Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici - A.C. 4041 Schede di lettura e riferimenti normativi
Riferimenti:
AC N. 4041/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 442
Data: 23/02/2011
Descrittori:
CONDOMINIO     
Organi della Camera: II-Giustizia

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Modifiche alla disciplina
del condominio negli edifici

A.C. 4041

Schede di lettura e riferimenti normativi

 

 

 

 

 

 

n. 442

 

 

 

23 febbraio 2011

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Giustizia

( 066760-9148 / 066760-9559 – * st_giustizia@camera.it

 

 

 

 

 

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File: gi0507.doc

 


INDICE

Schede di lettura

Il contenuto del progetto di legge  3

Riferimenti normativi

Codice civile (artt. 1117-1120, 1122, 1124, 1129-1131, 1134, 1136-1138, 2643, 2644 e 2659)47

Codice di procedura civile (art. 23)55

R.D. 16 marzo 1942, n. 267 Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa (art. 111)56

R.D. 30 marzo 1942, n. 318. Disposizioni per l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie. (art. 63, 64, 66-71)57

L. 9 gennaio 1989, n. 13 Disposizioni per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati (art. 2)60

L. 9 gennaio 1991, n. 10. Norme per l'attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia. (art. 26)61

D.L. 23 gennaio 2001, n. 5 Disposizioni urgenti per il differimento di termini in materia di trasmissioni radiotelevisive analogiche e digitali, nonché per il risanamento di impianti radiotelevisivi (art. 2-bis)63

 


Schede di lettura

 


Il contenuto del progetto di legge

Il progetto di legge, approvato in prima lettura dal Senato lo scorso 26 gennaio, mira ad un riordino complessivo della disciplina in materia di condominio dettata dal codice civile.

La necessità di una revisione del quadro normativo sul condominio negli edifici deriva dall’insufficienza della disciplina civilistica, dalla necessità di superamento del concetto di verticalità[1] del condominio e del conseguente adeguamento alle nuove realtà edilizie (villette a schiera, supercondomini), dall’esigenza di cristallizzare normativamente gli indirizzi giurisprudenziali divenuti prevalenti in una massa enorme di contenziosi civili, che la riforma intende contribuire a ridurre in misura significativa.

 

La riforma della normativa sul condominio è da numerose legislature all’esame del Parlamento; in particolare, nella XIV leg. la Commissione giustizia del Senato approvò all'unanimità un testo (AS 622 e abb.-A) il cui iter fu interrotto dalla fine della legislatura e che fu ripreso nelle linee generali dal disegno di legge AS 647 della scorsa legislatura.

 

Tra le novità principali introdotte dalla riforma si segnalano:

§      la esplicita previsione del condominio “orizzontale” (es: villette a schiera) e del cd. supercondominio[2];

§      le nuove maggioranze richieste per la modifica delle destinazioni d’uso delle parti comuni;

§      la procedura urgente per i lavori della messa in sicurezza del condominio in caso di pericolo e l’eventuale intervento cautelare dell’autorità giudiziaria;

§      la disciplina speciale per la realizzazione di interventi di utilità sociale (rimozione barriere architettoniche, risparmio energetico, ecc.);

§      la nuova disciplina relativa all’amministratore (nomina, revoca, attribuzione e doveri) la cui figura esce rafforzata nei poteri a fronte di un ampliamento delle responsabilità connesse alla gestione condominiale;

§      l’introduzione dell’obbligo di polizza di assicurazione per gli atti compiuti dall’amministratore;

§      istituzione del registro degli amministratori presso le Camere di commercio.

 

Al Senato, si è dibattuto in particolare della proposta di trasformare il condominio da ente di gestione a soggetto dotato di personalità giuridica. Ci si è in particolare soffermati sui rischi di simile innovazione che consentirebbe di modificare a maggioranza la proprietà condominiale (si pensi al caso di un solo soggetto che sia proprietario di più della metà di un complesso edilizio con una pluralità di condomini).

Si è preferito, invece, salvaguardare l’assoluta prevalenza dell’autonomia funzionale ed economica delle singole unità abitative intervenendo direttamente sulle regole di gestione del condominio, favorendo la realizzazione di interventi di utilità sociale (in materia di sicurezza, barriere architettoniche e risparmio energetico) e promuovendo la partecipazione diretta dei condomini alle decisioni (attribuendo maggior peso alla maggioranza degli intervenuti in assemblea e limitando il numero delle deleghe possibili).

Al "condominio" quindi la riforma non riconosce piena personalità giuridica, ma una parziale "soggettività" (si pensi ad esempio al fatto che nei confronti dell’ente condominio, infatti, si potranno effettuare trascrizioni nei registri immobiliari, sia a favore che contro).

 

Il provvedimento è composto di 32 articoli che novellano ed integrano la disciplina del codice civile dedicata al condominio negli edifici (Capo II, Titolo VII, Libro Terzo) e le relative norme di attuazione.

 

L’articolo 1 sostituisce l’articolo 1117 del codice civile, dando una definizione più articolata della nozione di «parti comuni» dell’edificio, oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari (piuttosto che, come nel testo vigente, dei diversi piani o porzioni di piani dell’edificio).

 

Normativa vigente

A.C. 4041

Codice civile
Art. 1117
Parti comuni dell’edificio

Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari dei diversi piani o porzioni di piani di un edificio, se il contrario non risulta dal titolo:

Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio, se non risulta il contrario dal titolo, che a pena di nullità deve indicarne l'ulteriore destinazione d'uso, anche se aventi diritto a godimento periodico:

1) il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri maestri, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni d'ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e in genere tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune;

1) tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune, come il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri maestri, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate;

2) i locali per la portineria e per l'alloggio del portiere, per la lavanderia, per il riscaldamento centrale, per gli stenditoi e per altri simili servizi in comune;

2) le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso l'alloggio del portiere, la lavanderia e gli stenditoi;

3) le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere che servono all'uso e al godimento comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli acquedotti e inoltre le fognature e i canali di scarico, gli impianti per l'acqua, per il gas, per l'energia elettrica, per il riscaldamento e simili, fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini.

3) le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all'uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l'energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell'aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche.

 

La nuova formulazione della norma si adegua alle nuove ed estese innovazioni tecnologiche intervenute rispetto all’epoca dell’approvazione del codice civile, che hanno radicalmente trasformato il quadro dei servizi e delle utilità funzionali alle abitazioni. Sono ora esplicitamente compresi nelle parti comuni, tra gli altri, le facciate degli edifici, i parcheggi, gli impianti di condizionamento, quelli per la ricezione radio TV e per l’accesso ad ogni genere di flusso informativo, anche satellitare o via cavo.

Il nuovo art. 1117 richiede, inoltre, espressamente, a pena di nullità, che l'atto che riserva al costruttore (o riservi ad alcuno dei condomini) la proprietà di alcune parti ne specifichi la destinazione d'uso.

 

L’articolo 2 introduce tre nuovi articoli dopo l’articolo 1117 del codice civile, con l’intento di disciplinare la materia dell’uso delle parti comuni che in questi anni ha dato luogo ad un significativo contenzioso civile.

 

In particolare, l’articolo 1117-bis – superando la tradizionale concezione della “verticalità” del condominio - chiarisce l’ambito applicativo della disciplina sul condominio esteso a complessi immobiliari composti da unità unifamiliari nonché ai cd. supercondomini; in tal caso, tuttavia, il complesso abitativo deve però essere realizzato in modo che l’utilizzazione delle unità abitative richieda la fruizione di parti comuni come definite dall’articolo 1117.

La disposizione precisa inoltre la non applicabilità ai condomini delle norme sulle distanze tra gli edifici, con eccezioni legate alle condizioni dei luoghi, tenuto conto dell’amenità, della comodità o di altre qualità dei beni che vi si trovano.

 

Occorrerebbe chiarire se, come sembrerebbe alla luce delle eccezioni previste, l’inapplicabilità della disciplina delle distanze riguardi non solo i condominii in senso stretto, ma anche gli insediamenti di cui al comma 1.

 

Infine, è chiarito il limite della tolleranza all’uso delle parti comuni (art. 1144 c.c.); viene individuato nella comunicazione scritta all’amministratore (o, in mancanza, ai condomini) l’atto che ne prova la cessazione.

 

L’art. 1144 c.c. si limita a prevedere che “gli atti compiuti con l'altrui tolleranza non possono servire di fondamento all'acquisto del possesso”.

Recentemente, Cass. Sez. II, sent. n. 17322 del 23 luglio 2010 ha affermato che “il condomino può usucapire la quota degli altri senza che sia necessaria una vera e propria interversione del possesso; a tal fine, però, non è sufficiente che gli altri condomini si siano astenuti dall'uso del bene comune, bensì occorre allegare e dimostrare di avere goduto del bene stesso attraverso un proprio possesso esclusivo in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui e tale da evidenziare un'inequivoca volontà di possedere "uti dominus" e non più "uti condominus", senza opposizione, per il tempo utile ad usucapire”.

 

L’articolo 1117-ter interviene sulle maggioranze necessarie alla modificazione d’uso e sostituzione delle parti comuni, materia che attualmente rappresenta una percentuale considerevole del contenzioso in materia condominiale.

Attraverso il rinvio al nuovo articolo 1136, quinto comma (introdotto dall’articolo 14), si prevede che le modificazioni delle destinazioni d’uso e la sostituzione delle parti comuni siano deliberate dall’assemblea con:

§      la maggioranza dei “presenti”(ovvero gli intervenuti);

§      almeno i 2/3 del valore dell’edificio ovvero dei millesimi (cfr. art. 14, nuovo art. 1136, comma 5, c.c.).

 

Si chiarisce quindi la non assimilabilità di tale disciplina a quella delle innovazioni di cui all’art. 1120 c.c., per le quali le maggioranze richieste vengono fissate dai nuovi articoli 1120 e 1136 c.c.

 

Nella disciplina vigente, nel senso di prevedere anche per le modificazioni d’uso e la sostituzione delle parti comuni le maggioranze previste per le innovazioni (2/3 del valore dell’edificio e maggioranza dei partecipanti al condominio), cfr. la giurisprudenza meno recente (v. Cass. Sez. II, sent. n. 2585 del 25 marzo 1988).

Secondo Cass. Civile, Sez. II, 14 giugno 2006, n. 13752, per il mutamento della destinazione d’uso di una parte comune è necessaria l'unanimità dei consensi dei partecipanti al condominio. Per la Cassazione “il rispetto del principio generale di cui all’articolo 1102 c.c., e delle conseguenti regole, dettate dall’articolo 1120 c.c., in tema di innovazioni di beni condominiali, nei casi in cui parti del bene comune siano di fatto destinate a uso e comodità esclusiva di singoli condomini, impone al giudice di merito un’indagine diretta all’accertamento di due condizioni:

a) che il bene, nelle parti sia sufficiente a soddisfare anche le potenziali analoghe esigenze dei rimanenti partecipanti alla comunione;

b) che lo stesso, ove tutte tali esigenze venissero soddisfatte, non perderebbe la sua normale ed originaria destinazione, al qual fine sarebbe necessaria l'unanimità dei consensi dei partecipanti”.

 

Per l’assunzione delle deliberazioni in questione, la nuova norma detta nuove modalità di convocazione dell’assemblea (raccomandata o posta elettronica), disciplina i termini (affissione dell’avviso negli spazi comuni almeno 30 gg. prima) nonché gli elementi che essa deve contenere (oggetto della deliberazione, specificazione delle parti comuni da modificare o sostituire, modalità esecutive degli interventi proposti).

Per la deliberazione assunta dall’assemblea è richiesta, a pena di nullità (art. 1117-ter, ultimo comma), la forma dell’atto pubblico.

 

Il successivo articolo 1117-quater detta una specifica procedura per la tutela contro eventuale attività contraria alle destinazioni d’uso da parte del singolo condomino.

La tutela può essere attivata:

§      sia in relazione alle parti comuni sia a quelle di proprietà individuale;

§      oltre che dal condomino proprietario anche dal conduttore dell’immobile.

La procedura prevede:

§      la diffida dell’amministratore;

§      in caso di inadempimento, la convocazione dell’assemblea con all’ordine del giorno la richiesta di tutela della destinazione d’uso;

§      la tutela davanti all’autorità giudiziaria (giudice di pace, art. 7, co. 4, c.p.c. ) che può essere attivata anche se sono decorsi inutilmente 30 gg. dalla richiesta all’amministratore senza che sia stata convocata l’assemblea condominiale.

Il giudice in caso di accertata violazione può:

§      ordinare la cessazione dell’attività illecita e la rimessione in pristino delle cose;

§      condannare il condomino, oltre che a risarcire il danno, a pagare al condominio una somma ulteriore commisurata alla gravità del fatto e dei benefici da lui ricavati.

 

L’articolo 3 sostituisce l’articolo 1118 del codice civile, in materia di diritti dei partecipanti sulle parti comuni.

La riformulazione rafforza il vincolo di solidarietà dei condomini verso i terzi.


 

Normativa vigente

A.C. 4041

Codice civile
Art. 1118

Diritti dei partecipanti sulle cose comuni

Diritti dei partecipanti sulle parti comuni

Il diritto di ciascun condomino sulle cose indicate dall'articolo precedente è proporzionato al valore del piano o porzione di piano che gli appartiene, se il titolo non dispone altrimenti.

Il diritto di ciascun condomino sulle parti comuni, salvo che il titolo non disponga altrimenti, è proporzionale al valore dell'unità immobiliare che gli appartiene, tenendo conto delle destinazioni d'uso strutturali e funzionali.

Il condomino non può, rinunziando al diritto sulle cose anzidette, sottrarsi al contributo nelle spese per la loro conservazione

Il condomino non può rinunziare al suo diritto sulle parti comuni, né essere liberato dal vincolo di solidarietà nei confronti dei terzi.

Il condomino non può sottrarsi all'obbligo di contribuire alle spese per la conservazione delle parti comuni, neanche modificando la destinazione d'uso della propria unità immobiliare, salvo quanto disposto da leggi speciali.

Il condomino può rinunciare all'utilizzo dell'impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini. In tal caso il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese di manutenzione straordinaria dell'impianto e per la sua conservazione e messa a norma.

 

Il nuovo art. 1118 valorizza nel calcolo del diritto di ciascun condomino sulle cose comuni la destinazione d’uso strutturale e funzionale della quota posseduta, rafforzando gli obblighi di partecipazione alle spese condominiali.

L’ultimo comma della norma è dedicato alla precisazione delle condizioni, fonte di numerosi contenziosi, che rendono legittimo il distacco del singolo condomino dall’impianto centralizzato di riscaldamento o condizionamento. La disposizione pone come limite al distacco il fatto che da esso derivino squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini e prevede che il rinunziante è tenuto a concorrere esclusivamente al pagamento delle spese di manutenzione straordinaria dell'impianto e per la sua conservazione e messa a norma.

 

In relazione alla ripartizione delle spese per il servizio di riscaldamento la Corte di Cassazione ha affermato che i condomini che abbiano distaccato i propri appartamenti dall'impianto centralizzato di riscaldamento condominiale, mentre non possono sottrarsi alla contribuzione nelle spese per la conservazione dell'impianto stesso, non sono tenuti, invece, alle spese inerenti al suo uso (nella specie, per l'acquisto del gasolio) pur dovendosi far carico della eventuale maggiore spesa sostenuta pro quota dagli altri condomini rispetto al periodo anteriore al distacco (C. 10214/1996; C. 11152/1997). Cfr. anche Cass. 5974/2004 secondo cui il condomino può distaccarsi se prova che dalla rinunzia o dal distacco non derivino né un aggravio di spese per coloro che continuano a fruire del riscaldamento centralizzato, né uno squilibrio termico dell’intero edificio; in tal caso egli è obbligato a pagare solo le spese di conservazione dell’impianto di riscaldamento, mentre è esonerato dal pagamento delle spese per il suo uso.

L’articolo 4 modifica l’articolo 1119 c.c. in materia di indivisibilità del condominio.

 

Normativa vigente

A.C. 4041

Codice civile
Art. 1119
Indivisibilità

Le parti comuni dell'edificio non sono soggette a divisione, a meno che la divisione possa farsi senza rendere più incomodo l'uso della cosa a ciascun condomino.

Le parti comuni dell'edificio non sono soggette a divisione, a meno che le stesse siano state sottratte all'uso comune per effetto di una deliberazione ai sensi dell'articolo 1117-ter se la divisione può avvenire in parti corrispondenti ai diritti di ciascuno, rispettando la destinazione e senza pregiudicare il valore delle unità immobiliari. Si applicano le disposizioni degli articoli 1111 e seguenti.

La novella coordina l testo della norma con l’introduzione nel codice civile del nuovo art. 1117-ter (art. 2 p.d.l.) che ha previsto la disciplina delle modifica delle destinazioni d’uso e sostituzioni delle parti comuni. Ai fini della divisione della parte comune, essa prevede quindi:

§      una preventiva delibera di modifica della destinazione d’uso;

§      la successiva divisione in parti corrispondenti ai diritti di ciascuno, che avviene secondo le norme che disciplinano lo scioglimento della comunione.

La disposizione pone come limite alla divisione l’eventuale pregiudizio al valore delle unità immobiliari e prevede, in ogni caso, il rispetto della destinazione.

L’articolo 5, riformula il primo comma dell’articolo 1120 c.c. in materia di innovazioni che attualmente stabilisce che i condomini, con la maggioranza dei partecipanti al condominio e i 2/3 del valore dell'edificio, possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni.

 

Normativa vigente

A.C. 4041

Codice civile
Art. 1120
Innovazioni

I condomini, con la maggioranza indicata dal quinto comma dell'articolo 1136, possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni.

Salvo che sia altrimenti stabilito dalla legge, i condomini, con la maggioranza indicata dal quarto comma dell'articolo 1136, possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni.

 

Sono valide, se approvate dall'assemblea a maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell'edificio nel rispetto, se del caso, delle disposizioni di cui al secondo, terzo e quarto comma dell'articolo 1117-ter, le deliberazioni che, nel rispetto della normativa di settore, hanno ad oggetto:

          1) le opere e gli interventi volti a migliorare la sicurezza e la salubrità degli edifici e degli impianti;

          2) le opere e gli interventi previsti per eliminare le barriere architettoniche, per il contenimento del consumo energetico degli edifici e per realizzare parcheggi destinati a servizio delle unità immobiliari o dell'edificio;

          3) l'installazione di impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino alla diramazione per le singole utenze.

 

L'amministratore è tenuto a convocare l'assemblea entro trenta giorni dalla richiesta anche di un solo condomino interessato all'adozione delle deliberazioni di cui al precedente comma. La richiesta deve contenere l'indicazione del contenuto specifico e delle modalità di esecuzione degli interventi proposti. In mancanza, l'amministratore deve invitare senza indugio il condomino proponente a fornire le necessarie integrazioni.

Sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino.

 

 

Per innovazioni si intendono tutte le opere che modificano completamente o in parte la cosa comune, alterandone la consistenza, la destinazione e, di conseguenza, il godimento da parte dei singoli partecipanti al condominio; per innovazione in senso tecnico-giuridico deve intendersi quindi non qualsiasi mutamento o modificazione della cosa comune, ma solamente quella modificazione materiale che ne alteri o ne muti la destinazione originaria; le modificazioni, invece, mirano soltanto a potenziare o a rendere più comodo il godimento della cosa comune e ne lasciano immutate la consistenza e la destinazione, in modo da non turbare gli interessi concorrenti dei condomini.

 

Sulla distinzione tra innovazioni e modificazioni, Cass. civ., sez. II, 23 ottobre 1999, n. 11936 ha precisato che questa «si ricollega all'entità e qualità dell'incidenza della nuova opera sulla consistenza e sulla destinazione della cosa comune, nel senso che per innovazione in senso tecnico-giuridico deve intendersi non qualsiasi mutamento o modificazione della cosa comune, ma solamente quella modificazione materiale che ne alteri l'entità sostanziale o ne muti la destinazione originaria, mentre le modificazioni che mirano a potenziare o a rendere più comodo il godimento della cosa comune e ne lasciano immutate la consistenza e la destinazione, in modo da non turbare i concorrenti interessi dei condomini, non possono definirsi innovazioni nel senso suddetto».

 

L’art. 1136 c.c. prevede attualmente che le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni previste dal primo comma dell'articolo 1120 devono essere sempre approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e i 2/3 del valore dell'edificio. Esso, inoltre, con disposizione che non viene riprodotta nel nuovo testo, pone un divieto generale di apportare le innovazioni che incidono sulla stabilità o sulla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino .

La nuova disposizione prevede:

§      da un lato, quorum meno severi sia per l’approvazione delle innovazioni in genere (maggioranza degli intervenuti all’assemblea e metà del valore dell’edificio) sia per le innovazioni di interesse “sociale” (maggioranza degli intervenuti e 1/3 del valore dell’edificio): sicurezza e salubrità degli edifici e degli impianti, abbattimento di barriere architettoniche, contenimento consumi energetici, parcheggi, installazione impianti centralizzati radiotelevisivi e telematici;

§      dall’altro, un nuovo e più stringente iter di convocazione dell’assemblea da parte dell’amministratore (anche su richiesta di un solo condomino).

 

L’articolo 6 sostituisce l’articolo 1122 del codice civile.

 

Normativa vigente

A.C. 4041

Codice civile
Art. 1122

Opere sulle parti dell'edificio di proprietà comune

Opere su parti di proprietà o uso individuale

Ciascun condomino, nel piano o porzione di piano di sua proprietà, non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni dell'edificio.

Nell'unità immobiliare di sua proprietà ovvero nelle parti comuni di cui si sia riservata la proprietà o l'uso individuale, ciascun condomino non può eseguire opere o modifiche ovvero variare la destinazione d'uso indicata dal titolo, benché consentite dalle norme di edilizia, se ne derivi danno alle parti comuni o individuali o notevole diminuzione di godimento o valore di esse, ovvero pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell'edificio.

 

In ogni caso è data preventiva notizia all'amministratore che ne riferisce all'assemblea.

 

In mancanza di dettagliate informazioni sul contenuto specifico e sulle modalità di esecuzione, l'amministratore può, previa diffida, rivolgersi all'autorità giudiziaria che provvede in via d'urgenza ai sensi dell'articolo 1171.

 

La nuova disposizione pone alcuni limiti alle opere su parti in proprietà o uso individuale (oltre che alle variazioni della destinazione d’uso indicata nel titolo, anche se consentite dalle norme edilizie), confermando il limite del danno alle parti comuni e prevedendo i seguenti ulteriori limiti:

§         danno alle parti individuali;

§         diminuzione del loro godimento o valore;

§         pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza e al decoro architettonico dell’edificio.

 

L’amministratore deve in ogni caso essere avvisato prima dell’avvio dei lavori ai fini della relativa comunicazione in assemblea; in mancanza di informazioni sui lavori, specifici poteri (di diffida e azione in sede giudiziaria) sono riservati all’amministratore.

L’articolo 7 della p.d.l. aggiunge due nuove disposizioni dopo l’articolo 1122.

§      con l’articolo 1122-bis (Interventi urgenti a tutela della sicurezza degli edifici) viene stabilito il divieto di realizzare o mantenere nelle parti comuni o nelle unità immobiliari di proprietà individuale impianti od opere che violino la normativa sulla sicurezza degli edifici; la norma concede penetranti poteri all’amministratore ai fini dell’imposizione al condomino del rispetto delle disposizioni di sicurezza (è sufficiente il “ragionevole sospetto” della violazione), anche nel caso in cui venga esibita la relativa documentazione amministrativa (collaudo, dichiarazione di conformità, ecc.): in una prima fase è previsto l’accesso alle parti dell’edificio in questione con il supporto di un tecnico; quest’ultimo redige una relazione sulla base della quale, in caso di accertato pericolo, sono presi dall’assemblea gli opportuni provvedimenti, fatto salvo l’intervento dell’autorità giudiziaria eventualmente adita in via cautelare. Nel caso in cui, invece, il condomino non consenta l’accesso ai luoghi (o non vi sia accordo sul tecnico da nominare) allo stesso tribunale possono essere chiesti provvedimenti d’urgenza. La norma prevede anche l’ipotesi di richiesta temeraria ovvero il caso di manifesta infondatezza dei sospetti di chi ha chiesto l’intervento dell’amministratore; in tal caso, il richiedente è tenuto: alle spese per le operazioni di accesso e per l’intervento del tecnico; all’eventuale risarcimento del danno; al versamento a favore del proprietario nei cui confronti è stato disposto l’accesso di un’indennità pari al 50 per cento della quota condominiale ordinaria dovuta dal medesimo proprietario (tale quota è determinata sulla base dell’ultimo rendiconto approvato dall’assemblea).

§      L’articolo 1122-ter interviene su una materia frequentemente oggetto una di contenzioso tra i più frequenti ovvero la disciplina delle installazioni di impianti autonomi per la ricezione radiotelevisiva (es: parabole) e di altri flussi informativi.

 

Attualmente il codice civile non contiene una precisa disposizione in materia. La norma di riferimento è l’art. 1102, primo comma (Uso della cosa comune) secondo cui ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa.

Con riguardo ad un edificio in condominio ed all'installazione d'apparecchi per la ricezione di programmi radiotelevisivi, il diritto di collocare antenne televisive è espressamente riconosciuto dagli artt. 1 e 3 della legge 6 maggio 1940, n. 554 e dal Codice delle comunicazioni elettroniche (D.Lgs n. 259 del 2003).

In particolare il cit. art. 209 stabilisce che i proprietari di immobili o di porzioni di immobili non possono opporsi alla installazione sulla loro proprietà di antenne appartenenti agli abitanti dell'immobile stesso destinate alla ricezione dei servizi di radiodiffusione e per la fruizione dei servizi radioamatoriali.

Le antenne, i relativi sostegni, cavi ed accessori non devono in alcun modo impedire il libero uso della proprietà, secondo la sua destinazione, né arrecare danno alla proprietà medesima od a terzi

La giurisprudenza conferma la libertà d’installazione di antenne o parabole sul terrazzo condominiale e la conseguente impossibilità di opporsi da parte dell’assemblea condominiale con gli unici limiti consistenti, da un lato, nel fatto che l’impianto non impedisca in alcun modo il libero uso della proprietà, secondo la sua destinazione, né arrechi danno alla proprietà medesima o a terzi (Cass. civ., sez. II, 21 agosto 2003, n. 12295); dall’altro, nell’'impossibilità per l'utente di servizi radiotelevisivi di utilizzare spazi propri, giacché altrimenti sarebbe ingiustificato il sacrificio imposto ai proprietari (Cass. Sez. II, sent. n. 9393 del 6 maggio 2005).

L’art. 1122-ter riconosce il diritto individuale del condomino alla ricezione radio-TV con impianti individuali satellitari o via cavo, ne conferma la libera realizzazione – senza previo voto dell’assemblea – precisando l’obbligo di arrecare il minor pregiudizio possibile alle parti comuni e agli immobili di proprietà di altri condomini e prevede che, per la progettazione e l’esecuzione dell’impianto, i condomini debbono lasciare libero accesso alle loro proprietà individuali. Sostanzialmente l’intervento dell’assemblea condominiale è richiesto (la maggioranza necessaria è la metà + 1 degli intervenuti e 2/3 dei millesimi, cfr. art. 1136, quinto comma, art. 14 p.d.l.) soltanto quando siano necessarie modifiche alle parti comuni; in tal caso possono essere ordinate modifiche al progetto iniziale e richiesta garanzia per eventuali danni.

L’articolo 8 novella gli articoli 1124 “Manutenzione e ricostruzione delle scale” e 1126 “Lastrici solari di uso esclusivo” sostanzialmente adeguandone la formulazione ai diritti dei partecipanti sulle parti comuni di cui all’art. 1118 (v. art. 3).

 

Normativa vigente

A.C. 4041

Codice civile
Art. 1124

Manutenzione e ricostruzione delle scale

Manutenzione e ricostruzione delle scale e degli ascensori

Le scale sono mantenute e ricostruite dai proprietari dei diversi piani a cui servono. La spesa relativa è ripartita tra essi, per metà in ragione del valore dei singoli piani o porzioni di piano, e per l'altra metà in misura proporzionale all'altezza di ciascun piano dal suolo.

Le scale e gli ascensori sono mantenuti e ricostruiti dai proprietari delle unità immobiliari a cui servono. La spesa relativa è ripartita tra essi, per metà in ragione del valore delle singole unità immobiliari e per l'altra metà in misura proporzionale all'altezza di ciascun piano dal suolo.

Al fine del concorso nella metà della spesa, che è ripartita in ragione del valore, si considerano come piani le cantine, i palchi morti, le soffitte o camere a tetto e i lastrici solari, qualora non siano di proprietà comune.

Identico.

 

 

 

Con la novella all’articolo 1124 (che viene rubricato”Manutenzione e ricostruzione delle scale e degli ascensori”) la riforma sancisce la piena equiparazione - già riconosciuta dalla giurisprudenza - tra scale ed ascensori.

 

In proposito, nella giurisprudenza di merito, si segnala T. Parma 29.9.1994, secondo cui gli interventi di adeguamento dell'ascensore alla normativa CEE, essendo diretti al conseguimento di obiettivi di sicurezza della vita umana e incolumità delle persone, onde proteggere efficacemente gli utenti e i terzi, non attengono all'ordinaria manutenzione dello stesso o al suo uso e godimento, bensì alla straordinaria manutenzione, riguardando l'ascensore nella sua unità strutturale; le relative spese devono quindi essere sopportate da tutti i condomini, in ragione dei rispettivi millesimi di proprietà, compresi i proprietari degli appartamenti siti al piano terra.

 

La novella non sembra incidere sul caso dell’installazione ex novo dell'ascensore nell'edificio condominiale, le cui spese sono ripartite secondo il criterio dell'art. 1123 c.c. (relativo alle innovazioni) in misura proporzionale ai millesimi posseduti (tra le altre, v. Cass. Sez. II, sentenza n. 165 del 10 gennaio 1996). Trattandosi di innovazione gravosa, tuttavia, i condomini che non intendono usufruire dell’ascensore sono esonerati da ogni contributo alla spesa (art. 1121, comma 1).

 

Ai sensi del nuovo art. 1136 c.c. (v. art. 14 pd.l.), la maggioranza richiesta per l’installazione ex novo dell'ascensore dovrebbe diventare quella costituta dalla maggioranza degli intervenuti all’assemblea ed almeno la metà del valore dei millesimi (attualmente servono almeno i 2/3, v. da ultimo, Cass, sez. II, sentenza 8 Ottobre 2010 n. 20902.).

 

Il novellato articolo 1126 prevede, invece, una nuova ripartizione delle spese in materia di lastrici solari ad uso esclusivo.

 

Normativa vigente

A.C. 4041

Codice civile
Art. 1126
Lastrici solari di uso esclusivo

Quando l'uso dei lastrici solari o di una parte di essi non è comune a tutti i condomini, quelli che ne hanno l'uso esclusivo sono tenuti a contribuire per un terzo nella spesa delle riparazioni o ricostruzioni del lastrico: gli altri due terzi sono a carico di tutti i condomini dell'edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve, in proporzione del valore del piano o della porzione di piano di ciascuno

Quando l'uso dei lastrici solari o di una parte di essi non sia comune a tutti i condomini, quelli che ne hanno l'uso esclusivo sono tenuti a contribuire per un terzo nella spesa delle riparazioni o ricostruzioni del lastrico: gli altri due terzi sono a carico di tutti i condomini, in proporzione al valore dell'unità immobiliare di ciascuno

 

La nuova formulazione prevede che le spese di riparazione del lastrico solare, fermo restando il terzo a carico di chi ne ha l’uso esclusivo, sono per i rimanenti due terzi a carico di tutti i condomini in proporzione ai millesimi, e non più a carico dei soli condomini la cui unità immobiliare è coperta dal lastrico.

 

Nella disciplina vigente, la giurisprudenza ha chiarito che i due terzi della stessa spesa sono a carico dei proprietari dei piani o porzioni di piano sottostanti, ai quali il lastrico o la terrazza servano da copertura (v. tra la altre, Cass. Sez. II, sent. n. 11029 del 15 luglio 2003).

 

Gli articoli 9 e 10 della proposta di legge riguardano specificatamente l’amministratore del condominio

 

L'amministratore di condominio – per costante giurisprudenza - configura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza,con la conseguente applicazione, nei rapporti tra l’amministratore e ciascuno dei condomini, delle disposizioni sul mandato(Cass. SS.UU. sentenza n. 9148/08).

Il codice civile (art. 1130) prevede espressamente le attribuzioni dell'amministratore nell'ambito del mandato conferitogli e che egli deve espletare.

 

L’articolo 9 novella l’articolo 1129 del codice civile ora nuovamente rubricato “Nomina, revoca e obblighi dell’amministratore”.

 

L’art. 1129 (Nomina e revoca dell'amministratore) prevede che quando i condomini sono più di quattro, l'assemblea nomina un amministratore. Se l'assemblea non provvede, la nomina è fatta dall'autorità giudiziaria, su ricorso di uno o più condomini.

L'amministratore dura in carica un anno e può essere revocato in ogni tempo dall'assemblea. Può altresì essere revocato dall'autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, oltre che nel caso previsto dall'ultimo comma dell'articolo 1131, se per due anni non ha reso il conto della sua gestione, ovvero se vi sono fondati sospetti di gravi irregolarità. La nomina e la cessazione per qualunque causa dell'amministratore dall'ufficio sono annotate in apposito registro.

 

Il nuovo articolo 1229, che si compone di 13 commi, prevede numerose novità. Tra le principali si segnalano:

§      l’introduzione, in capo all’amministratore, di una serie di specifici obblighi da assolvere (in particolare, comunicazione di dati anagrafici, professionali e fiscali, obbligo di pubblicità della documentazione amministrativa condominiale, affissione nel condominio del nome, recapito e numeri telefonici dell’amministratore) a fini di trasparenza, verifica della qualifica professionale e controllo del suo operato;

§      l’obbligo per l’amministratore (ma solo ove richiesto) di presentare -  all’atto dell’accettazione della nomina - una polizza di assicurazione a garanzia degli atti compiuti nell’espletamento del suo mandato; i massimali della polizza vanno adeguati in caso di lavori straordinari;

§      apertura di un c/c bancario o postale a nome del condominio sul quale movimentare in via esclusiva le somme ricevute o erogate per conto del condominio stesso; possibilità di tracciabilità e controllo da parte del singolo condomino;

§      l’obbligo di agire con richiesta di decreto ingiuntivo, entro 4 mesi dalla data di esigibilità, per la riscossione forzosa delle quote condominiali, fatta salva l’espressa dispensa ottenuta dall’assemblea; l’amministratore risponde dei danni a lui imputabili per il ritardo;

§      raddoppio (da uno a due anni) della durata in carica dell’amministratore;

§      l’allargamento e tipizzazione dei gravi motivi alla base della revoca dell’incarico, anche in relazione alle novelle introdotte dalla p.d.l. alla disciplina del condominio; tra le numerose ipotesi di revoca (comma 12), si segnalano l’omissione del rendiconto di gestione per un solo anno (attualmente 2 anni), la mancata apertura del conto del condominio, l’inerzia nella riscossione forzosa delle quote condominiali e nel far rispettare agli obblighi di sicurezza di cui all’art. 1222-bis (v. art. 7, p.d.l.).

 

L’articolo 10 della proposta in esame integra la formulazione dell’articolo 1130 del codice civile, in materia di attribuzioni dell’amministratore.

 

L’art. 1130 prevede le attuali attribuzioni dell'amministratore.

L'amministratore deve:

1) eseguire le deliberazioni dell'assemblea dei condomini e curare l'osservanza del regolamento di condominio;

2) disciplinare l'uso delle cose comuni e la prestazione dei servizi nell'interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a tutti i condomini;

3) riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni;

4) compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio.

Egli, alla fine di ciascun anno, deve rendere il conto della sua gestione.

 

La novella articola detti obblighi, introducendone di nuovi con finalità di controllo dell’operato dell’amministratore.

Come novità, si segnalano la ”esplicita” previsione delle seguenti attribuzioni dell’amministratore:

§      l’esecuzione degli adempimenti fiscali;

 

Si tratta dell'obbligo di tenuta della contabilità e di rispondere a eventuali richieste degli Uffici finanziari in relazione a dati, notizie e documenti relativi alla gestione condominiale, ex art 32, comma 1, n. 8-ter, dello stesso D.P.R. 600/1973; di comunicare annualmente all'anagrafe tributaria l'ammontare dei beni e servizi acquistati dal condominio e i dati identificativi dei relativi fornitori, ex art. 7, comma 9, D.P.R. 605/1973; dell’obbligo di ritenuta d’acconto Irpef sui pagamenti effettuati dal condominio nonché sui compensi professionali percepiti dallo stesso amministratore, ex art. 23 e 25 DPR 600/1973; dell’obbligo di presentazione del modello 770 che è la dichiarazione unica con la quale i sostituti di imposta denunciano all’Agenzia delle Entrate competente le somme e i valori soggetti a ritenuta alla fonte nonché i contributi previdenziali (INPS) e assicurativi (INAIL) versati nel periodo d’imposta.

 

§      la tenuta di due nuovi registri obbligatori:

-       il registrodell’anagrafe condominiale contenente tutti i dati anagrafici e fiscali dei condomini, la sussistenza di eventuali diritti reali e di godimento nonché i dati catastali delle singole unità immobiliari;

-       il registro di contabilità(anche informatico) dove sono annotati, entro 7 gg., movimenti di cassa sul conto corrente dedicato al condominio;

 

Il registro del verbale delle assemblee, (cui andrebbe, ora, allegato il regolamento di condominio, in quanto adottato) ed il registro di nomina e revoca dell’amministratore (che dovrebbe, ora, contenere le relative variazioni cronologiche e gli estremi di eventuali decreti giudiziari di nomina e revoca) sono documenti di cui è già prevista l’esistenza e la tenuta da parte dell’amministratore ai sensi, rispettivamente, dell’art. 1136, u.c. e dall’art. 1129, ultimo comma.

 

§      la conservazione di tutta la documentazione inerente la gestione del condominio ed i rapporti con i singoli condomini;

§      l’affissione negli spazi comuni della convocazione dell’assemblea per modificazioni delle destinazioni d’uso o sostituzione delle parti comuni del condominio (art. 1117-ter);

§      la consegna al condomino che ne faccia richiesta dell’attestazione dei pagamenti degli oneri condominali e delle eventuali liti in corso;

§      dopo la redazione del rendiconto annuale della gestione (nelle nuove forme di cui all’art. 1130-bis), la convocazione dell’assemblea entro 180 gg. per l’approvazione (si segnala che tale obbligo è contemplato sia nel n. 1 dell’articolo 1130 sia nel n. 11).

 

L’articolo 11 aggiunge al codice civile il richiamato art. 1130-bis relativo al rendiconto condominiale.

La nuova disposizione mira ad assicurare maggiore trasparenza nella gestione contabile dell’amministratore.

 

Secondo la giurisprudenza (v. Cass, Sez. II, sent. n. 1405 del 23 gennaio 2007), attualmente non è necessario che la contabilità sia tenuta dall'amministratore “con rigorose forme analoghe a quelle previste per i bilanci delle società, essendo invece sufficiente che essa sia idonea a rendere intellegibile ai condomini le voci di entrata e di spesa, con le quote di ripartizione; né si richiede che queste voci siano trascritte nel verbale assembleare, ovvero siano oggetto di analitico dibattito ed esame alla stregua della documentazione giustificativa, in quanto rientra nei poteri dell'organo deliberativo la facoltà di procedere sinteticamente all'approvazione stessa, prestando fede ai dati forniti dall'amministratore alla stregua della documentazione giustificativa”.

 

L’art. 1130-bis prevede ora un rendiconto condominiale annuale redatto in base a criteri di competenza e che deve contenere una serie di specifiche voci contabili indispensabili alla ricostruzione e al controllo della gestione dell’amministratore da parte di ogni condomino. In particolare, si prevedono come elementi imprescindibili del rendiconto:

§      il registro di contabilità,

§      il riepilogo finanziario;

§      una relazione accompagnatoria, esplicativa della gestione annuale.

L’assemblea – che delibera sul rendiconto a maggioranza degli intervenuti e con la maggioranza dei millesimi (ovvero con la maggioranza necessaria per la nomina e la revoca dell’amministratore) – può anche nominare a fini consultivi e di controllo contabile un consiglio di condominio (se i condomini sono più di 3 e le unità immobiliari più di 14)

 

L’articolo 12 modifica gli articoli 1131 (in materia di rappresentanza del condominio da parte dell’amministratore) e 1133 c.c. (relativo ai provvedimenti presi dall’amministratore).

 

Normativa vigente

A.C. 4041

Art. 1131
Rappresentanza

Nei limiti delle attribuzioni stabilite dall'articolo precedente o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall'assemblea, l'amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi.

Nei limiti delle attribuzioni stabilite dall'articolo 1130 o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall'assemblea, l'amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi. Nell’attuazione delle deliberazioni di cui all’articolo 1117-ter e nell’esecuzione degli atti ad esse relativi, ogni limite o condizione ai poteri di rappresentanza si considera non apposto.

Può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio; a lui sono notificati i provvedimenti dell'autorità amministrativa che si riferiscono allo stesso oggetto.

Identico.

Qualora la citazione o il provvedimento abbia un contenuto che esorbita dalle attribuzioni dell'amministratore, questi è tenuto a darne senza indugio notizia all'assemblea dei condomini.

Identico.

L'amministratore che non adempie a quest'obbligo può essere revocato ed è tenuto al risarcimento dei danni.

Identico.

 

L'amministratore, previa autorizzazione dell'assemblea, è legittimato a consentire la cancellazione delle formalità eseguite nei registri immobiliari a tutela dei diritti del condominio.

 

La novella all’art. 1131 amplia i poteri di rappresentanza dell’amministratore. Si prevede, infatti,

§      l’impossibilità di limitare detto potere in relazione all’attuazione delle rilevanti decisioni dell’assemblea in materia di modifica alle destinazioni d’uso e sostituzione delle parti comuni (art. 1117-ter);

§      il potere di consentire – ove autorizzato dall’assemblea - la cancellazione delle formalità eseguite nei registri immobiliari a tutela dei diritti del condominio.

 

L’articolo 12 in esame aggiunge, poi, un comma all’art. 1133 che disciplina il ricorso al giudice in caso di mancata adozione da parte da parte dell’amministratore di provvedimenti per l’amministrazione delle parti comuni.

 

Normativa vigente

A.C. 4041

Art. 1133
Provvedimenti presi dall'amministratore

I provvedimenti presi dall'amministratore nell'ambito dei suoi poteri sono obbligatori per i condomini. Contro i provvedimenti dell'amministratore è ammesso ricorso all'assemblea, senza pregiudizio del ricorso all'autorità giudiziaria nei casi e nel termine previsti dall'articolo 1137.

Identico.

 

Ove non si prendano provvedimenti per l'amministrazione delle parti comuni, ciascuno dei condomini, previa diffida all'amministratore o in mancanza a tutti gli altri condomini, può ricorrere al tribunale che provvede in camera di consiglio. Il tribunale può anche autorizzare l'esecuzione degli interventi opportuni e la ripartizione delle spese.

 

Il comma aggiunto tipizza la procedura da seguire:

-       una prima fase, consistente in una formale diffida a provvedere rivolta all’amministratore (a tutti i condomini, se l’amministratore manca);

-       una seconda, eventuale, in caso di mancato adempimento, consistente nel ricorso (anche individuale) del condomino al tribunale per gli idonei provvedimenti da adottare in sede camerale (esecuzione degli interventi e ripartizione delle spese tra i condomini).

 

 

L’articolo 13 riformula l’articolo 1134 c.c. - attualmente relativo alle “spese fatte dal condomino” e rubricato ex novo “gestione di iniziativa individuale” –edaggiunge un comma all’art. 1135 in materia di attribuzioni dell’assemblea.

 

Normativa vigente

A.C. 4041

Art. 1134

Spese fatte dal condomino

Gestione di iniziativa individuale

Il condomino che ha fatto spese per le cose comuni senza autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente.

Il condomino che ha assunto la gestione delle parti comuni senza autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente.

 

Se una deliberazione adottata dall'assemblea non viene eseguita, ciascun condomino può diffidare l'amministratore o, in mancanza, il condomino eventualmente incaricato. Decorsi inutilmente trenta giorni dalla diffida, egli può intraprendere l'esecuzione della deliberazione ineseguita. Se entro tale termine l'amministratore si oppone per iscritto all'iniziativa del condomino, questi può chiedere l'autorizzazione del tribunale che, sentite le parti, provvede in via d'urgenza, disponendo anche in ordine alle modalità di esecuzione ed alle relative spese.

 

Il primo comma del nuovo art. 1134 c.c. conferma, nella sostanza, il contenuto della norma vigente relativa all’esclusione del diritto al rimborso per le spese fatte dal condomino; nella nuova formulazione prevede, tuttavia, anziché il riferimento al “condomino che ha fatto spese per le cose comuni” quello, più ampio, al “condomino che ha assunto la gestione delle cose comuni”.

Il nuovo art. 1134 contiene, inoltre, un secondo comma che disciplina in maniera più puntuale l’iniziativa individuale del condomino a tutela dell’effettività delle deliberazioni dell’assemblea, parzialmente ricalcando la sopradescritta procedura (diffida-ricorso al giudice) di cui all’art. 1133.

La procedura da seguire dal condomino prevede che:

§      ogni condomino possa diffidare l’amministratore (o altro condomino incaricato all’esecuzione) a dare attuazione alla delibera;

§      se questi, entro 30 gg. dalla diffida, fa opposizione per iscritto il condomino può ricorrere al tribunale che, sentite le parti, provvede in via d’urgenza anche sulle modalità di esecuzione e sulle spese;

§      se i 30 gg. trascorrono, invece, senza esito, il condomino può dar corso personalmente all’esecuzione in via sostitutiva.

 

Il secondo comma dell’articolo 13 interviene sull’art. 1135 c.c. in materia di attribuzioni dell’assemblea condominiale.

 

Normativa vigente

A.C. 4041

Art. 1135
Attribuzioni dell'assemblea dei condomini

Oltre a quanto è stabilito dagli articoli precedenti, l'assemblea dei condomini provvede:

1) alla conferma dell'amministratore e all'eventuale sua retribuzione;

2) all'approvazione del preventivo delle spese occorrenti durante l'anno e alla relativa ripartizione tra i condomini;

3) all'approvazione del rendiconto annuale dell'amministratore e all'impiego del residuo attivo della gestione;

4) alle opere di manutenzione straordinaria, costituendo, se occorre, un fondo speciale.

Identico.

L'amministratore non può ordinare lavori di manutenzione straordinaria, salvo che rivestano carattere urgente, ma in questo caso deve riferirne nella prima assemblea.

Identico.

 

L'assemblea può autorizzare l'amministratore a collaborare a progetti territoriali promossi dalle istituzioni locali per migliorare la qualità della vita e la sicurezza della zona in cui il condominio è ubicato anche mediante la preventiva raccolta di dati relativi ai bisogni e alle esigenze di lavoro di residenti e abitanti.

 

Il comma aggiunto alla disposizione consente all’assemblea di autorizzare l’amministratore a collaborare a progetti territoriali delle amministrazioni locali volti al miglioramento della qualità della vita o alla sicurezza dei residenti della zona.

Il successivo articolo 14 introduce numerose novità in materia di deliberazioni dell’assemblea (art. 1136 c.c), in particolare prevedendo nuove regole di costituzioneed intervenendo sulla validità delle deliberazioni.

 

Normativa vigente

A.C. 4041

Art. 1136
Costituzione dell'assemblea e validità delle deliberazioni

L'assemblea è regolarmente costituita con l'intervento di tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore dell'intero edificio e i due terzi dei partecipanti al condominio.

L'assemblea in prima convocazione è regolarmente costituita con l'intervento di tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore dell'intero edificio e la maggioranza dei partecipanti al condominio.

Sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio.

Identico.

Se l'assemblea non può deliberare per mancanza di numero, l'assemblea di seconda convocazione delibera in un giorno successivo a quello della prima e, in ogni caso, non oltre dieci giorni dalla medesima; la deliberazione è valida se riporta un numero di voti che rappresenti il terzo dei partecipanti al condominio e almeno un terzo del valore dell'edificio.

Se l'assemblea in prima convocazione non può deliberare per mancanza di numero legale, l'assemblea in seconda convocazione delibera in un giorno successivo a quello della prima e, in ogni caso, non oltre dieci giorni dalla medesima. La deliberazione è valida se approvata dalla maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell'edificio.

Le deliberazioni che concernono la nomina e la revoca dell'amministratore o le liti attive e passive relative a materie che esorbitano dalle attribuzioni dell'amministratore medesimo, nonché le deliberazioni che concernono la ricostruzione dell'edificio o riparazioni straordinarie di notevole entità devono essere sempre prese con la maggioranza stabilita dal secondo comma.

Le deliberazioni che hanno per oggetto la nomina e la revoca dell'amministratore, le liti attive e passive relative a materie che esorbitano dalle attribuzioni dell'amministratore medesimo, le innovazioni previste dal primo comma dell'articolo 1120 e quelle che hanno per oggetto la ricostruzione dell'edificio o interventi straordinari di notevole valore devono essere approvate con la maggioranza stabilita dal secondo comma.

Le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni previste dal primo comma dell'articolo 1120 devono essere sempre approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell'edificio.

Le deliberazioni di cui all'articolo 1117-ter e all'articolo 1122-ter, secondo comma, devono essere approvate dall'assemblea con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno i due terzi del valore dell'edificio.

L'assemblea non può deliberare, se non consta che tutti i condomini sono stati invitati alla riunione.

L'assemblea non può deliberare, se non consta che tutti gli aventi diritto sono stati regolarmente convocati.

Delle deliberazioni dell'assemblea si redige processo verbale da trascriversi in un registro tenuto dall'amministratore

Delle riunioni dell'assemblea si redige processo verbale da trascrivere nel registro tenuto dall'amministratore.

 

Il nuovo art. 1136 in particolare abbassa i quorum costitutivi e deliberativi, in particolare prevedendo:

§      la validità della costituzione dell’assemblea in prima convocazione – fermo restando i 2/3 dei millesimi – ove sia presente la maggioranza dei condomini (ovvero degli aventi diritto); attualmente servono i 2/3 dei condomini:

§      le deliberazioni dell’assemblea in seconda convocazione sono valide se ottengono un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti (anziché un terzo dei partecipanti al condominio); rimane ferma la necessità che i voti favorevoli alla delibera costituiscano 1/3 dei millesimi;

§      le deliberazioni sulle innovazioni previste dall’art. 1120, primo comma (v. art. 5 p.d.l.) sono valide se prese a maggioranza degli intervenuti e almeno la metà dei millesimi (attualmente sono necessari i 2/3 dei millesimi);

§      le deliberazioni su modifica delle destinazioni d’uso e sostituzione delle parti comuni, e le modificazioni delle parti comuni per l’installazione di impianti non centralizzati di ricezione radiotelevisiva (art. 1117-ter, art. 1122-ter, secondo comma) sono adottate con maggioranza qualificata (maggioranza degli intervenuti e 2/3 dei millesimi);

§      l’accertamento della regolarità della convocazione all’assemblea degli aventi diritto (cfr., sul punto, l’art. 21 p.d.l. che novella l’art. 66 disp. att. c.c.)

 

La giurisprudenza ha, sul punto, affermato che l'invito a partecipare all'assemblea non richiede l'atto scritto ma può essere effettuato con qualsiasi forma o modalità idonea a portarlo a conoscenza del destinatario. Da ultimo, Cass, II sez., Sent. n. 8449 del 1° aprile-2008 ha precisato che “in tema di condominio degli edifici, non é previsto alcun obbligo di forma per l'avviso di convocazione dell'assemblea, sicché la comunicazione può essere fatta anche oralmente, in base al principio della libertà delle forme, salvo che il regolamento non prescriva particolari modalità di notifica del detto avviso”.

 

Per le maggioranze richieste per la revisione delle tabelle millesimali, cfr. l’art. 69 disp. att. cod. civ., come modificato dall’articolo 24 del progetto di legge.

La riforma non interviene invece sulla problematica, emersa di recente, della possibile videosorveglianzadegli spazi comuni del condominio. In particolare, anche in relazione alla possibile violazione del diritto alla riservatezza costituzionalmente garantito, è sembrato dubbia l’assunzione di decisioni in materia con maggioranza assembleari diverse dall’unanimità.

 

L’esigenza di un intervento normativo sul punto è stata, a suo tempo, sottolineato dal Garante della Privacy con la segnalazione a Parlamento e Governo del maggio 2008 e, più recentemente con il provvedimento 8 aprile 2010. Nel Provvedimento, si segnala l'assenza di una puntuale disciplina in materia volta a risolvere specifici problemi applicativi emersi nell’esperienza degli ultimi anni. Sottolinea il Garante che “non è infatti chiaro se l'installazione di sistemi di videosorveglianza possa essere effettuata in base alla sola volontà dei comproprietari, o se rilevi anche la qualità di conduttori. Non è parimenti chiaro quale sia il numero di voti necessario per la deliberazione condominiale in materia (se occorra cioè l'unanimità ovvero una determinata maggioranza)”.

Da ultimo, si segnala il recente intervento della magistratura di merito (Ordinanza Tribunale di Salerno 14 dicembre 2010) che ha provvisoriamente sospeso l’esecutività di una delibera di assemblea condominiale che aveva approvato a maggioranza l’installazione di un sistema di videosorveglianza delle parti comuni. La pronuncia, pur modificabile nel procedimento ancora in corso, sembra presupporre per la valida assunzione di decisioni di tale natura, la necessità dell’unanimità dei consensi.

L’articolo 15 della p.d.l. sostituisce l’articolo 1137 del codice civile, in materia di impugnazione delle deliberazioni dell’assembleari.

 

Normativa vigente

A.C. 4041

Art. 1137
Impugnazione delle deliberazioni dell'assemblea

Le deliberazioni prese dall'assemblea a norma degli articoli precedenti sono obbligatorie per tutti i condomini.

Identico.

Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino dissenziente può fare ricorso all'autorità giudiziaria, ma il ricorso non sospende l'esecuzione del provvedimento, salvo che la sospensione sia ordinata dall'autorità stessa.

Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino assente, dissenziente o astenuto può adire l'autorità giudiziaria con atto di citazione chiedendone l'annullamento nel termine perentorio di trenta giorni, che decorre dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti.

 

L'azione di annullamento non sospende l'esecuzione della deliberazione, salvo che la sospensione sia ordinata dall'autorità giudiziaria.

Il ricorso deve essere proposto, sotto pena di decadenza, entro trenta giorni, che decorrono dalla data della deliberazione per i dissenzienti e dalla data di comunicazione per gli assenti.

L'istanza per ottenere la sospensione proposta prima dell'inizio della causa di merito non sospende né interrompe il termine per la proposizione dell'impugnazione della deliberazione. Per quanto non espressamente previsto, la sospensione è disciplinata dalle norme di cui al libro IV, titolo I, capo III, sezione I, con l'esclusione dell'articolo 669-octies, sesto comma, del codice di procedura civile.

Coerentemente con la giurisprudenza, il nuovo articolo 1137 c.c. attribuisce la legittimazione ad impugnare le delibere assembleari, oltre che al condomino dissenziente e all’assente, anche all’astenuto. La disposizione chiarisce inoltre che il ricorso è volto all’annullamento della delibera assembleare.

 

Nella normativa vigente, la giurisprudenza ha chiarito che l’articolo 1137 c.c. si applica alle deliberazioni assembleari annullabili e non anche quelle nulle (Cass. 4197/1987 e Cass. 92/12281).

La disposizione inoltre precisa che l'istanza per ottenere la sospensione proposta prima dell'inizio della causa di merito non sospende né interrompe il termine per la proposizione dell'impugnazione della deliberazione.

L’articolo 16 è norma di coordinamento del terzo comma dell’articolo 1138 c.c. (sull’approvazione del regolamento di condominio) con le nuove disposizioni dell’art. 1130 c.c. (sulle attribuzioni dell’amministratore).

 

Normativa vigente

A.C. 4041

Art. 1138
Regolamento di condominio

Quando in un edificio il numero dei condomini è superiore a dieci, deve essere formato un regolamento, il quale contenga le norme circa l'uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell'edificio e quelle relative all'amministrazione.

Identico.

Ciascun condomino può prendere l'iniziativa per la formazione del regolamento di condominio o per la revisione di quello esistente.

Identico.

Il regolamento deve essere approvato dall'assemblea con la maggioranza stabilita dal secondo comma dell'articolo 1136 e trascritto nel registro indicato dall'ultimo comma dell'art. 1129. Esso può essere impugnato a norma dell'articolo 1107.

Il regolamento deve essere approvato dall'assemblea con la maggioranza stabilita dal secondo comma dell'articolo 1136 ed allegato al registro indicato dal numero 7) dell'articolo 1130. Esso può essere impugnato a norma dell'articolo 1107.

Le norme del regolamento non possono in alcun modo menomare i diritti di ciascun condomino, quali risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni, e in nessun caso possono derogare alle disposizioni degli articoli 1118, secondo comma, 1119, 1120, 1129, 1131, 1132, 1136 e 1137.

Identico.

 

Sulla base di quanto previsto dall’art. 1130, comma 1, n. 7, si prevede l’allegazione del regolamento di condominio nel registro dei verbali delle assemblee tenuto dall’amministratore (attualmente, invece deve direttamente essere trascritto nel registro dove sono annotate nomina e revoca dell’amministratore, da depositare presso l’associazione professionale dei proprietari di fabbricati).

 

 

L’articolo 17, comma 1,modifica l’articolo 2643 c.c., cui è aggiunto un n. 14-bis), integrando l’elenco degli atti soggetti a trascrizione nei registri immobiliari con:

§      gli atti e le sentenze aventi ad oggetto modificazioni della proprietà o determinazioni o modifiche delle destinazioni d’uso dei beni che si trovano nell’edificio.

§      le deliberazioni sulle modificazioni delle destinazioni d’uso e sostituzioni di parti comuni (di cui all’articolo 1117-ter);

 

Già da tempo la giurisprudenza (Cass. Sez. II, sent. 21 marzo 1983, n. 1983) ha riconosciuto che il negozio, con il quale si "riconosca" di proprietà comune una porzione immobiliare, in effetti di proprietà esclusiva di uno soltanto dei contraenti, implica un mutamento della precedente titolarità del diritto dominicale, e, come tale, è soggetto a trascrizione, a norma degli artt. 2643, 2644 2645 c.c.. Detto negozio, pertanto, in difetto di trascrizione, spiega effetti solo fra le parti, e non anche nei confronti del terzo avente causa di quel proprietario esclusivo.

 

L’art. 2643 (Atti soggetti a trascrizione) stabilisce l’obbligo della trascrizione dei seguenti atti: 1) i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili; 2) i contratti che costituiscono, trasferiscono o modificano il diritto di usufrutto su beni immobili, il diritto di superficie, i diritti del concedente e dell'enfiteuta; 3) i contratti che costituiscono la comunione dei diritti menzionati nei numeri precedenti; 4) i contratti che costituiscono o modificano servitù prediali, il diritto di uso sopra beni immobili, il diritto di abitazione,]; 5) gli atti tra vivi di rinunzia ai diritti menzionati nei numeri precedenti; 6) i provvedimenti con i quali nell'esecuzione forzata si trasferiscono la proprietà di beni immobili o altri diritti reali immobiliari, eccettuato il caso di vendita seguita nel processo di liberazione degli immobili dalle ipoteche a favore del terzo acquirente; 7) gli atti e le sentenze di affrancazione del fondo enfiteutico; 8) i contratti di locazione di beni immobili che hanno durata superiore a nove anni; 9) gli atti e le sentenze da cui risulta liberazione o cessione di pigioni o di fitti non ancora scaduti, per un termine maggiore di tre anni; 10) i contratti di società e di associazione con i quali si conferisce il godimento di beni immobili o di altri diritti reali immobiliari, quando la durata della società o dell'associazione eccede i nove anni o è indeterminata; 11) gli atti di costituzione dei consorzi che hanno l'effetto indicato dal numero precedente; 12) i contratti di anticresi; 13) le transazioni che hanno per oggetto controversie sui diritti menzionati nei numeri precedenti; 14) le sentenze che operano la costituzione, il trasferimento o la modificazione di uno dei diritti menzionati nei numeri precedenti.

 

Da tale novella conseguono, per coordinamento, le modifiche agli articoli 2644 (Effetti della trascrizione) e 2659 (Nota di trascrizione) del codice civile, recate, rispettivamente, dallo stesso articolo 17, comma 2, e dall’articolo 18 del testo in esame.

In particolare, il comma aggiunto all’art. 2644 prevede - in relazione agli effetti della trascrizione - che la trascrizione degli atti di cui al nuovo n. 14-bis) eseguita a favore e contro i condominii, si consideri eseguita negli stessi termini a favore e contro tutti i singoli proprietari delle unità immobiliari e che tali atti debbano essere trascritti anche a favore e contro i condominii interessati (ad esempio, nel caso del supercondominio).

Con la novella all’art. 2659, primo comma, si stabilisce – per la nota di trascrizione - che chi domanda la trascrizione di un atto tra vivi deve presentare al conservatore dei registri immobiliari, insieme con la copia del titolo, una nota in doppio originale, nella quale devono essere indicati, per i condominii, anche l’eventuale loro dominazione, ubicazione e codice fiscale.

 

Gli articoli da 19 a 26 della proposta di legge novellano alcuni articoli delle disposizioni di attuazione del codice civile in tema di condominio.

 

In particolare, l’articolo 19 interviene sull’art. 63 delle disposizioni di attuazione, in tema di riscossione dei contributi dai singoli condomini.

 

Si ricorda che in base all’art. 1123 del codice civile (Ripartizione delle spese) – non modificato dalla proposta di legge - le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione.

 

 

Normativa vigente

AC. 4041

Disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni transitorie

Art. 63

Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, l'amministratore può ottenere decreto d'ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione.

Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea e per la riscossione delle sanzioni irrogate a norma dell'articolo 70, l'amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori del condominio non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi e l'eventuale ricorso a strumenti coattivi di riscossione ai sensi dell'articolo 1129, nono comma, del codice.

 

I creditori del condominio non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l'escussione degli altri condomini.

Chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato, solidalmente con questo, al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e a quello precedente.

Identico.

In caso di mora nel pagamento dei contributi, che si sia protratta per un semestre, l'amministratore, se il regolamento di condominio ne contiene l'autorizzazione, può sospendere al condomino moroso l'utilizzazione dei servizi comuni che sono suscettibili di godimento separato.

In caso di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un quadrimestre, l'amministratore può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato, salvo che l'autorità giudiziaria, adita anche in via d'urgenza, riconosca l'essenzialità del servizio per la realizzazione di diritti fondamentali della persona e l'impossibilità oggettiva del ricorso a mezzi alternativi.

 

Chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l'avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all'amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto.

 

In particolare, la proposta di legge:

§      specifica che per la riscossione delle somme dovute dai condomini, l’amministratore può attivare la procedura d’ingiunzione senza dover richiedere una preventiva autorizzazione all’assemblea;

§      obbliga l’amministratore a comunicare ai creditori del condominio i dati dei condomini morosi (e l’eventuale ricorso a strumenti coattivi di riscossione), affinché questi possano agire in prima battuta nei loro confronti (rivolgendosi solo in un secondo momento ai condomini in regola con i pagamenti).

 

La disposizione supera solo in parte l’attuale situazione di incertezza. In base alle disposizioni vigenti, infatti, la natura delle obbligazioni dei condomini verso i terzi è oggetto di ampio dibattito in dottrina e in giurisprudenza. Secondo l'orientamento prevalente, il principio della ripartizione delle spese pro quota tra i condomini ha valore solo interno, mentre verso i terzi la loro responsabilità è necessariamente solidale, in applicazione del principio generale sancito dall'art. 1294 del codice. La tesi minoritaria della parzialità fa leva sull'art. 1123 del codice (v. sopra), intendendola come norma speciale rispetto all'art. 1294 e, quindi, operante non solo nei rapporti interni fra i condomini, ma anche nei confronti dei terzi. La giurisprudenza ha ritenuto, nella maggior parte dei casi, che i singoli condomini, in base all'art. 1284, sono solidalmente responsabili nei confronti dei terzi, salvo il diritto di chi ha pagato di esercitare verso i condomini condebitori il diritto di regresso e di dividere il debito nei rapporti interni.

La proposta di legge dà proiezione esterna alla ripartizione pro quota delle spese, affermando che i creditori del condominio devono escutere in prima battuta i condomini morosi, ma non elimina comunque il principio di solidarietà, consentendo laddove l’azione sia infruttuosa, la possibilità di rivolgersi anche ai condomini in regola con i pagamenti.

 

§      stabilisce che l’amministratore può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato se la mora si protrae per 4 mesi (attualmente devono essere 6 mesi ed è necessaria una specifica disposizione del regolamento condominiale). Peraltro, la riforma specifica che spetta all’autorità giudiziaria eventualmente adita consentire al condomino moroso l’utilizzo dei servizi comuni, quando si tratti di servizi essenziali «per la realizzazione di diritti fondamentali della persona» e sia oggettivamente impossibile ricorrere a mezzi alternativi.

 

 

L’articolo 20 interviene sull’art. 64 delle disposizioni di attuazione, in tema di revoca dell’amministratore, per coordinarne il testo con le modifiche apportate dagli articoli 9 e 12 (v. sopra) agli artt. 1129 e 1131 del codice civile. In particolare, la disposizione specifica che il tribunale non deve limitarsi a sentire l’amministratore, ma deve farlo in contraddittorio con il ricorrente.

 

Normativa vigente

AC. 4041

Disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni transitorie

Art. 64

Sulla revoca dell'amministratore, nei casi indicati dal terzo comma dell'articolo 1129 e dall'ultimo comma dell'articolo 1131 del codice, il tribunale provvede in camera di consiglio, con decreto motivato, sentito l'amministratore medesimo.

Sulla revoca dell'amministratore, nei casi indicati dall'undicesimo comma dell'articolo 1129 e dal quarto comma dell'articolo 1131 del codice, il tribunale provvede in camera di consiglio, con decreto motivato, sentito l'amministratore in contraddittorio con il ricorrente.

Contro il provvedimento del tribunale può essere proposto reclamo alla corte d'appello nel termine di dieci giorni dalla notificazione.

Identico.

 

 

L’articolo 21 novella l’art. 66 delle disposizioni di attuazione, in ordine alle modalità di convocazione dell’assemblea di condominio.

 


 

Normativa vigente

AC. 4041

Disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni transitorie

Art. 66

L'assemblea, oltre che annualmente in via ordinaria per le deliberazioni indicate dall'articolo 1135 del codice, può essere convocata in via straordinaria dall'amministratore quando questi lo ritiene necessario o quando ne è fatta richiesta da almeno due condomini che rappresentino un sesto del valore dell'edificio. Decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, i detti condomini possono provvedere direttamente alla convocazione.

Identico.

In mancanza dell'amministratore, l'assemblea tanto ordinaria quanto straordinaria può essere convocata a iniziativa di ciascun condomino.

Identico.

L'avviso di convocazione deve essere comunicato ai condomini almeno cinque giorni prima della data fissata per l'adunanza.

L'avviso di convocazione, contenente specifica indicazione dell'ordine del giorno, deve essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l'adunanza in prima convocazione, e deve contenere l'indicazione del luogo e dell'ora della riunione. In caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare è annullabile ai sensi dell'articolo 1137 del codice su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati.

 

L'assemblea in seconda convocazione non può tenersi nel medesimo giorno solare della prima.

 

L'amministratore ha facoltà di fissare più riunioni consecutive in modo da assicurare lo svolgimento dell'assemblea in termini brevi, convocando gli aventi diritto con un unico avviso nel quale sono indicate le ulteriori date ed ore di eventuale prosecuzione dell'assemblea validamente costituitasi.

 

La corretta costituzione dell’assemblea e i requisiti di validità delle deliberazioni sono disciplinati dal nuovo articolo 1136 del codice civile (v. sopra, art. 14 della p.d.l.). Con l’intervento sull’articolo 66 si introducono le seguenti novità:

§         l’avviso di convocazione dell’assemblea deve contenere l’ordine del giorno della stessa;

 

La disposizione codifica un principio già ampiamente affermato dalla giurisprudenza, attraverso un’applicazione anche al condominio degli edifici dell’art. 1105, terzo comma, c.c. (in tema di comunione) in base al quale «Per la validità delle deliberazioni della maggioranza si richiede che tutti i partecipanti siano stati preventivamente informati dell’oggetto della deliberazione». La Cassazione ha infatti avuto modo di sostenere che «in tema di deliberazioni dell'assemblea condominiale, ai fini della validità dell'ordine del giorno occorre che esso elenchi specificamente, sia pure in modo non analitico e minuzioso, tutti gli argomenti da trattare, sì da consentire a ciascun condomino di comprenderne esattamente il tenore e l'importanza, e di poter ponderatamente valutare l'atteggiamento da tenere, in relazione sia alla opportunità o meno di partecipare, sia alle eventuali obiezioni o suggerimenti da sottoporre ai partecipanti» (cfr. Sez. II, sent. n. 21449 del 2010).

 

§      ogni omissione relativa alla convocazione dell’assemblea rende le delibere assunte annullabili;

§      l’assemblea in seconda convocazione non può tenersi lo stesso giorno nel quale era prevista l’assemblea in prima convocazione (si segnala che tale previsione è già contenuta nell’art. 1136, terzo comma, c.c.)

§      per velocizzare la procedura è possibile già in sede di convocazione dell’assemblea (prima convocazione) indicare data e luogo delle eventuali successive convocazioni.

 

L’articolo 22 della proposta di legge sostituisce l’articolo 67 delle disposizioni di attuazione, relativo alle modalità di partecipazione all’assemblea condominiale.

 

Normativa vigente

AC. 4041

Disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni transitorie

Art. 67

Ogni condomino può intervenire all'assemblea anche a mezzo di rappresentante.

Ogni condomino può intervenire all'assemblea anche a mezzo di rappresentante, munito di delega scritta. Se i condomini sono più di venti, il delegato non può rappresentare più di un quinto dei condomini e del valore proporzionale.

Qualora un piano o porzione di piano dell'edificio appartenga in proprietà indivisa a più persone, queste hanno diritto a un solo rappresentante nell'assemblea che è designato dai comproprietari interessati; in mancanza provvede per sorteggio il presidente.

Qualora un'unità immobiliare appartenga in proprietà indivisa a più persone, queste hanno diritto a un solo rappresentante nell'assemblea, che è designato dai comproprietari interessati; in mancanza provvede per sorteggio il presidente.

 

Nei casi di cui all'articolo 1117-bis del codice, quando i partecipanti sono complessivamente più di sessanta, ciascun condominio deve designare, con la maggioranza di cui all'articolo 1136, quinto comma, del codice, il proprio rappresentante all'assemblea per la gestione delle parti comuni a più condominii e per la nomina dell'amministratore. In mancanza, ciascun partecipante può chiedere che l'autorità giudiziaria nomini il rappresentante del proprio condominio. Qualora alcuni dei condominii interessati non abbiano nominato il proprio rappresentante, l'autorità giudiziaria provvede alla nomina su ricorso anche di uno solo dei rappresentanti già nominati, previa diffida a provvedervi entro un congruo termine. La diffida ed il ricorso all'autorità giudiziaria sono notificati al condominio cui si riferiscono in persona dell'amministratore o, in mancanza, a tutti i condomini.

 

Ogni limite o condizione al potere di rappresentanza si considera non apposto. Il rappresentante risponde con le regole del mandato e comunica tempestivamente all'amministratore di ciascun condominio l'ordine del giorno e le decisioni assunte dall'assemblea dei rappresentanti dei condominii. L'amministratore riferisce in assemblea.

 

All'amministratore non possono essere conferite deleghe per la partecipazione all'assemblea.

L'usufruttuario di un piano o porzione di piano dell'edificio esercita il diritto di voto negli affari che attengono all'ordinaria amministrazione e al semplice godimento delle cose e dei servizi comuni.

Salvo patto contrario, gli usufruttuari e, in loro vece ove sussistano, i conduttori esercitano il diritto di voto nelle deliberazioni che attengono all'ordinaria amministrazione e al godimento delle cose e dei servizi comuni. Essi sono direttamente obbligati a concorrere nelle relative spese in solido con i proprietari.

Nelle deliberazioni che riguardano innovazioni, ricostruzioni od opere di manutenzione straordinaria delle parti comuni dell'edificio il diritto di voto spetta invece al proprietario.

Nelle altre deliberazioni, il diritto di voto spetta ai proprietari, salvi i casi in cui l'usufruttuario intenda avvalersi del diritto di cui all'articolo 1006 del codice ovvero si tratti di lavori od opere ai sensi degli articoli 985 e 986 del codice. In tutti questi casi l'avviso di convocazione deve essere comunicato sia all'usufruttuario sia al nudo proprietario.

 

In particolare, la disposizione apporta le seguenti modifiche alla disciplina vigente:

§      prevede che il condomino che voglia farsi rappresentare all’assemblea condominiale debba conferire una delega scritta;

§      esclude – se i condomini sono più di 20 - che il delegato possa rappresentare più di un quinto dei condomini o del valore proporzionale;

§      esclude che la delega possa essere conferita all’amministratore di condominio.

 In relazione alla collocazione di tale ultima disposizione occorrerebbe chiarire la sua portata e, in particolare, se si riferisce all’assemblea condominiale ovvero all’assemblea per la gestione delle parti comuni a più condominii, ovvero ad entrambe le situazioni.

 

La riforma disciplina inoltre l’assemblea per la gestione delle parti comuni a più edifici o a più condominii (v. sopra articolo 1117-bis c.c.): in questi casi - se in totale i condomini interessati sono più di 60 – occorre che il singolo condominio designi il proprio rappresentante all’assemblea convocata per la gestione delle parti comuni e per la nomina dell’amministratore. In mancanza, all’individuazione del rappresentante provvederà l’autorità giudiziaria. Il rappresentante del condominio – che agisce in base all’istituto del mandato (art. 1703 e ss. del codice civile) - riferirà all’amministratore di ciascun condominio gli esiti dell’assemblea.

Infine, per quanto riguarda l’usufrutto dell’immobile, la riforma prevede che:

§      per l’ordinaria amministrazione, l’usufruttuario (ma anche il conduttore se l’immobile è locato) può partecipare all’assemblea condominiale e poi concorrere alla spese deliberate, in solido con il proprietario dell’immobile, a meno che non sussista esplicito patto contrario;

§      per la straordinaria amministrazione, il diritto di voto in assemblea spetta invece al proprietario dell’immobile che dovrà ricevere un autonomo avviso di convocazione. Il diritto di voto potrà essere attribuito invece all’usufruttuario nelle seguenti ipotesi:

-       rifiuto del proprietario alle riparazioni (art. 1006 c.c.). E’ facoltà dell’usufruttuario provvedere a proprie spese; le spese saranno rimborsate alla fine dell’usufrutto;

-       miglioramenti o addizioni (arttt. 985 e 986 c.c.). In entrambi i casi può provvedere l’usufruttuario che matura il diritto ad un’indennità pari alla minor somma tra l’importo della spesa sostenuta e il valore dei miglioramenti e delle addizioni al tempo della riconsegna.

 

 

L’articolo 23 riscrive l’articolo 68 delle disposizioni di attuazione del codice civile in tema di tabelle millesimali, coordinandolo con la previsione dell’art. 1118 (novellato dall’art. 3 della p.d.l., al cui commento si rinvia).

 

Normativa vigente

AC. 4041

Disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni transitorie

Art. 68

Per gli effetti indicati dagli articoli 1123, 1124, 1126 e 1136 del codice, il regolamento di condominio deve precisare il valore proporzionale di ciascun piano o di ciascuna porzione di piano spettante in proprietà esclusiva ai singoli condomini.

I valori dei piani o delle porzioni di piano, ragguagliati a quello dell'intero edificio, devono essere espressi in millesimi in apposita tabella allegata al regolamento di condominio.

Ove non precisato dal titolo ai sensi dell'articolo 1118, per gli effetti indicati dagli articoli 1123, 1124, 1126 e 1136 del codice, il valore proporzionale di ciascuna unità immobiliare è espresso in millesimi in apposita tabella allegata al regolamento di condominio.

Nell'accertamento dei valori medesimi non si tiene conto del canone locatizio, dei miglioramenti e dello stato di manutenzione di ciascun piano o di ciascuna porzione di piano.

Nell'accertamento dei valori di cui al primo comma non si tiene conto del canone locatizio, dei miglioramenti e dello stato di manutenzione di ciascuna unità immobiliare.

 

 

L’articolo 24 interviene sull’art. 69 delle disposizioni di attuazione del codice relativo alla revisione delle tabelle millesimali.

 

Normativa vigente

AC. 4041

Disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni transitorie

Art. 69

I valori proporzionali dei vari piani o porzioni di piano possono essere riveduti o modificati, anche nell'interesse di un solo condominio, nei seguenti casi:

I valori proporzionali delle singole unità immobiliari espressi nella tabella millesimale di cui all'articolo 68 possono essere riveduti o modificati, all'unanimità. Tali valori, anche nell'interesse di un solo condomino, possono essere riveduti o modificati, con la maggioranza prevista dall'articolo 1136, terzo comma, del codice, nei seguenti casi:

1) quando risulta che sono conseguenza di un errore;

1) quando risulta che sono conseguenza di un errore di calcolo materiale;

2) quando, per le mutate condizioni di una parte dell'edificio, in conseguenza della sopraelevazione di nuovi piani, di espropriazione parziale o di innovazioni di vasta portata, è notevolmente alterato il rapporto originario tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano.

2) quando, per le mutate condizioni di una parte dell'edificio, in conseguenza di sopraelevazione, di incremento di superfici, di modificazione delle destinazioni d'uso o di incremento o diminuzione delle unità immobiliari, è alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell'unità immobiliare anche di un solo condomino.

 

Ai soli fini della revisione dei valori proporzionali espressi nella tabella millesimale allegata al regolamento di condominio ai sensi dell'articolo 68, può essere convenuto in giudizio unicamente il condominio in persona dell'amministratore. Questi è tenuto a darne senza indugio notizia all'assemblea dei condomini. L'amministratore che non adempie a quest'obbligo può essere revocato ed è tenuto al risarcimento degli eventuali danni.

 

In particolare, la proposta di legge

-       afferma il principio per cui la revisione delle tabelle millesimali deve essere fatta all’unanimità;

-       elenca le eccezioni al suddetto principio, ovvero i due casi in presenza dei quali la revisione può essere effettuata a maggioranza (condomini che rappresentano almeno un terzo del valore dell’edificio). Si tratta dell’ipotesi in cui i valori millesimali siano conseguenza di un errore di calcolo materiale e dell’ipotesi di mutate condizioni dell’immobile. In particolare, la disposizione specifica che la mutazione deve comportare almeno un’alterazione di più di un quinto del valore proporzionale dell’unità immobiliare di un singolo condomino;

-       prevede che l’eventuale citazione in giudizio del condominio per questioni inerenti la revisione delle tabelle debba avvenire convenendo l’amministratore. Questi dovrà dare tempestiva notizia della citazione all’assemblea dei condomini potendo, in mancanza, essere revocato e obbligato al risarcimento dei danni.

 

Nella normativa vigente, secondo l’orientamento tradizionale, l’approvazione o la revisione delle tabelle millesimali non poteva essere deliberata a maggioranza dall’assemblea condominiale. Come accade per il regolamento contrattuale, si riteneva invece necessario il consenso di tutti i condomini; in assenza di tale consenso unanime, alla formazione delle tabelle provvedeva il giudice su istanza degli interessati, in contraddittorio con tutti i condomini.

Tra gli argomenti a sostegno della tesi dell’unanimità, si affermava che:

-    la materia non rientrava tra le competenze della assemblea;

-    l’approvazione delle tabelle si risolverebbe in un atto negoziale di accertamento, cioè una manifestazione di volontà volta ad accertare il contenuto di diritti reali spettanti a ciascun condomino.

Una recente sentenza della Corte di Cassazione è, tuttavia, tornata a pronunciarsi – a Sezioni Unite – in materia di approvazione e modifica delle tabelle millesimali allegate al regolamento di condominio rendendo più facile l’intervento dell’assemblea condominiale (Cassazione civile, S.U., sentenza 9 agosto 2010, n. 18477).

Per la Cassazione, infatti, “le tabelle millesimali non devono essere approvate con il consenso unanime dei condomini, essendo sufficiente la maggioranza qualificata di cui all’articolo 1136 c.c., comma 2” (voto a maggioranza degli intervenuti e che rappresenti almeno la metà del valore dell’edificio)”.

 

 

L’articolo 25 interviene sull’art. 70 delle disposizioni di attuazione, in tema di sanzioni pecuniarie per la violazione del regolamento di condominio.

 

Normativa vigente

AC. 4041

Disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni transitorie

Art. 70

Per le infrazioni al regolamento di condominio può essere stabilito, a titolo di sanzione, il pagamento di una somma fino a euro 0,052. La somma è devoluta al fondo di cui l'amministratore dispone per le spese ordinarie.

Per le infrazioni al regolamento di condominio può essere stabilito, a titolo di sanzione, il pagamento di una somma fino ad euro 100 e, in caso di recidiva, fino ad euro 1.000. La somma è devoluta al fondo di cui l'amministratore dispone per le spese ordinarie.

 

In particolare la disposizione aggiorna la sanzione attualmente prevista, portandola da 0,052 euro (pari a 100 lire) a 100 euro.

 

Si ricorda, infatti, che la giurisprudenza della Cassazione ha sempre escluso che sanzioni più alte di quelle previste dalle disposizioni di attuazione potessero essere introdotte dal regolamento di condominio[3].

 

La novella prevede inoltre una sanzione più elevata in caso di recidiva (fino a 1.000 euro).

Per il combinato di questa disposizione con l’art. 63 (v. sopra art. 19 della p.d.l.), l’amministratore di condominio potrà richiedere un decreto ingiuntivo anche per riscuotere queste sanzioni.

 

L’articolo 26 interviene sull’art. 71 delle disposizioni di attuazione (oggi implicitamente abrogato), per introdurre una compiuta disciplina del registro degli amministratori di condominio e dunque una sostanziale regolamentazione della professione.

Si ricorda, infatti, che ad oggi non esiste un registro pubblico e che i tentativi fatti a livello regionale di regolamentazione di questa attività sono stati tutti bocciati dalla Corte costituzionale.

 

In particolare, da ultimo con la sentenza n. 57 del 2007 la Corte ha dichiarato illegittima la L.R. Marche n. 28 del 2005 (Istituzione del registro degli amministratori di condominio e d’immobili) affermando che nell’introdurre un Albo degli amministratori di condominio, la regione ha oltrepassato la competenza legislativa che le è attribuita; in materia di professioni, infatti, lo Stato ha una competenza legislativa di tipo concorrente: a esso spetterà dettare le norme di principio, alle quali le regioni dovranno attenersi nell’emanare le proprie normative. L’individuazione della professione rientra fra i principi generali, di competenza esclusiva delle norme statali e poiché l’albo ha una funzione individuatrice della professione d’amministratore di condominio, esso può essere previsto e disciplinato soltanto da una norma statale. In mancanza di tale norma, le regioni non possono istituire elenchi d’amministratori di nessun tipo.

 

La riforma prevede che il registro pubblico degli amministratori di condominio debba essere tenuto dalle Camere di commercio (primo comma), senza oneri a carico della finanza pubblica (nono comma).

A questo registro dovranno iscriversi tutti coloro che intendano svolgere la professione e gli estremi dell’iscrizione dovranno essere comunicati al condominio amministrato (secondo comma).

L’esercizio dell’attività di amministratore di condominio in assenza di iscrizione nel registro, ovvero in presenza di un’iscrizione irregolare, comporta:

-       la sanzione amministrativa da 200 a 1.000 euro (da 2.000 a 10.000 euro se l’attività è svolta in forma societaria);

-       l’impossibilità di ottenere l’iscrizione per i successivi 5 anni, se la violazione delle disposizioni sull’iscrizione è reiterata;

-       il venir meno del diritto al compenso.

Spetterà alla camera di commercio vigilare sul rispetto della disciplina di iscrizione e irrogare le sanzioni (quinto comma).

La riforma esclude che possano iscriversi al registro e dunque svolgere la professione di amministratore di condominio coloro che siano stati condannati con sentenza irrevocabile alla reclusione (ottavo comma):

-       non inferiore a 2 anni per un delitto non colposo contro la pubblica amministrazione, la fede pubblica o il patrimonio;

-       per un delitto non colposo contro il patrimonio commesso nell’esercizio dell’attività di amministratore di condominio.

All’atto dell’iscrizione nel registro l’interessato dovrà dichiarare che non sussistono le condizioni ostative previste dall’ottavo comma; se l’iscrizione è richiesta da una società, la dichiarazione dovrà essere resa da tutte le persone fisiche che all’interno della società svolgono funzioni di direzione e amministrazione (terzo comma).

La riforma prevede che i dati del registro siano gestiti in forma automatizzata e siano accessibili a tutti gli interessati (sesto comma).

Infine, l’articolo 71 delle disposizioni di attuazione esclude che la suddetta disciplina si applichi a colui che svolge le funzioni di amministratore nel proprio condominio se in totale i condomini non sono più di 20. Anche in questa ipotesi, peraltro, il legislatore richiede che egli comunichi alla Camera di commercio i suoi dati anagrafici, quelli del condominio che amministra e l’insussistenza delle condanne penali che precludono l’esercizio dell’attività, pena l’applicazione delle sanzioni.

 

La disposizione dell’articolo 71, sul registro degli amministratori di condominio, entrerà in vigore soltanto contestualmente al relativo regolamento attuativo che, ai sensi dell’articolo 27, dovrà essere emanato dal Ministro dello sviluppo economico – di concerto con quello dell’economia – entro 60 giorni dall’entrata in vigore della riforma.

Il regolamento – sul cui testo dovranno essere sentite le associazioni degli amministratori di condominio – dovrà, in particolare:

§         assicurare l’unitarietà del registro sul territorio nazionale;

§         individuare modalità di confluenza dei dati informatici;

§         determinare i diritti di segreteria da corrispondere alle Camere di commercio da parte di coloro che chiedono di accedere ai dati; tali diritti potranno essere periodicamente aggiornati con decreto ministeriale.

Infine, la disposizione chiarisce che coloro che al momento dell’entrata in vigore della riforma già svolgono l’attività di amministratore di condominio, hanno tempo 90 giorni dall’emanazione del regolamento per iscriversi nel registro.

 

Gli articoli 28, 29 e 30 della proposta di legge hanno finalità di coordinamento della normativa vigente con le modifiche apportate dalla riforma alle maggioranze richieste per le deliberazioni condominiali “di interesse sociale” (cfr. art. 1120, secondo comma, c.c.). In particolare, in tutti gli articoli, il riferimento all’art. 1136 del codice civile è sostituito con l’art. 1120, secondo comma del codice civile (v. sopra, art. 5, p.d.l.). Così facendo, il legislatore richiede una maggioranza relativa – ovvero degli intervenuti all’assemblea condominiale – purché rappresentativa di almeno un terzo del valore dell’edificio.

 

Analiticamente, tale novella è apportata dall’articolo 28 all’art. 2 della legge n. 13 del 1989, in tema di eliminazione delle barriere architettoniche.

 

Normativa vigente

AC. 4041

Legge 9 gennaio 1989, n. 13
Disposizioni per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati

Art. 2

1. Le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni da attuare negli edifici privati dirette ad eliminare le barriere architettoniche di cui all'articolo 27, primo comma, della legge 30 marzo 1971, n. 118, ed all'articolo 1, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384, nonché la realizzazione di percorsi attrezzati e la installazione di dispositivi di segnalazione atti a favorire la mobilità dei ciechi all'interno degli edifici privati, sono approvate dall'assemblea del condominio, in prima o in seconda convocazione, con le maggioranze previste dall'articolo 1136, secondo e terzo comma, del codice civile.

1. Le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni da attuare negli edifici privati dirette ad eliminare le barriere architettoniche di cui all'articolo 27, primo comma, della legge 30 marzo 1971, n. 118, ed all'articolo 1, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384, nonché la realizzazione di percorsi attrezzati e la installazione di dispositivi di segnalazione atti a favorire la mobilità dei ciechi all'interno degli edifici privati, sono approvate dall'assemblea del condominio, in prima o in seconda convocazione, con le maggioranze previste dal secondo comma dell’articolo 1120 del codice civile.

2. Nel caso in cui il condominio rifiuti di assumere, o non assuma entro tre mesi dalla richiesta fatta per iscritto, le deliberazioni di cui al comma 1, i portatori di handicap, ovvero chi ne esercita la tutela o la potestà di cui al titolo IX del libro primo del codice civile, possono installare, a proprie spese, servoscala nonché strutture mobili e facilmente rimovibili e possono anche modificare l'ampiezza delle porte d'accesso, al fine di rendere più agevole l'accesso agli edifici, agli ascensori e alle rampe dei garages.

2. Identico.

3. Resta fermo quanto disposto dagli articoli 1120, secondo comma, e 1121, terzo comma, del codice civile[4].

3. Identico.

 

 

L’articolo 29 novella invece l’articolo 26 della legge n. 10 del 1991 in tema di risparmio energetico.

 

Normativa vigente

AC. 4041

Legge 9 gennaio 1991, n. 10
Norme per l'attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia

Art. 26
Progettazione, messa in opera ed esercizio di edifici e di impianti

1. Ai nuovi impianti, lavori, opere, modifiche, installazioni, relativi alle fonti rinnovabili di energia, alla conservazione, al risparmio e all'uso razionale dell'energia, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 9 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, nel rispetto delle norme urbanistiche, di tutela artistico-storica e ambientale. Gli interventi di utilizzo delle fonti di energia di cui all'articolo 1 in edifici ed impianti industriali non sono soggetti ad autorizzazione specifica e sono assimilati a tutti gli effetti alla manutenzione straordinaria di cui agli articoli 31 e 48 della legge 5 agosto 1978, n. 457. L'installazione di impianti solari e di pompe di calore da parte di installatori qualificati, destinati unicamente alla produzione di acqua calda e di aria negli edifici esistenti e negli spazi liberi privati annessi, è considerata estensione dell'impianto idrico-sanitario già in opera.

1. Identico.

2. Per gli interventi sugli edifici e sugli impianti volti al contenimento del consumo energetico ed all'utilizzazione delle fonti di energia di cui all'articolo 1, individuati attraverso un attestato di certificazione energetica o una diagnosi energetica realizzata da un tecnico abilitato, le pertinenti decisioni condominiali sono valide se adottate con la maggioranza semplice delle quote millesimali rappresentate dagli interventi in assemblea.

2. Per gli interventi sugli edifici e sugli impianti volti al contenimento del consumo energetico ed all'utilizzazione delle fonti di energia di cui all'articolo 1, individuati attraverso un attestato di certificazione energetica o una diagnosi energetica realizzata da un tecnico abilitato, le pertinenti decisioni condominiali sono valide se adottate con la maggioranza degli intervenuti, con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio.

3. Gli edifici pubblici e privati, qualunque ne sia la destinazione d'uso, e gli impianti non di processo ad essi associati devono essere progettati e messi in opera in modo tale da contenere al massimo, in relazione al progresso della tecnica, i consumi di energia termica ed elettrica.

3. Identico.

4. Ai fini di cui al comma 3 e secondo quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 4, sono regolate, con riguardo ai momenti della progettazione, della messa in opera e dell'esercizio, le caratteristiche energetiche degli edifici e degli impianti non di processo ad essi associati, nonché dei componenti degli edifici e degli impianti.

4. Identico.

5. Per le innovazioni relative all'adozione di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore e per il conseguente riparto degli oneri di riscaldamento in base al consumo effettivamente registrato, l'assemblea di condominio decide a maggioranza, in deroga agli articoli 1120 e 1136 del codice civile.

5. Per le innovazioni relative all'adozione di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore e per il conseguente riparto degli oneri di riscaldamento in base al consumo effettivamente registrato, l'assemblea di condominio delibera con le maggioranze previste dal secondo comma dell’articolo 1120 del codice civile.

6. Gli impianti di riscaldamento al servizio di edifici di nuova costruzione, la cui concessione edilizia, sia rilasciata dopo la data di entrata in vigore della presente legge, devono essere progettati e realizzati in modo tale da consentire l'adozione di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore per ogni singola unità immobiliare.

6. Identico.

7. Negli edifici di proprietà pubblica o adibiti ad uso pubblico è fatto obbligo di soddisfare il fabbisogno energetico degli stessi favorendo il ricorso a fonti rinnovabili di energia salvo impedimenti di natura tecnica od economica.

7. Identico.

8. La progettazione di nuovi edifici pubblici deve prevedere la realizzazione di ogni impianto, opera ed installazione utili alla conservazione, al risparmio e all'uso razionale dell'energia.

8. Identico.

 

 

L’articolo 30 opera analogo intervento sull’articolo 2-bis, comma 13, del decreto legge n. 5 del 2001, in tema di installazione di impianti televisivi.


 

Normativa vigente

AC. 4041

Decreto-legge 23 gennaio 2001, n. 5
Disposizioni urgenti per il differimento di termini in materia di trasmissioni radiotelevisive analogiche e digitali, nonché per il risanamento di impianti radiotelevisivi
[5]

Art. 2-bis
Trasmissioni radiotelevisive digitali su frequenze terrestri. Sistemi audiovisivi terrestri a larga banda
comma 13

13. Al fine di favorire lo sviluppo e la diffusione delle nuove tecnologie di radiodiffusione da satellite, le opere di installazione di nuovi impianti sono innovazioni necessarie ai sensi dell'articolo 1120, primo comma, del codice civile. Per l'approvazione delle relative deliberazioni si applica l'articolo 1136, terzo comma, dello stesso codice. Le disposizioni di cui ai precedenti periodi non costituiscono titolo per il riconoscimento di benefìci fiscali.

13. Al fine di favorire lo sviluppo e la diffusione delle nuove tecnologie di radiodiffusione da satellite, le opere di installazione di nuovi impianti sono innovazioni necessarie ai sensi dell'articolo 1120, primo comma, del codice civile. Per l'approvazione delle relative deliberazioni si applica l'articolo 1120, secondo comma, dello stesso codice. Le disposizioni di cui ai precedenti periodi non costituiscono titolo per il riconoscimento di benefìci fiscali.

 

 

L’articolo 31 definisce i contributi per le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria nonché per le innovazioni come crediti prededucibili in caso di procedura concorsuale. Da tale specifica qualificazione deriva che in caso di fallimento del condomino e di conseguente liquidazione dell’attivo, per tali specifici crediti il condominio avrà diritto di essere soddisfatti prima degli altri creditori.

 

L’articolo 111 della legge fallimentare (R.D. n. 267 del 1942) individua infatti l’ordine di distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione, stabilendo che per primi debbano essere soddisfatti i creditori aventi diritto alla pre-deduzione (c.d. crediti di massa prededucibili). Sono prededucibili i crediti così qualificati da una specifica disposizione di legge e quelli sorti in occasione o in funzione del fallimento o di una precedente procedura concorsuale.

Solo successivamente potranno essere soddisfatti i creditori privilegiati ed i creditori chirografari.

 

 

Infine, l’articolo 32 della proposta di legge novella l’articolo 23 del codice di procedura civile in tema di individuazione del giudice competente a conoscere delle controversie tra condomini e condominio.

 

Normativa vigente

AC. 4041

Codice di procedura civile

Art. 23
Foro per le cause tra soci e tra condomini

Per le cause tra soci è competente il giudice del luogo dove ha sede la società; per le cause tra condomini il giudice del luogo dove si trovano i beni comuni o la maggior parte di essi.

Per le cause tra soci è competente il giudice del luogo dove ha sede la società; per le cause tra condomini, ovvero tra condomini e condominio, il giudice del luogo dove si trovano i beni comuni o la maggior parte di essi.

Tale norma si applica anche dopo lo scioglimento della società o del condominio, purché la domanda sia proposta entro un biennio dalla divisione.

Identico.

 

La proposta di legge codifica un principio già emerso in giurisprudenza e ampiamente condiviso, facendo chiarezza anche di limitate opinioni difformi.

 

Si ricorda, infatti che se la Cassazione ha generalmente riconosciuto l’applicazione dell’art. 23 anche alle controversie tra singolo condomino e condominio, per la riscossione dei contributi dovuti (cfr. Sez. II, sent. n. 12274 del 20-08-2002[6]; Sez. II, sent. n. 21172 del 05-11-2004[7] e, da ultimo Sez. Unite, sent. n. 20076 del 18-09-2006[8]), non sono mancate pronunce difformi; ad esempio, l’ordinanza della Sez. III, n. 269 del 10-01-2003, ha affermato che «Ai fini dell'applicabilità della disciplina di cui all'art. 23 c.p.c., che regola la competenza territoriale in ordine alle liti tra i partecipanti alla comunione, deve intendersi per "causa vertente tra condomini" quella in cui si discuta in ordine a rapporti giuridici attinenti al diritto reale di proprietà ed all'uso delle cose comuni, sicché la predetta disposizione non è legittimamente invocabile nella diversa ipotesi in cui l'amministratore, in rappresentanza del condominio, pretenda, nei confronti del singolo condomino, il pagamento delle spese condominiali».

 

 




[1]    Ovvero il tradizionale riferimento ai soli edifici composti da appartamenti disposti su più piani.

[2]    Pluralità di edifici, costituiti in distinti condomini, ma compresi in una più ampia organizzazione condominiale, legati tra loro dalla esistenza di talune cose, impianti e servizi comuni (quali il viale d'accesso, le zone verdi, l'impianto di illuminazione, la guardiola del portiere, il servizio di portierato, etc.), in rapporto di accessorietà con i fabbricati (Cass., Sez. II, sent. n. 9096 del 7 luglio 2000).

[3]    Cfr. Cassazione Civile, Sez. II, sent. n. 948 del 26-01-1995, «In tema di condominio, poiché l'art. 70 disp. att. c.c. prevede che per le infrazioni al regolamento di condominio può essere stabilito, a titolo di sanzione, il pagamento di una somma fino al lire cento, sono nulle, in quanto "contra legem", le eventuali disposizioni del regolamento di condominio che dovessero prevedere sanzioni di importo maggiore».

[4]    Vedi, ora, l'art. 78 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia emanato con D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.

[5]    Convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, Legge 20 marzo 2001, n. 66.

[6]    L'amministratore di condominio, nell'esercizio dell'attività di riscossione dei contributi dovuti da ciascun condomino per l'utilizzazione delle cose comuni, agisce in rappresentanza degli altri condomini, così che le controversie che insorgano in ordine a tale riscossione integrano gli estremi della "lite tra condomini" soggetta, quanto alla competenza per territorio, ai criteri di cui all'art. 23 cod. proc. civ. (cognizione del giudice del luogo in cui è sito l'immobile condominiale).

[7]    In materia di cause condominiali, il foro speciale esclusivo di cui all'art. 23 c.p.c., che prevede la competenza per territorio del giudice del luogo in cui si trovano i beni comuni o la maggior parte di essi, trova applicazione anche per le liti fra il condominio ed il singolo condomino.

[8]    L'art. 23 cod. proc. civ., che introduce un foro speciale esclusivo per le controversie tra condomini, stabilendo che per esse è competente il giudice del luogo in cui si trova l'immobile condominiale, trova applicazione anche alle liti tra condomino ed amministratore in ordine al pagamento dei contributi per l'utilizzazione delle cose comuni, agendo l'amministratore, nell'attività di riscossione, nella sua veste di mandatario con rappresentanza dei singoli condomini.