Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Carta europea delle lingue regionali o minoritarie - A.C. 5118, A.C. 38 e A.C. 265
Riferimenti:
AC N. 38/XVI   AC N. 265/XVI
Serie: Progetti di legge    Numero: 572
Data: 22/05/2012
Descrittori:
EUROPA   MINORANZE LINGUISTICHE
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari
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Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Carta europea
delle lingue regionali o minoritarie

A.C. 5118, A.C. 38 e A.C. 265

 

 

 

 

 

 

 

n. 572

 

 

 

 

22 maggio 2012

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Affari esteri

( 066760-4939– * st_affari_esteri@camera.it

 

 

 

 

 

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File: es0992.doc

 


INDICE

Schede di lettura

Dati identificativi3

Contenuto dell’accordo  5

Contenuto dei progetti di legge di ratifica  11

La legge sulle minoranze linguistiche storiche  13

Pubblicistica

V. Piergigli ‘La legge 15 dicembre 1999, n. 482: un traguardo per le minoranze linguistiche (finora) debolmente protette’, in: Quaderni costituzionali, n. 1/2000  19

V. Piergigli ‘La legge 15 dicembre 1999, n. 482 (‘Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche’) ovvero dall’agnosticismo al riconoscimento’, in: Rassegna parlamentare n. 3/2000  19

G. M. Scalia ‘La Carta europea delle lingue regionali o minoritarie’, in: Rivista di studi politici internazionali, n. 3/2005  19

L. Scalpelli ‘Minoranze d’Italia, minoranze d’Europa: diversità linguistiche e patrimoni culturali’, in: Sociologia, n. 2/2006  19

 

 


Schede di lettura

 


Dati identificativi

Numero del progetto di legge

5118

Titolo

Ratifica ed esecuzione della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, fatta a Strasburgo il 5 novembre 1992

Iniziativa

Governativa

Iter al Senato

No

Numero di articoli

5

Date

 

§       presentazione alla Camera

11 aprile 2012

§       assegnazione

26 aprile 2012

Commissione competente

III (Affari esteri)

Sede

Referente

Pareri previsti

Commissioni I, II, V, VI, VII, IX, XI, XII, Questioni regionali

 

 

Numero del progetto di legge

38

Titolo

Ratifica ed esecuzione della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, fatta a Strasburgo il 5 novembre 1992

Iniziativa

Parlamentare

Iter al Senato

No

Numero di articoli

6

Date

 

§       presentazione alla Camera

29 aprile 2008

§       assegnazione

18 settembre 2008

Commissione competente

III (Affari esteri)

Sede

Referente

Pareri previsti

Commissioni  I, II, V, VI, VII, IX, XI, XII; Questioni regionali

 


 

Numero del progetto di legge

265

Titolo

Ratifica ed esecuzione della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, fatta a Strasburgo il 5 novembre 1992

Iniziativa

Parlamentare

Iter al Senato

No

Numero di articoli

4

Date

 

§       presentazione alla Camera

29 aprile 2008

§       assegnazione

22 maggio 2008

Commissione competente

III (Affari esteri)

Sede

Referente

Pareri previsti

Commissioni  I, II, V, VI, VII, IX, XI, XII,  Questioni regionali

 



Contenuto dell’accordo

 

 

La Carta europea delle lingue regionali o minoritarie è stata redatta in seno al Consiglio d'Europa e aperta alla firma a Strasburgo il 5 novembre 1992: dopo il raggiungimento delle cinque ratifiche previste (v. infra), la Carta è entrata in vigore a livello internazionale - condizione per l'entrata in vigore nei singoli ordinamenti dei Paesi ratificanti - il 1° marzo 1998.

Attualmente la Carta è in vigore per 25 Paesi del Consiglio d'Europa, mentre altri 8 hanno firmato la Carta senza peraltro ancora ratificarla: tra questi ultimi vi è anche l'Italia, la cui firma è del 27 giugno 2000[1].

Si ricorda inoltre che nella XIV Legislatura la Camera aveva approvato in un testo unificato, poi trasmesso al Senato, 4 proposte di legge di autorizzazione alla ratifica della Carta: il relativo iter parlamentare non è tuttavia terminato entro la fine della Legislatura.

Analogamente, nella XV Legislatura un disegno di legge d’iniziativa governativa per l’autorizzazione alla ratifica della Carta era stato esaminato congiuntamente a quattro progetti di legge di iniziativa parlamentare ed adottato dalla Commissione Esteri della Camera come testo base, ma l’esame del provvedimento si era interrotto con la fine anticipata della Legislatura.

 

La Carta è volta alla protezione e alla promozione delle lingue regionali e minoritarie storicamente radicate: essa riflette da un lato la preoccupazione di mantenere e sviluppare le tradizioni e il patrimonio culturale dell'Europa, e dall'altro di assicurare il rispetto del diritto universalmente riconosciuto e irrinunciabile di utilizzare una lingua regionale o minoritaria tanto nella vita privata che in quella pubblica.

La Carta contiene anzitutto obiettivi e principi che impegnano le Parti con riferimento a tutte le lingue regionali o minoritarie esistenti sul loro territorio: è anzitutto sancito il rispetto dell'area geografica di diffusione di ciascuna di tali lingue, assieme alla necessità di una loro promozione, orale e scritta, nella vita pubblica e privata attraverso adeguati mezzi di insegnamento e studio, nonché scambi internazionali qualora alcune delle lingue regionali o minoritarie siano usate anche in altri Stati in forma identica o affine.

Inoltre, la Carta enuncia una serie di misure da adottare allo scopo di una maggiore diffusione delle lingue regionali o minoritarie nell'ambito della vita pubblica, e precisamente nell'insegnamento, nella giustizia, nell'attività della Pubblica amministrazione, nel campo dei media e più in generale nelle attività culturali.

I Paesi che ratificheranno la Carta si impegnano all'applicazione di un numero ben preciso di misure, tra cui alcune considerate irrinunciabili, e dovranno all'atto della ratifica enunciare esattamente a quali lingue intendono applicare quelle misure.

E' previsto altresì un meccanismo di monitoraggio dell'attuazione delle disposizioni della Carta.

 

Passando all'esame in dettaglio della Carta, si rileva che essa consta di un Preambolo e di 23 articoli.

Nel Preambolo, il diritto all'uso delle lingue regionali o minoritarie viene inquadrato nell'ambito dei diritti fondamentali garantiti dal Patto internazionale sui diritti civili e politici delle Nazioni Unite (1966) e dalla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla salvaguardia dei diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali (1950); l'esercizio di tale diritto rappresenta inoltre un contributo importante per la costruzione di un'Europa democratica, che non potrà che riconoscere e rispettare la diversità culturale testimoniata in modo rilevante proprio dalla sopravvivenza delle lingue regionali o minoritarie.

L'articolo 1 contiene importanti definizioni su cui si impernia il seguito della Carta: con l'espressione "lingue regionali o minoritarie" si intendono le lingue
tradizionalmente parlate nell'ambito del territorio di uno Stato da una minoranza di cittadini, con esclusione dei dialetti della lingua ufficiale e delle lingue di origine di eventuali gruppi di immigrati. D'altra parte, con l'espressione "territorio nel quale una lingua regionale o minoritaria viene usata" si intende l'area geografica nella quale l'uso di questa lingua ha una diffusione tale da giustificare l'adozione delle diverse misure di tutela e promozione previste dalla Carta. L'articolo in esame prevede anche il caso di "lingue sprovviste di territorio", minoritarie ma senza riferimento a una particolare area geografica.

Gli articoli 2 e 3 riguardano specificamente gli impegni delle Parti contraenti di cui si è già fatto cenno: esse si impegnano ad applicare le disposizioni della Parte II a tutte le lingue regionali o minoritarie presenti nel proprio territorio e rispondenti alle definizioni dell'articolo 1. Per ciascuna lingua indicata al momento della ratifica ogni Parte si impegna ad applicare un minimo di trentacinque paragrafi scelti tra le disposizioni della Parte III della Carta, con obbligo di adottarne dieci da quelli facenti parte di un nucleo irrinunciabile, come enunciati agli articoli 8-13. Ognuna delle Parti potrà altresì notificare successivamente di voler applicare altri paragrafi, oltre a quelli comunicati al momento della ratifica, o di voler estendere ad altre lingue la tutela assicurata dalla Carta.

Gli articoli 4-5 contengono clausole di salvaguardia del diritto internazionale esistente (diritto all'integrità degli Stati esistenti, Carta delle Nazioni Unite, diritti garantiti dalla Convenzione europea sui Diritti dell'Uomo), nonché delle eventuali previsioni nazionali già esistenti, negli Stati che diverranno Parti della Carta, in merito alla tutela e allo stato giuridico dei membri delle varie minoranze. Ai sensi dell'articolo 6, le Parti si impegnano a fornire debita informazione sui diritti e i doveri sanciti dalla Carta a tutti i destinatari di essa (pubbliche autorità, organizzazioni e individui).

L'articolo 7 - che costituisce l'intera Parte II - concerne gli obiettivi e i principi da perseguire con l'applicazione dell'Accordo: prioritario è il riconoscimento delle lingue regionali o minoritarie quali espressione della ricchezza culturale. Si dovrà inoltre assicurare che le circoscrizioni amministrative esistenti o nuove non costituiscano un ostacolo alla promozione di una di tali lingue. Un'azione forte di promozione delle lingue regionali o minoritarie sarà possibile con l'incoraggiamento all'uso orale e scritto di esse tanto nella vita pubblica che nei rapporti privati, nonché apprestando mezzi adeguati di insegnamento e studio delle lingue regionali o minoritarie a tutti i livelli.

Gioverà inoltre al complessivo sforzo di promozione l'impulso a compiere ricerche sulle lingue regionali o minoritarie in ambito accademico, come anche gli scambi transnazionali per quelle lingue usate in forma identica o simile in due o più Stati. Qualora sussista, le Parti si impegnano ad eliminare qualsiasi restrizione volta a scoraggiare il mantenimento e lo sviluppo di una lingua minoritaria o regionale: è viceversa consentita l'adozione di provvedimenti speciali a favore delle lingue regionali o minoritarie.

Un altro obiettivo degli impegni della Carta è la reciproca comprensione fra tutti i gruppi linguistici di un Paese, a cominciare dai banchi di scuola fino a giungere ai media: le autorità pubbliche dovranno tener conto delle aspirazioni e dei suggerimenti espressi dai gruppi linguistici minoritari, che potranno dar luogo a propri organismi consultivi.

Più cauto è l'approccio per quanto riguarda le lingue sprovviste di territorio (es. la lingua dei Rom), per le quali si dovranno in special modo rispettare le tradizioni e le caratteristiche dei gruppi che parlano le lingue in questione.

La Parte III è costituita dagli articoli 8-14, e concerne propriamente le misure che devono favorire la conservazione e lo sviluppo delle lingue regionali e minoritarie.

Nei settori dell'istruzione prescolare, primaria, secondaria o professionale, in base all'articolo 8, le Parti possono scegliere tra diverse graduazioni di intervento: assicurare che i relativi corsi si tengano, là dove quelle lingue rivestono importanza, nelle lingue stesse; oppure che almeno una parte dei corsi sia tenuta usando tali lingue; ovvero applicare tali insegnamenti ad un congruo numero di alunni o famiglie che lo desiderino.

Per quanto concerne le università, anche in questo caso si va dall'impegno a tenere i corsi interamente nelle lingue minoritarie o regionali nelle zone di interesse, alla possibilità di prevedere lo studio di esse come discipline universitarie, al semplice incoraggiamento ad un più ampio uso delle lingue in questione in ambito accademico. Analogo ventaglio di opzioni vale per le Parti rispetto ai corsi di istruzione per adulti o di educazione permanente. Altri impegni essenziali riguardano la necessità di provvedere affinché sia assicurato l'insegnamento della storia e della cultura di cui la lingua regionale o minoritaria è espressione, nonché la formazione iniziale e permanente degli insegnanti.

L'articolo 9 contiene gli impegni delle Parti con riguardo agli aspetti giudiziari dell'uso delle lingue regionali o minoritarie, tanto nelle cause penali quanto in quelle civili o amministrative: le possibilità a disposizione delle Parti vanno dalla conduzione dei processi in una delle lingue in oggetto, alla possibilità di produrre in giudizio elementi di prova, atti e documenti redatti in una di esse, fino a consentire a chi compaia nel giudizio quale parte in causa di esprimersi un una lingua regionale o minoritaria (senza perciò doversi sobbarcare ulteriori spese). Inoltre, le Parti si impegnano a non negare la validità di atti giuridici redatti nello Stato per il solo fatto di essere formulati in una lingua regionale o minoritaria, oppure a non negare  per lo stesso motivo la validità, tra le Parti, di atti giuridici; le Parti si impegnano altresì a rendere accessibili, nelle lingue regionali o minoritarie, i testi legislativi nazionali più importanti e quelli che riguardano i locutori di queste lingue.

L'articolo 10 concerne le Autorità amministrative e i servizi pubblici nelle zone di esistenza e di uso corrente delle lingue regionali o minoritarie. Nelle circoscrizioni amministrative decentrate dello Stato l'impegno delle Parti concerne l'utilizzazione di tali lingue, generalizzata o limitata ai contatti con coloro che le parlano, ovvero l'assicurazione che i locutori di lingue regionali o minoritarie possano presentare domande orali o scritte (ed eventualmente ricevere risposta) in tali lingue; completano gli impegni la possibilità di redigere documenti nelle lingue regionali o minoritarie (sia da parte delle Amministrazioni decentrate che dei cittadini) e la preparazione di modulistica e testi amministrativi nella lingua di uso locale.

Analoghi impegni concernono le amministrazioni regionali e locali e i servizi pubblici forniti localmente, con l'aggiunta significativa della possibilità dell'utilizzazione della lingua locale - accanto beninteso a quella ufficiale - nei dibattiti delle assemblee regionali e locali e nella toponomastica. Strumentale al raggiungimento di tali scopi è l'ulteriore impegno all'utilizzo di traduzioni o di interpreti eventualmente richiesti, nonché l'assunzione o la formazione di funzionari e di altri impiegati pubblici in numero sufficiente. Rilevante appare infine, in questo articolo, la possibilità dell'uso o dell'adozione di cognomi nelle lingue regionali o minoritarie.

Ai sensi dell'articolo 11, le Parti si impegnano, nei limiti delle proprie competenze, a creare, o a incoraggiare la creazione, di stazioni televisive e radiofoniche nelle lingue regionali o minoritarie, o almeno a far sì che programmi in tali lingue entrino nel palinsesto delle stazioni esistenti; allo stesso modo, l'impegno concerne la creazione di organi di stampa nelle lingue regionali o minoritarie o, in subordine, la pubblicazione di articoli in tali lingue. Le Parti potranno anche estendere le eventuali provvidenze esistenti a favore delle produzioni audiovisive nazionali a quelle nelle lingue regionali o minoritarie, e assicurare adeguata rappresentanza degli interessi dei locutori di una lingua regionale o minoritaria nelle Autorità per la libertà e il pluralismo nell'informazione eventualmente esistenti nel Paese.

Le Parti si impegnano inoltre a garantire la libertà di ricevere direttamente le trasmissioni radiofoniche e televisive dei paesi vicini in una lingua parlata in forma identica o simile ad una lingua regionale o minoritaria, come anche la libertà della stampa estera che utilizzi una tale lingua di entrare e circolare liberamente: sono naturalmente salvaguardati i diritti d'intervento delle Autorità nazionali per motivi di sicurezza e tutela dell'ordine in senso lato.

Sulla base dell'articolo 12, le Parti si impegnano, nei limiti delle proprie competenze, a incoraggiare i tipi di espressione e le iniziative proprie delle lingue regionali o minoritarie, e a favorire i diversi mezzi di accesso alle opere prodotte in queste lingue, inclusa un'attività di traduzione da e verso le lingue regionali e minoritarie; le Parti inoltre dovrebbero assicurare che gli organismi incaricati di organizzare o di sostenere diverse forme di attività culturali includano in misura adeguata la conoscenza e l'uso delle lingue e culture regionali o minoritarie, servendosi di personale adeguatamente preparato. La politica culturale all'estero di ciascuna delle Parti dovrebbe parimenti fare spazio alle lingue regionali o minoritarie e alla cultura di cui esse sono l'espressione.

Per quanto riguarda i molteplici aspetti della vita economica e sociale, l'articolo 13 riporta l'impegno delle Parti a rimuovere dalla loro legislazione e dagli atti privati qualsiasi proibizione o limitazione immotivata all'uso delle lingue regionali o minoritarie, cercando anzi di favorirne l'espansione.

Il successivo articolo 14 vincola le Parti all'effettiva applicazione degli accordi bilaterali e multilaterali che le legano agli Stati in cui venga usata la stessa lingua in forma identica o simile, o a cercare di concluderli se necessario, in modo da favorire i contatti tra i locutori della stessa lingua negli Stati interessati, nei campi della cultura, dell'educazione, dell'informazione, della formazione professionale e dell'educazione permanente. Inoltre, nell'interesse delle lingue regionali o minoritarie, le Parti dovranno promuovere la cooperazione transfrontaliera tra le amministrazioni regionali o locali nel cui territorio la stessa lingua venga usata in forma identica o simile.

La Parte IV si compone degli articoli 15-17, in base ai quali le Parti presenteranno al Segretario Generale del Consiglio d'Europa rapporti periodici sull'attuazione della Carta: il primo rapporto deve essere presentato l'anno dopo l'entrata in vigore della Carta per la Parte interessata, gli altri rapporti a intervalli triennali. Viene costituito un Comitato di esperti, composto da un membro di ciascuna Parte scelto dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa da una lista di persone moralmente affidabili e di elevata competenza nel settore oggetto della Carta, proposte dalla Parte interessata. I membri del comitato durano in carica sei anni e il loro mandato è rinnovabile.

Il Comitato valuterà i rapporti presentati al Segretario Generale del Consiglio d'Europa: organismi e associazioni legalmente costituite in una Parte potranno far presente al Comitato di esperti questioni relative agli impegni presi da detto Stato in virtù della Parte III della Carta, e il Comitato consulterà la Parte interessata. Sulla base dei rapporti e delle informazioni ricevute, il Comitato di esperti preparerà un rapporto per il Comitato dei Ministri, comprensivo delle osservazioni che le Parti saranno invitate a formulare, e che potrà essere reso pubblico: esso conterrà le proposte del Comitato di esperti al Comitato dei Ministri in vista di eventuali osservazioni di quest'ultimo ad una o più Parti. Dal canto suo, il Segretario Generale del Consiglio d'Europa presenterà un rapporto biennale dettagliato all'Assemblea parlamentare sull'applicazione della Carta.

La Parte V, costituita dagli articoli 18-23, reca le clausole finali del Trattato: la Carta è aperta alla firma degli Stati membri del Consiglio d'Europa: la sua entrata in vigore è subordinata al deposito delle ratifiche di cinque Stati membri del Consiglio d'Europa. Dopo l'entrata in vigore il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa potrà invitare qualsiasi Stato che non sia membro del Consiglio d'Europa ad aderire alla Carta. Ognuna delle Parti potrà, in qualsiasi momento, denunciare la Carta inviandone notifica al Segretario Generale del Consiglio d'Europa.

 

 


 

Contenuto dei progetti di legge di ratifica

 

 

Come accennato, sono due le proposte di legge all’esame della III Commissione che prevedono l’autorizzazione alla ratifica della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie: si tratta della pdl Zeller ed altri (A.C. 38) e della pdl Mecacci ed altri (A.C. 265).

Entrambe le proposte di legge prevedono, oltre alle consuete formule recanti autorizzazione alla ratifica e ordine di esecuzione della Carta, disposizioni sull’entrata in vigore della legge, stabilita per il giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

La proposta di legge Zeller ed altri (A.C. 38) rinvia, all’art. 3, ad un elenco allegato nel quale sono richiamati i trentacinque paragrafi della Convenzione che l’Italia intende applicare. L’art. 4, in attuazione dell’art. 11, par. 1, lettera a) della Carta, prevede che nel prossimo contratto di servizio della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo vengano introdotte misure per la diffusione di programmi radiofonici e televisivi nelle lingue regionali e minoritarie di cui al precedente art. 3.

L’art. 5 contiene una clausola di salvaguardia delle disposizioni nazionali vigenti eventualmente più favorevoli per la tutela delle lingue minoritarie e regionali.

Tale previsione sembra in ogni caso riprodurre quanto disposto dall’articolo 4, par. 2 della Carta. Si osserva inoltre che la normativa delle regioni italiane ad autonomia speciale è già riconosciuta di livello più favorevole per le minoranze linguistiche storiche; per quanto concerne le regioni a statuto ordinario queste, in base alla citata legge n. 482/1999, sono tenute nelle materie di loro competenza a conformarsi ai princìpi di detta normativa nazionale, mantenendo peraltro le eventuali disposizioni regionali più favorevoli per le minoranze.

L’altra disposizione di contenuto innovativo della pdl A.C. 38 riguarda una modifica dell’Allegato A intesa ad estendere alle popolazioni germaniche dell’Alto Adige, slovene e a quelle parlanti il francese e il ladino quanto previsto all’articolo 11, paragrafo 1, lettera a (i), della Carta riguardo ai mass media, ovvero “a garantire l’istituzione di almeno una stazione radiofonica e di una rete televisiva”.

 

La proposta di legge Mecacci ed altri (A.C. 265) prevede espressamente una norma di copertura a carico del Fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per il 2008, con parziale utilizzazione dell’accantonamento relativo al Ministero degli Affari esteri (art. 3): la norma risulta priva peraltro di quantificazione degli oneri derivanti dall’attuazione del provvedimento.

Il disegno di legge d’iniziativa governativa (A.C. 5118), adottato come testo-base dalla III Commissione nella seduta nel 9 maggio 2012, ricalca un disegno di legge presentato nel corso della pregressa legislatura ed è analogo alla proposta di legge A.C. 38, anche se non contiene la norma di salvaguardia delle eventuali disposizioni nazionali vigenti più favorevoli, di cui all’articolo 5 della proposta Zeller.

Inoltre, secondo quanto disposto dall’art. 4, riguardante la programmazione radiotelevisiva, in applicazione dell’articolo 11, paragrafo 1, lettera a), della Carta, nel contratto di servizio tra il Ministero dello sviluppo economico e la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo siano introdotte misure dirette ad assicurare la diffusione di programmi radiotelevisivi nelle lingue regionali o minoritarie di cui all’articolo 3 della presente legge, conformemente a quanto disposto dall’articolo 12 n. 482 del 1999.

Si segnala inoltre che, per quanto attiene alla tutela delle cosiddette “lingue non territoriali (quelle che non possono essere ricollegate ad un'area geografica particolare, cfr. supra) tutelate dall’articolo 1, lettera c) della Carta, la relazione illustrativa che accompagna il disegno di legge precisa che “atteso che le minoranze nomadi presenti nel nostro Paese non sono state riconosciute dalla citata legge n. 482 del 1999 proprio perché si tratta di etnie non ancorate a un territorio” il Governo italiano formulerà, in sede di Carta, una riserva ai sensi dall’articolo 7, paragrafo 5 della Carta stessa.

 

 


 

La legge sulle minoranze linguistiche storiche

 

 

La legge 15 dicembre 1999, n. 482, “Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche”,introduce nell’ordinamento, “in attuazione dell’articolo 6 della Costituzione e in armonia con i princìpi generali stabiliti dagli organismi europei ed internazionali” (art. 2), una disciplina organica di tutela delle lingue e delle culture minoritarie storicamente presenti in Italia, e più specificamente delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo.

Carattere ufficiale della lingua italiana

La legge sancisce preliminarmente il carattere ufficiale della lingua italiana quale lingua della Repubblica e la valorizzazione del patrimonio linguistico e culturale della lingua italiana (art. 1).

Ambito di applicazione delle norme di tutela

La competenza a definire gli ambiti territoriali (anche subcomunali) di applicazione delle norme di tutela è attribuita a ciascun consiglio provinciale; il procedimento è attivabile da parte di almeno il quindici per cento dei cittadini iscritti nelle liste elettorali e residenti nei comuni interessati oppure da un terzo dei consiglieri comunali dei comuni espressione della medesima minoranza, i quali esprimono in ogni caso il loro parere sulla proposta di delimitazione. Nel caso in cui non si siano verificate tali condizioni, il procedimento può iniziare a seguito della pronuncia favorevole delle popolazioni interessate in una consultazione referendaria indetta allo scopo (art. 3).

Istruzione scolastica e universitaria

Una serie di norme è finalizzata a promuovere l’apprendimento delle lingue minoritarie. Nelle scuole materne, elementari e scuole secondarie di primo grado è previsto, accanto all’uso della lingua italiana, l’uso della lingua della minoranza come strumento di insegnamento. Nelle stesse scuole, le istituzioni scolastiche determinano, tenendo conto anche delle richieste delle famiglie degli alunni, le modalità di svolgimento delle attività di insegnamento della lingua e delle tradizioni culturali delle comunità locali, adottano iniziative per lo studio delle lingue e delle tradizioni culturali delle minoranze tutelate e promuovono la formazione e l’aggiornamento degli insegnanti in tal senso. L’insegnamento della lingua della minoranza viene impartito su richiesta espressa rivolta alle istituzioni scolastiche dai genitori interessati (art. 4). Le università, nell’ambito della loro autonomia organizzativa e delle proprie risorse, possono istituire corsi di lingua e cultura delle minoranze e agevolare la ricerca scientifica e le attività culturali e formative in materia (art. 6). Per la realizzazione di progetti per lo studio delle lingue e delle tradizioni culturali delle minoranze promossi dal Ministro della pubblica istruzione sono stanziati 2 miliardi annui (art. 5).

Uso delle lingue tutelate nell’esercizio di funzioni pubbliche

Ai membri dei consigli comunali (e delle comunità montane, delle province e delle regioni, dei quali facciano parte comuni nei quali è riconosciuta la lingua della minoranza, che complessivamente costituiscano almeno il 15 per cento della popolazione interessata) e degli altri organi collegiali dell’amministrazione, è riconosciuto il diritto di utilizzare la lingua tutelata nell’attività degli organi stessi, ferma restando la possibilità, su richiesta dei membri dei suddetti organi che dichiarino di non conoscere la lingua della minoranza, della immediata traduzione in lingua italiana (art. 7).

E’ comunque stabilito che, qualora gli atti destinati ad uso pubblico siano redatti nelle due lingue, producono effetti giuridici soltanto quelli in lingua italiana (in particolare, art. 7, co. 4).

Viene prevista inoltre, previa delibera del consiglio comunale e con spese gravanti sul bilancio del comune stesso, la pubblicazione nella lingua tutelata degli atti ufficiali dello Stato, delle regioni, degli enti locali e degli enti pubblici non territoriali, fermo restando il valore legale esclusivo degli atti nel testo redatto in italiano (art. 8).

E’ consentito l’uso orale e scritto della lingua "minoritaria" negli uffici della pubblica amministrazione (con esclusione delle forze armate e delle forze di polizia) aventi sede nei comuni rientranti nell’ambito territoriale di applicazione delle norme di tutela nonché nei procedimenti davanti al giudice di pace (art. 9).

Le amministrazioni statali che impiegano personale che permetta al pubblico di utilizzare la lingua tutelata nei rapporti con i propri uffici, beneficiano di specifici contributi dello Stato. Per corrispondere tali contributi viene istituito (art. 9, co. 2), presso il Dipartimento per gli affari regionali della Presidenza del Consiglio, un Fondo nazionale per la tutela delle minoranze linguistiche, con una dotazione annua di 9,8 miliardi di lire (5,06 milioni di euro).

Toponomastica; ripristino dei cognomi originari

I comuni possono adottare toponimi conformi alle tradizioni e agli usi locali, mantenendo comunque i toponimi ufficiali (art. 10).

È riconosciuto agli interessati il diritto di ripristinare nella lingua originaria i cognomi o i nomi “italianizzati” prima della entrata in vigore della legge, su espressa richiesta, debitamente documentata, da rivolgere al sindaco del comune di residenza, il quale la inoltra al prefetto che provvede con proprio decreto (art. 11).

Servizio pubblico radiotelevisivo; sostegno all’editoria

Nella convenzione tra il Ministero delle comunicazioni e la RAI, e nel relativo contratto di servizio, sono previste specifiche condizioni per promuovere e diffondere le lingue e le culture tutelate attraverso i mezzi di comunicazioni di massa. Le regioni possono inoltre stipulare convenzioni con la RAI e accordi con le emittenti locali per realizzare, nell’ambito della programmazione radiotelevisiva regionale, trasmissioni destinate alle minoranze linguistiche (art. 12).

Le regioni, le province e i comuni possono disporre, sulla base delle proprie risorse finanziarie, provvidenze per l’editoria, per gli organi di stampa e per le emittenti radiotelevisive private che utilizzino le lingue tutelate; gli stessi soggetti possono inoltre corrispondere finanziamenti alle associazioni che si prefiggono l’obiettivo di salvaguardare le minoranze linguistiche (art. 14).

Stanziamenti per gli enti locali

Per le spese sostenute dagli enti locali per gli interventi in favore delle minoranze, la legge autorizza uno stanziamento annuo di 8,7 miliardi di lire (4,49 milioni di euro), da ripartirsi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa verifica dei rendiconti presentati dai comuni, nei quali devono essere indicati i motivi dell’intervento e giustificata la congruità della spesa (art. 15).

Istituti per la tutela delle tradizioni linguistiche e culturali

Le regioni e le province possono istituire, con propri fondi, organismi per la tutela delle tradizioni linguistiche e culturali o specifiche sezioni autonome di analoghe istituzioni locali già esistenti (art. 16).

Norme di tutela negli ordinamenti regionali

Le regioni a statuto ordinario, nelle materie di loro competenza, devono conformare la propria legislazione ai princìpi stabiliti dalla legge, mantenendo le eventuali disposizioni regionali che prevedono condizioni più favorevoli per le minoranze (art. 13).

Le regioni a statuto speciale disciplinano con norme di attuazione dei propri statuti l’applicazione delle disposizioni più favorevoli previste dalla legge. Sono comunque fatte salve le norme di tutela già presenti nei rispettivi ordinamenti regionali (art. 18, co. 1).

Prevenzione e repressione dell’intolleranza

L’art. 23 della L. 38/2001 (recante norme a tutela della minoranza linguistica slovena, sulla quale vedi infra) ha introdotto nella legge l’art. 18-bis, il quale estende ai fenomeni di intolleranza e di violenza nei confronti degli appartenenti alle minoranze linguistiche le misure penali e processuali che l’art. 3 della L. 654/1975[2] ed il D.L. 122/1993[3] recano al fine di prevenire e contrastare gli atti di discriminazione razziale, etnica o religiosa.

Promozione delle lingue tutelate diffuse all’estero

La legge prevede che la Repubblica italiana possa promuovere, in condizioni di reciprocità con gli Stati stranieri, lo sviluppo delle lingue e delle culture minoritarie tutelate che sono diffuse all’estero, qualora i cittadini delle relative comunità abbiano mantenuto l’identità socio-culturale e linguistica d’origine. D’altro canto, viene parimenti disposta la promozione di intese con altri Stati, per garantire condizioni favorevoli per le comunità di lingua italiana presenti sul loro territorio e per diffondere all’estero la lingua e la cultura italiane (art. 19). Sullo stato di attuazione di tali adempimenti il Governo riferisce annualmente al Parlamento.

Regolamento di attuazione

Ai sensi dell’articolo 17 è stato successivamente adottato, con D.P.R. 2 maggio 2001, n. 345, il regolamento di attuazione della legge.

 


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[1]     La Carta è stata firmata dall’Italia successivamente all’emanazione della legge 15 dicembre 1999, n. 482 (recante “Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche”: Per un’illustrazione del contenuto della legge, si veda la relativa scheda di lettura), con la quale il Parlamento ha inteso dare compiuta attuazione all’articolo 6 della Costituzione.

[2]     Legge 13 ottobre 1975, n. 654, “Ratifica ed esecuzione della convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, aperta alla firma a New York il 7 marzo 1966”.

[3]     Decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, “Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa”, convertito, con modificazioni, in legge 25 giugno 1993, n. 205.