Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: II Protocollo alla Convenzione sulla protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato A.C. 1929
Riferimenti:
AC N. 1929/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 91
Data: 03/12/2008
Descrittori:
GUERRA   RATIFICA DEI TRATTATI
TUTELA DEI BENI CULTURALI E AMBIENTALI     
Organi della Camera: II-Giustizia
III-Affari esteri e comunitari


Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

 

 

 

 

 

II Protocollo alla Convenzione sulla protezione

dei beni culturali in caso di conflitto armato

 

A.C. 1929

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 91

 

 

3 dicembre 2008


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento affari esteri

 

SIWEB

 

 

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File:es0095.doc


INDICE

 

Scheda di sintesi

Dati identificativi del disegno di legge di ratifica  3

Contenuto dell’accordo  4

§      La protezione internazionale dei beni culturali in caso di conflitti armati4

§      La Convenzione dell'Aja del 1954  5

§      I contenuti del Protocollo del 1999  5

Contenuto del disegno di legge di ratifica  10

Iter dell’A.S. 1073

Esame in sede referente presso la 3^ Commissione Affari esteri

Seduta del 28 ottobre 2008  25

Seduta del 19 novembre 2008  29

Esame in sede consultiva

§      Pareri resi alla 3^ Commissione (Affari esteri)

-       1^ Commissione (Affari costituzionali)

Seduta del 5 novembre 2008  33

-       2^ Commissione (Giustizia)

Seduta del 5 novembre 2008  35

-       5^ Commissione (Bilancio)

Seduta del 12 novembre 2008  37

Discussione in Assembla

Seduta del 19 novembre 2008  41

§      F. Maniscalco La tutela dei beni culturali in caso di conflitto armato, in: Rivista di scienze giuridiche, gennaio-aprile 2000  55

§      V. Mainetti De nouvelles perspectives pour la protection des biens culturels en cas de conflit armé: l’entrée en vigueur du Deuxième Protocol relatif à la Convention de la Haye del 1954, in: RICR, n. 854/2004  55

 

 


Scheda di sintesi


Dati identificativi del disegno di legge
di ratifica

Numero del progetto di legge

1929

Titolo dell’Accordo

II Protocollo relativo alla Convenzione dell'Aja del 1954 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, nonchè norme di adeguamento dell'ordinamento interno

Iniziativa

Governativa

Settore d’intervento

Trattati e accordi internazionali

Firma dell’Accordo

L'Aja, 26 marzo 1999

Iter al Senato

Numero di articoli del ddl di ratifica

17

Date del ddl di ratifica

 

§    Trasmissione alla Camera

19 novembre 2008

§    Assegnazione

20 novembre 2008

Commissione competente

III (Affari esteri)

Sede

Referente

Pareri previsti

Commissioni I, IV, VII

Oneri finanziari

 


Contenuto dell’accordo

La protezione internazionale dei beni culturali in caso di conflitti armati

 

La diffusa consapevolezza che le azioni di combattimento nel corso di conflitti armati producano spesso la distruzione di patrimoni culturali unici al mondo - il che comporta una perdita non solo per i popoli nei cui territori si svolge il conflitto, ma per tutta l'umanità - ha fatto sì che la Comunità internazionale, non a caso a partire dal Secondo Dopoguerra, sulla scorta delle immani devastazioni che il recente conflitto mondiale aveva apportato, adottasse la Convenzione dell'Aja del 1954 specificamente dedicata alla protezione del patrimonio culturale nel caso di conflitti armati, contestualmente ad un primo Protocollo sulla protezione del patrimonio culturale in tempo di occupazione.

Nel 1977 vennero inoltre adottati due Protocolli alle quattro Convenzioni di Ginevra, le quali, come è noto, costituiscono la base del diritto internazionale umanitario di guerra.

Il primo dei due Protocolli, relativo alla protezione delle vittime di conflitti armati internazionali, all'articolo 53 ha incluso il patrimonio culturale tra gli elementi meritevoli di protezione, ricomprendendo nel concetto di patrimonio culturale anche i luoghi di culto. In particolare, l'articolo 53, dopo aver salvaguardato espressamente le previsioni della Convenzione dell'Aja del 1954, proibisce il compimento di qualsiasi atto di ostilità diretto contro monumenti storici, opere d'arte o luoghi di culto, che costituiscano patrimonio culturale o spirituale dei popoli. E’ altresì vietato l'uso di tali oggetti come base di azioni militari, come anche il coinvolgimento di essi nel corso di azioni di rappresaglia. Analoghe previsioni sono contenute, stavolta all'articolo 16, nel secondo dei Protocolli del 1977, dedicato alla protezione delle vittime di conflitti armati non internazionali.

Tutti gli atti internazionali richiamati risultano ratificati dall’Italia.

L’insufficienza dei risultati conseguiti nell’applicazione della Convenzione dell’Aja del 1954 conduceva all’adozione, nel marzo 1999, del Secondo Protocollo alla Convenzione dell’Aja del 1954, che il disegno di legge in esame si propone di autorizzare alla ratifica, unitamente a norme di adeguamento dell’ordinamento nazionale.

La Convenzione dell'Aja del 1954

La Convenzione è il primo strumento internazionale di portata generale esclusivamente dedicato al tema della protezione del patrimonio culturale.

Il campo di applicazione dell’accordo riguarda la totalità degli elementi del patrimonio culturale, ossia beni mobili e immobili, inclusi i monumenti architettonici, artistici o storici, i siti archeologici, le opere d’arte, i manoscitti, i libri ed altri oggetti di interesse artistico, storico o archeologico, come anche le collezioni a carattere scientifico di qualsiasi natura, a prescindere dalla loro origine o dai loro proprietari.

L’adesione alla Convenzione implica l’adozione di misure preventive volte ad assicurare la protezione dei patrimoni culturali non solo in caso di conflitto, ma soprattutto in tempo di pace.

La Convenzione prevede una gamma assai varia di interventi, tra i quali:

§      la salvaguardia e il rispetto dei beni culturali nel caso di conflitto armato, anche qualora si tratti di conflitto non internazionale, ma meramente interno al territorio di uno Stato parte;

§      la possibilità di assicurare una speciale protezione per un certo numero di luoghi-rifugio destinati al riparo di beni culturali mobili durante lo svolgimento di un conflitto, nonché per alcuni centri monumentali e altri beni culturali immobili di grande rilevanza, mediante la loro iscrizione nel “Registro dei beni culturali sottoposti a speciale protezione”;

§      la possibilità di impiegare il segno distintivo della Convenzione per alcuni edifici e monumenti importanti;

§      la creazione di speciali unità in seno alle forze armate, responsabili della protezione del patrimonio culturale;

§      l'approvazione di misure volte a rendere reato le violazioni della Convenzione;

§      la divulgazione e la promozione su vasta scala della Convenzione e del suo spirito nei confronti del grande pubblico, in particolare di gruppi significativi quali quelli formati dai professionisti del patrimonio culturale, dai militari o dagli appartenenti ai servizi giudiziari.

I contenuti del Protocollo del 1999

Come emerge dalla relazione introduttiva al disegno di legge, l'effettiva applicazione della Convenzione nel corso degli anni si è dimostrata problematica,  sia per la complessità dei meccanismi attuativi che per la limitatezza delle adesioni. Il processo di riesame della questione ha visto l'Italia protagonista, in ragione dell’ampiezza del patrimonio culturale del nostro Paese, gran parte del quale, tuttavia, essendo ubicato in aree urbane o nelle immediate vicinanze, trova difficoltà a beneficiare delle previsioni della Convenzione, che pongono un numero eccessivo di vincoli per l'effettiva tutela dei beni. Pertanto, il Protocollo in esame introduce un ulteriore regime di protezione dei beni culturali nel corso di conflitti armati, aggiuntivo alla protezione generale ed alla protezione speciale già contemplate dalla Convenzione, ossia il regime della protezione rafforzata: esso riguarda beni del più alto valore universale sottratti al regime di protezione speciale di cui alla Convenzione del 1954 per il fatto di trovarsi in città storiche o vicino ad installazioni militarmente sensibili come autostrade, stazioni, ecc.

I beni culturali soggetti a protezione rafforzata vanno iscritti in un elenco ad hoc che il Comitato intergovernativo - istituito anch'esso dal Protocollo aggiuntivo -sottopone ad accurato monitoraggio. Inoltre, il Protocollo in esame delimita la nozione di necessità militare imperativa e la nozione di obiettivo militare: ciò allo scopo di limitare al massimo le giustificazioni per attacchi contro i beni culturali soggetti a protezione rafforzata. I comandi militari vengono resi responsabili in ogni caso delle decisioni adottate, e viene introdotta la responsabilità individuale in caso di danneggiamento o distruzione ingiustificati dei beni culturali, prevedendo apposite sanzioni. Il Protocollo, infine, istituisce un fondo a contribuzione volontaria per le necessità finanziarie connesse all'attuazione delle disposizioni che esso stesso detta.

 

Il Protocollo si compone di 47 articoli, suddivisi in nove capitoli. Gli articoli da 1 a 4 contengono definizioni e norme di raccordo tra il Protocollo e la Convenzione del 1954, tra le quali rileva in particolare l'applicabilità del Protocollo anche nel caso di conflitto armato non internazionale. Laddove un bene culturale sia sottoposto al regime della protezione speciale ai sensi della Convenzione del 1954 e a quello della protezione rafforzata in base al Protocollo in esame, prevarranno le disposizioni di quest'ultimo.

Gli articoli da 5 a 9 riguardano norme generali sulla tutela dei beni culturali, a partire dalla misure preventive che ciascuna Parte del Protocollo predispone sul territorio nazionale in tempo di pace, onde poter in caso di conflitto armato proteggere adeguatamente il patrimonio culturale. Viene poi introdotto il principio della possibile deroga alle clausole di protezione del patrimonio culturale contenute nella Convenzione solo in base a una necessità militare imperativa: in tal modo, un attacco militare contro un bene culturale sarà possibile soltanto qualora esso sia usato alla stregua di obiettivo militare e non vi siano soluzioni militari alternative. Salvo circostanze straordinarie, poi, la necessità militare imperativa può essere rivendicata soltanto da un ufficiale superiore, al comando perlomeno di un battaglione. Nel caso di occupazione militare di uno Stato, lo Stato occupante si impegna a non porre in essere attività come l'illecita esportazione di beni culturali o l'avvio di propria iniziativa di scavi e ricerche archeologici, che possono essere effettuati solo come misura di salvaguardia del patrimonio culturale e in collaborazione con le autorità nazionali competenti.

Gli articoli da 10 a 14 individuano il principio della protezione rafforzata, stabilendo le tre condizioni da rispettare per la sua applicabilità, ovvero il carattere di massimo rilievo universale del bene culturale in questione, un  livello di protezione normativa nazionale già elevato, la rinuncia alla sua utilizzazione a fini militari, con esplicita dichiarazione dello Stato parte interessato. La decisione di ricomprendere un bene culturale nell'elenco di quelli soggetti a protezione rafforzata, su richiesta dello Stato parte interessato, è adottata con una maggioranza di almeno quattro quinti dei presenti e votanti del Comitato intergovernativo ad hoc. È prevista anche la possibilità di offrire protezione rafforzata a un bene non precedentemente tutelato in maniera adeguata dalla legislazione nazionale, nonché la concessione di una protezione rafforzata provvisoria, se la richiesta viene presentata da uno Stato interessato dopo lo scoppio di un conflitto. L'inclusione nell'elenco di cui in precedenza assicura al bene culturale sottoposto a protezione rafforzata l'immunità, durante un conflitto, dalla considerazione alla stregua di obiettivo militare. Un bene culturale può inoltre perdere la protezione rafforzata in precedenza assicurata, la quale può essere altresì in casi determinati sospesa.

Gli articoli da 15 a 21 individuano le responsabilità penali e le procedure giurisdizionali connesse a violazioni delle norme del Protocollo in esame. Come già detto, viene introdotto il principio della responsabilità individuale e ogni Stato parte dovrà adottare misure interne volte a conferire alle violazioni delle disposizioni del Protocollo carattere penale. Sussiste altredì l'obbligo degli Stati parte all'adozione di norme atte a stabilire l'ambito e le procedure della giurisdizione nazionale sulla materia. Le Parti si impegnano altresì, qualora non dovessero procedere all'estradizione di una persona resasi responsabile di gravi violazioni ai sensi del Protocollo in esame, a sottoporre il caso con prontezza alle proprie autorità giudiziarie. Per quanto riguarda i casi di estradizione, le violazioni più gravi del Protocollo in esame - ovvero compiere un attacco contro un bene culturale soggetto a protezione rafforzata, o comunque utilizzarlo a supporto di un’azione militare, come anche compiere estese distruzioni o appropriazioni di tali beni culturali - verranno ricomprese tra i reati per i quali è prevista l'estradizione in qualsiasi trattato esistente tra le Parti prima dell'entrata in vigore del Protocollo, ovvero in qualunque trattato venga successivamente stipulato. Sarà possibile, a discrezione di una Parte, considerare il Protocollo come base legale per l'estradizione, qualora tale istituto sia subordinato nel diritto nazionale all'esistenza di un precedente trattato, e tale trattato non sussista. D'altra parte quei paesi il cui diritto interno non subordina la possibilità dell'estradizione alla dimensione pattizia, dovranno includere i reati menzionati tra quelli per i quali è prevista l'estradizione. E’ previsto infine che la richiesta di estradizione o di assistenza giudiziaria basata sui reati più gravi contemplati dal Protocollo in esame non possa essere rifiutata con la mera motivazione di essere fondata su un reato politico. D'altra parte, però, l'obbligo di estradizione o di mutua assistenza giudiziaria ai sensi del Protocollo in esame decade qualora vi siano motivi per ritenere che il perseguimento della persona in questione avvenga invece per motivi di razza, religione, nazionalità, opinioni politiche.

L'articolo 22 estende la protezione dei beni culturali prevista nel Protocollo in esame ai conflitti armati non internazionali, ponendo peraltro una serie di limitazioni a tale estensione: infatti il Protocollo non sarà applicato in caso di semplici sommosse o tensioni, né potrà influire sulla sovranità di uno Stato e la sua responsabilità nel mantenimento dell'ordine pubblico e dell'unità nazionale. Inoltre, non verrà pregiudicata giurisdizione primaria della Parte interessata anche verso i reati previsti dal Protocollo, né tantomeno potrà essere invocato il Protocollo per l'intervento diretto o indiretto degli affari interni del paese in cui si verifica il conflitto.

Gli articoli da 23 a 29 individuano gli organi preposti all'applicazione del Protocollo e le relative funzioni. Si tratta della riunione delle Parti, che sarà convocata contemporaneamente alla Conferenza generale dell'UNESCO, e che sarà competente a discutere qualsiasi problema sull'applicazione del Protocollo e formulare raccomandazioni, nonché per eleggere i membri del Comitato intergovernativo ad hoc. Quest'ultimo si riunirà una annualmente in sessione ordinaria, con la possibilità di convocazioni straordinarie: sarà costituito da 12 Parti, scelte in modo da assicurare un'equa rappresentanza delle aree geografiche e culturali mondiali. I membri del Comitato verranno eletti per una durata di quattro anni, con una sola possibilità di rinnovo.

Il Comitato, che delibera a maggioranza dei due terzi dei presenti e votanti, oltre alle competenze già delineate, relative all'elenco dei beni culturali sottoposti a protezione rafforzata, è competente a redigere linee-guida per l'attuazione del Protocollo e a stabilire le modalità di utilizzo del fondo di contribuzione volontaria. I compiti di segretariato inerenti all'attuazione del Protocollo saranno garantiti dal Segretariato dell'UNESCO. Infine, il già menzionato fondo volontario sarà finalizzato all'assistenza finanziaria degli Stati parte soprattutto nelle attività inerenti alle misure preventive di salvaguardia previste nel Protocollo.

I rimanenti articoli del Protocollo riguardano la diffusione delle informazioni in merito allo stesso, nonché le forme di cooperazione internazionale in caso di gravi violazioni del Protocollo, e di assistenza internazionale per una migliore attuazione del medesimo, assistenza che può essere estesa anche a una parte di un eventuale conflitto che non abbia ratificato il Protocollo, ma che ne applichi le previsioni. È inoltre prevista una procedura di conciliazione tra le parti in conflitto, nonché l'obbligo per le Parti di presentare al Comitato intergovernativo ad hoc, con cadenza quadriennale, un rapporto sull'adempimento degli obblighi del Protocollo. In base all'articolo 38, nessuna disposizione del Protocollo concernente la responsabilità penale individuale potrà essere invocata dagli Stati per esimersi dalle proprie responsabilità ai sensi del diritto internazionale, tra le quali gli obblighi di risarcimento. Tra le clausole finali del Protocollo vale la pena di menzionare quella dell'articolo 44, che riguarda l'entrata in vigore accelerata in situazioni di conflitto armato.

Anche per quanto riguarda la denuncia del Protocollo, l'articolo 45, fatta salva tale facoltà, prevede che se al momento dell'efficacia della denuncia la Parte interessata fosse coinvolta in un conflitto armato, la sua partecipazione al Protocollo si protrarrà sino alla fine delle ostilità o fino a che l'operazione di rimpatrio dei beni culturali sia completata, in ogni caso attenendosi tra le due possibilità a quella di più lunga durata.

 


Contenuto del disegno di legge di ratifica

Il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica si discosta nel caso in esame notevolmente dalla consueta prassi relativa ai trattati internazionali: esso consta infatti di ben 17 articoli, soltanto tre dei quali - articoli 1, 2 e 17 - riportano le clausole di rito inerenti rispettivamente alla ratifica ed esecuzione del Protocollo in esame, nonché alla previsione dell'entrata in vigore della legge il giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta ufficiale. I rimanenti 14 articoli sono invece dedicati a norme per l'adattamento dell'ordinamento nazionale al combinato disposto della Convenzione del 1954 e del Protocollo addizionale all'esame del Parlamento.

In particolare, l'articolo 3, dettando alcune definizioni, stabilisce la nozione di illecito - nel quadro del combinato disposto della Convenzione del 1954 e del Protocollo in esame - alla stregua di violazione del diritto nazionale del territorio occupato o del diritto internazionale.

L'articolo 4, poi, individua le norme da applicare allo scopo della predisposizione delle misure preventive di tutela dei beni culturali quali previste dall'articolo 5 del Protocollo in esame. Viene pertanto stabilita l’applicazione delle norme vigenti in materia di obbligo di catalogazione dei beni culturali; delle disposizioni legislative e regolamentari inerenti alla sicurezza e alla prevenzione antincendio; delle disposizioni organizzative di natura regolamentare del Ministero per i beni e le attività culturali, nelle quali vengono individuate le strutture competenti per la protezione del patrimonio culturale nazionale, cui dovranno far capo anche le attività di salvaguardia dei beni culturali in caso di conflitto armato; più in generale, di tutte le norme legislative, regolamentari ed amministrative volte all'individuazione degli enti e strutture competenti in materia di sicurezza e tutela del patrimonio culturale.

In base all'articolo 5, il Ministero per i beni e le attività culturali individua i beni pubblici o privati cui riconoscere i requisiti dettati dall'articolo 10 del Protocollo, i quali andranno inseriti nell’elenco indicato al successivo articolo 11, paragrafo 1. In tal modo i beni culturali verranno a godere di una tutela rafforzata sulla base della loro estrema importanza per l'intera umanità. Il Ministero per i beni e le attività culturali si consulta con il Ministero della Difesa onde escludere, nell'attribuzione a un bene culturale della protezione rafforzata, che esso sia usato per scopi militari o come scudo a postazioni militari, e accertare che vi sia stata stata altresì la prevista dichiarazione che il bene culturale in oggetto non verrà mai utilizzato a tale scopo.

 

Gli articoli da 6 a 14 del disegno di legge introducono una disciplina penale speciale in relazione alle diverse fattispecie di reati militari in danno di beni culturali previste dal Protocollo oggetto di ratifica.

Va ricordato che, nell’ordinamento italiano non esiste una normativa specifica relativa alla protezione dei beni culturali in caso di conflitti armati.

La normativa nazionale della materia riguardante i beni culturali è, infatti, contenuta nel citato Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004 che - pur contenendo una sua disciplina sanzionatoria penale - oltre a riferirsi a fatti ed attività che si svolgono sul territorio nazionale - non contempla alcune fattispecie penali previste dagli articoli 15 e 21 del Protocollo. In generale, nel Codice dei beni culturali assume rilievo non l’offesa al bene in sé ma l’intralcio alla funzione amministrativa di controllo esercitata (dagli organi competenti) sulle attività concernenti il bene culturale; tale funzione viene tutelata in quanto interesse strumentale alla tutela del bene finale, identificabile nel patrimonio culturale.

Ulteriori specifici illeciti in danno di beni culturali sono, come accennato, previsti e sanzionati dal codice penale (artt. 635, 639, 733, v. ultra). Le prime due figure di reato prescindono dal riconoscimento della “culturalità” del bene (ovvero della relativa dichiarazione dell’interesse culturale di cui all’art. 13 del Codice dei beni culturali): si tratta di fattispecie orientate alla difesa da aggressioni esterne di cose d’interesse storico-artistico, provenienti da soggetti che non sono legati al bene da rapporto di proprietà. Al contrario, l’art. 733 punisce il danneggiamento a beni costituenti patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale quando commesso dal proprietario.

Per quanto concerne la normativa internazionale, oltre alla Convenzione de L’Aja del 1954 (ratificata dall’Italia con la legge 279 del 1958), due importanti convenzioni che contengono norme in materia di protezione di beni culturali in caso di conflitti armati sono il I e il II Protocollo addizionali alla Convenzione di Ginevra del 12 agosto 1949, adottati l’8 giugno 1977 e ratificati dall’Italia ai sensi della legge 11 dicembre 1985, n. 762. Infatti l’articolo 53 del I Protocollo sui conflitti armati internazionali vieta atti di ostilità contro monumenti e opere d’arte, l’utilizzo di tali beni in appoggio allo sforzo militare e le azioni dirette a farne oggetto di rappresaglie; il successivo articolo 85 definisce infrazioni gravi gli attacchi indiscriminati contro beni di carattere civile e contro monumenti storici e opere d’arte, coperti da protezione speciale in base ad accordi particolari e che non siano in prossimità di obiettivi militari, mentre l’articolo 16 del II Protocollo, relativo ai conflitti armati internazionali, contiene una previsione analoga al citato articolo 53. Le disposizioni menzionate debbono intendersi superate dalla nuova specifica disciplina oggetto del provvedimento in esame, ovviamente per quanto attiene alla materia dei beni culturali. Altre Convenzioni internazionali che hanno per oggetto la tutela dei beni culturali sono la Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale del 1972 (resa esecutiva in Italia dalla legge 6 aprile 1977, n. 184), la Convenzione di Montego Bay del 10 dicembre 1982 (resa esecutiva in Italia dalla legge 2 dicembre 1994, n. 689) e la Convenzione UNESCO del 2 novembre 2001 sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo (per la quale è in corso la procedura interna di autorizzazione alla ratifica) che, peraltro, non contengono alcuna disposizione interferente sulla materia oggetto del presente provvedimento.

Il disegno di legge di ratifica introduce, pertanto, sei nuove fattispecie penali in danno di beni culturali, applicabili nel corso di conflitti armati e di missioni internazionali.

In particolare, gli artt. da 7 a 10 rispondono alla necessità di dare attuazione alle previsioni dell’art. 15 del Protocollo.

L’art. 15 del Protocollo individua come reati le seguenti violazioni al Protocollo o alla Convenzione:

a)       fare del bene culturale sotto protezione rafforzata l’oggetto di un attacco militare;

b)      utilizzare il bene culturale sotto protezione rafforzata o la zona circostante a sostegno di un’azione militare;

c)       effettuare una distruzione estesa o appropriarsi di beni culturali protetti dalla Convenzione o dal Protocollo;

d)       fare del bene culturale protetto ai sensi della Convenzione o del Protocollo  l’oggetto di un attacco;

e)       effettuare furto, saccheggio, appropriazione indebita o atti di vandalismo contro beni culturali protetti ai sensi della Convenzione.

L’articolo 6 individua, anzitutto, nei conflitti armati e nelle missioni internazionali l’ambito temporale di applicazione di detta disciplina penale, precisandone l’estensione in relazione sia all’autore che al luogo del commesso reato.

Fermo restando la punibilità ai sensi della legge in esame di chiunque, cittadino o straniero, commetta l’illecito in Italia, l’art. 6 sancisce l’applicabilità della nuova disciplina nel caso di reato commesso all’estero:

- da cittadino italiano,indistintamente per ogni tipo di illecito in danno di bene culturale(artt. da 7 a 12).

L’art. 7 del codice penale prevede la punibilità, secondo la legge italiana, del cittadino (e dello straniero) che commette all’estero specifici reati (delitti contro la personalità dello Stato italiano; contraffazione del sigillo dello Stato ed uso di tale sigillo; falsità in monete legali o valori bollati o carte di pubblico credito italiano; delitti commessi da pubblici ufficiali a servizio dello Stato in abuso dei poteri e delle funzioni) nonché ogni altro illecito per cui specifiche disposizioni di legge o convenzioni internazionali prevedono l’applicabilità della legge penale italiana.

- da cittadino straniero - ovviamente perseguibile solo nel caso l’autore dell’illecito si trovi sul territorio italiano (come previsto dall’art. 16, comma 1, lett. c) del Protocollo) - solo in relazione ad alcune fattispecie penali più gravi: attacco, distruzione e illecito utilizzo di bene culturale sottoposto a protezione rafforzata; devastazione e saccheggio di beni culturali protetti.

 

In accordo alle previsioni del capitolo 4 del Protocollo, gli articoli da 7 a 12 individuano le fattispecie di reato in danno dei beni culturali protetti, stabilendo le relative sanzioni.

L’articolo 7 del disegno di legge punisce con la reclusione da 4 a 12 anni l’attacco ad un bene culturale protetto (art. 15, comma 1, lett. d) del Protocollo) , mentre - in virtù del maggior grado di protezione accordato ai sensi degli artt. 10 e 11 del Protocollo – per lo stesso illecito è prevista la reclusione da 5 a 15 anni se il bene culturale è sottoposto a protezione rafforzata (art. 15, comma 1, lett. a) del Protocollo).

Quando all’attacco consegue la distruzione del bene culturale scatta un’aggravante (comune), con conseguente aumento fino a un terzo della pena.

 

L’articolo 8 punisce con la reclusione da 1 a 5 anni l’illecito utilizzo di un bene culturale protetto (o della zona ad esso circostante) a sostegno di un’azione militare (art. 15, comma 1, lett. b) del Protocollo). Ricorre un’aggravante speciale (reclusione da 2 a 7 anni) se il bene culturale utilizzato è sottoposto a protezione rafforzata mentre è applicata anche qui un’aggravante comune se al reato consegue la distruzione del bene.

L’art. 170 del Codice dei beni culturali (Uso illecito) punisce a titolo contravvenzionale (arresto da 6 mesi ad 1 anno e l'ammenda da euro 775 a euro 38.734,50) chiunque destina i beni culturali ad uso incompatibile con il loro carattere storico od artistico o pregiudizievole per la loro conservazione o integrità.

La sussistenza di una cd. necessità militare imperativa è causa di esclusione della punibilità dei reati di attacco e distruzione di beni culturali di cui agli articoli 7 ed 8 (articolo 13 del d.d.l.). Tale disposizione integra l'articolo 4, paragrafo 2, della Convenzione, esplicitando i presupposti per invocare la sussistenza di tale scriminante e fissandone comunque espresse limitazioni.

 

L’art. 4, par. 2, della Convenzione precisa che non si può derogare agli obblighi di rispetto dei beni culturali, se non nei casi in cui una necessità militare esiga, in modo imperativo, una simile deroga. Tale deroga appare giustificata, ex art. 6 del Protocollo aggiuntivo, solo quando e per tutto il tempo che :

- il bene culturale è usato alla stregua di obiettivo militare;

-  l'attacco rivolto contro il bene culturale è l'unica soluzione possibile per ottenere il vantaggio militare atteso.

La norma precisa, inoltre, che la decisione relativa all'invocazione della necessità militare cogente deve essere presa da un ufficiale preposto ad un'unità delle dimensioni di un battaglione o più grande; gli ufficiali che comandano unità di dimensioni inferiori non possono prendere tale decisione se non in presenza di circostanze straordinarie.

Infine, in caso di un attacco necessario a un bene culturale trasformato in obiettivo militare, deve essere dato un efficace preavviso ogni volta che le circostanze lo permettono.

 

La devastazione e il saccheggio di beni culturali protetti dalla Convenzione o dal Protocollo sono puniti, ai sensi dell’articolo 9 del d.d.l., con la reclusione da 8 a 15 anni.

La fattispecie di devastazione rientra nelle previsioni dell’art. 15, comma 1, lett. c) del Protocollo (che prevede atti di “distruzione estesa” di beni culturali); quella di saccheggio è esplicitamente prevista dalla successiva lett. e) della stessa norma.

 

L’articolo 10 punisce con la reclusione da 2 a 8 anni l’impossessamento, l’appropriazione indebita, il danneggiamento e la distruzione di un bene culturale protetto (art. 15, comma 1, lett. e) del Protocollo). La pena è aggravata (reclusione da 3 a 10 anni) se si tratta di un bene culturale soggetto a protezione rafforzata.

 

Tra i reati previsti dal Codice dei beni culturali, l’impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato (art. 176), il cd. furto archeologico, è punito con la reclusione fino a 3 anni e con la multa da 31 a 516, 50 euro. Non è, invece, prevista l’appropriazione indebita del bene culturale che ne presuppone il possesso a titolo di deposito, comodato, mandato, locazione. In relazione alle condotte orientate al danneggiamento, al contrario di quelle previste dal codice penale, che reprimono le condotte orientate all’effettiva lesione del bene, le fattispecie previste dal D.Lgs 42/2004 sono incentrate su condotte solo astrattamente pericolose; l’eventuale verificazione del danno vale solo a determinare l’applicazione dell’ulteriore sanzione amministrativa dell’ordine di reintegrazione di cui all’art. 160 che prevede, tra l’altro, che ove il reintegro sia impossibile, il responsabile debba pagare allo Stato una somma pari al valore della cosa perduta o alla diminuzione del valore subito dal bene. Si pensi al reato di “opere illecite” (art. 160) che punisce chi, senza autorizzazione, demolisce, rimuove, modifica, restaura o esegue opere di qualsiasi genere su beni culturali (anche di privati, se dichiarati di ”interesse culturale” ex art. 13); chi, senza autorizzazione della Sovrintendenza, distacca affreschi, stemmi, graffiti iscrizioni, ecc. esposti alla pubblica vista; chi esegue, in vasi di assoluta urgenza, lavori provvisori senza inviare la comunicazione o i progetti definitivi alla sovrintendenza.

Per le condotte punite dal codice penale orientate all’impossessamento del bene assume certamente rilievo il reato di furto comune (art. 624), nella fattispecie aggravata di cui all’art. 625, n. 7 (fatto commesso su cose destinate a pubblico servizio o pubblica utilità) che, secondo consolidata giurisprudenza, è applicabile al furto di “beni culturali”, circostanza che ne impedisce però  di includere nell’ambito dell’aggravante il furto di beni culturali di proprietà privata, salvo eccezioni (ad es., nel caso in cui beni privati, come collezioni d’eccezionale interesse storico o artistico, siano prestati per una esposizione pubblica ovvero nelle ipotesi dell’art. 104 del Codice).

Il codice penale punisce, a querela, l’appropriazione indebita (art. 640) di cose mobili altrui con la reclusione fino a 3 anni e la multa fino a 1.032 euro; se il reo riveste la qualifica di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio ricorre il più grave reato di peculato (art. 314).

Lo stesso codice prevede:

- un’aggravante speciale del delitto di danneggiamento di cui all’art. 635 quando il fatto è commesso su cose di interesse storico o artistico ovunque ubicate; la pena è la reclusione da 6 mesi a 3 anni.

- un’aggravante speciale perseguibile d’ufficio nel deturpamento e l’imbrattamento di cose altrui di cui all’art. 639 se il fatto è commesso su cose di interesse storico o artistico ovunque siano ubicate o su immobili compresi nel perimetro dei centri storici; il delitto è punito con la pena della multa da 258 a 2582 euro o della permanenza domiciliare da 6 a 30 giorni ovvero con il lavoro di pubblica utilità per un periodo da 10 giorni a 3 mesi.

- una specifica contravvenzione (art. 733) relativa al danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale. La normapunisce con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda non inferiore a 2.065 euro chiunque distrugge, deteriora o comunque danneggia un monumento o un'altra cosa propria di cui gli sia noto il rilevante pregio, se dal fatto deriva un nocumento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale.

Va precisato che mente i citati reati di danneggiamento e deturpamento-imbrattamento sono puniti in quanto dolosi, quello di cui all’art. 733 c.p., essendo di natura contravvenzionale, deve ritenersi configurabile anche a fronte di offese colpose. Tuttavia, la circostanza che per la punibilità ex art. 733 sia richiesto il nocumento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale limita fortemente la tutela offerta risultando essa vincolata ad una condizione di difficile verificazione e opinabile accertamento.

 

L’introduzione degli altri illeciti di cui agli artt. 11 e 12 del d.d.l. va letta in relazione al contenuto dell’art 21 del Protocollo (Misure riguardanti altre violazioni).

L’articolo 11 punisce con la reclusione da 1 a 5 anni l’esportazione, la rimozione o il trasferimento illecito della proprietà di beni culturali protetti quando ciò avvenga nel corso di un conflitto armato o di missioni internazionali; se dal reato discende la distruzione del bene la pena è aumentata (fino ad un terzo, ex art. 61 c.p.). La norma risponde alle previsioni dell’art. 21, lettera b), del Protocollo, relativo alla sanzionabilità di qualsiasi illecita esportazione, rimozione o trasferimento di un bene culturale da un territorio militarmente occupato, in coerenza con le previsioni dell’art. 9 del Protocollo stesso (Protezione giuridica dei beni culturali nel territorio occupato).

 

L’art. 174 del Codice dei beni culturali punisce con la reclusione da 1 a 4 anni o con la multa da 258 a 5.165 euro l’uscita o l’esportazione illecita (senza attestato di libera circolazione o licenza di esportazione) di cose di interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, bibliografico, documentale o archivistico; di fotografie, esemplari di opere cinematografiche, audiovisive o di sequenze di immagini in movimento, di documentazioni di manifestazioni, sonore o verbali, comunque realizzate, la cui produzione risalga ad oltre 25 anni; di mezzi di trasporto aventi più di 75 anni; di beni e gli strumenti di interesse per la storia della scienza e della tecnica aventi più di 50 anni. La pena citata si applica, altresì, nei confronti di chiunque non fa rientrare nel territorio nazionale, alla scadenza del termine, beni culturali per i quali sia stata autorizzata l'uscita o l'esportazione temporanee. L’art. 171 prevede che la collocazione e la rimozione illecita di beni culturali pubblici siano punite con l'arresto da sei mesi ad un anno e con l'ammenda da euro 775 a euro 38.734,50: La collocazione illecita consiste nell’omissione di fissare i beni culturali al luogo di loro destinazione nel modo indicato dal soprintendente; la rimozione illecita è contravvenzione del detentore che omette di dare notizia alla competente soprintendenza dello spostamento di beni culturali, dipendente dal mutamento di dimora, ovvero che non osserva le prescrizioni date dalla soprintendenza affinché i beni medesimi non subiscano danno dal trasporto

L’art. 173 del Codice punisce con la reclusione fino ad un anno e la multa da 1.549,50 a 77.469 euro chiunque, senza la prescritta autorizzazione, trasferisce la proprietà di immobili del demanio culturale e di altri beni culturali pubblici.

 

In linea con il contenuto dell’art. 21, lettera a), del Protocollo in relazione a quanto previsto dall’articolo 9 del Protocollo medesimo, l’articolo 12 del d.d.l punisce con la reclusione da 1 a 3 anni l’alterazione o modificazione arbitraria dell’uso dei beni culturali protetti nel corso di un conflitto armato o di missioni internazionali. Anche in tal caso, dalla distruzione del bene conseguente al reato discende un aumento di pena fino ad un terzo.

L’art. 170 del Codice dei beni culturali punisce l’uso illecito dei beni culturali ovvero il reato contravvenzionale che commette chi destina i beni pubblici ad uso incompatibile con il loro carattere storico od artistico o pregiudizievole per la loro conservazione o integrità; la sanzione è l'arresto da 6 mesi ad 1 anno e l'ammenda da 775 a 38.734,50 euro.

Il successivo articolo 14 del provvedimento – in ragione dell’ambito applicativo della legge definita dall’art. 6 nonché dell’affinità dei reati sopraindicati con quelli previsti dal codice penale militare di guerra[1] – definisce come reati militari gli illeciti di cui agli artt. da 7 a 12. Viene precisata, in relazione ad essi, l’applicazione dell’art. 27 c.p.m.p. ovvero la sostituzione della reclusione militare alla reclusione ordinaria per eguale durata, quando la condanna non importa la degradazione

Va ricordato come la Corte costituzionale, nella sentenza n. 298 del 1995, abbia riconosciuto la discrezionalità del legislatore nello scegliere il tipo di illecito, militare o comune. Secondo la Consulta, in tale scelta, il legislatore è infatti libero, purchè osservi il canone della ragionevolezza …. Stabilire quando i reati tutelino anche altri beni giuridici “e quando per i militari debba procedersi con fattispecie comuni e tribunali ordinari, spetta - con il cennato limite della ragionevolezza - al libero e discrezionale apprezzamento del legislatore”.

Deve, peraltro, essere segnalata l’assenza di una definizione di reato militare[2]. I codici penali militari presentano figure di reato speciale o “esclusivamente” militare (non previsto quindi come reato comune, ad es. mancanza alla chiamata, diserzione, abbandono di posto); a queste fattispecie, si aggiungono quelle che presentano caratteristiche miste, ovvero illeciti propriamente militari ma con qualche elemento presente in fattispecie già disciplinate dalla legge penale ordinaria (come lo spionaggio, il vilipendio, l’insubordinazione, ecc..), nonché altri illeciti che, pur presentando aspetti comuni con la legislazione penale ordinaria, a giudizio del legislatore, richiedevano inderogabilmente, a fini militari, una diversa disciplina (reati di peculato, malversazione militare, percosse, lesioni, ingiuria e diffamazione, appropriazione indebita a danno dell’amministrazione militare, ecc.).

 

Va peraltro rilevato come la necessità di una nuova specifica disciplina penale in costanza della vigenza delle disposizioni del codice penale militare di guerra derivi dal fatto che dall’entrata in vigore del decreto-legge 28 agosto 2006 n. 253[3]  al personale militare che partecipa alla missioni internazionali di pace si applicano le norme del codice penale militare di pace.

 

I successivi commi dell’art. 14 sono relativi al riparto di giurisdizione tra giudici ordinari e giudici militari.

Per i reati militari commessi all’estero previsti dal d.d.l. in esame la competenza appartiene:

-  al tribunale militare di Roma se la giurisdizione è attribuita all’autorità giudiziaria militare (conformemente alle previsioni dell’articolo 9 della legge 7 maggio 1981, n. 180, Modifiche all’ordinamento giudiziario militare di pace, cui i provvedimenti sulle missioni militari all’estero da Enduring Freedom (2001) in poi si sono adeguati);

 - al tribunale di Roma nei casi in cui la giurisdizione è devoluta al giudice ordinario (conformemente a quanto previsto dalle analoghe disposizioni contenute nei decreti-legge sulle missioni militari all’estero: v. art. 5 del D.L. 253 del 2006, art. 5 del DL n. 4 del 2007, art. 9 del D.L. 81/2007 e art. 5 del D.L. 87/2008).

 

L’art. 103, terzo comma, della Costituzione, in tempo di pace, limita la giurisdizione dei tribunali militari ai reati militari commessi dagli appartenenti alle Forze armate; in tempo di guerra, essi hanno la giurisdizione stabilita dalla legge.

Inoltre, l’articolo 263 c.p.m.p. (Giurisdizione militare in relazione alle persone e ai reati militari) prevede che appartenga ai tribunali militari la cognizione dei reati militari commessi dalle persone alle quali è applicabile la legge penale militare. Si ricorda che, oltre ai militari in senso stretto, ai sensi dell’art. 14 c.p.m.p. (Estranei alle forze armate dello Stato) sono soggette alla legge penale militare le persone estranee alle forze armate dello Stato, che concorrono a commettere un reato militare. L’art. 10 c.p.m.p. prevede che la legge penale militare si applica agli assimilati ai militari (cappellani militari, personale CRI, cavalieri sovrano ordine di malta) e agli iscritti ai corpi civili militarmente ordinati: nei casi preveduti dalle rispettive leggi speciali; per i reati commessi mentre si trovano in stato di detenzione preventiva in un carcere militare.

 

Gli estranei alle Forze armate, come gli assimilati ai militari potranno comunque rispondere dei suddetti reati militari, nei casi previsti dalla legge, rimanendo però sottoposti al giudice ordinario, come ribadito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 429 del 1992.

Nella sentenza 429 del 1992, la Corte costituzionale ha precisato come “la portata innovativa del precetto di cui all'art. 103, terzo comma, della Costituzione si comprende appieno invece scoprendone il postulato metodico- concettuale consistente nel distinguere e separare giurisdizione e legge penale militare. La giurisdizione ha, in tempo di pace, un ambito di applicabilità minore di quello dell'assoggettamento alla legge penale militare. Il limite soggettivo, infatti, perché si risponda dinanzi al giudice speciale militare è che si tratti di reati commessi durante il servizio alle armi, mentre per i reati previsti dalla legge penale militare, quando li si commetta da appartenenti alle Forze armate ma non in servizio alle armi, si risponde dinanzi alla giurisdizione ordinaria”.

 

 

I commi 2 e 3 dell’articolo 14 sanciscono, per i reati previsti dalla presente legge e commessi all’estero, la competenza del tribunale militare di Roma nei casi in cui la giurisdizione è attribuita all’autorità giudiziaria militare e la competenza del tribunale di Roma nei casi in cui la giurisdizione è devoluta all’autorità giudiziaria ordinaria.

 

L’articolo 15 prevede una norma di coordinamento che prevede l’applicabilità della legge in esame in deroga alla prevista applicazione del codice penale militare di guerra; l’applicabilità di detto codice è salvaguardata soltanto quando esso preveda, a parità di illecito, sanzioni di maggior gravità.

 

L'articolo 16 riguarda la copertura finanziaria del provvedimento, per la quale si autorizza la spesa di 8.980 euro per il 2008, nonché a decorrere dal 2010, mentre l'onere a carico del 2009 è previsto in 4.890 euro. La copertura è rinvenuta a carico dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente, iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito del programma “Fondi di riserva e speciali” della missione “Fondi da ripartire” dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, con parziale utilizzazione dell'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.

 

La relazione tecnica che accompagna il disegno di legge fornisce un'analitica previsione dei costi connessi all'applicazione del Protocollo in esame, in particolare per l'invio di tre esperti nazionali, appartenenti al Ministero degli affari esteri, al Ministero per i beni e le attività culturali e al Ministero della difesa, alle riunioni dell'Assemblea delle Parti prevista dall'articolo 23 del Protocollo, e alle attività del Comitato intergovernativo per la protezione dei beni culturali nei conflitti armati di cui all'articolo 24 del Protocollo medesimo. Gli oneri complessivi già ricordati derivano dalle spese di missione e di viaggio di detti esperti. La relazione tecnica ripartisce altresì nella stessa misura gli oneri previsti in ciascuno degli stati di previsione dei tre Dicasteri menzionati.

 

Il disegno di legge è altresì accompagnato da un'Analisi tecnico-normativa (ATN) e da un'Analisi dell'impatto della regolamentazione (AIR).

Dall'ATN emerge l’assenza nell'ordinamento italiano di specifica normativa concernente la protezione dei beni culturali in caso di conflitti armati. È invece naturalmente vigente un'ampia gamma di disposizioni a tutela dei beni culturali, ma che necessariamente fa riferimento a fatti e attività in territorio nazionale. La disciplina nazionale è inoltre priva di alcune fattispecie penali connesse alle sanzioni dettate dagli articoli da 15 a 21 del Protocollo, e conseguentemente il disegno di legge di ratifica introduce sei nuove figure di reato applicabili nel corso dei conflitti armati  e di missioni internazionali. Per quanto specificamente relativo proprio alle missioni internazionali, nell’ATN si osserva che le formulazioni di nuove fattispecie penali proposte dal disegno di legge tengono conto del fatto che a decorrere dal 2006 al personale impiegato nelle missioni internazionali viene applicato il solo codice penale militare di pace. Infine, l’ATN contiene l’interessante osservazione che mentre le norme del Protocollo non incidono sulle competenze delle regioni a statuto ordinario, esse hanno impatto sulle disposizioni vigenti nelle regioni a statuto speciale, ove in vari modi la tutela del patrimonio culturale è sottoposta a potestà legislativa - talvolta esclusiva - della regione. Si prevede dunque che dette regioni dovranno, al pari dell'ordinamento nazionale, introdurre specifiche normative per la tutela dei beni culturali nel corso dei conflitti armati, in dipendenza della ratifica del Protocollo in esame.

L'ATN contiene un'unica osservazione di rilievo, laddove si evidenzia una categoria particolare di indiretti destinatari del Protocollo nei comandanti militari, cui compete il rispetto degli obblighi sanciti in merito alla conduzione delle operazioni militari offensive e difensive, nonché dei divieti e dei limiti che incombono sulla forze occupanti nel territorio di Stati esteri durante le operazioni di mantenimento della pace.

 

 

 


Iter dell’A.S. 1073

 


Esame in sede referente presso la 3^ Commissione
Affari esteri

 


AFFARI ESTERI (3a)

MARTedi' 28 ottobre 2008

17a Seduta (pomeridiana)

Presidenza del Presidente

DINI

 

Interviene il sottosegretario di Stato per gli affari esteri Stefania Craxi.  

 

La seduta inizia alle ore 15,00.

 

IN SEDE REFERENTE

 

(1073) Ratifica ed esecuzione del II Protocollo relativo alla Convenzione dell'Aja del 1954 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, fatto a L'Aja il 26 marzo 1999, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno

 

(Esame e rinvio)

 

Il relatore MICHELONI (PD) illustra il provvedimento in titolo, d’iniziativa governativa, che riproduce i contenuti dell’analoga proposta legislativa presentata nella XV legislatura e non esaminata per l’intervenuto scioglimento delle Camere.

 

Fa anzitutto presente che il disegno di legge reca, oltre alle disposizioni di autorizzazione alla ratifica, ordine di esecuzione ed entrata in vigore, anche norme di adattamento e attuazione nell’ordinamento interno dei contenuti del II protocollo della Convenzione dell'Aja per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato. Ricorda che la citata Convenzione è stata sottoscritta nel 1954 e tende a garantire la tutela del patrimonio artistico e culturale anche in caso di eventi bellici. Essa assoggetta a distinti regimi di protezione ("generale" e "speciale") le categorie di beni tutelati, prevedendo la protezione da parte delle Forze armate nazionali e da parte degli Stati contraenti per evitarne il saccheggio e la sottrazione. Il Protocollo aggiuntivo integra e rende maggiormente applicabile la Convenzione anche in Italia, in cui i beni da assoggettare a protezione speciale risultavano essere poco numerosi, nonostante la ricchezza del patrimonio artistico. In particolare, il Protocollo prevede un terzo regime di protezione dei beni artistici ("protezione rafforzata") intermedio rispetto a quello generale e speciale, con iscrizione dei beni stessi in una lista internazionale redatta sotto il controllo di un apposito Comitato intergovernativo. Possono essere qualificati beni a protezione rafforzata quelli con un’importanza di grandissimo rilievo per l’umanità, che godano di un elevato livello di protezione legislativa e amministrativa per l’eccezionale valore storico e culturale, e che non siano utilizzati per scopi militari. Il Comitato intergovernativo valuta le proposte formulate da ciascuno Stato contraente e delibera a maggioranza qualificata (quattro quinti) l’inclusione nella lista. L’elenco è reso noto a tutti gli Stati aderenti, all’UNESCO e all’ONU.

 

Sottolinea inoltre che il Protocollo stabilisce i presupposti che fanno scattare il regime di protezione rafforzata ovvero lo rendono inapplicabile: il discrimine è costituito dal ricorrere di una necessità militare imperativa ovvero dell’individuazione di un obiettivo militare. La valutazione è affidata ai comandi militari, e la responsabilità in caso di violazione e, quindi, di danneggiamento o distruzione ingiustificata di beni culturali, è individuale. Per tale motivo, ogni Stato è tenuto a disciplinare apposite fattispecie penali incriminatici di tali condotte e a stabilirne la giurisdizione nazionale e le regole di estradizione. Apposite disposizioni del Protocollo sono poi dedicate alla definizione e composizione degli Organi istituzionali deputati all’applicazione dello stesso, nonché alle forme di cooperazione e assistenza tra Stati.

 

Ciò premesso per quanto concerne il contenuto del Protocollo, fa poi notare che il disegno di legge prevede anche disposizioni di adattamento della normativa interna al Protocollo medesimo. Esse derivano dalla necessità di individuare, a livello nazionale, le misure propedeutiche di salvaguardia dei beni culturali, facendo riferimento alle disposizioni già vigenti in materia di tutela dei beni culturali e del paesaggio, alle norme antincendio e, in generale, alle norme che individuano enti e strutture deputate alla sicurezza e tutela del patrimonio culturale (articolo 4).

 

Richiama quindi l’articolo 5 del disegno di legge che traduce a livello nazionale i requisiti stabiliti nel Protocollo per la qualificazione dei beni a protezione rafforzata, demandando al Ministero per i beni e le attività culturali il compito dell’individuazione specifica degli stessi, con riferimento ai criteri del rilievo universale del bene e del livello di protezione interna per il valore storico eccezionale, sentito il Ministero della difesa per quanto concerne il requisito del mancato utilizzo per scopi militari del bene. In mancanza di una normativa nazionale specifica, il disegno di legge affida alle autorità ministeriali di settore il compito di tradurre le indicazioni elaborate a livello internazionale, onde redigere la lista dei beni culturali italiani di rilievo, da sottoporre al Comitato intergovernativo affinché ne valuti la meritevolezza di protezione rafforzata in caso di conflitto bellico.

 

Infine, rileva che gli articoli da 6 a 15 del disegno di legge recano disposizioni in materia penale. Sono introdotte le nuove fattispecie incriminatici dell’attacco e distruzione di beni culturali, dell’utilizzo illecito di un bene culturale protetto, della devastazione e saccheggio di beni culturali protetti, dell’impossessamento illecito e danneggiamento di un bene culturale protetto, dell’esportazione e trasferimento illecito di beni culturali protetti, dell’alterazione o modificazione d’uso di beni culturali protetti. Vengono altresì definiti l’ambito di applicazione dei nuovi reati, la causa di esclusione della punibilità della necessità militare imperativa e il coordinamento tra giurisdizione penale e militare.

 

Conclude chiedendo chiarimenti alla rappresentante del Governo per quanto concerne l’articolo 29 del Protocollo, il quale istituisce il Fondo per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato; in particolare, essendo le risorse del Fondo costituite anche da contributi volontari degli Stati contraenti, riterrebbe utile conoscere che tipo di finanziamenti il Governo italiano abbia intenzione di stanziare e se sia possibile ritenere che l’Italia possa essere altresì destinataria di investimenti da parte del Fondo medesimo.

 

Ciò premesso, propone che la Commissione conferisca mandato a riferire favorevolmente all’Assemblea sul provvedimento.

 

 Nessuno chiedendo di intervenire in discussione generale, il presidente DINI dà quindi la parola alla rappresentante del Governo.

 

             Il sottosegretario Stefania CRAXI, nel riservarsi di fornire successivamente i chiarimenti chiesti dal relatore circa il finanziamento e la destinazione del Fondo la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, esprime l’auspicio di una rapida ratifica del Protocollo. Ciò risulterebbe coerente con il tradizionale impegno italiano nella definizione e attuazione di tutti gli strumenti giuridici internazionali di tutela del patrimonio culturale, sia in ambito UNESCO, sia negli altri contesti di cooperazione culturale.

 

Ricorda inoltre come l’Italia abbia sostenuto con decisione il processo di revisione delle disposizioni della Convenzione dell’Aja del 1954 in considerazione della notevole entità del patrimonio culturale nazionale e della necessità di tutela adeguata dello stesso. Ritiene che il Protocollo in esame sia importante in quanto attua e integra la Convenzione del 1954 e istituisce un Comitato intergovernativo con il compito di assicurare l’efficacia degli accordi mediante il regime della protezione rafforzata.

 

Dopo aver richiamato l’introduzione da parte del Protocollo della responsabilità individuale in caso di danneggiamento o distruzione ingiustificata di beni culturali, con la correlativa previsione di apposite fattispecie incriminatrici penali a livello nazionale, ribadisce l’invito a una rapida conclusione dell’iter parlamentare di ratifica, onde consentire all’Italia di partecipare in veste di Stato membro agli appuntamenti internazionali già programmati nell’ambito dell’attuazione del Protocollo.

 

Il presidente DINI ringrazia il sottosegretario Stefania Craxi. Propone quindi di fissare alle ore 17 di lunedì  3 novembre il termine per la presentazione di eventuali  emendamenti al disegno di legge in titolo.

 

Conviene la Commissione.

 

Il seguito dell’esame è quindi rinviato.


AFFARI ESTERI (3a)

MERCOLEDÌ 19 NOVEMBRE 2008

22a Seduta (antimeridiana)

Presidenza del Presidente

 

DINI

 

Interviene il sottosegretario di Stato per gli affari esteri Stefania Craxi.

 

 La seduta inizia alle ore 9,20.

 

IN SEDE REFERENTE

 

(1073) Ratifica ed esecuzione del II Protocollo relativo alla Convenzione dell'Aja del 1954 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, fatto a L'Aja il 26 marzo 1999, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno

 

(Seguito e conclusione dell’esame)

 

Riprende l’esame sospeso nella seduta del 28 ottobre scorso.

 

Interviene il sottosegretario Stefania CRAXI, la quale fornisce i chiarimenti richiesti dal relatore Micheloni nella seduta del 28 ottobre scorso circa il finanziamento e la destinazione del Fondo per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, previsto dall'articolo 29 del Protocollo.

 

Fa presente che il disegno di legge in esame non prevede di stanziare risorse da destinare al citato Fondo. Ciò non esclude la possibilità che, in futuro, quando saranno chiarite le modalità di utilizzo del Fondo stesso, sia possibile destinare contributi da stanziarsi mediante provvedimenti ad hoc oppure contributi una tantum della cooperazione allo sviluppo. Le modalità di utilizzo del Fondo sono, infatti, stabilite dal Comitato intergovernativo ad hoc istituito, che non ha ancora elaborato le relative linee guida.

 

Ricorda che l'articolo 29 del Protocollo specifica, comunque, che il Fondo in oggetto è volontario e non obbligatorio. Precisa, inoltre, che il suo utilizzo è finalizzato a permettere assistenza finanziaria e non, sia nella fase di predisposizione delle misure prescritte in tempo di pace, sia per fronteggiare situazioni di emergenza per la protezione dei beni culturali durante o dopo la fine del conflitto armato.

 

Rileva infine che l'UNESCO, per prassi, destina le risorse dei fondi obbligatori e volontari istituiti dalle Convenzioni internazionali esclusivamente a favore dei Paesi in via di sviluppo. Non dovrebbe essere, pertanto, ipotizzabile ritenere che l’Italia possa, in concreto, essere destinataria di investimenti del Fondo in parola.

 

Il presidente DINI, dopo aver ricordato che non sono stati presentati emendamenti al disegno di legge in titolo, verificata la presenza del prescritto numero di senatori, pone in votazione la proposta di conferire mandato al relatore Micheloni a riferire favorevolmente all’Assemblea sul disegno di legge in titolo, autorizzandolo altresì allo svolgimento della relazione orale.

 

 La Commissione approva.

 

 


Esame in sede consultiva

 


AFFARI COSTITUZIONALI (1a)

MERCOLEDÌ 5 NOVEMBRE 2008

21a Seduta (pomeridiana)

Presidenza del Presidente

BATTAGLIA

 

 

(1073) Ratifica ed esecuzione del II Protocollo relativo alla Convenzione dell'Aja del 1954 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, fatto a L'Aja il 26 marzo 1999, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno

 

(Parere alla 3a Commissione. Esame. Parere non ostativo)

 

 

      Il relatore MALAN (PdL), dopo aver brevemente illustrato il disegno di legge in titolo, propone di esprimere un parere non ostativo.

 

 

            La Sottocommissione concorda.

 

 

 

 


GIUSTIZIA (2a)

MERCOLEDÌ 5 NOVEMBRE 2008

10a Seduta (antimeridiana)

Presidenza del Presidente

MAZZATORTA

 

 

            La Sottocommissione ha adottato le seguenti deliberazioni per i provvedimenti deferiti:

 

            alla 3a Commissione:

 

(1073) Ratifica ed esecuzione del II Protocollo relativo alla Convenzione dell'Aja del 1954 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, fatto a L'Aja il 26 marzo 1999, nonchè norme di adeguamento dell'ordinamento interno : parere favorevole.

 

 


BILANCIO (5a)

MERCOLEDÌ 12 NOVEMBRE 2008

15a Seduta (pomeridiana)

Presidenza del Presidente

AZZOLLINI

 

            Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Cosentino.

 

 

(1073) Ratifica ed esecuzione del II Protocollo relativo alla Convenzione dell'Aja del 1954 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, fatto a L'Aja il 26 marzo 1999, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno

 

(Parere alla 3a Commissione. Esame. Parere non ostativo)

 

      Il relatore Massimo GARAVAGLIA (LNP) illustra il disegno di legge in titolo segnalando, per quanto di competenza, che occorre acquisire conferma che le attività di salvaguardia dei beni culturali, indicate all’articolo 4, possano essere svolte nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili.

 

            Il sottosegretario COSENTINO chiarisce che le attività in questione potranno essere svolte nell'ambito delle risorse già disponibili a legislazione vigente.

 

            Su proposta del relatore Massimo GARAVAGLIA (LNP), il presidente AZZOLLINI pone quindi ai voti una proposta di parere non ostativo che risulta approvato dalla Sottocommissione.

 

 

 

 


Discussione in Assembla

 


 

 

 

 

Senato della Repubblica

XVI LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

 

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATI

 

 

ASSEMBLEA

 

95a seduta pubblica (antimeridiana):

 

 

mercoledì 19 novembre 2008

 

 

Presidenza del vice presidente NANIA


 

 

Discussione e approvazione del disegno di legge:

 

(1073) Ratifica ed esecuzione del II Protocollo relativo alla Convenzione dell'Aja del 1954 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, fatto a L'Aja il 26 marzo 1999, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno (Relazione orale) (ore 12,57)

 

 

PRESIDENTE.L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 1073.

 

Il facente funzioni di relatore, senatore Cabras, ha chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni la richiesta si intende accolta.

 

Pertanto, ha facoltà di parlare.

 

 

CABRAS, f.f. relatore. Signora Presidente, chiedo di poter allegare il testo della relazione.

 

 

PRESIDENTE. La Presidenza l'autorizza in tal senso.

 

Non essendovi iscritti a parlare nella discussione generale e poiché il rappresentante del Governo non intende intervenire, passiamo all'esame degli articoli.

 

Metto ai voti l'articolo 1.

 

È approvato.

 

 

Metto ai voti l'articolo 2.

 

È approvato.

 

 

Metto ai voti l'articolo 3.

 

È approvato.

 

 

Metto ai voti l'articolo 4.

 

È approvato.

 

 

Metto ai voti l'articolo 5.

 

È approvato.

 

 

Metto ai voti l'articolo 6.

 

È approvato.

 

 

Metto ai voti l'articolo 7.

 

È approvato.

 

 

Metto ai voti l'articolo 8.

 

È approvato.

 

 

Metto ai voti l'articolo 9.

 

È approvato.

 

 

Metto ai voti l'articolo 10.

 

È approvato.

 

 

Metto ai voti l'articolo 11.

 

È approvato.

 

 

Metto ai voti l'articolo 12.

 

È approvato.

 

 

Metto ai voti l'articolo 13.

 

È approvato.

 

 

Metto ai voti l'articolo 14.

 

È approvato.

 

 

Metto ai voti l'articolo 15.

 

È approvato.

 

 

Metto ai voti l'articolo 16.

 

È approvato.

 

 

Metto ai voti l'articolo 17.

 

È approvato.

 

 

Passiamo alla votazione finale.

 

 

PALMIZIO (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

 

PALMIZIO (PdL). Signor Presidente, intervengo per annunciare il voto favorevole sul provvedimento a nome del Gruppo PdL.

PRESIDENTE. Metto ai voti il disegno di legge, nel suo complesso.

 

È approvato.


 

Allegato A

 

DISEGNO DI LEGGE

 

Ratifica ed esecuzione del II Protocollo relativo alla Convenzione dell'Aja del 1954 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, fatto a L'Aja il 26 marzo 1999, nonchè norme di adeguamento dell'ordinamento interno (1073)

 

 

ARTICOLI DEL DISEGNO DI LEGGE

 

Art. 1.

 

Approvato

 

(Autorizzazione alla ratifica)

 

    1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare il II Protocollo relativo alla Convenzione de L'Aja del 1954 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, fatto a L'Aja il 26 marzo 1999.

 

Art. 2.

 

Approvato

 

(Ordine di esecuzione)

 

    1. Piena ed intera esecuzione è data al Protocollo di cui all'articolo l, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 43 del Protocollo stesso.

 

Art. 3.

 

Approvato

 

(Definizioni)

 

    1. Ai fini della presente legge si intende per:

 

        a) «Convenzione», la Convenzione per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, firmata a L'Aja il 14 maggio 1954, ratificata ai sensi della legge 7 febbraio 1958, n. 279;

 

        b) «Protocollo», il II Protocollo per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, firmato a L'Aja il 26 marzo 1999, di cui la presente legge autorizza la ratifica;

 

        c) «illecitamente», in violazione del diritto nazionale del territorio occupato o del diritto internazionale;

 

        d) «beni culturali», i beni culturali di cui all'articolo 1 della Convenzione, ovunque essi si trovino;

 

        e) «protezione rafforzata», il sistema di protezione stabilito dagli articoli 10 e 11 del Protocollo.

 

Art. 4.

 

Approvato

 

(Salvaguardia dei beni culturali)

 

    1. Ai fini dell'adozione delle misure propedeutiche di salvaguardia dei beni culturali ai sensi e per gli effetti stabiliti dall'articolo 5 del Protocollo, si applicano:

 

        a) le norme riguardanti l'obbligo di catalogazione dei beni culturali previsto dalle disposizioni in materia di tutela dei beni culturali e del paesaggio;

 

        b) le norme tecniche dettate dalla disciplina legislativa e regolamentare in materia di sicurezza e di prevenzione incendi;

 

        c) le disposizioni regolamentari di organizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali che individuano gerarchicamente e territorialmente le strutture competenti in materia di protezione del patrimonio culturale nazionale, nell'ambito delle cui attribuzioni sono da intendere comprese le attività di salvaguardia dei beni culturali in caso di conflitto armato;

 

        d) le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che individuano enti e strutture cui sono attribuite competenze in materia di sicurezza e tutela del patrimonio culturale.

 

 

 

Art. 5.

 

Approvato

 

(Criteri per l'applicazione dell'articolo 10 del Protocollo)

 

    1. Nell'ambito dei beni appartenenti al patrimonio culturale nazionale, sottoposti alle misure di tutela previste dal decreto legislativo di cui al Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, il Ministero per i beni e le attività culturali individua i beni, di proprietà pubblica e privata, in possesso dei requisiti di cui all'articolo 10 del Protocollo da inserire nella lista indicata all'articolo 11, paragrafo 1, del Protocollo, in quanto meritevoli di tutela rafforzata in virtù della loro massima importanza per l'umanità, sentito il Ministero della difesa in ordine al requisito di cui all'articolo 10, lettera c), del Protocollo.

 

Art. 6.

 

Approvato

 

(Ambito di applicazione)

 

    1. Le disposizioni penali della presente legge si applicano a chiunque commette il fatto in danno di beni situati nel territorio dello Stato nel corso di un conflitto armato o di missioni internazionali.

 

    2. Le disposizioni penali della presente legge si applicano altresì quando nel corso di un conflitto armato o di missioni internazionali:

 

        a) il fatto è commesso dal cittadino italiano in danno di beni situati in territorio estero;

 

        b) i fatti previsti dagli articoli 7, comma 2, 8, comma 2, e 9, sono commessi dallo straniero in danno di beni situati in territorio estero, sempre che lo straniero si trovi nel territorio dello Stato.

 

Art. 7.

 

Approvato

 

(Attacco e distruzione di beni culturali)

 

    1. Chiunque attacca un bene culturale protetto dalla Convenzione è punito con la reclusione da quattro a dodici anni.

 

    2. Se il fatto previsto dal comma 1 è commesso su un bene culturale sottoposto a protezione rafforzata la pena è della reclusione da cinque a quindici anni.

 

    3. Le pene stabilite dai commi 1 e 2 sono aumentate se al fatto consegue la distruzione del bene.

 

Art. 8.

 

Approvato

 

(Utilizzo illecito di un bene culturale protetto)

 

    1. Chiunque utilizza un bene culturale protetto dalla Convenzione ovvero la zona circostante a sostegno di un'azione militare è punito con la reclusione da uno a cinque anni.

 

    2. Se il fatto previsto dal comma 1 è commesso su un bene culturale sottoposto a protezione rafforzata, la pena è della reclusione da due a sette anni.

 

    3. Le pene stabilite dai commi 1 e 2 sono aumentate se al fatto consegue la distruzione del bene.

 

Art. 9.

 

Approvato

 

(Devastazione e saccheggio di beni culturali protetti)

 

    1. Chiunque commette fatti di devastazione ai danni di beni culturali protetti dalla Convenzione o dal Protocollo, è punito con la reclusione da otto a quindici anni.

 

    2. Le pene stabilite dal comma 1 si applicano anche a chiunque saccheggia beni culturali protetti dalla Convenzione o dal Protocollo.

 

Art. 10.

 

Approvato

 

(Impossessamento illecito e danneggiamento di un bene culturale protetto)

 

    1. Chiunque illecitamente si impossessa di un bene culturale protetto dalla Convenzione, ovvero, avendone a qualunque titolo la disponibilità, se ne appropria, ovvero lo distrugge, disperde, deteriora o rende in tutto o in parte inservibile, è punito con la reclusione da due a otto anni.

 

    2. Se il fatto previsto dal comma 1 è commesso su un bene culturale sottoposto a protezione rafforzata, la pena è della reclusione da tre a dieci anni.

 

Art. 11.

 

Approvato

 

(Esportazione e trasferimento illecito di beni culturali protetti)

 

    1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque nel corso delle attività di cui all'articolo 6 esporta, rimuove o trasferisce illecitamente la proprietà di beni protetti dalla Convenzione o dal Protocollo è punito con la reclusione da uno a cinque anni.

 

    2. La pena stabilita dal comma 1 è aumentata se al fatto consegue la distruzione del bene.

 

Art. 12.

 

Approvato

 

(Alterazione o modificazione d'uso di beni culturali protetti)

 

    1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, nel corso delle attività di cui all'articolo 6, altera o modifica arbitrariamente l'uso di un bene protetto dalla Convenzione ovvero illecitamente effettua scavi archeologici, è punito con la reclusione da uno a tre anni.

 

    2. La pena stabilita dal comma 1 è aumentata se al fatto consegue la distruzione del bene.

 

Art. 13.

 

Approvato

 

(Causa di esclusione della punibilità)

 

    1. Non è punibile chi commette i fatti di cui agli articoli 7 e 8 per esservi costretto da una necessità militare imperativa ai sensi dell'articolo 6 del Protocollo.

 

Art. 14.

 

Approvato

 

(Reati militari, giurisdizione e competenza)

 

    1. I reati di cui agli articoli 7, 8, 9, 10, 11 e 12 sono reati militari. Si applica l'articolo 27, primo comma, del codice penale militare di pace.

 

    2. Nei casi in cui i reati di cui al comma 1 sono commessi all'estero e la giurisdizione è attribuita all'autorità giudiziaria militare, è competente il tribunale militare di Roma.

 

    3. Nei casi in cui i reati di cui al comma 1 sono commessi all'estero e la giurisdizione è attribuita all'autorità giudiziaria ordinaria, è competente il tribunale di Roma.

 

Art. 15.

 

Approvato

 

(Norma di coordinamento)

 

    1. Le disposizioni della presente legge si osservano anche quando è disposta l'applicazione del codice penale militare di guerra, salvo che questo preveda sanzioni più gravi.

 

Art. 16.

 

Approvato

 

(Copertura finanziaria)

 

    1. Per l'attuazione della presente legge, è autorizzata la spesa di euro 8.980 per l'anno 2008, di euro 4.890 per l'anno 2009 e di euro 8.980 a decorrere dal 2010. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito del programma ''Fondi di riserva e speciali'' della missione ''Fondi da ripartire'' dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.

 

    2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

Art. 17.

 

Approvato

 

(Entrata in vigore)

 

    1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale

 




[1] Vedi articoli 174, 175, 178, 179, 186 e 187.

[2] Lo stesso art. 37 c.p.m.p. tautologicamente afferma essere reato militare qualunque violazione della legge penale militare, nulla dicendo, peraltro, per quali particolari connotazioni questa legge preveda oppure no determinati reati

[3] Convertito dalla Legge 20 ottobre 2006, n. 270, Disposizioni concernenti l'intervento di cooperazione allo sviluppo in Libano e il rafforzamento del contingente militare italiano nella missione UNIFIL ridefinita dalla citata risoluzione 1701 (2006) del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.