Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Interventi urgenti in materia di sovraffollamento carcerario - D.L. 211/2011 ' A.C. 4909 Schede di lettura e documentazione
Riferimenti:
AC N. 4909/XVI   DL N. 211 DEL 22-DIC-11
Serie: Progetti di legge    Numero: 584
Data: 30/01/2012
Descrittori:
CARCERI   DECRETO LEGGE 2011 0211
Organi della Camera: II-Giustizia
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Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Interventi urgenti in materia di sovraffollamento carcerario

D.L. 211/2011 – A.C. 4909

Schede di lettura e documentazione

 

 

 

 

 

 

n. 584

 

 

 

30 gennaio 2012

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Giustizia

( 066760-9148 / 066760-9559 – * st_giustizia@camera.it

 

 

 

 

 

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File: D11211.doc

 


INDICE

Documentazione

Dati statistici

Detenuti presenti - Aggiornamento al 31 dicembre 2011  51

Detenuti presenti italiani e stranieri Anni 1991- 2011  64

Esecuzione della pena presso il domicilio - L.199/2010 - Aggiornamento al 31 dicembre 2011  66

Misure alternative alla detenzione - Dati al 31 dicembre 2011  67

Misure di sicurezza e sanzioni sostitutive e altre misure Dati al 31 dicembre 2011  69

Relazione del Ministero sull’amministrazione della giustizia Anno 2011 – Edilizia penitenziaria (Stralcio)

Documentazione

Dati statistici

Detenuti presenti - Aggiornamento al 31 dicembre 2011  51

Detenuti presenti italiani e stranieri Anni 1991- 2011  64

Esecuzione della pena presso il domicilio - L.199/2010 - Aggiornamento al 31 dicembre 2011  66

Misure alternative alla detenzione - Dati al 31 dicembre 2011  67

Misure di sicurezza e sanzioni sostitutive e altre misure Dati al 31 dicembre 2011  69

Relazione del Ministero sull’amministrazione della giustizia Anno 2011 – Edilizia penitenziaria (Stralcio)                                                                                                            71

 


Schede di lettura

 


Introduzione

Il disegno di legge di conversione del D.L. 22 dicembre 2011, n. 211, approvato dal Senato ed in corso di esame alla Camera, introduce una serie di misure volte a mitigare la tensione carceraria determinata dalla condizione di sovraffollamento.

Le principali innovazioni alla normativa vigente contenute nel testo trasmesso dal Senato sono le seguenti:

-    il ricorso, solamente in via residuale, alla detenzione in carcere dell'arrestato in flagranza di reato per illeciti di competenza del giudice monocratico, in attesa dell'udienza di convalida dell'arresto e del rito direttissimo; si prevede pertanto: in via prioritaria, che sia disposta la custodia dell'arrestato presso l'abitazione; in subordine, che sia disposta la custodia presso idonee strutture della polizia giudiziaria; solo in via ulteriormente subordinata, che sia disposto l'accompagnamento nella casa circondariale. Si intende così ovviare al problema delle cd. "porte girevoli" (casi di detenuti condotti nelle case circondariali per periodi brevissimi: nel 2010, 21.093 persone trattenute per un massimo di 3 giorni);

-    il dimezzamento (da 96 a 48 ore) del termine entro il quale deve avvenire l’udienza di convalida;

-    l'estensione da 12 a 18 mesi della soglia di pena detentiva, anche residua, per l'accesso alla detenzione domiciliare, prevista dalla legge n. 199 del 2010;

-    un'integrazione delle risorse finanziarie, pari a circa 57,27 milioni di euro, per l'adeguamento, potenziamento e messa a norma di infrastrutture carcerarie;

-    il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, di cui si prevede la chiusura entro il 1° febbraio 2013;

-    l'estensione della partecipazione al dibattimento a distanza alla testimonianza di persone detenute;

-    l'estensione del regime delle visite in carcere (senza autorizzazione dell'amministrazione penitenziaria) ai parlamentari europei;

-    l'introduzione di un nuovo caso di illecito disciplinare dei magistrati, per inosservanza delle disposizioni relative al luogo di svolgimento dell'udienza di convalida.

 

Di seguito viene dato conto del contenuto, articolo per articolo, del provvedimento approvato dal Senato.


Articolo 1
(Modifiche al codice di procedura penale)

 

Decreto-legge n. 211 del 2011

A.C. 4909

 

01. All'articolo 386, comma 4, del codice di procedura penale sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, salvo quanto previsto dall’articolo 558».

1. All'articolo 558 del codice di procedura penale, sono apportate le seguenti modificazioni:

1. Identico:

a)  il comma 4 è sostituito dal seguente: «4. Se il pubblico ministero ordina che l'arrestato in flagranza sia posto a sua disposizione, lo può presentare direttamente all'udienza, in stato di arresto, per la convalida e il contestuale giudizio, entro quarantotto ore dall'arresto. Si applicano al giudizio di convalida le disposizioni dell'art. 391, in quanto compatibili.»;

a) identica.

b)  dopo il comma 4 è aggiunto il seguente:

«4-bis. Nei casi di cui ai commi 2 e 4, l'arrestato non può essere condotto nella casa circondariale del luogo dove l'arresto è stato eseguito, né presso altra casa circondariale, salvo che il pubblico ministero non lo disponga, con decreto motivato, per la mancanza o indisponibilità di altri idonei luoghi di custodia nel circondario in cui è stato eseguito l'arresto, per motivi di salute della persona arrestata o per altre specifiche ragioni di necessità.».

b) dopo il comma 4, sono inseriti i seguenti:

«4-bis. Salvo quanto previsto dal comma 4-ter, nei casi di cui ai commi 2 e 4 il pubblico ministero dispone che l’arrestato sia custodito in uno dei luoghi indicati nel comma 1 dell’articolo 284. In caso di mancanza, indisponibilità o inidoneità di tali luoghi, o quando essi sono ubicati fuori dal circondario in cui è stato eseguito l’arresto, o in caso di pericolosità dell’arrestato, il pubblico ministero dispone che sia custodito presso idonee strutture nella disponibilità degli ufficiali o agenti di polizia giudiziaria che hanno eseguito l’arresto o che hanno avuto in consegna l’arrestato. In caso di mancanza, indisponibilità o inidoneità di tali strutture, o se ricorrono altre specifiche ragioni di necessità o di urgenza, il pubblico ministero dispone con decreto motivato che l’arrestato sia condotto nella casa circondariale del luogo dove l’arresto è stato eseguito ovvero, se ne possa derivare grave pregiudizio per le indagini, presso altra casa circondariale vicina.

4-ter. Nei casi previsti dall’articolo 380, comma 2, lettere e-bis) ed f), il pubblico ministero dispone che l’arrestato sia custodito presso idonee strutture nella disponibilità degli ufficiali o agenti di polizia giudiziaria che hanno eseguito l’arresto o che hanno avuto in consegna l’arrestato. Si applica la disposizione di cui al comma 4-bis, terzo periodo.».

 

 

L’articolo 1 è stato profondamente modificato nel corso dell’esame al Senato

 

Il comma 01 dell’articolo 1, introdotto dal Senato,integra il contenuto del comma 4 dell’art. 386 del codice di procedura penale (in materia di doveri della polizia giudiziaria in caso di arresto o di fermo) precisando che sono fatte salve le disposizioni di cui all’art. 558. La disposizione ha natura di coordinamento con le modifiche introdotte all’art. 558 c.p.p. dallo stesso art. 1 del decreto-legge (v. ultra).

 

L’art. 386 c.p.p. prevede una serie dettagliata di azioni che la polizia giudiziaria è tenuta a compiere dopo l’arresto o il fermo.

In particolare, l’attuale comma 4 dell’art. 386 prevede che la polizia giudiziaria ponga l’arrestato o il fermato a disposizione del pubblico ministero mediante la conduzione nella casa circondariale o mandamentale del luogo dove l'arresto o il fermo è stato eseguito. In base al comma 5, Il PM può disporre che l'arrestato o il fermato sia custodito in uno dei luoghi indicati nel comma 1 dell'articolo 284 c.p.p. (cioè agli arresti domiciliari) ovvero, se ne possa derivare grave pregiudizio per le indagini, presso altra casa circondariale o mandamentale (diversa da quella dove si è eseguita la misura).

L’integrazione dell’art. 386, comma 4, fa pertanto salve le disposizioni sulla convalida dell’arresto e il giudizio direttissimo davanti al tribunale in composizione monocratica, previste dall’art. 558 c.p.p., come modificato dal decreto-legge.

 

Dal momento che il novellato art. 558 c.p.p. fa riferimento ai soli reati di competenza del tribunale in composizione monocratica, il comma 01 sembra escludere una interpretazione estensiva dell’art. 386 e chiarire che per i reati più gravi (di competenza del tribunale collegiale) si possa ancora fare ricorso in via prioritaria  alla custodia in carcere dell’arrestato o del fermato.

Il comma 1 lett. a) dell’art. 1riformula il comma 4 dell’articolo 558 c.p.p. in materia di convalida dell’arresto e giudizio direttissimo innanzi al tribunale in composizione monocratica

 

L'articolo 558 c.p.p. (Convalida dell’arresto e giudizio direttissimo), nel testo previgente alla modifica introdotta dal decreto-legge in esame, prevede che gli ufficiali o gli agenti di polizia giudiziaria che hanno eseguito l’arresto in flagranza o che hanno avuto in consegna l’arrestato lo conducono direttamente davanti al giudice del dibattimento per la convalida dell’arresto e il contestuale giudizio, sulla base della imputazione formulata dal pubblico ministero. In tal caso citano anche oralmente la persona offesa e i testimoni e avvisano il difensore di fiducia o, in mancanza, quello designato di ufficio a norma dell’articolo 97, comma 3 (comma 1).

Quando il giudice non tiene udienza, gli ufficiali o gli agenti di polizia giudiziaria che hanno eseguito l’arresto o che hanno avuto in consegna l’arrestato gliene danno immediata notizia e presentano l’arrestato all’udienza che il giudice fissa entro quarantotto ore dall’arresto. Non si applica la disposizione prevista dall’articolo 386, comma 4 (comma 2). Il giudice al quale viene presentato l’arrestato autorizza l’ufficiale o l’agente di polizia giudiziaria a una relazione orale e quindi sente l’arrestato per la convalida dell’arresto (comma 3). Se il pubblico ministero ordina che l’arrestato in flagranza sia posto a sua disposizione a norma dell’articolo 386, lo può presentare direttamente all’udienza, in stato di arresto, per la convalida e il contestuale giudizio, entro quarantotto ore dall’arresto. Se il giudice non tiene udienza, la fissa a richiesta del pubblico ministero, al più presto e comunque entro le successive quarantotto ore. Si applicano al giudizio di convalida le disposizioni dell’articolo 391, che riguardano l’udienza di convalida davanti al tribunale in composizione collegiale, in quanto compatibili (comma 4). Se l’arresto non è convalidato, il giudice restituisce gli atti al pubblico ministero. Il giudice procede tuttavia a giudizio direttissimo quando l’imputato e il pubblico ministero vi consentono (comma 5). Se l’arresto è convalidato a norma dei commi precedenti, si procede immediatamente al giudizio (comma 6). L’imputato ha facoltà di chiedere un termine per preparare la difesa non superiore a cinque giorni. Quando l’imputato si avvale di tale facoltà, il dibattimento è sospeso fino all’udienza immediatamente successiva alla scadenza del termine (comma 7). Subito dopo l’udienza di convalida, l’imputato può formulare richiesta di giudizio abbreviato ovvero di applicazione della pena su richiesta. In tal caso il giudizio si svolge davanti allo stesso giudice del dibattimento. Si applicano le disposizioni dell’articolo 452, comma 2, sulla prosecuzione del giudizio con rito abbreviato (comma 8). Il pubblico ministero può, altresì, procedere al giudizio direttissimo nei casi previsti dall’articolo 449, commi 4 e 5 (comma 9).

 

Il nuovo comma 4 dimezza i tempi massimi previsti per la convalida dell’arresto che passano da 96 a 48 ore. Si prevede, infatti, che ove il PM ordini che l'arrestato in flagranza sia posto a sua disposizione, lo può presentare direttamente all'udienza, in stato di arresto, per la convalida e il contestuale giudizio, entro 48 ore dall'arresto. Si applicano al giudizio di convalida le disposizioni dell'art. 391, in quanto compatibili.

Rispetto al testo previgente, dal suddetto comma 4 viene espunto tanto il riferimento all'articolo 386 c.p.p.(che, a sua volta, contiene ora la norma disalvezza dell’art. 558), quanto il riferimento alla fissazione - a richiesta del pubblico ministero - entro le ulteriori 48 ore, dell'udienza per la convalida dell'arresto da parte del giudice che non tenga udienza entro le 48 ore dall'arresto.

 

Coerentemente con l’introduzione del comma 01, il Senato ha sostituito la lett. b) del comma 1 dell’art. 1.

 

Nel testo iniziale del decreto-legge, la lett. b), aggiungendo un nuovo comma 4-bis al citato articolo 558 c.p.p., introduceva la regola del divieto di conduzione alla casa circondariale (sia del luogo dell’arresto che presso altra casa circondariale) della persona arrestata in attesa della convalida dell’arresto e del giudizio direttissimo (fattispecie di cui ai commi 2 e 4 del medesimo articolo 558 c.p.p.).

Si prevedeva inoltre, sempre al nuovo comma 4-bis introdotto dal decreto-legge, la possibilità di derogare a tale regola - con decreto motivato del PM - solo in mancanza o indisponibilità di altri idonei luoghi di custodia nel circondario in cui è stato eseguito l'arresto, per motivi di salute della persona arrestata o per altre specifiche ragioni di necessità.

 

Introducendo l’art. 123-bis delle Disp. attuaz. c.p.p. l’art. 2, comma 1, lett. b) (ora soppressa) prevedeva, infatti, come regola generale, la custodia dell’arrestato presso le camere di sicurezza del circondario di esecuzione dell’arresto.

 

Il comma 1, lett. b) riformulato dal Senato aggiunge due commi (4-bis e 4-ter) all’art. 558 c.p.p.:

-    il primo (nuovo comma 4-bis), mediante il rinvio all’art. 284, comma 1, stabilisce come regola generale che il PM disponga la custodia dell'arrestato nel proprio domicilio(o in altro luogo di privata dimora o luogo pubblico di cura o assistenza). Gli arresti domiciliari costituiscono così la regola in caso di arresto per i reati meno gravi, di competenza del tribunale monocratico.

Per gli stessi reati, lo stesso PM dovrà, invece, ordinare la custodia del soggetto in idonee strutture nella disponibilità degli ufficiali o agenti della polizia giudiziaria (sostanzialmente, le camere di sicurezza) che hanno eseguito l’arresto o che hanno avuto in consegna l’arrestato, nelle seguenti ipotesi:

-       mancanza, indisponibilità o inidoneità dei luoghi previsti dall’art. 284, comma 1;

-       l’ubicazione di tali luoghi fuori dal circondario in cui è stato eseguito l’arresto;

-       se l’arrestato sia ritenuto pericoloso.

 

Sarà, invece, disposta la custodia nel carcere del circondario di esecuzione dell’arresto (con decreto motivato del PM) nei seguenti casi:

-       mancanza, indisponibilità o inidoneità delle strutture della polizia giudiziaria;

-       se ricorrano altre specifiche ragioni di necessità o urgenza.

 

La custodia del soggetto in carcere presso altra casa circondariale vicina sarò possibile solo per evitare grave pregiudizio alle indagini.

 

Il nuovo comma 4-ter, aggiunto all’art. 558 c.p.p. in sede di conversione al Senato, prevede ulteriori specifiche deroghe alla regola della custodia presso il proprio domicilio stabilendo il ricorso alla custodia dell’arrestato in flagranza per reati meno gravi presso le camere di sicurezza del circondario (recte: idonee strutture nella disponibilità della polizia giudiziaria che ha eseguito l’arresto o ha avuto in consegna l’arrestato) quando la misura debba essere disposta per i seguenti delitti:

-       scippo e furto in abitazione (art. 624-bis c.p.), salvo ricorra l’attenuante della speciale tenuità del danno patrimoniale;

-       rapina (art. 628 c.p.) ed estorsione (art. 629 c.p.).

 

Anche in tali casi, si dovrà invece fare ricorso alla custodia in carcere, con decreto motivato del PM, quando siano mancanti, indisponibili o inidonee le strutturedi custodia a disposizione della polizia giudiziaria ovvero in presenza di altrespecifiche ragioni di necessità o urgenza; il possibile pregiudizio alle indagini potrà giustificare anche in questo caso la custodia dell’arrestato in carcere di un circondario diverso rispetto a quello dell’avvenuto arresto.

 

Si osserva che l’art. 558 c.p.p., come già l’art. 449 sul giudizio direttissimo davanti al tribunale in composizione collegiale, fa riferimento espresso al solo soggetto arrestato e non anche al soggetto fermato.

 


Articolo 2
(Modifiche al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271)

Decreto-legge n. 211 del 2011

A.C. 4909

1. Alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, sono apportate le seguenti modificazioni:

1. Identico

a) l'articolo 123 è sostituito dal seguente:

«Art. 123. (Luogo di svolgimento dell'udienza di convalida e dell'interrogatorio del detenuto) - 1. Salvo quanto previsto dall'articolo 121, nonché dagli artt. 449 comma 1 e 558 del codice, l'udienza di convalida si svolge nel luogo dove l'arrestato o il fermato è custodito. Nel medesimo luogo si svolge l'interrogatorio della persona che si trovi, a qualsiasi titolo, in stato di detenzione. Tuttavia, quando sussistono eccezionali motivi di necessità o di urgenza il giudice con decreto motivato può disporre il trasferimento dell'arrestato, del fermato o del detenuto per la comparizione davanti a sè.

a) l'articolo 123 è sostituito dal seguente:

«Art. 123. (Luogo di svolgimento dell'udienza di convalida e dell'interrogatorio del detenuto) - 1. Salvo quanto previsto dall'articolo 121, nonché dagli artt. 449 comma 1 e 558 del codice, l'udienza di convalida si svolge nel luogo dove l'arrestato o il fermato è custodito salvo che nel caso di custodia nel proprio domicilio o altro luogo di privata dimora. Nel medesimo luogo si svolge l'interrogatorio della persona che si trovi, a qualsiasi titolo, in stato di detenzione. Tuttavia, quando sussistono eccezionali motivi di necessità o di urgenza il giudice con decreto motivato può disporre il trasferimento dell'arrestato, del fermato o del detenuto per la comparizione davanti a sè. Il Procuratore Capo della Repubblica predispone le necessarie misure organizzative per assicurare il rispetto dei termini di cui all'articolo 558 del codice»;

b) dopo l'art. 123, è inserito il seguente:

«Art. 123-bis (Custodia dell'arrestato). - 1. Nei casi previsti nell'art. 558 del codice, l'arrestato viene custodito dagli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria presso le camere di sicurezza del circondario in cui è stato eseguito l'arresto. Il pubblico ministero può disporre che l'arrestato venga condotto nella casa circondariale del luogo dove l'arresto è stato eseguito, o presso altra casa circondariale, anche quando gli ufficiali e agenti che hanno eseguito l'arresto rappresentino la pericolosità della persona arrestata o l'incompatibilità della stessa con la permanenza nelle camere di sicurezza ovvero altre ragioni che impediscano l'utilizzo di esse».

Soppressa

 

b-bis) all’articolo 146-bis, il comma 1-bis è sostituito dal seguente:

«1-bis. Fuori dai casi previsti dal comma 1, la partecipazione al dibattimento avviene a distanza anche quando si procede nei confronti di detenuto al quale sono state applicate le misure di cui all’articolo 41-bis, comma 2, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, nonché, ove possibile, quando si deve udire, in qualità di testimone, persona a qualunque titolo in stato di detenzione presso un istituto penitenziario, salvo, in quest’ultimo caso, diversa motivata disposizione del giudice».

 

1-bis) Qualora la persona in stato di arresto o di fermo necessiti di assistenza medica o psichiatrica la presa in carico spetta al Servizio sanitario nazionale, ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 126 del 30 maggio 2008.

2. Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'interno e con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 30 giugno di ciascun anno, è individuata la quota di risorse da trasferire dallo stato di previsione del Ministero della giustizia allo stato di previsione del Ministero dell'interno ai fini del ristoro delle spese sostenute in applicazione degli articoli 1 e 2 del presente decreto.

2. Identico.

L’articolo 2 reca, al comma 1, modifiche alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al Decreto Legislativo 28 luglio 1989, n. 271.

In particolare, la lett. a) dell’art. 2 sostituisce l’articolo 123 del citato D. Lgs. n. 271 del 1989, nel senso di prevedere che anche l’interrogatorio delle persone che si trovino, a qualsiasi titolo, in stato di detenzione (e quindi non più soltanto l’udienza di convalida dell’arresto e del fermo) debba avvenire nel luogo dove la persona è custodita. Una modifica introdotta dal Senato ha peraltro previsto come eccezione a tale regola l’ipotesi che l’arrestato sia custodito presso la propria abitazione.

Una ulteriore modifica del Senato ha stabilito che il Procuratore capo della Repubblica debba predisporre le necessarie misure organizzative per assicurare il rispetto dei tempi previsti dal novellato art. 558 (il riferimento pare essere al dimezzamento a 48 ore del termine per l’udienza di convalida dell’arresto).

La lett. a) prevede, inoltre, che soltanto in presenza di eccezionali motivi di necessità o urgenza - e quindi non di “specifici” motivi di necessità o urgenza come in precedenza previsto -  l’autorità giudiziaria possa disporre il trasferimento dell'arrestato, del fermato o del detenuto per la comparizione davanti a sé. Il testo del novellato articolo 123 specifica, infine, che in tale evenienza il giudice decida con decreto motivato.

 

Per esigenze di coordinamento con le nuove disposizioni introdotte in sede di conversione, il Senato ha soppresso la lett. b) del comma 1 dell’art. 2 del decreto-legge, che introduceva l’art. 123-bis alle citate Disp. Att. del c.p.p. Tale norma  prevedeva come regola generale, nei casi di cui all’art. 558, la custodia dell’arrestato presso le camere di sicurezza.

 

Una ulteriore modifica introdotta dal Senato concerneil comma 1-bis dell’art 146-bis delle disposizioni di attuazione del codice di rito in tema di partecipazione al dibattimento a distanza.

 

Il vigente art 146-bis stabilisce che quando si procede per taluno dei delitti di particolare allarme sociale di cui all'articolo 51, comma 3-bis, nonché all'articolo 407, comma 2, lettera a), n. 4, c.p.p. (associazione mafiosa, terrorismo, tratta di esseri umani, sequestro di persona a scopo di estorsione, ecc.) nei confronti di persona che si trova, a qualsiasi titolo, in stato di detenzione in carcere, la partecipazione al dibattimento avviene a distanza nei seguenti casi:

a) qualora sussistano gravi ragioni di sicurezza o di ordine pubblico;

b) qualora il dibattimento sia di particolare complessità e la partecipazione a distanza risulti necessaria ad evitare ritardi nel suo svolgimento. L'esigenza di evitare ritardi nello svolgimento del dibattimento è valutata anche in relazione al fatto che nei confronti dello stesso imputato siano contemporaneamente in corso distinti processi presso diverse sedi giudiziarie (comma 1).

Fuori dei casi previsti dal comma 1, la partecipazione al dibattimento avviene a distanza anche quando si procede nei confronti di detenuto al quale sono state applicate le misure di cui all'articolo 41-bis, comma 2, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni (comma 1-bis).

 

Il citato comma 1-bis dell’art. 146-bis viene integrato prevedendo, ove possibile e salva diversa motivata disposizione del giudice,l’audizione a distanza di testimoni in dibattimento a qualunque titolo detenuti presso un istituto penitenziario.

 

Un’ultima modifica all’articolo 2 è stata introdotta in sede di conversione al Senato, ove si è aggiunto il comma 1-bis in base al quale, ove l’arrestato o fermato abbia bisogno di assistenza medica o psichiatrica, questi debba essere preso in carico dal Servizio sanitario nazionale ai sensi del DPCM 1° aprile 2008 (v. infra, commento all’art. 3-ter).

 


Articolo 2-bis
(Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di visite agli istituti penitenziari e alle camere di sicurezza)

Decreto-legge n. 211 del 2011

A.C. 4909

 

1. Al capo I del titolo II della legge 26 luglio 1975, n. 354, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 67, primo comma, dopo la lettera l-bis), è inserita la seguente:

«l-ter) i membri del Parlamento europeo»;

b) dopo l’articolo 67, è aggiunto il seguente:

«Art. 67-bis. - (Visite alle camere di sicurezza). – 1. Le disposizioni di cui all’articolo 67 si applicano anche alle camere di sicurezza».

 

L’articolo 2-bis, introdotto dal Senato in sede di conversione del decreto-legge, modifica l’art. 67 della legge 354/1975 sull’ordinamento penitenziario inserendo i membri del Parlamento europeo tra i soggetti che possono visitare gli istituti penitenziari senza preventiva autorizzazione. Un nuovo art. 67-bis precisa, inoltre, che la disciplina delle visite prevista dall’art. 67 si applica anche alle camere di sicurezza.

 

In merito si ricorda che, attualmente, pur in assenza di una previsione legislativa, le circolari del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria autorizzano le visite agli istituti da parte dei soli rappresentanti italiani al Parlamento europeo, ai quali si applicano le modalità previste per i componenti del Parlamento italiano.

 

Il regime delle visite agli istituti penitenziari è contenuto nell’articolo 67 dell’Ordinamento penitenziario (legge 26 luglio 1975, n. 354). Tale disposizione ha inteso attribuire a determinate persone o categorie di persone, che esplicano funzioni o ricoprono cariche pubbliche di particolare rilievo, la facoltà di visitare gli istituti carcerari senza richiedere l’autorizzazione all’accesso prevista dal regolamento di esecuzione dell’ordinamento penitenziario (DPR 230/2000, art. 117, v. ultra).

Possono attualmente accedere agli istituti penitenziari, senza autorizzazione:

-        il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Presidente della Corte costituzionale;

-        i ministri, i giudici della Corte costituzionale, i Sottosegretari di Stato, i membri del Parlamento e i componenti del C.S.M.;

-        il presidente della corte d'appello, il procuratore generale della Repubblica presso la corte d'appello, il presidente del tribunale e il procuratore della Repubblica presso il tribunale, i magistrati di sorveglianza, nell'ambito delle rispettive giurisdizioni; ogni altro magistrato per l'esercizio delle sue funzioni;

-        i consiglieri regionali e il commissario di Governo per la regione, nell'ambito della loro circoscrizione;

-        l'ordinario diocesano per l'esercizio del suo ministero;

-        il prefetto e il questore della provincia; il medico provinciale;

-        il direttore generale per gli istituti di prevenzione e di pena e i magistrati e i funzionari da lui delegati;

-        gli ispettori generali dell'amministrazione penitenziaria;

-        l'ispettore dei cappellani;

-        gli ufficiali del corpo degli agenti di custodia.

-        i "garanti dei diritti dei detenuti comunque denominati"[1].

L'autorizzazione non è necessarianeanche per coloro che accompagnano le persone sopraindicate per ragioni del loro ufficio e per il personale della DIA, dei servizi centrali e interprovinciali della Polizia di Stato, dell'Arma dei Carabinieri e del Corpo della Guardia di Finanza.

 

Altre categorie di soggetti, per l’accesso agli istituti per ragioni del loro ufficio, hanno invece bisogno di specifica autorizzazione. Si tratta:

-        degli ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria, su autorizzazione dell'autorità giudiziaria.

-        dei ministri del culto cattolico e di altri culti, previa autorizzazione del direttore, che, ai sensi dell’art. 116 del DPR 230/2000, ne accerta l’identità.

 

Si ricorda che l’art. 117 del regolamento esecutivo della legge 354/1975 (DPR 30 giugno 2000, n. 230) riconduce la disciplina delle visite ex art. 67 nell'ambito della disciplina ordinaria delle visite alle carceri.

L’art. 117 stabilisce, per ogni tipo di visita, che:

§       le visite debbano svolgersi nel rispetto della personalità dei detenuti e degli internati;

§       siano rivolte, in particolare, alla verifica delle condizioni di vita dei detenuti, compresi quelli in isolamento;

§       non siano consentite, in presenza dei detenuti, osservazioni sulla vita dell’istituto;

§       non sia consentito trattare con imputati argomenti relativi al procedimento penale in corso;

§       i visitatori siano accompagnati dal direttore o da persone da questi delegate.

Il secondo comma dell’art. 117 prevede, in ogni caso, che persone diverse da quelle indicate nell'art. 67 dell’ordinamento penitenziario possano essere ammesse alla visita, previa autorizzazione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria che, in tal caso, fissa le modalità della visita. La stessa disposizione stabilisce che, in via generale, possano essere autorizzate visite di persone appartenenti a categorie analoghe a quelle previste dall’art. 67 della legge”.

Va ricordato, inoltre, che, in materia di accesso agli istituti carcerari, l'art. 16 dell’ordinamento penitenziario dispone che sia il regolamento interno degli istituti penitenziari a disciplinare i controlli “cui devono sottoporsi tutti coloro che, a qualsiasi titolo, accedono all'istituto o ne escono”.

Il successivo art. 17, prevedendo la cd. partecipazione della comunità esterna all’attività di rieducazione, prevede la possibile frequentazione degli istituti carcerari da parte di privati, istituzioni o associazioni pubbliche o private. Tali soggetti, per la gran parte facenti parte del mondo del volontariato, sono autorizzati all’ingresso in carcere dal magistrato di sorveglianza, di cui debbono osservare le direttive. E’, comunque, necessario il parere favorevole del direttore dell’istituto, cui spetta il controllo del loro operato.

 

La disciplina applicativa delle disposizioni relative all'accesso alle carceri va rinvenuta nelle circolari del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia. Tra queste si segnala soprattutto la circolare del 30 dicembre 2009 (Testo unico delle disposizioni dipartimentali in materia di visite agli istituti penitenziari ex art 67 O.P.) che - revocando e sostituendo tutte le precedenti disposizioni impartite - ha introdotto anche gli aggiustamenti alla disciplina resisi necessari dalle ultime modifiche normative.

 

Si osserva che la p.d.l. C. 3722 (Bernardini ed altri), attualmente all’esame della Commissione Giustizia della Camera dei deputati in sede referente, prevede un’analoga modifica dell’art. 67 O.P. volta ad estendere, tuttavia, il regime delle visite senza autorizzazione ai soli membri del Parlamento Europeo “spettanti all’Italia”.


Articolo 2-ter
(Modifica all’articolo 2 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, in materia di illeciti disciplinari dei magistrati)

 

Decreto-legge n. 211 del 2011

A.C. 4909

 

1. All’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, dopo la lettera gg), è aggiunta la seguente:

«gg-bis) l’inosservanza dell’articolo 123 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271».

 

L’articolo 2-ter, introdotto nel corso dell’esame al Senato, aggiunge la lett. gg-bis)al comma 1 dell’art. 2 del D.Lgs 109 del 2006 in materia di illeciti disciplinari dei magistrati.

 

Costituiscono illeciti disciplinari nell'esercizio delle funzioni in base all’art. 2 del D.lgs 109/1996:

a) fatto salvo quanto previsto dalle lettere b) e c), i comportamenti che, violando i doveri di cui all'articolo 1, arrecano ingiusto danno o indebito vantaggio ad una delle parti;

b) l'omissione della comunicazione, al Consiglio superiore della magistratura, della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità di cui agli articoli 18 e 19 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, come modificati dall'articolo 29 del presente decreto;

c) la consapevole inosservanza dell'obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge;

d) i comportamenti abitualmente o gravemente scorretti nei confronti delle parti, dei loro difensori, dei testimoni o di chiunque abbia rapporti con il magistrato nell'ambito dell'ufficio giudiziario, ovvero nei confronti di altri magistrati o di collaboratori;

e) l'ingiustificata interferenza nell'attività giudiziaria di altro magistrato;

f)   l'omessa comunicazione al capo dell'ufficio, da parte del magistrato destinatario, delle avvenute interferenze;

g) la grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile;

h) il travisamento dei fatti determinato da negligenza inescusabile;

i)   [abrogato] (4);

l)   l'emissione di provvedimenti privi di motivazione, ovvero la cui motivazione consiste nella sola affermazione della sussistenza dei presupposti di legge senza indicazione degli elementi di fatto dai quali tale sussistenza risulti, quando la motivazione è richiesta dalla legge;

m)l'adozione di provvedimenti adottati nei casi non consentiti dalla legge, per negligenza grave e inescusabile, che abbiano leso diritti personali o, in modo rilevante, diritti patrimoniali;

n)  la reiterata o grave inosservanza delle norme regolamentari o delle disposizioni sul servizio giudiziario o sui servizi organizzativi e informatici adottate dagli organi competenti;

o) l'indebito affidamento ad altri di attività rientranti nei propri compiti;

p) l'inosservanza dell'obbligo di risiedere nel comune in cui ha sede l'ufficio in assenza dell'autorizzazione prevista dalla normativa vigente se ne è derivato concreto pregiudizio all'adempimento dei doveri di diligenza e laboriosità;

q) il reiterato, grave e ingiustificato ritardo nel compimento degli atti relativi all'esercizio delle funzioni; si presume non grave, salvo che non sia diversamente dimostrato, il ritardo che non eccede il triplo dei termini previsti dalla legge per il compimento dell'atto;

r)   il sottrarsi in modo abituale e ingiustificato all'attività di servizio;

s) per il dirigente dell'ufficio o il presidente di una sezione o il presidente di un collegio, l'omettere di assegnarsi affari e di redigere i relativi provvedimenti;

t)   l'inosservanza dell'obbligo di rendersi reperibile per esigenze di ufficio quando esso sia imposto dalla legge o da disposizione legittima dell'organo competente;

u) la divulgazione, anche dipendente da negligenza, di atti del procedimento coperti dal segreto o di cui sia previsto il divieto di pubblicazione, nonchè la violazione del dovere di riservatezza sugli affari in corso di trattazione, o sugli affari definiti, quando è idonea a ledere indebitamente diritti altrui;

v)   pubbliche dichiarazioni o interviste che riguardino i soggetti coinvolti negli affari in corso di trattazione, ovvero trattati e non definiti con provvedimento non soggetto a impugnazione ordinaria, quando sono dirette a ledere indebitamente diritti altrui nonchè la violazione del divieto di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106.

aa)il sollecitare la pubblicità di notizie attinenti alla propria attività di ufficio ovvero il costituire e l'utilizzare canali informativi personali riservati o privilegiati;

bb)[abrogata];

cc)       l'adozione intenzionale di provvedimenti affetti da palese incompatibilità tra la parte dispositiva e la motivazione, tali da manifestare una precostituita e inequivocabile contraddizione sul piano logico, contenutistico o argomentativo;

dd)l'omissione, da parte del dirigente l'ufficio o del presidente di una sezione o di un collegio, della comunicazione agli organi competenti di fatti a lui noti che possono costituire illeciti disciplinari compiuti da magistrati dell'ufficio, della sezione o del collegio;

ee)l'omissione, da parte del dirigente l'ufficio ovvero da parte del magistrato cui compete il potere di sorveglianza, della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità previste dagli articoli 18 e 19 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come da ultimo modificati dall'articolo 29 del presente decreto, ovvero delle situazioni che possono dare luogo all'adozione dei provvedimenti di cui agli articoli 2 e 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, come modificati dagli articoli 26, comma 1 e 27 del presente decreto;

ff)  l'adozione di provvedimenti non previsti da norme vigenti ovvero sulla base di un errore macroscopico o di grave e inescusabile negligenza;

gg)l'emissione di un provvedimento restrittivo della libertà personale fuori dei casi consentiti dalla legge, determinata da negligenza grave ed inescusabile (comma 1).

Fermo quanto previsto dal comma 1, lettere g), h), i), l), m), n), o), p), cc) e ff), l'attività di interpretazione di norme di diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove non danno luogo a responsabilità disciplinare (comma 2).

 

La nuova disposizione integra il catalogo degli illeciti disciplinari nell'esercizio delle funzioni prevedendo anche l’inosservanza da parte del giudice della novellata disciplina dell’udienza di convalida dell’arresto e dell’interrogatorio di cui all’art. 123 delle Disposizioni di attuazione del codice di procedura penale (di cui all’art. 2 del decreto-legge in esame).


Articolo 3
(Modifiche alla legge 26 novembre 2010, n. 199)

 

Decreto-legge n. 211 del 2011

A.C. 4909

1. All'articolo 1 della legge 26 novembre 2010, n. 199, nella rubrica e nel comma 1, la parola: «dodici» è sostituita dalla seguente: «diciotto».

1. Alla legge 26 novembre 2010, n. 199, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nel titolo della legge, le parole: “ad un anno“ sono sostituite dalle seguenti: “a diciotto mesi“;

b) all’articolo 1, nella rubrica e nei commi 1, 3 e 4, la parola: “dodici“, ovunque ricorra, è sostituita dalla seguente: “diciotto“ e, nel comma 1, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Il magistrato di sorveglianza provvede senza ritardo sulla richiesta se già dispone delle informazioni occorrenti“;

c) all’articolo 5, comma 1, dopo le parole: “condannati in esecuzione penale esterna“, sono inserite le seguenti: “e in merito al numero dei detenuti e alla tipologia dei reati a cui si applica il beneficio dell’esecuzione domiciliare della pena detentiva“.

 

L’articolo 3 del decreto-legge in esame, intervenendo sull'articolo 1 della legge n. 199 del 2010, innalza da 12 a 18 mesi la soglia di pena detentiva, anche residua, per l’accesso alla detenzione presso il domicilio ivi prevista; restano invariate le altre disposizioni della citata legge 26 novembre 2010, n. 199, in particolare i commi 1 e 2 dell’articolo 1 che, rispettivamente, limitano al 31 dicembre 2013 la vigenza della medesima legge e stabiliscono le cause ostative alla predetta detenzione domiciliare.

Per effetto di tale modifica, il Governo - secondo quanto risulta dalla relazione di accompagnamento del disegno di legge di conversione - stima che il numero dei detenuti che potranno essere ammessi alla detenzione domiciliare in base alla richiamata legge del 2010 potrà quasi raddoppiare; agli oltre 3.800 detenuti fino ad oggi effettivamente scarcerati se ne potranno aggiungere ulteriori 3.327, con risparmi di spesa pari a 375.318 euro al giorno.

 

Il Senato ha introdotto modifiche all’art. 3:

-       alcune prevedono - a seguito del citato aumento a 18 mesi del limite di pena detentiva - la conforme correzione del titolo della legge e le opportune sostituzioni nella rubrica dell’art. 1 e nel testo della legge 199/2010, ovunque necessario (comma 1, lett. a) e b).

 

Infatti, in mancanza di tali modifiche, sarebbe rimasta invariata la formulazione dei commi 3 e 4 dell’art. 1 della legge 199/2010, che definiscono i meccanismi procedurali per l'applicazione del beneficio, rispettivamente nelle ipotesi in cui l'interessato si trovi in stato di libertà al momento in cui sopravviene l'ordine di carcerazione ovvero risulti già detenuto. I citati commi circoscrivono, infatti, il loro ambito di applicazione ai soli casi in cui la pena detentiva da eseguire, anche se costituente parte residua di maggior pena, non è superiore a 12 mesi. Il mancato intervento sui commi 3 e 4 avrebbe potuto così comportare un problema di coordinamento e di interpretazione della disposizione che l'articolo in esame modifica.

 

-       una ulteriore novella interessa l’art. 5 della legge 199/2010 relativa agli obblighi di relazione alle Camere sull’applicazione della legge.

 

La norma citata ha previsto che entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, il Ministro della giustizia, sentiti i Ministri dell'interno e per la pubblica amministrazione e l'innovazione, riferisca alle competenti Commissioni parlamentari in merito alle necessità di adeguamento numerico e professionale della pianta organica del Corpo di polizia penitenziaria e del personale civile del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia, anche in relazione all'entità numerica della popolazione carceraria e al numero dei posti esistenti e programmati nonché al numero dei condannati in esecuzione penale esterna.

 

Con la modifica si prevede che la relazione del ministro riguardi anche il numero dei detenuti e la tipologia dei reati cui si applica il beneficio della detenzione domiciliare introdotto dalla legge.


Articolo 3-bis
(Norme in materia di riparazione per l’ingiusta detenzione)

 

Decreto-legge n. 211 del 2011

A.C. 4909

 

1. Le disposizioni dell’articolo 314 del codice di procedura penale si applicano anche ai procedimenti definiti anteriormente alla data di entrata in vigore del medesimo codice, con sentenza passata in giudicato dal 1º luglio 1988.

2. Ai fini di cui al comma 1, il termine per la proposizione della domanda di riparazione è di sei mesi e decorre dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. La domanda di riparazione resta impregiudicata dall’eventuale precedente rigetto che sia stato determinato dalla inammissibilità della stessa in ragione della definizione del procedimento in epoca anteriore alla data di entrata in vigore del codice di procedura penale vigente.

3. Il diritto alla riparazione di cui al comma 1 non è comunque trasmissibile agli eredi.

4. Ai fini della determinazione del risarcimento, per il periodo intercorrente tra il 1º luglio 1988 e la data di entrata in vigore del vigente codice di procedura penale, si applicano i commi 2 e 3 dell’articolo 315 del medesimo codice.

5. Ai maggiori oneri derivanti dall’attuazione del comma 1, pari a 5 milioni di euro per l’anno 2012, si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, relativa al Fondo per gli interventi strutturali di politica economica.

 

L’articolo 3-bis, introdotto dal Senato in sede di esame del disegno di legge di conversione, introduce una disciplina speciale che estende la disciplina sull'ingiusta detenzione (art. 314 c.p.p.) ai procedimenti definiti prima dell'entrata in vigore del nuovo c.p.p. (24 ottobre 1989), purchè con sentenza passata in giudicato dal 1° luglio 1988.

 

L’indennizzo previsto per l’ingiusta detenzione dal codice di procedura penale consiste nel pagamento di una somma di denaro che non può eccedere l'importo di € 516.456,00. La riparazione non ha carattere risarcitorio ma di indennizzo e perciò viene determinata dal giudice in via equitativa.

Il vigente art. 314 c.p.p. prevede che il prosciolto con sentenza irrevocabile perché il fatto non sussiste, per non aver commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato ha diritto a un'equa riparazione per la custodia cautelare subita, qualora non vi abbia dato o concorso a darvi causa per dolo o colpa grave (comma 1). Analogo diritto spetta al prosciolto per qualsiasi causa o al condannato che nel corso del processo sia stato sottoposto a custodia cautelare, quando con decisione irrevocabile risulti accertato che il provvedimento che ha disposto la misura è stato emesso o mantenuto senza che sussistessero le condizioni di applicabilità previste dagli articoli 273 e 280 (comma 2). Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano, alle medesime condizioni, a favore delle persone nei cui confronti sia pronunciato provvedimento di archiviazione ovvero sentenza di non luogo a procedere (comma 3).

Il diritto alla riparazione è escluso per quella parte della custodia cautelare che sia computata ai fini della determinazione della misura di una pena ovvero per il periodo in cui le limitazioni conseguenti all'applicazione della custodia siano state sofferte anche in forza di altro titolo (comma 4). Quando con la sentenza o con il provvedimento di archiviazione è stato affermato che il fatto non è previsto dalla legge come reato per abrogazione della norma incriminatrice, il diritto alla riparazione è altresì escluso per quella parte di custodia cautelare sofferta prima della abrogazione medesima (comma 5).

 

Sostanzialmente, viene consentita l’applicazione della disciplina sull’ingiusta detenzione anche per quanti siano stati definitivamente prosciolti con sentenza passata in giudicato tra il 1° luglio 1988 ed il 24 ottobre 1989, data di entrata in vigore del nuovo c.p.p. (comma 1).

 

Potrebbe risultare opportuno che venga indicato il criterio  che ha portato alla individuazione del termine di riferimento del 1° luglio 1988. La Commissione potrebbe altresì valutare l’esigenza di acquisire i dati relativi all’ambito applicativo della disposizione.

 

L’art. 3-bis stabilisce, ai fini del diritto alla riparazione (comunque non trasmissibile agli eredi) un termine di sei mesi (dalla data di entrata in vigore della legge di conversione) per la proposizione della relativa domanda; è precisato come un eventuale precedente rigetto per inammissibilità della domanda stessa per la definizione del procedimento prima dell’ entrata in vigore del nuovo c.p.p. non pregiudica la nuova domanda di risarcimento.

La concreta determinazione del quantum del risarcimento è operata secondo la disciplina di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 315 c.p.p..

Si conferma, quindi, che il massimo risarcibile ammonta a euro 516.456,90 (comma 2) rinviando per gli aspetti procedurali, ove compatibili, alla disciplina per la riparazione dell’errore giudiziario di cui agli artt.. 643-647 c.p.p. (comma 3).

 

In particolare, in base al citato rinvio, la richiesta di risarcimento - nel termine semestrale indicato - va quindi presentata per iscritto, unitamente ai documenti ritenuti utili, personalmente o per mezzo di procuratore speciale, nella cancelleria della corte di appello che ha pronunciato la sentenza (art. 645 c.p.p.). Analogamente, sembrano applicabili anche le disposizioni dell’art. 646 che prevedono: la decisione della corte di appello sulla domanda in camera di consiglio; la comunicazione della domanda, con il provvedimento che fissa l'udienza, al PM e la sua notifica, a cura della cancelleria, al ministro dell’economia presso l'avvocatura dello Stato che ha sede nel distretto della corte e a tutti gli interessati, compresi gli aventi diritto che non hanno proposto la domanda; la comunicazione dell’ordinanza che decide sulla domanda di riparazione al pubblico ministero e la sua notifica a tutti gli interessati, i quali possono ricorrere per cassazione; la decadenza, per gli interessati che, dopo aver ricevuto la notificazione, non formulano le proprie richieste mediante memoria  fino a 5 gg. prima dell’udienza, dal diritto di presentare la domanda di risarcimento dopo la chiusura del procedimento stesso. Il giudice, qualora ne ricorrano le condizioni, assegna all'interessato una provvisionale a titolo di alimenti

 

Un’ultima disposizione provvede alla copertura finanziaria per il 2012 degli oneri derivanti dall’attuazione dell’art. 3-bis, che sono quantificati in 5 milioni di euro per il 2012.


Articolo 3-ter
(Disposizioni per il definitivo superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari)

Decreto-legge n. 211 del 2011

A.C. 4909

 

1. Il termine per il completamento del processo di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari già previsto dall’allegato C del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1º aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 126 del 30 maggio 2008, e dai conseguenti accordi sanciti dalla Conferenza unificata ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, nelle sedute del 20 novembre 2008, 26 novembre 2009 e 13 ottobre 2011, secondo le modalità previste dal citato decreto e dai successivi accordi e fatto salvo quanto stabilito nei commi seguenti, è fissato al 1º febbraio 2013.

 

2. Entro il 31 marzo 2012, con decreto di natura non regolamentare del Ministro della salute, adottato di concerto con il Ministro della giustizia, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono definiti, ad integrazione di quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 42 del 20 febbraio 1997, ulteriori requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi, anche con riguardo ai profili di sicurezza, relativi alle strutture destinate ad accogliere le persone cui sono applicate le misure di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario e dell’assegnazione a casa di cura e custodia.

 

3. Il decreto di cui al comma 2 è adottato nel rispetto dei seguenti criteri:

a) esclusiva gestione sanitaria all’interno delle strutture;

b) attività perimetrale di sicurezza e di vigilanza esterna, ove necessario in relazione alle condizioni dei soggetti interessati, da svolgere nel limite delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente;

c) destinazione delle strutture ai soggetti provenienti, di norma, dal territorio regionale di ubicazione delle medesime.

 

4. A decorrere dal 31 marzo 2013 le misure di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario e dell’assegnazione a casa di cura e custodia sono eseguite esclusivamente all’interno delle strutture sanitarie di cui al comma 2, fermo restando che le persone che hanno cessato di essere socialmente pericolose devono essere senza indugio dimesse e prese in carico, sul territorio, dai Dipartimenti di salute mentale.

 

5. Per la realizzazione di quanto previsto dal comma 1, in deroga alle disposizioni vigenti relative al contenimento della spesa di personale, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, comprese anche quelle che hanno sottoscritto i piani di rientro dai disavanzi sanitari, previa valutazione e autorizzazione del Ministro della salute assunta di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e del Ministro dell’economia e delle finanze, possono assumere personale qualificato da dedicare anche ai percorsi terapeutico riabilitativi finalizzati al recupero e reinserimento sociale dei pazienti internati provenienti dagli ospedali psichiatrici giudiziari.

 

6. Per la copertura degli oneri derivanti dalla attuazione del presente articolo, limitatamente alla realizzazione e riconversione delle strutture, è autorizzata la spesa di 120 milioni di euro per l’anno 2012 e 60 milioni di euro per l’anno 2013. Le predette risorse sono assegnate alle regioni e province autonome mediante la procedura di attuazione del programma straordinario di investimenti di cui all’articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67. Agli oneri derivanti dal presente comma si provvede, quanto a 60 milioni di euro per l’anno 2012, utilizzando quota parte delle risorse di cui al citato articolo 20 della legge n. 67 del 1988; quanto ad ulteriori 60 milioni di euro per l’anno 2012, mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all’articolo 7-quinquies del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33; quanto a 60 milioni di euro per l’anno 2013, mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all’articolo 32, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.

 

7. Al fine di concorrere alla copertura degli oneri per l’esercizio delle attività di cui al comma 1 nonché degli oneri derivanti dal comma 5, è autorizzata la spesa nel limite massimo complessivo di 38 milioni di euro per l’anno 2012 e 55 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2013. Agli oneri derivanti dal presente comma si provvede:

a) quanto a 7 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2012, mediante riduzione degli stanziamenti relativi alle spese rimodulabili di cui all’articolo 21, comma 5, lettera b), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, dei programmi del Ministero degli affari esteri;

b) quanto a 24 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2012, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 2, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244;

c) quanto a 7 milioni di euro per l’anno 2012 e a 24 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2013, mediante riduzione degli stanziamenti relativi alle spese rimodulabili di cui all’articolo 21, comma 5, lettera b), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, dei programmi del Ministero della giustizia.

 

8. Il Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza di cui all’articolo 9 dell’intesa tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano del 23 marzo 2005, provvede al monitoraggio e alla verifica dell’attuazione del presente articolo.

 

9. Nell’ipotesi di mancato rispetto, da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, del termine di cui al comma 1, in attuazione dell’articolo 120 della Costituzione e nel rispetto dell’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, il Governo provvede in via sostitutiva al fine di assicurare piena esecuzione a quanto previsto dal comma 4.

 

10. A seguito dell’attuazione del presente articolo la destinazione dei beni immobili degli ex ospedali psichiatrici giudiziari è determinata d’intesa tra il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia, l’Agenzia del demanio e le regioni ove gli stessi sono ubicati».

 

L’articolo 3-ter prevede la definitiva chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari entro il 1° febbraio 2013. A partire dal 30 marzo dello stesso anno, infatti, la misura di sicurezza potrà essere eseguita esclusivamente nelle strutture sanitarie appositamente individuate dalle regioni.

 

Gli ospedali psichiatrici giudiziari (OPG), ex manicomi giudiziari, sono istituti nei quali si esegue una misura di sicurezza detentiva. Peraltro, a seguito della legge n. 180 del 1978, che ha determinato il venir meno della possibilità di presa in carico dei delinquenti affetti da patologie mentali da parte degli ospedali psichiatrici civili, gli ospedali psichiatrici giudiziari sono stati rivitalizzati: accade dunque che oggi gli OPG siano le sole istituzioni contenitive esistenti e finiscano così per raccogliere tutti i malati di mente che presentano una qualche pericolosità sociale[2].

Negli OPG vengono assegnati:

§       gli internati prosciolti per infermità mentale (art. 89 e segg. c.p.) sottoposti al ricovero in OPG (art. 222 c.p.)[3];

§       detenuti assegnati alla casa di cura e custodia previo accertamento della pericolosità sociale (art. 219 c.p.)

§       persone sottoposte alla misura di sicurezza provvisoria in OPG (art. 206 c.p.)

§       detenuti minorati psichici (art. 111 D.P.R. 230/2000)

§       detenuti imputati soggetti a custodia preventiva sottoposti a perizia psichiatrica (art. 318 c.p.p.)

§       internati con infermità mentale sopravvenuta per i quali sia stato ordinato l’internamento in OPG o in casa di cura e custodia (art. 212 c.p.)

§       detenuti condannati con sopravvenuta infermità di mente (art. 148 c.p.)

§       detenuti cui deve essere accertata l’infermità psichica qualora non sia possibile sottoporli ad osservazione presso l’istituto penitenziario in cui si trovano od in altro istituto della medesima categoria (art. 112 co. 2, D.P.R. 230/2000).

L’articolo 111 del Reg. di esecuzione dell’Ordinamento penitenziario[4] dispone che alla direzione degli ospedali psichiatrici giudiziari e delle case di cura e di custodia sia «preposto personale del ruolo tecnico-sanitario» e che gli operatori professionali e volontari che vi operano siano «selezionati e qualificati con particolare riferimento alle peculiari esigenze di trattamento dei soggetti ivi ospitati». L’articolo 113 precisa che «l'amministrazione penitenziaria, al fine di agevolare la cura delle infermità ed il reinserimento sociale dei soggetti internati negli ospedali psichiatrici giudiziari, organizza le strutture di accoglienza tenendo conto delle più avanzate acquisizioni terapeutiche anche attraverso protocolli di trattamento psichiatrico convenuti con altri servizi psichiatrici territoriali pubblici». Questa filosofia di intervento avrebbe richiesto un notevole adeguamento delle strutture esistenti, che di fatto non si è avuto; i limiti architettonici delle strutture sono stati infatti aggravati da una cronica carenza di personale in possesso delle conoscenze mediche richieste dal legislatore: a tutt’oggi, infatti, il numero di sanitari è ancora di gran lunga inferiore a quello degli agenti di polizia penitenziaria[5]

 

Attualmente In Italia sono in funzione 6 ospedali psichiatrici giudiziari: Castiglione delle Stiviere (MN), Reggio Emilia, Montelupo Fiorentino (FI), Aversa (CE), Napoli-S. Efremo, Barcellona Pozzo di Gotto (ME). Al 31 dicembre 2011 gli internati erano 1.387.

 

 

Analiticamente, il comma 1 precisa che entro il 1° febbraio 2013 deve essere completato il processo di superamento degli OPG, già previsto nell’ambito del passaggio delle competenze in materia di sanità penitenziaria al Sistema sanitario nazionale e dunque alle regioni.

 

La legge delega n. 419 del 1988[6] aveva previsto il graduale passaggio della medicina penitenziaria alla sanità pubblica, affidando ad appositi decreti legislativi il “riordino della medicina penitenziaria”. In attuazione di queste disposizioni, il D.lgs. 22 giugno 1999, n. 230 (Riordino della medicina penitenziaria, a norma dell'articolo 5 della L. 30 novembre 1998, n. 419) inseriva la sanità penitenziaria nel Sistema sanitario nazionale, definendo gli ambiti di intervento degli enti interessati – Regioni, Ministero della salute e Ministero della giustizia: all’azienda sanitaria locale  veniva assegnata la funzione di  erogare le prestazioni sanitarie, mentre l’Amministrazione penitenziaria manteneva i compiti relativi alla sicurezza. Ci sono tuttavia voluti 10 anni prima di confermare, con la legge finanziaria 2008 ed il DPCM 1°aprile 2008 attuativo, il definitivo passaggio della sanità penitenziaria alla sanità regionale.

 

In particolare, l’art. 5 del DPCM 1° aprile 2008, per dare completa attuazione al riordino della medicina penitenziaria, ha previsto che le regioni disciplinano gli interventi da attuare attraverso le aziende sanitarie, in conformità ai principi definiti dalle linee guida di cui all'allegato C, che costituisce parte integrante del decreto.

 

Dette Linee di indirizzo per gli interventi negli ospedali psichiatrici giudiziari (OPG) e nelle case di cura e custodia (per la cui attuazione è disposta l’istituzione di un apposito Comitato paritetico interistituzionale) stabiliscono che il passaggio di competenza delle funzioni sanitarie al Servizio Sanitario Nazionale si modelli su un assetto organizzativo in grado di garantire una corretta armonizzazione fra le misure sanitarie e le esigenze di sicurezza. Partendo dalla considerazione che l'ambito territoriale costituisce la sede privilegiata per affrontare i problemi della salute, della cura, della riabilitazione delle persone con disturbi mentali si afferma come il principio di territorialità costituisca il fondamento che motiva il decentramento degli OPG e rende possibile la differenziazione nella esecuzione della misura di sicurezza (come del resto hanno sanzionato le sentenze della Corte costituzionale che non legano l'applicazione della misura di sicurezza in modo univoco ed esclusivo all'OPG). Le linee di indirizzo prevedono che, dopo il passaggio di competenze alle regioni, si avvii un programma di azione basato su più fasi:

1)    assunzione della responsabilità della gestione sanitaria degli OPG da parte delle regioni in cui gli stessi hanno sede. Contestualmente i Dipartimenti di salute mentale delle ASL territoriali di competenza, in collaborazione con l'equipe responsabile della cura e del trattamento dei ricoverati dell'istituto, predispongono un programma operativo che, in particolare, attraverso la dismissione degli internati che hanno concluso la misura di sicurezza (affidati ai servizi socio-sanitari territoriali) provochi un primo, opportuno sfoltimento del numero degli internati degli attuali OPG che dovrebbe portare ad una gestione migliore e maggiormente personalizzate ad efficiente;

2)    a distanza di un anno dall’avvio della prima fase, si prevede la territorializzazione ovvero una prima distribuzione degli internati in modo che ogni OPG, senza modificarne in modo sostanziale capienza “si configuri come la sede per ricoveri di internati dalle regioni limitrofe o comunque viciniori” allo scopo di avviare rapporti collaborativi preliminari per ulteriori fasi di avvicinamento degli internati alle realtà geografiche di provenienza. Per operare la territorializzazione sono indicate, per ogni OPG, le regioni da cui, in via di principio, affluiranno gli internati[7]. Forme di collaborazione tra regioni “titolari” dell’OPG e regioni limitrofe sono previste per la predisposizione di programmi terapeutici e recupero sociale di ognuno degli internati;

3)    a distanza di altri due anni, si prevede il completamento della territorializzazione, stabilendo che ad ogni regione italiana sia restituita la quota di internati in OPG di provenienza dai proprio territori; parallelamente, le regioni prenderanno in carico i programmi terapeutici da attuarsi nelle strutture anche in vista della dismissione e reinserimento sociale. A tal fine, tra le possibili soluzioni - oltre a OPG con livelli diversificati di vigilanza – sono indicate specifiche strutture di accoglienza o affido ai servizi psichiatrici e sociali territoriali, sempre e comunque sotto la responsabilità assistenziale del Dipartimento di salute mentale della ASL dove la struttura o il servizio è ubicato. Tramite specifico accordo in sede di Conferenza permanente fra lo Stato e le Regioni e Province Autonome, vengono definite la tipologia assistenziale e le forme della sicurezza, gli standard di organizzazione e i rapporti di collaborazione tra le Amministrazioni coinvolte.

Le Linee di indirizzo dettano infine disposizioni sui modelli organizzativi nonché sul monitoraggio e la valutazione del programma di superamento degli OPG.

 

Il processo di trasferimento delle funzioni è costantemente seguito dalla Conferenza unificata nel cui ambito è stato creato, già nel luglio 2008, un Tavolo di consultazione permanente sulla sanità penitenziaria, con l’obiettivo di garantire l’uniformità nell’intero territorio nazionale degli interventi e delle prestazioni sanitarie e trattamentali nei confronti dei detenuti. Agli accordi maturati in sede di conferenza, tra cui l’ultimo del 13 ottobre 2011, fa riferimento ora il comma 1 della disposizione in commento.

 

 

I commi 2 e 3 prevedono che il Ministro della salute, di concerto con il Ministro della Giustizia e d’intesa con la Conferenza unificata, adotti un decreto per individuare gli ulteriori requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi che dovranno soddisfare le strutture destinate ad accogliere gli attuali internati negli OPG. In particolare, il decreto dovrà porre attenzione ai profili della sicurezza  e vigilanza interna ed esterna delle strutture, confermando l’esclusiva gestione sanitaria delle strutture stesse e la loro destinazione ai soggetti provenienti, di norma, dal territorio regionale.

 

 

Il comma 4, a completamento del processo di superamento degli OPG, stabilisce che a decorrere dal 31 marzo 2013, le misure di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario e dell’assegnazione a casa di cura e custodia dovranno essere eseguite esclusivamente all’interno delle strutture sanitarie regionali. A tal fine, il comma 9 autorizza il Governo ad esercitare poteri sostitutivi ai sensi dell’art. 120 della Costituzione, laddove le Regioni e le Province autonome non abbiano provveduto all’attuazione del comma 1 e dunque non sia stato completato il percorso per il superamento degli OPG.

Il comma 4 aggiunge che alla data del 31 marzo 2013 le persone che hanno cessato di essere socialmente pericolose devono essere dimesse e prese in carico ai Dipartimenti di salute mentale territoriali, senza indugio. Tale affermazione - che a prima vista potrebbe sembrare superflua, perché è di tutta evidenza che in assenza di pericolosità sociale viene meno il presupposto della misura di sicurezza - in realtà tiene conto di una lunga prassi, che vede i magistrati di sorveglianza confermare la misura del ricovero in OPG, anche in assenza dei presupposti, semplicemente perché per molti internati con disturbi mentali mancano una famiglia che accolga o comunque idonee strutture residenziali locali[8].

 

 

Il comma 5 autorizza tutte le regioni (e le province autonome) ad assumere personale qualificato da dedicare al percorso terapeutico, riabilitativo e di reinserimento sociale dei pazienti internati provenienti dagli OPG, anche in deroga alle disposizioni sul contenimento della spesa pubblica.

I commi 6 e 7 dispongono in ordine alla copertura finanziaria dell’articolo.

In particolare, il comma 6 copre le spese per la realizzazione e riconversione delle strutture, quantificati in 120 milioni per il 2012 e 60 milioni per il 2013, che dovranno essere trasferiti alle regioni e province autonome, attingendo ai seguenti fondi:

 

2012

2013

§      60 milioni dalle risorse per gli interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico (art. 20, l. 67/1988);

§      60 milioni dalle risorse del Fondo infrastrutture strategiche (art. 32, DL 98/2011)

§      60 milioni dalle risorse del c.d. Fondo grandi eventi (art. 7-quinquies, DL 5/2009)

 

120 milioni

60 milioni

 

Il comma 7 stanzia invece 38 milioni di euro per il 2012 e 55 a decorrere dal 2013 per coprire i restanti profili dell’attuazione della disposizione, ivi compresa l’assunzione di personale autorizzata dal comma 5 (v. sopra). Le risorse vengono così reperite:

 

2012

2013 ®

§      7 milioni dagli stanziamenti relativi alle spese rimodulabili del Ministero degli esteri (art. 12, co. 5, l. 196/2009)

§      7 milioni dagli stanziamenti relativi alle spese rimodulabili del Ministero degli esteri (art. 12, co. 5, l. 196/2009)

§      24 milioni dalle risorse stanziate in favore dei soggetti danneggiati in ambito sanitario (art. 2, co. 361, l. 244/2007

§      24 milioni dalle risorse stanziate in favore dei soggetti danneggiati in ambito sanitario (art. 2, co. 361, l. 244/2007

§      7 milioni dagli stanziamenti relativi alle spese rimodulabili del Ministero della giustizia (art. 12, co. 5, l. 196/2009)

§      24 milioni dagli stanziamenti relativi alle spese rimodulabili del Ministero della giustizia (art. 12, co. 5, l. 196/2009)

38 milioni

55 milioni

 

 

Il comma 8 affida al Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza il monitoraggio e la verifica dell’attuazione dell’articolo.

Il citato Comitato[9], istituto presso il Ministero della salute dall’articolo 9 dell’Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005, e' composto da quattro rappresentanti del Ministero della salute, di cui uno con funzioni di coordinatore, due rappresentanti del Ministero dell'economia e delle finanze, un rappresentante del Dipartimento per gli affari regionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri e da sette rappresentanti delle Regioni designati dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome. Esso si avvale del supporto tecnico dell'Agenzia per i Servizi Sanitari Regionali, opera sulla base delle informazioni desumibili dal sistema di monitoraggio e garanzia di cui al decreto ministeriale 12 dicembre 2001, nonche' dei flussi informativi afferenti al Nuovo Sistema Informativo Sanitario.

 

 

Ricordato che il comma 9 autorizza il Governo all’esercizio di poteri sostitutivi in caso di inerzia regionale (v. sopra, commento al comma 4), il comma 10 stabilisce che gli immobili già sede di OPG che, in attuazione della disposizione dovranno essere dismessi, saranno destinati a nuova funzione d’intesa tra il DAP (Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria), l’Agenzia del demanio e le regioni interessate.


Articolo 4
(Integrazione delle risorse finanziarie per il potenziamento, la ristrutturazione e la messa a norma delle strutture carcerarie)

 

Decreto-legge n. 211 del 2011

A.C. 4909

1. Al fine di contrastare il sovrappopolamento degli istituti presenti sul territorio nazionale, per l'anno 2011, è autorizzata la spesa di euro 57.277.063 per le esigenze connesse all'adeguamento, potenziamento e alla messa a norma delle infrastrutture penitenziarie.

1. Al fine di fronteggiare il sovrappopolamento degli istituti presenti sul territorio nazionale, per l’anno 2011, è autorizzata la spesa di euro 57.277.063 per le esigenze connesse all’adeguamento, potenziamento e alla messa a norma delle infrastrutture penitenziarie.

2. Agli oneri derivanti dal comma 1 si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 47, secondo comma, della legge 20 maggio 1985, n. 222, relativamente alla quota destinata allo Stato dell'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche.

2. Identico.

 

L’articolo 4, sostanzialmente non modificato nel corso dell’esame al Senato, dispone in merito all'integrazione delle risorse finanziarie da destinare al potenziamento delle strutture penitenziarie. A tal fine, autorizza la spesa di 57 milioni e 277 mila euro per far fronte alle necessità di edilizia carceraria.

 

Ai fini della copertura è previsto l’utilizzo delle risorse che si rendono disponibili a seguito della riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 47, comma 2, della legge 20 maggio 1985, n. 222 , relativamente alla quota destinata allo Stato dell’otto per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), per l’anno 2011.

 

 

Si ricorda che l’art. 44-bis del D.L. 207 del 2008[10] - per far fronte alla grave situazione di sovraffollamento delle carceri - aveva attribuito temporaneamente (fino al 31 dicembre 2010) al Capo del D.A.P. poteri straordinari commissariali per il rapido compimento degli investimenti necessari alla realizzazione di nuove infrastrutture carcerarie o l'aumento della capienza di quelle esistenti.

 

Spettava al commissario (poi prorogato nelle funzioni fino al 31 dicembre 2011 dall'art. 2, comma 12-terdecies, del D.L. 225 del 2010) il compito di redigere il programma degli interventi necessari, specificandone i tempi e le modalità di realizzazione ed indicando le risorse economiche a tal fine occorrenti. Con successivi D.P.C.M. si prevedeva la determinazione delle opere necessarie per l'attuazione del programma, con l'indicazione dei tempi di realizzazione di tutte le fasi dell'intervento e del relativo quadro finanziario.

Le opere di edilizia carceraria dovevano, poi, essere inserite nel programma delle infrastrutture strategiche (PIS) previste dalla cd. legge obiettivo, nonché, se di importo superiore a 100.000 euro, nel programma triennale previsto dall'art. 128 del cd. Codice degli appalti (decreto legislativo n. 163/2006). Al commissario venivano riconosciuti, in caso di inutile decorso dei termini previsti dalla normativa vigente, gli speciali poteri sostitutivi previsti dall’art. 20 del D.L. 185/2008.

 

Le  misure straordinarie per il settore carcerario sono state individuate  dal Governo con l'adozione, nel gennaio 2010, del Piano straordinario penitenziario (cd. Piano carceri), gestito dallo stesso Commissario, e che risultava basato su quattri filoni di intervento (cd. quattro pilastri): i primi due prevedono interventi di edilizia penitenziaria volti ad ampliare la capienza degli istituti; il terzo pilastro è relativo ad interventi di natura normativa[11] mentre il quarto prevede un ampliamento dell'organico degli agenti di polizia penitenziaria per 2.000 nuove assunzioni[12].

In particolare, nell’adozione di interventi di edilizia penitenziaria (primo e secondo pilastro) al Commissario straordinario sono concessi poteri per procedere in deroga alle ordinarie normative[13], velocizzando procedure e semplificando le gare d'appalto per la costruzione, entro il 2010, di 47 nuovi padiglioni, utilizzando il modello adottato per il dopo-terremoto a L'Aquila.

A partire dal 2011, poi, si prevedeva di realizzare le altre strutture di edilizia straordinaria (secondo pilastro) - 18 nuove carceri di cui 10 “flessibili” (probabilmente di prima accoglienza o destinate a detenuti con pene lievi) - cui se ne prevedeva di aggiungere altre 8 in aree strategiche anch'esse “flessibili".

Secondo il Governo, gli interventi avrebbero dovuto creare 21.709 nuovi posti negli istituti penitenziari (circa 4.000 in più rispetto ai 18mila iniziali) ed il raggiungimento di una capienza totale di 80mila unità. Per realizzare questo progetto saranno utilizzati 500 milioni di euro già stanziati dalla Finanziaria 2010 e altri 100 milioni di euro provenienti dal bilancio del Ministero della Giustizia.

 

Il 19 marzo 2010 è stata emanata l’ordinanza n. 3861 del Presidente del Consiglio dei Ministri che ha dettato nuove disposizioni urgenti di protezione civile dirette a fronteggiare la situazione di emergenza conseguente al sovraffollamento penitenziario. Il provvedimento ha, in particolare, previsto che il Capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, nominato  Commissario delegato per “l’emergenza carceri”, dovesse predisporre entro 30 gg. un apposito Piano di interventi, indicandone i tempi e le modalità di attuazione. L’ordinanza ha istituito un Comitato di indirizzo e controllo presieduto dal Ministro della giustizia, competente all'approvazione del Piano e con compiti di vigilanza sull'azione del Commissario.

 

L'ultimo decreto-legge proroga termini (decreto-legge n. 216 del 2011), in corso di conversione, ha previsto (art. 17) la proroga di un ulteriore anno (cioè fino al 31 dicembre 2012) della gestione commissariale per gli interventi straordinari di edilizia carceraria, finora attribuita al capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Il citato art. 17 del decreto legge 216 sottrae tuttavia al capo del DAP la gestione commissariale, attribuendola - dal 1° gennaio 2012 - ad un nuovo commissario straordinario. Il Prefetto Angelo Sinesio è stato nominato Commissario con ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 13 gennaio 2012.


Articolo 5
(Copertura finanziaria)

 

Decreto-legge n. 211 del 2011

A.C. 4909

1. All'attuazione delle disposizioni del presente decreto, con esclusione dell'articolo 4, si provvede mediante l'utilizzo delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.

1. Identico.

2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alle occorrenti variazioni di bilancio per l'attuazione del presente decreto.

2. Identico.

 

L’articolo 5, non modificato nel corso dell’esame al Senato, dispone in ordine alla copertura finanziaria, escludendo la sussistenza di nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato e disponendo che all’attuazione delle disposizioni del decreto-legge in commento si provvederà mediante l’utilizzo delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, ad esclusione delle risorse relative all’adeguamento, al potenziamento e alla messa a norma delle infrastrutture penitenziarie, di cui al precedente articolo 4 (stanziamento di 57 milioni di euro).


Articolo 6
(Entrata in vigore)

 

Decreto-legge n. 211 del 2011

A.C. 4909

1.  Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

 

 

L’articolo 6 disciplina l'entrata in vigore del decreto-legge, stabilendone la vigenza a partire dal giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 




[1]    Questi ultimi sono stati aggiunti al catalogo dell’art. 67 OP dall’art. 12-bis della legge n. 14/2009, di conversione del DL n. 207/2008 “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti”.

[2]    P. De Felice, in Misure di sicurezza: problemi attuali sulla loro applicazione. ipotesi di modifica o soppressione, in La magistratura di sorveglianza, cit., afferma «l’Ospedale Psichiatrico Giudiziario è rimasto un anacronismo rispetto alla legislazione civile in materia di assistenza psichiatrica e che dopo la chiusura degli ospedali psichiatrici civili ne svolge funzione di supplenza. […] Ormai credo che sia concordemente riconosciuta l’inidoneità e inadeguatezza della struttura a svolgere tali funzioni per le sue caratteristiche prevalentemente carcerarie che ne condizionano pesantemente la gestione.» (p. 783).

[3]    Si ricorda che l’articolo 222 del codice penale, stabilisce che «Nel caso di proscioglimento per infermità psichica, ovvero per intossicazione cronica da alcool o da sostanze stupefacenti, ovvero per sordomutismo, è sempre ordinato il ricovero dell'imputato in un manicomio giudiziario per un tempo non inferiore a 2 anni; salvo che si tratti di contravvenzioni o di delitti colposi o di altri delitti per i quali la legge stabilisce la pena pecuniaria o la reclusione per un tempo non superiore nel massimo a due anni, nei quali casi la sentenza di proscioglimento è comunicata all'Autorità di pubblica sicurezza». La durata minima del ricovero è di dieci anni, se per il fatto commesso la legge stabilisce l’ergastolo, ovvero di 5 anni se per il fatto commesso la legge stabilisce la pena della reclusione per un tempo non inferiore nel minimo a dieci anni.

[4]    D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, Regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà.

[5]    Cfr. R. Marino, Le misure di sicurezza detentive con particolare riferimento alla casa di cura e custodia ed all’OPG, in La magistratura di sorveglianza, Quaderno n. 80 del CSM, 1995.

[6]    Delega al Governo per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale e per l'adozione di un testo unico in materia di organizzazione e funzionamento del Servizio sanitario nazionale. Modifiche al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502.

[7]    Ad esempio, all’OPG di Castiglione delle Stiviere saranno assegnati internati provenienti, oltre che dalla Lombardia, dal Piemonte, dalla Val d’Aosta e dalla Liguria.

[8]    Si veda, per tutte, il resoconto dell’Audizione del 15 novembre 2011 della dott.ssa Secchione, Magistrato di Sorveglianza di Napoli, dinanzi alla Commissione parlamentare d’inchiesta istituita dal Senato della Repubblica sull’efficacia ed efficienza del Servizio Sanitario nazionale (c.d. Commissione Marino).

[9]    Comitato paritetico permanente per la verifica dell'erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza in condizioni di appropriatezza e di efficienza nell'utilizzo delle risorse e per la verifica della congruita' tra le prestazioni da erogare e le risorse messe a disposizione.

[10]   D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 27 febbraio 2009, n. 14.

[11]   Sul piano normativo (terzo pilastro), si sono previste novità al sistema sanzionatorio ovvero misure di accompagnamento che, da un lato, potessero favorire la detenzione domiciliare (v. ora la legge n. 199 del 2010) e, dall’altro, la messa alla prova delle persone imputabili per reati fino a tre anni, da utilizzare per lavori di pubblica utilità con conseguente sospensione del processo.

[12]   In attuazione del quarto pilastro del Piano carceri, la legge n. 199 del 2010 sulla detenzione domiciliare ha previsto l'assunzione di personale nel ruolo degli agenti e degli assistenti del Corpo di polizia penitenziaria e l'abbreviazione dei corsi di formazione iniziale degli stessi agenti. Il Ministro della giustizia è, tuttavia, autorizzato all'assunzione di detto personale di custodia nei limiti numerici consentiti dalle risorse derivanti dalla gestione dei crediti relativi alle spese di giustizia.

[13]   L’attribuzione di poteri speciali al Commissario straordinario per la realizzazione del Piano carceri e le disposizioni per prevenire infiltrazioni della criminalità organizzata nei relativi interventi sono contenuti negli artt. 17-ter e 17-quater del decreto-legge n. 195 del 2009 convertito dalla legge n. 26 del 2010.