Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Potestà genitoriale e filiazione naturale - AA.C. 3755 e 3516 Elementi per l'istruttoria legislativa - II edizione
Riferimenti:
AC N. 3755/XVI   AC N. 3516/XVI
Serie: Progetti di legge    Numero: 470
Data: 12/07/2011
Descrittori:
FIGLI NATURALI   POTESTA' DEI GENITORI
RICONOSCIMENTO DI FIGLI NATURALI     
Organi della Camera: II-Giustizia

 

12 luglio 2011

 

n. 470/0 II edizione

 

Potestà genitoriale e filiazione naturale

A.C. 3755

Elementi per l’istruttoria legislativa

 

 

Numero del progetto di legge

3755

Titolo

Modifica alla disciplina in materia di potestà genitoriale e filiazione naturale

Iniziativa

parlamentare

Iter al Senato

Numero di articoli

1

Date:

 

presentazione o trasmissione alla Camera

8 ottobre 2010

assegnazione

12 ottobre 2010

Commissione competente

II (Giustizia)

Sede

Referente

Pareri previsti

I (Affari costituzionali)

 

 


Contenuto

Quadro normativo

La proposta di legge n. 3755 (Berselli ed altri), approvata dal Senato, interviene sulla disciplina processuale relativa all’assunzione delle decisioni (affidamento, mantenimento, assegnazione della casa familiare, ecc.) d’interesse dei figli naturali riconosciuti da entrambi i genitori non coniugati, al termine della loro convivenza. Essa reca anche due disposizioni sostanziali in materia di esercizio della potestà genitoriale nel caso di riconoscimento del figlio naturale.

Per il quadro normativo in materia di filiazione naturale, si rinvia al dossier n. 276 (II edizione), predisposto in occasione dell’esame di un alcune proposte di legge e di un disegno di legge, in materia di Revisione della normativa in materia di filiazione, attualmente all’esame del Senato.

Per gli aspetti su cui specificamente interviene la proposta di legge in esame, si richiama in primis la legge n. 54 del 2006 sull’affidamento condiviso, che, riformando gli articoli 155 ss. c.c., ha introdotto una disciplina fondata sul principio della bigenitorialità; da tale principio deriva che, anche in caso di separazione personale dei genitori, il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto personale equilibrato e continuativo con ciascuno di essi e di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi. Tale principio si traduce sia nella preferenza per l’affidamento condiviso del minore sia in un nuovo modello di esercizio della potestà ancorato fermamente al principio di responsabilità dei genitori.

Il nuovo art. 709-ter c.p.c. (introdotto dall’art. 2 della legge 54/2006) detta, nell’ambito del procedimento di separazione personale dei coniugi, una specifica disposizione processuale relativa alle controversie che possono insorgere tra i genitori in relazione alla potestà sui figli o sulle modalità dell’affidamento. La competenza è attribuita al giudice del procedimento in corso,al quale spetta l’adozione dell’insieme dei provvedimenti relativi alla prole, con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. La disposizione inoltre delinea il procedimento che può portare alla modifica dei provvedimenti precedentemente assunti e, in caso di gravi violazioni e inadempienze da parte del genitore, prevede che il giudice possa disporre, anche congiuntamente: l’ammonimento del genitore, il risarcimento dei danni nei confronti dell’altro coniuge o del minore, la condanna al pagamento di una somma tra i 75 e i 5.000 euro a favore della Cassa delle ammende.

In virtù della previsione contenuta nell’articolo 4, comma 2, della legge n. 54 del 2006, tale disposizione trova applicazione, oltre che in caso di separazione tra i coniugi, anche nel caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, nonché ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati.

Con specifico riferimento al profilo del giudice competente, dalla disposizione che lo individua in termini generali nel giudice del procedimento in corso deriva tuttavia che:

§   i provvedimenti di cui all’art. 155 c.c. e ss. c.c. concernenti figli minori di genitori separati sono adottati dal tribunale ordinario ex art. 706 e ss. c.p.c. (analogamente in caso di divorzio, ex art. 6, L: 898/1978);

§   ai sensi del combinato disposto dell’art. 38 disp. att. c.c.. e 317-bis c.c.spetta invece altribunale dei minorenni conoscere delle questioni relative all’affidamento dei figli naturali di genitori non coniugati al termine della convivenza

Secondo la giurisprudenza (Cass., I sez., ordinanza n. 8362 del 3 aprile 2007), tale giudice specializzato ha attratto presso di sé anche la competenza sulle questioni patrimoniali di cui, fino ad allora, era titolare il tribunale ordinario. Nel caso di figli legittimi, tali questioni invece sono attratte nella competenza del medesimo giudice che ha pronunciato il provvedimento in via provvisoria cautelare di affidamento dei figli minorenni, ma soltanto a condizione che tale giudice continui ad essere investito del processo a cognizione piena della causa di separazione, divorzio, nullità del matrimonio o decadenza della potestà dei genitori.

L’art. 317-bis del codice civile, oltre a disciplinare l’esercizio della potestà genitoriale sul figlio naturale riconosciuto stabilisce, in particolare, che se i genitori non convivono, il giudice nell'esclusivo interesse del figlio, può assumere decisioni sulla potestà e quindi sull’affidamento, anche escludendo dall'esercizio della potestà entrambi i genitori, provvedendo alla nomina di un tutore. In base all’art. 38, comma 1, disp att. c.c., che in relazione a tali decisioni fissa la competenza nel tribunale dei minorenni; il tribunale provvede in camera di consiglio (il rito applicabile è quindi quello disciplinato dagli artt. 737 ss. cpc), sentito il PM. Il reclamo si propone davanti alla sezione di corte d’appello per i minorenni.

L’AC 3755 (approvata dal Senato)

La proposta di legge, approvata in un testo unificato dal Senato nella seduta del 6 ottobre 2010, reca modifiche alla disciplina in materia di potestà genitoriale e di filiazione naturale. Essa reca disposizioni di carattere sostanziale e processuale.

L’articolo 1 della p.d.l., attraverso la novella all’articolo 276 c.c.,  interviene in materia di legittimazione passiva rispetto alla domanda di dichiarazione giudiziale di paternità naturale.

La novella è volta a superare un vuoto normativo, regolando il caso in cui, morto il genitore, siano venuti meno anche i suoi eredi, parimenti legittimati passivi rispetto alla domanda.

 

Nella normativa vigente, risolvendo un contrasto giurisprudenziale, le Sezioni unite della Cassazione (21287/2005) hanno escluso la legittimazione passiva degli eredi degli eredi; a tali soggetti spetta solo la possibilità di intervenire nel procedimento ai sensi dell’articolo 276, secondo comma, c.c.

Il testo novellato stabilisce che, in tale evenienza, il figlio naturale potrà proporre l'azione nei confronti di un curatore nominato dal giudice davanti al quale il giudizio deve essere promosso.

 

L’articolo 2 opera la soppressione del quarto comma dell'articolo 316 c.c., che prevede, in caso di incombente pericolo di un grave pregiudizio per il figlio, che il padre possa adottare i provvedimenti urgenti ed indifferibili.

 

L’articolo 3 è volto sostanzialmente ad estendere l’applicazione del principio della bigenitorialità, recato dalla legge n. 54/2006, alla materia del riconoscimento del figlio naturale. Esso, novellando l’articolo 317-bis c.c., in particolare:

§       sancisce il principio dell’esercizio congiunto della potestà, a prescindere dal requisito attualmente previsto della convivenza;

§       nel caso in cui i genitori non convivano, estende - nei limiti della compatibilità – l’applicazione della disciplina attualmente prevista dagli articoli 155 ss. c.c. in caso di separazione dei coniugi, disciplina riformata dalla legge sull’affido condiviso.

 

L’articolo 4 intervienesugli aspetti processuali e ridefinisce la competenza del tribunale per i minorenni, attraverso la novella dell’art. 38 delle disposizioni di attuazione del codice di civile.

Esso, in primo luogo, attraverso l’espunzione dal testo dell’art. 38 disp. att. c.c. del riferimento all’articolo 317-bis c.c. sottrae al tribunale per i minorenni e, quindi, affida al tribunale ordinario, la competenza sulle controversie relative all’esercizio della potestà e all’affidamento dei figli naturali.In tal modo si supera il sistema attuale, sopra descritto, che individua un diverso giudice competente a seconda che il figlio sia nato all'interno o al di fuori del matrimonio.

Analogamente, attraverso la soppressione dei relativi riferimenti normativi nel testo dell’art. 38 disp. att., viene attribuita al tribunale ordinario la competenza nelle seguenti materie: cessazione del fondo patrimoniale (art. 171), costituzione dell’usufrutto sui beni di un coniuge in relazione alle necessità della prole (art. 194, secondo comma, c.c.); riconoscimento dei figli naturali (artt. 250, 252, 262, 264); dichiarazione giudiziale di paternità o maternità (art. 269, primo comma c.c.); esercizio della potestà dei genitori (art. 316 c.c.). Con riferimento poi all’adozione da parte del giudice di provvedimenti in presenza di una condotta del genitore pregiudizievole ai figli, viene confermata la competenza del tribunale per i minorenni, salvo che sia in corso un procedimento di separazione o divorzio o in materia di esercizio della potestà genitoriale, nel qual caso la competenza è attribuita al giudice ordinario.

Rispetto al testo vigente dell’art. 38 disp. att. c.p.c., la novella, inoltre, precisa:

§       l’applicabilità nei limiti della compatibilità, nei procedimenti in materia di affidamento e di mantenimento dei minori, dell’articolo 710 c.p.c. (che disciplina la modificabilità dei provvedimenti relativi alla separazione dei coniugi).

L’applicazione di tale disposizione viene quindi generalizzata anche nel caso di modifica dei provvedimenti riguardanti i figli di genitori non coniugati.

§       l’immediata esecutività dei provvedimenti adottati, salvo che il giudice non disponga diversamente.

Da ultimo, l’articolo 5 reca la disciplina transitoria della riforma proposta, prevedendone l’applicazione ai giudizi successivi alla sua entrata in vigore (comma 1); rispetto a tale regola generale, il comma 2 prevede l’estensione dell’applicazione dell’articolo 710 c.p.c. (disposta a regime dal comma 2 del testo novellato dell’articolo 38) anche ai procedimenti relativi all'affidamento e al mantenimento dei figli di genitori non coniugati pendenti davanti al tribunale per i minorenni.

Relazioni allegate

I progetti di legge originari confluiti nel testo unificato approvato dal Senato erano corredati della relazione illustrativa.

Necessità dell’intervento con legge

La proposta di legge incide su fonti di rango primario, il che rende necessario l’intervento con legge.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Il contenuto del provvedimento è riconducibile alle materie “giurisdizione e norme processuali” e “ordinamento civile” di competenza esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, della Costituzione, lett. l).

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Coordinamento con la normativa vigente

Il coordinamento si realizza attraverso la tecnica della novellazione.

Collegamento con lavori legislativi in corso

La Camera ha approvato, il 30 giugno 2011, un testo unificato, volto eliminare dall’ordinamento le residue distinzioni tra status di figlio legittimo e status di figlio naturale. Il provvedimento è stato dunque trasmesso al Senato (AS 2805), che non ha ancora iniziato il relativo esame.

L’articolo 2 reca una delega al Governo per la revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione. Uno dei principi di delega si sovrappone alla disposizioni di cui all’articolo 1 della proposta di legge in esame, in quanto prevede la specificazione che, in mancanza di eredi del presunto genitore, l’azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità sia proponibile nei confronti dei loro eredi, secondo quanto previsto dall’articolo 247, ultimo comma, c.c e che la titolarità dell’azione sia estesa anche agli ascendenti (comma 2, lett. h). Un altro principio di delega (comma 2, lett. i) prevede l’unificazione delle disposizioni che disciplinano i diritti e i doveri dei genitori nei confronti dei figli nati nel matrimonio e dei figli nati fuori del matrimonio, delineando la nozione di responsabilità genitoriale quale aspetto dell’esercizio della potestà genitoriale; tale principio può avere punti di contatto con le disposizioni dell’articolo 3 della proposta in esame.

L’articolo 3 del testo approvato dalla Camera si sovrappone invece ai contenuti degli articoli 4 e 5 della proposta di legge in esame, in quanto introduce nel codice di procedura civile un nuovo procedimento speciale per l’affidamento dei figli di genitori non coniugati, attribuito alla competenza del tribunale dei minorenni.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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