Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Responsabilità civile dei magistrati - A.C. 1956 Elementi per l'istruttoria legislativa
Riferimenti:
AC N. 1956/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 355
Data: 16/06/2010
Descrittori:
MAGISTRATI   RESPONSABILITA' CIVILE
Organi della Camera: II-Giustizia

 

16 giugno 2010

 

n. 355/0

 

Responsabilità civile dei magistrati

A.C. 1956

Elementi per l’istruttoria legislativa

 

 

Numero del progetto di legge

1956

Titolo

Modifiche alla legge 13 aprile 1988, n. 117, in materia di responsabilità civile dei magistrati

Iniziativa

On. Brigandì ed altri

Iter al Senato

No

Numero di articoli

1

Date:

 

presentazione o trasmissione alla Camera

26 novembre 2008

assegnazione

27 gennaio 2009

Commissione competente

II (Giustizia)

Sede

Referente

Pareri previsti

I (Affari costituzionali) e V (Bilancio)

 

 


Quadro normativo e contenuto

Quadro normativo

La responsabilità civile del magistrato, come quella dei pubblici dipendenti, trova il suo fondamento nell’art. 28 della Costituzione ed è disciplinata dalla legge 13 aprile 1988, n. 117.Essainerisce alla responsabilità nei confronti delle parti processuali o di altri soggetti a seguito di eventuali errori o inosservanze nell’esercizio delle funzioni.

Al contrario, la responsabilità disciplinare concerne la violazione dei doveri funzionali che il magistrato assume nei confronti dello Stato al momento della nomina.

La materia ha trovato una nuova regolamentazione all’indomani del referendum del novembre 1987, che ha comportato l’abrogazione della previgente disciplina, fortemente limitativa dei casi di responsabilità civile del giudice.

Sotto il profilo sostanziale, la legge 117 afferma il principio della risarcibilità di qualunque danno ingiusto conseguente ad un comportamento, atto o provvedimento giudiziario posto in essere da un magistrato con “dolo” o “colpa grave” nell’esercizio delle sue funzioni ovvero conseguente “a diniego di giustizia” (art. 2).

 

Ai sensi dell’art. 7, comma 3, della legge 117/1988, i giudici di pace e i giudici popolari rispondono soltanto in caso di dolo. I cittadini estranei alla magistratura che concorrono a formare o formano organi giudiziari collegiali rispondono in caso di dolo e nei casi di colpa grave di cui all'articolo 2, comma 3, lettere b) e c).

Secondo la costante interpretazione della giurisprudenza, il danno ingiustorisarcibile, secondo la nozione recepita dall'art. 2043 cod. civ., è quello che produce la lesione di un interesse giuridicamente rilevante, senza che assuma rilievo la qualificazione dello stesso in termini di diritto soggettivo o di interesse legittimo (Cass., III sez., ord. 10 agosto 2002, n. 12144; Sez. III, sent. 19 luglio 2002, n. 10549).

L’art. 2, comma 3, della legge 117, prevede che costituiscano colpa grave:

a) la grave violazione di legge determinata da negligenza inescusabile;

b) l'affermazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento;

c) la negazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento;

d) l'emissione di provvedimento concernente la libertà della persona fuori dei casi consentiti dalla legge oppure senza motivazione.

La legge chiarisce, comunque, che non possono dare luogo a responsabilità l’attività di interpretazione di norme di diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove (art. 2, comma 2), ferme restando le ipotesi di possibile responsabilità disciplinare del magistrato in presenza di un’abnorme o macroscopica violazione di legge ovvero di uso distorto della funzione giudiziaria. La tutela delle parti, in tali ipotesi, è di natura esclusivamente endoprocessuale, attraverso il ricorso al sistema delle impugnazioni del provvedimento giurisdizionale che si assume viziato.

Costituisce diniego di giustizia (art. 3) il rifiuto, l'omissione o il ritardo del magistrato nel compimento di atti del suo ufficio quando, trascorso il termine di legge per il compimento dell'atto, la parte ha presentato istanza per ottenere il provvedimento e sono decorsi inutilmente, senza giustificato motivo, i termini previsti dalla legge. In particolare, il termine ordinario è di 30 giorni dalla data di deposito in cancelleria dell’istanza; se tuttavia l'omissione o il ritardo senza giustificato motivo concernono la libertà personale dell'imputato, il termine è di 5 giorni (improrogabili, a decorrere dal deposito dell'istanza) o coincide con il giorno in cui si è verificata una situazione o è decorso un termine che rendano incompatibile la permanenza della misura restrittiva della libertà personale.

Chi ha subìto il danno ingiusto non può agire direttamente in giudizio contro il magistrato, ma deve agire contro lo Stato (art. 2, comma 1). Lo Stato, a determinate condizioni, può esercitare l’azione di rivalsa nei confronti del magistrato (art. 7).

Sotto il profilo processuale (artt. 4 e 5), l'azione di risarcimento del danno contro lo Stato:

§       deve essere esercitata nei confronti del Presidente del Consiglio dei Ministri e davanti al tribunale del capoluogo del distretto della corte d'appello competente ai sensi dell’art. 11 c.p.p. e dell'articolo 1 delle norme di attuazione del codice di procedura penale;

§       è esperibile soltanto quando siano stati esperiti i mezzi ordinari di impugnazione o gli altri rimedi previsti avverso i provvedimenti cautelari e sommari, e comunque quando non siano più possibili la modifica o la revoca del provvedimento ovvero, se tali rimedi non sono previsti, quando sia esaurito il grado del procedimento nell'ambito del quale si è verificato il fatto che ha cagionato il danno;

§       deve essere proposta a pena di decadenza entro 2 anni dal momento in cui l’azione è esperibile (3 anni dalla data del fatto che ha cagionato il danno se in tal termine non si è concluso il grado del procedimento nell'ambito del quale il fatto stesso si è verificato);

§       è sottoposta a delibazione preliminare di ammissibilità (controllo presupposti, rispetto termini e valutazione manifesta infondatezza) da parte del tribunale distrettuale.

 

Nel giudizio di risarcimento è ammessa la facoltà d’intervento del magistrato (art. 6) il cui comportamento, atto o provvedimento rileva in giudizio; questi non può essere assunto come teste né nel giudizio preliminare di ammissibilità, né nel giudizio contro lo Stato.

Se è accertata nel giudizio la responsabilità del magistrato, lo Stato, entro un anno dal risarcimento, esercita nei suoi confronti l'azione di rivalsa (artt. 7 e 8). In nessun caso la transazione è opponibile al magistrato nel giudizio di rivalsa e nel giudizio disciplinare. L'azione di rivalsa, promossa dal Presidente del Consiglio dei Ministri, va proposta davanti allo stesso tribunale del capoluogo del distretto della corte d'appello, da determinarsi a norma dell'articolo 11 c.p.p. e dell'articolo 1 delle norme di attuazione del codice di procedura penale.

La misura della rivalsa non può superare una somma pari al terzo di una annualità dello stipendio, al netto delle trattenute fiscali, percepito dal magistrato al tempo in cui l'azione di risarcimento è proposta, anche se dal fatto è derivato danno a più persone e queste hanno agito con distinte azioni di responsabilità. Tale limite non si applica al fatto commesso con dolo. L'esecuzione della rivalsa quando viene effettuata mediante trattenuta sullo stipendio, non può comportare complessivamente il pagamento per rate mensili in misura superiore al quinto dello stipendio netto.

Le citate disposizioni sulla misura della rivalsa dello Stato si applicano anche agli estranei che partecipano all'esercizio delle funzioni giudiziarie. Per essi la misura della rivalsa è calcolata in rapporto allo stipendio iniziale annuo, al netto delle trattenute fiscali, che compete al magistrato di tribunale; se l'estraneo che partecipa all'esercizio delle funzioni giudiziarie percepisce uno stipendio annuo netto o reddito di lavoro autonomo netto inferiore allo stipendio iniziale del magistrato di tribunale, la misura della rivalsa è calcolata in rapporto a tale stipendio o reddito al tempo in cui l'azione di risarcimento è proposta.

L’esercizio dell’azione disciplinarenei confronti del magistrato ordinario per i fatti che hanno dato causa all'azione di risarcimento spetta al procuratore generale presso la Corte di cassazione, l’azione va proposta entro due mesi dalla comunicazione del tribunale distrettuale che dichiara ammissibile la domanda di risarcimento. Gli atti del giudizio disciplinare possono essere acquisiti, su istanza di parte o d'ufficio, nel giudizio di rivalsa (art. 9).

La legge 117/1988 prevede invece l’applicazione delle norme ordinarie nel caso in cui il danno sia conseguenza di un fatto costituente reato commesso dal magistrato nell'esercizio delle sue funzioni (art. 13). In tal caso l'azione civile per il risarcimento del danno ed il suo esercizio anche nei confronti dello Stato come responsabile civile sono regolati dalle norme ordinarie; il danneggiato quindi potrà agire direttamente nei confronti del magistrato e dello Stato, quale responsabile civile, e l'azione di regresso dello Stato che sia tenuto al risarcimento nei confronti del danneggiato sarà disciplinata dalle norme ordinarie relative alla responsabilità dei pubblici dipendenti.

Come ha chiarito la giurisprudenza, la responsabilità ex art. 13 della legge n. 117 si pone su di un piano diverso da quello delle ipotesi di responsabilità contemplate dagli artt. 2 e segg. della legge stessa e si riferisce a fattispecie che presentino - rispetto all'ipotesi di dolo di cui all'art. 2 - un ulteriore connotato, rappresentato dalla costituzione di parte civile nel processo penale eventualmente instaurato a carico del magistrato, ovvero da una sentenza penale di condanna del medesimo, passata in giudicato (Cass., sez. I,. 19 agosto 1995, n. 8952; Cass., Sez. III, 16 novembre 2006, n. 24387).

 

Contenuto della proposta di legge

L’articolo unico della proposta di legge novella varie disposizioni della legge n. 117 del 1988, con la finalità, esplicitata anche nella relazione illustrativa, di rendere possibile l’esercizio dell’azione per il risarcimento del danno causato dal fatto doloso o gravemente colposo commesso dal magistrato nell’esercizio delle funzioni direttamente nei confronti del medesimo magistrato (anziché nei confronti dello Stato).

A tal fine, nella legge 117/1988:

- viene soppresso il riferimento all’azione “contro lo Stato” contenuto nell’art. 2 (comma 1);

- sono abrogati gli articoli da 4 a 8 (relativi alla disciplina dell’azione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, alla delibazione da parte del tribunale sull’ammissibilità della domanda, all’intervento del magistrato nel giudizio promosso contro lo Stato, e all’eventuale azione di rivalsa verso il magistrato da parte dello Stato) (comma 2).

Si segnala che, nonostante l’abrogazione dell’art. 4 della legge 117, in forza della disciplina generale di cui all’art. 30-bis c.p.c., permane la competenza del tribunale distrettuale come determinato ai sensi dell’art. 11 del codice di procedura penale.

Per esigenze di coordinamento viene, inoltre soppresso nell’art. 9, relativo all’azione disciplinare, il riferimento contenuto nel comma 1 alla “comunicazione di cui al comma 5 dell’articolo 5” (ovvero alla trasmissione degli atti ai titolari dell’azione disciplinare cui è tenuto il tribunale una volta dichiarata ammissibile la domanda nei confronti dello Stato) (comma 3). Tale comunicazione costituisce nel testo vigente dell’articolo 9 il termine dal quale decorrono i due mesi per l’esercizio dell’azione disciplinare nei confronti del magistrato per i fatti che hanno dato causa all’azione di risarcimento.

 

A seguito di tale soppressione, occorre chiarire il dies a quo del termine di due mesi per l’avvio dell’azione disciplinare.

 

L’ultima modifica riguarda il sopra richiamato art. 13 della legge 117, attualmente relativo alla responsabilità civile per fatti costituenti reato(comma 4).

La novella sopprime nella rubrica e nel comma 1 dell’art. 13 il riferimento ai fatti costituenti reato. Il testo novellato della disposizione assume quindi portata generale: esso sarà applicabile non soltanto ai danni provocati da fatti costituenti reato, ma in generale ai danni cagionati da fatti commessi dal magistrato nell’esercizio delle funzioni.

Per tali fatti, quindi il danneggiato potrà:

- da un lato, di chiedere un risarcimento per l’illecito civile anche indipendentemente dal dolo o dalla colpa grave del magistrato;

- dall’altro, di agire in sede civile tanto nei confronti del magistrato quanto dello Stato.

 

Si osserva che è necessario coordinare l’art. 13 che fa riferimento in generale ai danni cagionati dal fatto commesso dal magistrato nell’esercizio delle funzioni con le previsioni degli artt. 2 e 3 che circoscrivono la responsabilità civile del magistrato ai casi di dolo, colpa grave e diniego di giustizia.

 

Relazioni allegate

La proposta di legge è corredata della relazione illustrativa.

Necessità dell’intervento con legge

Il provvedimento novella una fonte di rango primario, il che rende necessario l’intervento con legge.

 

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Il contenuto della proposta di legge è riconducibile alla materia di competenza esclusiva dello Stato di cui all’art. 117, secondo comma, lett. l) Cost. (nella parte “giurisdizione e norme processuali” e “ordinamento civile”).

 

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Collegamento con lavori legislativi in corso

Il coordinamento si realizza attraverso l’uso della tecnica della novellazione.

 


 

 

 

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