Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Altri Autori: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo - D.L. 5/2012 - A.C. 4940-B - Schede di lettura
Riferimenti:
AC N. 4940-B/XVI   DL N. 5 DEL 09-FEB-12
Serie: Progetti di legge    Numero: 595    Progressivo: 3
Data: 29/03/2012
Descrittori:
DECRETO LEGGE 2012 0005   PIANI DI SVILUPPO
PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO     
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni
X-Attività produttive, commercio e turismo
Altri riferimenti:
AS N. 3194/XVI     

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo

D.L. 5/2012 – A.C. 4940-B

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 595/3

 

 

 

29 marzo 2012

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Istituzioni

( 066760-9475 / 066760-3855 – * st_istituzioni@camera.it

Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici:

Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

( 066760-2145 – * cdrue@camera.it

 

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: d12005d.doc

 


INDICE

Schede di lettura

§      Articolo 44 (Semplificazioni in materia di interventi di lieve entità)                  3

§      Articolo 47, comma 2-quater (Disaggregazione dell’accesso alla rete fissa di telecomunicazioni)7

§      Tabella A, voce 263 (Soppressione della voce 263 concernente l’articolo 5, comma 5-quinquies, della legge n. 225 del 1992 )                                                                                    9


AVVERTENZA

 

Il provvedimento in titolo, a seguito dell’esame effettuato in prima lettura dalla Camera e poi dal Senato, è stato oggetto di numerose modifiche.

Durante l’esame al Senato, sono stati modificati gli articoli 38 (in modo formale), 44 e 47, nonché la Tabella A allegata all’art. 62, recante le disposizioni da abrogare con decorrenza dal sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione.

Poiché le deliberazioni della Camera verteranno, ai sensi dell’art. 71, comma 2, del Regolamento, solo sulle modificazioni apportate dal Senato e sugli emendamenti ad esse riferiti, il presente dossier dà conto esclusivamente delle modifiche di natura sostanziale introdotte dal Senato negli articoli 44 e 47, nonché nella Tabella A.

Il contenuto complessivo del provvedimento è illustrato nel dossier n. 595/2 del 9 marzo 2012 (http://documenti.camera.it/leg16/dossier/testi/D12005C.htm).

 

 

 

 


Schede di lettura

 


 

Articolo 44
(
Semplificazioni in materia di interventi di lieve entità)

1. Con regolamento da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali, d'intesa con la Conferenza unificata, salvo quanto previsto dall'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono dettate disposizioni modificative e integrative al regolamento di cui all'articolo 146, comma 9, quarto periodo, del codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, al fine di precisare le ipotesi di interventi di lieve entità, nonché allo scopo di operare ulteriori semplificazioni procedimentali, ferme, comunque, le esclusioni di cui agli articoli 19, comma 1, e 20, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.

2. Soppresso.

 

 

Nel corso dell’esame al Senato è stato modificato il comma 1 dell’articolo 44, che prevede l’emanazione di un regolamento di delegificazione volto a rideterminare e ampliare le ipotesi di interventi di lieve entità sottoposti al procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica, ed è stato soppresso il comma 2, che novella il comma 1-ter dell’art. 181 del D.Lgs. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) al fine di escludere l’applicabilità delle pene previste dall’art. 181, comma 1-bis, lett. a), in taluni casi di opere - eseguite in assenza di autorizzazione paesaggistica o in difformità da essa – di cui venga accertata la compatibilità paesaggistica da parte dell’autorità amministrativa competente.

In particolare, il comma 1, prevede l’emanazione, entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto, di un regolamento di delegificazione (su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali, d’intesa con la Conferenza unificata, salvo quanto previsto dall’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281) volto a dettare modifiche e integrazioni al regolamento di cui al D.P.R. 139/2010 di disciplina del procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica per gli interventi di lieve entità. Sulla base di una modifica approvata nel corso dell’esame al Senato, il regolamento è volto a precisare (anziché rideterminare e ampliare come previsto nel testo iniziale del decreto-legge) le ipotesi di interventi di lieve entità. Non viene modificata l’altra finalità del regolamento, che è quella di operare ulteriori semplificazioni procedimentali, ferme comunque le esclusioni previste dalla L. 241/1990:

-     all’art. 19, comma 1 (inapplicabilità della segnalazione certificata di inizio attività - SCIA - nei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali);

-     all’art. 20, comma 4 (inapplicabilità del silenzio-assenso nei procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico e l’ambiente).

 

Si ricorda che il citato regolamento di delegificazione di cui al D.P.R. 9 luglio 2010, n. 139 è stato emanato in attuazione dell’ultimo periodo del comma 9 dell’art. 146 del D.Lgs. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio). Tale periodo ha infatti previsto l’emanazione di un regolamento di delegificazione (ai sensi dell'art. 17, comma 2, della L. 400/1988), su proposta del Ministro dei beni culturali d'intesa con la Conferenza unificata, salvo quanto previsto dall'art. 3 del D.Lgs. 281/1997, volto a stabilire “procedure semplificate per il rilascio dell'autorizzazione in relazione ad interventi di lieve entità in base a criteri di snellimento e concentrazione dei procedimenti, ferme, comunque, le esclusioni di cui agli articoli 19, comma 1, e 20, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni”.

Quanto alle disposizioni recate dall’art. 3 del D.Lgs. 281/1997 (recanti la disciplina dei procedimenti in cui la legislazione vigente prevede un'intesa nella Conferenza Stato-Regioni), fatte salve dalla norma in commento, si ricorda, in particolare, il contenuto dei commi 3 e 4. Ai sensi del comma 3, quando un'intesa espressamente prevista dalla legge non è raggiunta entro trenta giorni dalla prima seduta della Conferenza Stato-regioni in cui l'oggetto è posto all'ordine del giorno, il Consiglio dei Ministri provvede con deliberazione motivata. Ai sensi del comma 4, in caso di motivata urgenza il Consiglio dei Ministri può provvedere senza l'osservanza delle disposizioni del presente articolo. In tal caso i provvedimenti adottati sono sottoposti all'esame della Conferenza Stato-regioni nei successivi quindici giorni e il Consiglio dei Ministri è tenuto ad esaminare le osservazioni della Conferenza Stato-regioni ai fini di eventuali deliberazioni successive.

 

Nel corso dell’esame al Senato è stato, altresì, soppresso il comma 2 dell'articolo in esame che novella il comma 1-ter dell’art. 181 del D.Lgs. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) al fine di escludere l’applicabilità delle sanzioni penali previste dall’art. 181, comma 1-bis, lettera a), in taluni casi nei quali venga accertata la compatibilità paesaggistica da parte dell’autorità amministrativa competente. Il comma in esame era stato modificato nel corso dell’esame alla Camera nell’ambito delle correzioni di forma approvate dalle Commissioni riunite nel senso di precisare che le sanzioni (anziché le disposizioni come previsto nel testo iniziale del decreto-legge) di cui al comma 1-bis, lettera a), non si applicano alle fattispecie di cui al comma 1-ter dell’articolo 181.

Si ricorda che il comma 1-ter dell’art. 181 esclude l’applicazione di sanzioni penali, ferma restando l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui all'art. 167, qualora, nei seguenti casi, l'autorità amministrativa competente accerti la compatibilità paesaggistica (secondo le procedure di cui al comma 1-quater [1]):

a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi o aumento di quelli legittimamente realizzati;

b) per l'impiego di materiali non conformi all'autorizzazione paesaggistica;

c) per i lavori configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'art. 3 del D.P.R. 380/2001 (T.U. edilizia).

Per i casi contemplati dalle lettere a), b) e c) del comma 1-ter viene quindi esclusa l’applicazione delle sanzioni penali:

§         di cui al comma 1 (che prevede l’applicazione delle pene previste dall’art. 44, lett. c), del D.P.R. 380/2001 per coloro che, senza la prescritta autorizzazione o in difformità di essa, eseguano lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici [2]);

§       nonché – in base alla novella recata dal comma in esame ora soppresso – di quelle previste dal comma 1-bis, lettera a),che prevede la reclusione da uno a quattro anni qualora i lavori di cui al comma 1 “ricadano su immobili od aree che, per le loro caratteristiche paesaggistiche, siano stati dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei lavori”.

Quanto alle sanzioni pecuniarie previste dall’art. 167, si ricorda che ai sensi dei commi 4 e 5, che prevedono che l'autorità amministrativa competente accerti (su istanza del proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell'immobile o dell'area interessati) la compatibilità paesaggistica per i lavori elencati nelle lettere a), b) e c) del comma 4 (che riproducono la casistica recata dalle lettere a), b) e c) del comma 1-ter dell’art. 181):

§       qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, il trasgressore è tenuto al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione. L'importo della sanzione pecuniaria è determinato previa perizia di stima;

§       in caso di rigetto della domanda si applica la sanzione demolitoria di cui al comma 1 dell’art. 167.

Si ricorda che la Commissione giustizia della Camera, nel parere reso nel corso dell’esame in prima lettura in data 29 febbraio 2012, aveva formulato un’osservazione invitando le Commissioni di merito a valutare l’opportunità di apportare modificazioni al testo del provvedimento rilevando nelle premesse che “merita approfondimento la depenalizzazione dei reati per assenza di autorizzazione paesaggistica, potendo la norma incidere sulla stessa qualificazione del reato di lottizzazione abusiva, con conseguenze forse problematiche sul tema di difesa paesaggistica del territorio”. Analoghi profili di criticità sono stati sollevati dalla Commissione giustizia del Senato come è stato evidenziato nel dibattito svoltosi nel corso dell’esame in Assemblea del Senato [3]. Il rappresentante del Governo, nel corso della medesima seduta, ha comunque precisato che non si rivela, “a seguito di approfondimento, alcun elemento che possa far pensare ad una incidenza della norma sul reato di lottizzazione abusiva”.


 

Articolo 47, comma 2-quater
(Disaggregazione dell’accesso alla rete fissa di telecomunicazioni)

2-quater. Al fine di favorire le azioni di cui al comma 1 e al fine di garantire la massima concorrenzialità nel mercato delle telecomunicazioni, in linea con quanto previsto dall'articolo 34, comma 3, lettera g), del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, secondo le procedure previste dalla direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 marzo 2002, come modificata dalla direttiva 2009/140/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 novembre 2009, individua le misure idonee a:

a) assicurare l’offerta disaggregata dei prezzi relativi all’accesso all’ingrosso alla rete fissa e ai servizi accessori, in modo che il prezzo del servizio di accesso all'ingrosso di rete fissa indichiseparatamente il costo della prestazione dell'affitto della linea e il costo delle attività accessorie quali il servizio di attivazione della linea stessa e il servizio di manutenzione correttiva;

b) rendere possibile, per gli operatori richiedenti, acquisire tali servizi anche da imprese terze operanti in regime di concorrenza sotto la vigilanza e secondo le modalità indicate dall’Autorità medesima, assicurando, comunque, il mantenimento della sicurezza della rete.

 

 

Il comma 2-quater dell’articolo 47, finalizzato a favorire diffusione e concorrenzialità dei servizi digitali, è stato introdotto durante l’esame in prima lettura presso la Camera dei deputati ed è stato poi sostituito dal Senato.

 

Nella formulazione approvata dalla Camera tale comma introduceva: sia l’obbligo di offerta in forma disaggregata da parte dall’incumbent (Telecom Italia) per i servizi di accesso all’ingrosso di rete fissa, ovvero quelli connessi all’utilizzazione del cosiddetto ultimo miglio (la porzione di linea che collega la centrale telefonica con la sede dell’utenza finale), indicandone le voci (costo per l'affitto della linea, costo delle attività accessorie, quali il servizio di attivazione della linea stessa ed il servizio di manutenzione correttiva); sia la garanzia per gli operatori di poter acquisire i servizi accessori da imprese diverse dall’incumbent, purché di comprovata esperienza ed operanti sotto la vigilanza dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, in regime di concorrenza.

 

Le modifiche introdotte dal Senato, che hanno coinvolto la forma della disposizione anche laddove sostanzialmente invariata, riguardano due profili.

Da un lato sono state introdotte modifiche relative ai requisiti e agli obblighi delle imprese terze che possono fornire i servizi accessori:

§      non è più richiesta la comprovata esperienza

§      è stato introdotto l’obbligo di garantire la sicurezza della rete.

Dall’altro è stata espressamente indicata la competenza dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, sia in ordine all’individuazione delle misure idonee ad assicurare la disaggregazione dell’offerta e sia in ordine alla determinazione delle modalità secondo le quali gli operatori diversi dall’incumbent possono acquisire i servizi accessori da imprese terze.

 

Il tenore dei testi, nella parte relativa alla disciplina degli obblighi e delle garanzie stabilite dal comma 2 quater, può desumersi dal seguente schema di raffronto.

 

Testo approvato dalla Camera

Testo approvato dal Senato

...i servizi di accesso all'ingrosso di rete fissa devono essere offerti agli operatori concorrenti in maniera disaggregata in modo che gli stessi operatori non debbano pagare per servizi non richiesti e si possa creare un regime concorrenziale anche per i servizi accessori.

In particolare il prezzo del servizio di accesso all'ingrosso di rete fissa deve indicare separatamente il costo della prestazione dell'affitto della linea e il costo delle attività accessorie quali il servizio di attivazione della linea stessa e il servizio di manutenzione correttiva.

a) assicurare l'offerta disaggregata dei prezzi relativi all'accesso all'ingrosso alla rete fissa e ai servizi accessori, in modo che il prezzo del servizio di accesso all'ingrosso alla rete fissa indichi separatamente il costo della prestazione dell'affitto della linea e il costo delle attività accessorie, quali il servizio di attivazione della linea stessa e il servizio di manutenzione correttiva;

Con riferimento alle attività accessorie, deve essere garantito agli operatori richiedenti anche di poter acquisire tali servizi da imprese terze di comprovata esperienza che operano sotto la vigilanza dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in un regime di concorrenza.

b) rendere possibile, per gli operatori richiedenti, acquisire tali servizi anche da imprese terze operanti in regime di concorrenza sotto la vigilanza e secondo le modalità indicate dall'Autorità medesima, assicurando comunque il mantenimento della sicurezza della rete.

 

L’Autorità dovrà individuare le suddette misure entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame, secondo le procedure previste dalla direttiva 2002/21/CE, che, al Capo III, disciplina le funzioni delle autorità nazionali di regolamentazione.


Tabella A, voce 263
(Soppressione della voce 263 concernente l’articolo 5, comma 5-quinquies, della legge n. 225 del 1992 )

 

 

Per effetto della modifica alla Tabella A operata durante l’esame del provvedimento al Senato, sono mantenute in vigore le disposizioni in materia di finanziamento delle emergenze di protezione civile contenute nell’articolo 5, comma 5-quinquies (dal secondo al quarto periodo), della legge n. 225 del 1992.

Più in dettaglio, durante l’esame al Senato, è stato soppresso il riferimento n. 263 della Tabella A allegata al decreto-legge in esame: tale riferimento era stato introdotto durante l’esame del provvedimentoalla Camera.

Si ricorda che, giusto il richiamo operato dall’articolo 62, comma 1, del provvedimento in commento, la Tabella A reca l’elencazione delle disposizioni che saranno o rimarranno abrogate a decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione.

Il n. 263 della predetta Tabella A prevedeva, in particolare, la soppressione dell’articolo 5, comma 5-quinquies,della già citata legge n. 225 del 1992.

Al riguardo, la Commissione Bilancio del Senato, riprendendo quanto già rilevato in precedenza dalla Commissione Bilancio della Camera, ha espresso sul testo del decreto-legge un parere non ostativo condizionato, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, alla soppressione, nell'allegata Tabella A, della voce n. 263.

Il parere della Commissione Bilancio della Camera poneva una condizione volta alla soppressione di tale numero, così motivata nelle premesse:

“l’abrogazione del comma 5-quinquies, dell’articolo 5 della legge 225 del 1992, non può essere consentita in quanto farebbe venire meno la fonte di finanziamento del Fondo di cui all’articolo 28 della legge n. 196 del 2009, e, tenuto anche conto della serie storica delle spese sostenute relativamente al pregresso triennio per le emergenze, presumibilmente non si potrebbe far fronte alle finalità previste a legislazione vigente con le risorse iscritte a tale Fondo.”

 

L’articolo 5, comma 5-quinquies,della legge n. 225 del 1992, reca disposizioni riguardanti il finanziamento delle spese volte a fronteggiare gli stati di emergenza. Tale disposizione è stata introdotta, al pari del precedente comma 5-quater e del successivo comma 5-sexies [4], per effetto del comma 2-quater del D.L. n. 225 del 2010 (cd. “milleproroghe” 2011).

In sintesi, il comma 5-quater della legge n. 225 del 1992 attribuisce al Presidente della Regione interessata da calamità naturali, nel caso di dichiarazione dello stato di emergenza e nel caso di incapienza del bilancio regionale per coprire le relative spese, il potere di deliberare aumenti, sino al limite massimo consentito dalla vigente legislazione, delle imposizioni tributarie attribuite alla regione, nonché di elevare la misura dell’imposta regionale sulla benzina per autotrazione (prevista dall’articolo 17, comma 1, del decreto legislativo n. 398 del 1990) fino ad un massimo di cinque centesimi per litro, ulteriori rispetto alla misura massima consentita.

Il successivo comma 5-quinquies, primo periodo, prevede la possibilità per la Regione di accedere al Fondo per la protezione civile:

•      nel caso in cui le precedenti misure fossero insufficienti,

•      in tutti gli altri casi di eventi previsti dal comma 5-quater di rilevanza nazionale.

 

Su tali disposizioni è intervenuta la Corte Costituzionale la quale, con la sentenza n. 22 del 2012 (13-16 febbraio 2012) si è pronunciata nel senso di dichiarare l’illegittimità costituzionale del comma 5-quater edel primo periodo del comma 5-quinquies.

In sintesi, la Consulta ha ritenuto di dover dichiarare illegittime le norme in esame per violazione dell’articolo 77, secondo comma, Cost., affermando la palese estraneità delle norme impugnate rispetto all'oggetto e alle finalità del decreto-legge cosiddetto "milleproroghe", in quanto si tratta di un frammento, relativo ai rapporti finanziari, della disciplina generale e sistematica, tuttora mancante, del riparto delle funzioni e degli oneri tra Stato e Regioni in materia di protezione civile, richiamando una costante giurisprudenza costituzionale[5] che, tra gli indici alla stregua dei quali verificare la presenza o la carenza del requisito della straordinarietà del caso di necessità e d'urgenza di provvedere, ha indicato l’evidente estraneità della norma censurata rispetto alla materia disciplinata da altre disposizioni del decreto-legge in cui è inserita.

In particolare, la Corte rileva che i decreti "milleproroghe" - convertiti con cadenza annuale dalle Camere - sebbene attengano ad ambiti materiali diversi ed eterogenei, devono obbedire alla ratio unitaria di intervenire con urgenza sulla scadenza di termini il cui decorso sarebbe dannoso per interessi ritenuti rilevanti dal Governo e dal Parlamento, o di incidere su situazioni esistenti - pur attinenti ad oggetti e materie diversi - che richiedono interventi regolatori di natura temporale; del tutto estranea a tali interventi è la disciplina "a regime" di materie o settori di materie.

La Consulta ha dichiarato illegittime le predette disposizioni anche in relazione al primo comma dell'articolo 119 Cost. poiché, imponendo alle Regioni di deliberare aumenti fiscali per poter accedere al Fondo nazionale della protezione civile. in presenza di un persistente accentramento statale del servizio, ledono l'autonomia di entrata delle stesse. Esse ledono anche l'autonomia di spesa, poiché obbligano le Regioni ad utilizzare le proprie entrate a favore di organismi statali (Servizio nazionale di protezione civile), per l'esercizio di compiti istituzionali di questi ultimi, corrispondenti a loro specifiche competenze fissate nella legislazione vigente. Per la Corte risulta violato altresì il quarto comma dell'articolo 119 Cost., sotto il profilo del legame necessario tra le entrate delle Regioni e le funzioni delle stesse, poiché lo Stato, pur trattenendo per sé le funzioni in materia di protezione civile, ne accolla i costi alle Regioni stesse.

Infine, per la Consulta le norme censurate contraddicono inoltre la ratio del quinto comma dell'articolo 119 Cost.: le stesse, anziché prevedere risorse aggiuntive per determinate Regioni per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, - quali sono quelli derivanti dalla necessità di fronteggiare gli effetti sulle popolazioni e sul territorio di eventi calamitosi improvvisi ed imprevedibili -, al contrario, impongono alle stesse Regioni di destinare risorse aggiuntive per il funzionamento di organi e attività statali.

Infine, la previsione del richiamato comma 5-quater, che autorizza il Presidente della regione a deliberare gli aumenti fiscali, si pone in contrasto con l'articolo 23 Cost., in quanto viola la riserva di legge in materia tributaria, e con l'articolo 123 Cost., poiché lede l'autonomia statutaria regionale nell'individuare con norma statale l'organo della Regione titolare di determinate funzioni.

 

Quindi, con la soppressione della voce n. 263 della Tabella A disposta dal Senato, tenuto conto della declaratoria di illegittimità costituzionale del primo periodo del comma 5-quinquies, resta ferma la vigenza dei periodi dal secondo al quarto dello stesso comma 5-quinquies.

 

Le richiamate disposizioni prevedono che, nel caso di utilizzo del fondo di riserva per le spese impreviste, istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze dall’articolo 28 della legge n. 196 del 2009 (Legge di contabilità e finanza pubblica), la corrispondente reintegrazione avviene mediante l'aumento dell'accisa sui seguenti prodotti energetici, di cui all’allegato I del Testo Unico sulle accise – TUA (D.Lgs. 504/1995 ):

-    benzina e benzina senza piombo;

-    gasolio usato come carburante.

L'aumento è deliberato dal direttore dell'Agenzia delle dogane in misura non superiore a cinque centesimi al litro e, comunque, in misura tale da determinare maggiori entrate corrispondenti all’importo prelevato dal fondo di riserva.

Tale aumento è finalizzato anche alla copertura degli oneri derivanti dal differimento, in caso di dichiarazionedello stato di emergenza, dei termini per gli adempimenti e i versamenti dei tributi e dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali di cui al comma 5-ter.

Si segnala che, nel corso dello svolgimento di un’interrogazione a risposta immediata 5-06307 presso la Commissione bilancio in data 8 marzo 2012 [6], il Governo ha fornito elementi di informazione in ordine al funzionamento del meccanismo di reintegrazione del Fondo per le spese impreviste con corrispondente aumento dell'accisa sui carburanti.

 

Per quanto attiene alla misura delle accise su benzina e gasolio, si rammenta che, ai sensi delle prescrizioni di cui all’articolo 5-quinquies, l'Agenzia delle dogane, con determinazione del 28 ottobre 2011, ha stabilito il temporaneo aumento di 8,90 euro per mille litri dell'aliquota dell’accisa sulle benzine e sul gasolio usato come carburante, al fine di rimpinguare il fondo di riserva per le spese impreviste. Tale decisione è stata presa dopo che il Consiglio del Ministri del 28 ottobre 2011, deliberato lo stato di emergenza per gli eccezionali eventi alluvionali che hanno colpito i territori delle Regioni Liguria e Toscana, ha previsto un prelevamento dal predetto fondo di riserva per un importo di 65 milioni di euro. Di conseguenza, per un periodo transitorio – in sostanza, dal 1° novembre 2011 al 6 dicembre 2011 – la misura delle accise sui carburanti è stata pari a 622,10 euro per mille litri (481,10 euro per mille litri per il gasolio)

Da ultimo, l’articolo 15 del D. L. 201 del 2011 ha fissato la misura dell’accisa sulla benzina in 704,20 euro per mille litri e quella del gasolio in 593,20 euro per mille litri. Dal 1° gennaio 2013 gli importi saranno aumentati a 704,70 euro per mille litri (benzina) e 593,70 euro per mille litri (gasolio).

 



[1]    Si ricorda che, ai sensi di tale comma, Il proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell'immobile o dell'area interessati dagli interventi di cui al comma 1-ter presenta apposita domanda all'autorità preposta alla gestione del vincolo ai fini dell'accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi medesimi. L'autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni

[2]    Ai sensi dell’art. 134 sono beni paesaggistici:

a) gli immobili e le aree di cui all'articolo 136 (immobili ed aree di notevole interesse pubblico), individuati ai sensi degli articoli da 138 a 141 (che disciplinano il procedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico);

b) le aree di cui all'art. 142 (aree tutelate per legge);

c) gli ulteriori immobili ed aree specificamente individuati a termini dell'articolo 136 e sottoposti a tutela dai piani paesaggistici previsti dagli articoli 143 e 156.

[3]    Si veda il resoconto stenografico della seduta n. 700 del 28 marzo 2012.

[4]    Il comma 5-sexies della legge n. 225 del 1992 disciplina il ricorso al Fondo centrale di garanzia per la copertura dei rischi destina vanti dalle operazioni di credito a medio termine anche nei territori in cui sia deliberato lo stato di emergenza per calamità naturali.

[5]    Sentenza n. 171 del 2007 e, in conformità, sentenza n. 128 del 2008.

[6]http://www.camera.it/_dati/leg16/lavori/bollet/chiscobollt.asp?content=/_dati/leg16/lavori/bollet/framedin.asp?percboll=/_dati/leg16/lavori/bollet/201203/0308/html/05/