Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Adozioni dei minori da parte delle famiglie affidatarie - AA.C. 3459 e 3854 - Schede di lettura
Riferimenti:
AC N. 3459/XVI   AC N. 3854/XVI
Serie: Progetti di legge    Numero: 459
Data: 28/03/2011
Descrittori:
ADOZIONE   AFFIDAMENTO DI MINORI
Organi della Camera: II-Giustizia
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Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Adozioni dei minori da parte delle famiglie affidatarie

AA.C. 3459 e 3854

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 459

 

 

 

28 marzo 2011

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Giustizia

( 066760-9148 / 066760-9559 – * st_giustizia@camera.it

 

 

 

 

 

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File: gi0533.doc

 


INDICE

Schede di lettura

§      Quadro normativo  3

§      Contenuto delle proposte di legge  13

Riferimenti normativi

§      L. 4 maggio 1983, n. 184. Diritto del minore ad una famiglia (artt. 4, 5, 22 e 44)29

Documentazione

§      Rilevazione coordinata dei dati in possesso delle Regioni e Province autonome su bambini e adolescenti fuori dalla famiglia in affidamento familiare (a singoli, famiglie e parenti) o accolti nei servizi residenziali nella propria regione.35

 


Schede di lettura

 


Quadro normativo

La legge n. 184 del 1983, Diritto del minore ad una famiglia

La normativa di riferimento in tema di adozioni, tanto nazionali quanto internazionali, è contenuta essenzialmente nella legge 4 maggio 1983, n. 184, Diritto del minore ad una famiglia.

 

Il testo della legge è stato in più occasioni novellato, e da ultimo sostanzialmente riscritto, con l’approvazione di due leggi: la legge 31 dicembre 1998, n. 476 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, fatta a L'Aja il 29 maggio 1993. Modifiche alla L. 4 maggio 1983, n. 184, in tema di adozione di minori stranieri); la legge 28 marzo 2001, n. 149, (Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, recante «Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori», nonché al titolo VIII del libro primo del codice civile).

Quest’ultimo intervento legislativo ha innovato gran parte della disciplina delle adozioni risalente al 1983: in particolare, sono state introdotte nuove disposizioni in materia di affidamento, di adozione (dalla dichiarazione di adottabilità all’affidamento preadottivo e alla dichiarazione di adozione) e di adozione in casi particolari. La stessa legge ha altresì riformulato alcuni articoli del codice civile relativi all’adozione di persone maggiori di età (istituto disciplinato dagli articoli 291-314 del codice civile).

 

La legge 184/1983 delinea un ampio sistema di misure finalizzate a tutelare l'interesse del minore a crescere e ad essere educato nel proprio nucleo familiare. Non a caso tale principio fondamentale è contenuto nella disposizione di apertura della legge (articolo 1, comma 1), concretandosi in un diritto “naturale” del minore che può “affievolirsi” solo in presenza di specifiche condizioni. La sottrazione del minore alla famiglia, dopo l’attivazione degli interventi di tutela temporanea previsti dalla legge, è quindi da ritenersi una soluzione “limite” che ricorre ove risultino insuperabili le difficoltà della famiglia di origine nell’assicurare al minore un ambiente idoneo.

Di seguito si riporta più nel dettaglio la disciplina dettata dalla legge quadro 184/1983 in materia di adozioni nazionali, con particolare riferimento agli aspetti oggetto delle proposte di legge all’esame della Commissione.

L’affidamento del minore

L'istituto dell’affidamento del minore(articoli da 2 a 5 della legge 184/1983) trova il suo presupposto nella temporanea situazione di inidoneità del nucleo familiare d'origine ad assicurare al minore il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e le necessarie relazioni affettive.

Il carattere della temporaneità è uno degli elementi che distingue l'istituto dell'affidamento dagli altri strumenti di sostituzione stabile del nucleo familiare originario. Nel caso in cui la famiglia si trovi in una situazione di difficoltà permanente, infatti, viene dichiarato lo stato di adottabilità ai sensi dell'articolo 8 della legge 184/1983. In ogni caso, per poter ricorrere a tali istituti deve configurarsi una situazione di abbandono del minore inteso come privazione di cure genitoriali adeguate o di assistenza morale e materiale. Lo stato di abbandono è transitorio nelle ipotesi di affidamento ai sensi dell'articolo 2, mentre si presenta stabile, duraturo e irreversibile in quelle di cui all'articolo 8.

In ogni caso, l'affidamento ha una funzione esclusivamente assistenziale, di intervento integrativo temporaneo del rapporto familiare: la sua finalità precipua è quella di assistere la famiglia che si trovi momentaneamente nell'impossibilità di provvedere alla cura dei figli, con l’intento di favorire al più presto il reinserimento del minore ospite dell'affidatario.

 

L'articolo 2 della legge quadro prevede due distinti tipi di affidamento:

 

§         l’affidamento familiare (comma 1), che si realizza con l'affidamento a un'altra famiglia, possibilmente con figli minori, o a una persona singola in grado di assistere il minore materialmente e affettivamente;

§         l’affidamento presso una comunità di tipo familiare (comma 2). Questo tipo di affidamento - cui si ricorre nei casi in cui non sia possibile un adeguato affidamento familiare - consiste nel ricovero del minore presso una c.d. casa famiglia, una comunità di tipo familiare che ha ormai – dal 2007 – sostituito i precedenti istituti di assistenza pubblici e privati[1]. In tali ipotesi, al fine di agevolare i rapporti tra il minore e i suoi genitori o parenti e favorirne successivamente il reinserimento nella famiglia di origine, la preferenza è accordata alle comunità ubicate nella regione di residenza del minore.

 

Risulta evidente la preferenza del legislatore per l'affidamento familiare, come è confermato anche dalla previsione di misure di sostegno a favore delle famiglie affidatarie. L’articolo 80 della legge 184/83, infatti, oltre a prevedere l'erogazione temporanea in favore dell'affidatario degli assegni familiari e delle prestazioni previdenziali, demanda alle regioni il compito di determinare le condizioni e le modalità di sostegno per le famiglie, persone o comunità familiari che hanno minori in affidamento.

 

Con riferimento ai poteri e agli obblighi dell'affidatario, va preliminarmente osservato che la potestà affidataria consiste in sostanza in una funzione espletata, ora in assenza ora in concorso con la potestà genitoriale, al fine di garantire il mantenimento, l'educazione e l'istruzione del minore affidato. L’affidatario provvede alla cura del minore tenendo conto delle indicazioni dei genitori o del tutore e osservando le prescrizioni eventualmente stabilite dall'autorità affidante. Proprio in considerazione della temporaneità e strumentalità dell'istituto, fondamento comune di tutte le ipotesi di affidamento (sia in famiglia sia in comunità) è l'obbligo di agevolare i rapporti tra il minore e i suoi genitori e favorirne il reinserimento nella famiglia d'origine.

Nel caso di accoglienza presso una comunità, l'articolo 3 della legge 184/1983 prevede che i legali rappresentanti delle comunità di tipo familiare esercitino sul minore poteri tutelari fino alla nomina di un tutore; se i genitori riprendono ad esercitare la potestà, i rappresentanti delle comunità possono chiedere al giudice tutelare di fissarne eventuali limiti o condizioni.

 

Ai sensi dell'articolo 4, l'affidamento familiare è disposto dal servizio sociale locale e può avvenire:

1) previo assenso dei genitori esercenti la potestà ovvero del tutore, sentito il minore che abbia compiuto i dodici anni, o, in considerazione delle sue capacità di comprensione, anche di età inferiore (il provvedimento è reso esecutivo con decreto dal giudice tutelare);

2) senza l’assenso dei genitori con provvedimento del tribunale per i minorenni. In tale ipotesi, trova applicazione l'articolo 330 c.c. (per effetto del quale il giudice può pronunciare la decadenza dalla potestà quando il genitore viola o trascura i doveri ad essa inerenti o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio).

 

Nel provvedimento di affidamento devono essere riportati i tempi e i modi di esercizio dei poteri riconosciuti all'affidatario nonché le motivazioni che lo giustificano (anche al fine di consentire il necessario controllo del giudice tutelare). Deve inoltre essere indicata la presumibile durata dell'affidamento (che, dopo la riforma del 2001, non può comunque superare i due anni, salvo proroga giustificata) in relazione agli interventi volti al recupero della famiglia di origine.

Il servizio sociale locale esercita la vigilanza sull’affidamento con l'obbligo di tenere costantemente informata l'autorità che ha emesso il provvedimento (giudice tutelare, nel caso dell’affido familiare; tribunale per i minorenni, negli altri casi) su ogni evento di rilievo e di presentare una relazione semestrale sull’andamento del programma di assistenza e sulla situazione della famiglia in difficoltà. Inoltre, il servizio sociale svolge una funzione di sostegno educativo e psicologico e agevola i rapporti del minore con la famiglia di origine ai fini del suo rientro nel nucleo familiare originario.

Al servizio sociale spetta il compito di ordinare, con apposito provvedimento, la cessazione dell’affidamento quando siano venuti meno i presupposti che lo hanno legittimato ovvero quando sia cessata la difficoltà temporanea della famiglia d'origine o quando la prosecuzione dell’affidamento rechi pregiudizio al minore. La cessazione dell'affidamento può inoltre essere disposta in base ad autonoma valutazione dell'autorità giudiziaria circa l'opportunità della sua prosecuzione. In questa ipotesi, così come nel caso di decorso della durata prevista per l'affidamento, il giudice tutelare può richiedere, se necessario, al competente tribunale per i minorenni l'adozione di ulteriori provvedimenti nell'interesse del minore. L'ultimo comma dell'articolo 4 precisa al riguardo che il tribunale per i minorenni provvede su richiesta del giudice tutelare, nell'ipotesi in cui sia trascorso il periodo di durata dell'affidamento, o d'ufficio, nel caso in cui il tribunale stesso sia intervento in difetto di assenso dei genitori o del tutore o in applicazione del citato articolo 330 c.c.

Si rinvia al documento allegato al presente dossier predisposto dal Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza, per la rilevazione coordinata dei dati in possesso delle Regioni e Province autonome sui bambini e adolescenti in affidamento familiare o accolti nei servizi residenziali nella propria regione.

La procedura di adozione

La c.d. adozione legittimante è disciplinata dagli articoli da 6 a 28 della legge legge 184/1983 (sul punto particolarmente innovata dalla novella del 2001).

Dopo la novella del 2001, l’adozione è consentita non soltanto ai coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni, tra i quali non sussista separazione personale, neppure di fatto, e che siano idonei ad educare, istruire e mantenere i minori, ma anche ai coniugi che, in difetto del citato requisito temporale, abbiano convissuto in modo stabile e continuativo prima del matrimonio per almeno tre anni.

Inoltre, in base all’articolo 6, la differenza di età tra gli adottanti e gli adottati non deve essere inferiore a 18 anni né superiore a 45. In linea con alcune pronunce della Corte costituzionale e della Corte di Cassazione che hanno attenuato la rigidità di tali limiti[2], la riforma del 2001 ha introdotto specifiche derogheal rispetto della differenza di età. In particolare, l’adozione non è ora preclusa:

§      quando la differenza massima di età è superata da uno solo degli adottanti in misura non superiore a 10 anni (55 anni);

§      quando gli adottanti siano genitori di figli naturali o adottivi, dei quali almeno uno minore d’età;

§      quando l’adozione riguardi un fratello o una sorella del minore già adottato.

In ogni caso, anche in assenza di tali presupposti potrebbe darsi luogo all’adozione: è, infatti, consentito al tribunale dei minorenni di non tener conto dei limiti di età quando alla mancata adozione consegua “un danno grave e non altrimenti evitabile per il minore”. Sono infine ammesse più adozioni, anche con atti successivi, da parte dei medesimi coniugi.

 

Il procedimento di adozione si suddivide in tre fasi:

1) la prima (articoli 8-21), relativa all’accertamento dello stato di abbandono, si conclude con la dichiarazione di adottabilità;

2) la seconda (articoli 22-24) riguarda la scelta dei coniugi idonei a corrispondere alle esigenze del minore e l'affidamento preadottivo;

3) la terza (articoli 25-28), concernente la verifica del periodo di affidamento, si conclude con la dichiarazione di adozione, pronunciata dal tribunale dei minori con sentenza camerale, ovvero, in caso di valutazione negativa, con analogo provvedimento che dichiara di non far luogo all'adozione.

 

Momento centrale della prima fase è quello relativo all'accertamento dello stato di abbandono, che costituisce il presupposto della dichiarazione di adottabilità del minore.

L'articolo 8 della legge 184/1983 definisce "minorenni in stato di abbandono" quei minori che risultino "privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché la mancanza di assistenza non sia dovuta a causa di forza maggiore di carattere transitorio".

 

Quanto alla "forza maggiore di carattere transitorio", che giustifica il difetto temporaneo di assistenza e quindi impedisce che si faccia luogo alla dichiarazione di adottabilità, l'unica indicazione fornita dalle norme è di carattere negativo: si tende, infatti, ad escludere tale circostanza qualora siano rifiutate ingiustificatamente le misure di sostegno offerte dai servizi locali.

Il tribunale per i minorenni, ricevuta la segnalazione di una situazione di abbandono da parte del giudice tutelare, delle comunità familiari, dei pubblici ufficiali o di qualsivoglia privato, dispone gli opportuni accertamenti ed emana, se del caso, provvedimenti urgenti a tutela del minore, ivi compresa la sospensione della potestà dei genitori e la nomina di un tutore (articolo 10).

 

I pubblici ufficiali, gli incaricati di un pubblico servizio e gli esercenti un servizio di pubblica necessità hanno l'obbligo di segnalare al tribunale per i minorenni le situazioni di abbandono di cui vengano a conoscenza in ragione del loro ufficio. L'obbligo di segnalazione sussiste anche per coloro che abbiano accolto stabilmente un minore che non sia parente entro il quarto grado, qualora la permanenza si sia protratta per oltre sei mesi. Analoga segnalazione deve essere effettuata dal genitore che affidi stabilmente il figlio minore, per un periodo non inferiore a sei mesi, a chi non sia parente entro il quarto grado (articolo 9).

 

Se dalle indagini risulta che i genitori sono deceduti e che non vi sono parenti entro il quarto grado “con rapporti significativi col minore”, il tribunale dichiara lo stato di adottabilità, salvo che già esistano domande di adozione nelle ipotesi di cui all’articolo 44 della legge 184 (v. infra, Adozione in casi particolari).

Nel caso in cui non risulti l'esistenza di genitori naturali del minore, il tribunale parimenti procede alla dichiarazione di adottabilità, salvo che chi assuma di esserlo non chieda la sospensione della procedura al fine di provvedere al riconoscimento. Tale sospensione è disposta dal tribunale per un periodo massimo di due mesi e purché nel frattempo permanga un rapporto tra il minore e il genitore naturale. Se interviene il riconoscimento la procedura si estingue; in caso contrario si provvede alla pronuncia dello stato di adottabilità e si può dar luogo all'affidamento preadottivo. Da questo momento l'eventuale riconoscimento è privo di efficacia (articolo 11).

Quando dalle indagini risulta l'esistenza dei genitori o di parenti entro il quarto grado che abbiano mantenuto rapporti significativi con il minore, e ne è nota la residenza, il Presidente del tribunale ne dispone la comparizione e, ove ne ravvisi l'opportunità, può impartire prescrizioni atte ad assicurare l'assistenza del minore stabilendo periodici accertamenti.

A conclusione degli accertamenti, se risulta lo stato di abbandono, il Tribunale per i minorenni dichiara lo stato di adottabilità solo se i genitori o i parenti, regolarmente convocati, non si presentano, ovvero dalla loro audizione risulti il persistere della mancanza di assistenza morale e materiale e l'indisponibilità ad ovviarvi, ovvero se restano inadempiute per responsabilità dei genitori le prescrizioni impartite dal tribunale (articolo 15). Se, al contrario, il tribunale ritiene che non vi siano i presupposti per l’adottabilità, dichiara, sempre con sentenza, che non vi è luogo a provvedere (articolo 16).

Allo stato di adottabilità consegue la sospensione della potestà genitoriale e la nomina, se non esista già, di un tutore.

 

Il provvedimento è opponibile nel merito dinanzi alla sezione per i minorenni della Corte d'appello, la cui decisione può essere impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, per nullità della sentenza o del procedimento ovvero per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. Pronunciata la sentenza di primo grado è possibile, se c’è accordo delle parti ma per soli motivi di legittimità il ricorso per saltum in cassazione (articolo 17).

 

Lo stato di adottabilità cessa per adozione, per il raggiungimento della maggiore età da parte dell'adottando (articolo 20) ovvero per revoca, salvo che non sia in atto l'affidamento preadottivo, quando siano venute meno le condizioni che avevano fatto ravvisare lo stato di abbandono (articolo 21).

 

Con riferimento alle novità procedurali introdotte dalla legge 149/2001, si segnala che nei procedimenti per la dichiarazione di adottabilità nonché nei procedimenti in materia di potestà dei genitori davanti al tribunale dei minorenni (di cui all'articolo 336 del codice civile) e nei relativi giudizi di opposizione il minore, i genitori ed eventuali altre parti possano stare in giudizio solo con l’assistenza di un difensore.

 

A seguito della dichiarazione di adottabilità, inizia la seconda fase della procedura di adozione. Il minore, infatti, può essere assegnato, in affidamento preadottivo, ad una coppia di coniugi scelta tra quelle che abbiano presentato domanda al Tribunale per i minorenni[3]. Le coppie devono indicare anche l’eventuale disponibilità ad adottare più fratelli ovvero minori di età superiore a 5 anni o minori portatori di handicap (articolo 22 della legge 184/1983). In tali due ultime ipotesi, introdotte dalla legge 149/2001, i coniugi possono contare su una corsia preferenziale per il vaglio della domanda. La famiglia che adotta portatori di handicap e minori di età superiore a 12 anni può, inoltre, essere sostenuta economicamente dalle regioni e dagli enti locali fino al compimento del diciottesimo anno da parte del minore.

 

Al fine della scelta degli adottanti, la legge prescrive che il tribunale per i minorenni disponga l'espletamento di indagini dirette ad accertare l'attitudine ad educare il minore, la situazione personale ed economica, la salute, l'ambiente familiare degli adottanti e i motivi per i quali questi ultimi desiderano procedere all'adozione. In particolare, la predetta legge 149 ha introdotto, per una maggiore celerità della procedura, un termine di 120 giorni entro il quale le suddette indagini debbono concludersi.

L’affidamento preadottivo è disposto con ordinanza camerale del tribunale dei minorenni in favore della coppia ritenuta maggiormente in grado di corrispondere alle esigenze del minore, dopo aver sentito il minore se di età superiore agli anni 12 (o anche inferiore, secondo l'opportunità) e dopo aver ottenuto il parere del pubblico ministero e degli eventuali ascendenti degli adottanti. Sul provvedimento di affidamento non può, in ogni caso, mancare l’espresso consenso del minore che abbia già compiuto i 14 anni.

È inoltre previsto che il tribunale per i minorenni, la cui ordinanza dispone anche le modalità dell’affidamento preadottivo, eserciti la propria vigilanza sul suo buon andamento direttamente o avvalendosi del giudice tutelare o dei servizi sociali.

La revoca dell’affidamento è prevista dall’articolo 23 della legge 184/1983 in presenza di insuperabili difficoltà a un'idonea convivenza. Competente alla revoca è lo stesso Tribunale che, d’ufficio o attivato dagli aventi diritto, provvede con decreto camerale motivato, disponendo gli opportuni provvedimenti temporanei a tutela del minore. Sia l’ordinanza di affidamento preadottivo sia l’eventuale decreto di revoca sono impugnabili dal pubblico ministero o dal tutore con reclamo dinanzi alla sezione per i minorenni della Corte d'appello, che decide, a sua volta, con decreto motivato (articolo 24).

 

 

La terza fase del procedimento di adozione ha inizio allorché, decorso un anno dall'affidamento, il Tribunale per i minorenni che ha dichiarato lo stato di adottabilità stabilisce se deve o meno farsi luogo all'adozione (articolo 25).

A tale fine, sono necessari il consenso espresso del minore di età superiore ai 14 anni (peraltro revocabile in qualsiasi momento fino alla dichiarazione di adozione) e il parere dei soggetti già ascoltati ai fini dell'affidamento, del giudice tutelare, dei servizi sociali, se incaricati della vigilanza sull'affidamento, nonché dei figli legittimi o legittimati degli adottanti, se di età superiore a quattordici anni. Se l'adottando ha compiuto 12 anni è obbligatorio richiederne il parere; al di sotto di tale età il parere è richiesto in relazione alla capacità di discernimento del minore.

L'adozione è disposta con sentenza in camera di consiglio. Su di essa, il pubblico ministero, i coniugi adottanti o il tutore possono reclamare entro 30 giorni alla sezione per i minorenni della Corte di appello (articolo 26) che decide con sentenza. Quest’ultimo provvedimento è ricorribile per cassazionesoltanto per motivi di legittimità.

Una volta divenuta definitiva, la sentenza che pronuncia l’adozione è trascritta nel registro delle adozioni presso la cancelleria del tribunale dei minori e comunicata all’ufficio dello stato civile per l’annotazione a margine dell’atto di nascita dell’adottato.

In seguito all’adozione, l'adottato acquista lo stato di figlio legittimo degli adottanti, dei quali assume e trasmette il cognome, e cessano i rapporti dell'adottato verso la famiglia d'origine, salvi i divieti matrimoniali (articolo 27).

L’adozione in casi particolari

Alla fattispecie generale di adozione legittimante sin qui illustrata, vanno aggiunte due ulteriori figure di adozione: l'adozione in casi particolari, disciplinata dal titolo IV della legge 184/1983 (articoli 44-57), e l'adozione di persone maggiorenni, che resta regolata dalle norme del codice civile (articoli 291 e ss.) come modificate dalla legge 149/2001.

Con riferimento al primo degli istituti ora ricordati, che prescinde dallo stato di abbandono, la legge 184/1983 (articolo 44) individua le seguenti ipotesi:

 

a)   il caso dell'orfano di padre e di madre che può essere adottato da persone legate da vincolo di parentela fino al sesto grado o da rapporto stabile e duraturo preesistente alla perdita dei genitori;

b)   il caso in cui il minore sia figlio, anche adottivo, del coniuge di colui che ne chiede l’adozione;

c)   il caso in cui il minore, orfano di padre e di madre, sia portatore di handicap;

d)   i casi per i quali vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo.

 

Nei suddetti casi (escluso, per ovvi motivi, quello di cui alla lett. b)), l'adozione è consentita anche alle coppie di fatto e alla persona singola. Se però l'adottante è coniugato e non separato, l'adozione deve essere richiesta da entrambi i coniugi.

Con riferimento alla differenza di età tra adottante e adottato, la legge prescrive che l'età dell'adottante deve superare di almeno diciotto anni l'età dell'adottato nei soli casi di cui alle indicate lettere a) e d)[4].

 

Le disposizioni che disciplinano l'adozione in casi particolari riproducono in gran parte le disposizioni del codice civile riguardanti l'adozione di persone maggiorenni, sia per quanto concerne il consenso degli adottanti e dell'adottato e l'assenso del coniuge e dei genitori dell'adottando, sia per quanto riguarda la possibilità di revocare il consenso, la decorrenza degli effetti dell'adozione e la revocabilità dell'adozione stessa.

Trattandosi di minori tuttavia l'adottante ha l'obbligo di mantenere, educare ed istruire il minore conformemente a quanto previsto dall'articolo 147 c.c. ed esercita la potestà genitoriale. In virtù del richiamo all’articolo 300 c.c., l’adottando conserva tutti i diritti e i doveri verso la famiglia di origine; l’adozione, peraltro, non dà vita ad alcun rapporto civile tra adottante e famiglia dell’adottato né tra adottato e parenti dell’adottante, salve le eccezioni di legge.

Inoltre, analogamente a quanto stabilito per l'adozione legittimante, il consenso dell'adottando ai fini dell'adozione è richiesto soltanto se si tratta di minori ultraquattordicenni, mentre è prevista l'audizione nel caso di minori che abbiano compiuto dodici anni o, in relazione al grado di maturità, anche di età inferiore (articolo 45). In ogni caso, l'adozione del minore di quattordici anni è disposta dopo l'audizione del suo legale rappresentante. Quest’ultimo deve, inoltre, essere sentito sull’adozione del minore con handicap orfano di entrambi i genitori che, per le sue condizioni, non può essere audito o esprimere un consenso cosciente.

 

Per quanto concerne il procedimento di adozione, e in particolare le indagini relative all'idoneità dell'adozione rispetto al preminente interesse del minore, sono previsti accertamenti più ampi di quelli richiesti per l'adozione legittimante a causa della necessità di ovviare alla mancanza di un temporaneo affidamento preadottivo. La legge prevede, infatti, che, accertata la sussistenza dei presupposti di diritto, siano espletate adeguate indagini non soltanto sull'attitudine ad educare il minore, sulla situazione personale ed economica, sulla salute, sull'ambiente familiare degli adottanti e sui motivi della richiesta di adozione, ma anche sulla personalità del minore e sulle possibilità di idonea convivenza tenuto conto della personalità dell'adottante e di quella del minore.


Contenuto delle proposte di legge

Le proposte di legge C. 3459 (Vassallo, Pes) e C. 3854 (Savino e altri) mirano entrambe a valorizzare il rapporto che, grazie all’istituto dell’affidamento, si instaura tra il minore e la famiglia che lo accoglie in un momento di estremo bisogno (artt. 2-5, legge n. 184/83). A tale fine, entrambe le proposte di legge:

 

§      prevedono una corsia preferenziale per l’adozione a favore della famiglia affidataria, laddove risulti impossibile ricostituire il rapporto del minore con la famiglia d’origine e venga dichiarato lo stato di abbandono. Peraltro, mentre la proposta C. 3459 non chiarisce se i presupposti per l’affidamento siano sufficienti a legittimare anche la domanda di adozione, la proposta C. 3854 è chiara nell’affermare che la corsia preferenziale opera soltanto quando la famiglia affidataria soddisfa tutti i requisiti previsti per l’adozione legittimante (stabile rapporto di coppia, idoneità all’adozione e differenza d’età con l’adottato);

 

§      consentono alla famiglia affidataria di procedere all’adozione anche nei casi particolari di cui all’art. 44 della legge, e dunque in mancanza di una dichiarazione di adottabilità. Anche in questo caso, le proposte si differenziano sul punto dei requisiti per procedere all’adozione: infatti, mentre l’A.C. 3459 consente l’adozione in casi particolari anche all’affidatario che non ha i requisiti richiesti dall’art. 6 per l’adozione legittimante (e dunque anche alla famiglia di fatto o alla persona singola), l’A.C. 3854 richiede ancora una volta la sussistenza dei requisiti per accedere all’adozione legittimante.

 

Infine, la sola proposta C. 3854 intende consentire comunque agli affidatari del minore (siano essi una famiglia o una persona singola) di agire e intervenire in giudizio in nome del rapporto instaurato con il minore.

 

In relazione all’esigenza di valorizzare il rapporto di affidamento, garantendo una corsia preferenziale nell’adozione alle famiglie già affidatarie del minore, si segnala anche la recente sentenza della Corte europea per i diritti dell’uomo (Affare Moretti e Benedetti c. Italia – causa n. 16318/07), che nel maggio 2010 ha condannato l’Italia a risarcire una coppia di coniugi che, dopo essersi presi cura per 19 mesi di un minore attraverso l’istituto dell’affidamento, si era vista scavalcata da un’altra famiglia in sede di adozione.

 

I fatti risalgono al maggio 2004 quando i coniugi Moretti ricevono in affido una bambina abbandonata alla nascita. Il tribunale decide un affido di 5 mesi che poi estenderà fino a 19 mesi. La coppia che ha già una figlia, un bambino adottato e che si è presa cura anche di altri bambini poi adottati da altre famiglie, durante i 19 mesi di affido della piccola presenta per due volte la domanda di adozione speciale al tribunale di poter adottare la bambina. Ma nel frattempo il tribunale, che ha dichiarato la piccola “adottabile”, decide di affidarla ad un'altra famiglia senza comunicarlo alla coppia. La bambina viene portata via dalla loro casa con l'intervento della forza pubblica. A quel punto i due presentano ricorso contro la decisione del tribunale di non accettare la loro richiesta di adozione. La Corte d'appello annulla il decreto del tribunale, rilevando in particolare un difetto di motivazione e sottolineando che la domanda dei Moretti avrebbe dovuto essere esaminata prima di dichiarare adottabile la bambina e di scegliere una nuova famiglia. Tuttavia, la bambina viene lasciata con la nuova famiglia perché un'ulteriore separazione avrebbe rischiato di traumatizzarla.

 

La Corte di Strasburgo ha messo in risalto che i «difetti nella procedura di adozione» hanno avuto come conseguenza il «mancato rispetto del diritto dei genitori a creare una famiglia, in base all’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo», quando invece sarebbe stato «di primaria importanza che la richiesta di adozione dei coniugi fosse esaminata attentamente e prontamente». In base alla pronuncia in sede europea, le autorità del nostro paese dovranno risarcire alla coppia 10 mila euro per danni morali e 5 mila per le spese legali sostenute.

 

Per quanto riguarda, invece, l’accesso all’adozione da parte del single, si ricorda che allo stato il nostro ordinamento lo esclude: la persona singola può adottare solo nell’ipotesi prevista dall’art. 25, commi 4 e 5 (morte di uno dei coniugi durante l'affidamento preadottivo ovvero separazione dei coniugi durante il medesimo periodo) e nei casi di cui all’art. 44, comma 3 (adozione in in casi particolari, su cui infra).

In merito, la Corte di cassazione ha recentemente (sentenza n. 3572 del 2011) riaffermato che l'adozione legittimante «è consentita solo a coniugi uniti in matrimonio» e deve dunque «escludersi che allo stato della legislazione vigente, soggetti singoli possano ottenere il riconoscimento in Italia dell'adozione di un minore pronunciata all'estero con effetti legittimanti»; peraltro, la suprema corte ha anche sottolineato che «il legislatore nazionale ben potrebbe provvedere, nel concorso di particolari circostanze, ad un ampliamento dell'ambito di ammissibilità dell'adozione di minore da parte di una singola persona anche con gli effetti dell'adozione legittimante».

 

Un invito al legislatore in tal senso era stato già formulato dalla Cassazione con la sentenza n. 6078 del 18 marzo 2006, nella quale la Corte aveva affermato che l'adozione da parte del "single" è ammessa nei casi particolari, di cui all'art. 44 della legge 4 maggio 1983, n. 184, con effetti limitati rispetto all'adozione legittimante, o nelle speciali circostanze di cui all'art. 25, quarto e quinto comma, della medesima legge; al di fuori di tali ipotesi, opera il principio fondamentale, scaturente dall'art. 6 della citata legge, secondo cui l'adozione è permessa solo alla coppia di coniugi (uniti in matrimonio da almeno tre anni), e non ai singoli componenti di questa. Lo stesso principio opera in sede di adozione internazionale, ammissibile - secondo un'interpretazione costituzionalmente corretta - negli stessi casi in cui è consentita l'adozione nazionale legittimante e quella in casi particolari; pertanto, se il "single" può procedere all'adozione internazionale nei casi particolari di cui al citato art. 44, ciò non può fondare il riconoscimento di una generalizzata ammissibilità di tale adozione da parte di persona singola; fermo restando che - tanto più in presenza della disposizione, non avente peraltro carattere autoapplicativo, di cui all'art. 6 della Convenzione europea in materia di adozione di minori, firmata a Strasburgo il 24 aprile 1967 e ratificata dall'Italia con la legge 22 maggio 1974, n. 357 - il legislatore nazionale ben potrebbe provvedere, nel concorso di particolari circostanze, tipizzate dalla legge o rimesse di volta in volta al prudente apprezzamento del giudice, ad un ampliamento dell'ambito di ammissibilità dell'adozione di minore da parte di una singola persona, anche qualificandola con gli effetti dell'adozione legittimante, ove tale soluzione sia giudicata più conveniente all'interesse del minore, salva la previsione di un criterio di preferenza per l'adozione da parte della coppia di coniugi, determinata dall'esigenza di assicurare al minore stesso la presenza di entrambe le figure genitoriali, e di inserirlo in una famiglia che dia sufficienti garanzie di stabilità.

 

Analizzando nello specifico il contenuto delle proposte di legge, entrambe sono costituite da un solo articolo, attraverso il quale in primo luogo si introduce un comma aggiuntivo (comma 5-bis) nell’articolo 4 della legge n. 184 del 1983, in tema di affidamento familiare. (Cfr. A.C. 3459, art. 1, comma 1; A.C. 3854, art. 1, comma 1, lettera a).

 

Normativa vigente

A.C. 3459
(Vassallo, Pes)

A.C. 3854
(Savino e altri)

Legge 4 maggio 1983, n. 184
Diritto del minore ad una famiglia

Articolo 4

1. L'affidamento familiare è disposto dal servizio sociale locale, previo consenso manifestato dai genitori o dal genitore esercente la potestà, ovvero dal tutore, sentito il minore che ha compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento. Il giudice tutelare del luogo ove si trova il minore rende esecutivo il provvedimento con decreto.

1. Identico.

1. Identico.

2. Ove manchi l'assenso dei genitori esercenti la potestà o del tutore, provvede il tribunale per i minorenni. Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile.

2. Identico.

2. Identico.

3. Nel provvedimento di affidamento familiare devono essere indicate specificatamente le motivazioni di esso, nonché i tempi e i modi dell'esercizio dei poteri riconosciuti all'affidatario, e le modalità attraverso le quali i genitori e gli altri componenti il nucleo familiare possono mantenere i rapporti con il minore. Deve altresì essere indicato il servizio sociale locale cui è attribuita la responsabilità del programma di assistenza, nonché la vigilanza durante l'affidamento con l'obbligo di tenere costantemente informati il giudice tutelare o il tribunale per i minorenni, a seconda che si tratti di provvedimento emesso ai sensi dei commi 1 o 2. Il servizio sociale locale cui è attribuita la responsabilità del programma di assistenza, nonché la vigilanza durante l'affidamento, deve riferire senza indugio al giudice tutelare o al tribunale per i minorenni del luogo in cui il minore si trova, a seconda che si tratti di provvedimento emesso ai sensi dei commi 1 o 2, ogni evento di particolare rilevanza ed è tenuto a presentare una relazione semestrale sull'andamento del programma di assistenza, sulla sua presumibile ulteriore durata e sull'evoluzione delle condizioni di difficoltà del nucleo familiare di provenienza.

3. Identico.

3. Identico.

4. Nel provvedimento di cui al comma 3, deve inoltre essere indicato il periodo di presumibile durata dell'affidamento che deve essere rapportabile al complesso di interventi volti al recupero della famiglia d'origine. Tale periodo non può superare la durata di ventiquattro mesi ed è prorogabile, dal tribunale per i minorenni, qualora la sospensione dell'affidamento rechi pregiudizio al minore.

4. Identico.

4. Identico.

5. L'affidamento familiare cessa con provvedimento della stessa autorità che lo ha disposto, valutato l'interesse del minore, quando sia venuta meno la situazione di difficoltà temporanea della famiglia d'origine che lo ha determinato, ovvero nel caso in cui la prosecuzione di esso rechi pregiudizio al minore.

5. Identico.

5. Identico.

 

5-bis. Qualora, in ragione di un prolungato periodo di affidamento, il minore dichiarato adottabile risulti unito alla famiglia affidataria da un rapporto stabile e duraturo e da un legame affettivo significativo, la famiglia affidataria è valutata preferenzialmente ai fini adottivi. In tali casi è comunque tutelata, se rispondente all'interesse del minore, la continuità delle positive relazioni consolidatesi durante l'affidamento.

5-bis. Ove l'affidamento di un minore si risolva in una dichiarazione di adottabilità, a causa del mancato recupero della famiglia d'origine, i rapporti instauratisi nel frattempo tra il minore affidato e i membri della famiglia affidataria devono essere protetti, favorendo la permanenza del minore stesso presso la famiglia che lo ha in affidamento e che è valutata preferenzialmente ai fini adottivi, nel rispetto dei requisiti di cui all'articolo 6. La continuità delle relazioni positive consolidatesi nel corso dell'affidamento deve essere in qualsiasi caso sempre protetta, tenendo conto delle forme e dei modi indicati dai servizi sociali e adeguati alle circostanze specifiche.

6. Il giudice tutelare, trascorso il periodo di durata previsto, ovvero intervenute le circostanze di cui al comma 5, sentiti il servizio sociale locale interessato ed il minore che ha compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento, richiede, se necessario, al competente tribunale per i minorenni l'adozione di ulteriori provvedimenti nell'interesse del minore.

6. Identico.

6. Identico.

7. Le disposizioni del presente articolo si applicano, in quanto compatibili, anche nel caso di minori inseriti presso una comunità di tipo familiare o un istituto di assistenza pubblico o privato.

7. Identico.

7. Identico.

 

Entrambe le proposte di legge – seppur con formulazioni diverse - stabiliscono che laddove sia accertata l’impossibilità di recuperare il rapporto tra il minore e la famiglia d’origine e sia dunque dichiarata l’adottabilità, la domanda di adozione legittimante presentata dalla famiglia affidataria debba essere valutata con preferenza su tutte le altre.

Se però l’A.C. 3854 afferma esplicitamente che occorre che la famiglia affidataria sia in possesso di tutti i requisiti richiesti dalla legge per l’adozione legittimante (art. 6), e dunque esclude che una corsia preferenziale possa essere riconosciuta alla persona singola già affidataria del minore, l’A.C. 3459 non contiene alcuna precisazione al riguardo.

Entrambe le proposte prevedono che comunque anche in questa fase occorra preservare i rapporti già instaurati dal minore con la famiglia affidataria, garantendo una continuità di relazioni.

 

La sola proposta di legge C. 3854 (Savino e altri) interviene (con la lettera b), sul comma 1 dell’art. 5 della legge n. 184, che riguarda i diritti e doveri dell’affidatario, garantendo alla famiglia o alla persona cui sia stato affidato il minore la legittimazione ad agire e ad intervenire nei procedimenti che riguardano il minore, a tutela tanto dell’interesse proprio, quanto di quello del minore.

 

Normativa vigente

A.C. 3854
(Savino e altri)

Legge 4 maggio 1983, n. 184
Diritto del minore ad una famiglia

Articolo 5

1. L'affidatario deve accogliere presso di sé il minore e provvedere al suo mantenimento e alla sua educazione e istruzione, tenendo conto delle indicazioni dei genitori per i quali non vi sia stata pronuncia ai sensi degli articoli 330 e 333 del codice civile, o del tutore, ed osservando le prescrizioni stabilite dall'autorità affidante. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell' articolo 316 del codice civile. In ogni caso l'affidatario esercita i poteri connessi con la potestà parentale in relazione agli ordinari rapporti con la istituzione scolastica e con le autorità sanitarie. L'affidatario deve essere sentito nei procedimenti civili in materia di potestà, di affidamento e di adottabilità relativi al minore affidato.

1. L'affidatario deve accogliere presso di sé il minore e provvedere al suo mantenimento e alla sua educazione e istruzione, tenendo conto delle indicazioni dei genitori per i quali non vi sia stata pronuncia ai sensi degli articoli 330 e 333 del codice civile, o del tutore, ed osservando le prescrizioni stabilite dall'autorità affidante. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell' articolo 316 del codice civile. In ogni caso l'affidatario esercita i poteri connessi con la potestà parentale in relazione agli ordinari rapporti con la istituzione scolastica e con le autorità sanitarie. L'affidatario deve essere sentito nei procedimenti civili in materia di potestà, di affidamento e di adottabilità relativi al minore affidato ed è legittimato ad agire e a intervenire in qualsiasi stato e grado del giudizio nell'interesse proprio e di quello che ritiene essere l'interesse del minore, presentando memorie, istanze o ricorso impugnabile e ricevendo notifica degli atti del processo.

2. Il servizio sociale, nell'àmbito delle proprie competenze, su disposizione del giudice ovvero secondo le necessità del caso, svolge opera di sostegno educativo e psicologico, agevola i rapporti con la famiglia di provenienza ed il rientro nella stessa del minore secondo le modalità più idonee, avvalendosi anche delle competenze professionali delle altre strutture del territorio e dell'opera delle associazioni familiari eventualmente indicate dagli affidatari.

2. Identico.

3. Le norme di cui ai commi 1 e 2 si applicano, in quanto compatibili, nel caso di minori ospitati presso una comunità di tipo familiare o che si trovino presso un istituto di assistenza pubblico o privato.

3. Identico.

4. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'àmbito delle proprie competenze e nei limiti delle disponibilità finanziarie dei rispettivi bilanci, intervengono con misure di sostegno e di aiuto economico in favore della famiglia affidataria.

4. Identico.

 

Con riferimento all’articolo 1, comma 1, lett. b), dell’AC 3854, che novella l’articolo 5 della legge n. 184 del 1983, occorre chiarire la nozione di “ricorso impugnabile”.

 

La sola proposta C. 3854 (Savino e altri), con la lettera c), novella l’art. 22 della legge n. 184, relativo all’affidamento preadottivo e dunque alla prima fase del procedimento di adozione, nella quale viene effettuato l’abbinamento tra il minore e la famiglia che ha presentato domanda di adozione.

 

Normativa vigente

A.C. 3854
(Savino e altri)

Legge 4 maggio 1983, n. 184
Diritto del minore ad una famiglia

Articolo 22

1. Coloro che intendono adottare devono presentare domanda al tribunale per i minorenni, specificando l'eventuale disponibilità ad adottare più fratelli ovvero minori che si trovino nelle condizioni indicate dall'articolo 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, concernente l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate. È ammissibile la presentazione di più domande anche successive a più tribunali per i minorenni, purché in ogni caso se ne dia comunicazione a tutti i tribunali precedentemente aditi. I tribunali cui la domanda è presentata possono richiedere copia degli atti di parte ed istruttori, relativi ai medesimi coniugi, agli altri tribunali; gli atti possono altresì essere comunicati d'ufficio. La domanda decade dopo tre anni dalla presentazione e può essere rinnovata.

1. Identico.

 

1-bis. Ove l'affidatario abbia i requisiti di cui all'articolo 6 può presentare domanda di adozione del minore affidato.

2. In ogni momento a coloro che intendono adottare devono essere fornite, se richieste, notizie sullo stato del procedimento.

2. Identico.

3. Il tribunale per i minorenni, accertati previamente i requisiti di cui all'articolo 6, dispone l'esecuzione delle adeguate indagini di cui al comma 4, ricorrendo ai servizi socio-assistenziali degli enti locali singoli o associati, nonché avvalendosi delle competenti professionalità delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere, dando precedenza nella istruttoria alle domande dirette all'adozione di minori di età superiore a cinque anni o con handicap accertato ai sensi dell'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.

3. Identico.

4. Le indagini, che devono essere tempestivamente avviate e concludersi entro centoventi giorni, riguardano in particolare la capacità di educare il minore, la situazione personale ed economica, la salute, l'ambiente familiare dei richiedenti, i motivi per i quali questi ultimi desiderano adottare il minore. Con provvedimento motivato, il termine entro il quale devono concludersi le indagini può essere prorogato una sola volta e per non più di centoventi giorni.

4. Identico.

5. Il tribunale per i minorenni, in base alle indagini effettuate, sceglie tra le coppie che hanno presentato domanda quella maggiormente in grado di corrispondere alle esigenze del minore.

5. Il tribunale per i minorenni, in base alle indagini effettuate, sceglie tra le coppie che hanno presentato domanda quella maggiormente in grado di corrispondere alle esigenze del minore; qualora il minore provenga da un affidamento, deve essere data la precedenza alla famiglia già affidataria che ha fatto richiesta di adozione.

6. Il tribunale per i minorenni, in camera di consiglio, sentiti il pubblico ministero, gli ascendenti dei richiedenti ove esistano, il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento, omessa ogni altra formalità di procedura, dispone, senza indugio, l'affidamento preadottivo, determinandone le modalità con ordinanza. Il minore che abbia compiuto gli anni quattordici deve manifestare espresso consenso all'affidamento alla coppia prescelta.

6. Identico.

7. Il tribunale per i minorenni deve in ogni caso informare i richiedenti sui fatti rilevanti, relativi al minore, emersi dalle indagini. Non può essere disposto l'affidamento di uno solo di più fratelli, tutti in stato di adottabilità, salvo che non sussistano gravi ragioni. L'ordinanza è comunicata al pubblico ministero, ai richiedenti ed al tutore. Il provvedimento di affidamento preadottivo è immediatamente, e comunque non oltre dieci giorni, annotato a cura del cancelliere a margine della trascrizione di cui all'articolo 18.

7. Identico.

8. Il tribunale per i minorenni vigila sul buon andamento dell'affidamento preadottivo avvalendosi anche del giudice tutelare e dei servizi locali sociali e consultoriali. In caso di accertate difficoltà, convoca, anche separatamente, gli affidatari e il minore, alla presenza, se del caso, di uno psicologo, al fine di valutare le cause all'origine delle difficoltà. Ove necessario, dispone interventi di sostegno psicologico e sociale.

8. Identico.

 

In particolare, con l’inserimento di un ulteriore comma (1-bis), la proposta di legge conferma che anche l’affidatario può presentare domanda di adozione legittimante, soltanto se in possesso dei requisiti richiesti dall’art. 6 della legge (v. sopra). Il successivo intervento, sul comma 5, ribadisce quanto già previsto dall’art. 4 e dunque attribuisce un diritto di precedenza alla famiglia già affidataria che presenti domanda di adozione.

 

Entrambe le proposte di legge infine intervengono sull’art. 44 della legge n. 184, relativo all’adozione in casi particolari (cfr. A.C. 3459, art. 1, comma 2; A.C. 3854, art. 1, comma 1, lett. d)).

 

Normativa vigente

A.C. 3459
(Vassallo, Pes)

A.C. 3854
(Savino e altri)

Legge 4 maggio 1983, n. 184
Diritto del minore ad una famiglia

Articolo 44

1. I minori possono essere adottati anche quando non ricorrono le condizioni di cui al comma 1 dell'articolo 7:

1. Identico:

1. Identico:

a) da persone unite al minore da vincolo di parentela fino al sesto grado o da preesistente rapporto stabile e duraturo, quando il minore sia orfano di padre e di madre;

a) identica;

a) identica;

 

a-bis) dalla famiglia unita al minore da un preesistente rapporto stabile e duraturo e da un legame affettivo significativo maturato nel corso di un protratto periodo di affidamento

a-bis) dalle persone unite al minore da un preesistente rapporto stabile e duraturo o da un solido legame affettivo maturato nel corso di un protratto periodo di affidamento;

b) dal coniuge nel caso in cui il minore sia figlio anche adottivo dell'altro coniuge ;

b) identica;

b) identica;

c) quando il minore si trovi nelle condizioni indicate dall'articolo 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e sia orfano di padre e di madre;

c) identica;

c) identica;

d) quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo.

d) identica.

d) identica.

2. L'adozione, nei casi indicati nel comma 1, è consentita anche in presenza di figli legittimi.

2. Identico.

2. Identico.

3. Nei casi di cui alle lettere a), c), e d) del comma 1 l'adozione è consentita, oltre che ai coniugi, anche a chi non è coniugato. Se l'adottante è persona coniugata e non separata, l'adozione può essere tuttavia disposta solo a seguito di richiesta da parte di entrambi i coniugi.

3. Nei casi di cui alle lettere a), a-bis), c), e d) del comma 1 l'adozione è consentita, oltre che ai coniugi, anche a chi non è coniugato. Se l'adottante è persona coniugata e non separata, l'adozione può essere tuttavia disposta solo a seguito di richiesta da parte di entrambi i coniugi.

3. Identico.

4. Nei casi di cui alle lettere a) e d) del comma 1 l'età dell'adottante deve superare di almeno diciotto anni quella di coloro che egli intende adottare.

4. Identico.

4. Identico.

 

Con l’inserimento della lettera a-bis) entrambe le proposte consentono l’adozione in deroga ai presupposti di cui all’art. 7, comma 1, della legge (dichiarazione di adottabilità) anche alle persone che siano legate al minore da un rapporto stabile e duraturo e/o da un solido legame affettivo maturato nel corso di un periodo di affidamento.

 

La relazione all’AC 3459 spiega che “alcuni tribunali, ma non tutti, interpretano l'affidamento come una delle circostanze nelle quali si può essere formato quel «rapporto stabile e duraturo» di cui parla l'articolo 44 e dunque consentono che l'affidamento, qualora il minore sia rimasto orfano, si trasformi in «adozione in casi speciali»” e aggiunge che la disposizione “mira a dirimere il dilemma, che oggi porta ad interpretazioni giurisprudenziali difformi del citato articolo 44, comma 1, lettera a), della legge n. 184 del 1983, riguardo alla «adozione in casi particolari». Anche qui, mentre si conferma la linea favorevole a considerare positivamente i legami costruiti in ragione dell'affidamento, si specifica che essi hanno rilievo solo ove il rapporto che si è di fatto instaurato, in ragione del protrarsi «anomalo» del periodo di affidamento, abbia di fatto creato una speciale relazione affettiva tra il minore e la famiglia affidataria”. La relazione all’AC 3854 spiega che la proposta di legge intende consentire «la possibilità di adozione in casi particolari nell’ipotesi in cui preesistano duraturi e solidi legami affettivi, non solo quando il minore sia orfano, ma anche quando la famiglia d’origine risulti di fatto assente», senza con questo tuttavia volere introdurre l’adozione per i singoli o l’«adozione mite».

In giurisprudenza, il modello dell’«adozione mite» è stato attuato in via sperimentale dal tribunale per i minorenni di Bari. Esso opera in tutti quei casi in cui: la famiglia del minore è più o meno insufficiente rispetto ai suoi bisogni, ma ha comunque un ruolo attivo e positivo che non è opportuno venga cancellato totalmente; nello stesso tempo, non vi è alcuna ragionevole possibilità di prevedere un miglioramento delle capacità della famiglia, tale da renderla idonea a svolgere il suo compito educativo in modo sufficiente; il minore sostanzialmente abbandonato si trova, oltre al tempo massimo previsto dalla legge, in affidamento familiare per il quale non è possibile un rientro nella famiglia di origine, perdurando lo stato di difficoltà. Tale modello è richiamato anche nel documento conclusivo dell’indagine conoscitiva svolta nella XIV legislatura dalla Commissione infanzia (approvato il 27 ottobre 2004): “Si tratta di un'adozione definibile semplice o non legittimante strutturata per i numerosi casi di semiabbandono permanente in cui la famiglia ha posto in essere nei confronti del minore un rapporto lesivo e gravemente pregiudizievole tale da configurare una situazione di abbandono rilevante per la dichiarazione di adottabilità, alla quale però non si può pervenire per espressa negazione della legge vigente. I criteri di valutazione dello stato di adottabilità di un minore previsti dalla legge 184/83 sono, infatti, molto restrittivi e rispondenti all'esigenza di tutelare primariamente la famiglia di origine, ne è testimonianza il testo riformato dell'articolo 1, comma 2 della medesima legge che espressamente afferma: «Le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la potestà genitoriale non possono essere di ostacolo all'esercizio del diritto del minore alla propria famiglia». La sperimentazione è stata posta in essere a seguito di autorizzazione del Consiglio superiore della magistratura in quei casi in cui il minore sostanzialmente abbandonato si trovi, oltre il tempo massimo previsto dalla legge, in affidamento familiare, e per il quale non è possibile un rientro nella famiglia di origine, perdurando lo stato di difficoltà. In queste ipotesi, valutato, inoltre, che tra il minore e gli affidatari si sia instaurato un solido rapporto affettivo, tale che l'allontanamento possa essere pregiudizievole al minore, si procede, con il consenso di questi ultimi, e dichiarato giudizialmente lo stato di semiabbandono permanente del minore, all'adozione «mite». Questa adozione non interrompe il rapporto di filiazione tra minore e genitore di origine, ma ne aggiunge un secondo, quello con gli adottanti, conseguente all'adozione, cui spetta naturalmente anche la potestà genitoriale. Di tale esperienza è interessante valutarne i risultati relativi al primo anno di attività: di 56 minori deistituzionalizzati, 17 sono rientrati in famiglia, 33 sono stati collocati in affidamento familiare, per 6 si è proceduto all'adozione «mite»”.

 

In entrambe le proposte di legge, a differenza della fattispecie contemplata dalla lettera a) vigente, la lettera a-bis) non richiede che il minore sia orfano; tale forma di adozione potrà quindi applicarsi anche in presenza della famiglia di origine, qualora quest’ultima non sia in grado di far fronte ai bisogni del minore dalle persone unite al minore e sussista un preesistente rapporto stabile e duraturo con la famiglia cui il minore stato affidato per un protratto periodo di tempo.

Le due proposte di legge divergono invece sul punto dell’adozione in casi particolari da parte della famiglia di fatto e della persona singola.

L’A.C. 3459, infatti – inserendo nel comma 3 dell’art. 44 il riferimento alla nuova ipotesi di cui alla lettera a-bis) – consente l’adozione oltre che ai coniugi, anche a chi non è coniugato; diversamente, l’A.C. 3854 non modifica l’attuale formulazione del comma 3 dell’art. 44 che continuerà a consentire l’adozione da parte della famiglia di fatto o della persona singola solo nei casi di cui alle lettere a), c), e d) del comma 1.

 




[1]    Il superamento del ricovero in istituto è stato disposto dalla legge n. 149/2001 che ha richiesto la trasformazione degli istituti in comunità di tipo familiare.

[2]   In proposito la Corte costituzionale, con sentenza (additiva) 1° aprile 1992, n. 148, ha dichiarato l'incostituzionalità dell'articolo 6 nella parte in cui non consente l'adozione di uno o più fratelli in stato di adottabilità quando per uno di essi la differenza di età con gli adottanti supera quaranta anni e dalla separazione dei fratelli deriva ai minori un danno grave per il venir meno della comunanza di vita e di educazione. Successivamente con la sentenza (additiva) 24 luglio 1996, n. 303, la Corte ha dichiarato l'illegittimità del medesimo articolo 6, comma 2, nella parte in cui non prevede che il giudice possa disporre, in via eccezionale, l'adozione, valutando esclusivamente l'interesse del minore, anche se l'età di uno dei coniugi adottanti superi di oltre quaranta anni l'età dell'adottando pur rimanendo la differenza di età compresa in quella ordinariamente intercorrente tra genitori e figli, quando dalla mancata adozione derivi, in ragione della situazione preesistente all'adozione stessa, “un danno grave e non altrimenti evitabile per il minore” (analogamente, C. Cost., sent. n. 349/1998). Nello stesso senso, la Corte costituzionale si è espressa con la sentenza (additiva) del 5 luglio 1999, n. 283, dichiarando l’illegittimità costituzionale della medesima disposizione sopra citata “nella parte in cui non prevede che il giudice possa disporre l’adozione, valutando esclusivamente l’interesse del minore, quando l’età dei coniugi adottanti superi di oltre quarant’anni l’età dell’adottando, pur rimanendo la differenza di età compresa in quella che di solito intercorre tra genitori e figli, se dalla mancata adozione deriva un danno grave e non altrimenti evitabile per il minore”. Infine, la Corte di cassazione ha più volte dato seguito alle indicazioni della Corte costituzionale, censurando la rigidità dei limiti di età tra adottante e adottato. Secondo la Corte tale differenza non deve essere intesa in modo rigido e assoluto, ma nel superiore interesse del minore va tenuta presente la peculiarità del caso concreto (vedi Cass. I sez., sent. 2946 e 3106/1998, 1366/2000 e 2303/2002).

[3]    La domanda decade dopo tre anni dalla presentazione e può essere rinnovata.

[4]    Si segnala al riguardo che la Cortecostituzionale, con sentenza 2 febbraio 1990, n. 44, aveva dichiarato l'incostituzionalità di tale disposizione nella parte in cui, limitatamente ai casi in cui l'adozione sia chiesta dal coniuge per il minore figlio, anche adottivo, dell'altro coniuge, non consente al giudice competente di ridurre il prescritto intervallo di età, quando sussistano validi motivi per la realizzazione dell'unità familiare.

[5]  Per affidamento a singoli, famiglie e parenti si intende l’affidamento residenziale per almeno 5 notti alla settimana, escluso i periodi di interruzione previsti nel progetto di affidamento, disposto dai servizi locali e reso esecutivo dal Tribunale per i minorenni o dal Giudice tutelare.

[6]    Presentato nel Seminario Gruppo Politiche Sociali, Fiuggi, il 19 e 20 maggio 2009 a cura del Coordinamento Tecnico Interregionale per le Politiche Sociali e del CISIS Gruppo di lavoro Politiche Sociali.

[7]    Dato stimato sulla base delle informazioni fornite dalle Regioni e Province autonome. Vedi la tavola 1.1 per le singole specifiche regionali/provinciali.

[8]    Dato stimato sulla base delle informazioni fornite dalle Regioni e Province autonome e di precedenti rilevazioni per Regioni che non abbiano fornito i dati richiesti.

[9]    Tasso di crescita aritmetico.

[10]   Legge 28 marzo 2001, n. 149, "Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, recante «Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori», nonché al titolo VIII del libro primo del codice civile".

[11]   I dati sugli affidamenti dei bambini e ragazzi di 0-21 anni relativi alla Regione Toscana negli anni 2000-2008 avvalorano, ad esempio, questa ipotesi: il numero di affidamenti familiari è, infatti, diminuito nel 2001 (rispetto all’anno precedente), poi è cresciuto di anno in anno fino al 2005. A partire dal 2006, si è verificata, invece, un’alternanza annuale fra incremento/decremento nel numero di affidamenti familiari.

[12]   Fonte: Istat (2003).

[13]   Fonte: Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza.

[14]   Dato mancante degli stranieri in affidamento familiare in Abruzzo, Calabria e Sardegna.

[15]   Dato mancante degli stranieri accolti nei servizi residenziali in provincia di Trento, Calabria e Sicilia.