Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Revisione della normativa in materia di filiazione AA.C. 2519 e abb.-B - Elementi per l'istruttoria legislativa
Riferimenti:
AC N. 2519-B/XVI   AC N. 3184/XVI
AC N. 3247/XVI   AC N. 3915/XVI
AC N. 2519/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 276    Progressivo: 2
Data: 19/06/2012
Descrittori:
AFFILIAZIONE     
Organi della Camera: II-Giustizia

 

19 giugno 2012

 

n. 276/2

Revisione della normativa in materia di filiazione

A.C. 2519 e abb.-B

Elementi per l'istruttoria legislativa

 

Numero del progetto di legge

2519 e abb.

Titolo

Modifiche al codice civile in materia di riconoscimento e di successione ereditaria dei figli naturali

Iniziativa

Parlamentare

Iter al Senato

Si

Numero di articoli

6

Date:

 

presentazione alla Camera

21 maggio 2012

assegnazione

23 maggio 2012

Commissione competente

II Giustizia

Sede

Referente

Pareri previsti

I Affari costituzionali

 

 


Contenuto

Il provvedimento in esame (C. 2519 e abb. –B) è stato approvato dalla Camera il 30 giugno 2011 e dal Senato, con modificazioni, il 16 maggio 2012. La proposta di legge è diretta a modificare la disciplina civilistica della filiazione naturale, con l’obiettivo di eliminare dall’ordinamento le residue distinzioni tra status di figlio legittimo e status di figlio naturale.

La proposta di legge consta di sei articoli: il primo disciplina le nuove disposizioni in materia di filiazione; il secondo prevede una delega al Governo per la modifica delle disposizioni vigenti per eliminare ogni discriminazione tra figli legittimi, naturali e adottivi; il terzo ridefinisce le competenze fra tribunali ordinari e tribunali dei minorenni in materia di procedimenti di affidamento e mantenimento dei figli dettando, inoltre, disposizioni a garanzia del diritto dei figli agli alimenti e al mantenimento; gli articoli 4 e 5 recano disposizioni transitorie e in materia di stato civile mentre l’art. 6 reca la clausola di invarianza finanziaria.

Di seguito viene, sinteticamente, dato conto del contenuto degli articoli della proposta: Sono evidenziate, in particolare, le modifiche introdotte dall’altro ramo del Parlamento.

 

L’articolo 1 interviene, al comma 1, sulla disciplina della parentela novellando l’art. 74 c.c., così da specificare che il vincolo sussiste tra le persone che discendono da un medesimo stipite, indipendentemente dal carattere legittimo o naturale della filiazione. La novella – che esclude la parentela nei casi di adozione di persone maggiori di età - è diretta a consentire la creazione di rapporti di parentela tra il figlio naturale e la famiglia del genitore.

Con le medesime finalità, il comma 4 dell’art. 1 novella l’art. 258 c.c. affermando che il riconoscimento non si limita a produrre effetti per il genitore che l’ha effettuato, ma estende la propria efficacia anche sui parenti del genitore stesso.

Il comma 2 dell'articolo 1, poi, modifica l'articolo 250 c.c., abbassando da 16 a 14 anni il limite di età a partire dalla quale il riconoscimento del figlio naturale non produce effetto senza il suo assenso; analogamente, è portata da 16 a 14 anni l’età al di sotto della quale il riconoscimento non può avere effetto senza il consenso dell'altro genitore che abbia già effettuato il riconoscimento.

Il comma 2, inoltre, detta una nuova formulazione del quarto comma dell'articolo 250 che reca una più compiuta disciplina processuale per i casi di rifiuto del consenso al riconoscimento da parte del genitore. In particolare, si prevedono termini certi per l’opposizione al riconoscimento (30 gg.); l’audizione del minore che abbia compiuto 12 anni (salvo eccezioni motivate dal grado di discernimento del minore); l’assunzione da parte del giudice di provvedimenti provvisori e urgenti per l’instaurazione della relazione parentale; l’adozione, con la sentenza definitiva, dei provvedimenti sull’affidamento ed il mantenimento del figlio naturale nonché sul cognome che debba assumere.

Viene inoltre modificato l’art. 250, quinto comma, c.c.: il vigente divieto di riconoscimento da parte dei genitori con meno di sedici anni di età è temperato dalla possibilità che il giudice li autorizzi, valutate le circostanze e avuto riguardo all’interesse del figlio

E’ stata introdotta al Senato una nuova disposizione (art. 1, comma 3) che riformula l’art. 251 c.c. ampliando la possibilità di riconoscimento dei figli incestuosi. La norma, ora rubricata “Autorizzazione al riconoscimento”,elimina, per i genitori, il requisito della inconsapevolezza - al momento del concepimento - del legame parentale tra loro esistente nonché la necessità della dichiarazione di nullità del matrimonio da cui deriva l’affinità. Viene precisato che, se il riconoscimento riguarda un minore, l’autorizzazione compete al tribunale dei minorenni.

L’art. 1, comma 4, della proposta di legge sostituisce il primo comma dell’art. 258 c.c., stabilendo che il riconoscimento produce effetti riguardo al genitore da cui fu fatto e riguardo ai parenti di esso (attualmente si prevede che il riconoscimento non produca effetti che riguardo al genitore da cui fu fatto, salvo i casi previsti dalla legge).

Il Senato ha soppresso l'originario comma 4 dell'articolo 1 del provvedimento, che modificava l’art. 262 c.c., prevedendo che il figlio naturale potesse assumere il cognome del padre aggiungendolo (e non più sostituendolo) a quello della madre.

Tale soppressione è stata giustificata nel corso del dibattito al Senato[1] con la “esigenza di evitare che, nel caso di coppie non coniugate, si determini una paradossale discriminazione fra i figli nati e riconosciuti in base alla legislazione vigente, che consente - come è noto - anche la sostituzione del cognome paterno a quello della madre, e i nascituri per il cui riconoscimento troverebbe applicazione la nuova disciplina che, nel testo della Camera, prevede la sola aggiunta del cognome paterno”.

Un’ulteriore modifica del Senato riguarda la riformulazione dell’art. 276 c.c. in materia di legittimazione passiva alla domanda di dichiarazione giudiziale di paternità naturale (art. 1, comma 5). La disposizione regola il caso (ora non previsto) in cui, morto il genitore, siano venuti meno anche i suoi eredi, parimenti legittimati passivi rispetto alla domanda. In tale ipotesi, il figlio naturale può proporre l'azione nei confronti di un curatore nominato dal giudice davanti cui il giudizio deve essere promosso[2].

Mentre il comma 6 dell’art. 1 integra la rubrica del titolo IX del libro I del codice civile sulla potestà dei genitori con il richiamo ai diritti e doveri del figlio (di cui al nuovo art. 315-bis), il successivo comma 7 detta una nuova formulazione dell’art. 315 del codice civile (Stato giuridico della filiazione) che, sulla base del principio ispiratore dell’intero provvedimento, prevede che “tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico”.

Collegata a tale modifica è la previsione di cui al comma 8, con l'introduzione dell’accennato articolo (315-bis c.c.) sui diritti e doveri del figlio.

Mentre il vigente art. 315 prevede solo i doveri del figlio verso i genitori (rispettare i genitori e contribuire, finchè convivente, al mantenimento della famiglia in relazione al proprio reddito e alle proprie capacità), l’art. 315-bis stabilisce anche il diritto del figlio: di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni; di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti; di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano, se ha compiuto i 12 anni o anche in età inferiore, se capace di discernimento.

Il comma 9 introduce nel codice civile una nuova disposizione (articolo 448-bis) che sottrae i figli dall'adempimento dell'obbligo di prestare gli alimenti nei confronti del genitore decaduto dalla potestà e permette loro di escluderlo, salvo eccezioni, dalla successione.

Con il comma 10 dell’art. 1, conformemente alla finalità del provvedimento di introdurre un unico stato giuridico della filiazione, sono abrogate le disposizioni sulla legittimazione dei figli naturali, di cui alla sezione II del capo II del titolo VII del libro primo del codice civile. Il comma 11, per le stesse finalità, prevede la sostituzione delle parole “figli legittimi” e “figli naturali”, ovunque ricorrano nel codice civile, con la parola: “figli”.

L'articolo 2 - sempre allo scopo dieliminare ogni discriminazione tra i figli - conferisce una delega al Governo per la modifica delle disposizioni in materia di filiazione e di dichiarazione dello stato di adottabilità. Il termine di esercizio della delega è stabilito in 12 mesi dall'entrata in vigore dalla legge (comma 1).

I numerosi princìpi e criteri direttivi dettati dal comma 1 per l’esercizio della delega (lettere da a) a p)) prevedono in primo luogo la sostituzione, in tutta la legislazione vigente, dei riferimenti ai figli legittimi e ai figli naturali con i riferimenti ai figli; viene però fatto salvo l’uso delle denominazioni di figli nati nel matrimonio o fuori del matrimonio, in relazione a disposizioni ad essi specificamente relative (lett. a).

I numeri (da 1 a 8) della lettera b) recano una nuova articolazione e ridefinizione sistematica dei capi del titolo VII dei libro primo, la cui rubrica è denominata “Dello stato di figlio”; la risistemazione ha anche finalità di coordinamento con l’abrogazione delle disposizioni sulla legittimazione.

La lettera c) prevede la ridefinizione della disciplina del possesso di stato e della prova della filiazione, prevedendo che la filiazione fuori del matrimonio può essere giudizialmente accertata con ogni mezzo idoneo.

La lettera d) indica, fra i criteri di delega, l'estensione della presunzione di paternità del marito rispetto ai figli comunque nati o concepiti durante il matrimonio e la ridefinizione della disciplina del disconoscimento di paternità nel rispetto dei principi costituzionali. In riferimento a tale lettera è stato soppresso nel corso dell’esame al Senato il richiamo alla “identità di legittimati attivi, di termini e di rito”.

La lettera e) prevede la modificazione della disciplina del riconoscimento dei figli naturali con l'adeguamento al principio dell’unificazione dello stato di filiazione delle disposizioni sull'inserimento del figlio riconosciuto nella famiglia di uno dei genitori, demandando al giudice la valutazione di compatibilità con i diritti della famiglia legittima; altro principio di delega concerne l'inammissibilità del riconoscimento in tutti i casi in cui il riconoscimento medesimo è in contrasto con lo stato di figlio riconosciuto o giudizialmente dichiarato.

Con la lettera f) si prevede l'abbassamento dell'età del figlio minore da 16 a 14 anni ai fini del’azione di disconoscimento della paternità (art. 244 c.c.), dell'impugnazione del riconoscimento previa autorizzazione giudiziale e nomina di un curatore speciale (art. 264 c.c.) e ai fini del consenso all'azione per la dichiarazione di paternità o maternità esercitata dal genitore o dal tutore (art. 274 c.c.).

La lettera g) indica, fra i criteri direttivi, la limitazione dell'imprescrittibilità dell'azione di impugnazione del riconoscimento solo al figlio e l'introduzione di un termine di decadenza per l'esercizio dell'azione da parte degli altri legittimati.

Il Senato ha soppresso il criterio direttivo (lettera h, nel testo Camera) secondo il quale: l’azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o maternità, ove manchino gli eredi del presunto genitore, potesse essere proponibile nei confronti dei loro eredi; la titolarità dell’azione è estesa agli ascendenti.

Mentre la nuova lettera h) prevede l'unificazione della disciplina sui diritti e i doveri dei genitori nei confronti dei figli nati sia nel matrimonio che fuori del matrimonio, la lettera i) concerne la disciplina delle modalità di esercizio del diritto all'ascolto del minore che abbia adeguata capacità di discernimento, precisando che, nell'ambito di procedimenti giurisdizionali, ad esso provvede il presidente del tribunale o il giudice delegato.

La successiva lettera l) prevede l'adeguamento della disciplina delle successioni e delle donazioni al principio dell’unificazione dello stato di figlio. Tale principio è stato integrato al Senato con la previsione, anche in relazione ai giudizi pendenti, di una disciplina che assicuri la produzione degli effetti successori nei confronti dei parenti anche per gli aventi causa del figlio naturale premorto o deceduto nel corso del riconoscimento con conseguente estensione delle relative azioni petitorie per il riconoscimento del diritto all’eredità.

Il criterio di cui alla lettera m) riguarda il necessario coordinamento della disciplina del diritto internazionale privato di cui alla legge n. 218/1995 al principio di unicità dello stato di figlio.

La lettera n) concerne la specificazione della nozione di abbandono morale e materiale del figlio, con riguardo all’irrecuperabilità delle capacità genitoriali, fermo restando che le condizioni di indigenza non possono essere di ostacolo all'esercizio del diritto del minore alla propria famiglia; la lettera o) prevede la segnalazione ai comuni da parte dei tribunali dei minori delle situazioni di indigenza di nuclei familiari che richiedano interventi di sostegno nonchè i controlli che lo stesso tribunale effettua sulle situazioni di disagio segnalate agli enti locali; l’ultimo criterio di delega riguarda il diritto dei nonni ovvero la legittimazione degli ascendenti a far valere il diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minori (lettera p).

 

Il comma 2 dell’art. 2 prevede che i decreti delegati possano modificare ed integrare la normativa di attuazione del codice civile e le disposizioni transitorie per assicurare il necessario coordinamento con gli indicati principi e criteri direttivi.

Sugli schemi di decreto legislativo è previsto il parere delle Commissioni parlamentari, che si esprimono entro due mesi (comma 3).

È altresì prevista la potestà del Governo di adottare, entro un anno dall'entrata in vigore di ciascun decreto legislativo, decreti integrativi o correttivi (comma 4).

 

Durante l’esame al Senato è stato integralmente riformulato il contenuto dell’articolo 3 del provvedimento che, nel testo approvato dalla Camera, introduceva  un nuovo Capo I-bis nel titolo II del libro quarto codice di rito civile, relativo al procedimento per l'affidamento dei figli di genitori non coniugati (artt. da 711-bis a 711-quaterdecies). Tale procedimento, di competenza del tribunale dei minorenni, era disciplinato con riguardo alla forma della domanda, alla comparizione personale delle parti, al tentativo di conciliazione, ai poteri del giudice, alla possibilità di emettere provvedimenti temporanei e alla fase decisoria, alle garanzie, nonché alle impugnazioni e alla modificabilità dei provvedimenti adottati.

II nuovo articolo 3 detta una nuova formulazione dell’art. 38 delle Disposizioni di attuazione del codice civile.In particolare, elimina dal testo dell'articolo 38 il riferimento all'articolo 317-bis c.c., così sottraendo al tribunale per i minorenni (ed attribuendola al tribunale ordinario) la competenza sulle controversie relative all'esercizio della potestà e all'affidamento anche dei figli naturali.

Inoltre, attraverso la soppressione nello stesso art. 38 dei relativi riferimenti normativi, riconosce al tribunale ordinario anziché al tribunale dei minorenni la competenza nelle seguenti materie: disciplina dell’amministrazione del fondo patrimoniale (art. 171); costituzione dell'usufrutto sui beni di un coniuge in relazione alle necessità della prole (art. 191, secondo comma); riconoscimento dei figli naturali (art. 250); affidamento del figlio naturale e suo inserimento nella famiglia legittima (art. 252); assunzione del cognome del minore (art. 262); autorizzazione all’impugnazione del riconoscimento del figlio naturale (art. 264); decisioni nell’interesse del figlio in caso di contrasto tra i genitori (art. 316), esercizio della potestà dei genitori (art. 317-bis); dichiarazione giudiziale di paternità o maternità (art. 269, primo comma). Con riferimento poi all'adozione da parte del giudice di provvedimenti in presenza di una condotta del genitore pregiudizievole per i figli (art. 333), viene confermata la competenza del tribunale per i minorenni, salvo che sia in corso un procedimento di separazione o divorzio o in materia di esercizio della potestà genitoriale, nel qual caso la competenza è attribuita al giudice ordinario.

Oltre all’adozione del rito camerale nei procedimenti di affidamento e mantenimento dei minori, si prevede che i provvedimenti emessi dal tribunale competente in camera di consiglio siano provvisoriamente esecutivi. E’ confermata, poi, la competenza della sezione di corte d’appello per i minorenni sul reclamo sulle decisioni del tribunale dei minorenni.

Il comma 2 dell’art. 3 detta infine disposizioni in materia di adempimenti in materia di alimenti e mantenimento dei figli. In particolare si prevedono obblighi di prestazione di garanzie personali o reali nonché il possibile sequestro dei beni del genitore obbligato. I provvedimenti giudiziali,ove definitivi, permettono l’iscrizione di ipoteca sui beni del debitore ai sensi dell’art. 2818 del codice civile.

Il Senato ha modificato l’articolo 4, relativo alle disposizioni transitorie

La modifica ha natura di coordinamento: ai processi sull’affidamento e mantenimento dei figli, in corso alla data di entrata in vigore della legge in esame, si applica la disciplina sul procedimento camerale di cui agli artt. 737 e ss. c.p.c. nonché quella in materia di garanzie sull’adempimento degli obblighi alimentari e di mantenimento di cui all’art. 3, comma 2, della proposta di legge.

Nessuna modifica è stata, infine, apportata agli articoli 5 e 6 del provvedimento in esame.

L'articolo 5, al comma 1, demanda ad un regolamento governativo le necessarie e conseguenti modifiche alla disciplina dettata in materia di ordinamento dello stato civile dal regolamento di cui al DPR 396 del 2000, mentre al comma 2 si prevede una modifica dell'articolo 35 dello stesso regolamento, relativo al nome imposto al bambino.

L'articolo 6 reca infine la clausola di invarianza finanziaria.

 

Relazioni allegate

L’originaria proposta di legge, di iniziativa parlamentare, era corredata dalla sola relaizone illustrativa.

 

Necessità dell’intervento con legge

L’intervento legislativo è necessario essendo diretto a modificare disposizioni vigenti di rango primario.

 

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

La proposta di legge costituisce esercizio della competenza legislativa statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. l), Cost., con riguardo all’ordinamento civile e alle norme processuali.

 

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Attribuzione di poteri normativi

L'articolo 5, comma 1, demanda ad un regolamento governativo le modifiche consequenziali alla disciplina dettata in materia di ordinamento dello stato civile dal regolamento di cui al DPR 396 del 2000.

 

Coordinamento con la normativa vigente

Il coordinamento è assicurato attraverso al tecnica della novella legislativa.

 

Collegamento con lavori legislativi in corso

Si segnala che, in relazione al cognome del minore, la Commissione Giustizia della Camera ha avviato l’esame di numerose proposte di legge (A.C. 36 e abbinate) che individuano regole distinte per l’attribuzione del cognome ai figli naturali rispetto a quelli legittimi. ll testo unificato adottato come testo base il 17 giugno 2009 prevede infatti che i figli assumano il cognome di entrambi i genitori. Al figlio legittimo è attribuito il doppio cognome secondo l’ordine concordemente deciso con dichiarazione resa allo stato civile (in mancanza di accordo, vale l’ordine alfabetico); il figlio naturale assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto e, nel caso di riconoscimento contemporaneo, si applica la disciplina prevista per il figlio legittimo.

 

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File: GI0326b_0.doc



[1] Vedi Senato, seduta dell’Assemblea del 15 maggio 2012.

[2] Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n 21287 del 3 novembre 2005 ha, invece, escluso la legittimazione passiva degli eredi degli eredi, cui spetterebbe solo la possibilità di intervenire nel procedimento ai sensi dell'articolo 276, secondo comma, del codice civile.