative del Parlamento. Queste ipotesi mi sembrano riduttive. Innanzitutto, per le leggi vi possono essere forme di tutela: i ricorsi incidentali.

MARCO BOATO, Relatore sul sistema delle garanzie. Se vi è un ricorso incidentale, si va comunque davanti alla Corte...

MARCELLO PERA. Certo, ma questo significherebbe che non è un ricorso «in più», cioè autonomo. Rimarrebbero, allora, le sole delibere non legislative del Parlamento. In questo senso la previsione mi sembrerebbe un po' limitativa.

MARCO BOATO, Relatore sul sistema delle garanzie. Ma per un ricorso incidentale è necessario che sia stato già instaurato un rapporto processuale.

MARCELLO PERA. Allora lei ammette il ricorso di un cittadino che si ritenga leso da una legge in uno dei diritti fondamentali anche se non è vittima di quella legge, quindi anche se non va in giudizio.

Anche questo mi sembra riduttivo. Lei stesso cita, nella sua relazione, il caso della Germania, ove il ricorso è proponibile dopo l'esaurimento delle vie legali. Lei ammette, però, che sia ipotizzabile un ricorso in parallelo a quello giurisdizionale ordinario. Rispetto a questa impostazione la previsione del testo base sarebbe riduttiva. Mi domando allora se non dovremmo avere più coraggio, senza essere preoccupati dall'eccessivo lavoro che potrebbe affliggere la Corte (perché a questo c'è un rimedio). Ora, trattandosi di tutela di diritti fondamentali, e quindi di violazioni che possono incidere su questi diritti, il ricorso diretto alla Corte dovrebbe essere ammesso quali che siano il pubblico potere e la natura dell'atto.

È vero che lei cita dati provenienti da altri paesi in cui questi ricorsi sono stati numerosissimi rispetto agli altri tipi di ricorso, ma allora qui sarebbe utile un altro emendamento da me presentato (V.137.6) per l'introduzione di un filtro all'accesso diretto alla Corte. Il filtro sarebbe fissato da una legge costituzionale. In sostanza una legge di rango costituzionale potrebbe indicare i criteri, le modalità, i tipi, i casi del ricorso. Ritengo preferibile la legge costituzionale alla norma ordinaria proprio per evitare che - trattandosi di diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione - su questo filtro possano incidere le maggioranze politiche variabili. Una legge costituzionale, allora, potrebbe indicare casi, criteri e modalità del ricorso diretto dei cittadini. Chiedo quindi il mantenimento dell'istituto e propongo lo strumento della legge costituzionale per la tipicizzazione dei ricorsi.

Il mio emendamento V.135.10 riguarda la composizione della Corte costituzionale. Penso che su questo punto dovremmo tornare; essendo in procinto di cambiare la forma di governo con riferimento ai poteri del Presidente della Repubblica, l'emendamento, pur mantenendo il numero totale di quindici membri della Corte costituzionale, tende a ridurre da cinque a tre il numero di quelli di nomina presidenziale, mantiene intatto il numero dei magistrati delle magistrature superiori (quattro), riduce a quattro quello dei membri di nomina parlamentare.

Poiché è da prevedere che, avendo introdotto una riforma in senso federale con un notevole decentramento, un forte peso alle regioni, nei prossimi anni, negli anni della fase di appropriazione da parte delle stesse delle funzioni, avverranno molti conflitti, preferirei dare maggior peso alle regioni. Questa è la ragione per cui propongo che il numero dei membri della Corte nominati dalle regioni sia pari a quattro e che questi siano nominati o eletti dalle regioni medesime, non su designazione indiretta del Parlamento, che farebbe aumentare ancora il numero dei membri di derivazione del Parlamento.

L'emendamento Pera V.135.11 tende a prevedere in Costituzione, senza un riferimento alla legge ordinaria, l'impossibilità per gli ex giudici della Corte costituzionale di ricoprire nei successivi cinque anni cariche pubbliche elettive o di nomina governativa o presso le authority; quindi un divieto già previsto in Costituzione senza un riferimento alla legge ordinaria sulla quale nuovamente potrebbero interferire o influire le maggioranze politiche. Perché questo divieto che è abbastanza drastico? In primo luogo, per garantire l'indipendenza dei giudici e quindi per tutelare cittadini; in altri termini, per non ingenerare il sospetto - che su queste cose è grave quanto la realtà - che sul comportamento dei giudici della Corte e quindi anche sulla giurisprudenza interferiscano le legittime ambizioni che questi possono avere una volta dismessa la toga di supremo giudice.

Raccomando infine a lei ed anche all'attenzione del senatore Elia che ha presentato una proposta emendamentiva del medesimo contenuto, sebbene - mi pare - di segno diverso dal mio, l'emendamento Pera V.136.4 riguardante la retroattività delle sentenze della Corte costituzionale in materia di norme sul reato o sulla pena. Questo emendamento cade peraltro a proposito perché oggi le prime pagine dei giornali erano occupate da articoli riguardanti un caso avvenuto non nel nostro paese, ma negli Stati Uniti e che tuttavia si può applicare anche alla nosta realtà, salva la condanna alla pena di morte che per fortuna in Italia non esiste. Mi riferisco al signor Joseph O'Dell, il quale è stato condannato da un tribunale della Virginia alla pena di morte sulla base di una norma - in quel caso non penale, ma processuale - che poi la Suprema corte ha dichiarato incostituzionale. Il poveretto si è trovato condannato sulla base di una norma che la Suprema corte ha dichiarato incostituzionale e tuttavia rischia - e presumibilmente subirà secondo quello che spesso avviene negli Stati Uniti - la pena di morte. Eppure, la norma in base alla quale è condannato è incostituzionale.

Nel nostro paese non rischiamo la pena di morte, ma vi sono sentenze penali di condanna, per cui, a mio avviso, si tratta di garantire che le sentenze penali di condanna passate in giudicato siano travolte quando le norme su cui si fondano siano dichiarate illegittime.

MARCO BOATO, Relatore sul sistema delle garanzie. Il presidente Elia mi dice che questa previsione già esiste nell'ordinamento italiano.

PRESIDENTE. Questa previsione è contenuta nella legge del 1953.

MARCELLO PERA. Il senso del mio emendamento è quello di recepire la legge del 1953. Il testo attuale della Costituzione in realtà alla lettera è in contrasto con quella legge o, almeno, permette interpretazioni diverse e talvolta la giurisprudenza della Corte è stata oscillante sul punto. Desidererei quindi che questa previsione avesse un rango costituzionale, per evitare manifesti casi di disparità o di ingiustizia, come quello, per dirla in parole molto povere, di lasciare in galera un individuo condannato sulla base di una norma che poi fosse giudicata incostituzionale.

L'ultima frase dell'emendamento da me presentato prevede che la norma dichiarata incostituzionale non si applichi alle controversie non ancora definite con sentenza irrevocabile. La retroattività dovrebbe valere sia in questi casi di controversie aperte sia nei casi di sentenze penali di condanna passate in giudicato. Credo vi sia stata anche una nostra disattenzione durante il dibattito nel Comitato, ma sarebbe importante affrontare questo punto perché vi è molta discussione in dottrina e la Corte si trova a dover giudicare violentando un po' la lettera dell'articolo 136 della Costituzione.

Ringrazio i colleghi per l'attenzione prestata.

GIOVANNI RUSSO. Signor presidente, i colleghi Folena, Pellegrino e Senese hanno già illustrato alcuni importanti emendamenti proposti dal nostro gruppo; richiamo in particolare quelli che si riferiscono al coordinamento, non all'unità di azione, tra gli uffici del pubblico ministero, quelli relativi alla soppressione delle due sezioni del Consiglio superiore della magistratura, quello riguardante le funzioni del Consiglio e la regolamentazione più sobria del passaggio delle funzioni tra pubblico ministero e giudice.

Su questo punto vorrei soltanto osservare, in relazione all'intervento del collega Pera, che le funzioni di accusa del pubblico ministero e le funzioni giudicanti del giudice certamente sono diverse e questa diversità di funzioni è garantita nel processo penale. È tuttavia fuorviante pensare che l'appartenenza comune all'ordine giudiziario diventi elemento di compromissione della terzietà del giudice. Questo è il punto di dissenso, come il collega Pera ha sottolineato.

Noi riteniamo che proprio la previsione che l'azione penale sia assoggettata alla direzione e al controllo di un magistrato abbia un grande significato di garanzia per i cittadini. Ecco perché siamo contrari a disposizioni che vadano nella direzione di una separazione dei ruoli e delle carriere tale da far sì che il pubblico ministero in qualche maniera ricada nell'orbita del potere esecutivo e venga con ciò a perdere la sua indipendenza. Prendo atto volentieri di ciò che ha detto il collega Pera quando ha osservato che non è in discussione l'indipendenza e l'autonomia della magistratura; però dobbiamo stare attenti perché a volte l'insidia verso questi due principi cardine dell'ordinamento può nascondersi in alcune modifiche ordinamentali che non siano coerenti con i principi stessi.

Mi limiterò, al di là di queste brevissime osservazioni iniziali, a considerare alcuni emendamenti che non sono stati illustrati dai colleghi che mi hanno preceduto.

Abbiamo presentato alcuni emendamenti riguardanti gli articoli 101 e 111 a proposito - potremo dire con un'espressione sintetica - del giusto processo. Ci sembra più opportuna la collocazione di queste disposizioni che giudichiamo importanti e significative in un unico articolo. Oggi le previsioni che riguardano il giusto processo sono frazionate tra l'articolo 101 e l'articolo 111; ci sembra opportuno che siano riunite in un unico articolo e riteniamo che la collocazione più adeguata sia l'articolo 111, quello che apre la sezione II del titolo al nostro esame intitolata «Norme sulla giurisdizione». Ci sembra quindi che una previsione la quale si riferisca all'attuazione della giurisdizione mediante giusti processi sia più appropriatamente collocata nell'articolo 111.

Nel merito di queste disposizioni suggeriamo alcune modifiche che ci sembrano migliorative e rimediano a talune disfunzioni che altrimenti risulterebbero anche nell'applicazione concreta.

Il quarto comma dell'articolo 101 - che diventerebbe secondo comma nella nuova formulazione dell'articolo 111 che noi prefiguriamo - è attualmente così formulato: «Il procedimento si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, secondo il principio dell'oralità e davanti a giudice imparziale». A noi sembra più corretta questa formulazione: «Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità davanti a giudice imparziale».

Il riferimento al principio dell'oralità ci sembra improprio, tanto più se riferito ad ogni procedimento o ad ogni processo, perché scardinerebbe l'attuale sistema e lo farebbe irragionevolmente: abbiamo oggi molti procedimenti che si svolgono non secondo il principio dell'oralità, in materia civile e amministrativa; ma anche con riferimento al procedimento penale, abbiamo, per esempio, il giudizio abbreviato o tutta la fase delle indagini preliminari nella quale non esiste, non è prevedibile, non è realizzabile il principio dell'oralità.

Ci sembra che la garanzia debba essere quella del contraddittorio e debba essere riferita al processo; è nel processo che deve essere garantito il contraddittorio.

Nella disposizione attualmente contenuta nell'articolo 111 si usa un'espressione che per la verità io stesso ho proposto (in questo momento svolgo quindi un'autocritica): «La legge assicura che la persona accusata di un reato sia informata». Nel dibattito che si aperto attorno a queste proposte di modifica costituzionale, anche a livello scientifico - verso il quale credo sia giusto essere attenti per recepire tute le critiche, le osservazioni, le indicazioni costruttive ed utili - è stato osservato che la formula «La persona accusata di un reato» è impropria. Per la verità, non è che non esista nel nostro ordinamento, esiste nella legge che dà attuazione alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo; e tuttavia, in effetti, nel testo originario della Convenzione ha un senso perché si riferisce all'ipotesi che nei vari ordinamenti esistano formulazioni diverse. Forse, dovendola tradurre nella nostra Costituzione, è più opportuno far riferimento all'imputato, sia perché di imputato parla già esplicitamente la nostra Costituzione, sia perché è giusto che alcune di queste disposizioni siano garantite nella fase in cui è già iniziata l'azione penale; oggi si assume la qualità di imputato nel momento in cui si esercita l'azione penale. Per esempio, la disposizione secondo cui la persona accusata di un reato debba essere informata nel più breve tempo possibile della natura dell'accusa, è una norma che si presta ad un'interpretazione ampia, che include anche l'indagato di un reato. Questo obbligherebbe a ripristinare la immediata informazione di garanzia, che era prevista nel codice di procedura penale e che recentemente il legislatore ordinario ha ritenuto di dover ritardare. Questa scelta, se l'informazione debba essere data fin dal primo momento in cui si apre il procedimento o in una fase successiva, è bene sia riservata al legislatore ordinario, perché può rispondere anche a mutevoli esigenze, mentre nei confronti dell'imputato è giusto che tale garanzia faccia riferimento all'immediatezza.

Un altro punto su cui vorrei richiamare l'attenzione del relatore e dei colleghi riguarda la formazione professionale dei magistrati. A nostro parere, l'attuale formulazione dell'articolo 110, in rapporto a quella dell'articolo 105, potrebbe prestarsi all'interpretazione secondo cui la formazione professionale dei magistrati è curata dal ministro di grazia e giustizia. È vero che l'articolo 110 fa riferimento alla formazione propedeutica; però, a questo punto, se dovesse essere mantenuta la previsione della formazione professionale propedeutica affidata al ministro di grazia e giustizia, bisognerebbe precisare nell'articolo 105, per evitare quanto meno incertezze di interpretazione, che tra le funzioni del Consiglio superiore della magistratura è compresa anche quella della formazione e dell'aggiornamento dei magistrati. Altrimenti si potrebbe, per estensione, ritenere che così come la Costituzione assegna la formazione propedeutica al ministro, anche quella successiva debba essere affidata al medesimo ministro. La stessa ambiguità peraltro si può trovare nell'articolo 106, che fa riferimento al tirocinio. A noi è parso, dopo questa riflessione, che sia più opportuno, anche nella logica di evitare un eccesso di costituzionalizzazione, cercare di porre rimedio alla tendenza, che si è manifestata nel corso dei nostri lavori, di sovraccaricare questa parte della Costituzione di disposizioni che appartengono, secondo logica, più alla legislazione ordinaria. Ci è sembrato opportuno compiere un'altra scelta, non fare cioè riferimento alla formazione professionale, né nell'articolo 110, che oggi attribuisce tale competenza al ministro, né nell'articolo 105. Tra l'altro è discutibile se la formazione professionale propedeutica all'esercizio delle professioni forensi e della magistratura debba essere affidata al ministro di grazia e giustizia e non, per esempio, alle università o al ministro per l'università e ricerca scientifica e tecnologica.

MARCO BOATO, Relatore sul sistema delle garanzie. Avendo scritto «promuo-ve», questo non esclude assolutamente che sia in rapporto con l'università.

GIOVANNI RUSSO. Non lo esclude, ma attribuisce costituzionalmente una funzione preminente al ministro della giustizia. Mentre se siamo in presenza di una formazione professionale, che avviene prima dell'accesso alla magistratura o alla professione forense, francamente non si vede perché debba essere il ministro della giustizia a promuoverla. Ci sembra che questa materia non sia propria della Costituzione e quindi proponiamo di sopprimere il riferimento contenuto nell'articolo 110.

In merito all'articolo 110, credo sia più opportuno, dal momento che tale articolo regola le funzioni del ministro della giustizia, inserire qui la previsione, che oggi è contenuta nell'articolo 112, della relazione annuale che il suddetto ministro redige sullo stato della giustizia.

Ci sembra che la relazione non debba fare riferimento specifico all'uso dei mezzi di indagine, perché è poco comprensibile come possa il ministro riferire sull'uso di tali mezzi di indagine; riferirà, infatti, sullo stato della giustizia e forse questo sarebbe sufficiente, perché nello stato della giustizia è compreso tutto, eventualmente lasciando l'aggiunta «sull'esercizio dell'azione penale». Credo sarebbe più appropriato - ripeto - riferirci allo stato della giustizia in generale.

Vi è infine un emendamento sul quale voglio richiamare l'attenzione del relatore, il cui testo non è ricompreso nel fascicolo; credo vi sia stato un disguido, che ho segnalato agli uffici.

Con tale emendamento proponiamo di sostituire gli ultimi due commi dell'articolo 107, che si riferiscono agli obblighi di correttezza, di riservatezza, alle incompatibilità dei magistrati e così via, con una disposizione più sobria, perché ci sembra che non sia proprio della Costituzione entrare nei dettagli. Tra l'altro, stabilire in Costituzione che i magistrati non possono presentarsi candidati al Parlamento senza dimettersi preventivamente, è in palese ed aperto contrasto con l'attuale articolo 51 del testo costituzionale, il quale prevede che l'accesso alle cariche pubbliche elettive non deve comportare riflessi sul posto di lavoro. Quindi, introdurremmo una norma limitativa di un principio espressamente affermato nella prima parte della Costituzione, ma, al di là di questa affermazione, ci sembra che tutto ciò debba essere materia di legge ordinaria. Abbiamo pertanto predisposto un emendamento che, non essendo - ripeto - ricompreso nel fascicolo, ho ricostruito a memoria, ma la sostanza è la seguente: «La legge regola le incompatibilità, la responsabilità disciplinare dei magistrati e le condizioni di accesso dei medesimi alle cariche pubbliche elettive al fine di assicurarne l'imparzialità, la correttezza, la riservatezza e la responsabilità nell'esercizio delle funzioni». È previsto un rinvio alla legge ordinaria, ma non è un rinvio puro e semplice, essendo, per così dire, finalizzato; proponiamo cioè che la legge ordinaria regoli questa materia, avendo di mira quei principi di riservatezza, di correttezza e di responsabilità cui i magistrati sono ovviamente tenuti.

MARCO BOATO, Relatore sul sistema delle garanzie. Chiedo scusa per l'interruzione, ma si tratta di un nuovo emendamento?

GIOVANNI RUSSO. Non è nuovo, è stato presentato, ma non è stampato. Comunque ho chiesto agli uffici di provvedere.

MARCO BOATO, Relatore sul sistema delle garanzie. Anche se si trattasse di un nuovo emendamento, non avrei nulla in contrario, anche perché l'esame si svolge in sede referente. Bisogna però provvedere alla distribuzione del testo di tale emendamento per fare in modo che gli altri colleghi possano disporne.

GIOVANNI RUSSO. Spero che gli uffici recuperino il testo originale, altrimenti lo ripresenteremo.

Mi soffermo ora brevemente su alcuni emendamenti che vogliono essere il contributo ad una migliore redazione del testo e non hanno, quindi, una grande sostanza politica. Ci è parso tuttavia opportuno segnalarli al relatore, affinché li possa valutare.

Nell'articolo 102, il quinto comma (se non sbaglio), stabilisce che la legge può prevede la nomina di giudici non professionali anche per giudizi di equità. L'articolo 106 riproduce il testo attuale della Costituzione vigente, prevedendo che possono essere nominati magistrati onorari. Non riesco a comprendere bene come si coordinino e si colleghino queste due disposizioni, perché la differenza tra giudice non professionale e magistrato onorario francamente mi sfugge. Mi sembra che queste due diverse disposizioni dovrebbero essere ricondotte ad unità e che la previsione contenuta nell'articolo 106 sulla nomina di magistrati onorari sia esaustiva delle varie ipotesi; peraltro non vi è il riferimento al giudizio di equità, problema di cui mi occuperò tra un momento.

L'articolo 106, a proposito di magistrati onorari, fa riferimento a tutte le funzioni di giudice di primo grado. Crediamo sia necessario limitare questa previsione o, meglio, introdurre il limite che la nomina di un magistrato onorario debba avere un tempo determinato; sarebbe, infatti, contraddittorio prevedere, accanto al magistrato assunto per concorso, un magistrato onorario che esercita indeterminatamente e senza limiti di tempo le proprie funzioni.

Per quanto riguarda il giudizio di equità, prevederlo in Costituzione desta, a mio parere, qualche perplessità.

MARCO BOATO, Relatore sul sistema delle garanzie. Ho tratto questa ipotesi da una vostra proposta di legge.

GIOVANNI RUSSO. Una riflessione critica è giusta anche sui nostri atti. Mi chiedo come si concili la previsione di un giudizio di equità con la previsione di un obbligo di motivazione, che prevediamo di introdurre nell'articolo 111. Se tutte le sentenze devono essere motivate, la motivazione in qualche modo dà conto di un procedimento logico che può essere non proprio di un giudizio di equità. Pongo tale questione problematicamente, ma al di là di questo, mi pare necessario - ripeto - un coordinamento tra le due disposizioni.

Per quanto concerne la disposizione sui tribunali militari, sottolineo che questi sono istituti solo per il tempo di guerra o in adempimento di obblighi internazionali. Credo che questa seconda parte sia frutto di una materiale omissione: cosa vuol dire in adempimento di obblighi internazionali? Che qualcuno a livello internazionale ci obbliga ad istituire tribunali internazionali? Non credo sia questa una previsione possibile; probabilmente si voleva dire...

MARCO BOATO, Relatore sul sistema delle garanzie. Per missioni militari, secondo quanto prevede il vostro emendamento V.103.6.

GIOVANNI RUSSO. Però, a questo punto, ci sembra opportuno che non si preveda «sono istituiti», ma «possono essere istituiti», perché, specialmente in riferimento a missioni militari, non è detto si debba necessariamente istituire un tribunale militare, poiché se ne può fare anche a meno. Tra l'altro, mi pare che in tutte le occasioni di missioni militari di pace si sia sempre avuto cura di stabilire per legge che non si applica il codice militare di guerra.

MARCO BOATO, Relatore sul sistema delle garanzie. Come lei sa, si è ora verificata questa situazione, un po' delicata, per cui sulle note vicende della Somalia stanno indagando sia la procura militare, sia la procura ordinaria di Livorno. Esiste, quindi, una situazione di commistione che in qualche modo bisognerà risolvere.

GIOVANNI RUSSO. Per quanto riguarda l'articolo 102, già in Comitato avevo svolto un'osservazione che mi pare opportuno riproporre all'attenzione del relatore.

In base all'attuale Costituzione «La funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari (...)»; qui si propone di sostituire tale previsione con «La funzione giurisdizionale è unitaria ed è esercitata dai giudici». Questa sostituzione non mi sembra appropriata ed adesso cercherò di spiegarne il motivo. Certo che solo i giudici esercitano la funzione giurisdizionale, ma se affermiamo che essa è esercitata appunto dai giudici, facciamo tautologia.

Cosa ha voluto dire il testo della nostra Costituzione? Ha voluto dire che la funzione giurisdizionale, che esercitata da giudici, non può che essere svolta da quelle persone che hanno lo status di magistrati. Quindi, solo i magistrati possono essere giudici, ma se prevediamo che solo i giudici possono essere giudici, mi sembra che sanzioniamo qualcosa che - ripeto - abbia poco senso. Personalmente so che cosa vi è dietro questa norma: si vuole dire che i pubblici ministeri non sono giudici; nessuno però sostiene che i PM siano giudici, perché essi sono magistrati e, come tali, potranno diventare giudici ma lo saranno solo in quanto esercitino la funzione giurisdizionale. Quindi, a mio parere, è più corretto dire che la funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati, come prevede la Costituzione vigente: questo è il senso, a mio avviso, della norma. Parlare di magistrati giudici, come mi viene suggerito, sarebbe come dire che la funzione giurisidizionale è esercitata da chi svolge la funzione giurisdizionale. Comunque, si tratta di una questione puramente formale.

Per quanto riguarda l'articolo 104 sul Consiglio superiore della magistratura, vi sono alcuni emendamenti importanti, su cui si è già soffermato il collega Folena, che riguardano la sua composizione, le due sezioni, le sue funzioni. Ne segnalo due di carattere formale.

L'attuale primo comma dice che i giudici ordinari e amministrativi e i magistrati del pubblico ministero costituiscono un ordine autonomo e indipendente da ogni potere. A me pare che sia migliore la formula della Costituzione vigente, opportunamente adeguata all'introduzione della magistratura amministrativa in questo corpo di norme: è preferibile cioè scrivere che la magistratura ordinaria e la magistratura amministrativa costituiscono ciascuna un ordine. Nel momento in cui creiamo due consigli superiori, uno per la magistratura ordinaria e uno per quella amministrativa, avrei qualche perplessità a dire che costituiscono un unico ordine; mi pare poi più opportuno che l'ordine si riferisca alla magistratura piuttosto che ai giudici singoli e ai pubblici ministeri. È comunque un'osservazione di carattere esclusivamente formale, che lascio alla riflessione del relatore.

Non è formale, invece, il recupero del riferimento all'altro potere che è nella Costituzione vigente. Capisco che la questione possa anche non essere di grande rilievo perché il potere giudiziario, che è innegabile esista nella tripartizione dei poteri, probabilmente va riferito più al giudice singolo nel momento in cui esercita un potere giurisdizionale che non alla magistratura nel suo insieme; non vorrei però che dall'eliminazione del termine «altro» nascessero delle ricadute sotto il profilo del conflitto di attribuzioni.

MARCO BOATO, Relatore sul sistema delle garanzie. Lei sa che la Corte ha riconosciuto la qualifica di potere dello Stato ai comitati per i referendum, non credo quindi che la seguirebbe in questa interpretazione restrittiva.

GIOVANNI RUSSO. Ma siccome in questa modifica l'intenzione sarebbe manifestamente quella di disconoscere alla magistratura la qualifica di potere, qualche rischio c'è; può essere recuperato con l'argomentazione a contrario di cui parlavo prima, si può cioè sostenere che il conflitto di attribuzione rimane perché non è con la magistratura ma con il potere giurisdizionale del singolo giudice. Mi sembrava comunque opportuno che anche questo argomento fosse all'attenzione della nostra Commissione.

Sempre sul piano strettamente formale, abbiamo presentato un emendamento all'articolo 104, analogo ad uno del collega Pera, con il quale proponiamo di sostituire la parola «assumere» con la parola «ricoprire», perché sia chiaro che qualora un membro del Consiglio superiore della magistratura è eletto a consigliere comunale dovrà dimettersi o non potrà conservare la carica.

C'è poi un emendamento che ha qualche rilievo sostanziale riferito all'articolo 105-bis, che riguarda la corte di giustizia per i magistrati. La soluzione proposta dal relatore ci pare convincente, ma riteniamo che non sia opportuno precisare il numero dei suoi componenti, dal momento che il numero dei componenti dei due Consigli superiori della magistratura non è indicato nella Costituzione ma è rimesso alla legge, ed è quindi variabile. Ci sembra allora opportuno fare riferimento alla proporzione: viene eletto per due terzi dal Consiglio della magistratura ordinaria e per un terzo da quello della magistratura amministrativa ed è composto per due terzi da magistrati e per un terzo da membri designati dal Parlamento nell'ambito di ciascun Consiglio.

Ho poi proposto una riformulazione degli articoli 104 e 105; anziché avere un articolo che disciplina il Consiglio superiore della magistratura ordinaria ed un altro che disciplina il Consiglio superiore della magistratura amministrativa, mi sembra preferibile riunire le disposizioni in un unico articolo, dal momento che i due Consigli hanno la stessa struttura. La stessa cosa ho tentato di fare per quanto riguarda la previsione della Corte di giustizia per i magistrati che, anziché essere collocata in un articolo a sé, potrebbe forse trovare più opportuna collocazione nell'ambito dell'articolo 105 che indica le funzioni del Consiglio superiore della magistratura. In questo modo può essere formulato con più chiarezza che anche la funzione disciplinare, essenziale per l'autonomia della magistratura, fa capo ai due Consigli superiori, che la esercitano per mezzo di questa unica Corte di giustizia per i magistrati.

Questo concetto, per la verità, non è contraddetto dallo schema che abbiamo in discussione, ci sembra però che la collocazione in un medesimo articolo consenta di dire nel secondo comma che spettano altresì al Consiglio superiore della magistratura ordinaria e a quello della magistratura amministrativa le funzioni disciplinari, che vengono esercitate in questa maniera. Vi è quindi una proposta di riformulazione sulla quale il relatore farà le sue valutazioni.

Forse non ho illustrato tutti gli emendamenti, gli altri li affido alla valutazione ed alla lettura del relatore.

ORTENSIO ZECCHINO. Naturalmente reprimerò decisamente la tentazione di un intervento dialogico verso le posizioni che sono emerse nel dibattito e dai tanti emendamenti, per limitarmi all'illustrazione degli emendamenti di cui sono firmatario - neanche di tutti, ma di quelli che reputo avere valenza particolare - non senza premettere alcune rapidissime considerazioni.

La prima è la forte condivisione dello schema Boato; ho già espresso questo convincimento nei diversi passaggi sui temi della giustizia e voglio ripeterlo qui, anche perché questa condivisione dà conto della ragione per cui gli emendamenti tutto sommato sono molto limitati; riguardano due o tre questioni che hanno già costituito motivo di riflessione problematica nel Comitato e temi sui quali sono certo che il relatore, al di là della formulazione adottata, abbia le stesse perplessità. Per esprimere un giudizio su questo schema utilizzando un facile luogo comune, potrei dire che la sua bontà è confermata dalla contrapposizione delle critiche che gli derivano dagli iperconservatori e da coloro che reputano il testo stravolgente rispetto ad equilibri che non andrebbero toccati.

L'altra notazione di carattere metodologico generale è che questi pochi emendamenti, di cui sono firmatario insieme ai colleghi del mio gruppo, si ispirano anche alla logica di garantire una maggiore stringatezza del testo costituzionale. Le varie bozze Boato sono state sottoposte ai raggi X in diverse sedi, ma questa non è ancora la Costituzione: sono passaggi intermedi sui quali però i giudizi si tuffano come se fossero il testo definitivo. È chiaro che questi testi che mano a mano si stanno formando, come è inevitabile che sia, vanno ancora sgrossati. Questo appartiene alla piena consapevolezza del relatore, ma fuori, con grande facilità e molto spesso con ingenerosità, si usa la matita blu per ogni imperfezione vera e qualche volta presunta.

In questa logica abbiamo proposto la soppressione dell'articolo 97 sul difensore civico. Tra l'altro, è in corso presso la Camera il dibattito su una legge ad hoc: questa mi pare una ragione buona per non costituzionalizzare l'istituto.

Come avevo già annunciato, abbiamo previsto un articolo 99-ter, che inserisce la Banca d'Italia tra le autorità imparziali e indipendenti.

Sulla giustizia amministrativa non ci siamo discostati dal testo e abbiamo privilegiato un conservatorismo nominalistico che ha la sua importanza; istituzioni come il Consiglio di Stato e la Corte dei conti hanno il loro peso, hanno acquisito una forza nella tradizione e probabilmente può essere utile non disperdere questa denominazione. Nella sostanza abbiamo accettato il principio della separazione tra le funzioni giurisdizionali e quelle non giurisdizionali in entrambi gli istituti, separazione che diventa visibile e forte rispetto all'elezione dell'unico Consiglio superiore della magistratura amministrativa alla quale concorrono soltanto i magistrati che svolgono funzioni giurisdizionali.

Naturalmente, rispetto alla Corte dei conti abbiamo mantenuto l'idea di una funzione di pubblico ministero, non utilizzando però questo termine per evitare equivoci. Su questo sarà necessario un approfondimento perché, se abbiamo previsto sezioni diverse nel CSM ordinario, probabilmente si pone il problema di come essere coerenti con questa scelta anche nella giustizia amministrativa.

Le questioni della giustizia ordinaria si legano a pochi articoli e certamente l'articolo 101 è il manifesto di tutto ciò che viene sviluppato dopo. Qui con grande tenacia comincio a insistere sulla soppressione del primo comma, che stabilisce che la giustizia è amministrata in nome del popolo, ma non mi soffermo su questo punto più di tanto perché conoscete la mia opinione. Se questa formulazione deve essere mantenuta, pur non essendoci una ragione storica per le cose che mi sono permesso di ricordare in altra sede ed essendo fonte di equivoco nell'attuale contesto politico, non mi danno più di tanto per un omaggio al conservatorismo accettabile e sano. Lo pongo come problema. Non credo che sarebbe sbagliato eliminare questa espressione che oggi non esiste in nessuna Costituzione, tranne in quelle monarchiche che, storicamente, fanno risalire a qualcuno l'esercizio della funzione.

Il problema più importante, invece, è il secondo comma. So bene il travaglio che abbiamo avuto tutti - anzitutto il relatore - nella sua formulazione, però debbo dire all'onorevole Boato che, pensando e ripensando - probabilmente ciascuno di noi procedendo a ritroso ritroverà tante contraddizioni su questo tema problematico - al punto attuale della riflessione sarei decisamente per evitare la unificazione, sotto l'unica dizione della soggezione soltanto alla legge, dei giudici e dei magistrati del pubblico ministero. In questo sarei un conservatore rispetto all'attuale testo costituzionale. I giudici sono soggetti soltanto alla legge.

Per quanto riguarda i magistrati del pubblico ministero, credo che la ripresa del quarto comma dell'articolo 107 fotografi bene la diversità. Se necessario, per fugare più che i dubbi le insinuazioni demolitrici, per le quali questa sarebbe la premessa per sottoporre il pubblico ministero ad altri poteri, io scriverei bello e chiaro in quest'articolo che i magistrati del pubblico ministero sono indipendenti da ogni altro potere e godono - come attualmente recita l'articolo 107 - delle garanzie stabilite nelle norme sull'ordinamento giudiziario.

Vi è poi la questione della ragione per la quale non possiamo equiparare il pubblico ministero al giudice: perché il pubblico ministero è organizzato in ufficio. Al riguardo, mi permetterei di suggerire due correzioni. La prima è di sostituire all'unità di azione degli uffici l'espressione «carattere unitario dell'attività», che mi sembra dia una sensazione meno militaristica; è una delle espressioni che qualche volta è stata usata per demolire questa esigenza, che noi dobbiamo in Costituzione riaffermare, della non personalizzazione della funzione del pubblico ministero. L'altra correzione che suggerisco è il coordinamento tra gli uffici. Quindi, all'interno garantire il carattere unitario di ciascun ufficio, poi garantire un coordinamento, che non significa alcuna gerarchizzazione rigida ma creare un meccanismo, perché quanto più l'ufficio è unitario e quanto più forte è la responsabilità del suo capo, tanto più credo si ponga il problema di ritrovare quell'equilibrio che non funzionava male in tempi non molto remoti, quando il procuratore generale aveva comunque una sua possibilità di intervento. Naturalmente, questo lo stabilirà la legge ordinaria. Noi fissiamo il criterio del coordinamento tra gli uffici.

Sono anch'io dell'avviso che le norme dei successivi commi vadano riportate all'articolo 111, intanto perché è quella la sezione che contiene le norme sulla giurisdizione. Mi sono permesso di proporre di modificare anche la titolazione di questa sezione, nel senso di far riferimento agli organi anziché all'ordinamento giurisdizionale (parliamo anche del ministro in questa sezione, che certamente non rientra nel concetto di ordinamento giurisdizionale). Quindi, diciamo «la giustizia e gli organi». Così come sarei, sempre per prosciugare il testo, per la soppressione dell'ultimo comma che fa riferimento all'effettivo esercizio del diritto di difesa anche da parte dei non abbienti. Ciò per la semplice ragione che, tutto sommato, così come configurato non aggiunge molto rispetto all'articolo 24, perché non prevediamo puntualmente un meccanismo, risottolineiamo un'esigenza forte. Ma allora non vi è bisogno di un altro articolo. Se avessimo previsto un istituto ad hoc, un meccanismo specifico, sarebbe stata norma di attuazione di quell'articolo.

Passo alle altre questioni rilevanti che attengono all'articolo 105. La materia disciplinare è importante e tanto più siamo tutti convinti, come siamo - e questo è un fatto positivo e prezioso del nostro lavoro - di preservare e, se possibile, di rafforzare l'autonomia dei giudici ancorando la loro azione al principio di legalità, tanto più dobbiamo essere preoccupati di ricercare un meccanismo di verifica e di controllo il più imparziale possibile sui modi di esercizio di questa funzione e sui modi di utilizzo di questa autonomia. Ciò nel modo più garantista e nella consapevolezza della ricerca dell'autorità più distaccata dalla passionalità della politica ma anche slegata dalle spinte corporative che hanno imbrigliato la funzione disciplinare: questo è un dato sul quale possono esistere valutazioni diverse ma ha larga condivisione, come è stato dimostrato anche dalle audizioni rese in Commissione da autorevoli esponenti della magistratura.

Rispetto a questo problema, credo che dobbiamo partire dai punti fermi che abbiamo acquisito, in particolare dai due più importanti, cominciando dal problema dell'avvio del procedimento disciplinare. Quali sono i due punti fermi? Il primo è l'obbligatorietà dell'azione disciplinare che abbiamo previsto, e se mai faremo un ordine del giorno scriveremo che occorre tipizzare, ma conoscendo tutti i problemi che vi sono su questo tema abbiamo fatto questa scelta, peraltro coerente con l'impianto complessivo; infatti, se c'è l'obbligatorietà dell'azione penale, se abbiamo ancorato l'intervento punitivo ad un criterio di legalità, credo che non possiamo che essere coerenti ed applicare lo stesso schema anche rispetto a questa funzione di verifica e di controllo delle patologie che si possono determinare e che si determinano nella funzione giurisdizionale. Ecco perché abbiamo fatto la scelta della obbligatorietà. Abbiamo fatto anche la scelta della fine del dualismo della titolarità dell'azione penale, perché abbiamo detto che questo sistema non funziona e abbiamo previsto un unico titolare in via primaria oltre a delle ipotesi sussidiarie.

Quindi, credo che a questo punto dobbiamo compiere gli altri passaggi conseguenti: quelli di dire che questa funzione non può essere in testa al ministro. Ciò per quattro ragioni che rapidamente vi enuncio. La prima sta nel fatto che l'obbligatorietà che noi fissiamo contrasta con la natura di organo politico e di organo ancorato a valutazioni di opportunità politica qual è il ministro. La seconda ragione è che affidare al ministro questa funzione significa pregiudicarne l'efficienza nonostante l'importanza della stessa: quando si profilava la titolarità del ministro, Zucconi Galli Fonseca ci ha ricordato che se non vi fosse stato il procuratore generale, non ci sarebbe mai stata l'azione disciplinare, perché il ministro è distratto da tante cose, non riesce ad avere tante notizie e finisce per essere condizionato dalle ragioni dell'opportunità. Quindi, ci diffidava dal farlo, e io raccolgo questo ammonimento del procuratore generale. Vi sono poi due ragioni tecniche. La prima è che bisogna evitare di scindere la funzione di promozione dell'azione disciplinare dalla prosecuzione: se noi affidiamo al ministro il promuovimento dell'azione penale, dovremo trovare un soggetto sostituto per la prosecuzione in udienza disciplinare quando vi è la concreta funzione giurisdizionale. La seconda è che se creiamo invece un'autorità indipendente risolviamo anche il problema grave e delicato dell'ispettorato e della funzione ispettiva, una delle questioni più controverse e più problematiche dal punto di vista del funzionamento dell'azione disciplinare: il ministro, che avrebbe dovuto avere nell'ispettorato il veicolo per agire, ha finito per essere sterilizzato e paralizzato dalla presa di posizione del CSM, che ha sottolineato e ricordato più volte come questa funzione sottoposta all'esecutivo non potesse intromettersi nell'indagine presso gli organi giurisdizionali. Noi, ancorando questa funzione ispettiva ad un'autorità di garanzia, risolviamo anche questo problema.

Dunque, mi sembrano quattro ragioni di grande rilievo per attuare questa innovazione importante. E per non attingere alla fantasia, mi sono rifatto ad un precedente discutibile ma comunque autorevole per la sua fonte: alla Costituente, Piero Calamandrei delineò questo procuratore generale come nominato dal Capo dello Stato su una terna del Parlamento. Capisco che vi sono molte obiezioni che si possono fare a questo schema, ma c'è una totale disponibilità a trovare una soluzione diversa. È indubbiamente vero che scomodare il Parlamento per eleggere tre personaggi e poi farne fuori due con il gioco dei birilli forse non è simpatico ed estetico. Quindi, troviamo un altro sistema. L'ho proposto per appoggiarmi ad un precedente già esistente agli atti del nostro dibattito costituzionale, anche se di cinquant'anni fa.

In connessione con questa scelta, ricordo, in progressione logica, che, per quanto concerne il giudice disciplinare, si era partiti - lasciatemi questa piccola sottolineatura di orgoglio partigiano - con la posizione dei popolari che proponevano una sezione autonoma del CSM per la funzione di giudice disciplinare. Si è poi passati a questa corte di giustizia. Credo che il passaggio successivo debba essere quello di fare di questa corte di giustizia un organo di massima autonomia e di indipendenza. Ed è per questo che ho proposto un organo formato sullo schema della Corte costituzionale, che è comunque stato l'organo di massima garanzia. Ho riprodotto tali e quali le norme sulla Corte costituzionale. Naturalmente, vedremo se il Capo dello Stato avrà, rispetto alla Corte, il potere di nomina di un terzo. Quello che succederà per la Corte varrà anche per questa corte dei magistrati. Ma l'ancoraggio del criterio di massima autonomia per questa funzione mi sembra un fatto molto importante.

Le altre due questioni sono relative all'articolo 111.

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LEOPOLDO ELIA

MARCO BOATO, Relatore sul sistema delle garanzie. Prima che lei passi alle altre questioni, vorrei chiederle un chiarimento. Mentre lei illustrava il suo emendamento V.105-bis.6, ha parlato anche di funzione ispettiva. Però mi sembra, leggendo l'emendamento che non è ricompreso...

ORTENSIO ZECCHINO. No, non è compreso perché apparterrà alla legge, ma se questo organo ha la funzione di promozione di esercizio dell'azione disciplinare, è chiaro che l'attuale funzione ispettiva che fa capo all'ispettorato presso il ministero, quindi dipendente dal ministro, non potrà che dipendere da questo. Per la verità, avevo anche steso la norma in questo senso. Mi è parso poi un fuor d'opera nel testo costituzionale, ma dobbiamo aver chiaro qual è il disegno. Quindi, ovviamo anche l'inconveniente molto forte, che oggi esiste, di questa funzione ispettiva che non viene di fatto esercitata perché se ne è reso impossibile l'esercizio.

Le altre due questioni attengono agli articoli 111 e 112. Per quanto riguarda l'articolo 111, anch'io, come ha detto il collega Senese, sono per recepire quel forte appello che ci venne dal presidente Sgroi, nel senso di evitare la possibilità di ricorribilità in Cassazione per tutte le sentenze. Abbiamo previsto la ricorribilità solo quando non siano esperibili altri mezzi di impugnazione. Vogliamo cioè garantire che ci sia comunque un mezzo di impugnazione, ma che non debba trattarsi sempre del ricorso per Cassazione.

Nell'articolo 111 abbiamo riportato le norme sulle garanzie processuali, con un rinvio ai principi contenuti negli accordi e nei trattati internazionali. Il testo attuale ricalca la convenzione europea; anziché ripeterla, noi facciamo questo riferimento. L'emendamento V.111.4 parla di un rinvio ai principi; possiamo aggiungere «rinvii e norme» per essere più chiari, ma questo è lo schema.

Sono anch'io d'accordo con il relatore Boato che sul problema del divieto di interpretazione in modo analogico estensivo sia bene far riferimento alla formulazione dell'articolo 14, avendo sentito le sue osservazioni ma anche la risposta di Senese. Credo che difficilmente la materia sia risolvibile con un'innovazione nel lessico normativo (quello è un lessico dottrinario che non ha trovato ancora una consolidazione pacifica).

Sull'articolo 112, che è uno dei triboli del dibattito, quali sono le questioni? Nessuno pone in discussione l'obbligatorietà dell'azione penale. Esistono però due problemi e due rischi, quello dell'iperattività dei pubblici ministeri e quello dell'inerzia. Non ci sono meccanismi per prevenirli. Noi facciamo uno sforzo, sapendo che i principi valgono quello che valgono, ma noi di essi trattiamo in questa sede, per cui sono per l'inserimento di due principi, il primo dei quali è contenuto nell'emendamento Parenti che prevede la titolarità in via sussidiaria di altri soggetti, un modo per ovviare a ipotesi di inerzia. Sono contento che sia stato presentato questo emendamento, altrimenti lo avrei fatto io; non averlo formulato è frutto di un'omissione.

Vi è poi il problema dell'iperattivismo che non è meno preoccupante, anzi, negli ultimi tempi, è stato la vera ragione di preoccupazione. Qual è il discrimine tra ciò che possono e ciò che non dovrebbero fare i pubblici ministeri? Siamo andati smarrendo il senso dell'azione penale, il concetto di azione penale si è modificato non solo per il sopravvento del nuovo codice ma anche per una prassi che ha fortemente innovato. L'azione penale è, e non può non essere, un intervento che nasce da una notitia criminis; molti hanno rilevato come ormai l'attività dei pubblici ministeri si muove in una condizione di totale sganciamento da questo presupposto. Non stiamo qui a definire la notitia criminis come qualificata, non ci soffermiamo su problemi antichi come quello relativo all'anonimo o alla notizia giornalistica; noi fissiamo il principio: l'azione penale con le indagini che ad essa si connettono può aversi soltanto quando c'è una notitia criminis. Questo è un principio che pone un limite, a che cosa e tra chi? Tra la funzione del pubblico ministero e quella degli organi di pubblica sicurezza, che possono muoversi a prescindere dall'esistenza di una notitia criminis. Noi abbiamo invece trsformato e consentito la trasformazione dell'attività del pubblico ministero in un'attività che può esplicarsi a tutto campo, anche a prescindere da una notitia criminis. Allora per un verso il ricorso alle azioni penali sussidiarie ci può garantire - per quello che valgono questi meccanismi - dal rischio dell'inerzia e dall'altro, fissare in Costituzione il principio che l'azione penale deve essere un posterius rispetto alla notitia criminis, comunque vale a definire in modo forte e chiaro quello che deve essere il campo di azione del pubblico ministero.

Sugli altri articoli relativi alla Corte costituzionale non abbiamo grandi innovazioni da proporre. Anche su questo tema sostanzialmente condividiamo il testo del relatore Boato.

AGAZIO LOIERO. Per non duplicare il nostro comune lavoro non parlerò su emendamenti di cui sono cofirmatario e sui quali si sono già soffermati altri colleghi. Mi riferirò quindi esclusivamente ad emendamenti in precedenza non illustrati e lo farò in termini brevissimi, come è opportuno faccia chi deve illustrare emendamenti in quanto tali stringati ed essenziali, poiché conseguono ad un dibattito già avvenuto e ad una relazione già presentata.

In alcuni paesi di lunga democrazia - lo voglio ricordare - gli emendamenti addirittura si depositano e non si illustrano. Dico questo - e non mi riferisco a questa giornata - perché il rigore e la sobrietà istituzionale dell'intervento non è un limite della democrazia ma è una delle sue estreme risorse.

Alla luce ed in coerenza con quanto affermato, mi limiterò ad illustrare tre emendamenti a firma Casini e mia relativi agli articoli 100, 104 e 106. Con essi mi occuperò del Consiglio di Stato. Sono d'accordo con il senatore Zecchino nel senso che non dovremmo disperdere qualità e professionalità in un paese che di questi elementi appare difettoso in maniera talvolta anche mortale.

L'emendamento V.100.15 si riferisce all'articolo 100 e propone di sostituire il primo comma con il seguente: «Il Consiglio di Stato è organo di garanzia e di unità dell'ordinamento giuridico ed esprime avvisi su questioni generali e sugli schemi di atti normativi». Esso si giustifica perché, rispetto al testo della bozza Boato, individua non già un organo di mera consulenza per il Governo, cioè di parte in favore dell'amministrazione, ma un organo neutrale di garanzia di risoluzione dei possibili conflitti in sede preventiva, soprattutto in relazione a questioni generali e in materia regolamentare. Questo organo deve esprimere pareri non nell'interesse di questo o quel Governo, ma nell'interesse della legge, cioè a garanzia del rispetto delle regole e dell'ordinamento.

Proprio in relazione a questa funzione deve prevedersi, nell'ambito del Consiglio di Stato, una significativa componente tratta dall'organo giurisdizionale di più alto livello, per la garanzia della neutralità dell'organo, come avviene in altri paesi europei e in particolare in Svezia. Viene quindi restituita la funzione consultiva su materie di interesse generale e sugli atti normativi la dignità e la certezza del giudizio che solo un organo magistratuale può dare.

Il secondo emendamento V.104.26 fa riferimento all'articolo 104 e propone di aggiungere in fine al comma 5 le parole «o iscritti nell'albo speciale dei patrocinanti presso le giurisdizioni superiori».

La legge che regola l'esercizio della professione forense riconosce ad alcune categorie di soggetti (professori universitari, magistrati di cassazione, ex prefetti) l'iscrizione di diritto nell'albo speciale dei patrocinanti in Cassazione. Ciò in considerazione della funzione di elevatissima professionalità giuridica espletata. È come se fosse un esercizio di attività professionale che ope legis è equiparato a quello effettivo. In breve, il servizio prestato in precedenza quale professore universitario, magistrato ed ex prefetto è considerato utile per l'iscrizione nell'albo speciale degli avvocati cassazionisti, ancorché essi non abbiano esercitato la professione forense per il periodo normalmente stabilito, che era di 14 anni e ora è di 12.

Ciò premesso, non si comprende perché il servizio di elevata professionalità in precedenza prestato, se vale per l'iscrizione nell'albo speciale e quindi per l'esercizio della professione forense ai più alti livelli, non debba valere ad ogni effetto e quindi anche per lo svolgimento di altre funzioni collegate all'avvocatura come quelle di cui all'articolo 104. In definitiva, perché un avvocato iscritto nell'albo speciale e ritenuto meritevole di essere ammesso al patrocinio dinnanzi alle giurisdizioni superiori, non può partecipare come tale al Consiglio superiore della magistratura e ad altri analoghi consigli?

L'accoglimento dell'emendamento eliminerebbe ogni dubbio interpretativo ed una ingiustificata disparità di trattamento.

Il terzo emendamento V.106.17 si riferisce all'articolo 106 e propone di inserire dopo il primo comma il seguente: «Le nomine dei consiglieri della Corte di giustizia amministrativa hanno luogo per concorso pubblico». L'emendamento si commenta da solo: è necessario che i componenti della Corte di giustizia abbiano superato un concorso pubblico per le funzioni giudicanti di ultimo grado, a garanzia della qualità, della preparazione e della specializzazione dei magistrati addetti.

NATALE D'AMICO. Complessivamente le soluzioni disegnate nella proposta alla nostra attenzione ci sembrano ragionevoli ed accettabili e ci pare che risolvano i problemi alla nostra attenzione. Tutti noi sappiamo che i problemi della giustizia e dell'efficienza del sistema giudiziario italiano non li risolveremo con la Costituzione, nella quale però possiamo trovare equilibri più accettabili rispetto ai valori fondamentali in gioco.

Mi limiterò a soffermarmi su alcuni emendamenti nella sequenza degli articoli ai quali sono riferiti. Il primo articolo sul quale presentiamo emendamenti è quello relativo alle autorità indipendenti. Ho già argomentato in proposito perciò non mi intratterrò sul motivo per cui ritengo sia necessario tutelare in Costituzione due autorità indipendenti, quella per la concorrenza ed il mercato e la Banca d'Italia. Sulla prima abbiamo presentato un emendamento e sulla seconda immagino che tornerà in esame la formulazione contenuta nel testo relativo all'Europa. Comunque, la tesi che sosteniamo è che sia necessario tutelare in Costituzione solo due autorità indipendenti e non tutte, anche perché molte di esse hanno, per loro natura, carattere transitorio e si può immaginare ragionevolmente che la funzione che oggi svolgono possa essere in futuro svolta all'interno dell'amministrazione dello Stato, quando questo sarà uscito dai settori produttivi cui esse si riferiscono.

Immediatamente dopo ci occupiamo dell'articolo 100, sul quale solleviamo un problema relativo al ruolo della Corte dei conti. Il dubbio che abbiamo e che proviamo a risolvere con il nostro emendamento è se sia opportuno escludere comunque dal nostro ordinamento la possibilità di controlli preventivi di legittimità. L'emendamento prevede che la Corte dei conti, tra le altre cose, sia organo di controllo preventivo della legittimità nei casi previsti dalla legge. Quindi, non si propone niente di più che ristabilire la possibilità che la legge preveda controlli preventivi di legittimità.

Ci sono casi in cui questo può essere necessario ed in passato il controllo preventivo di legittimità ha svolto un ruolo importante; pensiamo possa essere utile prevederlo anche nella nuova Costituzione, senza avere la pretesa di immaginare che risolva moltissimi problemi: alcuni sicuramente ne risolverà.

Proponiamo inoltre di aggiungere anche il controllo di legalità a quello di efficienza e di economicità dell'azione amministrativa proprio della Corte dei conti.

In generale il ruolo della Corte dei conti, per come è disegnato, ci pare un po' strano; è un ruolo da società di consulenza: «efficienza ed economicità della gestione» è un'espressione che forse non dice con chiarezza quanto vorremmo facesse la Corte o, se lo dice, lascia intravedere un ruolo proprio non di una Corte, ma di una società di consulenza gestionale.

In relazione a ciò, pensiamo debba essere modificato anche l'articolo 103, laddove si prevede che la giustizia amministrativa è esercitata dai giudici dei tribunali amministrativi regionali e della Corte di giustizia amministrativa. Il punto è se questi tribunali abbiano anche la funzione di giudicare della responsabilità patrimoniale dei pubblici funzionari; forse sono altra cosa rispetto ai TAR di cui abbiamo conoscenza ed allora è più opportuno utilizzare una dizione diversa, quale quella che noi proponiamo («Corti di giustizia amministrativa di primo e secondo grado») con l'emendamento V.103.10.

Nell'articolo 101 si tratta la delicata questione dei pubblici ministeri. Premetto che i nostri emendamenti V.101.10 e V.101.11 devono essere letti nel loro insieme. In particolare, il secondo comma dell'articolo 101 prevede che le norme sull'ordinamento giudiziario assicurano il coordinamento interno e l'unità di azione degli uffici del pubblico ministero; ci è sembrato che ciò lasci intendere la possibilità di uno stretto coordinamento gerarchico nell'ambito del ruolo dei pubblici ministeri. Noi proponiamo una formulazione che prevede sì la possibilità di coordinamento e di unità di azione, ma all'interno di ciascuno degli uffici del pubblico ministero. Ci sembra inoltre necessario anticipare già in questa sede quanto previsto più avanti, cioè che la distinzione è relativa solo alla diversità di funzioni.

MARCO BOATO, Relatore sul sistema delle garanzie. Il tema ancora non è risolto, ma con questa formulazione rischieremmo di rendere incostituzionale, il giorno dopo l'entrata in vigore della nuova Costituzione, tutta la procura nazionale antimafia. Per questo la mia formulazione in qualche caso è un po' più estensiva.

NATALE D'AMICO. Per altro verso, con questa dizione renderemmo costituzionale un coordinamento strettamente gerarchico e piramidale dei pubblici ministeri, cosa alla quale guardo con particolare preoccupazione.

MARCO BOATO, Relatore sul sistema delle garanzie. Anch'io concordo con quest'aspetto; ciò dipenderebbe però dalla legge ordinaria.

NATALE D'AMICO. Il punto è che la Costituzione lo renderebbe possibile. Credo che anche in Costituzione bisognerebbe escludere quest'eventualità, che giudico pericolosa per i cittadini.

Qualche preoccupazione suscita in noi anche il comma 4 dell'articolo 101, laddove si prevede che il procedimento si svolge nel contraddittorio tra le parti. A noi sembra più giusto stabilire che sia il processo a svolgersi in queste condizioni, poiché il procedimento si estende a fasi nelle quali il contraddittorio non è ragionevolmente immaginabile: penso a casi che è perfino inutile spiegare. Secondo noi bisognerebbe quindi utilizzare un'espressione più propria, quella appunto di «processo».

L'articolo 105-bis contiene una disposizione delicata e - lo so bene - frutto di lunghe mediazioni concernente la Corte di giustizia della magistratura. Definiamo quest'organo «Corte»; in realtà prevediamo che essa sia composta secondo un complesso criterio in cui i principi di rappresentanza elettiva sono articolati in sottocategorie (coloro che sono nominati dall'ordine giudiziario e coloro che dipendono dalla nomina parlamentare). Il rischio che si può creare è che i componenti di questa Corte si sentano rappresentanti di un numero tutto sommato abbastanza ristretto di persone e quindi indirettamente anche di interessi.

Proponiamo, pertanto, una soluzione alternativa in senso piuttosto radicale, che è quella che l'ordinamento italiano già conosce per i tribunali dei ministri, cioè che i membri di questa Corte siano sorteggiati fra i giudici che hanno determinate caratteristiche: se debbono fare i giudici, siano sorteggiati tra gli stessi, allo scopo di escludere ogni criterio di rappresentanza di interessi e di posizioni politiche rispetto alla delicata funzione che deve essere svolta in modo probabilmente migliore e più incisivo rispetto ad oggi, ma dalla quale devono essere esclusi tutti i criteri di rappresentanza anche in senso lato politica, che invece sarebbero inevitabili se si adottasse il meccanismo qui proposto.

Proponiamo una modifica anche all'articolo 106, relativo al principio per cui in nessun caso le funzioni giudicanti penali e quelle del pubblico ministero possono essere svolte nel medesimo distretto giudiziario. Personalmente non capisco cosa significhi questa dizione: vuol dire «in sequenza» o «mai»? Se volesse dire «mai», nel senso che colui che è stato giudice in un distretto non potrà mai essere pubblico ministero in quello stesso distretto, non riesco a capire la ragione di tale previsione. Si può prevedere un intervallo temporale anche ampio, ma non mi sembra irragionevole che la migliore utilizzazione di un pubblico ministero possa avvenire in quel distretto dove vent'anni prima egli era stato giudice. Per quanto siano lunghi i processi, ci si augura che nel frattempo egli non intralci da pubblico ministero le attività giurisdizionali per connessioni con la sua attività precedente.

MARCO BOATO, Relatore sul sistema delle garanzie. La sua preoccupazione è esattamente opposta a quella del senatore Pera!

MARCELLO PERA. Lei non si preoccupa, onorevole D'Amico? Si preoccupa degli interessi del pubblico ministero o del magistrato che si sposta, non dei cittadini che devono essere giudicati!

NATALE D'AMICO. Non mi preoccupo di quello: sto dicendo che non vi debba essere sequenza temporale, bensì un intervallo ampio. Ai fini dell'efficienza della giustizia non mi sentirei di escludere che, dopo vent'anni, la migliore utilizzazione del pubblico ministero possa essere per un dato caso proprio quella in un distretto in cui, magari per sei mesi, aveva svolto funzioni giudicanti.

Sono d'accordo con il criterio; se si prevedesse il divieto dell'immediata successione, sarebbe un principio troppo lasco. Ma se il criterio fosse che non potrà mai farlo, genererebbe una rigidità eccessiva e quindi inefficienze. Noi proponiamo dieci anni di intervallo; ma che siano dieci, quindici o otto, il problema non è questo.

Sempre in relazione all'articolo 106, qualche preoccupazione nasce in me dall'ultimo comma, secondo il quale la legge sull'ordinamento giudiziario può ammettere la nomina di avvocati e professori universitari in materie giuridiche negli altri gradi della giurisdizione. Se comprendo bene, non si pone alcun limite a questa possibilità; ciò è piuttosto preoccupante, tanto più che una norma precedente stabilisce che il Consiglio superiore della magistratura può chiamare all'ufficio di consigliere di Cassazione, per meriti insigni, persone che abbiano determinate caratteristiche.

Se l'ultimo comma mi preoccupa per l'assenza di limiti, mi pare accettabile il comma precedente, estensibile a gradi diversi della carriera del magistrato, mantenendo però le caratteristiche ivi previste. Pertanto, proponiamo che sia soppresso l'ultimo comma, che ci pare pericoloso: so che qualcuno sostiene la necessità della legge bicamerale, ma il punto non è questo. Si prevederebbe in Costituzione il fatto che una maggioranza parlamentare possa decidere di immettere senza limiti nell'ordinamento giudiziario le persone che crede: non c'è altro limite nella Costituzione che stiamo disegnando. Proponiamo invece che venga ampliata la possibilità prevista al comma precedente, ferme restando alcune caratteristiche oggettive, cioè che queste persone siano almeno professori universitari o quant'altro ivi previsto.

MARCO BOATO, Relatore sul sistema delle garanzie. Si rischia di non trovare sufficienti persone che abbiano meriti insigni, perché di questo parla il comma precedente.

NATALE D'AMICO. D'altra parte, con questa norma il rischio è che non vi sia alcun limite; secondo me, lo stesso criterio di indipendenza verrebbe in qualche modo negato.

Passo ora al quinto comma dell'articolo 107, secondo il quale nell'esercizio delle rispettive funzioni i giudici amministrativi e i magistrati del pubblico ministero si attengono ai principi di responsabilità, correttezza e riservatezza. Aggiungerò la mia firma all'emendamento Cossutta V.107.2; per la verità; avevo predisposto un emendamento simile che per motivi materiali non è stato presentato. Secondo me, a questi principi si attengono i pubblici impiegati e non solo i giudici. Non capisco il riferire tali principi ai giudici: responsabilità, correttezza e riservatezza debbono essere principi generali della pubblica amministrazione. Prevederli espressamente qui è strano: o c'è qualcosa di più al quale debbono attenersi i giudici, oppure la norma sembra dire che valgono solo per i giudici, oppure ancora che ci sia qualche motivo per affermarli con maggiore chiarezza con riferimento a questi ultimi. Mi sembrano tre principi che non possono essere riferiti solo ai magistrati: dovrebbero riguardare tutti i pubblici impiegati ed espressi in questo modo fanno nascere la domanda sul motivo per cui se ne parli a proposito dei giudici.

Nutro parecchi dubbi anche sul terzo comma dell'articolo 111, il quale costituzionalizza parzialmente la Convezione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, con la qual cosa concordiamo pienamente. Credo, infatti, che uno degli obiettivi del nostro processo di riforma debba essere quello di accrescere i sistemi di garanzia di cui godono i cittadini. Ma il dubbio è che, estrapolando dalla Convenzione solo questo brano, si tagli con l'accetta ciò che tagliabile non è. Faccio un esempio banale. È previsto che la persona sia assistita gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo. Chi potrebbe non essere d'accordo? Però sono andato a rileggere la Convenzione la quale - tenendo presente giustamente che nel mondo ci sono non so quante migliaia di lingue e di dialetti - prevede che in casi straordinari e molto limitati si possa venire meno a questo principio.

ORTENSIO ZECCHINO. Lasciamo solo il riferimento alla Convenzione, senza specificazione.

NATALE D'AMICO. Infatti, l'emendamento che proponiamo prevede di far riferimento per intero alla Convenzione.

Per finire, in merito alla composizione della Corte costituzionale, immagino che, anche in riferimento alla quantità di nuovi compiti ad essa affidati, si debba ragionare sul numero dei suoi membri e sul fatto che essa possa organizzare il proprio lavoro in sezioni: abbiamo presentato emendamenti specifici sul punto.

ANTONIO LISI. Vorrei anzitutto riferirmi all'intervento che ho svolto in Commissione plenaria e che riguardava i problemi che discutiamo nuovamente stasera. Questo riferimento mi consentirà di essere molto più breve.

Questa sera parliamo di emendamenti, ma essi non sono altro se non l'esplicitazione in termini formali di come vorremmo fossero redatti gli articoli della nostra Carta costituzionale, secondo i principi che abbiamo più volte enunciato non solo in Comitato, ma anche in Commissione plenaria.

Prima di dare uno sguardo veloce agli emendamenti che abbiamo ritenuto di presentare e sottoscrivere, debbo dire che mi hanno preoccupato questa sera gli interventi degli onorevoli Senese e Russo.

Il collega Senese ha iniziato il suo discorso sostenendo che noi - perché sostanzialmente si rivolgeva a chi voleva un certo tipo di riforma - staremmo confondendo la congiuntura con quanto invece è necessario affrontare al fine delle modifiche sostanziali che riteniamo di dover apportare alla nostra Carta costituzionale, che quanto sta accadendo intorno a noi è frutto solo di una congiuntura e che quindi non bisogna dare peso e credito a quanto avviene, ma occorre pensare a ciò che realmente si vuole.

Vorrei dire al collega Senese che, per quanto mi riguarda, sulla base della mia esperienza, si tratta di una congiuntura che dura da ben 35 anni, un periodo molto lungo, che gradirei terminasse. Ho infatti l'impressione che lo spauracchio della confusione, che noi avremmo nella mente, fra congiuntura e quanto invece si dovrebbe fare nell'interesse supremo della giustizia, sia agitato solo per spaventare qualcuno. Penso comunque che non abbia raggiunto alcuno scopo, perché chi vi sta parlando certamente non si è preoccupato di tale spauracchio.

Per ciò che concerne il collega Russo, allorquando ha parlato di separazione delle carriere tra pubblico ministero e giudicante, ha ribadito un discorso che credevamo eliminato per sempre dai nostri dibattiti: secondo il collega, è ancora in atto il tentativo di portare il pubblico ministero sotto la guida e la gestione dell'esecutivo. Credetemi, pensavo sinceramente che questo discorso fosse stato superato e che non si dovesse tornare a dibatterne. Ciò che abbiamo proposto è infatti scritto, e tutto si può dire meno che in ciò che abbiamo proposto vi sia il tentativo di sottoporre il pubblico ministero all'esecutivo; tutto fuorché questo. Ciò significa che ancora una volta sia la congiuntura sia il grido «al lupo al lupo» servono soltanto a tentare di spaventare chi certamente non si spaventa, rimanendo naturalmente fini a se stessi.

Ritengo necessario riportare in quest'aula un discorso di carattere più concreto, abbandonando questi ripetuti allarmi ingiustificati: in quest'aula un collega (non ho avuto il piacere di ascoltarlo, ma un altro collega ha preso appunti di quanto è stato detto e mi ha riferito) avrebbe detto che se non si fa in un certo modo si rischia una determinata conseguenza; non ho capito se la conseguenza sia quella di rompere qualsiasi tipo di accordo o un particolare tipo di accordo. È comunque certo che, per quanto ci riguarda, non abbiamo stipulato alcun tipo di accordo in ordine al problema che stiamo affrontando, quello delle garanzie, e questa preoccupazione ci lascia indifferenti.

Credo che questo possa servire a chiarire l'animo con il quale ci avviciniamo alla problematica e serve soprattutto a chiarire che noi, in 35 anni di attività professionale, non ci siamo preoccupati di quanto accadeva sotto l'aspetto delle minacce (ce ne sono state tante) e non ce ne siamo nemmeno preoccupati in questi mesi, in questi giorni. Sono ormai stanco di leggere i giornali; si potrà obiettare che, lavorando in bicamerale, si può anche non leggerli; è giusto. Ho voluto evitare qualche volta anche di leggere il giornale: credetemi, ho messo da parte anche quella naturale curiosità di vedere come la pensano coloro i quali dicono di sentire e molto spesso sentono come vogliono. C'è anche questo problema da affrontare: sentono quello che vogliono e traducono come vogliono.

Prescindendo da tale considerazione, non ci siamo nemmeno preoccupati di tutti gli allarmi che sono venuti dall'esterno di questa Commissione; quanto è accaduto è sotto gli occhi di tutti, è stato scritto in numerosi articoli. Abbiamo assistito ed ascoltato innumerevoli interventi in innumerevoli convegni: molto spesso, con tutto il rispetto per coloro i quali vi hanno partecipato, sembravano le compagnie di una volta, che giravano paese per paese per far conoscere un certo tipo di teatro. Non so se questo voleva essere un insegnamento o un tentativo di intimorire o comunque di mettere chi stava lavorando in Commissione bicamerale in condizioni di essere preoccupato al di là dei propri problemi personali e del suo modo di essere e di interpretare il ruolo affidatogli dalla sua parte politica ed anche dall'elettorato, se vogliamo risalire alle origini: non bisogna infatti dimenticare che siamo qui in funzione di rappresentanti di una parte politica, ma anche perché nel corso della nostra campagna elettorale abbiamo sostenuto esattamente quello che stiamo sostenendo in questo momento.

Si tratta di un discorso che voglio rimanga agli atti, perché, a prescindere dalla considerazione e dal ringraziamento che va ai colleghi che mi stanno ascoltando, mi pare che ciò che stiamo dicendo serva come testimonianza scritta e non per altro.

Ritorno per un attimo agli emendamenti; dico per un attimo perché certamente non vi farò perdere moltissimo tempo. Sono infatti l'ultimo ad intervenire e vorrei farvi andar via, perché vi vedo molto stanchi. Avete il diritto di riposarvi. Siamo stanchi anche noi, e quindi mi pare che ci troviamo nella stessa barca: è forse l'unica cosa su cui siamo tutti d'accordo.

Abbiamo ritenuto, il collega Maceratini ed io, di dover proporre degli emendamenti in materia di giustizia amministrativa con caratteristiche che il relatore ben conosce, perché si è reso parte diligente nell'esaminarle (e poi ne riferirà al momento opportuno). Egli sa perfettamente, come peraltro sanno i colleghi che hanno partecipato alle nostre discussioni, che ci siamo fatti carico di ciò fin dal primo momento, esercitando dall'inizio il nostro diritto di porre un freno al tentativo proveniente - peraltro legittimamente - da altre parti politiche di fare sì che la giustizia amministrativa diventasse qualcosa di diverso rispetto a quello che è stata fino ad oggi, con le caratteristiche e le sfumature che si sono viste attraverso le varie proposte di modifica.

Analogo discorso vale anche nei riguardi della magistratura contabile, della Corte dei conti: abbiamo specificato, attraverso i nostri emendamenti, quale ruolo intendiamo attribuire alla magistratura amministrativa, in quali limiti vogliamo intervenire e quali ruoli e quali limiti vogliamo che vengano posti alla magistratura contabile. Qualcuno potrà dire che noi siamo ancora legati ad un vecchio modo di interpretare questo tipo di amministrazione della giustizia, amministrativa o contabile, ma credo che tale accusa, se dovesse, peraltro legittimamente, esserci rivolta, ci lascerebbe solamente un po' perplessi; infatti, riteniamo di essere invece dalla parte di chi intende innovare, ma con i piedi di piombo, proprio con specifico riferimento alla magistratura, contabile ed amministrativa. Per quanto riguarda la magistratura contabile, siamo dell'avviso che negli ultimi anni essa abbia prodotto notevoli risultati, anche considerando il magma della situazione italiana e, per ciò che concerne la magistratura amministrativa, apprezziamo l'attività posta in essere in tutti questi anni.

MARCO BOATO, Relatore sul sistema delle garanzie. Senatore Lisi, mi permetta una breve interruzione: rispettando la sua posizione e quella degli altri colleghi, voglio far presente che nessuno si sognerebbe di mortificare alcunché. L'unica proposta è quella di separare nettamente funzioni consultive o di controllo da funzioni di carattere giurisdizionale; le prime si collocano all'interno della magistratura e dell'unità funzionale della stessa, articolata in ordinaria ed amministrativa, le altre hanno una grandissima rilevanza, ma sono di altra natura. Tutto qui.

Dopodiché, la sua posizione è del tutto legittima, però non c'è nessuna mortificazione; in un certo senso c'è l'esaltazione...

ANTONIO LISI. Se nel mio intervento si è colto un richiamo a quello che probabilmente non è lo spirito che ha animato chi ha ritenuto di proporre cose diverse dalle nostre, chiedo venia; rimango però della mia opinione, quella espressa attraverso gli emendamenti presentati.

Quando abbiamo chiesto che fosse modificata la bozza Boato al primo comma dell'articolo 100 («Il Consiglio di Stato è organo di consulenza giuridico-amministrativa del Governo»), ritenevamo che si dovessero aggiungere le parole «e di garanzia della legittimità delle azioni amministrative». Ciò s'inquadra nel contesto dell'interpretazione di un'attività da parte della magistratura amministrativa che pensiamo debba esplicitarsi attraverso quel tipo di meccanismo. Naturalmente, tutti gli emendamenti successivi sono legati a questo modo d'interpretare tale riforma; gli emendamenti V.100.16, V.100.17, V.100.18, V.100.19 e V.100.9 fanno esplicito riferimento alla costruzione che abbiamo inteso dare alla magistratura amministrativa e contabile.

Per quanto riguarda l'articolo 101, abbiamo ritenuto, insieme al senatore Pera e ad altri colleghi del Polo, di ripristinare la dizione della vigente Costituzione, con un'aggiunta: «I giudici sono soggetti soltanto alla legge. I magistrati del pubblico ministero godono delle garanzie stabilite nei loro riguardi dalle norme sull'ordinamento giudiziario, che assicurano altresì l'unità di azione e il coordinamento interno tra i diversi uffici del pubblico ministero». La spiegazione di questa modifica è stata data in maniera esemplare e precisa dai colleghi che mi hanno preceduto e che hanno sottoscritto con me l'emendamento V.101.13.

Ribadiamo la necessità che rimanga l'enunciazione della Costituzione vigente, che prevede qualcosa che probabilmente è stata portata all'attenzione dei costituenti; si voleva chiaramente fare in modo che, leggendo la Carta costituzionale, ci si rendesse conto che fin dal primo momento i padri della nostra Costituzione hanno ritenuto di porre in essere una diversificazione di ruoli fra giudici e pubblici ministeri. Quella differenza era già lì, sotto gli occhi di tutti: i giudici sono soggetti solo alla legge e i magistrati sono tutelati dall'ordinamento e da altro. Abbiamo ritenuto che fosse necessario ripristinare questa norma sulla base di una filosofia che abbiamo esplicitato passo per passo durante i nostri interventi, nell'illustrazione dei nostri emendamenti e nel corso di tutte le battaglie che sono state portate avanti. Nell'intervento da me pronunciato in quest'aula dissi che, in fondo, avrei preferito che i voti si fossero succeduti nel Comitato sistema delle garanzie, avrei preferito quel tipo di percorso, ma si è deciso tutti insieme di agire come abbiamo fatto.

Ritengo, proprio sulla base dell'esperienza delle discussioni svolte, che abbiamo perduto - mi si consenta - moltissimo tempo, perché oggi non stiamo facendo altro che ripetere i concetti che abbiamo esplicitato fin dal primo incontro nel Comitato sistema delle garanzie; sono concetti che abbiamo tradotto con la presentazione di nostre bozze in sede di Comitato - il collega Boato lo ricorderà - e con la proposizione di idee e di ipotesi che avevamo prima indicato oralmente e poi chiarito per iscritto, in quanto volevamo che venissero evidenziate. Se in Comitato avessimo cominciato a votare articolo per articolo, probabilmente oggi non staremmo qui a perdere tempo ed avremmo già concluso su un indirizzo da dare al lavoro che ci è stato affidato dalle Camere, lo avremmo portato dinanzi al Parlamento e ci saremmo trovati nelle condizioni di discutere...

MARCO BOATO, Relatore sul sistema delle garanzie. Molti colleghi di altri Comitati hanno ammirato il faticoso lavoro che abbiamo fatto in questi mesi.

ANTONIO LISI. Non ho detto che non abbiamo lavorato, attenzione a non confonderci su quanto vado dicendo: ho detto che abbiamo lavorato più di quanto dovevamo, questa è l'interpretazione del mio pensiero, se mi consente. Ho detto che stiamo ripetendo esattamente quanto abbiamo già fatto e detto in tantissime occasioni: do quindi atto al relatore ed ai colleghi che più di questo non si poteva fare e - scusatemi per l'immodestia - mi metto anch'io fra coloro che hanno lavorato, perché, anche se non si interviene, spesso è più pesante ascoltare anziché parlare.

Per quanto riguarda l'articolo 101, abbiamo esplicitato il nostro pensiero con la presentazione degli emendamenti che sottoponiamo all'attenzione della Commissione. È inutile che dica quanto viene proposto con l'emendamento V.101.14, nel quale si fa riferimento a come si dovrebbe svolgere il procedimento penale, secondo i principi di oralità, contraddittorio, parità tra le parti e terzietà del giudice. Mi sembra infatti di sfondare una porta aperta, perché sotto questo aspetto siamo stati tutti abbastanza precisi e determinati a raggiungere quello che è uno degli obiettivi principali della riforma; un obiettivo cardine, perché non è giusto che nella Carta costituzionale non vi sia un riferimento specifico ad un problema che investe il cittadino dal momento in cui nasce a quello in cui muore e che una Carta costituzionale che vuole essere posta a base della vita del cittadino non può trascurare.

L'emendamento Parenti V.101.15, riferito allo stesso articolo, prevede che le autonomie locali provvedano ad istituire uffici di assistenza legale per i meno abbienti: è un'esigenza che poniamo all'attenzione della Commissione, perché riteniamo che la tutela dei meno abbienti, nella situazione in cui viviamo, a Costituzione vigente, sia soltanto un pronunciamento di principio, che non è mai passato alla fase di attuazione. Infatti, certi tipi di rimborso dell'assistenza legale ed il famoso gratuito patrocinio sono molto difficili da realizzare e peraltro non sono mai stati concretamente realizzati. Mentre ci troviamo di fronte ad un assurdo pressoché totale: abbiamo i cosiddetti collaboratori di giustizia che godono dell'assistenza degli avvocati pagati dallo Stato per decine e decine di miliardi all'anno; basta guardare i bilanci, anche se per la verità questi sono un po' come l'araba fenice perché non si riesce a capire dove stiano. Vi è comunque una realtà di colleghi avvocati che presentano allo Stato parcelle per la difesa di collaboratori di giustizia che raggiungono cifre di miliardi, visto che ciascuno di essi assiste trenta, quaranta, cinquanta collaboratori di giustizia.

Per la verità è già molto sopportare che venga tolto il regime dell'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario a Giovanni Brusca, o pensare che uno che si è confessato autore di cinquanta omicidi possa essere pagato dallo Stato, ma che si vada a pagare anche il legale che lo assiste mi sembra veramente il colmo! Ecco perché ci siamo permessi di richiamare un principio che gradiremmo trovasse ospitalità nella Carta costituzionale: ritengo che veramente si debba parlare di parità dei cittadini di fronte alla legge, parità che è stata violata e lesa quotidianamente dal comportamento di chi tira fuori leggi che vengono definite di congiuntura, ma che di fatto sono ordinarie e applicabili in qualsiasi momento.

Passando all'articolo 103, sempre sulla base della logica cui facevo riferimento, abbiamo pensato ad un emendamento che stabilisse definitivamente a cosa la giurisdizione amministrativa debba interessarsi e di cosa debba occuparsi la giurisdizione contabile, nonché come dovrebbero essere esercitate e da chi: dai giudici delle Corti di giustizia in primo grado e dall'Alta corte di giustizia amministrativa e contabile in secondo grado - così abbiamo ritenuto di definirla -; anche il nostro emendamento V.103.20 è dunque proposto sulla base della logica che ci ha guidato fin dal primo tentativo di mostrare quanto era nelle nostre intenzioni e dal primo emendamento presentato.

Abbiamo aggiunto l'emendamento Lisi V.103.12, riferito alla condizione preesistente: con esso prevediamo che la legge assicuri criteri di separazione fra le funzioni di consulenza e di controllo e le funzioni giurisdizionali amministrative e contabili. Con l'emendamento V.103.11, la logica è sempre la stessa: si richiede all'articolo 103 il ripristino di quanto è scritto nella Costituzione con riferimento ai tribunali militari in tempo di pace. Riteniamo che sia un grosso contributo da parte di una giustizia specializzata che è bene rimanga perché innanzitutto ci eviterebbe che la magistratura fosse impegnata ...

MARCO BOATO, Relatore sul sistema delle garanzie. Lei sa che non lo evita, perché il tribunale militare che attualmente indaga sui fatti della Somalia ha dovuto di sua iniziativa trasmettere una parte degli atti alla magistratura ordinaria: quindi, non si evita questo problema.

ANTONIO LISI. Si tratta solo di una parte degli atti. comunque, vi sono delle qualificazioni giuridiche di reato che non rientrano e non rientreranno mai nella competenza della giustizia ordinaria e, a mio avviso, è bene che rimangano di competenza della giustizia militare perché solo chi vive in quella dimensione riesce a comprendere al meglio come si possa amministrare la giustizia militare. È comunque il nostro modo di interpretare questa necessità.

Per quanto riguarda l'articolo 104, abbiamo sottoscritto insieme a tutti i colleghi del Polo una proposta nella quale è contenuto quanto riteniamo si debba prevedere con riferimento al Consiglio superiore dei giudici ordinari. È inutile che stia a ripetere quanto hanno già detto i colleghi: prevediamo tre Consigli superiori per magistratura ordinaria, amministrativa e del pubblico ministero. La proporzione delle nomine è stata ribadita più volte e non vi tornerò sopra: sotto questo aspetto non vi è nulla di nuovo. Il riferimento alla giustizia amministrativa e contabile lo abbiamo riportato, insieme con il collega Maceratini, nell'emendamento V.104-bis.14, laddove prevediamo, differenziandoci dall'impostazione dell'emendamento sottoscritto dall'onorevole Parenti e da altri colleghi del Polo, che del Consiglio superiore della magistratura amministrativa facciano parte di diritto il presidente ed il presidente aggiunto dell'Alta corte di giustizia amministrativa e contabile. La presenza anche del presidente aggiunto si comprende se si pensa che, nel momento in cui le due magistrature abbiano trovato un momento di intesa o comunque siano collegate in un certo tipo di attività, vi sarà un presidente dell'Alta corte di giustizia amministrativa e vi sarà certamente un rappresentante della giustizia contabile, che sarà probabilmente il presidente aggiunto. Questo nel quadro di una previsione organica sotto l'aspetto che abbiamo ritenuto di sottolineare.

Quanto all'articolo 105-bis, chiediamo che venga previsto un Consiglio di disciplina delle magistrature: ne sono state largamente spiegate le ragioni dai colleghi che sono intervenuti in precedenza. Insieme con il collega Maceratini, nell'emendamento V.105-bis.14 abbiamo previsto qualcosa di leggermente diverso come proposta subordinata, se così si può dire, perché l'emendamento principale è il Parenti V.105-bis.12, sottoscritto da tutti i colleghi del Polo. L'onorevole Boato definisce l'organo cui dovrebbero spettare i provvedimenti disciplinari come Corte di giustizia della magistratura: nell'emendamento V.105-bis.14, cui facevo riferimento, prevediamo che la Corte (come la chiama il relatore nella sua proposta) sia formata da sei giudici ordinari, tre giudici amministrativi e due magistrati del pubblico ministero; inoltre che le norme dei rispettivi ordinamenti giudiziari stabiliscano criteri obiettivi e predeterminati per la nomina, a rotazione, dei componenti della Corte. È certamente una novità rispetto all'impostazione dell'altro emendamento, che può anche racchiudersi in pochissime battute, cioè nella richiesta di soppressione del terzo, quarto e quinto comma. Riteniamo che, se da una parte si chiede che via sia un aumento di giudici, o che si mantenga la Costituzione vigente, che al massimo si giunga a due terzi ed un terzo, oppure come si pensava prima a tre quinti e due quinti, a questo punto il discorso riguardi comunque e sempre l' elezione da parte dei vari magistrati dei loro rappresentanti nel Consiglio di disciplina. È cioè comunque un problema di elezione, certamente inquadrata in un aspetto che è sempre stato politico e che sarebbe stato ancora più politico nel momento in cui si sarebbero andati a confrontare i tre terzi eletti dai magistrati ed i due terzi eletti dal Parlamento. Restava però, ripeto, il problema dell'elezione, che noi riteniamo di dover superare. Quindi, nella speranza di eliminare quella corsa all'inquadramento politico che quotidianamente avviene in magistratura (chiunque dica che così non è evidentemente non guarda verso la realtà) occorreva individuare un meccanismo praticabile: al limite gli ordinamenti possono anche prevedere una rotazione o un sorteggio...

MARCO BOATO, Relatore sul sistema delle garanzie. L'emendamento che precede il suo, presentato dall'onorevole D'Amico, prevede esattamente il sorteggio.

ANTONIO LISI. Appunto.

Con riferimento all'articolo 106 abbiamo presentato l'emendamento V.106.15, pressoché identico a quello sottoscritto dai colleghi del Polo. Si fa riferimento ai concorsi differenziati, tendendo di fatto a separare la carriera dei giudici da quella dei pubblici ministeri. Il riferimento presente nella bozza del relatore mi preoccupa. Prevede il testo: «Tutti i magistrati ordinari esercitano inizialmente funzioni giudicanti per un periodo di tre anni al termine del quale il Consiglio superiore della magistratura ordinaria a sezioni riunite li assegna all'esercizio di funzioni giudicanti ovvero inquirenti, previa apposita formazione e valutazione di idoneità».

Se da una parte, con questa proposta, si raggiunge lo scopo di vedere applicato un vincitore di concorso ad un collegio per svolgere funzioni e pratica da giudicante, conferendo la certezza di una preparazione che può portarlo ad essere più vicino alle esigenze di una giustizia diversa da quella amministrata fino ad oggi, dall'altra si pongono grossi problemi. Infatti, dopo tre anni di funzioni giudicanti, quale preparazione il magistrato potrà avere in prospettiva dell'esercizio di funzioni inquirenti? Sarebbe più opportuno, allora, prevedere un analogo periodo di pratica inquirente, per dare al vincitore di concorso la possibilità di acquisire la mentalità e per garantire poi la possibilità di una scelta definitiva per chi avesse maturato un'esperienza completa.

Questo passaggio, quindi, non ci convince. Tuttavia, poiché il nostro progetto tende a separare i concorsi, almeno per il momento il problema non si pone.

Sono queste le considerazioni che ho voluto sottoporre alla Commissione nella consapevolezza che la discussione andrà ancora avanti per dar vita ad una Costituzione che rispecchi non solo i nostri desideri ma - mi si consenta - i desideri dei cittadini.

MARCO BOATO, Relatore sul sistema delle garanzie. Ovviamente sarebbe folle da parte mia pensare di svolgere una replica rispetto alla mole di argomenti che è stata sviluppata nella discussione di oggi.

Mi limiterò pertanto a ringraziare tutti i colleghi intervenuti, anche coloro che in questo momento non sono più presenti. Ringrazio sia coloro che si sono dichiarati d'accordo con la mia proposta sia coloro che hanno dissentito.

Mi spetta ora il compito di formulare un'ulteriore proposta, con la quale saranno recepite alcune delle proposte emendative presentate e saranno invece confermate altre parti del testo. Sarà la sesta elaborazione, ma sono molto più ottimista di qualche collega che ha parlato da ultimo. Credo che la fecondità del lavoro che abbiamo svolto insieme sarà comunque valutata alla fine del nostro percorso: almeno me lo auguro.

Dovendo cominciare le votazioni su questa materia nella seduta pomeridiana di mercoledì 25 giugno, penso realisticamente che entro la serata di martedì potrò presentare la nuova proposta elaborata: in larghissima parte riprodurrà quella che già i colleghi conoscono, mentre in altra parte terrà conto delle sollecitazioni modificative che sono state avanzate. I colleghi potranno così presentare eventuali subemendamenti, che saranno presi in esame nella seduta di mercoledì.

Ovviamente il testo base non sarà riscritto, anche per rispetto al lavoro emendativo che i colleghi hanno svolto. Proporrò un'eventuale riformulazione per i punti sui quali ictu oculi apparirà che le formulazioni proposte potranno comunque costituire una base di riferimento più adeguata (quello che abbiamo svolto tutti insieme è infatti un work in progress, del quale vi ringrazio). Così i colleghi non saranno costretti a riscrivere nuovamente i loro emendamenti. Ripeto: in larghissima parte il testo sarà quello che abbiamo già esaminato; le eventuali nuove formulazioni terranno conto del dibattito di oggi, altrimenti la discussione odierna sarebbe stata inutile. Ma, come voi sapete, nessun dibattito da noi svolto fino ad oggi è stato inutile.

Ringrazio nuovamente il presidente e tutti i colleghi.

PRESIDENTE. Ringrazio il relatore ed i coraggiosi rari nantes ancora presenti.

La Commissione è convocata lunedì 23 giugno 1997, alle 15.30, per il seguito dell'esame della parte relativa al Parlamento e le fonti normative.

La seduta termina alle 20.40.

 



 

COMMISSIONE PARLAMENTARE

PER LE RIFORME COSTITUZIONALI

 

RESOCONTO STENOGRAFICO

 

 

51.

 

Seduta POMERIDIANA

DI GIOVEDì 26 GIUGNO 1997

 

presidenza del presidente MASSIMO D’ALEMA

 

La seduta comincia alle 15.50.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Seguito dell'esame dei progetti di legge di revisione della parte seconda della Costituzione.

(omissis)

MARCO BOATO, Relatore sul sistema delle garanzie. Passando all'esame dell'articolo 101, come tutti sapete, entriamo - per così dire - nel titolo IV della Costituzione, che riguarda la magistratura. Finora siamo rimasti nell'ambito del titolo III, il cui ultimo articolo è il 100, riferito agli organi consultivi di Governo. Si apre, quindi, un tipo di discussione in parte diversa da quella svolta fino a qualche minuto fa, che riprenderemo nel momento in cui esamineremo l'articolo 103.

Come i colleghi sanno, sull'articolo 101, in particolare sul secondo comma, si è svolta un'ampia discussione sia in Comitato, sia in Commissione, sia al di fuori del Parlamento.

Per ragioni di brevità, vorrei prima illustrare il mio emendamento V.101.23, che riguarda non il secondo ma il terzo, il quarto ed il quinto comma, con riferimento ai quali propongo una soppressione puramente tecnica. In pratica, ripropongo i commi tre, quattro e cinque (quest'ultimo con una formulazione diversa) con riferimento all'articolo 110-ter. Ho ritenuto fondate le proposte di vari colleghi, avanzate nel Comitato e anche fuori di esso, i quali considerano importantissima la materia disciplinata dai commi tre, quattro e cinque, ma che tuttavia, ritengono, per ragioni sistematiche, che sia più opportuno collocare la disciplina di questa materia nella sezione II del titolo IV, che concerne le norme sulla giurisdizione. Pertanto, soltanto per ragioni tecnico-sistematiche, propongo una soppressione tecnica di questi commi, rinviando la loro discussione alla fase in cui si esaminerà l'articolo 110-ter, che riprende integralmente il terzo ed il quarto comma, nonché un altro comma dell'articolo 111, riferito per ragioni sistematiche all'articolo 110-ter, oltre alla disposizione, configurata come ultimo comma, in tema di difesa dei non abbienti.

A questo punto, suggerisco ai colleghi ed al presidente di non aprire la discussione su tali questioni e di rinviarne l'esame sistematico al momento in cui tratteremo gli articoli 110-bis, 110-ter e il nuovo 111, intendendo comunque che, a partire dall'articolo 110-bis, si entra nella sezione II del titolo IV. Oggi, la sezione II comincia con l'articolo 111 (Norme sulla giurisdizione); nel nuovo testo, se sarà approvato, la sezione II comincerà con l'articolo 110-bis, che sarà il nuovo articolo 111. In sostanza, ci troviamo nell'ambito delle norme sulla giurisdizione.

La questione più delicata e complessa, sulla quale immagino che si aprirà un'ampia ed importante discussione, riguarda il secondo comma dell'articolo 101. Con riferimento a quest'ultimo, gli emendamenti presentati prospettano sostanzialmente tre soluzioni. Anzitutto, vorrei richiamare l'emendamento Parenti V.101.13, che impropriamente il presidente riteneva avessi recepito nel mio emendamento (non è così), che propone un diverso tipo di struttura, che credo sia opportuno spiegare, in particolare ai colleghi che non hanno partecipato ai lavori del Comitato sul sistema delle garanzie. L'emendamento Parenti propone, sostanzialmente, di confermare l'attuale testo della Costituzione, unificando l'attuale secondo comma dell'articolo 101 con il quarto comma dell'articolo 107 a Costituzione vigente ed aggiungendo, dopo le parole «norme sull'ordinamento giudiziario», le seguenti: «che assicurano altresì l'unità d'azione e il coordinamento interno tra i diversi uffici del pubblico ministero». In questo emendamento, firmato, oltre che dall'onorevole Parenti, anche da Pera, Loiero, Greco, Lisi, Maceratini e Buttiglione, si prescrive anzitutto che «I giudici sono soggetti soltanto alla legge»...

TIZIANA PARENTI. La interrompo per precisare che, con riferimento all'ultimo periodo, ho presentato un subemendamento al suo emendamento.

MARCO BOATO, Relatore sul sistema delle garanzie. La ringrazio; lo esamineremo tra poco.

Il secondo periodo dell'emendamento Parenti recita: «I magistrati del pubblico ministero godono delle garanzie stabilite nei loro riguardi dalle norme sull'ordinamento giudiziario (...)». Se si eccettua l'espressione «I magistrati del», si tratta sostanzialmente del quarto comma dell'attuale articolo 107. Si aggiunge inoltre: «(...) norme sull'ordinamento giudiziario, che assicurano altresì l'unità di azione ed il coordinamento interno tra i diversi uffici del pubblico ministero».

Il secondo emendamento d'impianto - diciamo così - riferito al secondo comma è l'emendamento Zecchino V.101.9, che sostanzialmente conferma l'attuale secondo comma previsto in Costituzione, nel momento in cui sancisce che «I giudici sono soggetti soltanto alla legge». In questo caso non vi è soltanto un riferimento alle norme sull'ordinamento giudiziario, per quanto riguarda i pubblici ministeri, ma si afferma anche - per la prima volta in Costituzione - che «I magistrati del pubblico ministero sono indipendenti da ogni potere», aggiungendo altresì che essi «godono delle garanzie stabilite nei loro riguardi dalle norme dell'ordinamento giudiziario». Anche questo emendamento, firmato dai colleghi Zecchino e Bressa, affronta la questione del coordinamento nei seguenti termini: «Tali norme» - cioè quelle dell'ordinamento giudiziario - «assicurano altresì il carattere unitario dell'attività di ciascun ufficio ed il coordinamento tra gli uffici del pubblico ministero».

Il terzo emendamento essenziale di collocazione - ovviamente, su questa materia ne sono stati presentati altri - è l'emendamento V.101.6, firmato da Salvi, Mussi, Folena, Pellegrino, Russo, Senese e molti altri colleghi - forse tutti - del gruppo della sinistra democratica. Il testo base adottato dalla Commissione, che anche se in varie formulazioni ho sempre riproposto fin dall'inizio dei nostri lavori, prevede che i giudici e i magistrati del pubblico ministero siano soggetti soltanto alla legge, quindi omologando i magistrati del pubblico ministero ai giudici nella sottoposizione soltanto alla legge. Sempre nel testo base aggiungevo, però, che le norme sull'ordinamento giudiziario assicurano il coordinamento interno e l'unità di azione degli uffici del pubblico ministero.

L'emendamento Salvi V.101.6 propone di sostituire, al secondo comma, il secondo periodo con il seguente: «Le norme sull'ordinamento giudiziario stabiliscono le misure idonee ad assicurare il coordinamento interno dei singoli uffici del pubblico ministero nonché il coordinamento, ove necessario, delle attività investigative dei vari uffici del pubblico ministero».

FAUSTO MARCHETTI. Se lei spiega tutti gli emendamenti, ci spieghi anche i nostri, almeno ci risparmia!

MARCO BOATO, Relatore sul sistema delle garanzie. Collega Marchetti, se vuole spiego anche i suoi, ma volevo, in qualche modo, segnare...

FABIO MARCHETTI. Non mi interessa.

MARCO BOATO, Relatore sul sistema delle garanzie. Arriverò a spiegare il mio emendamento ma sto cercando di farlo in relazione ai testi a cui ho fatto riferimento. Se me lo permettete, visto che è un tema delicatissimo, lo faccio con una certa tranquillità.

PRESIDENTE. Il relatore Boato spiega gli emendamenti ai quali si è riferito e dai quali ha tratto spunto per il suo emendamento. È una spiegazione della genesi del suo emendamento, non è che voglia illustrarne alcuni e altri no. In questo senso, approfitto per dire che, effettivamente, ho formulato un giudizio sbrigativo rispetto al carattere dell'emendamento del relatore.

MARCO BOATO, Relatore sul sistema delle garanzie. Comunque, siccome non mi costa nulla, i colleghi Cossutta, Bertinotti, Salvato e Marchetti propongono di sopprimere il secondo periodo del comma 2 dell'articolo 101 come da me proposto (Interruzione della senatrice Salvato). Mi avete chiesto di dar conto anche delle vostre posizioni. Ne darete conto voi meglio di me. Io sto facendo riferimento ai testi con cui mi sono misurato con un nuovo emendamento.

FAUSTO MARCHETTI. Lo avevamo capito!

MARCO BOATO, Relatore sul sistema delle garanzie. Allora non occorreva interrompere, collega Marchetti, anche perché stiamo tutti lavorando da questa mattina alle 9,30.

Io mi sono fatto carico di due ordini di problemi. Il primo riguarda l'esterno. Nonostante il testo che avevo proposto, e che verrà ripristinato se non verrà accolto il mio nuovo emendamento (ritorna in vita il testo base se viene bocciato il mio emendamento), all'esterno - e mi riferisco anche al mondo della magistratura - si è fatto finta, salvo rare eccezioni, di non accorgersi di questa fondamentale novità in Costituzione, nel senso che per tre mesi sono continuate le accuse al testo base di voler sottoporre il pubblico ministero all'esecutivo. Per tre mesi ho sentito ripetere questa affermazione, prescindendo totalmente dal testo base che per cinque volte avevo confermato con la proposta di omologare il pubblico ministero al giudice nella sottoposizione soltanto alla legge. Come non fosse stato mai scritto! Si è continuato a dire che si voleva sottoporre il pubblico ministero all'esecutivo.

MARIO GRECO. Non in quest'aula.

MARCO BOATO, Relatore sul sistema delle garanzie. Ho detto fuori di qua, collega Greco. Per una volta faccio un riferimento esterno.

Ho preso atto che, evidentemente, questa radicale novità che io proponevo di introdurre in Costituzione - che continuo a riproporre in formulazione diversa - non interessava.

Dall'interno di questa Commissione, da vari gruppi, sia dell'opposizione sia della maggioranza - ma questo criterio vorrei tenerlo fuori da qui - ho invece avuto un'obiezione che ritengo più fondata (Interruzione del senatore Rotelli). È quello che sto dicendo, collega Rotelli. L'ho detto e nello stesso momento ho aggiunto che non era questo il criterio con cui io avevo lavorato. E questo tutti lo sanno, compreso lei.

PRESIDENTE. Era un'espressione puramente topografica, non politica.

MARCO BOATO, Relatore sul sistema delle garanzie. Io voglio proporvi di rafforzare l'indipendenza del pubblico ministero rispetto alla Costituzione vigente, dove il giudice è sottoposto soltanto alla legge e per le garanzie del pubblico ministero si rinvia alla legge ordinaria, perché le norme sull'ordinamento giudiziario sono legge ordinaria. Ho ritenuto fin dall'inizio e continuo a ritenere che bisogna rafforzare le garanzie dell'indipendenza del pubblico ministero, ma mi si è obiettato, non senza fondamento, che la formulazione da me proposta era tecnicamente discutibile, perché il giudice è un singolo - e per questo la Costituzione vigente lo sottopone soltanto alla legge - mentre il pubblico ministero fa parte di un ufficio, tant'è vero che vi sono il procuratore capo della Repubblica e i sostituti procuratori della Repubblica. Nel testo da me proposto per cinque testi base, per cinque bozze, sottoponendo il pubblico ministero soltanto alla legge si rischiava di garantire non solo l'indipendenza del pubblico ministero ma una sorta di autarchia, di avulsione del singolo pubblico ministero dall'ufficio di cui fa parte. Eppure, fa invece parte di un ufficio: l'ufficio della procura della Repubblica.

Sono giunto alla conclusione. Ho voluto farvi capire che non è un'operazione banale quella che ho cercato di fare dopo aver ascoltato le critiche per tre mesi. Ho ritenuto che non il testo della collega Parenti, che ha una sua legittimità e una sua coerenza, ma il testo del collega Zecchino per la prima parte e il testo del collega Salvi ed altri per la seconda parte potessero, combinati insieme, con un equilibrio fra le questioni che vi ho sollevato, rafforzare l'indipendenza del pubblico ministero in Costituzione, ma con una formula diversa da quella da me originariamente adottata; ho ritenuto che si potessero affrontare le questioni del coordinamento senza ripristinare o affermare in Costituzione una gerarchizzazione indebita (in questo caso mi riferisco, in particolare, al testo Salvi, che mi sembra affronti con correttezza questa parte).

Mi sono riproposto di cercare un punto di equilibrio fra queste posizioni, che in qualche modo recepiscono anche delle critiche venute dalla collega Parenti (lei stessa, come altri, ha sin dall'inizio criticato la formulazione da me adottata), però propongo di adottare la seguente diversa formulazione: i giudici sono soggetti soltanto alla legge, quindi vi è una distinzione tra giudici e pubblico ministero; i magistrati del pubblico ministero sono indipendenti da ogni potere, quindi si rafforza l'indipendenza del pubblico ministero rispetto alla Costituzione vigente (non c'è nessun rischio, anzi vi è una barriera invalicabile rispetto alla sottoposizione del pubblico ministero al condizionamento dell'esecutivo o di chiunque altro); i magistrati del pubblico ministero sono comunque indipendenti da ogni potere (e questo è scritto in Costituzione per la prima volta) e godono delle garanzie (si potrà trovare un'altra formulazione, perché ho visto che qualcuno ha proposto dei subemendamenti al riguardo sui quali sono apertissimo) o delle ulteriori garanzie, dovremmo dire a questo punto, stabilite nei loro riguardi dalle norme sull'ordinamento giudiziario.

Per la parte che riguarda l'esigenza del coordinamento ho fatto mia la formulazione dell'emendamento Salvi V.101.6, per il quale le norme dell'ordinamento giudiziario assicurano altresì il coordinamento interno dell'ufficio del pubblico ministero e il coordinamento, ove necessario, delle attività investigative tra gli uffici del pubblico ministero. Questa ultima parte fa salva la necessità di garantire una copertura costituzionale alla procura nazionale antimafia, perché se noi prevedessimo solo il coordinamento all'interno del solo ufficio del pubblico ministero e non, quanto meno per le attività investigative, quando necessario, tra i diversi uffici del pubblico ministero, renderemmo incostituzionale la procura nazionale antimafia. Mi sono quindi fatto carico, utilizzando la formulazione Salvi ed altri, di questa duplice esigenza: coordinamento interno dell'ufficio singolo e coordinamento, ove necessario, delle attività investigative tra i diversi uffici.

Dal punto di vista linguistico-letterale questo impianto utilizza una parte dell'emendamento Zecchino e una parte dell'emendamento Salvi; dal punto di vista sostanziale recepisce anche critiche che sono state sollevate dalla collega Parenti e da altri, ma dà una formulazione tecnico-giuridica diversa da quella dell'emendamento Parenti. Le diversità principali sono che qui si afferma in Costituzione l'indipendenza del pubblico ministero da ogni potere (e poi si rinvia anche alle norme dell'ordinamento giudiziario) e si formula l'esigenza del coordinamento dell'ufficio e, ove necessario, tra gli uffici con una formulazione che non sia sospetta di voler introdurre controlli gerarchici dall'alto, di carattere eccessivo rispetto allo svolgimento della funzione della pubblica accusa.

Questo è il significato dell'emendamento V.101.22, che a mio parere (sarete voi a deciderlo con il voto e con il dibattito) rappresenta un punto di positivo equilibrio tra le diverse posizioni. Inoltre, ripeto, la cosa più importante è che si fa carico delle critiche che io ho ricevuto alla mia originaria formulazione per cinque bozze, critiche fondate dal punto di vista della formulazione tecnica; però si fa carico anche delle altre esigenze e a mio parere questa è una posizione di equilibrio. Se questa posizione di equilibrio non venisse riconosciuta dal voto della Commissione, è ovvio che si tornerebbe a discutere del testo base e dei relativi emendamenti.

SERGIO MATTARELLA. Vorrei avanzare una proposta, sperando che possa costituire un punto di incontro, nel momento in cui ci avviciniamo - mancano tre giorni ancora - al termine del nostro lavoro, su un tema sul quale sono evidenti le divisioni, le tensioni, le difficoltà di intese, almeno a questo momento. Vi è un testo esitato dal Comitato, presentato dal relatore e adottato come testo base dalla Commissione otto giorni addietro, che a quanto pare non incontra il pieno favore di alcuno, a giudicare dagli emendamenti che da ogni parte tendono a correggerlo in punti anche significativi e rilevanti. Lo stesso relatore ha chiesto di correggerlo, su input degli altri emendamenti; è evidente che nessuna parte si riconosce appieno in quel testo base, tanto da chiedere, ripeto, di correggerlo in punti anche significativi ed importanti.

La proposta che vorrei avanzare è di mantenere il testo base, qui delibato ed adottato con un voto, facendone oggetto della nostra approvazione, e trasferendo automaticamente tutti gli emendamenti delle varie parti assieme a quelli che verranno presentati a luglio, cioè già considerandoli tutti presentati per luglio, per l'esame al quale dovremo procedere sulla base degli emendamenti che a luglio verranno presentati. In questo modo, ciascun gruppo mantiene le riserve, le esigenze di correzione, i dubbi e le distanze che avverte rispetto al testo base; si lasciano inalterate queste posizioni, senza che nessuno rinunci a nulla ma trasferendo queste posizioni con gli emendamenti per luglio e sottolineando solennemente, formalmente, le riserve, le critiche e le istanze.

In questo modo inviamo alle Camere un testo già delibato, su cui nessuno in realtà si riconosce per intero, e tra due mesi torneremo a decidere su questo testo e sulle modifiche da apportarvi, secondo le posizioni oggi espresse, affrontando quel confronto sugli emendamenti presentati che oggi si profila difficile.

PRESIDENTE. Chiedo ai colleghi se intendano pronunciarsi sulla proposta dell'onorevole Mattarella.

MARCELLO PERA. Non sono d'accordo con questa proposta. È indubbio che ci troviamo di fronte ad un problema assai difficile e controverso, che ha impegnato per mesi la discussione del Comitato e che poi ha anche impegnato parte della discussione generale. Non riterrei politicamente responsabile per la Commissione bicamerale lasciare al Parlamento un problema insoluto come questo, anche perché noi dovremmo dire che ogni volta che ci troviamo di fronte ad un problema fondamentale, importante, su cui si registra legittima differenza di opinioni, non prendiamo decisioni e consegniamo tutto al Parlamento. Questo non l'abbiamo mai fatto. Credo che sia più rispondente alla sede in cui stiamo operando discutere, delibare, pensare e finalmente votare, dividendoci.

Per questa ragione non aderisco alla proposta dell'onorevole Mattarella. Preferisco che questo problema, come del resto altri che si presenteranno, venga discusso oggi.

SERGIO MATTARELLA. Con il suo consenso, presidente, vorrei fornire un chiarimento al senatore Pera. Non ho proposto che la Commissione non decida. Noi dovremo tornare a decidere in questa sede, come Commissione, sugli emendamenti presentati a luglio e dovremo comunque farlo prima che il testo passi all'esame delle Assemblee.

MARCELLO PERA. Mi scusi, presidente, ma a questo punto devo fare una controproposta, se questa è la replica dell'onorevole Mattarella. Se noi consegnassimo al Parlamento non il solo testo base del relatore Boato, ma il testo come emendato dallo stesso relatore, che tiene in considerazione tutti gli emendamenti presentati da una parte e dall'altra dopo la discussione generale, potremmo dire che la Commissione consegna al Parlamento, avendolo approvato, un unico testo. In caso contrario, se cioè dovessimo risalire al testo base originario, il quale non tiene conto della discussione e quindi dell'ulteriore testo presentato dal relatore Boato, dovrei continuare ad esprimere il mio disaccordo.

PIER FERDINANDO CASINI. Credo che siamo in presenza di due affermazioni che ci dobbiamo sforzare un po' tutti reciprocamente di capire. Comprendo la posizione dell'onorevole Mattarella e la ratio della sua proposta, tesa a superare difficoltà che pure vi sono state da una parte di questa Commissione e ad aprire un confronto che poi avrà un esito finale di chiarimento su molti punti nelle aule parlamentari. D'altronde, il senatore Pera pone un altro problema non secondario, quello di un'integrazione che su iniziativa del relatore è già stata apportata sul testo dello stesso relatore.

Credo che questo dibattito alla luce del sole che avviene in Commissione sia il nocciolo della questione di questa sera, per cui, piuttosto che andare avanti in ordine sparso prorogando il dibattito, chiederei dieci minuti di sospensione su questo punto, perché credo sia indispensabile alla luce del sole un contatto tra i gruppi e una decisione finale.

Direi che il problema non è dato nemmeno dalle singole proposte emendative, ma dalla questione politico-procedurale che c'è davanti.

PRESIDENTE. Anzitutto vorrei ricordare che non abbiamo di fronte a noi quattro giorni. In primo luogo perché votando abbiamo deliberato in questa sede di concludere l'esame degli articoli entro la giornata di oggi; in secondo luogo perché al di là di questo riferimento che potrebbe avere un carattere formale, per ragioni assai più sostanziali abbiamo assolutamente bisogno di concludere l'esame degli articoli nella giornata di oggi, in quanto è essenziale nei prossimi giorni fare un'opera di coordinamento del testo, di stesura delle relazioni, per essere nelle condizioni di rispettare le scadenze previste dalla legge costituzionale, ossia di consegnare lunedì il testo sul quale voteremo una delibera di trasmissione alle Camere.

Quindi da questo punto di vista siamo effettivamente in una condizione, anche sotto il profilo dell'organizzazione del nostro lavoro, che definirei di emergenza. Abbiamo da esaminare tredici articoli complessi, molti emendamenti; dopo l'introduzione dell'onorevole Boato, prima ancora che aprissi il dibattito c'erano già tredici iscritti a parlare! È anche difficile impedire di parlare su temi di questo tipo.

Questo significa che se proseguissimo normalmente nell'esame di questo testo andremmo verso una seduta molto convulsa, molto difficile; il che è sempre possibile.

Vorrei anche dire che è normale - ci sono numerosi precedenti - che nel lavoro delle Commissioni referenti, apprezzato il limitato tempo a disposizione, l'alto numero di emendamenti e di iscritti a parlare, il presidente possa porre in votazione il testo senza procedere ulteriormente all'esame degli emendamenti. Questo rientra nelle facoltà del presidente di una Commissione referente; come ho detto, ci sono numerosi precedenti di procedure di questo tipo decise dal presidente nell'esercizio dei suoi poteri.

Mi rendo però conto che siamo di fronte ad una questione la quale ha una delicatezza politica che non consente al presidente di esercitare i suoi poteri e di decidere autonomamente. Comunque, io non ritengo di farlo, non mi sembrerebbe giusto...

GIUSEPPE CALDERISI. Si possono contingentare i tempi articolo per articolo.

PRESIDENTE. Grazie, Calderisi, non ci avevamo pensato.

Mi sembra che sulla proposta avanzata dall'onorevole Mattarella sia giusto che la Commissione si pronunci votando, che in qualche modo il presidente registri un orientamento prevalente, non volendo imporre una propria volontà, esercitare una propria personale facoltà.

Vorrei tuttavia sottolineare un punto che mi interessa dato che tengo al lavoro di questa Commissione. Intanto, non mi sembra si possa dire che questa Commissione non abbia esaminato, votato, non si sia divisa su un'infinità di problemi controversi; rinvio ai verbali! La proposta di Mattarella certamente non sottrae alla Commissione l'esame di questa materia e neppure degli emendamenti che sono alla nostra attenzione. D'altro canto, l'onorevole Mattarella ha proposto che gli emendamenti non presi in esame si considerino come già presentati al testo per essere esaminati e votati nella fase successiva.

La fase referente si concluderà quando trasmetteremo alle Camere il testo definitivo per le Assemblee, cioè dopo il secondo esame degli emendamenti che la procedura prevista dalla legge costituzionale istitutiva della nostra Commissione prevede venga fatto nei trenta giorni successivi alla presentazione degli emendamenti da parte dei parlamentari.

Da questo punto di vista, la Commissione non si spoglierebbe del diritto-dovere di esaminare e di votare gli emendamenti che sono di fronte a noi.

Mi permetto di dire che non avrei nessuna difficoltà - anche a tale riguardo ci sono dei precedenti - ad integrare il testo con gli emendamenti del relatore. Sotto il profilo formale lo si potrebbe fare, ma questo è un problema di carattere sostanziale: lo si potrebbe fare qualora vi fosse consenso. Se al contrario su questi emendamenti non vi fosse un radicato e diffuso consenso, allora credo sarebbe ragionevole proseguire nell'esame normale, perché sarebbe difficile in unica soluzione modificare il testo introducendovi norme e principi che non siano largamente condivisi, come devo supporre dai diversi subemendamenti presentati in termini non tanto di numero quanto di qualità. È per questo, per una ragione sostanziale non formale, che ritengo che, qualora non venga largamente condivisa, l'ipotesi suggerita dall'onorevole Mattarella sia difficilmente accoglibile.

Detto questo per precisare e sottolineando ancora che a mio giudizio la Commissione deve pronunciarsi con un voto sulla proposta, perché non mi sento, non riterrei giusto deliberare sulla base dei miei poteri, se l'onorevole Casini ritiene che per formare un orientamento sia necessaria una sospensione di dieci minuti...

PIER FERDINANDO CASINI. Ho fatto una proposta costruttiva; se lei ritiene giusto accelerare...

PRESIDENTE. Se lei insistesse, sarei propenso ad accogliere la sua proposta.

PIER FERDINANDO CASINI. Insisterei, perché credo che siano utili dieci minuti di consultazione anche tra i capigruppo.

PRESIDENTE. Metterò in votazione la proposta Mattarella alle 22.

ROBERTO MARONI. Presidente, questa sospensione serve per la riunione dell'ufficio di presidenza o per la libera consultazione dei segretari...

PRESIDENTE. La consultazione di chi vorrà consultarsi; anche lei se vorrà farlo...

ROBERTO MARONI. Non è riunito l'ufficio di presidenza...

PRESIDENTE. Dovendosi votare sulla proposta nella Commissione, l'ufficio di presidenza non ha nessun compito, dato che il presidente ha deciso di non avvalersi delle facoltà che il regolamento gli consente. Sarà la Commissione a decidere, non io né l'ufficio di presidenza.

La seduta, sospesa alle 21.45, è ripresa alle 22.5.

PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Casini.

PIER FERDINANDO CASINI. Presidente, colleghi, noi avremmo certamente preferito completare i lavori su questa materia fondamentale, alla quale abbiamo dedicato grande attenzione fin dall'inizio dell'attività della Commissione bicamerale. C'è pertanto amarezza rispetto a quello che sarebbe stato negli auspici del Polo, ma c'è anche un senso di responsabilità che ci induce a prendere in considerazione con grande attenzione la proposta del collega Mattarella e, per questa ragione, ad aderire all'invito che egli ha rivolto a tutti i componenti della Commissione.

Vogliamo dire che secondo noi la bozza Boato, che con atto formale di voto viene trasmessa da questa Commissione al Parlamento, contiene elementi importanti, ha già in sé elementi innovativi, che evidentemente dovranno essere completati e approfonditi nel cammino parlamentare. Non ci riferiamo soltanto agli emendamenti che vari componenti di questa Commissione appartenenti al Polo hanno predisposto, formulato e che saranno riproposti in aula, ma prima di ogni tutto agli stessi emendamenti del relatore, che completano in termini teorici l'impalcatura della bozza che oggi, con questo voto, presentiamo al Parlamento. Proprio per questo, tali emendamenti, in base ad una logica e ad un completamento del disegno teorico del relatore, dovranno essere adeguatamente sostenuti nella sede parlamentare; noi comunque lo faremo.

Questa è la nostra impostazione.

PRESIDENTE. La ringrazio per la posizione che lei ha espresso, che mi sembra effettivamente improntata a grande senso di responsabilità, e torno a precisare per noi, ma non solo per noi (immagino che saremo ascoltati anche altrove), che la proposta Mattarella va intesa esclusivamente come proposta di rinvio dell'esame degli emendamenti, in primo luogo, ovviamente, di quelli del relatore, ma anche di tutti quelli presentati dai nostri colleghi, alla sessione che la Commissione stessa, prima delle aule parlamentari, dovrà tenere all'indomani della presentazione degli emendamenti da parte di tutti i parlamentari.

La proposta Mattarella, com'è stato precisato, significa che gli emendamenti che non esaminiamo questa sera si intendono come già presentati al testo in vista dell'esame successivo. Quindi, non soltanto la Commissione - voglio ricordarlo - resterà protagonista anche durante l'iter nelle aule parlamentari, ma essa non si spoglia del suo diritto-dovere di esaminare gli emendamenti, a cominciare da quelli del relatore, e di pronunciarsi su di essi con il voto.

Detto questo, ritengo anch'io che il testo base, che adesso dovremo adottare con un voto, una volta deciso di seguire questa procedura, si presenta come un testo innovativo e importante. Probabilmente è anche giusto che, con riferimento ad esso, le ulteriori scelte che si potranno o si dovranno compiere siano rimesse ad una valutazione parlamentare più ampia. Ritengo che su questa complessa e delicata materia, sulla quale vi sono stati anche confronti impegnativi e appassionati, la Commissione abbia svolto un grande lavoro, che è qui, nel testo base, negli emendamenti e viene consegnato alla valutazione del Parlamento e del paese.

Tuttavia, ritengo personalmente che la proposta Mattarella (di cui l'onorevole Casini, nel suo intervento, ha compreso, sia pure con amarezza, le ragioni) sia una proposta giusta. In questo momento corriamo un rischio politico che va al di là del tema specifico, pure così delicato e importante, della giustizia: il rischio che un lavoro molto difficile, che ognuno giudicherà come crede, innanzitutto fuori di qui ed anche tra di noi, e che tuttavia è stato un lavoro importante, in quanto ha determinato una base reale per mettere in cammino le riforme costituzionali, si concluda con una fase convulsa, tale da produrre esiti non duraturi, non stabili.

Ricordo che abbiamo vissuto un momento delicato e difficile in occasione del voto sulla forma di governo; tuttavia, partendo da un voto che aveva profondamente diviso, abbiamo avuto tempo, modo e volontà politica di costruire una soluzione più ampiamente condivisa; ho delle perplessità, ma comunque è una soluzione più ampiamente condivisa. Adesso rischiamo di produrre delle lacerazioni senza che poi vi sia modo e tempo per costruire soluzioni solide e ampiamente condivise.

Per questo ritengo che la proposta del collega Mattarella, sia pure con i problemi che suscita, sia improntata alla saggezza, perché ci consente anche una meditazione e ci dà la possibilità di tornare su questa materia sulla base del materiale a nostra disposizione (testi base ed emendamenti) con maggiore riflessione, per cercare di costruire soluzioni non dico di tutti, perché non ci sono soluzioni di tutti, ma che ricevano un tale grado di consenso e dissensi contenuti (per la quantità del dissenso) entro limiti tali da far sperare che la proposta che produciamo vada incontro, in Parlamento, ad una discussione serena e non ad un naufragio.

Credo quindi che vi sia saggezza politica (mi fa piacere che questo sia stato compreso ed evidentemente nessuno poteva pretendere che vi fosse entusiasmo) in questa proposta ed anche nella procedura che, se la proposta sarà adottata, la Commissione seguirà.

Porrei ora in votazione la proposta dell'onorevole Mattarella.

TIZIANA PARENTI. Intervengo per una dichiarazione in dissenso. Poichè io ho votato per lei, presidente, perché il mio leader mi ha detto di farlo e poiché ritenevo che fosse giusto, affinché lei fosse il presidente di tutti, non posso revocare il mio voto per lei, ma devo dire che lei è stato il presidente di alcuni e soprattutto è stato il presidente dei magistrati.

Abbiamo vissuto in una Commissione costantemente sotto ricatto. Io non sono una persona ricattabile e non accetto ricatti da nessuno, non accetto un gioco al suicidio collettivo, perché i cittadini ci guardano e, al di là del merito degli emendamenti, è un fatto di procedura veramente vergognoso per una democrazia.

Lei ha portato questa Commissione allo spirare del giorno e ce l'ha portata volutamente, come oggi ha dimostrato, per dire che non si poteva votare. Una Commissione bicamerale, un Parlamento che non discutono e che non votano significano che è finita la democrazia.

A me dispiace veramente, presidente, di averla votata; speravo che i geni mutassero, ma lei non ha mutato il suo DNA e non lo hanno mutato tutti coloro che in questa Commissione sono ricattati e sono ricattabili. Ed è per questo, presidente, che presento le mie dimissioni. Non voglio far parte di un'aggregazione di questo... (Il deputato Parenti abbandona l'aula della Commissione).

FAUSTO BERTINOTTI. Anche noi abbiamo apprezzato lo spirito e la ricerca della proposta di Mattarella e anche l'interlocuzione che l'onorevole Casini porgeva. Tuttavia non mi è precisamente chiaro cosa votiamo. Mi è sembrato di capire, anche dalle parole del presidente, che siamo chiamati a votare due elementi: un rinvio, cioè la trasmissione alle Camere di un testo base e degli emendamenti (naturalmente tramite il passaggio al coordinamento), e l'approvazione del testo base come documento conclusivo dei lavori della Commissione. Questo secondo elemento mi pare francamente incongruo rispetto alla discussione che abbiamo fatto e alle stesse motivazioni addotte. In realtà svolgiamo su questo tema un lavoro per approssimazioni successive. Noi stessi che abbiamo contribuito al varo del testo base, lo abbiamo fatto non per esprimere un consenso ad un documento conclusivo ma per consentire lo sviluppo della discussione, cioè per poter modificare in progress, attraverso emendamenti, quel testo base. Dunque, è evidente che non può essere equivocato un voto dato per aprire un itinerario con un voto di consenso al documento che permette l'apertura di questo itinerario. Ci saremmo rimessi all'andamento del lavoro della Commissione e alla sua conclusione per valutare se quell'avvio avrebbe poi determinato un prodotto in grado di avere il nostro consenso, il nostro dissenso o la nostra astensione.

Ora, per un ragionamento che politicamente intendiamo, veniamo sottoposti alla richiesta di non completare questo itinerario, di sospenderlo per diverse motivazioni riguardanti i tempi e - per non essere ipocriti - diversità di posizioni. Troviamo del tutto ragionevole che si possa deliberare di trasmettere alla Camera il testo base e gli emendamenti presentati, cioè di individuare una tematica, un ordine di questioni, il semilavorato a cui siamo giunti pur con le diverse accentuazioni e consentire, con un voto su un ordine del giorno, di trasmettere alle Camere, per le materie relative al sistema delle garanzie, il testo adottato e gli emendamenti. Potremmo farlo in totale coerenza e coscienza; ma se a questo elemento si giustapponesse una richiesta di voto che avrebbe il senso di un consenso o di un dissenso rispetto al documento fin qui prodotto, non potremmo farlo. Chiediamo, quindi, una specificazione e di poter votare separatamente nel caso in cui venissero confermate due motivazioni che noi consideriamo separabili, quella di trasmettere alle Camere il testo base e gli emendamenti e quella di approvare il testo base considerato documento conclusivo. Noi voteremmo a favore della prima e contro la seconda. In caso contrario, chiediamo di votare semplicemente - sarebbe una garanzia per tutti - la trasmissione alle Camere per questa materia del testo votato e degli emendamenti presentati.

PRESIDENTE. Vorrei precisare la vicenda sotto il profilo procedurale. Capisco le ragioni politiche dell'onorevole Bertinotti, ma devo attenermi alle procedure.

Lunedì prossimo voteremo la delibera con la quale trasmettiamo alle Camere il testo complessivo, il disegno di riforma costituzionale. Ovviamente non si tratta di un voto definitivo ma è semplicemente - per riprendere un'espressione che ha usato l'onorevole Bertinotti - un voto per proseguire un percorso. Le Commissioni referenti non hanno il compito di approvare riforme ma hanno quello di predisporre testi che poi le aule approvano o respingono. Ciò non significa che non possiamo deliberare di trasmettere testi ed emendamenti. Questi ultimi non dobbiamo trasmetterli ad alcuno se non a noi stessi, perché la Commissione bicamerale è chiamata ad esaminare gli emendamenti che tutti i parlamentari formuleranno sul testo che presenteremo il 30 giugno. In sostanza, propongo di considerare gli emendamenti che non abbiamo esaminato come emendamenti già presentati per l'esame successivo.

La procedura referente di questa Commissione è una procedura speciale che prevede, a differenza della normale procedura referente che si esaurisce con la trasmissione del testo, il riesame del testo stesso, che quindi viene esaminato due volte, la prima sulla base degli emendamenti presentati sin qui dai commissari e la seconda sulla base degli emendamenti che presenteranno tutti i parlamentari. Quindi, la procedura referente non si conclude lunedì; si concluderà quando approveremo il testo definitivo che sarà trasmesso alle aule.

Detto ciò, in questa fase abbiamo votato articolo per articolo; non abbiamo approvato una riforma, tuttavia con quelle votazioni abbiamo deciso di collocare quegli articoli nel testo che lunedì sarà sottoposto alla votazione per la trasmissione alle Camere. Io non posso collocare alcunché in quel testo se alla fine di questa discussione con un voto non si decide che il testo base dell'onorevole Boato fa parte del disegno di riforma. Senza un voto che autorizzi il presidente a presentare un testo di cui fa parte il testo base di Boato, non lo posso fare. Quindi, ho bisogno di un voto con il quale la Commissione colloca gli articoli dal 101 al 113 nel disegno complessivo che trasmetteremo alle Camere. Questa è una necessità procedurale imprescindibile e non una volontà politica.

Come ho detto più volte anche in altri momenti, in questo modo, dopo la discussione e la votazione di lunedì prossimo, avremo elaborato un secondo testo base: il primo lo abbiamo votato dopo il lavoro dei Comitati e il terzo, quello che sarà trasmesso alle aule, lo voteremo definitivamente alla vigilia dell'esame delle Camere. Quindi si tratta di un processo che prosegue e non di una decisione definitiva. Ma non c'è dubbio che, a conclusione della discussione, io debba porre in votazione gli articoli da 101 a 113 che risultano dal testo base dell'onorevole Boato, senza modificazioni, se la Commissione deciderà di non procedere all'esame degli emendamenti, i quali resteranno e saranno esaminati successivamente. Quindi, l'esame degli emendamenti è semplicemente rinviato ed essi non sono respinti; ma il testo, per poter proseguire il suo cammino, deve essere suffragato da un voto che autorizzi questo proseguimento: altrimenti si fermerà qui perché non posso sospingerlo con la forza delle mie braccia.

ROBERTO MARONI. Presidente, esprimo la contrarietà del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania al rinvio delle votazioni sugli emendamenti, rinvio che non è dovuto alla mancanza di tempo: non ci racconti queste barzellette. Ci sarebbe tutto il tempo necessario per approvare o respingere gli emendamenti ed i subemendamenti. La realtà è un'altra.

PRESIDENTE. Non ho parlato di mancanza di tempo e lei non parli di barzellette, perché non mi pare giusto.

ROBERTO MARONI. Io non l'ho mai interrotta, presidente: abbia la cortesia di ascoltarmi, poi potrà intervenire.

PRESIDENTE. Io la ascolto ma la prego di usare un linguaggio consono, dato che oggi ha voluto farci visita. Grazie.

ROBERTO MARONI. Non ci racconti storie, allora. La realtà è un'altra ed è apparsa evidente a tutti oggi, anche agli sprovveduti, cioè che gli accordi, i patti, gli scambi sottobanco o alla luce del sole - come qualcuno ha detto - non reggono all'urto - modesto, perché le forze sono tali, ma di grande chiarezza - che la lega ha determinato semplicemente venendo in aula, senza fare grandi sconvolgimenti, senza presentare emendamenti sconvolgenti; semplicemente con la sua presenza e con l'espressione di due voti è riuscita a far saltare tutti quegli accordi che dovrebbero essere la base dell'architrave su cui si regge - pensate un po'! - l'assetto istituzionale dell'Italia del terzo millennio.

Questa è la realtà: la pochezza di fondamento su cui si basa il lavoro costituente o presunto tale di questa Commissione è tale che non si riesce neppure a concludere in tempo utile - dopo cinque mesi di discussioni e di dibattiti approfonditi - ed in modo dignitoso un lavoro che pure riguarda un argomento non secondario, anzi direi uno dei pilastri (o per lo meno presentato come tale all'opinione pubblica) dell'assetto istituzionale e costituzionale.

Accetteremo, naturalmente votando contro, questo rinvio. Segnaliamo e prendiamo atto che, almeno per quanto riguarda questo pilastro fondamentale della nuova Costituzione, la Commissione bicamerale registra un fallimento totale. Sappiamo che in luglio e in agosto, e poi in settembre e in ottobre, ci sarà la possibilità di emendare e noi non ci sottrarremo a questa attività. Quello che sconcerta davvero è che, come ha detto bene la collega Parenti, oggi registriamo il fallimento totale della Commissione bicamerale, dell'attività costituente almeno nel settore della giustizia, per colpa o per merito della lega, che con il suo semplice intervento in aula (lo ripeto e lo sottolineo perché mi sembra il dato fondamentale dal punto di vista politico della giornata di oggi) è riuscita a mandare per aria quel castello di carta su cui si era fondato l'accordo tra i partiti, che avrebbero dovuto regolare questo fondamentale aspetto della nuova Costituzione.

GIANFRANCO FINI. Presidente, sinceramente non pensavo di dover pronunciare le parole che invece mi accingo convintamente a pronunciare.

Ricordo - come del resto tutti i colleghi sanno - che io sono tra i pochi in quest'aula che dichiaratamente non l'ha votata, e devo dirle che non sono affatto pentito della decisione che presi insieme con i colleghi di alleanza nazionale quando fu insediata la presidenza.

Ricordo altresì, in altri momenti della bicamerale, di aver chiesto in modo più che palese a lei che presiedeva di non farlo in modo partigiano, in termini politici. Ma non ho mai pensato che in qualche modo la sua presidenza fosse volta a ricattare la bicamerale per conto di altri poteri costituiti dello Stato.

Non la votai, così come non lo fecero i colleghi di alleanza nazionale, perché pensavamo che in certi momenti la passione di uomo politico che la anima potesse in qualche modo determinare una conduzione della bicamerale non già volta ad un dovere istituzionale ma ad una legittima passione di parte. Avendo ascoltato le parole dell'onorevole Parenti, che - mi auguro presa da un soprassalto di passione politica - ha in qualche modo affacciato l'ipotesi di una bicamerale sotto ricatto, anche attraverso la presidenza, da parte di altri poteri, sento la necessità - dopo aver ribadito le ragioni per le quali non l'ho votata e sono ancora oggi convinto della bontà di quella mia scelta - di ribadire anche che se la bicamerale questa sera decide di non votare gli emendamenti sulla giustizia, che sono politicamente divaricanti, lo fa non perché questo organismo parlamentare sia ricattato, bensì perché liberamente decide di non farlo. In ragione della proposta avanzata dall'onorevole Mattarella ed accettata a nome del Polo dall'onorevole Casini ed anche della replica con cui lei, presidente, ha commentato la proposta dell'onorevole Mattarella e la sua accettazione da parte dell'onorevole Casini, esprimo a lei in quanto presidente della bicamerale, e per certi aspetti alla bicamerale tutta (e quindi al Parlamento, che della bicamerale è la fonte da cui scaturisce la legittimità), la piena solidarietà di alleanza nazionale e mia personale per un attacco che ritengo politicamente inaccettabile.

CESARE SALVI. Signor presidente, intanto - a nome del gruppo della sinistra democratica - ringrazio l'onorevole Fini per le parole pronunciate nei confronti del presidente della Commissione, che di questo gruppo è espressione.

Credo si possa dire che abbiamo avviato un percorso con un grande obiettivo: riformare e rinnovare le istituzioni del nostro paese. Sapevamo e sappiamo che questo percorso sarà lungo, complesso e che attraverserà anche momenti di passaggio difficili. Ebbene, credo sia un fatto positivo, quando si avverte un momento di particolare tensione e difficoltà, effettuare la scelta che stiamo compiendo oggi.

La proposta dell'onorevole Mattarella è saggia; la risposta positiva del Polo è anch'essa saggia. Il lavoro che siamo chiamati a compiere è talmente impegnativo e rilevante che è preferibile guadagnare qualche giorno per trovare soluzioni migliori e più avanzate, piuttosto che cercare a tutti i costi lo scontro.

Anche noi abbiamo le nostre proposte emendative rispetto alla bozza che è stata presentata e le manterremo. Le affronteremo con la collaborazione del relatore Boato (che ringrazio a nome del gruppo per il lavoro non grato che ha svolto in queste settimane con l'impegno che conosciamo) nei prossimi mesi, secondo la proposta formulata, con lo spirito che ci ha sempre caratterizzato: la difesa dei principi in cui crediamo e la ricerca delle più ampie convergenze, affinché da questa Commissione bicamerale e da questo Parlamento possano uscire le nuove istituzioni che il paese attende.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione della proposta dell'onorevole Mattarella.

MARCELLO PERA. Se è possibile, presidente, vorrei fare una dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Prego.

MARCELLO PERA. La proposta avanzata dall'onorevole Mattarella tende a sciogliere un'evidente difficoltà politica che si è manifestata in questa sede a proposito degli emendamenti sul sistema delle garanzie. Quella proposta ha il senso di acquisizione di ulteriore tempo e maturazione di decisioni. Non credo che sia una questione di tempo o solo una questione di tempo, anche se ovviamente il tempo vi ha un ruolo, visto che dobbiamo concludere i nostri lavori entro il prossimo 30 giugno. Quella difficoltà politica sarebbe presumibilmente stata sciolta ove, ad esempio, l'ordine dei nostri lavori fosse stato invertito.

Il testo base che ora, sulla scorta della proposta dell'onorevole Mattarella, ci accingiamo a votare ed a consegnare al Parlamento ha una storia: è la storia di successivi affinamenti. Coloro che hanno lavorato nel Comitato sul sistema delle garanzie ricorderanno che, di volta in volta, di bozza in bozza, l'onorevole Boato presentava soluzioni diverse e siamo andati in direzione dell'assimilazione di ipotesi diverse. Siamo partiti da posizioni molto distanti e ci siamo molto, molto avvicinati. Siamo passati dalla prima alla seconda, alla terza, alla quarta, alla quinta bozza e poi, quando abbiamo votato, ci siamo divisi: alcuni di noi, benché riconoscessero che il testo Boato rappresentava un notevole passo innanzi, ritennero che non fosse ancora completamente accettabile.

Ora il relatore, sulla base di una discussione che si svolse al momento del voto e successivamente, presenta un nuovo testo base, frutto del testo base originale oltre che degli emendamenti che il relatore ha ritenuto di presentare sulla base della discussione.

Apprezzo non soltanto il lavoro del relatore, ma anche il nuovo testo base e ritengo che esso costituisca un notevole punto di convergenza e quindi il punto da cui dovremmo ripartire.

Certamente neanch'io mi riconosco alla lettera nelle parole pronunciate dalla collega Parenti; credo che nel suo caso il cuore abbia fatto premio sulla freddezza del pensiero; e tuttavia, siccome mi piacciono gli uomini di principio, credo che chi ama i princìpi debba anche rispettare gli uomini e le donne di principio.

Su questa Commissione non vi è certamente un ricatto, vi è una difficoltà politica. Il senso della proposta dell'onorevole Mattarella va nella direzione di sciogliere questa difficoltà politica alla ripresa, dopo che siano stati esaminati gli ulteriori emendamenti che in Parlamento verranno consegnati. Poiché ho già riconosciuto di apprezzare il testo base così come emendato dall'onorevole Boato, a queste condizioni, ritenendo cioè che il nuovo testo base da cui ripartiremo debba essere quello dell'onorevole Boato, integrato da lui stesso e quale risulterà dalla discussione, accedo alla richiesta dell'onorevole Mattarella.

ERSILIA SALVATO. Anche noi riteniamo che il lavoro di questa Commissione si sia svolto in piena autonomia di ognuno e di tutti noi insieme e sappiamo che su questo tema delle garanzie vi sono state e continuano ad esservi difficoltà che nascono evidentemente da differenze profonde innanzitutto di cultura.

Oggi registriamo queste difficoltà ed accediamo alla decisione di rinviare il tutto per poter approfondire, ancor più compiutamente, i vari temi, nel tentativo di trovare la strada del superamento delle difficoltà, cosa che so difficile e complessa, perché difficile e complessa è la materia.

Al di là di questo, le chiedo formalmente, presidente, di accedere ad una nostra richiesta. Siamo favorevoli al rinvio, tuttavia rispetto al testo abbiamo nostre opinioni: non possiamo votare sul testo nel suo insieme, ma credo che possiamo farlo articolo per articolo, esattamente come abbiamo fatto per gli altri testi, in maniera tale che articolo per articolo le nostre differenze possano emergere. Se lei accede a questa richiesta, che mi sembra del tutto legittima, anche alla luce del nostro modo di lavorare, voteremo a favore del rinvio ed esprimeremo poi alcuni voti contrari nel merito dei singoli articoli.

PRESIDENTE. Innanzitutto pongo in votazione la proposta dell'onorevole Mattarella di non procedere all'esame degli emendamenti (e successivamente vedremo come votare).

(È approvata).

Adesso dovremo votare il testo base del relatore, onorevole Boato. La senatrice Salvato propone di votarlo articolo per articolo: vi sono obiezioni a questa proposta? Avverto che i precedenti sono anche di votazioni in blocco, per cui si può votare in un modo o nell'altro, ma c'è una richiesta specifica da parte del gruppo di rifondazione.

ERSILIA SALVATO. Presidente, se lei decide di farci votare in blocco, ritiro la mia richiesta; il problema è esprimere un voto.

PRESIDENTE. È chiaro, è evidente che c'è un voto, però i precedenti vanno nel senso che, quando sia adottata questa procedura di «ghigliottina», di caduta degli emendamenti, vi è stato un unico voto.

Pertanto, porrò in votazione congiuntamente gli articoli dal 101 al 113 del testo base del relatore Boato.

ERSILIA SALVATO. Il gruppo di rifondazione comunista voterà contro.

PRESIDENTE. Li pongo in votazione.

(Sono approvati).

Pongo ora in votazione la proposta di conferire alla senatrice Dentamarol'incarico di relatrice anche sul testo relativo alla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, in sostituzione del dimissionario onorevole D'Amico.

(È approvata).

Avverto che alle 11 di domattina il Comitato di redazione si riunirà per procedere al coordinamento del testo.

La Commissione è convocata alle 11 di lunedì 30 giugno prossimo: nel corso della mattinata, esamineremo il testo coordinato (possono esservi variazioni da valutare); nel pomeriggio avranno luogo le dichiarazioni di voto e la votazione della delibera di trasmissione alle Camere. Vi ringrazio, buona sera.

La seduta termina alle ore 22.40


 



EMENDAMENTI, SUBEMENDAMENTI ED ARTICOLI AGGIUNTIVI RIFERITI AL

TESTO BASE SUL SISTEMA DELLE GARANZIE

 

 

 


(omissis)

ART. 101.

Sopprimere il primo comma.

V. 101 8. Zecchino, Bressa.

 

Sostituire il secondo comma con il seguente:

I giudici sono soggetti soltanto alla legge. I magistrati del pubblico ministero godono delle garanzie stabilite nei loro riguardi dalle norme sull'ordinamento giudiziario, che assicurano altresì l'unità d'azione e il coordinamento interno tra i diversi uffici del pubblico ministero.

V. 101. 13. Parenti, Pera, Loiero, Greco, Lisi, Maceratini, Buttiglione.

 

Sostituire il secondo comma con il seguente:

I giudici sono soggetti soltanto alla legge. I magistrati del pubblico ministero godono delle garanzie stabilite nei loro riguardi dalle norme sull'ordinamento giudiziario, che assicurano l'unità d'azione e il coordinamento interno e tra i diversi uffici. V. 101. 16. Greco.

 

Sostituire il secondo comma con il seguente: I giudici sono soggetti soltanto alla legge. I magistrati del pubblico ministero sono indipendenti da ogni potere e godono delle garanzie stabilite nei loro riguardi dalle norme sull'ordinamento giudiziario. Tali norme assicurano altresì il carattere unitario dell'attività di ciascun ufficio ed il coordinamento tra gli uffici del pubblico ministero.

V. 101. 9. Zecchino, Bressa.

 

Al secondo comma, sopprimere il secondo periodo.

  V. 101. 1. Armando Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Al secondo comma sopprimere il secondo periodo.

  V. 101. 10. D'Amico.

 

Al secondo comma, sostituire il secondo periodo con il seguente: Le norme sull'ordinamento giudiziario stabiliscono le misure idonee ad assicurare il coordinamento interno dei singoli uffici del pubblico ministero nonché il coordinamento, ove necessario, delle attività investigative dei vari uffici del pubblico ministero.

V. 101. 6. Salvi, Mussi, Folena, Pellegrino, Russo, Senese, Villone, Soda, Mancina, D'Alessandro Prisco, Salvati, Crucianelli, Passigli, Guerzoni.

 

Dopo il secondo comma inserire il seguente:

I magistrati si distinguono tra loro soltanto per diversità di funzioni. Le norme sull'ordinamento giudiziario assicurano il coordinamento e l'unità di azione all'interno dei singoli uffici del pubblico ministero.

V. 101. 11. D'Amico.

 

Dopo il secondo comma inserire il seguente:

All'accertamento dei fatti rilevanti per la decisione della controversia sottoposta al loro esame, gli organi giudiziali provvedono esclusivamente nei modi stabiliti dalle leggi processuali. Gli organi giudiziari applicano il diritto nazionale, tranne nei casi di rinvio di diritto straniero previsti dalle norme del diritto comunitario a preferenza del diritto italiano, salvo a rimettere alla Corte costituzionale eventuali questioni di costituzionalità delle norme di recepimento dei trattati istitutivi della Comunità Europea ove sorgessero dubbi non manifestamente infondati di violazione dei principi supremi della Costituzione da parte del diritto comunitario. Gli organi di giustizia devono adeguarsi ai principi interpretativi della Corte costituzionale e della corte di Giustizia della Comunità Europea.

V. 101. 18. Buttiglione.

 

Sopprimere il terzo, il quarto e il quinto comma.

V. 101. 5. Zecchino, Bressa, Andreolli.

 

Sostituire il terzo comma con il seguente:

La legge assicura la ragionevole durata dei processi.

V. 101. 12. D'Amico.

 

Sostituire il terzo comma con il seguente:

La giurisdizione assicura la ragionevole durata dei processi.

V. 101. 3. Passigli.

 

Sostituire il quarto comma con il seguente:

La parità delle parti nel processo è assicurata dai principi del contraddittorio e dall'oralità davanti al giudice.

V. 101. 19. D'Amico.

 

Sostituire il quarto comma con il seguente:

Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice imparziale.

V. 101. 7. Russo, Folena, Senese, Salvi, Mussi, Villone, Soda, Mancina, D'Alessandro Prisco, Salvati, Crucianelli, Passigli, Guerzoni.

 

Sostituire il quarto comma con il seguente:

Il procedimento penale si svolge, in ogni stato e grado, secondo i principi di oralità, contraddittorio, parità tra le parti e terzietà del giudice.

V. 101. 14. Parenti, Pera, Loiero, Greco, Lisi, Maceratini, Buttiglione.

 

Sostituire il quarto comma con il seguente:

Il procedimento si svolge in contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità e davanti a giudice imparziale; il processo penale è caratterizzato dal principio della oralità.

V. 101. 20. Buttiglione.

 

Al quarto comma, sopprimere le parole: e davanti a giudice imparziale.

V. 101. 4. Passigli.

 

Sopprimere il quinto comma; conseguentemente, all'articolo 111, dopo il terzo comma inserire il seguente:

La legge assicura l'effettivo esercizio del diritto di difesa, in ogni fase del procedimento, anche da parte dei non abbienti.

V. 101. 17. Russo, Folena, Senese, Salvi, Mussi, Villone, Soda, Mancina, D'Alessandro Prisco, Salvati, Crucianelli, Passigli, Guerzoni.

 

Sostituire il quinto comma con il seguente:

Le autonomie locali provvedono ad istituire uffici di assistenza legale per i meno abbienti.

V. 101. 15. Parenti, Pera, Loiero, Greco, Lisi, Maceratini, Buttiglione.

 

Sostituire il quinto comma con il seguente:

La legge istituisce pubblici uffici di assistenza legale al fine di garantire il diritto di agire e difendersi davanti a ogni giurisdizione.

V. 101. 2. Armando Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

ART. 102.

Al primo comma sostituire le parole: dai giudici con le seguenti: da magistrati.

V. 102. 4. Russo.

 

Dopo il primo comma, inserire il seguente:

Per la tutela giurisdizionale nei confronti della Amministrazione pubblica o nel settore dei pubblici servizi la legge determina le materie attribuite al giudice amministrativo.

 

Conseguentemente, all'articolo 103, comma primo, sopprimere le parole: sulla base di materie omogenee tassativamente indicate dalla legge.

V. 102. 3. Pellegrino, Russo, Folena, Senese, Salvi, Mussi, Villone, Soda, Mancina, D'Alessandro Prisco, Salvati, Crucianelli, Passigli, Guerzoni.

 

Al secondo comma, dopo la parola: straordinari aggiungere le seguenti: o giudici speciali e conseguentemente, sostituire il quarto comma con il seguente:

La legge disciplina modi e forme di attribuzione a sezioni specializzate presso il giudice ordinario della giurisdizione in materia tributaria.

V. 102. 1. Armando Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Al secondo comma, dopo la parola: straordinari aggiungere le seguenti: e giudici speciali.

V. 102. 10. Greco.

 

Al secondo comma, dopo le parole: giudici straordinari aggiungere le seguenti: e giudici speciali.

  V. 102. 11. Parenti, Pera, Greco.

 

Sopprimere il quarto comma.

  V. 102. 7. Buttiglione, Dentamaro.

 

Sopprimere il quarto comma.

  V. 102. 12. Parenti, Pera, Greco.

 

Sostituire il quarto comma con il seguente:

La legge disciplina modi e forme di attribuzione a sezioni specializzate presso il giudice ordinario della giurisdizione in materia tributaria.

V. 102. 2. Armando Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Sopprimere il secondo periodo del quarto comma.

V. 102. 6. Zecchino, Bressa, Andreolli.

 

Sopprimere il quinto comma.

  V. 102. 5. Russo, Senese.

 

Sopprimere il quinto comma.

  V. 102. 8. Buttiglione, Dentamaro.

 

Al quinto comma sopprimere la parola: anche prima delle parole: al fine.

V. 102. 13. Parenti, Greco.

 

Sostituire l'ultimo comma con il seguente:

La legge prevede e regola i casi in cui il popolo attraverso la giuria è giudice delle questioni di fatto.

V. 102. 14. Parenti, Lisi, Pera, Maceratini, Loiero, Buttiglione, Greco.

 

Al sesto comma aggiungere in fine le parole: assicurando l'indipendenza di coloro che vi partecipano.

V. 102. 9. Buttiglione, Dentamaro.

(omissis)

ART. 104.

Sostituirlo con il seguente:

Art. 104. La magistratura ordinaria e la magistratura amministrativa costituiscono, ciascuna, un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere.

Il Consiglio superiore della magistratura ordinaria è presieduto dal Presidente del Senato della Repubblica. Ne fanno parte di diritto il primo presidente ed il procuratore generale della Corte di cassazione. Gli altri componenti sono eletti per due terzi da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie e per un terzo dal Parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.

Il Consiglio superiore della magistratura amministrativa è presieduto dal Presidente del Senato della Repubblica. Ne fa parte di diritto il presidente della Corte di giustizia amministrativa. Gli altri componenti sono eletti per due terzi da tutti i magistrati amministrativi tra gli appartenenti alle varie categorie e per un terzo dal Parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.

Ciascun Consiglio elegge un vice presidente tra i componenti designati dal Parlamento.

Il Ministro della giustizia può partecipare, senza diritto di voto, alle riunioni di ciascun Consiglio e presentare proposte e richieste.

I membri elettivi di ciascun Consiglio durano in carica quattro anni e non sono rieleggibili. Non possono, finchè sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, nè ricoprire cariche pubbliche elettive.

 

Conseguentemente, sopprimere l'articolo 104-bis.

V. 104. 20. Russo.

 

Sostituirlo con il seguente:

Art. 104. I giudici ordinari e amministrativi e i magistrati del pubblico ministero costituiscono ordini autonomi e indipendenti secondo quanto previsto dalle norme dei rispettivi ordinamenti.

Il Consiglio superiore dei giudici ordinari è presieduto dal Presidente della Repubblica che ne forma l'ordine del giorno.

Ne fanno parte di diritto il primo Presidente ed il presidente aggiunto della Corte di Cassazione.

Gli altri componenti sono eletti rispettivamente per metà da tutti i giudici ordinari al loro interno, per metà dal Parlamento tra i professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio e iscritti nell'albo speciale dei patrocinanti presso le giurisdizioni superiori.

Il Consiglio elegge un vice presidente fra i componenti designati dal Parlamento.

Il ministro della giustizia, o un suo delegato, possono partecipare senza diritto di voto alle riunioni del Consiglio e presentare proposte e richieste.

Ciascun membro elettivo del Consiglio dura in carica quattro anni e non è rieleggibile.

Non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, nè assumere o ricoprire cariche pubbliche elettive.

V. 104. 27. Parenti, Greco, Loiero, Lisi, Maceratini, Buttiglione.

 

Sostituire il primo comma con il seguente: La Magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere.

V. 104. 21. Zecchino.

 

Sostituire il primo comma con il seguente:

La magistratura ordinaria e la magistratura amministrativa costituiscono, ciascuna, un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere.

V. 104. 19.Russo.

 

Sostituire il primo comma con il seguente:

La magistratura ordinaria e amministrativa costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni potere.

V. 104. 1. Armando Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Al primo comma, sostituire la parola: giudici con la seguente: magistrati e sopprimere le parole: e i magistrati del pubblico ministero.

V. 104. 2. Armando Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Al primo comma, aggiungere, in fine, le parole: secondo quanto previsto dalle norme dei rispettivi ordinamenti.

V. 104. 23.Greco.

 

Subemendamento agli emendamenti V. 104. 23, V. 104. 24,

V. 104-bis. 8, V. 104-bis. 01 a firma Greco.

 

Sostituire gli emendamenti a firma Greco V. 104. 23, V. 104. 24, V. 104-bis. 8 e V. 104-bis. 01, di sostituzione degli articoli 104 e 104-bis, con il seguente e, quindi, sopprimere l'articolo 104-bis:

 

Art. 104.

I giudici ordinari e amministrativi e i magistrati del pubblico ministero costituiscono ordini autonomi e indipendenti secondo quanto previsto dalle norme dei rispettivi ordinamenti.

Il Consiglio superiore dei giudici ordinari, quello dei giudici amministrativi e quello dei magistrati del pubblico ministero sono presieduti dal Presidente della Repubblica (ovvero, in relazione ai poteri che saranno al medesimo attribuiti con la forma di governo, dal membro eletto dal Consiglio tra i componenti designati dalla Camera e del Senato).

Ne fanno parte di diritto rispettivamente il primo presidente della Corte di Cassazione, il presidente dell'Alta Corte di giustizia amministrativa e il procuratore generale della Corte di Cassazione, che svolgono le funzioni di vicepresidenti.

Una metà degli altri componenti di ciascun Consiglio superiore è eletta dai magistrati ordinari, amministrativi e del pubblico ministero fra gli appartenenti alle varie categorie; l'altra metà viene designata dalla Camera e dal Senato fra terne di nomi proposte dal Consiglio nazionale forense e dal mondo universitario tra avvocati con almeno quindici anni di esercizio della professione o iscritti nell'albo speciale dei patrocinanti presso le giurisdizioni superiori e professori universitari in materie giuridiche.

Il Ministro della giustizia o un suo delegato possono partecipare senza diritto di voto alle riunioni del Consiglio e presentare proposte e richieste.

Ciascun componente elettivo di ciascun Consiglio dura in carica quattro anni e non è rieleggibile. Non può, finché è in carica, essere iscritto negli albi professionali, né assumere o ricoprire cariche elettive.

104. 25. Greco.

 

Sopprimere il secondo comma e conseguentemente, al sesto comma, sopprimere la parola: vice.

V. 104. 3. Armando Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Sostituire i commi dal secondo al nono con i seguenti:

Fa parte di diritto del Consiglio superiore dei giudici ordinari il primo Presidente presso la Corte di cassazione, con funzioni di vice presidente.

Gli altri componenti sono eletti rispettivamente per metà dai giudici ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie, per metà dal Parlamento tra i professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio ovvero tra gli iscritti nell'albo speciale dei patrocinanti presso le giurisdizioni superiori.

Il consiglio elegge il Presidente tra i componenti designati dal Parlamento.

Il Ministro della giustizia o un suo delegato possono partecipare senza diritto di voto alle riunioni del Consiglio e presentare proposte e richieste.

Ciascun componente elettivo del Consiglio dura in carica quattro anni e non è rieleggibile.

I componenti del Consiglio non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali né assumere cariche pubbliche elettive.

V. 104. 24.Greco.

 

Al secondo comma, sopprimere la parola: ordinaria.

V. 104. 10. Passigli.

 

Al secondo comma sostituire le parole: dal Presidente della Repubblica con le seguenti: da uno dei componenti eletti dal Parlamento.

V. 104. 25. Buttiglione.

 

Al secondo comma, sostituire le parole: Presidente della Repubblica con le seguenti: Presidente del Senato della Repubblica.

V. 104. 18. Folena, Senese, Russo, Pellegrino, Villone, Mussi, Mancina, Soda, D'Alessandro Prisco, Salvati, Crucianelli, Passigli, Guerzoni.

 

Sopprimere il quarto comma.

Conseguentemente:

al sesto comma, sopprimere le parole: e ciascuna sezione elegge il proprio presidente;

 

al settimo comma, sopprimere le parole: delle sezioni riunite e di ciascuna sezione.

V. 104. 15.Salvi, Mussi, Folena, Russo, Senese, Villone, Soda, D'Alessandro Prisco, Crucianelli, Passigli, Guerzoni.

 

Sopprimere il quarto comma.

  V. 104. 4. Armando Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Sopprimere il quarto comma.

  V. 104. 11. Passigli.

 

Sostituire il quarto comma con il seguente:

La legge bicamerale può prevedere l'articolazione in sezioni del Consiglio Superiore.

V. 104. 43. Elia, Senese, Salvi, Russo, Folena, Zecchino.

 

Al quarto comma, terzo periodo, sostituire le parole: funzioni e con la seguente: le.

V. 104. 28. Pera, Greco.

 

Sostituire il quinto comma con il seguente:

Gli altri componenti sono eletti per due terzi da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie e per un terzo dal Parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.

 

Conseguentemente, all'articolo 104-bis, al terzo comma, sostituire le parole: tre quinti e due quinti rispettivamente con le seguenti: due terzi e un terzo.

V. 104. 16. Folena, Senese, Pellegrino, Russo, Salvi, Mussi, Villone, Mancina, Soda, D'Alessandro Prisco, Salvati, Crucianelli, Passigli, Guerzoni.

 

Sostituire il quinto comma con il seguente:

Gli altri componenti sono eletti per due terzi da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie e per un terzo dal Parlamento tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.

V. 104. 5. Armando Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Al quinto comma, sopprimere le parole: di ciascuna sezione.

V. 104. 12. Passigli.

 

Al quinto comma, sostituire le parole: dai giudici e dai magistrati del pubblico ministero tra gli appartenenti alle varie categorie con le seguenti: da tutti i giudici al loro interno e da tutti i magistrati del pubblico ministero al loro interno.

V. 104. 29. Pera, Greco.

 

Al quinto comma, aggiungere, in fine, le parole: o iscritti negli albi speciali dei patrocinanti presso le giurisdizioni superiori.

  V. 104. 22. Zecchino, Bressa.

 

Al quinto comma, aggiungere, in fine, le parole: o iscritti nell'albo speciale dei patrocinanti presso le giurisdizioni superiori.

  V. 104. 26. Casini, Loiero.

 

Al sesto comma, sopprimere le parole: e ciascuna sezione elegge il proprio presidente.

   V. 104. 6. Armando Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Al sesto comma, sopprimere le parole: e ciascuna sezione elegge il proprio presidente.

   V. 104. 13. Passigli.

 

Sostituire il settimo comma con il seguente:

Il Ministro della Giustizia può partecipare, senza diritto di voto, alle riunioni del Consiglio.

V. 104. 7. Armando Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Al settimo comma, sopprimere le parole: delle sezioni riunite e di ciascuna sezione.

  V. 104. 8. Armando Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Al settimo comma, sopprimere le parole: delle sezioni riunite e di ciascuna sezione.

  V. 104. 14. Passigli.

 

Al settimo comma, sopprimere le parole: e presentare proposte e richieste.

V. 104. 9. Armando Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Sostituire l'ottavo comma con il seguente:

Ciascun membro elettivo del Consiglio dura in carica quattro anni e non è rieleggibile.

V. 104. 30. Pera, Greco.

 

Al nono comma, sostituire la parola: assumere con la seguente: ricoprire.

 

Conseguentemente, all'articolo 104-bis, al settimo comma, sostituire la parola: assumere con la seguente: ricoprire.

V. 104. 17. Russo, Folena, Senese, Salvi, Mussi, Macina, D'Alessandro Prisco, Villone, Soda, Salvati, Crucianelli, Passigli, Guerzoni.

Al nono comma, sostituire la parola: assumere con la seguente: ricoprire.

V. 104. 31. Pera, Greco.

 

ART. 104-bis.

 

Sopprimerlo.

V. 104-bis. 3. Passigli.

 

Sostituirlo con il seguente:

Art. 104-bis. Fa parte di diritto del Consiglio Superiore dei giudici amministrativi e contabili il Presidente dell'Alta Corte di Giustizia Amministrativa, con funzioni di Vicepresidente.

Gli altri componenti sono eletti per metà da tutti i magistrati amministrativi appartenenti alle varie categorie e per metà dal Parlamento tra i professori universitari in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio ovvero tra gli iscritti nell'albo speciale dei patrocinanti presso le giurisdizioni superiori.

Il Consiglio elegge il Presidente tra i componenti designati dal Parlamento.

Il Ministro della Giustizia o un suo delegato possono partecipare alle riunioni del Consiglio senza diritto di voto e presentare proposte e richieste.

Ciascuno dei componenti elettivi del Consiglio dura in carica quattro anni e non è rieleggibile.

I componenti del Consiglio non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né assumere cariche pubbliche elettive.

V. 104-bis. 8. Greco.

 

Sostituirlo con il seguente:

Art. 104-bis. Il Consiglio superiore dei giudici amministrativi e contabili è presieduto dal Presidente della Repubblica, che ne forma l'ordine del giorno.

Ne fa parte di diritto il presidente della Alta Corte di giustizia amministrativa.

Gli altri componenti sono eletti per metà da tutti i magistrati amministrativi al loro interno e per metà dal Parlamento tra i professori universitari in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio e iscritti nell'albo speciale dei patrocinanti presso le giurisdizioni superiori.

Il Consiglio elegge un vice presidente fra i componenti designati dal Parlamento.

Il ministro della giustizia o un suo delegato possono partecipare alle riunioni del Consiglio senza diritto di voto e presentare proposte e richieste.

Ciascun membro elettivo del Consiglio dura in carica quattro anni e non è rieleggibile.

Non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né assumere o ricoprire cariche pubbliche elettive.

V. 104-bis. 10. Parenti, Maceratini, Lisi, Buttiglione, Greco.

 

Sostituire il primo, secondo, terzo e quarto comma con i seguenti:

Il Consiglio superiore della magistratura amministrativa è composto per due terzi da magistrati amministrativi appartenenti alle varie categorie ed eletti da tutti i magistrati amministrativi e per un terzo da professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.

Ne fa parte di diritto il Presidente della Corte di giustizia amministrativa.

Il Consiglio elegge un Presidente tra i componenti eletti dal Parlamento ( ).

V. 104-bis. 1. Armando Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

----------------------

( ) Emendamento connesso alla scelta da assumere in sede di Forma di governo, relativamente alla legittimazione e ai poteri del Presidente della Repubblica.

 

Sostituire il primo comma con il seguente:

Il Consiglio Superiore dei giudici amministrativi e contabili è presieduto dal Presidente della Repubblica, che ne forma l'ordine del giorno.

V. 104-bis. 13. Lisi, Maceratini.

 

Sostituire il primo comma con il seguente:

Il Consiglio Superiore della Magistratura amministrativa è presieduto da uno dei componenti designati dal Parlamento.

V. 104-bis. 20. Buttiglione.

 

Al primo comma, sostituire le parole: Presidente della Repubblica con le seguenti: Presidente del Senato della Repubblica.

V. 104-bis. 4. Folena, Senese, Russo, Pellegrino, Villone, Salvi, Mussi, Mancina, Soda, D'Alessandro Prisco, Salvati, Crucianelli, Passigli, Guerzoni.

 

Al primo comma sostituire le parole: dal Presidente della Repubblica con le seguenti: da uno dei componenti eletti dal Parlamento.

V. 104-bis. 21. Buttiglione.

 

Sostituire il secondo comma con il seguente:

Ne fanno parte di diritto il presidente ed il presidente aggiunto dell'Alta Corte di giustizia amministrativa e contabile.

V. 104-bis. 14. Lisi, Maceratini.

 

Al secondo comma, sostituire la parola: fa con la seguente: fanno e conseguentemente, al medesimo comma, dopo le parole: il presidente inserire le seguenti: e il procuratore generale; dopo il secondo comma inserire il seguente:

Il Consiglio superiore della magistratura amministrativa si compone di una sezione per i giudici e di una sezione per i magistrati del pubblico ministero. Il diverso numero dei componenti di ciascuna sezione, le funzioni e competenze delle sezioni riunite sono stabiliti con legge approvata da entrambe le Camere;

 

al terzo comma, sostituire le parole: Gli altri componenti con le seguenti: componenti di ciascuna sezione;

 

al quarto comma, dopo le parole: vice presidente inserire le seguenti: e ciascuna sezione elegge il proprio presidente.

V. 104-bis. 7. Buttiglione, Dentamaro.

 

Al secondo comma, sostituire le parole: della Corte di giustizia amministrativa con le seguenti: del Consiglio di Stato ed il presidente della Corte dei Conti.

V. 104-bis. 5. Mattarella, Zecchino, Andreolli.

 

Al secondo comma dopo le parole: giustizia amministrativa inserire le seguenti: e il Procuratore generale presso la Corte di giustizia amministrativa.

V. 104-bis. 19. Buttiglione.

 

Sostituire il terzo comma con il seguente:

Gli altri componenti sono eletti per metà da tutti i magistrati amministrativi appartenenti alle varie categorie e per metà dal Parlamento tra i professori universitari in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.

V. 104-bis. 15. Lisi, Maceratini.

 

Al terzo comma, sostituire le parole: per tre quinti con le seguenti: per due terzi e le parole: per due quinti con le seguenti: per un terzo.

V. 104-bis. 2. Armando Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Al terzo comma, sostituire le parole: appartenenti alle varie categorie con le seguenti: che esercitano funzioni giurisdizionali.

V. 104-bis. 6. Mattarella, Zecchino, Bressa, Andreolli.

 

Sostituire il quarto comma con il seguente:

Il Consiglio elegge un vice-presidente tra i componenti eletti dalle magistrature amministrative.

V. 104-bis. 18. Buttiglione.

 

Sostituire il quinto comma con il seguente:

Il ministro della giustizia o un suo delegato possono partecipare alle riunioni del Consiglio senza diritto di voto e presentare proposte e richieste.

V. 104-bis. 16. Lisi, Maceratini.

 

Sostituire il sesto comma con il seguente:

I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili.

V. 104-bis. 17. Lisi, Maceratini.

 

Sostituire il sesto comma con il seguente:

Ciascun membro elettivo del Consiglio dura in carica quattro anni e non è rieleggibile.

V. 104-bis. 11. Pera, Greco.

Al sesto comma dopo le parole: e non sono inserire la seguente: immediatamente.

V. 104-bis. 9. Buttiglione.

 

Al settimo comma, sostituire la parola: assumere con la seguente: ricoprire.

V. 104-bis. 12. Pera, Greco.

 

Dopo l'articolo 104-bis inserire il seguente:

Art. 104-ter. Fa parte del diritto del Consiglio Superiore del Pubblico Ministero il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione con funzioni di Vice Presidente.

Gli altri componenti sono eletti per metà da tutti i magistrati inquirenti appartenenti alle varie categorie, per metà dal Parlamento tra i professori universitari in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di servizio ovvero iscritti nell'albo speciale dei patrocinanti presso le giurisdizioni superiori.

Il Consiglio elegge il Presidente tra i componenti designati dal Parlamento.

Il Ministro della Giustizia o un suo delegato possono partecipare alle riunioni del Consiglio senza diritto di voto e presentare proposte e richieste.

Ciascuno dei membri elettivi del Consiglio dura in carica quattro anni e non è immediatamente rieleggibilie.

I componenti del Consiglio non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali né assumere cariche pubbliche elettive.

V. 104-bis. 01. Greco.

 

Dopo l'articolo 104-bis inserire il seguente:

Art. 104-ter. Il Consiglio superiore del pubblico ministero è presieduto dal Presidente della Repubblica, che ne forma l'ordine del giorno.

Ne fa parte di diritto il procuratore generale presso la Corte di Cassazione.

Gli altri componenti sono eletti per metà da tutti i magistrati inquirenti al loro interno, per metà dal Parlamento tra i professori universitari in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio e iscritti nell'albo speciale dei patrocinanti presso le giurisdizioni superiori.

Il Consiglio elegge un vice presidente tra i componenti designati dal Parlamento.

Il ministro della giustizia o un suo delegato possono partecipare alle riunioni del Consiglio senza diritto di voto e presentare proposte e richieste.

Ciascun membro elettivo del Consiglio dura in carica quattro anni e non è rieleggibile.

Non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né assumere o ricoprire cariche pubbliche elettive.

V. 104-bis. 02. Parenti, Lisi, Maceratini, Buttiglione, Greco.

 

ART. 105.

Sopprimerlo.

V. 105. 2. Passigli.

 

Sostituirlo con il seguente:

Art. 105. Spettano al Consiglio superiore della magistratura ordinaria ed al Consiglio superiore della magistratura amministrativa, secondo le norme dei rispettivi ordinamenti giudiziari, le funzioni amministrative riguardanti le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti e le promozioni rispettivamente dei magistrati ordinari e dei magistrati amministrativi, e, salva la disposizione dell'articolo 110, ogni altra funzione amministrativa riguardante la rispettiva attività giudiziaria.

Spettano altresì ai due Consigli, che vi provvedono mediante una unica Corte di giustizia per i magistrati, i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati.

La Corte di giustizia per i magistrati è eletta per due terzi dal Consiglio superiore della magistratura ordinaria e per un terzo dal Consiglio superiore della magistratura amministrativa tra i rispettivi componenti. Ciascun Consiglio elegge i componenti ad esso assegnati per due terzi tra i magistrati e per un terzo tra i membri designati dal Parlamento. La Corte elegge il suo presidente tra i componenti designati dal Parlamento. I membri della Corte non partecipano alle altre attività dei rispettivi Consigli superiori e durano in carica fino alla scadenza di questi.

La Corte di giustizia per i magistrati è anche organo di tutela giurisdizionale in unico grado nei riguardi dei provvedimenti amministrativi di ciascun Consiglio superiore.

La legge disciplina l'attività della Corte e può prevedere che essa si articoli in sezioni determinando le modalità della relativa composizione.

 

Conseguentemente, sopprimere l'articolo 105-bis.

V. 105. 4. Russo, Senese.

 

Sopprimere la parola: esclusivamente e aggiungere, in fine, le parole: e, salva la disposizione dell'articolo 110, ogni altra funzione amministrativa riguardante l'attività giudiziaria.

V. 105. 3. Salvi, Mussi, Folena, Russo, Senese, Pellegrino, Mancina, D'Alessandro Prisco, Soda, Villone, Salvati, Crucianelli, Passigli, Guerzoni.

 

Aggiungere, infine, le parole: nonché ogni altra competenza amministrativa che, per il carattere strumentale all'esercizio delle funzioni giurisdizionali, può in qualsiasi modo consentire interferenze sull'esercizio di tali funzioni.

V. 105. 7. Buttiglione.

 

Aggiungere, in fine, il seguente comma:

Avverso i provvedimenti amministrativi assunti dai Consigli superiori della magistratura ordinaria e amministrativa è ammesso solo il ricorso in Cassazione per questioni di legittimità.

 

Conseguentemente, all'articolo 105-bis, primo comma, sopprimere il secondo periodo.

V. 105. 1. Armando Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Aggiungere, in fine, il seguente comma:

I Consigli non possono adottare atti di indirizzo politico o di interpretazione delle leggi o delle norme sull'ordinamento giudiziario.

V. 105. 6. Parenti, Pera, Loiero, Lisi, Maceratini, Buttiglione, Greco.

 

Aggiungere il seguente comma:

I Consigli non possono adottare deliberazioni di indirizzo politico o altri atti in materia di interpretazione delle leggi.

V. 105. 5. Greco.

 

ART. 105-bis.

Sostituirlo con il seguente:

Art. 105-bis. Spettano al Consiglio di disciplina delle magistrature i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei giudici ordinari, amministrativi e del pubblico ministero.

Il Consiglio è formato da dieci membri. Cinque sono eletti da tutti i giudici ordinari, amministrativi e da tutti i magistrati del pubblico ministero all'interno delle rispettive categorie; cinque sono eletti dal Parlamento tra i professori di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di servizio e iscritti nell'albo dei patrocinanti presso le giurisdizioni superiori.

Il Consiglio elegge un presidente tra i componenti designati dal Parlamento.

Ciascun componente del Consiglio dura in carica quattro anni e non è rieleggibile.

Non possono finché sono in carica essere iscritti negli albi professionali, assumere o ricoprire cariche pubbliche elettive.

V. 105-bis. 12. Parenti, Pera, Loiero, Lisi, Maceratini, Buttiglione, Greco.

 

Sostituirlo con il seguente:

Art. 105-bis. Il Consiglio superiore della magistratura ordinaria ed il Consiglio superiore della magistratura amministrativa eleggono, ciascuno tra i propri componenti, rispettivamente per la quota di due terzi e di un terzo, una Corte di giustizia per i magistrati cui spettano i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati ordinari e amministrativi e la tutela giurisdizionale in unico grado nei confronti dei provvedimenti amministrativi dei due consigli.

Ciascun Consiglio elegge i componenti ad esso assegnati per due terzi tra i magistrati e per un terzo tra i membri designati dal Parlamento.

La Corte elegge il presidente tra i componenti di designazione parlamentare.

I componenti della Corte non partecipano alle attività dei rispettivi Consigli superiori e durano in carica fino alla scadenza di questi.

La legge disciplina l'attività della Corte e può prevedere che essa si articoli in sezioni determinando le modalità della relativa composizione.

V. 105-bis. 5. Senese, Russo, Pellegrino, Folena, Salvi, Mussi, Villone, Soda, D'Alessandro Prisco, Mancina, Salvati, Crucianelli, Passigli, Guerzoni.

 

Al primo comma, primo periodo, sostituire la parola: giudici con la seguente: magistrati e sopprimere le parole: e dei magistrati del pubblico ministero.

V. 105-bis. 1. Armando Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Al primo comma, primo periodo, dopo le parole: pubblico ministero inserire le seguenti: ordinari e amministrativi.

V. 105-bis. 8. Buttiglione, Dentamaro.

 

Al primo comma, sopprimere il secondo periodo.

V. 105-bis. 13. Lisi, Maceratini.

 

Sostituire i commi secondo, terzo, quarto e quinto con i seguenti:

La Corte è formata da dieci membri. Cinque sono eletti dai giudici ordinari ed amministrativi, dai magistrati del pubblico ministero. Cinque sono eletti dal Parlamento tra i professori di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di servizio ovvero tra gli iscritti negli albi speciali dei patrocinanti presso le giurisdizioni superiori.

La Corte elegge un Presidente tra i componenti designati dal Parlamento.

I componenti della Corte durano in carica quattro anni e non sono rieleggibili.

I membri elettivi della Corte, finché sono in carica, non possono essere iscritti negli albi professionali né assumere cariche pubbliche elettive.

V. 105-bis. 11. Greco.

 

Subemendamenti all'emendamento

V. 105-bis. 6.

 

Al secondo comma, sostituire la parola: venti con: quindici e aggiungere alla fine le parole: ovvero iscritti nell'Albo speciale dei patrocinanti presso le giurisdizioni superiori.

V. 0. 105-bis. 6. 1. Greco.

 

Al quarto comma, sostituire le parole: scegliendo in una terna proposta dal Parlamento in seduta comune con le parole: su indicazione dei Presidenti delle due Camere.

V. 0. 105-bis. 6. 2. Greco.

 

Sostituire i commi secondo, terzo, quarto e quinto con i seguenti:

La Corte di giustizia della magistratura è composta da nove giudici nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo dal Parlamento in seduta comune e per un terzo dalle supreme magistrature ordinaria ed amministrativa.

I giudici della Corte sono scelti tra i magistrati a riposo delle giurisdizioni superiori ordinaria ed amministrativa, i professori ordinari di università in materie giuridiche e gli avvocati dopo venti anni di esercizio.

La Corte elegge il Presidente fra i suoi componenti.

L'azione disciplinare è obbligatoria ed è esercitata da un Procuratore generale nominato dal Presidente della Repubblica, scegliendolo in una terna proposta dal Parlamento in seduta comune tra coloro che hanno i requisiti per la nomina a giudice della Corte stessa.

I giudici ed il Procuratore generale durano in carica cinque anni e non possono essere nominati una seconda volta.

L'ufficio di giudice della Corte e di Procuratore generale sono incompatibili con quello di membro del Parlamento o di un Consiglio regionale, con l'esercizio della professione d'avvocato e con ogni carica ed ufficio indicati dalla legge.

Nei cinque anni successivi alla cessazione dalle funzioni i giudici della Corte ed il Procuratore generale non possono ricoprire alcuna carica pubblica.

V. 105-bis. 6. Zecchino, Bressa, Andreolli.

 

Sostituire i commi secondo, terzo, quarto e quinto con i seguenti:

La Corte è formata da nove membri di cui tre sorteggiati tra i magistrati amministrativi con almeno quindici anni di esercizio delle funzioni e sei tra i magistrati con almeno venti anni di esercizio delle funzioni.

Il Presidente della Corte di giustizia della magistratura è eletto dai componenti della Corte medesima.

Le decisioni della Corte sono impugnabili per violazione di legge davanti alle sezioni unite civili della Corte di Cassazione.

I componenti durano in carica due anni e per tutta la durata sono esonerati dalle funzioni giurisdizionali.

V. 105-bis. 7. D'Amico.

 

Sostituire il secondo comma con il seguente:

La Corte è formata da sei giudici ordinari, tre giudici amministrativi e due magistrati del pubblico ministero. Le norme dei rispettivi ordinamenti giudiziari stabiliscono criteri obiettivi e predeterminati per la nomina, a rotazione, dei componenti della Corte.

V. 105-bis. 14. Lisi, Maceratini.

 

Sostituire i commi terzo, quarto e quinto con il seguente:

I componenti della Corte durano in carica quattro anni.

V. 105-bis. 15. Lisi, Maceratini.

 

Al terzo comma, sostituire il primo e il secondo periodo con il seguente: Il Consiglio superiore della magistratura elegge nove componenti di cui sei tra quelli eletti dai giudici e tre tra quelli designati dal Parlamento.

V. 105-bis. 4. Passigli.

 

Al terzo comma, primo periodo, sostituire le parole: dai giudici e dai magistrati del pubblico ministero con le seguenti: dai magistrati ordinari e sopprimere l'ultimo periodo.

V. 105-bis. 2. Armando Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Al terzo comma, sopprimere l'ultimo periodo.

V. 105-bis. 16. Armando Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Sostituire il quarto comma con il seguente:

Il Presidente della Corte di giustizia della magistratura è eletto dai componenti della Corte medesima.

V. 105-bis. 9. Ossicini.

 

Al quinto comma, sostituire le parole: fino allo scadere del mandato di tali organi con le seguenti: per due anni.

V. 105-bis. 3. Armando Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Dopo il quinto comma, aggiungere il seguente:

Le decisioni della Corte sono impugnabili per violazione di legge davanti alle sezioni unite civili della Corte di cassazione.

V. 105-bis. 10. Ossicini.

 

ART. 105-ter.

L'azione disciplinare è obbligatoria ed è esercitata da un Procuratore generale nominato dal Presidente della Repubblica, tra coloro che hanno i requisiti per la nomina a giudice della Corte Costituzionale.

La legge assicura l'indipendenza del Procuratore generale da ogni potere.

Il Procuratore generale esercita la funzione ispettiva sul corretto funzionamento degli uffici giudiziari.

L'Ufficio di Procuratore generale è incompatibile con ogni carica pubblica elettiva, con l'esercizio della professione di avvocato e con ogni carica o ufficio indicati dalla legge.

Nei cinque anni successivi alla cessazione delle funzioni il Procuratore non può ricoprire alcuna carica pubblica.

V. 105-bis. 01. Elia, Senese, Salvi, Russo, Folena, Zecchino.

 

ART. 106.

Sopprimerlo.

V. 106. 7. Passigli.

 

Sostituirlo con il seguente:

Art. 106. - I giudici ordinari e amministrativi e i magistrati del pubblico ministero sono nominati per concorsi differenziati a seguito di un periodo di formazione e di valutazione di specifica idoneità, secondo le modalità previste dalle norme dei rispettivi ordinamenti giudiziari.

La legge sull'ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici e pubblici ministeri di primo grado.

La legge sull'ordinamento giudiziario può ammettere la nomina a tutti i livelli della giurisdizione di professori universitari in materie giuridiche e avvocati dopo quindici anni di esercizio e iscritti negli albi speciali per il patrocinio presso le giurisdizioni superiori. In nessun caso possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali né assumere o ricoprire cariche pubbliche elettive.

V. 106. 18. Parenti, Pera, Greco.

 

Subemendamenti all'emendamento

V. 106. 18.

Al comma 1 sopprimere le parole: e i magistrati del pubblico ministero.

V. 0. 106. 18. 1. Maroni, Fontanini, Brignone, Tabladini, Fontan.

 

Sostituire il secondo comma con il seguente:

La legge sull'ordinamento giudiziario disciplina la nomina elettiva dei magistrati del pubblico ministero.

  V. 0. 106. 18. 2. Maroni, Fontanini, Brignone, Tabladini, Fontan.

 

Sostituire il secondo comma con il seguente:

La legge nell'ordinamento giudiziario ammette la nomina elettiva dei magistrati del pubblico ministero.

  V. 0. 106. 18. 3. Parenti.

 

Sostituirlo con il seguente:

Art. 106. - I giudici ordinari ed amministrativi ed i magistrati del pubblico ministero sono nominati per concorsi differenziati secondo le modalità previste dalle norme dei rispettivi ordinamenti giudiziari.

La legge sull'ordinamento giudiziario può ammettere la nomina anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici e pubblici ministeri di primo grado.

La legge sull'ordinamento giudiziario può ammettere la nomina di avvocati e professori universitari in materie giuridiche a tutti i livelli della giurisdizione.

Su designazione del Consiglio superiore della magistratura possono essere chiamati all'ufficio di consiglieri di cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di un'università in materie giuridiche e avvocati che abbiano quindici anni di esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori.

Su designazione del Consiglio superiore dei giudici amministrativi e contabili possono essere chiamati all'ufficio di Consigliere di Stato e di Consigliere della Corte dei conti, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che abbiano quindici anni di esercizio e siano iscritti negli Albi speciali per le giurisdizioni superiori o esperti in materie giuridiche ed economiche.

V. 106. 15. Lisi, Maceratini.

 

Sostituire l'articolo 106 con il seguente:

Art. 106.

I giudici ordinari e amministrativi sono nominati per concorsi differenziati a seguito di un periodo di formazione stabilito dalla legge sull'ordinamento giudiziario.

I magistrati del Pubblico Ministero sono nominati a seguito di elezione, secondo le modalità stabilite dalla legge.

La legge sull'ordinamento giudiziario può ammettere la nomina a tutti i livelli della giurisdizione di professori universitari in materie giuridiche e avvocati iscritti negli albi speciali per il patrocinio presso le giurisdizioni superiori.

V. 106. 29. Maroni, Fontanini, Brignone, Tabladini, Fontan.

 

Sostituire il primo, secondo e terzo comma con i seguenti:

Le nomine dei giudici e dei magistrati requirenti hanno luogo per separato concorso.

L'assunzione in ruolo è subordinata ad una valutazione di specifiche idoneità rispettivamente da parte della sezione del Consiglio dei giudici o della Sezione del Consiglio per i magistrati requirenti.

Il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti, e viceversa, è consentito solo a seguito del concorso e delle valutazioni di idoneità di cui al precedente comma.

V. 106. 24. Greco.

 

Sostituire il primo comma con il seguente:

I giudici ordinari e amministrativi e i magistrati del pubblico ministero sono nominati per concorsi differenziati a seguito di un periodo di formazione e di valutazione di specifica idoneità, secondo le modalità previste dalle norme dell'ordinamento giudiziario.

V. 106. 19. Pera, Greco.

 

Al primo comma, sopprimere le parole: e previo tirocinio.

V. 106. 10. Russo.

 

Dopo il primo comma, inserire il seguente:

Le nomine dei consiglieri della Corte di Giustizia amministrativa hanno luogo per concorso pubblico.

V. 106. 17. Casini, Loiero.

 

Sostituire i commi secondo terzo e quarto con il seguente:

I magistrati ordinari esercitano inizialmente, per il periodo stabilito dalla legge, funzioni giudicanti collegiali. La legge regola la successiva assegnazione delle diverse funzioni ed il passaggio tra di esse, nonché le procedure di accertamento della idoneità professionale alle funzioni richieste, assicurando la temporaneità nella medesima sede delle funzioni direttive, delle funzioni di pubblico ministero e di altre eventuali funzioni da essa individuate, ed assicurando altresì che il passaggio dalle funzioni di pubblico ministero alle funzioni giudicanti penali, non avvenga nell'ambito del medesimo distretto.

 

Conseguentemente, sopprimere il terzo comma dell'articolo 107.

V. 106. 8. Salvi, Mussi, Folena, Senese, Russo, Villone, Mancina, Soda, D'Alessandro Prisco, Salvati, Crucianelli, Passigli, Guerzoni.

 

Al secondo comma, sostituire le parole: di tre anni con le seguenti: stabilito dalla legge.

V. 106. 1. Armando Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Al secondo comma, sostituire la parola: tre con le seguente: cinque.

V. 106. 16. Ossicini.

 

Al secondo comma, sostituire le parole: all'esercizio di funzioni giudicanti ovvero inquirenti con le seguenti: al ruolo giudicante ovvero inquirente.

V. 106. 11. Zecchino, Bressa, Andreolli.

 

Al secondo comma, sopprimere le parole: previa apposita formazione e valutazione di idoneità.

V. 106. 2. Armando Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Sopprimere il terzo comma.

V. 106. 20. Pera, Greco.

 

Sostituire i commi terzo e quarto con i seguenti: Il passaggio dall'uno all'altro ruolo è consentito secondo modalità stabilite dalla legge.

Il passaggio nell'ambito di una stessa regione è consentito dopo otto anni dalla cessazione delle diverse funzioni.

V. 106. 12. Zecchino, Bressa, Andreolli.

 

Subemendamenti all'emendamento

V. 106. 12.

 

Il passaggio dall'uno all'altro ruolo è consentito a seguito di un periodo di formazione e di valutazione di specifica idoneità secondo le modalità previste dalla legge nell'ordinamento giudiziario.

V. 0. 106. 12. 1. Parenti.

 

Sostituire le parole da: nell'ambito fino a: diverse funzioni con le seguenti: dal ruolo inquirente al ruolo giudicante non è consentito nell'ambito di una stessa regione.

V. 0. 106. 12. 1. Zecchino.

 

Al terzo comma, sopprimere le parole: a seguito di concorso riservato.

V. 106. 3. Armando Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Sostituire il quarto comma con il seguente:

Le funzioni giudicanti penali e quelle del pubblico ministero possono essere svolte nel medesimo distretto giudiziario soltanto con un intervallo di tempo di almeno dieci anni.

V. 106. 13. D'Amico.

 

Sostituire il quarto comma con il seguente:

In nessun caso i magistrati possono svolgere la funzione requirente o giudicante nello stesso distretto giudiziario in cui abbiano svolto in precedenza rispettivamente la funzione giudicante o requirente.

V. 106. 21. Pera, Parenti, Loiero, Greco.

 

Sostituire il quarto comma con il seguente:

Le funzioni giudicanti penali e quelle del pubblico ministero non possono essere svolte nel medesimo distretto giudiziario se non prima che sia trascorso un congruo periodo di tempo stabilito dalla legge.

V. 106. 4. Armando Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Dopo il quarto comma inserire il seguente:

L'accesso al ruolo di legittimità per i magistrati di merito ha luogo per concorso.

V. 106. 22. Buttiglione.

 

Al quinto comma dopo la parola: elettiva inserire la seguente: per un tempo determinato.

V. 106. 9. Folena, Russo, Senese, Pellegrino, Salvi, Mussi, Villone, Sora, D'Alessandro Prisco, Mancina, Salvati, Crucianelli, Passigli, Guerzoni.

 

Al quinto comma, sostituire le parole: di primo grado con la seguente: monocratici.

V. 106. 5. Armando Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Al sesto comma sostituire le parole: all'ufficio di consiglieri di cassazione con le seguenti: ad esercitare funzioni giurisdizionali.

 

Conseguentemente, sopprimere il settimo comma.

V. 106. 14. D'Amico.

 

Sopprimere il settimo comma.

V. 106. 6. Armando Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

ART. 107.

Sostituirlo con il seguente:

Art. 107. I giudici ordinari ed amministrativi sono inamovibili. Non possono essere dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione dei rispettivi Consigli superiori, adottata o per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall'ordinamento giudiziario o con il loro consenso.

I giudici si distinguono tra loro solo per diversità di funzioni.

La legge disciplina i periodi di permanenza nell'ufficio e nella sede dei giudici ordinari e dei magistrati del pubblico ministero.

I giudici ed i magistrati del pubblico ministero che dovessero prendere parte a competizioni elettorali devono essere assegnati a sede di distretto diverso da quello della candidatura.

V. 107. 10. Greco.

 

Sostituire il primo comma con il seguente: I magistrati ordinari e amministrativi sono inamovibili.

V. 107. 5. Armando Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Al primo comma, sopprimere le parole: e i magistrati del pubblico ministero.

V. 107. 11. Parenti, Pera, Loiero, Lisi, Greco.

 

Al secondo comma, sostituire le parole: con le garanzie del contraddittorio con le seguenti: con le garanzie di difesa.

V. 107. 12. Parenti, Pera, Loiero, Lisi, Maceratini, Buttiglione, Greco.

 

Sostituire il terzo comma con il seguente:

Il Consiglio Superiore (dei pubblici ministeri o la sezione per i magistrati del pubblico ministero) per assicurare la funzionalità degli uffici giudiziari, sentito l'interessato, può assegnare i magistrati del pubblico ministero ad altre sedi.

V. 107. 24. Greco.

 

Al terzo comma sostituire le parole: giudici ordinari e amministrativi e dei magistrati del pubblico ministero con le seguenti: magistrati ordinari e amministrativi.

V. 107. 1. Armando Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Al quarto comma, sostituire la parola: i magistrati con la seguente: i giudici.

V. 107. 13. Parenti, Pera, Loiero, Maceratini, Lisi, Buttiglione, Greco.

 

Sopprimere il quinto comma.

  V. 107. 2. Armando Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Sopprimere il quinto comma.

  V. 107. 9. D'Amico.

 

Sostituire il quinto e il sesto comma con il seguente.

La legge regola le incompatibilità, la responsabilità disciplinare dei giudici e dei magistrati del Pubblico Ministero, e le condizioni di partecipazione dei medesimi alle competizioni elettorali, al fine di assicurarne l'imparzialità, la riservatezza, la correttezza e la responsabilità.

V. 107. 7. Folena, Russo, Senese, Pellegrino, Salvi, Mussi, Soda, Villone, Mancina, D'Alessandro Prisco, Salvati, Crucianelli, Passigli, Guerzoni.

 

Sostituire il quinto comma con il seguente:

I magistrati si distinguono tra di loro soltanto per l'appartenenza alla magistratura giudicante o a quella requirente.

V. 107. 25. Greco.

 

Al sesto comma, sostituire i primi due periodi con il seguente: I giudici ordinari, amministrativi e i magistrati del pubblico ministero non possono svolgere funzioni e compiti diversi da quelli giudiziari per cui vengono nominati.

V. 107. 14. Parenti, Pera, Loiero, Lisi, Maceratini, Buttiglione, Greco.

 

Al sesto comma, primo periodo, sostituire le parole: giudice ordinario e amministrativo e di magistrato del pubblico ministero con le seguenti: magistrato ordinario e amministrativo;

Conseguentemente, nel secondo periodo, sostituire le parole: I giudici ordinari ed amministrativi e i magistrati del pubblico ministero con le seguenti: I magistrati ordinari e amministrativi.

V. 107. 3. Armando Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Al sesto comma, sopprimere l'ultimo periodo.

V. 107. 4. Armando Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Al sesto comma, sostituire l'ultimo periodo con il seguente: La legge stabilisce le condizioni di partecipazione alle competizioni elettorali dei magistrati ordinari e amministrativi.

V. 107. 6. Armando Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Al sesto comma, sostituire l'ultimo periodo con il seguente: Possono partecipare alle competizioni elettorali solo dopo due anni dalla cessazione delle funzioni.

V. 107. 8. Zecchino, Bressa, Andreolli.

 

Al sesto comma sostituire le parole: si dimettono con le seguenti: se si trovano già in aspettativa sei mesi prima della presentazione delle liste elettorali, anche nel caso di scioglimento anticipato di una delle Camere o del Consiglio regionale.

V. 107. 15. Buttiglione.

(omissis)

 

ART. 109.

Sostituirlo con il seguente:

I pubblici ministeri e i giudici dispongono della polizia giudiziaria secondo le norme dei rispettivi ordinamenti giudiziari.

V. 109. 1. Greco.

 

Sostituirlo con il seguente:

I magistrati del pubblico ministero e i giudici dispongono della polizia giudiziaria nei casi e con le modalità rispettivamente previste dalla legge e dalle norme sull'ordinamento giudiziario.

V. 109. 2. Parenti, Pera, Loiero, Lisi, Buttiglione, Maceratini.

 

Aggiungere dopo le parole: polizia giudiziaria le seguenti parole: e garantisce che le indagini si svolgono nel rispetto dei diritti dei cittadini e del principio di uguaglianza.

V. 109. 3. Buttiglione.

 

ART. 110.

Al primo comma, sostituire le parole: dei Consigli superiori della magistratura ordinaria e amministrativa con le seguenti: del Consiglio superiore della magistratura.

V. 110. 4. Passigli.

 

Al primo comma, sopprimere le parole: promuove la comune formazione propedeutica all'esercizio delle professioni giudiziarie e forensi.

V. 110. 5. Villone, Russo, Senese, Folena, Salvi, Mussi, Soda, D'Alessandro Prisco, Mancina, Salvati, Crucianelli, Passigli, Guerzoni.

 

Al primo comma sopprimere la parola: propedeutica.

V. 110. 12. Parenti, Pera, Loiero, Lisi, Maceratini, Buttiglione, Greco.

 

Al primo comma sopprimere infine le parole: promuove l'azione disciplinare.

V. 110. 7. Zecchino, Bressa.

 

Al primo comma, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Riferisce annualmente al Parlamento sullo stato della giustizia e sull'esercizio dell'azione penale.

 

Conseguentemente, sopprimere il secondo comma dell'articolo 112.

V. 110. 6. Russo, Pellegrino, Senese, Folena, Salvi, Mussi, Villone, Soda, Mancina, D'Alessandro Prisco, Salvati, Crucianelli, Passigli, Guerzoni.

 

Al primo comma, aggiungere, in fine, le seguenti parole: riferisce annualmente al Parlamento sullo stato della giustizia.

 

Conseguentemente, sopprimere l'articolo 112, secondo comma.

V. 110. 1. Armando Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Al primo comma, aggiungere, in fine, le seguenti parole: e ne riferisce al Parlamento.

  V. 110. 9. Ossicini.

 

Al primo comma, aggiungere, in fine, le seguenti parole: e ne riferisce al Parlamento.

  V. 110. 15. Ossicini.

 

Al primo comma, aggiungere il seguente periodo: Quando si tratta di fatti penalmente rilevanti l'esercizio dell'azione disciplinare è obbligatoria.

V. 110. 14. Buttiglione.

 

Sopprimere il secondo comma.

 V. 110. 2. Armando Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Sopprimere il secondo comma.

  V. 110. 10. Ossicini.

 

Sopprimere il secondo comma.

  V. 110. 8. Zecchino, Bressa, Andreolli.

 

Dopo il secondo comma, aggiungere il seguente:

 

Il Ministro della Giustizia sottopone annualmente al Parlamento la relazione consuntiva e previsionale sullo stato della giustizia, sull'esercizio dell'azione penale e disciplinare e sull'uso dei mezzi di indagine.

V. 110. 13. Parenti, Pera, Lisi, Maceratini, Buttiglione.

 

Aggiungere, in fine, il seguente comma:

La legge stabilisce tassativamente i casi e le modalità dell'esercizio dell'azione disciplinare.

V. 110. 3. Armando Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Aggiungere il seguente comma:

La legge disciplina le modalità di esercizio da parte del Procuratore generale presso la Corte di Cassazione dell'azione disciplinare proposta dal Ministro.

V. 110. 11. Ossicini.

 

ART. 111.

Sostituire il primo ed il secondo comma con i seguenti:

La giurisdizione si attua mediante giusti processi regolati dalla legge, che ne assicura la ragionevole durata.

Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità davanti a giudice imparziale.

V. 111. 11. Russo, Senese.

 

Sostituire il secondo comma con il seguente:

Contro le sentenze, pronunciate dagli organi giurisdizionali ordinari, amministrativi o speciali e contro i provvedimenti sulla libertà personale e gli altri provvedimenti cautelari è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge.

Si può derogare a tali norme soltanto per le sentenze dei Tribunali militari in tempo di guerra.

V. 111. 10. Parenti, Pera, Loiero, Lisi, Maceratini, Buttiglione.

 

Sostituire il secondo comma con il seguente:

Contro le sentenze degli organi giurisdizionali è sempre garantita, salvo che sia previsto un altro mezzo di impugnazione, l'esperibilità del ricorso per cassazione. Tale ricorso è in ogni caso esperibile, per violazione di legge, contro i provvedimenti sulla libertà personale.

V. 111. 3. Zecchino, Bressa, Andreolli.

Al secondo comma, sopprimere le parole: ordinari o speciali.

V. 111. 7. Buttiglione, Dentamaro.

 

Sostituire il terzo comma con il seguente:

La legge processuale si conforma alle norme della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.

V. 111. 6. D'Amico.

Sostituire il terzo comma con il seguente:

Il processo deve svolgersi di fronte ad un giudice imparziale ed in modo che sia assicurato il contraddittorio secondo i princìpi fissati negli accordi e nei trattati internazionali ratificati dall'Italia.

V. 111. 4. Zecchino, Bressa.

 

Al terzo comma, sostituire le parole: la persona accusata di un reato con le seguenti: l'imputato.

 

Conseguentemente, allo stesso comma, sostituire le parole: informata e assistita con le seguenti: informato e assistito.

V. 111. 2. Senese, Russo.

 

Dopo il terzo comma inserire il seguente:

I provvedimenti di carcerazione preventiva devono essere eseguiti presso appositi istituti ed in caso di impossibilità comunque determinata sono sostituiti dagli arresti domiciliari.

V. 111. 8. Ossicini.

 

Sopprimere il quarto comma.

  V. 111. 1. Passigli.

 

Sopprimere il quarto comma.

  V. 111. 14. Buttiglione.

 

Al quarto comma, sopprimere le parole da: ovvero se sino alla fine del comma.

V. 111. 9. Pera, Parenti, Greco.

 

Sostituire il quinto comma con il seguente:

Le norme penali sono caratterizzate dal principio della tipicità e della determinatezza e non possono essere interpretate in modo analogico e estensivo.

V. 111. 15. Buttiglione.

 

Sostituire il quinto comma con il seguente:

Le leggi penali e quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati.

V. 111. 5. Zecchino, Bressa, Andreolli.

 

Sostituire l'emendamento con il testo seguente: La legge penale è di stretta interpretazione.

V. 111. 5. (Nuova formulazione). Zecchino.

 

Sostituire il quinto comma con il seguente:

Le norme penali incriminatrici non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati.

V. 111. 12. Senese, Russo.

 

Sopprimere l'ultimo comma.

V. 111. 13. Russo, Senese.

 

Dopo l'articolo 111 inserire il seguente:

Art. 111-bis. Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati.

Contro le sentenze è sempre ammesso appello ovvero ricorso in cassazione. Contro i provvedimenti sulla libertà personale pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali è sempre ammesso ricorso in cassazione per violazione di legge.

Contro le decisioni della Corte di giustizia amministrativa è ammesso ricorso in cassazione per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.

V. 111. 01. Senese, Pellegrino, Russo, Folena, Salvi, Mussi, Villone, D'Alessandro Prisco, Mancina, Soda, Salvati, Crucianelli, Passigli, Guerzoni.

 

ART. 112.

Sostituirlo con il seguente:

Art. 112. Il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale. La legge stabilisce le misure idonee ad assicurare l'effettivo esercizio e può prevedere la non perseguibilità per i casi di inoffensività o di tenuità del fatto ovvero di occasionalità del comportamento.

È onere del pubblico ministero dimostrare la colpevolezza dell'imputato.

Costituisce grave violazione dei diritti dell'uomo l'utilizzazione della carcerazione preventiva come strumento per estorcere confessioni.

Il Ministro della giustizia riferisce annualmente al Parlamento sullo stato della giustizia, sull'esercizio dell'azione penale e sull'uso di mezzi di indagine.

V. 112. 9. Greco.

 

Sostituire il primo comma con il seguente:

Il pubblico ministero esercita l'azione penale secondo le modalità stabilite dalla legge, ove non ritenga insussistente l'inoffensività del fatto o l'interesse pubblico al suo perseguimento.

V. 112. 10. Parenti, Loiero, Lisi, Maceratini, Buttiglione, Greco.

 

Sostituire il primo comma con il seguente:

Il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale ed a tale fine avvia le indagini quando abbia notizia di un reato.

V. 112. 7. Zecchino, Bressa, Andreolli.

 

Sostituire il primo comma con il seguente:

Il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale ed a tale fine avvia le indagini quando abbia notizia di un reato.

V. 112. 20. Zecchino, Senese.

 

Sostituire il primo comma con il seguente:

L'ufficio del pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale secondo modalità stabilite dalla legge.

V. 112. 11. Pera, Greco.

 

Al primo comma, sopprimere il secondo periodo.

V. 112. 1. Armando Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Al primo comma sostituire il secondo periodo con i seguenti: La legge stabilisce le misure idonee ad eliminare gli ostacoli che impediscono l'effettivo esercizio dell'azione penale. Anche in vista dell'adozione di tali misure il Ministro di Grazia e Giustizia riferisce annualmente al Parlamento sullo stato della giustizia.

 

Conseguentemente, sopprimere il secondo comma.

V. 112. 8. D'Amico.

 

Al primo comma, secondo periodo, dopo le parole: l'effettivo esercizio aggiungere le seguenti: e può prevedere l'improcedibilità per i casi di inoffensività concreta o tenuità del fatto.

V. 112. 12. Pera, Greco.

 

Dopo il primo comma aggiungere il seguente:

La legge stabilisce i casi in cui l'azione penale è attribuita in via sussidiaria o concorrente ad altri soggetti.

V. 112. 13. Parenti, Pera, Loiero, Lisi, Maceratini, Buttiglione, Greco.

 

Dopo il primo comma aggiungere il seguente:

Il pubblico ministero esercita innanzi al giudice le altre facoltà di azione e di intervento previste dalla legge.

V. 112. 6. Pellegrino, Folena, Russo, Senese, Salvi, Mussi, Villone, Mancina, Soda, D'Alessandro Prisco, Salvati, Crucianelli, Passigli, Guerzoni.

 

Sopprimere il secondo comma.

  V. 112. 2. Armando Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Sopprimere il secondo comma.

  V. 112. 14. Parenti, Pera, Loiero, Lisi, Maceratini, Buttiglione.

Al secondo comma, sopprimere le parole: sull'esercizio dell'azione penale e sull'uso dei mezzi di indagine.

V. 112. 3. Armando Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Al secondo comma, sopprimere le parole: , sull'esercizio dell'azione penale.

V. 112. 4. Armando Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Al secondo comma, sopprimere le parole: e sull'uso dei mezzi di indagine.

V. 112. 5. Armando Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

(omissis)



EMENDAMENTI PRESENTATI DAL RELATORE SUL SISTEMA DELLE GARANZIE

 

 


(omissis)

ART. 101.

Sostituire il secondo comma con il seguente:

I giudici sono soggetti soltanto alla legge. I magistrati del pubblico ministero sono indipendenti da ogni potere e godono delle garanzie stabilite nei loro riguardi dalle norme sull'ordinamento giudiziario. Tali norme assicurano altresì il coordinamento interno dell'ufficio del pubblico ministero ed il coordinamento, ove necessario, delle attività investigative tra gli uffici del pubblico ministero.

V. 101. 22. Boato, relatore.

 

Sopprimere i commi terzo, quarto e quinto

V. 101. 23. Boato, relatore.

 

  In quanto rinviati, per ragioni sistematiche, al nuovo articolo 110-ter.

 

ART. 102.

Al terzo comma aggiungere, in fine, il seguente periodo: La legge può disciplinare modi e forme di attribuzione della giurisdizione in materia tributaria a sezioni specializzate.

 

Conseguentemente:

sopprimere il secondo periodo del quarto comma.

V. 102. 17. Boato, relatore.

 

Sostituire il quinto comma con il seguente:

La legge stabilisce per quali materie possono essere nominati giudici non professionali al fine di giudizi di sola equità.

V. 102. 18. Boato, relatore.

 

 

(omissis)

 

ART. 104.

Al quarto comma l'ultimo periodo è sostituito dal seguente:

La legge stabilisce le competenze delle sezioni riunite.

V. 104. 41. Boato, relatore.

 

Al nono comma, sostituire la parola: assumere con la seguente: ricoprire.

Conseguentemente:

all'articolo 104-bis, al settimo comma, sostituire la parola: assumere con la seguente: ricoprire.

V. 104. 42. Boato, relatore.

 

ART. 105.

Dopo la parola: le assunzioni, aggiungere le seguenti: la formazione,.

V. 105. 9. Boato, relatore.

 

ART. 107.

Al sesto comma, sostituire l'ultimo periodo con il seguente:

La legge disciplina le condizioni di partecipazione dei giudici ordinari e amministrativi e dei magistrati del pubblico ministero alle competizioni elettorali, prevedendone in ogni caso l'assegnazione ad altra sede.

V. 107. 23. Boato, relatore.

 

ART. 110.

Dopo il secondo comma, inserire il seguente:

Il Ministro della giustizia riferisce annualmente al Parlamento sullo stato della giustizia, sull'esercizio dell'azione penale, e sull'uso dei mezzi di indagini.

 

Conseguentemente:

all'articolo 112 sopprimere il secondo comma.

V. 110. 21. Boato, relatore.

 

ART. 110-bis.

Dopo l'articolo 110, inserire il seguente:

Art. 110-bis.

Le norme penali tutelano beni di rilevanza costituzionale.

Non sono punibili fatti previsti come reato nei casi in cui non determinano una concreta offensività.

Le norme penali non possono essere interpretate in modo analogico o estensivo.

Nuove norme penali sono ammesse solo se modificano il codice penale ovvero se contenute in leggi disciplinanti organicamente l'intera materia cui esse si riferiscono.

V. 110. 01. Boato, relatore.

 

ART. 110-ter.

Dopo l'articolo 110-bis, inserire il seguente:

Art. 110-ter.

La giurisdizione si attua mediante giusti processi regolati dalla legge, che ne assicura la ragionevole durata.

Il procedimento si svolge nel contraddittorio fra le parti, in condizioni di parità, secondo il principio dell'oralità e davanti a giudice imparziale.

La legge assicura che la persona accusata di un reato sia informata, nel più breve tempo possibile, della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico; disponga del tempo e delle condizioni necessarie per preparare la sua difesa; abbia la facoltà di interrogare o far interrogare le persone da cui provengono le accuse a suo carico; abbia la facoltà di ottenere la convocazione e l'interrogatorio di persone a discarico nelle stesse condizioni di quelle di accusa e l'acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore; sia assistita gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo.

La legge istituisce pubblici uffici di assistenza legale al fine di garantire ai non abbienti il diritto di agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione.

V. 110. 02. Boato, relatore.

 

ART. 111.

Sostituirlo con il seguente:

Art. 111.

Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati.

Contro le sentenze è ammesso ricorso in cassazione nei casi previsti dalla legge. Contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso il ricorso in cassazione per violazione di legge. Si può derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei Tribunali militari in tempo di guerra.

Contro le decisioni della Corte di giustizia amministrativa il ricorso in cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.

V. 111. 16. Boato, relatore.

(omissis)



SUBEMENDAMENTI AGLI EMENDAMENTI PRESENTATI

DAL RELATORE SUL SISTEMA DELLE GARANZIE

 

 

 


(omissis)

Sopprimere l'emendamento V. 101. 22.

V. 0. 101. 22. 1. Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Sostituire il secondo comma con il seguente:

I giudici sono soggetti soltanto alla legge. I magistrati del pubblico ministero sono indipendenti da ogni potere. La legge bicamerale assicura il coordinamento interno dell'ufficio del pubblico ministero ed il coordinamento, ove necessario, delle attività integrative tra gli uffici del pubblico ministero.

V. 0. 101. 22. 4. Elia, Senese, Salvi, Folena.

 

Sostituire l'ultimo periodo con il seguente:

Le norme sull'ordinamento giudiziario assicurano l'unità d'azione mediante il coordinamento interno all'ufficio del pubblico ministero.

V. 0. 101. 22. 3. Parenti.

 

Sopprimere le parole: ove necessario e aggiungere dopo la parola: tra e previa sostituzione dell'articolo: gli in: i, la parola: diversi.

V. 0. 101. 22. 2. Greco.

 

Sostituire con: La legge disciplina modi e forme di attribuzione a sezioni specializzate presso il giudice ordinario della giurisdizione in materia tributaria.

V. 0. 102. 17. 1. Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Aggiungere alla fine del periodo: presso il giudice ordinario.

V. 0. 102. 17. 3. Parenti.

 

Dopo la parola: conseguentemente sostituire le parole con: Sopprimere tutto il quarto comma.

V. 0. 102. 17. 2. Greco.

(omissis)

Sopprimere emendamento V. 104. 4. 1.

V. 0. 104. 41. 1. Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Sopprimere emendamento V. 107. 23.

V. 0. 107. 23. 2. Parenti.

 

Ripristinare l'ultimo comma del testo della IV bozza.

V. 0. 107. 23. 4. Lisi, Maceratini.

 

Sostituire le parole da: partecipazione a: elettorali con le parole: eleggibiltà o nomina a cariche politiche pubbliche.

V. 0. 107. 23. 3. Pera.

 

Sostituire: giudici ordinari e amministrativi e dei magistrati del pubblico ministero con: magistrati ordinari e amministrativi.

V. 0. 107. 23. 1. Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Sopprimere: sull'esercizio dell'azione penale e sull'uso dei mezzi di indagine.

V. 0. 110. 21. 1. Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Sopprimere le parole: nell'uso dei mezzi di indagine.

V. 0. 110. 21. 2. Folena, Senese, Russo.

 

Sopprimere il primo comma.

V. 0. 110. 01. 1. Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

 

Sostituire il secondo comma con il seguente:

La legge stabilisce che l'azione penale sia dichiarata improcedibile dal giudice quando il fatto, per la sua tenuità, per l'occasionalità del comportamento che vi ha dato luogo, e per la irrilevanza delle conseguenze che ne sono derivate, risulta privo di effettiva offensività.

V. 0. 110. 01. 4 Folena, Senese, Pellegrino, Russo.

 

Sostituire il terzo comma con il seguente:

Le norme penali incriminatrici non si applicano oltre i casi e i tempi in essa considerati.

V. 0. 110. 01. 3. Folena, Senese, Russo.

 

Sopprimere dal quarto comma l'ultimo periodo dalla parola: ovvero alla fine.

Conseguentemente non tenere conto dell'emendamento V. 111. 9 Pera-Greco subarticolo 111. 9.

  V. 0. 110. 01. 2. Greco.

Al quarto comma sopprimere le parole da: ovvero fino alla fine.

  V. 0. 110. 01. 5. Pera.

 

Sostituire il secondo comma con il seguente:

Ogni processo si svolge sul contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice imparziale.

V. 0. 110. 02. 2. Folena, Senese, Pellegrino, Russo.

 

Al secondo comma, dopo le parole: il procedimento aggiungere: penale, in ogni stato e grado.

 

Sostituire alla fine del periodo la parola: imparziale con la parola: terzo.

V. 0. 110. 02. 4. Parenti.

 

Al terzo comma, sostituire le parole: la persona accusata di un reato con la seguente: l'imputato.

 

Conseguentemente, sostituire le parole: informata e assistita con le seguenti: informato e assistito.

V. 0. 110. 02. 3. Folena, Senese, Pellegrino, Russo.

 

Aggiungere alla fine il seguente comma:

La legge assicura l'effettivo esercizio del diritto di difesa ai non abbienti con la istituzione di uffici territoriali di assistenza.

V. 0. 110. 02. 1. Greco.

 

Sostituire il secondo comma con il seguente:

Contro la sentenza e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali, è sempre ammesso ricorso in cassazione per violazione di legge. Si può derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei tribunali militari, che sono istituiti in tempo di guerra.

V. 0. 111. 16. 1. Cossutta, Bertinotti, Salvato, Marchetti.

Al secondo comma, sostituire le parole da: contro a: legge (primo periodo) con le seguenti: contro le sentenze è sempre ammesso appello avverso ricorso in cassazione.

V. 0. 111. 16. 2. Folena, Senese, Pellegrino, Russo.

 

(omissis)


 


 

COMMISSIONE PARLAMENTARE
PER LE RIFORME COSTITUZIONALI

 

 

DOCUMENTI ESAMINATI NEL CORSO DELLE SEDUTE ANTIMERIDIANA N. 52
E POMERIDIANA N. 53
DI LUNEDI’ 30 GIUGNO 1997

 

 

 


La seduta comincia alle 16.10.

 

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

 

Seguito dell'esame dei progetti di legge di revisione della parte seconda della Costituzione.

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'esame dei progetti di legge di revisione della parte seconda della Costituzione.

Passiamo alle dichiarazioni di voto. Ha chiesto di parlare l'onorevole Zeller. Ne ha facoltà.

(omissis)


 


Allegato Commissione bicamerale

 

 

TESTO DELLA COMMISSIONE E PROPOSTE DI COORDINAMENTO

 

Testo della Commissione

Proposta di coordinamento

Ordinamento giurisdizionale.

Art. 120.

La giustizia è amministrata in nome del popolo.

I giudici e i magistrati del pubblico ministero sono soggetti soltanto alla legge. Le norme sull'ordinamento giudiziario assicurano il coordinamento interno e l'unità di azione degli uffici del pubblico ministero.

La giurisdizione si attua mediante giusti processi regolati dalla legge, che ne assicura la ragionevole durata.

Il procedimento si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, secondo il principio dell'oralità e davanti a giudice imparziale.

La legge assicura l'effettivo esercizio del diritto di difesa, in ogni fase del procedimento, anche da parte dei non abbienti.

Art. 121.

 La funzione giurisdizionale è unitaria ed è esercitata dai giudici ordinari e amministrativi istituiti e regolati dalle norme dei rispettivi ordinamenti giudiziari.

Non possono essere istituiti giudici straordinari.

Presso gli organi giudiziari ordinari e amministrativi possono istituirsi sezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura.

Possono essere istituiti giudici speciali esclusivamente per determinate materie diverse da quella penale e per il solo giudizio di primo grado. Per la giustizia tributaria possono tuttavia essere istituiti giudici speciali anche per il giudizio di secondo grado.

La legge stabilisce per quali materie possono essere nominati giudici non professionali, anche al fine di giudizi di sola equità.

La legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo all'amministrazione della giustizia.

Art. 122.

 La giurisdizione amministrativa è esercitata dai giudici dei tribunali amministrativi regionali e della Corte di giustizia amministrativa sulla base di materie omogenee indicate dalla legge.

Il giudice amministrativo, su iniziativa del pubblico ministero, giudica della responsabilità patrimoniale dei pubblici funzionari nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre materie specificate dalla legge.

I tribunali militari sono istituiti solo per il tempo di guerra o per l'adempimento di obblighi internazionali ed hanno giurisdizione soltanto per i reati militari commessi da appartenenti alle Forze Armate.

Art. 123.

 I giudici ordinari e amministrativi e i magistrati del pubblico ministero costituiscono un ordine autonomo e indipendente da ogni potere.

Il Consiglio superiore della magistratura ordinaria è presieduto dal Presidente della Repubblica.

Ne fanno parte di diritto il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione.

Il Consiglio superiore della magistratura ordinaria si compone di una sezione per i giudici e di una sezione per i magistrati del pubblico ministero. Il diverso numero dei componenti di ciascuna sezione è determinato dalla legge. La legge stabilisce funzioni e competenze delle sezioni riunite.

I componenti di ciascuna sezione sono eletti per tre quinti rispettivamente dai giudici e dai magistrati del pubblico ministero tra gli appartenenti alle varie categorie e per due quinti dal Senato della Repubblica tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.

Il Consiglio elegge un vice presidente e ciascuna sezione elegge il proprio presidente tra i componenti designati dal Senato della Repubblica.

Il Ministro della giustizia può partecipare, senza diritto di voto, alle riunioni delle sezioni riunite e di ciascuna sezione del Consiglio e presentare proposte e richieste.

I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono rieleggibili.

Non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né assumere cariche pubbliche elettive.

Art. 124.

 Il Consiglio superiore della magistratura amministrativa è presieduto dal Presidente della Repubblica.

Ne fa parte di diritto il presidente della Corte di giustizia amministrativa.

Gli altri componenti sono eletti per tre quinti da tutti i magistrati amministrativi appartenenti alle varie categorie e per due quinti dal Senato della Repubblica tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.

Il Consiglio elegge un vice presidente tra i componenti designati dal Senato della Repubblica.

Il Ministro della giustizia può partecipare alle riunioni del Consiglio senza diritto di voto e presentare proposte e richieste.

I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono rieleggibili.

Non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né assumere cariche pubbliche elettive.

Art. 125.

 Spettano ai Consigli superiori della magistratura ordinaria e amministrativa, secondo le norme dei rispettivi ordinamenti giudiziari, esclusivamente le funzioni amministrative riguardanti le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti e le promozioni nei riguardi dei giudici e dei magistrati del pubblico ministero.

Art. 126.

 Spettano alla Corte di giustizia della magistratura i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei giudici ordinari e amministrativi e dei magistrati del pubblico ministero. La Corte è altresì organo di tutela giurisdizionale in unico grado contro i provvedimenti amministrativi assunti dai Consigli superiori della magistratura ordinaria e amministrativa.

La Corte è formata da nove membri, eletti tra i propri componenti dai Consigli superiori della magistratura ordinaria e amministrativa.

Il Consiglio superiore della magistratura ordinaria elegge sei componenti, di cui quattro tra quelli eletti dai giudici e dai magistrati del pubblico ministero e due tra quelli designati dal Senato della Repubblica. Il Consiglio superiore della magistratura amministrativa elegge tre componenti, di cui due tra quelli eletti dai giudici e uno tra quelli designati dal Senato della Repubblica. I componenti designati tra quelli eletti dai magistrati sono scelti assicurando la rappresentanza delle varie categorie.

La Corte elegge un presidente tra i componenti eletti tra quelli designati dal Senato della Repubblica.

I componenti della Corte non possono partecipare ad altra attività dei rispettivi Consigli di provenienza e durano in carica fino allo scadere del mandato di tali organi.

Art. 127.

 Le nomine dei magistrati ordinari e amministrativi hanno luogo per concorso e previo tirocinio.

Tutti i magistrati ordinari esercitano inizialmente funzioni giudicanti per un periodo di tre anni, al termine del quale il Consiglio superiore della magistratura ordinaria a sezioni riunite li assegna all'esercizio di funzioni giudicanti ovvero inquirenti, previa apposita formazione e valutazione di idoneità.

Il passaggio tra l'esercizio delle funzioni giudicanti e del pubblico ministero è successivamente consentito a seguito di concorso riservato, secondo modalità stabilite dalla legge.

In nessun caso le funzioni giudicanti penali e quelle del pubblico ministero possono essere svolte nel medesimo distretto giudiziario.

La legge sull'ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici di primo grado.

Su designazione dei Consigli superiori della magistratura possono essere chiamati all'ufficio di consiglieri di cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che abbiano quindici anni di esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori.

La legge sull'ordinamento giudiziario può ammettere la nomina di avvocati e professori universitari in materie giuridiche negli altri gradi della giurisdizione.

Art. 128.

 I giudici ordinari e amministrativi e i magistrati del pubblico ministero sono inamovibili.

Non possono essere dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del rispettivo Consiglio superiore della magistratura, adottata o per i motivi e con le garanzie del contraddittorio stabiliti dai rispettivi ordinamenti giudiziari o con il loro consenso.

La legge disciplina i periodi di permanenza nell'ufficio e nella sede dei giudici ordinari e amministrativi e dei magistrati del pubblico ministero.

I magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni.

Nell'esercizio delle rispettive funzioni, i giudici ordinari e amministrativi ed i magistrati del pubblico ministero si attengono ai princìpi di responsabilità, correttezza e riservatezza.

L'ufficio di giudice ordinario e amministrativo e di magistrato del pubblico ministero è incompatibile con qualunque altro ufficio, incarico e professione. I giudici ordinari e amministrativi e i magistrati del pubblico ministero non possono far parte di collegi arbitrali, né essere distaccati presso Ministeri o altre pubbliche amministrazioni. Possono partecipare alle competizioni elettorali solo se si dimettono prima della presentazione delle liste elettorali.

Art. 129.

 Le norme sugli ordinamenti giudiziari ordinario e amministrativo sono stabilite esclusivamente con legge.

La legge assicura l'indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali, del pubblico ministero presso di esse e degli estranei che partecipano all'amministrazione della giustizia.

Art. 130.

 L'autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria.

Art. 131.

 Ferme le competenze dei Consigli superiori della magistratura ordinaria e amministrativa, il Ministro della giustizia provvede all'organizzazione e al funzionamento dei servizi relativi alla giustizia, promuove la comune formazione propedeutica all'esercizio delle professioni giudiziarie e forensi, esercita la funzione ispettiva sul corretto funzionamento degli uffici giudiziari, promuove l'azione disciplinare.

La legge può individuare altri soggetti titolari in via sussidiaria dell'azione disciplinare.

Sezione II

Norme sulla giurisdizione.

Art. 132.

 Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati.

Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in cassazione per violazione di legge. Si può derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei tribunali militari in tempo di guerra.

La legge assicura che la persona accusata di un reato sia informata, nel più breve tempo possibile, della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico; disponga del tempo e delle condizioni necessarie per preparare la sua difesa; abbia la facoltà di interrogare o far interrogare le persone da cui provengono le accuse a suo carico; abbia la facoltà di ottenere la convocazione e l'interrogatorio di persone a discarico nelle stesse condizioni di quelle di accusa e l'acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore; sia assistita gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo.

Nuove norme penali sono ammesse solo se modificano il codice penale ovvero se contenute in leggi disciplinanti organicamente l'intera materia cui esse si riferiscono.

Le norme penali non possono essere interpretate in modo analogico o estensivo.

Contro le decisioni della Corte di giustizia amministrativa il ricorso in cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.

 

Art. 133.

Il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale. La legge stabilisce le misure idonee ad assicurarne l'effettivo esercizio.

Il Ministro della giustizia riferisce annualmente al Parlamento sullo stato della giustizia, sull'esercizio dell'azione penale e sull'uso dei mezzi di indagine.

 

 

 


CAMERA DEI DEPUTATI

SENATO DELLA REPUBBLICA

N. 3931

N. 2583


XIII LEGISLATURA


COMMISSIONE PARLAMENTARE

PER LE RIFORME COSTITUZIONALI

Progetto di legge costituzionale

Revisione della parte seconda della Costituzione

(Articolo 1 della legge costituzionale 24 gennaio 1997, n. 1)

 

 

Relazione introduttiva:

Massimo D'ALEMA, Presidente della Commissione.

Relazioni:

Francesco D'ONOFRIO, relatore sulla forma di Stato;

Marida DENTAMARO, relatrice sul Parlamento e le fonti normative e sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea;

Cesare SALVI, relatore sulla forma di governo;

Marco BOATO, relatore sul sistema delle garanzie.

 

 

 

 

Trasmesso alla Presidenza della Camera dei Deputati e

alla Presidenza del Senato della Repubblica il 30 giugno 1997


Si considerano assorbiti dal testo della Commissione i progetti di legge costituzionale:

A.C.: 95 Novelli, 96 Novelli, 161 Corleone e Boato, 166 Corleone, 167 Corleone, 194 Spini ed altri, 196 Spini ed altri, 228 Caveri, 266 Bielli, 267 Bielli ed altri, 268 Bielli ed altri, 314 Scalia e Cento, 338 Scalia, 339 Scalia e Cento, 367 Pecoraro Scanio, 399 Lucchese ed altri, 443 Tassone, 596 Soda, 617 Vigneri, 683 Sbarbati, 819 Giovanardi ed altri, 879 Pasetto Nicola e Giorgetti, 914 Tremaglia ed altri, 1013 Poli Bortone, 1049 Poli Bortone, 1398 Galletti, 1453 Lucchese ed altri, 1455 Sanza ed altri, 1456 Sanza ed altri, 1457 Sanza ed altri, 1521 Contento, 1549 Grimaldi ed altri, 1571 Mattarella ed altri, 1660 Comino ed altri, 1825 Boato, 1829 Selva e Armaroli, 1847 Comino ed altri, 1907 Fontan ed altri, 1967 Savelli ed altri, 2391 Cascio, 2453 Pivetti, 2492 Grimaldi ed altri, 2566 Scarpa Bonazza Buora, 2584 Errigo, 2612 Cito ed altri, 2651 Zeller ed altri, 2854 Pivetti, 2867 Pezzoni ed altri, 2868 Grimaldi ed altri, 2900 Consiglio regionale dell'Emilia-Romagna, 2984 Olivieri, 2995 Boato ed altri, 3002 Caveri, 3011 Bertinotti ed altri, 3012 Buontempo, 3013 Armaroli ed altri, 3026 Consiglio regionale del Piemonte, 3027 Targetti ed altri, 3028 Consiglio regionale del Veneto, 3029 Buttiglione ed altri, 3030 Assemblea regionale siciliana, 3031 Pisanu ed altri, 3032 Parenti e Bruno, 3033 Lo Presti ed altri, 3034 Consiglio regionale della Liguria, 3035 Crema ed altri, 3036 Paissan, 3037 Piscitello ed altri, 3053 D'Amico ed altri, 3054 Cherchi ed altri, 3055 Cento, 3056 Maggi, 3058 Scalia, 3063 Fini ed altri, 3064 Neri ed altri, 3065 Migliori ed altri, 3066 Neri ed altri, 3067 Selva ed altri, 3068 Nania ed altri, 3069 Nania ed altri, 3070 Nania ed altri, 3071 Mussi ed altri, 3077 Li Calzi ed altri, 3078 Brancati, 3088 Mattarella ed altri, 3089 Pisapia, 3090 Giovanardi e Sanza, 3091 Giovanardi e Sanza, 3092 Giovanardi e Sanza, 3094 Carrara ed altri, 3095 Consiglio regionale del Lazio, 3096 Volontè, 3121 Pisanu ed altri, 3122 Berlusconi ed altri, 3143 Martusciello, 3724 Vito e Tatarella, 3739 Contento, 3793 Consiglio regionale del Piemonte, 3854 Crema ed altri.

A.S.: 289 La Loggia e Lauro, 291 La Loggia e Lauro, 368 Passigli, 660 Bevilacqua e Pace, 678 La Loggia e De Anna, 685 Lasagna ed altri, 687 Villone ed altri, 692 Elia, 1002 Pieroni ed altri, 1003 Pieroni ed altri, 1004 Pieroni ed altri, 1005 Pieroni ed altri, 1049 Serena e Tabladini, 1259 Mazzuca Poggiolini, 1354 Montagnino ed altri, 1438 Salvato, 1476 De Anna ed altri, 1573 Filograna, 1576 Terracini ed altri, 1598 Forcieri, 1609 Asciutti ed altri, 1610 Bettamio e Cortelloni, 1647 Di Benedetto e Pastore, 1699 Consiglio regionale della Toscana, 1860 Greco e Mundi, 1915 Passigli ed altri, 1916 Passigli ed altri, 1917 Passigli ed altri, 1933 Cossiga, 1934 Cossiga, 1936 Lauro, 1946 Preioni, 1975 Speroni, 1978 Pinggera e Thaler Ausserhofer, 1979 Lisi, 1983 Debenedetti, 1984 Debenedetti, 1985 Debenedetti, 1989 Marchetti ed altri, 1995 Fisichella ed altri, 1996 Passigli, 1997 Consiglio regionale del Veneto, 2005 Salvato, 2006 Folloni ed altri, 2008 Scivoletto ed altri, 2009 Diana Lino ed altri, 2010 Dentamaro ed altri, 2011 Folloni ed altri, 2012 Folloni ed altri, 2013 Folloni ed altri, 2014 Folloni ed altri, 2015 Pera ed altri, 2024 Besostri e Murineddu, 2025 Lavagnini ed altri, 2026 Lavagnini ed altri, 2027 Pera ed altri, 2030 Rotelli, 2031 La Loggia ed altri, 2032 Cossiga, 2033 Rigo e Meloni, 2034 Besostri, 2037 Lavagnini ed altri, 2038 Lavagnini ed altri, 2039 Lavagnini ed altri, 2040 Lavagnini ed altri, 2041 Lavagnini ed altri, 2042 Lavagnini ed altri, 2047 Salvi ed altri, 2048 Cimmino e Costa, 2053 D'Onofrio ed altri, 2057 Passigli, 2059 La Loggia ed altri, 2060 La Loggia ed altri.

(omissis)


RELAZIONE SUL SISTEMA DELLE GARANZIE DEL DEPUTATO MARCO BOATO

 

Premessa; 1. Le autorità di garanzia; 2. La Banca d'Italia; 3. Il difensore civico; 4. La Magistratura: 4.1 Unità funzionale della giurisdizione ; 4.2 L'ordinamento giurisdizionale: 4.2.1 Norme sull'ordinamento giurisdizionale; 4.2.2 Consiglio superiore della magistratura e pubblico ministero ; 4.2.3 Altre disposizioni in materia di ordinamento giurisdizionale ; 4.2.4 Norme sulla giurisdizione ; 5. La giustizia costituzionale: 5.1. Il quadro di riferimento; 5.1.1 Genesi ed evoluzione normativa; 5.1.2 L'evoluzione giurisprudenziale; 5.1.3 I precedenti progetti di riforma; 5.2 Il progetto di riforma della Commissione: 5.2.1 I criteri generali del disegno di riforma; 5.2.2 Composizione e funzionamento della Corte costituzionale: - Composizione della Corte ; - Titolarità della nomina dei giudici ;- Le garanzie di indipendenza dei giudici; 5.2.3 Competenze della Corte costituzionale ;- Il ricorso per la tutela dei diritti fondamentali ; - L'impugnazione diretta delle leggi da parte delle minoranze parlamentari - Le garanzie costituzionali del sistema delle autonomie ;- Giudizio di costituzionalità sui regolamenti del Governo - I ricorsi in materia elettorale; 5.2.4 Le pronunce della Corte costituzionale ; - Gli effetti delle pronunce ; - L'opinione dissenziente .

 


Premessa

Questa relazione dà conto del contenuto delle disposizioni del progetto approvato dalla Commissione in materia di: autorità di garanzia e di vigilanza, organi ausiliari del Governo, magistratura e giustizia costituzionale.

In riferimento alle norme approvate vengono anche ricostruiti i termini essenziali del dibattito, che ha caratterizzato il lavoro istruttorio del Comitato sul sistema delle garanzie e l'esame di tali materie svoltosi a più riprese in Commissione.

La relazione dà anche conto degli articoli in questa fase non approvati o accantonati, riguardanti nel primo caso il difensore civico e nel secondo caso la Banca d'Italia.

Per quanto riguarda gli articoli sulla magistratura, approvati dalla Commissione nel testo base proposto dal relatore, senza procedere all'esame degli emendamenti sia del relatore sia degli altri componenti della Commissione, la relazione dà doverosamente conto anche delle principali problematiche da questi segnalate e delle diverse soluzioni proposte, che sono quindi demandate all'esame della Commissione stessa nella successiva fase dei propri lavori.

Il relatore ringrazia il Servizio studi della Camera dei deputati per la preziosa collaborazione prestatagli in tutte le fasi del proprio lavoro, sottolineando d'altra parte la propria esclusiva ed intera responsabilità per gli articolati proposti e per i contenuti della relazione, che viene dedicata alla memoria di Michele Coiro.

(omissis)

4. La Magistratura

4.1. Unità funzionale della giurisdizione

(omissis)

4.2 L'ordinamento giurisdizionale

4.2.1 Norme sull'ordinamento giurisdizionale

Il sistema giudiziario esistente in Italia, al momento in cui l'Assemblea costituente svolgeva i propri lavori, derivava in gran parte dall'organizzazione giudiziaria già istituita nel Regno di Sardegna, sul modello della legislazione francese, e incentrata sulla figura del giudice-funzionario.

Lo Statuto del 1848 sanciva la diretta emanazione della giustizia dal Re e, in generale, le disposizioni previste in materia dagli articoli 68-73 non davano alla magistratura un ordinamento autonomo ed indipendente. Nel 1859 il decreto Rattazzi strutturava la magistratura come un corpo sottoposto all'esecutivo, ponendo il Guardasigilli al vertice di tutti i funzionari giudiziari, alla carriera dei quali presiedeva, e configurando il pubblico ministero come rappresentante del potere esecutivo presso ogni autorità giudiziaria.

La legge n. 6878 del 1890 (cosiddetta «legge Zanardelli») cominciò ad aprire taluni spiragli per accentuare le garanzie di indipendenza dei giudici, garanzie che furono rafforzate dalla legge n. 1511 del 1907 (cosiddetta «legge Orlando»), la quale istituì un Consiglio superiore della magistratura con funzioni consultive-deliberative in materia di promozioni, che erano tuttavia sempre adottate con decreto del ministro, dalla legge n. 438 del 1908 che assicurò l'inamovibilità di sede e con il decreto n. 1978 del 1921 (cosiddetto «decreto Rodinò»), che previde l'elettività del Consiglio superiore della magistratura ed estese l'inamovibilità ai pretori.

In epoca fascista la legislazione fu, invece, caratterizzata da una inversione di tendenza, a partire dall'ordinamento giudiziario del 1923 che eliminò l'elettività del Consiglio, accentuando la struttura gerarchica degli uffici giudiziari. L'ordinamento giudiziario del 1941 (ancora per gran parte in vigore) disciplinò in maniera organica la dislocazione, le funzioni e la composizione degli organi giudizari, la carriera e lo status giuridico dei magistrati ordinari.

Subito dopo la fine della guerra, con il regio decreto legislativo n. 511 del 31 maggio 1946, furono ripristinate le garanzie di indipendenza dei giudici, in parte estese ai pubblici ministeri.

In sede di Assemblea costituente emersero vari orientamenti in ordine all'autogoverno della magistratura, al collegamento del pubblico ministero con l'esecutivo, alla sorte da riservare all'ufficio del Ministro della giustizia, alla realizzazione dell'unità della giurisdizione, mentre su altre questioni, quali il superamento della configurazione delegata della giurisdizione, l'accoglimento del principio di legalità dell'azione penale e l'eliminazione di ingerenze dell'esecutivo sui provvedimenti concernenti lo status dei magistrati, si registrò un sostanziale accordo sin dall'inizio della discussione

Il testo vigente della Costituzione, agli articoli 101-113, sostanzialmente si basa sui principi della differenziazione solo funzionale dei magistrati, della previsione delle garanzie del giudice, della collocazione del pubblico ministero nell'ordinamento giudiziario, della previsione del Consiglio superiore della magistratura come organo a composizione mista, nonchè sulla precisazione dei rapporti tra magistratura ed esecutivo.

Si deve peraltro notare che la dottrina ha rilevato taluni problemi di conciliabilità, ad esempio, tra la riconducibilità della funzione giudiziaria alla sovranità popolare, prevista dall'articolo 101, primo comma, ed il sistema di nomina per concorso, previsto dall'articolo 106; tra la distinzione dei magistrati solo per funzioni, prevista dal terzo comma dell'articolo 107, e il sistema di promozioni come sarebbe presupposto dall'articolo 105; tra la differenziazione del pubblico ministero dalla magistratura giudicante, previsto dal quarto comma dell'articolo 107, e la riconduzione dello stesso all'ordine giudiziario, prevista dal terzo comma del medesimo articolo 107.

Le disposizioni costituzionali vigenti si aprono con le affermazioni secondo le quali la giustizia è amministrata in nome del popolo (articolo 101, comma 1) e i giudici sono soggetti soltanto alla legge (comma 2).

La Costituzione afferma quindi, in limine, l'indipendenza e l'autonomia del giudice (come singolo), anticipando in tal modo quella dell'ordine giudiziario nel suo complesso (affermata dagli articoli 104-107), indipendenza ed autonomia che rappresentano un valore strumentale rispetto a quello della legalità e obiettività dell'amministrazione della giustizia.

L'articolo 101 (e, in particolare, il citato comma 2 di tale articolo) è stato oggetto di ampio ed approfondito dibattito nel Comitato sul sistema delle garanzie. Su tale materia, in verità, si sono registrate posizioni alquanto divergenti, riconducibili ad unità solo con una certa difficoltà e con uno sforzo capace di tener conto dell'approfondimento critico delle diverse posizioni a confronto.

Il testo approvato dell'articolo 119, comma 2 (corrispondente al comma 2 dell'articolo 101 della Costituzione vigente), modifica la disposizione costituzionale in esame, nel senso di rendere soggetti soltanto alla legge non solo i giudici ma anche i magistrati del pubblico ministero. Per far fronte agli eventuali problemi che potrebbero sorgere da una effettiva frantumazione delle attribuzioni in materia inquirente e per assicurare un certo grado di unitarietà nello svolgimento delle relative funzioni, il testo prevede anche che le norme sull'ordinamento giudiziario assicurano il coordinamento e l'unità di azione degli uffici del pubblico ministero.

La formulazione descritta, tuttavia, può prestare il fianco alla critica, che ha un qualche fondamento, secondo la quale mentre la soggezione alla legge è concetto che si riferisce agevolmente al giudice inteso come singolo (tenuto presente quanto prima esposto circa le relazioni tra tale principio e le norme di cui agli articoli 104 e 107 della vigente Costituzione), essa potrebbe invece dar luogo a difficoltà in riferimento alla sua applicazione al pubblico ministero che, come è noto, è un ufficio e non un giudice.

Tenendo conto di queste considerazioni critiche, il relatore aveva predisposto un emendamento che, prendendo in considerazione iniziative emendative assunte da più gruppi, era probabilmente suscettibile di far fronte ai rilievi critici evidenziati, confermando al tempo stesso l'indipendenza del pubblico ministero di fronte ad ogni potere. Tale emendamento, infatti, era del seguente tenore: «I giudici sono soggetti soltanto alla legge. I magistrati del pubblico ministero sono indipendenti da ogni potere e godono delle garanzie stabilite nei loro riguardi dalle norme sull'ordinamento giudiziario. Tali norme assicurano altresì il coordinamento interno dell'ufficio del pubblico ministero ed il coordinamento, ove necessario, delle attività investigative tra gli uffici del pubblico ministero». Trattandosi di una delle questioni su cui più a lungo si era concentrata l'attenzione del Comitato sul sistema delle garanzie e il dibattito della Commissione, ho ritenuto opportuno riportare integralmente tale emendamento, che la Commissione non ha potuto prendere in esame, in modo che esso possa costituire un punto di riferimento critico nella fase successiva dei lavori, insieme all'esame degli emendamenti che al riguardo saranno presentati dai deputati e dai senatori.

Sempre all'articolo 119 (corrispondente all'articolo 101 del testo della Costituzione vigente) sono stati introdotti principi di grande rilievo, già previsti nei disegni e nelle proposte di legge all'esame della Commissione e già largamente condivisi dal Comitato sul sistema delle garanzie.

Si tratta del principio del giusto processo, della ragionevole durata dello stesso, della necessità che il procedimento si svolga nel contraddittorio tra le parti in condizioni di parità davanti a un giudice imparziale e che sia informato al principio dell'oralità. Peraltro gli unici punti sui quali è emersa una differenziazione critica riguardano il riferimento al «procedimento» anzichè al «processo» e l'eventuale previsione del principio dell'oralità riferito soltanto al processo penale.

È stato inoltre approvato un ulteriore comma finalizzato, in relazione a quanto previsto dal comma 3 dell'articolo 24 della Costituzione, a rendere effettiva la possibilità di difendersi anche da parte dei non abbienti in ogni fase del procedimento. Al riguardo, per meglio precisare la natura ordinamentale della norma finalizzata alla esigenza sopra indicata, sia da parte del relatore che da parte di taluni gruppi era stato presentato un emendamento con la previsione dell'istituzione, per questa finalità, di «pubblici uffici di assistenza legale», e quindi la questione potrà essere riesaminata ed eventualmente meglio risolta nella fase successiva dei lavori della Commissione.

In relazione al terzo, quarto e quinto comma approvati nel testo di tale articolo 119, sono state formulate osservazioni riferite ad una loro migliore collocazione sistematica nell'ambito della sezione II, anzichè nella I, del Titolo della Costituzione riguardante la magistratura.

Ritenendo fondata tale esigenza di migliore collocazione sistematica, il relatore aveva presentato due emendamenti rivolti ad introdurre nella sezione II, subito prima dell'articolo 111 della Costituzione vigente (corrispondente all'articolo 131 del testo approvato dalla Commissione) due nuovi articoli.

Il primo di tali articoli era del seguente tenore: «Le norme penali tutelano beni di rilevanza costituzionale. Non sono punibili fatti previsti come reato nei casi in cui non determinano una concreta offensività. Le norme penali non possono essere interpretate in modo analogico o estensivo. Nuove norme penali sono ammesse solo se modificano il codice penale ovvero se contenute in leggi disciplinanti organicamente l'intera materia cui esse si riferiscono» (le ultime due disposizioni sono comunque contenute nei commi quarto e quinto del testo dell'articolo 131 approvato dalla Commissione). Il secondo articolo conteneva, collocati in modo sistematicamente più adeguato, il terzo, quarto e quinto comma (quest'ultimo riformulato con la previsione dei pubblici uffici di assistenza legale per la difesa dei non abbienti) dell'articolo 119 del testo approvato dalla Commissione, insieme alla costituzionalizzazione dei diritti della difesa (che nel testo approvato dalla Commissione sono recati dall'articolo 131, terzo comma). Tutta questa materia, sia sotto il profilo del contenuto sia sotto il profilo della collocazione sistematica, potrà quindi essere meglio affrontata, anche in questo caso, nella successiva fase dei lavori della Commissione.

4.2.2 Consiglio superiore della magistratura e pubblico ministero

Le tematiche relative al Consiglio superiore della magistratura, al pubblico ministero, all'azione penale sono state oggetto di approfonditi e ripetuti dibattiti nel Comitato sul sistema delle garanzie e nella Commissione.

Per quanto riguarda in particolare il Consiglio superiore della magistratura, le disposizioni previste dagli articoli 104 e 105 della Costituzione vigente, accanto alla garanzia di indipendenza funzionale del singolo giudice (prevista dall'articolo 101, secondo comma), pongono istituti volti a garantire l'indipendenza della magistratura nel suo complesso. Il Consiglio superiore della magistratura è appunto l'organo cui è affidato il compito di assicurare l'autonomia e l'indipendenza dell'ordine della magistratura.

Tale organo è non solo previsto, ma anche disciplinato in molteplici aspetti dall'articolo 104 della Costituzione vigente ed è stato istituito con la legge n. 195 del 1958, successivamente più volte modificata.

Il Consiglio è attualmente composto da 33 membri, dei quali 3 di diritto (il Presidente della Repubblica, che lo presiede ai sensi degli articoli 87 e 104 della Costituzione vigente, il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione), 20 eletti da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie e 10 dal Parlamento in seduta comune tra professori di università in materie giuridiche ed avvocati dopo 15 anni di esercizio. I membri elettivi durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili.

I componenti di nomina parlamentare sono eletti dai due rami del Parlamento in seduta comune, a scrutinio segreto con la maggioranza dei tre quinti dell'Assemblea, che si riduce, nelle successive votazioni, a tre quinti dei votanti, mentre all'elezione dei componenti togati partecipano tutti i magistrati con voto personale, segreto e diretto; i togati sono eletti in collegi circoscrizionali, in ognuno dei quali sono presentate liste di candidati; il riparto dei seggi è disposto secondo il sistema proporzionale e sussiste una clausola di sbarramento del 9 per cento sul piano nazionale. Da più parti è stato rilevato che tale sistema elettorale rischia di favorire ed incentivare la «correntocrazia», brutta copia della partitocrazia, all'interno della magistratura, auspicando di conseguenza a tale riguardo una riforma elettorale, che non comporta revisione costituzionale.

Il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura è eletto fra i componenti designati dal Parlamento, ha poteri propri e poteri delegati dal Presidente della Repubblica e, con il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione, compone il Comitato di presidenza, organo previsto dalla legislazione ordinaria. Per la validità delle deliberazioni del Consiglio è necessaria la presenza di almeno 14 magistrati e di almeno 7 componenti eletti dal Parlamento.

Per quanto riguarda i rapporti tra il Consiglio ed il Ministro della giustizia, prescindendosi ora dalla problematica relativa alla facoltà a questi attribuita di promuovere l'azione disciplinare, va ricordato che il Ministro, ai sensi dell'articolo 110 della Costituzione vigente, ha competenza in materia di predisposizione delle strutture materiali necessarie alla amministrazione della giustizia ma, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale (v. la sentenza n. 168 del 1963), ha anche poteri che riguardano sia l'organizzazione degli uffici nella loro efficienza numerica, con l'assegnazione dei magistrati in base alle piante organiche, sia il funzionamento dei medesimi in relazione all'attività e al comportamento dei magistrati che vi sono addetti.

Peraltro, la legge n. 1198 del 1967 ha svincolato le deliberazioni consiliari in materia dalla richiesta dell'esecutivo, mentre rimane la necessità di un atto di proposta formulato da una commissione del Consiglio, di concerto con il Ministro della giustizia, per il conferimento degli incarichi direttivi. Tale disposizione ha dato tuttavia origine ad un conflitto di attribuzione, deciso dalla Corte costituzionale (v. la sentenza n. 379 del 1992) nel senso che il Consiglio ed il Ministro hanno un dovere di collaborazione leale e costruttiva per ricercare una concertazione, e solo se questa non viene raggiunta il Consiglio può disattendere l'avviso del Ministro.

Il Consiglio superiore della magistratura ha quindi funzioni amministrative, che attuano nel loro complesso l'organizzazione della giurisdizione e sono relative, da un lato, al funzionamento e all'organizzazione dello stesso Consiglio e, dall'altro, allo status dei magistrati (sia ordinari che onorari), e funzioni giurisdizionali, che svolge nell'ambito del procedimento disciplinare, volto ad accertare la responsabilità disciplinare dei magistrati. Nello svolgimento di tale ultima funzione, il Consiglio provvede a tutelare l'interesse oggettivo all'attuazione dell'ordinamento generale e si trova in una posizione di estraneità per effetto della quale opera dunque come un giudice (speciale) e le relative deliberazioni hanno quindi natura giurisdizionale.

La cognizione delle questioni disciplinari è devoluta ad una apposita sezione disciplinare, composta da 9 membri effettivi; il vicepresidente del Consiglio è membro di diritto della sezione, che è altresì formata da due componenti eletti tra quelli disegnati dal Parlamento e da sei componenti eletti tra quelli togati.

Le deliberazioni del Consiglio aventi natura amministrativa (adottate in conformità, a seconda dei casi, con decreto del Presidente della Repubblica ovvero con decreto del Ministro della giustizia) sono impugnabili di fronte al giudice amministrativo, il cui sindacato, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale (v. la sentenza n. 44 del 1968) si estende ai vizi degli atti costituiti dalle statuizioni del Consiglio superiore, mentre le deliberazioni assunte in materia disciplinare, che hanno, come si è visto, natura giurisdizionale, sono ricorribili in Cassazione.

Accanto alle competenze in materia di status dei magistrati e disciplinare, espressamente attribuite dalla Costituzione vigente al Consiglio, si è tuttavia venuta configurando nella prassi una nuova ed ulteriore funzione, che è stata generalmente definita «paranormativa» e che consiste nella adozione ed emanazione di atti di varia tipologia (sostanzialmente riconducibili a regolamenti, determinazioni e circolari) di contenuto generale ed astratto.

La legittimità dello svolgimento di tale funzione ha suscitato più di una perplessità nel corso dei lavori del Comitato e della Commissione, ed in effetti essa sembra suscettibile in alcuni casi di determinare un effettivo spostamento di competenze dal potere legislativo in favore dell'organo di governo autonomo della magistratura. Questa questione, comunque, verrà affrontata più diffusamente in seguito, con particolare riferimento agli articoli 124 e 128 del testo approvato dalla Commissione (corrispondente agli articoli 105 e 108 della Costituzione vigente).

Le proposte e i disegni di legge assegnati alla Commissione, per le parti relative alle iniziative di riforma del Consiglio superiore della magistratura, erano quant'altre mai distanti tra loro, frutto di impostazioni ontologicamente differenti e difficilmente riconducibili ad unità. Mentre alcuni gruppi e singoli parlamentari proponevano distinti Consigli superiori per la magistratura requirente e quella giudicante (in coerenza peraltro con un'impostazione complessiva dei rapporti tra le varie funzioni), altri ritenevano invece valida l'attuale normativa costituzionale ed altri ancora prevedevano dovesse farsi espressa menzione del metodo elettorale e variamente diversificare le quote degli eletti dal Parlamento e dalla magistratura.

Il testo approvato dalla Commissione, relativamente alla tematica del Consiglio superiore della magistratura, rappresenta una proposta finalizzata ad individuare un possibile punto di equilibrio e di convergenza fra posizioni, come si è detto, originariamente assai diverse e distanti, senza rinunciare a nessuno dei principi affermati e garantiti dal vigente testo costituzionale.

Venendo all'illustrazione dell'articolato in questa materia, il testo approvato prevede due Consigli superiori della magistratura, uno per quella ordinaria ed uno per quella amministrativa (articoli 122, già articolo 104 della Costituzione vigente, e nuovo articolo 123). Per il Consiglio superiore della magistratura ordinaria è prevista una suddivisione in due sezioni (una per i magistrati giudicanti ed una per quelli del pubblico ministero), è previsto che sia eletto per tre quinti dai magistrati e per due quinti dal Senato della Repubblica, e che il Ministro della giustizia possa partecipare alle relative sedute senza diritto di voto e con facoltà di avanzare proposte e richieste.

Al riguardo va osservato che la disposizione relativa alla partecipazione alle sedute dei Consigli da parte del Ministro della giustizia si limita a costituzionalizzare quanto già previsto dalla legislazione ordinaria. La diversa proporzione tra i componenti «togati» e «laici», da una parte, rappresenta un punto di equilibrio tra le diverse e contrapposte proposte dei vari gruppi sulla questione della composizione dei Consigli e, dall'altra, consente una più efficace dialettica tra esponenti di istanze istituzionali comunque coinvolte nella vita della giustizia, anche tenendo conto della provenienza professionale (docenti universitari in materie giuridiche ed avvocati con almeno quindici anni di esercizio) dei componenti di nomina da parte del Parlamento, che è espressione della sovranità popolare. Va rilevato che il testo approvato mantiene comunque una netta prevalenza dei componenti eletti da parte della magistratura e che i paventati rischi di una eccessiva «politicizzazione» dei Consigli non dipendono tanto da un modesto incremento della componente «laica» di nomina parlamentare quanto piuttosto, e nella maggior parte dei casi, dalla esa-sperata politicizzazione interna e nei reciproci rapporti tra le varie correnti della magistratura, favorita anche dal particolare sistema elettorale attualmente vigente.

Per quanto riguarda, in modo specifico, la questione dell'organo cui affidare le competenze in materia disciplinare nei confronti dei magistrati, il testo approvato dalla Commissione prevede l'istituzione della Corte di giustizia della magistratura, con l'inserimento in Costituzione del nuovo articolo 125.

L'istituzione di tale organo, che trae la sua legittimazione dagli stessi organi di governo autonomo della magistratura (in quanto i componenti sono designati con elezione di secondo grado e non possono partecipare ad altra attività dei rispettivi Consiglio di provenienza), assicura una più ampia coerenza al sistema già delineato dalla Costituzione vigente e fornisce maggiori garanzie circa il corretto esercizio di questa particolare e delicatissima giurisdizione. L'istituzione della Corte di giustizia della magistratura consente inoltre di individuare una valida soluzione all'altro problema relativo alla impugnazione dei provvedimenti amministrativi assunti dai Consigli della magistratura ordinaria e amministrativa.

Peraltro talune iniziative emendative, presentate alla Commissione ma non esaminate, erano dirette a completare il quadro di riferimento delle disposizioni costituzionali in materia di azione disciplinare obbligatoria, attribuendo la relativa competenza non più al Ministro della giustizia ma ad un istituendo Procuratore generale. Tale organo, secondo i citati emendamenti, sarebbe nominato dal Presidente della Repubblica tra coloro che hanno i requisiti per la nomina a giudice della Corte costituzionale e godrebbe della garanzia dell'indipendenza da ogni potere. Coerentemente, allo stesso Procuratore generale sarebbe anche attribuita la funzione ispettiva sul corretto funzionamento degli uffici giudiziari, attualmente posta in capo al Ministro della giustizia. Per il rafforzamento dell'indipendenza del ruolo di tale Procuratore generale sarebbero infine previste non solo una norma di rigorosa incompatibilità con altre cariche ed uffici, ma una ulteriore norma per stabilire un congruo periodo di incompatibilità con l'assunzione di qualunque carica pubblica successivamente alla cessazione delle funzioni. Anche questa materia sarà presumibilmente esaminata dalla Commissione nella fase successiva dei propri lavori.

Nel sistema costituzionale, dopo le disposizioni sulla composizione dei Consigli superiori della magistratura ordinaria e amministrativa, sono previste quelle sulle competenze di tali organi.

Il Comitato sul sistema delle garanzie ha lungamente discusso, con riferimento all'articolo 124 dell'articolato approvato dalla Commissione, corrispondente all'articolo 105 del testo della Costituzione vigente, sul modo più efficace per assicurare che le funzioni amministrative affidate ai Consigli superiori mantengano tale natura. Per assicurare tale esigenza, il testo approvato precisa che spettano ai Consigli «esclusivamente le funzioni amministrative» riguardanti le materie già oggi puntualmente indicate dall'articolo 105 della Costituzione vigente. D'altra parte il relatore aveva presentato alla Commissione un emendamento finalizzato ad aggiungere esplicitamente, tra tali competenze, anche quella relativa alla «formazione» dei magistrati, questione che anche in questo caso potrà essere affrontata nella fase successiva dei lavori della Commissione.

Un'altra tematica su cui sia il Comitato sul sistema delle garanzie sia la Commissione si sono particolarmente soffermati è quella relativa alla distinzione delle funzioni tra magistrati giudicanti e magistrati del pubblico ministero.

Si tratta di una questione che ha lontane origini storiche e che ha accompagnato per secoli la dialettica istituzionale in relazione all'evoluzione degli ordinamenti giuridici moderni e contemporanei, principalmente con riferimento al bilanciamento dei poteri ed alla definizione delle competenze tra gli organi dello Stato.

Prescindendo dalle prime origini dell'istituto del pubblico ministero, che possono essere individuate in alcuni istituti del diritto romano, l'organo in esame, ossia un complesso di uffici pubblici cui viene demandato il compito di proporre azioni o intervenire in giudizi promossi da privati, comincia a delinearsi in termini moderni negli anni immediatamente successivi alla rivoluzione francese, mostrando peraltro immediatamente quei caratteri di ambiguità che hanno sempre accompagnato la storia dell'istituto, tanto che il decreto dell'Assemblea nazionale sull'organizzazione giudiziaria del 16-24 agosto 1790 (che avrebbe poi ispirato tutte le legislazioni europee in materia) da un lato confermava l'appartenenza degli uffici del pubblico ministero all'ordine giudiziario, mentre dall'altro li definiva agenti del potere esecutivo presso i tribunali.

Questi riferimenti sono sufficienti a chiarire come i problemi, che ancor oggi vengono dibattuti, affondino le loro radici nella storia. Si tratta di tematiche intimamente connesse alla nascita della stessa democrazia e, comunque, investono imprescindibili aspetti di bilanciamento dei poteri, la cui struttura determina la forma di governo di un ordinamento. Con ciò non si intende certo affermare che il problema della definizione della natura dell'organo pubblico ministero - e dei suoi rapporti con le altre istituzioni, segnatamente con l'esecutivo - sia determinante ai fini della qualificazione di un certo ordinamento come democratico o meno. Ben si sa, infatti, che, in ordinamenti di Stati che hanno rappresentato e rappresentano un esempio di democrazia, il pubblico ministero è posto alle dipendenze dell'esecutivo, mentre in altre, non meno democratiche, quest'organo è variamente sottratto alle ingerenze governative. Non siamo di fronte ad un dogma della democrazia, e sul punto non devono quindi scatenarsi guerre di religione. La risposta, per ciascun Paese, nasce dalla sua storia, dalle sue tradizioni, dalla particolare struttura della società civile e di quella politica, dal delicato meccanismo di pesi e contrappesi istituzionali, di cui esso è o non è dotato.

Per quanto riguarda la storia italiana, dalla legge del 1865, per la quale i magistrati del pubblico ministero costituivano un ruolo a se stante, si è passati, attraverso alterne vicende, all'unificazione dei ruoli, per poi porre, con l'articolo 69 dell'ordinamento giudiziario del 1941, il pubblico ministero alle dipendenze del Ministro della giustizia e, successivamente, ad individuarne talune garanzie di indipendenza, pur non coincidenti con quelle dei giudici, con il regio decreto legislativo n. 511 del 1946.

In sede di Assemblea costituente il problema della natura promiscua delle funzioni del pubblico ministero (ossia dell'attribuzione a tale organo di funzioni giurisdizionali - nel rito penale dell'epoca, ad esempio, ordini di cattura e concessione della libertà provvisoria - ed esecutive) fu ampiamente sottolineato e dibattuto e, com'è ben noto, si scontrarono due opposte tendenze, rispettivamente riconducibili ai progetti Calamandrei e Leone, la prima delle quali favorevole all'indipendenza dell'organo e la seconda, invece, a configurarlo come organo del potere esecutivo. Prevalse una tesi intermedia, la cui approvazione ha dato origine al testo del comma 4 dell'articolo 107 della Costituzione vigente, secondo il quale il pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull'ordinamento giudiziario.

Tale disposizione, da leggersi anche in relazione all'articolo 101, secondo comma, della Costituzione vigente («I giudici sono soggetti soltanto alla legge»), evidenzia il livello non costituzionale delle garanzie riconosciute al pubblico ministero. Si deve però osservare che comunque la Costituzione riconosce la necessità di tali garanzie, che il primo comma dello stesso articolo 107 estende anche al pubblico ministero la garanzia di inamovibilità prevista per i giudici, che le stesse garanzie oggettive assicurate all'intero ordine giudiziario dall'esistenza del Consiglio superiore della magistratura sono evidentemente riconosciute anche ai magistrati inquirenti e che lo stesso obbligo di esercitare l'azione penale per più versi sottintende e presuppone l'indipendenza del pubblico ministero. In ogni caso si deve rilevare che la legislazione post-costituzionale è stata caratterizzata da un progressivo avvicinamento ed assimilazione del regime giuridico dei magistrati inquirenti a quello dei giudici.

Uno degli elementi che accomunano giudici e pubblici ministeri nel vigente testo costituzionale è costituito dal sistema di nomina, che, secondo quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 106 vigente, ha luogo per concorso, il che, come è stato sostenuto in dottrina e riconosciuto dalla Corte costituzionale (v. la sentenza n. 49 del 1968), costituirebbe una ulteriore garanzia di indipendenza posta in favore dei magistrati inquirenti.

Prima di passare all'illustrazione del testo dell'articolo 126 approvato dalla Commissione (corrispondente all'articolo 106 della Costituzione vigente), occorre ricordare che le norme in questione sono state oggetto di ampio ed approfondito dibattito nel Comitato sul sistema delle garanzie e successivamente nella Commissione: si tratta, infatti, di una questione rispetto alla quale le posizioni originarie dei vari gruppi erano assai lontane.

Il testo approvato all'articolo 126, comma 1, del testo approvato dalla Commissione, dispone anzitutto che anche i magistrati amministrativi non possono essere nominati se non per concorso e prevede che la nomina è condizionata al positivo esperimento di un periodo di tirocinio.

Nel nuovo sistema dell'unità funzionale della giurisdizione, nel quale i magistrati ordinari ed amministrativi sono totalmente equiparati quanto a status e garanzie, sarebbe infatti una grave incongruenza ipotizzare che i magistrati amministrativi possano, sia pur parzialmente, essere nominati dal Governo. Ci sarebbe da chiedersi, infatti, quale terzietà potrebbe vantare chi è chiamato ad esercitare la giurisdizione, e poi proprio quella amministrativa, in base ad una nomina effettuata dall'esecutivo.

Va quindi ribadito che il testo approvato equipara in tutto e per tutto, nelle garanzie come nelle responsabilità, nel sistema di nomina come nelle incompatibilità, i giudici ordinari a quelli amministrativi, ed in effetti parrebbe assai strano, oltre che pericoloso, che la giurisdizione venisse svolta da organi i cui componenti non fornissero assolute garanzie di terzietà. Posizioni culturali secondo le quali i giudici amministrativi potrebbero in sostanza continuare ad essere funzionalmente collegati all'esecutivo e, più in generale, i giudici potrebbero essere chiamati a svolgere compiti estranei alla giurisdizione, e, segnatamente, a ricoprire incarichi di ogni sorta nelle pubbliche amministrazioni, si giustificherebbero, sia pure a fatica e con qualche sospetto di incostituzionalità, soltanto in un quadro costituzionale diverso da quello approvato dalla Commissione.

Il comma 3 dello stesso articolo 126 stabilisce che, ferma restando l'unicità delle modalità di ingresso in magistratura e delle carriere, sia previsto una sorta di filtro per il passaggio tra le funzioni giudicanti e quelle del pubblico ministero, e viceversa, filtro rappresentato da un concorso riservato (riservato, ovviamente, ai soli magistrati, onde evitare equivoci di sorta) che dovrà svolgersi secondo modalità stabilite dalla legge. È peraltro previsto, al comma 4 dello stesso articolo 126, che in nessun caso le funzioni inquirenti e quelle giudicanti penali possono essere svolte nel medesimo distretto giudiziario.

La ratio di tali disposizioni è del tutto evidente. Si tratta, da un lato, di evitare facili e possibili commistioni tra le varie funzioni, nonché i pericoli che ciò comporta per una ordinata amministrazione della giustizia e, dall'altro, di favorire le reali aspirazioni personali al fine di una più efficace azione giudiziaria. È infatti senz'altro vero che per svolgere le funzioni di giudice occorrono qualità, interessi e motivazioni differenti da quelle necessarie all'adempimento delle funzioni affidate ai magistrati inquirenti, pur nella comune cultura della giurisdizione, o, come meglio dovrebbe dirsi, nella comune cultura della legalità e delle garanzie, la quale dovrebbe essere patrimonio inalienabile di tutti i magistrati. D'altro canto è innegabile che lo svolgimento delle funzioni di pubblico ministero richiede una formazione, non solo culturale ma anche di tecnica investigativa, del tutto particolare, che è obiettivamente assai diversa da quella richiesta per lo svolgimento delle funzioni giurisdizionali.

Il relatore deve peraltro dar conto del fatto che in Commissione erano stati presentati, da alcuni gruppi, emendamenti indirizzati a realizzare una piena separazione delle carriere tra giudici e magistrati del pubblico ministero, prevedendo di conseguenza un accesso alla magistratura attraverso concorsi separati. Si tratta ovviamente di una impostazione profondamente diversa da quella approvata dalla Commissione, rispetto alla quale è comunque prevedibile un ulteriore esame nella fase successiva dei lavori della Commissione.

Nel testo approvato dall'articolo 126 è stato comunque previsto che tutti i magistrati debbono svolgere inizialmente funzioni giudicanti, onde perseguire quella unitarietà iniziale della cultura della legalità e della giurisdizione cui prima si accennava, per il conseguimento della quale è stato anche previsto, all'articolo 130 del testo approvato dalla Commissione (corrispondente all'articolo 110 della Costituzione vigente), che il Ministro della giustizia debba promuovere la comune formazione propedeutica all'esercizio delle professioni giudiziarie e forensi (formazione propedeutica per i futuri magistrati ed i futuri avvocati, che è altra cosa dalla formazione e dall'aggiornamento dei magistrati, che restano evidentemente affidati ai Consigli superiori). Al riguardo, va ricordato che in dottrina è stata più volte lamentata l'assenza di una scuola della magistratura, sull'esempio dell'Ecole nationale de la magistrature in Francia, della Referendarszeit in Germania e dell'Escuela judicial in Spagna; sulla questione, peraltro, ci si soffermerà in termini più generali in occasione dell'illustrazione dell'articolo 130, riguardanti le competenze del Ministro della giustizia.

L'articolo 107 della Costituzione vigente, al primo comma, assicura ai magistrati (quindi sia ai giudici sia ai magistrati del pubblico ministero) la garanzia dell'inamovibilità, da intendersi nel senso che qualsiasi provvedimento destinato ad incidere sull'esercizio della funzione del singolo magistrato deve essere assunto dal Consiglio superiore della magistratura alle condizioni indicate nel primo comma citato.

La garanzia in esame era già prevista dallo Statuto del 1848, che tuttavia la limitava al grado, senza estenderla a tutti i magistrati (erano infatti esclusi quelli con meno di tre anni di anzianità, i pretori e i pubblici ministeri). La norma della vigente Costituzione, come accennato, si applica, invece, a tutti i magistrati, senza distinzione di categorie e, dal punto di vista oggettivo, concerne sia la sede che la funzione cui il magistrato sia stato assegnato e costituisce la più rilevante guarentigia dello status del singolo magistrato. Tale norma riguarda, del resto, il profilo di garanzia anche all'interno dello stesso ordine giudiziario, con ciò rafforzando ulteriormente i principi di indipendenza e di autonomia già previsti dall'articolo 104 vigente con riferimento all'intero ordine.

Il diritto alla conservazione delle funzioni e della sede, d'altra parte, non è svincolato dai limiti che esso può incontrare a causa della esigenza di tutelare altri interessi costituzionalmente garantiti, come si ricava dalla lettura dello stesso primo comma dell'articolo 107, dalla quale emerge che il Costituente non ha attribuito alla garanzia valore assoluto ed incondizionato, ma strumentale, nel senso che la inamovibilità è garantita per assicurare l'autonomia e l'indipendenza dell'ordine giudiziario nonchè quelle del singolo magistrato. D'altro canto, la previsione di un intervento in materia, comunque possibile solo da parte dell'organo di governo autonomo della magistratura, aggravato da una espressa ed ulteriore garanzia procedimentale, rafforza ulteriormente tale guarentigia. A tali preminenti esigenze, si è ritenuto di poter fare ugualmente fronte con una modifica del comma 2 dell'articolo 107 della Costituzione vigente (corrispondente al comma 2 dell'articolo 127 approvato dalla Commissione), con la quale si prevede la sostituzione delle previste garanzie di difesa con quelle di garanzia del contraddittorio.

Allo stesso articolo 127, al comma 1, il testo approvato ribadisce ed estende ai magistrati amministrativi il principio della inamovibilità, prevedendosi inoltre al comma 3 che la legge disciplina i periodi di permanenza nell'ufficio e nella sede dei giudici (ordinari e amministrativi) e dei magistrati del pubblico ministero.

Sempre all'articolo 127 il testo approvato prevede inoltre, all'ultimo comma, un rigoroso regime delle incompatibilità per tutti i magistrati, che troppo spesso svolgono funzioni eccessivamente distanti da quelle giurisdizionali, talvolta a scapito delle stesse e spesso alle dipendenze dell'esecutivo, con l'evidente rischio di ricadute negative sulla stessa autonomia della magistratura e anche sul suo prestigio, a tutela del quale, nel comma 5, si è prevista anche la costituzionalizzazione dei principi di responsabilità, correttezza e riservatezza.

L'articolo 108, comma 1, della Costituzione vigente riserva alla legge la disciplina dell'ordinamento giudiziario e di ogni magistratura.

La Costituzione vigente fa più volte espresso riferimento all'ordinamento giudiziario, in particolare agli articoli 102, primo comma, 105, primo comma, 106, secondo comma, 107, quarto comma, e alla VII disposizione transitoria. In sede di Assemblea costituente, peraltro, furono avanzate proposte per attribuire valore costituzionale alle leggi che regolano l'ordinamento degli uffici giudiziari e lo stato giuridico dei magistrati e degli altri addetti all'ordine giudiziario (Calamandrei), per qualificare come norma costituzionale la legge di ordinamento giudiziario (Leone) e per prevedere che le leggi in materia avrebbero dovuto essere approvate a maggioranza assoluta dei componenti delle Camere (Uberti-Bozzi).

Il complesso delle citate disposizioni costituzionali ha posto una serie di problemi, sostanzialmente riconducibili sia alla posizione nel sistema delle fonti della legge sull'ordinamento giudiziario, sia alla latitudine della riserva di legge prevista dall'articolo 108, primo comma, e inoltre, con riferimento alla VII disposizione transitoria, alla possibilità di ultrattività dell'ordinamento giudiziario previgente (problema, quest'ultimo, di non poco momento con riferimento alle tematiche relative alla unità funzionale della giurisdizione).

Al riguardo è necessario ricordare che già il termine di ordinamento giudiziario ha, nel nostro ordinamento, una genesi storicamente ben definita, in quanto con tale titolo sono state successivamente denominate le leggi che, nel corso del tempo, hanno sistematicamente disciplinato, strutturandola di volta in volta secondo un modello ben preciso, l'organizzazione giudiziaria. Si tratta, del regio decreto 6 dicembre 1865, n. 2626, del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 2786, e, infine, del regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, il quale, sia pure più volte significativamente modificato, costituisce tuttora la vigente normativa in tema di ordinamento giudiziario.

D'altra parte, tutto ciò, con riguardo al sistema delle fonti, e quindi alla prima delle problematiche accennate, non implica che alla legge sull'ordinamento giudiziario debba essere attribuita una posizione particolare, come ha anche precisato la Corte costituzionale, in specie con la sentenza n. 184 del 1974. Secondo tale sentenza, infatti, i richiami testuali all'ordinamento giudiziario contenuti nella Costituzione non determinano una posizione differenziata delle relative norme, le quali, pertanto, sono modificabili in tutto o in parte, direttamente o indirettamente, con legge ordinaria.

Per quanto riguarda, invece, la questione relativa alla portata della riserva di legge prevista dall'articolo 108, primo comma, della Costituzione vigente, occorre anzitutto sottolineare che si tratta di una riserva di legge statale, come già affermato da una delle prime sentenze della Corte costituzionale, la n.4 del 1956. Secondo questa sentenza, tale esclusione si desume dal sistema adottato dal Costituente di procedere per materie determinate ad un decentramento istituzionale nel campo legislativo ed amministrativo in favore dell'ente Regione, escludendo tuttavia dal decentramento tutto il settore giudiziario. Veniva così dettato uno di quei principi dell'ordinamento giuridico dello Stato che costituiscono limiti insuperabili all'esercizio della potestà legislativa delle Regioni, orientamento peraltro successivamente confermato dalla più recente sentenza n. 43 del 1982. Questi princìpi sono stati esplicitamente confermati anche nel testo approvato dalla Commissione in materia di forma di Stato (articolo 59, comma 1, lettera b) e in materia di Parlamento e fonti normative (articolo 98, comma 2, lettera f).

In materia, tuttavia, i lavori svolti dal Comitato sul sistema delle garanzie si sono incentrati su un altro aspetto, ben più problematico, connesso alla riserva di legge in argomento, e già affrontato dalle precedenti Commissioni per le riforme istituzionali (in particolare dal quella presieduta dall'onorevole Bozzi).

Si tratta del problema della coerenza tra la prevista riserva di legge in materia di ordinamento giudiziario e una prassi, alla quale si è già accennato in precedenza, attraverso la quale il Consiglio superiore della magistratura, per effetto dell'emanazione di una serie di atti atipici, ha in sostanza strutturato un vero e proprio corpus iuris, sovente non solo interpretativo, ma addirittura integrativo della vigente legislazione in materia.

È necessario quindi definire una prospettiva di riforma dei rapporti istituzionali, nell'ambito della quale ogni soggetto svolga i propri compiti in un quadro di competenze ben definite, il cui corretto esercizio contribuisca alla funzionalità complessiva del sistema. Un assetto istituzionale garantisce la tenuta reale della democrazia solo nel momento in cui gli attori delle vicende politico-istituzionali interpretano i rispettivi ruoli - certo, con il grado di elasticità necessario per adeguarli alle varie e mutevoli situazioni e contingenze, anche storiche - con piena coscienza non solo del significato della propria funzione, ma anche delle relazioni che il corrispettivo esercizio implica. In caso contrario, infatti, nasce la pericolosa tendenza a legittimare, e, talvolta, ad autolegittimare, funzioni di supplenza, che poi indebitamente si cristallizzano, provocando in ultima analisi la definizione per via surrettizia di un nuovo quadro istituzionale, privo tuttavia di qualunque legittimazione costituzionale.

Le problematiche connesse all'articolo 108 (corrispondente all'articolo 128 del testo approvato dalla Commissione), come del resto anche le altre, vanno affrontate alla luce di tali princìpi, prevedendo che la riserva di legge in materia di ordinamenti giudiziari debba essere intesa nel senso più stringente, senza lasciar spazio ad interpretazioni che, in sostanza, si risolvono nello svuotamento della riserva stessa e in uno spostamento surrettizio di competenze, il quale si rifletterebbe anche sulla reale forma di governo.

Di conseguenza, nel testo approvato del comma 1 dell'articolo 128, viene introdotta una modifica al comma 1 dell'articolo 108 vigente, anzitutto nel senso di effettuare anche in tema di ordinamento giudiziario una assoluta equiparazione tra magistratura ordinaria ed amministrativa, ma anche disponendo che le norme sugli ordinamenti giudiziari sono stabilite «esclusivamente» con legge, con una formulazione già proposta dalla Commissione Bozzi nella IX Legislatura.

4.2.3 Altre disposizioni in materia di ordinamento giurisdizionale.

Nel vigente sistema costituzionale, l'articolo 109 rappresenta una sorta di norma cerniera tra le disposizioni sull'ordinamento giurisdizionale e quelle sulle competenze del Ministro della giustizia. La collocazione sistematica di tale articolo, secondo il quale l'autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria, è sintomatica dei problemi che esso sottintende, collocato com'è in una zona di confine tra giurisdizione ed amministrazione. La polizia giudiziaria (ossia l'attività di polizia, non preventiva, avente finalità specifiche di reintegrazione del diritto già violato, di regola preordinata all'esercizio della giurisdizione penale) è infatti funzionalmente dipendente dall'autorità giudiziaria, ma gerarchicamente dal potere esecutivo.

In materia l'Assemblea costituente non approvò un iniziale orientamento diretto a creare uno speciale corpo di polizia alle dirette dipendenze dell'autorità giudiziaria (soprattutto sulla scorta di difficoltà di carattere finanziario), limitandosi ad accentuare il profilo di dipendenza funzionale che, non considerato in alcun modo dallo Statuto del 1848, era stato adombrato dall'articolo 220 del codice di procedura penale del 1930, senza che tuttavia fosse instaurato alcun rapporto gerarchico o disciplinare tra magistratura ed organi di polizia.

Il Comitato sul sistema delle garanzie ha discusso a lungo dell'opportunità di modificare l'art 109, ritenendosi che si dovessero in qualche misura precisare i soggetti che possono disporre della polizia giudiziaria e le relative modalità, secondo quanto era previsto, peraltro, da alcuni dei progetti e disegni di legge assegnati alla Commissione. Su tale disposizione non si era tuttavia registrata una opinione concorde o prevalente, sicché si è ritenuto preferibile, da ultimo, lasciare inalterato il testo vigente. L'articolo 109 vigente (che nel testo approvato dalla Commissione corrisponde all'articolo 129), copre comunque tutte le ipotesi di possibile utilizzazione della polizia giudiziaria da parte della magistratura, e in definitiva, secondo quanto affermato dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 194 del 1963 e n. 114 del 1968, non determina alcuna collisione tra il rapporto di dipendenza funzionale della polizia giudiziaria dalla magistratura e il rapporto di dipendenza burocratico e disciplinare in cui questa si trova, invece, con l'esecutivo. In relazione a questo articolo, d'altra parte, erano stati presentati da vari gruppi emendamenti di specificazione delle modalità dell'utilizzo della polizia giudiziaria da parte dei diversi organi componenti l'autorità giudiziaria, e anche in questo caso la materia sarà presumibilmente riesaminata nella fase successiva dei lavori della Commissione.

L'articolo 110 della Costituzione vigente prevede che, ferme restando le competenze del Consiglio superiore della magistratura, spettano al Ministro della giustizia l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia. Tale disposizione trova origine da un complesso dibattito, già in parte illustrato, svoltosi in Assemblea costituente sul ruolo, le competenze, il significato e la stessa sopravvivenza della figura del Ministro della giustizia nel nuovo quadro disegnato dalla Carta costituzionale, con particolare riferimento ai compiti affidati al Consiglio superiore della magistratura. In definitiva, tale norma configura l'attività di competenza dell'esecutivo nella materia in esame come attività strumentale all'esercizio di quella giudiziaria, ferme restando le competenze dell'amministrazione in materie connesse ma, per qualche verso, residuali.

Proprio in tale prospettiva, il testo dell'articolo 130 approvato dalla Commissione (corrispondente al testo dell'articolo 110 della Costituzione vigente) specifica più dettagliatamente le competenze spettanti al Ministro della giustizia. La norma approvata stabilisce che - oltre che alla organizzazione e al funzionamento dei servizi relativi alla giustizia - il Ministro provvede, come già accennato, a promuovere la comune formazione propedeutica all'esercizio delle professioni giudiziarie e forensi, esercita la funzione ispettiva sul corretto funzionamento degli uffici giudiziari e promuove l'azione disciplinare.

Riguardo tale disposizione, va ricordato che una prima stesura della norma prevedeva che il Ministro «assicura» (e non «promuove») la comune formazione propedeutica all'esercizio delle professioni giudiziarie e forensi. La formulazione approvata della disposizione, che raccoglie indicazioni e obiezioni emerse nel corso dei lavori del Comitato sul sistema delle garanzie, è suscettibile di configurare e, per più versi prefigurare, la partecipazione di altre istituzioni, e, in particolare, delle Università, all'attività di formazione.

Inoltre, già il testo della vigente Costituzione, al quarto comma dell'articolo 107, attribuisce al Ministro della giustizia la facoltà di promuovere l'azione disciplinare nei confronti dei magistrati, con disposizione che si inserisce nella complessiva determinazione dei poteri del Ministro, ora più organicamente disciplinati all'articolo 130 del testo approvato. La legge ordinaria istitutiva del Consiglio superiore della magistratura ha tuttavia ripartito la competenza in materia di azione disciplinare tra Ministro e Procuratore generale presso la Corte di cassazione, stabilendo che questi è titolare degli atti anche quando l'azione è promossa dal Ministro e che quest'ultimo opera attraverso la Procura generale della Cassazione.

Tale disciplina, oltre che ad una commistione di funzioni e ad una certa confusione nella definizione dei ruoli e della natura degli organi che intervengono nel procedimento - si pensi, ad esempio, alla posizione della Procura generale, che per più versi potrebbe nei casi in esame essere considerata strumento del potere esecutivo - ha dato origine a più di una perplessità circa la stessa coerenza della normativa ordinaria vigente rispetto al dettato costituzionale. Anche a tacere del fatto che delle competenze del Procuratore generale presso la Corte di cassazione in materia di azione disciplinare non vi è traccia nella Costituzione, tale organo è comunque membro di diritto del Consiglio superiore della magistratura e concorre, quindi, alla definizione del governo autonomo dell'ordine giudiziario. Al contempo, tuttavia, la Procura generale viene chiamata ad assumere iniziative che determinano l'esercizio di quello stesso governo autonomo, configurando una possibile e conseguente carenza di terzietà, con tutto ciò che questo comporta. Va ricordato al riguardo, invece, che, in relazione agli articoli 122, 123 e 125 del testo approvato, il Ministro della giustizia non è membro di diritto dei Consigli superiori e neanche della Corte di giustizia della magistratura, alla quale ultima neppure partecipa.

In ogni caso, accogliendo istanze avanzate nel corso dei lavori del Comitato sul sistema delle garanzie, è stato approvato un secondo comma all'articolo 130, per effetto del quale la legge può individuare altri soggetti titolari in via sussidiaria dell'azione disciplinare.

Nell'ambito dei soggetti ai quali la legge può attribuire in via sussidiaria la titolarità dell'azione disciplinare, possono essere ricompresi organi, già esistenti (quali la Procura generale presso la Corte di cassazione) ovvero di nuova istituzione. In ogni caso, l'eventuale esercizio in via sussidiaria dell'azione disciplinare deve essere improntato ai principi di terzietà e indipendenza rispetto all'ordine giudiziario, ferma restando, beninteso, la competenza a decidere in materia disciplinare attribuita alla Corte di giustizia della magistratura. Sulle più radicali ipotesi emendative, che prevedono la sottrazione della titolarità dell'azione disciplinare obbligatoria al Ministro per trasferirla ad un istituendo Procuratore generale, si è già riferito in relazione all'articolo 125.

4.2.4 Norme sulla giurisdizione

Passando ora all'esame delle disposizioni contenute nella sezione II del nuovo Titolo VI riguardante la magistratura, è necessario soffermarsi sul testo approvato dell'articolo 131, corrispondente all'articolo 111 della Costituzione vigente. Sulla disposizione, confermata al comma 1 di tale articolo, secondo la quale tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati, non si sono registrate proposte di modifica. Tale norma, come è ben noto, è stata letta come l'affermazione di un principio democratico di controllo generalizzato sull'amministrazione della giustizia (sebbene oggi si tenda a ritenere tale controllo assicurato anche con la pubblicità dei processi) e di applicazione del principio di legalità, ed è stata, inoltre, ritenuta strumentalmente diretta all'esercizio della funzione nomofilattica della Corte di cassazione, della quale si occupa il medesimo articolo.

Il testo del comma 2 dell'articolo 111 della Costituzione vigente (corrispondente all'articolo 131, comma 2 del testo approvato) unifica le distinte ipotesi di impugnabilità in Cassazione di tutte le sentenze dei giudici ordinari e speciali, nonché quella di tutti i provvedimenti restrittivi della libertà personale, costituzionalizzando, quindi, due garanzie differenti. La prima, per usare le parole di Calamandrei (che non a caso era anche contrario al decentramento della Corte di cassazione), si richiama all'unità del diritto nazionale attraverso l'uniformità della interpretazione giurisprudenziale (ed in ciò consiste la funzione nomofilattica della Cassazione). La seconda di tali garanzie, invece, intende realizzare una sorta di habeas corpus continentale, cioè una delle più grandi garanzie conquistate da un regime democratico, come fu detto proprio all'Assemblea costituente.

Tuttavia, va dato atto che è stata più volte riproposta, sia nel Comitato che nella Commissione, l'esigenza di una limitazione della ricorribilità in Cassazione contro le sentenze, in maniera tale da deflazionare l'attività di quest'organo in relazione a fattispecie di minor rilievo, ferma restando la ricorribilità contro tutti i provvedimenti sulla libertà personale. Si tratta di una materia di grande complessità e delicatezza, rispetto alla quale il relatore aveva a sua volta presentato un emendamento teso a demandare alla legge la previsione dei casi di ricorribilità in Cassazione contro le sentenze, essendo però necessario garantire comunque almeno un doppio grado di giudizio. È evidente che anche questa materia dovrà essere esaminata dalla Commissione nella fase successiva dei propri lavori.

Sempre all'articolo 131, al comma 3, il testo approvato recepisce le proposte di costituzionalizzazione dei diritti della difesa, secondo quanto previsto dall'articolo 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.

Il comma 4 di tale articolo 131 inserisce inoltre nella Costituzione una «riserva di codice» per quanto riguarda le norme penali, mentre il comma 5 prevede che tali norme non possono essere interpretate né analogicamente né estensivamente.

Si tratta di disposizioni che non solo investono differenti aspetti della giustizia penale e, in particolare, il rapporto tra il cittadino e la magistratura, ma sono anche intimamente connesse tra loro.

Per quanto riguarda in maniera specifica il comma 3 dell'articolo 131 del testo approvato, occorre ricordare che le relative disposizioni sono già vigenti nel nostro ordinamento per effetto del recepimento della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848. Tuttavia è chiaro il significato che assume non solo in termini simbolici, ma anche come ricaduta sull'attività legislativa ordinaria e come parametro per il vaglio di costituzionalità delle disposizioni oggi vigenti, la costituzionalizzazione dei princìpi espressi dalla norma in esame.

Ugualmente evidenti sono la portata e le implicazioni, anche relative alla tecnica legislativa, determinate dalla introduzione del principio della riserva di codice nel testo della Costituzione.

Tale introduzione si propone di porre rimedio all'effetto perverso determinato dall'inflazione legislativa in materia penale, a causa della quale, di fatto, l'obbligo di conoscenza di tali disposizioni posto in capo a tutti i cittadini dall'articolo 5 del codice penale (secondo il quale nessuno può invocare a propria scusa l'ignoranza della legge penale) è obbligo del quale non si può ragionevolmente pretendere l'adempimento. La razionalizzazione della tecnica legislativa, in forza dell'imposizione di un vincolo costituzionale al legislatore, facilitando la conoscibilità delle disposizioni penali, costituirà quindi una garanzia per il cittadino e, al contempo e conseguentemente, meglio assicurerà l'applicazione della stessa legge penale, senza che ne possa essere invocata in alcun caso l'ignoranza.

Per quanto riguarda il nuovo comma 5 dell'articolo 131, il divieto di interpretazione analogica ed estensiva in materia penale non è oggi (quantomeno) espressamente previsto dalla Costituzione, sebbene l'opinione prevalente, ma non unanime, in dottrina - con riferimento, in verità, alla sola interpretazione analogica - lo ritenga compreso nel principio di legalità previsto al comma secondo dell'articolo 25, per effetto del quale nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso.

È noto peraltro che il divieto di analogia è già previsto dall'articolo 14 delle disposizioni sulla legge in generale, premesse al codice civile, secondo il quale le leggi penali e quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati.

Tale divieto oggi può tuttavia essere violato da comportamenti interpretativi dei singoli giudici. Una violazione da parte del legislatore può avere luogo solo nell'ipotesi, invero non molto credibile, di leggi ordinarie che volessero ammettere l'analogia in relazione all'applicazione di particolari norme penali. Queste considerazioni valgono, a maggior ragione, in ordine all'eventuale divieto di interpretazione estensiva.

Riguardo quest'ultima questione, tuttavia, si deve far presente che, in alcune sentenze della Corte costituzionale, mentre da un lato sembra confermata in via interpretativa la asserita costituzionalizzazione del divieto di analogia, dall'altro sembra però consentito il ricorso all'interpretazione estensiva nella parte in cui con tali sentenze è stata ritenuta la costituzionalità di disposizioni recanti indicazioni estensive, ossia di indicazioni con le quali si assegna all'interprete il compito di attuare il procedimento ordinario di interpretazione, anche se diretto ad operare l'inserzione di un caso in una fattispecie. La Corte ha infatti argomentato che in questi casi si tratterebbe di operazione diversa dall'applicazione analogica e che quindi non sarebbe ricompresa nell'ambito del divieto di analogia di cui al secondo comma dell'articolo 25 (v. le sentenze n.79 del 1982 e, meno recenti, n.120 del 1965 e n.27 del 1961).

Considerata tale situazione, è sembrato davvero opportuno che, nella sede delle disposizioni dedicate alla giurisdizione, si chiariscano le implicazioni connesse alla applicazione delle norme penali, sempre nell'ottica di semplificazione della legislazione penale e di chiarezza nei rapporti tra magistratura e cittadino, il quale deve ben conoscere a quali comportamenti la legge, e solo la legge, attribuisce un disvalore tale da ritenerli meritevoli di sanzione penale.

Peraltro, non sembra potersi sostenere che l'espressa previsione in Costituzione del divieto di interpretazione estensiva vieti anche tale modalità di interpretazione in ordine alle norme cosiddette di favore, in quanto, seguendo l'insegnamento della miglior dottrina, già il divieto di analogia è circoscritto alle norme che operano in malam partem (ossia aggravando la posizione dell'imputato), e non si estende a quelle di favore, in quanto tale divieto è posto in funzione di garanzia dell'individuo e non in funzione di certezza dell'ordinamento. Si deve quindi ritenere che tale ragionamento valga a maggior ragione in ordine all'interpretazione estensiva e che, conseguentemente, il relativo divieto non si applica alle norme di favore.

Il dibattito nel Comitato sul sistema delle garanzie e nella Commissione si è a lungo soffermato sulla disposizione recata dall'articolo 112 della Costituzione vigente (corrispondente all'articolo 132, comma 1, del testo approvato), secondo il quale il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale.

Si tratta di una tematica di grande complessità, nella quale si intrecciano problematiche di equilibrio costituzionale, di garanzia dell'effettività dell'ordinamento giuridico, di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, di diritto processuale ed ordinamentale e, ancora, molteplici ed evidenti elementi di interconnessione con le problematiche relative all'indipendenza del pubblico ministero. La stessa genesi della disposizione, nei lavori della Costituente, si è intrecciata con il problema dei rapporti del pubblico ministero con il Ministro della giustizia. In effetti, sul principio dell'obbligatorietà dell'azione penale alla Costituente si registrò un accordo unanime, e discordanza vi fu piuttosto tra chi riteneva, come Calamandrei, che ciò comportasse necessariamente l'istituzione di un pubblico ministero indipendente ed inamovibile e chi, invece, come Leone, sosteneva la non inconciliabilità del principio dell'obbligatorietà con la dipendenza dell'accusa pubblica dall'esecutivo.

D'altra parte, già in sede di Assemblea costituente si pose il problema di considerare o meno l'azione penale come di esclusiva titolarità del pubblico ministero. Si tratta del noto problema del monopolio dell'azione penale, che i Costituenti intesero escludere respingendo la formulazione che prevedeva espressamente la pubblicità dell'azione penale, proprio per dare la possibilità al legislatore ordinario di eventualmente introdurre anche forme di azione penale sussidiaria, dando così spazio nel processo alle istanze dei soggetti privati del rapporto giuridico penale.

Sul punto si è anche espressa la Corte costituzionale, secondo la quale l'ordinamento può ben prevedere azioni penali sussidiarie o concorrenti rispetto a quella obbligatoriamente esercitata dal pubblico ministero (v. le sentenze n. 84 del 1979, n. 114 del 1982 e n. 61 del 1987). Va rilevato, tuttavia, che l'articolo 231 delle norme di attuazione del codice di procedura penale ha abrogato tutte le disposizioni che prevedevano l'esercizio dell'azione penale da parte di organi diversi dal pubblico ministero. Al riguardo va ricordato che, comunque, alla Commissione era stato presentato un emendamento, sottoscritto da vari gruppi, tendente a costituzionalizzare il principio della attribuzione per legge ad altri soggetti dell'esercizio dell'azione penale in via sussidiaria e concorrente, materia quindi che sarà sottoposta all'esame della Commissione nella fase successiva dei suoi lavori.

In materia di obbligatorietà dell'azione penale le posizioni dei diversi gruppi parlamentari, espresse nelle proposte e nei disegni di legge all'esame della Commissione ed emerse durante il lavoro del Comitato sul sistema delle garanzie, erano in origine particolarmente differenziate.

Unanime è stato comunque il rilievo secondo il quale l'affermato principio dell'obbligatorietà dell'azione penale in concreto, ossia, nella pratica degli uffici giudiziari, subisce una serie di eccezioni, attenuazioni e differenziazioni tali da potersi affermare senza esagerazioni che, di fatto, la discrezionalità è ormai la regola, sebbene, come affermato anche dalla Corte costituzionale (v. la sentenza n. 22 del 1959) l'obbligatorietà dell'azione penale comporti l'esclusione di qualsiasi discrezionalità in ordine all'opportunità o meno del promuovimento dell'azione stessa.

È evidente, peraltro, che talune deviazioni dal principio dipendono anche da fattori fisiologici, in quanto in molti casi, direttamente ricollegabili all'attività del pubblico ministero ovvero di altri organi (come, ad esempio, la polizia giudiziaria), il principio dell'obbligatorietà subisce interferenze che, in concreto, determinano deroghe più o meno incisive. Resta tuttavia fermo l'affermato principio che, di fronte ad un reato, l'atteggiamento del pubblico ministero non può essere determinato se non dalla legge che gli impone di procedere, ossia di richiedere al giudice di decidere sulla fondatezza di una certa notizia di reato e sulla conseguente applicazione della legge penale.

La gravità della situazione attuale è stata tuttavia resa manifesta anche dalle audizioni svolte di fronte alla Commissione ed è confermata, nei fatti, da talune iniziative, peraltro in gran parte necessitate, assunte da alcuni Procuratori della Repubblica.

Si è quindi imposta l'esigenza di individuare un meccanismo che, evitando mere petizioni di principio, consenta di porre rimedio a tale situazione, definendo un circuito suscettibile di coinvolgere in modo pieno ed efficace tutti i livelli di responsabilità istituzionale e di rendere effettiva la dichiarata obbligatorietà dell'esercizio dell'azione penale.

Le disposizioni approvate al comma 1 dell'articolo 132 rappresentano una formula che, nella necessaria stringatezza tipica delle norme costituzionali, consente di conciliare l'esigenza di mantenere la previsione dell'obbligatorietà con quella di permettere al legislatore ordinario di porre in essere interventi tali da assicurare che il principio non resti privo di contenuto e che, nella migliore delle ipotesi, la sua realizzazione sia affidata alle sole capacità e al senso di responsabilità dei magistrati del pubblico ministero.

È anche in quest'ottica che deve leggersi la disposizione approvata al secondo comma dell'articolo 132, per effetto della quale il Ministro della giustizia deve riferire annualmente al Parlamento sullo stato della giustizia, sull'esercizio dell'azione penale e sull'uso dei mezzi di indagine. Tale norma esclude che il Parlamento possa interferire direttamente sull'esercizio dell'azione penale, mentre rafforza l'esigenza di un raccordo istituzionale tra Governo e Parlamento su tematiche di grande rilievo, che in quella circostanza verrebbero affrontate in maniera organica e non frammentaria. Peraltro il relatore, facendo proprio un rilievo di carattere sistematico, aveva presentato un emendamento volto ad inserire tale previsione all'articolo 130, in modo tale da riunire in tale articolo le funzioni e le competenze del Ministro della giustizia.

(omissis)

Come si è illustrato, numerose disposizioni recate dal Titolo VI sulla magistratura approvato dalla Commissione intervengono su organi esistenti, ne istituiscono di nuovi ovvero attribuiscono ulteriori competenze, mentre altre incidono in materia diretta sulla legislazione vigente. È evidente che per l'applicazione di tali disposizioni è necessario prevedere un complesso di norme volte a regolare, entro termini precisi e con modalità ben definite, il passaggio dall'assetto vigente a quello definito dal Titolo VI in questione. D'altro canto, è altrettanto evidente che una puntuale precisazione in termini normativi delle necessarie disposizioni transitorie non potrà che avvenire in un successivo momento, a seguito dell'ulteriore esame che sarà svolto nella successiva fase dei lavori della Commissione.

È necessario, tuttavia, tenere presente tale questione, di grande importanza per rendere effettivo il nuovo disegno costituzionale nella fase di attuazione, e rammentare sin d'ora che tali disposizioni transitorie dovranno essere mirate anzitutto alla revisione del complesso di organi di cui agli articoli 83 e 121 del testo approvato (corrispondente agli articoli. 100 e 103 della Costituzione vigente) ed alla definizione delle relative competenze, anche attraverso una necessaria fase di transizione dal precedente al nuovo assetto istituzionale e costituzionale. Si potrà, inoltre, stabilire un regime transitorio per il passaggio dall'attuale struttura del Consiglio superiore della magistratura ordinaria a quella definita nel testo approvato dalla Commissione, nonchè termini precisi, coordinati con la fase di transizione sopra ricordata, per l'istituzione del Consiglio della magistratura amministrativa. Infine sarà necessario, in riferimento alla riserva di codice prevista all'articolo 131 del testo approvato (corrispondente all'articolo 111 della Costituzione vigente), individuare precise modalità, che verosimilmente non potranno che consistere in una delega al Governo, per la rielaborazione tecnico-sistematica della normativa penale, al fine di rendere effettiva e concretamente operante tale previsione.

(omissis)

Marco BOATO, relatore sul sistema delle garanzie.



 

CAMERA DEI DEPUTATI

SENATO DELLA REPUBBLICA

N. 3931

N. 2583


XIII LEGISLATURA


 

COMMISSIONE PARLAMENTARE
PER LE RIFORME COSTITUZIONALI

Progetto di legge costituzionale
Revisione della parte seconda della Costituzione

(Articolo 1 della legge costituzionale 24 gennaio 1997, n. 1)

Relazione introduttiva:

Massimo D’ALEMA, Presidente della Commissione

Relazioni:

Francesco D'ONOFRIO, relatore sulla forma di Stato;

Marida DENTAMARO, relatrice sul Parlamento e le fonti normative e sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea;

Cesare SALVI, relatore sulla forma di governo;

Marco BOATO, relatore sul sistema delle garanzie.

 

 

 

Trasmesso alla Presidenza della Camera dei Deputati e

alla Presidenza del Senato della Repubblica il 30 giugno 1997



(omissis)

Titolo VI

LA MAGISTRATURA

Sezione I

Ordinamento giurisdizionale.

Art. 119.

La giustizia è amministrata in nome del popolo.

I giudici e i magistrati del pubblico ministero sono soggetti soltanto alla legge. Le norme sull'ordinamento giudiziario assicurano il coordinamento interno e l'unità di azione degli uffici del pubblico ministero.

La giurisdizione si attua mediante giusti processi regolati dalla legge, che ne assicura la ragionevole durata.

Il procedimento si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, secondo il principio dell'oralità e davanti a giudice imparziale.

La legge assicura l'effettivo esercizio del diritto di difesa, in ogni fase del procedimento, anche da parte dei non abbienti.

Art. 120.

La funzione giurisdizionale è unitaria ed è esercitata dai giudici ordinari e amministrativi istituiti e regolati dalle norme dei rispettivi ordinamenti giudiziari.

Non possono essere istituiti giudici straordinari.

Presso gli organi giudiziari ordinari e amministrativi possono istituirsi sezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura.

Possono essere istituiti giudici speciali esclusivamente per determinate materie diverse da quella penale e per il solo giudizio di primo grado. Per la giustizia tributaria possono tuttavia essere istituiti giudici speciali anche per il giudizio di secondo grado.

La legge stabilisce per quali materie possono essere nominati giudici non professionali, anche al fine di giudizi di sola equità.

La legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo all'amministrazione della giustizia.

Art. 121.

La giurisdizione amministrativa è esercitata dai giudici dei tribunali ammini-strativi regionali e della Corte di giustizia amministrativa sulla base di materie omogenee indicate dalla legge.

Il giudice amministrativo, su iniziativa del pubblico ministero, giudica della responsabilità patrimoniale dei pubblici funzionari nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre materie specificate dalla legge.

I tribunali militari sono istituiti solo per il tempo di guerra o per l'adempimento di obblighi internazionali ed hanno giurisdizione soltanto per i reati militari commessi da appartenenti alle Forze armate.

Art. 122.

I giudici ordinari e amministrativi e i magistrati del pubblico ministero costituiscono un ordine autonomo e indipendente da ogni potere.

Il Consiglio superiore della magistratura ordinaria è presieduto dal Presidente della Repubblica.

Ne fanno parte di diritto il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione.

Il Consiglio superiore della magistratura ordinaria si compone di una sezione per i giudici e di una sezione per i magistrati del pubblico ministero. Il diverso numero dei componenti di ciascuna sezione è determinato dalla legge. La legge stabilisce funzioni e competenze delle sezioni riunite.

I componenti di ciascuna sezione sono eletti per tre quinti rispettivamente dai giudici e dai magistrati del pubblico ministero tra gli appartenenti alle varie categorie e per due quinti dal Senato della Repubblica tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.

Il Consiglio elegge un vice presidente e ciascuna sezione elegge il proprio presidente tra i componenti designati dal Senato della Repubblica.

Il Ministro della giustizia può partecipare, senza diritto di voto, alle riunioni delle sezioni riunite e di ciascuna sezione del Consiglio e presentare proposte e richieste.

I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono rieleggibili.

Non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né assumere cariche pubbliche elettive.

Art. 123.

Il Consiglio superiore della magistratura amministrativa è presieduto dal Presidente della Repubblica.

Ne fa parte di diritto il presidente della Corte di giustizia amministrativa.

Gli altri componenti sono eletti per tre quinti da tutti i magistrati amministrativi appartenenti alle varie categorie e per due quinti dal Senato della Repubblica tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.

Il Consiglio elegge un vice presidente tra i componenti designati dal Senato della Repubblica.

Il Ministro della giustizia può partecipare alle riunioni del Consiglio senza diritto di voto e presentare proposte e richieste.

I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono rieleggibili.

Non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né assumere cariche pubbliche elettive.

Art. 124.

Spettano ai Consigli superiori della magistratura ordinaria e amministrativa, secondo le norme dei rispettivi ordinamenti giudiziari, esclusivamente le funzioni amministrative riguardanti le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti e le promozioni nei riguardi dei giudici e dei magistrati del pubblico ministero.

Art. 125.

Spettano alla Corte di giustizia della magistratura i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei giudici ordinari e amministrativi e dei magistrati del pubblico ministero. La Corte è altresì organo di tutela giurisdizionale in unico grado contro i provvedimenti amministrativi assunti dai Consigli superiori della magistratura ordinaria e amministrativa.

La Corte è formata da nove membri, eletti tra i propri componenti dai Consigli superiori della magistratura ordinaria e amministrativa.

Il Consiglio superiore della magistratura ordinaria elegge sei componenti, di cui quattro tra quelli eletti dai giudici e dai magistrati del pubblico ministero e due tra quelli designati dal Senato della Repubblica. Il Consiglio superiore della magistratura amministrativa elegge tre componenti, di cui due tra quelli eletti dai giudici e uno tra quelli designati dal Senato della Repubblica. I componenti designati tra quelli eletti dai magistrati sono scelti assicurando la rappresentanza delle varie categorie.

La Corte elegge un presidente tra i componenti eletti tra quelli designati dal Senato della Repubblica.

I componenti della Corte non possono partecipare ad altra attività dei rispettivi Consigli di provenienza e durano in carica fino allo scadere del mandato di tali organi.

 

 

Art. 126.

Le nomine dei magistrati ordinari e amministrativi hanno luogo per concorso e previo tirocinio.

Tutti i magistrati ordinari esercitano inizialmente funzioni giudicanti per un periodo di tre anni, al termine del quale il Consiglio superiore della magistratura ordinaria a sezioni riunite li assegna all'esercizio di funzioni giudicanti ovvero inquirenti, previa apposita formazione e valutazione di idoneità.

Il passaggio tra l'esercizio delle funzioni giudicanti e del pubblico ministero è successivamente consentito a seguito di concorso riservato, secondo modalità stabilite dalla legge.

In nessun caso le funzioni giudicanti penali e quelle del pubblico ministero possono essere svolte nel medesimo distretto giudiziario.

La legge sull'ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici di primo grado.

Su designazione dei Consigli superiori della magistratura possono essere chiamati all'ufficio di consiglieri di cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che abbiano quindici anni di esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori.

La legge sull'ordinamento giudiziario può ammettere la nomina di avvocati e professori universitari in materie giuridiche negli altri gradi della giurisdizione.

Art. 127.

I giudici ordinari e amministrativi e i magistrati del pubblico ministero sono inamovibili.

Non possono essere dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del rispettivo Consiglio superiore della magistratura, adottata o per i motivi e con le garanzie del contraddittorio stabiliti dai rispettivi ordinamenti giudiziari o con il loro consenso.

La legge disciplina i periodi di permanenza nell'ufficio e nella sede dei giudici ordinari e amministrativi e dei magistrati del pubblico ministero.

I magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni.

Nell'esercizio delle rispettive funzioni, i giudici ordinari e amministrativi ed i magistrati del pubblico ministero si attengono ai princìpi di responsabilità, correttezza e riservatezza.

L'ufficio di giudice ordinario e amministrativo e di magistrato del pubblico ministero è incompatibile con qualunque altro ufficio, incarico e professione. I giudici ordinari e amministrativi e i magistrati del pubblico ministero non possono far parte di collegi arbitrali, né essere distaccati presso Ministeri o altre pubbliche amministrazioni. Possono partecipare alle competizioni elettorali solo se si dimettono prima della presentazione delle liste elettorali.

Art. 128.

Le norme sugli ordinamenti giudiziari ordinario e amministrativo sono stabilite esclusivamente con legge.

La legge assicura l'indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali, del pubblico ministero presso di esse e degli estranei che partecipano all'amministrazione della giustizia.

Art. 129.

L'autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria.

 

Art. 130.

Ferme le competenze dei Consigli superiori della magistratura ordinaria e amministrativa, il Ministro della giustizia provvede all'organizzazione e al funziona-mento dei servizi relativi alla giustizia, promuove la comune formazione propedeutica all'esercizio delle professioni giudiziarie e forensi, esercita la funzione ispettiva sul corretto funzionamento degli uffici giudiziari, promuove l'azione disciplinare.

La legge può individuare altri soggetti titolari in via sussidiaria dell'azione disciplinare.

Sezione II

Norme sulla giurisdizione.

Art. 131.

Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati.

Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in cassazione per violazione di legge. Si può derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei tribunali militari in tempo di guerra.

La legge assicura che la persona accusata di un reato sia informata, nel più breve tempo possibile, della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico; disponga del tempo e delle condizioni necessarie per preparare la sua difesa; abbia la facoltà di interrogare o far interrogare le persone da cui provengono le accuse a suo carico; abbia la facoltà di ottenere la convocazione e l'interrogatorio di persone a discarico nelle stesse condizioni di quelle di accusa e l'acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore; sia assistita gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo.

Nuove norme penali sono ammesse solo se modificano il codice penale ovvero se contenute in leggi disciplinanti organicamente l'intera materia cui esse si riferiscono.

Le norme penali non possono essere interpretate in modo analogico o estensivo.

Contro le decisioni della Corte di giustizia amministrativa il ricorso in cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.

Art. 132.

Il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale. La legge stabilisce le misure idonee ad assicurarne l'effettivo esercizio.

Il Ministro della giustizia riferisce annualmente al Parlamento sullo stato della giustizia, sull'esercizio dell'azione penale e sull'uso dei mezzi di indagine.

Art. 133.

Nei confronti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale, con le modalità stabilite dalla legge.

Tale tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti.

La legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa.

(omissis)


 


 

CAMERA DEI DEPUTATI

SENATO DELLA REPUBBLICA

N. 3931

N. 2583


XIII LEGISLATURA


 

COMMISSIONE PARLAMENTARE
PER LE RIFORME COSTITUZIONALI

Progetto di legge costituzionale

Revisione della parte seconda della Costituzione

(Articolo 1 della legge costituzionale 24 gennaio 1997, n. 1)

 

Relazione di minoranza

Armando COSSUTTA, relatore di minoranza.

Trasmesso alla Presidenza della Camera dei Deputati e

alla Presidenza del Senato della Repubblica il 30 giugno 1997


 

Relazione di minoranza.

 

 


(omissis)

Il testo sulle garanzie viene inviato alla prima valutazione di tutti i parlamentari senza che su di esso, dopo le molte discussioni e scontri sul problema della giustizia e sulle varie soluzioni prospettate dal relatore, si sia svolta sugli articoli essenziali (dal 119 al 133) un vero esame da parte della Commissione.

Questi articoli sono stati approvati con unica votazione, senza prendere in esame alcun emendamento.

Non essendo stato possibile esprimersi su ciascun articolo, i parlamentari di Rifondazione comunista hanno espresso voto contrario. Un voto contrario oltreché sulla scelta della modalità di votazione voluta dal Presidente D'Alema, anche e soprattutto sul merito di alcuni articoli contenuti nel testo posto in votazione.

Noi riteniamo che sulla giustizia sia necessario e non più rinviabile un organico intervento del legislatore ordinario per riformare i procedimenti civile, amministrativo, penale, per una riconsiderazione dell'intero problema carcerario, per ideare nuove strutture, per qualificare il personale, per garantire realmente la difesa di tutti.

Il testo adottato tiene conto sostanzialmente solo in parte delle molte critiche da noi rivolte alle prime bozze. Vi sono molti punti rispetto ai quali il nostro dissenso è netto. Noi siamo fermi sostenitori di un sistema di garanzie per tutti e per questo riteniamo che debba essere respinto ogni tentativo di sottoporre la magistratura al potere politico. I condizionamenti espongono a rischi maggiori l'uguaglianza dei cittadini. I punti essenziali da salvaguardare sono:

A) obbligatorietà dell'azione penale. È stato respinto il tentativo di far stabilire alla sede politica le priorità dell'azione penale, ma restano ambiguità da eliminare. È stato giustamente rilevato che l'obbligatorietà dell'azione penale è «diventata un problema quando la giustizia penale ha cominciato ad interessare ceti, persone, funzioni che tradizionalmente non ne erano, se non in casi eccezionali, toccati». È, però, evidente che attualmente il principio di obbligatorietà risulta scarsamente attuato, soprattutto per l'eccessivo numero di notizie di reato che investono gli uffici. Urgono riforme che riducano l'area del diritto penale; ciò renderà effettivamente perseguibili i comportamenti che continueranno ad essere sanzionati penalmente. In questa direzione il Parlamento si sta muovendo: è di questi giorni l'approvazione da parte della Camera dei deputati di una importante legge di depenalizzazione. Di notevole ausilio sarebbe la revisione delle circoscrizioni giudiziarie, che consenta una razionale organizzazione degli uffici giudiziari ed una razionale distribuzione sul territorio dei magistrati e del personale amministrativo e ausiliario. È, inoltre, auspicabile che sia fatto obbligo ai magistrati di svolgere esclusivamente le funzioni loro proprie;

B) i magistrati di pubblico ministero non debbono diventare super poliziotti. Si deve, invece, andare nella direzione opposta, attraverso una riformulazione dell'articolo 101 della Costituzione che estenda formalmente ad essi le garanzie di indipendenza proprie del giudice. Dovrà, però, essere superata l'attuale situazione di passaggio senza filtri dalle funzioni requirenti a quelle giudicanti. Per questo i parlamentari dei gruppi di Rifondazione comunista hanno da tempo presentato al Senato e alla Camera proposte per una nuova regolamentazione di questo passaggio;

C) costituzionalizzazione dei princìpi del processo accusatorio;

D) conferma dell'autogoverno della magistratura attraverso il suo Consiglio superiore, conservando il rapporto laici-togati previsto in Costituzione. Naturalmente autonomia, indipendenza, autogoverno non significano separazione dalla società e dalle sue espressioni e domande di giustizia, ma sono finalizzate proprio ad offrire risposte adeguate a queste domande. E per il problema disciplinare è indispensabile ed urgente arrivare ad una puntuale tipicizzazione degli illeciti disciplinari e ad una conseguente obbligatorietà dell'azione disciplinare. La formazione di una «Corte di giustizia della magistratura» può rappresentare una soluzione valida, purché la sua competenza sia limitata all'ambito disciplinare e, quindi, non estesa, come previsto nel testo adottato, ai ricorsi avverso i provvedimenti amministrativi del Consiglio superiore;

F) deve essere confermato il divieto di istituzione di giudici straordinari e di giudici speciali;

G) la giurisdizione in materia tributaria deve essere devoluta al magistrato ordinario istituendo sezioni specializzate.

Da tempo sui temi della giustizia il confronto è sostituito dallo scontro. Noi sottolineiamo che occorrono misure, sobrietà, rispetto delle opinioni altrui e particolarmente del proprio ruolo e collocazione istituzionale.

Auspichiamo che, con gli emendamenti dei parlamentari e nel complessivo iter parlamentare previsto per la revisione costituzionale della seconda parte della Costituzione, si possa restituire slancio e vigore all'opera riformatrice, per un'espansione della democrazia, per creare le condizioni di una crescente partecipazione. La Repubblica e la Costituzione, nate dalla Resistenza e dalla lotta contro la dittatura fascista, si fondano sui valori che animarono la grande stagione che dette al popolo italiano la possibilità di costruirsi una vita democratica. Questa possibilità, nelle travagliate vicende dell'ultimo cinquantennio, è stata preservata, nonostante i condizionamenti internazionali che hanno costituito un limite al pieno dispiegarsi delle potenzialità democratiche.

Con gli sconvolgimenti che hanno mutato gli assetti politici internazionali e con la crisi che ha travolto i partiti che hanno governato l'Italia in questi cinquant'anni si è aperta una fase politica profondamente nuova ed anche la ricerca di nuovi assetti istituzionali ha subito un'affannosa accelerazione. Nel crollo dei vecchi equilibri molte forze economiche e politiche indicano soluzioni decisioniste, semplificazioni impossibili di una realtà caratterizzata dai conflitti.

Queste tendenze sono state sorrette a livello internazionale, in Europa ed altrove, dai potentati economici e finanziari, e si sono espresse anche con le manovre più torbide.

Il presidenzialismo è la soluzione istituzionale sulla quale puntano queste forze, è la garanzia contro gli ingombranti ruoli dei Parlamenti, è la certezza che le decisioni saranno assunte «con tempestività»!

Noi chiamiamo tutti all'impegno democratico in coerenza con i valori fondanti della Repubblica. Sappiamo che la crisi ha travolto molte convinzioni, che molti si sono aggrappati a speranze del tutto illusorie. Non c'è, invece, soluzione al di fuori di un serio impegno democratico. Siamo impegnati a contribuire all'opera di revisione costituzionale nelle forme che la legge istitutiva della Bicamerale ha stabilito, anche se siamo stati e siamo ancora convinti che si doveva seguire il procedimento previsto dall'articolo 138 della Costituzione. Abbiamo espresso il nostro consenso alla legge per la istituzione della Commissione bicamerale, soltanto quando sembrò che la sua mancata costituzione avrebbe aperto la strada all'Assemblea costituente, propugnata particolarmente dai sostenitori di un'altra repubblica, che sostituisca quella nata dalla Resistenza e nella quale sia stabilita una nuova tavola di valori. Ora che l'opera di revisione è iniziata non faremo mancare il nostro contributo, ma segnaliamo che il primo approdo è negativo, che si deve operare per profonde modifiche del primo testo licenziato dalla Bicamerale.

In coerenza con le considerazioni svolte, la relazione è completata dalle proposte che seguono.

Armando COSSUTTA, relatore di minoranza.

(omissis)



V. SISTEMA DELLE GARANZIE


Art. 101.

La giustizia è amministrata in nome del popolo.

I giudici e i magistrati del pubblico ministero sono soggetti soltanto alla legge.

La giurisdizione si attua mediante giusti processi regolati dalla legge, che ne assicura la ragionevole durata.

Il procedimento si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, secondo il principio dell'oralità e davanti a giudice imparziale.

La legge istituisce pubblici uffici di assistenza legale al fine di garantire il diritto di agire e difendersi davanti a ogni giurisdizione.

 

 

Art. 102.

La funzione giurisdizionale è unitaria ed è esercitata da magistrati ordinari e amministrativi istituiti e regolati dalle norme dei rispettivi ordinamenti giudiziari.

Non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali.

Presso gli organi giudiziari ordinari e amministrativi possono istituirsi sezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura.

La legge disciplina modi e forme di attribuzione a sezioni specializzate presso il giudice ordinario della giurisdizione in materia tributaria.

La legge stabilisce per quali materie possono essere nominati giudici non professionali, anche al fine di giudizi di sola equità.

La legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo all'amministrazione della giustizia.

Art. 103.

La giurisdizione amministrativa è esercitata dai giudici dei tribunali amministrativi regionali e della Corte di giustizia amministrativa sulla base di materie omogenee indicate dalla legge.

Il giudice amministrativo, su iniziativa del pubblico ministero, giudica della responsabilità patrimoniale dei pubblici funzionari nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre materie specificate dalla legge.

I tribunali militari sono istituiti solo in tempo di guerra ed hanno giurisdizione soltanto per i reati militari commessi da appartenenti alle forze armate.

Art. 104.

La magistratura ordinaria e amministrativa costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni potere.

Il Consiglio superiore della magistratura ordinaria è presieduto dal Presidente della Repubblica.

Ne fanno parte di diritto il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione.

Gli altri componenti sono eletti per due terzi da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie, e per un terzo dall'Assemblea nazionale tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.

Il Consiglio elegge un Vice Presidente fra i componenti designati dall'Assemblea nazionale.

Il Ministro di grazia e giustizia può partecipare, senza diritto di voto, alle riunioni del Consiglio.

I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono rieleggibili.

Non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né assumere cariche pubbliche elettive.

Art. 104-bis.

Il Consiglio superiore della magistratura amministrativa è composto per due terzi da magistrati amministrativi appartenenti alle varie categorie ed eletti da tutti i magistrati amministrativi e per un terzo da professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.

Ne fa parte di diritto il Presidente della Corte di giustizia amministrativa.

Il Consiglio elegge un Presidente tra i componenti eletti dal Parlamento.

Il Ministro della giustizia può partecipare alle riunioni del Consiglio senza diritto di voto.

I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono rieleggibili.

Non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né assumere cariche pubbliche elettive.

Art. 105.

Spettano al Consiglio superiore della magistratura ordinaria ed al Consiglio superiore della magistratura amministrativa, secondo le norme dei rispettivi ordinamenti giudiziari, le funzioni amministrative riguardanti le assunzioni, le assegnazioni, la formazione, i trasferimenti e le promozioni rispettivamente dei magistrati ordinari e dei magistrati amministrativi, e, salva la disposizione dell'articolo 110, ogni altra funzione amministrativa riguardante la rispettiva attività giudiziaria.

Avverso i provvedimenti amministrativi assunti dai Consigli superiori della magistratura ordinaria e amministrativa è ammesso solo il ricorso in Cassazione per questioni di legittimità.

Art. 105-bis.

Spettano alla Corte di Giustizia della magistratura i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati ordinari e amministrativi.

La Corte è formata da nove membri, eletti tra i propri componenti dai Consigli superiori della magistratura ordinaria e amministrativa.

Il Consiglio superiore della magistratura ordinaria elegge sei componenti, di cui quattro tra quelli eletti dai magistrati ordinari e due tra quelli designati dal Parlamento. Il Consiglio superiore della magistratura amministrativa elegge tre componenti, di cui due tra quelli eletti dai giudici e uno tra quelli designati dal Parlamento. I componenti designati tra quelli eletti dai magistrati sono scelti assicurando la rappresentanza delle varie categorie.

La Corte elegge un presidente tra i componenti eletti tra quelli designati in Parlamento.

I componenti della Corte non possono partecipare ad altra attività dei rispettivi Consigli di provenienza e durano in carica per due anni.

Art. 106.

Le nomine dei magistrati ordinari e amministrativi hanno luogo per concorso e previo tirocinio.

Tutti i magistrati ordinari esercitano inizialmente funzioni giudicanti per un periodo stabilito dalla legge, al termine del quale il Consiglio superiore della magistratura ordinaria li assegna all'esercizio di funzioni giudicanti ovvero inquirenti.

Il passaggio tra l'esercizio delle funzioni giudicanti e del pubblico ministero è successivamente consentito secondo modalità stabilite dalla legge.

Le funzioni giudicanti penali e quelle del pubblico ministero non possono essere svolte nel medesimo distretto giudiziario se non prima che sia trascorso un congruo periodo di tempo stabilito dalla legge.

La legge sull'ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici monocratici.

Su designazione del Consiglio superiore della magistratura possono essere chiamati all'ufficio di consiglieri di cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che abbiano quindici anni di esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori.

Art. 107.

I magistrati ordinari e amministrativi sono inamovibili.

Non possono essere dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del rispettivo Consiglio superiore della magistratura, adottata o per i motivi e con le garanzie del contraddittorio stabilite dall'ordinamento giudiziario o con il loro consenso.

La legge disciplina i periodi di permanenza nell'ufficio e nella sede dei magistrati ordinari e amministrativi.

I magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni.

L'ufficio di magistrato ordinario e amministrativo è incompatibile con qualunque altro ufficio, incarico e professione. I magistrati ordinari e amministrativi non possono far parte di collegi arbitrali, né essere distaccati presso Ministeri o altre pubbliche amministrazioni.

Art. 108.

Le norme sugli ordinamenti giudiziari ordinario e amministrativo sono stabilite esclusivamente con legge.

La legge assicura l'indipendenza degli estranei che partecipano all'amministrazione della giustizia.

Art. 109.

L'autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria.

Art. 110.

Ferme le competenze dei Consigli superiori della magistratura ordinaria e amministrativa, il Ministro della giustizia provvede all'organizzazione e al funzionamento dei servizi relativi alla giustizia, promuove la comune formazione propedeutica all'esercizio delle professioni giudiziarie e forensi, esercita la funzione ispettiva sul corretto funzionamento degli uffici giudiziari, promuove l'azione disciplinare, riferisce annualmente in Parlamento sullo stato della giustizia.

La legge stabilisce tassativamente i casi e le modalità dell'esercizio dell'azione disciplinare.

Art. 111.

Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati.

Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari e speciali, è sempre ammesso il ricorso in cassazione per violazione di legge. Si può derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei Tribunali militari in tempo di guerra.

La legge assicura che la persona accusata di un reato sia informata, nel più breve tempo possibile, della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico; disponga del tempo e delle condizioni necessarie per preparare la sua difesa; abbia la facoltà di interrogare o far interrogare le persone da cui provengono le accuse a suo carico; abbia la facoltà di ottenere la convocazione e l'interrogatorio di persone a discarico nelle stesse condizioni di quelle di accusa e l'acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore; sia assistita gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo.

Nuove norme penali sono ammesse solo se modificano il codice penale ovvero se contenute in leggi disciplinanti organicamente l'intera materia cui esse si riferiscono.

Le norme penali non possono essere interpretate in modo analogico o estensivo.

Contro le decisioni della Corte di giustizia amministrativa il ricorso in cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.

Art. 112.

Il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale.

Art. 113.

Nei confronti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale, con le modalità stabilite dalla legge.

Tale tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti.

La legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa.

 

Art. 134.

La Corte costituzionale giudica:

sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni;

sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli tra lo Stato e le Regioni, e tra le Regioni;

sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica, a norma della Costituzione;

sulla ammissibilità dei referendum abrogativi e propositivi di leggi e di atti aventi valore di legge.

Art. 135.

La Corte costituzionale è composta da quindici giudici. Tre giudici sono nominati dal Presidente della Repubblica; quattro giudici sono nominati dalle supreme magistrature ordinaria e amministrativa; otto giudici sono nominati dal Parlamento, di cui tre su designazione delle Regioni.

I giudici della Corte costituzionale sono scelti fra i magistrati anche a riposo delle giurisdizioni superiori ordinaria ed amministrativa, i professori ordinari di università in materie giuridiche e gli avvocati dopo venti anni di esercizio.

I giudici della Corte costituzionale sono nominati per nove anni, decorrenti per ciascuno di essi dal giorno del giuramento, e non possono essere nuovamente nominati.

Alla scadenza del termine il giudice costituzionale cessa dalla carica e dall'esercizio delle funzioni; nei successivi cinque anni non può ricoprire le cariche e gli uffici indicati dalla legge.

La Corte elegge tra i suoi componenti, secondo le norme stabilite dalla legge, il Presidente, che rimane in carica per un triennio, ed è rieleggibile, fermi in ogni caso i termini di scadenza dall'ufficio di giudice. Non sono eleggibili a Presidente i giudici negli ultimi due anni del loro mandato, salvo caso di rielezione.

L'ufficio di giudice dalla Corte è incompatibile con qualunque altra carica pubblica elettiva, con l'esercizio della professione di avvocato e con ogni altra carica ed ufficio indicati dalla legge.

Nei giudizi d'accusa contro il Presidente della Repubblica intervengono, oltre i giudici ordinari della Corte, sedici membri tratti a sorte da un elenco di cittadini aventi i requisiti per l'eleggibilità a senatore, che il Parlamento compila ogni nove anni mediante elezione con le stesse modalità stabilite per la nomina dei giudici ordinari.

Art. 136.

Quando la Corte dichiara l'illegittimità costituzionale di una norma di legge o atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione, salvo che la Corte non stabilisca un termine diverso, comunque non superiore ad un anno.

I giudici della Corte possono esprimere e motivare opinioni in dissenso rispetto alle decisioni adottate dalla maggioranza del collegio e alle relative motivazioni.

La decisione della Corte, con le eventuali opinioni in dissenso dei giudici, è pubblicata e comunicata alle Camere ed ai Consigli regionali interessati, affinché, ove lo ritengano necessario, provvedano nelle forme costituzionali.

Art. 137.

Una legge costituzionale stabilisce le condizioni, le forme, i termini di proponibilità dei giudizi di legittimità costituzionale, e le garanzie d'indipendenza dei giudici della Corte.

Un quinto dei membri di una Camera può comunque sollevare la questione di legittimità costituzionale di una legge entro quindici giorni dalla sua pubblicazione. In tal caso la Corte decide nei sessanta giorni successivi.

Con legge ordinaria sono stabilite le altre norme necessarie per la costituzione e il funzionamento della Corte, nonché per la valutazione dell'ammissibilità dei ricorsi presentati per la tutela dei diritti fondamentali.

Contro le decisioni della Corte costituzionale non è ammessa alcuna impugnazione.





[1]    E dai magistrati del pubblico ministero nel caso in cui venga istituito l'ufficio del pubblico ministero presso la giurisdizione amministrativa.