Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Titolo: Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica - D.L. 78/2010 - A.C. 3638 - Schede di lettura - Parte II
Riferimenti:
AC N. 3638/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 373
Data: 18/07/2010
Descrittori:
SOPPRESSIONE DI ENTI   SPESA PUBBLICA
TRATTAMENTO ECONOMICO NEL PUBBLICO IMPIEGO   TRATTAMENTO PREVIDENZIALE NEL PUBBLICO IMPIEGO
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione
Altri riferimenti:
AS N. 2228/XVI     

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica

D.L. 78/2010 – A.C. 3638

Schede di lettura

(artt. 15-55)

 

 

 

 

 

 

n. 373

Parte II

 

 

18 luglio 2010

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Bilancio

( 066760-9932 – * st_bilancio@camera.it

Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici:

Servizio Bilancio dello Stato

Nota di verifica - dossier n. 208

( 066760-2174 / 066760-9455 – * bs_segreteria@camera.it

Servizio Commissioni – Segreteria V Commissione

( 066760-3545 / 066760-3685 – * com_bilancio@camera.it

Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

( 066760-2145 – * cdrue@camera.it

§       La nota di sintesi e le schede di lettura sono state redatte dal Servizio Studi.

§       Le parti relative ai profili di carattere finanziario sono state curate dal Servizio Bilancio dello Stato, nonché dalla Segreteria della V Commissione per quanto concerne le coperture.

§       Le parti relative ai documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea e alle procedure di contenzioso sono state curate dall'Ufficio rapporti con l'Unione europea.

 

 

Il presente dossier si compone di due parti:

-    n. 373-  parte I – Schede di lettura articoli 1-14

-    n. 373 – parte II – Schede di lettura articoli 15-55

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: D10078s2.doc

 


INDICE

 

Schede di lettura

§      Articolo 15, commi 1-5 (ANAS e concessionari autostradali)3

§      Articolo 15, commi 6–6-quinquies (Aumento delle basi di calcolo dei sovracanoni e altre norme riguardanti le concessioni di grandi derivazioni d’acqua per uso idroelettrico)15

§      Articolo 15, comma 6-sexies (Autovie venete)23

§      Articolo 16 (Costituzione di un Fondo nello stato di previsione dell’economia e delle finanze per la riassegnazione delle maggiore entrate derivanti da utili e dividendi da partecipazione in enti pubblici non compresi nel conto consolidato della PA che eccedano l’ammontare iscritto nel bilancio di previsione degli anni 2011 e 2012)25

§      Articolo 17 (Autorizzazione per il Ministero dell’economia e delle finanze al fine di assicurare la partecipazione dell’Italia, per una spesa massima di 20 milioni di euro per l’anno 2010, al capitale della società da costituire insieme agli altri Stati membri dell’UEM per la salvaguardia della stabilità finanziaria dell’euro)28

§      Articolo 18 (Partecipazione dei comuni all’attività di accertamento tributario e contributivo ed istituzione dei Consigli tributari)33

§      Articolo 19, commi 1-16 (Aggiornamento del catasto)42

§      Articolo 19, comma 16-bis (Procedure alienazione alloggi edilizia residenziale pubblica.)58

§      Articolo 20 (Adeguamento alle disposizioni comunitarie delle limitazioni all'uso del contante e dei titoli al portatore)60

§      Articolo 21 (Comunicazioni telematiche alla Agenzia delle Entrate)64

§      Articolo 22 (Aggiornamento dell’accertamento sintetico)67

§      Articolo 23 (Contrasto al fenomeno delle imprese “apri e chiudi”)72

§      Articolo 24 (Contrasto al fenomeno delle imprese in perdita “sistemica”)74

§      Articolo 25 (Contrasto di interessi: ritenuta operata su bonifici bancari e postali)78

§      Articolo 26 (Disposizioni antielusive in materia di prezzi di trasferimento applicati negli scambi transnazionali con società controllate)83

 

§      Articolo 27 (Adeguamento alla normativa europea in materia di operazioni intracomunitarie ai fini del contrasto delle frodi)88

§      Articolo 28 (Incrocio tra le basi dati dell’INPS e dell’Agenzia delle entrate per contrastare la microevasione diffusa)92

§      Articolo 29, commi 1-6 (Concentrazione della riscossione nell’accertamento: disposizioni in materia di transazione fiscale, misure cautelari, procedure concorsuali)97

§      Articolo 29, comma 7 (Aggravante del reato di corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio e limitazione della responsabilità per danno erariale)110

§      Articolo 30 (Potenziamento dei processi di riscossione dell’INPS)113

§      Articolo 31, commi 1 e 2 (Preclusione all’autocompensazione in presenza di debito su ruoli definitivi e riduzione delle dotazioni finanziarie del programma di spesa “Regolazioni contabili, restituzioni e rimborsi d’imposte” per l’anno finanziario 2010)118

§      Articolo 31, commi 1-bis–1-ter (Compensazione dei crediti nei confronti di Regioni, enti locali ed enti del Servizio sanitario nazionale con somme iscritte a ruolo ed estensione agli enti SSN della disciplina relativa alla certificazione dell’esigibilità di crediti)127

§      Articolo 32 (Riorganizzazione della disciplina fiscale dei fondi immobiliari chiusi)131

§      Articolo 33 (Stock options ed emolumenti variabili)145

§      Articolo 34 (Obbligo per i non residenti di indicazione del codice fiscale per l’apertura di rapporti con operatori finanziari)150

§      Articolo 35 (Razionalizzazione dell’accertamento nei confronti dei soggetti che aderiscono al consolidato nazionale)152

§      Articolo 36 (Disposizioni antifrode)159

§      Articolo 37 (Disposizioni antiriciclaggio)167

§      Articolo 38, commi 1-3 (Controlli sulle prestazioni sociali agevolate)170

§      Articolo 38, comma 4 (Razionalizzazione delle modalità di notifica in materia fiscale)174

§      Articolo 38, comma 5 (Utilizzo dei servizi telematici)179

§      Articolo 38, comma 6 (Comunicazione del codice fiscale)182

§      Articolo 38, commi 7-8 (Rateizzazione di pagamenti per soggetti con basso reddito di pensione)185

§      Articolo 38, comma 9 (Accelerazione della riscossione - Soppresso)187

 

§      Articolo 38, comma 10 (Riscossione di entrate degli enti locali)189

§      Articolo 38, comma 11 (Trattamento fiscale degli enti di previdenza obbligatoria di natura privata: assimilazione agli enti previdenziali pubblici)191

§      Articolo 38, comma 12 (Termini di riscossione di crediti da parte degli enti pubblici previdenziali)195

§      Articolo 38, comma 13 (Esonero da alcuni obblighi fiscali in favore di dipendenti pubblici che lavorano all’estero e lavoratori frontalieri)198

§      Articolo 38, commi 13-bis-13-quater (Tassazione della variazione della riserve tecniche obbligatorie ramo vita per le imprese di assicurazione)200

§      Articolo 38, comma 13-quinquies (Modifiche alla disciplina del 5 per mille)205

§      Articolo 38, comma 13-sexies (Requisiti di capitale delle società di riscossione a prevalente partecipazione pubblica)209

§      Articolo 38, comma 13-septies (Operazioni non soggette all’obbligo di certificazione fiscale)211

§      Articolo 39 (Disposizioni in favore dei territori colpiti dal sisma in Abruzzo)213

§      Articolo 40 (Disciplina per l’esercizio della facoltà delle regioni appartenenti al Mezzogiorno d’Italia - Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia - di modificare, con propria legge, le aliquote IRAP nonché di disporre esenzioni, detrazioni e deduzioni, nei riguardi delle nuove iniziative produttive)229

§      Articolo 40-bis (Quote latte: proroga delle rate in scadenza al 30 giugno 2010)234

§      Articolo 41 (Regime fiscale di attrazione europea)240

§      Articolo 42 (Reti di imprese e agevolazioni fiscali per le imprese aderenti ai contratti di rete)245

§      Articolo 43 (Vantaggi per le nuove iniziative produttive avviate nel Meridione nelle zone a burocrazia zero)254

§      Articolo 44, commi 1-3 (Incentivi per il rientro in Italia di ricercatori residenti all'estero)259

§      Articolo 44, comma 3-bis (Prova di ammissione ai corsi universitari)262

§      Articolo 45 (Disposizioni in materia di destinazione delle risorse derivanti dalla risoluzione anticipata delle convenzioni CIP6 e di ritiro dei certificati verdi da parte del GSE)264

§      Articolo 46 (Rifinanziamento del fondo infrastrutture)271

§      Articolo 47, commi 1-3 (Concessioni autostradali)278

§      Articolo 47, commi 3-bis - 3-ter (Adeguamento delle infrastrutture dei sistemi aeroportuali di rilevanza nazionale)288

§      Articolo 48, commi 1-2 (Disposizioni in materia di procedure concorsuali)292

§      Articolo 48, comma 2-bis (Esenzione dai reati di bancarotta)296

§      Articolo 48-bis, comma 1 (Assunzione di magistrati ordinari)298

§      Articolo 48-bis, comma 2 (Aumento del contributo unificato nel processo civile e amministrativo)301

§      Articolo 48-ter (Estinzione di controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di Cassazione)304

§      Articolo 49, commi 1-4 (Disposizioni in materia di conferenza di servizi)306

§      Articolo 49, commi 4-bis–4-quinquies (Sostituzione della disciplina della dichiarazione di inizio attività con quella della segnalazione certificata di inizio attività e altre norme di semplificazione amministrativa per le imprese)316

§      Articolo 50 (Indizione del censimento)325

§      Articolo 51, commi 1-5 (Semplificazione dell'installazione di piccoli impianti di distribuzione di gas naturale)337

§      Articolo 51, comma 6 (Aliquota di accisa per i consumi di gas destinato a piccoli impianti di distribuzione di gas naturale)343

§      Articolo 51, comma 7 (Proroga del termine per l’emanazione del decreto per lo svolgimento dei servizi di taxi e noleggio con conducente)345

§      Articolo 52, commi 1 e 1-ter-1-quinquies (Fondazioni bancarie)349

§      Articolo 52, comma 1-bis (Valutazione dei titoli)353

§      Articolo 52-bis (Garanzie prestate per accedere alla rateizzazione delle somme dovute a seguito di accertamento con adesione)355

§      Articolo 53 (Regime fiscale e contributivo agevolato per alcuni emolumenti della retribuzione)357

§      Articolo 54 (Expo)361

§      Articolo 54-bis (Misure socio economiche per la sospensione dell’attività di pesca)365

§      Articolo 54-ter (Divieto di contributi pubblici per i servizi automobilistici di linea di competenza statale)368

 

§      Articolo 55, commi 1-2 (Differimento del versamento dell'acconto IRPEF per i periodi d'imposta 2011 e 2012)370

§      Articolo 55, commi 2-bis-2-quinquies (Disposizioni in materia di accise sui tabacchi)373

§      Articolo 55, comma 3 (Concorso delle forze armate nel controllo del territorio e professionalizzazione delle forze armate)380

§      Articolo 55, comma 4 (150° Anniversario dell'unità d'Italia)384

§      Articolo 55, comma 5 (Rifinanziamento missioni internazionali)386

§      Articolo 55, commi 5-bis-5-sexies (Corsi di formazione delle Forze armate per i giovani – Mini-naja)389

§      Articolo 55, comma 5-septies (Risorse per il 150° Anniversario dell'unità d'Italia)395

§      Articolo 55, comma 6 (Incremento della dotazione del Fondo per gli interventi strutturali di politica economica)397

§      Articolo 55, commi 7-8 (Norme di copertura)401

 

 


Schede di lettura

 


 

Articolo 15, commi 1-5
(ANAS e concessionari autostradali)

 


1. Entro quarantacinque giorni dall'entrata in vigore del presente decreto-legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabiliti criteri e modalità per l'applicazione del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di ANAS SpA, in relazione ai costi di investimento e di manutenzione straordinaria oltre che quelli relativi alla gestione, nonché l'elenco delle tratte da sottoporre a pedaggio.

2. In fase transitoria, a decorrere dal primo giorno del secondo mese successivo a quello di entrata in vigore del presente decreto e fino alla data di applicazione dei pedaggi di cui al comma 1, comunque non oltre il 31 dicembre 2011, ANAS S.p.A. è autorizzata ad applicare una maggiorazione tariffaria forfettaria di un euro per le classi di pedaggio A e B e di due euro per le classi di pedaggio 3, 4 e 5, presso le stazioni di esazione delle autostrade a pedaggio assentite in concessione che si interconnettono con le autostrade e i raccordi autostradali in gestione diretta ANAS. Le stazioni di cui al precedente periodo sono individuate con il medesimo DPCM di cui al comma 1. Gli importi delle maggiorazioni sono da intendersi IVA esclusa. Le maggiorazioni tariffarie di cui al presente comma non potranno comunque comportare un incremento superiore al 25% del pedaggio altrimenti dovuto.

3. Le entrate derivanti dall'attuazione dei commi 1 e 2 vanno a riduzione dei contributi annui dovuti dallo Stato per investimenti relativi a opere e interventi di manutenzione straordinaria anche in corso di esecuzione.

4. La misura del canone annuo corrisposto direttamente ad ANAS S.p.A. ai sensi del comma 1020 dell'art. 1 della legge 27 dicembre 2006 n. 296 e del comma 9 bis dell'art. 19 del decreto-legge 1o luglio 2009 n. 78 convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2009 n. 102, è integrata di un importo, calcolato sulla percorrenza chilometrica, pari a:

     a) 1 millesimo di euro a chilometro per le classi di pedaggio A e B e a 3 millesimi di euro a chilometro per le classi di pedaggio 3, 4 e 5 a decorrere dal primo giorno del secondo mese successivo a quello di entrata in vigore del presente comma;

     b) 2 millesimi di euro a chilometro per le classi di pedaggio A e B e a 6 millesimi di euro a chilometro per le classi di pedaggio 3, 4 e 5 a decorrere dal 1o gennaio 2011.

5. I pagamenti dovuti ad ANAS SpA a titolo di corrispettivo del contratto di programma-parte servizi sono ridotti in misura corrispondente alle maggiori entrate derivanti dall'applicazione del comma 4.


 

 

L’articolo 15, commi 1-5, prevede alcune modifiche al sistema di pedaggiamento autostradale:

§      con riferimento alle autostrade e ai raccordi autostradali gestiti direttamente da ANAS s.p.a., si introduce un pedaggiamento dal 1° luglio 2010, dapprima utilizzando i caselli delle concessionarie e, successivamente, attraverso un sistema di esazione di tipo free flow (a flusso libero);

§      per le autostrade in concessione, è previsto l’aumento del canone che le concessionarie corrispondono all’ANAS.

Entrambe le misure sono finalizzate alla riduzione dei trasferimenti statali ad ANAS.

 

Il comma 1 introduce il pagamento di pedaggi sulle autostrade e sui raccordi autostradali gestiti dall’ANAS ponendo quale criterio per la loro determinazione i costi di investimento, di manutenzione straordinaria e di gestione.

Per l’attuazione della disposizione è prevista l’emanazione di un DPCM, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze volto a fissare, entro il termine di quarantacinque giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge in esame[1], ossia entro il 16 luglio:

§       i criteri e le modalità del pedaggiamento;

§       l’elenco delle tratte da sottoporre a pedaggio;

§       le stazioni di esazione del pedaggio (caselli autostradali) delle autostrade assentite in concessione che si interconnettono con le autostrade ed i raccordi autostradali in gestione diretta ANAS, ove verrà applicata la maggiorazione tariffaria transitoria dei pedaggi (comma 2, dell’art. 15, in commento).

 

Poiché, ai sensi del comma 2, fino al 31 dicembre 2011 verrà applicata la maggiorazione tariffaria provvisoria del pedaggio riscosso ai caselli di interconnessione con la rete autostradale gestita da ANAS, si può presumere che il pedaggiamento a regime di questa non inizierà prima del 2012, come rileva anche la relazione tecnica.

 

La relazione tecnica prevede un sistema di esazione “di tipo free flow (a flusso libero) in luogo dei tradizionali caselli” e stima maggiori entrate quantificabili in circa 315 milioni di euro annui.

 

Si ricorda che ANAS S.p.A. è il gestore della rete stradale ed autostradale italiana di interesse nazionale. È una società per azioni il cui socio unico è il Ministero dell'economia e delle finanze ed è sottoposta al controllo ed alla vigilanza tecnica ed operativa del MIT.

Fra i compiti attribuiti all’ANAS dalle norme vigenti rientrano anche quelli relativi alla costruzione di nuove strade e autostrade, sia direttamente che in concessione, alla vigilanza sull'esecuzione dei lavori di costruzione delle opere date in concessione e al controllo sulla gestione delle autostrade il cui esercizio sia stato dato in concessione, e di approvazione dei progetti dei lavori oggetto di concessione. Sotto questo profilo, non ha avuto sostanziale incidenza la pur profonda riforma intervenuta con l’art. 7 del decreto legge 138/2002 che ne ha mutato la natura giuridica da ente a S.p.A. Infatti, questa nuova disciplina si è limitata a far sì che i suddetti compiti, di natura prettamente pubblica - già precedentemente attribuiti all’ANAS in via diretta da norme di legge, ed elencati all’art. 2, comma 1, lett. a)-g) e alla lett. l) del d.lgs. n. 143/1994 - siano invece attribuiti allo stesso soggetto, trasformato in S.p.A. attraverso una concessione stipulata con il Ministero delle infrastrutture.

Il capitale sociale di Anas S.p.A. ammonta a 2,27 miliardi di euro.

Il patrimonio stradale dello Stato affidato ad Anas è costituito da 31.115 Km di strade ed autostrade di interesse nazionale che compongono la rete di sua competenza. La rete in gestione diretta è costituita da 25.420 Km di strade, di cui 1.267 Km di autostrade; la rete vigilata è costituita da 5.695 Km di autostrade in concessione. I dipendenti sono 6.584.

Si ricorda, inoltre, che l’art. 1, comma 1018 della legge 296/2007 (finanziaria 2007) ha incaricato l’ANAS di provvedere, entro sei mesi dalla sua entrata in vigore, alla predisposizione di:

-        un nuovo piano economico-finanziario;

-        l'elenco delle opere infrastrutturali di nuova realizzazione o di integrazione e manutenzione di quelle esistenti, che costituisce parte integrante del piano. Ai sensi del successivo comma 1029, in tale elenco dovrà essere attribuita priorità alla costruzione di tunnel di sicurezza su galleria monotubo a carattere internazionale e alla messa in sicurezza delle vie d'accesso, in ottemperanza alla direttiva 2004/54/CE relativa ai requisiti minimi di sicurezza per le gallerie della rete transeuropea.

Il comma 1018 prevede, inoltre, che in occasione di tali approvazioni, sia sottoscritta una convenzione unica di cui il nuovo piano ed i successivi aggiornamenti costituiscono parte integrante e avente valore ricognitivo per tutto quanto non deriva dal nuovo piano ovvero dai suoi aggiornamenti.

Il comma 1019 innalza il limite massimo di durata della concessione da trent’anni a cinquant’anni. A tal fine la disposizione, fatta salva la durata trentennale della concessione in atto fino alla data di perfezionamento della convenzione unica, ha previsto, in tale occasione, la possibilità, per il MIT, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, di adeguare la durata della concessione.

Il Governo ha emanato lo schema di Piano economico finanziario di ANAS S.p.A. 2007-2052, ma il decreto ministeriale per l’approvazione definitiva del Piano non è stato ancora emanato.

 

Il comma 2 introduce una maggiorazione tariffaria provvisoria del pedaggio riscosso ai caselli delle autostradein concessione che si interconnettono con la rete autostradale gestita da ANAS.

La maggiorazione tariffaria è pari alle seguenti cifre, che saranno riscosse oltre l’IVA e con il limite del 25% del pedaggio altrimenti dovuto:

§       per i veicoli leggeri (classe A, veicoli a due assi con altezza al primo asse fino a m. 1,3 e classe B, veicoli a due assi con altezza al primo asse superiore a m. 1,3) un euro;

§       per i veicoli pesanti (classe 3, veicoli a tre assi), classe 4, veicoli a quattro assi) e classe 5, veicoli a cinque o più assi) due euro.

Viene precisato che la maggiorazione è applicata in via transitoria, con un limite temporale iniziale individuato nel primo giorno del secondo mese successivo a quello di entrata in vigore del decreto-legge[2], ovvero il 1° luglio 2010, ed il limite temporale finale del 31 dicembre 2011, poiché per tale data il sistema dovrebbe essere sostituito dal pedaggiamento delle tratte autostradali e dei raccordi autostradali gestiti da ANAS come stabilito dal comma 1.

La norma precisa che l’ANAS è autorizzata ad “applicare” la maggiorazione tariffaria presso le stazioni di esazione delle autostrade.

 

Occorre segnalare che i caselli in questione sono gestiti dalle concessionarie e vi opera personale dipendente da queste, come pure delle concessionarie è il sistema informativo per l’esazione dei pedaggi. Pertanto, l’autorizzazione nei confronti dell’ANAS comporterebbe una cogestione delle infrastrutture e delle risorse umane del sistema di esazione, con oneri finanziari per ANAS che, in effetti, la relazione tecnica quantifica in 0,0050 euro per ogni transito.

 

Con D.P.C.M. 25 giugno 2010 è stata quindi data attuazione al comma 2 in esame approvando la prevista maggiorazione tariffaria forfetaria transitoria e fornendo l’elenco delle stazioni e dei raccordi interessati dal provvedimento.

 

Tabella A allegata al DPCM 25 giugno 2010

Roma Nord

A1

ASPI

 

 

 

A90 GRA

Fiano Romano

A1

ASPI

Roma Est

A24

Strada dei Parchi

Lunghezza

A24

Strada dei Parchi

Settecamini

A24

Strada dei Parchi

Ponte di Nona

A24

Strada dei Parchi

Roma Sud

A1

ASPI

Roma Ovest

A12

ASPI

A91 Roma - Aeroporto Fiumicino

Maccarese Fregene

A12

ASPI

Nocera

A3

SAM

A3 Salerno - Reggio Calabria

Cava dei Tirreni

A3

SAM

San Gregorio

A18

CAS

A18 Dir/Diramazione di Catania

R.A. 15 Tangenziale Ovest di Catania

Buonfornello

A20

CAS

A19 Palermo-Catania

Mercato S. Severino

A30

ASPI

R.A. 2 Raccordo autostradale Salerno -Avellino

Avellino Est

A16

ASPI

Firenze-Certosa

A1

ASPI

R.A. 3 Siena - Firenze

Valdichiana

A1

ASPI

R.A. 6 Bettole – Perugia

Ferrara Sud

A13

ASPI

R.A. 8 Ferrara – Porto Garibaldi

Benevento

A16

ASPI

R.A. 9 di Benevento

Falchera

A55-Tang.le di Torino

ATIVA

 

 

 

R.A. Torino – Aeroporto di Caselle

Bruere

A55-Tang.le di Torino

ATIVA

Settimo torinese

A55-Tang.le di Torino

ATIVA

S.Benedetto del Tronto

A14

ASPI

R.A. 11 Ascoli – Porto d’Ascoli

Chieti – Pescara

A25

Strada dei Parchi

R.A. 12 Chieti – Pescara

Pescara Ovest – Chieti

A14

ASPI

Lisert

A4

Autovie Venete

R.A. 13 Raccordo autostradale A74 Trieste

14 Diramazione per Fernetti

 

 

Il comma 3 reca la finalità delle citate misure volte alla riduzione dei trasferimenti statali ad ANAS.

Infatti, le entrate derivanti dall'attuazione dei commi precedenti dovranno ridurre i contributi annui dovuti ad ANAS Spa dallo Stato per investimenti relativi a opere e interventi di manutenzione straordinaria anche in corso di esecuzione.

 

Si ricorda che i rapporti tra lo Stato e l’ANAS Spa sono disciplinati dal contratto di programma.

Il contratto di programma per il 2009, approvato con il decreto interministeriale del 13 luglio 2009[3], è costituito da un articolato, nel quale sono definiti gli obblighi della concessionaria in fase di attuazione del contratto medesimo, e da due allegati, A e B, concernenti, rispettivamente, gli investimenti da realizzare nel 2009 e le prestazioni dei servizi[4]. In particolare la tabella 1 dell'allegato A prevede investimenti attivabili nell'anno 2009 così riepilogabili:

 

Tipologia

Costo

Fabbisogno ANAS

Totale nuove opere

862.298.700

532.370.100

Oneri gestione banca dati infrastrutture. stradali

500.000

500.000

Contributi

42.400.000

42.400.000

Manutenzione straordinaria e altri interventi

568.729.900

568.729.900

TOTALE INVESTIMENTI

1.473.928.600

1.144.000.000

Stanziamenti Fin. 2009

 

1.144.000.000

Si ricorda, inoltre, che il «Fabbisogno ANAS» è coperto con le risorse attribuite alla concessionaria ai sensi dell’art. 1, comma 1026, della legge 296/2006 (finanziaria 2007). A decorrere dal 1° gennaio 2007, ai finanziamenti pubblici erogati ad ANAS Spa a copertura degli investimenti funzionali ai compiti di cui essa è concessionaria è stata autorizzata la spesa di 1.560 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 comprensiva, per gli anni medesimi, dell'importo di 60 milioni di euro, da destinare al rimborso delle rate di ammortamento dei mutui contratti da ANAS Spa di cui al contratto di programma 2003-2005. Tale autorizzazione di spesa è stata dapprima ridotta a 1.205 milioni di euro con la legge 203/2008 (finanziaria 2009 – Tabella F) e, successivamente, a 1.204 milioni di euro con il decreto legge 180/2008.

 

Per il 2010, nella seduta del 13 maggio 2010, il CIPE ha approvato la rimodulazione del quadro di dettaglio del Fondo infrastrutture, destinando - tra l’altro - 560 milioni di euro alle opere manutentive della rete stradale e ferroviaria.

 

Il comma 4 aumenta la misura del canone annuo corrisposto ad ANAS S.p.A. dai concessionari autostradali di un sovrapprezzo calcolato sulla percorrenza chilometrica e di importo diverso nei due periodi sottoindicati:

a)      1 millesimo di euro a chilometro per le classi di pedaggio A e B e a 3 millesimi di euro a chilometro per le classi di pedaggio 3, 4 e 5 a decorrere dal primo giorno del secondo mese successivo a quello di entrata in vigore del presente comma, ovvero dal 1 luglio 2010;

b)      2 millesimi di euro a chilometro per le classi di pedaggio A e B e a 6 millesimi di euro a chilometro per le classi di pedaggio 3, 4 e 5 dal 1 gennaio 2011.

 

Si ricorda che l’art. 10, comma 3, della legge 537/1993 ha previsto che, a decorrere dal 1° gennaio 1994, gli enti concessionari di autostrade sono tenuti a corrispondere allo Stato un canone annuo, la cui misura è stata più volte modificata: dall’art. 1, comma 1020, della citata legge finanziaria per il 2007, dall’art. 1-bis del decreto-legge 162/2008 e dall’art. 19, comma 9-bis, del decreto legge 78/2009.

A seguito di tali modifiche, la misura del canone annuo è fissata nel 2,4% dei proventi netti dei pedaggi di competenza dei concessionari. Il 42% di tale canone è corrisposto direttamente ad ANAS Spa che provvede a darne distinta evidenza nel piano economico-finanziario e lo destina prioritariamente alle sue attività di vigilanza e controllo sui predetti concessionari fino alla concorrenza dei relativi costi, ivi compresa la corresponsione di contributi alle concessionarie, secondo direttive impartite dal MIT volte anche al conseguimento della loro maggiore efficienza ed efficacia.

Si ricorda, inoltre, che dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del citato decreto-legge 78/2009 (5 agosto 2009) il canone è stato aumentato incorporandovi un sovrapprezzo sui pedaggi (che era previsto dall’art. 1, comma 1021, della legge finanziaria 2007). Tale sovrapprezzo è calcolato sulla percorrenza chilometrica di ciascun veicolo che ha fruito dell’infrastruttura autostradale, pari a 3 millesimi di euro a Km per le classi di pedaggio A e B e a 9 millesimi di euro a Km per le classi di pedaggio 3, 4 e 5. Tali risorse sono destinate alla manutenzione ordinaria e straordinaria, nonché all’adeguamento e al miglioramento delle strade e delle autostrade in gestione diretta riducendo corrispondentemente i trasferimenti dello Stato ad ANAS Spa a titolo di corrispettivo del contratto di programma-parte servizi. Al fine di assicurare l’attuazione di tali disposizioni, i concessionari recuperano il suddetto importo attraverso l’equivalente incremento della tariffa di competenza, non soggetto a canone.

 

Il comma 5 contiene una disposizione analoga a quella di cui all’art. 19, comma 9-bis, del decreto-legge 78/2009, riducendo, corrispondentemente alle maggiori entrate derivanti dal comma 3, i trasferimenti dello Stato ad ANAS Spa a titolo di corrispettivo del contratto di programma-parte servizi.

 

L’art. 19, comma 9-bis, del decreto-legge 78/2009 ha soppresso il sovrapprezzo tariffario dovuto all’ANAS S.p.A. dai concessionari autostradali recata dal comma 1021 dell’art. 1 della legge 296/2006 (finanziaria 2007).

Lo stesso comma però, contemporaneamente alla soppressione, di fatto ripropone la disciplina vigente per il citato sovrapprezzo a decorrere dal 2009, dall’ammontare degli importi alla loro destinazione, che continua ad essere il finanziamento della manutenzione ordinaria e straordinaria e del miglioramento delle strade e autostrade in gestione diretta all’ANAS. Gli importi previsti non sono però più dovuti dai concessionari come sovrapprezzo (essendo prevista la soppressione del comma 1021) ma a titolo di integrazione del canone annuo corrisposto direttamente ad ANAS S.p.A. ai sensi del comma 1020. La nuova configurazione degli importi in parola non più come sovrapprezzo ma come integrazione del canone motiva la parte del comma in esame volta a prevedere che l’ANAS provvede a dare distinta evidenza di tale integrazione nel proprio piano economico-finanziario, così come già previsto dal comma 1020 per la quota di canone (pari al 42%) corrisposto direttamente all’ANAS prioritariamente per le sue attività di vigilanza e controllo sui concessionari.

 


Profili finanziari (commi 1-5 e comma 6-sexies)

Il prospetto riepilogativo ascrivealla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Maggiori entrate extr.

Pedaggio rete ANAS (co. 2)

 

 

 

 

83

200

315

315

83

200

315

315

Minori spese capitale

Pedaggi ANAS

(co. 3)

83

200

315

315

-

-

-

-

-

-

-

-

Maggiori entrate extr.

Sovracan. (co. 4)

 

 

 

 

45

320

320

320

45

320

320

320

Minori spese corrente

Sovracan. (co. 5)

45

308,8

308,8

308,8

-

--

-

-

-

-

-

-

 

La relazione tecnica riferita al testo originario del provvedimento afferma, riguardo all’introduzione di un pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali di competenza dell’ANAS (commi 1 e 2) che, relativamente alla fase transitoria di tariffazione della rete Anas di cui al comma 2, si applicherà un sovrapprezzo forfettario ad ogni transito alle stazioni di esazione della rete autostradale in concessione che si interconnettono con le tratte autostradali gestite da ANAS. Tale sovrapprezzo è pari a 1 euro per i veicoli leggeri e a 2 euro per quelli pesanti. Le maggiori entrate per ANAS sono quantificabili in circa 83 milioni per il 2010 e in circa 200 milioni per il 2011.

Il calcolo prende a riferimento i volumi di transiti annuali, considerando che la suddetta tariffa sorge, sommandosi a quanto dovuto per il pedaggio al concessionario:

§      entrando presso tutti i tratti autostradali di competenza dei concessionari se si proviene dalla rete Anas;

§      uscendo da un tratto autostradale in concessione se ci si immette su rete Anas.

Ai fini della quantificazione, la RT prende in considerazione i volumi dei transiti annuali relativi al 2009, pari a 174,5 milioni, e tiene conto che alla riscossione della tariffa è associato un costo d'esazione per singola operazione pari a euro 0,005. Nel calcolo confluisce il plafond relativo al massimo incremento apportabile al pedaggio così come definito dal vigente piano tariffario, pari al 25%. La quantificazione finale dell'effetto finanziario è pari a 83 milioni per la seconda metà del 2010 e 200 milioni per il 2011.

Il sistema di pedaggiamento a regime sarà adottato, al più tardi, a partire dal 1° gennaio 2012 e prevede il pedaggiamento diretto delle tratte autostradali gestite da ANAS mediante l’introduzione di un sistema di esazione di tipo free flow in luogo dei tradizionali caselli. Le maggiori entrate sono quantificabili in circa 315 milioni annui. Per la stima di tale quantificazione, la RT fa riferimento ad un ammontare presuntivo di km percorsi sulla rete Anas, pari a 4.987.300.000 km, cui associa la tariffa media ponderata dell'intero settore autostradale (0,07084 euro/km), giungendo a quantificare i ricavi da pedaggio complessivi in circa 350 milioni annui, poi decurtati di un 10% per tener conto del mancato riconoscimento del veicolo, giungendo pertanto a definitivi 315 milioni a partire dal 2012.

Per quanto concerne l'incremento dei canoni autostradali corrisposti dai concessionari ad Anas, la RT parte dai km percorsi sulla rete autostradale distinti per classi (classe A: 66.766.353.254 km; classe B: 8.026.161.541 km; classe 3: 1.500.936.508 km; classe 4: 877.936.619 km; classe 5: 8.367.306.951 km), e moltiplica tali percorrenze, opportunamente sommate per tener conto degli incrementi comuni:

§      per 1 millesimo di euro (classi A e B) e 3 millesimi di euro (classi 3,4 e 5); riportando l’importo risultante su 5 mesi;

§      per 2 millesimi di euro (classi A e B) e 6 millesimi di euro (classi 3,4, e 5) per il calcolo degli anni dal 2011 in poi.

L'Anas incamererà 45 milioni in più dai concessionari per l'anno corrente, che verranno detratti dagli stanziamenti statali, e 320 milioni a partire dal 2011, cui corrisponderà un risparmio per lo Stato pari a 308,8 milioni, stando all’importo dello stanziamento previsto a legislazione vigente per il corrispettivo di servizio ANAS.

Sotto il profilo tecnico di attuazione, la RT specifica che lo stanziamento ANAS iscritto in bilancio per l’anno 2010 a titolo di corrispettivo di servizio è definanziato di 45 milioni. Inoltre, le somme iscritte in conto residui, relative ai contributi annui dovuti dallo Stato alla medesima società per investimenti relativi a opere e interventi di manutenzione straordinaria, anche in corso di esecuzione, sono versate all’entrata di bilancio dello Stato e costituiscono economia di bilancio, per 83 milioni nel 2010, 200 milioni per il 2011 e 315 milioni per gli anni successivi. A decorrere dal 2011 non sono effettuati trasferimenti ad ANAS a carico del bilancio dello Stato a titolo di corrispettivo di servizio.

 


La RT riassume come segue i minori oneri dovuti dallo Stato nei confronti di Anas Spa:

(milioni di euro)

 

2010

2011

2012

2013

Anni successivi

Pedaggiamento

83

200

315

315

315

Sovracanoni (effetti per fabbisogno e indebitamento)

45

320

320

320

320

Sovracanoni (effetti SNF)

45

308,80

308,80

308,80

308,80

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento presentato al Senato, con riferimento al comma 6-sexies, nel ribadire il contenuto della norma, dichiara che la stessa non determina effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

In merito ai profili di quantificazione, si osserva che la relazione tecnica riferita al testo originario del provvedimento, con riferimento al pedaggiamento forfettario in vigore fino al 2011, non fornisce in maniera esaustiva gli elementi per il calcolo delle maggiori entrate in capo all’ANAS, cui corrispondono minori oneri per la finanza pubblica. In particolare, non vengono forniti i dettagli relativi al numero di veicoli che rientrano, rispettivamente, nelle classi di pedaggio A e B e quelli che rientrano nelle classi 3, 4 e 5 né le modalità con cui è stato calcolato il vincolo che impone all’incremento di non eccedere il 25% del pedaggio altrimenti dovuto.

In proposito, si ricorda che il Governo[5], in risposta alle osservazioni formulate durante l’esame al Senato del provvedimento, con riferimento al pedaggiamento forfettario ha affermato che l’associazione dei transiti alle categorie dei veicoli, il costo di esazione e gli effetti calmieratori del plafond del 25% sono stati effettuati sulla base delle stime fornite dall’ANAS. Con riferimento al paventato “effetto sostituzione”, il Governo ritiene che lo stesso possa considerarsi marginale visto che la maggiorazione prevista appare contenuta nell’ammontare, in quanto non proporzionale alla distanza percorsa e tenuto conto del limite massimo di incremento del 25% del pedaggio altrimenti dovuto. Il Governo afferma inoltre che occorre considerare il costo economico da associare ai maggiori tempi di spostamento correlati all’utilizzo di uscite alternative, non compensato dal mancato pagamento della maggiorazione tariffaria prevista. A ciò aggiunge che storicamente non si è mai verificata una diminuzione del traffico sic et sempliciter per i tratti interessati dall’applicazione di aumenti tariffari.

Per quanto riguarda la fase di pedaggiamento a regime, il Governo ha ricordato che la relativa disciplina è demandata ad apposito decreto con il quale saranno stabiliti i criteri e le modalità per l’applicazione del pedaggio, individuando le tratte su cui quest’ultimo sarà introdotto. In tale fase sarà possibile precisare gli elementi tecnici e i livelli tariffari in base ai quali la disposizione troverà applicazione.

Con riferimento ai costi connessi all’installazione dei sistemi di rilevamento, il Governo ha assicurato che gli stessi sono stati considerati, anche se non esplicitamente evidenziati, all’interno della quota del 10% di riduzione dei ricavi, indicata come “mancato riconoscimento veicoli”. Infatti, della suddetta quota circa il 3% rappresenta la stima della quota di ammortamento del costo dell’impianto di esazione. Il Governo ricorda che per l’installazione di tale impianto l’ANAS dovrà bandire una gara a evidenza pubblica. Infine, il Governo ha precisato che per la stima dei ricavi si è tenuto conto del potenziale “effetto sostituzione” al momento di quantificare i chilometri percorsi.

Riguardo alla quantificazione delle entrate a regime a seguito dell’introduzione del pedaggio su alcuni tratti delle reti ANAS, appare altresì opportuno un chiarimento da parte del Governo circa il parametro relativo al chilometraggio utilizzato. Dal tenore della risposta fornita durante l’esame al Senato, infatti, emerge che lo stesso sarà determinato con successivo decreto in base alle tratte su cui quest’ultimo sarà applicato. Al contrario, i parametri utilizzati nella RT fanno riferimento ad un ammontare presuntivo di km percorsi sulla rete Anas, pari a 4.987.300.000 km, cui si associa la tariffa media ponderata dell'intero settore autostradale (0,07084 euro/km).

Con riferimento alla quantificazione operata dalla relazione tecnica relativa ai sovracanoni corrisposti dai concessionari ad Anas, si rileva che, in base agli elementi forniti, la quota relativa all’esercizio 2010 risulta sottostimata di circa 9 milioni di euro (circa 54 milioni anziché 45 milioni), posto che l’entrata in vigore delle disposizioni è intervenuta il 1° luglio 2010. Tale differenza infatti sembra presumibilmente dovuta al riporto del calcolo per il 2010 su 5 mesi, come specificato nella relazione tecnica riferita al testo originario del provvedimento, (con l’entrata in vigore dal 1° agosto) anziché su 6 mesi (con l’entrata in vigore al 1° luglio).

Relativamente alla possibilità che al crescere della quota di bilancio rappresentata dai ricavi tariffari l’ANAS possa fuoriuscire dal perimetro delle PA, il Governo ha fatto presente che, ai fini dei conti nazionali, tra i costi di produzione dell’ANAS, ossia nel denominatore del rapporto valido ai fini della valutazione della natura market di un’unità istituzionale, rientra il valore dell’ammortamento della rete stradale di competenza, calcolata secondo il metodo dell’inventario permanente sulla base della serie storica degli investimenti della società. Ne consegue che, anche incrementando del valore riportato nella relazione tecnica i ricavi di mercato dell’ANAS, questi non raggiungeranno verosimilmente la quota del 50% dei costi, necessaria alla riclassificazione della società.

Con riferimento al comma 6-sexies, come evidenziato dalla RT, si rileva che la norma non sembra suscettibile di determinare effetti diretti ed immediati sui saldi di finanza pubblica.

Tuttavia, ai fini di una più esaustiva valutazione delle possibili implicazioni di carattere finanziario, andrebbero acquisiti elementi circa l’attuale situazione relativa all’affidamento e alla realizzazione delle tratte autostradali interessate, ai relativi rapporti concessori  e agli organismi eventualmente già costituiti con riferimento alle opere in questione, tenuto conto che la norma dispone che, fino al 2017, continui a far capo all’ANAS la titolarità delle funzioni di soggetto concedente ed aggiudicatore.

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

L’8 luglio 2008 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva che modifica la direttiva 1999/62/CE sulla tassazione di autoveicoli pesanti adibiti al trasporto di merci su strada per l'uso di talune infrastrutture (COM(2008)436/3).

La proposta prevede, in particolare, l’istituzione di un quadro che consenta agli Stati membri di calcolare e modulare i pedaggi - sulla base di princìpi di tariffazione comunitenendo conto dei costi dell’inquinamento generato dal traffico e della congestione. Le entrate derivanti dalla riscossione dei pedaggi dovranno essere utilizzate dagli Stati membri al fine di migliorare la sostenibilità dei trasporti. La Commissione sottolinea la necessità di evitare un’eccessiva tassazione degli utenti, in particolare allorché un onere basato sui costi della congestione e dell’inquinamento è combinato con un onere destinato a recuperare il costo dell’infrastruttura. La proposta in esame, infine, estende il campo di applicazione della direttiva 1999/62/CE al di là della rete transeuropea per evitare differenze nella tariffazione tra i maggiori corridoi ed altre strade urbane. E’ fatta salva, tuttavia, la facoltà per gli Stati membri di applicare sulle strade urbane oneri destinati espressamente a ridurre la congestione o a combattere l’impatto ambientale negli agglomerati urbani.

La proposta, che segue la procedura legislativa ordinaria, è stata esaminata in prima lettura dal Parlamento europeo l’11 marzo 2009. Il 15 ottobre 2010 il Consiglio dovrebbe raggiungere l’accordo politico in vista della posizione comune che verrà adottata in una delle sessioni successive.

 


 

Articolo 15, commi 6–6-quinquies
(Aumento delle basi di calcolo dei sovracanoni e altre norme riguardanti le concessioni di grandi derivazioni d’acqua per uso idroelettrico)

 


6. Per i comuni e i consorzi dei bacini imbriferi montani, a decorrere dal 1o gennaio 2010, le basi di calcolo dei sovracanoni previsti agli articoli 1 e 2 della legge 22 dicembre 1980, n. 925, per le concessioni di grande derivazione di acqua per uso idroelettrico, sono fissate rispettivamente in 28,00 euro e 7,00 euro, fermo restando per gli anni a seguire l'aggiornamento biennale previsto dall'articolo 3 della medesima legge n. 925 del 1980 alle date dalla stessa previste.

6-bis. Al primo comma dell'articolo 3 della legge 27 dicembre 1953, n. 959, le parole: «, e fino alla concorrenza di esso,» sono soppresse.

6-ter. All'articolo 12 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) al comma 1 dopo le parole: «avendo particolare riguardo ad un'offerta di miglioramento e risana­mento ambientale del bacino idrogra­fico di pertinenza e di aumento dell'energia prodotta o della potenza installata» sono aggiunte le seguenti: «nonché di idonee misure di compensa­zione territoriale»;

     b) dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. Al fine di consentire il rispetto del termine per l'indizione delle gare e garantire un equo indennizzo agli operatori economici per gli investimenti effettuati ai sensi dell'articolo 1, comma 485, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, le concessioni di cui al comma 1 sono prorogate di cinque anni»;

     c) il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, determina, con proprio provvedimento ed entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, i requisiti organizzativi e finanziari minimi, i parametri ed i termini concernenti la procedura di gara in conformità a quanto previsto al comma 1, tenendo conto dell'interesse strategico degli impianti alimentati da fonti rinnovabili e del contributo degli impianti idroelettrici alla copertura della domanda e dei picchi di consumo»;

     d) il comma 8 è sostituito dal seguente:

«8. In attuazione di quanto previsto dall'articolo 44, secondo comma, della Costituzione, e allo scopo di consentire la sperimentazione di forme di compartecipazione territoriale nella gestione, le concessioni di grande deri­vazione d'acqua per uso idroelettrico in vigore, anche per effetto del comma 7 del presente articolo, alla data del 31 dicembre 2010, ricadenti in tutto o in parte nei territori delle province individuate mediante i criteri di cui all'articolo 1, comma 153, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, le quali siano conferite dai titolari, anteriormente alla pubblicazione del relativo bando di indizione della gara di cui al comma 1 del presente articolo, a società per azioni a composizione mista pubblico-privata partecipate nella misura complessiva minima del 30 per cento e massima del 40 per cento del capitale sociale dalle province individuate nel presente comma e/o da società controllate dalle medesime, fermo in tal caso l'obbligo di individuare gli eventuali soci delle società a controllo provinciale mediante procedure competitive, sono prorogate a condizioni immutate per un periodo di anni sette, decorrenti dal termine della concessione quale risultante dall'appli­cazione delle proroghe di cui al comma 1-bis. La partecipazione delle predette province nelle società a composizione mista previste dal presente comma non può comportare maggiori oneri per la finanza pubblica»;

     e) dopo il comma 8 è inserito il seguente:

«8-bis. Qualora alla data di scadenza di una concessione non sia ancora con­cluso il procedimento per l'individua­zione del nuovo concessionario, il concessionario uscente proseguirà la gestione della derivazione, fino al subentro dell'aggiudicatario della gara, alle stesse condizioni stabilite dalle normative e dal disciplinare di conces­sione vigenti. Nel caso in cui in tale periodo si rendano necessari interventi eccedenti l'ordinaria manutenzione, si applica il disposto di cui all'articolo 26 del testo unico di cui al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775»;

     f) dopo il comma 10 è inserito il seguente:

«10-bis. Le concessioni di grande derivazione ad uso idroelettrico ed i relativi impianti, che sono disciplinati da convenzioni internazionali, riman-gono soggetti esclusivamente alla legislazione dello Stato, anche ai fini della ratifica di ogni eventuale accordo internazionale integrativo o modificati­vo del regime di tali concessioni».

6-quater. Le disposizioni dei commi 6, 6-bis e 6-ter del presente articolo si applicano fino all'adozione di diverse disposizioni legislative da parte delle regioni, per quanto di loro competenza.

6-quinquies. Le somme incassate dai comuni e dallo Stato, versate dai concessionari delle grandi derivazioni idroelettriche, antecedentemente alla sentenza della Corte Costituzionale n. 1 del 14-18 gennaio 2008, sono definitivamente trattenute dagli stessi comuni e dallo Stato.


 

 

Il Senato ha modificato il comma 6 dell'articolo 15 del decreto-legge in esame ed ha introdotto i commi da 6-bis a 6-quinquies, in materia di concessioni di derivazione di acqua per uso idroelettrico.

Il comma 6, come modificato, prevede, a decorrere dal 1° gennaio 2010, per i comuni e i consorzi dei bacini imbriferi montani, un aumento delle basi di calcolo dei sovracanoni per le concessioni di grandi derivazioni di acqua per uso idroelettrico, previsti agli articoli 1 e 2 della legge 22 dicembre 1980, n. 925 (Nuove norme relative ai sovracanoni in tema di concessioni di derivazioni d'acqua per produzione di forza motrice).

Si ricorda che, ai sensi del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775 (Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici) sono considerate grandi derivazioni quelle che, per produzione di forza motrice, eccedono il limite di potenza nominale media annua di 3.000 kW.

Le nuove basi di calcolo previste dal comma in esame sono fissate, fermo restando per gli anni a seguire l’aggiornamento biennale previsto dall’art. 3 della citata legge 925/1980:

§       a 28 euro per il sovracanone di cui all’art. 1 della L. 925/1980, cui sono soggetti i concessionari di grandi derivazioni d'acqua per produzione di forza motrice con potenza nominale media superiore a 220 KW, le cui opere di presa (ai sensi dell'ottavo comma dell'art. 1 della L. 959/1953 richiamato dal citato art. 1 della L. 925/1980) siano situate in tutto o in parte nell'ambito del perimetro imbrifero montano.

Si ricorda che la misura del citato sovracanone annuo è stata fissato da ultimo, per il biennio 1° gennaio 2010-31 dicembre 2011, in euro 21,08 per ogni kW di potenza nominale media concessa o riconosciuta dal D.Dirett. 25 novembre 2009.

§       a 7 euro per il sovracanone previsto dall’art. 2 della L. 925/1980 a favore dei comuni rivieraschi e delle rispettive province, a carico del concessionario, per ogni kW nominale concesso.

Si ricorda che la misura di tale sovracanone è stata prima aggiornata dal comma 10 dell'art. 31 della legge finanziaria per il 2003 (L. 289/2002), che le ha fissate a 4,50 euro a decorrere dal 1° gennaio 2003. Successivamente, gli aggiornamenti della misura sono stati effettuati con decreti del direttore dell'Agenzia del demanio: l'ultima revisione, effettuata con D. Dirett. 20 gennaio 2010, prevede che la misura del sovracanone sia elevata per il periodo 2010-2011 a 5,27 euro per ogni kW di potenza nominale media concessa o riconosciuta per derivazioni d'acqua, a scopo di produzione di energia elettrica, con potenza nominale superiore a 220 kW.

 

Il comma 6-bis novella il primo comma dell'articolo 3 della citata legge n. 959 del 1953. Il testo risultante dalla modifica prevede la possibilità, per i consorzi o, in mancanza di essi, per i comuni compresi nel bacino imbrifero montano, di chiedere, in sostituzione del sovracanone previsto, la fornitura diretta di energia elettrica, eliminando il limite della concorrenza del sovracanone stesso.

Si ricorda che la legge n. 959 del 27 dicembre 1953 recante Norme modificatrici del T.U. delle leggi sulle acque e sugli impianti elettrici, all’articolo 1, ottavo comma, ha introdotto l’obbligo di pagamento di un sovracanone annuo a carico dei i produttori di energia idroelettrica, le cui opere di presa siano situate in tutto o in parte nell’ambito del perimetro imbrifero montano. I Comuni che in tutto o in parte sono compresi in ciascun bacino imbrifero si costituiscono in consorzio obbligatorio qualora ne facciano domanda non meno di tre quinti di essi, per la gestione delle entrate dovute al sovracanone versato dai concessionari di derivazioni d'acqua pubblica per la produzione di forza motrice, che hanno opere di presa all'interno del bacino imbrifero montano (art. 1, secondo comma). L’articolo 1 della legge ha disposto, inoltre, che i comuni già rivieraschi e quei comuni che in conseguenza di nuove opere vengano a rivestire i caratteri di comuni rivieraschi ai sensi dell’articolo 52 del TU approvato con RD n. 1775/1933 (Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici), fanno parte di diritto del bacino imbrifero, anche se non vengono inclusi nel perimetro del bacino imbrifero stesso (quinto comma).

L’articolo 3 della legge ha inoltre previsto che i consorzi destinatari dell’indennizzo possano scegliere, in sostituzione del sovracanone, e fino alla concorrenza di esso, la fornitura diretta di energia elettrica (400 kWh per Kw di potenza nominale media, in centrale ad alta tensione, e 300 kWh per Kw di potenza nominale media, in cabina di trasformazione a bassa tensione).

Si ricorda che i bacini imbriferi montani, stabiliti e perimetrati per decreto del Ministero dei lavori pubblici (soppresso dal D.Lgs. 300/1999 e attualmente accorpato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti), sono quell'insieme di territori le cui acque confluiscono in un fiume o in un lago. E’ stabilito inoltre che, nel caso della costituzione di Consorzio, il sovracanone è attribuito ad un fondo comune, a disposizione del consorzio o dei consorzi compresi nel perimetro interessato, il quale fondo è impiegato esclusivamente a favore del progresso economico e sociale delle popolazioni, nonché ad opere di sistemazione montana che non siano di competenza dello Stato (art. 1, quattordicesimo comma).

 

Il comma 6-ter novella l'articolo 12 del D.Lgs. 79/1999[6], riguardante le concessioni idroelettriche, modificandone i commi 1, 2 e 8 ed introducendo i commi 1-bis, 8-bis e 10-bis.

Si ricorda che l’articolo 12 del D.Lgs. 79/1999 (c.d. decreto Bersani), di liberalizzazione del settore elettrico - già modificato dalla L. 266/2005 (finanziaria 2006) che ai commi 483-492 ha novellano la disciplina delle concessioni idroelettriche generalizzando, rispetto alla disciplina previgente, la gara ad evidenza pubblica quale procedura di assegnazione delle concessioni di grande derivazione d’acqua per uso idroelettrico – ai commi 1 e 2, oggetto di modifica da parte della norma in esame, prevede l’indizione di una gara ad evidenza pubblica da parte dell’amministrazione competente per l’attribuzione a titolo oneroso della concessione per un periodo trentennale, cinque anni prima dello scadere della concessione e nei casi di decadenza, rinuncia, revoca e laddove l’amministrazione competente non ritenga sussistere un prevalente interesse pubblico ad un uso diverso delle acque, in tutto o in parte incompatibile con il mantenimento dell’uso a fine idroelettrico. La gara viene indetta nel rispetto della normativa vigente e dei principi fondamentali di tutela della concorrenza, libertà di stabilimento, trasparenza e non discriminazione. L’amministrazione deve tener conto dell’offerta di miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza e di aumento dell’energia prodotta o della potenza installata. Restano ferme le condizioni di compatibilità della concessione, come enunciate dal comma 4 dell’articolo 12. Il comma 8 dispone che per le concessioni la cui scadenza sia fissata a dopo il 31 dicembre 2010 si applichino i termini di scadenza stabiliti nell'atto di concessione.

 

Di seguito si illustrano le modifiche apportate dal comma 6-ter all’articolo 12 del D.Lgs. 79/1999:

§       modifica al comma 1 dell’art. 12 cit. che aggiunge ai criteri già previsti (offerta di miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza e aumento dell'energia prodotta o della potenza installata), in base ai quali viene indetta una gara ad evidenza pubblica, per l'attribuzione a titolo oneroso della concessione di grande derivazione d'acqua per un periodo di durata trentennale, anche quello della presenza di idonee misure di compensazione territoriale.

§      introduzione del comma 1-bisall'articolo 12 che proroga di cinque anni le concessioni di grande derivazione d'acqua per uso idroelettrico, al fine di consentire il rispetto dell'indizione delle gare e di garantire un equo indennizzo agli operatori economici per gli investimenti effettuati ai sensi dell'articolo 1, comma 485, della legge finanziaria 2006.

Il citato comma 485 ha previsto la proroga di dieci anni, rispetto alle pertinenti scadenze, di tutte le grandi concessioni di derivazione idroelettrica in corso alla data di entrata in vigore della legge finanziaria, a condizione che fossero effettuati interventi di ammodernamento degli impianti conformi alle indicazioni riportate al successivo comma 487, che definiva i criteri in base ai quali si doveva far luogo alla valutazione di congruità degli interventi di ammodernamento degli impianti.

Sull'argomento è intervenuta la Corte Costituzionale, con sentenza n. 1 del 2008, dichiarando l’illegittimità del citato comma 485, considerato lesivo delle competenze regionali, in quanto, pur riconducendo la disposizione statale censurata alla competenza concorrente in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», di cui all'art. 117, terzo comma, della Costituzione, la previsione di una proroga di dieci anni delle concessioni in atto costituisce una norma di dettaglio.

§       sostituzione dell'intero comma 2 dell’art. 12 cit, che introduce il termine di sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge per l'adozione, da parte del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di apposito provvedimento con il quale vengono determinati i requisiti organizzativi e finanziari minimi, i parametri ed i termini concernenti la procedura di gara di cui al comma 1 dello stesso art. 12.

Rispetto al testo vigente, per l’emanazione del provvedimento interministeriale, adottato di concerto dai Ministri dell’ambiente e dello sviluppo economico, non viene più richiesto il parere del gestore della rete di trasmissione nazionale, ma la previa intesa della Conferenza unificata. Nel nuovo testo del comma 2 sono inoltre specificati ulteriori criteri da osservare nell’adozione del citato provvedimento. Viene infatti previsto che si tenga conto dell'interesse strategico degli impianti alimentati da fonti rinnovabili e del contributo degli impianti idroelettrici alla copertura della domanda e dei picchi di consumo.

§       sostituzione del comma 8. Il comma riformulato proroga, a condizioni immutate, di ulteriori sette anni, oltre il termine di cinque già previsto dal comma 1-bis introdotto dall'emendamento in esame, le concessioni per uso idroelettrico in vigoreal 31 dicembre 2010, conferite dai titolari, anteriormente alla pubblicazione del bando di indizione della gara, a società per azioni a composizione mista pubblico-privata partecipate nella misura complessiva minima del 30% e massima del 40% del capitale sociale dalle province e/o da società controllate dalle medesime, fermo in tal caso l'obbligo di individuare gli eventuali soci delle società a controllo provinciale mediante procedure competitive. La partecipazione delle predette province nelle società a composizione mista previste dal presente comma non può comportare maggiori oneri per la finanza pubblica.

La norma in commento, attuativa dell’art. 44 Cost[7]. e finalizzata a consentire la sperimentazione di forme di compartecipazione territoriale nella gestione, si applica (secondo quanto indicato dalla disposizione stessa) alle concessioni ricadenti in tutto o in parte nei territori delle province individuate mediante i criteri di cui all'art. 1, comma 153, della L. 296/2006 (finanziaria 2007). Relativamente alla vigenza delle concessioni per le quali è prevista la proroga, la norma in esame si applica anche alle concessioni in vigore per effetto del comma 7 dell’art. 12, il quale ha prorogato le concessioni scadute o in scadenza entro il 31 dicembre 2010 fino a tale ultima data.

Si ricorda che il citato comma 153 ha demandato ad apposito DM economia e finanze l’individuazione delle province alle quali può essere assegnata, nel limite di spesa di 8 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007-2009 e (ai sensi dell’art. 2, comma 40, della L. 191/2009) 2010, la diretta riscossione dell'addizionale sul consumo di energia elettrica concernente i consumi relativi a forniture con potenza impegnata superiore a 200 kW, in deroga alle disposizioni di cui all'art. 6 del D.L. 511/1988 (convertito dalla L. 20/1989), per le province confinanti con le province autonome di Trento e di Bolzano, per quelle confinanti con la Confederazione elvetica e per quelle nelle quali oltre il sessanta per cento dei comuni ricade nella zona climatica F prevista dal D.P.R. 412/1993, con priorità per le province in possesso di almeno 2 dei predetti parametri.

§       aggiunta del nuovo comma 8-biscon il quale si prevede che il concessionario uscente, qualora alla data di scadenza di una concessione non sia ancora concluso il procedimento per l'individuazione del nuovo concessionario, debba proseguire la gestione della derivazione fino al subentro dell’aggiudicatario della gara, alle stesse condizioni stabilite dalle normative e dal disciplinare di concessione vigente. Nel caso in cui in tale periodo si rendano necessari interventi eccedenti l'ordinaria manutenzione, si applica quanto previsto dall'articolo 26 del RD n. 1775 del 1933, in base al quale il Ministro delle infrastrutture può ordinare l'esecuzione di quanto è necessario per la piena efficienza e per il normale sviluppo degli impianti, stabilendo che l'onere eccedente l'ordinaria manutenzione debba essere sostenuto dallo Stato in quanto non ammortizzabile nell'ultimo quinquennio.

§       aggiunta del nuovo comma 10-bis cheprecisa, infine, che le concessioni di grande derivazione ad uso idroelettrico ed i relativi impianti, che sono disciplinati da convenzioni internazionali, sono soggetti esclusivamente alla legislazione dello Stato, anche ai fini della ratifica di ogni eventuale accordo internazionale integrativo o modificativo del regime di tali concessioni.

 

Il comma 6-quater dispone che quanto previsto dai precedenti commi si applichi fino all'adozione di diverse disposizioni legislative da parte delle regioni, per quanto di loro competenza.

Si ricorda che la competenza al rilascio delle concessioni di derivazione di acqua per uso idroelettrico è stata conferita alle Regioni e alle Province autonome dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, dal D.Lgs. 16 marzo 1999, n. 79 e dal D.Lgs. 7 novembre 2006, n. 289 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione autonoma Trentino Alto Adige/Sudtirol, recanti modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 1977, n. 235, in materia di concessioni di grandi derivazioni d'acqua a scopo idroelettrico).

 

Il comma 6-quinquies consente di garantire i canoni già incassati dai comuni e dallo Stato per le precedenti concessioni, le cui proroghe furono annullate dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 1 del 2008 di cui sopra.

 

Sulle implicazioni della citata sentenza n. 1/2008 si veda anche la risposta del Governo all’interrogazione 4-00924 Biancofiore[8].

 

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo non ascrive effetti alla norma.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento presentato al Senato, oltre a riproporre il contenuto delle norme modificate o introdotte, afferma che:

§      con riferimento alle modifiche apportate al comma 6, le basi di calcolo dei sovracanoni dovuti dai concessionari di grandi derivazioni d’acqua per uso idroelettrico a comuni e consorzi imbriferi montani, sono determinati rispettivamente nella misura di 28 euro e 7 euro. La RT ricorda altresì che il decreto direttoriale 25 novembre 2009 prevedeva per il biennio 2010-2011 l’importo di 21,08 euro;

§      con riferimento al comma 6-quinquies, le somme versate dai concessionario e incassate dai comuni e dallo Stato vengono trattenute dai suddetti enti, in modo da evitare l’insorgere di effetti negativi per la finanza pubblica.

 

In merito ai profili di quantificazione, con riferimento al comma 6, relativo alle basi di calcolo per il sovracanone dovuto dai concessionari ai comuni e ai consorzi dei bacini imbriferi, fissati dal 1° gennaio 2010 rispettivamente in 28 euro per i comuni e in 7 euro per i consorzi imbriferi montani, la relazione tecnica riferita al maxiemendamento non consente di quantificare la portata finanziaria degli aumenti previsti per gli enti interessati (da euro 21,08 a euro 28 per i comuni e da euro 5,27 a euro 7 per i comuni imbriferi).

Riguardo al comma 6-ter, lettere b) e d), che reca proroghe delle concessioni di derivazione idroelettrica, si osserva in linea generale che tale differimento non sembra comportare immediati riflessi finanziari a carico del bilancio pubblico. Tuttavia, tali proroghe sottraggono le concessioni all’ottica concorrenziale derivante dal ricorso a procedure di evidenza pubblica. In proposito, pare opportuno acquisire chiarimenti da parte del Governo circa i possibili riflessi finanziari relativi ai bilanci degli enti interessati dalle concessioni in esame e la compatibilità delle proroghe con la normativa europea in materia.


 

Articolo 15, comma 6-sexies
(Autovie venete)

 


6-sexies. All'articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, dopo il comma 289, è inserito il seguente:

«289-bis. Fino al 31 marzo 2017, l'ANAS Spa continua ad essere titolare delle funzioni e dei poteri di soggetto concedente e aggiudicatore, relativa­mente all'infrastruttura autostradale in concessione ad Autovie Venete Spa (A4 Venezia-Trieste, A28 Portogruaro-Pordenone- Conegliano e il raccordo autostradale Villesse-Gorizia). A partire dal 1o aprile 2017, le medesime funzioni e i medesimi poteri sono trasferiti, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da ANAS Spa ad un soggetto di diritto pubblico che subentra in tutti i diritti attivi e passivi inerenti alle funzioni e ai poteri di soggetto concedente e aggiudicatore e che viene appositamente costituito in forma societaria e partecipato dalla stessa ANAS Spa e dalle regioni Veneto e Friuli-Venezia Giulia o da soggetti da esse interamente partecipati».


 

 

Il comma 6-sexies dell’articolo 15, inserito durante l’iter al Senato, introduce, tramite un comma aggiuntivo 289-bis all’art. 2 della L. 244/2007 (finanziaria 2008), speciali disposizioni in merito alle seguenti infrastrutture autostradali che l’Anas S.p.A. ha affidato in concessione ad Autovie Venete S.p.A.:

§       A4 Venezia-Trieste;

§       A28 Portogruaro-Pordenone-Conegliano;

§       raccordo autostradale Villesse-Gorizia.

 

Per tali infrastrutture, la titolarità delle funzioni e dei poteri di soggetto concedente e aggiudicatore:

§      fino al 31 marzo 2017 continua ad essere dell’Anas;

§      dal 1° aprile 2017 è trasferita, mediante D.M. infrastrutture e trasporti, ad un soggetto di diritto pubblico che subentra in tutti i diritti attivi e passivi inerenti le funzioni e i poteri di soggetto concedente e aggiudicatore e che viene appositamente costituito in forma societaria e partecipato dalla stessa Anas e dalle regioni Veneto e Friuli o da soggetti da esse interamente partecipati'.

 

Il comma in esame declina legislativamente per le infrastrutture autostradali citate, le disposizioni relative al cd. federalismo infrastrutturale che il comma 289 della citata L. 244/2007 ha previsto in via generale.

 

Si ricorda che con il comma 289 dell’art. 2 della legge n. 244/2007 (legge finanziaria 2008), è stato introdotto nell’ordinamento nazionale il cd. federalismo infrastrutturale per la realizzazione di infrastrutture autostradali di esclusivo interesse regionale previste dagli strumenti di programmazione vigenti.

In applicazione delle citate disposizioni introdotte con le leggi finanziarie 2007 e 2008, sono state costituite apposite società in Molise, Veneto, Lazio, Lombardia e Piemonte.

Relativamente al Veneto, nella recente relazione della Corte dei conti sulla gestione finanziaria dell’Anas per l’esercizio 2008[9], si legge che “in data 1° marzo 2008 è stata costituita una specifica società mista tra ANAS e la Regione Veneto denominata Autostrade per il Veneto Spa, con una dotazione iniziale di 805 milioni di euro, finalizzata, quale concessionaria, allo svolgimento delle attività di sola gestione del raccordo stradale di collegamento tra i tronchi Venezia-Padova e Venezia-Trieste dell’Autostrada A4 (cd. Passante di Mestre).

Successivamente, l’articolo 3-ter del D.L. 135/2009 ha limitato la costituzione di società miste Anas-regioni alla sola realizzazione di infrastrutture autostradali di esclusivo interesse regionale nonché alle sole funzioni di concedente escludendo quelle di concessionario, ridimensionando, di fatto, le predette norme della legge finanziaria 2008. Il comma 2 ha fatto peraltro salvi i poteri e le funzioni conferite ai soggetti pubblici già costituiti alla data di entrata in vigore della legge di conversione, per i quali trova applicazione il testo previgente del citato comma 289. In tal modo sono fatti salvi anche i poteri di concessionario attribuiti alla citata società per azioni costituita pariteticamente tra l’Anas Spa e la Regione Veneto, dal comma 290 dell’art. 2 della legge n. 244/2007.

 

Profili finanziari

Per quanto concerne i profili finanziari inerenti la disposizione in esame, si rinvia alla scheda di lettura relativa all’articolo 15, commi 1-5.

 


 

Articolo 16
(Costituzione di un Fondo nello stato di previsione dell’economia e delle finanze per la riassegnazione delle maggiore entrate derivanti da utili e dividendi da partecipazione in enti pubblici non compresi nel conto consolidato della PA che eccedano l’ammontare iscritto nel bilancio di previsione degli anni 2011 e 2012)

 


1. Le maggiori entrate che si dovessero realizzare negli anni 2011 e 2012 per utili e dividendi non derivanti da distribuzione riserve, versati all'entrata del bilancio dello Stato da società partecipate e istituti di diritto pubblico non compresi nel settore istituzionale delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, eccedenti l'ammontare iscritto nel bilancio di previsione dei corrispondenti anni e considerate nei saldi di finanza pubblica, sono riassegnate, fino all'importo massimo di 500 milioni di Euro, ad un apposito Fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'Economia e delle Finanze per essere prioritariamente utilizzate per concorrere agli oneri relativi al pagamento degli interessi sul debito pubblico; per l'eventuale restante parte le somme sono riassegnate al Fondo di ammortamento dei titoli di Stato.

2. Con decreto del Ministro dell'Economia e delle finanze sono stabilite le modalità di utilizzo delle somme affluite nel Fondo di cui al comma 1.

3. L'attuazione del presente articolo non deve comportare un peggioramento dei saldi programmatici di finanza pubblica concordati in sede europea.


 

 

L’articolo 16 prevede la riassegnazione, fino all’importo massimo di 500 milioni di euro, ad un apposito Fondo costituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, delle maggiori entrate del bilancio dello Stato derivanti da utili e dividendi da partecipazione in società o istituti di diritto pubblico non compresi nel settore delle amministrazioni pubbliche, che eccedano l'ammontare iscritto nel bilancio di previsione per gli anni 2011 e 2012 e che siano già considerate nei tendenziali dei saldi di finanza pubblica.

La destinazione al predetto Fondo è finalizzata, prioritariamente, a concorrere agli oneri relativi al pagamento degli interessi sul debito pubblico e, per l'eventuale restante parte, le somme sono riassegnate al Fondo di ammortamento dei titoli di Stato.

Si ricorda che il Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato è stato istituito dalla legge n. 432 del 1993[10] con l’obiettivo di destinare i proventi delle operazioni di privatizzazione alla riduzione del debito pubblico. Attualmente il Fondo è disciplinato dal Capo III del Titolo I (artt. 44-52) del D.Lgs n. 398 del 2003, recante il Testo unico delle disposizioni legislative in materia di debito pubblico.

 

Le amministrazioni pubbliche in oggetto non devono essere ricomprese nel settore istituzionale delle amministrazioni pubbliche individuate all’articolo 1, comma 3, della legge n. 196 del 2009, vale a dire gli enti pubblici rientranti nel conto consolidato della pubblica amministrazione redatto annualmente dall’ISTAT (elenco del c.d. settore S13).

 

Si ricorda che l’ultimo elenco disponibile è stato redatto dall’ISTAT in data 31 luglio 2009 ed è in corso di redazione per il nuovo rilascio in data 31 luglio 2010. La compilazione di tale elenco risponde a norme classificatorie proprie del sistema statistico nazionale e comunitario. Secondo il SEC95, ogni unità istituzionale viene classificata nel Settore S13 sulla base di criteri di natura prevalentemente economica, indipendentemente dal regime giuridico che la governa[11]. Seguendo tali criteri, le unità classificate nel settore istituzionale delle amministrazioni Pubbliche sono a) gli organismi pubbliciche gestiscono e finanziano attività che consistono principalmente nel fornire alla collettività beni e servizi non destinabili alla vendita; b) le istituzioni senza scopo di lucroche agiscono da produttori di beni e servizi non destinabili alla vendita, che sono controllate e finanziate in prevalenza da amministrazioni pubbliche; c) gli enti di previdenza. Da una ricerca dell’Assonime[12], complessivamente, le società a partecipazione pubblica sarebbero più di 5000, nell'ambito delle quali circa 400 a partecipazione diretta o indiretta dello Stato (attraverso il Ministero dell'economia e delle finanze).

 

Tali maggiori entrate, che vengono versate all’entrata del bilancio dello Stato, non devono derivare da utili e dividendi distribuiti a titolo di riserva.

 

Il comma 2 attribuiscead un decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze il compito di determinare le modalità di utilizzo delle somme affluite nel predetto Fondo di cui al comma 1.

 

Il comma 3, infine, specifica infine che dall’attuazione della normativa introdotta non debbano scaturire effetti di peggioramento dei saldi programmatici di finanza pubblica concordati in sede europea.

 

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo, riferito al testo originario, non ascrivealla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica, riferita al testo originario, richiamando il contenuto della disposizione - che prevede, per il 2011 e il 2012, l’utilizzo delle eventuali maggiori entrate da dividendi dalle società partecipate, eccedenti rispetto all'ammontare iscritto nel bilancio di previsione, al fine prioritario[13] di concorrere al pagamento degli interessi sul debito pubblico, nonché ai fini dell’ammortamento del debito stesso – afferma che la stessa non incide sostanzialmente sui saldi di finanza pubblica.

 

Nulla da osservare in merito ai profili di quantificazione.

 


 

Articolo 17
(Autorizzazione per il Ministero dell’economia e delle finanze al fine di assicurare la partecipazione dell’Italia, per una spesa massima di 20 milioni di euro per l’anno 2010, al capitale della società da costituire insieme agli altri Stati membri dell’UEM per la salvaguardia della stabilità finanziaria dell’euro)

 


1. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad assicurare la partecipazione della Repubblica Italiana al capitale sociale della società che verrà costituita insieme agli altri Stati membri dell'area euro, in conformità con le Conclusioni del Consiglio dell'Unione europea del 9-10 maggio 2010, al fine di assicurare la salvaguardia della stabilità finanziaria dell'area euro. A tale fine è autorizzata la spesa massima di 20 milioni di euro per l'anno 2010. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo si provvede con quota parte delle maggiori entrate derivanti dal presente provvedimento.

2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere la garanzia dello Stato sulle passività della società di cui al comma 1 emesse al fine di costituire la provvista finanziaria per concedere prestiti agli Stati membri dell'area euro in conformità con le Conclusioni del Consiglio dell'Unione europea del 9-10 maggio 2010 e le conseguenti decisioni che verranno assunte all'unanimità degli Stati membri dell'area euro. Agli eventuali oneri si provvede con le medesime modalità di cui all'articolo 2, comma 2 del decreto-legge 10 maggio 2010, n. 67. La predetta garanzia dello Stato sarà elencata, unitamente alle altre per le quali non è previsto il prelevamento dal fondo di riserva di cui all'articolo 26 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in apposito allegato dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze distinto da quello già previsto dall'articolo 31 della medesima legge.


 

 

Il comma 1 dell’articolo in esame autorizza il Ministero dell’economia e delle finanze ad assicurare la partecipazione dell’Italia, per una spesa massima di 20 milioni di euro per l’anno 2010, al capitale sociale della società che dovrà essere costituita insieme agli altri Stati membri dell’area euro per la salvaguardia della stabilità finanziaria dell’euro, in conformità con le conclusioni del Consiglio dell’Unione europea del 9-10 maggio 2010.

Ai suddetti oneri si provvede con quota parte delle maggiori entrate recate dal provvedimento in esame.

 

Si ricorda al riguardo che il Consiglio ECOFIN del 9 maggio 2010 ha previsto un pacchetto di misure volte a preservare la stabilità finanziaria nell’UE di ammontare complessivo pari ad un massimo di 500 miliardi di euro.

In primo luogo, il Consiglio ECOFIN ha adottato, sulla base di una proposta della Commissione, un regolamento che istituisce un meccanismo europeo di stabilizzazione. Il regolamento è fondato sull'art. 122, paragrafo 2 del Trattato sul funzionamento dell’UE, in base al quale "qualora uno Stato membro si trovi in difficoltà o sia seriamente minacciato da gravi difficoltà a causa di calamità naturali o di circostanze eccezionali che sfuggono al suo controllo, il Consiglio, su proposta della Commissione, può concedere a determinate condizioni un'assistenza finanziaria dell'Unione allo Stato membro interessato. Il Presidente del Consiglio informa il Parlamento europeo in merito alla decisione presa”. Il predetto regolamento non fissa espressamente la dotazione finanziaria del meccanismo. Al riguardo, le conclusioni del Consiglio ECOFIN si limitano a precisare che esso dovrebbe consentire l’attivazione di risorse fino a 60 miliardi di euro. L’attivazione del meccanismo sarà soggetta a termini e condizioni simili a quelle dell'assistenza finanziaria erogata dal FMI[14].

In aggiunta al meccanismo di stabilizzazione sopra richiamato, i rappresentanti degli Stati membri della zona euro hanno adottato una decisione, che non presenta la natura di atto giuridico dell’UE in senso stretto, che li impegna a rendere disponibili, ove necessario, ulteriori risorse mediante l'istituzione di una società speciale (special purpose vehicle)[15].

 

Il comma 2 autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze a concedere la garanzia dello Stato sulle passività della suddetta società dirette a costituire la provvista finanziaria per la concessione di prestiti agli Stati dell’area euro.

A copertura degli eventuali oneri che, come sottolinea la relazione tecnica, presentano una natura eccezionale, si provvede con emissione di titoli di stato a medio-lungo termine, analogamente a quanto previsto dall’articolo 2, comma 2, del decreto-legge n. 67 del 2010[16], recante disposizioni urgenti per la salvaguardia della stabilità finanziaria dell'area euro.

Si ricorda che, al fine di dare attuazione, per la parte relativa all’Italia, al meccanismo di stabilizzazione previsto dal Consiglio ECOFIN del 9 maggio 2010, il citato DL. n. 67 del 2010 ha autorizzato l’erogazione di prestiti in favore della Grecia, in ottemperanza al programma triennale di sostegno finanziario, fino al limite massimo complessivo di 14,8 miliardi di euro, a condizioni conformi a quelle definite a livello europeo. Ai sensi dell'articolo 2, comma 2, le risorse per finanziare le operazioni di prestito sono reperite mediante emissioni di titoli di Stato a medio-lungo termine. Qualora non sia possibile procedere all'erogazione dei prestiti nei termini concordati con le ordinarie procedure di gestione dei pagamenti, è autorizzato il ricorso ad anticipazioni di tesoreria regolate entro il termine di novanta giorni dal pagamento.

 

È altresì previsto che la suddetta garanzia venga elencata in apposito allegato dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze distinto da quello già previsto dall’articolo 31 della legge n. 196 del 2009, assieme alle altre per le quali non è previsto il prelevamento dal fondo di riserva.

La legge n. 196 del 2009 di contabilità generale prevede, all'articolo 31, che in allegato allo stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze siano elencate le garanzie principali e sussidiarie prestate dallo Stato a favore di enti o altri soggetti. Il fondo di riserva per le spese obbligatorie è invece istituito, ai sensi dell'articolo 26 della stessa legge, nello stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze, nella parte corrente, con una dotazione determinata, con apposito articolo, dalla legge di approvazione del bilancio.

La norma appare conseguente, come precisato dalla relazione tecnica, alla necessità di fornire una speciale copertura agli oneri sottesi, in quanto le garanzie assumono un carattere politico e non sarebbe pertanto possibile ricorrere all’usuale metodologia che presupporrebbe il prelevamento dal fondo di riserva per le spese obbligatorie, considerato altresì l’elevato ordine di grandezza dell’eventuale effetto finanziario negativo connesso al rischio di escussione.

 

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo , allegato al testo originario del provvedimento, ascrive alla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Maggiori spese in conto capitale

20

-

-

-

20

-

-

-

-

-

-

-

 

La relazione tecnica allegata al testo originario descrive il contenuto della norme, evidenziando che l’onere di 20 milioni per il 2010 deriva dalla necessità di assicurare la partecipazione italiana al capitale sociale della società da costituire, al fine di assicurare la salvaguardia della stabilità finanziaria dell’area dell’euro. La relazione afferma altresì che la garanzia dello Stato sulle passività delle società per costituire la provvista finanziaria necessaria alla concessione di prestiti agli Stati membri sarà inserita in un elenco distinto da quello già previsto dall'articolo 31 della legge n. 196 del 2006. Si tratta di un elenco relativo alle garanzie di tipo “politico”, per le quali non appare plausibile il ricorso alla usuale metodologia di copertura, attraverso il prelevamento dal fondo di riserva per le spese obbligatorie, atteso l'elevato ordine di grandezza dell'eventuale onere connesso al rischio di escussione.

 

Nel corso dell’esame presso il Senato è stato richiesto di valutare il possibile impatto del programma aggiuntivo di emissioni di titoli sulle emissioni già previste in calendario, con particolare riguardo alla possibilità di modificare il grado di collocabilità dei titoli sul mercato e determinare un eventuale peggioramento dei tassi di remunerazione da concedere. E’ stata altresì evidenziata la necessità di valutare se tale ultima circostanza possa produrre un aumento della spesa in conto interessi a carico del bilancio dello Stato che non può risultare già scontata nell'ambito degli stanziamenti a legislazione vigente.

La Nota del Governo del 17 giungo 2010, di risposta a tali osservazioni, nel rinviare a valutazioni del Dipartimento del Tesoro, ha evidenziato l’opportunità di sopprimere l’ultimo periodo del comma 1, per ragioni di coordinamento con l’articolo 55.

 

In merito ai profili di quantificazione, si osserva che la norma, per quanto attiene agli eventuali oneri  connessi alla concessione della garanzia statale sulle passività della società da costituire tra gli Stati dell’area dell’euro, fa espresso rinvio all’art. 2, comma 2, del D.L. n. 67/2010 - che autorizza l’emissione di titoli di Stato a breve-lungo termine - precisando che i relativi importi non sono computati nel limite massimo di emissione di titoli di Stato e nel livello massimo del ricorso al mercato stabiliti dai provvedimenti di finanza pubblica.

In proposito, pur rilevando il carattere eventuale e, comunque, non predeterminabile nell’ammontare degli oneri connessi alla concessione della garanzia, si osserva che il carattere presumibilmente rilevante dell’esborso connesso ad un eventuale rischio di escussione, riconosciuto dalla stessa RT, renderebbe opportuna, a fini conoscitivi, una stima, sia pur di larga massima, della possibile entità di tale spesa e del relativo impatto sul debito pubblico nonché, attraverso la spesa per interessi, sull’indebitamento netto della P.A.

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il 9 maggio 2010 i rappresentanti degli Stati membri della zona euro hanno adottato una decisione (non avente natura di atto giuridico dell’UE in senso stretto) che li impegna a rendere disponibili, ove necessario, ulteriori risorse mediante l'istituzione di una Società veicolo speciale (special purpose vehicle). La società veicolo, costituita con l'accordo dell'Eurogruppo del 7 giugno 2010, sarà garantita dagli Stati partecipanti sulla base delle quote nel capitale della BCE e potrà mettere a disposizione fino a 440 miliardi di euro, e scadrà dopo tre anni. E' prevista la partecipazione del FMI con una quota pari ad almeno la metà del contributo europeo.

 

In aggiunta a tale decisione e' stato istituito, per un periodo triennale, con Regolamento (UE) 407/2010, un meccanismo europeo di stabilizzazione, che, secondo le conclusioni del Consiglio ECOFIN - dovrebbe consentire l’attivazione di risorse fino a 60 miliardi di euro. Tale meccanismo e' soggetto a termini e condizioni simili a quelli previsti per l’erogazione dell'assistenza finanziaria da parte del FMI.

La proposta della Commissione mira in sostanza a rendere permanente il meccanismo di stabilizzazione introdotto con il regolamento (UE) 407/2010.

In particolare:

-        l'assistenza finanziaria assume la forma di un prestito o di una linea di credito garantita dagli Stati membri interessati. A tal fine, la Commissione è autorizzata, per conto dell'UE, a contrarre prestiti sul mercato dei capitali o presso le istituzioni finanziarie;

-        l'ammontare dei prestiti o delle linee di credito deve essere limitato al margine disponibile sotto la soglia prevista dal sistema delle risorse proprie per gli stanziamenti di pagamento;

-        gli Stati membri che richiedono l'assistenza dell'UE devono elaborare con la Commissione europea e la Banca centrale europea, una valutazione delle proprie esigenze finanziarie, e sottoporre alla Commissione stessa e al Comitato economico e finanziario (organo consultivo formato da rappresentanti degli Stati membri, della Commissione europea e della BCE) un programma di risanamento economico-finanziario;

-        l'assistenza finanziaria sarà concessa sulla base di una decisione del Consiglio assunta a maggioranza qualificata, su proposta della Commissione europea.

 


 

Articolo 18
(Partecipazione dei comuni all’attività di accertamento tributario e contributivo ed istituzione dei Consigli tributari)

 


1. I Comuni partecipano all'attività di accertamento fiscale e contributivo secondo le disposizioni del presente articolo, in revisione del disposto dell'articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e dell'articolo 1 del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248.

2. Ai fini della partecipazione di cui al comma 1, consistente, tra l'altro, nella segnalazione all'Agenzia delle entrate, alla Guardia di finanza e all'INPS, di elementi utili ad integrare i dati contenuti nelle dichiarazioni presentate dai contribuenti per la determinazione di maggiori imponibili fiscali e contributivi:

     a) i Comuni con popolazione superiore a cinquemila abitanti sono tenuti ad istituire, laddove non vi abbiano già provveduto, il Consiglio tributario. A tale fine, il regolamento per l'istituzione del Consiglio tributario è adottato dal Consiglio Comunale entro il termine di 90 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto;

     b) i Comuni con popolazione inferiore a cinquemila abitanti, laddove non abbiano già costituito il Consiglio tributario, sono tenuti a riunirsi in consorzio, ai sensi dell'articolo 31 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante il Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, per la successiva istituzione del Consiglio tributario. A tale fine, la relativa convenzione, unitamente allo statuto del consorzio, è adottata dai rispettivi Consigli comunali per l'approvazione entro il termine di 180 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto.

2-bis. Gli adempimenti organizzativi di cui al comma 2 sono svolti con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

3. In occasione della loro prima seduta, successiva alla data di entrata in vigore del presente decreto, i Consigli tributari deliberano in ordine alle forme di collaborazione con l'Agenzia del territorio ai fini dell'attuazione del comma 12 dell'articolo 19.

4. Al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) il secondo comma dell'articolo 44, è sostituito dal seguente:

     «L'Agenzia delle entrate mette a disposizione dei comuni le dichiarazioni di cui all'articolo 2 dei contribuenti in essi residenti; gli Uffici dell'Agenzia delle entrate, prima della emissione degli avvisi di accertamento, ai sensi dell'articolo 38, quarto comma e seguenti, inviano una segnalazione ai comuni di domicilio fiscale dei soggetti passivi.»;

     b) al terzo comma, primo periodo, dell'articolo 44, le parole da «il comune» a «segnalare» sono sostituite dalle seguenti: «il comune di domicilio fiscale del contribuente, o il consorzio al quale lo stesso partecipa, segnala», e il periodo: «A tal fine il comune può prendere visione presso gli uffici delle imposte degli allegati alle dichiarazioni già trasmessegli in copia dall'ufficio stesso.» è abrogato;

     c) il quarto comma dell'articolo 44, è sostituito dal seguente:

«Il comune di domicilio fiscale del contribuente, con riferimento agli accertamenti di cui al secondo comma, comunica entro sessanta giorni da quello del ricevimento della segnalazione ogni elemento in suo possesso utile alla determinazione del reddito complessivo.»;

     d) sono abrogati i commi quinto, sesto e settimo dell'articolo 44;

     e) l'articolo 45 è abrogato.

5. All'articolo 1 del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) il comma 1 è sostituito dal seguente: «1. Per potenziare l'azione di contrasto all'evasione fiscale e contributiva, in attuazione dei princìpi di economicità, efficienza e collaborazione amministrativa, la partecipazione dei comuni all'accertamento fiscale e contributivo è incentivata mediante il riconoscimento di una quota pari al 33 per cento delle maggiori somme relative a tributi statali riscosse a titolo definitivo nonché delle sanzioni civili applicate sui maggiori contributi riscossi a titolo definitivo, a seguito dell'intervento del comune che abbia contribuito all'accertamento stesso.»;

     b) il comma 2 è sostituito dal seguente: «2. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, emanato entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, d'intesa con l'INPS e la Conferenza unificata, sono stabilite le modalità tecniche di accesso alle banche dati e di trasmissione ai comuni, anche in via telematica, di copia delle dichiarazioni relative ai contribuenti in essi residenti, nonché quelle della partecipazione dei comuni all'accertamento fiscale e contributivo di cui al comma 1. Per le attività di supporto all'esercizio di detta funzione di esclusiva competenza comunale, i comuni possono avvalersi delle società e degli enti partecipati dai comuni stessi ovvero degli affidatari delle entrate comunali i quali, pertanto, devono garantire ai comuni l'accesso alle banche dati utilizzate. Con il medesimo provvedimento sono altresì individuate le ulteriori materie per le quali i comuni partecipano all'accertamento fiscale e contributivo; in tale ultimo caso, il provvedimento, adottato d'intesa con il direttore dell'Agenzia del territorio per i tributi di relativa competenza, può prevedere anche una applicazione graduale in relazione ai diversi tributi.»;

     c) è abrogato il comma 2-ter.

6. All'articolo 83, comma 17, ultimo periodo, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, le parole «30 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «33 per cento».

7. Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e d'intesa con la Conferenza Unificata, adottato entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono individuati i tributi su cui calcolare la quota pari al 33 per cento e le sanzioni civili spettanti ai comuni che abbiano contribuito all'accertamento, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, nonché le relative modalità di attribuzione.

8. Resta fermo il provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate di cui all'articolo 1, comma 2 del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, quanto alle modalità tecniche di accesso dei comuni alle banche dati e alle dichiarazioni relative ai contribuenti ai comuni, nonché alle modalità di partecipazione degli stessi all'accertamento fiscale e contributivo.

9. Gli importi che lo Stato riconosce ai comuni a titolo di partecipazione all'accertamento sono calcolati al netto delle somme spettanti ad altri enti ed alla Unione Europea. Sulle quote delle maggiori somme in questione che lo Stato trasferisce alle Regioni a statuto ordinario, a quelle a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano, spetta ai predetti enti riconoscere ai comuni le somme dovute a titolo di partecipazione all'accertamento.


 

 

L’articolo 18, modificato durante l’esame del provvedimento al Senato, disciplina, incentivandola, la partecipazione dei Comuni all’attività di accertamento di tributi e contributi.

Le norme in commento a tale scopo revisionano (comma 1), in particolare, le disposizioni contenute nell'articolo 44 del DPR 29 settembre 1973, n. 600[17], e nell'articolo 1 del D.L. 30 settembre 2005, n. 203[18].

Istituzione dei consigli tributari

I commi 2 e 3 disciplinano la costituzione e il funzionamento dei Consigli tributari.

Nel dettaglio il comma 2, modificato durante l’esame del provvedimento al Senato, precisando che la partecipazione dei Comuni all’accertamento consiste anche nella segnalazione all'Agenzia delle Entrate, alla Guardia di finanza e all'INPS di elementi utili ad integrare i dati contenuti nelle dichiarazioni presentate dai contribuenti, per determinare maggiori imponibili fiscali e contributivi, prescrive che:

-        i Comuni con popolazione superiore a cinquemila abitanti debbano istituire, laddove non vi abbiano già provveduto, il Consiglio tributario.

A tale fine, il regolamento per l'istituzione del Consiglio tributario è adottato dal Consiglio comunale entro 90 giorni dall’entrata in vigore del D.L. n. 78/2010 in commento;

-        i Comuni con popolazione inferiore a cinquemila abitanti, laddove non abbiano già costituito il Consiglio tributario, sono tenuti a riunirsi in consorzio, ai sensi dell'articolo 31 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante il Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, per la successiva istituzione del Consiglio tributario.

La relativa convenzione, unitamente allo statuto del consorzio, è adottata dai rispettivi Consigli comunali per l'approvazione entro 180 giorni dall'entrata in vigore del D.L. n. 78/2010 in esame.

 

Si ricorda che il decreto legislativo luogotenenziale 8 marzo 1945, n. 77 istituisce e disciplina in seno ai Comuni, tra l’altro, anche i Consigli tributari. Le disposizioni del suddetto decreto ne individuano i compiti (articolo 8), tra cui vi è quello di fornire all'Ufficio delle imposte (ora Agenzia delle Entrate) gli elementi di fatto per la identificazione e per la valutazione della materia tassabile relativamente ai singoli contribuenti, agli effetti delle imposte dirette; di fornire, a richiesta dell’Amministrazione, notizie sulla situazione generale delle singole classi di contribuenti. Sono altresì individuati i poteri di indagine del Consiglio, e si prevede che l’Amministrazione tributaria (articolo 15) proceda all'accertamento avvalendosi, oltre che degli elementi in suo possesso, di quelli forniti dal Consiglio tributario.L’articolo 44 del citato D.P.R. 600/1973, nella sua versione originaria, citava il Consiglio tributario quale organo consultivo dell’amministrazione locale. In particolare, il secondo comma disponeva che il comune di domicilio fiscale del contribuente potesse segnalare all’Amministrazione finanziaria qualsiasi integrazione degli elementi contenuti nelle dichiarazioni presentate dalle persone fisiche, avvalendosi della collaborazione del consiglio tributario, se istituito.

 

Il comma 2-bis, inserito durante l’esame del provvedimento al Senato, dispone che gli adempimenti organizzativi connessi ai predetti interventi normativi siano svolti con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

 

Il successivo comma 3 impone che detti Consigli, in occasione della loro prima seduta successiva al 31 maggio 2010 (data di entrata in vigore del decreto in esame) deliberino in ordine alle forme di collaborazione con l'Agenzia del territorio ai fini dell’attuazione del monitoraggio del territorio volto ad individuare i fabbricati non dichiarati al Catasto, ai sensi del comma 12 dell'articolo 19 del decreto in esame (cfr. relativa scheda di lettura).

Attività svolte dei Comuni in sede di accertamento dei tributi

Il comma 4 reca modifiche all’articolo 44 del citato D.P.R. n. 600 del 1973, abrogando conseguentemente il successivo articolo 45.

In particolare:

§      la lettera a)novella il secondo comma dell’articolo 44, affidando all'Agenzia delle Entrate il compito di mettere a disposizione dei comuni le dichiarazioni delle persone fisiche contribuenti in essi residenti; gli Uffici dell'Agenzia delle Entrate, prima della emissione degli avvisi di accertamento sintetico (ai sensi dell'articolo 38, quarto comma e seguenti del medesimo D.P.R. 600/1973), inviano una segnalazione ai comuni di domicilio fiscale dei soggetti passivi.

L’originaria formulazione della norma novellata prescriveva che i centri di servizio dovessero trasmettere ai comuni di domicilio fiscale dei soggetti passivi, entro il 31 dicembre dell'anno in cui fossero pervenute, le copie delle dichiarazioni presentate dalle persone fisiche. Gli uffici delle imposte dovevano trasmettere ai comuni di domicilio fiscale dei soggetti passivi, entro il 1° luglio dell'anno di scadenza del termine per l'accertamento, le proprie proposte di accertamento in rettifica o di ufficio a persone fisiche, nonché quelle relative agli accertamenti integrativi o modificativi;

§      la lettera b) novella il terzo comma dell’articolo 44 obbligando, oltre che il comune di domicilio fiscale del contribuente, anche il consorzio cui partecipa a segnalare all’Amministrazione qualsiasi integrazione degli elementi contenuti nelle dichiarazioni presentate dalle persone fisiche, indicando dati, fatti ed elementi rilevanti e fornendo ogni idonea documentazione atta a comprovarla.

Viene dunque eliminato il riferimento al Consiglio (dal momento che la sua istituzione, per effetto delle norme in commento, è resa obbligatoria) e viene eliminata la possibilità, per il Comune, di prendere visione presso gli uffici delle imposte degli allegati alle dichiarazioni già trasmesse in copia dall'ufficio stesso.

§       la lettera c) sostituisce il quarto comma dell’articolo 44, prevedendo che il Comune, con riferimento agli accertamenti segnalati dall'Agenzia delle entrate, comunichi - entro sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione - ogni elemento in suo possesso utile alla determinazione del reddito complessivo.

La disposizione previgente prevedeva che il comune, con deliberazione della giunta comunale - relativamente alle proposte di accertamento comunicate dall'ufficio delle imposte – potesse proporre l’aumento degli imponibili indicando, per ciascuna categoria di redditi, dati, fatti ed elementi rilevanti per la determinazione del maggiore imponibile e fornendo ogni idonea documentazione atta a comprovarla;

§       la lettera d) reca l’abrogazione dei quinto, sesto e settimo dell’articolo 44.

Tali commi prescrivevano che le proposte di accertamento dell'ufficio delle imposte e le proposte di aumento del comune fossero accompagnate da un elenco in duplice copia, di cui una doveva essere restituita a titolo di ricevuta all'ufficio mittente. Decorsi i termini di legge, si prevedeva che l'ufficio delle imposte provvedesse alla notificazione degli accertamenti per i quali o non fossero intervenute proposte di aumento da parte dei comuni o le proposte del comune fossero state accolte dall'ufficio stesso. Infine, il settimo comma prescriveva che le proposte di aumento non condivise dall'ufficio delle imposte fossero trasmesse all'apposita commissione operante presso ciascun ufficio, per determinare gli imponibili da accertare;

§       infine, viene abrogato (con la successiva lettera e))l’articolo 45 del DPR n. 600 del 1973, alla luce della soppressione del comma settimo dell’articolo 44.

L'articolo 45 disciplinava infatti l'attività della Commissione per l'esame delle proposte del comune.

 

Il comma 5 reca modifiche all’articolo 1 del citato D.L. n. 203 del 2005.

In particolare:

§      la lettera a), novellando il primo comma dell'articolo 1, aumenta dal 30 al 33 per cento la quota attribuita ai comuni delle maggiori somme di tributi statali – nonché delle sanzioni civili applicate suimaggiori contributi riscossi a titolo definitivo – riscossi con l'intervento dei comuni stessi nella fase di accertamento.

Le nuove norme specificano quindi che la partecipazione dei comuni all'attività di contrasto all'evasione è riferita, oltre che all'accertamento fiscale, anche a quello contributivo; inoltre, rispetto alla formulazione originaria della norma, si riconosce la medesima quota anche con riferimento alle sanzioni civili applicate sui maggiori contributi riscossi a titolo definitivo;

§      la lettera b), come modificata nel corso dell’esame del provvedimento al Senato, novella il secondo comma dell'articolo 1, che demanda a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate (da emanarsi entro quarantacinque giorni dall’entrata in vigore della disposizione in commento) la determinazione delle modalità tecniche di accesso degli enti territoriali alle banche dati e della trasmissione, anche telematica, ai Comuni di copia delle dichiarazioni relative ai contribuenti in essi residenti, nonché quelle della partecipazione dei comuni all'accertamento.

Le nuove norme specificano che il suddetto provvedimento è emanato d'intesa con l'INPS e la Conferenza unificata (in luogo dell’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali).

E’ poi previsto che per le attività di supporto all'esercizio della funzione accertativa, i comuni possono avvalersi, oltre chedelle società e degli enti partecipati dai comuni stessi, anche degli affidatari delle entrate comunali i quali, pertanto, devono garantire ai comuni l'accesso alle banche dati utilizzate.

Il medesimo provvedimento individua ulteriori materie per le quali i comuni partecipano all'accertamento fiscale (per effetto delle modifiche operate dalle norme in commento, si specifica che essi partecipino anche a ulteriori ipotesi di accertamento contributivo).

Rimane immutata la previsione secondo cui, in tale ultimo caso, il provvedimento (oltre che con la Conferenza unificata) è adottato d'intesa con il direttore dell'Agenzia del territorio per i tributi di relativa competenza, e può prevedere anche un’applicazione graduale in relazione ai diversi tributi;

§      la lettera c) abroga il comma 2-ter dell'articolo 1 del decreto legge n. 203 del 2005, concernente la trasmissione ai Comuni delle iscrizioni a ruolo.

La disposizione abrogata prevedeva che il Dipartimento delle finanze con cadenza semestrale fornisse ai comuni, anche per il tramite dell'ANCI, l'elenco delle iscrizioni a ruolo delle somme derivanti da accertamenti ai quali i comuni avessero contribuito.

 

Il comma 6 modifica l’articolo 83, comma 17, ultimo periodo, del decreto legge n. 112 del 2008[19]. Analogamente a quanto previsto dal comma 5, lettera a) dell’articolo in esame, anche tale norma aumenta dal 30 al 33 per cento la quota spettante al Comune a titolo di incentivo per il contributo offerto nella lotta all'evasione, in particolare nel contrasto all’evasione fiscale derivante dalle estero-residenze fittizie delle persone fisiche.

 

Il successivo comma 7 affidaa un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e d'intesa con la Conferenza Unificata, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione in esame l’individuazione dei tributi su cui calcolare la predetta quota del 33 per cento, le sanzioni civili spettanti ai comuni che abbiano contribuito all'accertamento, ai sensi del novellato articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 203 del 2005, nonché le relative modalità di attribuzione.

 

Il comma 8 fa salvi i provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate previsti dall’articolo 1, comma 2 del decreto legge n. 203 del 2005.

 In particolare, restano fermi:

-        il Provvedimento 3 dicembre 2007 (Gazz. Uff. 17 dicembre 2007, n. 292), che ha stabilito le modalità di partecipazione dei comuni all'attività di accertamento fiscale;

-        il Provvedimento 16 giugno 2008 (pubblicato nel sito internet dell'Agenzia delle entrate il 19 giugno 2008), con cui sono state stabilite le modalità di fruizione da parte dei Comuni delle informazioni inerenti la banca dati ipotecaria utili alla partecipazione all'attività di accertamento fiscale.

 

Il comma 9, con disposizione di chiusura, prescrive che gli importi riconosciuti ai comuni a titolo di partecipazione all'accertamento siano calcolati al netto delle somme spettanti ad altri enti ed alla Unione europea.

Inoltre, sulle quote delle maggiori somme in questione che lo Stato trasferisce alle Regioni a statuto ordinario, a quelle a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano, spetta ai predetti enti riconoscere ai comuni le somme dovute a titolo di partecipazione all'accertamento.

 

La Relazione tecnica che accompagna il disegno di legge di conversione reputa le disposizioni in commento coerenti con quanto previsto dalla legge sul federalismo fiscale (legge 5 maggio 2009, n. 42) che all’articolo 26, comma 1, lettera b) prescrive che i decreti attuativi siano adottati garantendo, tra l’altro, adeguate forme premiali in favore degli enti territoriali che abbiano ottenuto risultati positivi in termini di maggior gettito derivante dall’azione di contrasto dell’evasione e dell’elusione fiscale.

 

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo allegato al testo originario non ascrivealla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica riferita al testo originario afferma che le disposizioni in esame sono finalizzate a dare maggiore effettività alla previgente normativa in materia di partecipazione dei comuni all’attività di accertamento ed al contrasto all’evasione fiscale e contributiva.

Viene, in particolare, previsto l’obbligo di costituzione del Consiglio tributario per i comuni con popolazione superiore ai cinquemila abitanti, mentre per i comuni con popolazione inferiore a tale soglia è previsto l’obbligo di riunirsi in consorzio ai fini della successiva istituzione del Consiglio tributario. Inoltre, mediante modifica dell’articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 203 del 2005, è aumentata dal 30 al 33 per cento la percentuale delle maggiori somme riscosse di spettanza dei comuni che abbiano contribuito all’accertamento.

La relazione ricorda che alla disposizione che ha introdotto tale quota non sono stati ascritti effetti finanziari.

Peraltro, in base ai dati disponibili dell’Agenzia delle entrate risulta che la partecipazione dei comuni all’attività di accertamento ha dato luogo a maggiori accertamenti di imposte per 3,4 milioni di euro nel 2009 ed a 2,5 milioni di euro nei primi quattro mesi del 2010. A fronte di tali maggiori imposte accertate risultano riscossi rispettivamente circa 185.000 euro nel 2009 e 263.000 euro a tutto aprile 2010, con un incremento di circa il 40 per cento rispetto al dato dell’intero anno precedente.

Secondo la relazione tecnica può, pertanto, prevedersi un significativo aumento di tali somme, anche nell’ottica di un rafforzamento dell’attività di contrasto all’evasione ed all’elusione fiscale in sede di attuazione della legge delega in materia di federalismo fiscale.  Tale legge prevede, infatti, che i decreti attuativi garantiscano adeguate forme premiali per le regioni e gli enti locali che abbiano ottenuto risultati positivi in termini di maggior gettito derivante dal contrasto all’evasione ed all’elusione fiscale.

La relazione afferma, in conclusione, che le norme in esame determineranno effetti netti positivi sui saldi di finanza pubblica al momento non quantificabili.

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento presentato al Senato, con riguardo in particolare al comma 2-bis, precisa che la modifica prevede che gli adempimenti organizzativi, finalizzati all’istituzione ed al funzionamento dei Consigli tributari, siano svolti dai comuni con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. Di conseguenza, la norma non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.   

 

In merito ai profili di quantificazione, appaiono necessari chiarimenti con riguardo all’effettiva possibilità, per gli enti locali interessati, di attivare una collaborazione all’attività di accertamento, in presenza dei vincoli di bilancio posti dal patto di stabilità interno, in vigore fino al 2011, in base alla normativa vigente.

E’ ipotizzabile, infatti, supporre che una partecipazione concreta ed efficace da parte dei comuni all’attività di accertamento comporti, almeno per i comuni che non si avvalgono di società incaricate dell’attività di supporto ai controlli fiscali sui tributi locali, la predisposizione da parte di tali enti di una struttura dedicata, dotata di personale professionalmente qualificato e di strumenti operativi, con l’insorgenza di possibili maggiori oneri a carico dei bilanci comunali.

Tali oneri, soprattutto nella fase di avvio dell’attività, potrebbero non trovare compensazione in un maggior volume di riscossioni, in ragione del disallineamento temporale tra l’attività di accertamento e l’effettivo recupero, in termini di cassa, di gettito.

Si ricorda in proposito che la clausola di neutralità finanziaria introdotta dal Senato si rileva, è riferita specificamente alle attività connesse all’istituzione e al funzionamento dei Consigli tributari.

 


 

Articolo 19, commi 1-16
(Aggiornamento del catasto)

 


1. A decorrere dalla data del 1o gennaio 2011 è attivata l’«Anagrafe Immobiliare Integrata», costituita e gestita dall'Agenzia del Territorio secondo quanto disposto dall'articolo 64 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, attivando le idonee forme di collaborazione con i comuni in coerenza con gli articoli 2 e 3 del proprio statuto. L'Anagrafe Immobiliare Integrata attesta, ai fini fiscali, lo stato di integrazione delle banche dati disponibili presso l'Agenzia del Territorio per ciascun immobile, individuandone il soggetto titolare di diritti reali.

2. L'accesso gratuito all'Anagrafe Immobiliare Integrata è garantito ai Comuni sulla base di un sistema di regole tecnico-giuridiche emanate entro e non oltre sessanta giorni dal termine di cui al comma 1 con uno o più decreti del Ministro dell'Economia e delle Finanze, previa intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

2-bis. I decreti di cui al comma 2 devono assicurare comunque ai comuni la piena accessibilità ed interoperabilità applicativa delle banche dati con l'Agenzia del territorio, relativamente ai dati catastali, anche al fine di contri­buire al miglioramento ed aggiorna­mento della qualità dei dati, secondo le specifiche tecniche e le modalità opera­tive stabilite con i medesimi decreti.

3. Con uno o più decreti di natura non regolamentare del Ministro dell'Economia e delle Finanze viene disciplinata l'introdu­zione della attestazione integrata ipotecario-catastale, prevedendone le modalità di erogazione, gli effetti, nonché la progressiva implementazione di ulteriori informazioni e servizi. Con il predetto decreto sono, inoltre, fissati i diritti dovuti per il rilascio della predetta attestazione.

4. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 66 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e successive modificazioni, la consultazione delle banche dati del catasto terreni, censuaria e cartografica, del catasto edilizio urbano, nonché dei dati di superficie delle unità immobiliari urbane a destinazione ordina­ria, è garantita, a titolo gratuito, ai Comuni su tutto il territorio nazionale, ad esclusione delle Province autonome di Trento e Bolzano, attraverso il Sistema telematico, il Portale per i Comuni ed il Sistema di interscambio, gestiti dall'Agen­zia del Territorio.

5. Nella fase di prima attuazione, al fine di accelerare il processo di aggior­namento e allineamento delle banche dati catastali, le funzioni catastali connes­se all'accettazione e alla registrazione degli atti di aggiornamento sono svolte dai Comuni e dall'Agenzia del Territorio sulla base di un sistema di regole tecnico-giuiri­diche uniformi, e in attuazione dei princìpi di flessibilità, gradualità, ade­guatezza, stabilito con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze e previa intesa presso la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Le suddette regole tecnico-giuridiche costituiscono princìpi fondamentali dell'ordinamento e si applica­no anche nei territori delle Regioni a statuto speciale. Ove non esercitate dai Comuni, le attività connesse alle predette funzioni sono esercitate dall'Agenzia del Territorio, sulla base del principio di sussidiarietà.

5-bis. Per assicurare l'unitarietà del sistema informativo catastale nazionale e in attuazione dei princìpi di accessib­ilità ed interoperabilità applicativa delle banche dati, i comuni utilizzano le applicazioni informatiche e i sistemi di interscambio messi a disposizione dall'Agenzia del territorio, anche al fine di contribuire al miglioramento dei dati catastali, secondo le specifiche tecni­che ed operative formalizzate con appo­sito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Confe­renza Stato-città ed autonomie locali.

5-ter. Presso la Conferenza Stato-città ed autonomie locali è costituito, senza oneri per la finanza pubblica, un organo paritetico di indirizzo sulle modalità di attuazione e la qualità dei servizi assicurati dai comuni e dall'Agenzia del territorio nello svolgi­mento delle funzioni di cui al presente articolo. L'organo paritetico riferisce con cadenza semestrale al Ministro dell'economia e delle finanze che può proporre al Consiglio dei Ministri modifiche normative e di sviluppo del processo di decentramento.

6. Sono in ogni caso mantenute allo Stato e sono svolte dall'Agenzia del Territorio le funzioni in materia di:

     a) individuazione di metodologie per l'esecuzione di rilievi ed aggiornamenti topografici e per la formazione di mappe e cartografie catastali;

     b) controllo della qualità delle informazioni catastali e dei processi di aggiornamento degli atti;

     c) gestione unitaria e certificata della base dei dati catastali e dei flussi di aggiornamento delle informazioni di cui alla lettera b), anche trasmessi con il Modello unico digitale per l'edilizia, assicurando il coordinamento operativo per la loro utilizzazione ai fini istituzionali attraverso il sistema pubblico di connettività e garantendo l'accesso ai dati a tutti i soggetti interessati;

     d) gestione unitaria dell'infrastruttura tecnologica di riferimento per il Modello unico digitale per l'edilizia sulla base di regole tecniche uniformi stabilite con provvedimento del direttore dell'Agenzia del territorio d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali;

     e) gestione dell'Anagrafe Immobiliare Integrata;

     f) vigilanza e controllo sullo svolgimento delle funzioni di cui al comma 5, nonché poteri di applicazione delle relative sanzioni determinate con decreto di natura regolamentare del Ministro dell'Economia e delle Finanze, emanato previa intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

7. L'Agenzia del Territorio, entro il 30 settembre 2010, conclude le operazioni previste dal secondo periodo dell'articolo 2, comma 36, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, e successive modificazioni.

8. Entro il 31 dicembre 2010 i titolari di diritti reali sugli immobili che non risultano dichiarati in Catasto individuati secondo le procedure previste dal predetto articolo 2, comma 36, del citato decreto-legge n. 262, del 2006, con riferimento alle pubblicazioni in Gazzetta Ufficiale effettuate dalla data del 1o gennaio 2007 alla data del 31 dicembre 2009, sono tenuti a procedere alla presentazione, ai fini fiscali, della relativa dichiarazione di aggiornamento catastale. L'Agenzia del Territorio, successivamente alla registrazione degli atti di aggiornamento presentati, rende disponibili ai Comuni le dichiarazioni di accatastamento per i controlli di conformità urbanistico-edilizia, attraverso il Portale per i Comuni.

9. Entro il medesimo termine del 31 dicembre 2010 i titolari di diritti reali sugli immobili oggetto di interventi edilizi che abbiano determinato una variazione di consistenza ovvero di destinazione non dichiarata in Catasto, sono tenuti a procedere alla presentazione, ai fini fiscali, della relativa dichiarazione di aggiornamento catastale. Restano salve le procedure previste dal comma 336 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, nonché le attività da svolgere in surroga da parte dell'Agenzia del territorio per i fabbricati rurali per i quali siano venuti meno i requisiti per il riconoscimento della ruralità ai fini fiscali, individuati ai sensi dell'articolo 2, comma 36, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, della legge 24 novembre 2006, n. 286, nonché quelle di accertamento relative agli immobili iscritti in catasto, come fabbricati o loro porzioni, in corso di costruzione o di definizione che siano divenuti abitabili o servibili all'uso cui sono destinati.

10. Se i titolari di diritti reali sugli immobili non provvedono a presentare ai sensi del comma 8 le dichiarazioni di aggiornamento catastale entro il termine del 31 dicembre 2010, l'Agenzia del Territorio, nelle more dell'iscrizione in catasto attraverso la predisposizione delle dichiarazioni redatte in conformità al decreto ministeriale 19 aprile 1994, n. 701, procede all'attribuzione, con oneri a carico dell'interessato da determinare con apposito provvedimento del direttore dell'Agenzia del territorio, da emanare entro il 31 dicembre 2010, di una rendita presunta, da iscrivere transitoriamente in catasto, anche sulla base degli elementi tecnici forniti dai Comuni. Per tali operazioni l'Agenzia del Territorio può stipulare apposite convenzioni con gli Organismi rappresentativi delle categorie professionali.

11. Se i titolari di diritti reali sugli immobili non provvedono a presentare ai sensi del comma 9 le dichiarazioni di aggiornamento catastale entro il termine del 31 dicembre 2010, l'Agenzia del Territorio procede agli accertamenti di competenza anche con la collaborazione dei Comuni. Per tali operazioni l'Agenzia del Territorio può stipulare apposite convenzioni con gli Organismi rappresentativi delle categorie professionali.

12. A decorrere dal 1o gennaio 2011, l'Agenzia del Territorio, sulla base di nuove informazioni connesse a verifiche tecnico-amministrative, da telerilevamento e da sopralluogo sul terreno, provvede ad avviare un monitoraggio costante del territorio, individuando, in collaborazione con i Comuni, ulteriori fabbricati che non risultano dichiarati al Catasto. In tal caso si rendono applicabili le disposizioni di cui al citato articolo 2, comma 36, del decreto-legge n. 262 del 2006. Qualora i titolari di diritti reali sugli immobili individuati non ottemperino entro il termine previsto dal predetto articolo 2, comma 36, l'Agenzia del Territorio procede all'attribuzione della rendita presunta ai sensi del comma 10. Restano salve le procedure previste dal comma 336 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311. Restano altresì fermi i poteri di controllo dei comuni in materia urbanistico-edilizia e l'applicabilità delle relative sanzioni.

13. Gli Uffici dell'Agenzia del Territorio, per lo svolgimento della attività istruttorie connesse all'accertamento catastale, si avvalgono delle attribuzioni e dei poteri di cui agli articoli 51 e 52 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

14. All'articolo 29 della legge 27 febbraio 1985, n. 52, è aggiunto il seguente comma:

«1-bis. Gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all'identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. La predetta dichiarazione può essere sostituita da un'attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari.».

15. La richiesta di registrazione di contratti, scritti o verbali, di locazione o affitto di beni immobili esistenti sul territorio dello Stato e relative cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite, deve contenere anche l'indicazione dei dati catastali degli immobili. La mancata o errata indicazione dei dati catastali è considerata fatto rilevante ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro ed è punita con la sanzione prevista dall'articolo 69 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131.

16. Le disposizioni di cui ai commi 14 e 15 si applicano a decorrere dal 1o luglio 2010. Nel rispetto dei princìpi desumibili dal presente articolo, nei territori in cui vige il regime tavolare le regioni a statuto speciale e le province autonome adottano disposizioni per l'applicazione di quanto dallo stesso previsto al fine di assicurare il necessario coordinamento con l'ordinamento tavolare.


 

 

L'articolo 19 è stato oggetto di numerose modifiche nel corso dell’esame al Senato.

I commi 1, 2 e 3 disciplinano l'attivazione dell'"Anagrafe Immobiliare Integrata", per l'integrazione delle banche dati disponibili presso l'Agenzia del territorio, con l'individuazione dei soggetti titolari dei diritti reali, demandando a più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze la disciplina dell'accesso da parte dei comuni all'Anagrafe suddetta e le modalità di erogazione, effetti e diritti di rilascio di un'attestazione integrata ipotecario-catastale.

I commi 4, 5 e 6 recano la disciplina delle modalità di accesso dei comuni alle banche dati dell'Agenzia del territorio, e delle funzioni di accettazione e di registrazione degli atti da parte dei comuni e dell'Agenzia stessa, secondo quanto verrà disposto in un D.P.C.M. Si stabiliscono inoltre le funzioni in materia catastale che rimangono allo Stato e che verranno svolte dall'Agenzia del territorio.

I commi da 7 a 13 riguardano l'aggiornamento del catasto e il recupero di unità immobiliari attualmente non censite. Il comma 7 fissa all'Agenzia del territorio il termine del 30 settembre 2010 per trasmettere a ciascun comune l'elenco dei fabbricati iscritti al catasto terreni senza i requisiti della ruralità ai fini fiscali, nonché quelli che non risultano dichiarati al catasto immobili. Il comma 8 obbliga i titolari di diritti reali sugli immobili negli elenchi comunicati ai comuni, dal 1° gennaio al 31 dicembre 2009, a presentare, entro il 31 dicembre 2010, la dichiarazione di aggiornamento catastale a fini fiscali. Il medesimo obbligo grava, sempre entro il termine del 31 dicembre 2010, su coloro che siano titolari di diritti reali su immobili, che abbiano subito variazioni di consistenza o di destinazione non dichiarate in catasto. Il comma 12prevede una disciplina a regime per il monitoraggio costante del territorio, finalizzato all'individuazione di fabbricati non dichiarati al Catasto da parte dell'Agenzia del territorio, dal 1° gennaio 2011.

Il comma 14 impone, a pena di nullità, per taluni atti pubblici e scritture private riguardanti fabbricati l’identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in Catasto e la dichiarazione degli intestatari sulla conformità di dati catastali e planimetrie allo stato di fatto, mentre il comma 15 prevede che la richiesta di registrazione dei contratti verbali o scritti di locazione o affitto di immobili deve contenere l'indicazione dei dati catastali.

 

Analizzando le singole disposizioni, il comma 1 dispone l'attivazione entro il 1° gennaio 2011, dell'"Anagrafe Immobiliare Integrata", che consenta, a fini fiscali, l'integrazione delle banche dati disponibili presso l'Agenzia del territorio, con l'individuazione dei soggetti titolari dei diritti reali. L’attivazione dell’Anagrafe dovrà essere effettuata attraverso le idonee forme di collaborazione con i comuni in coerenza con lo Statuto[20] dell’Agenzia del territorio (artt. 2 e 3). La relazione al d.d.l (A.S. 2228) precisa che la misura è volta a garantire la "correlazione tra le informazione catastali (dati censuari, cartografici e planimetrie delle unità immobiliari urbane) con le informazioni sui diritti reali recate negli atti trascritti nei pubblici registri immobiliari".

 

L'Agenzia del territorio, nata a seguito della riforma del Ministero dell'economia e delle finanze, è operativa dal 1° gennaio 2001 ed è un ente pubblico dotato di personalità giuridica e autonomia regolamentare, amministrativa, patrimoniale, organizzativa, contabile e finanziaria. E' costituita da Direzioni centrali che hanno sede a Roma, da Direzioni regionali e da Uffici provinciali.

Si ricorda che l'articolo 64 del D.Lgs n. 300 del 1999[21] attribuisce all'Agenzia del territorio la competenza a svolgere i servizi relativi al catasto, i servizi topocartografici e quelli relativi alle conservatorie dei registri immobiliari, con il compito di costituire l'anagrafe dei beni immobiliari esistenti sul territorio nazionale sviluppando l'integrazione fra i sistemi informativi attinenti alla funzione fiscale ed alle trascrizioni in materia di diritti sugli immobili. L'Agenzia è chiamata ad operare in collaborazione con gli enti locali per favorire lo sviluppo di un sistema integrato di conoscenze sul territorio.

L’Anagrafe Immobiliare Integrata[22] costituisce un archivio informatizzato dei beni immobili, riguardante le caratteristiche intrinseche degli stessi (ubicazione, consistenza, rappresentazione grafica, valore fiscale) ed i diritti reali, di godimento e di garanzia, con l'indicazione dei relativi soggetti titolari. L’integrazione delle informazioni riguarda la rappresentazione degli immobili, la loro collocazione sul territorio, le variazioni delle caratteristiche oggettive nonchè i dati sul possesso e sui vincoli che gravano sugli immobili. Per garantire la correttezza delle informazioni, gli aggiornamento si basano, non solo sulle dichiarazione delle parti, ma sul riscontro con i documenti e le banche dati certificate di riferimento.

Nel 2008 è stata costituita la struttura informatica della banca dati centralizzata,che integra le informazioni di catasto e di pubblicità immobiliare, al fine di verificare la qualità e l’affidabilità delle informazioni sui titolari dei diritti reali degli immobili.

 

Il comma 2 demanda ad uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro e non oltre il 2 marzo 2011 (60 giorni dal 1° gennaio 2011) previa intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, la disciplina dell'accesso da parte dei comuni all'Anagrafe Immobiliare Integrata.

 

Tali decreti, ai sensi del comma 2-bis, devono assicurare comunque ai comuni la piena accessibilità ed interoperabilità applicativa delle banche dati con l'Agenzia del Territorio, relativamente ai dati catastali, anche al fine di contribuire al miglioramento ed aggiornamento della qualità dei dati, secondo le specifiche tecniche e le modalità operative stabilite con i medesimi decreti .

 

Il comma 3 prevede l'introduzione di un'attestazione integrata ipotecario-catastale, le cui modalità di erogazione, effetti e diritti di rilascio saranno stabiliti con uno o più decreti del Ministro dell'Economia e delle Finanze, per i quali non è fissato un termine di emanazione.

Il certificato ipotecario, richiesto al fine di eseguire determinate transazioni (concessione finanziamenti, assegnazione case popolari, pignoramenti, espropri), ovvero nel caso in cui sia necessario documentare diritti immobiliari, consiste in una attestazione rilasciata dal Conservatore dei registri immobiliari presso gli Uffici provinciali, avente ad oggetto le formalità ipotecarie che sono state eseguite in relazione ad uno o più immobili appartenenti a persone fisiche o giuridiche.

Con l’espressione "certificazione catastale" s’intende la rappresentazione certificata dei contenuti riportati negli atti catastali e della ulteriore documentazione giacente negli archivi. La certificazione catastale può riguardare sia l’estratto, riportante ciò che è rappresentato nella mappa e negli atti censuari del catasto, sia la rappresentazione autentica delle planimetrie e degli elaborati e degli altri documenti depositati.

 

L'accesso alle banche dati catastali viene consentito a titolo gratuito dal comma 4 a tutti i comuni italiani, ad esclusione dei Comuni facenti parte delle Province autonome di Trento e Bolzano (nel testo:"ad esclusione delle Province autonome di Trento e Bolzano").

La disposizione fa salva l'attribuzione ai comuni delle funzioni relative alla conservazione, alla utilizzazione ed all'aggiornamento degli atti catastali, compresa la partecipazione al processo di determinazione degli estimi, secondo quanto previsto dall'art. 66 del D.Lgs. n. 112 del 1998.

La disposizione non specifica se le banche dati in oggetto siano consultabili da parte dei comuni italiani, limitatamente al proprio territorio; l'esclusione dall'accesso per i comuni rientranti nelle province autonome appare da mettere in relazione ad un diverso sistema di conservazione dei dati catastali lì in vigore.

L'accesso avviene attraverso strumenti gestiti dall'Agenzia del territorio (Sistema telematico, Portale per i comuni e il Sistema di interscambio) riguardanti le banche dati del catasto dei terreni, del catasto edilizio urbano e anche i dati di superficie delle unità immobiliari urbane a destinazione ordinaria.

 

Il Sistema telematico dell'Agenzia del Territorio consente la consultazione telematica dei dati ipotecari e catastali, sulla base di apposite convenzioni.

Il "Portale per i Comuni" è un canale telematico attivato dall'Agenzia del Territorio per la fornitura di dati ai comuni ed alle comunità montane che ne facciano richiesta, ai sensi dell'art. 37, comma 54 del decreto-legge n. 223 del 2006. I comuni e le comunità montane possono richiedere ed ottenere i dati utili alle proprie finalità istituzionali ed inviare dati all'Agenzia.

Il Sistema di Interscambio dell’Agenzia del Territorio (Sistema Automatico di Scambio Dati) consente il dialogo automatico fra i sistemi informativi di varie amministrazioni.

Gli immobili risultano in distinti tre raggruppamenti (immobili a destinazione ordinaria, speciale e particolare). Gli immobili a destinazione ordinaria sono quelli residenziali, ad uso collettivo e ad uso produttivo (categorie A, B e C). Gli immobili speciali (categoria D) sono i fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un'attività industriale o commerciale e non suscettibili di una diversa destinazione senza radicali trasformazioni. Gli immobili particolari (categoria E) sono edifici destinati a determinate finalità, per esempio, stazioni per servizi di trasporto, cimiteri ecc.

 

Il comma 5 stabilisce che, in fase di prima attuazione, al fine di accelerare il processo di aggiornamento e allineamento delle banche dati catastali,le funzioni di accettazione e di registrazione degli atti a fini catastali sono svolte dai comuni e dall'Agenzia del territorio, secondo quanto verrà disposto con D.P.C.M., su proposta del Ministro dell'economia delle finanze, da emanare entro 6 mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto,previa intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Il decreto dovrà stabilire un sistema di regole tecnico-giuridiche uniformi, anche sulla base dei principi di flessibilità, gradualità, adeguatezza.

Le regole tecnico-giuridiche costituiscono, secondo la disposizione in esame, principi fondamentali dell'ordinamento e si applicano anche alle Regioni a statuto speciale.

Viene inoltre introdotto un principio di sussidiarietà, in base al quale, in caso di mancato esercizio da parte dei comuni delle funzioni suddette, queste saranno svolte dall'Agenzia del territorio.

 

Il comma 5-bis prevede che i Comuni utilizzino le applicazioni informatiche e i sistemi di interscambio messi a disposizione dall'Agenzia del territorio per assicurare l'unitarietà del sistema informativo catastale nazionale e in attuazione dei principi di accessibilità ed interoperabilità applicativa delle banche dati, anche al fine di contribuire al miglioramento dei dati catastali. Si demanda ad un decreto del Ministro dell'economia e finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-città e autonomie locali, la fissazione di specifiche tecniche ed operative.

 

Il comma 5-ter prevede l'istituzione presso la Conferenza Stato-città e autonomie locali di un organo paritetico di indirizzo sulle modalità di attuazione e la qualità dei servizi assicurati dai Comuni e dall'Agenzia del territorio nello svolgimento delle funzioni di cui al presente articolo. L'organo paritetico è chiamato a riferire con cadenza semestrale al Ministro dell'economia e delle finanze che può proporre al Consiglio dei ministri modifiche normative e di sviluppo del processo di decentramento.

La disposizione non individua la fonte normativa con la quale saranno fissati i criteri per la composizione dell'organo da istituire.

 

Il comma 6 indica specificamente le seguenti funzioni che rimangono allo Stato e che verranno svolte dall'Agenzia del territorio:

§      individuazione delle metodologie topografiche e cartografiche;

§      controllo su informazioni e aggiornamenti catastali ;

§      gestione unitaria dei dati, loro coordinamento, disciplina dell'accesso;

§      gestione della tecnologia per il Modello unico digitale per l'edilizia sulla base di regole tecniche uniformi stabilite con provvedimento del Direttore dell'Agenzia del Territorio d'intesa con la Conferenza Stato-Città e autonomie locali.

Al riguardo si osserva che, in attuazione di quanto disposto dall'art. 34-quinquies del D.L. n. 4 del 2006[23], stato emanato il D.P.C.M. 6 maggio 2008, relativo al “Modello unico digitale per l'edilizia”. Il decreto prevede la definizione entro il 31 dicembre 2008 da parte di regioni, comuni e Agenzia del territorio per la presentazione allo sportello unico per l'edilizia delle istanze in materia di attività edilizia, e la successiva approvazione (entro il 31 gennaio 2009) del modello unico digitale. Tale disposizione non sembra essere attuata;

§      gestione dell'Anagrafe Immobiliare Integrata;

§      vigilanza in materia di accettazione e registrazione degli atti a fini catastali, di cui al comma 5. Si demanda ad un decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze, da emanare - non è fissato un termine - previa intesa della Conferenza Stato-città e autonomie locali la disciplina di sanzioni in materia. Sembrerebbe utile chiarire a che tipo di sanzioni ci si riferisca, atteso che il comma 5 dell'articolo in esame disciplina essenzialmente le funzioni di accettazione e di registrazione degli atti a fini catastali, che i comuni e l'Agenzia del Territorio sono chiamati a svolgere.

 

I commi da 7 a 13 dell'articolo 19 riguardano l'aggiornamento del catasto e il recupero di unità immobiliari attualmente non censite. Secondo le stime contenute nella relazione tecnica, che accompagna il provvedimento in esame, tale recupero dovrebbe riguardare 1,3 milioni di unità, con una corrispondente rendita catastale di circa 627 milioni di euro. Le regolarizzazioni previste potrebbero incidere, sull'IRPEF (la relazione tecnica stima un recupero di gettito di 104 milioni di euro annui) e sui tributi regionali e locali per i quali la relazione tecnica non contiene quantificazioni (cfr infra).

 

Il comma 7 fissa all'Agenzia del territorio il termine del 30 settembre 2010 per adempiere a quanto già previsto dall'art. 2, comma 36, secondo periodo del decreto-legge n. 262 del 2006[24].

In base alla disposizione richiamata l'Agenzia del territorio è chiamata a trasmettere a ciascun comune, con apposito comunicato da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, l'elenco dei fabbricati iscritti al catasto terreni senza i requisiti della ruralità ai fini fiscali, nonché quelli che non risultano dichiarati al catasto immobili. L'elenco, corredato della data cui riferire la mancata presentazione della dichiarazione al catasto e pubblicizzato, per i sessanta giorni successivi alla pubblicazione del comunicato, presso i comuni interessati, gli uffici provinciali e sul sito internet dell'Agenzia del Territorio, ha valore di richiesta, per i titolari dei diritti reali, di presentazione degli atti di aggiornamento catastale.

 

Si ricorda che il citato art. 2, comma 36, del decreto-legge n. 262 del 2006, stabilisce che l'Agenzia del territorio individui i fabbricati non denunciati al catasto sulla base delle informazioni fornite dall'AGEA e delle verifiche, amministrative, da telerilevamento e da sopralluogo sul terreno, dalla stessa effettuate nell'ambito dei propri compiti istituzionali.

L'Agenzia del Territorio con provvedimento del 9 febbraio 2007 ha definito le modalità tecniche e operative per l'accertamento in catasto dei fabbricati non dichiarati e di quelli che hanno perso i requisiti per il riconoscimento della ruralità ai fini fiscali, nonché quelli che non risultano, in tutto o in parte, dichiarati al catasto. L'elenco dei comuni nei quali è stata accertata la presenza di fabbricati non dichiarati in catasto è stato pubblicato con i comunicati del 10 agosto 2007, 26 ottobre 2007, 7 dicembre 2007, 28 dicembre 2007, 30 dicembre 2008 e 15 dicembre 2009. L'elenco dei comuni nei quali è stata accertata la presenza di immobili per i quali sono venuti meno i requisiti per il riconoscimento della ruralità ai fini fiscali è stato pubblicato con i comunicati del 28 dicembre 2007 e 30 dicembre 2008.

Sempre secondo quanto stabilito dall'art. 2, comma 36, terzo periodo e seguenti, del decreto-legge n. 286 del 2006, se gli interessati non ottemperano alla richiesta di accatastamento entro sette mesi dalla data di pubblicazione del comunicato, l'Agenzia del territorio provvede, con oneri a carico dell'interessato, alla iscrizione in catasto in surroga. Le rendite catastali dichiarate o attribuite producono effetto fiscale a decorrere dal 1° gennaio dell'anno successivo alla data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, ovvero, in assenza di tale indicazione, dal 1° gennaio dell'anno di pubblicazione del comunicato. Si applicano le sanzioni per le violazioni previste dall'articolo 28 del regio decreto-legge n. 652 del 1939, riguardante l'obbligo di dichiarare i nuovi fabbricati entro trenta giorni dal momento in cui sono divenuti abitabili o sono divenuti, da esenti, soggetti all'imposta.

 

Il comma 8 obbliga i titolari di diritti reali sugli immobili che sono stati inseriti negli elenchi comunicati ai comuni da parte dell'Agenzia del territorio, dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2009, a presentare, entro il 31 dicembre 2010, la dichiarazione di aggiornamento catastale a fini fiscali. Le dichiarazioni verranno rese note ai comuni da parte dell'Agenzia del territorio attraverso il Portale telematico, affinché possano essere effettuati i controlli di conformità urbanistico-edilizia.

In caso di inottemperanza della dichiarazione catastale l'Agenzia del territorio procede all'attribuzione provvisoria di una rendita presunta - sulla base di elementi tecnici forniti dai comuni - nelle more dell'iscrizione in catasto attraverso le procedure di aggiornamento degli archivi catastali, previste dal decreto del Ministro delle finanze (nel testo, "decreto ministeriale") del 19 aprile 1994 n. 701[25]. Gli oneri relativi all’attribuzione provvisoria sono a carico dell’interessato e saranno determinati con apposito provvedimento del Direttore dell'Agenzia del Territorio, da emanare entro il 31 dicembre 2010 (comma 10).

 

 In sostanza la disposizione conferma l'obbligo, già previsto dalla legge, di effettuare la dichiarazione catastale da parte degli intestatari delle particelle in cui insistono gli immobili non dichiarati al catasto, prorogando, tuttavia, il termine di sette mesi dalla data di pubblicazione del comunicato, previsto dal citato art. 2, comma 36, del decreto legge n. 262 del 2006, al 31 dicembre 2010.

 

Riguardo, poi ai controlli in merito alla conformità urbanistico-edilizia, si osserva che la disposizione in esame non distingue fra le varie tipologie di immobili non dichiarati al catasto: se si tratti di fabbricati costruiti secondo le prescrizioni del piano regolatore generale, di fabbricati che non abbiano più il requisito della ruralità, oppure di immobili edificati in zona non compatibile con la destinazione urbanistica.

Si ricorda in proposito l'art. 44 del T.U. dell’edilizia, riguardante le sanzioni penali relative agli abusi edilizi, che vanno dall'ammenda per l'inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste dalla legge e dal permesso di costruire stesso, all'arresto nei casi di esecuzione dei lavori in totale difformità o assenza del permesso o di prosecuzione degli stessi nonostante l'ordine di sospensione o in caso di lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio. L’art. 44 è richiamato anche dall’articolo 181 del Codice Urbani (D.lgs. n. 42 del 2004) nel caso di opere eseguite su beni paesaggistici in assenza di autorizzazione o in difformità da essa; tale ultima disposizione prevede anche che con la sentenza di condanna venga ordinata la rimessione in pristino dello stato dei luoghi a spese del condannato. Si ricorda, infine, che accanto alla disciplina che prevede l’ordine di demolizione come conseguenza della sentenza penale di condanna coesiste una normativa di natura amministrativa che prevede un procedimento che ha come sbocco l’effettiva demolizione dell'opera (art. 31 del D.P.R. 380/2001). Si richiamano anche gli articoli 40 e 41 del T.U. dell’edilizia che disciplinano rispettivamente la sospensione o la demolizione di interventi abusivi da parte della regione e la procedura per l'esecuzione della demolizione delle opere abusive.

 

Il medesimo obbligo di dichiarazione di aggiornamento catastale, previsto dal comma 8, grava, sempre entro il termine del 31 dicembre 2010, su coloro che siano titolari di diritti reali su immobili, che abbiano subito variazioni di consistenza o di destinazione non dichiarate in catasto. La disposizione sembra, pertanto, riferirsi a tutti coloro i cui immobili non siano inclusi negli elenchi sopra menzionati, in quanto la violazione non consiste in un manufatto totalmente o in parte non dichiarato (comma 9).

La disposizione fa salve le procedure previste dal comma 336 dell'articolo 1 della legge n. 311 del 2004[26], nonché le attività da svolgere in surroga da parte dell'Agenzia del territorio per i fabbricati rurali per i quali siano venuti meno i requisiti per il riconoscimento della ruralità ai fini fiscali, individuati ai sensi dell'articolo 2, comma 36, del D.L. n. 262 del 2006, nonché quelle di accertamento relative agli immobili iscritti in catasto, come fabbricati o loro porzioni, in corso di costruzione o di definizione che siano divenuti abitabili o servibili all'uso cui sono destinati.

In caso di inottemperanza l'Agenzia del territorio procede agli accertamenti con la collaborazione dei comuni. (comma 11).

 

Ai commi 10 e 11 si dà facoltà all'Agenzia del territorio di stipulare convenzioni con gli organismi rappresentativi delle categorie professionali per lo svolgimento delle operazioni connesse all'iscrizione provvisoria, all'accatastamento in surroga e agli accertamenti necessari.

 

Il comma 12 prevede che l'Agenzia del territorio dal 1° gennaio 2011 avvii un monitoraggio costante del territorio, per l'individuazione di fabbricati non dichiarati al Catasto, avvalendosi delle verifiche tecnico-amministrative, del telerilevamento e dei sopralluoghi sul terreno, con l'applicazione delle disposizioni di cui al citato, art. 2, comma 36, del decreto-legge n. 262 del 2006.

Si dispone, inoltre, che l'Agenzia del territorio provveda ad effettuare l'attribuzione della rendita presunta, come previsto dal comma 10 dell'articolo in esame, ove i titolari dei diritti reali sugli immobili non dichiarati al catasto non ottemperino all'obbligo di effettuare la dichiarazione.

Si fanno salve le procedure previste dall’articolo 1, comma 336, del D.L. n. 262 del 2006, nonché i poteri di controllo dei Comuni in materia urbanistico- edilizia e l'applicabilità delle relative sanzioni.

 

Il comma 13 prevede che gli uffici dell'Agenzia del territorio per le attività di accertamento catastale si avvalgono dei poteri di cui agli articoli 51 e 52 del D.P.R. n. 633 del 1972[27]. Si tratta delle attribuzioni degli uffici ai fini dell'accertamento dell'imposta sul valore aggiunto; questi infatti possono procedere all'esecuzione di accessi, ispezioni e verifiche, invitare i soggetti interessati a comparire di persona o a mezzo di rappresentanti per esibire documenti e scritture, o per fornire dati e notizie, inviare questionari e invitare qualsiasi soggetto ad esibire documenti rilevanti ai fini dell'accertamento.

 

Il comma 14 aggiunge il comma 1-bis all'art. 29 della legge n. 52 del 1985[28].

Il richiamato articolo, che si compone di un unico comma, stabilisce che, negli atti con cui si concede l'ipoteca o di cui si chiede la trascrizione, l'immobile deve essere designato anche con l'indicazione di almeno tre dei suoi confini.

In base al nuovo comma - a decorrere dal 1° luglio 2010 (comma 16) - gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi, che hanno ad oggetto il trasferimento e la costituzione di diritti reali, nonché lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità:

§      l’identificazione catastale;

§      il riferimento alle planimetrie depositate in Catasto;

§      la dichiarazione degli intestatari sulla conformità di dati catastali e planimetrie allo stato di fatto. La predetta dichiarazione può essere sostituita da un'attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale.

Prima della stipula, il notaio deve individuare gli intestatari catastali e verificare la loro conformità a quanto risulta dai registri immobiliari.

Disposizioni attuative sono state emanate con la circolare n. 2/2010 dell’Agenzia del territorio del 9 luglio 2010 (prot. 36607)[29].

 

Il comma 15 prevede che dal 1° luglio 2010 (comma 16) la richiesta di registrazione dei contratti verbali o scritti di locazione o affitto di immobili, nonché la cessione, risoluzione o proroga, anche tacita, di tali contratti, deve contenere l'indicazione dei dati catastali. La mancata indicazione dei dati catastali comporta l'applicazione della sanzione prevista dall'art. 69 del D.P.R. n. 131 del 1986[30] per chi omette la richiesta di registrazione di elementi rilevanti ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro (sanzione amministrativa dal 120 al 240 per cento dell'imposta dovuta).

Il comma 15, a differenza del precedente comma 14, fa riferimento agli immobili esistenti sul territorio dello Stato, senza distinzione tra terreni e fabbricati, né distinzione fra le varie tipologie di fabbricato. L'indicazione dei dati catastali attiene non al contratto, ma alla richiesta di registrazione, per la quale attualmente non sono richiesti.

La relazione al disegno di legge (A.S. 2228) individua quali finalità della norma il contrasto all'elusione e all'evasione fiscali relative al settore delle locazioni per tutti i tributi connessi.

 

Il comma 16, oltre a disporre l’applicazione dal 1° luglio 2010 delle disposizioni previste ai commi 14 e 15, prevede chele Regioni a statuto speciale e le Province autonome adottino, nei territori in cui vige il regime tavolare, disposizioni per l'applicazione di quanto previsto nell'articolo in esame, al fine di assicurare il coordinamento con l'ordinamento tavolare stesso.

 

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativoallegato al testo originario del provvedimento, ascrivealle norme i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Maggiori entrate

0

183

104

104

0

183

104

104

0

183

104

104

 

La relazione tecnica al testo originario ricorda che le disposizioni prevedono l’istituzione dell’Anagrafe immobiliare integrata, finalizzata ad attestare, ai fini fiscali, l’identità dei soggetti titolari di diritti reali sugli immobili. Si dispone, inoltre che l’Agenzia del territorio, entro il 30 settembre 2010, concluda il procedimento di individuazione degli immobili non censiti nel catasto - previsto ai sensi dell’articolo 2, comma 36, del decreto-legge n. 262 del 2006 - a seguito del quale i titolari di diritti reali sui suddetti immobili devono procedere all’accatastamento dei medesimi entro il 31 dicembre 2010. Ove non vi provvedano nel termine stabilito, l’Agenzia del territorio procede all’attribuzione di una rendita catastale presunta, da iscrivere transitoriamente in catasto. Inoltre, l’Agenzia effettua gli accertamenti di competenza anche con la collaborazione dei Comuni.

A decorrere dal 1° gennaio 2011 l’Agenzia procede ad avviare un nuovo monitoraggio del territorio per individuare ulteriori unità immobiliari non censite in catasto.

La relazione tecnica stima che le disposizioni contenute nell’articolo in esame possano determinare un recupero di unità immobiliari attualmente non censite prudenzialmente valutato in 1,3 milioni di unità, con una corrispondente rendita catastale di 627 milioni di euro. Tali stime sono effettuate in base ai dati forniti dall’Agenzia del territorio. In base a tali dati, si stima un recupero di gettito IRPEF di 104 milioni di euro annui.

In termini di cassa, utilizzando una percentuale di acconto effettivo del 75 per cento, si determinano maggiori entrate per 183 milioni di euro nel 2011 e per 104 milioni di euro annui dal 2012.

Prudenzialmente non sono quantificati effetti in termini di tributi regionali e locali.

 

Si segnala che, nel corso delle audizioni svolte dalla VI Commissione Finanze e Tesoro durante l’iter del provvedimento presso il Senato, il Direttore dell’Agenzia del territorio[31] ha, tra l’altro, fornito i risultati dell’attività di individuazione dei fabbricati non dichiarati in catasto, conseguiti a tutto il mese di aprile 2010.

Le attività, previste ai sensi del decreto-legge n. 262 del 2006, articolo 2, comma 36, si sono svolte nel triennio 2007-2009 ed hanno riguardato quasi tutto il territorio nazionale, con esclusione dei comuni ubicati nelle province autonome di Trento e Bolzano, il cui catasto non è gestito dall’Agenzia, e di circa 400 comuni, per i quali le attività di foto-identificazione sono ancora in corso.

Sono state identificate oltre due milioni di particelle catastali, sulle quali insistono immobili non dichiarati in catasto.

A tutto il mese di aprile sono stati svolti oltre il 25 per cento degli accertamenti totali, pervenendo all’accatastamento di circa 530.000 unità immobiliari urbane, cui corrisponde un incremento di rendita catastale pari a circa 257 milioni di euro. Di tali unità, circa 209.000, cui corrisponde un incremento di rendita catastale di circa 68 milioni di euro, sono state iscritte in catasto per effetto di adempimento spontaneo.

Le attività di individuazione devono essere completate per circa 400 comuni gestiti dal Sistema informativo nazionale catastale.

 

La relazione tecnica,riferita al maxiemendamento presentato al Senato afferma che le modifiche introdotte in tale sede non hanno rilievo finanziario e, pertanto, non modificano la quantificazione degli effetti ascritti inizialmente alle norme.

Infatti, l’introduzione della disposizione volta ad assicurare ai comuni, a titolo gratuito, la piena accessibilità ed interoperabilità applicativa delle banche dati si fonda su piani di investimento già realizzati da parte dell’Agenzia del territorio nel corso degli anni, al fine di adeguare i sistemi alla più ampia collaborazione con i comuni. Gli eventuali ulteriori investimenti che si rendessero necessari potranno verosimilmente essere assorbiti dalle dotazioni correntemente disponibili per l’Agenzia del territorio.

Infine, le integrazioni introdotte al comma 9 non modificano gli effetti finanziari originariamente quantificati in quanto volte ad escludere dalla procedura di individuazione degli immobili non censiti nel catasto alcune fattispecie di accertamenti, che hanno rilevanza fiscale, diversi da quelli relativi ai fabbricati mai dichiarati, sulla cui consistenza si fondano invece le stime della relazione tecnica.

 

In merito ai profili di quantificazione, si osserva che, al fine di poter formulare una valutazione circa la congruità delle stime presentate nella relazione tecnica, appare necessario acquisire ulteriori elementi informativi sui dati di base utilizzati e sulla loro natura.

In particolare, la relazione afferma che il numero delle unità immobiliari che si ritiene di recuperare a tassazione (1,3 milioni di unità) e la corrispondente rendita catastale (627 milioni di euro) rappresentano stime effettuate sulla base dei dati forniti dall’Agenzia del territorio. Andrebbero pertanto forniti i dati alla base di tali elaborazioni e chiarita la metodologia attraverso la quale si sia pervenuti a tali parametri di stima.

In proposito si segnala che la rendita catastale media per unità immobiliare recuperata desumibile dalla relazione tecnica (circa 482 euro) appare coerente con quella complessivamente ricavabile dai dati sui risultati dell’attività svolta forniti dall’Agenzia (circa 483 euro per unità).

Non appare chiaro, altresì, in base a quali criteri, per la stima del recupero di gettito IRPEF, sia stata applicata un’aliquota media  d’imposta effettiva di poco inferiore al 17 per cento, la cui scelta potrebbe rispondere a criteri di prudenzialità.

Andrebbero, inoltre, fornite indicazioni circa l’origine degli effetti ascritti alle disposizioni. In particolare, il fatto che la relazione tecnica ascriva alle disposizioni effetti di cassa dal 2011 lascia presupporre che stessi derivino in misura prevalente da adempimenti spontanei dei contribuenti titolari di diritti reali sugli immobili già individuati ai sensi del decreto-legge n. 262 del 2006, per i quali le norme introducono, di fatto, una riapertura dei termini di regolarizzazione ai fini catastali e fiscali ovvero per i titolari di diritti reali sugli immobili individuati, entro il 31 dicembre 2010, a seguito del completamento della procedura da parte dell’Agenzia.

Nel caso di inadempienza dei titolari, infatti, sarebbe la stessa Agenzia ad attribuire una rendita presunta, avvalendosi di elementi tecnici forniti dai comuni e della collaborazione di Ordini professionali. Per assicurare un maggior gettito dal 2011, tali operazioni, fermo restando il termine per l’accatastamento spontaneo del 31 dicembre 2010, dovrebbero concludersi nei primi mesi dell’anno, anteriormente alla scadenza del termine per la presentazione delle dichiarazioni IRPEF.  

Tuttavia, gli stessi risultati dell’attività svolta fino ad ora mostrano come gli accatastamenti per adempimento spontaneo rappresentino meno del 40 per cento del totale degli accatastamenti effettuati a seguito della procedura e, soprattutto, riguardino unità immobiliari che espongono una rendita catastale media inferiore rispetto a quella del complesso delle unità accatastate a tale titolo.

Alla luce di tali evidenze statistiche prevedere la decorrenza dal 2011 dell’intero effetto di gettito annuo stimato a regime (fatti saldi gli effetti di saldo e acconto) potrebbe rivelarsi poco prudenziale.

Andrebbe, inoltre, chiarito il motivo in base al quale la quantificazione non considera gli effetti fiscali delle rendite catastali, dichiarate spontaneamente o attribuite, riferiti agli anni pregressi, che potrebbe incrementare l’effetto complessivo di gettito realizzabile.

Ai sensi dell’articolo 2, comma 36, della legge n. 262 del 2006 tali effetti fiscali si producono dal primo gennaio dell’anno successivo alla data cui riferire la mancata presentazione della dichiarazione catastale, ovvero, in assenza di tale indicazione, dal 1° gennaio dell’anno di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale del comunicato con il quale l’Agenzia del territorio ha reso noto l’elenco dei comuni oggetto dell’attività e, per ciascun comune, l’elenco delle particelle catastali sulle quali insistono unità immobiliari non dichiarate in catasto.  Poiché, ai sensi del comma 8 dell’articolo in esame, sono tenuti a presentare la dichiarazione di aggiornamento catastale entro il 31 dicembre 2010 i contribuenti titolari di diritti reali sugli immobili non dichiarati individuati con riferimento ai comunicati pubblicati dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2009, per tali contribuenti sarà necessario sanare la propria posizione debitoria nei confronti del fisco per un numero di esercizi pregressi da uno a tre, in considerazione della data di pubblicazione dell’elenco contenente le particelle catastali su cui insistono gli immobili non dichiarati.

 


 

Articolo 19, comma 16-bis
(Procedure alienazione alloggi edilizia residenziale pubblica.)

 

16-bis. All'articolo 58 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, al comma 7, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, anche per quanto attiene alla alienazione degli immobili di cui alla legge 24 dicembre 1993, n. 560».

 

 

Il comma 16-bis, introdotto nel corso dell'esame al Senato, interviene sull'art. 58, comma 7, del decreto-legge 112/2008.

Con tale intervento si specifica che anche per le procedure di alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica (e.r.p.) di cui alla legge 560/1993 (secondo la quale sono alloggi e.r.p. quelli acquisiti, realizzati o recuperati, ivi compresi quelli di cui alla legge 52/1976, a totale carico o con il concorso o contributo dello Stato, della regione o di enti pubblici territoriali, nonché con i fondi derivanti da contributi dei lavoratori ai sensi della legge 60/1963, dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali, nonché dagli IACP e dai loro consorzi comunque denominati e disciplinati con legge regionale) vi è la possibilità di individuare forme di valorizzazione - nel rispetto dei principi di salvaguardia dell’interesse pubblico e mediante l’utilizzo di strumenti competitivi - alternative rispetto alla procedura di valorizzazione del patrimonio immobiliare prevista dal comma 1 dell'art. 58 del citato decreto legge 112/2008.

 

Si ricorda che il comma 7 del decreto legge 112/2008, che qui si novella, dispone che i soggetti di cui al comma 1 possono in ogni caso individuare forme di valorizzazione alternative, nel rispetto dei principi di salvaguardia dell'interesse pubblico e mediante l'utilizzo di strumenti competitivi.

Il comma 1, prevede che siano regioni, province, comuni e altri enti locali a disporre l’individuazione, con delibera del proprio organo di Governo e in base della documentazione dei propri archivi ed uffici, dei singoli beni immobili che ricadono nel territorio di propria competenza. Per l'individuazione è richiesta la redazione di un apposito elenco. I beni devono essere non strumentali all’esercizio delle proprie funzioni istituzionali e suscettibili di essere valorizzati ovvero dismessi.

 

La disposizione in esame stabilirebbe quindi, in via esplicita, che per le modalità di alienazione degli immobili e.r.p. si possono adottare le procedure di valorizzazione del patrimonio immobiliare previste dall'art. 58 del decreto-legge 112/2008, in alternativa alla procedura individuata dalla citata legge 560/1993.

 

Si ricorda che la legge n. 560/1993 ha consentito agli enti proprietari di alloggi e.r.p. di porre in vendita parte dei patrimonio immobiliare amministrato. La disciplina introdotta con tale legge, come modificata dalla legge 136/1999, ha definito i requisiti richiesti agli acquirenti, i criteri per la determinazione del prezzo di vendita, la destinazione delle risorse così acquisite, fissando altresì una percentuale massima, pari al settantacinque per cento, del patrimonio alienabile nel territorio di ciascuna provincia.

Circa la potestà normativa dello Stato e delle Regioni in materia di edilizia residenziale pubblica, si ricorda la sentenza della Corte costituzionale n. 94/2007 ha chiarito che tale materia, non ricompresa né nel secondo e né nel terzo comma dell'art. 117 della Costituzione, “non consente, però, di concludere puramente e semplicemente nel senso che tutti gli aspetti di tale complessa materia debbano essere ricondotti alla potestà legislativa residuale delle Regioni”.

Come ribadito, da ultimo con la sentenza n. 121/2010, la materia dell'edilizia residenziale pubblica si estende su tre livelli normativi. Il primo riguardo all’offerta minima dei livelli essenziali dei diritti sociali e civili (Cost. art. 117, secondo comma, lett. m)); il secondo attiene al governo del territorio, materia concorrente; il terzo riguarda la gestione del patrimonio immobiliare, rientrante nella competenza legislativa residuale delle regioni (Cost. art. 117, quarto comma).

 

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo non prende in considerazione la norma.

 

La relazione tecnica, riferita al maxiemendamento presentato al Senato, non prende in considerazione la norma.

 

In merito ai profili di quantificazione, non ci sono osservazioni da formulare.


 

Articolo 20
(Adeguamento alle disposizioni comunitarie delle limitazioni all'uso del contante e dei titoli al portatore)

 


1. A fini di adeguamento alle disposizioni adottate in ambito comunitario in tema di prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo, le limitazioni all'uso del contante e dei titoli al portatore, di cui all'articolo 49, commi 1, 5, 8, 12 e 13, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, sono adeguate all'importo di euro cinquemila.

2. In ragione di quanto disposto dal comma 1, ed al fine di rafforzarne l'efficacia, al decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, sono apportate le seguenti modifiche:

     a) nell'articolo 49, al comma 13, le parole: «30 giugno 2009» sono sostituite dalle seguenti: «30 giugno 2011»;

     b) all'articolo 58, dopo il comma 7 è aggiunto il seguente comma: «Per le violazioni previste dai precedenti commi, la sanzione amministrativa pecuniaria non può comunque essere inferiore nel minimo all'importo di tremila euro. Per le violazioni di cui al comma 1 che riguardano importi superiori a cinquantamila euro la sanzione minima è aumentata di cinque volte. Per le violazioni di cui ai commi 2, 3 e 4 che riguardano importi superiori a cinquantamila euro le sanzioni minima e massima sono aumentate del cinquanta per cento.».

2-bis. È esclusa l'applicazione delle sanzioni di cui all'articolo 58 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, per la violazione delle disposizioni previste dall'articolo 49, commi 1, 5, 8, 12 e 13 del medesimo decreto, commesse nel periodo dal 31 maggio 2010 al 15 giugno 2010 e riferite alle limitazioni di importo introdotte dal comma 1 del presente articolo.


 

 

L’articolo 20 in esame interviene, al comma 1, sull'articolo 49 del D.Lgs. n. 231 del 2007[32] riducendo da 12.500 a 5.000 euro la soglia massima per l’utilizzo del contante e dei titoli al portatore.

La predetta modifica, realizzata al fine di adeguare le disposizioni adottate in ambito comunitario dirette a prevenire l’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, interessa, in particolare, i commi 1, 5, 8, 12 e 13 del citato articolo 49, dei cui limiti viene adeguato l'importo.

 

Si valuti al riguardo, sotto il profilo della tecnica legislativa, l'opportunità di intervenire sotto forma di una novella sui predetti commi 1, 5, 8, 12 e 13 dell'articolo 49 anziché prevedere, come fa il testo in esame, che "le limitazioni all'uso del contante ( ...) sono adeguate all'importo di euro cinquemila".

 

Il citato articolo 49, recante “limitazioni all'uso del contante e dei titoli al portatore”, nella versione previgente le modifiche apportate dalla norma in commento, dispone fra l’altro:

-       il divieto di trasferimento di denaro contante o di libretti di deposito bancari o postali al portatore o di titoli al portatore in euro o in valuta estera, effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi, quando il valore oggetto di trasferimento, è complessivamente pari o superiore a 12.500 euro. Il trasferimento è vietato anche quando è effettuato con più pagamenti inferiori alla soglia che appaiono artificiosamente frazionati. Il trasferimento può tuttavia essere eseguito per il tramite di banche, istituti di moneta elettronica e Poste Italiane S.p.A. (comma 1);

-       l'obbligo di indicare negli assegni bancari e postali emessi per importi pari o superiori a 12.500 euro l'indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario e la clausola di non trasferibilità (comma 5);

-       la possibilità per gli istituti bancari e postali di rilasciare assegni circolari, vaglia postali e cambiari di importo inferiore a 12.500 euro, su richiesta scritta del cliente, senza la clausola di non trasferibilità (comma 8);

-       il divieto di detenere libretti di deposito bancari o postali al portatore con saldo pari o superiore a 12.500 euro. In via transitoria, relativamente ai libretti che alla data di entrata in vigore del decreto n. 231 del 2007[33] presentavano un saldo superiore al predetto limite, i clienti hanno tempo sino al 30 giugno 2009 per estinguere ovvero ridurre il saldo al di sotto della soglia fissata (commi 12 e 13).

 

In sostanza, la norma in esame reintroduce i limiti di importo all’uso del contante - finalizzati al contrasto del riciclaggio e del terrorismo - vigenti prima dell'entrata in vigore del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, che all'articolo 32 aveva elevato da 5.000 a 12.500 euro la soglia massima per l'utilizzo del contante e dei titoli al portatore.

 

Il comma 2, a seguito di quanto disposto dal comma precedente e al fine di rafforzarne l'efficacia, modifica gli articoli 49 e 58 del decreto legislativo n. 231 del 2007.

 

La lettera a), in particolare, interviene al comma 13 dell’articolo 49 al fine di posticipare di 2 anni (dal 30 giugno 2009 al 30 giugno 2011) il termine entro cui i libretti di deposito bancari o postali al portatore con saldo pari o superiore a 5.000 euro devono essere estinti (ovvero il loro saldo deve essere ridotto entro tale importo).

 

La lettera b) interviene all'articolo 58 del decreto legislativo n. 231 del 2007 aggiungendovi un comma.

 

Si ricorda che l'articolo 58 reca le disposizioni sanzionatorie relative alle violazioni delle disposizioni contenute nel Titolo III del decreto legislativo, titolo in cui è contenuto l'articolo 49 sopra citato.

L'articolo prevede, al comma 1, che fatta salva l'efficacia degli atti, alle violazioni delle disposizioni di cui all'articolo 49, commi 1, 5, 6 e 7, si applica una sanzione amministrativa pecuniaria dall'1 per cento al 40 per cento dell'importo trasferito.

Il comma 2 prevede che la violazione della prescrizione di cui all'articolo 49, comma 12, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 20 per cento al 40 per cento del saldo.

Ai sensi del comma 3 la violazione della prescrizione contenuta nell'articolo 49, commi 13 e 14, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 10 per cento al 20 per cento del saldo del libretto al portatore.

Ai sensi del comma 4 la violazione delle prescrizioni contenute nell'articolo 49, commi 18 e 19, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 20 per cento al 40 per cento dell'importo trasferito.

Il comma 5 punisce la violazione del divieto di cui all'articolo 50, comma 1, con una sanzione amministrativa pecuniaria dal 20 per cento al 40 per cento del saldo.

Il comma 6 punisce la violazione del divieto di cui all'articolo 50, comma 2, con una sanzione amministrativa pecuniaria dal 10 per cento al 40 per cento del saldo.

Ai sensi del comma 7, infine, la violazione dell'obbligo di cui all'articolo 51, comma 1, è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria dal 3 per cento al 30 per cento dell'importo dell'operazione, del saldo del libretto ovvero del conto.

 

Il comma (ottavo) che viene aggiunto al richiamato articolo 58 dal testo in esame prevede in particolare che:

§      per le violazioni previste dai precedenti commi, la sanzione amministrativa pecuniaria non può comunque essere inferiore nel minimo all’importo di tremila euro;

§      per le violazioni di cui al comma 1 (ossia violazioni delle disposizioni di cui all'articolo 49, commi 1, 5, 6 e 7) che riguardano importi superiori a cinquantamila euro la sanzione minima è aumentata di cinque volte;

§      per le violazioni di cui ai commi 2, 3 e 4 (ossia violazioni concernenti - rispettivamente - il comma 12, i commi 13 e 14, e i commi 18 e 19 dell'articolo 49) che riguardano importi superiori a cinquantamila euro le sanzioni minima e massima sono aumentate del cinquanta per cento.

 

Il comma 2-bis, inserito nel corso dell’esame del provvedimento presso il Senato, reca disposizioni dirette ad evitare l’applicazione delle sanzioni per le violazioni commesse nel periodo compreso tra il 31 maggio 2010 (data di entrata in vigore del decreto legge in esame) e il 15 giugno 2010 qualora siano riferite alle limitazioni di importo per l’uso del contante e di titoli al portatore introdotte dal comma 1 della norma in commento.

 

 

 

Profili finanziari (articolo 20)

Il prospetto riepilogativo non ascrive effetti finanziari alla norma.

 

La relazione tecnica non considera la norma. La relazione illustrativa chiarisce che l’obbligo di ricorrere a uno strumento di pagamento tracciabile per importi superiori a 5.000 euro concorre a limitare frodi, evasione fiscale e riciclaggio.

 

Nulla da osservare in merito ai profili di quantificazione.

 

 


 

Articolo 21
(Comunicazioni telematiche alla Agenzia delle Entrate)

 

1. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate sono individuate modalità e termini, tali da limitare al massimo l'aggravio per i contribuenti per la comunicazione telematica delle operazioni rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, di importo non inferiore a euro tremila. Per l'omissione delle comunicazioni, ovvero per la loro effettuazione con dati incompleti o non veritieri si applica la sanzione di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471.

 

 

L’articolo 21 prevede che con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate siano individuate modalità e termini per la comunicazione telematica delle operazioni rilevanti ai fini IVA, di importo non inferiore a 3.000 euro.

La disposizione non precisa in cosa si sostanzino i nuovi obblighi di trasmissione telematica, demandando al provvedimento direttoriale sia la tempistica sia l'ampiezza delle operazioni soggette a trasmissione.

È previsto tuttavia che l'introduzione dei nuovi adempimenti debba essere effettuata nell'ottica di «limitare al massimo l'aggravio per i contribuenti».

 

Si evidenzia che per l'emanazione del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate (in assenza del quale la norma è di fatto inefficace) non viene stabilito alcun termine.

 

La relazione al disegno di legge iniziale sottolinea che “disposizione mira a rafforzare gli strumenti a disposizione dell’amministrazione finanziaria per il contrasto e la prevenzione dei comportamenti fraudolenti soprattutto in materia di IVA (frodi «carosello» e false fatturazioni) ma anche in ambito di imposizione sul reddito. L’analisi e l’incrocio dei dati acquisiti tramite l’invio telematico permetterà una rapida ed efficace individuazione di soggetti a rischio frode ed evasione per una mirata ed immediata azione di controllo. Gli stessi dati consentiranno una più puntuale ricostruzione della congruità dei volumi d’affari e dei costi indicati nelle dichiarazioni nonché l’individuazione di spese e consumi di particolare rilevanza utili alla individuazione della capacità contributiva, in specie ai fini dell’accertamento sintetico. La limitazione dell’obbligo di comunicazione telematica alle sole cessioni e prestazioni di importo unitario superiore a 3.000 euro è inoltre coerente con le finalità della norma (perseguire le forme di frode ed evasione di maggiore rilevanza) e consente di circoscrivere gli adempimenti ad una ristretta platea dei titolari di partita IVA, escludendo in specie milioni di soggetti di minori dimensioni per i quali gli oneri connessi all’adempimento dell’obbligo in questione appaiono non proporzionati alla pur importante finalità della disposizione”.

 

La norma individua infine il sistema sanzionatorio applicabile nelle ipotesi di omissione delle comunicazioni telematiche, ovvero di una loro effettuazione con dati incompleti o non veritieri: è prevista in tali casi l'applicazione della sanzione prevista dall'articolo 11 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 (sanzione amministrativa compresa tra un minimo di 258 e un massimo di 2.065 euro).

 

Si ricorda infatti che l'articolo 11 del decreto legislativo n. 471 del 1997[34] punisce - al comma 1, lettera a) - con la sanzione amministrativa da lire cinquecentomila a lire quattro milioni:

-        l'omissione di ogni comunicazione prescritta dalla legge tributaria anche se non richiesta dagli uffici o dalla Guardia di finanza al contribuente o a terzi nell'esercizio dei poteri di verifica ed accertamento in materia di imposte dirette e di IVA;

-        l'invio di tali comunicazioni con dati incompleti o non veritieri.

 

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo allegato al testo iniziale ascrivealla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Maggiori entrate

0

627,5

836,7

836,7

0

627,5

836,7

836,7

0

627,5

836,7

836,7

 

La relazione tecnica allegata al testo iniziale afferma che gli adempimenti introdotti con la norma in esame (unitamente alla norma sulle modalità di pagamento delle cessioni e delle prestazioni di cui all’articolo 20 del provvedimento in esame), nonché le sanzioni previste in caso di violazione, determineranno sicuri effetti di deterrenza dei comportamenti evasivi con conseguente recupero di gettito.

Ai fini della valutazione degli effetti sul gettito, la relazione tecnica considera l’ammontare dell’IVA netta incassata nel 2009, pari a 105.990 milioni di euro, di cui circa 1.400 milioni derivanti da attività di recupero di evasione pregressa. Al netto di tale recupero, si perviene ad un gettito IVA di riferimento di 104.590 milioni di euro.

Limitando prudenzialmente la stima dell’efficacia dissuasiva della disposizione al solo ambito IVA, senza considerare gli effetti positivi che potrebbero derivare nell’ambito dell’imposizione diretta, si stima, in particolare, un maggior gettito progressivamente crescente negli anni dal 2011 al 2013. Tale maggior gettito è commisurato allo 0,6 per cento del gettito 2009 per l’esercizio 2011 ed allo 0,8 per cento negli esercizi successivi.    

 

In merito ai profili di quantificazione, si osserva che la stima proposta non appare corredata da informazioni e dati che consentono di suffragare le percentuali di incremento di gettito stimate.

Gli effetti considerati, inoltre, appaiono connotati da un margine di aleatorietà in quanto dipendenti da adempimenti spontanei dei contribuenti, che dovrebbero essere indotti ad ottemperare ai nuovi obblighi di trasmissione per l’effetto di deterrenza insito nelle sanzioni applicabili in caso di violazione.

Andrebbe, inoltre, chiarito se la mancata previsione di effetti per l’esercizio in corso sia ascrivibile ai tempi di attuazione delle disposizioni stesse. A tal fine è, infatti, prevista l’adozione di un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate per il quale le norme stesse non fissano alcun termine ultimo di emanazione.


 

Articolo 22
(Aggiornamento dell’accertamento sintetico)

 


1. Al fine di adeguare l'accertamento sintetico al contesto socio-economico, mutato nel corso dell'ultimo decennio, rendendolo più efficiente e dotandolo di garanzie per il contribuente, anche mediante il contraddittorio, all'articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, con effetto per gli accertamenti relativi ai redditi per i quali il termine di dichiarazione non è ancora scaduto alla data di entrata in vigore del presente decreto, i commi quarto, quinto, sesto, settimo e ottavo, sono sostituiti dai seguenti:

«L'ufficio, indipendentemente dalle disposizioni recate dai commi precedenti e dall'articolo 39, può sempre determinare sinteticamente il reddito complessivo del contribuente sulla base delle spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d'imposta, salva la prova che il relativo finanziamento è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d'imposta, o con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile.

La determinazione sintetica può essere altresì fondata sul contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva individuato mediante l'analisi di campioni significativi di contribuenti, differenziati anche in funzione del nucleo familiare e dell'area territoriale di appartenenza, con decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale con periodicità biennale. In tale caso è fatta salva per il contribuente la prova contraria di cui al quarto comma.

La determinazione sintetica del reddito complessivo di cui ai precedenti commi è ammessa a condizione che il reddito complessivo accertabile ecceda di almeno un quinto quello dichiarato.

L'ufficio che procede alla determinazione sintetica del reddito complessivo ha l'obbligo di invitare il contribuente a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell'accertamento e, successivamente, di avviare il procedimento di accertamento con adesione ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218. Dal reddito complessivo determinato sinteticamente sono deducibili i soli oneri previsti dall'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986 n. 917; competono, inoltre, per gli oneri sostenuti dal contribuente, le detrazioni dall'imposta lorda previste dalla legge.».


 

 

L’articolo 22 reca modifiche all’istituto dell’accertamento sintetico dei tributi (di cui all’articolo 38, quarto comma e seguenti, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600[35]), con l’esplicita finalità (comma 1) di adeguarlo al contesto socio-economico mutato nel corso dell'ultimo decennio, renderlo più efficiente e dotarlo di garanzie per il contribuente, anche mediante il contraddittorio.

 

Nel dettaglio, la disposizione in esame sostituisce i commi da quarto a ottavo del citato articolo 38, con effetto sugli accertamenti relativi ai redditi per i quali il termine di dichiarazione non èancora scaduto al 31 maggio 2010, data di entrata in vigore del decreto in esame.

 

L’accertamento sintetico, esperibile esclusivamente nei confronti delle persone fisiche, consente agli uffici finanziari di determinare sinteticamente il reddito complessivo netto del contribuente in base a una serie di elementi e nei casi previsti dalla legge.

Nel dettaglio, l’originario comma quarto dell’articolo 38 consentiva all’Amministrazione finanziaria - indipendentemente dalle disposizioni in tema di rettifica delle dichiarazioni, nonché da quanto risultante dalle scritture contabili – di esperire tale determinazione del reddito in base ad elementi e circostanze di fatto certi, in relazione al contenuto induttivo di tali elementi e circostanze, ove il reddito complessivo netto accertabile si discostasse per almeno un quarto da quello dichiarato.

Era demandato a un decreto del Ministro delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, di stabilire le modalità in base alle quali l'ufficio potesse determinare induttivamente il reddito o il maggior reddito, in relazione ad elementi indicativi di capacità contributiva individuati dal decreto stesso, ove il reddito dichiarato non risultasse congruo rispetto ai predetti elementi per due o più periodi di imposta (cd. “redditometro”)[36].

Qualora l'ufficio determinasse sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la stessa si presumeva sostenuta, salvo prova contraria, con redditi conseguiti, in quote costanti, nell'anno in cui fosse stata effettuata e nei quattro precedenti (quinto comma dell’articolo 38, nella sua formulazione originaria).

Era concessa al contribuente la facoltà di dimostrare, anche prima della notificazione dell'accertamento, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente fosse costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta. L'entità di tali redditi e la durata del loro possesso dovevano risultare da idonea documentazione (originario sesto comma).

Non si consentiva di dedurre dal reddito complessivo così determinato gli oneri previsti come deducibili ai fini dell’imposta sui redditi; ai fini dell’imposta locale sui redditi (addizionali locali) il maggior reddito accertato sinteticamente doveva essere considerato reddito di capitale, salva la facoltà del contribuente di provarne l'appartenenza ad altre categorie di redditi (originario settimo comma). Infine, l’ottavo comma disponeva l’applicazione dell’accertamento sintetico anche ove il contribuente non ottemperasse agli inviti disposti dagli uffici nell’espletamento dei loro poteri di accertamento delle imposte.

 

Ai sensi del novellato quarto comma dell’articolo 38, l’Amministrazione è sempre autorizzata a determinare sinteticamente il reddito complessivo del contribuente anche sulla base delle spese di qualsiasi genere, sostenute nel corso del periodo d'imposta.

Viene fatta salva la prova che il relativo finanziamento sia avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d'imposta, o con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile.

Tale ultima disposizione riprende in parte il contenuto dell’originario sesto comma dell’articolo 38.

 

Il novellato quinto comma dell’articolo 38 consente all’Amministrazione di fondare l’accertamento sintetico anche sulla base del contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva, individuato mediante l'analisi di campioni significativi di contribuenti, differenziati anche in funzione del nucleo familiare e dell'area territoriale di appartenenza, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale con periodicità biennale.

Anche per tale ipotesi è fatta salva, per il contribuente, la prova contraria.

 

Dal tenore della disposizione novellata si evince che nella determinazione sintetica del reddito può prendersi in considerazione la tipologia e la consistenza del nucleo familiare del contribuente (ad esempio l'età e il numero dei componenti o la presenza o meno di figli) nonché la sua localizzazione territoriale (si presume l'area geografica ed il tipo di comune in cui si risiede).

 

Ai sensi del novellato sesto comma, condizione per tale determinazione sintetica del reddito complessivo è uno scostamento tra il reddito complessivo accertabile e quello dichiarato di almeno un quinto.

 

Con le disposizioni in esame si amplia il novero di elementi utili all’Amministrazione per l’accertamento sintetico, che – alla luce delle nuove norme – comprende ora anche qualsiasi spesa sostenuta nel periodo d’imposta. Inoltre, è abbassata la soglia necessaria all’attivazione di tale istituto (scostamento tra reddito accertato e reddito dichiarato di un quinto, in luogo dell’originaria misura di un quarto). Non viene riproposta la disposizione secondo cui l'accertamento induttivo è possibile quando il reddito dichiarato non risulta congruo per due o più periodi di imposta. In assenza di tale previsione, pertanto, ai fini dell'accertamento sembrerebbe sufficiente uno scostamento realizzatosi anche in un singolo periodo di imposta.

E’ eliminato il riferimento agli incrementi patrimoniali (originario comma quinto) secondo cui, se l'ufficio determina sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la stessa si presume sostenuta, salvo prova contraria, con redditi conseguiti, in quote costanti, nell'anno in cui è stata effettuata e nei quattro precedenti.

 

Il novellato settimo comma prevede che l'ufficio procedente all’accertamento sintetico debba invitare il contribuente a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell'accertamento e, successivamente, di avviare il procedimento di accertamento con adesione (disciplinato dall'articolo 5 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218[37]).

 

Il novellato ottavo comma dell’articolo 38 –a differenza di quanto previsto dall’originario settimo comma – consente di dedurre, dal reddito determinato sinteticamente, gli oneri previsti come deducibili dall’IRPEF ai sensi dell’articolo 10 del TUIR (Testo unico delle imposte sui redditi, di cui al DPR 22 dicembre 1986, n. 917); inoltre, competono al contribuente le detrazioni dall'imposta lorda previste dalla legge.

 

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo allegato al testo iniziale ascrivealla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Maggiori entrate

0

741,2

1.268,8

1.374,7

0

741,2

708,8

814,7

0

741,2

708,8

814,7

 

La relazione tecnica allegata al testo iniziale afferma che le modifiche normative introdotte con l’articolo in esame presentano una rilevante valenza dissuasiva che inciderà sui comportamenti dei contribuenti Irpef, assoggettabili all’accertamento sintetico, determinando un aumento dei redditi dichiarati e, di conseguenza, dell’imposta assolta.

Ai fini della stima di tale incremento, la relazione considera l’ammontare dei versamenti Irpef per autotassazione effettuati nel 2009, pari a 21.176 milioni di euro, ed ipotizza un aumento di tali versamenti dell’ordine, rispettivamente, del 2 per cento nel 2011, del 2,5 per cento nel 2012 anno in cui il nuovo strumento di accertamento sintetico basato sull’analisi delle spese effettivamente sostenute dal contribuente entrerà a pieno regime. Nel 2013 è previsto un incremento del 3 per cento.

A decorrere dal 2012, inoltre, la relazione tecnica sconta un ulteriore incremento annuo delle entrate, derivante dall’attività di accertamento svolta sul territorio, stimabile in termini di cassa in 100 milioni di euro e, in termini di competenza, ai fini del saldo netto da finanziare, in 660 milioni di euro.    

 

In merito ai profili di quantificazione, si ribadisce la connotazione di aleatorietà insita nella quantificazione di entrate derivanti da adesione spontanea, basata sull’ipotesi di un incremento dell’adeguamento volontario dei contribuenti.

Al fine di suffragare la stima, in termini di maggior gettito, derivante sia dall’adeguamento spontaneo che dall’accertamento, andrebbero altresì forniti i parametri di riferimento, riscontrabili anche sulla base dei dati ricavati dall’esame degli  effetti conseguiti con l’introduzione di analoghi strumenti di accertamento sintetico, ovvero da indagini e studi condotti a tal fine, attraverso l’analisi dei dati fiscali e dei risultati della lotta all’evasione.

Con riferimento alle maggiori entrate derivanti dal 2012 dall’attività di accertamento, occorrerebbe acquisire chiarimenti sul tasso di realizzazione degli incassi, rispetto alle maggiori imposte accertate, ipotizzato dalla relazione tecnica, pari a circa il 15 per cento (100/660*100).

Tale tasso risulta superiore a quello utilizzato nella relazione tecnica medesima per quantificare gli effetti di altre misure di lotta all’evasione contenute nel provvedimento in esame (ad es. per gli articoli 23 e 24), assunto pari al 10 per cento.

Infatti, ove l’ipotesi di risultati migliori in termini di incassi fosse correlata all’obbligo da parte dell’amministrazione finanziaria di avviare con il contribuente, dopo una fase informativa, una procedura di accertamento con adesione, occorre rilevare come tali forme di accertamento flessibile, se da un lato appaiono più idonee a garantire il buon esito dell’attività accertatrice, dall’altro determinano un significativo abbattimento delle sanzioni e, a volte, della stessa maggiore imposta accertata.

Andrebbero, infine, fornite indicazioni circa i tempi di attuazione delle disposizioni. Le norme, infatti, in merito all’individuazione degli elementi indicativi di capacità contributiva, sui quali dovrebbe fondarsi la determinazione sintetica del reddito presunto, fanno riferimento ad un decreto del MEF da pubblicare con periodicità biennale, senza indicare il termine ultimo per l’adozione del primo di tali provvedimenti.

Infatti, è indubbio che la conoscenza o meno delle tipologie di spese assunte ai fini della presunzione di capacità contributiva e dei coefficienti, attraverso i quali le spese effettuate si traducono in maggior reddito presunto, possono influenzare gli orientamenti dei contribuenti in sede di dichiarazione ed influenzare il tasso di adesione spontanea. 

 


 

Articolo 23
(Contrasto al fenomeno delle imprese “apri e chiudi”)

 

1. Le imprese che cessano l'attività entro un anno dalla data di inizio sono specificamente considerate ai fini della selezione delle posizioni da sottoporre a controllo da parte dell'Agenzia delle entrate, della Guardia di Finanza e dell'INPS, in modo da assicurare una vigilanza sistematica sulle situazioni a specifico rischio di evasione e frode fiscale e contributiva.

 

 

L’articolo 23 prevede che, al fine di individuare le posizioni da sottoporre a controllo da parte dell’Agenzia delle entrate, della Guardia di Finanza e dell’INPS, debbano essere specificamente considerate le imprese che cessano l’attività entro un anno dalla data di inizio, in modo da assicurare una vigilanza sistematica sulle situazioni a specifico rischio di evasione e frode fiscale e contributiva.

Come precisa la Relazione illustrativa che accompagna il disegno di legge di conversione, la norma ha lo scopo di concentrare una specifica azione di vigilanza fiscale su una categoria di contribuenti considerati a particolare rischio di frode o evasione fiscale, ovvero le imprese cosiddette “apri e chiudi”.

 

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo allegato al testo iniziale ascrivealla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

 (milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Maggiori entrate

0

1.000

660

660

0

100

100

100

0

100

100

100

 

 

La relazione tecnica allegata al testo iniziale, ai fini della valutazione degli effetti sul gettito, considera il numero delle partite IVA che hanno sia aperto che chiuso l’attività nel 2009, pari a 2.801 società e 37.592 ditte individuali.

Secondo la relazione, la portata numerica del fenomeno induce a ritenere che gli effetti dissuasivi dei controlli, unitamente agli accertamenti che conseguiranno, avranno un sicuro effetto in termini di maggior gettito. Tale effetto è stimato in termini di incassi effettivi in 100 milioni annui, ai quali corrisponderebbero, in termini di competenza ed al solo fine del saldo netto da finanziare, 1.000 milioni di euro nel 2011 e 660 milioni di euro annui dal 2012, in ragione di un miglioramento del rapporto tra somme riscosse e maggiori imposte accertate, a seguito di un rafforzamento dell’attività di accertamento.  

 

In merito ai profili di quantificazione, andrebbe chiarito se gli effetti di maggior gettito ascritti alla disposizione siano imputabili per lo più all’efficacia dissuasiva dei controlli annunciati dalla norma e, quindi, ad una adesione spontanea dei contribuenti, come sembra affermare la relazione tecnica, ovvero esclusivamente all’attività di accertamento.

La prima ipotesi risulterebbe accreditata dalla circostanza che le attività di accertamento in questione potrebbero essere effettuate anche, attraverso indirizzi da attuare in via amministrativa, sulla base della vigente legislazione. Tuttavia, le stime riportate nel prospetto riepilogativo, con le evidenti divaricazioni fra effetti di competenza e di cassa, e la relativa modulazione temporale inducono a ritenere che detti effetti, scontati ai fini della manovra, siano stati calcolati proprio con riferimento all’attività di accertamento. In proposito andrebbero acquisiti chiarimenti, ai fini della verifica dello sviluppo quantitativo e temporale delle stime di gettito.


 

Articolo 24
(Contrasto al fenomeno delle imprese in perdita “sistemica”)

 

1. La programmazione dei controlli fiscali dell'Agenzia delle entrate e della Guardia di finanza deve assicurare una vigilanza sistematica, basata su specifiche analisi di rischio, sulle imprese che presentano dichiarazioni in perdita fiscale, non determinata da compensi erogati ad amministratori e soci, per più di un periodo d'imposta e non abbiano deliberato e interamente liberato nello stesso periodo uno o più aumenti di capitale a titolo oneroso di importo almeno pari alle perdite fiscali stesse.

2. Anche ai fini di cui al comma 1, nei confronti dei contribuenti non soggetti agli studi di settore né a tutoraggio, l'Agenzia delle entrate e la Guardia di finanza realizzano coordinati piani di intervento annuali elaborati sulla base di analisi di rischio a livello locale che riguardino almeno un quinto della platea di riferimento.

 

 

L’articolo 24, modificato durante l’esame del provvedimento al Senato, reca disposizioni volte a indirizzare l’attività di controllo dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di finanza verso il contrasto del il fenomeno delle imprese in perdita fiscale cosiddetta “sistemica”.

 

A tal fine, il comma 1 obbliga i predetti soggetti a programmare i controlli fiscali in modo da assicurare una vigilanza sistematica su imprese che presentano dichiarazioni in perdita fiscale per più di un periodo di imposta. Tale perdita non deve essere determinata da compensi erogati ad amministratori e soci.

La disposizione prevede che la vigilanza sistematica si basi su specifiche analisi di rischio.

In ordine alla formulazione della norma, potrebbe prendersi in considerazione l’opportunità di demandare a un provvedimento di attuazione la precisazione dei criteri per l’effettuazione delle “analisi di rischio”, eventualmente demandando a tale fonte la definizione dei rischi rilevanti e la modalità di effettuazione delle analisi.

 

La Relazione illustrativa precisa che l’esclusione del caso in cui le perdite sono determinate da compensi erogati ad amministratori e soci è motivata dal fatto che in tale ipotesi - dal punto di vista fiscale - la perdita dell’impresa è controbilanciata dai redditi dei percipienti, assoggettati a tassazione sul reddito delle persone fisiche.

 

A seguito delle modifiche operate durante l’esame del provvedimento al Senato, è stata prevista un’ulteriore condizione perché tali imprese siano sottoposte ai predetti controlli da parte dell’Amministrazione finanziaria: ovvero, non devono aver deliberato e interamente liberato, nello stesso periodo (più di un periodo d’imposta) uno o più aumenti di capitale a titolo oneroso, di importo almeno pari alle perdite fiscali stesse.

 

Il comma 2 prevede che, anche ai fini della suddetta vigilanza sistemica sulle imprese in perdita, siano realizzati dei piani annuali coordinati di intervento nei confronti dei contribuenti non soggetti agli studi di settore né a tutoraggio.

La Relazione illustrativa in proposito precisa che la norma contenuta nel comma 2 “ha la finalità di intensificare l’attività di controllo su di un segmento di contribuenti assai rilevante in termini di gettito fiscale atteso, e che pertanto presenta un rischio di evasione complessiva particolarmente elevato (determinato in misura consistente, proprio per questo segmento di soggetti, dalla esposizione di perdite fiscali)”.

Si specifica inoltre che tale norma, “determinando nei contribuenti la consapevolezza del potenziamento dell’attività di controllo (sempre maggiore via via che lo stesso verrà in concreto attuato sfruttando al massimo le sinergie tra l’Agenzia e la Guardia di finanza), comporterà effetti fortemente dissuasivi delle più disparate pratiche evasive ed elusive che emergono in modo sempre più significativo dalle attività di controllo fiscale”.

 

I suddetti piani di intervento devono essere elaborati sulla base di analisi di rischio a livello locale, che riguardino almeno un quinto della platea di riferimento.

 

Si ricorda che gli studi di settore (introdotti nell’ordinamento dall’articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331) sono strumenti diretti a facilitare la ricostruzione induttiva dei redditi d’impresa e di lavoro autonomo, attraverso la determinazione di funzioni di ricavo e compenso per gruppi omogenei di contribuenti operanti nello stesso settore di attività.

Essi valutano la capacità di produrre ricavi o conseguire compensi dalle singole attività economiche e si avvalgono di un metodo informatizzato, elaborato su base statistica, che consente ai contribuenti il calcolo dei ricavi o dei compensi presunti dall’attività di ogni singola impresa o professionista (c.d. procedura di calcolo). Gli studi sono realizzati tramite la raccolta sistematica di dati: sia quelli di carattere fiscale, sia quelli di tipo “strutturale” che caratterizzano l’attività e il contesto economico in cui questa si svolge. In particolare essi sono realizzati rilevando, per ogni singola attività economica, le relazioni esistenti tra le variabili contabili e quelle strutturali, sia interne (processo produttivo, area di vendita, ecc.) che esterne all’azienda o all’attività professionale. Essi tengono infatti conto delle caratteristiche dell’area territoriale e del contesto economico in cui opera l’azienda.

Per quanto concerne il tutoraggio, gli articoli 13 e 14 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 hanno previsto regimi fiscali agevolati per coloro che iniziano una nuova attività imprenditoriale o di lavoro autonomo (art. 13), nonché per i soggetti che svolgono attività cosiddette marginali (art. 14).

Le suddette disposizioni agevolative consistono, in sintesi:

-        nell’esonero da numerosi adempimenti contabili;

-        nella concessione di un credito di imposta per l’acquisto delle apparecchiature informatiche;

-        nella convenienza economica derivante dall’applicazione, relativamente al reddito conseguito, dell’imposta sostituiva dell’IRPEF e relative addizionali regionali e comunali, e della non concorrenza dello stesso reddito alla formazione del reddito complessivo IRPEF, con conseguente eliminazione della progressività delle aliquote;

-        nei vantaggi derivanti dall’assistenza gratuita fornita direttamente dall’Agenzia delle Entrate.

Da un punto di vista operativo l’assistenza si esplica prevalentemente attraverso il servizio telematico e, in tutti i casi in cui l’informazione richiesta dall’utente non può essere trattata in maniera automatica, attraverso rapporti diretti con gli uffici, anche mediante posta elettronica.

A partire dal 16 ottobre 2001 è stata pertanto resa disponibile la procedura di “tutoraggio” per i soggetti che hanno optato per i regimi fiscali agevolati previsti per le nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo e per le attività marginali.

 

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo allegato al testo iniziale del provvedimento, ascrivealla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Maggiori entrate

0

1433,1

1485

1.526

0

533,1

925

966,3

0

533,1

925

966,3

 

La relazione tecnica, riferita al testo iniziale afferma che, ai fini della valutazione degli effetti sul gettito, sono stati considerati i dati delle dichiarazioni relative ai periodi d’imposta 2006 e 2007, dai quali si desume che il reddito dichiarato dalle imprese interessate ammonta complessivamente a circa 32 miliardi di euro.

Per la stima si è considerato un reddito di circa 30 miliardi di euro, al fine di tenere conto degli effetti della crisi determinatasi nell’ultimo biennio, e si è ipotizzato che l’effetto dissuasivo delle norme comporti un incremento di tale reddito dichiarato del 3 per cento nel 2011, del 7 per cento nel 2012 e del 9 per cento nel 2013. Tali incrementi, applicando un’aliquota media del 27,5 per cento, determinano un aumento di gettito di 247,5 milioni di euro nel 2011, di 577,5 milioni di euro nel 2012 e di 742,5 milioni di euro dal 2013.

La stima non considera gli effetti che potrebbero determinarsi in termini di IVA e di altre imposte indirette.

La relazione, inoltre, quantifica ulteriori effetti di gettito, connessi all’aumento dei controlli, valutabili in termini di 100 milioni di euro di incassi annui. Per competenza, ai fini del saldo netto da finanziare l’importo si cifra in 1.000 milioni di euro per l’anno 2011 e di 660 milioni di euro dal 2012, in ragione di un miglioramento del rapporto tra incassi effettivi e maggiori imposte accertate, a seguito del rafforzamento dell’attività di controllo ed accertamento.

 

La relazione tecnica allegata al maxiemendamento presentato al Senato precisa che le modifiche introdotte hanno limitato l’ambito di applicazione delle disposizioni alle imprese in perdita per più di un periodo d’imposta che non abbiano deliberato, nel medesimo periodo, aumenti di capitale a titolo oneroso di importo almeno pari alle perdite fiscali stesse. Tale limitazione non genera variazioni sostanziali rispetto agli effetti positivi stimati in sede di relazione tecnica originaria.

 

In merito ai profili di quantificazione, occorre in primo luogo acquisire più puntuali indicazioni quantitative circa gli effetti della modifica introdotta dal Senato. La norma, infatti, che appare ridurre la platea delle imprese oggetto di vigilanza sistematica in sede di controlli fiscali, potrebbe ridimensionare gli effetti di maggiore entrata stimati dalla relazione tecnica originaria.

Non sono inoltre esplicitate le ipotesi e le evidenze statistiche alla base dell’individuazione degli effetti risultanti dall’attività di accertamento. Si osserva in proposito che tali effetti, in termini di cassa e di competenza sono stimati in misura identica a quelli previsti per l’introduzione delle disposizioni di cui al precedente articolo 23, in materia di contrasto al fenomeno delle imprese “apri e chiudi”.

Pur ritenendosi che tali stime di risultato debbano interpretarsi come obiettivi minimi dell’attività di accertamento, tuttavia, occorre segnalare che, anche in base a tale interpretazione, i suddetti obiettivi dovrebbero essere diversamente modulati in relazione alla numerosità dei contribuenti appartenenti al segmento specifico oggetto di controlli mirati, alla probabilità di emersione di comportamenti evasivi o elusivi ed alla loro natura, alla relativa posizione reddituale dei contribuenti, nonché alla tipologia delle imposte evase.


 

Articolo 25
(Contrasto di interessi: ritenuta operata su bonifici bancari e postali)

 

1. A decorrere dal 1o luglio 2010 le banche e le Poste Italiane SPA operano una ritenuta del 10 per cento a titolo di acconto dell'imposta sul reddito dovuta dai beneficiari, con obbligo di rivalsa, all'atto dell'accredito dei pagamenti relativi ai bonifici disposti dai contribuenti per beneficiare di oneri deducibili o per i quali spetta la detrazione d'imposta. Le ritenute sono versate con le modalità di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate sono individuate le tipologie di pagamenti nonché le modalità di esecuzione degli adempimenti relativi alla certificazione e alla dichiarazione delle ritenute operate.

 

 

L’articolo 25 in esame assoggetta ad una ritenuta del 10 per cento a titolo di acconto dell’imposta sul reddito dovuta dai beneficiari, i pagamenti effettuati mediante bonifici disposti dai contribuenti per beneficiare di oneri deducibili o per i quali spetta la detrazione d’imposta.

 

La disposizione prevede che la ritenuta d'acconto debba essere operata da Poste Italiane SPA o dalle banche del beneficiario del bonifico nel momento in cui le somme sono accreditate in favore del soggetto. La decorrenza è fissata dal 1° luglio 2010.

Il versamento delle ritenute deve essere effettuato secondo le modalità ordinarie, ossia entro il 16 del mese successivo a quello in cui è stata operata la ritenuta (ai sensi di quanto previsto dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241).

 

Si ricorda che l'articolo 17 citato prevede che i contribuenti eseguano versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate. Tale compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva. La compensazione del credito annuale o relativo a periodi inferiori all'anno dell'imposta sul valore aggiunto, per importi superiori a 10.000 euro annui, può essere effettuata a partire dal giorno sedici del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell'istanza da cui il credito emerge.

 

La norma rinvia ad un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate la individuazione delle tipologie di pagamenti interessate dalla disposizione in esame e le modalità con cui dovranno essere effettuati gli adempimenti relativi alla certificazione e alla dichiarazione delle ritenute operate.

Il Provvedimento, emanato in data 30 giugno 2010 (prot. N. 94288/1010), ha precisato che la ritenuta alla fonte è effettuata sui pagamenti relativi ai bonifici disposti per:

a)      spese di intervento di recupero del patrimonio edilizio, ai sensi dell’articolo 1, della legge n. 449/1997 (“spese di ristrutturazione”);

b)      spese per interventi di risparmio energetico ai sensi dell’articolo 1, commi da 344 a 347, della legge n. 296/2006.

 

Si evidenzia che la rubrica dell'articolo in esame recita "contrasto di interessi". In ambito fiscale si ha contrasto di interessi fra un venditore e un compratore quando la convenienza a evadere dell'uno trova un ostacolo nella convenienza a rendere nota la transazione al fisco da parte dell'altro. Riconoscendo al compratore la possibilità di portare in deduzione/detrazione dalle proprie imposte una parte consistente del valore del bene o servizio acquistato, gli si dà un incentivo a farsi rilasciare evidenza fiscale (fattura, ricevuta, scontrino) dell’avvenuta transazione dal venditore, che viene quindi costretto a soddisfare i propri obblighi fiscali.

 

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo allegato al testo iniziale del provvedimento ascrivealla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Maggiori entrate

354,5

755,5

559,1

 

354,5

755,5

559,1

 

354,5

755,5

559,1

 

Minori entrate

 

 

 

167,7

 

 

 

167,7

 

 

 

167,7

 

 

La relazione tecnica allegata al testo iniziale afferma che, dai dati provvisori delle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche presentate nel 2009, si desume un ammontare di spesa sostenuta nel periodo d’imposta 2008 per recupero del patrimonio edilizio per la quale spetta la detrazione d’imposta, pari a circa 6 miliardi di euro.

Ai fini della quantificazione degli effetti delle disposizioni, la relazione tecnica assume le seguenti ipotesi:

§      le norme si applicano a decorrere dal giugno 2010;

§      la spesa sostenuta annualmente per le ristrutturazioni edilizie, per il periodo di durata residua dell’agevolazione, il cui termine è previsto per il  31 dicembre 2012, subisce un incremento del 20 per cento rispetto all’analogo dato 2008, portandosi al livello di 7,2 miliardi di euro, per effetto di una possibile emersione di base imponibile dovuta all’introduzione della misura in esame;

§      anche in assenza della proroga dell’agevolazione, successivamente al 2012, il 25 per cento delle spese viene pagato comunque tramite bonifico bancario (25%*7,2 mld = 1,8 mld), cui corrisponde un gettito a titolo di ritenuta d’acconto di 180 milioni di euro.

Sulla base di tali ipotesi, la relazione stima i seguenti effetti di maggiore entrata per competenza derivanti dalla  ritenuta del 10 per cento applicata dalle banche e da Poste Italiane S.p.a. a titolo di acconto IRPEF dovuta dai beneficiari, con obbligo di rivalsa, all’atto di accredito dei pagamenti dei bonifici disposti dai contribuenti per beneficiare di oneri deducibili o per i quali spetta la detrazione d’imposta.

 

(milioni di euro)

COMPETENZA

2010

2011

2012

2013

2014

Ritenuta di acconto

360

720

720

180

180

 

Si determina un’emersione di spese (20%*6 miliardi = 1,2 mld) che, a loro volta, determinano un recupero di base imponibile IVA, in base all’aliquota ridotta del 10 per cento, pari a 1.090,9 milioni di euro (1,2 mld/1,10), cui corrisponde un maggior gettito IVA, in ragione d’anno, di 109,1 milioni.

Applicando alla suddetta base imponibile un’aliquota media delle imposte dirette pari al 30 per cento (26 per cento imposte dirette e 4 per cento IRAP) la relazione stima un incremento di gettito di 327,3 milioni di euro in ragione d’anno (1.090,9*30%).

Per cassa, considerando il versamento della ritenuta di acconto entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui è stata operata, il versamento a saldo ed acconto delle imposte dirette, nonché lo scomputo in sede di saldo della ritenuta di acconto versata, la relazione espone i seguenti risultati.

 

(milioni di euro)

DATI DI CASSA

2010

2011

2012

2013

2014

Ritenuta di acconto

300

360

0

-495

0

Dirette e IRAP

0

286,4

450

327,3

-245,5

IVA

54,5

109,1

109,1

0

0

TOTALE

354,5

755,5

559,1

-167,7

-245,5

 

 

In merito ai profili di quantificazione, si osserva che andrebbero acquisiti chiarimenti su alcune delle ipotesi assunte alla base della quantificazione proposta.

In particolare, si rileva che non appare sufficientemente motivata la previsione di un incremento, rispetto al 2008, dell’ammontare delle spese per interventi di recupero edilizio, per effetto dell’emersione indotta dalla nuova misura. Si tratta, peraltro, di un incremento abbastanza elevato (20 per cento) la cui adozione determina larga parte del gettito netto positivo atteso dalle disposizioni, nel residuo periodo di vigenza dell’agevolazione per interventi edilizi.

In merito, si rileva che non sono esplicitati i dati e le valutazioni che accreditano sia la previsione del suddetto incremento, sia la misura del medesimo.

In proposito si osserva, altresì, che, trattandosi di pagamenti la cui effettuazione tramite bonifico bancario è condizione essenziale ai fini dell’accesso all’agevolazione da parte del committente degli interventi di recupero ed essendo tale agevolazione limitata ad un plafond massimo di spesa individuale (36 per cento delle spese sostenute fino ad un massimo di 48.000 euro), sussiste già a legislazione vigente, da parte del committente l’interesse ad utilizzare pienamente il limite massimo di spesa detraibile.

Andrebbero, inoltre, forniti chiarimenti circa l’ipotesi assunta dalla relazione tecnica in base alla quale, negli anni successivi al 2012, pur in assenza della proroga dell’agevolazione per gli interventi di recupero edilizio, il 25 per cento delle spese sarà comunque pagato tramite bonifico bancario.

In proposito si ricorda che la norma autorizza le banche e le Poste italiane S.p.a. ad operare una ritenuta “all’atto dell’accredito dei pagamenti relativi ai bonifici disposti dai contribuenti per beneficiare di oneri deducibili o per i quali spetta la detrazione d’imposta”.

L’agevolazione per gli interventi di recupero edilizio scade a fine 2012 e per la fruizione della medesima è condizione necessaria il pagamento delle spese sostenute attraverso bonifico bancario. Pertanto, in assenza di proroga, le medesime spese effettuate dal 2013, ancorché pagate tramite bonifico, non darebbero diritto ad alcuna detrazione e non rientrerebbero quindi nell’ambito applicativo della disposizione in esame. Pertanto, non sembrerebbe giustificato, ai fini degli effetti di gettito della ritenuta d’acconto, la previsione di entrate commisurata al 25 per cento delle suddette spese di recupero edilizio. In proposito andrebbe acquisito l’avviso del Governo.

Si segnala, d’altro canto, che, la relazione tecnica non considera i pagamenti per interventi di risparmio energetico previsti ai sensi dell’articolo 1, commi 344, 345 346 e 347 della legge n. 296 del 2006, ai quali, in base a quanto affermato dal provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 30 giugno 2010 (Protocollo n. 94288/2010), dovrebbe applicarsi il prelievo in esame. La detrazione prevista da tali norme, ove non prorogata, si applicherebbe alle spese sostenute a tutto il 31 dicembre 2010, i cui pagamenti siano effettuati tramite bonifico bancario. Tale prelievo è suscettibile di incrementare, rispetto alla stima della RT, il gettito aggiuntivo acquisibile nel 2010.

Si segnala infine che la norma, in termini di cassa, determina effetti di riduzione del gettito nel 2014, non riportati nel prospetto riepilogativo complessivo, che è limitato al 2013.

 


 

Articolo 26
(Disposizioni antielusive in materia di prezzi di trasferimento applicati negli scambi transnazionali con società controllate)

 


1. A fini di adeguamento alle direttive emanate dalla Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico in materia di documentazione dei prezzi di trasferimento ed ai princìpi di collaborazione tra contribuenti ed amministrazione finanziaria, all'articolo 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, dopo il comma 2-bis, è inserito il seguente:

«2-ter. In caso di rettifica del valore normale dei prezzi di trasferimento praticati nell'ambito delle operazioni di cui all'articolo 110, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, da cui derivi una maggiore imposta o una differenza del credito, la sanzione di cui al comma 2 non si applica qualora, nel corso dell'accesso, ispezione o verifica o di altra attività istruttoria, il contribuente consegni all'Amministrazione finanziaria la documentazione indicata in apposito provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate idonea a consentire il riscontro della conformità al valore normale dei prezzi di trasferimento praticati. Il contribuente che detiene la documentazione prevista dal provvedimento di cui al periodo precedente, deve darne apposita comunicazione all'Amministrazione finanziaria secondo le modalità e i termini ivi indicati. In assenza di detta comunicazione si rende applicabile il comma 2.».

2. Ai fini dell'immediata operatività delle disposizioni di cui al comma 1, il provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate deve essere emanato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. La comunicazione concernente periodi d'imposta anteriori a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, deve essere comunque effettuata entro novanta giorni dalla pubblicazione del provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate.


 

 

L’articolo 26 interviene, nell’ambito delle misure finalizzate a potenziare l’attività di contrasto all’evasione fiscale,sulla disciplina delle sanzioni applicate in sede di rettifica dei redditi indicati nelle dichiarazioni ed in particolare alle ipotesi in cui l’accertamento operato dall’Amministrazione finanziaria sia collegato alla rettifica dei prezzi di trasferimento praticati negli scambi di beni e servizi effettuati nei confronti di società controllate, anche indirettamente, non residenti nel territorio dello Stato (transfer pricing[38]).

Ai sensi dell’articolo 110, comma 7, del TUIR il valore dei beni relativi ad operazioni effettuate con società non residenti nel territorio dello Stato, che direttamente o indirettamente controllano l'impresa o ne sono controllate, deve corrispondere al valore normale dei beni ceduti, dei servizi prestati e dei beni e servizi ricevuti. L’articolo 9, comma 3, del TUIR stabilisce che per valore normale si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi.

L’articolo 1, comma 2 del D.Lgs. n. 471/1997 dispone l’applicazione di una sanzione amministrativa in misura compresa tra il cento e il duecento per cento della maggiore imposta accertata, qualora in sede di verifica della dichiarazione dei redditi presentata l’Amministrazione accerti un imponibile superiore a quello dichiarato dal contribuente.

 

Sul piano normativo, il comma 1 interviene sul decreto legislativo n. 471/1997[39] inserendo un nuovo comma all’articolo 1 recante “Violazioni relative alla dichiarazione delle imposte dirette” e il comma 2 prevede l’emanazione di un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate finalizzato ad individuare la documentazione necessaria per la disapplicazione della sanzione amministrativa.

 

Più in particolare, il comma 1 introduce misure finalizzate ad aumentare l'azione di controllo dell'amministrazione finanziaria al fine dell'adeguamento alle direttive emanate dall’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) in materia di documentazione dei prezzi di trasferimento ed ai principi di collaborazione tra contribuenti ed amministrazione attraverso l'inserimento, all’articolo 1 del decreto legislativo n. 471 del 1997, del comma 2-ter.

Il nuovo comma 2-ter consente al contribuente di evitare attraverso la presentazione di apposita documentazione l’applicazione della sanzione di cui al comma 2 dell’articolo 1 del richiamato d.lgs. n. 471 per le infrazioni relative all’applicazione di prezzi di trasferimento diversi da quelli di mercato.

In altre parole, nell'ipotesi di rettifica del valore normale dei prezzi di trasferimento praticati nell’ambito delle operazioni di cui all’articolo 110, comma 7, del TUIR, da cui derivi una maggiore imposta o una differenza del credito, non si procede a sanzione se il contribuente consegna all’Amministrazione finanziaria la documentazione indicata in apposito provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate che consenta di riscontrare che i prezzi di trasferimento praticati sono conformi al valore normale.

La norma prevede pertanto una documentazione standardizzata - che sarà disciplinata con provvedimento direttoriale - idonea a consentire il riscontro della conformità al valore normale dei prezzi di trasferimento praticati dalle imprese.

 

Per poter usufruire del regime di esonero dalle sanzioni di cui al comma 2 sopra citato è tuttavia necessario che il contribuente che detiene la documentazione standardizzata ne dia apposita comunicazione all’Amministrazione finanziaria. Modalità e termini per effettuare la comunicazione saranno indicati nel succitato provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate.

 

Secondo quanto indicato nella relazione, la disposizione consentirebbe anzitutto all'amministrazione finanziaria di disporre in sede di controllo della documentazione necessaria ad effettuare il riscontro tra i prezzi determinati tra imprese associate multinazionali e quelli praticati in regime di concorrenza.

Contemporaneamente darebbe contezza alle imprese degli elementi conoscitivi necessari all'attuazione della propria politica di transfer pricing. La norma costituirebbe una leva motivazionale per le imprese residenti appartenenti a gruppi multinazionali ad adeguarsi all'onere imposto per legge prima di eventuali controlli o verifiche.

 

Il comma 2 del testo in esame stabilisce anzitutto che l'emanazione del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate debba essere effettuata entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto al fine di garantire l’immediata operatività delle disposizioni di cui al comma 1. In assenza di tale provvedimento che determini le caratteristiche della documentazione standardizzata la norma non potrebbe infatti essere applicata.

 

Si segnala che, secondo quanto riportato nella relazione, il provvedimento disciplinerà la materia in conformità al Codice di condotta sulla documentazione dei prezzi di trasferimento per le imprese associate nell'UE e con le direttive emanate dall'OCSE in materia di documentazione dei prezzi di trasferimento.

 

È infine previsto che, in sede di prima applicazione delle disposizioni in esame, i termini per la presentazione della Comunicazione da parte del contribuente per i periodi d’imposta anteriori a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto legge sono fissati in novanta giorni dalla pubblicazione del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate.

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo allegato al testo iniziale del provvedimento ascrivealla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Maggiori entrate

0

650,8

414,7

414,7

0

650,8

414,7

414,7

0

650,8

414,7

414,7

 

La relazione tecnica allegata al testo iniziale, al fine di quantificare gli effetti delle disposizioni in esame - che prevedono, per le società che effettuano operazioni con società non residenti, con le quali sussistono rapporti di controllo, l’introduzione ai fini fiscali di una documentazione standardizzata ai fini del riscontro della conformità al valore normale dei prezzi di trasferimento praticati nelle operazioni infragruppo - considera i risultati dell’attività di controllo svolta dall’Agenzia delle entrate per gli anni di imposta 2006 e 2007, relativamente a tale segmento di contribuenti.

L’ammontare dei maggiori imponibili derivanti dalla constatazione di rilievi in materia di prezzi di trasferimento praticati nell’ambito delle suddette operazioni ammonta complessivamente a 753 milioni di euro. Tale maggiore imponibile è rapportato al reddito imponibile dichiarato, al netto delle perdite, dalle società sottoposte a controllo per gli anni oggetto delle constatazioni. La percentuale risultante, pari al 18,7 per cento, è stata, quindi, applicata all’ammontare del reddito imponibile dichiarato, per il periodo d’imposta 2007, dai grandi contribuenti per i quali risulti, dalle dichiarazioni, l’esistenza di rapporti di controllo con soggetti non residenti. Per grandi contribuenti si intendono quelli che abbiano dichiarato un volume di affari, ricavi o compensi, non inferiore a 100 milioni di euro annui.

La relazione tecnica motiva tale scelta metodologica con un duplice ordine di considerazioni:

§      dagli esiti delle attività di controllo dell’amministrazione finanziaria sono stati rilevati, per i grandi contribuenti, elevati livelli di rischio connessi alla valutazione delle transazioni infragruppo con soggetti non residenti;

§      la previsione normativa connessa all’introduzione di obblighi documentali in materia di prezzi di trasferimento rappresenta, per i suddetti contribuenti, una opportunità in termini di certezza e trasparenza riguardo alle transazioni infragruppo, favorendo un aumento di gettito dovuto ad una maggiore compliance.

La stima commisurata al reddito dei soli grandi contribuenti avrebbe, comunque, carattere prudenziale in quanto la previsione normativa rileva per la totalità dei contribuenti che effettuano transazioni con soggetti collegati o controllati esteri.

La platea dei grandi contribuenti considerata nella stima consiste di 1.600 soggetti che hanno dichiarato in riferimento al 2007 redditi imponibili per circa 40.800 milioni di euro. Applicando a tale reddito imponibile la percentuale del 18,7 per cento, si determina un maggior reddito imponibile potenziale di 7.630 milioni di euro, cui corrisponde, sulla base di un’aliquota IRES del 27,5 per cento, un’imposta teorica di 2.098 milioni di euro.

La relazione tecnica ipotizza, quindi, che una parte dei contribuenti, corrispondente al 15 per cento dell’imposta teorica stimata, si adeguerà spontaneamente, adottando valutazioni delle transazioni infragruppo conformi al valore normale dei beni e servizi oggetto delle transazioni. Ne consegue un maggior gettito annuo a regime pari a 314,7 milioni di euro. Per cassa, considerando le modalità di versamento a saldo ed in acconto, si determina un maggior gettito di 570,8 milioni di euro nel 2011 e di 314,7 milioni di euro annui dal 2012.

Dal 2011, inoltre, per effetto della maggior selezione delle posizioni da sottoporre a controllo, si determinerà una maggiore efficacia dell’azione accertatrice su tale segmento di contribuenti. Tale circostanza determinerà un effetto di maggior gettito pari a circa 200 milioni di euro, cui corrispondono incassi effettivi per 100 milioni di euro annui, in considerazione di una percentuale di definizione degli accertamenti pari al 50 per cento, riscontrata in tale segmento.

Prudenzialmente, per competenza, al livello di saldo netto da finanziare, la relazione tecnica sconta un ammontare pari a quanto effettivamente riscosso.

Pertanto complessivamente, per cassa e per competenza si determina un effetto di maggior gettito di 650,8 milioni di euro nel 2011 e di 414,7 milioni di euro annui dal 2012.

 

In merito ai profili di quantificazione, si osserva che la stima del maggior gettito effettuata potrebbe risultare non del tutto prudenziale. Infatti, è applicata al reddito imponibile dei grandi contribuenti una percentuale del 18,7 per cento, ricavata come rapporto tra le maggiori somme accertate ed il reddito imponibile dei contribuenti sottoposti a controllo, cui sono stati contestati rilievi riguardanti i prezzi di trasferimento. La stima non tiene, pertanto, conto degli importi finali, risultanti dalle definizioni cui si è pervenuti dopo l’accertamento, di ammontare presumibilmente inferiore a quanto inizialmente accertato.

Si rileva, inoltre, che, a differenza delle quantificazioni proposte in riferimento alle norme in materia di contrasto all’evasione contenute nei precedenti articoli sin qui esaminati, nella stima in esame il rapporto effettivo tra riscosso ed accertato si attesta intorno al 50 per cento (anziché il 10 per cento generalmente stimato). Inoltre gli effetti in termini di competenza giuridica e, quindi, di saldo netto da finanziare, derivanti dall’attività di accertamento sono registrati per un ammontare pari alle somme che si ritiene di poter effettivamente riscuotere.

Tale criterio di stima, che assicura una maggiore prudenzialità, non è omogeneo a quelli utilizzati in relazione ad altre norme del provvedimento in esame che intervengono nella materia dell’accertamento.

 


 

Articolo 27
(Adeguamento alla normativa europea in materia di operazioni intracomunitarie ai fini del contrasto delle frodi)

 


1. Al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) all'articolo 35, comma 2, dopo la lettera e) è inserita la seguente: «e-bis) per i soggetti che intendono effettuare operazioni intracomunitarie di cui al Titolo II, Capo II del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, la volontà di effettuare dette operazioni;

     b) all'articolo 35, dopo il comma 7 sono inseriti i seguenti:

«7-bis. Per i soggetti che hanno effettuato l'opzione di cui al comma 2, lettera ebis) entro trenta giorni dalla data di attribuzione della partita IVA, l'Ufficio può emettere provvedimento di diniego dell'autorizzazione a effettuare le operazioni di cui al Titolo II, Capo II del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427.».

«7-ter. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate sono stabilite le modalità di diniego o revoca dell'autorizzazione di cui al comma 7-bis.»;

     c) all'articolo 35, dopo il comma 15-ter è aggiunto il seguente:

«15-quater. Ai fini del contrasto alle frodi sull'IVA intracomunitaria, con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate sono stabiliti i criteri e le modalità di inclusione delle partite IVA nella banca dati dei soggetti passivi che effettuano operazioni intracomunitarie, ai sensi dell'articolo 22 del Regolamento (CE) del 7 ottobre 2003, n. 1798.».


 

 

L’articolo 27 reca norme volte ad adeguare l’ordinamento italiano alle prescrizioni europee di contrasto alle frodi in materia di operazioni intracomunitarie.

Nel dettaglio, le disposizioni introducono (attraverso modifiche all’articolo 35 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633[40]) un regime autorizzatorio per l’effettuazione di operazioni intracomunitarie, a cura dell’Agenzia delle entrate.

 

Come precisa la Relazione illustrativa che accompagna il provvedimento in esame, le norme recepiscono le indicazioni dell’Anti tax fraud strategy (ATFS) expert group (Gruppo di esperti antifrode in seno alla Commissione europea), che ha sottolineato l’importanza dell’affidabilità delle informazioni contenute nelle banche dati degli Stati membri relative alle posizioni IVA, individuando altresì gli elementi di criticità presenti nella normativa degli Stati membri relativa alle modalità di attribuzione e cancellazione dei numeri identificativi IVA.

In particolare, gli elementi di criticità sono dati dai seguenti elementi

-        frammentarietà delle informazioni che i fornitori possono ottenere sulle posizioni IVA dei propri clienti;

-        esecuzione di controlli meramente formali sulle domande di attribuzione delle partite IVA da parte di molti Stati membri;

-        mancato o tardivo aggiornamento del sistema VIES (VAT Information Exchange System) riguardo a partite IVA chiuse.

Si ricorda che VIES (in italiano sistema elettronico di scambio dati sull'IVA) è un servizio telematico – messo a disposizione, in Italia, sul sito internet dell’Agenzia delle entrate – che consente agli operatori commerciali titolari di una partita IVA che effettuano cessioni intracomunitarie, di verificare la validità del numero di identificazione IVA dei loro clienti, attraverso il collegamento con i sistemi fiscali degli Stati membri dell'Unione Europea.

L'articolo 22 del Regolamento (CE) del 7 ottobre 2003, n. 1798[41], prevede che in relazione all'archiviazione e allo scambio di informazioni concernenti operazioni intracomunitarie ciascuno Stato membro tiene una banca dati elettronica nella quale archivia ed elabora le informazioni concernenti elenchi riepilogativi ai fini dell’IVA.

Per consentire l'uso di tali informazioni nell'ambito delle procedure previste dal regolamento si procede alla loro archiviazione per un periodo di almeno cinque anni a decorrere dalla fine dell'anno civile in cui si deve consentire l'accesso alle medesime. Gli Stati membri provvedono a che la banca dati sia aggiornata, completa ed esatta.

 

Nel dettaglio, sono inseriti tre nuovi commi (7-bis, 7-ter e 15-quater) al già citato articolo 35 del DPR n. 633 del 1972, nonché la lettera e-bis) al comma 2 della medesima disposizione.

 

L’articolo 35 prescrive che tutti i soggetti che intraprendono un’impresa, arte o professione nel territorio dello Stato, o vi istituiscono una stabile organizzazione, devono farne dichiarazione entro trenta giorni ad uno degli uffici locali dell'Agenzia delle entrate (ovvero ad un ufficio provinciale dell'imposta sul valore aggiunto della medesima Agenzia). L'ufficio attribuisce al contribuente un numero di partita IVA che resterà invariato anche nelle ipotesi di variazioni di domicilio fiscale fino al momento della cessazione dell'attività e che deve essere indicato nelle dichiarazioni, nella home-page dell'eventuale sito web e in ogni altro documento ove richiesto.

 

La lettera a) dell'articolo in esame inserisce al comma 2 dell’articolo 35 del D.P.R. n. 633 del 1972 una nuova lettera e-bis) per effetto della quale, in sede di dichiarazione di inizio attività per l'attribuzione della partita IVA, i soggetti che sono intenzionati ad effettuare operazioni intracomunitarie devono specificare, tra gli elementi prescritti dalla disposizione medesima, anche la volontà di effettuare tali operazioni.

 

La lettera b) inserisce i commi 7-bis e 7-ter all’articolo 35 del D.P.R. n. 633 del 1972.

 

Il comma 7-bis attribuisce agli uffici dell'Agenzia delle entrate, nei trenta giorni successivi all'attribuzione della partita IVA, la possibilità di emettere provvedimento di diniego dell'autorizzazione a effettuare operazioni intracomunitarie nei confronti di soggetti che hanno dichiarato tale volontà.

Le modalità di diniego o revoca dell'autorizzazione - ai sensi del successivo comma 7-ter – sono demandate a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate.

 

Infine, la lettera c) inserisce infine all’articolo 35 del D.P.R. n. 633 del 1972 il comma 15-quater.

Esso demanda ad un successivo provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate l'individuazione dei criteri e le modalità di inclusione delle partite IVA nella banca dati dei soggetti passivi che effettuano operazioni intracomunitarie.

 

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo allegato al testo iniziale ascrivealla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Maggiori entrate

 

191,5

 

 

 

191,5

 

 

 

191,5

 

 

 

La relazione tecnica allegata al testo iniziale afferma che, ai fini della stima delle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni in esame, che hanno la finalità di regolare la facoltà di effettuare operazioni intracomunitarie attraverso un regime autorizzatorio a cura degli uffici dell’Agenzia delle entrate, è stato considerato il volume delle cessioni operate da parte di soggetti passivi IVA residenti negli Stati membri della UE nei confronti di soggetti passivi nazionali. Tali acquisti intracomunitari sono imponibili nel paese di destinazione dei beni, quindi, in Italia.

Nel 2009 tale volume è stato pari a 155.056.256.536 euro. In base alla rilevazione svolta dall’Agenzia delle entrate sui dati VIES (VAT Information Exchange System) risulterebbero, invece, nel medesimo anno acquisti intracomunitari dichiarati da soggetti passivi italiani per un ammontare di 142.285.408.355 euro. Si evidenziano, pertanto, acquisti per un ammontare di 12.770.848.181 euro non dichiarati dagli operatori nazionali.

Si ricorda, in proposito, che il sistema VIES, operante sul sito dell’Agenzia delle entrate, consente agli operatori commerciali titolari di una partita IVA che effettuano cessioni intracomunitarie, di verificare la validità del numero di identificazione IVA dei loro clienti, attraverso il collegamento con i sistemi fiscali degli Stati membri dell'Unione Europea.

Ai fini della stima, la relazione tecnica presume che, a seguito dell’introduzione del regime autorizzatorio per l’effettuazione di operazioni intracomunitarie, il numero delle partite IVA registrate nel VIES si riduca di un quinto. Le maggiori entrate per il 2011 sono calcolate applicando un’aliquota media IVA del 15 per cento all’ammontare di un decimo dello scostamento registrato nel 2009, pervenendo ad una cifra di 191, 5 milioni di euro.   

 

In merito ai profili di quantificazione, si osserva, in primo luogo, che la relazione tecnica non esplicita i meccanismi mediante i quali si determina un recupero di gettito IVA tenuto conto che detto recupero è connesso ad effetti di contrasto all’evasione, mentre la procedura introdotta di autorizzazione all’effettuazione di operazioni intracomunitarie riguarda, nell’immediato, i soli soggetti passivi che intendono procedere all’apertura di partita IVA.

Si segnala, tra l’altro, che non è fissato alcun termine per l’emanazione del provvedimento direttoriale destinato a stabilire i criteri e le modalità di esposizione nel sistema comunitario del VIES delle partite IVA già attribuite in Italia in data antecedente all’entrata in vigore del provvedimento in esame, i cui titolari effettuano già operazioni intracomunitarie.


 

Articolo 28
(Incrocio tra le basi dati dell’INPS e dell’Agenzia delle entrate per contrastare la microevasione diffusa)

 


1. Al fine di contrastare l'inadempimento dell'obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi l'Agenzia delle Entrate esegue specifici controlli sulle posizioni dei soggetti che risultano aver percepito e non dichiarato redditi di lavoro dipendente ed assimilati sui quali, in base ai flussi informativi dell'INPS, risultano versati i contributi previdenziali e non risultano effettuate le previste ritenute.

2. Anche ai fini di cui al comma 1, le attività di controllo e di accertamento realizzabili con modalità automatizzate sono incrementate e rese più efficaci attribuendone la effettuazione ad apposite articolazioni dell'Agenzia delle entrate, con competenza su tutto o parte del territorio nazionale, individuate con il regolamento di amministrazione dell'Agenzia delle entrate di cui all'articolo 71, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. Conseguentemente, all'articolo 4 ed all'articolo 10 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, dopo le parole «centro di servizio» sono aggiunte le seguenti: «o altre articolazioni dell'Agenzia delle entrate, con competenza su tutto o parte del territorio nazionale, individuate con il regolamento di amministrazione di cui all'articolo 71 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, nell'ambito della dotazione organica prevista a legislazione vigente e anche mediante riorganizzazione, senza oneri aggiuntivi, degli Uffici dell'Agenzia.».


 

 

L’articolo 28 prevede al comma 1 che l’Agenzia delle Entrate esegue specifici controlli nei confronti di quei soggetti che risultano aver percepito e non dichiarato redditi di lavoro dipendente ed assimilati sui quali, in base ai flussi informativi dell’INPS, risultano versati i contributi previdenziali senza che risultino le previste ritenute.

La norma, finalizzata in termini generali al contrasto degli inadempimenti dell’obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi, intende colpire in particolare una serie rilevante di situazioni di microevasione diffusa[42] inerenti ai redditi di lavoro dipendente, che possono essere intercettate attraverso l'incrocio dei dati sui contributi che l'INPS fornisce all’Agenzia delle Entrate.

 

Il comma 2, anche al fine di realizzare gli obiettivi di cui al comma precedente, prevede di incrementare ed efficientare le attività di controllo e di accertamento realizzabili con modalità automatizzate.

A tal fine lo svolgimento di tali attività viene demandato ad "apposite articolazioni" dell’Agenzia delle entrate, con competenza su tutto o parte del territorio nazionale. Tali articolazioni saranno individuate con il regolamento di amministrazione dell'Agenzia delle entrate di cui all'articolo 71 del decreto legislativo n. 300 del 1999.

 

Si evidenzia che la norma in esame non individua, neppure sommariamente, le caratteristiche che dovranno assumere le suddette "articolazioni"[43], rimandando pertanto ogni specificazione al successivo atto regolamentare.

 

Al riguardo, si ricorda che l'articolo 71 del decreto legislativo n. 300 del 1999[44] prevede al comma 2 che con regolamento sono emanate disposizioni idonee a garantire l'indipendenza e l'autonomia tecnica del personale dipendente delle Agenzie fiscali. Ai sensi del comma 3 il regolamento di amministrazione è deliberato, su proposta del direttore dell'Agenzia, dal comitato di gestione ed è sottoposto al Ministro vigilante secondo le disposizioni dell'articolo 60 del decreto legislativo. Esso in particolare:

a)       disciplina l'organizzazione e il funzionamento dell'Agenzia;

b)       detta le norme per l'assunzione del personale dell'agenzia, per l'aggiornamento e per la formazione professionale;

c)       fissa le dotazioni organiche complessive del personale dipendente dall'Agenzia;

d)       determina le regole per l'accesso alla dirigenza.

 

Per effetto dell'attribuzione alle articolazioni dell’Agenzia delle entrate dei compiti di controllo ed accertamento automatizzati, al fine di garantire adeguata tutela giurisdizionale al contribuente, il comma in esame modifica gli articoli 4 e 10 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546[45].

Si tratta di modifiche che, in sostanza, sono dirette a riconoscere il ruolo di tali nuovi soggetti nell'ambito della disciplina relativa alla competenza territoriale ed alla legittimazione processuale dinanzi alle Commissioni tributarie.

 

In particolare l'articolo 4 del decreto legislativo n. 546 del 1992 detta norme in materia di competenza per territorio nel processo tributario, prevedendo che le commissioni tributarie provinciali sono competenti per le controversie proposte nei confronti degli uffici delle entrate o del territorio del Ministero delle finanze ovvero degli enti locali ovvero dei concessionari del servizio di riscossione, che hanno sede nella loro circoscrizione; se la controversia è proposta nei confronti di un centro di servizio "o altre articolazioni dell'Agenzia delle entrate" (secondo la modifica inserita) è competente la commissione tributaria provinciale nella cui circoscrizione ha sede l'ufficio al quale spettano le attribuzioni sul tributo controverso.

Per quanto concerne invece l'articolo 10 del decreto legislativo n. 546 del 1992, esso stabilisce che sono parti nel processo dinanzi alle commissioni tributarie oltre al ricorrente, l'ufficio del Ministero delle finanze o l'ente locale o il concessionario del servizio di riscossione che ha emanato l'atto impugnato o non ha emanato l'atto richiesto ovvero, se l'ufficio è un centro di servizio "o altre articolazioni dell'Agenzia delle entrate" (secondo la modifica inserita), l'ufficio delle entrate del Ministero delle finanze al quale spettano le attribuzioni sul rapporto controverso.

 

Profili finanziari

Comma 1 (Incrocio con le basi dati INPS)

 

Il prospetto riepilogativo allegato al testo iniziale ascrivealla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Maggiori entrate

0

100

66

66

0

10

10

10

0

10

10

10

 

La relazione tecnica riferita al testo iniziale afferma che la disposizione, che autorizza l’Agenzia delle entrate ad eseguire specifici controlli sulle posizioni di soggetti che risultano aver percepito e non dichiarato redditi di lavoro dipendente ed assimilati, in relazione ai quali, in base ai flussi informativi dell’INPS, risultano versati i contributi previdenziali e non risultano effettuate le ritenute fiscali, appare suscettibile di determinare un effetto di maggior gettito di difficile quantificazione.

La relazione osserva, tuttavia, che la platea di riferimento oggetto della disposizione appare enorme e l’incrocio dei dati previdenziali e fiscali farà sicuramente emergere numerose situazioni di omessa dichiarazione per ammontari peraltro non rilevanti e, quindi, facilmente definibili da parte degli interessati. Tali circostanze inducono a prevedere un recupero di gettito effettivo di almeno 10 milioni di euro annui dal 2011. 

Per competenza, ai fini del saldo netto da finanziare, le maggiori entrate sono contabilizzate per un ammontare di 100 milioni di euro nel 2011 e, a decorrere dal 2012, per un ammontare di 66 milioni di euro annui, in considerazione di un miglioramento del rapporto tra somme effettivamente riscosse e maggiori imposte accertate (dal 10 per cento al 15 per cento circa). 


Comma 2 (Riorganizzazione dell’Agenzia delle entrate)

 

Il prospetto riepilogativo allegato al testo iniziale del provvedimento ascrivealla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Maggiori entrate

0

1000

1.320

1.320

0

100

200

200

0

100

200

200

 

La relazione tecnica allegata al testo iniziale afferma che nell’anno 2009 le riscossioni riferibili alle maggiori imposte, interessi e sanzioni relative ad accertamenti automatizzati, effettuati ai sensi dell’articolo 41-bis del DPR  n. 600 del 1973 (accertamento parziale), nei confronti delle sole persone fisiche,  ammontano complessivamente a 160 milioni euro.

La norma in esame prevede che le attività di controllo e di accertamento realizzabili con modalità automatizzate siano incrementate e rese più efficaci attribuendone la realizzazione ad apposite articolazioni dell’Agenzia delle entrate, con competenza su tutto o parte del territorio nazionale, individuate con il regolamento di amministrazione di cui all’articolo 71 del D. Lgs. n. 300 del 1999.

La relazione afferma che le suddette articolazioni, individuate per l’espletamento delle attività di controllo ed accertamento realizzabili con modalità automatizzate, saranno dedicate ad attività specialistiche, ora attribuite agli uffici territoriali dell’Agenzia nell’ambito delle complessive attività di controllo di competenza. Tale circostanza comporta attualmente che, all’interno della capacità operativa disponibile presso ciascun ufficio, non tutte le posizioni lavorabili si concretizzino in accertamenti notificati ai contribuenti, bensì solo quelle rientranti nel piano annuale dei controlli.

L’organizzazione dedicata, con personale specializzato, attivata dalla norma, consentirà, secondo la relazione tecnica, di svolgere maggiori controlli con risorse quantitativamente inferiori.

La relazione stima maggiori incassi effettivi a regime, a titolo di maggiori imposte, interessi e sanzioni, nell’ordine di 200 milioni di euro annui dal 2012, mentre per il 2011 si stimano prudenzialmente maggiori incassi per 100 milioni di euro.

Per competenza, ai fini del saldo netto da finanziare, le maggiori entrate sono contabilizzate per un ammontare di 1000 milioni di euro nel 2011 e, a decorrere dal 2012, per un ammontare di 1.320 milioni di euro annui, in considerazione di un miglioramento del rapporto tra somme effettivamente riscosse e maggiori imposte accertate (dal 10 per cento al 15 per cento circa).

 

In merito ai profili di quantificazione, si osserva che andrebbero acquisiti i dati e elementi di valutazione disponibili, idonei a suffragare l’entità del recupero di gettito quantificato, con particolare riguardo agli effetti del comma 2 dell’articolo in esame.

In merito a tali effetti, in particolare, andrebbero fornite assicurazioni circa l’effettiva possibilità di conseguire maggiori incassi già dal 2011, in considerazione dei tempi di completamento della riorganizzazione delle apposite articolazioni dell’Agenzia dedicate in modo specialistico alla effettuazione dei controlli in questione, nonché dei tempi necessari per la eventuale formazione del personale ivi impiegato.

In merito alla possibilità di procedere a tale riassetto nell’ambito delle dotazioni organiche esistenti a legislazione vigente e senza oneri aggiuntivi per l’Agenzia, si segnala, infine, che nella Nota[46] trasmessa nel corso dell’iter al Senato, il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato ha confermato l’idoneità di tale clausola di invarianza. Nella Nota si afferma, in particolare, che le stesse norme garantirebbero la neutralità finanziaria, disponendo che l’Agenzia delle entrate provveda anche mediante la riorganizzazione degli uffici e, quindi, attraverso la ridistribuzione del personale.

 


 

Articolo 29, commi 1-6
(Concentrazione della riscossione nell’accertamento: disposizioni in materia di transazione fiscale, misure cautelari, procedure concorsuali)

 


1. Le attività di riscossione relative agli atti indicati nella seguente lettera a) notificati a partire dal 1o luglio 2011 e relativi ai periodi d'imposta in corso alla data del 31 dicembre 2007 e successivi, sono potenziate mediante le seguenti disposizioni:

     a) l'avviso di accertamento emesso dall'Agenzia delle entrate ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta sul valore aggiunto ed il connesso provvedimento di irrogazione delle sanzioni, devono contenere anche l'intimazione ad adempiere, entro il termine di presentazione del ricorso, all'obbligo di pagamento degli importi negli stessi indicati, ovvero, in caso di tempestiva proposizione del ricorso ed a titolo provvisorio, degli importi stabiliti dall'articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. L'intimazione ad adempiere al pagamento è altresì contenuta nei successivi atti da notificare al contribuente, anche mediante raccomandata con avviso di ricevimento, in tutti i casi in cui siano rideterminati gli importi dovuti in base agli avvisi di accertamento ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta sul valore aggiunto ed ai connessi provvedimenti di irrogazione delle sanzioni, anche ai sensi dell'articolo 8, comma 3-bis del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, dell'articolo 68 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, e dell'articolo 19 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472. In tali ultimi casi il versamento delle somme dovute deve avvenire entro sessanta giorni dal ricevimento della raccomandata;

     b) gli atti di cui alla lettera a) divengono esecutivi decorsi sessanta giorni dalla notifica e devono espressamente recare l'avvertimento che, decorsi trenta giorni dal termine ultimo per il pagamento, la riscossione delle somme richieste, in deroga alle disposizioni in materia di iscrizione a ruolo, è affidata in carico agli agenti della riscossione anche ai fini dell'esecuzione forzata, con le modalità determinate con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, di concerto con il Ragioniere generale dello Stato;

     c) in presenza di fondato pericolo per il positivo esito della riscossione, decorsi sessanta giorni dalla notifica degli atti di cui alla lettera a), la riscossione delle somme in essi indicate, nel loro ammontare integrale comprensivo di interessi e sanzioni, può essere affidata in carico agli agenti della riscossione anche prima dei termini previsti alle lettere a) e b);

     d) all'atto dell'affidamento e, successivamente, in presenza di nuovi elementi, il competente ufficio dell'Agenzia delle entrate fornisce, anche su richiesta dell'agente della riscossione, tutti gli elementi utili ai fini del potenziamento dell'efficacia della riscossione, acquisiti anche in fase di accertamento;

     e) l'agente della riscossione, sulla base del titolo esecutivo di cui alla lettera a) e senza la preventiva notifica della cartella di pagamento, procede ad espropriazione forzata con i poteri, le facoltà e le modalità previste dalle disposizioni che disciplinano la riscossione a mezzo ruolo. Decorso un anno dalla notifica degli atti indicati alla lettera a), l'espropriazione forzata è preceduta dalla notifica dell'avviso di cui all'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. L'espropriazione forzata, in ogni caso, è avviata, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l'accertamento è divenuto definitivo;

     f) a partire dal primo giorno successivo al termine ultimo per la presentazione del ricorso, le somme richieste con gli atti di cui alla lettera a) sono maggiorate degli interessi di mora nella misura indicata dall'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, calcolati a partire dal giorno successivo alla notifica degli atti stessi; all'agente della riscossione spettano l'aggio, interamente a carico del debitore, e il rimborso delle spese relative alle procedure esecutive, previsti dall'articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112;

     g) ai fini della procedura di riscossione contemplata dal presente comma, i riferimenti contenuti in norme vigenti al ruolo e alla cartella di pagamento si intendono effettuati agli atti indicati nella lettera a) ed i riferimenti alle somme iscritte a ruolo si intendono effettuati alle somme affidate agli agenti della riscossione secondo le disposizioni del presente comma; la dilazione del pagamento prevista dall'articolo 19 dello stesso decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, può essere concessa solo dopo l'affidamento del carico all'agente della riscossione e in caso di ricorso avverso gli atti di cui alla lettera a) si applica l'articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602;

     h) in considerazione della necessità di razionalizzare e velocizzare tutti i processi di riscossione coattiva, assicurando il recupero di efficienza di tale fase dell'attività di contrasto all'evasione, con uno o più regolamenti da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, anche in deroga alle norme vigenti, sono introdotte disposizioni finalizzate a razionalizzare, progressivamente, coerentemente con le norme di cui al presente comma, le procedure di riscossione coattiva delle somme dovute a seguito dell'attività di liquidazione, controllo e accertamento sia ai fini delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto che ai fini degli altri tributi amministrati dall'Agenzia delle entrate e delle altre entrate riscuotibili a mezzo ruolo.

2. All'articolo 182-ter del Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) al primo comma, dopo le parole «con riguardo all'imposta sul valore aggiunto» sono inserite le seguenti: «ed alle ritenute operate e non versate».

     b) il secondo periodo del sesto comma è sostituito dai seguenti: «La proposta di transazione fiscale, unitamente con la documentazione di cui all'articolo 161, è depositata presso gli uffici indicati nel secondo comma, che procedono alla trasmissione ed alla liquidazione ivi previste. Alla proposta di transazione deve altresì essere allegata la dichiarazione sostitutiva, resa dal debitore o dal suo legale rappresentante ai sensi dell'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, che la documentazione di cui al periodo che precede rappresenta fedelmente ed integralmente la situazione dell'impresa, con particolare riguardo alle poste attive del patrimonio.»;

     c) dopo il sesto comma è aggiunto il seguente: «La transazione fiscale conclusa nell'ambito dell'accordo di ristrutturazione di cui all'articolo 182-bis è revocata di diritto se il debitore non esegue integralmente, entro 90 giorni dalle scadenze previste, i pagamenti dovuti alle Agenzie fiscali ed agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie.».

3. All'articolo 87 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:

«2-bis. L'agente della riscossione cui venga comunicata la proposta di concordato, ai sensi degli articoli 125 o 126 del Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, la trasmette senza ritardo all'Agenzia delle entrate, anche in deroga alle modalità indicate nell'articolo 36 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, e la approva, espressamente od omettendo di esprimere dissenso, solamente in base a formale autorizzazione dell'Agenzia medesima.».

4. L'articolo 11 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, è sostituito dal seguente:

«Art. 11. – (Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte). – 1. È punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. Se l'ammontare delle imposte, sanzioni ed interessi è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni.

2. È punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di ottenere per sé o per altri un pagamento parziale dei tributi e relativi accessori, indica nella documentazione presentata ai fini della procedura di transazione fiscale elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi per un ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila. Se l'ammontare di cui al periodo precedente è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni.».

5. All'articolo 27, comma 7, primo periodo, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, le parole: «In relazione agli importi iscritti a ruolo in base ai provvedimenti indicati al comma 6 del presente articolo, le misure cautelari» sono sostituite dalle seguenti: «Le misure cautelari, che, in base al processo verbale di constatazione, al provvedimento con il quale vengono accertati maggiori tributi, al provvedimento di irrogazione della sanzione oppure all'atto di contestazione, sono».

6. In caso di fallimento, il curatore, entro i quindici giorni successivi all'accettazione a norma dell'articolo 29 del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, comunica ai sensi dell'articolo 9 del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2007, n. 40, i dati necessari ai fini dell'eventuale insinuazione al passivo della procedura concorsuale. Per la violazione dell'obbligo di comunicazione sono raddoppiate le sanzioni applicabili.


 

 

L’articolo 29, modificato durante l’esame del provvedimento al Senato, nei commi da 1 a 6, reca disposizioni eterogenee in materia di accertamento e riscossione dei tributi, transazione fiscale in sede di concordato preventivo, concordato fallimentare, misure cautelari e procedure concorsuali, complessivamente volte ad accelerare la riscossione dei tributi anticipandone in parte le procedure già nella fase dell’accertamento.

 

Il comma 1 dispone il potenziamento delle attività di riscossione relative a determinati atti indicati alla lettera a), qualora siano notificati a partire dal 1° luglio 2011 e riguardino i periodi d'imposta in corso alla data del 31 dicembre 2007 e successivi.

 

La lettera a) del comma 1, modificata nel corso dell’esame del provvedimento al Senato, dispone che l'avviso di accertamento delle imposte sui redditi e dell’IVA ed il connesso provvedimento di irrogazione delle sanzioni contengano anche l'intimazione al pagamento degli importi indicati negli stessi atti, entro il termine di presentazione del ricorso; ovvero, in caso di tempestiva proposizione del ricorso, degli importi da iscrivere a titolo provvisorio nei ruoli (secondo l'articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602[47]). Si tratta, in particolare, di imposte, contributi ed premi corrispondenti agli imponibili accertati dall'ufficio, nonché dei relativi interessi.

 

Si prevede altresì che l'intimazione ad adempiere al pagamento sia contenuta anche nei successivi atti da notificare al contribuente - anche mediante raccomandata con avviso di ricevimento – nei quali si proceda alla rideterminazione degli importi dovuti, in base agli avvisi di accertamento ai fini delle imposte sui redditi e dell’IVA ed ai provvedimenti di irrogazione delle sanzioni.

Per esplicita previsione della norma in esame, tale ultima prescrizione si applica anche ai seguenti casi:

§      invito ad adempiere - contenente l'indicazione delle somme dovute e dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa –, spedito dall’Amministrazione nel caso di mancato pagamento anche di una sola rata dell’importo dovuto a seguito di accertamento con adesione, ai sensi dell'articolo 8, comma 3-bis del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218[48];

§      pagamento frazionato del tributo e dei relativi interessi in pendenza di processo, nei casi in cui sia prevista la riscossione frazionata del tributo oggetto di giudizio davanti alle commissioni tributarie (ai sensi dell'articolo 68 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546[49]);

§      riscossione delle sanzioni, ai sensi dell'articolo 19 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472[50].

 

In tali ipotesi, il versamento delle somme dovute deve avvenire entro sessanta giorni dal ricevimento della raccomandata.

 

In sostanza, per effetto delle disposizioni in esame, l'avviso di accertamento emesso ai fini delle imposte sui redditi e dell'IVA ed il connesso provvedimento di irrogazione delle sanzioni costituiscono, a decorrere dal 1° luglio 2011, titolo esecutivo nei termini previsti dalle norme introdotte.

 

Ai sensi della successiva lettera b), modificata nel corso dell’esame del provvedimento al Senato, l’avviso di accertamento, il provvedimento di irrogazione della sanzione e gli atti in cui siano rideterminati gli importi da pagare diventano esecutivi decorsi 60 giorni dalla notifica (per effetto delle modifiche apportate al provvedimento durante l’esame al Senato; non più, come prevedeva la formulazione originaria della norma, all’atto della notifica) e devono espressamente recare l'avvertimento che, decorsi trenta giorni dal termine ultimo per il pagamento, la riscossione delle somme richieste - in deroga alle disposizioni in materia di iscrizione a ruolo - sarà affidata agli agenti della riscossione anche ai fini dell'esecuzione forzata, secondo modalità determinate con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle Entrate, di concerto con il Ragioniere generale dello Stato.

 

Da tale momento gli agenti della riscossione potranno dunque procedere ad esecuzione forzata.

 

Ai sensi della successiva lettera c), nel caso di fondato pericolo per l'esito della riscossione, decorsi sessanta giorni dalla notifica dei predetti atti, la riscossione integrale delle somme indicate (somme dovute nel loro ammontare massimo,sanzioni ed interessi), può essere affidata in carico agli agenti della riscossione anche prima dei termini indicati alle lettere a) (prima, dunque, del termine per la presentazione del ricorso o, per gli atti in cui si rideterminano gli importi dovuti, prima dei sessanta giorni decorrenti dalla ricezione della raccomandata) e b) (prima dei trenta giorni decorrenti dal termine ultimo per il pagamento).

 

Ai sensi della lettera d), all'atto dell'affidamento e, successivamente, in presenza di nuovi elementi, il competente ufficio dell'Agenzia delle entrate deve fornire - anche su richiesta dell'agente della riscossione - tutti gli elementi utili ai fini del potenziamento dell'efficacia della riscossione, compresi quelli acquisiti in fase di accertamento.

 

La lettera e) impone all'agente della riscossione, sulla base del titolo esecutivo di cui sopra e senza preventiva notifica della cartella di pagamento, di procedere all’espropriazione forzata. In tale ipotesi egli agisce con i poteri, le facoltà e le modalità previste dalle disposizioni che disciplinano la riscossione a mezzo ruolo.

Inoltre, decorso un anno dalla notifica degli atti suddetti, l'espropriazione forzata è preceduta dalla notifica dell’intimazione ad adempiere all'obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni (ai sensi dell'articolo 50 del DPR n. 602 del 1973[51]).

L'espropriazione forzata deve in ogni caso essere avviata, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l'accertamento è divenuto definitivo.

 

La lettera f) prescrive che, a partire dal primo giorno successivo al termine ultimo per la presentazione del ricorso, le somme richieste al debitore sono maggiorate degli interessi di mora (al tasso determinato annualmente con decreto del Ministero delle finanze con riguardo alla media dei tassi bancari attivi, secondo l'articolo 30 del DPR n. 602 del 1973), calcolati a partire dal giorno successivo alla notifica degli atti stessi.

All'agente della riscossione spettano:

§      l'aggio, posto interamente a carico del debitore;

§      il rimborso delle spese relative alle procedure esecutive.

 

Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 112 del 1999[52] l'attività degli agenti della riscossione è remunerata con un aggio pari al nove per cento delle somme iscritte a ruolo riscosse e dei relativi interessi di mora. Tale aggio è a carico del debitore:

a)    in misura del 4,65 per cento delle somme iscritte a ruolo, in caso di pagamento entro il sessantesimo giorno dalla notifica della cartella. In tal caso, la restante parte dell'aggio è a carico dell'ente creditore;

b)    integralmente, in caso contrario (comma 1).

All'agente della riscossione spetta il rimborso delle spese relative alle procedure esecutive, sulla base di una tabella approvata con decreto del Ministero delle finanze, con il quale sono altresì stabilite le modalità di erogazione del rimborso stesso. Tale rimborso è a carico:

a)    dell'ente creditore, se il ruolo viene annullato per effetto di provvedimenti di sgravio o se l'agente della riscossione ha trasmesso la comunicazione di inesigibilità;

b)    del debitore, negli altri casi (comma 6).

Le spese di notifica della cartella di pagamento sono a carico del debitore nella misura di euro 5,88; tale importo può essere aggiornato con decreto del Ministero delle finanze. Nei casi di cui al comma 6, lettera a), sono a carico dell'ente creditore le spese vive di notifica della stessa cartella di pagamento (comma 7-ter).

 

La successiva lettera g) prescrive che, ai fini della procedura di riscossione prevista dalle disposizioni in commento, i riferimenti contenuti in norme vigenti al ruolo e alla cartella di pagamento si intendono effettuati agli atti di accertamento, di irrogazione delle sanzioni ed ai successivi atti di rideterminazione degli importi come disciplinati dalla predetta lettera a), ovvero alle procedure accelerate di riscossione disciplinate dall’articolo in esame.

Inoltre, la medesima disposizione sancisce che i riferimenti alle somme iscritte a ruolo si intendono effettuati alle somme affidate agli agenti della riscossione, secondo le testé commentate disposizioni.

 

Si prevede inoltre che la dilazione del pagamento (che, ai sensi dell’articolo 19 dello D.P.R. n. 602 del 1973, è facoltà dell’agente della riscossione concedere al contribuente, nel caso di temporanea situazione di obiettiva difficoltà) può essere accordata solo dopo l'affidamento del carico all'agente della riscossione.

 

Inoltre, in caso di ricorso avverso gli atti di cui alla lettera a), esso non sospende la riscossione; tuttavia l'ufficio delle entrate o il centro di servizio ha facoltà di disporre la sospensione della riscossione in tutto o in parte, fino alla data di pubblicazione della sentenza della commissione tributaria provinciale, con provvedimento motivato notificato al concessionario e al contribuente. Il provvedimento può essere revocato ove sopravvenga fondato pericolo per la riscossione (articolo 39 del DPR n. 602 del 1973).

Sulle somme il cui pagamento è stato sospeso e che risultano dovute dal debitore a seguito della sentenza della commissione tributaria provinciale si applicano gli interessi al tasso del 4,5 per cento annuo, riscossi mediante ruolo formato dall'ufficio che ha emesso il provvedimento di sospensione.

 

Infine, la lettera h)demanda - nell'ottica di razionalizzare, velocizzare e recuperare efficienza in tutti i processi di riscossione coattiva – a uno o più regolamenti, da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, di introdurre disposizioni per la razionalizzazione delle procedure di riscossione coattiva delle somme dovute a seguito delle attività di liquidazione, controllo e accertamento relative alle imposte sui redditi, all'IVA e ad altri tributi amministrati nonché ad altre entrate riscuotibili a mezzo ruolo.

L'introduzione di tali disposizioni deve essere effettuata progressivamente, in coerenza con quanto disposto da comma in esame.

 

Il comma 2 dell'articolo 29 reca disposizioni in materia di transazione fiscale in sede di concordato preventivo, disciplinata dall’articolo 182-ter della legge fallimentare (R.D. 16 marzo 1942, n. 267[53]).

 

La transazione fiscale (articolo 182-ter, comma 1) è la possibilità di accompagnare al piano di concordato preventivo una proposta di pagamento, parziale o anche dilazionato, dei tributi amministrati dalle agenzie fiscali e dei relativi accessori, nonché dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie e dei relativi accessori, limitatamente alla quota di debito avente natura chirografaria. anche se non iscritti a ruolo, ad eccezione dei tributi costituenti risorse proprie dell'Unione europea. Con riguardo all'imposta sul valore aggiunto, la proposta può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento. Se il credito tributario o contributivo è assistito da privilegio, la percentuale, i tempi di pagamento e le eventuali garanzie non possono essere inferiori a quelli offerti ai creditori che hanno un grado di privilegio inferiore o a quelli che hanno una posizione giuridica ed interessi economici omogenei a quelli delle agenzie e degli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie; se il credito tributario o contributivo ha natura chirografaria, il trattamento non può essere differenziato rispetto a quello degli altri creditori chirografari ovvero, nel caso di suddivisione in classi, dei creditori rispetto ai quali è previsto un trattamento più favorevole.

 

Più in dettaglio, la lettera a) del comma 2 modifica il primo comma dell’articolo 182-ter, specificando che in sede di transazione fiscale anche le somme relative a ritenute operate e non versate possono essere oggetto solo di dilazione di pagamento, analogamente a quanto previsto per l’IVA.

 

Secondo la relazione illustrativa, tale previsione si fonda sul fatto che: a) anche le ritenute operate dal sostituto d'imposta a titolo di acconto sono utilizzate in detrazione dal sostituito, in diminuzione del proprio debito tributario; b) anche le ritenute d'acconto sono somme di terzi trattenute dal sostituto per riversarle allo Stato. Le analogie con l'IVA renderebbero pertanto irragionevole una disparità di trattamento.

 

La lettera b) del comma 2, modificando il secondo periodo del sesto comma dell’articolo 182-ter, anzitutto specifica che la proposta di transazione fiscale deve essere depositata unitamente alla documentazione di cui all'articolo 161 della legge fallimentare.

 

L'articolo 161 della legge fallimentare prevede che la domanda per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo (proposta con ricorso sottoscritto dal debitore al tribunale del luogo in cui l'impresa ha la propria sede principale) sia accompagnata da:

a)    un’aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'impresa;

b)    uno stato analitico ed estimativo delle attività e l'elenco nominativo dei creditori, con l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione;

c)    l'elenco dei titolari dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore;

d)    il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili.

Il piano e la documentazione suddetti devono essere accompagnati dalla relazione di un professionista che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano medesimo.

 

Viene poi precisato che il debitore - unitamente alla proposta di transazione fiscale - deve rilasciare una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà con la quale si assume personalmente la responsabilità di attestare che la documentazione suddetta (proposta di transazione fiscale e documentazione ex articolo 161) rappresenta fedelmente ed integralmente la situazione dell'impresa, specie in riferimento all'attivo del patrimonio.

 

La lettera c) aggiunge alla fine dell’articolo 182-ter un nuovo comma, secondo il quale la transazione fiscale conclusa nell’ambito dell’accordo di ristrutturazione di cui all’articolo 182-bis è revocata di diritto se il debitore non esegue integralmente - entro 90 giorni dalle scadenze previste - i pagamenti dovuti alle Agenzie fiscali ed agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie.

 

La Relazione illustrativa specifica che tale prescrizione è volta a contrastare possibili abusi (il contribuente potrebbe sottrarsi ai propri obblighi tributari o contributivi anche dopo l'esecuzione del piano di ristrutturazione). Al contempo tale norma dovrebbe assicurare uniformità di comportamenti tra gli enti pubblici interessati, permettendo di valutare l'opportunità della transazione fiscale e contributiva principalmente in termini economici e finanziari.

 

Il comma 3 interviene sulla disciplina relativa alla proposta di concordato fallimentare, aggiungendo un comma 2-bisall’articolo 87 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602.

Le disposizioni introdotte sono funzionali a velocizzare l'approvazione di eventuali proposte di concordato fallimentare da parte dell'agente della riscossione, ove riguardino debiti per tributi erariali.

 

L’articolo 87 del D.P.R. n. 602 del 1973 disciplina il ricorso relativo alla dichiarazione di fallimento e la domanda di ammissione al passivo, prevedendo (comma 1) che il concessionario possa presentare, per conto dell'Agenzia delle entrate, il ricorso per la dichiarazione di fallimento. Se il debitore (comma 2) è dichiarato fallito (a seguito del suddetto ricorso o su iniziativa di altri creditori) ovvero è sottoposto a liquidazione coatta amministrativa, il concessionario chiede per conto dell'Agenzia delle entrate l'ammissione al passivo della procedura.

 

Il nuovo comma 2-bis dell’articolo 87 dispone dunque che l'agente della riscossione, dopo la comunicazione della proposta di concordato fallimentare (ai sensi degli articoli 125 o 126 del Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267), la trasmette senza ritardo all'Agenzia delle Entrate e la approva, espressamente od omettendo di esprimere dissenso, solamente in base a formale autorizzazione dell'Agenzia medesima.

In particolare, l’agente della riscossione può operare anche in deroga alle modalità indicate nell’articolo 36 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112 (secondo le quali con periodicità mensile si trasmettono al soggetto creditore che ha formato il ruolo, anche in via telematica, le informazioni relative allo svolgimento del servizio e all'andamento delle riscossioni effettuati nel mese precedente).

 

Il comma 4 dell'articolo 29 reca modifiche al reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, disciplinata dall'articolo 11 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74[54]. La norma in commento riformula il citato articolo 11 al fine di rendere più severa la sanzione penale ivi prevista e introdurre una nuova fattispecie penalmente rilevante (falsità nella documentazione presentata ai fini della procedura di transazione fiscale).

Nel dettaglio, le norme abbassano a 50.000 euro – da un ammontare originario di 51.645,69 euro – l’importo complessivo (dovuto all'erario per imposte sui redditi, IVA, interessi o sanzioni) rilevante per la determinazione della soglia di punibilità del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte.

E’ poi prevista una circostanza aggravante specifica, ove le somme al cui pagamento il contribuente intende sottrarsi siano superiori 200.000 euro (il quadruplo della predetta nuova soglia di punibilità): in tal caso la pena viene aumentata sia nel minimo che nel massimo (da un anno a sei anni anziché da sei mesi a quattro anni).

Viene infine ampliata la fattispecie del reato, al fine di ricondurvi anche la condotta di chi, nell'ambito della procedura di transazione fiscale, per ottenere per sé o per altri un pagamento parziale dei tributi e relativi accessori, indica nella documentazione presentata elementi passivi fittizi oppure espone elementi attivi in misura inferiore al reale, per un ammontare complessivo superiore a 50.000 euro. La pena prevista è la reclusione da sei mesi a quattro anni.

In relazione a tale intervento è disposta un’ulteriore aggravante specifica, che si sostanzia qualora il falso riguardi l'indicazione o di elementi attivi in misura inferiore al reale o di elementi passivi fittizi per un ammontare complessivo superiore a 200.000 euro: si prevede in tal caso l'applicazione della reclusione da un anno a sei anni.

 

Il successivo comma 5 interviene in materia di validità delle misure cautelari, modificando il primo periodo dell’articolo 27, comma 7, del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185[55] anche al fine di coordinare tale disposizione con quanto previsto dal comma 1, lettera a) della norma in esame.

A seguito della modifica in commento, le misure cautelari conservano la loro validità e il loro grado a favore dell'agente della riscossione, senza bisogno di alcuna formalità o annotazione, ove adottate in base al processo verbale di constatazione, al provvedimento con il quale vengono accertati maggiori tributi, al provvedimento di irrogazione della sanzione oppure all'atto di contestazione; non più, dunque, in relazione agli importi iscritti a ruolo in base al provvedimento di accertamento di maggiori tributi (come prevedeva la precedente formulazione del citato comma 7).

 

Infine, il comma 6 dell'articolo 29 pone a carico del curatore fallimentare l'obbligo di comunicare, entro quindici giorni dall'accettazione della nomina, i dati necessari a garantire l'eventuale insinuazione al passivo della procedura concorsuale. Per la violazione di tale obbligo è previsto il raddoppio delle sanzioni applicabili.

È previsto, inoltre, che la comunicazione vada effettuata secondo la disciplina della comunicazione unica per la nascita dell'impresa, ai sensi dell’articolo 9 del decreto legge 31 gennaio 2007, n. 7[56]

 

Si ricorda che l’articolo 22 del provvedimento in esame, in materia di accertamento dei tributi, aggiorna – ampliandone altresì l’operatività – l’istituto dell’accertamento sintetico. Si rimanda alla relativa scheda di lettura per approfondimenti.

 

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo, allegato al testo originario del provvedimento, ascrivealla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Maggiori entrate

Potenziamento riscossione

0

0

0

0

0

400

1500

1300

0

400

1500

1300

 

La relazione tecnica riferita al testo originario afferma che le modifiche in esame consentiranno di accorciare di circa 12 mesi i tempi medi necessari agli uffici dell'Agenzia delle entrate per procedere all'iscrizione a ruolo e agli agenti della riscossione per svolgere le fasi precedenti l'inizio delle attività esecutive. La maggiore tempestività delle operazioni ridurrà, in primo luogo, il rischio che il contribuente venda i propri beni per sottrarli alle azioni coattive. Inoltre, essendo stata rilevata,  da un’analisi matematico-statistica, una correlazione inversa tra il trascorrere del tempo e la probabilità di esito favorevole della procedura di riscossione, la riduzione dei tempi necessari per completare la riscossione stessa determinerà, in secondo luogo, anche un incremento del volume del gettito. Tale incremento viene valutato considerando la curva di riscossione dei carichi affidati negli ultimi tre anni e confrontandola con la curva di riscossione che risulta in esito “all’efficientamento del sistema”, determinato dalle norme in esame.

La relazione assume anche che le modiche disposte siano idonee a “produrre un ulteriore effetto temporaneo sui carichi affidati in relazione all’accelerazione delle attività di accertamento”. Tale accelerazione consentirebbe di cumulare gli atti tradotti in titolo esecutivo in un singolo anno di consegna. Il maggiore effetto incrementale sui volumi di carico affidato si avrebbe nel 2012; ciò in quanto per il 2011 si assume che gli effetti connessi all’applicazione delle nuove procedure si esplichino a partire da ottobre mentre per il 2013 si stima esaurirsi l’effetto incrementale sui volumi di affidato. La relazione tecnica assume che il tasso di sgravio, attualmente pari al 7 per cento, in media, raddoppi nel 2012 e si assesti intorno al 10 per cento nel 2013 ed ipotizza che nel 2012 si assisterà ad un aumento del contenzioso.

Prudenzialmente non sono stati quantificati effetti con riferimento alle disposizioni volte a migliorare gli istituti transattivi ed a dissuadere, mediante disposizioni penali, la cosiddetta “evasione da riscossione”.

Nel corso dell’esame presso il Senato è stata approvata una modifica al comma 1, lettera b) dell’articolo in esame. La modifica stabilisce che gli avvisi di accertamento diventano esecutivi trascorsi sessanta giorni (e non più all’atto della notifica come previsto nel testo originario) dal termine ultimo per il pagamento.

La relazione tecnica allegata al maxiemendamento presentato al Senato afferma che la stessa non comporta effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

In merito ai profili di quantificazione si osserva, preliminarmente, che la relazione tecnica si limita a descrivere il procedimento di stima adottato senza esplicitare le evidenze statistiche su cui si fondano le ipotesi assunte, la base matematica dei modelli di simulazione adottati e le serie numeriche utilizzate. Gli effetti finanziari vengono infatti presentati come l’esito finale del procedimento matematico seguito, che non può essere quindi oggetto di compiuta ricostruzione e verifica.

Si osserva inoltre, sul piano normativo, che l’immediata esecutività degli accertamenti notificati potrebbe determinare, come prefigurato anche dalla relazione tecnica, un aumento del contenzioso, suscettibile di ostacolare, anche transitoriamente, il corretto svolgimento dell’ordinaria attività amministrativa. In proposito andrebbe  acquisito l’avviso del Governo.

Dovrebbero, infine, essere chiariti in motivi che hanno indotto a non ascrivere alla norma effetti sul saldo netto da finanziare, almeno nel primo periodo di applicazione, dal momento che la relazione tecnica individua “un ulteriore effetto temporaneo sui volumi di carico affidati” e dunque anche un incremento delle poste accertate e rese esecutive.

 


 

Articolo 29, comma 7
(Aggravante del reato di corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio e limitazione della responsabilità per danno erariale)

 

7. All'articolo 319-bis del codice penale, dopo le parole «alla quale il pubblico ufficiale appartiene» sono aggiunte le seguenti: «nonché il pagamento o il rimborso di tributi». Con riguardo alle valutazioni di diritto e di fatto operate ai fini della definizione del contesto mediante gli istituti previsti dall'articolo 182-ter del Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, e dall'articolo 48 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, la responsabilità di cui all'articolo 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, è limitata alle ipotesi di dolo.

 

 

Il comma 7 dell'articolo 29 modifica innanzitutto l’articolo 319-bis del codice penale - il quale prevede una circostanza aggravante del delitto di cui all'articolo 319 del medesimo codice riferita ai casi in cui l’omissione o il ritardo di atti d’ufficio, così come il compimento di atti contrari ai doveri d’ufficio, ha per oggetto il conferimento di pubblici impieghi o stipendi o pensioni o la stipulazione di contratti nei quali sia interessata l'amministrazione alla quale il pubblico ufficiale appartiene - estendendo l'operatività dell'aggravante in questione ai casi in cui il fatto ha ad oggetto il pagamento o il rimborso di tributi.

La seconda parte del comma 7 prevede poi testualmente che "con riguardo alle valutazioni di diritto e di fatto operate ai fini della definizione del contesto (dovrebbe leggersi "contenzioso") mediante gli istituti previsti dall’articolo 182-ter del Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare), dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, e dall’articolo 48 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, la responsabilità di cui all’articolo 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20[57] (è la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei Conti in materia di contabilità pubblica), è limitata alle ipotesi di dolo".

La relazione di accompagnamento del disegno di legge rileva che questo ulteriore intervento normativo contenuto nel comma 7 avrebbe la finalità di aumentare la deflazione del contenzioso ottenibile mediante gli istituti della transazione fiscale regolata dall'articolo 182-ter del Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare), dell'adesione all'accertamento di cui al decreto legislativo 19 giungo 1997, n. 218, e della conciliazione giudiziale di cui al decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546. Si tratterebbe - sempre secondo la relazione di accompagnamento - di norma in parte analoga a quella già esistente in materia di lavoro pubblico (articolo 66, comma 8, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, il quale, con riguardo alle ipotesi di conciliazione delle liti ivi previste, esclude completamente la responsabilità amministrativa di chi ha rappresentato la pubblica amministrazione), nonché connessa alle caratteristiche peculiari dei suddetti istituti, finalizzati alla deflazione del contenzioso ed al perseguimento della migliore soddisfazione del credito erariale nel rispetto delle finalità evidenziate. La previsione sarebbe giustificata dalla "particolare complessità delle valutazioni cui sono chiamati i responsabili degli atti e provvedimenti in parola: tali valutazioni vengono effettuate sulla base dei mezzi di prova ammessi in materia tributaria che, come noto, soffrono di particolari limitazioni". Dovrebbe poi altresì tenersi conto del fatto che, in ogni caso permarrebbe "la responsabilità disciplinare conseguente alla inosservanza, anche in caso di colpa, della normativa e della prassi amministrativa, la quale può determinare l'irrogazione di gravi sanzioni fino al licenziamento del dipendente".

In ordine alla limitazione di responsabilità in esame va richiamata la giurisprudenza costituzionale, che in particolare - nel riconoscere la legittimità delle disposizioni che hanno limitato la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti, in materia di contabilità pubblica, ai fatti ed alle omissioni posti in essere con dolo o colpa grave - ha ribadito quanto affermato anche in più risalenti pronunce e cioè che " non v'è... alcun motivo di dubitare che il legislatore sia arbitro di stabilire non solo quali comportamenti possano costituire titolo di responsabilità, ma anche quale grado di colpa sia richiesto ed a quali soggetti la responsabilità sia ascrivibile ( sentenza n, 411 del 1988), senza limiti o condizionamenti che non siano quelli della non irragionevolezza e non arbitrarietà" (cfr. Corte costituzionale n. 371 del 1998).

Ciò non toglie però che la medesima Corte costituzionale, nel corso di un giudizio di legittimità costituzionale in via diretta avente ad oggetto una legge della provincia autonoma di Bolzano, abbia affermato che "può ritenersi ormai acquisito il principio dell'ordinamento... secondo cui la imputazione della responsabilità ha come limite minimo quello della colpa grave (prevista, in via generale, insieme all'imputazione per dolo)" e che "non è conforme ai principi dell'ordinamento, quale configurato nell'attuale sistema normativo, attenuare ulteriormente, in via generale, i casi di responsabilità per colpa grave" (cfr. Corte costituzionale n. 340 del 2001).

In proposito va anche sottolineato che, sul piano normativo, precedenti che si risolvano in una limitazione della responsabilità amministrativa dei pubblici dipendenti a sole ipotesi dolose sono di fatto rarissimi e, per quel che risulta, giustificati o da circostanze del tutto eccezionali e transitorie (si veda, ad esempio, in questo senso, Corte costituzionale n. 108 del 1967) ovvero, nel caso dell'esercizio delle funzioni giudiziarie, dalle peculiari esigenze costituzionalmente rilevanti che le contraddistinguono[58].

In una diversa e più specifica prospettiva sembrerebbe altresì doversi tener conto della circostanza che gli istituti della transazione fiscale regolata dall'articolo 182-ter della legge fallimentare, dell'adesione all'accertamento di cui al decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, e della conciliazione giudiziale e cui al decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, presentano caratteristiche non sempre omogenee fra loro e che la complessità delle valutazioni di diritto e di fatto - in materia tributaria - non parrebbe esclusivamente riferibile all'attività amministrativa connessa ai predetti istituti, mentre il precedente di cui all'articolo 66, comma 8, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, pur indubbiamente rilevante, potrebbe non ritenersi decisivo anche in considerazione del fatto che - per la fase anteriore al giudizio - l'esclusione della responsabilità amministrativa di chi rappresenta la pubblica amministrazione è qui circoscritta all'ipotesi in cui la conciliazione della lite è avvenuta aderendo alla proposta formulata dal collegio di conciliazione ai sensi del comma 6 del medesimo articolo 66.

Sotto un diverso profilo, per quanto la relazione di accompagnamento colleghi le limitazioni introdotte in tema di responsabilità ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, numero 20 alla modifica apportata all'articolo 319-bis del codice penale, non può non rilevarsi come le argomentazioni contenute nella relazione medesima siano incentrate anche sull'opportunità in sé dell'introduzione delle predette limitazioni. In questa prospettiva sembrerebbe allora opportuna, in sede di esame di tale previsione, una riflessione ad hoc sulle eventuali problematiche di diritto transitorio al fine di valutare se la soluzione delle stesse debba essere rimessa alle disposizioni di carattere generale contenute nelle preleggi o se invece no possa risultare utile l'introduzione di una normativa specifica al riguardo.

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo non ascrive effetti finanziari alla norma

 

La relazione tecnica allegata al testo originario del provvedimento afferma che la disposizione non comporta oneri. In termini di gettito,  non si ascrivono invece alla norma gli “effetti attesi” che risulterebbero, peraltro, di difficile quantificazione.

 

In merito ai profili di quantificazione,nonsi hanno osservazionida formulare.


 

Articolo 30
(Potenziamento dei processi di riscossione dell’INPS)

 


1. A decorrere dal 1o gennaio 2011, l'attività di riscossione relativa al recupero delle somme a qualunque titolo dovute all'Inps, anche a seguito di accertamenti degli uffici, è effettuata mediante la notifica di un avviso di addebito con valore di titolo esecutivo.

2. L'avviso di addebito deve contenere a pena di nullità il codice fiscale del soggetto tenuto al versamento, il periodo di riferimento del credito, la causale del credito, gli importi addebitati ripartiti tra quota capitale, sanzioni e interessi ove dovuti nonché l'indicazione dell’agente della riscossione competente in base al domicilio fiscale presente nell'anagrafe tributaria alla data di formazione dell'avviso. L'avviso dovrà altresì contenere l'intimazione ad adempiere l'obbligo di pagamento degli importi nello stesso indicati entro il termine di 60 giorni dalla notifica nonché l'indicazione che, in mancanza del pagamento, l'agente della riscossione indicato nel medesimo avviso procederà ad espropriazione forzata, con i poteri, le facoltà e le modalità che disciplinano la riscossione a mezzo ruolo. L'avviso deve essere sottoscritto, anche mediante firma elettronica, dal responsabile dell'ufficio che ha emesso l'atto.

4. L'avviso di addebito è notificato in via prioritaria tramite posta elettronica certificata all'indirizzo risultante dagli elenchi previsti dalla legge, ovvero previa eventuale convenzione tra comune e INPS, dai messi comunali o dagli agenti della polizia municipale. La notifica può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento.

5. L'avviso di cui al comma 2 viene consegnato, in deroga alle disposizione contenute nel decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, agli agenti della riscossione con le modalità e i termini stabiliti dall'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale.

6. All'atto dell'affidamento e, successivamente, in presenza di nuovi elementi, l'Inps fornisce, anche su richiesta dell'agente della riscossione, tutti gli elementi utili a migliorare l'efficacia dell'azione di recupero.

10. L'articolo 25, comma 2, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, è abrogato.

13. In caso di mancato o ritardato pagamento delle somme richieste con l'avviso di cui al comma 2 le sanzioni e le somme aggiuntive dovute sono calcolate, secondo le disposizioni che le regolano, fino alla data del pagamento. All'agente della riscossione spettano l'aggio, interamente a carico del debitore, ed il rimborso delle spese relative alle procedure esecutive, previste dall'articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112.

14. Ai fini di cui al presente articolo, i riferimenti contenuti in norme vigenti al ruolo, le somme iscritte a ruolo e alla cartella di pagamento si intendono effettuati ai fini del recupero delle somme dovute a qualunque titolo all'INPS al titolo esecutivo emesso dallo stesso Istituto, costituito dall'avviso di addebito contenente l'intimazione ad adempiere l'obbligo di pagamento delle medesime somme affidate per il recupero agli agenti della riscossione.

15. I rapporti con gli agenti della riscossione continueranno ad essere regolati secondo le disposizioni vigenti.


 

 

L'articolo 30 reca una nuova disciplina sulla riscossione dei crediti da parte dell'INPS, decorrente dal 1° gennaio 2011, fondata sullo strumento dell'avviso di addebito, notificato al debitore e avente valore di titolo esecutivo.

La disposizione riguarda il recupero di tutte le somme dovute all'INPS, ivi comprese quelle risultanti da accertamenti da parte degli uffici dell'Istituto (nonché quelle dovute a titolo di sanzioni, somme aggiuntive e interessi).

 

Secondo la relazione illustrativa del disegno di legge di conversione, le norme in esame sono intese a ridurre fortemente - anche con riferimento agli omessi versamenti periodici da parte delle aziende e dei lavoratori autonomi - i tempi intercorrenti tra l'insorgenza del credito e il momento in cui l'agente della riscossione possa avviare, secondo la disciplina della riscossione mediante ruoli[59], l'attività di recupero.

 

Il comma 2 definisce le modalità di redazione dell’avviso di addebito (indicazione del codice fiscale del soggetto tenuto al versamento; periodo di riferimento e causale del credito; distinzione tra quota capitale, sanzioni e interessi; indicazione dell’agente della riscossione competente; sottoscrizione da parte del titolare dell’ufficio competente; intimazione ad adempiere entro 90 giorni, pena l’esecuzione forzata, per i crediti accertati dagli uffici), mentre il comma 4 definisce le modalità di notifica dell’avviso di addebito (in via prioritaria, posta elettronica certificata, nonché tramite messi comunali, agenti di polizia municipale o raccomandata a/r).

Il comma 5 prevede che l’avviso di addebito viene consegnato agli agenti della riscossione secondo modalità stabilite dall’INPS, in deroga alla normativa vigente sulla riscossione (decreto legislativo n.46 del 1999).

Il comma 6 prevede che l’INPS è tenuta a fornire, all’atto dell’affidamento e, successivamente, in presenza di nuovi elementi, anche su richiesta dell’agente della riscossione, tutti gli elementi utili a migliorare l’efficacia dell’azione di recupero.

 

Il comma 10 abroga l’articolo 25, comma 2, del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46[60].

L’articolo 25 del D.Lgs. 46/1999 concerne i termini di decadenza per l'iscrizione a ruolo dei crediti degli enti pubblici previdenziali.

In particolare, si dispone che i contributi, o premi, dovuti agli enti pubblici previdenziali siano iscritti in ruoli resi esecutivi, a pena di decadenza (comma 1):

-        per i contributi o premi non versati dal debitore, entro il 31 dicembre dell'anno successivo al termine fissato per il versamento; in caso di denuncia o comunicazione tardiva o di riconoscimento del debito. Tale termine decorre dalla data di conoscenza da parte dell'ente;

-        per i contributi o premi dovuti in forza di accertamenti effettuati dagli uffici, entro il 31 dicembre dell'anno successivo alla data di notifica del provvedimento ovvero, per quelli sottoposti a gravame giudiziario, entro il 31 dicembre dell'anno successivo a quello in cui il provvedimento è divenuto definitivo.

Il successivo comma 2, abrogato dalla disposizione in esame, prevedeva la possibilità, per l’ente pubblico previdenziale, dopo l'iscrizione a ruolo, in pendenza di gravame amministrativo, di sospendere la riscossione con provvedimento motivato, notificato al concessionario ed al contribuente. Il provvedimento poteva essere revocato nel caso in cui sopravvenisse un fondato pericolo per la riscossione.

Si segnala che il successivo articolo 38, comma 12, ha disposto la non applicazione delle disposizioni dell’articolo 25 del D.Lgs. 46/1999, limitatamente al periodo 1° gennaio 2010 – 31 dicembre 2012, ai contributi non versati ed agli accertamenti notificati successivamente alla data del 1° gennaio 2004 dall’Ente previdenziale creditore.

 

Il comma 13 prevede che, in caso di mancato o ritardato pagamento delle somme richieste attraverso lo strumento dell’avviso di addebito, le sanzioni e le somme aggiuntive dovute siano calcolate, secondo le relative disposizioni, fino alla data del pagamento.

All'agente della riscossione spettano l'aggio, interamente a carico del debitore, ed il rimborso delle spese relative alle procedure esecutive, previste dall'articolo 17 del D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112[61].

 

L’articolo 17 del D.Lgs. n. 11/1999 disciplina la remunerazione del servizio degli agenti della riscossione. Tale attività è principalmente remunerata con un aggio, trattenuto dall’agente della riscossione, pari al 9% delle somme iscritte a ruolo riscosse e dei relativi interessi di mora, e che è a carico del debitore nella misura del 4,65% delle somme iscritte a ruolo, in caso di pagamento entro 60 giorni dalla notifica della cartella[62] oppure integralmente, in caso contrario.

Tali percentuali possono essere rideterminate con apposito decreto non regolamentare dal Ministro dell'Economia e delle Finanze, nel limite di due punti percentuali di differenza rispetto a quelle stabilite.

Nel caso di riscossione spontanea a mezzo ruolo, il citato aggio è a carico dell'ente creditore, se il pagamento avviene entro 60 giorni dalla data di notifica della cartella, oppure del debitore, in caso contrario. Specifiche percentuali sono stabilite, limitatamente alla riscossione spontanea a mezzo ruolo in diversi ambiti territoriali, dal D.M. 4 agosto 2000.

All'agente della riscossione spetta anche il rimborso delle spese relative alle procedure esecutive, sulla base di una tabella approvata apposito decreto con il quale sono altresì stabilite le modalità di erogazione del rimborso stesso. Tale rimborso è a carico dell'ente creditore, se il ruolo viene annullato per effetto di provvedimenti di sgravio o se l'agente della riscossione ha trasmesso la comunicazione di inesigibilità ai fini del discarico delle quote iscritte a ruolo oppure del debitore, negli altri casi.

All’agente della riscossione spetta anche un compenso per l'attività di esecuzione del provvedimento dall’Ente creditore che riconosca, in tutto o in parte, non dovute le somme iscritte a ruolo.

 

Il comma 14 precisa che ai fini della procedura di riscossione istituita dall’articolo in esame, i riferimenti contenuti in norme vigenti al ruolo devono intendersi effettuati ai fini del recupero delle somme dovute a qualunque titolo all'INPS al titolo esecutivo emesso dallo stesso Istituto, costituito dall'avviso di addebito contenente l'intimazione ad adempiere l'obbligo di pagamento.

 

Infine, il comma 15 conferma che i rapporti con gli agenti della riscossione continuano ad essere regolati secondo le disposizioni vigenti.

 

Si segnala che nel corso dell’esame al Senato sono stati soppressi i commi 3 e 12 (i quali prevedevano che qualora l'avviso di addebito riguardava somme dovute a titolo di contributi previdenziali ed assistenziali, il cui pagamento alle scadenze periodiche era stato omesso in tutto o in parte, l'agente della riscossione procedeva, in assenza di pagamento, all'espropriazione forzata dopo 30 giorni titolo esecutivo da parte dell’INPS), i commi 7, 8 e 11 (i quali prevedevano che qualora l’avviso riguardava crediti accertati dagli uffici dell'INPS, il debitore poteva proporre ricorso amministrativo nei termini previsti dalla normativa vigente e comunque non oltre 90 giorni dalla notifica dell'avviso; decorso il termine di 90 giorni, in assenza sia di pagamento sia di presentazione del ricorso, l'agente della riscossione procede ad espropriazione forzata nei successivi 30 giorni) e il comma 9 (in base al quale l’avviso di addebito cessava di avere validità in caso di revisione in autotutela dell'atto di accertamento, ferma restando la possibilità per l'INPS di notificare un nuovo avviso di addebito, in relazione all'eventuale somma ancora dovuta).

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo al testo originario ascrivealla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica:

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Maggiori entrate contributive

0

0

0

0

0

520

180

180

0

0

0

0

 

La relazione tecnica al testo originario precisa che il potenziamento dei processi di riscossione dei crediti da parte dell’INPS comporterà effetti positivi, sia sotto il profilo strutturale sia sotto il profili dell’anticipata manifestazione finanziaria delle somme riscosse. In particolare, sulla base dei crediti iscritti a ruolo nell’anno solare 2009, pari a 11,7 miliardi di euro, e ipotizzando la sostanziale stabilità del flusso dei crediti che annualmente l’Istituto affida, per il recupero coattivo, agli Agenti della riscossione e considerando la loro distribuzione uniforme su base mensile nel corso dell’anno, la relazione tecnica ipotizza che, a livello strutturale, le disposizioni in esame comporteranno una riduzione dei tempi di recupero non inferiore a 90 giorni rispetto al valore medio attuale (almeno 120 giorni). I maggiori importi incassati sono stimati in 120 milioni di euro nel 2011 e 180 milioni annui a decorrere dal 2011 e derivano dall’applicazione, senza soluzione di continuità, del regime sanzionatorio (attualmente 6,50 per cento in misura annua) sui contributi omessi per periodi temporali allo stato resi neutri dalle modalità di trasferimento dei crediti dall’INPS ad Equitalia[63]. Con riferimento all’accelerazione degli incassi, la relazione tecnica ipotizza che un anticipo di 3 mesi sulle somme versate in conto crediti all’Istituto produca effetti quantificabili in circa 400 milioni di euro nel 2011.

 

La relazione tecnica relativa al maxiemendamento presentato al Senato precisa che le modifiche introdotte non comportano effetti finanziari dal momento che riguardano aspetti procedurali.

 

In merito ai profili di quantificazione, si rileva che la relazione tecnica non appare fornire gli elementi sufficienti alla verifica delle stime dei recuperi di entrate contributive.


 

Articolo 31, commi 1 e 2
(Preclusione all’autocompensazione in presenza di debito
su ruoli definitivi e riduzione delle dotazioni finanziarie del programma di spesa “Regolazioni contabili, restituzioni e rimborsi d’imposte” per l’anno finanziario 2010)

 


1. A decorrere dal 1o gennaio 2011, la compensazione dei crediti di cui all'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, relativi alle imposte erariali, è vietata fino a concorrenza dell'importo dei debiti, di ammontare superiore a millecinquecento euro, iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori, e per i quali è scaduto il termine di pagamento. In caso di inosservanza del divieto di cui al periodo precedente si applica la sanzione del 50 per cento dell'importo dei debiti iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori e per i quali è scaduto il termine di pagamento fino a concorrenza dell'ammontare indebita­mente compensato. La sanzione non può essere applicata fino al momento in cui sull'iscrizione a ruolo penda contestazione giudiziale o amministra­tiva e non può essere comunque superiore al 50 per cento di quanto indebitamente compensato; nelle ipotesi di cui al periodo precedente, i termini di cui all'articolo 20 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, decorrono dal giorno successivo alla data della definizione della contestazione. È comunque ammesso il pagamento, anche parziale, delle somme iscritte a ruolo per imposte erariali e relativi accessori mediante la compensazione dei crediti relativi alle stesse imposte, con le modalità stabilite con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, da emanare entro 180 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto. Nell'ambito delle attività di controllo dell'Agenzia delle entrate e della Guardia di finanza è assicurata la vigilanza sull'osservanza del divieto previsto dal presente comma anche mediante specifici piani operativi. A decorrere dal 1o gennaio 2011 le disposizioni di cui all'articolo 28-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, non operano per i ruoli di ammontare non superiore a millecinquecento euro.

(omissis)

2. In relazione alle disposizioni di cui al presente articolo, le dotazioni finanziarie del programma di spesa «Regolazioni contabili, restituzioni e rimborsi d'imposte» della missione «Politiche economico-finanziarie e di bilancio» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno finanziario 2010, sono ridotte di 700 milioni di euro per l'anno 2011, di 2.100 milioni di euro per l'anno 2012 e di 1.900 milioni di euro a decorrere dall'anno 2013.


 

 

Il comma 1 dell’articolo 31, modificato durante l’esame del provvedimento al Senato, reca disposizioni che limitano l’operatività della compensazione diretta dei crediti erariali, in presenza di debiti su ruoli diventati definitivi.

Nel dettaglio, a decorrere dal 1° gennaio 2011, è vietata la compensazione dei crediti relativi alle imposte erariali (di cui all'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241[64]), fino a concorrenza dell'importo dei debiti di ammontare superiore a millecinquecento euro, iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori, per i quali è scaduto il termine di pagamento.

 

La Relazione illustrativa che accompagna il provvedimento precisa che “la vigente normativa […] dà ampia facoltà al contribuente di compensare i crediti ed i debiti per imposte risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche. Tale facoltà può essere esercitata anche se, come frequentemente accade, il contribuente ha, oltre ai debiti compensabili, altri debiti per imposte iscritti a ruolo a titolo definitivo. Ciò genera l’incongrua conseguenza di consentire la compensazione immediata (e dunque il mancato versamento delle imposte dovute) a chi è nel contempo debitore di altri importi iscritti a ruolo, anche di considerevole ammontare e risalenti nel tempo, e che si ostina a non pagare, costringendo gli organi della riscossione a defatiganti attività esecutive, spesso vanificate da deliberate spoliazioni preventive del patrimonio del debitore”.

Dunque, per effetto della norma in esame, il contribuente non può operare la compensazione dei crediti ove gli siano state notificate cartelle per imposte erariali e sia scaduto il termine di pagamento (senza l’intervento di una sospensione).

 

L’articolo 17, comma 1, del decreto legislativo n. 241 del 1997 dispone che i contribuenti eseguano versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto.

Tale compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva.

La compensazione del credito annuale o relativo a periodi inferiori all'anno dell'imposta sul valore aggiunto, per importi superiori a 10.000 euro annui, può essere effettuata a partire dal giorno sedici del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell'istanza da cui il credito emerge.

 

Le norme in commento, modificate durante l’esame del provvedimento al Senato, comminano, nel caso di inosservanza del predetto divieto, una sanzione del 50 per cento dell'importo dei debiti iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori e per i quali è scaduto il termine di pagamento, fino a concorrenza dell'ammontare indebitamente compensato.

La sanzione non può essere applicata fintantoché pende sull'iscrizione a ruolo una contestazione giudiziale o amministrativa. Essa non può superare il cinquanta per cento di quanto indebitamente compensato. Nel caso di pendenza di contestazione, i termini di decadenza e prescrizione (previsti dall'articolo 20 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472[65]) degli atti relativi alle sanzioni decorrono dal giorno successivo alla data della definizione della contestazione stessa.

 

Nella formulazione originaria, la norma si limitava a prevedere una sanzione pari al cinquanta per cento dell'importo indebitamente compensato.

 

A fronte del divieto di compensazione “diretta” viene comunque ammesso il pagamento, anche parziale, di somme iscritte a ruolo mediante compensazione dei crediti relativi alle stesse imposte, con modalità stabilite da un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, da emanare entro 180 giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge n. 78 del 2010.

La vigilanza sull’osservanza del predetto divieto è affidata all'Agenzia delle Entrate e alla Guardia di finanza, nelle loro attività di controllo, anche mediante specifici piani operativi.

Infine, si prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2011, non operino le disposizioni relative alla compensazione tra il credito d'imposta chiesto a rimborso ed il debito iscritto a ruolo (di cui all'articolo 28-ter del D.P.R. n. 602 del 1973[66]), per i ruoli di ammontare non superiore a 1.500 euro.

 

L'articolo 28-ter del D.P.R. n. 602 del 1973 stabilisce che, in sede di erogazione di un rimborso d’imposta, l’Agenzia delle entrate verifica se il beneficiario risulta iscritto a ruolo e, in caso affermativo, trasmette in via telematica apposita segnalazione all’agente della riscossione che ha in carico il ruolo, mettendo a disposizione dello stesso le somme da rimborsare.

Ricevuta tale segnalazione, l’agente della riscossione notifica all’interessato una proposta di compensazione tra il credito d’imposta ed il debito iscritto a ruolo, sospendendo l’azione di recupero ed invitando il debitore a comunicare entro sessanta giorni se intende accettare tale proposta. In caso di accettazione della proposta, l’agente della riscossione movimenta le somme suddette e le riversa entro i limiti dell’importo complessivamente dovuto a seguito dell’iscrizione a ruolo.

In caso di rifiuto della predetta proposta o di mancato tempestivo riscontro alla stessa, cessano gli effetti della sospensione e l’agente della riscossione comunica in via telematica all’Agenzia delle entrate che non ha ottenuto l’adesione dell’interessato alla proposta di compensazione.

All’agente della riscossione spetta il rimborso delle spese vive sostenute per la notifica dell’invito, nonché un rimborso forfetario.

 

Nel corso dell’esame al Senato sono stati introdotti i commi 1-bis e 1-ter che novellano, rispettivamente, il DPR n. 602 del 1973 sulle riscossioni delle imposte sul reddito, in materia di compensazioni di crediti vantati da soggetti nei confronti di enti territoriali ed enti del Servizio sanitario nazionale con somme iscritte a ruolo, e il comma 3-bis, dell’articolo 9, del DL. n. 185 del 2008[67], che prevede la certificazione da parte di regioni ed enti locali dell’esigibilità dei crediti dichiarati certi, liquidi ed esigibili, finalizzata a consentire la cessione pro soluto a favore di banche o di intermediari finanziari.

La relazione tecnica alle nuove disposizioni inserite nel decreto precisa che la procedura prevista in relazione ai predetti commi 1-bis e 1-ter non altera gli equilibri di bilancio né dello Stato, né degli enti interessati o dell’intero settore della P.A., in quanto assicura in ogni caso la corretta imputazione a bilancio dei pagamenti dei debiti e della riscossione dei crediti.

 

Il comma 1-bis aggiungel’articolo 28-quater al citato DPR n. 602 del 1973 in materia di riscossione delle imposte sul reddito, stabilendo che, a partire dal 1° gennaio 2011, i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti delle regioni, degli enti locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale per somministrazione, forniture e appalti, possono essere compensati con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo.

La procedura prevede che il creditore acquisisca la certificazione di cui all'articolo 9, comma 3-bis, del sopra citato D.L. n. 185 e che essa costituisca titolo idoneo per essere utilizzata per il pagamento, totale o parziale, delle somme dovute a seguito dell'iscrizione a ruolo.

Si ricorda che il comma 3-bis del citato articolo 9 ha previsto la possibilità, da parte di regioni ed enti locali, nel rispetto delle norme del Patto di stabilità previste da ultimo nel DL. n. 112 del 2008 (convertito dalla legge n. 133 del 2008) rispettivamente agli articoli 77-ter e 77-bis, di certificare, ai creditori che ne facciano istanza, l’esigibilità di crediti relativi a somme dovute per somministrazioni, forniture ed appalti. Tale certificazione deve essere emanata entro il termine di 20 giorni dalla data di ricevimento dell’istanza del creditore. La finalità della norma è quella di consentire che il credito sia dichiarato certo, liquido ed esigibile e possa essere ceduto pro soluto a favore di banche o di intermediari finanziari riconosciuti dalla legislazione vigente[68].

 

La nuova disposizione, in particolare, condiziona l'estinzione del debito a ruolo alla verifica dell'esistenza e della validità della certificazione. Essa prevede, inoltre, che, nel caso in cui la regione o l'ente locale ovvero l'ente del Servizio sanitario nazionale non versi all'agente della riscossione l'importo oggetto della certificazione entro sessanta giorni dal termine indicato nella stessa, l'agente della riscossione proceda, sulla base del ruolo emesso a carico del creditore, alla riscossione coattiva nei confronti della regione, dell'ente locale o dell'ente del Servizio sanitario nazionale secondo le disposizioni previste al Titolo II del medesimo DPR. n. 602 sulla riscossione.

Viene demandato ad un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze il compito di definire le modalità di attuazione delle disposizioni contenute nell’articolo 28-ter in esame, anche al fine di garantire il rispetto degli equilibri programmati di finanza pubblica.

L’ultimo periodo della norma contenuta nel comma 1-bis, infine, precisa che, per i crediti maturati nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale, si applica comunque quanto previsto nel secondo periodo del successivo comma 1-ter.

 

Il comma 1-ter modifica il comma 3-bis dell'articolo 9 del D.L.. n. 185/2008 commentato sopra, mettendo a regime per gli anni successivi al 2009 le misure in esso contenute - tuttora applicabili ai soli anni 2009 e 2010 - ed estendendo l’ambito di applicabilità anche agli enti del Servizio sanitario nazionale, oltre agli enti territoriali per i quali le misure sono già vigenti.

Il secondo periodo del comma 1-ter dispone inoltre che, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, vengano stabilite le modalità di attuazione del medesimo comma 1-ter, nonché, in particolare, le condizioni per assicurare che la complessiva operazione prevista sia al precedente comma 1-bis, sia allo stesso comma 1-ter con riferimento agli enti del Servizio sanitario nazionale venga effettuata nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica.

Si prevede, infine, che le modalità di certificazione vengano stabilite dalle singole regioni d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze, con l'osservanza delle condizioni stabilite con il predetto decreto.

 

L’istituto della certificazione dei crediti vantati nei confronti delle regioni e degli locali – e in futuro, ai sensi della disposizione del comma 1-ter sopra esaminata, anche nei confronti degli enti dell’SSN - persegue la finalità di agevolare nella riscossione i creditori degli enti suddetti. Tale misura si inserisce nel contesto di un complesso di interventi legislativi finalizzati a dare concreta attuazione alla problematica dei ritardi dei pagamenti nelle transazioni commerciali, affrontata a livello comunitario con l’adozione della direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 2000/35/CE, del 29 giugno 2000, recepita nell’ordinamento nazionale con il D.Lgs. n. 231 del 2002.

 

Si ricorda che la cessione dei crediti vantati dalle imprese verso la P.A derivanti da contratti, aventi per oggetto lavori pubblici, è in generale prevista dall’articolo 117 del Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture[69], che ha esteso la disciplina della cessione dei crediti d'impresa di cui alla legge n. 52 del 1991(legge sul contratto di factoring) ai crediti vantati dalle imprese verso le pubbliche amministrazioni (le stazioni appaltanti), derivanti dai contratti di lavori pubblici disciplinati dal Codice, vale a dire i contratti di appalto o di concessione aventi per oggetto l’acquisizione di servizi, o di forniture, ovvero l’esecuzione di opere o lavori. Si deve osservare che l’estensione della disciplina sui crediti d’impresa ai crediti vantati dalle imprese verso le PP.AA. per lavori pubblici è stata introdotta nel nostro ordinamento prima del 2006, dalla legge n. 109/ 1994, legge quadro in materia di lavori pubblici (cd. legge Merloni)[70] e dal relativo regolamento di attuazione (D.P.R. n. 554/1999).

 

Con particolare riferimento alla cessione da parte delle imprese dei crediti vantati nei confronti delle regioni e degli enti locali per somministrazioni, forniture e appalti, come già sopra accennato, il legislatore ha introdotto la specifica disciplina del comma 3-bis,dell’articolo 9 del D.L. 185/2009.

Le modalità di attuazione della disciplina della certificazione dei crediti per il 2009 sono state dettate dal D.M. 19 maggio 2009, che ha stabilito la possibilità per i titolari di crediti non prescritti, maturati nei confronti delle regioni e degli enti locali, di presentare istanza di certificazione del credito all'amministrazione debitrice entro il 31 dicembre 2009, utilizzando un modello appositamente definito[71].

Le regioni e gli enti locali assoggettati al patto di stabilità interno sono tenute ad indicare nella certificazione il periodo entro cui intendono procedere al pagamento in favore delle banche e degli intermediari finanziari dell'importo certificato, nonché le relative modalità, nel rispetto dei limiti consentiti dal patto.

 

Il comma 2 dispone la riduzione, in conseguenza della previsione del divieto di autocompensazione in presenza di debito su ruoli definitivi previsto al comma 1 (cui si rimanda), per un importo pari a 700 milioni di euro per il 2011, di 2.100 milioni per il 2012 e di 1.900 milioni a decorrere dal 2013, delle dotazioni finanziarie del programma di spesa “Regolazioni contabili, restituzioni e rimborsi d’imposte” della missione “Politiche economico-finanziarie e di bilancio” dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno finanziario 2010.

La minore spesa infatti è conseguente al consistente venir meno dell’ammontare necessario per il pagamento delle compensazioni ordinariamente operate dai contribuenti, ai quali verrà preclusa la possibilità di portare i crediti fiscali in detrazione di debiti per imposte iscritte a ruolo a titolo definitivo.

 

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo ascrivealla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Maggiori entrate

0

700

2.100

1.900

0

700

2.100

1.900

0

700

2.100

1.900

 

 

La relazione tecnica afferma che lo scopo della norma è determinare l’abbattimento delle compensazione operate dai contribuenti in sede di liquidazione delle imposte erariali.

Per quantificare l’importo non ammesso in compensazione la relazione tecnica valuta l’ammontare complessivo del carico residuo dei ruoli 2009, pari a circa 40 miliardi, e l’ammontare dei crediti relativi a imposte erariali utilizzato in compensazione pari, per lo stesso anno, a circa 20 miliardi.

La relazione tecnica assume, anche, che un numero ampio di contribuenti risulti, con riferimento allo stesso anno, contemporaneamente iscritto nei ruoli ed utilizzatore del meccanismo di compensazione dei tributi erariali previsto dall’articolo 17 del decreto legislativo  n. 241/1997. La massa di debiti iscritti a ruoli e dei crediti utilizzati a compensazione  riferiti a tali soggetti è assunta pari al 20 per cento delle masse complessive censite ossia a 8 miliardi (40 miliardi per 20 per cento) ed a 4 miliardi (20 miliardi per 20 per cento).

Nel corso del primo anno il blocco del meccanismo di compensazione interesserebbe circa il 17,5 per cento della massa di 4 miliardi da ultimo citata determinando una minor spesa per compensazioni di circa 700 milioni di euro. La relazione tecnica ipotizza che nel secondo anno di applicazione l'effetto risulti triplicato rispetto a quello del primo anno per attestarsi a 2,1 miliardi di euro; il maggiore effetto sarebbe conseguito in relazione alla “…messa a regime..(del)la  penetrante vigilanza imposta dalla norma…”. Nel terzo anno, al contrario, viene ipotizzata una leggera contrazione di circa 200 milioni di euro degli effetti riscontrati nell’anno precedente, la contrazione sarebbe dovuta allo smaltimento dello stock iniziale di compensazioni bloccate. Le maggiori entrate, come chiarito dalla relazione illustrativa, sono conseguite anche a causa del potere dissuasivo della sanzione prevista per l’inosservanza del divieto di compensazione.

Con riferimento ai commi 1-bis e 1-ter- che prevedono: a) la possibilità, a partire dal 2011, per i contribuenti di compensare i crediti vantati nei confronti delle amministrazioni locali con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo; b) l’estensione agli enti del servizio sanitario nazionale della procedura di certificazione dei propri debiti di fornitura già prevista per le altre amministrazioni locali[72]; c) l’attribuzione alla predetta procedura, finora limitata agli esercizi 2009 e 2010, del carattere permanente - la relazione tecnica[73] afferma che le disposizioni  non alterano gli equilibri di bilancio, sia riguardo agli enti interessati sia riguardo all’intero comparto della P.A. La procedura infatti è neutrale sui saldi di finanza pubblica, assicurando comunque la corretta imputazione a bilancio dei pagamenti dei debiti e della riscossione dei crediti. La relazione tecnica afferma altresì che le disposizioni comportano maggiore certezza della riscossione degli importi iscritti a ruolo e una razionalizzazione e concentrazione dell’azione di riscossione sulle altre posizioni di debito affidate agli agenti della riscossione. 

 

In merito ai profili di quantificazione  si rileva che, se ci si attiene al meccanismo descritto dalla relazione tecnica, la norma non appare idonea a determinare un incremento permanente delle entrate fiscali tale da giustificare la riduzione del correlato capitolo di spesa utilizzato per finanziare i rimborsi d’imposta. La relazione tecnica, la rubrica ed il prospetto riepilogativo degli effetti, concordemente, fanno riferimento alla preclusione all’autocompensazione ma non alla perdita del diritto alla compensazione che verrà pretesa in altra data dai medesimi contribuenti. Si tratterebbe, pertanto, di un differimento della spesa, e non della sua cancellazione, per la parte di compensazioni che non risulti essere indebita ovvero per la parte dei ruoli iscritta in capo a “cattivi pagatori”.

Si osserva, inoltre, che la relazione tecnica non chiarisce in base a quali dati ed elementi informativi sia stato possibile quantificare gli effetti recati dalla norma nella misura indicata. Potrebbe risultare opportuno che alcuni dei dati forniti dalla relazione tecnica fossero implementati alla luce dei parametri indicati dalla norma o trattati dalla relazione tecnica.

Potrebbe essere utile, ad esempio, conoscere la massa dei soli debiti iscritti a ruolo per un importo superiore ai 1.500 euro e riferiti ai tributi erariali in luogo del carico residuo nel suo complesso anche al fine di valutare la massa di debiti sui cui la norma effettivamente agisce.

Considerato che l'efficacia del divieto di autocompensazione è legata, fra l’altro, “…all’attività di controllo dell'Agenzia delle entrate e della Guardia di finanza (definita penetrante dalla relazione tecnica)…assicurata… anche mediante specifici piani operativi”, appare necessario che siano quantificati gli eventuali costi aggiuntivi che le amministrazioni coinvolte dovranno sostenere ovvero indicare se le stesse, al fine di limitarsi ad utilizzare risorse già disponibili, non debbano distrarre risorse già impegnate in altre attività di controllo o di accertamento.

Con riferimento alle disposizioni di cui ai commi 1-bis e 1-ter, appare opportuno che sia chiarito:

a)   se la prevista possibilità di compensazione dei crediti esigibili nei confronti delle amministrazioni locali con le somme dovute a seguito dell’iscrizione a ruolo, sia suscettibile di determinare un’accelerazione dei pagamenti delle predette amministrazioni, da cui potrebbero conseguire effetti negativi sui saldi di finanza pubblica (comma 1-bis);

b)   se l’estensione agli enti del servizio sanitario nazionale della procedura di certificazione dei crediti e l’attribuzione di un carattere permanente a quest’ultima possa incidere sullo stock di debito della PA in relazione alla possibile trasformazione di debiti di fornitura (non inclusi nell’aggregato del debito pubblico) in debiti verso il sistema bancario (inclusi nel predetto aggregato). La procedura di cui la norma amplia l’ambito di applicazione, oltre a consentire la compensazione di posizioni debitorie e creditorie nei confronti delle amministrazioni locali (in base al precedente comma 1-bis), potrebbe infatti agevolare le cessioni alle banche dei crediti vantati nei confronti della P.A. dalle imprese fornitrici (comma 1-ter).

 


 

Articolo 31, commi 1-bis–1-ter
(Compensazione dei crediti nei confronti di Regioni, enti locali ed enti del Servizio sanitario nazionale con somme iscritte a ruolo ed estensione agli enti SSN della disciplina relativa alla certificazione dell’esigibilità di crediti)

 


1-bis. Al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, dopo l'articolo 28-ter è inserito il seguente:

«Art. 28-quater. (Compensazioni di crediti con somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo). – 1. A partire dal 1o gennaio 2011, i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti delle regioni, degli enti locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale per somministrazione, forniture e appalti, possono essere compensati con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo. A tal fine il creditore acquisisce la certificazione prevista dall'articolo 9, comma 3-bis, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e la utilizza per il pagamento, totale o parziale, delle somme dovute a seguito dell'iscrizione a ruolo. L'estinzione del debito a ruolo è condizionata alla verifica dell'esistenza e validità della certificazione. Qualora la regione, l'ente locale o l'ente del Servizio sanitario nazionale non versi all'agente della riscossione l'importo oggetto della certificazione entro sessanta giorni dal termine nella stessa indicato, l'agente della riscossione procede, sulla base del ruolo emesso a carico del creditore, alla riscossione coattiva nei confronti della regione, dell'ente locale o dell'ente del Servizio sanitario nazionale secondo le disposizioni di cui al titolo II del presente decreto. Le modalità di attuazione del presente articolo sono stabilite con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze anche al fine di garantire il rispetto degli equilibri programmati di finanza pubblica». Per i crediti maturati nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale si applica comunque quanto previsto dal comma 1-ter, secondo periodo.

1-ter. All'articolo 9, comma 3-bis, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, le parole: «Per gli anni 2009 e 2010» sono sostituite con le seguenti: «A partire dall'anno 2009» e le parole: «le regioni e gli enti locali» sono sostituite con le seguenti: «le regioni, gli enti locali e gli enti del Servizio sanitario nazionale». Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono stabilite le modalità di attuazione del presente comma, nonché, in particolare, le condizioni per assicurare che la complessiva operazione di cui al comma 1-bis e al presente comma riguardante gli enti del Servizio sanitario nazionale sia effettuata nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica; le modalità di certificazione sono stabilite dalle singole regioni d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze, con l'osservanza delle condizioni stabilite con il predetto decreto.


 

 

Nel corso dell’esame al Senato sono stati introdotti i commi 1-bis e 1-ter, finalizzati a consentire la compensazione dei crediti vantati nei confronti di enti territoriali ed enti del Servizio sanitario nazionale con somme iscritte a ruolo.

 

In particolare, il comma 1-bis aggiungel’articolo 28-quater al DPR n. 602 del 1973 in materia di riscossione delle imposte sul reddito, stabilendo che, a partire dal 1° gennaio 2011, i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti delle regioni, degli enti locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale per somministrazione, forniture e appalti, possono essere compensati con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo.

Per attivare la procedura si prevede che il creditore acquisisca la certificazione dell’esigibilità dei crediti di cui all'articolo 9, comma 3-bis, del DL. n. 185 del 2008[74] , la quale costituirà titolo idoneo per essere utilizzata ai fini del pagamento, totale o parziale, delle somme dovute a seguito dell'iscrizione a ruolo.

 

Si ricorda che il comma 3-bis del citato articolo 9 ha previsto la possibilità, da parte di regioni ed enti locali, nel rispetto delle norme del Patto di stabilità, di certificare, ai creditori che ne facciano istanza, l’esigibilità di crediti relativi a somme dovute per somministrazioni, forniture ed appalti. Tale certificazione deve essere emanata entro il termine di 20 giorni dalla data di ricevimento dell’istanza del creditore. La finalità della norma è quella di consentire che il credito possa essere ceduto pro soluto a favore di banche o di intermediari finanziari riconosciuti dalla legislazione vigente[75].

 

La disposizione condiziona l'estinzione del debito a ruolo alla verifica dell'esistenza e della validità della certificazione.

Essa prevede, inoltre, che, nel caso in cui la regione o l'ente locale ovvero l'ente del Servizio sanitario nazionale non versi all'agente della riscossione l'importo oggetto della certificazione entro sessanta giorni dal termine indicato nella stessa, l'agente della riscossione proceda, sulla base del ruolo emesso a carico del creditore, alla riscossione coattiva nei confronti della regione, dell'ente locale o dell'ente del Servizio sanitario nazionale secondo le disposizioni previste al Titolo II del medesimo DPR. n. 602 sulla riscossione.

Il compito di definire le modalità di attuazione delle disposizioni in esame è demandato ad un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, anche al fine di garantire il rispetto degli equilibri programmati di finanza pubblica.

L’ultimo periodo della norma contenuta nel comma 1-bis precisa che, per i crediti maturati nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale, si applica comunque quanto previsto nel secondo periodo del successivo comma 1-ter.

 

Quest’ultimo comma modifica il citato comma 3-bis dell'articolo 9 del D.L. n. 185/2008, sia al fine di rendere permanente il meccanismo di certificazione dei crediti sopra richiamato - ad oggi applicabile ai soli anni 2009 e 2010 – sia al fine di estenderlo agli enti del Servizio sanitario nazionale.

Il secondo periodo del comma demanda ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze la definizione:

§       delle modalità di attuazione del medesimo comma 1-ter,

§       delle condizioni per assicurare che la complessiva operazione prevista dalle norme di esame venga effettuata nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica.

Si prevede, infine, che le modalità di certificazione vengano stabilite dalle singole regioni d'intesa con il Ministero dell'economia e con l'osservanza delle condizioni stabilite con il predetto decreto.

 

Si ricorda che l’istituto della certificazione dei crediti vantati nei confronti delle regioni e degli locali – che le disposizioni in esame estendono agli enti dell’SSN- si inserisce nel contesto di un complesso di interventi legislativi finalizzati a dare concreta attuazione alla problematica dei ritardi dei pagamenti nelle transazioni commerciali, affrontata a livello comunitario con l’adozione della direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 2000/35/CE, del 29 giugno 2000, recepita nell’ordinamento nazionale con il D.Lgs. n. 231 del 2002.

La cessione dei crediti vantati dalle imprese verso la P.A derivanti da contratti, aventi per oggetto lavori pubblici, è peraltro in generale prevista dall’articolo 117 del Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture[76], che ha esteso la disciplina della cessione dei crediti d'impresa di cui alla legge n. 52 del 1991(legge sul contratto di factoring) ai crediti vantati dalle imprese verso le pubbliche amministrazioni (le stazioni appaltanti), derivanti dai contratti di lavori pubblici disciplinati dal Codice, vale a dire i contratti di appalto o di concessione aventi per oggetto l’acquisizione di servizi, o di forniture, ovvero l’esecuzione di opere o lavori. L’estensione della disciplina sui crediti d’impresa ai crediti vantati dalle imprese verso le PP.AA. per lavori pubblici è stata introdotta nel nostro ordinamento dalla legge n. 109/ 1994, legge quadro in materia di lavori pubblici (cd. legge Merloni)[77] e dal relativo regolamento di attuazione (D.P.R. n. 554/1999).

Con particolare riferimento alla cessione da parte delle imprese dei crediti vantati nei confronti delle regioni e degli enti locali per somministrazioni, forniture e appalti, il legislatore ha introdotto la specifica disciplina Di cui al citato comma 3-bis dell’articolo 9 del D.L. 185/2009.Le modalità di attuazione della certificazione dei crediti per il 2009 sono state dettate dal D.M. 19 maggio 2009, che ha stabilito la possibilità per i titolari di crediti non prescritti, maturati nei confronti delle regioni e degli enti locali, di presentare istanza di certificazione del credito all'amministrazione debitrice entro il 31 dicembre 2009, utilizzando un modello appositamente definito[78].

Le regioni e gli enti locali assoggettati al patto di stabilità interno sono tenute ad indicare nella certificazione il periodo entro cui intendono procedere al pagamento in favore delle banche e degli intermediari finanziari dell'importo certificato, nonchè le relative modalità, nel rispetto dei limiti consentiti dal patto.

 

Profili finanziari

Per quanto concerne i profili finanziari inerenti la disposizione in esame, si rinvia alla scheda di lettura relativa all’articolo 31, commi 1-2.

 


 

Articolo 32
(Riorganizzazione della disciplina fiscale dei fondi immobiliari chiusi)

 


1. A seguito dei controlli effettuati dall'Autorità di vigilanza, al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria), sono apportate le seguenti modifiche:

    a) all'articolo 1, comma 1, la lett. j) è sostituita dalla seguente:

«j) ‘fondo comune di investimento’: il patrimonio autonomo raccolto, mediante una o più emissione di quote, tra una pluralità di investitori con la finalità di investire lo stesso sulla base di una predeterminata politica di investimento; suddiviso in quote di pertinenza di una pluralità di partecipanti; gestito in monte, nell'interesse dei partecipanti e in autonomia dai medesimi;»;

    b) all'articolo 36, comma 6, dopo le parole: «nonché da ogni altro patrimonio gestito dalla medesima società», sono inserite le seguenti: «; delle obbligazioni contratte per suo conto, il fondo comune di investimento risponde esclusivamente con il proprio patrimonio.»;

    c) all'articolo 37, comma 2, lettera b-bis), dopo le parole: «all'esperienza professionale degli investitori;» sono inserite le seguenti: «a tali fondi non si applicano gli articoli 36, comma 3, ultimo periodo, e comma 7, e l'articolo 39, comma 3.».

2. Il Ministro dell'Economia e delle finanze emana, ai sensi dell'articolo 37 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, le disposizioni di attuazione del comma 1 entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

3. Le società di gestione del risparmio che hanno istituito fondi comuni d'investimento immobiliare che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono privi dei requisiti indicati nell'articolo 1, comma 1, lettera j) del predetto decreto legislativo n. 58 del 1998, come modificata dal comma 1, lettera a), adottano le conseguenti delibere di adeguamento entro trenta giorni dalla data di emanazione del decreto di cui al comma 2.

4. In sede di adozione delle delibere di adeguamento, la società di gestione del risparmio preleva, a titolo di imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, un ammontare pari all’ 5 per cento del valore netto del fondo risultante dal prospetto redatto al 31 dicembre 2009. L'imposta è versata dalla società di gestione del risparmio nella misura del 40 per cento entro il 31 marzo 2011 e la restante parte in due rate di pari importo da versarsi, la prima entro il 31 marzo 2012 e la seconda entro il 31 marzo 2013.

5. Le società di gestione del risparmio che non intendono adottare le delibere di adeguamento previste dal comma 3 deliberano, entro trenta giorni dalla data di emanazione del decreto di cui al comma 2, la liquidazione del fondo comune d'investimento in deroga ad ogni diversa disposizione contenuta nel decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 e nelle disposizioni attuative. In tal caso l'imposta sostitutiva di cui al comma 4 è dovuta con l'aliquota del 7 per cento, secondo modalità e termini ivi stabiliti. La liquidazione deve essere conclusa nel termine massimo di cinque anni. Sui risultati conseguiti dal 1o gennaio 2010 e fino alla conclusione della liquidazione la società di gestione del risparmio applica un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'IRAP nella misura del 7 per cento. L'imposta è versata dalla società di gestione del risparmio il 16 febbraio dell'anno successivo rispetto a ciascun anno di durata della liquidazione.

5-bis. Non si applica la ritenuta di cui all'articolo 7 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, e successive modificazioni, fino a concorrenza dell'ammontare assoggettato all'imposta sostitutiva di cui ai commi 4 e 5. Il costo di sottoscrizione o di acquisto delle quote è riconosciuto fino a concorrenza dei valori che hanno concorso alla formazione della base imponibile per l'applicazione dell'imposta sostitutiva. Eventuali minusvalenze realizzate non sono fiscalmente rilevanti.

5-ter. Gli atti di liquidazione del patrimonio immobiliare sono soggetti alle imposte fisse di registro, ipotecarie e catastali.

5-quater. Alle cessioni di immobili effettuate nella fase di liquidazione di cui al comma 5 si applica l'articolo 17, quinto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. L'efficacia della disposizione di cui al periodo precedente è subordinata alla preventiva approvazione da parte del Consiglio dell'Unione europea ai sensi dell'articolo 395 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006. Ai conferimenti in società di pluralità di immobili, effettuati nella fase di liquidazione di cui al comma 5, si applica l'articolo 2, terzo comma, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. I predetti conferimenti si considerano compresi, agli effetti delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, fra gli atti previsti nell'articolo 4, comma 1, lettera a), numero 3), della tariffa, parte I, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, nell'articolo 10, comma 2, del testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347, e nell'articolo 4, della tariffa allegata al medesimo decreto legislativo n. 347 del 1990. Le cessioni di azioni o quote effettuate nella fase di liquidazione di cui al comma 5 si considerano, ai fini dell'articolo 19-bis, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, operazioni che non formano oggetto dell'attività propria del soggetto passivo.

6. Per l'accertamento delle modalità di determinazione e versamento dell'imposta di cui ai commi precedenti, si applicano le disposizioni del titolo IV del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.

7. Il comma 3 dell'articolo 7 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, è sostituito dai seguenti:

«3. La ritenuta non si applica sui proventi percepiti da fondi pensione e organismi di investimento collettivo del risparmio esteri, sempreché istituiti in Stati o territori inclusi nella lista di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, nonché su quelli percepiti da enti od organismi internazionali costituiti in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia e da banche centrali o organismi che gestiscono anche le riserve ufficiali dello Stato.

3-bis. Per i proventi di cui al comma 1 spettanti a soggetti residenti in Stati con i quali siano in vigore convenzioni per evitare la doppia imposizione sul reddito, ai fini dell'applicazione della ritenuta nella misura prevista dalla convenzione, i sostituti d'imposta di cui ai commi precedenti acquisiscono:

    a) una dichiarazione del soggetto non residente effettivo beneficiario dei proventi, dalla quale risultino i dati identificativi del soggetto medesimo, la sussistenza di tutte le condizioni alle quali è subordinata l'applicazione del regime convenzionale, e gli eventuali elementi necessari a determinare la misura dell'aliquota applicabile ai sensi della convenzione;

    b) un'attestazione dell'autorità fiscale competente dello Stato ove l'effettivo beneficiario dei proventi ha la residenza, dalla quale risulti la residenza nello Stato medesimo ai sensi della convenzione. L'attestazione produce effetti fino al 31 marzo dell'anno successivo a quello di presentazione».

7-bis. Le disposizioni di cui al comma 7 hanno effetto per i proventi percepiti a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto sempre che riferiti a periodi di attività dei fondi che hanno inizio successivamente al 31 dicembre 2009. Per i proventi percepiti a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e riferiti a periodi di attività del fondo chiusi fino al 31 dicembre 2009, continuano ad applicarsi le disposizioni dell'articolo 7 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, nel testo in vigore alla predetta data.

8. Sono abrogati i commi da 17 a 20 dell'articolo 82 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

9. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate da emanare entro 30 giorni dalla data di emanazione del decreto di cui al comma 2, sono definite le modalità di attuazione delle disposizioni contenute nei commi 4 e 5.


 

 

L’articolo 32 in esame, modificato nel corso dell’esame presso il Senato, reca una nuova definizione dei fondi comuni di investimento nonché l'istituzione di una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi a carico delle società di gestione del risparmio (SGR) che hanno istituito fondi comuni d'investimento immobiliari, che si applica - a seguito delle modifiche apportate dalla disposizione in esame al regime civilistico di tali fondi - al momento dell'adeguamento o del non adeguamento alla nuova normativa.

 

Nel dettaglio, il comma 1 interviene attraverso una serie di modifiche al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria- TUF), anzitutto (lettera a)) al fine di modificare la nozione civilistica dei fondi comuni di investimento prevista dall’articolo 1, comma 1, lett. j) del TUF.

Rispetto alla definizione previgente, viene maggiormente specificata la funzione economica del fondo comune di investimento, ossia:

§      la raccolta del risparmio tra una pluralità di investitori;

§      l'investimento del patrimonio raccolto sulla base di una predeterminata politica di investimento;

§      la gestione nell’interesse dei partecipanti e in autonomia dai medesimi.

Non è riportata invece la previgente distinzione tra patrimonio del fondo aperto e chiuso.

 

La nuova definizione, secondo la relazione illustrativa, servirebbe a circoscrivere l'applicazione dell'attuale regime fiscale ai soli fondi che gestiscono risparmio diffuso nonché a quelli diretti a realizzare attività di interesse pubblico. Più in generale, infatti, la norma sarebbe diretta ad arginare il fenomeno dei fondi immobiliari cosiddetti "veicolo" contrastando l'utilizzo strumentale dei fondi comuni immobiliari a ristretta base partecipativa.

 

La lettera b) del comma 1 interviene sul regime di responsabilità dei fondi comuni di investimento, modificando a tal fine l'articolo 36, comma 6, del TUF.

Per effetto della modifica apportata, pertanto, si specifica che per le obbligazioni contratte per suo conto, il fondo risponde esclusivamente con il proprio patrimonio.

 

La lettera c) del comma 1 interviene infine in materia di vigilanza modificando l’articolo 37, comma 2, lettera b-bis) del TUF.

Tale disposizione prevede che, con il regolamento diretto a determinare i criteri generali cui devono uniformarsi i fondi comuni di investimento, vanno individuati anche i casi in cui è possibile derogare alle norme prudenziali di contenimento e di frazionamento del rischio stabilite dalla Banca d'Italia, avendo riguardo anche alla qualità e all'esperienza professionale degli investitori. Per effetto della modifica apportata, si prevede che a tali fondi non si applichino gli articoli 36, comma 3, ultimo periodo, e comma 7, e l’articolo 39, comma 3 del TUF.

 

Al riguardo, l'articolo 36, comma 3, ultimo periodo prevede che la Banca d'Italia, sentita la CONSOB, determina i criteri generali di redazione del regolamento del fondo e il suo contenuto minimo.

L'articolo 36, comma 7, prevede che la Banca d'Italia, sentita la CONSOB, disciplina con regolamento le procedure di fusione tra fondi comuni di investimento.

L’articolo 39, comma 3, prevede che la Banca d'Italia approva il regolamento del fondo e le sue modificazioni, valutandone in particolare la completezza e la compatibilità con i criteri generali.

 

In sintesi, pertanto, per effetto della modifica apportata viene esclusa la vigilanza della Banca d'Italia sui fondi destinati ad investitori qualificati.

 

Il comma 2 prevede che le disposizioni di attuazione del comma 1 vadano emanate con decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze ai sensi dell’articolo 37 del TUF entro trenta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame

 

L’articolo 37 del TUF rimanda infatti ad un regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze, adottato sentite la Banca d'Italia e la CONSOB, per la determinazione dei criteri generali cui devono uniformarsi i fondi comuni di investimento riguardo: all'oggetto dell'investimento; alle categorie di investitori cui è destinata l'offerta delle quote; alle modalità di partecipazione ai fondi aperti e chiusi; all'eventuale durata minima e massima.

 

Al fine di consentire ai fondi esistenti di adeguarsi alle nuove norme civilistiche introdotte dal comma 1, i commi 3 e 4 introducono una procedura che prevede al termine il pagamento di un'imposta sostitutiva del 5 per cento del valore netto del fondo risultante dal prospetto redatto al 31 dicembre 2009.

Più specificamente, il comma 3 prevede che - entro trenta giorni dall'emanazione del decreto di cui al comma precedente - le società di gestione del risparmio che hanno istituito fondi comuni d’investimento immobiliare non più rispondenti alla definizione civilistica possono adottare le conseguenti delibere di adeguamento.

In tal caso, con la delibera di adeguamento la SGR preleva, a titolo di imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, un ammontare pari al 5 per cento del valore netto del fondo risultante dal prospetto redatto al 31 dicembre 2009 (comma 4).

È previsto il versamento dell'imposta da parte della SGR in tre rate:

§      il 40 per cento entro il 31 marzo 2011;

§      il 30 per cento entro il 31 marzo 2012;

§      il restante il 30 per cento entro il 31 marzo 2013.

 

Il comma 5 disciplina invece l'ipotesi in cui la SGR non intenda adeguarsi ai nuovi requisiti dettati dal comma 1.

Si prevede in tal caso che le SGR devono deliberare, sempre entro trenta giorni dall'emanazione del decreto sopra menzionato, la liquidazione del fondo comune d’investimento. L'imposta sostitutiva dovuta in tal caso è pari al 7 per cento del valore netto del fondo risultante dal prospetto redatto al 31 dicembre 2009, da versarsi con gli stessi termini di cui al comma precedente.

 

La definizione delle modalità attuative delle disposizioni concernenti l'imposta sostitutiva di cui ai commi 4 e 5 viene demandata dal comma 9 ad un successivo provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate - da emanarsi entro 30 giorni dall'emanazione del decreto di cui al comma 2.

 

Il comma 5 stabilisce inoltre che la liquidazione deve essere conclusa nel termine massimo di cinque anni, dovendo la SGR applicare sui risultati annui conseguiti dal 1° gennaio 2010 e fino alla conclusione della liquidazione un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'IRAP nella misura del 7 per cento, da versarsi il 16 febbraio dell'anno successivo.

 

Al fine di evitare fenomeni di doppia imposizione, il comma 5-bis dispone la non applicabilità della ritenuta di cui all'articolo 7 del decreto-legge n. 351 del 2001, convertito dalla legge n. 410 del 2001, fino a concorrenza dell'ammontare assoggettato all'imposta sostituiva di cui ai commi 4 e 5.

 

Il richiamato articolo 7 del decreto-legge n. 351 del 2001, convertito dalla legge n. 410 del 2001, che regola il regime tributario dei partecipanti al fondo, dispone che sui proventi di cui all'articolo 41, comma 1, lettera g), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, derivanti dalla partecipazione a fondi comuni d'investimento immobiliare di cui all'articolo 6, comma 1, la SGR opera una ritenuta del 20 per cento. La ritenuta si applica sull'ammontare dei proventi riferibili a ciascuna quota risultanti dai rendiconti periodici redatti ai sensi dell'articolo 6, comma 1, lettera c), numero 3), del TUF, distribuiti in costanza di partecipazione nonché sulla differenza tra il valore di riscatto o di liquidazione delle quote ed il costo di sottoscrizione o acquisto. Il costo di sottoscrizione o acquisto è documentato dal partecipante. In mancanza della documentazione il costo è documentato con una dichiarazione sostitutiva.

 

Qualora il costo sostenuto al momento della sottoscrizione o dell’acquisto delle quote risulti superiore all’ammontare della base imponibile cui si applica l’imposta sostitutiva, il comma 5-bis esclude la possibilità di riconoscere ai fini fiscali la minusvalenza realizzata. In altre parole, la differenza tra il valore di realizzo e il costo iniziale rileva ai fini fiscali esclusivamente nel caso di plusvalenza e concorre alla formazione del reddito.

 

Il comma 5-ter assoggetta gli atti di liquidazione del patrimonio immobiliare alle imposte fisse di registro, ipotecarie e catastali.

 

Il comma 5-quater disciplina, in primo luogo, il regime IVA applicabile alle cessione di immobili effettuata nella fase di liquidazione di cui al sopra esaminato comma 5. In particolare, si dispone l’obbligo di applicare il meccanismo del cosiddetto reverse charge previsto dall’articolo 17, comma 5, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto) ai sensi del quale il soggetto obbligato al pagamento dell'imposta è il cessionario, se soggetto passivo d'imposta nel territorio dello Stato.

Con il meccanismo dell’inversione contabile o reverse charge la fattura del cedente è emessa senza addebito dell'imposta; il cessionario è tenuto ad effettuare il pagamento dell’IVA direttamente all’erario. Sul piano contabile, deve integrare la fattura, indicando l’aliquota e la relativa imposta che deve essere annotata in apposito registro entro il mese di ricevimento ovvero anche successivamente, ma comunque entro quindici giorni dal ricevimento e con riferimento al relativo mese; lo stesso documento, ai fini della detrazione, è annotato anche nell’apposito registro degli acquisti.

 

L'efficacia di tale disposizione viene subordinata alla preventiva approvazione da parte del Consiglio dell'Unione europea ai sensi dell'articolo 395 della Direttiva 2006/112/CE del 28 novembre 2006.

 

I conferimenti in società di pluralità di immobili, effettuati nella fase di liquidazione di cui al comma 5 non sono considerate cessioni di beni ai fini IVA, essendo prevista l’applicazione dell'articolo 2, comma 3, lettera b), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e sono pertanto, sono assoggettate alle imposte di registro, ipotecaria e catastale.

Si applica, per ciascuna delle predette imposte, la misura fissa in luogo di quella proporzionale. Infatti, è stabilito che i predetti conferimenti si considerano compresi, agli effetti delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, fra gli atti previsti nell'articolo 4, comma 1, lettera a), numero 3), della tariffa, parte I, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro di cui al D.P.R. n. 131 del 1986 (conferimento di proprietà o diritto reale di godimento su aziende o su complessi aziendali relativi a singoli rami dell'impresa), nell'articolo 10, comma 2 del testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecarie e catastali di cui al d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347 e nell'articolo 4, della Tariffa allegata al medesimo d.lgs. n. 347 del 1990.

 

Il richiamato articolo 10, comma 2 del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347 stabilisce che l'imposta catastale è dovuta nella misura fissa di euro 168,00 per le volture eseguite in dipendenza di atti che non importano trasferimento di beni immobili né costituzione o trasferimento di diritti reali immobiliari, di atti soggetti all'imposta sul valore aggiunto, di fusioni e di scissioni di società di qualunque tipo e di conferimenti di aziende o di complessi aziendali relativi a singoli rami dell'impresa, per quelle eseguite in dipendenza di atti di regolarizzazione di società di fatto, derivanti da comunione ereditaria di azienda registrati entro un anno dall'apertura della successione, nonché per quelle eseguite in dipendenza degli atti di cui all'articolo 1, comma 1, quarto e quinto periodo, della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131.

L'articolo 4, della Tariffa allegata al medesimo d.lgs. n. 347 del 1990 indica la trascrizione di atti o sentenze che non importano trasferimento di proprietà di beni immobili né costituzione o trasferimento di diritti reali immobiliari, dei contratti preliminari di cui all'articolo 2645-bis del codice civile, di atti di fusione o di scissione di società di qualunque tipo e di atti di conferimento di aziende o di complessi aziendali relativi a singoli rami della impresa, nonché di atti di regolarizzazione di società di fatto derivanti da comunione ereditaria di azienda registrati entro un anno dall'apertura della successione.

 

Le cessioni di azioni o quote effettuate nella fase di liquidazione di cui al comma 5 si considerano, ai fini dell'articolo 19-bis, comma 2, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, operazioni che non formano oggetto dell'attività propria del soggetto passivo, e, pertanto, non incidono sulla determinazione della percentuale di detraibilità IVA, secondo il meccanismo cosiddetto del pro-rata.

 

Il richiamato articolo 19-bis, comma 2, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 stabilisce infatti, al comma 1, che la percentuale di detrazione dell’IVA assolta sugli acquisti è determinata in base al rapporto tra l'ammontare delle operazioni che danno diritto a detrazione, effettuate nell'anno, e lo stesso ammontare aumentato delle operazioni esenti effettuate nell'anno medesimo. Il comma 2 prevede che per il calcolo della percentuale di detrazione di cui al comma 1 non si tiene conto, tra l’altro, delle cessioni che non formano oggetto dell'attività propria del soggetto passivo.

 

La relazione tecnica al maxiemendamento presentato al Senato osserva pertanto che le disposizioni dei commi da 5-ter a 5-quater presentano carattere sostanziale di agevolazioni tributarie, potendosi pertanto considerare come rinuncia a maggior gettito.

 

Il comma 6 prevede l'applicazione delle disposizioni del titolo IV del D.P.R. n. 600 del 1973 ai fini dell’accertamento delle modalità di determinazione e versamento dell’imposta sostitutiva.

 

Si ricorda che il D.P.R. n. 600 del 1973 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi) reca al titolo IV (articoli da 31 a 45) disposizioni in materia di accertamento e controlli.

 

Il comma 7 modifica il comma 3 dell’articolo 7 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, che attualmente prevede il non assoggettamento ad imposizione dei proventi derivanti dalla partecipazione a fondi comuni d'investimento immobiliare percepiti dai soggetti non residenti come indicati nell'articolo 6 del n. 239 del 1996, aggiungendovi inoltre un nuovo comma 3-bis.

A fini antielusivi, il nuovo comma 3 dell’articolo 7 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351 prevede ora che la ritenuta non si applica sui proventi percepiti da fondi pensione e organismi di investimento collettivo del risparmio esteri a condizione però che siano istituiti in Stati o territori inclusi nella lista di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del TUIR, nonché quelli percepiti da enti od organismi internazionali costituiti in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia e banche centrali o organismi che gestiscono anche le riserve ufficiali dello Stato.

Il nuovo comma 3-bis dell’articolo 7 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351 stabilisce che per i proventi spettanti a soggetti residenti in Stati con i quali siano in vigore convenzioni per evitare la doppia imposizione sul reddito, ai fini dell'applicazione della ritenuta nella misura prevista dalla convenzione i sostituti d'imposta devono acquisire una dichiarazione del soggetto non residente effettivo beneficiario dei proventi, dalla quale risultino i dati identificativi del soggetto medesimo, la sussistenza di tutte le condizioni alle quali è subordinata l'applicazione del regime convenzionale, e gli eventuali elementi necessari a determinare la misura dell'aliquota applicabile ai sensi della convenzione. I medesimi sostituti devono inoltre acquisire un'attestazione dell'autorità fiscale competente dello Stato ove l'effettivo beneficiario dei proventi ha la residenza, dalla quale risulti la residenza nello Stato medesimo ai sensi della convenzione, che produce effetti fino al 31 marzo dell'anno successivo a quello di presentazione.

Con disposizione transitoria, il comma 7-bis prevede che le sopra riferite disposizioni di cui al comma 7 abbiano effetto per i proventi percepiti a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto ove riferiti a periodi di attività dei fondi che hanno inizio successivamente al 31 dicembre 2009.

E’ prevista invece l’applicazione delle disposizioni dell'articolo 7 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, nel testo in vigore alla predetta data, per i proventi percepiti a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge e riferiti a periodi di attività del fondo chiusi fino al 31 dicembre 2009.

 

Il comma 8 abroga invece i commi da 17 a 20 dell’articolo 82 del decreto legge n. 112 del 2008, concernente l'imposta patrimoniale sull'ammontare del valore netto dei fondi d'investimento immobiliare chiusi.

 

Le disposizioni abrogate prevedono, in estrema sintesi che:

-       ai fondi d'investimento immobiliare chiusi di cui all'articolo 37 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 si applica un'imposta patrimoniale sull'ammontare del valore netto dei fondi. La società di gestione preleva un ammontare pari all'1 per cento a titolo di imposta patrimoniale (comma 17 dell’articolo 82 del decreto legge n. 112 del 2008);

-       l'imposta è dovuta dai fondi per i quali non sia prevista la quotazione dei certificati in un mercato regolamentato e che abbiano un patrimonio inferiore a 400 milioni di euro in presenza di determinati requisiti (comma 18);

-       l’imposta sostitutiva sui redditi diversi di natura finanziaria di cui all’ articolo 5 del decreto legislativo n. 461 del 1997, realizzati in dipendenza della cessione o del rimborso di quote di partecipazione in fondi d’investimento immobiliare chiusi soggetti alle disposizioni del comma 18 è dovuta nella misura del 20 per cento (comma 18-bis);

-       la società di gestione del risparmio verifica la sussistenza dei requisiti di cui al comma 18, considerando la media annua del valore delle quote detenute dai partecipanti nel periodo d’imposta (comma 19);

-       la sussistenza dei requisiti indicati nel comma 18 determina l'applicazione dell'imposta patrimoniale a partire dal periodo d'imposta nel quale esse si verificano (comma 20).


Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo allegato al testo originario del decreto legge ascrivealla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Maggiori entrate

0

39,3

29

29

0

39,3

29

29

0

39,3

29

29

 

La relazione tecnica allegata al testo originario del provvedimento ricorda brevemente il contenuto delle disposizioni, precisando che le medesime prevedono l’istituzione di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi a carico delle società di gestione del risparmio (SGR) che hanno istituito fondi comuni di investimento immobiliare. Tale imposta si applica, a seguito delle modifiche al regime civilistico di tali fondi introdotte dalle norme medesime, con aliquote differenziate nel caso di adeguamento o meno ai nuovi requisiti richiesti. E’, infatti, disposto che, entro un tempo definito, le SGR prive dei nuovi requisiti richiesti dovranno adottare le delibere di adeguamento, ovvero procedere alla deliberazione della liquidazione del fondo di investimento. In caso di adeguamento, le suddette società dovranno prelevare e versare all’erario a titolo di sostitutiva il 5 per cento della media dei valori netti del fondo risultanti dai prospetti semestrali redatti per i periodi d’imposta dal 2007 al 2009.

Nel caso di liquidazione la medesima imposta si applica nella misura del 7 per cento.

In entrambi i casi l’imposta è versata, per il 40 per cento del suo ammontare, entro il 31 marzo del 2011 e, per la restante parte, in due rate di pari importo con scadenza, rispettivamente, entro il 31 marzo 2012 ed entro il 31 marzo 2013.

Ai fini della stima degli effetti di maggior gettito derivanti dall’imposta sostitutiva, sono stati utilizzati i dati relativi ai fondi immobiliari resi disponibili dalla Banca d’Italia in base alle informazioni ricevute dalle società di gestione dei fondi comuni immobiliari.

Poiché la finalità delle modifiche al regime civilistico è, come si legge nella relazione illustrativa allegata al provvedimento, quella di arginare il fenomeno di strumentale utilizzo dei fondi comuni immobiliari a ristretta base partecipativa finalizzato al godimento dei benefici fiscali previsti dalla previgente normativa, tali dati sono stati analizzati per il profilo del valore del NAV (Net asset value)[79] e del numero dei partecipanti al fondo.

Al fine di individuare i fondi di investimento immobiliare incisi dalle disposizioni, cioè quelli non conformi ai requisiti richiesti dalle modifiche introdotte al TUEF, si è tenuto conto anche della contestuale abrogazione, operata dalle norme in esame, dell’imposta patrimoniale dell’1 per cento applicata sull’ammontare netto dei fondi, introdotta dall’articolo 82, comma 17, del decreto legge n. 112 del 2008. Tale imposta si applicava ai fondi immobiliari chiusi con patrimonio inferiore a 400 milioni di euro, numero di partecipanti inferiore a 10 e presenza di vincoli di parentela tra i partecipanti.

Sulla base della suddetta analisi la stima del NAV complessivo relativo ai soggetti che sarebbero interessati dalle modifiche normative risulta ammontare a circa 1,7 miliardi di euro.

Ai fini della stima, la relazione tecnica ipotizza che la metà dei fondi interessati si adegui alle modifiche del regime civilistico, mentre la restante parte deliberi la liquidazione del fondo.

Tenendo conto delle diverse aliquote, l’imposta ammonta a circa 43 milioni di euro a carico dei fondi che procederanno all’adeguamento (1,7*50%*5%) ed a 60,3 milioni di euro (1,7*50%*7%) a carico dei fondi che delibereranno la liquidazione. In base alle modalità di rateizzazione dell’imposta si determinano i seguenti effetti di maggior gettito per cassa a titolo di sostitutiva.

(milioni di euro)

Imposta sostitutiva

2011

2012

2013

I rata (40%)

II rata (30%)

III rata (30%)

Dovuta da fondi che si adeguano

17,2

12,9

12,9

Dovuta da fondi in liquidazione

24,1

18,1

18,1

Totale

41,3

31,0

31,0

 

Da tali effetti di maggior gettito debbono, infine, sottrarsi gli effetti di perdita di gettito connessi all’abrogazione della suddetta imposta patrimoniale dell’1 per cento, valutati dalla relazione tecnica, unitamente alle imposte, di entità trascurabile, dovute sui proventi realizzati dai fondi, nell’ordine di 2 milioni di euro annui.

 

Le modifiche e le integrazioni introdotte al Senato hanno reso solo parzialmente utilizzabile la relazione tecnica allegata al provvedimento originario, che è stata integrata da una nuova RT allegata al maxiemendamento presentato presso l’Assemblea del Senato.

 

Il prospetto riepilogativo degli effetti del maxiemendamento ascrivealle modifiche introdotte i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica[80].

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Maggiori entrate

 

40

34

34

 

40

34

34

 

40

34

34

 

La relazione tecnica al maxiemendamento presentato al Senato integra, pertanto, la relazione tecnica originaria fornendo, distintamente, la quantificazione degli effetti delle variazioni e delle integrazioni introdotte. In particolare:

al comma 4 è previsto che l’imposta sostitutiva si applichi al valore netto del fondo risultante dal prospetto redatto al 31 dicembre 2009, anziché alla media dei valori netti del fondo risultanti dai prospetti semestrali redatti nei periodi d’imposta dal 2007 al 2009.

La relazione tecnica integrativa stima che, in base ai medesimi dati di fonte Banca d’Italia, l’ammontare del valore netto dei fondi si cifri in 2.8 miliardi di euro, con un incremento, rispetto al  valore stimato in precedenza, di 1,1 miliardi di euro, cui corrispondono, sulla base dell’ipotesi di equidistribuzione tra i fondi che si adeguano e quelli che si sciolgono, i seguenti effetti di maggior gettito a titolo di imposta sostitutiva;

(milioni di euro)

Imposta sostitutiva

2011

2012

2013

I rata (40%)

II rata (30%)

III rata (30%)

Dovuta da fondi che si adeguano

11

8

8

Dovuta da fondi in liquidazione

15

12

12

Totale

26

20

20

 

  al comma 5 è prevista l’introduzione, a carico dei fondi comuni immobiliari che deliberano la liquidazione,di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP con aliquota del 7 per cento da applicarsi sui risultati conseguiti dal 1° gennaio 2010 e fino alla conclusione della procedura di liquidazione, che deve essere conclusa nel termine massimo di cinque anni. L’imposta è versata entro il 16 febbraio dell’anno successivo rispetto a ciascun anno di durata della liquidazione.

La relazione tecnica al maxiemendamento quantifica un effetto di ripresa di gettito di 14 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2011 al 2015,  sulla base dei seguenti dati e calcoli;


(milioni di euro)

Valore attivo netto dei fondi in liquidazione

1.700 milioni

Aliquota sostitutiva

7%

Rendimento ponderato annuo dei fondi

12%

Base imponibile sostitutiva (1.700*12%)

204 milioni

Gettito imposta (204*7%)

14 milioni annui

 

§      il comma 5-bisprevede che la ritenuta del 20 per cento sui proventi dei fondi, di cui all’articolo 7 del decreto-legge n. 351 del 2001 non si applichi fino a concorrenza dell’ammontare assoggettato alle imposte sostitutive di cui ai commi 4 e 5.

     La relazione tecnica integrativa evidenzia che, in base alle informazioni assunte dalle associazioni di categoria la perdita di gettito associata alla disposizione risulta di entità trascurabile;

§      i commi 5-ter e 5-quater introducono alcune agevolazioni in materia di imposte di registro, ipotecarie e catastali e di IVA con riguardo alle operazioni di cessione, conferimenti di immobili, cessioni di azioni e quote, effettuate nel corso della durata della liquidazione dei fondi comuni immobiliari.

     La relazione tecnica afferma che le agevolazioni introdotte riguardano operazioni indotte dalle stesse norme e  che, pertanto, non avrebbero avuto luogo a legislazione vigente. Il relativo effetto finanziario si configura quindi come una rinuncia dell’erario ad un maggior gettito;

§      al comma 7 è ripristinata l’esenzione dalla ritenuta del 20 per cento sui proventi derivanti dai fondi immobiliari percepiti da soggetti non residenti, abrogata dal comma 7 del testo originario dell’articolo. Il nuovo testo, tuttavia, ripristina tale esenzioni solo nei confronti di alcune categorie di soggetti non residenti, quali i fondi pensione e gli organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR).

     La relazione tecnica integrativa afferma che la disposizione non determina effetti di riduzione di gettito, in quanto il maggior gettito connesso all’abrogazione dell’esenzione non era stato prudenzialmente considerato.

 

Complessivamente, quindi, la relazione tecnica al maxiemendamento stima le seguenti maggiori entrate aggiuntive, rispetto a quelle quantificate nella relazione tecnica al testo originario.

 (milioni di euro)

Effetti delle modifiche introdotte dal Senato

2011

2012

2013

2014

2015

Comma 4

26

20

20

 

 

Comma 5

14

14

14

14

14

Comma 7

0

0

0

0

0

Totale

40

34

34

14

14

 

In merito ai profili di quantificazione, si osserva che la stima del gettito dell’imposta sostitutiva del 7 per cento sui risultati conseguiti dai fondi che deliberano la liquidazione (comma 5), introdotta al Senato, potrebbe risultare non del tutto prudenziale, in quanto presuppone che nessuna delle società di gestione interessate concluda le operazioni di liquidazione anteriormente al termine massimo di cinque anni previsto dalle disposizioni.

Sempre in merito a tale stima, andrebbe, inoltre, chiarito il motivo per il quale il valore netto dei fondi che deliberano lo scioglimento, assunto ai fini della quantificazione dei risultati conseguiti dal 1° gennaio 2010, sia pari a 1.700 milioni di euro, anziché a 1.400 milioni di euro[81]. Tale ultimo dato, infatti, sulla base della stessa relazione tecnica al maxiemendamento e delle ipotesi assunte in sede di relazione tecnica originaria rappresenta il valore netto dei fondi che deliberano lo scioglimento al 31 dicembre 2009.

Utilizzando tale dato il gettito della sostitutiva si cifrerebbe in meno di 12 milioni annui, anziché in 14, come stimato. In proposito andrebbe acquisito l’avviso del Governo.

Si rileva, infine, che andrebbe suffragata sulla base di idonee evidenze l’ipotesi adottata di un rendimento annuo di tali fondi pari a 12 per cento.

 


 

Articolo 33
(Stock options ed emolumenti variabili)

 


1. In dipendenza delle decisioni assunte in sede di G20 e in considerazione degli effetti economici potenzialmente distorsivi propri delle forme di remunerazione operate sotto forma di bonus e stock options, sui compensi a questo titolo, che eccedono il triplo della parte fissa della retribuzione, attribuiti ai dipendenti che rivestono la qualifica di dirigenti nel settore finanziario nonché ai titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa nello stesso settore è applicata una aliquota addizionale del 10 per cento.

2. L'addizionale è trattenuta dal sostituto d'imposta al momento di erogazione dei suddetti emolumenti e, per l'accertamento, la riscossione, le sanzioni e il contenzioso, è disciplinata dalle ordinarie disposizioni in materia di imposte sul reddito.


 

 

L’articolo 33 in esame, alla luce degli effetti distorsivi prodotti sul sistema economico-finanziario da meccanismi di remunerazione erogati sotto forma di bonus e stock options, introduce una addizionale del 10 per cento sui compensi corrisposti a questo titolo che eccedono il triplo della parte fissa della retribuzione[82] (comma 1).

Ai fini dell'applicazione dell'addizionale, è necessario che i compensi in parola siano attribuiti ai seguenti soggetti operanti nel settore finanziario:

§      dipendenti che rivestono la qualifica di dirigenti;

§      titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa.

L'addizionale viene introdotta come misura di contrasto all'adozione dei sistemi retributivi sopra menzionati, anche in relazione a recenti decisioni assunte in materia in sede di G20.

 

Si valuti se la genericità del riferimento al "settore finanziario" possa ingenerare dubbi nell'individuazione dei soggetti tenuti al pagamento dell'imposta.

 

In relazione al regime fiscale delle stock options, si ricorda che nel recente passato era previsto un  regime fiscale agevolato, disciplinato dall’articolo 51, comma 2, lettera g-bis) del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n 917, consistente nella esclusione da imposizione in capo al lavoratore dipendente del reddito in natura derivante dalla assegnazione di azioni della società con la quale il lavoratore intrattiene il rapporto di lavoro o di altra società del gruppo.

L’articolo 82, comma 23, del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112, ha previsto l’abolizione del suddetto regime agevolato. In particolare, la citata disposizione ha disposto l’abrogazione della lettera g-bis) contenuta nel citato comma 2 dell’articolo 51 del Tuir; di conseguenza, la differenza tra il valore delle azioni al momento dell’assegnazione del diritto di opzione e l’ammontare corrisposto dal dipendente concorre sempre a formare il reddito imponibile da lavoro dipendente.

 

Ai sensi del comma 2 l’addizionale è disciplinata dalle ordinarie disposizioni in materia di imposte sul reddito relative ad accertamento, riscossione, sanzioni e contenzioso, ed è trattenuta dal sostituto d’imposta al momento di erogazione degli emolumenti.

 

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo allegato al testo iniziale del provvedimento in esame ascrivealla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Maggiori entrate

9,5

10,4

10,4

10,4

9,5

10,4

10,4

10,4

9,5

10,4

10,4

10,4

 

La relazione tecnica allegata al testo iniziale afferma che, ai fini della stima del gettito dell’addizionale del 10 per cento applicata alla quota degli emolumenti variabili e delle stock options eccedente il triplo della parte fissa della retribuzione, è stato considerato il numero dei percettori di redditi da lavoro dipendente del settore privato che espongono un reddito superiore a 100.000 euro.

Estrapolando al 2010 i dati delle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche presentate nel 2008, il numero di tali soggetti risulta pari a 130.000 unità.

Sulla base dei dati di contabilità nazionale, la quota di reddito da lavoro dipendente del settore privato di pertinenza del comparto “intermediazione finanziaria e creditizia” risulta pari all’8,48 per cento.

Ai fini dell’individuazione del numero dei percettori di redditi da lavoro dipendente superiori a 100.000 euro appartenenti al suddetto comparto, tale percentuale è stata ridotta all’8 per cento, in considerazione delle più elevate retribuzioni godute dai dipendenti del comparto medesimo.

La relazione stima, pertanto, un numero di soggetti interessati pari a circa 10.400 unità (130.000*8%).

Ipotizzando, quindi, che il 50 per cento di tali soggetti percepisca bonus e stock options per un ammontare medio di 100.000 euro e che la quota di tali emolumenti eccedente il triplo della parte fissa della retribuzione sia pari al 20%, si stima una base imponibile annua dell’addizionale pari a 104 milioni di euro (10.400*100.000*20%*50%) ed un corrispondente gettito annuo di 10,4 milioni di euro.  

 

In merito ai profili di quantificazione, si osserva che ai fini della verifica della stima occorrerebbe che i parameri su cui si fonda la quantificazione fossero suffragati da elementi oggettivi di riscontro.

In particolare non appare chiara la scelta del segmento iniziale dei soggetti su cui si basa la quantificazione, rappresentata dai percettori di redditi di lavoro dipendente del comparto privato con redditi superiori a 100.000 euro. Tale dato, che influenza i risultati dei successivi calcoli, potrebbe determinare una sovrastima del maggior gettito atteso, in considerazione del fatto che la base imponibile dell’addizionale (quota eccedente il triplo della parte fissa della retribuzione) sembra limitarne l’applicazione ad un numero ristretto di soggetti, con funzioni apicali nel settore.

In proposito appare opportuno acquisire l’avviso del Governo.

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Remunerazione di amministratori e personale nei servizi finanziari

Il 29 aprile 2009 la Commissione europea ha presentato un pacchetto di misure volto a tenere conto del ruolo svolto nella crisi finanziaria in corso da politiche retributive che hanno incentivato a suo avviso un'assunzione di rischi eccessiva e imprudente. Il pacchetto comprende, tra l’altro:

-        una raccomandazione sulla remunerazione del personale di tutto il comparto dei servizi finanziari la cui attività professionale ha un’incidenza materiale sul profilo di rischio degli istituti finanziari, intesa ad evitare che politiche sconsiderate di incentivi incoraggino un’eccessiva assunzione dei rischi volti alla realizzazione di profitti a breve termine. La raccomandazione invita gli Stati membri a fare in modo che la politica retributiva sia: a) compatibile con una sana ed efficace gestione del rischio; b) attuata in maniera trasparente e chiara, adeguatamente comunicata alle parti interessate ed intesa ad evitare conflitti di interesse. Il controllo su tale politica dovrebbe essere di competenza del consiglio di amministrazione;

-        una raccomandazione sul sistema di remunerazione degli amministratori delle società quotate nella quale, in particolare, si invitano gli Stati membri a: a) fissare un limite per le “liquidazioni d’oro” erogate in caso di licenziamento, vietandole in caso di risultati negativi; b) esigere un equilibrio tra componente fissa e variabile della remunerazione e collegare la componente variabile a criteri di efficienza per rafforzare la correlazione tra risultati e remunerazione; c) promuovere la sostenibilità a lungo termine della società grazie a un corretto equilibrio tra i criteri di efficienza a breve e lungo termine cui è subordinata la remunerazione degli amministratori, al pagamento dilazionato della retribuzione variabile, alla fissazione di un periodo di maturazione minimo per l’esercizio di stock option e azioni e alla conservazione di una parte delle azioni fino al termine del rapporto di lavoro; d) autorizzare il recupero da parte delle società delle componenti variabili della remunerazione erogate sulla base di dati verificatisi manifestamente infondati; e) migliorare il controllo degli azionisti sulle politiche di remunerazione; f) disporre che gli amministratori senza incarichi esecutivi non percepiscano stock option come parte della remunerazione.

Anche il Parlamento europeo ha approvato, il 7 luglio 2010, una risoluzione di iniziativa (estranea cioè ad un procedimento legislativo), sulla remunerazione degli amministratori delle società quotatenella quale, tra l’altro: a) si sottolinea la necessità che la remunerazione sia adeguata a tutte le tipologie di rischio, simmetrica ai risultati del rischio, proporzionata alla dimensione, all'organizzazione interna e alla complessità degli istituti finanziari e in grado di rispecchiare la diversità del settore bancario, assicurativo e di gestione dei fondi; b) si chiede alla Commissione di adottare princìpi vincolanti sulle politiche retributive nel settore finanziario nonché un regime che obblighi le società quotate a offrire spiegazioni nel caso che le proprie politiche di remunerazione non rispettino i principi volti a rimuovere gli incentivi per investimenti ad alto rischio; c) propone di dare agli azionisti maggior potere di controllo sugli amministratori delle società quotate; d) propone di fissare un tetto all'entità del trattamento di fine rapporto pari a un massimo di due anni della componente fissa della retribuzione degli amministratori ("paracadute d'oro") in caso di risoluzione anticipata del contratto e di vietare l'erogazione del trattamento di fine rapporto in caso di mancato rendimento o dimissioni volontarie.

Direttiva Basilea III

In seguito ad un compromesso concordato con il Consiglio, in occasione della plenaria del 7 luglio 2010 il Parlamento europeo ha approvato in prima lettura, secondo la procedura legislativa ordinaria, la proposta di direttiva che modifica le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE sui requisiti patrimoniali (COM(2009)362, cosiddetta Basilea III).

Il documento in questione prospetta norme più severe sui bonus corrisposti ai manager allo scopo di porre fine agli incentivi a rischi eccessivi che hanno contribuito alla crisi finanziaria in corso. Gli aspetti più importanti della proposta riguardano:

-        l’obbligo per le banche di stabilire limiti per i bonus in base agli stipendi, per contenerne l’uso sproporzionato nel settore finanziario;

-        la fissazione, per i bonus in danaro, di un limite del 30% del totale, che sarebbe del 20% per i bonus particolarmente elevati. I bonus dovrebbero essere dilazionati tra il 40 e il 60% su un periodo non inferiore a tre anni ed essere restituiti qualora gli investimenti non diano i risultati previsti. Inoltre, almeno il 50% del bonus totale sarebbe pagato sotto forma di "capitale contingente" (fondi ai quali attingere in caso di difficoltà per la banca) e di azioni;

-        il pagamento delle pensioni straordinarie sarebbe limitato da strumenti come il capitale contingente, che lega il loro valore finale alla situazione finanziaria dell'istituto finanziario per evitare che i manager possano beneficiare di pensioni elevate anche in presenza di una crisi che interessa la loro banca;

-        misure specifiche per le banche salvate dal fallimento con denaro pubblico, al fine di contenere gli importi complessivi pagati in bonus, incoraggiando i manager a rafforzare la propria base di capitale ed erogando prestiti per aiutare la ripresa dell'economia reale con prelievi dalle loro retribuzioni e incentivi. In particolare, non dovrebbe essere pagato nessun premio ai direttori di tali banche, se non debitamente giustificato.

Il Consiglio dovrebbe approvare definitivamente la proposta in una delle prossime sessioni per consentire l’entrata in vigore della nuova normativa nel gennaio 2011.


 

Articolo 34
(Obbligo per i non residenti di indicazione del codice fiscale per l’apertura di rapporti con operatori finanziari)

 

1. All'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) al primo comma, dopo la lettera g-quater), è aggiunta la seguente: «g-quinquies) atti o negozi delle società e degli enti di cui all'articolo 32, primo comma, numero 7), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, conclusi con i clienti per conto proprio ovvero per conto o a nome di terzi clienti, riguardanti l'apertura o la chiusura di qualsiasi rapporto continuativo.»;

     b) al secondo comma, secondo periodo, dopo le parole «in luogo del quale va indicato il domicilio o sede legale all'estero» sono aggiunte le seguenti: «, salvo per gli atti o negozi di cui alla lettera g-quinquies).».

 

 

L’articolo 34 in esame novella l’articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 605 del 1973 al fine di introdurre l'obbligo di indicazione del numero di codice fiscale per i soggetti non residenti relativamente a determinati atti e negozi.

 

In particolare la lettera a) della norma in esame, aggiungendo la nuova lettera g-quinquies) al comma 1 dell’articolo 6 del D.P.R. n. 605 del 1973, inserisce tra gli atti per i quali è obbligatoria l'indicazione del numero di codice fiscale anche gli atti o negozi delle società e degli enti di cui all’articolo 32, primo comma, numero 7), del D.P.R. 29 n. 600 del 1973, conclusi con i clienti per conto proprio ovvero per conto o a nome di terzi clienti, che riguardino l’apertura o la chiusura di un rapporto continuativo.

 

Si segnala che l’articolo 32, primo comma, numero 7), del D.P.R. 29 n. 600 del 1973, concerne la facoltà attribuita agli uffici delle imposte di richiedere a banche e intermediari finanziari dati, notizie e documenti relativi a rapporti intrattenuti con loro clienti.

 

La lettera b) interviene al comma 2 dell’articolo 6 del D.P.R. n. 605 del 1973, al fine di specificare l'obbligatorietà dell'indicazione del codice fiscale per gli atti e negozi di cui alla nuova lettera g-quinquies) del comma 1 per i soggetti non residenti nel territorio dello Stato.

Per gli altri atti e negozi non muta invece la disciplina vigente, che prevede che l'obbligo di indicazione del numero di codice fiscale dei soggetti non residenti nel territorio dello Stato, cui tale codice non risulti già attribuito, si intende adempiuto con la sola indicazione dei dati di cui all'articolo 4, con l'eccezione del domicilio fiscale, in luogo del quale va indicato il domicilio o sede legale all'estero.

 

Secondo quanto specificato dalla relazione illustrativa, le modifiche in esame servirebbero a superare le problematiche connesse alla difficoltà di acquisire con certezza, in fase di interrogazione dell'archivio dei rapporti finanziari, i dati relativi ai rapporti continuativi dei clienti non residenti se privi del codice fiscale, anche in considerazione del fatto che all'archivio possono accedere soggetti diversi dall'amministrazione finanziaria.

 

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo non ascrivealla norma effetti finanziari.

 

La relazione tecnica afferma chela norma è suscettibile di generare maggior gettito, poiché consente di intercettare rapporti intestati a soggetti residenti all’estero la cui acquisizione porta spesso alla individuazione di violazioni fiscali da parte degli stessi o di terzi.

Prudenzialmente la RT non ascrive alla norma effetti finanziari.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare, tenuto conto che alla norma non sono ascritti effetti finanziari.

 


 

Articolo 35
(Razionalizzazione dell’accertamento nei confronti dei soggetti che aderiscono al consolidato nazionale)

 


1. Dopo l'articolo 40 del decreto del Presidente della Repubblica del 29 settembre 1973, n. 600, è inserito il seguente:1. Identico:

«Art. 40-bis.(Rettifica delle dichiarazioni dei soggetti aderenti al consolidato nazionale). – 1. Ai fini dell'imposta sul reddito delle società, il controllo delle dichiarazioni proprie presentate dalle società consolidate e dalla consolidante nonché le relative rettifiche, spettano all'ufficio dell'Agenzia delle entrate competente alla data in cui è stata presentata la dichiarazione.

2. Le rettifiche del reddito complessivo proprio di ciascun soggetto che partecipa al consolidato sono effettuate con unico atto, notificato sia alla consolidata che alla consolidante, con il quale è determinata la conseguente maggiore imposta accertata riferita al reddito complessivo globale e sono irrogate le sanzioni correlate. La società consolidata e la consolidante sono litisconsorti necessari. Il pagamento delle somme scaturenti dall'atto unico estingue l'obbligazione sia se effettuato dalla consolidata che dalla consolidante.

3. La consolidante ha facoltà di chiedere che siano computate in diminuzione dei maggiori imponibili derivanti dalle rettifiche di cui al comma 2 le perdite di periodo del consolidato non utilizzate, fino a concorrenza del loro importo. A tal fine, la consolidante deve presentare un'apposita istanza, all'ufficio competente a emettere l'atto di cui al comma 2, entro il termine di proposizione del ricorso. In tale caso il termine per l'impugnazione dell'atto è sospeso, sia per la consolidata che per la consolidante, per un periodo di sessanta giorni. L'ufficio procede al ricalcolo dell'eventuale maggiore imposta dovuta, degli interessi e delle sanzioni correlate, e comunica l'esito alla consolidata ed alla consolidante, entro sessanta giorni dalla presentazione dell'istanza.

4. Le attività di controllo della dichiarazione dei redditi del consolidato e le relative rettifiche diverse da quelle di cui al comma 2, sono attribuite all'ufficio dell'Agenzia delle entrate competente nei confronti della società consolidante alla data in cui è stata presentata la dichiarazione

5. Fino alla scadenza del termine stabilito nell'articolo 43, l'accertamento del reddito complessivo globale può essere integrato o modificato in aumento, mediante la notificazione di nuovi avvisi, in base agli esiti dei controlli di cui ai precedenti commi.».

2. Nel titolo I, capo II, del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, dopo l'articolo 9 è aggiunto il seguente:

«Art. 9-bis.(Soggetti aderenti al consolidato nazionale). – 1. Al procedimento di accertamento con adesione avente ad oggetto le rettifiche previste dal comma 2 dell'articolo 40-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, partecipano sia la consolidante che la consolidata interessata dalle rettifiche, innanzi all'ufficio competente di cui al primo comma dell'articolo 40-bis stesso, e l'atto di adesione, sottoscritto anche da una sola di esse, si perfeziona qualora gli adempimenti di cui all'articolo 9 del presente decreto siano posti in essere anche da parte di uno solo dei predetti soggetti.

2. La consolidante ha facoltà di chiedere che siano computate in diminuzione dei maggiori imponibili le perdite di periodo del consolidato non utilizzate, fino a concorrenza del loro importo. Nell'ipotesi di adesione all'invito, ai sensi dell'articolo 5, comma 1-bis, del presente decreto, alla comunicazione ivi prevista deve essere allegata l'istanza prevista dal comma 3 dell'articolo 40-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600; in tal caso, il versamento delle somme dovute dovrà essere effettuato entro il quindicesimo giorno successivo all'accoglimento dell'istanza da parte dell'ufficio competente, comunicato alla consolidata ed alla consolidante, entro sessanta giorni dalla presentazione dell'istanza. L'istanza per lo scomputo delle perdite di cui al comma 3 dell'articolo 40-bis citato deve essere presentata unitamente alla comunicazione di adesione di cui all'articolo 5-bis del presente decreto; l'ufficio competente emette l'atto di definizione scomputando le stesse dal maggior reddito imponibile».

3. Con provvedimento del Direttore dell'agenzia delle entrate, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabiliti i contenuti e le modalità di presentazione dell'istanza di cui al comma 3 dell'art. 40-bis del decreto del Presidente della Repubblica del 29 settembre 1973, n. 600, nonché le conseguenti attività dell'ufficio competente. Gli articoli 9, comma 2, secondo periodo, e 17 del decreto ministeriale 9 giugno 2004, sono abrogati.

4. Le disposizioni di cui ai commi precedenti entrano in vigore il 1o gennaio 2011, con riferimento ai periodi di imposta per i quali, alla predetta data, sono ancora pendenti i termini di cui all'articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.


 

 

L’articolo 35, modificato durante l’esame del provvedimento al Senatocon finalità di coordinamento formale con le norme vigenti, introduce disposizioni di razionalizzazione dell’accertamento dei tributi nei confronti dei soggetti che aderiscono al consolidato nazionale, al fine di ricondurre ad un unico atto le predette attività.

 

Il consolidato fiscale nazionale, disciplinato dagli articoli 117-129 del Testo unico delle imposte sui redditi - TUIR (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917) e dal D.M. 9 giugno 2004, è stato introdotto con la riforma del sistema fiscale delle società (D.Lgs. n. 344 del 2003) al fine di prevedere il c.d. consolidamento degli imponibili. E’ infatti prevista la dichiarazione di un’unica base imponibile, nella quale vengono sommati algebricamente i redditi delle imprese appartenenti al gruppo, con conseguente compensazione tra redditi e perdite fiscali di gruppo. Il consolidato nazionale disciplina i gruppi di imprese costituiti da società residenti, mentre il consolidato mondiale, interessa i gruppi cui appartengono anche le società non residenti.

Il consolidato nazionale consente la determinazione in capo alla controllante di un’unica base imponibile di gruppo: dunque, la controllante, in sede di dichiarazione dei redditi, provvede ad aggregare il proprio imponibile e gli imponibili delle società controllate, compensandoli integralmente e indipendentemente dalla percentuale di possesso e determinando così un reddito complessivo globale. Si tratta di un regime opzionale: l’opzione ha la durata di tre esercizi ed è irrevocabile.

 

La Relazione illustrativa che accompagna il provvedimento in esame precisa che “in considerazione della responsabilità solidale tra il soggetto consolidante e ciascuna società consolidata, prevista dall’articolo 127 del citato testo unico, l’accertamento nei confronti di tali soggetti, quanto ai redditi propri, è ricondotto ad un unico atto, emesso dall’ufficio competente sulla consolidata interessata dalle rettifiche e notificato anche alla consolidante, in luogo del vigente doppio livello di accertamento. In tal modo si consente a entrambi i soggetti necessariamente coinvolti nell’accertamento di partecipare sin dall’inizio alle diverse fasi del procedimento

 

Il comma 1 della norma in commento inserisce un nuovo articolo 40-bisal decreto del Presidente della Repubblica del 29 settembre 1973, n. 600[83].

 

Il comma 2 inserisce un nuovo articolo 9-bis nel decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218[84], che individua le modalità di partecipazione dei soggetti aderenti al consolidato nazionale all’accertamento con adesione.

Il nuovo articolo 40-bis del D.P.R. n. 600 del 1973

Il comma 1 dell’articolo 40-bisattribuisce all’ufficio dell’Agenzia delle entrate competente alla data di presentazione della dichiarazione il controllo a fini IRES delle dichiarazioni presentate dalle società consolidata e dalla consolidante, nonché delle relative rettifiche.

Si prescrive (comma 2) poi che le rettifiche del reddito complessivo di ciascun soggetto partecipante al consolidato siano effettuate con un unico atto.

Con tale atto, da notificare sia alla consolidata che alla consolidante:

§      viene determinata la conseguente maggiore imposta accertata riferita al reddito complessivo globale;

§      vengono irrogate le sanzioni correlate.

Si stabilisce inoltre che, nel caso di contenzioso, la società consolidata e la consolidante siano litisconsorti necessari; è disposta, parallelamente, la solidarietà di entrambe le società nel debito derivante dall’unico atto di accertamento. Dunque, il pagamento relativo può essere effettuato sia dalla consolidata che dalla consolidante al fine dell'estinzione dell'obbligazione.

 

La Relazione tecnica precisa che le misure così introdotte consentono di abbreviare i tempi del soddisfacimento della pretesa erariale e di accelerare la riscossione delle somme.

 

Il comma 3 del nuovo articolo 40-bis consente alla consolidante di chiedere che dai maggiori imponibili così rettificati siano scomputate le perdite di periodo del consolidato non utilizzate, fino a concorrenza del loro importo. A tal fine, deve essere presentata apposita istanza all'ufficio competente per l’accertamento entro il termine di proposizione del ricorso.

In tale caso, il termine per l'impugnazione dell'atto è sospeso, sia per la consolidata che per la consolidante, per un periodo di sessanta giorni.

L'ufficio procede al ricalcolo dell'eventuale maggiore imposta dovuta, degli interessi e delle sanzioni correlate, e comunica l'esito alla consolidata ed alla consolidante, entro sessanta giorni dalla presentazione dell'istanza

 

Il comma 4 dell’articolo 40-bis affida all’ufficio dell’Agenzia delle entrate competente nei confronti della consolidante al momento di presentazione della dichiarazione le attività di controllo della dichiarazione dei redditi del consolidato e le relative rettifiche, diverse dalle rettifiche del reddito complessivo proprio di ciascun soggetto partecipante al consolidato.

Infine, il comma 5 prevede consente di integrare o modificare in aumento l’accertamento del reddito complessivo in base all'esito dei controlli sopra descritti sino alla scadenza del termine per la notifica degli avvisi di accertamento, di cui all’art. 43 dello stesso DPR n. 600 del 1973.

Il nuovo articolo 9-bis del D.Lgs. n. 218 del 1997

Il comma 1 del nuovo articolo 9-bisprevede la partecipazione sia della società consolidante che della consolidata al procedimento di accertamento con adesione, ove abbia ad oggetto le rettifiche introdotte dal testo in esame (nuovo articolo 40-bis, comma 2, del D.P.R. n. 600 del 1973).

L’atto di adesione può essere sottoscritto anche da una sola di esse; esso si perfeziona quando anche una sola società abbia posto in essere gli adempimenti necessari per l’adesione.

Il successivo comma 2 concede alla consolidante la facoltà di chiedere lo scomputo delle perdite del periodo, se non utilizzate e fino a concorrenza del loro importo, in diminuzione dei maggiori imponibili accertati.

Nell’ipotesi di adesione ai contenuti dell'invito a comparire, che si realizza (ai sensi dell’articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 218 del 1997) con l’apposita comunicazione al competente ufficio e col versamento delle somme dovute), le norme impongono di allegare alla predetta comunicazione l’istanza (prevista dal comma 3 dell’articolo 40-bis introdotto dal testo in esame) di scomputo delle perdite del periodo non utilizzate dai maggiori imponibili accertati (ai sensi dell’articolo 40-bis commentato supra). In tale ipotesi, il versamento delle somme dovute va effettuato entro il quindicesimo giorno successivo all’accoglimento dell’istanza, comunicato alla consolidata ed alla consolidante entro sessanta giorni dalla presentazione dell’istanza. L’istanza per lo scomputo delle perdite deve essere presentata unitamente alla comunicazione di adesione ai predetti verbali di constatazione; l'ufficio competente emette l'atto di definizione scomputando le stesse dal maggior reddito imponibile.

Ulteriori disposizioni in materia di accertamento sui soggetti partecipanti al consolidato.

Il comma 3 dell'articolo 35 in esame demanda ad un provvedimento del Direttore dell’agenzia delle entrate - da emanarsi entro novanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto - l'individuazione dei contenuti e delle modalità di presentazione dell’istanza di computo delle perdite (di cui all'art. 40-bis, comma 3, del DPR n. 600 del 1973, introdotto dalla norma in esame al comma 1) e le conseguenti attività che dovranno essere svolte dell’ufficio competente.

Inoltre, con finalità di coordinamento con le nuove misure introdotte, è disposta l'abrogazione dell'articolo 9, comma 2, secondo periodo e dell'articolo 17 del decreto ministeriale 9 giugno 2004 (che, come si è già visto, ha recato le disposizioni applicative del regime di tassazione del consolidato nazionale).

Il predetto comma 2 dell’articolo 9 stabilisce (primo periodo) che le perdite fiscali risultanti dalla dichiarazione dei redditi dei partecipanti al consolidato possano essere computate in diminuzione del reddito complessivo globale dei periodi d'imposta successivi. Il secondo periodo, oggetto di abrogazione, prevede che la rettifica del reddito complessivo di ciascun soggetto che ha esercitato l'opzione per il consolidato sia imputata alle perdite non utilizzate in sede di dichiarazione dei redditi del consolidato, fino a concorrenza del loro importo.

L'articolo 17 stabilisce invece che, ai fini dell'imposta sulle società, il controllo delle dichiarazioni presentate dalle società consolidate, dalla consolidante, nonché le relative rettifiche, riferite al proprio reddito complessivo, sono di competenza dell'ufficio dell'Agenzia delle entrate nella cui circoscrizione è il domicilio fiscale dell'ente o delle società stesse alla data in cui è stata presentata la dichiarazione. Il controllo della dichiarazione dei redditi del consolidato, le relative rettifiche, nonché la determinazione dell'unica maggiore imposta dovuta, anche per effetto dell'attività di cui al precedente comma, sono di competenza dell'ufficio dell'Agenzia delle entrate nella cui circoscrizione è il domicilio fiscale della consolidante alla data in cui è stata presentata la dichiarazione.

Fino alla scadenza del termine stabilito nell'art. 43 del D.P.R. n. 600 del 1973 per la notifica degli avvisi di accertamento, l'accertamento può essere integrato o modificato in aumento, mediante la notificazione di nuovi avvisi, in base agli esiti dei controlli di cui ai precedenti commi.

Infine, il comma 4 dell’articolo in esame dispone che le norme introdotte entrino in vigore il 1° gennaio 2011, con riferimento ai periodi di imposta per i quali, alla predetta data, siano ancora pendenti i termini per l’accertamento (di cui all'articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600).

Si ricorda che rilevanti novità in tema di accertamento sintetico sono state introdotte dall’articolo 22 del provvedimento in esame (per cui cfr. la relativa scheda di lettura) e, con finalità di accelerazione delle relative procedure, l’articolo 29, commi da 1 a 6, ha recato norme eterogenee per concentrare le fasi dell’accertamento e della riscossione dei tributi.

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo allegato al testo iniziale del provvedimento ascrivealla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 (milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Maggiori entrate

0

0

0

0

0

100

100

100

0

100

100

100

 

La relazione tecnica allegata al testo iniziale afferma che la previsione di un atto unico di accertamento nei confronti dei soggetti che partecipano al consolidato nazionale, in luogo del doppio livello di accertamento previgente, caratterizzato da una pluralità di atti concatenati finalizzati a rettificare l’imponibile di gruppo in conseguenza della rettifica operata sull’imponibile della singola società consolidata, consente di ridurre i tempi del soddisfacimento della pretesa erariale e di conferire, al tempo stesso, semplicità e speditezza al procedimento amministrativo.

Inoltre, la possibilità, sia per la consolidante che per la consolidata, di estinguere l’obbligazione tributaria, la cui pretesa è contenuta nell’atto unico di accertamento, accelera la riscossione delle somme, non dovendosi attendere i tempi del doppio livello accertativo.  Inoltre, sempre secondo la relazione tecnica, l’introduzione dell’ipotesi di litisconsorzio necessario, determinando in sede di contenzioso un unico processo ed un’unica sentenza nei confronti di una pluralità di soggetti, eviterebbe sia conflitti di giudicato, sia una maggiore esposizione ad eventuale soccombenza in giudizio da parte degli uffici.

Dati tali presupposti, la stima del maggior gettito atteso è stata costruita in base al valore degli atti di accertamento emessi nel 2009 nei confronti dei soggetti aderenti al regime del consolidato nazionale, pari a circa 1.400 milioni di euro. Applicando a tale ammontare una percentuale compresa fra il 5 ed il 10 per cento, rappresentativa dei rischi di soccombenza/decadenza del potere di accertamento e dei ritardi nella riscossione legati al doppio livello di accertamento, la relazione stima, in via prudenziale, un maggior gettito di 100 milioni di euro annui a decorrere dal 2011, in termini di sola cassa e, quindi, con effetti sul fabbisogno e sull’indebitamento netto.

    

In merito ai profili di quantificazione, si rileva, come più volte riscontrato in occasione dell’esame delle precedenti, analoghe misure, l’impossibilità di valutare il grado di congruità delle ipotesi alla base della stima, in mancanza dell’esplicitazione dei dati oggettivi che ne hanno giustificato l’adozione.

In merito al grado di prudenzialità della quantificazione, si osserva altresì che, essendo la percentuale di recupero di gettito (compresa tra il 5 ed il 10 per cento e, di fatto, pari al 7,14, per cento) parametrata all’ammontare delle maggiori somme recentemente accertate nei confronti dei soggetti interessati, la stima presuppone che le misure adottate determinino, per tale segmento di verifiche, un non trascurabile incremento del rapporto tra incassi effettivi e maggiori importi accertati.

Tale rapporto, infatti, come si desume dalla stessa relazione tecnica in riferimento a norme di analoga finalità, si attesta intorno al 10 per cento e, pertanto, nella fattispecie in esame, aumenterebbe di oltre 7 punti percentuali.

In merito appare opportuno acquisire chiarimenti dal Governo.

 


 

Articolo 36
(Disposizioni antifrode)

 


1. Al decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, sono apportate le seguenti modificazioni:

    a) all'articolo 28, dopo il comma 7, sono aggiunti i seguenti:

«7-bis. Sulla base delle decisioni assunte dal GAFI, dai gruppi regionali costituiti sul modello del GAFI e dall'OCSE, nonché delle informazioni risultanti dai rapporti di valutazione dei sistemi nazionali di prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo e delle difficoltà riscontrate nello scambio di informazioni e nella cooperazione bilaterale, il Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, sentito il Comitato di sicurezza finanziaria, individua una lista di Paesi in ragione del rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo ovvero della mancanza di un adeguato scambio di informazioni anche in materia fiscale.

7-ter. Gli enti e le persone soggetti al presente decreto di cui agli articoli 10, comma 2, ad esclusione della lettera g), 11, 12, 13 e 14, comma 1, lettere a), b) c) ed f), si astengono dall'instaurare un rapporto continuativo, eseguire operazioni o prestazioni professionali ovvero pongono fine al rapporto continuativo o alla prestazione professionale già in essere di cui siano direttamente o indirettamente parte società fiduciarie, trust, società anonime o controllate attraverso azioni al portatore aventi sede nei Paesi individuati dal decreto di cui al comma 7-bis. Tali misure si applicano anche nei confronti delle ulteriori entità giuridiche altrimenti denominate aventi sede nei Paesi sopra individuati di cui non è possibile identificare il titolare effettivo e verificarne l'identità.

7-quater. Con il decreto di cui al comma 7-bis sono stabilite le modalità applicative ed il termine degli adempimenti di cui al comma 7-ter.»;

    b) all'articolo 41, comma 1, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «È un elemento di sospetto il ricorso frequente o ingiustificato a operazioni in contante, anche se non in violazione dei limiti di cui all'articolo 49, e, in particolare, il prelievo o il versamento in contante con intermediari finanziari di importo pari o superiore a 15.000 euro.»;

    c) all'articolo 57, dopo il comma 1-bis, è inserito il seguente: «1-ter. Alla violazione della disposizione di cui all'articolo 28, comma 7-ter, di importo fino ad euro 50.000 si applica una sanzione amministrativa pecuniaria pari a 5.000 euro, mentre per quelle di importo superiore a 50.000 euro si applica una sanzione amministrativa pecuniaria dal 10 per cento al 40 per cento dell'importo dell'operazione. Nel caso in cui l'importo dell'operazione non sia determinato o determinabile si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 25.000 a 250.000 euro.».


 

 

L'articolo 36 in esame novella alcuni articoli del decreto legislativo n. 231 del 21 novembre 2007 recante attuazione della direttiva 2005/60/CE[85] concernente la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo nonché della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione.

 

Il D.Lgs. 231/2007 si inserisce nel vasto contesto del contrasto al riciclaggio e al terrorismo internazionale, riguardo, in particolare, all'aspetto relativo alla repressione e prevenzione delle attività finanziarie potenzialmente connesse.

La direttiva, 2005 /60/CE (c.d. III direttiva antiriciclaggio)che abroga e sostituisce la precedente direttiva 91/308/CEE, ha lo scopo di estendere la vigilanza, in precedenza diretta soltanto verso i soggetti che riciclano denaro, alla categoria più ampia dei soggetti che finanziano il terrorismo.

Essa pone quindi ai soggetti individuati all'art. 2 della direttiva 91/308/CEE nuovi obblighi per l’identificazione, diversi e più complessi di quelli previsti dalla direttiva stessa, che impongono anche l’adeguata verifica dell’identità del cliente e del titolare effettivo sulla base di documenti, dati o informazioni ottenuti da una fonte affidabile e indipendente unitamente a informazioni sullo scopo e sulla prevista natura del rapporto d’affari.

Gli obblighi di verifica possono essere calibrati in funzione del rischio associato al tipo di cliente, al rapporto d’affari, al prodotto, alla transazione effettuata.

L’obbligo di adeguata verifica della clientela è rafforzato sulla base della valutazione del rischio esistente nelle situazioni che, per la loro natura, possono presentare un rischio più elevato di riciclaggio o finanziamento del terrorismo (c.d. concetto di gradualità delle misure).

Sussiste inoltre, per gli enti creditizi e finanziari, la necessità di disporre di sistemi efficaci, anche elettronici, proporzionati alla dimensione e alla natura degli affari, per poter rispondere pienamente e rapidamente alle richieste di informazioni riguardanti gli eventuali rapporti di affari intrattenuti con determinate persone e al connesso obbligo di conservare i dati, i documenti e le informazioni per un determinato periodo decorrente dalla fine del rapporto di affari o, in taluni casi, dall’esecuzione dell’operazione.

In particolare, devono essere monitorate le operazioni complesse o di importo insolitamente elevato, nonché tutti gli schemi insoliti di operazioni che non hanno un fine economico evidente o uno scopo chiaramente lecito.

Tra le misure di esecuzione, oltre alle verifiche della clientela e alla segnalazione di casi sospetti, sono previste procedure di controllo interno, di valutazione e gestione del rischio e di garanzia dell’osservanza di tutte le disposizioni da parte del personale dipendente dagli enti su cui ricadono gli obblighi di identificazione e di segnalazione. In tale ambito, il personale interessato deve essere posto a conoscenza delle disposizioni adottate, anche attraverso l’obbligo di frequentare specifici programmi di formazione, onde essere in grado di riconoscere le attività che potrebbero essere connesse a tali reati.

 

Il comma 1, lettera a) dell'articolo in esame modifica l'art. 28 del D.Lgs. n. 231/2007 di cui sopra.

Dopo il comma 7 viene aggiunto il comma 7-bis con il quale si prevede che sulla base delle decisioni assunte dal GAFI (Gruppo d'Azione finanziaria internazionale), dai gruppi regionali costituiti sul modello del GAFI e dall'OCSE, nonché sulla base delle informazioni risultanti dai rapporti di valutazione dei sistemi nazionali di prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, il Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, sentito il Comitato di sicurezza finanziaria, individui una "black list" di Paesi nei quali si reputi maggiore il rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo ovvero manchi un adeguato scambio di informazioni anche in materia fiscale.

 

L’articolo 28 fa parte della Sezione III del decreto (Obblighi rafforzati di adeguata verifica della clientela).

In base al comma 1, gli enti e le persone soggetti alla direttiva applicano misure rafforzate di adeguata verifica della clientela in presenza di un rischio più elevato di riciclaggio o finanziamento del terrorismo e, comunque, nei casi indicati ai successivi commi 2, 4 e 5.

Secondo il comma 2, quando il cliente non è fisicamente presente, gli enti e le persone soggetti alla direttiva adottano misure specifiche e adeguate per compensare il rischio più elevato, applicando una o più fra le misure di seguito indicate, a titolo esemplificativo:

a)    accertare l’identità del cliente tramite documenti, dati o informazioni supplementari;

b)    adottare misure supplementari per la verifica o la certificazione dei documenti forniti o richiedere una certificazione di conferma di un ente creditizio o finanziario soggetto alla direttiva;

c)    assicurarsi che il primo pagamento relativo all’operazione sia effettuato tramite un conto intestato al cliente presso un ente creditizio.

Il comma 3 prevede che gli obblighi di identificazione e adeguata verifica della clientela si considerino comunque assolti, anche senza la presenza fisica del cliente, nei seguenti casi:

a)    qualora il cliente sia già identificato in relazione a un rapporto in essere, purché le informazioni esistenti siano aggiornate;

b)    per le operazioni effettuate con sistemi di cassa continua o di sportelli automatici, per corrispondenza o attraverso soggetti che svolgono attività di trasporto di valori o mediante carte di pagamento; tali operazioni sono imputate al soggetto titolare del rapporto al quale ineriscono;

c)    per i clienti i cui dati identificativi e le altre informazioni da acquisire risultino da atti pubblici, da scritture private autenticate o da certificati qualificati utilizzati per la generazione di una firma digitale associata a documenti informatici ai sensi dell’articolo 24 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 ;

d)    per i clienti i cui dati identificativi e le altre informazioni da acquisire risultino da dichiarazione della rappresentanza e dell’autorità consolare italiana, così come indicata nell’articolo 6 del decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 153.

Il comma 4 prevede che, in caso di conti di corrispondenza con enti corrispondenti di Stati extracomunitari, gli enti creditizi debbano:

a)    raccogliere sull’ente corrispondente informazioni sufficienti per comprendere pienamente la natura delle sue attività;

b)    valutare la qualità dei controlli in materia di contrasto al riciclaggio o al finanziamento del terrorismo cui l’ente corrispondente è soggetto;

c)    ottenere l’autorizzazione del Direttore generale o di suo incaricato prima di aprire nuovi conti di corrispondenza;

d)    definire in forma scritta i termini dell’accordo con l’ente corrispondente e i rispettivi obblighi;

e)    assicurarsi che l’ente di credito corrispondente abbia verificato l’identità dei clienti che hanno un accesso diretto ai conti di passaggio, che abbia costantemente assolto gli obblighi di adeguata verifica della clientela e che, su richiesta, possa fornire all’intermediario finanziario controparte i dati ottenuti a seguito dell’assolvimento di tali obblighi.

Il comma 5 stabilisce che - per quanto riguarda le operazioni, i rapporti continuativi o le prestazioni professionali con persone politicamente esposte residenti in un altro Stato comunitario o in un paese terzo, gli enti e le persone soggetti al presente decreto debbano:

a)    stabilire adeguate procedure basate sul rischio per determinare se il cliente sia una persona politicamente esposta;

b)    ottenere l’autorizzazione del Direttore generale o di un suo incaricato prima di avviare un rapporto continuativo con tali clienti;

c)    adottare ogni misura adeguata per stabilire l’origine del patrimonio e dei fondi impiegati nel rapporto continuativo o nell’operazione;

d)    assicurare un controllo continuo e rafforzato del rapporto continuativo o della prestazione professionale.

Il comma 6 vieta agli intermediari finanziari di aprire o mantenere conti di corrispondenza con una banca di comodo o con una banca che notoriamente consenta a una banca di comodo di utilizzare i propri conti.

Ai sensi del comma 7, gli enti e le persone soggetti al presente decreto prestano particolare attenzione a qualsiasi rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo connesso a prodotti o transazioni atti a favorire l’anonimato e adottano le misure eventualmente necessarie per impedirne l’utilizzo per scopi di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo.

 

Si ricorda che il Gruppo d’Azione Finanziaria Internazionale contro il riciclaggio di capitali (“GAFI”) è un organismo intergovernativo che ha per obiettivo elaborare e promuovere strategie di lotta contro il riciclaggio di capitali e il finanziamento del terrorismo. Del Gruppo fanno parte 35 membri tra cui figurano i principali centri finanziari. Il GAFI ha pubblicato 49 raccomandazioni che, pur non essendo obbligatorie dal punto di vista giuridico (soft law), hanno finito per imporsi sul piano internazionale. Esse definiscono le misure che un Paese deve adottare per combattere efficacemente il riciclaggio di capitali e il finanziamento del terrorismo. La Banca Mondiale, l'FMI e il Consiglio di Sicurezza dell'ONU le hanno riconosciute ufficialmente come standard internazionali e circa 150 Paesi di tutto il mondo si sono impegnati a rispettarle. Vi sono 40 raccomandazioni sulla lotta contro il riciclaggio di denaro, riviste in maniera approfondita nel giugno 2003, e 9 raccomandazioni speciali sulla lotta contro il finanziamento del terrorismo adottate in seguito agli attentati dell’11 settembre 2001.

Il Comitato di sicurezza finanziaria è un organismo di natura tecnica istituito con il decreto legge n. 369 del 2001 in ottemperanza ad obblighi internazionali assunti dal nostro Paese per il contrasto al terrorismo internazionale e di cui il decreto legislativo n. 109 del 2007 aveva confermato l'esistenza conferendogli durata illimitata. Il Comitato, presieduto dal Direttore generale del Tesoro, è composto da rappresentati del Ministero Affari Esteri, del Ministero dell'Interno, del Ministero della Giustizia, della Banca d'Italia, dell'Ufficio Italiano dei Cambi, della CONSOB, della Guardia di Finanza, della Direzione Investigativa Antimafia, dell'Arma dei Carabinieri e della Direzione Nazionale Antimafia; compito precipuo del Comitato è monitorare il funzionamento del sistema di prevenzione e di sanzioni del finanziamento del terrorismo, che si sostanzia nel monitoraggio sull'attuazione delle misure di congelamento e nella segnalazione agli organi delle Nazioni unite e dell'UE dei soggetti sospettati di terrorismo per l'applicazione delle misure di congelamento (e nella relativa proposta di cancellazione di soggetti già designati).

 

In conseguenza di quanto previsto dal comma 7-bis, il comma 7-ter stabilisce che i soggetti destinatari del decreto n. 231/2007 - individuati dai precedenti articoli 10, comma 2 esclusa la lettera g), 11, 12, 13 e 14, comma 1 lett. a), b), c) ed f) - debbano astenersi dall'instaurare un rapporto continuativo, dall'eseguire operazioni o fornire prestazioni professionali ovvero debbano porre fine a rapporti continuativi o a prestazioni professionali già in essere, di cui siano parte, direttamente o indirettamente, società fiduciarie, trust, società anonime o controllate attraverso azioni al portatore con sede nei Paesi individuati dalla "black list" di cui al comma precedente.

Tali misure si applicano anche nei confronti di ulteriori entità giuridiche altrimenti denominate aventi sede nei Paesi appartenenti alla "black list" delle quali non sia possibile identificare il titolare effettivo o verificarne l'identità.

 

In estrema sintesi in base al comma 7-ter vengono individuati comesoggetti destinatari del decreto:

ai sensi dell'art. 10:

§      le società di gestione accentrata di strumenti finanziari;

§      le società di gestione dei mercati regolamentati di strumenti finanziari;

§      le società di gestione dei servizi di liquidazione delle operazioni su strumenti finanziari;

§      le società di gestione dei sistemi di compensazione e garanzia delle operazioni in strumenti finanziari;

§      le attività di:

-       commercio, comprese l'esportazione e l'importazione, di oro e di oggetti preziosi;

-       fabbricazione di oggetti preziosi;

-       commercio di cose antiche;

-       esercizio di case d'asta o galleria d'arte;

-       mediazione, ai sensi dell'articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69;

-       le succursali italiane dei soggetti di cui sopra aventi sede legale in uno stato estero.

 

Gli intermediari finanziari individuati dall'art. 11, ovvero:

§      Poste italiane S.p.A.;

§      gli istituti di moneta elettronica e di pagamento;

§      le società di intermediazione mobiliare (SIM), di gestione del risparmio (SGR), e di investimento a capitale variabile (SICAV);

§      le imprese di assicurazione che operano in Italia nei rami di cui all'articolo 2, comma 1, del Codice delle Assicurazioni Private (CAP)[86];

§      gli agenti di cambio;

§      le società che svolgono il servizio di riscossione dei tributi;

§      gli intermediari finanziari iscritti negli elenchi previsti dagli art. 106 e 107 del TUB;

§      le succursali insediate in Italia dei soggetti di cui sopra aventi sede legale in uno Stato estero;

§      la Cassa depositi e prestiti S.p.A.;

§      le società fiduciarie di cui alla legge 23 novembre 1939, n. 1966;

§      i soggetti operanti nel settore finanziario iscritti nelle sezioni dell'elenco generale previste dall'articolo 155, commi 4 e 5, del TUB;

§      i promotori finanziari iscritti nell'albo;

§      alcuni intermediari assicurativi;

§      i mediatori creditizi iscritti nell'albo;

§      gli agenti in attività finanziaria iscritti nell'elenco.

 

I professionisti individuati ai sensi dell'art. 12

§      gli iscritti nell'albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e nell'albo dei consulenti del lavoro nonché ogni altro soggetto che svolga in maniera professionale attività in materia di contabilità e tributi;

§      i notai e gli avvocati quando, in nome o per conto dei propri clienti, compiono qualsiasi operazione di natura finanziaria o immobiliare e quando assistono i propri clienti nella predisposizione o nella realizzazione di operazioni finanziarie di vario genere.

 

 

Ai sensi dell'art. 13:

§      i revisori contabili

 

Ai sensi dell'art. 14 i soggetti in possesso di licenza o di iscrizione all'albo che svolgano attività di:

§      recupero di crediti per conto terzi,

§      custodia e trasporto di denaro contante e di titoli o valori con o senza l'impiego di guardie particolari

§      agenzia di affari in mediazione immobiliare.

 

Il comma 7-quater, anch'esso introdotto dal comma 1, lett. a), infine,prevede che nel medesimo decreto del Ministro dell'economia e delle finanze in cui vengono individuati i Paesi della "black list" siano anche fissati le modalità applicative e il termine degli adempimenti.

 

Il comma 1, lett. b) dell'articolo 36 in esame, va a modificare, invece, l'art. 41 del D.Lgs 231/2007 relativo alla segnalazione di persone sospette.

Con la modifica apportata si stabilisce che movimentazioni di contante frequenti o ingiustificate, specialmente se di importo eccedente i 15.000 euro debbano essere considerate dagli intermediari come elementi per inviare una segnalazione di operazione sospetta pur non eccedendo le limitazioni all'uso del contante e dei titoli al portatore già previste dall'art. 49 .

 

Ai sensi dell'art. 41 gli intermediari finanziari e gli altri soggetti che svolgono attività finanziarie indicati nei citati articoli 10, comma 2, 11, 12, 13 e 14 di cui sopra, sono tenuti ad inviare all' Unità di Informazione Finanziaria (UIF)[87], una segnalazione di operazione sospetta quando sanno, sospettano o hanno motivi ragionevoli per sospettare che siano in corso o che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo. Il sospetto è desunto dalle caratteristiche, entità, natura dell'operazione o da qualsivoglia altra circostanza conosciuta in ragione delle funzioni esercitate, tenuto conto anche della capacità economica e dell'attività svolta dal soggetto cui è riferita, in base agli elementi a disposizione dei segnalanti, acquisiti nell'ambito dell'attività svolta ovvero a seguito del conferimento di un incarico.

Al fine di agevolare l'individuazione delle operazioni sospette, su proposta della UIF e con il parere del Comitato di sicurezza finanziaria, vengono elaborati e periodicamente aggiornati diversi indicatori di anomalia[88] relativamente ai vari soggetti.

Le segnalazioni di persone sospette devono essere effettuate tempestivamente, ove possibile prima di eseguire l'operazione, appena il soggetto tenuto alla segnalazione viene a conoscenza degli elementi di sospetto.

Tali segnalazioni, inoltre, non costituiscono violazione degli obblighi di segretezza, del segreto professionale o di eventuali altre restrizioni alla comunicazione e, se poste in essere per le finalità previste e in buona fede, non comportano responsabilità di alcun tipo.

 

Il comma 1 lett. c), infine, novella l'art. 57 (Violazioni del Titolo I, Capo II e del Titolo II, Capi II e III) inserendo il comma 1-ter relativo alle sanzioni previste per le violazioni alle disposizioni in materia di obblighi rafforzati di cui all'art. 28 del D.Lgs n. 231/2007, già esaminate.

Ai sensi di questa modifica si prevede per la violazione di tali disposizioni l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria pari a 5.000 euro, se l'operazione posta in essere è di importo non superiore a 50.0000 euro; altrimenti la sanzione sarà compresa tra il 10% e il 40% dell'importo dell'operazione. Se l'importo dell'operazione non è determinato, né determinabile, si prevede l'applicazione di una sanzione che va da un minimo di 25.000 euro ad un massimo di 250.0000.

Si ricorda che i limiti legali di utilizzo del contante previsti dall'art. 20 non si applicano ai trasferimenti di contante tramite intermediari finanziari.

 

 


 

Articolo 37
(Disposizioni antiriciclaggio)

 


1. Gli operatori economici aventi sede, residenza o domicilio in paesi così detti black list di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 10 maggio 1999, n. 107, e al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 21 novembre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 23 novembre 2001, sono ammessi a partecipare alle procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modifiche e integrazioni, previa autorizzazione rilasciata dal Ministero dell'economia e delle finanze, secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Il rilascio di tale autorizzazione è subordinato alla previa individuazione dell'operatore economico, individuale o collettivo, mediante la comunicazione dei dati che identificano gli effettivi titolari delle partecipazioni societarie, anche per il tramite di società controllanti e per il tramite di società fiduciarie nonché alla identificazione del sistema di amministrazione e del nominativo degli amministratori e del possesso dei requisiti di eleggibilità previsti dalla normativa italiana. La presente disposizione si applica anche in deroga ad accordi bilaterali siglati con l'Italia, che consentano la partecipazione alle procedure per l'aggiudicazione dei contratti di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163, a condizioni di parità e reciprocità.

2. Il Ministro dell'economia e delle finanze può escludere con proprio decreto di natura non regolamentare l'obbligo di cui al comma 1 nei riguardi di paesi di cui al medesimo comma ovvero di settori di attività svolte negli stessi paesi; con il medesimo decreto, al fine di prevenire fenomeni a particolare rischio di frode fiscale, l'obbligo può essere inoltre esteso anche a paesi così detti non black list nonché a specifici settori di attività e a particolari tipologie di soggetti.


 

 

L’articolo 37 introduce disposizioni in materia di trasparenza degli assetti proprietari e di gestione dei soggetti che chiedono di partecipare alle procedure di appalto pubblico, attribuendo al Ministro dell’economia e delle finanze il potere di autorizzare quelli provenienti dai paesi che sono inseriti nella black list, ovvero di derogare a tale lista per specifici paesi o settori d’attività, ovvero, ancora, di escludere paesi non presenti nella lista.

 

Il comma 1, subordina la partecipazione di alcuni operatori economici alle procedure di aggiudicazione di cui al codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture[89] ad una specifica autorizzazione rilasciata dal Ministero dell’economia e delle finanze, che ne stabilirà le modalità mediante apposito decreto, per la cui adozione è fissato il termine di trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge.

Gli operatori economici in questione sono quelli aventi sede, residenza o domicilio in paesi cosiddetti black listdi cui al decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999[90] e al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001[91].

Il rilascio di tale autorizzazione è subordinato:

§      alla previa individuazione dell’operatore economico, individuale o collettivo, mediante la comunicazione dei dati che identificano gli effettivi titolari delle partecipazioni societarie, anche per il tramite di società controllanti e per il tramite di società fiduciarie;

§      alla identificazione del sistema di amministrazione, del nominativo degli amministratori e del possesso dei requisiti di eleggibilità previsti dalla normativa italiana.

 

La disposizione in commento si applica anche in deroga ad accordi bilaterali siglati con l’Italia, che consentano la partecipazione alle procedure per l’aggiudicazione dei contratti di cui al citato codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, a condizioni di parità e reciprocità.

 

Il comma 2 consente al Ministro dell’economia e delle finanze, con proprio decreto di natura non regolamentare:

§      di escludere l’obbligo di cui al comma 1, nei riguardi:

-       di paesi di cui al medesimo comma;

-       di settori di attività svolte negli stessi paesi;

§      di estendere, al fine di prevenire fenomeni a particolare rischio di frode fiscale, l’obbligo:

-       a paesi così detti non black list;

-       a specifici settori di attività;

-       a particolari tipologie di soggetti.

 

Nell’ultimo decennio, l’attività dell’OCSE in materia di emersione della base imponibile si è concentrata sulla creazione di un contesto di leale concorrenza internazionale anche a livello fiscale105. In tal senso, l’OCSE promuove l’applicazione di principi che consentano a ciascun paese di applicare la propria tassazione senza interferenze di pratiche “esterne” che possano minarne l’integrità del sistema fiscale. Con il documento intitolato “Harmful Tax Competition: An Emerging Global Issue” del 1998, l’Organizzazione ha stilato una lista di caratteristiche che individuano i cosiddetti “paradisi fiscali”.

L’attività dell’organizzazione nell’ultimo decennio ha condotto ai seguenti risultati:

-        la formulazione di standard di trasparenza e scambio di informazioni, adottati tra l’altro dal Comitato ONU degli esperti in materia di cooperazione fiscale internazionale nell’ottobre 2008. Esso servono come modello per la maggior parte degli accordi bilaterali conclusi dai paesi OCSE e non-OCSE;

-        lo sviluppo di un accordo modello sullo scambio di informazioni in materia fiscale (Model Agreement on Exchange of information in Tax Matters), accolto positivamente anche dai paesi che hanno partecipato al G-20 dell’aprile 2009;

-        la sottoscrizione di numerosi accordi sullo scambio di informazioni in materia fiscale (Tax Information Exchange Agreements).

 

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo non ascriveeffettialla norma.

 

La relazione tecnica riferita al testo originario del provvedimento e quella riferita al maxiemendamento non considerano la norma.

 

In merito ai profili di quantificazione, nulla da osservare nel presupposto, sul quale è opportuno acquisire l’avviso da parte del Governo, che gli eventuali oneri derivanti dalle procedure di autorizzazione siano integralmente posti a carico dei richiedenti e, comunque, vengano svolti senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 


 

Articolo 38, commi 1-3
(Controlli sulle prestazioni sociali agevolate)

 


1. Gli enti che erogano prestazioni sociali agevolate, comprese quelle erogate nell'ambito delle prestazioni del diritto allo studio universitario, a seguito di presentazione della dichiarazione sostitutiva unica di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, comunicano all'Istituto nazionale della previdenza sociale, nel rispetto delle disposizioni del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e nei termini e con modalità telematiche previste dall'Istituto medesimo sulla base di direttive del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, i dati dei soggetti che hanno beneficiato delle prestazioni agevolate. Le informazioni raccolte sono trasmesse in forma anonima anche al Ministero del lavoro e delle politiche sociali ai fini dell'alimentazione del Sistema informativo dei servizi sociali, di cui all'articolo 21 della legge 8 novembre 2000, n. 328.

2. Con apposita convezione stipulata tra l'Istituto nazionale della previdenza sociale e l'Agenzia delle entrate, nel rispetto delle disposizioni del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, sono disciplinate le modalità attuative e le specifiche tecniche per lo scambio delle informazioni necessarie all'emersione dei soggetti che in ragione del maggior reddito accertato in via definitiva non avrebbero potuto fruire o avrebbero fruito in misura inferiore delle prestazioni sociali agevolate di cui al comma 1.

3. Fermo restando la restituzione del vantaggio conseguito per effetto dell'indebito accesso alla prestazione sociale agevolata, nei confronti dei soggetti che in ragione del maggior reddito accertato hanno fruito illegittimamente delle prestazioni sociali agevolate di cui al comma 1 si applica la sanzione da 500 a 5.000 euro. La sanzione è irrogata dall'INPS, avvalendosi dei poteri e delle modalità vigenti. Ai fini della restituzione del vantaggio indebitamente conseguito, l'INPS comunica l'esito degli accertamenti agli enti che sulla base delle comunicazioni di cui al comma 1 risultino aver erogato prestazioni agevolate ai soggetti emersi. Le medesime sanzioni si applicano nei confronti di coloro per i quali si accerti sulla base dello scambio di informazioni tra l'Istituto nazionale della previdenza sociale e l'Agenzia delle entrate una discordanza tra il reddito dichiarato ai fini fiscali e quello indicato nella dichiarazione sostitutiva unica di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, qualora in ragione di tale discordanza il soggetto abbia avuto accesso alle prestazioni agevolate di cui al comma 1.


 

 

I commi 1-3 dell’articolo 38 dispongono controlli sulle prestazioni sociali agevolate - comprese quelle sul diritto allo studio universitario - erogate ai cittadini richiedenti, in base all'indicatore della situazione economica equivalente (Isee) e alla presentazione della dichiarazione sostitutiva unica[92].

 

Il D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 109[93], come modificato dal D.Lgs. 3 maggio 2000 n. 130, ha introdotto l'indicatore della situazione economica equivalente[94] (Isee), per valutare la situazione economica del richiedente, al fine di ottenere, dietro presentazione della suddetta dichiarazione sostitutiva unica[95], determinate prestazioni sociali, assistenziali e sanitarie agevolate - a livello nazionale e locale - con l’esclusione di determinate prestazioni di natura previdenziale e assistenziale.

Per le agevolazioni riguardanti il diritto allo studio universitario, l’indicatore economico (Isee) utilizzato è stato definito con il D.P.C.M. 9 aprile 2001.

Nel Rapporto ISEE 2009 del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali sono specificate:

§       le prestazioni nazionali, erogate sulla base dell’ISEE:

-        la Carta Acquisti (Social Card);

-        l’assegno per nuclei familiari con almeno tre figli minori;

-        l’assegno di maternità per le madri prive di altra garanzia assicurativa;

-        la fornitura gratuita o semigratuita dei libri di testo;

-        l’erogazione borse di studio (ex legge 62/2000);

-        le prestazioni del diritto allo studio universitario;

-        la tariffa sociale per il servizio di distribuzione e vendita dell’energia elettrica;

-        l’agevolazione per il canone telefonico.

§       le principali prestazioni locali che dovrebbero essere erogate sulla base dell’ISEE:

-        asili nido e altri servizi socio-educativi per l’infanzia;

-        mense scolastiche;

-        servizi socio-sanitari domiciliari;

-        servizi socio-sanitari diurni, residenziali, ecc;

-        altre prestazioni economiche assistenziali (ad es., reddito di cittadinanza, minimo vitale, assistenza straordinaria).

§       le principali prestazioni che utilizzano discrezionalmente l’ISEE pur in assenza di un obbligo specifico:

-        esenzione ticket sanitari (ad es., Regione Sicilia);

-        agevolazione per tasse universitarie;

-        contributo per il pagamento dei canoni di locazione (ex legge 431/1998);

-        agevolazioni per il canone di locazioni in edilizia residenziale pubblica;

-        agevolazione per trasporto locale;

-        servizio di scuola-bus;

-        agevolazioni per tributi locali (rifiuti solidi urbani);

-        formulazione graduatorie per il pubblico impiego (ex art. 16 legge 56/87).

§       le prestazioni nazionali per cui l’uso dell’ISEE è escluso dalla legge:

-        integrazione al minimo pensionistico;

-        assegno e pensione sociale;

-        maggiorazione sociale;

-        pensione di invalidità civile.

 

Nel Rapporto ISEE 2009 si rileva che nel corso del 2008 sono state quasi 5,9 milioni le DSU sottoscritte, 775.000 in più rispetto all’anno precedente pari a una crescita del 15% (solo nel 2004 si era avuta una crescita maggiore).

Complessivamente, rispetto al 2002, anno di avvio nella sua piena funzionalità del Sistema informativo dell’ISEE, il numero di dichiarazioni è quasi triplicato, passando da poco più di 2 milioni a quasi sei milioni.

Passando agli individui coperti dalla dichiarazione sostitutiva unica, nel 2007 si tratta di una popolazione di circa 14 milioni di persone, corrispondenti a quasi un quarto dell’intera popolazione residente nel nostro paese.

 

Il comma 1 dispone che gli enti eroganti le suddette prestazioni comunichino i dati dei soggetti beneficiari all'INPS. Le informazioni raccolte sono trasmesse, in forma anonima, anche al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ai fini dell'alimentazione del Sistema informativo dei servizi sociali[96].

Il comma 2 prevede che una convenzione tra l'INPS e l'Agenzia delle entrate definisca le modalità attuative e le specifiche tecniche per lo scambio delle informazioni necessarie ai fini degli accertamenti sulla sussistenza o meno - in relazione al reddito - del diritto alle prestazioni sociali godute.

Il comma 3 dispone una sanzione pecuniaria da 500 a 5.000 euro, irrogata dall'INPS, in caso di illegittima fruizione delle prestazioni godute, in relazione al maggior reddito accertato o anche alla discordanza tra il reddito dichiarato ai fini fiscali e quello indicato nella suddetta dichiarazione sostitutiva unica.

Resta ferma la restituzione del vantaggio indebitamente conseguito, per cui l'INPS comunica l'esito degli accertamenti agli enti erogatori la prestazione non dovuta.


Profili finanziari

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive effetti finanziari alla norma.

 

La relazione tecnica ribadisce che non si ascrivono effetti sul gettito in relazione alle disposizioni in esame.

 

Nulla da osservare in merito ai profili di quantificazione.

 


 

Articolo 38, comma 4
(
Razionalizzazione delle modalità di notifica in materia fiscale)

 


4. Al fine di razionalizzare le modalità di notifica in materia fiscale sono adottate le seguenti misure:

    a) all'articolo 60, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, sono apportate le seguenti modificazioni:

1) al primo comma, lettera a), le parole «delle imposte» sono soppresse;

2) al primo comma, lettera d), le parole «dalla dichiarazione annuale ovvero da altro atto comunicato successivamente al competente ufficio imposte» sono sostituite dalle seguenti: «da apposita comuni­cazione effettuata al competente ufficio», e dopo le parole «avviso di ricevimento», sono inserite le seguenti: «ovvero in via telematica con modalità stabilite con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate»;

3) al secondo comma, le parole «non risultante dalla dichiarazione annuale» sono soppresse;

4) al terzo comma, le parole «non risultanti dalla dichiarazione annuale» sono soppresse e le parole «della comunicazione prescritta nel secondo comma dell'articolo 36» sono sostituite dalle seguenti: «della dichiarazione prevista dagli articoli 35 e 35-ter del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ovvero del modello previsto per la domanda di attribuzione del numero di codice fiscale dei soggetti diversi dalle persone fisiche non obbligati alla presentazione della dichiarazione di inizio attività IVA».

    b) all'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, dopo il primo comma è inserito il seguente: «La notifica della cartella può essere eseguita, con le modalità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, a mezzo posta elettronica certificata, all'indirizzo risultante dagli elenchi a tal fine previsti dalla legge. Tali elenchi sono consultabili, anche in via telematica, dagli agenti della riscossione. Non si applica l'articolo 149-bis del codice di procedura civile.».


 

 

L’articolo 38, comma 4, interviene, con finalità di razionalizzazione, sulla vigente disciplina della notifica in materia fiscale.

 

In particolare, la lettera a) modifica in più parti l'articolo 60 del DPR n. 600 del 1973[97], in tema di notificazione di avvisi e altri atti al contribuente.

In primo luogo (numero 1) e prima parte del numero 2)) sono eliminati i riferimenti della norma all’”ufficio delle imposte”, in quanto tale denominazione non è più rispondente all’attuale articolazione interna degli uffici all'Amministrazione finanziaria.

Sono poi modificate (ultima parte del numero 2)) le modalità di comunicazione all'Agenzia delle entrate dell'elezione di un domicilio diverso dalla residenza, ai fini della notifica degli atti di accertamento.

A tale scopo è modificato il primo comma, lettera d) dell’articolo 60.

In particolare, si elimina la possibilità di inserire tale comunicazione nella dichiarazione annuale, ma si consente che sia effettuata – oltre che con lettera raccomandata con avviso di ricevimento – anche per via telematica, con modalità stabilite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate.

 

Il numero 3) della lettera a), con finalità di coordinamento, sopprime il riferimento alla dichiarazione annuale contenuto nel secondo comma dell’articolo 60  (norma che disciplina il termine da cui hanno effetto l'elezione di domicilio e le variazioni di indirizzo).

 

Il numero 4)della lettera a) modifica il terzo comma dell’articolo 60, che disciplina il momento della decorrenza dell’effetto di variazioni e modificazioni dell'indirizzo ai fini delle notificazioni.

 

In particolare:

§      resta ferma, per le persone fisiche, la decorrenza di tale effetto dal trentesimo giorno successivo a quello dell'avvenuta variazione anagrafica;

§      la modifica interviene, invece, sul versante delle persone giuridiche, delle società e degli enti privi di personalità giuridica. Nella formulazione originaria della norma, l’effetto decorreva dal trentesimo giorno successivo a quello della ricezione da parte dell'ufficio della comunicazione di variazione dell'indirizzo, della loro sede legale o amministrativa, nonché della stabile organizzazione in Italia, prescritta nel secondo comma dell'articolo 36 del medesimo DPR n. 600/1973.  Per effetto della modifica in esame – che, come precisa la Relazione illustrativa, è stata introdotta poiché l’articolo 36 risulta abrogato dall’articolo 37 della legge n. 340 del 2000 -  l’effetto decorre dal trentesimo giorno successivo a quello della ricezione da parte dell'ufficio della comunicazione della dichiarazione di inizio attività, di variazione dati o di cessazione attività ai fini IVA (articolo 35 del DPR n. 633 del 1972), ovvero della dichiarazione dei soggetti non residenti nel territorio dello Stato, che intendono assolvere gli obblighi ed esercitare i diritti in materia di imposta sul valore aggiunto direttamente (articolo 35-ter del medesimo DPR n. 633 del 1972).

 

La lettera b) del comma 4 (modificando l’articolo 26 del DPR n. 602 del 1973[98], ovvero inserendovi un nuovo comma dopo il primo) rende possibile la notifica della cartella di pagamento anche attraverso la posta elettronica certificata.

 

Il modificato articolo 26 disciplina la notificazione della cartella di pagamento, prevedendo (comma primo) che essa sia effettuata dagli ufficiali della riscossione o da altri soggetti abilitati dal concessionario nelle forme previste dalla legge ovvero, previa eventuale convenzione tra comune e concessionario, dai messi comunali o dagli agenti della polizia municipale. La notifica può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento.

 

Per effetto delle nuove norme, la notifica della cartella può essere eseguita - con le modalità di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 68 del 2005[99] - con posta elettronica certificata, all’indirizzo risultante dagli elenchi previsti dalla legge (consultabili, anche in via telematica, dagli agenti della riscossione).

 

Si ricorda al riguardo che l'articolo 48 del D.Lgs. n. 82 del 2005 (Codice dell'amministrazione digitale) prevede, al comma 2, che la trasmissione del documento informatico per via telematica, effettuata mediante la posta elettronica certificata, equivale, nei casi consentiti dalla legge, alla notificazione per mezzo della posta.

 

Infine, alle notifiche delle cartelle di pagamento non si applicano le regole contenute nel codice di procedura civile (all’articolo 149-bis) in materia di notificazione a mezzo posta elettronica.

 

L’articolo 149-bis del codice di procedura civile stabilisce che se non è fatto espresso divieto dalla legge, la notificazione può eseguirsi a mezzo posta elettronica certificata, anche previa estrazione di copia informatica del documento cartaceo.

Se procede ai sensi del primo comma, l'ufficiale giudiziario trasmette copia informatica dell'atto sottoscritta con firma digitale all'indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario risultante da pubblici elenchi.

La notifica si intende perfezionata nel momento in cui il gestore rende disponibile il documento informatico nella casella di posta elettronica certificata del destinatario.

L'ufficiale giudiziario redige la relazione di notificazione su documento informatico separato, sottoscritto con firma digitale e congiunto all'atto cui si riferisce mediante strumenti informatici, individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia. La relazione contiene le informazioni previste dalla legge (di cui all'articolo 148, secondo comma, del c.p.c.: persona alla quale è consegnata la copia e le sue qualità, nonché il luogo della consegna, oppure le ricerche, anche anagrafiche, fatte dall'ufficiale giudiziario, i motivi della mancata consegna e le notizie raccolte sulla reperibilità del destinatario) sostituito il luogo della consegna con l'indirizzo di posta elettronica presso il quale l'atto è stato inviato.

Al documento informatico originale o alla copia informatica del documento cartaceo sono allegate, con le modalità previste dal quarto comma, le ricevute di invio e di consegna previste dalla normativa, anche regolamentare, concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici trasmessi in via telematica.

Eseguita la notificazione, l'ufficiale giudiziario restituisce all'istante o al richiedente, anche per via telematica, l'atto notificato, unitamente alla relazione di notificazione e agli allegati previsti dal quinto comma.

 

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo ascrivealla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Maggiori entrate

-

-

-

-

-

50

50

50

-

50

50

50

 

La relazione tecnica attribuisce alle disposizioni di cui al comma a) un effetto di maggior gettito legato alle minori incertezze relative agli indirizzi di notifica degli atti e ad una diminuzione delle cause di nullità tale da razionalizzare il complessivo processo di notifica. Il maggior gettito conseguibile è calcolato a partire dal totale degli incassi erariali rivenienti da controllo, accertamento e riscossione coattiva nel 2009, pari a circa 7 mld, con l'applicazione di un percentuale di incremento pari allo 0,5%. L'incremento atteso è quindi pari a 35 milioni, a partire dal 2011.

Con riferimento agli effetti finanziari recati alla lettera b) la relazione tecnica valuta che le attività necessarie alla effettuazione della notifica e quelle di “cartellazione” possa essere svolte in 2 mesi in luogo dei 5 attualmente richiesti. La relazione tecnica, inoltre, afferma che sussiste una relazione inversa tra la dimensione dell’arco temporale compreso tra le date di notifica e riscossione e la probabilità di successo della procedura esecutiva. Al fine di determinare i maggiori incassi che sarebbero connessi alla contrazione dei tempi di lavorazione della cartella è stata calcolata “…la curva mediana del tasso di riscossione; tale curva rappresenta il tasso di riscossione prevedibile sul carico di un singolo mese in funzione della distanza temporale (in mesi) dalla data di consegna che risulta ottenuta applicando la mediana delle serie storiche mensili del tasso di riscossione registrate negli ultimi 3 anni”. Prudenzialmente la quantificazione è focalizzata sulla “…valutazione dell’impatto prodotto esclusivamente sui carichi emessi dall’Agenzia delle entrate con atto di liquidazione nei confronti di soggetti titolari di partita IVA interessati dalla misura”. L'incremento di gettito associato alla fattispecie è stato stimato in 15 milioni per ciascuno degli anni 2011, 2012 e 2013.

La relazione tecnica precisa che gli effetti recati dalle norme, sui saldi di fabbisogno ed indebitamento netto, ammontano a 50 milioni di euro per gli anni 2011, 2012 e 2013 ed a 35 milioni di euro a decorrere dal 2014.

 

In merito ai profili di quantificazione  si rileva che non sono forniti gli elementi di dettaglio necessari a riscontrare la correttezza delle stime effettuate né sono fornite indicazioni circa i criteri che hanno indotto a determinare la misura attribuita ad alcuni parametri indicati dalla relazione tecnica quale, ad esempio, l’incremento dello “…0,5 per cento del totale degli incassi erariali realizzati nel 2009 da attività di controllo e accertamento nonché di riscossione coattiva…”. In assenza di elementi che consentano di accertare la congruità delle stime effettuate appare non prudenziale scontare ex ante sui saldi di finanza pubblica gli effetti connessi con il miglioramento della percentuale del tasso di riscossione del carico affidato.

Si rileva che la relazione tecnica riferita alla lettera b) del comma in esame ipotizza che la percentuale di riscossione possa accrescersi qualora si riducano i tempi necessari per effettuarla. La relazione afferma che il “tempo medio di gestione presenta un peso negativo …rilevante…sulla probabilità di osservare un risultato positivo…”. Con tali parole la relazione tecnica intende affermare che con il passare del tempo, dalla data di consegna della cartella, si riduce progressivamente la probabilità di ottenerne il pagamento. A tal proposito si assume come rilevante “il tempo medio … intercorso tra la data di consegna e la data di riscossione…”. Tanto premesso si rileva che la norma in esame agisce nell’arco temporale che precede quello assunto come rilevante dalla relazione tecnica, ossia sull’arco temporale occupato dalla attività amministrativa degli uffici per effettuare la consegna. Pertanto, le argomentazioni addotte non appaiono giustificare il maggior gettito ascritto alla norma.

Appare, inoltre, necessario che siano fornite le indicazioni statistiche che evidenzino una correlazione diretta e non di fatto tra il fenomeno “trascorrere del tempo” e “probabilità del pagamento di una cartella”. Si osserva, inoltre, che non appaiono evidenti le motivazioni che hanno indotto a considerare come non permanenti gli effetti di maggior entrata connessi alla possibilità di effettuare per via telematica le notifiche ai soggetti titolari di partita IVA. Si rileva, infatti, che “l’efficientamento” delle procedure sembra avere carattere permanente e di conseguenza tale carattere dovrebbero avere anche le maggiori entrate. Sul punto appare opportuno un chiarimento del Governo.


 

Articolo 38, comma 5
(Utilizzo dei servizi telematici)

 


5. Al fine di potenziare ed estendere i servizi telematici, il Ministero dell'economia e delle finanze e le Agenzie fiscali, nonché gli enti previdenziali, assistenziali e assicurativi, con propri provvedimenti possono definire termini e modalità per l'utilizzo esclusivo dei propri servizi telematici ovvero della posta elettronica certificata, anche a mezzo di intermediari abilitati, per la presentazione da parte degli interessati di denunce, istanze, atti e garanzie fideiussorie, per l'esecuzione di versamenti fiscali, contributivi, previdenziali, assistenziali e assicurativi, nonché per la richiesta di attestazioni e certificazioni. Le amministrazioni ed enti indicati al periodo precedente definiscono altresì l'utilizzo dei servizi telematici o della posta certificata anche per gli atti, comunicazioni o servizi dagli stessi resi. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate sono definiti gli atti per i quali la registrazione prevista per legge è sostituita da una denuncia esclusivamente telematica di una delle parti, la quale assume qualità di fatto ai sensi dell'articolo 2704, primo comma, del codice civile. All'articolo 3-ter, comma 1, primo periodo, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 463, le parole: «trenta giorni» sono sostituite dalle seguenti: «sessanta giorni».


 

 

Il comma 5 dell’articolo 38 reca disposizioni concernenti l’utilizzo dei servizi telematici dell’Amministrazione finanziaria e degli enti previdenziali, assistenziali e assicurativi, con la finalità di estendere e potenziare i predetti strumenti.

 

A tale scopo, si prevede che il Ministero dell'economia e delle finanze e le Agenzie fiscali, nonché gli enti previdenziali, assistenziali e assicurativi, con propri provvedimenti possano definire termini e modalità per l'utilizzo esclusivo dei propri servizi telematici ovvero della posta elettronica certificata, anche a mezzo di intermediari abilitati, per le seguenti finalità:

§      presentazione da parte degli interessati di denunce, istanze, atti e garanzie fideiussorie;

§      esecuzione di versamenti fiscali, contributivi, previdenziali, assistenziali e assicurativi;

§      richiesta di attestazioni e certificazioni.

I suddetti enti ed  amministrazioni definiscono l'utilizzo dei servizi telematici o della posta certificata, anche per gli atti, comunicazioni o servizi dagli stessi resi.

 

In particolare, con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate sono definiti gli atti per i quali la registrazione prevista per legge è sostituita da una denuncia esclusivamente telematica di una delle parti.

Essa assume qualità di fatto ai sensi dell'articolo 2704, primo comma, del codice civile, in ordine alla computabilità della data della scrittura riguardo a terzi.

 

Ai sensi della citata norma, la data della scrittura privata di cui non sia autenticata la sottoscrizione non è certa e computabile riguardo ai terzi, se non dal giorno in cui la scrittura è stata registrata o dal giorno della morte o della sopravvenuta impossibilità fisica di colui o di uno di coloro che l'hanno sottoscritta, o dal giorno in cui il contenuto della scrittura è riprodotto in atti pubblici o, infine, dal giorno in cui si verifica un altro fatto che stabilisca in modo egualmente certo l'anteriorità della formazione del documento.

 

In sostanza, come precisa in merito la Relazione tecnica, il suddetto provvedimento direttoriale può stabilire che la registrazione di alcuni atti, prevista dalla legge, sia sostituita da una denuncia solo telematica; ciò per garantire da un lato la semplificazione degli adempimenti a carico dei cittadini e, dall’altro, una “maggior efficacia e tempestività dell’attività di controllo in materia di registro”.

 

L'ultimo periodo del comma in esame novella il comma 1 dell'articolo 3-ter del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 463[100], in tema di procedure di controllo sulle autoliquidazioni.

Con la modifica in esame viene allungato, dagli originari trenta giorni a sessanta giorni dalla presentazione del modello unico informatico, il termine entro il quale gli uffici finanziari notificano apposito avviso di liquidazione per l'integrazione dell'imposta versata, in sede di controllo di regolarità dell'autoliquidazione e del versamento delle imposte.

 

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo ascrivealla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Maggiori entrate

-

30

30

30

-

30

30

30

-

30

30

30

 

La relazione tecnica asserisce che la norma consente, fra l’altro, alle pubbliche amministrazioni di operare con maggiore tempestività ed efficacia nelle attività di controllo in materia di registro. Ai fini della quantificazione delle maggiori entrate connesse all’applicazione della norma, la relazione tecnica prende in considerazione il gettito riveniente nel 2009 dall’imposta di registro applicata ai contratti di locazione pari a 1,4 miliardi di euro. Le comunicazioni telematiche consentirebbero un miglioramento delle attività di controllo tale da determinare un incremento di tale gettito nella misura del 1,5 per cento. Senza fornire ulteriori indicazioni di dettaglio, la relazione tecnica, assume, prudenzialmente, il maggior gettito conseguibile pari a 30 milioni di euro annui.

 

In merito ai profili di quantificazione si rileva che non sono forniti gli elementi di dettaglio necessari a riscontrare la correttezza delle stime effettuate, né sono fornite indicazioni circa i criteri che hanno indotto a determinare la misura attribuita ad alcuni parametri quale, ad esempio, l’incremento dell’efficacia e dell’efficienza dell’attività di controllo del  1,5 per cento. Non risulta evidente, tra l’altro, come sia stata ottenuta la misura del maggior gettito atteso di 30 milioni, né per quali motivi la comunicazione di dati per via telematica dovrebbe incrementare i versamenti rispetto a quanto già a legislazione vigente, dovuto dai contribuenti.

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Si veda la scheda riportata all’articolo 4.


 

Articolo 38, comma 6
(Comunicazione del codice fiscale)

 


6. Data la valenza del codice fiscale quale elemento identificativo di ogni soggetto, da indicare in ogni atto relativo a rapporti intercorrenti con la Pubblica Amministrazione, l'Amministrazione finan­ziaria rende disponibile a chiunque, con servizio di libero accesso, la possibilità di verificare, mediante i dati disponibili in Anagrafe Tributaria, l'esistenza e la corrispondenza tra il codice fiscale e i dati anagrafici inseriti. Tenuto inoltre conto che i rapporti tra Pubbliche amministrazioni e quelli intercorrenti tra queste e altri soggetti pubblici o privati devono essere tenuti sulla base del codice fiscale, per favorire la qualità delle informazioni presso la Pubblica Amministrazione e nelle more della completa attivazione dell'indice delle anagrafi INA-SAIA, l'Amministrazione finanziaria rende accessibili alle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché alle società interamente partecipate da enti pubblici o con prevalente capitale pubblico inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto Nazionale di statistica (ISTAT), ai sensi dell'articolo 1, comma 5, della legge 30 dicembre 2004, numero 311, nonché ai concessionari e gestori di pubblici servizi ed, infine, ai privati che cooperano con le attività dell'Amministra­zione finanziaria, il codice fiscale registrato nell'Anagrafe tributaria ed i dati anagrafici ad esso correlati, al fine di verificarne l'esistenza e la corrispondenza, oltre che consentire l'acquisizione delle corrette informazioni ove mancanti. Tali informazioni sono rese disponibili, previa stipula di apposita convenzione, anche con le modalità della cooperazione applicativa.


 

 

Il comma 6 prevede, in primo luogo, che l'amministrazione finanziaria renda disponibile a chiunque, con servizio di libero accesso, mediante i dati disponibili in Anagrafe Tributaria, la possibilità di verificare l'esistenza e la corrispondenza tra codice fiscale e dati anagrafici inseriti.

 

Inoltre, ai fini dell'adozione di un univoco criterio di identificazione dei cittadini-contribuenti, e nelle more della completa attivazione dell'indice delle anagrafi INA-SAIA, l'amministrazione finanziaria è tenuta a rendere accessibili il codice fiscale registrato nell'anagrafe tributaria e i dati anagrafici ad esso correlati alle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001, alle società interamente partecipate da enti pubblici o con prevalente capitale pubblico, individuate dall'ISTAT ai sensi dell'articolo 1, comma 5, della legge n. 311 del 2004, nonché ai concessionari e ai gestori di pubblici servizi e ai privati che collaborino con l'amministrazione finanziaria.

La ratio di tale disposizione, secondo la relazione illustrativa, è di consentire alla pubblica amministrazione la possibilità di effettuare la verifica dei codici fiscali e dei correlati dati anagrafici, garantendo in tal modo l’inserimento negli archivi di informazioni corrette.

 

In proposito, si ricorda che l'Indice Nazionale delle Anagrafi (INA) è istituito presso il Ministero dell'Interno con la finalità di migliorare la vigilanza e la gestione dei dati anagrafici, ai sensi dei commi 4 e 5 dell’art. 1 della L. 24 dicembre 1954, n. 1228 sull'ordinamento delle anagrafi della popolazione residente, introdotti con l’art. 2-quater del D.L. n. 392/2000[101] e successivamente modificati dall’art. 1-novies del D.L. n. 44/2005[102].

L’INA è un archivio di servizio, accessibile in rete a tutti i Comuni, nel quale sono contenute una serie di informazioni (cognome e nome del cittadino; codice fiscale; codice del comune di ultima residenza presso il quale sono conservate le informazioni anagrafiche). Le informazioni di dettaglio continuano comunque ad essere contenute e gestite dalle rispettive anagrafi comunali: l’INA pertanto non costituisce un'anagrafe centralizzata, ma una sorta di anagrafe virtuale realizzata attraverso il collegamento telematico delle singole anagrafi comunali. Con il decreto del Ministero dell’interno 23 aprile 2002, n. 513, è stato costituito il Centro nazionale per i servizi demografici presso il Dipartimento per gli affari interni e territoriali, competente, fra l’altro, in ordine alle funzioni connesse alla gestione dei processi di autenticazione e convalida dei dati anagrafici, alla gestione, all'aggiornamento e alla consultazione dell'INA, alla gestione del Centro servizi anagrafi del Sistema di accesso e interscambio anagrafico (SAIA). Il continuo e costante aggiornamento delle informazioni contenute nell'INA è garantito dalle comunicazioni di variazioni anagrafiche che vengono inviate tramite il SAIA.

Il regolamento dell’INA, che è stato adottato con D.M. 13 ottobre 2005, n. 240, disciplina le modalità di aggiornamento dell’INA da parte dei comuni e le modalità per l’accesso da parte delle amministrazioni pubbliche centrali e locali al medesimo INA, per assicurarne la piena operatività.

Al progetto INA-SAIA è tra l’altro connessa l’introduzione della carta nazionale dei servizi (CNS) per quanto riguarda sia le funzioni di controllo del procedimento di emissione in “sicurezza” delle carte da parte dei Comuni, sia quelle relative all’utilizzo del nuovo documento da parte dei cittadini. La nuova carta permette anche l’accesso ai servizi della pubblica amministrazione centrale e degli enti locali.

 

Si ricorda poi che le amministrazioni pubbliche di cui al comma in esame definite dal comma 2 dell'articolo 1 del D.Lgs. n. 165 del 2001[103] sono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, recante riforma dell'organizzazione del Governo (si tratta delle agenzie fiscali, dell'Agenzia Industrie Difesa, dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici, dell'Agenzia dei trasporti terrestri e delle infrastrutture, dell'Agenzia per la formazione e l'istruzione professionale).

Per quanto invece riguarda le società partecipate da enti pubblici o con prevalente capitale pubblico, queste vengono individuate dall'Istat con proprio provvedimento pubblicato nella Gazzetta Ufficiale non oltre il 31 luglio di ogni anno, sulla scorta di quanto disposto dal comma 5 dell'articolo 1 della legge Finanziaria per il 2005: l'ultimo comunicato dell'Istat, del 31 luglio 2009, distingue le amministrazioni per tipologia, dividendole fra amministrazioni centrali, locali ed enti nazionali di previdenza e assistenza sociale.

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo allegato al disegno di legge originario no ascrive effetti finanziari alla norma.

 

La relazione tecnica, afferma che la norma non ha effetti sul bilancio dello Stato.

 

Nulla da osservare in merito ai profili di quantificazione.

 

 


 

Articolo 38, commi 7-8
(Rateizzazione di pagamenti per soggetti con basso reddito di pensione)

 


7. Le imposte dovute in sede di conguaglio di fine anno, per importi complessivamente superiori a 100 euro, relative a redditi di pensione di cui all'articolo 49, comma 2, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, non superiori a 18.000 euro, sono prelevate, in un numero massimo di undici rate, senza applicazione di interessi, a partire dal mese successivo a quello in cui è effettuato il conguaglio e non oltre quello relativamente al quale le ritenute sono versate nel mese di dicembre. In caso di cessazione del rapporto, il sostituto comunica al contribuente, o ai suoi eredi, gli importi residui da versare.

8. I soggetti che corrispondono redditi di pensione di cui all'articolo 49, comma 2, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, a richiesta degli interessati il cui reddito di pensione non superi 18.000 euro, trattengono l'importo del canone di abbonamento Rai in un numero massimo di undici rate senza applicazione di interessi, a partire dal mese di gennaio e non oltre quello relativamente al quale le ritenute sono versate nel mese di dicembre. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate, da emanarsi entro 60 giorni dalla entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono individuati i termini e le modalità di versamento delle somme trattenute e le modalità di certificazione. La richiesta da parte degli interessati deve essere presentata entro il 15 novembre dell'anno precedente a quello cui si riferisce l'abbonamento Rai. In caso di cessazione del rapporto, il sostituto comunica al contribuente, o ai suoi eredi, gli importi residui da versare. Le predette modalità di trattenuta mensile possono essere applicate dai medesimi soggetti, a richiesta degli interessati, con reddito di pensione non superiore a 18.000 euro, con riferimento ad altri tributi, previa apposita convenzione con il relativo ente percettore.


 

 

I commi 7 e 8 recano disposizioni volte a consentire la rateizzazione di alcuni pagamenti (ovvero delle imposte dovute a titolo di conguaglio di fine anno e del canone Rai) in favore dei soggetti aventi un basso reddito di pensione, senza applicazione di interessi.

 

Nel dettaglio, il comma 7 dispone che le imposte dovute dai percettori di redditi di pensione non superiori a 18.000 euro (qualificati come redditi di lavoro dipendente dall'articolo 49, comma 2, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi – TUIR[104]) in sede di conguaglio di fine anno, se di importo superiore ai 100 euro, sono rateizzate in un numero massimo di undici rate, senza applicazione di interessi, a partire dal mese successivo a quello in cui è effettuato il conguaglio e non oltre il mese di novembre.

In caso di cessazione del rapporto, il sostituto comunica al contribuente, o ai suoi eredi, gli importi residui da versare.

 

Il comma 8 prevede, per la medesima platea di contribuenti e previa richiesta, la possibilità di chiedere che l'ente erogante trattenga l'importo del canone di abbonamento RAI, con possibilità di rateazione in un numero massimo di undici rate, senza applicazione di interessi, a partire dal mese di gennaio e non oltre quello relativamente al quale le ritenute sono versate nel mese di dicembre.

La richiesta da parte degli interessati deve essere formalizzata entro il 15 novembre dell'anno precedente a quello cui si riferisce l'abbonamento. I termini e le modalità di versamento sono demandate ad un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle Entrate, da emanarsi entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge in esame.

Viene infine prevista la possibilità, tramite apposite convenzioni dei soggetti che corrispondono redditi di pensioni con i relativi enti percettori, di procedere ad analoghe rateizzazioni con riferimento ad altri tributi.

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo non ascriveeffetti finanziari alla norma.

 

La relazione tecnica dopo aver ribadito il contenuto della norma chiarisce che l'acquisizione del gettito è assicurata, comunque, entro l'anno d'imposta cui i tributi dilazionati fanno riferimento.

 

In merito ai profili di quantificazione  appare necessario che sia chiarito se, in caso di cessazione del rapporto, il versamento di quanto dovuto dal soggetto sia comunque effettuato nel corso dell’anno, assicurando l’invarianza del gettito. La norma, infatti, stabilisce che in tal caso sono comunicati agli eredi gli importi residui da versare senza specificare quale siano le modalità di versamento. In assenza di puntuali indicazioni, appare possibile ipotizzare che gli stessi eredi siano tenuti a provvedere solo in sede di conguaglio fiscale, nel corso, dunque, dell’anno successivo.

 

 

 


 

Articolo 38, comma 9
(Accelerazione della riscossione -
Soppresso)

 

 

Il comma 9 dell’articolo 38 è stato soppresso durante l’esame del provvedimento al Senato.

 

Esso recava disposizioni volte complessivamente all’accelerazione della riscossione tramite l’accelerazione della trattazione delle cause in materia tributaria e previdenziale.

In particolare, la lettera a) novellava l'articolo 47 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546[105] in materia di sospensione degli atti impugnati innanzi ai giudici tributari, prescrivendo un termine massimo di efficacia della misura sospensiva pari a centocinquanta giorni.

La lettera b) aggiungeva il comma 5-bis all'articolo 24 del Decreto Legislativo 26 febbraio 1999, n. 46[106], relativo al giudizio di opposizione all’iscrizione al ruolo di crediti previdenziali. In particolare, allo scopo di assicurare la rapida trattazione della causa, si imponeva al giudice del lavoro, in sede di emanazione del provvedimento di sospensione, di fissare la data dell’udienza di trattazione entro i successivi trenta giorni; la causa doveva essere decisa entro i successivi centoventi giorni, pena la perdita di efficacia del provvedimento.

Profili finanziari

Il testo originario del decreto legge recava, all’articolo 38, comma 9, una disposizione finalizzata, secondo quanto affermato dalla relazione illustrativa, ad accelerare la trattazione delle cause in materia tributaria e previdenziale.

Il prospetto riepilogativo allegato al testo originario del decreto legge ascrivevaalla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Maggiori entrate

51

103

103

103

51

103

103

103

51

103

103

103

 

Il prospetto riepilogativo allegato al maxiemendamento, in relazione alla soppressione della norma, provvede a compensare gli effetti scontati in  precedenza, sui saldi di finanza pubblica, recando una quantificazione per importi identici in valore assoluto ma di segno opposto. 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Minori entrate

51

103

103

103

51

103

103

103

51

103

103

103

 

A fini conoscitivi si procede alla descrizione della relazione tecnica allegata al testo originario della norma. Le maggiori entrate sono state quantificate analizzando le 4.900 sentenze favorevoli all’Agenzia delle entrate emesse nel corso del 2009. Di queste 3.170 sono state depositate oltre 150 giorni dopo l’emanazione del provvedimento sospensivo. In relazione a queste ultime sentenze è stato rilevato, utilizzando un’analisi a campione, che la somma mediamente riscossa tramite ruoli è pari a 32.500. Si sarebbero potuti determinare dunque maggiori incassi per 3.170 x 32.500 = 103.025.000 euro. Gli incassi del 2010 venivano prudenzialmente abbattuti del 50 per cento in considerazione della data di entrata in vigore del provvedimento.

 

Nulla da osservare in merito ai profili di quantificazione.

 


 

Articolo 38, comma 10
(Riscossione di entrate degli enti locali)

 


10. All'articolo 3, comma 24, lettera b), del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, dopo le parole «decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46», sono inserite le seguenti: «Ai fini e per gli effetti dell'articolo 19, comma 2, lettera d) del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, le società cessionarie del ramo di azienda relativo alle attività svolte in regime di concessione per conto degli enti locali possono richiedere i dati e le notizie relative ai beni dei contribuenti iscritti nei ruoli in carico alle stesse all'Ente locale, che a tal fine può accedere al sistema informativo del Ministero dell'economia e delle finanze».


 

 

Il comma 10 dell’articolo 38 novella l'articolo 3, comma 24, lettera b) del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203[107] in tema di società esercenti il servizio della riscossione degli enti locali.

 

La disposizione novellata prevede che, fino al momento della cessione (totale o parziale) del proprio capitale sociale alla Riscossione S.p.a. – entro il 31 dicembre 2010 – o contestualmente alla stessa cessione, le ex concessionarie possono trasferire ad altre società il ramo d'azienda relativo:

-        alle attività svolte in regime di concessione per conto degli enti locali;

-        alle attività di liquidazione e di accertamento dei tributi;

-        alle attività di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni (ai sensi dell’articolo 53 del D.Lgs. n. 446 del 1997[108]).

In tal caso, si prescrive tra l’altro che (lettera b)) la riscossione coattiva delle entrate di spettanza degli enti locali sia effettuata con la procedura indicata dal regio decreto 14 aprile 1910, n. 639 (Approvazione del testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato).

Per i ruoli consegnati fino alla data del trasferimento, il solo rapporto con l'ente locale è regolato dalle norme di cui al decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112 (recante il riordino del servizio nazionale della riscossione in attuazione della delega prevista dalla L. 28 settembre 1998, n. 337) e nei confronti dei soggetti iscritti a ruolo si procede sulla base delle disposizioni sulla ordinaria riscossione delle imposte sul reddito (di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602).

 

Con la modifica in esame si specifica che le società cessionarie del ramo d’azienda relativo all’accertamento e alla riscossione dei tributi locali possono chiedere all’ente di riferimento i dati e le notizie relative ai beni dei contribuenti iscritti nei ruoli in carico alle stesse; a tal fine, l’Ente locale può accedere al sistema informativo del Ministero dell'economia e delle finanze.

Le disposizioni specificano che tale richiesta di informazioni è autorizzata ai fini e per gli effetti dell'articolo 19, comma 2, lettera d) del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, ovvero solo per quanto riguarda la valutazione del diritto al discarico per inesigibilità delle quote iscritte a ruolo, ove sia dovuta al mancato svolgimento dell'azione esecutiva su tutti i beni del contribuente (la cui esistenza, al momento del pignoramento, risultava dal sistema informativo del MEF).

 

La Relazione illustrativa ha precisato che la norma in commento, fermo restando il divieto di accesso diretto al sistema informativo (di cui all’articolo 18 del citato decreto legislativo n. 112 del 1999) dispone che le predette società possano richiedere le informazioni necessarie per la riscossione all’ente locale creditore; quest’ultimo, a tal fine, può accedere al sistema informativo in argomento, anche con riferimento ai profili connessi alla valutazione sull’inesigibilità delle quote.

Si ricorda in proposito che l'articolo 18 del D.Lgs. n. 112 del 1999 disciplina l'Accesso dei concessionari agli uffici pubblici, prevedendo che i concessionari sono autorizzati ad accedere, gratuitamente ed anche in via telematica, a tutti i dati rilevanti ai soli fini della riscossione mediante ruolo, anche se detenuti da uffici pubblici, con facoltà di prendere visione e di estrarre copia degli atti riguardanti i beni dei debitori iscritti a ruolo e i coobbligati, nonché di ottenere, in carta libera, le relative certificazioni. Ai medesimi fini i concessionari sono altresì autorizzati ad accedere alle informazioni disponibili presso il sistema informativo del Ministero delle finanze e presso i sistemi informativi degli altri soggetti creditori, salve le esigenze di riservatezza e segreto opponibili in base a disposizioni di legge o di regolamento.

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo non ascrive effetti finanziari alla norma.

 

La relazione tecnica sottolinea che la norma è comunque suscettibile di accrescere il tasso di recupero delle entrate degli Enti locali consentendo l’acquisizione di dati e notizie utili alla riscossione dei ruoli residui in carico alle società che provvedono alla riscossione per conto degli enti locali.

 

Nulla da osservare in merito ai profili di quantificazione.

 

 

 


 

Articolo 38, comma 11
(Trattamento fiscale degli enti di previdenza obbligatoria di natura privata: assimilazione agli enti previdenziali pubblici)

 

11. All'articolo 74 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, al comma 2, lettera b), sono aggiunte, infine, le parole: «nonché l'esercizio di attività previdenziali e assistenziali da parte di enti privati di previdenza obbligatoria». Le disposizioni di cui all'articolo 8, comma 1-bis, del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, si applicano anche agli apporti effettuati da enti pubblici e privati di previdenza obbligatoria.

 

 

Il comma 11 reca modifiche al regime fiscale degli enti privati di previdenza obbligatoria: come chiarisce la Relazione illustrativa che accompagna il provvedimento in esame, sostanzialmente equiparandone il trattamento a quello previsto per gli enti pubblici di previdenza obbligatoria.

 

Si ricorda, in proposito, che le Casse di previdenza cui sono iscritti coloro che esercitano attività professionali sono state privatizzate nell’ambito del riordino generale degli enti previdenziali disposto con l’art. 1, commi da 32 a 38 della legge 24 dicembre 1993, n. 537[109].

In attuazione della delega è stato emanato il D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, "Attuazione della delega conferita dall'art. 1, comma 32, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in materia di trasformazione in persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza ed assistenza" che ha disposto la trasformazione in associazione o fondazione, con decorrenza dal 1° gennaio 1995, dei seguenti enti:

-    Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense;

-    Cassa di previdenza tra dottori commercialisti[110];

-    Cassa nazionale previdenza e assistenza geometri;

-    Cassa nazionale previdenza e assistenza architetti ed ingegneri liberi professionisti;

-    Cassa nazionale del notariato;

-    Cassa nazionale previdenza e assistenza ragionieri e periti commerciali;

-    Ente nazionale di assistenza per gli agenti e i rappresentanti di commercio (ENASARCO);

-    Ente nazionale di previdenza e assistenza consulenti del lavoro (ENPACL);

-    Ente nazionale di previdenza e assistenza medici (ENPAM);

-    Ente nazionale di previdenza e assistenza farmacisti (ENPAF);

-    Ente nazionale di previdenza e assistenza veterinari (ENPAV);

-    Ente nazionale di previdenza e assistenza per gli impiegati dell'agricoltura (ENPAIA);

-    Fondo di previdenza per gli impiegati delle imprese di spedizione e agenzie marittime (FASC);

-    Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani (INPGI);

-        Opera nazionale assistenza orfani sanitari italiani (ONAOSI)[111].

Benché con qualche ritardo rispetto al termine inizialmente stabilito (1° gennaio 1995), tutti gli enti elencati hanno proceduto, nel corso del 1995 e nei primi mesi del 1996, alla trasformazione in associazione o fondazione di diritto privato. Solo l’ENPAF ha perfezionato il processo di privatizzazione nel novembre 2000 (DM 7/11/2000).

Successivamente, il comma 25 dell’art. 2 della legge n. 335/1995 ha delegato il Governo ad emanare norme volte ad assicurare tutela previdenziale in favore dei soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione, senza vincolo di subordinazione, il cui esercizio è subordinato all'iscrizione ad appositi albi o elenchi. In attuazione di tale norma è stato emanato il D.Lgs. 10 febbraio 1996, n. 103, recante norme in materia di tutela previdenziale obbligatoria dei soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione.

In attuazione del D.Lgs. n. 103/1996 sono stati istituiti i seguenti enti privatizzati:

-        Ente nazionale di previdenza e assistenza psicologi (ENPAP);

-        Ente nazionale di previdenza e assistenza periti industriali (EPPI);

-        Ente nazionale di previdenza e assistenza infermieri professionali, assistenti sanitari e vigilatrici d’infanzia (ENPAPI);

-        Ente nazionale di previdenza e assistenza biologi (ENPAB);

-        Ente nazionale di previdenza e assistenza pluricategoriale per agronomi forestali, attuari, chimici e geologi (EPAB).

 

Sino al 31 maggio 2010 (data di entrata in vigore del decreto-legge in esame ) i suddetti enti di previdenza obbligatoria di natura privata erano sottoposti a tassazione secondo il modello ETT, ovvero:

§       esenzione dall’imposizione del versamento dei contributi;

§       tassazione dei proventi generati dalle gestioni patrimoniali (mobiliari e immobiliari);

§       tassazione delle prestazioni previdenziali erogate.

Gli enti pubblici di previdenza erano invece sottoposti al cosiddetto modello EET, con tassazione delle sole prestazioni previdenziali erogate; in virtù della formulazione originaria dell’articolo 74 del TUIR (D.Lgs. n. 917 del 1986, Testo Unico delle Imposte sui Redditi), l’esercizio di attività previdenziali e assistenziali non costituiva esercizio di attività commerciale a fini fiscali per i soli enti previdenziali pubblici.

 

Con le modifiche in esame (che a tal fine novellano il comma 2, lettera b) del citato articolo 74) l’esclusione della nozione di “attività commerciale” a fini IRES (e dunque IRAP) delle predette attività è stata estesa anche agli enti privati di previdenza obbligatoria.

Inoltre, a tali enti si estende l’applicazione dell’articolo 8, comma 1-bis del D.L. 25 settembre 2001, n. 351[112], con l’effetto di non considerare cessioni, a fini IVA, gli apporti ai fondi immobiliari chiusi, ove si tratti di una pluralità di immobili prevalentemente locati al momento dell’apporto. A tali apporti sono applicate le imposte di registro, ipotecarie e catastali in misura fissa, pari a 168 euro.

 

Si ricorda che il provvedimento in esame reca ulteriori disposizioni in materia di enti privati di previdenza obbligatoria (articolo 8, commi 15, 15-bis;  6, comma 21-bis), per cui si rimanda alle relative schede di lettura.


Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo ascrivealla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Minori entrate

0

4,4

2,5

2,5

0

4,4

2,5

2,5

0

4,4

2,5

2,5

 

La relazione tecnica ribadisce che la norma applica agli enti privati di previdenza obbligatoria la disciplina IRES attualmente prevista per gli enti pubblici previdenziali, stabilendo che la loro attività istituzionale non costituisce esercizio di attività commerciale. Ciò comporta una perdita di gettito in termini di IRES e IRAP con riferimento alle attività commerciali. Ai fini della quantificazione, sono stati considerati i dati delle dichiarazione dei “redditi UNICO 2008 enti non commerciali” dei soggetti interessati, individuati mediante incrocio natura giuridica/attività economica. I redditi rilevanti ai fini IRES ammontano a 9,5 milioni di euro mentre il valore della produzione, su cui applicare l’IRAP, è pari a 9,7 milioni di euro. La perdita di gettito IRES in competenza ammonta, secondo la relazione tecnica, a 2,1 milioni di euro[113] mentre quella IRAP è pari a 0,4 milioni[114]. Considerando il meccanismo di saldo e acconto[115] il minor gettito per cassa ammonta a 4,4 milioni di euro per il 2011 e a 2,5 milioni di euro a decorrere dal 2012.

La relazione tecnica non quantifica effetti con riferimento alla disposizione di cui al secondo periodo del comma in esame. Detta disposizione prevede che gli apporti di una pluralità di immobili prevalentemente locati, effettuati da enti di previdenza obbligatoria ai fondi immobiliari chiusi, siano esclusi dal campo di applicazione dell’IVA e siano assoggettati ad imposta di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa.

Per quanto concerne l’IVA, la relazione tecnica chiarisce che in base alla disciplina previgente al DL in esame l’operazione coinvolgeva soggetti intermedi: conseguentemente l’IVA dovuta da uno dei soggetti era chiesta a rimborso dall’altro. L’effetto complessivo era nullo ed analogo a quello che si ottiene ponendo l’operazione fuori dal campo di applicazione dell’imposta. La relazione evidenzia anche che in caso di operazioni assoggettate ad IVA, imposta di registro, ipotecaria e catastale erano già dovute in misura fissa.

 

Nulla da osservare in merito ai profili di quantificazione.


 

Articolo 38, comma 12
(Termini di riscossione di crediti da parte degli enti pubblici previdenziali)

 

12. Le disposizioni contenute nell'articolo 25 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, non si applicano, limitatamente al periodo compreso tra l'1/1/2010 e il 31/12/2012, ai contributi non versati e agli accertamenti notificati successivamente alla data del 1o gennaio 2004, dall'Ente creditore.

 

 

Il comma 12 modifica, in via transitoria, la disciplina sui termini di decadenza per l'iscrizione in ruoli resi esecutivi[116] dei crediti degli enti pubblici previdenziali, di cui all’articolo 25 del D.Lgs. 26 febbraio 199, n. 46[117].

L’articolo 25 del D.Lgs. 46 concerne i termini di decadenza per l'iscrizione a ruolo dei crediti degli enti pubblici previdenziali.

In particolare, si dispone che i contributi, o premi, dovuti agli enti pubblici previdenziali siano iscritti in ruoli resi esecutivi, a pena di decadenza (comma 1):

-        per i contributi o premi non versati dal debitore, entro il 31 dicembre dell'anno successivo al termine fissato per il versamento; in caso di denuncia o comunicazione tardiva o di riconoscimento del debito. Tale termine decorre dalla data di conoscenza da parte dell'ente;

-        per i contributi o premi dovuti in forza di accertamenti effettuati dagli uffici, entro il 31 dicembre dell'anno successivo alla data di notifica del provvedimento ovvero, per quelli sottoposti a gravame giudiziario, entro il 31 dicembre dell'anno successivo a quello in cui il provvedimento è divenuto definitivo.

 

In particolare, si dispone che i termini di decadenza richiamati non trovino applicazione, limitatamente al periodo 1° gennaio 2010-31 dicembre 2012, per i contributi non versati e gli accertamenti notificati successivamente al 1° gennaio 2004 (e cioè dal 2 gennaio 2004).

Al riguardo, si segnala che la norma in esame fa riferimento, ai fini della non applicazione dei termini di decadenza, solamente ai contributi e non anche ai premi concernenti l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. In relazione a ciò, a questi ultimi continuerebbero quindi ad applicarsi le disposizioni del richiamato articolo 25.

Si segnala, inoltre, che il precedente articolo 30, che reca disposizioni in materia di riscossione dei crediti previdenziali, al comma 10 ha abrogato il comma 2 del richiamato articolo 25.

Tale comma prevedeva la possibilità, per l’ente pubblico previdenziale, dopo l'iscrizione a ruolo, in pendenza di gravame amministrativo, di sospendere la riscossione con provvedimento motivato, notificato al concessionario ed al contribuente. Il provvedimento poteva essere revocato nel caso in cui sopravvenisse un fondato pericolo per la riscossione.

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo ascrivealla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Maggiori entrate per contributi

-

-

-

-

0

150

150

150

-

-

-

-

 

La relazione tecnica afferma che la proposta rende più efficace l’azione di recupero dei crediti contributivi accertati dal 1° gennaio 2004 consentendo all’INPS di provvedere all’iscrizione a ruolo, relativamente al periodo 2010-2012, senza dover provvedere alla riscossione attraverso modalità meno incisive,

Grazie alla disposizione in esame, l'INPS può recuperare un importo complessivo pari a circa 600 mln, a decorrere dal 2011, nel corso di 4 anni, in ragione quindi di 150 mln all’anno.

 

In merito ai profili di quantificazione si osserva che la relazione tecnica non fornisce indicazioni circa i criteri adottati per la quantificazione degli effetti finanziari attribuiti alla norma. Dal momento che gli effetti appaiono discendere dalla introduzione del meccanismo volto ad evitare la decadenza di alcuni crediti,  sarebbe necessario che il Governo fornisse l’ammontare degli stessi che gli enti previdenziali assumono decadere nel corso del periodo di applicazione della norma (triennio 2010-2012), al fine di accertarsi che tale ammontare sia almeno pari a 600 milioni di euro.

Appare necessario, inoltre, che siano chiariti i motivi per cui non sono quantificati effetti in termini di indebitamento netto. A tal proposito si rileva che, come indicato dal MEF- RGS[118] il credito previdenziale potrebbe essere in parte insussistente sia per la possibilità di fallimento delle imprese, sia per la difficoltà dell'Ente di previdenza di realizzare il credito. Per tale motivo, secondo la RGS sono portati in riduzione del credito gli accantonamenti ai fondi di svalutazione definiti sulla base di ricognizioni sulla sussistenza ed esigibilità dei crediti stessi. Ne consegue che la mancata decadenza di crediti sembrerebbe implicare un minor ricorso all’utilizzo delle dotazioni del Fondo di svalutazione ed un conseguente impatto positivo sul deficit.

 

 


 

Articolo 38, comma 13
(Esonero da alcuni obblighi fiscali in favore di dipendenti pubblici che lavorano all’estero e lavoratori frontalieri)

 


13. Gli obblighi dichiarativi previsti dall'articolo 4 del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modifica­zioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, non si applicano:

    a) alle persone fisiche che prestano lavoro all'estero per lo Stato italiano, per una sua suddivisione politica o amministrativa o per un suo ente locale e le persone fisiche che lavorano all'estero presso organizzazioni internazionali cui aderisce l'Italia la cui residenza fiscale in Italia sia determinata, in deroga agli ordinari criteri previsti dal Testo Unico delle imposte sui redditi, in base ad accordi internazionali ratificati. Tale esonero si applica limitatamente al periodo di tempo in cui l'attività lavorativa è svolta all'estero;

    b) ai soggetti residenti in Italia che prestano la propria attività lavorativa in via continuativa all'estero in zone di frontiera ed in altri Paesi limitrofi con riferimento agli investimenti e alle attività estere di natura finanziaria detenute nel Paese in cui svolgono la propria attività lavorativa.


 

 

Il comma 13 dell’articolo 38 introduce, in favore di dipendenti pubblici che lavorano all’estero e dei lavoratori frontalieri, alcune deroghe alla disciplina sul monitoraggio fiscale (recata dall’articolo 4 del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167[119]) concernente, nel dettaglio, l’obbligo di dichiarazione di investimenti all'estero ovvero di attività estere di natura finanziaria.

 

L'articolo 4 del citato decreto legge 167/1990 dispone precisi obblighi di denuncia fiscale per i redditi, imponibili in Italia, conseguiti da investimenti all'estero ovvero da attività di natura finanziaria, qualora risultino, nel periodo d'imposta, superiori a 10 mila euro. L'obbligo è sancito per tutti coloro che - persone fisiche, enti non commerciali, società semplici o equiparate - detengono all'estero i suddetti investimenti. Sono considerati di fonte estera i redditi corrisposti dai non residenti, soggetti a imposta sostitutiva (ai sensi dell'articolo 2, commi 1-bis e 1-ter del D.Lgs. n. 239/1996, nella misura del 12,50% o del 27%) o alla ritenuta, nonché i redditi derivanti da beni che si trovano fuori dal territorio dello Stato.

Ai fini dell'assolvimento dell'obbligo di denuncia, deve essere indicato l'ammontare dei trasferimenti "da, verso e sull'estero" che in corso d'anno hanno interessato gli investimenti all'estero e le attività estere di natura finanziaria. Deroghe all'obbligo di denuncia sono stabilite per i certificati in serie o di massa, per i titoli affidati in gestione o in amministrazione ad intermediari residenti e per i contratti conclusi con il loro intervento, nonché per i depositi e i conti correnti, se i redditi che ne derivano sono riscossi dagli intermediari.

La lettera a)specifica che i sopra illustrati obblighi dichiarativi non si applicano alle persone fisiche che prestano lavoro all'estero per lo Stato italiano, per una sua suddivisione politica o amministrativa o per un suo ente locale, nonché ai soggetti che prestano la propria attività lavorativa all’estero presso le organizzazioni internazionali cui l'Italia aderisce.

L’esonero si applica a tali soggetti se, per effetto di accordi internazionali, la loro residenza ai fini fiscali è fissata in Italia, indipendentemente dai requisiti indicati dal Testo Unico delle imposte sui redditi; esso è valido per il solo periodo svolto all'estero.

 

La successiva lettera b)esclude l’obbligo dichiarativo anche per i frontalieri (intesi come i soggetti residenti in Italia che prestano la propria attività lavorativa in via continuativa all'estero in zone di frontiera ed in altri Paesi limitrofi) limitatamente agli investimenti e alle attività estere di natura finanziaria detenute nel Paese in cui svolgono la propria attività lavorativa.

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo non ascrive effetti finanziari alla norma.

 

La relazione tecnica non considera la norma.

 

Nulla da osservare in merito ai profili di quantificazione.

 

 


 

Articolo 38, commi 13-bis-13-quater
(Tassazione della variazione della riserve tecniche obbligatorie ramo vita per le imprese di assicurazione)

 


13-bis. Nell'articolo 111 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

    «1-bis. La variazione delle riserve tecniche obbligatorie relative al ramo vita concorre a formare il reddito dell'esercizio per la parte corri­spondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e degli altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e i proventi, anche se esenti o esclusi, ivi compresa la quota non imponibile dei dividendi di cui all'articolo 89, comma 2, e delle plusvalenze di cui all'articolo 87. In ogni caso, tale rapporto rileva in misura non inferiore al 95 per cento e non superiore al 98,5 per cento».

13-ter. Le disposizioni contenute nel comma 1-bis dell'articolo 111 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, introdotto dal comma 13-bis del presente articolo, hanno effetto, nella misura ridotta del 50 per cento, anche sul versamento del secondo acconto dell'imposta sul reddito delle società dovuto per il periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

13-quater. In deroga all'articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, le disposizioni di cui ai commi 13-bis e 13-ter si applicano a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. A decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2013, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze potranno essere ricon­siderate le percentuali di cui al citato comma 1-bis dell'articolo 111 del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986.


 

 

I commi da 13-bis a 13-quater, inseriti durante l’esame del provvedimento al Senato, recano disposizioni volte ad ampliare la base imponibile IRES per leimpresedi assicurazioni ramo vita.

Viene a tale scopo introdotta una percentuale di indeducibilità della variazione delle riserve tecniche obbligatorie relative al ramo vita.

 

Nel dettaglio, il comma 13-bis interviene sull’articolo 111 del TUIR - D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (testo unico delle imposte sui redditi), norma che regola la determinazione del reddito imponibile, ai fini dell’imposta sui redditi, con riguardo alle imprese di assicurazione.

 

L'articolo 111, comma 1 del TUIRdispone che, nella determinazione del reddito delle società e degli enti che esercitano attività assicurative, la variazione delle riserve tecniche obbligatorie concorre a formare il reddito dell'esercizio fino alla misura massima stabilita a norma di legge.

Per i contratti di assicurazione relativo ai rami danni, il comma 3 dell’articolo 111 (da ultimo modificato dall’articolo 82, comma 6, del D.L. n. 112 del 2008) dispone che la variazione della riserva sinistri, per la parte riferibile alla componente di lungo periodo, è deducibile nell'esercizio in misura pari al 30 per cento dell'importo iscritto in bilancio; l'eccedenza è deducibile in quote costanti nei diciotto esercizi successivi. Viene considerato componente di lungo periodo il 50 per cento della medesima riserva sinistri. Per le imprese di assicurazione che gestiscono sia il ramo danni che il ramo vita, la valutazione dei titoli e degli strumenti finanziari è attuata separatamente per ciascuno di essi.

Il comma 2 dell’articolo 111 reca il regime di utili, partecipazioni, plusvalenze (comma 2) ai fini della determinazione del reddito imponibile; il comma 4 disciplina invece il trattamento, ai medesimi scopi, delle provvigioni relative all’acquisizione dei contratti di assicurazione poliennali.

 

Le norme in esame, introducendo il comma 1-bisal predetto articolo 111, dispongono che la variazione delle riserve tecniche obbligatorie relative al ramo vita concorra a formare il reddito dell'esercizio a fini IRES, per una parte corrispondente al rapporto trai seguenti elementi:

-        ammontare dei ricavi e degli altri proventi che concorrono a formare il reddito d’impresa;

-        ammontare complessivo di tutti i ricavi e i proventi, anche se esenti o esclusi, ivi compresa la quota non imponibile dei dividendi (di cui all’articolo 89, comma 2 del TUIR) e delle plusvalenze (di cui all’articolo 87 del TUIR).

Si prevede, in ogni caso, che tale rapporto rilevi in misura non inferiore al 95 per cento e non superiore al 98,5 per cento.

In sostanza, la norma in esame introduce una percentuale di indeducibilità della variazione

 

La norma in commento è stata originariamente introdotta durante l’esame del provvedimento presso la Commissione bilancio del Senato (emendamento 8.2000 del Relatore). Nella formulazione precedente si prevedeva che la variazione delle riserve tecniche obbligatorie relative al ramo vita concorresse a formare il reddito dell'esercizio in misura pari al 90 per cento.

Inoltre, l’originario comma 13-quater (vedi infra) non prevedeva la possibilità di rideterminare tale percentuale con provvedimento di rango secondario.

 

Il nuovo comma 13-ter stabilisce che le predette norme hanno effetto, nella misura del 50 per cento, anche sul versamento del secondo acconto IRES dovutoper il periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame.

 

Infine, il nuovo comma 13-quater dispone che, in deroga ai principi di efficacia temporale delle norme fiscali, recate dall'articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (statuto dei diritti del contribuente), le norme introdotte al comma 13-ter in temadi acconto IRES trovano applicazione a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigoredella legge di conversione del provvedimento in esame.

Inoltre, a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2013, si affidata a un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze la possibilità di riconsiderare le percentuali indicate al nuovo comma 1-bis.

 

Si osserva che il comma 13-quater demanda a una norma di rango secondario (decreto ministeriale) la possibilità di rideterminare le percentuali rilevanti ai fini della determinazione del quantum imponibile, a fini IRES, della variazione delle riserve tecniche.

 

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo allegato al maxiemendamento presentato al Senato ascrivealla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Maggiori entrate

99

363

264

264

99

363

264

264

99

363

264

264

 

La relazione tecnica allegata al maxiemendamento presentato al Senatostima che le disposizioni, che introducono per le società assicuratrici, ai fini IRES, una percentuale di indeducibilità della variazione delle riserve tecniche obbligatorie relative al ramo vita, determinano un incremento di gettito a regime di 264 milioni di euro annui.

La quantificazione si basa sull’incremento delle riserve tecniche obbligatorie rilevato nel 2009, pari a circa 42 miliardi di euro (Fonte ISVAP).

Considerando l’estrema variabilità dell’andamento delle variazioni di tali riserve, la relazione considera, in via prudenziale ai fini della stima, circa il 60 per cento di tali riserve[120]. Applicando a tale ammontare (circa 24 miliardi di euro) la percentuale di indeducibilità del 4 per cento[121], si ottiene un incremento di base imponibile IRES di circa 960 milioni di euro, cui corrispondono, in base ad un’aliquota IRES del 27,5 per cento, maggiori entrate annue per circa 264 milioni di euro.

Tenendo conto del fatto che le norme si applicano dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto in esame e che hanno efficacia, nella misura del 50 per cento, già in sede di versamento del secondo acconto dovuto per il periodo d’imposta in corso, per cassa la relazione stima i seguenti effetti.

(milioni di euro)

 

2010

2011

2012

2013

Acconto 2010

99

-99

 

 

Saldo 2010

 

264

 

 

Acconto 2011

 

198

-198

 

Saldo 2011

 

 

264

 

Acconto 2012

 

 

198

-198

Saldo 2012

 

 

 

264

Acconto 2013

 

 

 

198

TOTALE

99

363

264

264

 

In merito ai profili di quantificazione, si rileva che la stima proposta appare corretta in base ai dati ed alle ipotesi assunte dalla relazione tecnica.

Occorre, tuttavia, rilevare come l’intera stima sia condizionata dall’ipotesi assunta circa l’ammontare della variazione delle riserve tecniche obbligatorie, la cui consistenza annua presenta una notevole variabilità, per effetto di fattori riconducibili all’andamento del mercato delle polizze ramo vita ed alla tipologia dei prodotti.

In proposito si segnala un parziale contrasto rispetto alla relazione tecnica allegata all’emendamento di analogo oggetto approvato dalla 5a Commissione del Senato, norma poi modificata in sede di presentazione del maxiemendamento. Tale RT assumeva a base del calcolo il 20 per cento della variazione delle riserve riscontrata per l’esercizio 2009, anziché il 60 per cento, indicato nella RT allegata al maxiemendamento. Tale differenza fa sì che, nonostante, rispetto al testo approvato in Commissione, si riduca dal 10 al 4 per cento la quota non deducibile della variazione delle riserve, il maggior gettito atteso sia superiore a quello in precedenza stimato.

In merito alla differenza tra i parametri riportati nelle due relazioni tecniche, andrebbero acquisiti chiarimenti.  

Più in generale, si osserva che al fine di garantire maggiore affidabilità alla previsione nonché l’applicazione di una più corretta metodologia statistica, data l’estrema variabilità presentata dalle variazioni annue delle riserve tecniche obbligatorie del ramo vita, sarebbe opportuno estendere l’analisi di tale dato ad un certo numero di esercizi pregressi, anziché al solo esercizio 2009, al fine di individuare un andamento tendenziale della variabile oggetto di analisi.

 


 

Articolo 38, comma 13-quinquies
(Modifiche alla disciplina del 5 per mille)

 

13-quinquies. Per l'anno finanziario 2010 possono altresì beneficiare del riparto della quota del cinque per mille i soggetti già inclusi nel corrispondente elenco degli enti della ricerca scientifica e dell'Università, predisposto per le medesime finalità, per l'esercizio finanziario 2009. Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca procede ad effettuare, entro il 30 novembre 2010, i controlli, anche a campione, tesi ad accertare che gli enti inclusi nell'elenco del 2009 posseggano anche al 30 giugno 2010 i requisiti che danno diritto al beneficio.

 

 

Il comma 13-quinquies dispone talune modifiche alla disciplina del 5 per mille IRPEF, con particolare riferimento agli enti della ricerca scientifica e dell’Università.

 

Si ricorda che la disciplina vigente del 5 per mille IRPEF per l’anno 2010, riferibile alle dichiarazioni dei redditi relative al periodo 2009, è disposta dai commi da 4-novies a 4-terdecies dell’articolo 2, del DL. n. 40 del 2010[122], i quali, tra l’altro, mantenendo sostanzialmente analoga la disciplina rispetto a quella disposta per l’anno finanziario 2009, ai sensi dall’articolo 63-bis del D.L. 112/2008 (conv. L. 133/2008)[123], apportano alcune modifiche che riguardano i presupposti per l’ammissione al riparto delle associazioni sportive dilettantistiche, in relazione alle quali è previsto che l’attività svolta debba essere di rilevante interesse sociale. Le attività ammesse al sostegno e al finanziamento del 5 per mille per l’anno 2010 sono: a) il volontariato e l’attività di altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), delle associazioni di promozione sociale iscritte negli appositi registri nazionali (tenuti presso la Presidenza del consiglio dei ministri, Dipartimento per gli affari sociali), regionali e provinciali, delle associazioni e fondazioni riconosciute che operano in determinati settori; b) la ricerca scientifica e dell'università; c) la ricerca sanitaria; d) le attività sociali svolte dal comune di residenza del contribuente; e) le associazioni sportive dilettantistiche in possesso del riconoscimento ai fini sportivi rilasciato dal CONI a norma di legge, che svolgono una rilevante attività di interesse sociale.

 

Si prevede, in particolare, che per l’anno finanziario 2010 possano altresì beneficiare del riparto della quota del 5 per mille i soggetti che sono già stati inclusi nell’elenco degli enti della ricerca scientifica e dell’Università predisposto, per le medesime finalità, per l’esercizio finanziario 2009.

La finalità della norma appare quella di sollevare tali enti dall’onere degli adempimenti per la ripresentazione della domanda per l’accesso al beneficio del riparto della quota del 5 per mille.

Il sito dell’Agenzia delle entrate[124] pubblica gli elenchi dei soggetti ammessi e di quelli esclusi al riparto della quota del 5 per mille. Si rileva che gli elenchi finora resi ufficiali con l'indicazione delle scelte e degli importi pubblicati alla data del 18 marzo 2010 sono quelli dal 2006 (anno della prima ripartizione), relativi al periodo d’imposta 2005, fino all’anno 2008. Per tale anno, in particolare, gli enti della ricerca scientifica e dell’Università che hanno presentato domanda sono stati pari ad un numero di 361 unità, su un totale di 77.015 enti (circa lo 0,5%)[125]. L’ammontare del 5 per mille erogato ai predetti enti di ricerca che risultano ammessi (333) è pari a circa 64 milioni complessivi (circa il 15% del totale), per un valore medio di circa 192.000 euro per ciascun ente. Si segnala che gli elenchi relativi all’anno 2009 non risultano ancora pubblicati.

 

La norma prevede infine che il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca provveda ad effettuare, entro il 30 novembre 2010, i controlli, anche a campione, volti all’accertamento che gli enti inclusi nell’elenco del 2009 posseggano i requisiti che danno diritto al beneficio anche al 30 giugno 2010.

 

Si ricorda che le finalità e i soggetti ai quali può essere destinato il 5 per mille per l’anno finanziario 2010 sono disciplinati dal DPCM 23 aprile 2010, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 131 dell’8 giugno 2010.

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento presentato al Senato afferma che la disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, in quanto le scelte eventualmente operate nei confronti dei soggetti che non fossero ammessi senza il presente intervento normativo sarebbero ripartite fra gli altri soggetti ammessi.

La norma pertanto, ferma restando la spesa complessiva, consente di assicurare ad una più ampia platea di enti le adeguate risorse finanziarie per le attività di ricerca scientifica.

 

In merito ai profili di quantificazione si osserva preliminarmente che le autorizzazioni legislative che prevedono l’assegnazione e il riparto delle somme del 5 per mille operano – per ciascun esercizio finanziario – nel limite degli importi erogabili, che vengono determinati di anno in anno sulla base delle percentuali di contribuenti che esprimono l’opzione.

Nel caso in esame, nell’escludere effetti finanziari, la relazione tecnica non fornisce tuttavia alcune necessarie precisazioni in ordine alla portata applicativa della norma, con particolare riguardo al periodo d’imposta al quale il testo fa riferimento, all’anno nel quale le opzioni devono essere dichiarate dai contribuenti e all’autorizzazione di spesa che dovrebbe finanziare l’assegnazione dei fondi.  

In particolare, se le parole “anno finanziario 2010” indicassero l’anno nel quale il contribuente presenta la dichiarazione (e effettua l’opzione), anche un eventuale ampliamento - determinato dalla norma - del numero dei soggetti ammessi al riparto non dovrebbe presumibilmente generare effetti finanziari, in quanto nell’anno in corso i termini per la presentazione delle dichiarazioni sono ormai, in massima parte, scaduti. In tal senso, quindi, la disposizione in esame risulterebbe di contenuto essenzialmente organizzativo e sarebbe volta a ridurre gli adempimenti amministrativi che regolano l’accesso al riparto. Sembrerebbe questa l’interpretazione fornita dalla relazione tecnica, stando alle affermazioni - sia pure di portata piuttosto generica - in essa contenute.

Diversamente, dalla norma potrebbero derivare effetti onerosi qualora si verificassero ambedue i seguenti presupposti:

-        nel caso in cui la norma consentisse l’accesso al beneficio per un certo numero di enti che, in assenza della norma medesima, non avrebbero avuto titolo al contributo;

-        nel caso in cui la norma consentisse ai contribuenti di esprimere le loro opzioni avendo a disposizione un numero più elevato di enti ammessi al riparto rispetto a quelli risultanti beneficiari in base alla disciplina previgente.

Si ricorda infatti che gli stanziamenti annuali per l’utilizzo del 5 per mille corrispondono alla quota dell’imposta IRPEF netta desumibile a consuntivo con riferimento al periodo d’imposta rispetto al quale sono state espresse le opzioni. Pertanto gli stanziamenti possono variare annualmente sulla base della percentuale dei contribuenti che esprimono l’opzione.

Per quanto riguarda invece la possibile maggiore o minore estensione della platea dei soggetti ammessi al riparto, va osservato quanto segue.

In linea di principio, un ampliamento della platea[126] effettuato una volta conclusa la fase delle dichiarazioni (e quindi delle opzioni da parte dei contribuenti) non dovrebbe incidere sull’entità della spesa: infatti, al variare della platea, le somme del 5 per mille potranno essere destinate ad un numero maggiore di beneficiari, ma ciò – essendo ormai conclusa la fase delle dichiarazioni - non potrebbe più modificare il limite dello stanziamento annuale a suo tempo autorizzato.

Diversamente, nel caso in cui il numero di soggetti ammessi al riparto venisse esteso in una fase precedente, allorché le dichiarazioni e le opzioni dei contribuenti non fossero state ancora completate, l’estensione della platea potrebbe riflettersi sulle scelte dei contribuenti, incrementando il numero di opzioni e - quindi - rendendo necessario un incremento della relativa autorizzazione di spesa.

 

Sugli aspetti richiamati andrebbe acquisita una valutazione  da parte del Governo.

 

 


 

Articolo 38, comma 13-sexies
(Requisiti di capitale delle società di riscossione a prevalente partecipazione pubblica)

 

13-sexies. All'articolo 3-bis del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, dopo il comma 2, è inserito il seguente:

«2-bis. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano alle società a prevalente partecipazione pubblica».

 

 

Il comma 13-sexies dell’articolo 38, inserito durante l’esame del provvedimento al Senato, dispone che i requisiti quantitativi di capitale sociale delle società di accertamento e riscossione dei tributi degli enti locali (recati dall’articolo 3-bis, commi 1 e 2, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40[127]) non si applichino alle società di riscossione dei tributi locali con prevalente partecipazione pubblica.

A tale scopo viene inserito un comma 2-bis all’articolo 3-bis del predetto D.L. n. 40 del 2010.

 

Si ricorda che il comma 1 del predetto articolo 3-bis stabilisce le seguenti misure minime di capitale interamente versato per l'iscrizione all'albo dei soggetti abilitati ad effettuare attività di accertamento dei tributi e di riscossione dei tributi e altre entrate delle province e dei comuni (di cui all'articolo 53, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446):

a)       un milione di euro per l'effettuazione, anche disgiuntamente, delle attività di comuni fino a 10.000 abitanti, con un numero di comuni contemporaneamente gestiti che, in ogni caso, non superino complessivamente i 100.000 abitanti;

b)       cinque milioni di euro per l'effettuazione, anche disgiuntamente, delle attività di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e delle altre entrate nei comuni fino a 200.000 abitanti;

c)       dieci milioni di euro, per l'effettuazione, anche disgiuntamente, delle attività di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni oltre 200.000 abitanti.

Ai sensi del successivo comma 2, i soggetti iscritti nell’apposito albo devono adeguare alle predette misure minime il proprio capitale sociale entro il 30 giugno 2010. Essi, fino all'adeguamento non possono ricevere nuovi affidamenti o partecipare a gare indette a tale fine.

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo allegato al maxiemendamento presentato al Senato non ascrivealla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica al maxiemendamento presentato al Senato ricorda che la modifica prevede che le disposizioni di cui all’articolo 3-bis, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 40 del 2010, contenenti l’obbligo di aumento del capitale per le società di riscossione dei tributi, non si applichino alle società a prevalente partecipazione pubblica. La disposizione non determina effetti finanziari sul bilancio dello Stato.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare, anche in considerazione del fatto che l’originaria disposizione di cui all’articolo 3-bis del decreto-legge n. 40 del 2010, che ha incrementato tali misure minime prevedendo l’obbligo di adeguamento entro il 30 giugno 2010, non era corredata di relazione tecnica ed alla medesima non era ascritto alcun effetto finanziario. 

 


 

Articolo 38, comma 13-septies
(Operazioni non soggette all’obbligo di certificazione fiscale)

 

13-septies. All'articolo 2, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1996, n. 696, dopo la lettera tt) è aggiunta la seguente:

     «tt-bis) le prestazioni di servizi effettuate dalle imprese di cui all'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, attraverso la rete degli uffici postali e filatelici, dei punti di accesso e degli altri centri di lavorazione postale cui ha accesso il pubblico nonché quelle rese al domicilio del cliente tramite gli addetti al recapito».

 

 

Il comma 13-septies, introdotto dal Senato, reca una novella all'articolo 2, comma 1, del D.P.R. n. 696 del 1996 – attraverso l’aggiunta della lettera tt-bis) – che include le prestazioni di servizi effettuate da Poste Italiane s.p.a. (soggetto indicato all’articolo 23, comma 2, del D.Lgs. n. 261 del 1999) nell'elenco delle operazioni che non sono soggette all'obbligo di certificazione fiscale, attraverso la rete degli uffici postali e filatelici, dei punti di accesso e degli altri centri di lavorazione postale cui ha accesso il pubblico, nonché le prestazioni rese al domicilio del cliente tramite gli addetti al recapito.

 

L’articolo 23, comma 2, del D.Lgs. 22 luglio 1999, n. 261 stabilisce che in sede di prima attuazione il servizio universale[128] è affidato alla società p.a. Poste Italiane per un periodo, comunque non superiore a quindici anni dalla data di entrata in vigore del decreto stesso, da determinarsi dall'autorità di regolamentazione, compatibilmente con il processo di liberalizzazione in sede comunitaria.

Il D.P.R. 21 dicembre 1996, n. 696 reca il Regolamento sulle norme per la semplificazione degli obblighi di certificazione dei corrispettivi. L’articolo 2 elenca le operazioni non soggette all'obbligo di certificazione (ricevuta o scontrino fiscale).

 

La disposizione sembrerebbe collegata ad una recente disposizione legislativa introdotta dall’articolo 2, del D.L. 23 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazioni dalla legge 22 maggio 2010, n. 73.

In particolare l’articolo 2, al comma 4-bis, al fine di assicurare il pieno rispetto dei princìpi comunitari in materia di IVA, ha novellato l’articolo 10, primo comma, numero 16), del D.P.R. n. 633 del 1972 relativamente alle operazioni esenti da imposta, ricomprendendo “le prestazioni del servizio postale universale, nonché le cessioni di beni e le prestazioni di servizi a queste accessorie, effettuate dai soggetti obbligati ad assicurarne l’esecuzione”, in luogo delle “prestazioni relative ai servizi postali” previsto precedentemente.

La modifica, finalizzata ad assicurare il rispetto dei principi comunitari in materia di IVA, si applica (comma 4-ter) a decorrere dal novantesimo giorno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge n. 40 (24 agosto 2010).

 

Avendo il D.L. n. 40 confermato l’esenzione IVA per le sole prestazioni del servizio postale universale la disposizione recata dal comma 13-septiesin esame sembrerebbe diretta ad escludere le medesime prestazioni anche dall’obbligo della certificazione fiscale.

Tenuto conto che il D.L. n. 40 ha esteso il regime di esenzione IVA anche alle “cessioni di beni e prestazioni di servizi a queste accessorie, effettuate dai soggetti obbligati ad assicurarne l’esecuzione”, si osserva, tuttavia, che l’ambito di riferimento della norma in esame non coincide con la tipologia di servizi indicata dal D.L. 40 (prestazioni di servizi attraverso la rete degli uffici postali e filatelici, dei punti di accesso e degli altri centri di lavorazione postale cui ha accesso il pubblico nonché quelle rese al domicilio del cliente tramite gli addetti al recapito).

In sostanza risulterebbe che Poste italiane Spa potrebbe effettuare prestazioni di servizi non esenti da IVA, ma relativamente alle quali non sussiste l’obbligo di emissione dello scontrino o della ricevuta fiscale.

 

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo allegato al maxiemendamento presentato al Senato non ascrivealla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica al maxiemendamento presentato al Senato afferma che la disposizione, che esonera dall’obbligo di rilascio dello scontrino fiscale le prestazioni di servizi effettuate attraverso la rete degli uffici postali è neutrale sui saldi di bilancio.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare.


 

Articolo 39
(Disposizioni in favore dei territori colpiti dal sisma in Abruzzo)

 


1. Nei confronti delle persone fisiche di cui all'articolo 1, comma 1, dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 dicembre 2009, n. 3837, titolari di redditi di impresa o di lavoro autonomo, nonché nei confronti dei soggetti diversi dalle persone fisiche con volume d'affari non superiore a 200.000 euro, il termine di scadenza della sospensione degli adempimenti e dei versamenti tributari, ivi previsto, è prorogato al 20 dicembre 2010. Non si fa luogo al rimborso di quanto già versato. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano, comunque, alle banche ed alle imprese di assicurazione.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano con riferimento alle ritenute da operare sui redditi diversi da quelli di impresa e di lavoro autonomo e ai relativi versamenti.

3. Nei confronti dei soggetti di cui al comma 1 e con riferimento ai redditi indicati al medesimo comma 1, il termine di scadenza della sospensione relativa ai contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali di cui all'articolo 2, comma 1, dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 9 aprile 2009, n. 3754 e di cui all'articolo 1, comma 1, dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 dicembre 2009, n. 3837, è prorogato al 15 dicembre 2010. Non si fa luogo a rimborso di quanto già versato.

3-bis. La ripresa della riscossione dei tributi di cui al comma 1 e dei contributi e dei premi di cui al comma 3 avviene, senza applicazione di sanzioni, interessi e oneri accessori, mediante il pagamento in centoventi rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di gennaio 2011. Gli adempimenti tributari, diversi dai versamenti, non eseguiti per effetto della predetta sospensione sono effettuati entro lo stesso mese di gennaio 2011 con le modalità stabilite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate.

3-ter. La ripresa della riscossione dei tributi non versati dal 6 aprile 2009 al 30 giugno 2010, per effetto della sospensione disposta dall'articolo 1 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 6 giugno 2009, n. 3780, e dall'articolo 1 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 dicembre 2009, n. 3837, avviene, senza applicazione di sanzioni, interessi e oneri accessori, mediante il pagamento in centoventi rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di gennaio 2011. Gli adempimenti tributari, diversi dai versamenti, non eseguiti per effetto della predetta sospensione sono effettuati entro lo stesso mese di gennaio 2011 con le modalità stabilite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate.

3-quater. La ripresa della riscossione dei contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali non versati dal 6 aprile 2009 al 30 giugno 2010 per effetto della sospensione prevista dall'articolo 2, comma 1, dell'ordinanza del Presi­dente del Consiglio dei Ministri 9 aprile 2009, n. 3754, e dall'articolo 1 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 dicembre 2009, n. 3837, avviene senza applicazione di sanzioni, interessi e oneri accessori, mediante il paga­mento in centoventi rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di gennaio 2011.

3-quinquies. Agli oneri derivanti dai commi 3-bis, 3-ter e 3-quater, valutati in 617 milioni di euro per l'anno 2010, si provvede con le maggiori entrate derivanti dall'articolo 1, commi 1 e 2, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, affluite alla contabilità speciale prevista dall'articolo 13-bis, comma 8, del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102.

4. È autorizzata la spesa di 10 milioni di euro quale contributo al comune de L'Aquila per far fronte al disavanzo pregresso sul bilancio 2009 in relazione alle minori entrate verificatesi nello stesso anno a causa della situazione emergenziale connessa al sisma in Abruzzo. Al predetto Comune non si applicano le disposizioni recate dall'articolo 11, comma 1, dell'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3877 del 12 maggio 2010».

4-bis. All'articolo 10, comma 1-bis, del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n. 77, le parole da: «con una dotazione di 45 milioni di euro» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «con una dotazione di 90 milioni di euro che costituisce tetto massimo di spesa».

4-ter. Agli oneri derivanti dall'attua­zione dell'articolo 10, comma 1-bis, del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n. 77, come modificato ai sensi del comma 4-bis del presente articolo, si provvede, per 45 milioni di euro, a valere sulle risorse di cui all'articolo 14, comma 1, del predetto decreto-legge n. 39 del 2009, compatibilmente con gli utilizzi del citato decreto e, per 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011, 2012 e 2013, per gli anni 2011 e 2012 mediante corrispondente riduzione del Fondo per gli interventi strutturali di politica economica di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, e per l'anno 2013 mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle maggiori entrate derivanti dai commi 13-bis, 13-ter e 13-quater dell'articolo 38 del presente decreto.

4-quater. All'articolo 4 del decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39, dopo il comma 3, è inserito il seguente:

«3-bis. Nel caso in cui al termine di scadenza il programma non risulti completato, anche in ragione del protrarsi delle conseguenze negative di ordine economico e produttivo generate dagli eventi sismici del 2009 nella regione Abruzzo, nonché delle conseguenti difficoltà connesse alla definizione dei problemi occupa­zionali, il Ministro dello sviluppo economico, su istanza del Commissario straordinario, sentito il Comitato di sorveglianza, può disporre nel limite massimo di 1 milione di euro per il 2010 la proroga del termine di esecuzione del programma per i gruppi industriali con imprese ed unità locali nella regione Abruzzo, fino al 31 dicembre 2010, compatibilmente con il predetto limite di spesa». Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente comma si provvede, per l'anno 2010, mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle maggiori entrate derivanti dai commi 13-bis, 13-ter e 13-quater dell'articolo 38.


 

 

L'articolo 39 reca disposizioni in favore dei territori colpiti dagli eventi sismici del 6 aprile 2009 verificatisi in Abruzzo.

Le norme in esame dispongono:

-       la proroga delle disposizioni in tema di sospensione dei versamenti e degli adempimenti tributari (commi da 1 a 3);

-       le modalità di riscossione dei tributi e contributi sospesi, nonché di effettuazione degli adempimenti tributari oggetto di sospensione (commi 3-bis e 3-quater);

-       la copertura finanziaria del minor gettito fiscale conseguente la proroga dei termini relativi al periodo di sospensione (comma 3-quinquies);

-       l’autorizzazione di spesa per far fronte al disavanzo pregresso del comune dell’Aquila in relazione alle minori entrate del 2009 (comma 4);

-       il rifinanziamento e la modulazione degli stanziamenti in favore delle agevolazioni fiscali previste per le zone franche urbane individuate nella regione Abruzzo ai sensi dell’articolo 10 del decreto legge n. 39 del 2009[129] (commi 4-bis e 4-ter);

-       la proroga del termine di esecuzione di programmi di ristrutturazione o cessione di complessi aziendali nella regione Abruzzo (comma 4-quater).

 

Appare opportuno segnalare che ulteriori disposizioni agevolative in favore dei territori colpiti dal sisma in Abruzzo sono contenute nell’articolo 14, comma 14-ter del provvedimento in esame.

Sospensione dei versamenti e contributivi nonché modalità per la riscossione e per l’effettuazione degli adempimenti tributari

Prima di esaminare le novità introdotte dai commi da 1 a 3-quinquies si illustrano, di seguito, le principali disposizioni che hanno interessato la sospensione dei termini dei versamenti e degli adempimenti tributari e contributivi per le popolazioni colpite dal sisma in Abruzzo del 6 aprile 2009.

Il decreto-legge n. 39/2009 (c.d. decreto Abruzzo) stabilisce che gli interventi di carattere fiscale e finanziario di attuazione del medesimo decreto di urgenza sono effettuati con Ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze (articolo 1, comma 1). I destinatari dei predetti interventi sono i soggetti (persone fisiche o imprese) danneggiati dal sisma residenti o operanti nei comuni identificati da appositi decreti emanati dal Commissario delegato sulla base di rilevazioni tecniche (articolo 1, comma 2). Inoltre, l'articolo 6, comma 1, lettera g), del medesimo decreto-legge n. 39 dispone la rideterminazione della sospensione del versamento - con conseguente ripresa della riscossione - di tributi, contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria, nonché di ogni altro termine sospeso, anche in forma rateale.

In attuazione del D.L. n. 39/2009, sono stati emanati, il 9 aprile 2009, i seguenti provvedimenti che hanno disposto, per il periodo 6 aprile-30 novembre 2009:

1)    con riferimento ai comuni danneggiati individuati con i decreti n. 3 e n. 11 del 2009 sopra richiamati, la sospensione dei versamenti di contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi per l’assicurazione contro gli infortuni e malattie, compresa la quota a carico dei lavoratori e di quelli con contratto di collaborazione coordinata e continuativa (articolo 2, comma 1, O.P.C.M. n. 3754 del 9 aprile 2009);

2)    con riferimento ai territori della provincia di L’Aquila, la sospensione dei versamenti di tributi, ivi compresi quelli relativi ai sostituti d’imposta, dovuti dalle persone fisiche residenti ovvero dagli altri soggetti aventi sede legale o sede operativa nei predetti territori nonché la sospensione dei versamenti dovuti da tutti i sostituti d’imposta, indipendentemente dal luogo del domicilio fiscale, che avrebbero dovuto operare ritenute nei confronti di lavoratori dipendenti o lavoratori autonomi residenti nei territori della provincia aquilana; a tal fine è necessario che il lavoratore presenti un’apposita richiesta finalizzata alla disapplicazione della ritenuta medesima (D.M. 9 aprile 2009).

Successivamente, l’articolo 1 dell’ordinanza n. 3780 del 6 giugno 2009 ha esteso la sospensione dei versamenti tributari prevista dal DM 9 aprile 2009 a tutti i comuni individuati con i già richiamati decreti n. 3 e n. 11 del 2009, ossia anche ad alcuni comuni appartenenti alle province di Teramo e Pescara.

Il decreto-legge n. 78/2009 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga termini) ha prorogato a gennaio 2010 la sospensione dei versamenti tributari e contributivi e al 31 marzo 2010 il termine di sospensione dei relativi adempimenti. Inoltre, ha previsto la facoltà di rateizzare, fino a 24 mesi, le somme complessivamente dovute a seguito della sospensione.

L’articolo 2, comma 198, della legge n. 191/2009 (legge finanziaria 2010) ha fissato al mese di giugno 2010 la scadenza della prima delle 60 rate dovute per il versamento dei pagamenti sospesi.

Con Ordinanza n. 3837 del 30 dicembre 2009 è stato prorogato al 30 giugno 2010 il periodo di sospensione per il pagamento di tributi e contributi relativamente ai soggetti e ai territori indicati nelle ordinanze nn. 3754 e 3780.

Da ultimo, l’articolo 1, comma 10, del D.L. n. 194/2009 ha previsto un’ulteriore proroga dei termini dei versamenti e degli adempimenti tributari e contributivi, ivi compresi i premi INAIL, da stabilire con provvedimento da adottare ai sensi dell’articolo 1, commi 1 e 2, del D.L. n. 39/2009.

 

I commi da 1 a 3 dispongono la proroga della sospensione dei versamenti e degli adempimenti tributari e contributivi, relativamente ai comuni che, sulla base dei dati risultanti dai rilievi macrosismici effettuati dal Dipartimento della protezione civile, abbiano subito danni da sismi di intensità MSC uguale o superiore al sesto grado, identificati con apposito decreto del Commissario delegato.

A tal fine sono stati emanati:

-        il decreto 16 aprile 2009, n. 3, Individuazione dei comuni danneggiati dagli eventi sismici che hanno colpito la provincia dell'Aquila ed altri comuni della regione Abruzzo il giorno 6 aprile 2009' (G.U. 17 aprile 2009, n. 89)[130];

-        il decreto 17 luglio 2009, n. 11, 'Modifiche ed integrazioni al decreto n. 3 del 16 aprile 2009, recante «Individuazione dei comuni danneggiati dagli eventi sismici che hanno colpito la provincia di l'Aquila ed altri comuni della regione Abruzzo il giorno 6 aprile 2009' (G.U. 28 luglio 2009, n. 173)[131]

Le norme, prorogano al 20 dicembre 2010 il termine della sospensione degli adempimenti e dei versamenti tributari[132] (comma 1) nonché al 15 dicembre 2010 il termine della sospensione relativa ai contributi previdenziali ed assistenziali e ai premi INAIL[133] (comma 3) in favore:

-        delle persone fisiche titolari di redditi d’impresa o di lavoro autonomo;

-        dei soggetti diversi dalle persone fisiche qualora realizzino un volume di affari non superiore a 200.000 euro. Poiché la norma non indica il periodo d’imposta cui deve essere riferito l’ammontare del volume d’affare, si dovrebbe chiarire se la proroga della sospensione degli adempimenti non operi qualora intervenga il superamento di tale limite nel periodo d’imposta già chiuso ovvero in quello in corso.

In base alle modifiche apportate nel corso dell’esame del provvedimento presso il Senato, sono stati espressamente esclusi dall’ambito soggettivo dei beneficiari della proroga le banche e le imprese di assicurazione.

Le ulteriori modifiche apportate dal Senato al comma 1 in esame riguardano la scadenza del periodo di sospensione in materia tributaria, originariamente fissata al 15 dicembre 2010, e l’estensione del beneficio a tutte le persone fisiche titolari di reddito d’impresa o di lavoro autonomo indipendentemente dal volume d’affari realizzato.

 

In riferimento a tali tributi - in caso di avvenuto pagamento - non si fa luogo al rimborso.

 

In base al comma 2, la proroga non si applica con riferimento alle ritenute da operare sui redditi diversi da quelli di impresa e di lavoro autonomo e ai relativi versamenti.

 

I commi da 3-bis a 3-quater, inseriti nel corso dell’esame del provvedimento presso il Senato, disciplinano le modalità per la ripresa della riscossione dei tributi, dei contributi e dei premi INAIL non versati dai contribuenti a seguito della sospensione introdotta nonché le modalità per l’effettuazione degli adempimenti tributari sospesi.

Rientrano nell’ambito oggettivo della ripresa della riscossione:

-        tutti i versamenti tributari sospesi ed in particolare sia quelli per i quali il comma 1 dispone la proroga al 20 dicembre 2010 sia quelli sospesi fino al 30 giugno 2010 ai sensi dell’art. 1 dell’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri del 30 dicembre 2009, n. 3837;

-        tutti i versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali nonché dei premi INAIL sospesi ed in particolare sia quelli per i quali il comma 3 dispone la proroga al 15 dicembre 2010 sia quelli sospesi fino al 30 giugno 2010 ai sensi dell’articolo 2, comma 1, dell’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 9 aprile 2009, n. 3754 e dell’articolo 1 dell’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 dicembre 2009, n. 3837.

La riscossione dei tributi, dei contributi e dei premi oggetto di sospensione dovrà avvenire, senza applicazione di sanzioni, interessi ed oneri accessori mediante il pagamento di 120 rate mensili di pari importo a decorrere da gennaio 2011.

Gli adempimenti tributari diversi dai versamenti dovranno essere effettuati, ai sensi dei commi 3-bis e3-ter, entro il mese di gennaio 2011 in base alle modalità da stabilire con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate.

 

Il comma 3-quinquies, inserito dal Senato, reca disposizioni di natura finanziaria per la copertura degli oneri derivanti dalla proroga della sospensione dei versamenti in favore dei soggetti colpiti dal sisma del 6 aprile 2009 in Abruzzo.

A tal fine si dispone che per la compensazione degli oneri, valutati in 617 milioni per l’anno 2010, si provvede con le maggiori entrate derivanti dalla riapertura dei termini relativi allo “scudo fiscale” disposta dall’articolo 1, commi 1 e 2, del decreto legge n. 194/2009 e il cui gettito è affluito alla contabilità speciale prevista dall’articolo 13-bis, comma 8, del decreto legge n. 78/2009.

Disavanzo pregresso del bilancio del comune dell’Aquila

Il comma 4 autorizza la spesa di 10 milioni di euro quale contributo al comune dell'Aquila per far fronte al disavanzo pregresso sul bilancio 2009 in relazione alle minori entrate verificatesi nel medesimo anno a causa della situazione emergenziale legata al sisma in Abruzzo.

Si precisa, poi, che a tale Comune non si applicano le disposizioni recate dall'articolo 11, comma 1, dell'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3877 del 12 maggio 2010.

 

L'articolo 11, comma 1, della richiamata Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri (n. 3877 del 12 maggio 2010) autorizza i comuni abruzzesi colpiti dagli eventi sismici del 2009 con un'intensità MCS uguale o superiore al sesto grado e la provincia dell'Aquila a ripianare il disavanzo di amministrazione 2009 in deroga a quanto previsto dall'articolo 193, commi 2 e 3, del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 con decorrenza dall'anno 2013 ed entro il biennio successivo.

Il richiamato D.Lgs. 267/2000 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali) stabilisce, all'articolo 193 (Salvaguardia degli equilibri di bilancio), commi 2 e 3, che con periodicità stabilita dal regolamento di contabilità dell'ente locale - e comunque almeno una volta entro il 30 settembre di ciascun anno - l'organo consiliare provveda con delibera ad effettuare la ricognizione sullo stato di attuazione dei programmi. In tale sede l'organo consiliare dà atto del permanere degli equilibri generali di bilancio o, in caso di accertamento negativo, adotta contestualmente i provvedimenti necessari per il ripiano degli eventuali debiti fuori bilancio, per il ripiano dell'eventuale disavanzo di amministrazione risultante dal rendiconto approvato e, qualora i dati della gestione finanziaria facciano prevedere un disavanzo, di amministrazione o di gestione, per squilibrio della gestione di competenza ovvero della gestione dei residui, adotta le misure necessarie a ripristinare il pareggio. La deliberazione è allegata al rendiconto dell'esercizio relativo. Per conseguire i citati obiettivi, possono essere utilizzate per l'anno in corso e per i due successivi tutte le entrate e le disponibilità, ad eccezione di quelle provenienti dall'assunzione di prestiti e di quelle aventi specifica destinazione per legge, nonché i proventi derivanti da alienazione di beni patrimoniali disponibili.

Rifinanziamento delle zone franche urbane nei territori dell’Abruzzo

I commi 4-bis e 4-ter, inseriti nel corso dell’esame del provvedimento presso il Senato, intervengono sul finanziamento e sulla copertura finanziaria prevista per le agevolazioni fiscali in favore delle piccole e medie imprese localizzate nelle zone franche urbane individuate nei territori dell’Abruzzo, ai sensi dell’articolo 10 del decreto legge n. 39/2009.

 

Nel dettaglio, il comma 1-bis dell’articolo 10 citato affida al CIPE il compito di individuare, nell’ambito dei territori colpiti dal sisma, le zone franche urbane (ZFU) alle quali, in virtù del rinvio alla disciplina prevista dall’articolo 1, commi da 340 a 343, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007), si applicano le agevolazioni fiscali e tributarie in favore delle piccole e medie imprese. La suddetta individuazione dovrà avvenire su proposta del Ministro dello sviluppo economico e sentita la Regione Abruzzo.

In deroga alla disciplina generale prevista dalla richiamata legge finanziaria 2007, la qualifica di zona franca urbana nei territori dell’Abruzzo potrà essere attribuita anche in presenza di una popolazione superiore al limite fissato in 30.000 abitanti.

Sul piano finanziario, è stata prevista l’istituzione di un Fondo nello stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia, con una dotazione di 45 milioni di euro, che costituisce tetto di spesa massima, a valere sulle risorse assegnate dal CIPE a valere sul Fondo aree sottoutilizzate.

Nella seduta del 13 maggio 2010 il CIPE ha approvato l’individuazione e la perimetrazione della Zona Franca Urbana del comune de L’Aquila, con assegnazione di 45 milioni di euro a valere sul Fondo strategico per il Paese a sostegno dell’economia reale.

 

In particolare, il comma 4-bisincrementa da 45 a 90 milioni di euro il Fondo per il finanziamento delle zone franche urbane nei territori dell’Abruzzo, che costituisce il tetto massimo di spesa fissato per tali agevolazioni.

Il comma 4-ter, che introduce le disposizioni finanziarie necessarie alla copertura degli oneri derivanti dal rifinanziamento del Fondo, precisa che il suddetto incremento è da intendersi pari a 15 milioni per ciascuno degli anni 2011, 2012 e 2013.

Ai fini della copertura dell’intero stanziamento viene confermato, in primo luogo, quanto già stabilito dalla norma vigente, ai sensi della quale si provvede, per 45 milioni, a valere sulle risorse CIPE di cui all’articolo 14, comma 1 del decreto legge n. 39/2009; per gli anni 2011 e 2012 si provvede, per 15 milioni annui, mediante corrispondente riduzione del Fondo per gli interventi strutturali di politica economica di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto legge n. 282 del 2004 e per 15 milioni nell’anno 2013 mediante utilizzo di quota parte delle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni di cui ai commi da 13-bis a 13-quater dell’articolo 38 del presente decreto legge.

Proroga del termine di esecuzione di programmi di ristrutturazione o cessione di complessi aziendali nella regione Abruzzo

Il comma 4-quater,aggiunto dal Senato,integra, con l’inserimento del comma 3-bis,l'articolo 4 del D.L. 347/2003[134] (Misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza).

Il nuovo comma riconosce al Ministro dello sviluppo economico il potere di disporre la proroga – entro il limite massimo di 1 milione di euro per il 2010 - del termine di esecuzione del programma di ristrutturazione o di cessione dei complessi aziendali per i Gruppi industriali con imprese ed unità locali nella regione Abruzzo, fino al 31 dicembre 2010, compatibilmente con il suddetto limite.

Si ricorda che le disposizioni del citato decreto-legge si applicano alle imprese soggette alle disposizioni sul fallimento in stato di insolvenza che intendono avvalersi della procedura di ristrutturazione economica e finanziaria di cui all'articolo 27, comma 2, lettera b), del D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270[135], oppure del programma di cessione dei complessi aziendali, di cui all'articolo 27, comma 2, lettera a), del medesimo decreto, purché abbiano, singolarmente o, come gruppo di imprese costituito da almeno un anno, entrambi i seguenti requisiti:

a)       lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione dei guadagni, non inferiori a cinquecento da almeno un anno;

b)      debiti, inclusi quelli derivanti da garanzie rilasciate, per un ammontare complessivo non inferiore a trecento milioni di euro.

Il citato articolo 27 del D.Lgs. 270 del 1999 disciplina le condizioni per l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria, stabilendo chele imprese dichiarate insolventi vi sono ammesse qualora presentino concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali. Ai sensi del comma 2, tale risultato deve potersi realizzare, in via alternativa:

a)       tramite la cessione dei complessi aziendali, sulla base di un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa di durata non superiore ad un anno («programma di cessione dei complessi aziendali»);

b)      tramite la ristrutturazione economica e finanziaria dell'impresa, sulla base di un programma di risanamento di durata non superiore a due anni («programma di ristrutturazione»);

b-bis)   per le società operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali anche tramite la cessione di complessi di beni e contratti sulla base di un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa di durata non superiore ad un anno («programma di cessione dei complessi di beni e contratti»).

Ai sensi dell'articolo 2 del D.L. n. 347 del 2003, l'impresa in stato di insolvenza può richiedere l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria al Ministro delle attività produttive (ora dello sviluppo economico), con istanza motivata e corredata di adeguata documentazione. Con proprio decreto il Ministro provvede all'ammissione immediata dell'impresa alla procedura e alla nomina del commissario straordinario; per le imprese operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali, l'ammissione alla procedura, la nomina del commissario e la determinazione del compenso sono disposte con DPCM o con decreto del Ministro dello sviluppo economico. Il decreto in esame determina lo spossessamento del debitore e l'affidamento al commissario straordinario della gestione dell'impresa e dell'amministrazione dei beni dell'imprenditore insolvente.

L'articolo 4 del D.L. n. 347 del 2003 statuisce in ordine all'accertamento dello stato di insolvenza e al programma del commissario straordinario. In particolare: il comma 1 prevede che iltribunale dichiari lo stato di insolvenza dell'impresa ed assuma i necessari provvedimenti con sentenza pubblicata entro quindici giorni dalla comunicazione del summenzionato decreto; il comma 1-bis, che, qualora il tribunale respinga la richiesta di dichiarazione dello stato di insolvenza ovvero accerti l'insussistenza dei requisiti previsti, cessino gli effetti del medesimo decreto pur restando salvi gli effetti degli atti compiuti dagli organi della procedura; il comma 2, che entro 180 giorni dal decreto di nomina, il commissario straordinario presenti al Ministro delle attività produttive il programma e al giudice delegato la relazione contenente la descrizione particolareggiata delle cause di insolvenza; il comma 2-bis, che un estratto della relazione e del programma venga tempestivamente pubblicato in almeno due quotidiani a diffusione nazionale o internazionale, ovvero secondo altra modalità ritenuta idonea dal giudice delegato; il successivo comma 3, prevede, poi, che - su richiesta motivata del commissario - il termine per la presentazione del programma possa essere prorogato dal Ministro delle attività produttive (ora dello sviluppo economico), per non più di ulteriori 90 giorni.

 

La proroga, che deve essere richiesta dal Commissario straordinario sentito il Comitato di sorveglianza[136], può essere accordata nel caso in cui il programma non risulti completato al termine di scadenza, anche in ragione del protrarsi delle conseguenze negative di ordine economico e produttivo generate dagli eventi sismici del 2009 nella regione Abruzzo, nonché delle conseguenti difficoltà connesse alla definizione dei problemi occupazionali.

Agli oneri derivanti dall’attuazione della presente disposizione si provvede per l’anno 2010 mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle maggiori entrate derivanti dai commi 13-bis, 13-ter e 13-quater dell’articolo 38 del decreto in esame.

 


Profili finanziari (commi 1-4)

Il prospetto riepilogativo allegato al disegno di legge originario ascrivevaalla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

Maggiori spese

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Co. 1-3

3

 

 

 

3

 

 

 

3

 

 

 

Co. 4

10

 

 

 

10

 

 

 

10

 

 

 

 

La relazione tecnica al testo originario, con riferimento ai commi da 1 a 3, ampiamente modificati nel corso dell’esame al Senato, ricorda che a tali disposizioni prorogavano al 15 dicembre 2010 il termine di scadenza della sospensione dei versamenti tributari e contributivi dei contribuenti dei comuni del cratere, già concessa per il periodo dicembre 2009 - giugno 2010 dal decreto legge n. 194 del 2009 e dall’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri del 30 dicembre 2009, n. 3837. La proroga operava esclusivamente nei confronti dei soli titolari di redditi di impresa o di lavoro autonomo, con volume d’affari non superiore a 200.000 euro.

La relazione stimava che gli effetti finanziari della proroga della sospensione infrannuale dei versamenti contributivi fossero pari a 3 milioni di euro per l’anno 2010.

Con riferimento al comma 4, la relazione tecnica ricorda che la norma autorizza uno stanziamento di 10 milioni di euro per l’anno 2010 quale contributo al comune de L’Aquila per fronteggiare il disavanzo di bilancio relativo all’anno 2009.

In proposito, si segnala che, in una Nota trasmessa nel corso dell’iter al Senato[137], il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato ha precisato che si tratta di un trasferimento straordinario dello Stato a ripiano del disavanzo di tale comune per l’anno 2009. Con riferimento al bilancio 2010, invece, in attuazione dell’articolo 2, comma 250, della legge n. 191 del 2009, sono stati assegnati 30 milioni di euro complessivi in favore dell’equilibrio di bilancio dei comuni del cratere, in relazione alle minori entrate previste per tale esercizio.

La Nota fa, inoltre, presente che l’articolo 2, comma 23, della medesima legge n. 191 del 2009, come modificato dall’articolo 4, comma 4, del decreto legge n. 2 del 2010, ha previsto in favore dell’amministrazione provinciale de L’Aquila e dei comuni del cratere una maggiorazione del 50 per cento dei contributi ordinari, al lordo della detrazione derivante dall’attribuzione di una quota di compartecipazione al gettito IRPEF, calcolata sugli importi spettanti a tale titolo nel 2009. Per il solo comune de L’Aquila la maggiorazione è attribuita nella misura dell’80 per cento.

 

Le modifiche e le integrazioni introdotte ai primi tre commi dell’articolo in esame nel corso dell’iter al Senato hanno reso, di fatto, non utilizzabile ai fini della quantificazione la parte della relazione tecnica al testo originario relativa a tali norme, che è stata integralmente sostituita dalle specifiche parti della RT allegata al maxiemendamento presentato presso l’Assemblea del Senato.

 

Il prospetto riepilogativo allegato al maxiemendamento ascrive alle modifiche introdotte i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica[138].

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno e Indebitamento netto

Entrate

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

C. 3-bis

-288,2

-1,7

-1,7

.1,7

 

 

 

 

C. 3-ter

 

 

 

 

-328,0

6,0

6,0

6,0

C. 3-quinquies

617

 

 

 

617

 

 

 

Spese

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

C. 3-quater

328,0

6,0

6,0

6,0

 

 

 

 

 

La relazione tecnica al maxiemendamento fornisce una quantificazione integralmente sostitutiva rispetto a quella contenuta nella relazione tecnica iniziale .

La nuova relazione ricorda sinteticamente le variazioni apportate alle norme. In particolare, con la sostituzione del comma 1, il termine di scadenza della sospensione degli adempimenti e dei versamenti tributari è prorogato al 20 dicembre 2010 nei confronti delle persone fisiche titolari di redditi di impresa o di lavoro autonomo, nonché nei confronti dei soggetti diversi dalle persone fisiche con volume d’affari non superiore a 200.000 euro. Sono comunque escluse dalla proroga le banche e le assicurazioni[139]. Sono, inoltre, determinate le modalità di restituzione dei versamenti tributari e contributivi non effettuati per effetto della proroga della sospensione recata dalle norme in esame, nonché rideterminate le modalità di restituzione dei versamenti non effettuati per effetto delle precedenti sospensioni. Tutti i versamenti sospesi, sia tributari che contributivi, dovranno essere restituiti in 120 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di gennaio 2011.

In proposito la relazione tecnica, ai fini della stima, ricorda che l’articolo 2, comma 198, della legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria 2010), per i versamenti sospesi dall’articolo 1 dell’OPCM n. 3780/2009 e dall’articolo 2 dell’OPCM n. 3754/2009 (periodo 6 aprile- 30 novembre 2009) ha previsto la restituzione in 60 rate mensili a decorrere dal mese di giugno 2010, mentre nulla è stato previsto in merito alla restituzione dei versamenti sospesi dalla OPCM n. 3837/2009 per il periodo dal 1 dicembre 2009 al 30 giugno 2010[140].

Considerando la restituzione dei versamenti sospesi in 120 rate mensili a decorrere dal gennaio 2011, la relazione tecnica stima i seguenti effetti di gettito.

 

(milioni di euro)

Gettito a.l.v.

2010

2011

2012

2013

2014

2015

2016/20

Gettito tributario

288,2

54,6

54,6

54,6

54,6

22,75

 

Gettito contributivo

328,0

48,0

48,0

48,0

48,0

20,0

 

Totale gettito a.l.v.  a)

616,2

102,6

102,6

102,6

102,6

42,75

 

Gettito modifiche

2010

2011

2012

2013

2014

2015

2016/20

Gettito tributario

0

52,9

52,9

52,9

52,9

52,9

52,9

Gettito contributivo

0

54,0

54,0

54,0

54,0

54,0

54,0

Totale modifiche b)

0

106,9

106,9

106,9

106,9

106,9

106,9

DIFFERENZA  c)=b)-a)

-616,2

4,3

4,3

4,3

4,3

64,18

106,9

 

La relazione tecnica ricorda, inoltre, che alle minori entrate per il 2010 conseguenti alle modifiche apportate all’articolo in esame, pari a 617 milioni di euro circa, si fa fronte mediante utilizzo delle maggiori entrate derivanti dalla riapertura dei termini per il rimpatrio o la regolarizzazione delle attività finanziarie detenute all’estero, recata dall’articolo 1, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 194 del 2009, affluite nella contabilità speciale prevista dall’articolo 13-bis, comma 8, del decreto-legge n. 78 del 2009. Le norme citate fissavano al 30 aprile 2010 il termine ultimo per procedere al rimpatrio o alla regolarizzazione, stabilendo aliquote dell’imposta sostitutiva dovuta, differenziate in ragione del termine entro il quale si sarebbe perfezionata l’operazione. La relazione tecnica al decreto-legge n. 194 del 2009 non ha provveduto prudenzialmente a quantificare le relative maggiori entrate acquisibili nel 2010 che, pertanto, risultano inutilizzate. In base ai dati relativi agli incassi contabilizzati sulla suddetta contabilità speciale, risulta che tali introiti sono ammontati nel 2010 a circa 634 milioni di euro.        

 

In merito ai profili di quantificazione, con riguardo alla quantificazione degli effetti delle misure sulla sospensione e sul recupero dei versamenti riguardanti i contribuenti colpiti dal sisma del 6 aprile 2009, come modificate dal Senato, si osserva che andrebbero forniti i dati di base e le metodologie di calcolo delle minori entrate quantificate per il 2010.

Tali minori entrate, valutate in complessivi 617 milioni di euro circa, di cui 288 milioni di incassi tributari e 328 milioni di incassi contributivi, dovrebbero includere, in base a quanto desumibile dalla tabella contenuta nella relazione tecnica, una quota, pari a 59,9 milioni relativa alla mancata restituzione delle rate, dal giugno al dicembre 2010, dei versamenti sospesi per il periodo dal 6 aprile al 30 novembre 2009[141].

Il restante ammontare dovrebbe ricomprendere i versamenti relativi al periodo dal 1° dicembre 2009 al 30 giugno 2010, che non sono stati effettuati a seguito della sospensione intervenuta fino al 30 giugno 2010, con OPCM n. 3837 del 2009, nonché i versamenti dal 1° luglio al 15 o 20 dicembre 2010, sospesi per effetto della proroga della sospensione recata dalle norme in esame.

Poiché la sospensione dei versamenti dal 1° dicembre 2009 al 30 giugno 2010 riguarda l’intera platea dei contribuenti persone fisiche e soggetti diversi dalle persone fisiche aventi domicilio fiscale nei comuni del cratere, individuata ai sensi dell’articolo 1, commi 1 e 2, dell’OPCM n. 3780 del 2009, mentre la proroga  recata dalle norme in esame riguarda una platea più ristretta di tali contribuenti, appare necessario acquisire le ipotesi e le modalità di calcolo utilizzate per la quantificazione del suddetto ammontare.

 

In merito alla copertura delle suddette minori entrate, disposta a valere sulle maggiori entrate derivanti dalla riapertura dei termini della regolarizzazione delle attività finanziarie detenute all’estero, si segnala quanto segue:

§      tali maggiori entrate non risultano scontate nei tendenziali di entrata per l’anno in corso definiti dalla RUEF per il 2010, in quanto non compaiono tra le entrate nella relativa tabella degli effetti delle misure classificate come “una tantum”, contenuta nella Relazione unificata;

§      trattandosi di maggiori entrate derivanti da una misura di natura non strutturale, il loro utilizzo a copertura di oneri,  recati da misure, quali quelle in esame, non classificate, per il profilo contabile, tra quelle “una tantum”, determina un peggioramento dell’indebitamento netto strutturale per l’anno in corso.

In proposito andrebbe acquisito l’avviso del Governo.

 

Con riferimento al comma 4 dell’articolo in esame, non si hanno osservazioni da formulare per il profilo della quantificazione, in considerazione di quanto assicurato dal Governo, nel corso dell’iter al Senato, circa il carattere di straordinarietà del contributo in favore del comune de L’Aquila, che consente di limitare la spesa all’entità dello stanziamento disposto.

 

In merito ai profili di copertura finanziaria, si osserva che la disposizione, relativa alla sospensione dei versamenti tributari per i soggetti operanti nei comuni del cratere del sisma in Abruzzo, pur se formulata in termini di previsione di spesa, non è corredata dalla relativa clausola di salvaguardia.

 

Profili finanziari (commi 4-bis e 4-ter)

Il prospetto riepilogativo allegato al maxiemendamento introdotto al Senato ascrivealle norme i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Maggiori spese

 

15

15

15

 

15

15

15

 

15

15

15

Minori spese *

 

15

15

 

 

15

15

 

 

15

15

 

* Si segnala che le minori spese riguardano la riduzione del Fondo ISPE utilizzata a copertura dei maggiori oneri connessi all’integrazione del Fondo per le zone franche. La copertura per gli anni successivi al 2012 è prevista a valere sulle maggiori entrate di cui all’articolo 38, commi da 13-bis a 13- quater, del provvedimento.

 

La relazione tecnica al maxiemendamento presentato al Senato ricorda che la modifica prevede un incremento del Fondo per le zone franche in Abruzzo, di cui all’articolo 10, comma 1-bis, del decreto-legge n. 39 del 2009, di ulteriori 45 milioni, nella misura di 15 milioni per ciascuno degli anni dal 2011 al 2013.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare.

 

 

Profili finanziari (comma 4-quater)

Il prospetto riepilogativo allegato al maxiemendamento presentato al Senato ascrivealla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

 (milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Maggiori spese

1,0

 

 

 

1,0

 

 

 

1,0

 

 

 

 

 

La relazione tecnica al maxiemendamento presentato al Senato ricorda che la norma prevede la proroga fino al 31 dicembre 2010 del termine di esecuzione del programma per i Gruppi industriali con imprese ed unità locali nella regione Abruzzo. Tale proroga può essere attuata nel limite massimo di spesa di  1 milione di euro per l’anno 2010.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare.


 

Articolo 40
(Disciplina per l’esercizio della facoltà delle regioni appartenenti al Mezzogiorno d’Italia - Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia - di modificare, con propria legge, le aliquote IRAP nonché di disporre esenzioni, detrazioni e deduzioni, nei riguardi delle nuove iniziative produttive)

 


1. In anticipazione del federalismo fiscale ed in considerazione della particolarità della situazione economica del Sud, nelle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, nonché nel rispetto della normativa dell'Unione europea e degli orientamenti giurispru­denziali della Corte di Giustizia dell'Unione europea, le predette Regioni con propria legge possono, in relazione all'imposta regionale sulle attività produttive di cui al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, modificare le aliquote, fino ad azzerarle, e disporre esenzioni, detrazioni e deduzioni nei riguardi delle nuove iniziative produttive.

2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, d'intesa con ciascuna delle Regioni che emanano leggi ai sensi e nei limiti di cui al comma 1, è stabilito il periodo d'imposta a decorrere dal quale trovano applicazione le disposizioni di tali leggi.


 

 

Il comma 1 introduce la possibilità, per alcune regioni appartenenti al Mezzogiorno d’Italia (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia), di adottare proprie leggi tese a modificare le aliquote IRAP fino ad azzerarle e di disporre esenzioni, detrazioni e deduzioni, nei riguardi delle nuove iniziative produttive.

La norma precisa che l’intervento è disposto “in anticipazione del federalismo fiscale ed in considerazione della particolarità della situazione economica del Sud", nel rispetto della normativa dell’Unione europea e degli orientamenti giurisprudenziali della Corte di giustizia dell'Unione europea.

 

La relazione illustrativa sottolinea in particolare che la norma anticipa l’attuazione del federalismo fiscale prevista mediante i decreti legislativi di cui agli articoli 2 e 7 della legge n. 42 del 2009 con particolare riferimento alla disciplina del tributo proprio derivato costituito dall’imposta regionale sulle attività produttive.

 

Il comma 2 riserva ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, d'intesa con ciascuna delle regioni che emanano leggi secondo la suddetta finalità, il compito di stabilire il periodo d'imposta a decorrere dal quale trovano applicazione le nuove disposizioni regionali in materia di IRAP ai sensi del comma precedente.

 

Si sottolinea che la disposizione contenuta all'articolo in esame può considerarsi nell’ambito della disciplina per l’attuazione dell'articolo 119, comma quinto, della Costituzione che prevede la possibilità di ricorrere a risorse aggiuntive e a interventi speciali per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale e per rimuovere squilibri economici e sociali.

Essa inoltre si collega ad uno dei princìpi che ispirano la legge n. 42 del 2009 che dispone deleghe al Governo per l'attuazione del federalismo fiscale. In particolare, l'articolo 2, comma 2, lettera mm) della citata legge richiede l'individuazione, in conformità con il diritto comunitario, di forme di fiscalità di sviluppo con particolare riguardo alla creazione di nuove attività di impresa nelle aree sottoutilizzate. Con tale termine si fa riferimento all’ambito territoriale originariamente definito dalla legislazione italiana come aree depresse individuate dall’articolo 1, comma 1, lettera a-bis) del D.L. n. 32 del 1995. Ai sensi della citata disposizione, in tale ambito vi rientrano le aree individuate dalla Commissione UE come ammissibili agli interventi dei fondi strutturali comunitari[142] ovvero al regime in deroga per gli aiuti di Stato, secondo quanto stabilito dall’art. 87, par. 3, lett. c) del Trattato CE che consente tali aiuti a carattere territoriale, se destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse. Tale disposizione permette agli Stati membri di proporre alla Commissione europea l’elenco che individua le regioni considerate svantaggiate rispetto alla media nazionale.

La citata legge n. 42 di delega sul federalismo fiscale sancisce il principio dell'attribuzione di discrezionalità alle regioni relativamente alla fissazione delle aliquote fiscali di talune imposte, entro limiti stabiliti dalle leggi statali. Il limite da verificare riguardo la praticabilità dell'adozione di forme regionali o locali di fiscalità di vantaggio, pertanto, è quello definito dalla sopra richiamata normativa comunitaria dall’art. 87, par. 3 del Trattato CE in materia di aiuti di stato, per la tutela della libera concorrenza[143].

Al riguardo la normativa comunitaria prevede diversi tipi di deroghe tra cui il regime de minimis di cui al regolamento (CE) n. 1998/2006 della Commissione (del 15 dicembre 2006), che vengono valutate di caso in caso dalla Commissione[144].

Il possibile intervento con legge regionale sembra riferibile alla sola imposta IRAP[145], con riferimento alla quale, fin dalla sua istituzione, era stata riconosciuta alle Regioni la facoltà di variarne l'aliquota fino ad un massimo di un punto percentuale, differenziandola per settori di attività e per categorie di soggetti passivi. Successivamente, l'articolo 1 del D.L. n. 206 del 2006, come modificato dalla legge di conversione[146], stabilì che le regioni non in linea con il tetto massimo ammissibile di spesa sanitaria avevano l'obbligo di applicare a queste aliquote una maggiorazione dell'1%[147].

Con riferimento agli aiuti di stato di carattere fiscale, l'orientamento della Commissione è stato di consentire limitati spazi di manovra se l'agevolazione concessa è giustificata dalla struttura del sistema tributario generale, ossia discenda direttamente dai principi del sistema tributario dello Stato membro. Nel caso in cui il sistema tributario italiano attribuisca a tutte le regioni la facoltà di maggiorare o diminuire di un punto percentuale l'aliquota base dell'Irap, una eventuale legge regionale che agisca entro tale limite, secondo la Commissione, non è da considerarsi territorialmente selettiva. In sostanza, per non ricadere nella sanzione comunitaria, lo strumento fiscale non deve avere natura selettiva e deve conservare un carattere generale[148].

Negli ultimi anni, inoltre, alcune sentenze della Corte di giustizia[149] hanno legittimato la possibilità di introdurre a livello regionale forme di fiscalità di vantaggio subordinandole alla sussistenza di tre requisiti: autonomia istituzionale dell'ente che adotta tali misure, autonomia decisionale (le misure non devono essere adottate con l'intervento diretto dello Stato circa il loro contenuto), assenza di sovvenzioni o contributi compensativi provenienti dallo Stato centrale[150].

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo, riferito al testo originario, non ascrive effetti finanziari alla norma.

 

La relazione tecnica, riferita al testo originario, afferma che la disposizione – che prevede che le regioni del mezzogiorno possano, con decorrenza da definirsi con DPCM, modificare le aliquote IRAP fino ad azzerarle e disporre altresì esenzioni, detrazioni e deduzioni nei confronti delle nuove iniziative produttive – sulla base dell’assunto che la nuova disciplina sia applicabile unicamente alle nuove iniziative produttive, eventualmente poste in essere anche da soggetti già in attività che avviino nuove iniziative imprenditoriali nelle regioni meridionali, formula le seguenti valutazioni.

Ai fini della stima sono stati confrontati i nuovi soggetti passivi IRAP tra il periodo d’imposta 2006 e 2007, ipotizzandone costante il flusso nel periodo di vigenza della norma. Mediante l’utilizzo del modello previsionale IRAP, nell’ipotesi che tutte le regioni interessate esentino totalmente dall’IRAP le nuove iniziative produttive, la perdita di gettito teorica ammonterebbe a circa 287mln di euro per il 2011, 442mln di euro per il 2012 e 597mln di euro per il 2013.

L’esercizio della facoltà concessa dalla norma è peraltro chiaramente subordinato all’individuazione di corrispondenti compensazioni nell’ambito dei propri bilanci; pertanto l’effetto complessivo per la finanza pubblica è neutrale.

 

In merito ai profili di quantificazione, si sintetizzano di seguito alcune richieste di chiarimento già emerse nel corso dell’esame del provvedimento presso il Senato.Si evidenzia in primo luogo che la norma che riconosce alle regioni la facoltà di concedere agevolazioni IRAP non ne subordina l’esercizio alla previa individuazione di corrispondenti compensazioni nell’ambito dei propri bilanci. Tale obbligo non si evince neanche dalle vigenti disposizioni in materia di patto di stabilità interno, le quali  non prevedono per le regioni vincoli sui saldi, ma solo sul lato della spesa. In assenza di una clausola di neutralità finanziaria, che vincoli le regioni al reperimento di risorse compensative, potrebbe verificarsi una riduzione delle risorse derivanti dal gettito IRAP, destinate a coprire gli oneri della sanità pubblica. Eventuali squilibri a livello regionale potrebbero poi ripercuotersi anche sul bilancio statale, in termini di ripiano di disavanzi. In proposito appare opportuno acquisire l’avviso del Governo.

In merito a profilo temporale degli effetti della disposizione, non è chiaro se la norma abbia una valenza a regime o se piuttosto abbia una portata limitata nel tempo, come potrebbe desumersi dalla circostanza che la relazione tecnica fa riferimento al flusso di nuove attività nel “periodo di vigenza della norma. Appare in proposito necessario che sia chiarito se la temporaneità delle agevolazioni sia condizione necessaria per la fruizione della fiscalità di vantaggio ai sensi della normativa comunitaria[151].

Si sottolinea da ultimo che la relazione tecnica non esplicita i parametri utilizzati per la quantificazione della perdita di gettito teorica associabile al provvedimento, quali il numero ipotizzato di nuove attività, l’ipotetico volume di affari e l’aliquota media IRAP utilizzata.

Su tali aspetti sarebbero utili chiarimenti da parte del Governo.

 

 


 

Articolo 40-bis
(Quote latte: proroga delle rate in scadenza al 30 giugno 2010)

 


1. Al fine di far fronte alla grave crisi in cui, principalmente a seguito della negativa congiuntura interna­zionale e degli accertamenti in corso, versa il settore lattiero-caseario e favorire il ripristino della situazione economica sui livelli precedenti il 1o gennaio 2008, il pagamento degli importi con scadenza al 30 giugno 2010 previsti dai piani di rateizzazione di cui al decreto-legge 28 marzo 2003, n. 49, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2003, n. 119, ed al decreto legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, è prorogato fino al 31 dicembre 2010.

2. All'onere di cui al presente articolo, pari a 5 milioni di euro per l'anno 2010, si provvede mediante corrispondente utilizzo del Fondo di riserva per le autorizzazioni di spesa delle leggi permanenti di natura corrente, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, come determinato dalla Tabella C allegata alla legge 23 dicembre 2009, n. 191.

3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


 

 

L'articolo in esame, introdotto nel corso dell’esame al Senato, proroga al 31 dicembre del 2010 il pagamento delle rate, dovute dai produttori di latte a titolo di multa (prelievo supplementare) per il latte da essi prodotto in eccesso, che vengono a scadere il 30 giugno 2010.

Per consentire la sospensione dei pagamenti in questione, relativi alla sesta rata dovuta ai sensi del D.L. n. 49/03 ed alla prima rata dovuta in base al D.L. n. 5/09, il comma 2 attinge per 5 milioni di euro al fondo di riserva per le leggi permanenti di natura corrente.

La formulazione della norma, peraltro, sembrerebbe non produrre effetti nei confronti dei soggetti che hanno aderito al piano di rateizzazione previsto dal D.L. n. 49, che non prevede scadenze al 30 giugno 2010. Limitata sarebbe inoltre anche la sua applicazione nei confronti dei produttori aderenti al rateizzo di cui al D.L. n. 5, poiché sarebbero esclusi quelli con rate scadenti il 31 dicembre.

 

Il decreto-legge 28 marzo 2003, n. 49[152] ha stabilito un piano di rateizzazione senza interessi, oggetto di un accordo politico tra l’Italia e l’Unione europea, per consentire ai produttori di estinguere i propri debiti per l’eccesso di produzione lattiera nei periodi dal 1995/96 al 2001/02. L’accordo è poi sfociato nella Decisione 2003/530/CE[153] (GUCE L n. 184/2003) con la quale l'aiuto che la Repubblica italiana intendeva concedere ai produttori di latte, peraltro a questi sostituendosi nel pagamento degli importi da essi dovuti[154], viene “eccezionalmente considerato compatibile con il mercato” alle seguenti condizioni:

-        che l'importo sia interamente rimborsato mediante rate annuali di uguale importo,

-        che il periodo di rimborso non superi 14 anni, a decorrere dal 1° gennaio 2004.

 

Le procedure di rateizzazione sono state più volte stabilire, da ultimo con il decreto del MIPAAF del 6 luglio 2007 (GU n. 188/07) che stabilisce che il produttore che ha ottenuto il riconoscimento della facoltà di rateizzazione è tenuto ad effettuare i versamenti entro e non oltre il 31 dicembre di ogni anno.

Il decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5[155] con l’articolo 8-quater ha definito un nuovo piano di rateizzazione, per somme non inferiori a 25.000 euro[156], delle multe relative a qualunque campagna lattiera precedente a quella allora in corso del 2008-2009. La dilazione del pagamento, in funzione della sua entità e con l’applicazione di un tasso di interesse crescente, deve avvenire nei seguenti termini:

-        entro tredici anni per i debiti inferiori a 100.000 euro;

-        entro ventidue anni per i debiti compresi fra 100.000 e 300.000 euro;

-        ed entro trenta anni per i debiti superiori a 300.000 euro.

Le modalità di rateizzazione dei debiti sono state definite con il decreto 10 marzo 2010 del Commissario straordinario per le quote latte (GU n. 70/2010) che, relativamente alle scadenze, ha stabilito che:

-        per le richieste di rateizzazione presentate dal mese di settembre al mese di febbraio, la rata è versata entro il successivo 30 giugno e, per il numero di anni di durata della rateizzazione, entro il 30 giugno di ogni anno (salvo l'ultima rata che è fissata non oltre il limite massimo stabilito dalla legge);

-        per le richieste di rateizzazione presentate dal mese di marzo al mese di agosto, la rata è versata entro il successivo 31 dicembre, e così per tutti gli anni di durata della rateizzazione (salvo l’ultima rata).

Il piano di rientro previsto dal D.L. n. 5 è stato oggetto esclusivamente di negoziati verbali con la Commissione europea, concludendosi con un gentlemen’s agreemennt. In merito peraltro, il Commissario europeo Ciolos[157] sottolinea che il piano del 2009 “non si fonda direttamente sul diritto UE [ma] mira ad agevolare la gestione finanziaria dell’onere, per i produttori, di pagare tutte le somme dovute a titolo del prelievo suddetto. Perciò, se sospendesse l’applicazione di tale piano l’Italia sarebbe ancora più distante dall’adempimento dei suoi obblighi di riscossione ai sensi del diritto UE.”. Il Commissario europeo, dopo aver ricordato la preoccupante lentezza con la quale l’Italia opera l’esazione dei prelievi, aggiunge che “se l’emendamento dovesse essere adottato la Commissione sarebbe costretta ad avviare la procedura appropriata ai sensi del Trattato).

Per il periodo che va dal 2002/2003 al 2008/2009, per le multe dovute dai produttori di latte, la Comunità ha nel frattempo ridotto annualmente i trasferimenti all’Italia a titolo di aiuti all’agricoltura: per l’intero periodo il prelievo nazionale dovuto, e trattenuto, è stato pari a 1.151 milioni di euro. Di questi restano da riscuotere 1.030 milioni di euro.

Profili finanziari 

Il prospetto riepilogativo, riferito al testo del maxiemendamento presentato al Senato, ascrivealla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Quote latte

 

Maggiori spese correnti

 

5

 

-

 

-

 

-

 

5

 

-

 

-

 

-

 

5

 

-

 

-

 

-

Fondo riserva tabella C

 

Minori spese

in conto capitale

 

5

 

-

 

-

 

-

 

5

 

-

 

-

 

-

 

5

 

-

 

-

 

-

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento presentato al Senato afferma che l’onere di 5 milioni di euro può ritenersi congruo e quantificato in via estremamente prudenziale, considerato l’ammontare delle rate in scadenza al 30 giugno 2010 per i produttori che hanno aderito ai piani di rateizzazione delle quote latte di cui ai DL 49/2003 e al DL 5/2009.

 

In merito ai profili di quantificazione al fine di verificare la stima indicata nella relazione tecnica, andrebbero acquisiti i dati posti alla base della quantificazione dell’onere, non esplicitati dalla relazione tecnica, con particolare riferimento all’ammontare delle rate di prelievo in scadenza al 30 giugno 2010 e ai loro elementi costitutivi (massa debitoria complessiva, durata e scadenze del debito, interessi dovuti, numero di aziende interessate).

In base alla normativa vigente (DL 49/2003 e DL 5/2009) dovrebbe formare oggetto della predetta rateizzazione l’ammontare dei debiti in scadenza più i relativi interessi. Questi ultimi dovrebbero essere applicati, ai sensi del DL 5/2009, ai produttori che abbiano aderito al più recente piano di rateizzazione[158], il quale ha esteso alle campagne fra il 2003 e il 2009 la facoltà di rateizzare le somme dovute per le eccedenze produttive, con l’innovazione – rispetto alla precedente disciplina[159] – che gli importi imputati e non pagati avrebbero potuto essere rateizzati solo dietro corresponsione di interessi[160].

Si ricorda che, in occasione dell’esame parlamentare delle norme che hanno disposto il più recente piano di rateizzazione[161], il Governo ha fornito i seguenti dati in ordine ai mancati pagamenti del prelievo latte per i quali si sia realizzato l’addebito al bilancio nazionale da parte della Commissione europea[162]:

-          debitori di prelievo di latte: 8.404;

-          importo complessivamente dovuto: 1.671 milioni di euro;

-          aziende attualmente produttrici: 4.264;

-          quota di prelievo dovuta da tali aziende: 1.386 milioni di euro;

-          importo effettivamente esigibile: 620 milioni di euro;

-          importo oggetto di contenzioso giurisdizionale pendente: 766 milioni di euro.

La RT riferita alle predette misure precisava  che gli oneri derivanti dal differimento del pagamento (=rateizzazione) erano sostanzialmente rappresentati dai 620 milioni esigibili, che non sarebbe stato possibile incassare in un’unica soluzione[163].

Andrebbe altresì chiarito se, ai fini della quantificazione, l’onere in esame corrisponda esclusivamente al costo della provvista finanziaria necessaria a compensare i mancati introiti. Tale metodologia risulterebbe corretta nel caso in cui la proroga al 31 dicembre 2010 fosse da interpretare come rinvio (di sei mesi) con obbligo di effettuare i versamenti entro l’anno in corso. Diversamente, sembrerebbe necessario commisurare la copertura sull’intero importo (mancati introiti, interessi, costo della provvista finanziaria).

Andrebbe infine acquisita una valutazione da parte del Governo al fine di escludere effetti finanziari di carattere indiretto connessi a profili di compatibilità della proroga in esame con l’ordinamento comunitario.

 

In merito ai profili di copertura finanziaria, appare opportuno, con riferimento all’utilizzo con finalità di copertura del Fondo di riserva per le autorizzazioni di spesa delle leggi permanente di natura corrente, acquisire dal Governo un prospetto riepilogativo delle disponibilità residue del suddetto Fondo anche alla luce degli utilizzi previsti dal presente provvedimento.

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il 15 giugno 2010, a conclusione dei lavori, il gruppo di esperti di alto livello sul latte, istituito nello scorso ottobre sulla scia della crisi del settore lattiero-caseario del 2009, ha ultimato la relazione, recante raccomandazioni rivolte alla Commissione su sette punti:

§      i rapporti contrattuali tra produttori e trasformatori di latte: più ampio ricorso ai contratti scritti, stipulati in anticipo, per disciplinare le consegne di latte crudo (prezzo, volume, scadenze e durata), promosso attraverso linee guida o una proposta legislativa, eventualmente reso obbligatorio dagli Stati membri;

§      il potere di contrattazione collettiva dei produttori lattieri: eventuale proposta volta a autorizzare le organizzazioni di produttori primari di latte a negoziare collettivamente le condizioni contrattuali, compreso il prezzo, con le centrali del latte. Sia essa permanente o temporanea (ma di durata sufficientemente lunga), questa misura dovrebbe essere soggetta a riesame;

§      il possibile ruolo delle organizzazioni interprofessionali nel settore lattiero-caseario: esame della possibilità di trasporre nel settore lattiero-caseario alcune delle disposizioni sulle organizzazioni interprofessionali attualmente in vigore nel settore ortofrutticolo;

§      la trasparenza nella filiera di approvvigionamento del latte: ulteriore sviluppo dello strumento europeo di sorveglianza dei prezzi dei prodotti alimentari e possibilità di ottenere maggiori informazioni (ad esempio sui quantitativi di prodotti lattiero-caseari) tramite Eurostat e gli istituti statistici nazionali;

§      le misure di mercato e le operazioni a termine: esame di possibili strumenti "compatibili con la scatola verde"[164] atti a ridurre la volatilità del reddito, eventualmente agevolando anche le operazioni sui mercati a termine, in particolare mediante programmi di formazione mirati;

§      le norme di commercializzazione e i marchi di origine: i lavori portati avanti dalla Commissione in materia di etichettatura dovrebbero soffermarsi sulla fattibilità delle varie opzioni riguardanti l'indicazione del "luogo di produzione" per i prodotti lattiero-caseari, cercando menzioni distintive per i prodotti d'imitazione del latte;

§      l'innovazione e la ricerca: migliore comunicazione delle possibilità esistenti nel campo dell'innovazione e della ricerca all'interno dei vigenti programmi di sviluppo rurale e dei programmi quadro di ricerca. Le parti interessate dovrebbero definire chiaramente le priorità di ricerca per il settore lattiero-caseario, in modo da consentire un migliore coordinamento dei programmi di ricerca nazionali e comunitari.

Il Consiglio agricoltura del 12 luglio 2010 ha esaminato la relazione, che viene considerata una solida base per la revisione del settore con particolare riguardo alle seguenti tematiche: costruire rapporti contrattuali più equilibrati tra i produttori di latte e i caseifici; rafforzare il potere di contrattazione dei produttori primari; sviluppare strumenti per ridurre la volatilità del mercato.

 


 

Articolo 41
(Regime fiscale di attrazione europea)

 


1. Alle imprese residenti in uno Stato membro dell'Unione Europea diverso dall'Italia che intraprendono in Italia nuove attività economiche, nonché ai loro dipendenti e collaboratori, per un periodo di tre anni, si può applicare, in alternativa alla normativa tributaria statale italiana, la normativa tributaria vigente in uno degli Stati membri dell'Unione Europea. A tal fine, i citati soggetti interpellano l'Amministrazione finanziaria secondo la procedura di cui all'articolo 8 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.

1-bis. Le attività economiche di cui al comma 1 non devono risultare già avviate in Italia prima della data di entrata in vigore del presente decreto e devono essere effettivamente svolte nel territorio dello Stato.

2. Con decreto di natura non regola­mentare del Ministero dell'economia e delle finanze sono stabilite le disposizioni attuative del presente articolo.


 

 

L'articolo 41 recante disposizioni finalizzate ad attirare in Italia imprese di altri paesi europei, consente alle imprese estere residenti in uno Stato membro dell’Unione Europea di applicare, in luogo del regime tributario italiano, una diversa normativa fiscale scelta fra quelle esistenti all’interno della Unione(comma 1).

A tal fine, le suddette imprese dovranno interpellare l'Amministrazione finanziaria secondo quanto previsto dal decreto legge  30 settembre 2003, n. 269[165].

Si ricorda che l'articolo 8 del decreto legge n. 269 del 2003 (ruling internazionale) prevede che le imprese con attività internazionale abbiano accesso ad una procedura di ruling di standard internazionale, con principale riferimento al regime dei prezzi di trasferimento, degli interessi, dei dividendi e delle royalties.

Il ruling fiscale è una pratica che permette di negoziare e concludere con l’Amministrazione fiscale degli accordi preliminari che fissano il regime impositivo o il metodo di calcolo della base imponibile da applicare in una data situazione. Questo enunciato generale può applicarsi sia a degli accordi che coprono delle situazioni interne al singolo Stato oppure estendersi a fattispecie  transnazionali. La procedura prevista dal citato art. 8 si conclude con la stipulazione di un accordo, tra il competente ufficio dell'Agenzia delle entrate e il contribuente, e vincola per il periodo d'imposta nel corso del quale l'accordo è stipulato e per i due periodi d'imposta successivi, salvo che non intervengano mutamenti nelle circostanze di fatto o di diritto rilevanti al fine delle predette metodologie e risultanti dall'accordo sottoscritto dai contribuenti. In base alla normativa comunitaria, l'amministrazione finanziaria invia copia dell'accordo all'autorità fiscale competente degli Stati di residenza o di stabilimento delle imprese con i quali i contribuenti pongono in essere le relative operazioni. La richiesta di ruling è presentata al competente ufficio, di Milano o di Roma, della Agenzia delle entrate.

Le disposizioni per consentire alle imprese con attività internazionale di accedere alla suddetta procedura sono state definite con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 23 luglio 2004, che individua i requisiti soggettivi ed oggettivi per l’accesso al ruling e stabilisce le modalità operative per l’avvio della procedura da parte del contribuente.

 

Nel corso dell’esame del provvedimento presso il Senato è stato precisato che il regime fiscale che l’impresa sceglie di sostituire con quello estero è quello riferito alla “normativa tributaria statale italiana”; in altre parole, la disciplina estera non si intende alternativa anche ai tributi diversi da quelli erariali.

 

Al fine di evitare dubbi interpretativi, sarebbe opportuno individuare quali siano i tributi statali italiani cui la norma si riferisce. In particolare, andrebbe chiarito se la prevista alternatività con la normativa tributaria sia riferita alla sola imposizione diretta o anche all’imposizione indiretta.

 

La scelta da parte di tali imprese di svolgere una nuova attività economica in Italia chiedendo l’applicazione delle regole fiscali vigenti altro Stato europeo è estesa anche ai loro dipendenti e collaboratori.

Con modifica introdotta nel corso dell’esame del provvedimento presso il Senato è stato precisato che, per i lavoratori dipendenti e per i collaboratori, la facoltà di applicare un regime fiscale più favorevole si applica per un periodo di tre anni.

 

In merito al profilo soggettivo di applicazione sarebbe opportuno precisare se l’estensione ai dipendenti e ai collaboratori dell’impresa sia subordinato al requisito della residenza fuori dall’Italia dei soggetti medesimi.

Inoltre, andrebbe chiarito se il riferimento ai “collaboratori” interessi i soli rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (ossia contratti assimilati al rapporto di lavoro dipendente) ovvero a qualunque altra forma di collaborazione.

 

Il comma 1-bis, introdotto nel corso del provvedimento presso il Senato, reca disposizioni finalizzate ad evitare l’applicazione elusiva della norma.

In particolare, viene precisato che la facoltà indicata nel comma 1 si applica esclusivamente alle attività economiche nuove - ossia di attività economiche che non risultano già avviate alla data del 31 maggio 2010 (data di entrata in vigore del decreto-legge) – svolte effettivamente nel territorio dello Stato.

 

Il comma 2 delega ad un decreto regolamentare del Ministero dell'economia e delle finanze, senza prevedere un termine per l’emanazione, l'attuazione delle disposizioni previste dal comma precedente.

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo allegato al testo iniziale del decreto legge ascrivealla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Minori entrate

0

14

22

30

0

14

22

30

0

14

22

30

 

La relazione tecnica allegata al testo iniziale del decreto-legge afferma che le norme in esame dispongono una parziale autolimitazione della sovranità impositiva dello Stato italiano, favorendo la circolazione di sottosistemi giuridici all’interno dell’Unione europea. A tal fine le imprese residenti in uno Stato membro della UE, che intendano svolgere una nuova attività economica in Italia, nonché i loro dipendenti e collaboratori, possono richiedere l’applicazione, in alternativa alla normativa tributaria italiana, della normativa tributaria vigente in uno degli Stati membri della UE. A tal fine interpellano l’Amministrazione finanziaria, attivando la procedura del ruling di standard internazionale, di cui all’articolo 8 del decreto-legge n. 269 del 2003[166].

Ai fini della stima degli effetti di minore gettito connessi alla misura, la relazione considera le nuove attività intraprese da contribuenti società di capitali, enti commerciali ed enti non commerciali non residenti, stimati in circa 300 unità annue.

L’imposta IRES corrispondente risulta pari a circa 16 milioni di euro. Ipotizzando che il positivo accoglimento della richiesta e l’applicazione di una normativa tributaria estera comporti una riduzione del 50 per cento dell’IRES dovuta annualmente, la perdita di gettito annua per competenza è pari a circa 8 milioni di euro nel primo anno, 16 nel secondo e 24 dal terzo anno di applicazione.


Per cassa, ipotizzando l’entrata in vigore dal periodo d’imposta 2010, si determinano i seguenti effetti.

(milioni di euro)

 

2011

2012

2013

Minori entrate

14

22

30

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento presentato al Senato afferma che le modifiche apportate hanno introdotto ulteriori garanzie circa la corretta applicazione del regime di attrazione, non comportando variazioni di gettito rispetto a quanto stimato nella relazione tecnica originaria.

 

Il Senato, in particolare: ha previsto una limitazione temporale di tre anni per l’applicazione del diverso regime tributario ai dipendenti e collaboratori delle imprese interessate; ha limitato l’applicazione della normativa vigente opzionata ai soli tributi di natura erariale e ha, infine, ristretto l’applicazione del regime fiscale di attrazione alle sole attività economiche avviate successivamente alla data di entrata in vigore del decreto in esame ed effettivamente svolte nel territorio dello Stato.

 

In proposito, si segnala chele disposizioni, nel corso del dibattito al Senato, sono state oggetto di numerosi rilievi, con riguardo alla possibilità che le stesse possano incentivare eventuali comportamenti elusivi da parte di imprese italiane ovvero possano ledere la competitività delle stesse imprese nazionali operanti nei medesimi settori.

In risposta a tali rilievi, il rappresentante del Governo[167], ha, tra l’altro, precisato che la previa procedura di interpello all’Agenzia delle entrate, volta a verificare il rispetto dei requisiti e della normativa nazionale e comunitaria, è in grado di scongiurare il rischio di automatismi nell’esercizio delle facoltà attribuite alle imprese straniere dalle norme in esame. Tali norme, d’altro canto, appaiono suscettibili di produrre gettito aggiuntivo e di attrarre maggiori capitali all’interno del sistema economica nazionale.

 

In merito ai profili di quantificazione, si rileva che la relazione tecnica considera, ai fini della stima, i soli effetti in termini di IRES, laddove la disposizione sembrerebbe avere un ambito soggettivo ed oggettivo di applicazione più ampio e, pertanto, poter interessare diverse fattispecie impositive erariali.

Infatti, essa prevede l’applicazione di un diverso regime tributario anche ai dipendenti delle imprese non residenti ed ai collaboratori. Non è chiara la portata di tale disposizione, che lascia supporre la possibilità di applicazione, da parte dell’impresa che opera come sostituto d’imposta,  di un diverso regime tributario anche per i redditi percepiti da tali soggetti nell’ambito di rapporti di lavoro dipendente o di collaborazione nei confronti dell’impresa stessa. Non è chiaro, altresì, se tale possibilità operi nei confronti dei soli lavoratori dipendenti non residenti che siano stati inviati in Italia per svolgervi attività ed abbiano trasferito la residenza nel nostro Paese, ovvero anche nei confronti dei lavoratori residenti, assunti dall’impresa in Italia.

Dal punto di vista dell’ambito oggettivo dell’agevolazione, la norma, con riguardo all’impresa non residente, fa genericamente riferimento all’istanza di applicazione della “normativa tributaria statale vigente in uno degli Stati membri UE” senza porre limiti alle tipologie di prelievo statale, anche a titolo di imposte indirette, di cui l’impresa potrebbe essere soggetto passivo.

Infine, in merito alle modifiche introdotte dal Senato, andrebbe acquisita conferma che, come sembra evincersi dal tenore letterale delle disposizioni introdotte, la limitazione triennale del nuovo regime si riferisce esclusivamente alla fattispecie riguardante i lavoratori dipendenti e collaboratori dell’impresa che intraprenda nuove attività in Italia.

 


 

Articolo 42
(Reti di imprese e agevolazioni fiscali per le imprese aderenti ai contratti di rete)

 


1. Soppresso

2. Alle imprese appartenenti ad una delle reti di imprese riconosciute ai sensi dei commi successivi competono vantaggi fiscali, amministrativi e finanziari, nonché la possibilità di stipulare convenzioni con l'A.B.I. nei termini definiti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988 entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

2-bis. Il comma 4-ter dell'articolo 3 del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, è sostituito dal seguente:

«4-ter. Con il contratto di rete più imprenditori perseguono lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato e a tal fine si obbligano, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all'esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell'oggetto della propria impresa. Il contratto può anche prevedere l'istituzione di un fondo patrimoniale comune e la nomina di un organo comune incaricato di gestire, in nome e per conto dei partecipanti, l'esecuzione del contratto o di singole parti o fasi dello stesso. Ai fini degli adempimenti pubblicitari di cui al comma 4-quater, il contratto deve essere redatto per atto pubblico o per scrittura privata autenticata e deve indicare:

    a) il nome, la ditta, la ragione o la denominazione sociale di ogni partecipante per originaria sotto­scrizione del contratto o per adesione successiva;

    b) l'indicazione degli obiettivi strategici di innovazione e di innal­zamento della capacità competitiva dei partecipanti e le modalità concordate tra gli stessi per misurare l'avanzamento verso tali obiettivi;

    c) la definizione di un programma di rete, che contenga l'enunciazione dei diritti e degli obblighi assunti da ciascun partecipante, le modalità di realizzazione dello scopo comune e, qualora sia prevista l'istituzione di un fondo patrimoniale comune, la misura e i criteri di valutazione dei conferimenti iniziali e degli eventuali contributi successivi che ciascun partecipante si obbliga a versare al fondo nonché le regole di gestione del fondo medesimo; se consentito dal programma, l'esecuzione del conferi­mento può avvenire anche mediante apporto di un patrimonio destinato costituito ai sensi dell'articolo 2447-bis, primo comma, lettera a), del codice civile. Al fondo patrimoniale comune costituito ai sensi della presente lettera si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 2614 e 2615 del codice civile;

    d) la durata del contratto, le modalità di adesione di altri imprenditori e, se pattuite, le cause facoltative di recesso anticipato e le condizioni per l'esercizio del relativo diritto, ferma restando in ogni caso l'applicazione delle regole generali di legge in materia di scioglimento totale o parziale dei contratti plurilaterali con comunione di scopo;

    e) se il contratto ne prevede l'istituzione, il nome, la ditta, la ragione o la denominazione sociale del soggetto prescelto per svolgere l'ufficio di organo comune per l'esecuzione del contratto o di una o più parti o fasi di esso, i poteri di gestione e di rappresentanza conferiti a tale soggetto come mandatario comune nonché le regole relative alla sua eventuale sostituzione durante la vigenza del contratto. Salvo che sia diversamente disposto nel contratto, l'organo comune agisce in rappre­sentanza degli imprenditori, anche individuali, partecipanti al contratto, nelle procedure di programmazione negoziata con le pubbliche ammini­strazioni, nelle procedure inerenti ad interventi di garanzia per l'accesso al credito e in quelle inerenti allo sviluppo del sistema impren­ditoriale nei processi di internazionalizzazione e di innovazione previsti dall'ordina­mento nonché all'utilizzazione di strumenti di promozione e tutela dei prodotti e marchi di qualità o di cui sia adeguatamente garantita la genuinità della provenienza;

    f) le regole per l'assunzione delle decisioni dei partecipanti su ogni materia o aspetto di interesse comune che non rientri, quando è stato istituito un organo comune, nei poteri di gestione conferiti a tale organo, nonché, se il contratto prevede la modificabilità a maggioranza del programma di rete, le regole relative alle modalità di assunzione delle decisioni di modifica del programma medesimo».

2-ter. Il comma 4-quater dell'articolo 3 del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, è sostituito dal seguente:

«4-quater. Il contratto di rete è soggetto a iscrizione nella sezione del registro delle imprese presso cui è iscritto ciascun partecipante e l'efficacia del contratto inizia a decorrere da quando è stata eseguita l'ultima delle iscrizioni prescritte a carico di tutti coloro che ne sono stati sottoscrittori originari».

2-quater. Fino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2012, una quota degli utili dell'esercizio destinati dalle imprese che sottoscrivono o aderiscono a un contratto di rete ai sensi dell'articolo 3, commi 4-ter e seguenti, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, e successive modifica­zioni, al fondo patrimoniale comune o al patrimonio destinato all'affare per realizzare entro l'esercizio successivo gli investimenti previsti dal pro­gramma comune di rete, preventiva­mente asseverato da organismi espressione dell'associazionismo imprenditoriale muniti dei requisiti previsti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, ovvero, in via sussidiaria, da organismi pubblici individuati con il medesimo decreto, se accantonati ad apposita riserva, concorrono alla formazione del reddito nell'esercizio in cui la riserva è utilizzata per scopi diversi dalla copertura di perdite di esercizio ovvero in cui viene meno l'adesione al contratto di rete. L'asseverazione è rilasciata previo riscontro della sussistenza nel caso specifico degli elementi propri del contratto di rete e dei relativi requisiti di partecipazione in capo alle imprese che lo hanno sottoscritto. L'Agenzia delle entrate, avvalendosi dei poteri di cui al titolo IV del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, vigila sui contratti di rete e sulla realizzazione degli investimenti che hanno dato accesso all'agevolazione, revocando i benefìci indebitamente fruiti. L'importo che non concorre alla formazione del reddito d'impresa non può, comunque, superare il limite di euro 1.000.000. Gli utili destinati al fondo patrimoniale comune o al patrimonio destinato all'affare trovano espressione in bilancio in una corrispondente riserva, di cui viene data informazione in nota integrativa, e sono vincolati alla realizzazione degli investimenti previsti dal programma comune di rete.

2-quinquies. L'agevolazione di cui al comma 2-quater può essere fruita, nel limite complessivo di 20 milioni di euro per l'anno 2011 e di 14 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012 e 2013, esclusivamente in sede di versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo di imposta relativo all'esercizio cui si riferiscono gli utili destinati al fondo patrimoniale comune o al patrimonio destinato all'affare; per il periodo di imposta successivo l'acconto delle imposte dirette è calcolato assumendo come imposta del periodo precedente quella che si sarebbe applicata in assenza delle disposizioni di cui al comma 2-quater. All'onere derivante dal presente comma si provvede quanto a 2 milioni di euro per l'anno 2011 mediante utilizzo di quota delle maggiori entrate derivanti dall'articolo 32, quanto a 18 milioni di euro per l'anno 2011 e a 14 milioni di euro per l'anno 2013 mediante utilizzo di quota delle maggiori entrate derivanti dall'articolo 38, commi 13-bis e seguenti, e quanto a 14 milioni di euro per l'anno 2012 mediante corrispon­dente riduzione del Fondo di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.

2-sexies. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabiliti criteri e modalità di attuazione dell'agevolazione di cui al comma 2-quater, anche al fine di assicurare il rispetto del limite complessivo previsto dal comma 2-quinquies.

2-septies. L'agevolazione di cui al comma 2-quater è subordinata all'autorizzazione della Commissione europea, con le procedure previste dall'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.


 

 

L'articolo in esame, ampiamente modificato e integrato dal Senato, dispone il riconoscimento, a favore delle imprese appartenenti ad una rete di imprese, di vantaggi fiscali[168], amministrativi[169] e finanziari[170], compresa la possibilità di stipulare convenzioni con l'ABI alle condizioni che saranno stabilite con regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro 45 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988 (comma 2).

Il Senato ha soppresso l’originario comma 1 (che prevedeva che il riconoscimento dell'appartenenza alla rete fosse richiesto dall'impresa, sulla base di quanto sarebbe stato disposto con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate) ed ha ridisciplinato direttamente (con i commi aggiunti 2-bis e 2-ter) il contratto di rete di cui ai commi 4-ter e 4-quater dell'art. 3 del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito con modificazioni dalla legge 9 aprile 2009 n. 33, che vengono a tal fine novellati.

Invece di prevedere che due imprese esercitassero in comune una o più attività economiche allo scopo di accrescere la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato, com'era finora, a fondamento del contratto di rete ora è posto proprio quello che finora ne era l'elemento teleologico, mentre l'oggetto non coincide più necessariamente con il solo esercizio in comune (di parte) degli oggetti sociali di ciascuna impresa.

Infatti, ai sensi del comma 2-bis, che modifica il comma 4-ter dell’art. 3 del D.L. 5/2009, con il nuovo contratto di rete più imprenditori perseguono lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato, obbligandosi, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all'esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell'oggetto della propria impresa. Il contratto può anche prevedere l'istituzione di un fondo patrimoniale comune e la nomina di un organo comune incaricato di gestire, in nome e per conto dei partecipanti, l'esecuzione del contratto o di singole parti o fasi dello stesso. Ai fini degli adempimenti pubblicitari, il contratto deve essere redatto per atto pubblico o per scrittura privata autenticata e deve indicare:

a)      il nome, la ditta, la ragione o la denominazione sociale di ogni partecipante (rispetto alla norma vigente, si richiede che ciò risulti per originaria sottoscrizione del contratto o per adesione successiva);

b)      l'indicazione degli obiettivi strategici di innovazione e innalzamento della capacità competitiva dei partecipanti (rispetto alla norma vigente, non si richiede più che innovazione e competitività siano dimostrate, ma solo che siano indicate le modalità concordate tra gli stessi per misurare l'avanzamento verso tali obiettivi);

c)      la definizione (e non più "individuazione") di un programma di rete, che contenga l'enunciazione dei diritti e degli obblighi assunti da ciascun partecipante, le modalità di realizzazione dello scopo comune. Solo qualora sia prevista l'istituzione di un fondo patrimoniale comune, dovranno essere anche indicati la misura e i criteri di valutazione dei conferimenti iniziali e degli eventuali contributi successivi che ciascun partecipante si obbliga a versare al fondo nonché le regole di gestione del fondo medesimo; se consentito dal programma, l'esecuzione del conferimento può avvenire anche mediante apporto di un patrimonio destinato costituito ai sensi dell'art. 2447-bis, lett. a), del codice civile. Al fondo patrimoniale comune così costituito (ma, deve ritenersi, anche a quello previsto al secondo periodo del capoverso “4-ter”, che in buona parte vi coincide) si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 2614 e 2615 del codice civile[171];

d)      la durata del contratto, le modalità di adesione di altri imprenditori e, se pattuite, le cause facoltative di recesso anticipato e le condizioni per l'esercizio del relativo diritto (il recesso è quindi ora solo facultizzato), ferma restando in ogni caso l'applicazione delle regole generali di legge in materia di scioglimento totale o parziale dei contratti plurilaterali con comunione di scopo[172];

e)      le generalità del soggetto prescelto per svolgere l'ufficio di organo comune per l'esecuzione del contratto o di una o più parti o fasi di esso (ma solo se il contratto ne prevede l'istituzione), i poteri di gestione e di rappresentanza conferitigli come mandatario comune nonché le regole relative alla sua eventuale sostituzione durante la vigenza del contratto. Salvo che sia diversamente disposto nel contratto, l'organo comune agisce in rappresentanza degli imprenditori, anche individuali, partecipanti al contratto, nelle procedure di programmazione negoziata con le pubbliche amministrazioni, nelle procedure inerenti ad interventi di garanzia per l'accesso al credito e in quelle inerenti allo sviluppo del sistema imprenditoriale nei processi di internazionalizzazione e di innovazione prevista dall'ordinamento nonché all'utilizzazione di strumenti di promozione e tutela dei prodotti e marchi di qualità o di cui sia adeguatamente garantita la genuinità della provenienza[173];

f)        le regole per l'assunzione delle decisioni dei partecipanti su ogni materia o aspetto di interesse comune che non rientri, quando è stato istituito un organo comune, nei poteri di gestione conferiti a tale organo, nonché, se il contratto prevede la modificabilità a maggioranza del programma di rete, le regole relative alle modalità di assunzione delle decisioni di modifica del programma medesimo. Si tratta di una previsione nuova rispetto al testo vigente, con cui si affronta la governance della rete istituita.

 

Il comma 2-ter, che modifica il comma 4-quater dell’art. 3 del D.L. 5/2009, aggiunge alla previsione - già presente nello stesso comma 4-quater - secondo cui il contratto di rete è soggetto a iscrizione nella sezione del Registro delle Imprese presso cui è iscritto ciascun partecipante, che l'efficacia del contratto inizia a decorrere da quando è stata eseguita l'ultima delle iscrizioni prescritte a carico di tutti coloro che ne sono stati sottoscrittori originari.

 

I commi da 2-quater a 2-septies introducono una agevolazione fiscale per le imprese che sottoscrivono o aderiscono a un contratto di rete ai sensi all'articolo 3, comma 4-ter e seguenti, del decreto-legge n. 5 del 2009.

In particolare per tali imprese, ai sensi del comma 2-quater, viene previsto un regime di sospensione d’imposta relativamente alla quota degli utili dell'esercizio accantonati ad apposita riserva e destinati alla realizzazione di investimenti previsti dal programma comune di rete (preventivamente asseverato da organismi espressione dell'associazionismo imprenditoriale muniti dei requisiti previsti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, ovvero, in via sussidiaria, da organismi pubblici individuati con il medesimo decreto). L’agevolazione opera per gli utili realizzati fino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2012 ed interessa la quota degli stessi imputata al fondo patrimoniale comune o al patrimonio destinato per le predette finalità di investimento. Gli utili accantonati concorrono a formare il reddito nell'esercizio in cui la riserva è utilizzata per finalità diverse dalla copertura di perdite di esercizio ovvero in cui viene meno l'adesione al contratto di rete. L'asseverazione è rilasciata previo riscontro della sussistenza nel caso specifico degli elementi propri del contratto di rete e dei relativi requisiti di partecipazione in capo alle imprese che lo hanno sottoscritto. L'Agenzia delle Entrate, avvalendosi dei poteri di cui al Titolo IV del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, vigila sui contratti di rete e sulla realizzazione degli investimenti che hanno dato accesso all'agevolazione, revocando i benefici indebitamente fruiti. Viene precisato che l'importo che non concorre alla formazione del reddito d'impresa non può comunque superare il limite di euro 1.000.000. Gli utili destinati al fondo patrimoniale comune o al patrimonio destinato all'affare trovano espressione in bilancio in una corrispondente riserva, di cui viene data informazione in nota integrativa, e sono vincolati alla realizzazione degli investimenti previsti dal programma comune di rete.

Il comma 2-quinquies prevede anzitutto che l'agevolazione di cui al comma 2-quater può essere fruita, nel limite complessivo di 20 milioni di euro per il 2011 e di 14 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012 e 2013, esclusivamente in sede di versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo di imposta relativo all'esercizio cui si riferiscono gli utili destinati al fondo patrimoniale comune o al patrimonio destinato all'affare. Per il periodo d’imposta successivo l’acconto delle imposte dirette è calcolato assumendo come imposta del periodo precedente quella che si sarebbe applicata in mancanza delle previsioni di cui al comma 2-quater.

All’onere derivante dal comma 2-quinquies in esame si provvede:

§       quanto a 2 milioni di euro per il 2011, mediante utilizzo di quota delle maggiori entrate derivanti dall’articolo 32;

§       quanto a 18 milioni di euro per il 2011 e a 14 milioni di euro per il 2013, mediante utilizzo di quota delle maggiori entrate derivanti dall’articolo 38, commi 13-bis e seguenti;

§       quanto a 14 milioni per il 2012, mediante corrispondente riduzione della dotazione del Fondo di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 282/2004 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e di finanza pubblica), convertito con modificazioni dalla legge 307/2004.

Si tratta del «Fondo per interventi strutturali di politica economica», istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze al fine di agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, anche mediante interventi volti alla riduzione della pressione fiscale.

 

Il comma 2-sexies demanda ad un successivo provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, da adottare entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione, l'individuazione dei criteri e delle modalità di attuazione dell'agevolazione prevista dal comma 2-quater, anche ai fini del rispetto del limite di spesa previsto al comma 2-quinquies.

Infine il comma 2-septies subordina l'operatività dell'agevolazione alla prescritta autorizzazione della Commissione europea.

 

Per quanto concerne le risorse necessarie per l’attuazione delle disposizioni in esame, si ricorda che il comma 4-decies dell’articolo 4 prevede la destinazione a tale finalità di quota parte delle maggiori entrate derivanti dai commi da 4-septies a 4-octies del medesimo articolo 4, che dispongono una specifica disciplina per i pagamenti mediante cedolino unico per il personale scolastico.

In base alla relazione tecnica allegata all’emendamento che ha introdotto i citati commi aggiuntivi, rispetto al complesso delle maggiori entrate da essi derivanti, una quota pari a circa 1,9 milioni per il 2011, 2,6 milioni per il 2012 e 7,6 milioni per il 2013 è finalizzata alla costituzione della dotazione finanziaria nei limiti della quale sono attuate le disposizioni dell'articolo 42 in esame.

Profili finanziari

 

Il prospetto riepilogativo al testo iniziale del decreto-legge non ascrivevaeffettialla norma. In relazione alle norme di cui ai commi da 2-quater a 2-septies, introdotte nel corso dell’esame presso la 5° Commissione del Senato[174], il prospetto riepilogativo degli effetti sui saldi è stato conseguentemente aggiornato.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Minori entrate sospensione di imposta

0

20

14

14

0

20

14

14

0

20

14

14

 

La relazione tecnica riferita al testo originario del provvedimento afferma che i vantaggi fiscali, amministrativi e finanziari riconosciuti alle imprese appartenenti alle reti di imprese rientrano negli interventi agevolativi già previsti dalla vigente legislazione applicabile alle imprese aderenti ad una delle reti, di cui all’articolo 3, comma 4-ter e seguenti del DL 5/2009, e che pertanto la disposizione non comporta effetti sui saldi di finanza pubblica.

La relazione tecnica è stata successivamente integrata al fine di considerare le norme recate dai commi da 2-quater a 2-septies che prevedono una sospensione d’imposta sugli utili di esercizio destinati, previo accantonamento in apposita riserva, al fondo patrimoniale comune da imprese che sottoscrivono o aderiscono ad un contratto di rete. La relazione afferma che i commi in questione dispongono che l’agevolazione possa essere fruita nel limite complessivo di 20 milioni di euro per l’anno 2011 e di 14 milioni per ciascuno degli anni 2012 e 2013.

 

In merito ai profili di quantificazione, si osserva che le norme prevedono generici vantaggi fiscali, amministrativi e finanziari, da definire con un successivo decreto ministeriale, a beneficio delle reti di imprese, nonché un ampliamento degli obiettivi cui è finalizzata la loro costituzione. In particolare, le aziende che costituiscono tali reti possono – tra l’altro – scambiarsi informazioni  o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica. Tale ampliamento è stato introdotto durante l’esame al Senato, unitamente alla soppressione della norma che prevedeva il riscontro da parte dell’Agenzia delle entrate circa l’esistenza dei requisiti per il riconoscimento delle suddette reti. In proposito, pare opportuno acquisire chiarimenti da parte del Governo che le nuove disposizioni non comportino effetti di minori entrate, derivanti dalle agevolazioni fiscali connesse all’istituzione di tali reti, e che dette agevolazioni siano erogate nel limite delle risorse all’uopo stanziate, comprese quelle introdotte dal provvedimento in esame. Al riguardo, si ricorda che il prospetto riepilogativo riferito alle modifiche introdotte dal maxiemendamento approvato al Senato riporta, relativamente all’articolo in esame, maggiori spese su SNF, fabbisogno e indebitamento per 1,9 milioni di euro nel 2011, 2,6 milioni nel 2012 e 7,6 milioni nel 2013. Tali importi consistono nelle maggiori entrate di cui all’articolo 4, comma 4-decies, al netto degli utilizzi previsti, e sembrano essere assegnati, in base a quanto indicato nel prospetto, ad un Fondo per le reti di impresa. Per maggiori approfondimenti si rimanda alla scheda riferita all’articolo 4, commi 2-bis-2-decies.

In proposito, si ricorda che il Governo[175], in risposta ai rilievi emersi durante l’esame al Senato, ha ribadito, relativamente al testo originario dell’AS 2228, che l’ambito applicativo del decreto del Ministro dell’economia riguarda unicamente le imprese appartenenti a una rete di imprese di cui all’articolo 3, comma 4-ter del DL 5/2009, e che l’entità delle agevolazioni non può che essere riferita alla citata normativa, per la quale esiste adeguata copertura finanziaria.

 

In merito ai profili di copertura finanziaria, si osserva che la disposizione, più correttamente, avrebbe dovuto richiamare le maggiori entrate derivanti dai soli commi 13-bis, 13-ter e 13-quater dell’articolo 38, in linea con quanto previsto dalle altre disposizioni contenute nel provvedimento.

 

 


 

Articolo 43
(Vantaggi per le nuove iniziative produttive avviate nel Meridione nelle zone a burocrazia zero)

 


1. Possono essere istituite nel Meridione d'Italia zone a burocrazia zero.

2. Nelle zone di cui al comma 1 istituite, nel rispetto del principio di sussidiarietà e dell'art. 118 della Costituzione, in aree non soggette a vincolo con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, le nuove iniziative produttive avviate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto godono dei seguenti vantaggi:

    a) nei riguardi delle predette nuove iniziative i provvedimenti conclusivi dei procedimenti amministrativi di qualsiasi natura ed oggetto avviati su istanza di parte, fatta eccezione per quelli di natura tributaria, di pubblica sicurezza e di incolumità pubblica, sono adottati in via esclusiva da un Commissario di Governo che vi provvede, ove occorrente, previe apposite conferenze di servizi ai sensi della legge n. 241 del 1990; i provvedimenti conclusivi di tali procedimenti si intendono senz'altro positivamente adottati entro 30 giorni dall'avvio del procedimento se un provvedimento espresso non è adottato entro tale termine. Per i procedimenti amministrativi avviati d'ufficio, fatta eccezione per quelli di natura tributaria, di pubblica sicurezza e di incolumità pubblica, le amministrazioni che li promuovono e li istruiscono trasmettono al Commissario di Governo, i dati e i documenti occorrenti per l'adozione dei relativi provvedimenti conclusivi. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano agli atti riguardanti la pubblica sicurezza e l'incolumità pubblica;

    b) ove la zona a burocrazia zero coincida, nelle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, con una delle zone franche urbane individuate dalla delibera CIPE dell'8 maggio 2009, n. 14, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 159 dell'11 luglio 2009, le risorse previste per tali zone franche urbane ai sensi dell'articolo 1, comma 340, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono utilizzate dal Sindaco territorialmente competente per la concessione di contributi diretti alle nuove iniziative produttive avviate nelle zone a burocrazia zero;

    c) nella realizzazione ed attuazione dei piani di presidio e sicurezza del territorio, le Prefetture-Uffici territoriali di governo assicurano assoluta priorità alle iniziative da assumere negli ambiti territoriali in cui insistono le zone di cui al comma 1.


 

 

L’articolo 43 al comma 1 consente l’istituzione di "zone a burocrazia zero" nel Meridione d'Italia.

L’istituzione di tali zone in aree non soggette a vincolo è disposta con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, nel rispetto del principio di sussidiarietà e dell'articolo 118 della Costituzione (comma 2).

 

Si segnala come la nozione di "Meridione d'Italia" (locuzione raramente usata dal legislatore) non venga ulteriormente specificata nel testo della norma e come non abbia una univoca definizione nella normativa vigente.

 A fini statistici, la macroregione "Sud" comprende Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, riservando alle isole maggiori l'ulteriore macroregione "Isole" (Reg. (CE) 26 maggio 2003, n. 1059/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'istituzione di una classificazione comune delle unità territoriali per la statistica (NUTS)). L'articolo 40 del decreto-legge in esame, relativo alla fiscalità di vantaggio per il Mezzogiorno, detta disposizioni "in considerazione della particolarità della situazione economica del Sud", specificando che tale ambito territoriale comprende le regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.

Occorrerebbe inoltre specificare a quale tipo di "vincolo" - locuzione di uso comune ma non tecnicamente puntuale - si intenda far riferimento.

Il termine potrebbe, infatti, riferirsi a diversi livelli e strumenti di tutela del territorio, volti a finalità differenti. Si pensi in generale alle prescrizioni contenute negli strumenti di pianificazione territoriale a livello regionale, provinciale e comunale.

Il territorio nazionale è inoltre sottoposto a vincoli di diversa natura, presenti in varie disposizioni legislative: vincoli paesaggistici, disciplinati dal decreto legislativo n. 42 del 2004, Codice dei beni culturali e del paesaggio, nel quale, oltre alla previsione di piani paesaggistici, sono elencate alcune aree tutelate per legge, ovvero quelle aree che sono comunque considerate di interesse paesaggistico per le loro caratteristiche peculiari (territori costieri, fiumi, montagne oltre i 1600 metri, parchi e riserve, foreste e boschi ecc.); vincoli cd. monumentali e archeologici, previsti dal medesimo Codice; vincoli idrogeologici previsti dall'art. 7 del R.D. n. 3267 del 1923; vincoli derivanti da servitù speciali, quali servitù militari (legge 24 dicembre 1976, n. 898 e successive modificazioni), nonché i vincoli relativi alle infrastrutture aeroportuali ed eventuali altri vincoli riguardanti la sicurezza e la protezione civile.

 

In tali zone le nuove iniziative produttive, avviate successivamente alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, godono di tre tipi di vantaggi:

a.         i provvedimenti conclusivi dei procedimenti amministrativi di qualunque natura ed oggetto (avviati su domanda di parte), ad esclusione di quelli di natura tributaria, sono adottati in via esclusiva da un Commissario di Governo[176] e si intendono adottati positivamente entro 30 giorni dall’avvio del procedimento se entro tale termine non è adottato un provvedimento espresso. Le amministrazioni che promuovono e istruiscono procedimenti amministrativi avviati d'ufficio - ad eccezione di quelli di natura tributaria - trasmettono al Commissario di Governo, i dati e i documenti necessari per l'adozione dei relativi provvedimenti conclusivi. Una modifica introdotta dal Senato prevede la non applicabilità delle disposizioni dell'articolo agli atti riguardanti la pubblica sicurezza e l'incolumità pubblica;

b.         le risorse previste per le zone franche urbane dall'articolo 1, comma 340, della legge n. 296 del 2006 sono utilizzate dal sindaco territorialmente competente per la concessione di contributi alle nuove iniziative produttive in argomento, qualora vi sia coincidenza territoriale tra la "zona a burocrazia zero" e una delle zone franche urbane istituite con delibera CIPE n. 14 del 2009 nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia;

c.         priorità assoluta da parte delle Prefetture - nella realizzazione ed attuazione dei piani di presidio e sicurezza del territorio - alle iniziative da assumere negli ambiti territoriali in cui insistono le zone a burocrazia zero.

 

Le zone franche urbane

L’articolo 1, comma 340, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), così come modificato dall’articolo 2, comma 561, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008), al fine di contrastare i fenomeni di esclusione sociale negli spazi urbani e favorire l’integrazione sociale e culturale delle popolazioni abitanti in circoscrizioni o quartieri delle città caratterizzati da degrado urbano e sociale, prevede l’istituzione di Zone Franche Urbane (ZFU) e, nel contempo, ha istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico un apposito Fondo, con una dotazione di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009, per il finanziamento di programmi di intervento da realizzarsi in tali zone. Ai sensi della delibera CIPE n. 14 del 2009 le zone franche urbane sono: Catania, Torre Annunziata, Napoli, Taranto, Cagliari, Gela, Mondragone, Andria, Crotone, Erice, Iglesias, Quartu Sant'Elena, Rossano, Lecce, Lamezia Terme, Campobasso, Velletri, Sora, Pescara, Ventimiglia, Massa-Carrara, Matera. Per l'anno 2009, la citata delibera CIPE n. 14 prevede la seguente allocazione finanziaria:

(importi in euro)

ZFU individuata  Quota minima      Dimensione             Disagio                Totale

                                                       Demografica         socio-economico

1 Catania                 750.000,00            1.724.480,00         1.198.587,00          3.673.067,00

2 Torre Annunziata    750.000,00              790.384,00         1.130.742,00          2.671.126,00

3 Napoli                    750.000,00            1.430.242,00         1.050.048,00          3.230.290,00

4 Taranto                 750.000,00            1.345.752,00         1.001.221,00          3.096.973,00

5 Cagliari                  750.000,00               459.781,00            933.376,00          2.143.157,00

6 Gela                      750.000,00            1.311.377,00            796.659,00          2.858.036,00

7 Mondragone           750.000,00               460.625,00            769.419,00          1.980.044,00

8 Andria                   750.000,00              949.474,00            750.916,00          2.450.390,00

9 Crotone                 750.000,00               965.938,00            711.340,00          2.427.278,00

10 Erice                    750.000,00              460.685,00            687.183,00          1.897.868,00

11 Iglesias                750.000,00               480.104,00            683.071,00          1.913.175,00

12 Quartu Sant'Elena     750.000,00           1.160.006,00            629.618,00           2.539.624,00

13 Rossano              750.000,00               592.637,00             591.070,00          1.933.707,00

14 Lecce                  750.000,00               614.046,00            585.416,00          1.949.462,00

15 Lamezia Terme    750.000,00           1.062.489,00             566.399,00          2.378.888,00

16 Campobasso        750.000,00              492.769,00             338.195,00          1.580.964,00

17 Velletri                750.000,00              864.863,00             298.105,00          1.912.968,00

18 Sora                   750.000,00              464.786,00             234.886,00          1.449.672,00

19 Pescara               750.000,00           1.168.992,00             225.120,00          2.144.112,00

20 Ventimiglia           750.000,00              455.559,00               88.403,00          1.293.962,00

21 Massa-Carrara     750.000,00           1.791.481,00               60.135,00          2.601.616,00

22 Matera                 750.000,00            1.027.029,00               52.425,00          1.829.454,00

Totale                 16.500.000,00          20.073.499,00        13.382.334,00        49.955.833,00

 

Gli importi di cui alla prima colonna, pari a complessivi 16,5 milioni di euro, sono attribuiti a ciascuna zona franca urbana nella quota fissa di 750.000 euro; la ulteriore dotazione annua, pari a 33.455.833 euro, è attribuita per il 60 per cento secondo un criterio che tiene conto della dimensione demografica di ciascuna zona rispetto alla popolazione totale del complesso delle zone ammesse a beneficio (seconda colonna) e per il 40 per cento secondo l’intensità di disagio economico e sociale di ciascuna (terza colonna).

Inoltre l’articolo 10, comma 1-bis del D.L. n. 39 del 2009 ha disposto che il CIPE provveda alla individuazione e perimetrazione di zone franche urbane nell’ambito dei comuni interessati dal terremoto che ha colpito l’Abruzzo, destinando a tal fine 45 milioni di euro a valere sul Fondo strategico per il Paese a sostegno dell’economia reale.

Nella seduta del 13 maggio 2010 il CIPE ha approvato l’individuazione e la perimetrazione della Zona Franca Urbana del comune de L’Aquila..

Si segnala, peraltro che, l’articolo 39, del D.L. in esame, al comma 4-bisincrementa da 45 a 90 milioni di euro il Fondoper il finanziamento delle zone franche urbane nei territori dell’Abruzzo.

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo non ascrivealla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica riferita al testo originario si limita ad affermare che la disposizione – avente il fine di semplificare l’attività procedimentale necessaria per l’avvio di nuove iniziative produttive (rivolte nello specifico ad alcune aree del Mezzogiorno) - non comporta effetti sui saldi di finanza pubblica.

Analogamente, viene esclusa la possibilità di effetti onerosi anche dalla relazione tecnica riferita al maxiemendamento presentato al Senato, il quale afferma che la disposizione ha carattere procedimentale.

 

In merito ai profili di quantificazione al fine di escludere effetti finanziari non previsti andrebbero acquisiti chiarimenti, da parte del Governo, in ordine ai seguenti profili:

§      andrebbe chiarito se ai Commissari di Governo potranno essere corrisposti compensi o emolumenti anche di natura non retributiva (rimborsi spese);

§      andrebbe assicurato che il nuovo utilizzo delle risorse previste per le zone franche urbane non pregiudichi l’attuazione di programmi di spesa già avviati a legislazione vigente[177];

§      andrebbe fornita una valutazione complessiva in ordine al possibile impatto amministrativo delle norme di semplificazione in esame, tenuto conto della significativa estensione del loro ambito applicativo. In particolare andrebbe valutata la concreta sostenibilità del procedimento abbreviato in relazione alla rilevanza degli interessi pubblici tutelati, alla maggiore o minore complessità delle procedure ed alla necessità di affidare specifiche valutazioni tecniche ad organismi competenti.

 


 

Articolo 44, commi 1-3
(Incentivi per il rientro in Italia di ricercatori residenti all'estero)

 


1. Ai fini delle imposte sui redditi è escluso dalla formazione del reddito di lavoro dipendente o autonomo il novanta per cento degli emolumenti percepiti dai docenti e dai ricercatori che, in possesso di titolo di studio universitario o equiparato e non occasionalmente residenti all'estero, abbiano svolto documentata attività di ricerca o docenza all'estero presso centri di ricerca pubblici o privati o università per almeno due anni continuativi e che dalla data di entrata in vigore del presente decreto ed entro i cinque anni solari successivi vengono a svolgere la loro attività in Italia, acquisendo conseguentemente la resi­denza fiscale nel territorio dello Stato.

2. Gli emolumenti di cui al comma 1 non concorrono alla formazione del valore della produzione netta dell'imposta regionale sulle attività produttive.

3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano a decorrere dal primo gennaio 2011, nel periodo d'imposta in cui il ricercatore diviene fiscalmente residente nel territorio dello Stato e nei due periodi d'imposta successivi sempre che permanga la residenza fiscale in Italia.


 

 

I commi da 1 a 3 dellarticolo 44 recano disposizioni concernenti agevolazioni fiscali in favore dei docenti e dei ricercatori trasferiti all’estero al fine di incentivare il loro rientro in Italia.

 

La norma in esame di fatto estende temporalmente la disciplina vigente prevista dall'articolo 17 del decreto legge n. 185 del 2008.

 

L'articolo 17 del decreto-legge n. 185 del 2008[178] ha introdotto una misura agevolativa diretta a favorire il rientro in Italia di docenti e ricercatori che operano all'estero. In particolare, stabilisce che i redditi di lavoro dipendente o autonomo dei medesimi ricercatori sono imponibili ai fini delle imposte dirette per il 10 % del loro ammontare e, ai fini IRAP non concorrono alla formazione del valore della produzione netta[179]. L'incentivo si applica, a decorrere dal 1° gennaio 2009, nel periodo d'imposta in cui il ricercatore diviene fiscalmente residente nel territorio dello Stato e nei due periodi di imposta successivi, sempre che permanga la residenza fiscale in Italia.

In base al primo periodo del comma 1 dell’articolo 17, l’agevolazione può essere fruita dai docenti e ricercatori che dal 29 novembre 2008 (data di entrata in vigore del decreto-legge n. 185) o in uno dei cinque anni solari successivi (sino al 31 dicembre 2013) iniziano a svolgere la loro attività in Italia, e conseguentemente divengono fiscalmente residenti nel territorio dello Stato. Le condizioni per accedere a tale agevolazione sono le medesime indicate nel comma 1 dell'articolo 44 del decreto-legge in esame.

 

Nel dettaglio, il comma 1 dispone, al fine di agevolare il rientro in Italia di docenti e ricercatori che hanno trasferito la propria residenza all'estero ove hanno svolto attività di ricerca o docenza presso centri di ricerca pubblici o privati o università per almeno due anni continuativi, l'esclusione dalla formazione del reddito di lavoro dipendente o autonomo del 90 per cento degli emolumenti derivanti da attività di ricerca o docenza svolta in Italia e dalla conseguente acquisizione della residenza fiscale nel territorio dello Stato; l'agevolazione riguarda i soggetti che rientrano in Italia entro il 31 dicembre 2015 (cinque anni solari successivi al 31 maggio 2010[180]). In sostanza, rispetto alla disciplina di cui al richiamato decreto legge n. 185 del 2008, viene prorogato di due anni il termine entro il quale i ricercatori devono rientrare in Italia per poter fruire del regime di parziale detassazione.

Per accedere all'agevolazione, i soggetti in questione debbono:

-       essere in possesso di titolo di studio universitario o equiparato;

-       essere residenti all’estero non occasionalmente;

-       devono aver svolto documentata attività di ricerca o docenza presso università o centri di ricerca pubblici o privati all’estero per non meno di 2 anni.

L'agevolazione, come specificato nel comma 3, si applica a decorrere dal 1° gennaio 2011, nel periodo di imposta in cui il ricercatore è fiscalmente residente in Italia e per i due periodi di imposta successivi, a patto che mantenga la residenza fiscale.

 

Per quanto riguarda il requisito della residenza fiscale nel territorio dello Stato, si applicano le disposizioni contenute nell’articolo 2 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, per cui, ai fini delle imposte sui redditi, si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile.

 

Il comma 2 precisa che gli emolumenti di cui al comma 1 non concorrono alla formazione del valore della produzione netta dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).

 

Si fa inoltre presente che disposizioni nella stessa materia sono contenute nell’A.C. 2079, approvato dalla Camera dei deputati e trasmesso al Senato in data 26 maggio 2010 (A.S. 2212). La disciplina prevista in tale provvedimento è finalizzata ad incentivare, attraverso l'introduzione di agevolazioni fiscali, il rientro in Italia di cittadini dell'Unione europea che hanno maturato esperienze all'estero: le disposizioni sono dirette a cittadini nati successivamente al 1° gennaio 1969, in possesso di laurea, che abbiano risieduto in via continuativa per almeno 24 mesi in Italia e avuto un contratto di lavoro dipendente negli ultimi 24 mesi in un paese diverso o vi abbiano svolto attività di studio acquisendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.

I benefici fiscali proposti in tale disegno di legge, consistenti in una detassazione in misura pari al 70% per gli uomini e all'80% per le lavoratrici, non sono però cumulabili con il regime di tassazione introdotto dal citato articolo 17 del D.L. n. 185/2008.

 

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo non ascrive effetti finanziari alla norma.

 

La relazione tecnica afferma che l'agevolazione in oggetto non produce sostanziali effetti di gettito e ricorda che anche la relazione tecnica allegata al decreto-legge n. 185 del 2008, che aveva per la prima volta introdotto l'agevolazione in esame, non aveva scontato effetti finanziari in relazione ad analoga norma.

 

In merito ai profili di quantificazione si osserva, come già in precedenza, che per i docenti che sarebbero comunque rientrati in Italia la norma sembra configurare un’agevolazione fiscale che comporterebbe, conseguentemente, una perdita di gettito. L’assenza di effetti risulterebbe, al contrario, dimostrata nel caso in cui, negli anni precedenti, il flusso di docenti e ricercatori che stabiliscono la residenza in Italia dopo aver svolto attività almeno biennale all’estero risultasse nullo.

 


 

Articolo 44, comma 3-bis
(Prova di ammissione ai corsi universitari)

 

3-bis. All'articolo 4 della legge 2 agosto 1999, n. 264, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:

«1-bis. La prova di ammissione ai corsi svolti in lingua straniera è predisposta direttamente nella medesima lingua».

 

 

Il comma 3-bis, introdotto durante l’esame al Senato, interviene in materia di accesso programmato ai corsi universitari e, aggiungendo un comma all'articolo 4 della legge 264/1999[181], stabilisce che la prova di ammissione ai corsi svolti in lingua straniera è predisposta direttamente nella medesima lingua.

 

La legge 264/1999 dispone in materia di numero programmato indicando i corsi per i quali gli accessi sono programmati a livello nazionale o a livello locale dai singoli atenei (artt. 1 e 2)[182].

In particolare, l’art. 4 della legge disciplina la prova di accesso ai corsi a numero programmato, prevedendo che l’ammissione è disposta dagli atenei previo superamento di apposite prove di cultura generale, basate sui programmi della scuola secondaria superiore e volte ad accertare la predisposizione per le discipline oggetto dei corsi medesimi; per i corsi regolati da norme comunitarie o finalizzati all’insegnamento (di cui all’art. 1, comma 1, lett. a) e b)), la determinazione di modalità e contenuti delle prove è affidata, invece, ad un decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica (ora, MIUR ) (art. 4, comma 1).

Infine, con riguardo ai corsi di laurea istituiti in relazione alla riforma degli ordinamenti didattici avviata dall’art. 17, comma 95, della L. 15 maggio 1997, n. 127 (cosiddetto 3+2), l’articolo 4 della L. 264/1999 dispone che i requisiti di ammissione alle tipologie degli stessi corsi sono determinati dai decreti ministeriali recanti ordinamenti didattici dei medesimi corsi, escludendo comunque l’introduzione di fattispecie di corsi ad accesso programmato ulteriori rispetto a quanto già previsto dalla legge.

 

Rispetto al contenuto originario dell’art. 44, riferito ad incentivi fiscali per il rientro di ricercatori in Italia, il comma 3-bis riguarda, quindi, un argomento diverso.

 

Al riguardo, si ricorda che il paragrafo 2, lettera a), della Circolare 20 aprile 2001, Regole e raccomandazioni sulla formulazione tecnica dei testi legislativi, stabilisce che “L'atto legislativo disciplina materia omogenea. La ripartizione delle materie all'interno dell'atto è operata assicurando il carattere omogeneo di ciascuna partizione, ivi compreso l'articolo, nonché di ciascun comma all'interno dell'articolo”.

 

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo non prende in considerazione la norma.

 

La relazione tecnica al maxiemendamento presentato dal governo al Senato rileva che la disposizione non comporta effetti sui saldi di finanza pubblica, trattandosi di norma di natura procedimentale.

 

In merito ai profili di quantificazione, non vi sono osservazioni da formulare.

 


 

Articolo 45
(Disposizioni in materia di destinazione delle risorse derivanti dalla risoluzione anticipata delle convenzioni CIP6 e di ritiro dei certificati verdi da parte del GSE)

 


1. Le risorse derivanti dalle risoluzioni anticipate delle convenzioni CIP6/92 relative alle fonti assimilate alle fonti rinnovabili, disposte con decreti del Ministro dello sviluppo economico ai sensi dell'articolo 30, comma 20, della legge 23 luglio 2009, n. 99, intese come differenza tra gli oneri che si realizzerebbero nei casi in cui non si risolvano le medesime convenzioni e quelli da liquidare ai produttori aderenti alla risoluzione, sono versate all'entrata per essere riassegnate ad apposito fondo istituito presso lo stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'univer­sità e della ricerca finalizzato ad interventi nel settore della ricerca e dell'università. La ripartizione delle risorse a favore dei predetti interventi è effettuata con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze all'esito dell'approvazione della riforma organica del settore universitario, escludendo la destinazione per spese continuative di personale ed assicurando comunque l'assenza di effetti sui saldi di finanza pubblica.

2. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabiliti criteri e modalità per la quantificazione delle risorse derivanti dal comma 1.

3. All'articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, dopo il comma 149 è inserito il seguente:

«149-bis. Al fine di contenere gli oneri generali di sistema gravanti sulla spesa energetica di famiglie ed imprese e di promuovere le fonti rinnovabili che maggiormente contri­buiscono al raggiungimento degli obiettivi europei, coerentemente con l'attuazione della direttiva 2009/28/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, da emanare entro il 31 dicembre 2010, si assicura che l'importo complessivo derivante dal ritiro, da parte del GSE, dei certificati verdi di cui al comma 149, a decorrere dalle competenze dell'anno 2011, sia inferiore del 30 per cento rispetto a quello relativo alle competenze dell'anno 2010, prevedendo che almeno l'80 per cento di tale riduzione derivi dal contenimento della quantità di certificati verdi in eccesso».


 

 

L’articolo 45, sostituito nel corso dell’esame presso il Senato,al comma 1 prevede il versamento all'entrata delle risorse derivanti dalle risoluzioni anticipate delle convenzioni CIP6, relative alle fonti assimilate a quelle rinnovabili, disposte con decreti del Ministro dello sviluppo economico ai sensi dell'articolo 30, comma 20, della legge n. 99/2009 (c.d. legge “sviluppo”)[183].

L’articolo 30, comma 20, cit. prevede che l'Autorità per l'energia elettrica e il gas proponga al Ministro dello sviluppo economico adeguati meccanismi per la risoluzione anticipata delle convenzioni CIP 6/92[184], da disporre con decreti dello stesso Ministro, con i produttori che volontariamente aderiscano a tali meccanismi. Gli oneri derivanti dalla risoluzione anticipata da liquidare ai produttori aderenti devono essere inferiori a quelli che si realizzerebbero nei casi di mancata risoluzione delle convenzioni (ciò consente di ridurre gli oneri per il sistema con effetti positivi in termini di riduzione delle tariffe dell'energia elettrica per famiglie e imprese).

In attuazione di tale norma è stato adottato il decreto MSE 2 dicembre 2009 (GU n. 296 del 21 dicembre 2009) che stabilisce i meccanismi per la risoluzione anticipata e volontaria delle convenzioni CIP6 in essere con il GSE, altrimenti in scadenza negli anni successivi fino al 2020, salvaguardando la continuità delle produzioni energetiche connesse a processi industriali. Il decreto si applica solamente agli impianti CIP6 alimentati da combustibili di processo o residui o recuperi di energia, nonché gli impianti assimilati alimentati da combustibili fossili, mentre viene rinviata ad un successivo provvedimento la definizione dei meccanismi di risoluzione anticipata delle convenzioni CIP6 aventi ad oggetto impianti alimentati da fonti rinnovabili e da rifiuti.

In particolare il decreto prevede la presentazione al GSE entro il 21 dicembre 2009, da parte dei produttori interessati alla risoluzione, di una richiesta, non vincolante, per la risoluzione di ogni singola convenzione. Il GSE avrà 10 giorni di tempo (entro il 31 dicembre) per trasmettere al MSE e all'AEEG l'elenco degli impianti interessati alla risoluzione anticipata. Con un successivo decreto dello stesso Ministero verranno definiti, invece, i criteri attraverso cui corrispondere ai produttori che aderiranno in forma volontaria alla risoluzione anticipata, i fondi tali da contenere gli oneri che graverebbero sui consumatori, cittadini ed imprese, nel caso le convenzioni andassero a scadenza naturale, pur nel rispetto degli investimenti effettuati.

L’attuazione del decreto porterà alla possibile uscita dalla produzione di energia di quegli impianti meno efficienti, consentendo al sistema elettrico di utilizzare risorse per una maggiore competitività a beneficio dei prezzi dell’energia elettrica.

Il testo approvato opera una destinazione nuova delle risorse derivanti dalle risoluzioni anticipate.

Tali risorse, costituite dalla differenza tra gli oneri che si realizzerebbero in caso di mancata risoluzione anticipata delle convenzioni e quelli da liquidare ai produttori aderenti volontariamente alla risoluzione (che includono costi evitati di impianti, esercizio e combustibile), saranno poi riassegnate ad un apposito Fondo istituito presso lo stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e destinato ad interventi nel settore della ricerca e dell'università. Con decreto del Ministro dell'istruzione, emanato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze all’esito dell'approvazione della riforma organica del settore universitario, si provvederà alla ripartizione delle risorse del fondo che non potranno essere destinate a spese continuative di personale. Dovrà inoltre essere assicurata l'assenza di effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

Ai sensi del comma 2 i criteri e le modalità per la quantificazione delle risorse derivanti dalle risoluzioni anticipate delle convenzioni CIP6, di cui al comma 1, è demandata ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, entro il termine di novanta giorni dalla entrata in vigore della legge di conversione.

La relazione che accompagnava l’emendamento che ha disposto la sostituzione del testo originale dell’articolo chiariva che “la somma risparmiata dalla fine anticipata delle convenzioni può arrivare fino ad un massimo di 500 milioni da recuperare in diverse annualità fino al 2013, in ragione del numero di convenzioni che verranno risolte anticipatamente (complessivamente si tratta di 30 convenzioni per 4300 Mw) e che sono in corso di istruttoria, in esito alla quale sarà possibile quantificare i risparmi correlati alle risoluzioni anticipate delle convezioni stipulate dai soggetti interessati alla risoluzione stessa”.

 

Il comma 3, con il quale in sostanza si conferma l'obbligo di acquisto da parte del GSE dei certificati verdi invenduti - che era stato abolito nella versione iniziale dell’articolo 45 - integra le disposizioni in materia introdotte dal comma 149 dell’art. 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, con l’aggiunta del nuovo comma 149-bis.

I commi 143-157 dell’articolo 2 cit. hanno introdotto una nuova disciplina di incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, relativamente agli impianti entranti in funzione dal 1° gennaio 2008. Le disposizioni, in particolare, prevedono due meccanismi alternativi di incentivazione: per gli impianti di potenza nominale media annua superiore a 1MW, si prevedono i certificati verdi, della durata di 15 anni, di valore variabile a seconda della fonte utilizzata; per gli impianti di potenza nominale media annua non superiore a 1MW, in alternativa ai certificati verdi, si prevede una tariffa fissa onnicomprensiva, anch’essa variabile a seconda delle fonte utilizzata, sempre per un periodo di 15 anni.

In particolare il comma 149 stabilisce che a partire dal 2008 e fino al raggiungimento dell’obiettivo minimo della copertura del 25 per cento del consumo interno di energia elettrica con fonti rinnovabili, il GSE ritira, su richiesta del produttore, i certificati verdi, in scadenza nell’anno, eccedenti rispetto a quelli necessari per assolvere all’obbligo di immissione di una quota. Il ritiro sarà effettuato ad un prezzo pari al prezzo medio riconosciuto ai certificati verdi registrato nell’anno precedente da parte del Gestore del mercato elettrico (GME) e trasmesso al GSE entro il 31 gennaio di ciascun anno.

Il decreto del Ministro dello sviluppo economico del 18 dicembre 2008, emanato ai sensi dell'art. 2, comma 150, della legge finanziaria 2008, contiene la prima attuazione delle disposizioni in materia di incentivazione alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, introdotte dalla medesima legge. L'articolo 15 disciplina la transizione dal precedente meccanismo di incentivazione ai meccanismi di cui alle leggi finanziarie 2007 e 2008; prevedendo al comma 1 che nel triennio 2009-2011, entro il mese di giugno, il GSE ritiri i certificati verdi rilasciati per le produzioni riferite agli anni fino a tutto il 2010, fatta eccezione per gli impianti di cogenerazione abbinata al teleriscaldamento. La richiesta di ritiro è inoltrata dal detentore al GSE entro il 31 marzo di ogni anno del triennio 2009-2011. Il prezzo di ritiro è pari al prezzo medio di mercato del triennio precedente.

 

Il nuovo comma 149-bis stabilisce che a partire dal 2011 con decreto del Ministro dello sviluppo economico venga assicurata la riduzione del 30% dell'importo complessivo derivante dal ritiro dei certificati verdi, di cui al comma 149, rispetto all’importo relativo alle competenze del 2010, prevedendo che almeno l'80% della riduzione derivi dal contenimento della quantità di certificati verdi in eccesso. Il decreto deve essere emanato, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, entro il 31 dicembre 2010.

La finalità espressa della norma in esame è quella del contenimento degli oneri generali di sistema che gravano sulla spesa energetica delle famiglie e delle imprese, nonché della promozione delle fonti rinnovabili per il raggiungimento degli obiettivi europei in coerenza con l'attuazione della direttiva 2009/28/CE.

Con la direttiva 2009/28/CE sulla promozione delle energie rinnovabili, si intende fissare obiettivi giuridicamente vincolanti per ciascuno Stato membro, tali da incrementare l’attuale quota complessiva di energie rinnovabili sul consumo energetico finale della UE fino al 20% nel 2020. Per l’Italia l’incremento finale, entro il 2020, dovrà essere non inferiore al 17%. La legge 96/2010 (legge comunitaria 2009) delega il Governo al recepimento della predetta direttiva 2009/28/CE.


Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo non ascrivealla norme effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento presentato al Senato precisa che il decreto del Ministro dello sviluppo economico 2 dicembre 2009 ha stabilito un corrispettivo per i titolari di convenzioni CIP/6 che aderiscano volontariamente alla risoluzione anticipata delle convenzioni. Ad oggi - secondo quanto indicato dalla RT - non è stata effettuata alcuna risoluzione, ma sono pervenute le richieste dei soggetti interessati, che sono attualmente in fase di istruttoria presso il Ministero dello sviluppo economico.

La risoluzione anticipata consente di liquidare ai produttori un importo che è inferiore a quello che essi percepirebbero sulla base delle tariffe elettriche fino al 2020[[185]]. La RT afferma che la somma risparmiata può arrivare fino a un massimo di 500 milioni di euro, da recuperare in diverse annualità fino al 2013, in ragione del numero di convenzioni che saranno risolte anticipatamente (complessivamente si tratta di 30 convenzioni, per 4.300 Mw), le quali sono attualmente in istruttoria. In esito a tale fase, sarà possibile quantificare i risparmi correlati alle risoluzioni anticipate.

La RT chiarisce infine che le risorse in oggetto derivano dalla componente tariffaria A3 della bolletta, a carico della generalità degli utenti, e che pertanto non costituiscono economie di bilancio dello Stato. Attualmente la suddetta componente A3 risulta capiente per far fronte agli oneri connessi alle risoluzioni anticipate. 

Con riferimento al comma 3, la RT afferma che la norma non comporta effetti sui saldi di finanza pubblica.

 


In merito ai profili di quantificazione, al fine di escludere l’insorgenza di maggiori oneri andrebbero acquisiti chiarimenti in ordine ai seguenti aspetti:

§      entità e natura delle somme che si prevede di introitare;

§      effetti contabili dell’operazione delineata dal testo e dalla relazione tecnica (considerando sia l’attuale titolarità  delle somme che possono essere ricavate dalla risoluzione delle convenzioni sia l’imputazione dei relativi risparmi);

§      modalità di utilizzo di tali risorse per finalità di spesa.

In particolare, la neutralità finanziaria del meccanismo previsto dal testo implica una coerenza sia quantitativa sia temporale fra l’acquisizione delle risorse e il relativo utilizzo. Implica, inoltre, che tale coerenza sia estesa, oltre che al bilancio dello Stato, anche ai saldi di finanza pubblica.

Con riferimento all’entità dei risparmi previsti, si osserva che la relazione tecnica si limita ad ipotizzare un livello massimo di 500 milioni di euro, da recuperare in diverse annualità fino al 2013 (in ragione del numero di convenzioni che saranno risolte anticipatamente) senza fornire ulteriori indicazioni. D’altra parte, in ordine ai criteri e alle modalità per la quantificazione delle predette risorse, il comma 2  opera un generico rinvio ad un successivo decreto ministeriale. Allo stato non risultano disponibili, pertanto, i dati e gli elementi necessari per verificare l’effettiva sussistenza di tali risparmi, nonché la loro distribuzione temporale su uno o più esercizi.

Riguardo alle modalità di acquisizione e di utilizzo delle somme, si osserva che la norma non introduce un’innovazione legislativa suscettibile di determinare un incremento delle entrate, ma si limita a stabilire una nuova finalizzazione per risorse già disponibili in base alla normativa vigente (legge 99/2009 e DM 2 dicembre 2009).

Inoltre, come confermato dalla relazione tecnica,le somme oggetto della nuova destinazione (interventi nel settore della ricerca e dell'università) derivano da una componente di prezzo che attualmente è posta a carico della generalità degli utenti: pertanto esse non costituiscono economie di bilancio.  

Stante, infine, la natura delle risorse che vengono qualificate dalla relazione tecnica come risparmi e imputate al bilancio (somme che derivano da una riduzione della spesa sostenuta per le forniture di energia dagli utenti privati e pubblici), andrebbe chiarito se il meccanismo previsto dal testo possa garantire l’invarianza degli effetti finanziari anche ai fini del fabbisogno e dell’indebitamento (dal momento che su tali saldi saranno certamente registrate le spese effettuate a valere sul fondo per gli interventi nella ricerca e nell’università). A tal fine andrebbe precisato l’attuale trattamento contabile delle somme (da componente tariffaria A3) che vengono di volta in volta corrisposte  ai produttori: infatti, se esse già attualmente transitassero su conti interni al comparto della PA (per esempio su disponibilità del Gestore dei servizi elettrici depositate in tesoreria), il loro versamento al bilancio non costituirebbe un’entrata ai fini del fabbisogno e dell’indebitamento netto; di conseguenza la successiva spesa risulterebbe priva di copertura per tali saldi.

Un ulteriore chiarimento andrebbe acquisito dal punto di vista dell’allineamento temporale fra introiti e utilizzi. Ciò per un doppio aspetto:

-          sotto il profilo della coerenza temporale che dovrebbe sussistere fra la (minore) spesa da corrispondere ai produttori all’atto della risoluzione anticipata e la (maggiore) spesa che sarebbe stata sostenuta per la remunerazione dell’energia Cip/6,

     Posto, infatti, che quest’ultima spesa risulti complessivamente (ossia nell’arco di tutto il periodo) superiore alla prima, occorre in ogni caso assicurare che la liquidazione delle somme spettanti ai produttori aderenti alla risoluzione sia erogata con tempi e con modalità tali da non risultare più onerosa rispetto alla prima;

-          sotto il profilo della necessaria contestualità fra l’acquisizione delle somme all’erario e il loro utilizzo mediante lo strumento del fondo per interventi nell’università e nella ricerca.

Sugli aspetti richiamati andrebbero acquisiti chiarimenti dal parte del Governo, non si hanno invece osservazioni da formulare con riferimento al comma 3, che appare volto a ridurre l'esborso a carico del GSE per l'acquisto dei certificati verdi.


 

Articolo 46
(Rifinanziamento del fondo infrastrutture)

 


1. I mutui accesi con la Cassa depositi e prestiti entro il 31 dicembre 2006, ivi inclusi quelli trasferiti al Ministero dell'economia e delle finanze ai sensi del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 5 dicembre 2003, con oneri di ammortamento a totale carico dello Stato, interamente non erogati ai soggetti beneficiari alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge e a fronte dei quali alla stessa data non sono scaduti i termini di presentazione delle offerte o delle richieste di invito previsti dai bandi pubblicati per l'affidamento dei lavori relativi agli interventi finanziati sono revocati e devoluti ad altro scopo e/o beneficiario. A tal fine, la Cassa depositi e prestiti e i titolari dei mutui comunicano al Ministero dell'economia e delle finanze, entro il termine perentorio di quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, i dati relativi ai mutui assunti e interamente non erogati. In caso di mancata o ritardata comunicazione, il soggetto beneficiario inadempiente è responsabile per le obbligazioni che dovessero emergere a seguito dell'attivazione delle procedure di cui al presente articolo.

2. Con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, di natura non regolamentare, sono individuati i mutui di cui al precedente comma da revocare e devolvere ad altro scopo e/o beneficiario, fermi restando i piani di ammortamento in corso e le correlate autorizzazioni di spesa. Con i medesimi decreti sono stabilite le modalità di attuazione del presente articolo.

3. Il Comitato interministeriale per la programmazione economica, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, stabilisce, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, la destinazione delle risorse di cui al comma 2 per la prosecuzione della realizzazione del programma delle infrastrutture strategiche di cui alla legge 21 dicembre 2001 n. 443, con priorità al finanziamento del MO.S.E., nel limite massimo di quattrocento milioni di euro.


 

 

L’articolo in esame disciplina la revoca di mutui assunti dalla Cassa depositi e presiti con oneri interamente a carico dello Stato ed interamente non erogati ai soggetti beneficiari.

 

La revoca finalizza la destinazione delle risorse alla prosecuzione del Programma delle infrastrutture strategiche di cui alla legge obiettivo (legge 443/2001) con priorità al finanziamento del MO.S.E. al quale, avendo raggiunto uno stato di avanzamento di oltre il 60%, devono essere garantire le risorse economiche necessarie alla sua ultimazione prevista entro il 2014.

 

La relazione tecnica, pur premettendo che il numero dei mutui interessati e l’ammontare delle risorse che si renderanno disponibili potranno essere conosciuti solo a seguito dell’attuazione dell’articolo in esame, afferma che, sulla base di stime preliminari, può essere indicato un importo non inferiore a circa 635 milioni di euro.

Il comma 1 revoca:

§      i mutui accesi con la Cassa depositi e prestiti entro il 31 dicembre 2006;

§      ivi inclusi quelli trasferiti al Ministero dell’economia e delle finanze ai sensi del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 5 dicembre 2003;

§      con oneri di ammortamento a totale carico dello Stato;

§      interamente non erogati ai soggetti beneficiari alla data di entrata in vigore del decreto-legge;

§      a fronte dei quali alla stessa data, a seguito di una modifica introdotta al Senato, non sono scaduti i termini di presentazione delle offerte delle richieste di invito previsti dai bandi pubblicati per l'affidamento dei lavori, modificando in tal modo i tempi necessari per non vedere revocati i finanziamenti. Sostanzialmente, dato che il testo originario prevedeva la revoca dei mutui qualora non fossero stati aggiudicati i contratti di appalto di lavori, tale modifica consente di modificare i tempi necessari per non vedere revocati il finanziamenti.

 

Il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 5 dicembre 2003 ha dato attuazione alle disposizioni legislative sulla trasformazione in società per azioni della Cassa depositi e prestiti, prevedendo il subentro del Ministero dell’economia e delle finanze, nei mutui concessi dalla cassa (articolo 4).

Viene fissato un termine perentorio di quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge (31 maggio 2010-15 agosto 2010) entro il quale la Cassa depositi e prestiti e i titolari dei mutui comunicano al Ministero dell’economia e delle finanze i dati relativi ai mutui assunti e interamente non erogati.

In caso di mancata o ritardata comunicazione, il soggetto beneficiario inadempiente è responsabile per le obbligazioni che dovessero emergere a seguito dell’attivazione delle procedure di cui all’articolo in esame.

È previsto che i mutui revocati sono devoluti ad altro scopo e/o beneficiario.

 

Il comma 2 demanda a decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, di natura non regolamentare:

§       l’individuazione dei mutui da revocare e devolvere ad altro scopo e/o beneficiario, fermi restando i piani di ammortamento in corso e le correlate autorizzazioni di spesa:

§       la definizione delle modalità di attuazione del presente articolo.

 

Si rileva che il mutuo è un contratto di finanziamento non suscettibile di “devoluzione” ad altri scopi o beneficiari; potrebbe essere opportuno fare riferimento alle risorse finanziarie così liberate, come peraltro viene effettuato dal comma 3 dell’articolo in esame.

 

Il comma 3 demanda al CIPE, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze e con il concerto del Ministro delle infrastrutture, di stabilire, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, la destinazione delle risorse di cui al comma 2 per la prosecuzione del programma delle infrastrutture strategiche (PIS) di cui alla citata legge 443/2001, con priorità per il MO.S.E. nel limite massimo di 400 milioni di euro.

 

Il programma delle infrastrutture strategiche ed il “Sistema Mo.S.E.”

Si ricorda che l’art. 1 della legge 443/2001(cd. legge obiettivo) ha delegato il Governo, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, ad individuare le infrastrutture pubbliche e private e gli insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese.

L’attuazione della legge obbiettivo è iniziata contemporaneamente all’approvazione della legge stessa - delibera CIPE n. 121/2001 con la quale è stato approvato il 1° Programma delle infrastrutture strategiche (PIS) - ed è proseguita poi, annualmente, con l’aggiornamento di tale Programma all’interno del Documento di programmazione economica e finanziaria (DPEF). Con la recente riforma della legge di contabilità 196/2009, il PIS viene allegato alla Decisione di finanza pubblica.

Con la risoluzione 6-00004 approvata nella seduta dell’8 luglio 2008 e la risoluzione 6-00028, approvata nella seduta del 29 luglio 2009 , il Parlamento ha evidenziato l’esigenza di proseguire nella realizzazione del PIS allegato al DPEF, al fine di recuperare il gap infrastrutturale che penalizza il nostro Paese nei confronti degli altri Paesi dell'Unione europea. Tale Programma contiene l’elenco aggiornato delle opere da realizzare ai sensi della legge obiettivo e indicate nella delibera CIPE 121/2001.

Contestualmente, sono state approvate misure volte ad incrementare le risorse finanziarie per tali infrastrutture, nonché ad accelerare le procedure di realizzazione delle stesse opere.

Con riguardo alle risorse finanziare, l’art. 6-quinquies del decreto-legge 112/2008, ha istituito un Fondo per il finanziamento di interventi finalizzati al potenziamento della rete infrastrutturale, comprese le reti di telecomunicazione e energetiche, alimentato con gli stanziamenti del Quadro strategico nazionale 2007-2013.

Successivamente, l’art. 21 del decreto-legge 185/2008 ha autorizzato la concessione di due contributi quindicennali di 60 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2009 e 150 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2010 per la realizzazione delle opere strategiche della legge obiettivo. Le delibere CIPE 10/2009, 26 giugno 2009 e 31 luglio 2009 hanno quindi ripartito le predette risorse.

Nella seduta del 13 maggio 2010,il CIPE ha approvato la rimodulazione del quadro di dettaglio del Fondo infrastrutture, destinando i residui, pari a 1.424 milioni di euro, alle opere manutentive della rete stradale e ferroviaria (560 milioni di euro), al superamento di emergenze idriche, alla funzionalità del trasporto metropolitano, alla organizzazione delle piastre logistiche, alle opere infrastrutturali supportate da capitali privati per una quota superiore al 50%.

Sotto il profilo delle procedure acceleratorie, si ricorda brevemente l’art. 20 del decreto-legge n. 185/ 2008, che ha introdotto alcune norme volte a velocizzare le procedure esecutive dei progetti del quadro strategico nazionale tra le quali anche una nuova figura di commissario straordinario con poteri assimilabili a quelli dell’emergenza (già previsti nella legge 225/1992) ed alcune disposizioni processuali amministrative.

In merito allo stato di attuazione del PIS, il Servizio Studi della Camera ha predisposto, in collaborazione l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici e con due istituti di ricerca (Cresme e Nova) il V Rapporto sull’attuazione della legge obiettivo, che analizza la rispondenza del PIS agli impegni finanziari, con particolare riferimento alle opere oggetto di delibera CIPE, al 30 aprile 2010.

 

Per quanto riguarda il sistema Mo.SE. (MOdulo Sperimentale Elettromeccanico), una delle opere di maggior rilievo del PIS, esso è costituito da un sistema integrato di opere di difesa con schiere di paratoie mobili a scomparsa in grado di isolare la laguna Veneta dal Mare Adriatico durante gli eventi di alta marea.

Le opere consistono in:

1.       quattro barriere mobili da realizzare alle bocche lagunari di Lido, Malamocco e Chioggia per la regolazione delle maree. Si tratta complessivamente di 78 paratoie di cui 18 alla bocca di Chioggia, 19 alla bocca di Malamocco e 41 alla bocca Lido;

2.       conche di navigazione per assicurare, anche ad opere mobili sollevate, il transito delle navi alla bocca di Malamocco e il transito dei mezzi di sicurezza e delle piccole imbarcazioni attraverso ciascuna bocca. La conca di navigazione a Malamocco è progettata con 370 m. di lunghezza e 48 di larghezza;

3.       opere complementari intese ad aumentare le capacità dissipative nei canali alle bocche di porto. Si tratta della:

a.  scogliera di Chioggia (1,300 m. lunghezza e 3/4 m quale quota di sommità);

b.  scogliera di Malamocco (1.000 m. lunghezza e 4 m quale quota di sommità);

c.  scogliera di Lido (650 m. lunghezza e 2,5 m quale quota di sommità).

All’intervento MO.S.E. si aggiunge un’altra serie di opere, riguardanti la realizzazione degli interventi di cui all’art. 6, primo comma, lettere a-b-c, della legge 798/1984, compresi in piani-programmi approvati dal Comitato previsto dall’art. 4 della stessa legge. I Comuni coinvolti sono Venezia, Chioggia e Cavallino - Treporti.

Il CIPE, con delibera n. 10 del 6 marzo 2009, ha preso atto dei contenuti della ricognizione sullo stato di attuazione del PIS al febbraio 2009, nonché della “Proposta di Piano infrastrutture strategiche 2009” del MIT. In particolare il Piano 2009 del MIT riporta il quadro degli interventi del PIS da attivare a partire dall’anno 2009 e identifica una serie di interventi già indicati nell’Allegato Infrastrutture al DPEF 2009-2013, tra i quali è compreso il “Sistema Mo.SE.”, classificato tra gli interventi inclusi nel DPEF 2009 da realizzare con contributi pubblici, con un importo di 800 Meuro.

L’opera riporta un costo di 4.271,626 Meuro con una disponibilità di 3.242,997 Meuro e un fabbisogno residuo di 1.028,63 Meuro,

Al giugno 2010 lo stato di avanzamento dei lavori, secondo quando pubblicato sul sito www.salve.it è di oltre il 60%, essendo stati impegnati per interventi ultimati o in corso 2.949 Meuro, rispetto al fabbisogno totale pari a 4.678 Meuro.

 

Per lo stato di attuazione si veda anche la scheda specifica sul Mo.se. contenuta nel citato V Rapporto sull’attuazione della legge obiettivo consultabile al seguente indirizzo internet http://www.camera.it/temiap/pis10_063.pdf.

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo, riferito al testo originario del provvedimento, non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica, riferita al testo originario del provvedimento, richiamando il contenuto della disposizione – che prevede la revoca dei mutui, a totale carico dello Stato, accesi con la Cassa depositi e prestiti alla data del 31 dicembre 2006 e interamente non erogati[186] e la relativa destinazione, fermi restando i piani di ammortamento in corso, al finanziamento delle opere della legge obiettivo, con priorità per il Mose[187] - afferma che la stessa non comporta nessun onere aggiuntivo per l’Erario o per i soggetti beneficiari, in quanto non modifica le coperture di bilancio dei mutui. In merito all’ammontare delle risorse interessate dalla norma, la relazione stima, in via preliminare, un importo non inferiore a circa 635 mln di euro, rilevando che l’esatto ammontare potrà essere conosciuto con precisione solo a seguito delle comunicazioni della CDP e degli enti beneficiari.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento presentato al Senato, afferma che la modifica dell’ambito applicativo della disposizione – inizialmente riferita ai mutui in relazione ai quali non siano stati aggiudicati i contratti di appalto, e ora riferita ai mutui in relazione ai quali non siano scaduti i termini per la presentazione delle offerte previsti nei bandi – non determina effetti di finanza pubblica.

 

In merito ai profili di quantificazione, con riferimento al testo originario della disposizione appare opportuno acquisire chiarimenti sui seguenti aspetti. Trattandosi di mutui autorizzati in esercizi trascorsi, i relativi effetti sui saldi di finanza pubblica sono stati presumibilmente, almeno in parte, già scontati nelle previsioni di spesa relative agli esercizi per i quali era previsto, originariamente l’utilizzo delle somme. Andrebbe pertanto chiarito se – benché in assenza di informazioni precise sull’ammontare delle somme in questione – sia stata operata, sulla base delle informazioni preliminari, oltre alla stima dell’ammontare complessivo dei mutui oggetto di revoca (che la relazione tecnica indica in 635mln), anche una stima della quota delle predette somme il cui utilizzo era originariamente atteso per esercizi trascorsi. In relazione a tale ultimo importo andrebbe chiarito se sia stato operato un corrispondente aggiornamento delle previsioni tendenziali di spesa, in relazione alla possibilità di utilizzo nel futuro delle somme non erogate nel passato. In caso contrario l’integrale utilizzo per altra finalità delle risorse in questione, disposto dalla norma in esame, sembrerebbe comportare per gli esercizi futuri un peggioramento dei saldi di fabbisogno e di indebitamento netto rispetto alle previsioni tendenziali.

In proposito si ricorda che l’art. 14, comma 5, del DL n. 39/2009, nel suo testo iniziale, prevedeva una disposizione dal contenuto analogo alla norma in esame[188] e provvedeva a coprirne gli effetti onerosi iscritti ai fini dei saldi di indebitamento netto e fabbisogno[189]

Inoltre, al fine di escludere che dalla revoca disposta possano discendere conseguenze finanziarie negative per i bilanci degli enti originariamente beneficiari, appare opportuno che sia chiarito se sia stata operata una ricognizione di massima delle ragioni alla base della mancata attivazione dei mutui in questione. Tale ricognizione appare opportuna al fine di escludere che gli stessi risultino in taluni casi essenziali al completamento di opere parzialmente già realizzate a valere su altre fonti di finanziamento.

Con riferimento alla modifica apportata al Senato si segnala che la stessa appare suscettibile di modificare in maniera sensibile l’ambito applicativo della disposizione. Appare pertanto opportuno che sia chiarito se sia confermata la quantificazione delle risorse interessate fornita dalla relazione tecnica riferita al testo originario della disposizione e l’assenza di effetti sui saldi anche alla luce della nuova formulazione della norma.

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il 4 febbraio 2009 la Commissione ha adottato il libro verde “Verso una migliore integrazione della rete transeuropea di trasporto al servizio della politica comune dei trasporti” (COM(2009)44), in vista di una revisione, presumibilmente nel 2010, delle priorità e degli obiettividella politica in questo settore.

Il libro verde, tra l’altro, individua possibili opzioni per superare le difficoltà connesse all’inadeguatezza delle risorse finanziarie (contributo comunitario ai sensi del regolamento (CE) n. 2236/95 e successive modifiche, sovvenzioni a titolo del bilancio TEN-T, Fondo di coesione, Fondo europeo di sviluppo regionale, prestiti BEI) necessarie per completare i progetti di interesse comune entro le scadenze prefissate. In considerazione di tali difficoltà, il libro verde propone che gli Stati membri assicurino il completamento della parte più consistente dei progetti in questione, imponendo loro obblighi più vincolanti in materia di responsabilità.


 

Articolo 47, commi 1-3
(Concessioni autostradali)

 


1. All'articolo 8-duodecies del decreto-legge 8 aprile 2008, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2008, n. 101, sono apportate le seguenti modificazioni:

    a) al comma 2 le parole: «31 dicembre 2009» sono sostituite dalle seguenti: «31 luglio 2010»;

    b) il comma 2-bis è sostituito dal seguente: «2-bis. – La società ANAS S.p.A., salva la preventiva verifica da parte del Governo presso la Commissione europea di soluzioni diverse da quelle previste nel presente comma che assicurino i medesimi introiti per il bilancio dello Stato e che garantiscano il finanziamento incrociato per il tunnel di base del Brennero e le relative tratte di accesso nonché la realizzazione da parte del concessionario di opere infrastrutturali complementari sul territorio di riferimento, anche urbane o consistenti in gallerie, entro il 31 dicembre 2010 pubblica il bando di gara per l'affidamento della concessione di costruzione e gestione dell'autostrada del Brennero. A tal fine il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, impartisce direttive ad ANAS S.p.A. in ordine ai contenuti del bando di gara e del relativo capitolato o disciplinare, ivi compreso il valore della concessione, le relative modalità di pagamento e la quota minima di proventi annuale, comunque non inferiore a quanto accantonato in media negli esercizi precedenti, che il concessionario è autorizzato ad accantonare nel fondo di cui all'articolo 55, comma 13, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, nonché l'indicazione delle opere infrastrutturali complementari, anche urbane o consistenti in gallerie, la cui realizzazione, anche mediante il ricorso alla finanza di progetto, deve rientrare tra gli obblighi assunti dal concessionario. Il predetto bando deve prevedere un versamento annuo di 70 milioni di euro, a partire dalla data dell'affidamento e fino a concorrenza del valore di concessione, che viene versato all'entrata del bilancio dello Stato. Nella determinazione del valore di concessione, di cui al periodo precedente, vanno in ogni caso considerate le somme già erogate dallo Stato per la realizzazione dell'infrastruttura».

2. All'articolo 55 comma 13, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, sono apportate le seguenti modifiche:

    a) al primo periodo, le parole: «la società Autostrada del Brennero S.p.A.» sono sostituite dalle seguenti: «la società titolare della concessione di costruzione e gestione dell'autostrada del Brennero».

    b) al primo periodo, dopo le parole: «il Brennero ed alla realizzazione delle relative gallerie» sono aggiunte le parole: «nonché dei collegamenti ferroviari e delle infrastrutture connesse fino al nodo stazione di Verona».

    c) al secondo periodo, le parole: «Tale accantonamento è effettuato in esenzione d'imposta» sono sostituite dalle seguenti: «Tale accantonamento nonché il successivo utilizzo sono effettuati in esenzione di imposta».

    d) al terzo periodo le parole: «dalla società Autostrada del Brennero S.p.A. entro il 30 giugno 1998» sono sostituite dalle seguenti: «dalla società titolare della concessione di costruzione e gestione dell'autostrada del Brennero entro il 31 dicembre 2011» e le parole «con decreto del Ministro dei lavori pubblici d'intesa con il Ministro dei Trasporti e della navigazione entro il 31 dicembre 1998» sono sostituite dalle seguenti «con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti entro il 30 giugno 2012».

3. L'articolo 2, comma 202, lettera a), della legge 23 dicembre 2009 n. 191, si interpreta nel senso che in caso di mancato adeguamento da parte dei concessionari degli schemi di convenzione ovvero dei Piani economico-finanziari alle prescrizioni del CIPE attestato dal concedente dandone comunicazione ai Ministeri dell'economia e delle finanze e delle infrastrutture e dei trasporti, gli schemi di convenzione stessi non si intendono approvati e sono sottoposti alle ordinarie procedure di approvazione di cui all'articolo 2, commi 82 e seguenti del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286».


 

 

L’articolo 47 reca modifiche alla normativa sull’approvazione delle concessioni autostradali, differendo al 31 luglio 2010 il termine per la loro approvazione ex lege, in luogo della procedura ordinaria nonché, mediante una norma di interpretazione autentica, avente quindi efficacia retroattiva, prevedendo che il mancato adeguamento dei concessionari alle prescrizioni espresse dal Comitato interministeriale per la programmazione economica sui relativi schemi di convenzione, caduca l’approvazione ex lege delle convenzioni medesime, con la conseguenza che l’iter di approvazione ricomincia secondo le procedure ordinarie.

Relativamente alla concessione dell’autostrada dal Brennero (A22) sono dettate disposizioni speciali per la gara che individuerà il nuovo concessionario, sia relativamente ai tempi di pubblicazione del bando, che in ordine al versamento annuo di 70 milioni di euro dovuto dal concessionario fino a concorrenza del valore di concessione che comprende anche le somme erogate dallo Stato per la realizzazione dell’infrastruttura, quantificate dalla relazione tecnica in 568 milioni di euro.

Sempre con riferimento all’asse infrastrutturale del Brennero, ma avuto riguardo al collegamento ferroviario, sono modificate le disposizioni di legge relative alla provvista finanziaria per la sua realizzazione, onde allinearle con il procedimento di individuazione della nuova concessionaria autostradale del medesimo asse.

 

In particolare, il comma 1, lettera a) modifica l’articolo 8-duodecies, comma 2, del decreto-legge 59/2008 differendo dal 31 dicembre 2009 al 31 luglio 2010, il termine per l’approvazione ex lege degli schemi di convenzione con la società ANAS S.p.a. già sottoscritti dalle società concessionarie autostradali (il successivo comma 3 dell’articolo in commento reca l’interpretazione autentica dell’articolo 8-duodecies, comma 2, del decreto-legge 59/2008, nel testo risultante dalle modificazioni apportate dalla legge finanziaria per il 2010).

 

L’art. 12 del decreto-legge n. 262/2006 (trasposto, in sede di conversione, nei commi 82-90 dell’art. 2 e modificato dalla legge finanziaria per il 2007) ha introdotto nell’ordinamento un insieme di disposizioni finalizzate ad articolare e meglio definire le funzioni e i poteri dell’ANAS quale soggetto concedente nei rapporti con le società concessionarie autostradali.

Il citato comma 82 ha previsto che, in occasione del primo aggiornamento del piano finanziario che costituisce parte della convenzione accessiva alle concessioni autostradali, ovvero della prima revisione della convenzione medesima (successivamente alla data di entrata in vigore del decreto) il Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, assicura che tutte le clausole convenzionali in vigore, nonché quelle conseguenti all’aggiornamento ovvero alla revisione, siano inserite in una convenzione unica, avente valore ricognitivo per le parti diverse da quelle derivanti dall’aggiornamento ovvero dalla revisione. Viene altresì disposto che la convenzione unica sostituisce ad ogni effetto la convenzione originaria, nonché tutti i relativi atti aggiuntivi.

La Commissione europea iniziò una procedura di infrazione C(2006) 2006/2419 relativa all’articolo 12 del citato decreto-legge 262/2006.

Il citato articolo 8-duodecies del decreto-legge 59/2008 ha novellato il comma 82 e, al comma 2, ha disposto l’approvazione ex lege di tutti gli schemi di convenzione con la società ANAS S.p.A. già sottoscritti dalle società concessionarie autostradali alla data di entrata in vigore del decreto stesso, al fine di superare le censure mosse dalla Commissione europea nell’ambito della procedura di infrazione.

Il termine predetto è stato poi differito al 31 dicembre 2009, dall’articolo 2, comma 202, lettera a) della legge finanziaria per il 2010 che ha anche introdotto la condizione che i suddetti schemi recepiscano le prescrizioni richiamate dalle delibere del CIPE di approvazione, ai fini dell’invarianza di effetti sulla finanza pubblica, fatti salvi gli schemi di convenzione già approvati.

Sulle implicazioni derivanti da tale modifica legislativa si è poi espressa l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che ha sollevato alcune perplessità. Con una segnalazione al Parlamento (AS 455), relativa al citato decreto-legge 59/2008, l’Autorità afferma che “con l’approvazione ex lege degli schemi di convenzione già sottoscritti tra ANAS SpA e i concessionari autostradali e, in particolare, di quello con Autostrade per l’Italia SpA, ancora una volta la costruzione e la gestione di nuove tratte autostradali viene sottratta al confronto concorrenziale derivante da un eventuale e alternativo ricorso a procedure ad evidenza pubblica evidenziando, inoltre, come la formula di adeguamento tariffario prevista dalla convenzione tra ANAS SpA e Autostrade per l’Italia SpA venga in tal modo estesa anche alle tratte ancora non realizzate, restringendo i già ridotti spazi per la concorrenza (o quantomeno per una regolazione concorrenziale) nella gestione delle infrastrutture autostradali”.

 

Nel corso dell’esame al Senato, è stata modificata la lettera b) del comma 1, che sostituisce l’articolo 8-duodecies, comma 2-bis, del citato decreto-legge 59/2008, inserito dall’articolo 2, comma 202, della legge finanziaria per il 2010, che aveva autorizzato l’ANAS ad avviare, entro il 31 marzo 2010, le procedure ad evidenza pubblica per l'individuazione dei nuovi concessionari delle tratte autostradali in concessione con scadenza entro il 31 dicembre 2014.

 

Il nuovo testo del comma 2-bis dell’articolo 8-duodecies prevede che la società ANAS S.p.A. entro 31 dicembre 2010 (il termine originario era il 30 settembre 2010) pubblica il bando di gara per l’affidamento della concessione di costruzione e gestione dell’autostrada del Brennero; è inoltre previsto che il governo, preliminarmente, verifica presso la Commissione europea, soluzioni diverse da quelle previste nel vigente l’articolo 8-duodecies, comma 2-bis che:

-        assicurino i medesimi introiti per il bilancio dello Stato;

-        garantiscano il finanziamento incrociato per il tunnel di base del Brennero e le relative tratte di accesso nonché la realizzazione da parte del concessionario di opere infrastrutturali complementari sul territorio di riferimento, anche urbane o consistenti in gallerie.

 

A tal fine il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze, impartisce direttive ad ANAS S.p.A. in ordine ai contenuti del bando di gara (nonché, secondo le modifiche introdotte al Senato, del relativo capitolato o disciplinare) ivi compreso:

-        il valore della concessione;

-        le relative modalità di pagamento;

-        la quota minima di proventi (calcolata, secondo quanto previsto dalle modifiche introdotte al Senato, su base annuale e comunque in misura non inferiore a quanto accantonato in media negli esercizi precedenti) che il concessionario è autorizzato ad accantonare nel fondo di cui all’articolo 55, comma 13, della legge 449/1997, relativo alla realizzazione di un tunnel ferroviario di base sull'asse del Brennero;

-        l'indicazione delle opere infrastrutturali complementari, anche urbane o consistenti in gallerie, la cui realizzazione, anche mediante il ricorso alla finanza di progetto, deve rientrare tra gli obblighi assunti dal concessionario;

 

Il predetto bando deve prevedere un versamento annuo di 70 milioni di euro, a partire dalla data dell’affidamento e fino a concorrenza del valore di concessione, che viene versato all’entrata del bilancio dello Stato (in tale ambito, il Senato ha specificato che il versamento annuo comprende il canone di concessione in favore di Anas); nella determinazione del valore di concessione, di cui al periodo precedente, vanno in ogni caso considerate le somme già erogate dallo Stato per la realizzazione dell’infrastruttura.

 

Poiché il citato articolo 55, comma 13, è oggetto di rilevanti modificazioni da parte del comma 2 dell’articolo in commento, potrebbe quindi essere opportuno riferirsi all’articolo 55, comma 13: “come modificato dal presente decreto-legge”.

 

La relazione tecnica prevede che l’affidamento al nuovo concessionario dell’autostrada del Brennero decorrerà dal 2011 e da questa data calcola il versamento dei predetti 70 milioni di euro, fino a concorrenza del valore della concessione.

Circa le somme già erogate dallo Stato, a partire dal 1975, per la realizzazione dell’infrastruttura, che vanno considerate per la determinazione del valore della concessione, la relazione tecnica valuta il valore al 2010 di tali somme (pari in totale a 46,3 milioni di euro nominali) in 568,7 milioni di euro.

 

Il comma 2 novella il citato articolo 55 comma 13, della legge 449/1997 secondo quanto di seguito indicato (in neretto le modifiche apportate dal decreto-legge):

-          a decorrere dal 1° gennaio 1998, la società titolare della concessione di costruzione e gestione dell’autostrada del Brennero (nel testo precedente il riferimento era alla società Autostrada del Brennero) è autorizzata ad accantonare, in base al proprio piano finanziario ed economico, una quota anche prevalente dei proventi in un fondo destinato al rinnovo dell'infrastruttura ferroviaria attraverso il Brennero ed alla realizzazione delle relative gallerie nonché dei collegamenti ferroviari e delle infrastrutture connesse fino al nodo stazione di Verona;

-          tale accantonamento, nonché il successivo utilizzo, sono effettuati in esenzione d'imposta;

-          l'utilizzo delle disponibilità del fondo avverrà in base a un piano di investimento da presentare dalla società titolare della concessione di costruzione e gestione dell’autostrada del Brennero entro il 31 dicembre 2011, da approvare, sentite le competenti Commissioni parlamentari, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti entro il 30 giugno 2012 e previa intesa con le province autonome di Trento e di Bolzano;

-          in attesa di utilizzo le disponibilità su tale fondo sono investite in titoli di Stato e non possono comunque essere utilizzate per le spese di progettazione;

-          a decorrere dal 1° gennaio 1998 il canone di concessione in favore dello Stato è aumentato in misura tale da produrre un aumento dei proventi complessivi dello Stato compreso tra il 20 e il 100 per cento rispetto ai proventi del 1997.

 

Si ricorda che il 14 giugno 2006 si è perfezionato lo scambio delle notifiche previsto per l'entrata in vigore dell'Accordo tra la Repubblica italiana e la Repubblica d'Austria per la realizzazione di un tunnel ferroviario di base sull'asse del Brennero, firmato a Vienna il 30 aprile 2004, la cui ratifica era stata autorizzata con la legge 115/2006.

La galleria di base del Brennero è stata inserita nel programma delle infrastrutture strategiche previsto dalla legge obiettivo (443/2001).

Con deliberazione del CIPE 71/2009 è stato approvato il progetto definitivo dell’infrastruttura, con un costo per la parte italiana pari a 3.575 Meuro.

Nella seduta del 13 maggio 2010 il CIPE esprime parere favorevole sullo schema di aggiornamento 2009 del Contratto di programma 2007-2011 tra il MIT e RFI Spa. L’intervento “Nuovo valico del Brennero – quota italiana” è compreso nella tabella A1-Progetti infrastrutturali realizzati per “lotti costruttivi non funzionali” con un costo a vita intera di 3.575 Meuro e una copertura finanziaria di 728 Meuro.

 

Il comma 3 reca l’interpretazione autentica, avente quindi efficacia retroattiva, dell’articolo 2, comma 202, lettera a), della citata legge finanziaria per il 2010, nel senso che in caso di mancato adeguamento da parte dei concessionari degli schemi di convenzione ovvero dei Piani economico-finanziari alle prescrizioni del CIPE attestato dal concedente dandone comunicazione ai Ministeri dell’economia e delle finanze e delle infrastrutture e dei trasporti, gli schemi di convenzione stessi non si intendono approvati e sono sottoposti alle ordinarie procedure di approvazione di cui all’articolo 2, commi 82 e seguenti del citato decreto-legge 262/2006.

 

L’articolo 2, comma 202, lettera a), della legge finanziaria per il 2010 ha modificato la disciplina sull’approvazione ex lege degli atti convenzionali con le concessionarie autostradali, che era stata introdotta dal citato decreto-legge 59/2008, introducendo, oltre ad un differimento del termine, anche una condizione: che gli schemi recepiscano le prescrizioni richiamate dalle delibere del CIPE di approvazione degli schemi medesimi. Ora viene introdotta una specifica sanzione per la mancata osservanza della predetta condizione: la non approvazione degli schemi e la sottoposizione degli stessi all’ordinario procedimento di approvazione.

 

Si rileva che la convenzione è un atto negoziale sottoscritto dallo Stato (rappresentato dall’ANAS s.p.a. o dalle speciali società miste costituite con le regioni) e da un contraente privato (la concessionaria autostradale). Il mancato recepimento nello schema di convenzione, suscettibile di approvazione ex lege, di condizioni espresse dal Comitato interministeriale per la programmazione economica, cioè da un’articolazione della parte statale, si traduce in una inefficacia dell’approvazione ex lege con allungamento dei termini temporali di perfezionamento delle convenzioni, dovendo ricominciare l’iter secondo le procedure ordinarie.

 

Al fine di dare certezza giuridica circa la volontà espressa della parte statale, potrebbe essere opportuno prevedere una procedura per la ridefinizione dello schema, al fine di conciliare il testo con le prescrizioni CIPE, prima di riconoscere efficacia all’approvazione ex lege.

 

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo ascrivealla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Maggiori Entrate extratr.

0

70

70

70

0

70

70

70

0

568

0

0

 

La relazione tecnica riferita al testo originario del provvedimento evidenzia che il comma 1, lettera b), proroga il termine per la pubblicazione del bando di gara per l’affidamento della concessione di costruzione e gestione dell’autostrada del Brennero. In particolare, il bando deve prevedere il versamento all’entrata del bilancio dello Stato di 70 milioni di euro a partire dall’anno 2011, data dell’affidamento e fino a concorrenza del valore di concessione. Nella determinazione di detto valore vanno considerate le somme che lo Stato ha già erogato per la realizzazione dell’infrastruttura, pari a 568 milioni di euro.

La relazione illustra altresì che gli effetti finanziari dovuti al versamento annuale di 70 milioni di euro a decorrere dal 2011, fino a concorrenza del valore della concessione, hanno rilievo sul saldo netto da finanziare e sul saldo di fabbisogno, mentre in termini di indebitamento netto l’effetto positivo si rileva interamente nell’anno 2011, cioè nell’anno dell’affidamento del contratto, che rappresenta, in termini di competenza economica, il momento in cui sorge l’obbligo giuridico del nuovo concessionario.

Riguardo al meccanismo di rivalutazione dei contributi in conto capitale, ricevuti a partire dal 1975 dalla società Autostrada del Brennero spa da parte di ANAS spa, la relazione afferma che il loro valore è pari a circa 46,3 milioni di euro. La relazione illustra altresì, al fine di valutare al 2010 il valore di tali erogazioni, l’approccio metodologico seguito, sintetizzato nei seguenti punti:

·         ogni singola erogazione è stata capitalizzata, a partire dall’anno in cui è avvenuta, fino al 2005, anno dell’ultima erogazione;

·         per ogni anno tra il 1975 e il 2005 è stato assunto che lo Stato abbia finanziato ogni erogazione al costo medio sostenuto per i finanziamenti pubblici di durata annuale, ovvero la media dei rendimenti dei BOT a 1 anno emessi nell’anno in esame;

·         il montante al 2005 di tutte le erogazioni, capitalizzato al tasso dei BOT annui di periodo, risulta pari a circa 489,7 milioni;

·         tale valore è stato ulteriormente capitalizzato fino al 2010. Il tasso di interesse è stato l’Interest Rate Swap (IRS), maggiorato di uno spread pari a 1 punto percentuale (il tasso completo corrisponde al 3,81%). La scelta è stata individuata quale miglior approssimazione del costo-opportunità che la società Autostrada del Brennero spa non ha sopportato negli anni 2006-2010;

·         il montante al 2010 risulta pari a circa 568,7 milioni.

 

La RT riepiloga gli effetti sui saldi con la seguente tabella:

 

(milioni di euro)

 

2010

2011

2012

2013

Anni successivi

Effetti su fabbisogno e SNF.

0

70

70

70

70

Effetto minimo su indebitamento

0

568

0

0

0

 

Con riferimento agli effetti di gettito concernenti l’estensione dell’esenzione fiscale anche all’utilizzo del fondo destinato al rinnovo dell’infrastruttura ferroviaria del Brennero[190] [comma 2, lettera c)], la relazione afferma che tale estensione potrebbe potenzialmente determinare effetti negativi di gettito legati al momento di utilizzo del fondo e all’eventuale sopravvenienza attiva che si verrebbe a generare nel caso in cui il fondo risultasse superiore al valore degli investimenti realizzati dalla società Autostrada del Brennero. La norma non determina variazioni rispetto alle previsioni di entrata iscritte in bilancio, evidenziando che l’effetto negativo di gettito si ha al momento dell’utilizzo del fondo ed è dovuto all’eventuale sopravvenienza attiva che si genera nel caso in cui il fondo stesso risulti superiore al valore degli investimenti realizzati dalla stessa società concessionaria Autostrada del Brennero Spa. Tuttavia, a prescindere dall’eventalità che si verifichino tali fattispecie, la RT ritiene che le previsioni di entrata del bilancio dello Stato non possano scontare i potenziali effetti legati ad esse e che, pertanto, la norma in esame non determina variazioni rispetto alle previsioni di entrata iscritte in bilancio.

Con riferimento al comma 3, recante l’interpretazione dell’articolo 2, comma 202, lettera a) della L. 191/2009 (Finanziaria 2010) relativo al mancato adeguamento da parte dei concessionari degli schemi di convenzione alle prescrizioni del CIPE, la RT afferma che la disposizione in esame non comporta effetti sui saldi di finanza pubblica.

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento, con riferimento alle modifiche apportate al comma 1, afferma che si tratta di aspetti che non comportano ulteriori effetti sui saldi di finanza pubblica rispetto a quelli indicati riferita al testo originario e riportati nel relativo prospetto riepilogativo.

 

In merito ai profili di quantificazione, con riferimento al differimento al 31 dicembre 2010, di cui al comma 1, lettera a), del termine per l’approvazione ex lege degli schemi di convenzione con ANAS spa, già sottoscritti dalle concessionarie autostradali, si osserva in linea generale che tale differimento non sembra comportare immediati riflessi finanziari a carico del bilancio pubblico. Tuttavia, il protrarsi di tale previsione potrebbe sottrarre la concessione della costruzione e della gestione di nuove tratte autostradali all’ottica concorrenziale derivante dal ricorso a procedure di evidenza pubblica. In proposito, pare opportuno acquisire chiarimenti da parte del Governo circa i riflessi finanziari relativi al bilancio ANAS – società che rientra nel perimentro delle PP.AA. – derivanti dai suddetti differimenti temporali e la compatibilità degli stessi con la normativa europea in materia.

Nulla da osservare con riferimento all’interpretazione autentica di cui al comma 3, atteso che il Governo ha ribadito, in risposta ai rilievi emersi durante l’esame al Senato del provvedimento, l’obbligo di recepire le prescrizioni del CIPE contenute nelle delibere di approvazione degli schemi di convenzione, ai fini dell’invarianza di effetti sulla finanza pubblica.

In particolare, il Governo[191] ha specificato che l’interpretazione autentica svolge la funzione di rafforzare l’obbligo di recepimento delle prescrizioni del CIPE, dal momento che chiarisce in modo inequivocabile che, in caso di mancato recepimento, non si applica l’approvazione ex lege delle convenzioni e che le stesse restano sottoposte all’ordinario procedimento di approvazione con il coinvolgimento del CIPE.

Riguardo al comma 1, lettera b), si osserva che il versamento da parte del concessionario delle quote annuali relative al valore della concessione si riflette direttamente sui saldi di finanza pubblica, atteso che la disposizione prevede tale versamento all’entrata del bilancio dello Stato e non in quello dell’ANAS.

Riguardo al criterio metodologico seguito dalla RT per la rivalutazione al 2010 dei contributi versati dal 1975 al 2005 alla società Autostrada del Brennero spa, si osserva che gli elementi evidenziati non consentono di verificare la congruità di detta rivalutazione (pari a circa 568,7 milioni), in assenza dei dati relativi all’entità dei trasferimenti annuali in conto capitale operati dal 1975 al 2005.

Con riferimento agli effetti di gettito concernenti l’estensione dell’esenzione fiscale anche all’utilizzo del fondo destinato al rinnovo dell’infrastruttura ferroviaria del Brennero, si rileva che tali effetti (definiti dalla RT “potenziali”) non sono quantificati né coperti. In proposito, si ricorda che il citato fondo rientra, per una quota pari a circa 400 milioni di euro, tra le fonti di finanziamento del progetto di potenziamento dell’asse ferroviario Monaco-Verona: galleria di base del Brennero[192].

Si ricorda altresì che il Governo[193], in risposta ai rilievi emersi durante l’esame al Senato, ha precisato che gli accantonamenti relativi al fondo risultano essere pari al 31 dicembre 2008 a 385,6 milioni. L’accantonamento complessivo previsto al termine della concessione (30 aprile 2014) sarà pari a 550 milioni di euro. Il Governo ha ricordato inoltre che il fondo è destinato al rinnovo dell’infrastruttura ferroviaria attraverso il Brennero e alla realizzazione delle relative gallerie, nonché alla concessione di contributi alle province per la realizzazione delle opere di adduzione. Per tali interventi è necessario il preventivo intervento autorizzativo da parte del concedente.

In proposito, pare opportuno che il Governo fornisca chiarimenti circa l’utilizzo, in esenzione d’imposta, del fondo. In particolare, andrebbe precisato se la quota di 400 milioni a carico del fondo, identificata dalla delibera CIPE tra le fonti di finanziamento relativo al potenziamento dell’asse ferroviario Monaco-Verona, sia esaustiva rispetto al contributo finanziario complessivo richiesto a valere su di esso. In tal caso, andrebbero esplicitate le finalità di utilizzo, in esenzione d’imposta, dei rimanenti 150 milioni che residuerebbero al 30 aprile 2014. Andrebbero altresì quantificati e coperti gli oneri relativi alle minori entrate derivanti dall’utilizzo di tale residuo in regime di esenzione d’imposta.

 

 


 

Articolo 47, commi 3-bis - 3-ter
(Adeguamento delle infrastrutture dei sistemi aeroportuali di rilevanza nazionale)

 


3-bis. All'articolo 17, comma 34-bis, del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, sono apportate le seguenti modificazioni:

    a) nel primo periodo, le parole: «di rilevanza nazionale con traffico superiore a dieci milioni di passeggeri annui» sono sostituite dalle seguenti: «nazionali e comunque con traffico superiore a otto milioni di passeggeri annui, nonché quelli aventi strutture con sedimi in regioni diverse»;

    b) nel secondo periodo, dopo le parole: «del Presidente del Consiglio dei ministri», sono inserite le seguenti: «, da adottare entro sessanta giorni dalla stipula del contratto di programma».

3-ter. All'articolo 2, comma 200, alinea, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, dopo le parole: «all'esterno del territorio dell'Unione europea» sono inserite le seguenti: «con riguardo anche ai sistemi aeroportuali unitariamente considerati».


 

 

Il comma 3-bis, introdotto nel corso dell’esame al Senato, riguarda il finanziamento delle infrastrutture aeroportuali, mediante l’aumento degli oneri dovuti dagli utenti. Viene in particolare novellato l’articolo 17, comma 34-bis, del decreto-legge n. 78/2009 (convertito dalla legge n. 102/209) il quale, al fine di incentivare l’adeguamento delle infrastrutture di sistemi aeroportuali di rilevanza nazionale con traffico superiore a dieci milioni di passeggeri annui, e nella ipotesi in cui gli investimenti si fondino sull’utilizzo di capitali di mercato del gestore, autorizza l’Ente nazionale per l’aviazione civile (ENAC) a stipulare contratti di programma in deroga alla normativa vigente in materia, introducendo sistemi di tariffazione pluriennale che, tenendo conto dei livelli e degli standard europei, siano orientati ai costi delle infrastrutture e dei servizi ed a obiettivi di efficienza, ovvero acriteri di adeguata remunerazione degli investimenti e dei capitali, con modalità di aggiornamento valide per l’intera durata del rapporto. Il contratto di programma - approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze - può graduare le modifiche tariffarie, prorogando il rapporto in essere, per gli anni necessari ad un riequilibrio del piano economico-finanziario della società di gestione.

La modifica introdotta dalla lettera a) del comma in esame, finalizzata ad estendere l’ambito di applicazione della norma, consiste nella sostituzione del criterio di individuazione degli aeroporti destinatari della disposizione; in luogo dei sistemi aeroportuali di rilevanza nazionale con traffico superiorea dieci milioni di passeggeri annui, viene fatto riferimento ai sistemi aeroportuali nazionali, comunque con traffico superiore a otto milioni di passeggeri annui[194], o aventi strutture con sedi in regioni diverse.

 

Va rammentato che, in data 6 novembre 2009, il CIPE, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, in attesa della sottoscrizione dei contratti di programma, ha approvato le anticipazioni tariffarie dal 2010, fino a un massimo di 3 euro a passeggero, in favore dei soli gestori aeroportuali che effettuano in autofinanziamento nuovi investimenti aeroportuali soggetti a validazione di ENAC. Si prevede, altresì, che la misura decada qualora entro diciotto mesi i gestori non avranno sottoscritto i contratti di programma. E’ successivamente intervenuto l’articolo 2, commi 200 e 201, della legge n. 191/2009 (legge finanziaria 2010), che in parte recepisce in contenuti della delibera CIPE sopra citata. Il comma 200 autorizza, anche in considerazione di quanto previsto dalla direttiva 2009/12/CE, un’anticipazione tariffaria in favore delle società concessionarie dei servizi aeroportuali a decorrere dal 2010 e antecedentemente al solo primo periodo contrattuale, nel limite massimo di tre euro a passeggero per l'imbarco su voli UE ed extra UE, a condizione che vengano effettuati nuovi investimenti infrastrutturali urgenti, in autofinanziamento, da parte dei gestori stessi. La misura viene adottata, nelle more delle stipula dei contratti di programma, alle seguenti condizioni:

-        presentazione all’ ENAC, da parte delle società concessionarie, di un’istanza corredata di un piano di sviluppo e ammodernamento aeroportuale;

-        validazione da parte dell’ENAC dei piani di sviluppo in ordine alla loro cantierabilità, necessità, urgenza, congruità e sostenibilità economica;

-        determinazione annuale dal 2010 della misura effettiva dell’anticipazione tariffaria con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previo parere del CIPE, correlata ai piani di sviluppo validati in funzione dei seguenti parametri:

1)    fabbisogno relativo ai costi riconosciuti degli interventi validati dall’ENAC relativi al periodo regolatorio;

2)    volume delle unità di carico registrate nel singolo aeroporto quali risultanti dall’ultimo annuario statistico pubblicato dall’ENAC;

-        accantonamento delle entrate conseguenti all’anticipazione tariffaria nel bilancio delle società concessionarie, in un apposito fondo vincolato di bilancio;

-        svincolo delle somme accantonate a fronte dell’effettiva realizzazione degli investimenti urgenti da parte delle società concessionarie e sulla base di stati di avanzamento dei lavori convalidati dall’ENAC;

-        utilizzabilità delle somme che restano accantonate, da parte delle società concessionarie, ove queste ultime, nel termine di sei mesi dalla validazione, depositino tutta la documentazione necessaria alla stipula del contratto di programma e, entro un anno dal deposito della documentazione, stipulino i contratti di programma.

La citata direttiva 2009/12/CE – il cui termine di recepimento è fissato al 15 marzo 2011 - stabilisce principi comuni per la riscossione dei diritti aeroportuali negli aeroporti della Comunità con riferimento a tutti gli scali comunitari con traffico annuale superiore a cinque milioni di movimenti passeggeri stabilendo, dunque, una serie di criteri armonizzati per la fissazione delle tasse aeroportuali destinate a finanziare le misure di sicurezza dell'aviazione negli aeroporti europei.

Il comma 201 stabilisce, in primo luogo, che l’anticipazione tariffaria determinata sulla base dello svincolo delle somme accantonate ai sensi del comma 200 possa contenere anche i costi riconosciuti delle opere autofinanziate dalle società concessionarie, relativi a progetti approvati da E.N.A.C., realizzati o in corso di realizzazione, che non risultino remunerati dalle tariffe vigenti secondo quanto previsto dalla delibera C.I.P.E. n. 38/2007. Il comma dispone, poi, la decadenza dell’anticipazione tariffaria qualora entro diciotto mesi non venga depositata la documentazione prescritta ovvero non vengano stipulati i contratti di programma. La medesima sanzione si prevede, altresì, nel caso di mancato avvio della realizzazione degli investimenti nei termini e modalità fissati dal piano di investimenti e dal relativo programma operativo col divieto di rinnovo oltre l'anno successivo alla chiusura del procedimento di consultazione pubblica, da parte di ENAC, sul contratto di programma.

 

La lettera b) del medesimo comma 2-bis, novellando il secondo periodo dello stesso art. 17, comma 34-bis, stabilisce che il decreto di approvazione del contratto di programma stipulato in deroga, deve essere emanato entro sessanta giorni dalla stipula del contratto.

 

Il comma 3-ter modifica l’art. 2, comma 200, della legge n. 191/2009 (legge finanziaria 2010), che prevede, come sopra illustrato, un’anticipazione tariffaria dei diritti aeroportuali per l’imbarco di passeggeri in voli all’interno e all’esterno del territorio dell’Unione europea. Il comma in esame aggiunge un inciso, precisando che la norma si applica con riguardo anche ai sistemi aeroportuali unitariamente considerati.

 

Si intende generalmente per sistema aeroportuale un complesso di due o più aeroporti, che insistono nella stessa regione o area geografica, e che sono gestiti dallo stesso soggetto giuridico. Sistemi aeroportuali con queste caratteristiche sono quelli di Roma (Fiumicino e Ciampino), Milano (Malpensa e Linate), Venezia (Venezia e Treviso), Garda (Verona e Brescia).

 

La norma sembra finalizzata a consentire che i criteri in base ai quali può essere disposta l’anticipazione tariffaria debbano essere applicati, nel caso di sistemi aeroportuali, al totale delle voci (costi, volumi di traffico, ecc.) rilevate nei singoli aeroporti che formano il sistema stesso.

Va ricordato, in particolare, che, fra le condizioni indicate dal citato art. 2, comma 200, per l’accesso all’anticipazione tariffaria, la lettera c) prevede la determinazione annuale dal 2010 della misura effettiva dell’anticipazione tariffaria con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previo parere del CIPE, correlata ai piani di sviluppo validati in funzione dei seguenti parametri:

1)   fabbisogno relativo ai costi riconosciuti degli interventi validati dall’ENAC relativi al periodo regolatorio;

2)   volume delle unità di carico registrate nel singolo aeroporto quali risultanti dall’ultimo annuario statistico pubblicato dall’ENAC.

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo non ascriveeffettialla norma.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento afferma che le disposizioni non comportano effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

In merito ai profili di quantificazione pare opportuno che il Governo fornisca elementi volti a chiarire gli eventuali effetti ascrivibili alla norma, il cui contenuto estende il regime semplificato per la stipula dei contratti di programma tra ENAC e i gestori aeroportuali e l’applicazione delle anticipazioni tariffarie di cui all’aricolo 2, commi 200 e 201 della L. 191/2010. In particolare, andrebbero acquisiti elementi circa l’eventuale incremento dell’erogazione ai concessionari da parte dell’ENAC, ente facente parte del comparto delle Amministrazioni pubbliche, ancorché l’aumento dei diritti derivante dalle anticipazioni tariffarie risulti imputato ai passeggeri.

 

 


 

Articolo 48, commi 1-2
(Disposizioni in materia di procedure concorsuali)

 


1. Dopo l'articolo 182-ter del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

«Art. 182-quater. – (disposizioni in tema di prededucibilità dei crediti nel concordato preventivo, negli accordi di ristrutturazione dei debiti). – I crediti derivanti da finanziamenti in qualsiasi forma effettuati da banche e intermediari finanziari iscritti negli elenchi di cui agli articoli 106 e 107 del decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, in esecuzione di un concordato preventivo di cui agli articoli 160 e seguenti ovvero di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell'articolo 182-bis) sono prededucibili ai sensi e per gli effetti dell'articolo 111.

Sono parificati ai prededucibili ai sensi e per gli effetti dell'articolo 111, i crediti derivanti da finanziamenti effettuati dai soggetti indicati al precedente comma in funzione della presentazione della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo o della domanda di omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti, qualora i finanziamenti siano previsti dal piano di cui all'articolo 160 o dall'accordo di ristrutturazione e purché la prededuzione sia espressamente disposta nel provvedimento con cui il tribunale accoglie la domanda di ammissione al concordato preventivo ovvero l'accordo sia omologato.

In deroga agli articoli 2467 e 2497-quinquies del codice civile, il primo comma si applica anche ai finanziamenti effettuati dai soci, fino a concorrenza dell'ottanta per cento del loro ammontare.

Sono altresì prededucibili i compensi spettanti al professionista incaricato di predisporre la relazione di cui agli articoli 161, terzo comma, 182-bis, primo comma, purché ciò sia espressamente disposto nel provvedimento con cui il tribunale accoglie la domanda di ammissione al concordato preventivo ovvero l'accordo sia omologato.

Con riferimento ai crediti indicati ai commi secondo, terzo e quarto, i creditori sono esclusi dal voto e dal computo delle maggioranze per l'approvazione del concordato ai sensi dell'articolo 177 e dal computo della percentuale dei crediti prevista all'articolo 182-bis, primo e sesto comma.».

2. Dopo il comma quinto dell'articolo 182-bis del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, sono aggiunti i seguenti:

«Il divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive di cui al terzo comma può essere richiesto dall'imprenditore anche nel corso delle trattative e prima della formalizzazione dell'accordo di cui al presente articolo, depositando presso il tribunale competente ai sensi dell'articolo 9 la documentazione di cui all'articolo 161, primo e secondo comma, e una proposta di accordo corredata da una dichiarazione dell'imprenditore, avente valore di autocertificazione, attestante che sulla proposta sono in corso trattative con i creditori che rappresentano almeno il sessanta per cento dei crediti e da una dichiarazione del professionista avente i requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), circa la idoneità della proposta, se accettata, ad assicurare il regolare pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a trattare. L'istanza di sospensione di cui al presente comma è pubblicata nel registro delle imprese e produce l'effetto del divieto di inizio o prosecuzione delle azioni esecutive e cautelari, nonché del divieto di acquisire titoli di prelazione, se non concordati, dalla pubblicazione.

Il tribunale, verificata la completezza della documentazione depositata, fissa con decreto l'udienza entro il termine di trenta giorni dal deposito dell'istanza di cui al sesto comma, disponendo la comunicazione ai creditori della documentazione stessa. Nel corso dell'udienza, riscontrata la sussistenza dei presupposti per pervenire a un accordo di ristrutturazione dei debiti con le maggioranze di cui al primo comma e delle condizioni per il regolare pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a trattare, dispone con decreto motivato il divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive e di acquisire titoli di prelazione se non concordati assegnando il termine di non oltre sessanta giorni per il deposito dell'accordo di ristrutturazione e della relazione redatta dal professionista a norma del primo comma. Il decreto del precedente periodo è reclamabile a norma del quinto comma in quanto applicabile.

A seguito del deposito dell'accordo di ristrutturazione dei debiti nei termini assegnati dal tribunale trovano applicazione le disposizioni di cui al secondo, terzo, quarto e quinto comma.».


 

 

L’articolo 48 modificato dal Senato, introduce alcune novelle al regio decreto n. 267 del 1942 (legge fallimentare), con specifico riferimento alla disciplina del concordato preventivo e dell’accordo di ristrutturazione dei debiti.

In particolare, il comma 1 dell’articolo 48 inserisce, dopo l’articolo 182-ter del regio decreto n. 267 del 1942, l’articolo 182-quater, il quale stabilisce al primo comma che i crediti derivanti da finanziamenti in qualsiasi forma effettuati da banche e intermediari finanziari in esecuzione di un concordato preventivo ovvero di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato sono prededucibili. Sono parificati ai prededucibili, dal comma 2 del nuovo articolo 182-quater, i crediti derivanti da finanziamenti effettuati dagli stessi soggetti in funzione della presentazione della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo o della domanda di omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, qualora i finanziamenti siano previsti dal piano di cui all’articolo 160 del citato regio decreto n. 267 del 1942 o dall’accordo di ristrutturazione e purché la prededuzione sia espressamente disposta nel provvedimento del tribunale che accoglie la domanda di ammissione al concordato preventivo ovvero l’accordo di ristrutturazione dei debiti sia omologato.

Il terzo comma del nuovo articolo 182-quater prevede inoltre che, in deroga al codice civile, la prededucibilità, si applichi anche ai finanziamenti effettuati dai soci, fino a concorrenza dell’ 80% del loro ammontare. La citata deroga deriva dall’opposta regola della postergazione di questi crediti, prevista dagli articoli 2467 e 2497-quinquies del codice civile.

Il quarto comma del nuovo articolo 182-quater stabilisce poi la prededucibilità dei compensi spettanti al professionista incaricato di predisporre la relazione di cui agli articoli 161, terzo comma (ovvero la relazione che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano di concordato preventivo) e 182-bis, primo comma (cioè la relazione sull'attuabilità dell'accordo di ristrutturazione dei debiti), della legge fallimentare; anche in tal caso, il privilegio deve essere previsto dal provvedimento del tribunale di accoglimento della domanda di ammissione al concordato preventivo o l’accordo di ristrutturazione sia omologato.

Viene infine previsto, con il successivo quinto comma, che, con riferimento ai crediti in questione, i creditori sono esclusi dal voto e dal computo delle maggioranze per l’approvazione del concordato ai sensi dell’articolo 177 e dal computo della percentuale dei crediti prevista all’articolo 182-bis, primo e sesto comma (quest’ultimo introdotto dal successivo comma 2 dell’articolo 48 in esame) del regio decreto 267/1942.

Il comma 2 dell’articolo 48 interviene invece sull’articolo 182-bis della legge fallimentare in tema di accordi di ristrutturazione dei debiti, integrandone la formulazione.

Sono aggiunti, dopo il quinto, tre ulteriori commi che prevedono, anzitutto, che il divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive – che il vigente terzo comma del citato articolo 182-bis prevede per la fase intercorrente fra la pubblicazione dell'accordo con la maggioranza qualificata dei creditori e l’omologa da parte del tribunale dell’accordo medesimo - possa essere richiesto dall’imprenditore anche nel corso delle trattative, depositando presso il tribunale competente ai sensi dell’art. 9 (ovvero quello del luogo dove l'imprenditore ha la sede principale dell'impresa) la documentazione di cui all’articolo 161, primo e secondo comma[195] e una proposta di accordo corredata da una doppia dichiarazione: una dell’imprenditore - avente valore di autocertificazione e attestante che sulla proposta sono in corso trattative con i creditori che rappresentano almeno il 60% dei crediti – ed una del revisore contabile abilitatocirca l’idoneità della proposta, se accettata, ad assicurare il regolare pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a trattare. L’istanza di sospensione è pubblicata nel registro delle imprese cui consegue, come effetto, il divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari nonché di acquisire titoli di prelazione, se non concordati, dalla pubblicazione (sesto comma).

Il tribunale, verificata la completezza della documentazione depositata, fissa con decreto l’udienza entro il 30 gg. dal deposito dell’istanza, disponendo la comunicazione ai creditori della documentazione stessa. Nel corso dell’udienza, riscontrata la sussistenza dei presupposti per pervenire a un accordo di ristrutturazione dei debiti con le prescritte maggioranze e delle condizioni per il regolare pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a trattare, il tribunale dispone con decreto motivato il divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive e di acquisire titoli di prelazione non concordati, assegnando il termine di non oltre 60 gg. per il deposito dell’accordo di ristrutturazione e della relazione redatta dal professionista a norma del primo comma. Il decreto è reclamabile alla corte di appello a norma del quinto comma dello stesso articolo 182-bis in quanto applicabile (settimo comma).

A seguito del deposito dell’accordo di ristrutturazione dei debiti nei termini assegnati dal tribunale trovano applicazione le disposizioni di cui al secondo, terzo, quarto e quinto comma dello stesso articolo 182-bis (ottavo comma).

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo allegato al testo iniziale non ascrivealle norme effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica allegata al testo iniziale non considera le norme.

 

In proposito, si segnala che, nella Nota trasmessa nel corso dell’iter al Senato[196], il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato ha affermato che l’estensione delle fattispecie di crediti deducibili nell’ambito delle procedure concorsuali - operata dalle disposizioni limitatamente ai finanziamenti erogati dagli intermediari bancari e finanziari in attuazione degli accordi concordatari o di ristrutturazione del debito ed ai finanziamenti dei soci – potrebbe teoricamente limitare la tutela giuridica dei crediti vantati dallo Stato, con possibili effetti finanziari negativi.

Tuttavia, secondo la nota, appare estremamente difficile valutare l’impatto di tale effetto, in quanto i crediti dello Stato sono in alcuni casi assistiti da privilegio o, in specifiche ipotesi, oggetto di transazione.  

 

In merito ai profili di quantificazione, andrebbero acquisite valutazioni idonee a confermare che gli eventuali effetti negativi per la finanza pubblica derivanti indirettamente da una minore tutela dei crediti dello Stato abbiano un impatto di natura residuale e di ammontare non rilevante.

Con riguardo alle modifiche introdotte al Senato non si hanno osservazioni da formulare per i profili di quantificazione.

 


 

Articolo 48, comma 2-bis
(Esenzione dai reati di bancarotta)

 

2-bis. Dopo l'articolo 217 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

«Art. 217-bis. – (Esenzione dai reati di bancarotta). – 1. Le disposizioni di cui all'articolo 216, terzo comma, e 217 non si applicano ai pagamenti e alle operazioni compiuti in esecuzione di un concordato preventivo di cui all'articolo 160 o di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell'articolo 182-bis ovvero del piano di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d)».

 

 

Il comma in esame, introdotto presso il Senato, aggiunge alla legge fallimentare (RD 267/1942) un art. 217-bis che prevede ipotesi derogatorie di esenzione dai reati di bancarotta con la finalità di coordinare il quadro normativo con le modifiche al RD n. 267 introdotte dall’art. 48 del decreto-legge in esame.

Il comma 2-bis interviene sul titolo VI della legge fallimentare contenente le disposizioni penali in materia e, nel merito, è volto a prevedere che le disposizioni di cui all'articolo 216, terzo comma, e 217 della legge fallimentare non si applichino ai pagamenti e alle operazioni compiuti:

-        in esecuzione del concordato preventivo di cui all’art. 160;

-        di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’art. 182-bis;

-        ovvero del piano di cui all’art. 67, terzo comma, lett. d) della legge medesima[197].

In proposito, si rammenta che l’articolo 216, terzo comma, del citato R.D. 267/1942 prevede una ipotesi meno grave di bancarotta fraudolenta nel comportamento del fallito che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione; l’illecito è sanzionato con la reclusione da 1 a 5 anni.

Ilsuccessivo articolo 217 prevede le seguenti ipotesi di bancarotta semplice ovvero i casi in cui l’imprenditore, dichiarato fallito, fuori dai casi di bancarotta fraudolenta: 1) ha fatto spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione economica; 2) ha consumato una notevole parte del suo patrimonio in operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti; 3) ha compiuto operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento; 4) ha aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento o con altra grave colpa; 5) non ha soddisfatto le obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo o fallimentare.

La pena prevista è quella della reclusione da 6 mesi a 2 anni. Identica pena si applica al fallito che, durante i 3 anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento ovvero dall'inizio dell'impresa, se questa ha avuto una minore durata, non ha tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge o li ha tenuti in maniera irregolare o incompleta.

Salve le altre pene accessorie previste dal codice penale, la condanna importa l'inabilitazione all'esercizio di un'impresa commerciale e l'incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a due

La disposizione prevede pertanto una causa di esclusione della punibilità rispetto alle fattispecie incriminatrici sopra richiamate, escludendo che alle stesse possano essere ricondotti i pagamenti e le operazioni compiuti in esecuzione di un concordato preventivo, di un accordo di ristrutturazione dei debiti ovvero di un piano di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d) della legge fallimentare.

 

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo allegato al maxiemendamento presentato al Senato non prende in considerazione la norma.

 

La relazione tecnica al maxiemendamento non prende in considerazione  la norma.

 

In merito ai profili finanziari, non ci sono osservazioni da formulare.

 


 

Articolo 48-bis, comma 1
(Assunzione di magistrati ordinari)

 


1. Il Ministero della giustizia, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste dalla normativa vigente per l'anno 2010, è autorizzato ad assumere magistrati ordinari vincitori di concorso già concluso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, entro il limite di spesa di 6,6 milioni di euro per l'anno 2010, di 16 milioni di euro per l'anno 2011, di 19,2 milioni di euro per l'anno 2012 e di 19,5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2013. Agli oneri derivanti dall'applicazione delle disposizioni di cui al presente comma si provvede mediante l'utilizzo del maggior gettito di cui al comma 2.


 

 

La norma in esame, introdotta con il maxiemendamento approvato al Senato, autorizza il Ministero della giustizia, in aggiunta alle facoltà di assunzione già previste dalla normativa vigente, ad assumere entro definiti limiti di spesa i vincitori di concorso per magistrato ordinario già ultimato alla data di entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame.

L’art. 66, comma 7, del DL 112/2008 (133/2009) modificando il comma 102 dell'articolo 3 della legge finanziaria 2008 (L. 24 dicembre 2007, n. 244), ha previsto che, per gli anni 2010 e 2011 (disciplina estesa fino al 2013 dall’art. 9, comma 5 del DL 78/2010 in esame) , le amministrazioni dello Stato possono procedere, per ciascun anno, previo effettivo svolgimento delle procedure di mobilità, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 20% di quella relativa al personale cessato nell'anno precedente. In ogni caso il numero delle unità di personale da assumere non può eccedere, per ciascun anno, il 20 % delle unità cessate nell'anno precedente.

I limiti pluriennali di spesa previsti dall’art. 48-bis sono quelli risultanti dalla tabella seguente:

 

anni

milioni di euro

2010

6,6

2011

16

2012

19,2

2013

19,5

 

Nella sostanza, il concorso interessato alla disposizione in esame è quello bandito dal ministero della giustizia con DM 27 febbraio 2008 per 500 posti di magistrato ordinario e recentemente concluso.

La relazione tecnica al maxiemendamento del Governo approvato al Senato riferisce che l’autorizzazione all’assunzione riguarda i 250 vincitori del concorso. Essendo comunque già consentita, secondo la normativa vigente, l’assunzione di 35 unità (ovvero il 20% delle cessazioni avvenute nel 2009), la norma in esame permette di assumere i rimanenti 215 vincitori.

L’ultimo periodo dell’art. 48-bis precisa che la copertura finanziaria è assicurata grazie all’utilizzo del maggior gettito “di cui al comma 2”, con ciò riferendosi alle maggiori entrate derivanti dall’aumento del contributo unificato nei processi civili e amministrativi (v. ultra).

 

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo allegato al maxiemendamento ascrivealla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Maggiori spese correnti per assunzioni

6,6

16,0

19,2

19,5

3,4

8,2

9,9

9,9

3,4

8,2

9,9

9,9

Maggiori entrate contributo unificato

6,6

16,0

19,2

19,5

6,6

16,0

19,2

19,5

6,6

16,0

19,2

19,5

 

 

La relazione tecnica allegata al maxiemendamento stima gli oneri conseguenti alla possibilità di concedere l'autorizzazione all'assunzione, in deroga ai limiti derivanti dalla legislazione vigente, di vincitori di concorsi già espletati per l’accesso alla carriera di  magistrato ordinario.

Attualmente sono in attesa di assunzione 250 vincitori di concorso.

Poiché le attuali norme limitative del turn-over consentono di effettuare assunzioni, per il quadriennio 2010-2013 nei limiti del 20% delle cessazioni avvenute nel corso dell'anno precedente, considerato che, sulla base delle cessazioni previste, dovrebbe essere consentito l'assunzione di circa 35 unità annue, le restanti unità da assumere ammontano a 215 per l'anno in corso. Gli oneri possono essere così stimati, tenendo conto che il costo relativo alle assunzioni dovrebbe essere limitato per il 2010 a 5/12 e che i costi di un magistrato in tirocinio e di un magistrato ordinario sono, rispettivamente, pari a 73.717 ed a 90.276 euro annui lordi. Sulla base di tali parametri si determina un onere di 6,6 milioni di euro per il 2010, 16 milioni di euro per il 2011, 19,2 milioni di euro per il 2012 e 19,5 milioni di euro a decorrere dal 2013.

Gli oneri a regime, secondo la relazione tecnica, trovano adeguata e ampia copertura attraverso l'adeguamento del valore del contributo unificato, disposti al comma 2 dell’articolo 48-bis in esame. Tali importi sono stati incrementati nella misura del 10%, garantendo un maggior gettito annuo di 20.839.288, sulla base di un gettito attuale, riferito all'anno 2009, di 208.392.875 euro, risultante dai dati forniti dalla Direzione Generale di statistica del Ministero della giustizia.

Per l'anno 2010, gli oneri previsti (6,6 milioni di euro) trovano adeguata copertura nella stima di gettito di 5/12 dell'importo complessivo annuo di 20.839.288, pari a 8,33 milioni di euro.

La previsione di gettito complessiva sopra indicata riveste carattere estremamente prudenziale, in quanto i dati ufficiali di consuntivo evidenziano un trend di crescita costante del gettito riveniente dal contributo unificato nel corso degli ultimi cinque anni.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare tenuto conto che i parametri indicati dalla RT sono in linea con quelli utilizzati in occasione di precedenti stime riferite ad analoghe fattispecie.

 

 


 

Articolo 48-bis, comma 2
(Aumento del contributo unificato nel processo civile e amministrativo)

 


2. I commi 1 e 2 dell'articolo 13 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, sono sostituiti dai seguenti:

«1. Il contributo unificato è dovuto nei seguenti importi:

    a) euro 33 per i processi di valore fino a 1.100 euro;

    b) euro 77 per i processi di valore superiore a euro 1.100 e fino a euro 5.200 e per i processi di volontaria giurisdizione, nonché per i processi speciali di cui al libro IV, titolo II, capo VI, del codice di procedura civile;

    c) euro 187 per i processi di valore superiore a euro 5.200 e fino a euro 26.000 e per i processi contenziosi di valore indeterminabile di competenza esclusiva del giudice di pace;

    d) euro 374 per i processi di valore superiore a euro 26.000 e fino a euro 52.000 e per i processi civili e amministrativi di valore indeterminabile;

    e) euro 550 per i processi di valore superiore a euro 52.000 e fino a euro 260.000;

    f) euro 880 per i processi di valore superiore a euro 260.000 e fino a euro 520.000;

    g) euro 1.221 per i processi di valore superiore a euro 520.000.

2. Per i processi di esecuzione immobiliare il contributo dovuto è pari a euro 220. Per gli altri processi esecutivi lo stesso importo è ridotto della metà. Per i processi esecutivi mobiliari di valore inferiore a 2.500 euro il contributo dovuto è pari a euro 30. Per i processi di opposizione agli atti esecutivi il contributo dovuto è pari a euro 132».


 

La disposizione in esame modifica i primi due commi dell’art. 13 del Testo Unico spese di giustizia (DPR 115 del 2002) aumentando del 10%gli importi dovuti per l’iscrizione a ruolo nel processo civile (compresa la procedura concorsuale e di volontaria giurisdizione) e nel processo amministrativo[198]. Gli importi attuali e quelli dovuti per il contributo unificato ai sensi del modificato art. 13 sono illustrati nella tabella seguente.

(in euro)

valore e/o tipo di processo

importo attuale

nuovo importo

fino a 1.100

30

33

da 1.100 a 5.200 e per i processi di volontaria giurisdizione, nonché per i processi speciali di cui al libro IV, titolo II, capo VI, del codice di procedura civile

70

77

da 5.200 a 26.000 e per i processi contenziosi di valore indeterminabile di competenza esclusiva del giudice di pace

170

187

da 26.000 a 52.000 e per i processi civili e amministrativi di valore indeterminabile

340

374

da 52.000 a 260.000

500

550

da 260.000 a 520.000

800

880

oltre 520.000

1.100

1.221

processi di esecuzione immobiliare

200

220

altri processi esecutivi

100

110

processi di esecuzione mobiliare di valore inferiore a € 2.500

30

30

opposizione agli atti esecutivi

120

132

 

Essendo modificati dall’art. 48-ter i soli commi 1 e 2 dell’art. 13 del T.U. rimangono, quindi invariati i successivi commi della norma che, in particolare prevedono:

-        la riduzione alla metà del contributo unificato per i processi speciali previsti nel libro IV, titolo I, del codice di procedura civile (Procedimenti sommari), compreso il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e di opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento;

-        il contributo di 672 euro per la procedura fallimentare, che è la procedura dalla sentenza dichiarativa di fallimento alla chiusura;

-        il contributo di 500 euro per i ricorsi proposti davanti ai Tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato

-        il contributo di 250 euro per i ricorsi previsti dall'articolo 21-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, per quelli previsti dall'articolo 25, comma 5, della legge 7 agosto 1990, n. 241, per i ricorsi aventi ad oggetto il diritto di cittadinanza, di residenza, di soggiorno e di ingresso nel territorio dello Stato e per i ricorsi di esecuzione nella sentenza o di ottemperanza del giudicato;

-        il contributo di 1.000 euro per i ricorsi previsti dall'articolo 23-bis, comma 1, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, nonché da altre disposizioni che richiamano il citato articolo 23-bis

-        il contributo di 2.000 euro per i ricorsi in materia di procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture, ivi compresi quelli per motivi aggiunti e quelli incidentali contenenti domande nuove, nonché di provvedimenti delle Autorità

Rimangono, infine, esenti dal contributo i ricorsi previsti dall'articolo 25 della citata legge n. 241 del 1990 avverso il diniego di accesso alle informazioni di cui al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, di attuazione della direttiva 2003/4/CE sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale.

 

Come sopra accennato, le maggiori risorse derivanti dagli indicati aumenti del contributo unificato andranno a coprire gli oneri finanziari previsti per l’assunzione dei magistrati ordinari vincitori di concorso, di cui al comma 1 dell’art. 48-bis in esame (v. ante).

 

Profili finanziari

Per quanto concerne i profili finanziari inerenti la disposizione in esame, si rinvia alla scheda di lettura relativa all’articolo 48-bis, comma 1.

 


 

Articolo 48-ter
(Estinzione di controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di Cassazione)

 

1. All'articolo 3, comma 2-bis, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, comma 2-bis, alla lettera b), è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «L'avvenuto pagamento estingue il giudizio a seguito di attestazione degli uffici dell'amministrazione finanziaria comprovanti la regolarità della istanza ed il pagamento integrale di quanto dovuto ai sensi del presente decreto».

 

 

L’articolo 48-ter, inserito durante l’esame del provvedimento al Senato, reca disposizioni che precisano le modalità di estinzione anticipata di alcune controversie tributarie pendenti presso la Corte di Cassazione.

 

Le norme in commento precisano che, per determinate controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di Cassazione (la quali originano da ricorsi iscritti a ruolo in primo grado da oltre 10 anni e per cui l'Amministrazione finanziaria dello Stato è risultata soccombente nei primi due gradi di giudizio) l’avvenuto pagamento del 5 per cento del valore della controversia estingue il giudizio in presenza di:

§      un’attestazione degli uffici dell'amministrazione finanziaria comprovanti la regolarità della istanza;

§      pagamento integrale di quanto dovuto.

A tale scopo, la norma modifica l’articolo 3, comma 2-bis, lettera b) del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40[199].

Il predetto articolo 3, con finalità di contenere il contenzioso tributario nei termini di durata ragionevole dei processi previsti ai sensi della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848) prescrive modalità accelerate di definizione delle controversie tributarie pendenti che originano da ricorsi iscritti a ruolo in primo grado, alla data del 26 maggio 2010 (data di entrata in vigore della legge di conversione del citato D.L. 40/2010), da oltre 10 anni, per le quali risulti soccombente l'Amministrazione finanziaria dello Stato nei primi due gradi di giudizio.

In particolare, la lettera b), oggetto di modifica con la disposizione in esame, ha introdotto la possibilità di estinguere le controversie tributarie, aventi le predette caratteristiche e pendenti innanzi alla Corte di Cassazione, con il pagamento di un importo pari al 5 per cento del valore della controversia, e contestuale rinuncia ad ogni eventuale pretesa di equa riparazione.

 

Profili finanziari

La relazione tecnica allegata al maxiemendamento presentato al Senato non considera la norma.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare. La norma, infatti, appare dettata ai fini cautelativi, in quanto precisa che il pagamento del 5 per cento del valore della controversia tributaria pendente in Cassazione ha efficacia ai fini dell’estinzione del giudizio solo a seguito di attestazione dell’amministrazione finanziaria comprovante la regolarità dell’istanza e l’integrale pagamento di quanto dovuto.

 

 


 

Articolo 49, commi 1-4
(Disposizioni in materia di conferenza di servizi)

 


1. All'articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241, sono apportate le seguenti modificazioni:

    a) al comma 1, le parole: «indice di regola» sono sostituite dalle seguenti: «può indire»;

    b) al comma 2, secondo periodo, sono aggiunte, in fine, le parole: «ovvero nei casi in cui è consentito all'amministrazione procedente di provvedere direttamente in assenza delle determinazioni delle amministrazioni competenti».

2. All'articolo 14-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241, sono apportate le seguenti modificazioni:

    a) al comma 2 sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «La nuova data della riunione può essere fissata entro i quindici giorni successivi nel caso la richiesta provenga da un'autorità preposta alla tutela del patrimonio culturale. I responsabili degli sportelli unici per le attività produttive e per l'edilizia, ove costituiti, o i Comuni, o altre autorità competenti concordano con i Soprintendenti territorialmente compe­tenti il calendario, almeno trimestrale, delle riunioni delle conferenze di servizi che coinvolgano atti di assenso o consultivi comunque denominati di competenza del Ministero per i beni e le attività culturali.»;

    b) dopo il comma 3 è inserito il seguente: «3-bis. In caso di opera o attività sottoposta anche ad autorizza­zione paesaggistica, il soprintendente si esprime, in via definitiva, in sede di conferenza di servizi, ove convocata, in ordine a tutti i provvedimenti di sua competenza ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.»;

    b-bis) al comma 4 sono premesse le parole: «Fermo restando quanto disposto dal comma 4-bis» e sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Per assicurare il rispetto dei tempi, l'amministrazione competente al rilascio dei provvedimenti in materia ambientale può far eseguire anche da altri organi dell'amministrazione pubblica o enti pubblici dotati di qualificazione e capacità tecnica equipollenti, ovvero da istituti universitari tutte le attività tecnico-istruttorie non ancora eseguite. In tal caso gli oneri economici diretti o indiretti sono posti a esclusivo carico del soggetto committente il progetto, secondo le tabelle approvate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze»;

    c) dopo il comma 4, è aggiunto il seguente: «4-bis. Nei casi in cui l'intervento oggetto della conferenza di servizi è stato sottoposto positivamente a valutazione ambientale strategica (VAS), i relativi risultati e prescrizioni, ivi compresi gli adempimenti di cui ai commi 4 e 5 dell'articolo 10 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, devono essere utilizzati, senza modificazioni, ai fini della VIA, qualora effettuata nella medesima sede, statale o regionale, ai sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.»;

    d) il comma 6-bis è sostituito dal seguente: «6-bis. All'esito dei lavori della conferenza, e in ogni caso scaduto il termine di cui ai commi 3 e 4, l'amministrazione procedente, in caso di VIA statale, può adire direttamente il consiglio dei ministri ai sensi dell'articolo 26, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 2006, n. 152; in tutti gli altri casi, valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede, adotta la determinazione motivata di conclusione del procedimento che sostituisce a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate a partecipare ma risultate assenti, alla predetta conferenza. La mancata partecipazione alla conferenza di servizi ovvero la ritardata o mancata adozione della determinazione motivata di conclu­sione del procedimento sono valutate ai fini della responsabilità dirigenziale o disciplinare e amministrativa, nonché ai fini dell'attribuzione della retribuzione di risultato. Resta salvo il diritto del privato di dimostrare il danno derivante dalla mancata osservanza del termine di conclusione del procedimento ai sensi degli articoli 2 e 2-bis.»;

    e) il comma 7 è sostituito dal seguente: «7. Si considera acquisito l'assenso dell'amministrazione, ivi comprese quelle preposte alla tutela della salute e della pubblica incolumità, alla tutela paesaggistico-territoriale e alla tutela ambientale, esclusi i provvedimenti in materia di VIA, VAS e AIA, il cui rappresentante, all'esito dei lavori della conferenza, non abbia espresso definiti­vamente la volontà dell'amministrazione rappresentata.»;

    f) il comma 9 è soppresso.

3. All'articolo 14-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241, sono apportate le seguenti modificazioni:

    a) al comma 1, dopo le parole: «rappresentanti delle amministrazioni» sono inserite le seguenti: «ivi comprese quelle preposte alla tutela ambientale, fermo restando quanto previsto dall'articolo 26 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità»;

    b) i commi 3, 3-bis, 3-ter e 3-quater sono sostituiti dal seguente: «3. Al di fuori dei casi di cui all'articolo 117, ottavo comma, della Costituzione, e delle infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale, di cui alla parte seconda, titolo terzo, capo quarto del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, nonché dei casi di localizzazione delle opere di interesse statale, ove venga espresso motivato dissenso da parte di un'amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, la questione, in attuazione e nel rispetto del principio di leale collaborazione e dell'articolo 120 della Costituzione, è rimessa dall'amm­inistrazione procedente alla deliberazione del Consiglio dei Ministri, che si pronuncia entro sessanta giorni, previa intesa con la Regione o le Regioni e le Province autonome interessate, in caso di dissenso tra un'amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali, ovvero previa intesa con la Regione e gli enti locali interessati, in caso di dissenso tra un'amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali. Se l'intesa non è raggiunta nei successivi trenta giorni, la deliberazione del Consiglio dei ministri può essere comunque adottata. Se il motivato dissenso è espresso da una Regione o da una Provincia autonoma in una delle materie di propria competenza, il Consiglio dei Ministri delibera in esercizio del proprio potere sostitutivo con la partecipazione dei Presidenti delle Regioni o delle Province autonome interessate».

4. All'articolo 29, comma 2-ter, della legge 7 agosto 1990, n. 241, dopo la parola «assenso» sono aggiunte le seguenti «e la conferenza di servizi,».


 

 

L'articolo 49 modifica la disciplina della conferenza di servizi di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, al fine di semplificarne la procedura ed accelerare i tempi per l’adozione del provvedimento finale, come precisa la relazione illustrativa.

In particolare, viene rimessa al Governo la decisione finale in caso di motivato dissenso da parte delle amministrazioni cd. sensibili (tutela del paesaggio, salute ed ambiente), modificando anche la relativa procedura di composizione del dissenso. Vengono inoltre previste norme di coordinamento con le procedure di VIA, VAS e AIA sostituendo le integrazioni introdotte dalla riforma del 2005.

 

Si ricorda, infatti, che l’istituto della conferenza di servizi è già stato fortemente modificato, da ultimo, dalla legge 15/2005 e dallalegge 69/2009.

Si segnala, inoltre, che l'articolo ripropone il contenuto dell'art. 5-bis dell'A.C. 3209-bis, recante "Disposizioni in materia di semplificazione dei rapporti della Pubblica Amministrazione con cittadini e imprese e delega al Governo per l'emanazione della Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche e per la codificazione in materia di pubblica amministrazione", soppresso nel corso dell’iter alla Camera in quanto riproposto nell’articolo in esame della manovra finanziaria.

 

L’articolo reca, pertanto, modifiche in tema di:

a)      attivazione della conferenza di servizi (art. 14);

b)      procedimento della conferenza in caso di VIA, VAS e AIA (art. 14-ter);

c)      disciplina del dissenso (art. 14-quater);

d)      ambito di applicazione (art. 29).

 

Facoltà di indire la conferenza dei servizi

Sotto il profilo generale, le nuove regole , attraverso due novelle all’art. 14, commi 1 e 2, prevedono che l’amministrazione procedente ha la facoltà di indire la conferenza di servizi cd. istruttoria - altrimenti detta "interna" o "referente" - che nel precedente testo poteva generare l’equivoco di una obbligatorietà, evitando che la mancata adozione di tale modulo procedurale possa formare oggetto di sindacato da parte del giudice amministrativo, qualora sia opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo (comma 1, lettera a)).

Per la diversa tipologia di conferenza di servizi cd. decisoria (altrimenti detta "esterna" o "deliberante"), che resta obbligatoria dopo l’inutile esperimento della procedura ordinaria, viene chiarito che, in talune fattispecie, l’assenza delle determinazioni delle amministrazioni chiamate a pronunciarsi, entro 30 gg. in via ordinaria, non obbliga la pubblica amministrazione procedente ad indire la conferenza di servizi in tutti i casi in cui esistano espresse previsioni normative che consentano alla amministrazione procedente di prescinderne, introducendo una vera e propria ipotesi di sostituzione (comma 1, lettera b)).

Calendario trimestrale

Sotto il profilo procedurale, le modifiche all’art. 14-ter, comma 2, prevedono il coordinamento con le norme sovraordinate in materia di tutela dei beni culturali e del paesaggio, stabilendo la stesura di un calendario, almeno trimestrale, delle riunioni delle conferenze di servizi che coinvolgano atti di assenso o consultivi comunque denominati di competenza del ministero per i Beni e le attività culturali.

In particolare, tali norme sono applicabili ai casi in cui, una volta convocata la conferenza dei servizi, le amministrazioni coinvolte richiedono che la riunione sia effettuata in una data diversa in quanto impossibilitate a partecipare. Attualmente è previsto, in generale, che la nuova data sia fissata entro i 10 giorni successivi alla prima.

La norma in esame stabilisce, invece, che se la richiesta proviene da un'autorità preposta alla tutela del patrimonio culturale, la nuova data della riunione può essere fissata entro i 15 giorni successivi.

Inoltre, i responsabili degli sportelli unici per le attività produttive e per l'edilizia, (SUAP), ove costituiti, o i comuni concordano con i Soprintendenti territorialmente competenti un calendario, almeno trimestrale, delle riunioni delle conferenze di servizi che coinvolgano atti di assenso o consultivi comunque denominati del Ministero per i beni e le attività culturali.

A seguito di una modifica apportata al Senato, è stato previsto che il suddetto accordo possa coinvolgere non solo il responsabile del SUAP o i Comuni, ma anche le altre autorità competenti (comma 2, lettera a)).

Soprintendenze

Ai sensi del nuovo comma 3-bis, le Soprintendenze devono esprimersi in maniera “definitiva” in sede di conferenza di servizi, ove convocata, in ordine a tutti i provvedimenti di loro competenza ai sensi del d.lgs. 42/2004 nei casi di opera o attività sottoposta anche ad autorizzazione paesaggistica (comma 2, lettera b).

In altri termini, alla luce del combinato disposto delle lettere a) e b), il soprintendente si dovrà esprimere un'unica volta e in via definitiva in seno alla conferenza di servizi, sulla base di un calendario almeno trimestrale delle riunioni delle conferenze concordato con lo sportello unico o con il comune.

 

La finalità dell'intervento, secondo la relazione illustrativa, è quella di consentire semplificazioni procedurali nei casi in cui sia richiesta l'autorizzazione paesaggistica ai sensi del d.lgs. 42/2004 (cd. Codice dei beni culturali).

VAS, VIA ed AIA

L’articolo modifica anche alcune norme dell’art. 14-ter con riferimento al procedimento di conferenza in caso di valutazione ambientale strategica (VAS), valutazione di impatto ambientale (VIA) e autorizzazione intergrata ambientale (AIA).

Durante l’iter al Senato è stata aggiunta la lettera b-bis che modifica il comma 4 dell'art. 14-ter che prevede attualmente la sospensione del termine per l'adozione della decisione conclusiva della conferenza di servizi per un massimo di 90 giorni, fino all'acquisizione della pronuncia sulla compatibilità ambientale, come segue:

-        si fa salvo quanto previsto dal nuovo comma 4-bis (sul quale vedi oltre), introdotto dal comma 2, lettera c) del decreto-legge (e cioè che se l'intervento oggetto della conferenza è già stato sottoposto positivamente a VAS, i relativi risultati e prescrizioni devono essere utilizzati ai fini della VIA);

-        per assicurare il rispetto dei tempi, si autorizza l'amministrazione competente al rilascio dei provvedimenti in materia ambientale a "far eseguire" anche da altri organi dell'amministrazione pubblica o enti pubblici dotati di qualificazione e capacità tecnica equipollenti, ovvero da istituti universitari.

Sarebbe opportuno chiarire quale attività possa essere demandata ai suddetti soggetti.

 

In tal caso - prosegue la lettera b-bis - gli oneri economici diretti o indiretti sono posti a esclusivo carico del soggetto committente il progetto, secondo le tabelle approvate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

 

Con il nuovo comma 4-bis vengono introdotte norme di coordinamento nei casi in cui l’intervento oggetto della conferenza di servizi è stato sottoposto positivamente a VAS, prevedendo che i relativi risultati e prescrizioni conseguiti nell’ambito della VAS devono essere utilizzati senza modificazioni ai fini della VIA, qualora effettuata dalla medesima autorità competente ad effettuare la VAS. In tal modo si accelera il rilascio degli assensi da parte delle amministrazioni coinvolte e si evita la duplicazione di valutazioni già effettuate in sede di VAS (comma 2, lettera c)).

 

Si ricorda, in relazione alle competenze in materia di VIA e VAS che, per la VIA vige il cd. criterio cd. tabellare, ossia spetta allo Stato per le opere di maggiore impatto e alle regioni su quelle di minore impatto. Per la VAS, invece, sono sottoposti a VAS statale i piani e programmi la cui approvazione compete ad organi dello Stato e a VAS regionale i piani e programmi la cui approvazione compete alle regioni e province autonome o agli enti locali. Si ricorda che, a seguito delega contenuta nell’art. 12 della legge 69/2009, è stato presentato lo schema di d.lgs. n. 220 che apporta disposizioni correttive e integrative al d.lgs. 152/2006 e sul quale la VIII Commissione ha espresso parere favorevole con condizioni e osservazioni il 23 giugno 2010. In particolare sono state semplificate le procedure di VAS, VIA e AIA.

 

Attraverso la sostituzione del comma 6-bis dell’articolo 14-ter, viene introdotta la possibilità che, all'esito dei lavori della conferenza e in ogni caso scaduti i termini per i lavori della conferenza in caso di VIA statale (e solo in tal caso), di adire direttamente il Consiglio dei ministri ai sensi dell’art. 26, comma 2, del citato d.lgs. 152/2006 che si pronuncia entro sessanta giorni, previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni.

In tutti gli altri casi, valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede, la determinazione motivata di conclusione del procedimento sostituisce a tutti gli effetti ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate a partecipare ma risultate assenti, alla predetta conferenza.

 

Viene introdotta, infine, la responsabilità dirigenziale o disciplinare e amministrativa per la mancata partecipazione alla conferenza di servizi ovvero la ritardata o mancata adozione della determinazione motivata di conclusione del procedimento, valevole anche ai fini dell’attribuzione della retribuzione di risultato, con diritto del privato di dimostrare il danno derivante dalla mancata osservanza del termine di conclusione del procedimento (comma 2, lettera d)).

 

Con la riformulazione del comma 7 dell’articolo 14-ter, si considera acquisito l'assenso dell'amministrazione il cui rappresentante non abbia espresso definitivamente la volontà dell'amministrazione rappresentata, prevedendo che ciò si applichi anche alle amministrazioni preposte alla tutela della salute e della pubblica incolumità e alla tutela ambientale, esclusi i provvedimenti in materia di VIA, VAS, AIA, paesaggistico territoriale (comma 2, lettera e).

Con una modifica introdotta dal Senato, è stata circoscritta l'esclusione ai soli provvedimenti in materia di VIA, VAS e AIA, riconducendo i provvedimenti in materia paesaggistico-territoriale nell'ambito del silenzio assenso.

 

In proposito si segnala innanzitutto che l’esclusione del ricorso al meccanismo del silenzio assenso per i procedimenti concernenti i beni culturali e paesaggistici e l’ambiente è formalmente sancita dall'art. 20, comma 4, della legge 241 del 1990. Al riguardo si ricorda inoltre che con la sentenza n. 404 del 1997 la Corte ribadisce che, con riferimento ai profili ambientali opera il principio fondamentale, risultante da una serie di norme in materia ambientale, della necessità di pronuncia esplicita, mentre il silenzio dell'Amministrazione preposta a vincolo ambientale non può avere valore di assenso (vedi anche le sentenze n. 26 del 1996 e n. 302 del 1988).

Si segnala inoltre che l'art. 183 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 42 del 2004) prevede che le leggi non possono introdurre deroghe ai princìpi del decreto legislativo se non mediante espressa modificazione delle sue disposizioni. Analoga previsione di abrogazione espressa è contenuta nel Codice ambientale (D.Lgs. 152 del 2006, art 3, comma1). Pertanto, poiché il predetto Codice ambientale reca numerose disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale, occorrerebbe coordinare le modifiche in esame con la citata disciplina.

Si segnala, da ultimo che l'art. 26 del Codice ambientale regola il caso in cui l’autorità competente non si esprima sul procedimento di VIA - che ai sensi del comma 1 deve concludersi con provvedimento espresso e motivato nei centocinquanta giorni successivi alla presentazione dell'istanza salvo il prolungamento sino ad un massimo di ulteriori sessanta giorni – nel senso dell’esercizio del potere sostitutivo da parte del Consiglio dei Ministri, che provvede, su istanza delle amministrazioni o delle parti interessate, entro sessanta giorni, previa diffida all'organo competente ad adempire entro il termine di venti giorni.

 

A seguito della sostituzione del comma 6-bis viene soppresso il comma 9 che prevedeva che la determinazione motivata di conclusione del procedimento sostituisse a tutti gli effetti ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni (comma 2, lettera f).

La procedura del dissenso

Il comma 3 novella l'art. 14-quater della legge 241/1990, relativo agli effetti del dissenso espresso nella conferenza di servizi.

 

Sotto il profilo degli effetti di un eventuale dissenso espresso in seno alla conferenza, il decreto prevede, con alcune novelle al comma 1 dell’art. 14-quater, anche per le amministrazioni preposte alla tutela ambientale (salvo l’esercizio del potere sostitutivo da parte del Consiglio dei ministri), paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, l’obbligo di manifestare il dissenso nella conferenza di servizi.

Tale dissenso dovrà essere congruamente motivato, non potrà riferirsi a questioni connesse che non costituiscono oggetto della conferenza medesima e dovrà recare le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell’assenso.

Soltanto in caso di VIA statale è prevista la possibilità che l’amministrazione procedente chieda l’intervento sostitutivo del Consiglio dei ministri, ai sensi dell’art. 26, comma 2, del Codice ambientale per consentire la conclusione dei lavori della conferenza entro un termine ragionevole.

Tale disposizione sembra duplicare quanto previsto dal vigente art. 14-quater, comma 5, della legge 241/1990 (comma 3, lettera a)).

 

Tale comma affida, in caso di VIA negativa, la possibilità di chiudere (positivamente) il procedimento di conferenza mediante il ricorso all’art. 5, comma 1, lettera c-bis), legge 23 agosto 1988, n. 400. In particolare, quest’disposizione attribuisce al Consiglio dei Ministri, ai fini di una complessiva valutazione ed armonizzazione degli interessi pubblici coinvolti, la decisione di questioni sulle quali siano emerse valutazioni contrastanti tra amministrazioni a diverso titolo competenti in ordine alla definizione di atti e provvedimenti.

 

La lettera b) riscrive le procedure in caso di dissenso espresso da parte di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità ovvero da una regione o provincia autonoma.

 

La precedente procedura prevedeva che, se il dissenso era espresso da un'amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, la decisione veniva rimessa dall'amministrazione procedente, entro 10 giorni:

a)       al Consiglio dei Ministri, in caso di dissenso tra amministrazioni statali;

b)       alla Conferenza Stato-regioni, in caso di dissenso tra un'amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali;

c)       alla Conferenza unificata, in caso di dissenso tra un'amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali. La decisione è assunta entro 30 giorni, salvo che il Presidente del Consiglio o della Conferenza decida di prorogare tale termine per un ulteriore periodo non superiore a 60 giorni.

Se il dissenso era espresso da una regione in una delle materie di propria competenza, la determinazione sostitutiva era rimessa dall'amministrazione procedente, entro 10 giorni:

a)       alla Conferenza Stato-regioni, se il dissenso verte tra un'amministrazione statale e una regionale o tra amministrazioni regionali;

b)       alla Conferenza unificata, in caso di dissenso tra una regione o provincia autonoma e un ente locale.

La decisione era assunta entro 30 giorni, salvo che il Presidente della Conferenza decidesse di prorogare tale termine per un ulteriore periodo non superiore a 60 giorni.

Se la Conferenza non provvedeva entro i termini, la decisione era rimessa al Consiglio dei Ministri, che assumeva la determinazione sostitutiva nei successivi 30 giorni, ovvero, quando verteva in materia non attribuita alla competenza statale ai sensi dell'art. 117, secondo comma, e dell'art. 118 Cost., alla competente Giunta regionale, che assumeva la determinazione sostitutiva nei successivi 30 giorni; qualora la Giunta non provvedeva entro il termine predetto, la decisione era rimessa al Consiglio dei Ministri, che deliberava con la partecipazione dei Presidenti delle regioni interessate.

In caso di dissenso tra amministrazioni regionali, la suddetta procedura non si applicava se le regioni interessate avevano ratificato, con propria legge, intese per la composizione del dissenso ai sensi dell'art. 117, ottavo comma, Cost., anche attraverso l'individuazione di organi comuni competenti in via generale ad assumere la determinazione sostitutiva in caso di dissenso.

 

La norma introdotta rimette al Consiglio dei Ministri la decisione finale nella maggior parte dei casi di "motivato dissenso da parte di un'amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità", ad eccezione dei casi in cui la questione sia oggetto di:

a)      intese raggiunte tra le Regioni, ex art. 117, comma 8, della Costituzione, ratificate con legge regionale per disciplinare appositamente il dissenso;

b)      specifici procedimenti ex artt. 161 e ss. d.lgs. 163/2006, cd. codice dei contratti pubblici, relativi alle opere della cd. legge obiettivo, che presentano un’autonoma disciplina sul dissenso;

c)      specifico procedimento ex D.P.R. 18 aprile 1994, n. 383, in tema di localizzazione di opere statali.

 

Per quanto riguarda il dissenso espresso da parte di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, viene eliminata la competenza delle Conferenze a favore del Consiglio dei ministri, che si pronuncia:

-          previa intesa con la Regione o le Regioni e le Province autonome interessate, in caso di dissenso tra un'amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali;

-          previa intesa con la Regione e gli enti locali interessati, in caso di dissenso tra un'amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali.

 

Se l'intesa non è raggiunta nei successivi 30 giorni, la deliberazione del Consiglio dei ministri può comunque essere adottata.

Il Consiglio dei ministri deve pronunciarsi entro 60 giorni dal momento in cui la questione gli è stata rimessa (precedentemente, il termine era di 30 giorni, prorogabili per un ulteriore periodo non superiore a 60 giorni).

 

Analogamente, se il motivato dissenso è espresso da una Regione o da una Provincia autonoma in una delle materie di propria competenza, la competenza è attribuita al Consiglio dei ministri, che delibera in esercizio del proprio potere sostitutivo con la partecipazione delle Regioni o delle Province autonome interessate (comma 3, lettera b).

Limiti alle Regioni

Il comma 4, da ultimo, con una novella all’articolo 29, comma 2-ter, della legge 241/1990, inserisce le norme sulla conferenza di servizi tra i livelli essenziali delle prestazioni di cui all’art. 117, comma 2, lettera m), della Costituzione, equiparando l’istituto alla dichiarazione di inizio attività e al silenzio assenso già riconosciuti a tali fini dalla legge 69/2009.

L’inclusione dell’istituto tra i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale è volto ad eliminare, sostanzialmente, la possibilità, da parte delle Regioni, di emanare norme in contrasto con le disposizioni statali ora inserite.

 

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo allegato al testo originario del provvedimento ed il prospetto allegato al maxiemendamento presentato al senato non ascrivono effetti finanziari alla norma.

 

La relazione tecnica riferita al testo originario non considera la norma.

 

La relazione tecnica allegata al maxiemendamento presentato al Senato si limita ad evidenziare che le modifiche apportate all’art. 49 nel corso dell’esame presso il Senato costituiscono norme procedimentali, prive di effetti sui saldi di finanza pubblica.

Si segnala che una precedente relazione tecnica allegata all’emendamento 49.1000 del relatore - con riferimento alla disposizione che attribuisce all’amministrazione competente al rilascio dei provvedimenti in materia ambientale la facoltà di avvalersi, per le attività tecnico-istruttorie, di altri organi dell’amministrazione pubblica o di enti pubblici ovvero di istituti universitari, ponendo i relativi oneri esclusivamente a carico del committente il progetto - rilevava che la disposizione non determina nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica in quanto, qualora il soggetto committente sia pubblico, lo stesso non potrà che provvedere nell’ambito del quadro economico del progetto, non avendo titolo ad incrementare le spese in virtù della norma in questione, volta al contrario a semplificare e velocizzare il procedimento amministrativo e, quindi, a renderlo più economico.

 

In merito ai profili di quantificazione, con riferimento all’imputazione al committente degli oneri, diretti o indiretti, derivanti dall’affidamento ad altri organi o enti pubblici o a istituti universitari di attività connesse al rilascio di provvedimenti in materia ambientale, si rileva che la disposizione appare  neutrale per quanto attiene all’impatto sui saldi di finanza pubblica nel presupposto che – come rilevato dalla RT allegata all’originario emendamento introduttivo della disciplina - non venga modificato il quadro complessivo di finanziamento dei progetti.

 


 

Articolo 49, commi 4-bis–4-quinquies
(Sostituzione della disciplina della dichiarazione di inizio attività con quella della segnalazione certificata di inizio attività e altre norme di semplificazione amministrativa per le imprese)

 


4-bis. L'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, è sostituito dal seguente:

«Art. 19. – (Segnalazione certificata di inizio attività – Scia). – 1. Ogni atto di autorizzazione, licenza, conces­sione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l'esercizio di attività imprenditoriale, com­merciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall'accerta­mento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli stessi, è sostituito da una segnalazione dell'interessato, con la sola esclusione dei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali e degli atti rilasciati dalle amministra­zioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all'immi­grazione, all'asilo, alla cittadinanza, all'amministrazione della giustizia, all'amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco, nonché di quelli imposti dalla normativa comunitaria. La segnalazione è corredata dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell'atto di notorietà per quanto riguarda tutti gli stati, le qualità personali e i fatti previsti negli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, nonché dalle attestazioni e asseverazioni di tecnici abilitati, ovvero dalle dichiarazioni di conformità da parte dell'Agenzia delle imprese di cui all'articolo 38, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, relative alla sussistenza dei requisiti e dei presupposti di cui al primo periodo; tali attestazioni e asseverazioni sono corredate dagli elaborati tecnici necessari per consentire le verifiche di competenza dell'amministrazione. Nei casi in cui la legge prevede l'acquisizione di pareri di organi o enti appositi, ovvero l'esecuzione di verifiche preventive, essi sono comunque sostituiti dalle autocertificazioni, attestazioni e asseverazioni o certificazioni di cui al presente comma, salve le verifiche successive degli organi e delle amministrazioni competenti.

2. L'attività oggetto della segnala­zione può essere iniziata dalla data della presentazione della segnalazione all'amministrazione competente.

3. L'amministrazione competente, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti di cui al comma 1, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della segnala­zione di cui al medesimo comma, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa, salvo che, ove ciò sia possibile, l'interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro un termine fissato dall'amministrazione, in ogni caso non inferiore a trenta giorni. È fatto comunque salvo il potere dell'amministrazione compe­tente di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies. In caso di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà false o mendaci, l'amministrazione, ferma restando l'applicazione delle sanzioni penali di cui al comma 6, nonché di quelle di cui al capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, può sempre e in ogni tempo adottare i provvedimenti di cui al primo periodo.

4. Decorso il termine per l'adozione dei provvedimenti di cui al primo periodo del comma 3, all'ammini­strazione è consentito intervenire solo in presenza del pericolo di un danno per il patrimonio artistico e culturale, per l'ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale e previo motivato accer­tamento dell'impossibilità di tutelare comunque tali interessi mediante conformazione dell'attività dei privati alla normativa vigente.

5. Il presente articolo non si applica alle attività economiche a prevalente carattere finanziario, ivi comprese quelle regolate dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, e dal testo unico in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. Ogni controversia relativa all'applicazione del presente articolo è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Il relativo ricorso giurisdizionale, esperibile da qualunque interessato nei termini di legge, può riguardare anche gli atti di assenso formati in virtù delle norme sul silenzio assenso previste dall'articolo 20.

6. Ove il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, nelle dichia­razioni o attestazioni o asseverazioni che corredano la segnalazione di inizio attività, dichiara o attesta falsamente l'esistenza dei requisiti o dei presupposti di cui al comma 1 è punito con la reclusione da uno a tre anni».

4-ter. Il comma 4-bis attiene alla tutela della concorrenza ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, e costituisce livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali ai sensi della lettera m) del medesimo comma. Le espressioni «segnalazione certificata di inizio attività» e «Scia» sostituiscono, rispettivamente, quelle di «dichiarazione di inizio attività» e «Dia», ovunque ricorrano, anche come parte di una espressione più ampia, e la disciplina di cui al comma 4-bis sostituisce direttamente, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, quella della dichiarazione di inizio attività recata da ogni normativa statale e regionale.

4-quater. Al fine di promuovere lo sviluppo del sistema produttivo e la competitività delle imprese, anche sulla base delle attività di misurazione degli oneri amministrativi di cui all'articolo 25 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, il Governo è autorizzato ad adottare uno o più regolamenti ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione, per la semplificazione normativa e dello sviluppo economico, sentiti i Ministri interessati e le associazioni impren­ditoriali, volti a semplificare e ridurre gli adempimenti amministrativi gravanti sulle piccole e medie imprese, in base ai seguenti princìpi e criteri direttivi, nel rispetto di quanto previsto dagli articoli 20, 20-bis e 20-ter della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni:

    a) proporzionalità degli adempimenti amministrativi in relazione alla dimensione dell'impresa e al settore di attività, nonché alle esigenza di tutela degli interessi pubblici coinvolti;

    b) eliminazione di autorizzazioni, licenze, permessi, ovvero di dichiarazioni, attestazioni, certifica­zioni, comunque denominati, nonché degli adempimenti amministrativi e delle procedure non necessarie rispetto alla tutela degli interessi pubblici in relazione alla dimensione dell'impresa ovvero alle attività esercitate;

    c) estensione dell'utilizzo dell'au­tocertificazione, delle attestazioni e delle asseverazioni dei tecnici abilitati nonché delle dichiarazioni di conformità da parte dell'Agenzia delle imprese di cui all'articolo 38, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

    d) informatizzazione degli adem­pimenti e delle procedure amministra­tive, secondo la disciplina del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante codice dell'ammi­nistrazione digitale;

    e) soppressione delle autoriz­zazioni e dei controlli per le imprese in possesso di certificazione ISO o equivalente, per le attività oggetto di tale certificazione;

    f) coordinamento delle attività di controllo al fine di evitare duplicazioni e sovrapposizioni, assicurando la proporzionalità degli stessi in relazione alla tutela degli interessi pubblici coinvolti.

4-quinquies. I regolamenti di cui al comma 4-quater sono emanati entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto ed entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla data della loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Con effetto dalla data di entrata in vigore dei predetti regolamenti sono abrogate le norme, anche di legge, regolatrici dei relativi procedimenti. Tali interventi confluiscono nel processo di riassetto di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59.


 

 

I commi da 4-bis a 4-quinquies, aggiunti all'articolo 49 dal Senato, recano norme in materia di segnalazione certificata di inizio attività e altre norme di semplificazione amministrativa per le imprese.

In particolare, il comma 4-bis sostituisce integralmente l’articolo 19 della legge n. 241 del 1990, originariamente rubricato “Dichiarazione di inizio attività”.

Con il nuovo articolo 19 sin dal suo esordio (comma1) si intende corrispondere all'esigenza di liberalizzazione dell'attività d'impresa. Ecco perché il nuovo articolo 19 istituisce una "segnalazione certificata di inizio attività"[200] che sostituisce "ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l'esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale".

L’applicazione della nuova disciplina è subordinata alle seguenti condizioni:

§       che il rilascio dipenda esclusivamente dall'accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, con la sola esclusione degli atti imposti dalla normativa comunitaria (comma1);

§      che non si tratti di casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali o di atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all’immigrazione, all’asilo, alla cittadinanza, all’amministrazione della giustizia, all’amministrazione delle finanze, nonché di quelli imposti dalla normativa comunitaria (comma1);

§      che non si versi nelle attività economiche a prevalente carattere finanziario, ivi comprese quelle regolate dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e dal testo unico in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (comma5, primoperiodo).

Dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell'atto di notorietà correderanno la segnalazione per quanto riguarda tutti gli stati, le qualità personali e i fatti previsti negli articoli 46 e 47 del D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445. Ulteriore corredo sarà offerto dalle attestazioni e asseverazioni di tecnici abilitati, ovvero dalle dichiarazioni di conformità da parte delle Agenzie delle imprese (di cui all'articolo 38, comma 4 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133), relative alla sussistenza dei requisiti e dei presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale.

Le attestazioni e asseverazioni sono funzionali alle verifiche di competenza dell'amministrazione, che a tal fine si avvarranno anche degli elaborati tecnici necessari a corredo della segnalazione. Le autocertificazioni, attestazioni e asseverazioni o certificazioni sostituiranno anche l'acquisizione di pareri di organi o enti appositi, ovvero l'esecuzione di verifiche preventive; sono sempre salve le verifiche successive degli organi e delle amministrazioni competenti.

Ai sensi del comma2 del nuovo articolo 19, l'attività oggetto della segnalazione può essere iniziata dalla data della presentazione della segnalazione all'amministrazione competente.

Lo spazio operativo dell'amministrazione competente, disciplinato dal comma3, è solo quello di adottare motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti: ciò deve avvenire nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione e può contenere l'ordine di rimozione degli eventuali effetti dannosi. L'amministrazione può però anche fissare un termine - in ogni caso non inferiore a trenta giorni - entro cui, ove ciò sia possibile, l'interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti. E’ fatto comunque salvo il potere dell’amministrazione competente di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli artt. 21-quinquies e 21-nonies della legge 241/1990[201].

Si ricorda che il citato art. 21-quinquies 1 dispone che, per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell'interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell'organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. La revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l'amministrazione ha l'obbligo di provvedere al loro indennizzo. Le controversie in materia di determinazione e corresponsione dell'indennizzo sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Ove la revoca di un atto amministrativo ad efficacia durevole o istantanea incida su rapporti negoziali, l’indennizzo liquidato dall’amministrazione agli interessati è parametrato al solo danno emergente e tiene conto sia dell’eventuale conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell’atto amministrativo oggetto di revoca all’interesse pubblico, sia dell’eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all’erronea valutazione della compatibilità di tale atto con l’interesse pubblico.

Invece l’art. 21-nonies dispone che il provvedimento amministrativo illegittimo può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. È fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole.

In caso di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci, l’amministrazione, ferma restando la responsabilità penale (cfr. infra), può sempre e in ogni tempo adottare i summenzionati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi.

 

Ai sensi del comma4, decorso il suddetto termine di sessanta giorni, all'amministrazione è consentito intervenire solo in presenza del pericolo di un danno grave e irreparabile per il patrimonio artistico e culturale, per l'ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale e previo motivato accertamento dell'impossibilità di tutelare comunque tali interessi mediante conformazione dell'attività dei privati alla normativa vigente.

Il comma5 devolve ogni controversia relativa all'applicazione dell'articolo 19 della legge 241/1990 alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, precisando che il relativo ricorso giurisdizionale può riguardare anche gli atti di assenso formati in virtù delle norme sul silenzio assenso previste dall'articolo 20.

Le sanzioni penali previste dal comma6 (reclusione da uno a tre anni per chiunque, nelle dichiarazioni o attestazioni o asseverazioni che corredano la segnalazione di inizio attività, dichiara o attesta falsamente l'esistenza dei requisiti o dei presupposti) si aggiungono alla disciplina delle sanzioni penali di cui al capo VI del D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445 in caso di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà false o mendaci (comma3, ultimoperiodo) ed operano se il fatto non costituisce più grave reato.

 

La disciplina sulla Scia che si viene ad introdurre è ricondotta dal comma aggiuntivo 4-teralla tutela della concorrenza ai sensi dell'articolo 117 comma 2, lettera e), della Costituzione (materia di competenza legislativa esclusiva dello Stato), e costituisce livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali ai sensi della lettera m) del medesimo comma 2 (anch’essa materia di competenza legislativa esclusiva dello Stato). Ciò risolve il problema del rapporto con la disciplina della dichiarazione di inizio di attività recata da ogni normativa regionale. Difatti la disposizione in esame stabilisce che la disciplina sulla Scia sostituisce direttamente, dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, quella della Dia recata da ogni normativa statale e regionale.

Poiché la norma prevede l’abrogazione della normativa statale difforme, andrebbe chiarito se ciò valga anche per le “discipline speciali”, quale quella relativa alla denuncia d’inizio di attività edilizia, disciplinata dagli articoli 22 e 23 del D.P.R. n. 380 del 2001.

Inoltre viene precisato che le espressioni “segnalazione certificata di inizio di attività” e “Scia” sostituiscono , rispettivamente, quelle di “dichiarazione di inizio di attività” e “Dia”, ovunque ricorrano.

 

Il comma aggiuntivo 4-quater riprende la tematica della semplificazione, introducendo una normazione a cascata che tende a ridurre gli adempimenti amministrativi gravanti sulle piccole e medie imprese, al fine di promuovere lo sviluppo del sistema produttivo e la competitività delle imprese (anche sulla base delle attività di misurazione degli oneri amministrativi di cui all'articolo 25 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133).

In particolare si autorizza il Governo ad adottare uno o più regolamenti di delegificazione (ai sensi dell’art. 17, comma 2, della L. 400/1988), volti a semplificare e ridurre gli adempimenti amministrativi a carico delle piccole e medie imprese, in base ai seguenti principi e criteri, nel rispetto di quanto previsto dagli articoli 20, 20-bis e 20-ter della legge n. 59/1997:

a)      proporzionalità degli adempimenti amministrativi in relazione alla dimensione dell'impresa e al settore di attività, nonché alle esigenza di tutela degli interessi pubblici coinvolti;

b)      eliminazione di autorizzazioni, licenze, permessi, ovvero di dichiarazioni, attestazioni, certificazioni, comunque denominati, nonché degli adempimenti amministrativi e delle procedure non necessarie rispetto alla tutela degli interessi pubblici in relazione alla dimensione dell'impresa ovvero alle attività esercitate;

c)      estensione dell'utilizzo dell'autocertificazione, delle attestazioni e asseverazioni dei tecnici abilitati nonché delle dichiarazioni di conformità da parte delle Agenzie delle imprese di cui all'articolo 38, comma 4, del decreto-legge n. 112/2008;

d)      informatizzazione degli adempimenti e delle procedure amministrative, secondo la disciplina del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante Codice dell'amministrazione digitale;

e)      soppressione delle autorizzazioni e dei controlli per le imprese in possesso di certificazione ISO o equivalente, per le attività oggetto di tale certificazione;

f)        coordinamento delle attività di controllo al fine di evitare duplicazioni e sovrapposizioni, assicurando la proporzionalità degli stessi in relazione alla tutela degli interessi pubblici coinvolti.

 

Il comma aggiuntivo 4-quinquies dispone che i suddetti regolamenti sono emanati entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame ed entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione. Dalla stessa data sono abrogate le norme, anche legislative, che regolano i relativi procedimenti.

 

Va ricordato, infine, che - sia pure con una diversa tecnica redazionale - le certificazioni ISO ed il loro effetto di semplificazione procedimentale sono prese in considerazione anche da una disposizione introdotta dalla Camera nel disegno di legge di semplificazione, attualmente all’esame del Senato (A.S. 2243): all'articolo 21 di quel testo c'è la previsione di una delega al Governo, da esercitare entro il 31 dicembre 2011, che attiene alle "ulteriori" misure necessarie per la soppressione di ogni autorizzazione o controllo sulle imprese dotate di certificazione ISO o equivalente. Il vincolo è che la certificazione sia rilasciata da un soggetto certificatore accreditato in conformità a norme tecniche europee ed internazionali e che attenga le attività coperte da tale certificazione.

 

Le norme ISO sono elaborate dall’International Organization for Standardization (Iso) di Ginevra, che nel 1987 ha emesso un insieme di norme - denominate ISO 9000 - per standardizzare nel mondo lo scambio di beni e servizi. Le norme ISO 9000 definiscono soprattutto gli aspetti qualitativi di tale scambio ed indicano ad un’impresa come essa debba operare per garantire un costante livello di qualità e soddisfare così le esigenze dei propri clienti. Tali norme (modificate una prima volta nel 1994 e una seconda nel 2000) rappresentano dunque il riferimento, riconosciuto a livello mondiale, per la certificazione del sistema di gestione per la qualità delle organizzazioni di tutti i settori produttivi e di tutte le dimensioni. La ISO 9001:2000 pone al centro della realizzazione di un sistema di gestione il cliente e la sua soddisfazione ed il continuo miglioramento delle prestazioni offerte dall’azienda, siano esse espresse in termini di prodotto o di servizio. A livello europeo, le norme Iso 9000 sono state recepite e pubblicate dal Cen (Comité européen de normalisation), e in Italia dall’Uni (Ente nazionale italiano di unificazione).

 

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo allegato al maxiemendamento presentato al Senato non ascrive effetti finanziari alle modifiche introdotte.

 

La relazione tecnica allegata al maxiemendamento presentato al Senato si limita ad evidenziare che le modifiche apportate all’art. 49 nel corso dell’esame presso il Senato costituiscono norme procedimentali, prive di effetti sui saldi di finanza pubblica.

Si segnala che una precedente relazione tecnica allegata all’emendamento 49.1000 del relatore - In merito all’introduzione della disciplina che modifica l’art. 19 della legge n. 241 del 7 agosto 1990, sostituendo la dichiarazione di inizio attività (DIA) con la segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), la predetta relazione tecnica evidenziava l’assenza di oneri, trattandosi in definitiva di una previsione volta a dare una più diffusa applicazione alla vigente normativa in materia di autocertificazione (DPR n. 445/2000). Infine, secondo la relazione, dalla disposizione che, allo scopo di promuovere lo sviluppo del sistema produttivo e la competitività delle imprese, autorizza il Governo ad adottare uno o più regolamenti volti a semplificare e ridurre gli adempimenti amministrativi delle piccole e medie imprese sulla base di principi e criteri direttivi espressamente indicati, non discendono nuovi o maggiori oneri.

 

In merito ai profili di quantificazione, con riferimento alla normativa introdotta, relativa alla  segnalazione certificata di inizio attività, si osserva che si prevede che la segnalazione sia corredata di dichiarazioni sostitutive di certificazioni e di attestazioni di tecnici abilitati o di soggetti accreditati, relative alla sussistenza dei requisiti e presupposti per l’esercizio delle singole attività imprenditoriali, fatte salve le verifiche successive che dovranno essere effettuate dagli organi e dalle amministrazioni competenti. La carenza dei requisiti e presupposti va accertata entro termini perentori (è previsto un termine di 60 giorni per l’adozione dei relativi provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività), decorsi i quali l’amministrazione potrà intervenire soltanto in presenza del pericolo di un danno grave e irreparabile ad alcuni fondamentali interessi pubblici (tutela del patrimonio artistico e culturale, dell’ambiente, della salute, della sicurezza pubblica e della difesa nazionale).

In proposito appare opportuno acquisire dati ed elementi di valutazione circa l’effettiva possibilità per le amministrazioni interessate di dare attuazione agli adempimenti previsti nei termini indicati utilizzando le risorse umane, strumentali e finanziarie già disponibili in base alla vigente disciplina. Ciò anche in considerazione di quanto previsto dal comma 4-ter, che qualifica la disciplina relativa alla segnalazione certificata di inizio attività come attinente alla tutela della concorrenza e ai livelli essenziali delle prestazioni, ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. m) della Costituzione.

Andrebbe altresì chiarito se per la presentazione della segnalazione certificata di inizio di attività sia previsto il pagamento di diritti di istruttoria e tariffe in misura corrispondente a quella eventualmente corrisposta attualmente alle amministrazioni competenti, senza che si determinino nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica rispetto a quanto previsto dalla previgente normativa.

Infine, riguardo all’emanazione di regolamenti di delegificazione, ai sensi dell’art. 17, comma 2, della legge n. 400/1988, per la riduzione e la semplificazione degli adempimenti amministrativi gravanti sulle piccole e medie imprese, si rileva che tra i principi per l’adozione di tale disciplina regolamentare non viene espressamente enunciato quello della neutralità finanziaria, indicato invece nella relazione tecnica allegata all’emendamento 49.1000.

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il 22 ottobre 2009 la Commissione ha varato il programma di azione per la riduzione degli oneri amministrativi nell’UE (COM(2009)544), il quale, oltre a fornire un quadro dei principali risultati già raggiunti in 13 settori prioritari, individua una serie di misure intese a realizzare l’obiettivo di riduzione del 25% degli adempimenti entro il 2012 fissato dal Consiglio europeo di marzo 2007. La Commissione valuta che l’attuazione del programma consentirebbe una riduzione pari a 40,4 miliardi di euro su un importo complessivo di 123,8 miliardi di euro di oneri amministrativi di origine comunitaria. La riduzione dei costi per le formalità amministrative gravanti sulle imprese è in linea con lo Small Business Act oltre ad essere uno degli ambiti fondamentali d'intervento identificati nel piano europeo di ripresa economica (COM(2008)800).

Si segnala inoltre che nel programma di lavoro della Commissione per il 2010 si preannuncia l’adozione di una comunicazione sulla regolamentazione intelligente destinata ad individuare una serie di misure prioritarie al fine di: semplificare la legislazione esistente; ridurre gli oneri amministrativi; sviluppare un approccio più sistematico per valutare il raggiungimento degli obiettivi da parte delle politiche e della normativa proposte.

 


 

Articolo 50
(Indizione del censimento)

 


1. È indetto il 15o Censimento generale della popolazione e delle abitazioni, di cui al Regolamento (CE) 9 luglio 2008, n. 763/08 del Parlamento europeo e del Consiglio, nonché il 9o censimento generale dell'industria e dei servizi ed il censimento delle istituzioni non-profit. A tal fine è autorizzata la spesa di 200 milioni di euro per l'anno 2011, di 277 milioni per l'anno 2012 e di 150 milioni per l'anno 2013.

2. Ai sensi dell'articolo 15 comma 1, lettere b), c) ed e) del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, l'Istat organizza le operazioni di ciascun censimento attraverso il Piano generale di censimento e apposite circolari, nonché mediante specifiche intese con le Province autonome di Trento e di Bolzano per i territori di competenza e nel rispetto della normativa vigente. Nel Piano Generale di Censimento vengono definite la data di riferimento dei dati, gli obiettivi, il campo di osservazione, le metodologie di indagine e le modalità di organizzazione ed esecuzione delle operazioni censuarie, gli adempimenti cui sono tenuti i rispondenti nonché gli uffici di censimento, singoli o associati, preposti allo svolgimento delle procedure di cui agli articoli 7 e 11 del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, gli obblighi delle amministrazioni pubbliche di fornitura all'Istat di basi dati amministrative relative a soggetti costituenti unità di rilevazione censuaria. L'Istat, attraverso il Piano e apposite circolari, stabilisce altresì:

    a) le modalità di costituzione degli uffici di censimento, singoli o associati, preposti allo svolgimento delle operazioni censuarie e i criteri di determinazione e ripartizione dei contributi agli organi di censimento, i criteri per l'affidamento di fasi della rilevazione censuaria a enti e organismi pubblici e privati, d'intesa con la Conferenza Unificata, sentito il Ministero dell'economia e delle finanze;

    b) in ragione delle peculiarità delle rispettive tipologie di incarico, le modalità di selezione ed i requisiti professionali del personale con contratto a tempo determinato, nonché le modalità di conferimento dell'incarico di coordinatore e rilevatore, anche con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, limitatamente alla durata delle operazioni censuarie e comunque con scadenza entro il 31 dicembre 2012, d'intesa con il Dipartimento della Funzione pubblica e il Ministero dell'economia e delle finanze;

    c) i soggetti tenuti all'obbligo di risposta, il trattamento dei dati e la tutela della riservatezza, le modalità di diffusione dei dati, anche con frequenza inferiore alle tre unità, ad esclusione dei dati di cui all'articolo 22 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e la comunicazione dei dati elementari ai soggetti facenti parte del SISTAN, nel rispetto del decreto legislativo n. 322/89 e successive modifiche e del codice di deontologia e di buona condotta per i trattamenti di dati personali a scopi statistici e di ricerca scientifica, nonché la comunicazione agli organismi di censimento dei dati elementari, privi di identificativi e previa richiesta all'Istat, relativi ai territori di rispettiva competenza e necessari per lo svolgimento delle funzioni istituzionali, nel rispetto di quanto stabiliti dal presente articolo e dalla normativa vigente in materia di trattamento dei dati personali a scopi statistici;

    d) limitatamente al 15o Censimento generale della popolazione e delle abitazioni, le modalità per il confronto contestuale alle operazioni censuarie tra dati rilevati al censimento e dati contenuti nelle anagrafi della popolazione residente, nonché, d'intesa con il Ministero dell'Interno, le modalità di aggiornamento e revisione delle anagrafi della popolazione residente sulla base delle risultanze censuarie.

3. Per gli enti territoriali individuati dal Piano Generale di censimento di cui al comma 2 come affidatari di fasi delle rilevazioni censuarie, le spese derivanti dalla progettazione ed esecuzione dei censimenti sono escluse dal Patto di stabilità interno, nei limiti delle risorse trasferite dall'ISTAT. Per gli enti territoriali per i quali il Patto di stabilità interno è regolato con riferimento al saldo finanziario sono escluse dalle entrate valide ai fini del Patto anche le risorse trasferite dall'ISTAT. Le disposizioni del presente comma si applicano anche agli enti territoriali individuati dal Piano generale del 6o censimento dell'agricoltura di cui al numero Istat SP/1275.2009, del 23 dicembre 2009 e di cui al comma 6, lettera a).

4. Per far fronte alle esigenze temporanee ed eccezionali connesse all'esecuzione dei censimenti, l'ISTAT, gli enti e gli organismi pubblici, indicati nel Piano di cui al comma 2, possono avvalersi delle forme contrattuali flessibili, ivi compresi i contratti di somministrazione di lavoro, nell'ambito e nei limiti delle risorse finanziarie ad essi assegnate ai sensi del comma 1 limitatamente alla durata delle operazioni censuarie e, comunque, non oltre il 2013; nei limiti delle medesime risorse, l'Istat può avvalersene fino al 31 dicembre 2014, dando apposita comunicazione dell'avvenuto reclutamento al Dipartimento della funzione pubblica ed al Ministero dell'economia e delle finanze.

5. La determinazione della popolazione legale è definita con decreto del Presidente della Repubblica sulla base dei dati del censimento relativi alla popolazione residente, come definita dal decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223. Nelle more dell'adozione del Piano Generale di Censimento di cui al comma 2, l'ISTAT provvede alle iniziative necessarie e urgenti preordinate ad effettuare la rilevazione sui numeri civici geocodificati alle sezioni di censimento nei comuni con popolazione residente non inferiore a 20.000 abitanti e la predisposizione di liste precensuarie di famiglie e convivenze desunte dagli archivi di anagrafi comunali attraverso apposite circolari. Con apposite circolari e nel rispetto della riservatezza, l'ISTAT stabilisce la tipologia ed il formato dei dati individuali nominativi dell'anagrafe della popolazione residente, utili per le operazioni censuarie, che i Comuni devono fornire all'ISTAT. Il Ministero dell'Interno vigila sulla corretta osservanza da parte dei Comuni dei loro obblighi di comunicazione, anche ai fini dell'eventuale esercizio dei poteri sostitutivi di cui agli articoli 14, comma 2, e 54, commi 3 e 11, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. L'articolo 1, comma 6, della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, è sostituito dal seguente: «6. L'INA promuove la circolarità delle informazioni anagrafiche essenziali al fine di consentire alle amministrazioni pubbliche centrali e locali collegate la disponibilità, in tempo reale, dei dati relativi alle generalità, alla cittadinanza, alla famiglia anagrafica nonché all'indirizzo anagrafico delle persone residenti in Italia, certificati dai comuni e, limitatamente al codice fiscale, dall'Agenzia delle entrate». Con decreto, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione ai sensi dell'articolo 1, comma 7, della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, sono emanate le disposizioni volte ad armonizzare il regolamento di gestione dell'INA con quanto previsto dal presente comma.

6. Nelle more dell'entrata in vigore del regolamento di cui all'articolo 17 del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166, e in attuazione del Protocollo di intesa sottoscritto dall'ISTAT e dalle Regioni e Province Autonome in data 17 dicembre 2009:

    a) l'ISTAT organizza le operazioni censuarie, nel rispetto del regolamento (CE) n. 1166/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, e del predetto Protocollo, secondo il Piano Generale di Censimento di cui al numero Istat SP/1275.2009 del 23 dicembre 2009 e relative circolari applicative che individuano anche gli enti e gli organismi pubblici impegnati nelle operazioni censuarie;

    b) le Regioni organizzano e svolgono le attività loro affidate secondo i rispettivi Piani di censimento e attraverso la scelta, prevista dal Piano Generale di Censimento, tra il modello ad alta partecipazione o a partecipazione integrativa, alla quale corrisponde l'erogazione di appositi contributi;

    c) l'ISTAT, gli enti e gli organismi pubblici impegnati nelle operazioni censuarie sono autorizzati, ai sensi del predetto articolo 17, comma 4, ad avvalersi delle forme contrattuali flessibili ivi previste limitatamente alla durata delle operazioni censuarie e comunque non oltre il 2012. Della avvenuta selezione, assunzione o reclutamento da parte dell'Istat è data apposita comunicazione al Dipartimento della funzione pubblica ed al Ministero dell'economia e delle finanze.

7. Gli organi preposti allo svolgimento delle operazioni del 6o censimento generale dell'agricoltura sono autorizzati a conferire, per lo svolgimento dei compiti di rilevatore e coordinatore, anche incarichi di natura autonoma limitatamente alla durata delle operazioni censuarie e comunque non oltre il 31 dicembre 2011. Il reclutamento dei coordinatori intercomunali di censimento e gli eventuali loro responsabili avviene, secondo le modalità previste dalla normativa e dagli accordi di cui al presente comma e dalle circolari emanate dall'Istat, tra i dipendenti dell'amministrazione o di altre amministrazioni pubbliche territoriali o funzionali, nel rispetto delle norme regionali e locali ovvero tra personale esterno alle pubbliche amministrazioni. L'ISTAT provvede con proprie circolari alla definizione dei requisiti professionali dei coordinatori intercomunali di censimento e degli eventuali loro responsabili, nonché dei coordinatori comunali e dei rilevatori in ragione delle peculiarità delle rispettive tipologie di incarico.

8. Al fine di ridurre l'utilizzo di soggetti estranei alla pubblica amministrazione per il perseguimento dei fini di cui al comma 1, i ricercatori, i tecnologi e il personale tecnico di ruolo dei livelli professionali IV-VI degli enti di ricerca e di sperimentazione di cui all'articolo 7 del presente decreto, che risultino in esubero all'esito della soppressione e incorporazione degli enti di ricerca di cui al medesimo articolo 7, sono trasferiti a domanda all'ISTAT in presenza di vacanze risultanti anche a seguito di apposita rimodulazione dell'organico e con le modalità ivi indicate. Resta fermo il limite finanziario dell'80 per cento di cui all'articolo 1, comma 643, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

9. Agli oneri derivanti dai commi 6 e 7, nonché a quelli derivanti dalle ulteriori attività previste dal regolamento di cui all'articolo 17, comma 2, del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, in legge 20 novembre 2009, n. 166, si provvede nei limiti dei complessivi stanziamenti previsti dal citato articolo 17.


 

 

L'articolo 50 reca la disciplina relativa al 15° censimento generale della popolazione e delle abitazioni; al 9° censimento generale dell'industria e dei servizi e al censimento delle istituzioni no profit, nonché al 6° censimento generale dell'agricoltura.

Il comma 1 , in particolare, indice:

-        il 15° Censimento generale della popolazione e delle abitazioni, di cui al Regolamento (CE) 9 luglio 2008, n. 763/08[202];

-        il 9° censimento generale dell'industria e dei servizi;

-        il censimento delle istituzioni non-profit.

A tal fine, la norma autorizza la spesa di 200 milioni di euro per l'anno 2011, di 277 milioni per l'anno 2012 e di 150 milioni per l'anno 2013.

 

Sotto il profilo normativo, si segnala che gli ultimi censimenti generali della popolazione, delle abitazioni, dell'industria e dei servizi sono stati disciplinati, a livello generale, dall'art. 37 della legge 17 maggio 1999, n. 144, nonché da altre normative nazionali e comunitarie, e il censimento generale della popolazione è menzionato anche dagli artt. 56 e 57 della Costituzione; in particolare l'art. 37 ha disciplinato l'attività censuaria del 2000-2001 rinviando la fissazione delle regole per il suo svolgimento ad uno o più regolamenti di attuazione, da emanarsi ai sensi dell'art. 17,comma 1 della legge 400/88. In attuazione di tale rinvio è stato emanato il D.P.R. 22 maggio 2001 n. 276 recante il regolamento di esecuzione del 14° censimento della popolazione, del censimento generale delle abitazioni e dell' 8° censimento dell'industria e dei servizi. Tale articolo ha dispostol'esecuzione del quinto censimento generale dell'agricoltura, che ha avuto luogo nel corso dell'anno 2001 (il precedente censimento dell'agricoltura, svoltosi nel corso del 1990, è stato disposto dalla legge 2 maggio 1990, n. 103). È al comma 2 che il citato articolo ha, poi, disciplinato, l’organizzazione dei censimenti in generale.

In materia di rilevazioni statistiche, si rammenta che il D.Lgs. n. 322 del 1989ha istituito il Sistema Statistico Nazionale (SISTAN), che mira a razionalizzare la produzione e la diffusione dell'informazione statistica ufficiale mediante un disegno di coordinamento organizzativo e funzionale che coinvolge l'intera organizzazione pubblica.

Una posizione centrale nel SISTAN è riservata all’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) che si pone quale punto di riferimento di tutta l'attività, e al quale sono innanzitutto affidate le tradizionali attribuzioni in materia di elaborazione statistica, dall'esecuzione dei censimenti e di altre importanti rilevazioni (ad esempio, le indagini campionarie sulle famiglie e sulle imprese), alla pubblicazione e diffusione delle ricerche e degli studi effettuati da esso o da altri uffici del SISTAN che non possano provvedervi direttamente. In particolare, gli uffici di statistica presso le amministrazioni centrali dello Stato e presso le aziende autonome sono posti alle dipendenze funzionali dell'ISTAT, il quale esercita poteri di indirizzo e coordinamento nei confronti degli uffici statistici regionali e delle province autonome.

 

Il comma 2 attribuisce all'ISTAT il compito di organizzare i censimenti suddetti.

 

Si ricorda che, ai sensi dell'art. 15, comma 1, lettere b), c) ed e) del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322[203], l'ISTAT, tra l'altro, provvede:

a)       alla esecuzione dei censimenti e delle altre rilevazioni statistiche previste dal programma statistico nazionale ed affidate alla esecuzione dell'Istituto;

b)       all'indirizzo e al coordinamento delle attività statistiche degli enti ed uffici facenti parte del Sistema statistico nazionale;

c)       alla predisposizione delle nomenclature e metodologie di base per la classificazione e la rilevazione dei fenomeni di carattere demografico, economico e sociale. Le nomenclature e le metodologie sono vincolanti per gli enti ed organismi facenti parte del Sistema statistico nazionale.

 

I censimenti saranno organizzati attraverso il Piano generale di censimento e apposite circolari, nonché mediante specifiche intese con le Province autonome di Trento e di Bolzano per i territori di competenza e nel rispetto della normativa vigente.

Il Piano generale di censimento stabilisce:

-       la data di riferimento dei dati;

-       gli obiettivi;

-       il campo di osservazione;

-       le metodologie di indagine e le modalità di organizzazione ed esecuzione delle operazioni censuarie;

-       gli adempimenti cui sono tenuti i rispondenti nonché gli uffici di censimento, singoli o associati, preposti allo svolgimento delle procedure di cui agli artt. 7 e 11 del decreto legislativo 322/1989;

-       gli obblighi delle amministrazioni pubbliche all'ISTAT di basi dati amministrative relative a soggetti costituenti unità di rilevazione censuaria.

Il Piano generale di censimento e le circolari a cui la norma fa riferimento, stabiliscono:

-       le modalità di costituzione degli uffici di censimento, singoli o associati, preposti allo svolgimento delle operazioni censuarie e i criteri di determinazione e ripartizione dei contributi agli organi di censimento, i criteri per l'affidamento di fasi della rilevazione censuaria a enti e organismi pubblici e privati, d'intesa con la Conferenza Unificata, sentito il Ministero dell'economia e delle finanze;

-       in ragione delle peculiarità delle rispettive tipologie di incarico, le modalità di selezione ed i requisiti professionali del personale con contratto a tempo determinato, nonché le modalità di conferimento dell'incarico di coordinatore e rilevatore, anche se con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, limitatamente alla durata delle operazioni censuarie e comunque con scadenza entro il 31 dicembre 2012, d'intesa con il Dipartimento della Funzione pubblica e il Ministero dell'economia e delle finanze;

-       i soggetti tenuti all'obbligo di risposta, il trattamento dei dati e la tutela della riservatezza, le modalità di diffusione dei dati, anche con frequenza inferiore alle tre unità, ad esclusione dei dati sensibili e giudiziari di cui all’art. 22 del Codice della privacy (decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196), e la comunicazione dei dati elementari ai soggetti facenti parte del SISTAN, nel rispetto del suddetto decreto legislativo n. 322/89 e successive modifiche e del codice di deontologia e di buona condotta per i trattamenti di dati personali a scopi statistici e di ricerca scientifica, nonché la comunicazione agli organismi di censimento dei dati elementari, privi di identificativi e previa richiesta all’ISTAT, relativi ai territori di rispettiva competenza e necessari per lo svolgimento delle funzioni istituzionali, nel rispetto di quanto stabiliti dal presente articolo e dalla normativa vigente in materia di trattamento dei dati personali a scopi statistici;

-       limitatamente al 15º Censimento generale della popolazione e delle abitazioni, le modalità per il confronto contestuale alle operazioni censuarie tra dati rilevati al censimento e dati contenuti nelle anagrafi della popolazione residente, nonché, d’intesa con il Ministero dell’interno, le modalità di aggiornamento e revisione delle anagrafi della popolazione residente sulla base delle risultanze censuarie.

 

Il comma 3 esclude dal Patto di stabilità interno, nei limiti delle risorse trasferite dall'ISTAT, le spese derivanti dalla progettazione ed esecuzione del censimento per gli enti territoriali ai quali il Piano generale di censimento affida fasi di rilevazioni censuarie.

Per gli enti territoriali per i quali il Patto di stabilità interno è regolato con riferimento al saldo finanziario sono escluse dalle entrate valide ai fini del Patto anche le risorse trasferite dall'ISTAT.

Il presente comma è stato modificato in corso di esame presso il Senato (emendamento 1.10000 del Governo), al fine di chiarire che quanto da esso previsto si applica anche agli enti territoriali individuati dal Piano generale del 6° censimento dell'agricoltura.

 

Il comma 4 autorizza l’ISTAT e gli enti e gli organismi pubblici, indicati nel Piano generale di censimento, ad avvalersi di forme contrattuali flessibili, ivi compresi i contratti di somministrazione di lavoro.

Il ricorso alle forme contrattuali flessibili deve avvenire nell’ambito e nei limiti delle risorse finanziarie ad essi assegnate ai sensi del comma 1 dell'articolo in esame, limitatamente alla durata delle operazioni censuarie e, comunque, non oltre il 2013.

Nei limiti delle medesime risorse, il solo ISTAT può avvalersene fino al 31 dicembre 2014, dando apposita comunicazione dell’avvenuto reclutamento al Dipartimento della funzione pubblica ed al Ministero dell’economia e delle finanze.

 

Nel quadro più generale delle misure volte a liberalizzare il mercato del lavoro, rientra senz’altro quella relativa all'introduzione di ulteriori elementi di flessibilità nel mercato del lavoro, attraverso l’ampliamento della possibilità di ricorrere a forme contrattuali diverse dal contratto a tempo pieno ed indeterminato. Tale linea di intervento è stata perseguita sia attraverso l’introduzione di nuovi tipi di contratto di lavoro flessibile (lavoro intermittente, lavoro ripartito, lavoro occasionale, contratto di inserimento, contratto di somministrazione, che ha preso il posto del contratto di fornitura di lavoro interinale), sia attraverso modifiche normative tese ad agevolare e promuovere il ricorso a forme contrattuali già previste, quali il lavoro temporaneo, il contratto part-time e l’apprendistato, le collaborazioni coordinate e continuative legate ad uno specifico progetto. Disciplinato dalla legge 276/2003, recante "Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30" (artt. 20-28), il contratto di somministrazione di lavoro è l’accordo per la fornitura professionale di manodopera fatto tra un’azienda utilizzatrice e una impresa fornitrice autorizzata (agenzia del lavoro). Può essere stipulato da chiunque e per qualsiasi settore economico; nelle P.A. il ricorso alla somministrazione di lavoro è ammessa solo a tempo determinato.

 

Ai sensi del comma 5, la determinazione della popolazione legale è definita con decreto del Presidente della Repubblica sulla base dei dati del censimento relativi alla popolazione residente, come definita dal decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223[204].

Nelle more dell’adozione del Piano generale di censimento, l’ISTAT provvede alle iniziative necessarie e urgenti preordinate ad effettuare:

-        la rilevazione sui numeri civici geocodificati alle sezioni di censimento nei comuni con popolazione residente non inferiore a 20.000 abitanti;

-        la predisposizione di liste precensuarie di famiglie e convivenze desunte dagli archivi di anagrafi comunali attraverso apposite circolari.

Con apposite circolari e nel rispetto della riservatezza, l’ISTAT stabilisce la tipologia ed il formato dei dati individuali nominativi dell’anagrafe della popolazione residente, utili per le operazioni censuarie, che i Comuni devono fornire all’ISTAT.

Il Ministero dell’Interno vigila sulla corretta osservanza da parte dei Comuni dei loro obblighi di comunicazione, anche ai fini dell’eventuale esercizio dei poteri sostitutivi di cui agli artt. 14, comma 2, e 54, commi 3 e 11, del Testo unico degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

Si ricorda brevemente che il citato art. 14 del TUEL disciplina i compiti del comune per quanto concerne i servizi di competenza statale stabilendo, al comma 2, che le relative funzioni sono esercitate dal sindaco quale ufficiale del Governo, ai sensi dell'art. 54.

L’art. 54 del TUEL, al comma 3 cit., prevede che il sindaco, quale ufficiale del Governo, sovrintende alla tenuta dei registri di stato civile e di popolazione e agli adempimenti demandatigli dalle leggi in materia elettorale, di leva militare e di statistica e, al comma 11, che nel caso di inerzia del sindaco o del suo delegato nell'esercizio, tra le altre, di tali funzioni, il prefetto può intervenire con proprio provvedimento

 

Il comma in esame, attraverso una novella all'art. 1, comma 6, della legge 24 dicembre 1954, n. 1228[205], stabilisce che le informazioni sulle persone residenti in Italia alle quali le amministrazioni pubbliche devono potere aver accesso grazie alla circolarità delle informazioni anagrafiche promossa dall'Indice nazionale delle anagrafi (INA) non si limitano alle sole generalità, come previsto dalla formulazione precedente all'entrata in vigore del provvedimento in esame, ma riguardano anche:

§         la cittadinanza;

§         la famiglia anagrafica e

§         l'indirizzo anagrafico.

Con decreto del Ministro dell'interno, ai sensi dell'art. 17, comma 3, della legge 400/1988, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica e il Ministro per l'innovazione e le tecnologie, sentiti il Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA, oggi DigitPA), il Garante per la protezione dei dati personali e l'ISTAT, da adottare entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame, sono emanate le disposizioni volte ad armonizzare il regolamento di gestione dell’INA con quanto previsto dal comma in esame.

 

Il comma 6 dispone che, nelle more dell’entrata in vigore del regolamento di cui all’art. 17 del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135[206] (regolamento recante le modalità di organizzazione e di esecuzione del 6° censimento dell'agricoltura, v. infra) e in attuazione del Protocollo di intesa sottoscritto dall’ISTAT e dalle Regioni e dalle Regioni e Province Autonome in data 17 dicembre 2009:

a)      l’ISTAT organizza le operazioni censuarie, nel rispetto del regolamento (CE) n. 1166/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008[207], e del predetto Protocollo, secondo il Piano Generale di Censimento di cui al numero Istat SP/1275.2009 del 23 dicembre 2009 e relative circolari applicative che individuano anche gli enti e gli organismi pubblici impegnati nelle operazioni censuarie;

b)      le Regioni organizzano e svolgono le attività loro affidate secondo i rispettivi Piani di censimento e attraverso la scelta, prevista dal Piano Generale di Censimento, tra il modello ad alta partecipazione o a partecipazione integrativa, alla quale corrisponde l’erogazione di appositi contributi;

c)      l’ISTAT, gli enti e gli organismi pubblici impegnati nelle operazioni censuarie sono autorizzati, ai sensi del predetto art. 17, comma 4, del decreto-legge 135/2009 ad avvalersi delle forme contrattuali flessibili ivi previste limitatamente alla durata delle operazioni censuarie e comunque non oltre il 2012. Della avvenuta selezione, assunzione o reclutamento da parte dell’ISTAT è data apposita comunicazione al Dipartimento della funzione pubblica ed al Ministero dell’economia e delle finanze.

 

Ai sensi del comma 7, gli organi preposti allo svolgimento delle operazioni del 6º censimento generale dell’agricoltura sono autorizzati a conferire, per lo svolgimento dei compiti di rilevatore e coordinatore, anche incarichi di natura autonoma limitatamente alla durata delle operazioni censuarie e comunque non oltre il 31 dicembre 2011.

Il reclutamento dei coordinatori intercomunali di censimento e gli eventuali loro responsabili avviene, secondo le modalità previste dalla normativa e dagli accordi di cui al comma in esame e dalle circolari emanate dall’ISTAT, tra i dipendenti dell’amministrazione o di altre amministrazioni pubbliche territoriali o funzionali, nel rispetto delle norme regionali e locali ovvero tra personale esterno alle pubbliche amministrazioni.

L’ISTAT provvede con proprie circolari alla definizione dei requisiti professionali dei coordinatori intercomunali di censimento e degli eventuali loro responsabili, nonché dei coordinatori comunali e dei rilevatori in ragione delle peculiarità delle rispettive tipologie di incarico.

 

Il comma 8, è stato interamente riformulato nel corso dell’esame presso il Senato (emendamento 1.10000 del Governo) e prevede che, al fine di ridurre l'utilizzo di soggetti estranei alla pubblica amministrazione per il perseguimento dei fini di cui al comma 1, i ricercatori, i tecnologi e il personale tecnico di ruolo dei livelli professionali IV-VI degli enti di ricerca e di sperimentazione di cui all'articolo 7, che risultino in esubero all'esito della soppressione e incorporazione degli enti di ricerca di cui al medesimo articolo 7, viene trasferito, a domanda, all'ISTAT in presenza di vacanze risultanti anche a seguito di apposita rimodulazione dell'organico e con le modalità ivi indicate.

Resta, ad ogni modo, fermo il limite finanziario dell'80% per il turn over degli enti di ricerca di cui all'art. 1, comma 643, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Legge finanziaria per il 2007). Si precisa, infine, che dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Il comma 9 stabilisce che agli oneri derivanti dai commi 6 e 7, nonché a quelli derivanti dalle ulteriori attività previste dal già menzionato regolamento di organizzazione ed esecuzione del 6° censimento dell'agricoltura di cui all’art. 17, comma 2, D.L. n. 135/2009, si provvede nei limiti dei complessivi stanziamenti previsti dal citato art. 17.

 

L'art. 17 del decreto-legge 135/2009, in considerazione della necessità e urgenza di far fronte agli obblighi comunitari di cui al già menzionato regolamento (CE) n. 1166/2008, ha autorizzato la spesa di euro 128.580.000 per l'anno 2010 in favore dell'ISTAT per l'esecuzione del 6° Censimento generale dell'agricoltura. Con regolamento di esecuzione da emanarsi ai sensi dell'art. 17, co. 1, della legge 400/1988, sono stabilite, nel rispetto degli obblighi di rilevazione derivanti dalla normativa nazionale e comunitaria, avuto riguardo ai dati contenuti nel Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN), la data di riferimento delle informazioni censuarie, le modalità di organizzazione ed esecuzione del censimento, il campo di osservazione, i criteri per l'affidamento di fasi della rilevazione censuaria ad enti od organismi pubblici e privati, i soggetti tenuti all'obbligo di risposta, i criteri di determinazione e ripartizione dei contributi agli organi di censimento, le modalità di selezione di personale con contratto a tempo determinato, nonché le modalità di conferimento dell'incarico di coordinatore e rilevatore, anche con contratti di collaborazione coordinata e continuativa con scadenza entro il 31 dicembre 2011 limitatamente alla durata delle operazioni censuarie, le modalità di diffusione dei dati, la comunicazione dei dati elementari agli organismi a cui è affidata l'esecuzione dei censimenti. Per le regioni individuate dal regolamento di esecuzione come affidatarie di fasi della rilevazione censuaria, le spese derivanti dalla progettazione ed esecuzione del censimento sono escluse dal Patto di stabilità interno, nei limiti delle risorse trasferite dall'ISTAT. Per far fronte alle esigenze temporanee ed eccezionali connesse all'esecuzione del censimento, l'ISTAT, gli enti e gli organismi pubblici, indicati nel regolamento, possono avvalersi delle forme contrattuali flessibili, ivi compresi i contratti di somministrazione di lavoro, nell'ambito e nei limiti delle risorse finanziarie ad essi assegnate, limitatamente alla durata delle operazioni censuarie e, comunque, non oltre il 2012.


Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo ascrive alla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Maggiori spese correnti

/

200

277

150

/

200

277

150

/

200

277

150

 

La relazione tecnica allegata al testo originario, dopo aver descritto il contenuto delle disposizioni, afferma, in relazione al comma 3, che la norma, prevedendo l’esclusione dal patto di stabilità interno per gli enti territoriali affidatari di fasi delle rilevazioni censuarie, delle spese derivanti dalla progettazione ed esecuzione dei censimenti nei limiti delle risorse trasferite dall’ISTAT, non comporta effetti finanziari diretti.

In riferimento ai commi 6 e seguenti, concernenti l’avvio delle operazioni necessarie per l’esecuzione del 6° censimento dell’agricoltura, la relazione afferma che le relative disposizioni non comportano oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica essendo esplicitamente prevista dall’art. 17, comma 5, del D.L. n. 135/2009[208] la copertura degli oneri derivanti dalle attività previste.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento presentato al Senato, in relazione alla modifica apportata al comma 3 (che estende la disposizione anche agli enti territoriali individuati dal Piano generale del 6° censimento dell’agricoltura di cui al numero ISTAT SP/1275.2009), afferma che la norma non comporta effetti sui saldi di finanza pubblica in quanto le esclusioni dal patto sono comunque rapportate ai trasferimenti dell’ISTAT già scontati in termini di finanza pubblica.

Con riferimento alle modifiche apportate al comma 8 (concernente  le qualifiche del personale che viene trasferito all’ISTAT), la relazione tecnica afferma che queste non comportano oneri per la finanza pubblica.

 

In merito ai profili di quantificazione, pur rilevando che la norma di spesa è configurata come un’autorizzazione, per cui l’onere è limitato all’entità dello stanziamento, si osserva che appare necessario acquisire i dati e gli elementi posti alla base della quantificazione dell’onere medesimo (comma 1), al fine di poter effettuare una valutazione in merito alla congruità delle risorse stanziate ed escludere la necessità di disporre finanziamenti aggiuntivi. In proposito andrebbero tra l’altro forniti maggiori dettagli in merito ai costi delle singole attività che devono essere organizzate attraverso la messa a punto da parte dell’ISTAT del Piano generale di censimento di cui al comma 2.

Con riferimento al comma 3, si osserva che per gli esercizi 2010-2011, anni di vigenza del patto di stabilità, la disposizione non appare suscettibile di determinare effetti finanziari, nel presupposto che le spese a carico degli enti territoriali, derivanti dalla progettazione ed esecuzione dei censimenti, siano effettuate nello stesso esercizio finanziario in cui le risorse a ciò destinate vengono trasferite dall’ISTAT agli enti medesimi. Si segnala, peraltro, che a decorrere dal 2012 la normativa vigente non fa più riferimento al patto di stabilità interno. Sul punto sarebbe opportuno un chiarimento.

In merito alla disposizione di cui al comma 4, si rileva che la stessa prevede la facoltà per l’ISTAT di avvalersi di forme contrattuali flessibili sino al 31 dicembre 2014, mentre l’autorizzazione di spesa recata dal comma 1 viene disposta limitatamente al triennio 2011-2013. Andrebbero , pertanto, chiariti gli effetti della disposizione suddetta con riferimento ai saldi di finanza pubblica. Inoltre, andrebbe escluso il rischio di una stabilizzazione del personale interessato, per effetto del superamento dei limiti temporali stabiliti per il lavoro a tempo determinato dal d.lgs. 368/2001, in attuazione della normativa comunitaria.

Si rileva, inoltre, che sarebbe opportuna una conferma da parte del Governo in merito alla possibilità per l’INA (Indice nazionale delle anagrafi) di far fronte agli adempimenti disposti dal comma 5 nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente.

In relazione, invece, al contenuto dei commi 6 e  7, circa le attività connesse allo svolgimento del 6° censimento generale dell’agricoltura, in funzione delle quali vengono autorizzate sia forme contrattuali flessibili non oltre il 2012, sia  conferimenti di incarichi di natura autonoma non oltre il 31 dicembre 2011, si rileva, come già segnalato nel corso dell’esame dell’art. 17 del D.L. n. 135/2009[209],  che tale articolo finanzia interventi di analoga durata, disponendo un’autorizzazione di spesa limitata al 2010.

In occasione dell’esame del citato articolo 17, il Governo ha peraltro affermato che i limiti temporali sono da considerarsi dei limiti massimi e che non si esclude che gli stessi contratti, senza alcun pregiudizio per il bilancio dello Stato, possano avere una durata contenuta nell’ambito del 2010.

Andrebbe, pertanto, acquisita conferma circa l’assenza di effetti sui saldi di finanza pubblica, anche con riferimento alle disposizioni in esame.

Nulla da osservare, invece, in merito al comma 8, come modificato nel corso dell’esame al Senato, tenuto conto che la norma, tra l’altro, mantiene i limiti alle assunzioni previsti dall’art. 1, comma 643, della legge finanziaria 2007[210].


 

Articolo 51, commi 1-5
(Semplificazione dell'installazione di piccoli impianti di distribuzione di gas naturale)

 


1. L'installazione di impianti fissi senza serbatoi d'accumulo derivati da rete domestica adibiti al rifornimento a carica lenta di gas naturale per autotrazione è subordinata alla presentazione di una dichiarazione d'inizio attività, disciplinata dalle disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 12 gennaio 1998, n. 37 ed in coerenza con gli effetti di cui al comma 5 del presente articolo da presentare al Comando provinciale dei Vigili del fuoco territorialmente compe­tente.

2. Fatta salva la disciplina comunitaria in materia di prodotti, l'installazione e l'esercizio di apparecchi fissi senza serbatoio di accumulo per il rifornimento a carica lenta di gas naturale, per autotrazione, con una capacità di compressione non superiore a 3 m3/h sono disciplinati, ai sensi degli articoli 14 e 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, con decreto del Ministro dell'interno da adottarsi entro centoventi giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

3. L'impianto, costituito dall'appare­cchio, dalla condotta di adduzione del gas e della linea elettrica di alimentazione, deve essere rispondente ai requisiti di cui alla legge 6 dicembre 1971, n. 1083, e successive modifiche, per quanto riguarda l'impiego del gas naturale, e di cui alla legge 1o marzo 1968, n. 186, e successive modifiche, per quanto riguarda l'alimentazione elettrica.

4. Sono abilitate all'installazione, allo smontaggio e alla manutenzione dell'impianto le imprese aventi i requisiti stabiliti dal decreto adottato ai sensi dell'articolo 11-quaterdecies, comma 13, lettera a), del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, che risultano iscritte presso la Camera di commercio, industria ed artigianato e che esercitano le attività di:

    a) impianti di produzione, di trasporto, di distribuzione e di utiliz­zazione dell'energia elettrica all'interno degli edifici a partire dal punto di consegna dell'energia fornita dall'ente distributore;

    b) impianti per il trasporto e l'utilizzazione di gas allo stato liquido o aeriforme all'interno degli edifici a partire dal punto di consegna del combustibile gassoso fornito dall'ente distributore.

5. Gli impianti aventi i requisiti previsti dal presente articolo, non necessitano, in ogni caso, di autorizzazione in materia di prevenzione incendi. È fatta salva la possibilità da parte dell'autorità compe­tente per la prevenzione incendi, di effettuare controlli, anche a campione, ed emettere prescrizioni. La mancata esibizione della dichiarazione di conformità dell'impianto, in occasione dei controlli, comporta l'applicazione delle sanzioni, in relazione alla tipologia di attività in cui viene accertata la violazione, previste dal decreto adottato ai sensi dell'articolo 11-quaterdecies, comma 13, lettera a), del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248 e del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758.


 

 

L'articolo 51, ai commi da 1 a 5, introduce misure di semplificazione delle procedure per l'installazione di impianti di rifornimento del gas naturale (metano) al fine di promuovere l'utilizzo degli autoveicoli alimentati con tale combustibile, che - oltre a ridurre l'inquinamento ambientale - consentono un risparmio economico. L'eliminazione di una serie di adempimenti considerati inutili dovrebbe promuovere la formazione sul territorio di una rete capillare di distributori per autoveicoli a metano, attualmente composta da circa 750 stazioni.

Secondo la relazione illustrativa la norma in esame rende possibile installare i suddetti impianti di rifornimento con una semplice dichiarazione di inizio attività, ed inoltre elimina la necessità del preventivo rilascio di una autorizzazione antincendio, fermi restando i poteri dell’autorità competente di effettuare controlli ed emettere prescrizioni, nonché l’obbligo per l’impresa installatrice di rilasciare al committente, al termine dei lavori, la dichiarazione di conformità degli impianti alla normativa vigente, la cui mancata esibizione comporta l’applicazione di apposite sanzioni amministrative pecuniarie.

Si ricorda che presso la X Commissione Attività produttive della Camera è in esame la proposta di legge A.C. 2172 contenente ”Disposizioni in materia di utilizzo del metano come carburante per autotrazione" (abbinata con le pdl A.C. 1016 e A.C. 2843).

In particolare, ai sensi del comma 1l'installazione di impianti fissi senza serbatoi d'accumulo derivati da rete domestica adibiti al rifornimento a carica lenta di gas naturale per autotrazione è subordinata alla presentazione al Comando dei vigili del fuoco territorialmente competente, in coerenza con gli effetti di cui al comma 5 dell’articolo in esame, di una dichiarazione di inizio attività, disciplinata dal decreto del Presidente della Repubblica n. 37 del 1998[211].

Si ricorda che il D.P.R. 37/1998 disciplina i procedimenti di controllo delle condizioni di sicurezza per la prevenzione incendi attribuiti alla competenza dei comandi provinciali dei vigili del fuoco, per le fasi relative all’esame dei progetti, agli accertamenti sopralluogo, all’esercizio delle attività soggette a controllo, all’approvazione delle deroghe alla normativa di conformità. Nel suo ambito di applicazione rientrano tutte le attività soggette alle visite ed ai controlli di prevenzione incendi di cui al decreto del Ministro dell’interno 16 febbraio 1982.

Secondo tale decreto ministeriale, i locali, le attività, i depositi, gli impianti e le industrie pericolose i cui progetti sono soggetti all'esame e parere preventivo dei comandi provinciali dei vigili del fuoco ed il cui esercizio è soggetto a visita e controllo ai fini del rilascio del «Certificato di prevenzione incendi», nonché la periodicità delle visite successive, sono determinati come dall'elenco allegato che, controfirmato dal Ministro dell'interno e dal Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, forma parte integrante del presente decreto. In tale elenco rientrano, tra gli altri, gli impianti di distribuzione di gas combustibili per autotrazione (punto 7 dell’elenco), per i quali le visite successive sono previste ogni 6 anni.

Al fine di garantire l’uniformità delle procedure nonché la trasparenza e la speditezza dell’attività amministrativa, le modalità di presentazione delle domande per l’avvio dei procedimenti oggetto del D.P.R. 37/1998, il contenuto delle stesse e la relativa documentazione da allegare sono disciplinate dal decreto del Ministro dell’interno 4 maggio 1998.

Secondo l’articolo 3, comma 5, del D.P.R. 37/1998, l'interessato, in attesa del sopralluogo, può presentare al comando una dichiarazione, corredata da certificazioni di conformità dei lavori eseguiti al progetto approvato, con la quale attesta che sono state rispettate le prescrizioni vigenti in materia di sicurezza antincendio e si impegna al rispetto degli obblighi di cui all'articolo 5.

Tale dichiarazione di inizio attività, ai sensi dell’articolo 3 del D.M. 4 maggio 1998, è redatta in duplice copia, di cui una in bollo, secondo il modello riportato nell’allegato 3 del medesimo decreto. La suddetta dichiarazione va resa come atto notorio o dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, secondo le forme di legge, e – secondo l’articolo 5 del Ministero dell'interno 9 maggio 2007 - è comprensiva anche della dichiarazione in merito all'attuazione del programma relativo al sistema di gestione della sicurezza antincendio.

Il comando rilascia all'interessato contestuale ricevuta dell'avvenuta presentazione della dichiarazione che costituisce, ai soli fini antincendio, autorizzazione provvisoria all'esercizio dell'attività.

Non risulta di immediata comprensione il richiamo al regolamento recato dal D.P.R. 37/1998, atteso che si tratta di impianti esclusi, ai sensi del comma 5, dalla necessità di autorizzazione. Inoltre la dichiarazione d'inizio attività disciplinata dal regolamento all'articolo 3, comma 5, si inquadra nel procedimento di rilascio del certificato di prevenzione incendi e costituisce autorizzazione provvisoria all'esercizio dell'attività ai soli fini antincendio. Infine, il decreto del Ministro dell’interno 16 febbraio 1982 richiamato dal citato regolamento elenca espressamente gli impianti di distribuzione di gas combustibili per autotrazione tra quelli sono soggetti all'esame e parere preventivo dei comandi provinciali, e andrebbe quindi modificato per prevedere l’esclusione di quelli oggetto della norma in esame. Appare pertanto necessario verificare il coordinamento fra le disposizioni richiamate.

Il comma 2 riguarda il caso di impianti con capacità di compressione non superiore a 3 metri cubi all'ora. Tali impianti sono disciplinati, ai sensi degli articoli 14 e 15 del decreto legislativo n. 139 del 2006[212], con decreto del Ministro dell'interno, da adottarsi entro 120 giorni dalla data della pubblicazione del decreto-legge in esame.

Si ricorda che il richiamato articolo 14 affida alla competenza esclusiva del Ministero dell'interno la prevenzione incendi, mentre l'articolo 15 disciplina le modalità di emanazione delle norme tecniche di prevenzione incendi da parte del Ministro con proprio decreto.

Il comma 3 disciplina la composizione e i requisiti dell'impianto, richiedendo la conformità - per la parte relativa al gas - alla legge n. 1083 del 1971[213] e - per la parte elettrica - alla legge n. 186 del 1968[214].

Il comma 4 prevede che l'installazione, lo smontaggio e la manutenzione degli impianti sono affidate alle imprese aventi i requisiti di cui al decreto adottato ai sensi dell'articolo 11-quaterdecies, comma 13, lettera a), del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203[215], che risultano iscritte presso la camera di commercio e che esercitano le attività di:

a)      impianti di produzione, di trasporto, di distribuzione e di utilizzazione dell’energia elettrica all’interno degli edifici a partire dal punto di consegna dell’energia fornita dall’ente distributore;

b)      impianti per il trasporto e l’utilizzazione di gas allo stato liquido o aeriforme all’interno degli edifici a partire dal punto di consegna del combustibile gassoso fornito dall’ente distributore.

Si ricorda che il richiamato articolo 11-quaterdecies, comma 13, demanda a uno o più regolamenti del Ministro delle attività produttive (ora Ministro dello sviluppo economico), fra l'altro, il riordino delle disposizioni in materia di attività di installazione degli impianti all'interno degli edifici (lettera a)). In sua attuazione di tale disposizione, è stato emanato il regolamento di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 22 gennaio 2008, n. 37[216].

Le imprese abilitate secondo l’articolo 3 di tale regolamento devono essere iscritte nel registro delle imprese o nell'Albo provinciale delle imprese artigiane, e l'imprenditore individuale o il legale rappresentante ovvero il responsabile tecnico da essi preposto con atto formale deve essere in possesso dei requisiti professionali di cui all'articolo 4 che sono, in alternativa:

a)       diploma di laurea in materia tecnica specifica conseguito presso una università statale o legalmente riconosciuta;

b)       diploma o qualifica conseguita al termine di scuola secondaria del secondo ciclo con specializzazione relativa all’installazione degli impianti all’interno degli edifici, presso un istituto statale o legalmente riconosciuto, seguiti da un periodo di inserimento, di almeno due anni continuativi, alle dirette dipendenze di una impresa del settore.

c)       titolo o attestato conseguito ai sensi della legislazione vigente in materia di formazione professionale, previo un periodo di inserimento, di almeno quattro anni consecutivi, alle dirette dipendenze di una impresa del settore.

d)       prestazione lavorativa svolta, alle dirette dipendenze di una impresa abilitata nel ramo di attività cui si riferisce la prestazione dell'operaio installatore per un periodo non inferiore a tre anni, escluso quello computato ai fini dell'apprendistato e quello svolto come operaio qualificato, in qualità di operaio installatore con qualifica di specializzato nelle attività di installazione, di trasformazione, di ampliamento e di manutenzione degli impianti installati all’interno degli edifici.

Si ricorda infine che di recente il decreto del Ministero dello sviluppo economico 19 maggio 2010 (G.U. n. 161 del 13 luglio 2010) ha modificato gli allegati al decreto 22 gennaio 2008, n. 37.

 

Ai sensi del comma 5, gli impianti in esame non necessitano di autorizzazione in materia di prevenzione incendi (cfr. quanto osservato relativamente al comma 1), ferma restando la possibilità di controlli a campione, emissione di prescrizioni e irrogazione di sanzioni da parte dell'autorità competente per la prevenzione incendi. La mancata esibizione della dichiarazione di conformità dell'impianto[217], in occasione dei controlli, comporta l'applicazione delle sanzioni, in relazione alla tipologia di attività in cui viene accertata la violazione, previste dall’articolo 15 del decreto del Ministro dello sviluppo economico 22 gennaio 2008, n. 37 (cfr. supra, comma 4), e dal decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758[218].

Si segnala un refuso alla fine del comma 5: in luogo di “e del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758” occorre utilizzare le parole “e daldecreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758”.

 

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo non ascrivealla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica riferita al testo originario afferma che i commi da 1 a 5 (procedure abbreviate per l'installazione di impianti per il rifornimento di gas naturale per autotrazione) sono finalizzati esclusivamente alla semplificazione ed alla facilitazione degli approvvigionamenti.

 

In merito ai profili di quantificazione andrebbe acquisita una valutazione in ordine al possibile impatto amministrativo e finanziario delle norme di semplificazione (commi 1-5) relative all'installazione di impianti di rifornimento del metano per autotrazione. Poiché, infatti, come affermato dalla relazione illustrativa, la finalità principale delle norme riguarda la formazione sul territorio di una rete capillare di distributori per autoveicoli a metano, appare opportuno verificare la sostenibilità di tale processo dal punto di vista delle aumentate esigenze di controllo ad opera degli organi competenti in materia di sicurezza degli impianti medesimi.

 

 


 

Articolo 51, comma 6
(Aliquota di accisa per i consumi di gas destinato a piccoli impianti di distribuzione di gas naturale)

 

6. Il gas naturale destinato agli impianti di cui al comma 1 è assoggettato alle aliquota di accisa previste per il gas naturale per combustione per usi civili di cui all'allegato I annesso al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, come modificato dall'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 2 febbraio 2007, n. 26.

 

 

Il comma 6 dell’articolo 51 assoggetta il gas naturale per autotrazione destinato agli impianti fissi senza serbatoi d'accumulo, derivati da rete domestica e adibiti al rifornimento per autotrazione (di cui al comma 1 del medesimo articolo) alle aliquote di accisa previste per il gas naturale per combustione per usi civili, come determinate dall’allegato I annesso al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504[219], come modificato dall'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 2 febbraio 2007, n. 26[220].

Con la modifica introdotta, pertanto, i consumi di gas naturale destinato ai piccoli impianti di distribuzione in parola vengono assoggettati ad una aliquota di accisa maggiore di quella precedentemente prevista.

 

L'aliquota di accisa per il gas naturale per autotrazione prevista dall’allegato I al citato Testo Unico è infatti pari euro 0 per metro cubo; mentre le aliquote di accisa per il gas naturale per combustione per usi civili, come modificate dall’articolo 2 del D.Lgs. n. 36 del 2007, a decorrere dal 1° gennaio 2008 sono le seguenti:

1.       per consumi fino a 120 metri cubi annui: euro 0,044 per metro cubo;

2.       per consumi superiori a 120 metri cubi annui e fino a 480 metri cubi annui: euro 0,175 per metro cubo;

3.       per consumi superiori a 480 metri cubi annui e fino a 1560 metri cubi annui: euro 0,170 per metro cubo (3);

4.       per consumi superiori a 1560 metri cubi annui: euro 0,186 per metro cubo.

 

Per i territori del Mezzogiorno[221] le aliquote sono le seguenti:

1.       per consumi fino a 120 metri cubi annui: euro 0,038 per metro cubo;

2.       per consumi superiori a 120 metri cubi annui e fino a 480 metri cubi annui: euro 0,135 per metro cubo;

3.       per consumi superiori a 480 metri cubi annui e fino a 1560 metri cubi annui: euro 0,120 per metro cubo;

4.       per consumi superiori a 1560 metri cubi annui: euro 0,150 per metro cubo.

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo non ascrivealla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica allegata al testo originario in ordine al comma 6 (assoggettamento del predetto gas naturale alle aliquote di accisa previste per il gas naturale per combustione per usi civili), fa presente che le aliquote assegnate al prodotto sono più gravose rispetto a quelle per carburazione: dovrebbe pertanto determinarsi un incremento di gettito, che però - in ragione della limitatezza del fenomeno - dovrebbe risultare di non rilevante entità. Pertanto non vengono ascritti effetti sul gettito erariale.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno rilievi da formulare con riferimento al comma 6, che potrebbe determinare effetti finanziari positivi (in termini di incremento del gettito delle accise) sia pure di marginale entità.

 

 


 

Articolo 51, comma 7
(Proroga del termine per l’emanazione del decreto
per lo svolgimento dei servizi di taxi e noleggio con conducente)

 

7. Al comma 3 dell'articolo 2 del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, le parole: «entro e non oltre il termine di sessanta giorni decorrenti dalla data di entrata in vigore del presente decreto» sono sostituite dalle seguenti: «entro e non oltre il 31 dicembre 2010».

 

 

Il comma 7 dell’articolo 51, modificato nel corso dell’esame presso il Senato, proroga al 31 dicembre 2010 il termine per l’emanazione del decreto ministeriale che dovrà dettare disposizioni attuative delle recenti modifiche alla normativa in materia di autoservizi pubblici non di linea e definire gli indirizzi generali per l’attività di programmazione e pianificazione delle regioni in materia.

Si ricorda che l’articolo 29, comma 1-quater, del D.L. n. 207/2008[222] ha novellato alcuni articoli della legge n. 21/1992[223], recante la disciplina degli autoservizi pubblici non di linea, ovvero quelli che provvedono al trasporto collettivo od individuale di persone, con funzione complementare e integrativa rispetto ai trasporti pubblici di linea, e che vengono effettuati a richiesta, in modo non continuativo o periodico, su itinerari e secondo orari stabiliti di volta in volta. In particolare, costituiscono servizi non di linea: il servizio di taxi e il servizio di noleggio con conducente.[224]

Le disposizioni introdotte con il citato articolo 29, comma 1-quater, del D.L. n. 207/2008, riguardano specificamente il servizio di noleggio con conducente, in relazione al quale sono stati ampliati gli obblighi a carico degli esercenti ed introdotte specifiche limitazioni, prevedendo:

-        una preventiva autocertificazione per l’accesso nel territorio di altri comuni;

-        nuove modalità per il rilascio delle licenze e delle autorizzazioni, con obbligatoria disponibilità, in base a valido titolo giuridico, di una sede, di una rimessa o di un pontile situati nel territorio del comune che ha rilasciato l'autorizzazione;

-        l’obbligo di inizio e termine di ogni singolo servizio di noleggio con conducente presso la rimessa;

-        l'obbligo di compilazione e tenuta da parte del conducente di un “foglio di servizio”;

-        il divieto di sostare in posteggio di stazionamento su suolo pubblico nei comuni ove sia presente il servizio di taxi.

Con riguardo a tali disposizioni modificative, si ricorda che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha inviato al Parlamento, in data 20 febbraio 2009, una segnalazione, nella quale si afferma che le innovazioni normative recate dall’articolo 29 del decreto legge n. 207/2008 "sono suscettibili di introdurre numerosi elementi di rigidità nella disciplina che regola il servizio di noleggio con conducente, producendo, in particolare, compartimentazioni territoriali idonee a limitare sensibilmente il numero di operatori presenti su un dato Comune, con l’effetto di ridurre l’offerta dei servizi di trasporto pubblico non di linea, a danno degli utenti." La segnalazione rileva inoltre che "la portata anticoncorrenziale di tali limiti appare evidente ove si consideri che l’ampliamento dell’offerta dei servizi pubblici non di linea risponde all’esigenza di far fronte ad una domanda elevata e ampiamente insoddisfatta, soprattutto nelle aree metropolitane, di regola caratterizzate da maggiore densità di traffico e dall’incapacità del trasporto pubblico di linea e del servizio taxi a coprire interamente i bisogni di mobilità della popolazione”.[225]

L’applicazione della nuova normativa è stata più volte prorogata,[226] nelle more della ridefinizione della disciplina dettata dalla legge n. 21/1992, da effettuare nel rispetto delle competenze attribuite alle regioni e agli enti locali. L’ultima proroga, scadente il 31 marzo 2010, è stata disposta dall’articolo 5, comma 3, del D.L. n. 194/2009[227].

 

Pochi giorni prima della scadenza del termine di sospensione della decorrenza della nuova normativa, l’articolo 2, comma 3, del D.L. n. 40/2010[228] ha previsto che, ai fini della rideterminazione dei principi fondamentali di cui alla citata legge n. 21/1992, ed allo scopo di assicurare omogeneità di applicazione di tale disciplina in ambito nazionale, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, previa intesa con la Conferenza Unificata, venissero adottate disposizioni attuative, tese ad impedire pratiche di esercizio abusivo del servizio di taxi e del servizio di noleggio con conducente o non rispondenti ai principi ordinamentali che regolano la materia. Il decreto dovrebbe inoltre definire gli indirizzi generali per l’attività di programmazione e di pianificazione delle regioni, ai fini del rilascio, da parte dei comuni, dei titoli autorizzativi.

Il decreto ministeriale avrebbe dovuto essere emanato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del D.L. n. 40/2010 (ovvero entro il 25 maggio 2010). Il comma 7 in esame, nel testo originario, ha prorogato tale termine, fissandolo a centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del D.L. n. 40/2010 (ovvero entro il 24 luglio 2010). Nel corso dell’esame presso il Senato il termine per l’emanazione del decreto ministeriale è stato fissato al 31 dicembre 2010.

 

La relazione illustrativa del decreto legge evidenzia che le modifiche alla legge n. 21/1992, introdotte dal citato D.L. n. 207/2008, presentano notevoli profili di criticità, sia sotto il profilo costituzionale che comunitario, e risultano di problematica attuazione. Al fine di addivenire ad una soluzione condivisa e concordata sono in corso consultazioni sia con le istituzioni interessate che con le associazioni di categoria. La relazione conclude osservando che la norma in esame “si rende necessaria al fine di arginare la confusione che deriverebbe da un’applicazione dell’articolo 29, comma 1-quater, (del D.L. n. 207/2008) nella sua attuale formulazione, con i conseguenti effetti negativi che interesseranno gli enti locali competenti nella gestione pratica dei problemi, inevitabilmente causati dal caos interpretativo indotto dall’applicazione della predetta normativa e che si porranno, peraltro, in modo diverso nelle varie realtà territoriali coinvolte”.

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo non ascrivealla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica non considera il comma 7, recante una proroga del termine per l'adozione di disposizioni di contrasto all’esercizio abusivo dei servizi di taxi e di noleggio con conducente.

 

In merito ai profili di quantificazione andrebbe acquisita una valutazione da parte del Governo al fine di escludere possibili effetti finanziari di carattere indiretto connessi a profili di compatibilità comunitaria della proroga in esame.

La relazione illustrativa afferma, infatti, che l'adozione del decreto (la cui emanazione è oggetto della proroga) è resa necessaria in quanto la normativa vigente  “presenta profili di criticità sia sotto il profilo costituzionale che comunitario”.

 


 

Articolo 52, commi 1 e 1-ter-1-quinquies
(Fondazioni bancarie)

 


1. L'articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, si interpreta nel senso che, fino a che non è istituita, nell'ambito di una riforma organica, una nuova autorità di controllo sulle persone giuridiche private disciplinate dal titolo II del libro primo del codice civile, la vigilanza sulle fondazioni bancarie è attribuita al Ministero dell'economia e delle finanze, indipendentemente dalla circostanza che le fondazioni controllino, direttamente o indirettamente società bancarie, o partecipino al controllo di esse tramite patti di sindacato o accordi in qualunque forma stipulati. Le fondazioni bancarie che detengono partecipazioni di controllo, diretto o indiretto, in società bancarie ovvero concorrono al controllo, diretto o indiretto, di dette società attraverso patti di sindacato o accordi di qualunque tipo continuano a essere vigilate dal Ministero dell'economia e delle finanze anche dopo l'istituzione dell'autorità di cui al primo periodo.

(omissis)

1-ter. All'articolo 7, comma 3-bis, del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, le parole: «non superiore al 10 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «non superiore al 15 per cento».

1-quater. All'articolo 4 del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, dopo il comma 2 è inserito il seguente:

«2-bis. I soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo presso la fondazione non possono ricoprire funzioni di ammi­nistrazione, direzione o controllo presso la società bancaria conferitaria o sue controllate o partecipate. I soggetti che svolgono funzioni di indirizzo presso la fondazione non possono ricoprire funzioni di amministrazione, direzione o controllo presso la società bancaria conferitaria».

1-quinquies. All'articolo 10, comma 3, del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, dopo la lettera k), è aggiunta la seguente:

«k-bis) presenta, entro il 30 giugno, una relazione al Parlamento sull'attività svolta dalle Fondazioni bancarie nell'anno precedente, con riferimento, tra l'altro, agli interventi finalizzati a promuovere lo sviluppo economico-sociale nei territori locali in cui operano le medesime fondazioni».


 

 

L’articolo 52, ai commi 1, nonché ai commi da 1-ter a 1-quinquies, reca disposizioni relative alle fondazioni bancarie.

 

Il comma 1, con interpretazione autentica dell’articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153[229], attribuisce al Ministero dell'economia e delle finanze la vigilanza su tutte le fondazioni bancarie.

 

L'articolo 10 del decreto legislativo n. 153 del 1999 disciplina organi, finalità e modalità della vigilanza sulle fondazioni. In particolare (comma 1), fino all'entrata in vigore della nuova disciplina dell'autorità di controllo sulle persone giuridiche (di cui al titolo II del libro primo del codice civile) ed anche successivamente, finché ciascuna fondazione rimarrà titolare di partecipazioni di controllo, diretto o indiretto, in società bancarie ovvero concorrerà al controllo, diretto o indiretto, di dette società attraverso la partecipazione a patti di sindacato o accordi di qualunque tipo, la vigilanza sulle fondazioni è attribuita al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.

 

Per effetto della norma in esame, è riconosciuta in capo al Ministero dell’economia e delle finanze la vigilanza sulle fondazioni bancarie, indipendentemente dalla circostanza che esse controllino, direttamente o indirettamente, società bancarie o partecipino al loro controllo, tramite patti di sindacato o accordi di qualunque altro tipo.

Inoltre, la disposizione in commento stabilisce che la vigilanza sulle fondazioni bancarie che detengono partecipazioni di controllo, diretto o indiretto, in società bancarie o che concorrono al loro controllo, diretto o indiretto, attraverso patti di sindacato o altri accordi, continuerà ad essere esercitata dal Ministero dell'economia e delle finanze anche dopo l'istituzione dell'autorità sopra citata.

 

Il comma 1-ter, inserito durante l’esame del provvedimento al Senato, interviene – novellando l’articolo 7, comma 3-bis del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153[230] – sulla disciplina della diversificazione del patrimonio delle fondazioni bancarie, aumentando dal 10 al 15 per cento la quota di patrimonio che i predetti enti possono investire in beni immobili diversi da quelli strumentali.

 

L’articolo 7 del D.Lgs. n. 153 del 1999 (commi 1-3) impone alle fondazioni bancarie una diversificazione del rischio di investimento del patrimonio e un impiego di esso in modo tale da ottenerne un'adeguata redditività, assicurando il collegamento funzionale con le finalità istituzionali ed in particolare con lo sviluppo del territorio. Al medesimo fine, le fondazioni possono mantenere o acquisire partecipazioni non di controllo in società anche diverse da quelle aventi per oggetto esclusivo l'esercizio di imprese strumentali. Nella dismissione delle attività patrimoniali le fondazioni operano secondo criteri di trasparenza, congruità e non discriminazione. Le operazioni aventi per oggetto le partecipazioni detenute dalla fondazione nella Società bancaria conferitaria sono previamente comunicate all'Autorità di vigilanza insieme con un prospetto informativo nel quale sono illustrati i termini, le modalità, gli obiettivi e i soggetti interessati dall'operazione. Trascorsi trenta giorni dal ricevimento della comunicazione da parte dell'Autorità di vigilanza senza che siano state formulate osservazioni la fondazione può procedere alle operazioni deliberate.

Il comma 3-bis, oggetto di modifica con la norma in esame, fissa la quota massima di patrimonio che le fondazioni possono investire una quota in beni immobili diversi da quelli strumentali, consentendo loro di investire parte del loro patrimonio in beni che non producono la predetta “adeguata redditività”, ove si tratti di beni, mobili o immobili, di interesse storico o artistico con stabile destinazione pubblica o di beni immobili adibiti a sede della fondazione o allo svolgimento della sua attività istituzionale o di quella delle imprese strumentali.

 

Il comma 1-quater, anch’esso inserito durante l’esame del provvedimento al Senato – aggiungendo il comma 2-bis all’articolo 4 del predetto D.Lgs. n. 153 del 1999, in materia di organi societari – vieta ai soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo presso le fondazioni bancarie, di ricoprire funzioni di amministrazione, direzione o controllo presso la società bancaria conferitaria o le sue controllate o partecipate.

E’ inoltre espressamente previsto il divieto, per i soggetti che svolgono funzioni di indirizzo presso la fondazione, di ricoprire funzioni di amministrazione, direzione o controllo presso la società bancaria conferitaria.

La norma in commento ripristina i divieti già disposti del comma 3 del citato articolo 4 come modificato, da ultimo, dal comma 26 dell'art. 2 della legge 24 dicembre 2003, n. 350[231]; il citato comma 26 è stato però abrogatodal comma 28-duodecies dell'art. 83 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112[232].

Il comma 1-quinquies, inserito durante l’esame del provvedimento al Senato, obbliga – aggiungendo a tal fine la lettera k-bis) all’articolo 10, comma 3, del D.Lgs. n. 153 del 1999 – la predetta Autorità di vigilanza sulle fondazioni bancarie a presentare, entro il 30 giugno di ogni anno, una relazione al Parlamento sull'attività svolta dalle Fondazioni bancarie nell'anno precedente, con riferimento, tra l'altro, agli interventi finalizzati a promuovere lo sviluppo economico-sociale nei territori locali in cui operano le medesime fondazioni.

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo allegato al testo iniziale non ascrivealla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica allegata al testo iniziale afferma che la norma di interpretazione autentica, di cui al comma 1 dell’articolo in esame, si è resa necessaria al fine di ristabilire la certezza giuridica circa il potere di vigilanza attribuito dalla legge al Ministero dell’economia e delle finanze sulle fondazioni bancarie. La norma, pertanto, non determina alcun impatto sulla finanza pubblica.

 

La relazione tecnica al maxiemendamento presentato al Senato afferma che le modifiche introdotte all’articolo hanno carattere procedimentale senza effetto sui saldi.

 

In merito ai profili di quantificazione, con riguardo al complesso delle disposizioni contenute nell’articolo, non si hanno osservazioni da formulare.

 

 


 

Articolo 52, comma 1-bis
(Valutazione dei titoli)

 

1-bis. Le disposizioni dell'articolo 15, commi 13, 14 e 15, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, si applicano anche per l'esercizio in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

 

Il comma 1-bis,introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, proroga al periodo d’imposta in corso al 31 maggio 2010 l’applicazione di criteri specifici, in deroga alla disciplina generale, per la valutazione dei titoli iscritti in bilancio che non costituiscono investimenti durevoli.

In particolare, a fronte della disciplina generale contenuta nell’articolo 110 del TUIR ai sensi della quale il valore dei titoli iscritti in bilancio deve corrispondere al valore di mercato, l’articolo 15, comma 13, decreto legge n. 185 del 2008 ha disposto la possibilità di attribuire ai titoli un valore diverso da quello di mercato purché corrispondente al valore risultante dall’ultimo bilancio approvato ovvero, se disponibile, dalla relazione semestrale. Tale criterio specifico poteva essere applicato, in deroga alla disciplina generale, al periodo d’imposta in corso alla data del 29 novembre 2008, e, in base a quanto disposto dal D.M. 24 luglio 2009[233], anche al periodo d’imposta successivo (ossia al 2009 per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare).

La norma era stata introdotta in quanto, in considerazione della turbolenza dei mercati finanziari registrata nel 2008, i prezzi di scambio nei mercati potevano risultare non rappresentativi del reale valore dei titoli medesimi.

 

La facoltà di attribuire, per il periodo d’imposta in corso al 31 maggio 2010, un valore diverso da quello rilevato nei mercati finanziari interessa:

-          le società che non applicano gli International Accounting Standards – IAS (art. 15, co. 13, D.L. n. 185/2008);

-          le imprese del settore assicurativo (art. 15, co. 14 e 15, D.L. n. 185/2008) relativamente alle quali il comma 15 stabilisce l’obbligo di accantonare la quota di utili corrispondente alla mancata svalutazione dei titoli.

 


Profili finanziari

 

In merito ai profili di quantificazione, si rinvia a quanto esposto con riguardo al complesso delle disposizioni dell’art. 52.

 


 

Articolo 52-bis
(Garanzie prestate per accedere alla rateizzazione delle somme dovute a seguito di accertamento con adesione)

 

1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e fino al 3 dicembre 2011, la garanzia di cui al comma 2 dell'articolo 8 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, può essere prestata anche mediante ipoteca volontaria di primo grado per un valore, accettato dall'ammi­nistrazione finanziaria, pari al doppio del debito erariale ovvero della somma oggetto di rateizzazione.

 

 

L’articolo 52-bis, inserito durante l’esame del provvedimento al Senato, reca disposizioni relative alla garanzia richiesta al contribuente (ai sensi dell’articolo 8, comma 3 del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218[234]) per ottenere il beneficio della rateizzazione delle somme dovute all’Amministrazione finanziaria per effetto dell’accertamento con adesione, ove esse superino i 50.000 euro.

In particolare, le norme in esame consentono, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. n. 78/2010 in esame e fino al 3 dicembre 2011, di prestare detta garanzia anche mediante ipoteca volontaria di primo grado per un valore, accettato dall'amministrazione finanziaria, pari al doppio del debito erariale ovvero della somma oggetto di rateizzazione.

 

Il versamento delle somme dovute per effetto dell'accertamento con adesione (articolo 8, comma 1 del D.Lgs. n. 218 del 1997) deve essere eseguito entro venti giorni dalla redazione del relativo atto, mediante delega ad una banca autorizzata o tramite il concessionario del servizio di riscossione competente in base all'ultimo domicilio fiscale del contribuente. Il comma 2 dell’articolo 8 prevede che le somme dovute siano essere versate anche ratealmente, in un massimo di otto rate trimestrali di pari importo o in un massimo di dodici rate trimestrali se le somme dovute superano un determinato importo (cento milioni di lire, 51.646 euro). Sull'importo delle rate successive sono dovuti gli interessi al saggio legale, calcolati dalla data di perfezionamento dell'atto di adesione, e per il versamento di tali somme, se superiori a 50.000 euro, il contribuente è tenuto a prestare idonea garanzia mediante polizza fideiussoria o fideiussione bancaria ovvero rilasciata dai consorzi di garanzia collettiva dei fidi (Confidi) iscritti negli appositi elenchi (previsti dagli articoli 106 e 107 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia – D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385) per il periodo di rateazione del detto importo, aumentato di un anno.

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo allegato al maxiemendamento presentato al Senato non ascrivealla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica al maxiemendamento presentato al Senato afferma che la disposizione ha carattere procedimentale e non comporta effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

In merito ai profili di quantificazione, appaiono necessari chiarimenti circa i possibili effetti finanziari della disposizione, alla cui introduzione può ascriversi un duplice ordine di conseguenze.

Infatti, la possibilità per il contribuente di prestare la garanzia, richiesta per il versamento rateale delle somme dovute a seguito di accertamento con adesione, anche mediante ipoteca volontaria di primo grado può rendere più agevole il ricorso alla modalità di versamento rateizzato e, pertanto, aumentare la probabilità per l’amministrazione di incassare l’importo dovuto.

D’altro canto, in caso di mancato completamento dei versamenti da parte del contribuente, per l’amministrazione finanziaria il recupero delle somme dovute potrebbe richiedere tempi più lunghi e procedure più complesse rispetto a quelli di escussione della garanzia prestata mediante polizza fideiussoria o fideiussione bancaria.

In proposito appare utile acquisire l’avviso del Governo.

 

 


 

Articolo 53
(Regime fiscale e contributivo agevolato per alcuni emolumenti della retribuzione)

 


1. Nel periodo dal 1o gennaio 2011 al 31 dicembre 2011, le somme erogate ai lavoratori dipendenti del settore privato, in attuazione di quanto previsto da accordi o contratti collettivi territoriali o aziendali e correlate a incrementi di produttività, qualità, redditività, innovazione, efficienza organizzativa, collegate ai risultati riferiti all'andamento economico o agli utili della impresa o a ogni altro elemento rilevante ai fini del miglioramento della competitività aziendale sono soggette a una imposta sostitutiva della imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali. Tale disposizione trova applicazione entro il limite complessivo di 6.000 euro lordi e per i titolari di reddito da lavoro dipendente non superiore a 40.000 euro.

2. Nel periodo dal 1o gennaio 2011 al 31 dicembre 2011 le somme di cui al comma 1 beneficiano altresì di uno sgravio dei contributi dovuti dal lavoratore e dal datore di lavoro nei limiti delle risorse stanziate a tal fine ai sensi dell'ultimo periodo dell'art. 1, comma 68, della legge 24 dicembre 2007, n. 247.

3. Il Governo, sentite le parti sociali, provvederà alla determinazione del sostegno fiscale e contributivo previsto nei commi 1 e 2 entro il 31 dicembre 2010.


 

 

L’articolo 53 proroga per l’anno 2011 l’applicazione di un regime fiscale e contributivo agevolato per le somme erogate ai lavoratori dipendenti del settore privato, in attuazione di quanto previsto da accordi o contratti collettivi territoriali o aziendali e correlate a incrementi di produttività, qualità, redditività, innovazione, efficienza organizzativa, collegate ai risultati riferiti all'andamento economico o agli utili della impresa o a ogni altro elemento rilevante ai fini del miglioramento della competitività aziendale.

 

Il regime agevolato per l’anno 2011 consiste:

§       nell’assoggettamento di tali somme a una imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionali e comunali, nel limite complessivo di 6.000 euro lordi e per i titolari di reddito da lavoro dipendente non superiore a 40.000 euro (comma 1);

§       per il periodo dal 1° gennaio 2011 al 31 dicembre 2011, nello sgravio dei contributi dovuti dal lavoratore e dal datore di lavoro nei limiti delle risorse stanziate a tal fine ai sensi dell'ultimo periodo dell'art. 1, comma 68, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, ovvero nel limite di spesa di 650 milioni di euro annui (comma 2).

 

L’articolo 2 del D.L. n. 93/2008[235] ha introdotto, in via transitoria per il periodo luglio-dicembre 2008, un regime fiscale agevolato in favore dei lavoratori dipendenti del settore privato che, nel 2007, hanno realizzato un reddito annuo per lavoro dipendente non superiore a 30.000 euro. Il beneficio fiscale consiste nell’applicazione, sulle remunerazioni oggetto di agevolazione, di una imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle relative addizionali fissata in misura pari al 10% in luogo del regime di tassazione ordinaria. Restava ferma, per il lavoratore, la facoltà di optare per l’applicazione del regime di tassazione ordinaria. L’agevolazione introdotta riguardava i redditi per lavoro straordinario (comma 1, lettera a)), lavoro supplementare (comma 1, lettera b)) per incrementi di produttività (comma 1, lettera c)). L’ammontare della remunerazione sulla quale applicare l’imposta sostitutiva non poteva, in ogni caso, superare l’importo massimo di 3.000 euro lordi.

L’articolo 5 del decreto-legge n. 185 del 2008, come successivamente modificato, ha prorogato - per il periodo dal 1° gennaio 2009 al 31 dicembre 2010 - le misure sperimentali per l'incremento della produttività del lavoro disposte, in origine, dal predetto articolo 2, comma 1, lettera c), del predetto D.L. n. 93 del 2008.

Per gli anni 2009 e 2010, le predette misure hanno trovato applicazione entro il limite complessivo di 6.000 euro lordi, con esclusivo riferimento al settore privato e per i titolari di reddito di lavoro dipendente non superiore, nell'anno 2008, a 35.000 euro, al lordo delle somme assoggettate nel 2008 all'imposta sostitutiva. Le disposizioni precisa inoltre che, ove il sostituto d'imposta tenuto ad applicare l'imposta sostitutiva in tale periodo non sia lo stesso che ha rilasciato la certificazione unica dei redditi per il 2008, il beneficiario attesta per iscritto l'importo del reddito di lavoro dipendente conseguito nel medesimo anno 2008.

 

Il Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello è stato istituito dall’articolo 1, comma 67, della legge 247/2007, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, con una dotazione finanziaria pari a 650 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008-2010. Si è previsto, in via sperimentale, sempre con riferimento al triennio 2008-2010, nel limite delle risorse del medesimo Fondo, la concessione di uno sgravio contributivo relativo alla quota di retribuzione imponibile di cui all'articolo 12, terzo comma, della L. 153/1969[236], costituita dalle erogazioni previste dai contratti collettivi aziendali e territoriali, ovvero di secondo livello, caratterizzate da incertezza della corresponsione o dell'ammontare, oppure correlazione, stabilita dal contratto medesimo, tra la struttura della quota di retribuzione e la misurazione di incrementi di produttività, qualità, nonché altri elementi di competitività, assunti come indicatori dell'andamento economico dell'impresa e dei suoi risultati.

Il successivo comma 68 ha disposto che le modalità di attuazione dell’istituzione del Fondo sono stabilite con decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia, anche con riferimento all’individuazione dei criteri di priorità sulla base dei quali debba essere concessa, nel rigoroso rispetto dei limiti finanziari previsti, l’ammissione al beneficio contributivo, e con particolare riguardo al monitoraggio dell’attuazione, al controllo del flusso di erogazioni e al rispetto dei tetti di spesa[237].

Lo stesso comma 68 ha, inoltre, istituito un Osservatorio, presso il Ministero del lavoro, con la partecipazione delle parti sociali, ai fini del monitoraggio e della verifica di coerenza dell’attuazione del comma 67 con gli obiettivi definiti nel “Protocollo sul welfare”, nonché delle caratteristiche della contrattazione di secondo livello aziendale e territoriale, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica.

L’eventuale conferma dello sgravio contributivo per gli anni successivi al 2010 è subordinata alla predetta verifica ed effettuata, comunque, compatibilmente con gli andamenti programmati di finanza pubblica. A tal fine è stabilito uno specifico incremento del Fondo per l’occupazione, pari a 650 milioni di euro a decorrere dall’anno 2011.

 

Il comma 3 affida al Governo, sentite le parti sociali, la determinazione del sostegno fiscale e contributivo disposto dalle predette norme entro il 31 dicembre 2010.

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo allegato al testo originario non ascrivealle norme effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica riferita al testo originario, con riguardo alla detassazione dei contratti di produttività (comma 1), precisa che la disposizione non appare quantificabile, in considerazione della indeterminatezza della norma medesima.

Si segnala che le minori entrate fiscali recate dalla disposizione in esame sono coperte nell’ambito dell’autorizzazione di spesa, che si riferisce al complesso delle disposizioni del decreto-legge, recata dall’articolo 55, comma 7.

Si ricorda che la legge n. 191/2009 ha prorogato all’anno 2010 la disciplina relativa alla detassazione dei contratti di produttività. Con riferimento ai lavoratori dipendenti del settore privato, con un reddito nel 2008 non superiore a 35.000 euro, in relazione ad un ammontare massimo di remunerazione agevolabile fissato in 6.000 euro, la relazione tecnica quantificava gli effetti di riduzione del gettito in 800 milioni di euro nel 2010 e 256 milioni di euro nel 2011 con riferimento al saldo dell’indebitamento netto.

Con riferimento alla disposizione che prevede la decontribuzione dei salari di secondo livello, la relazione tecnica precisa che tale beneficio è concesso nei limiti finanziari di 650 milioni di euro per l’anno 2011, a valere su risorse già disponibili e programmate a tali fini ai sensi dell’articolo 1, comma 68, della legge n. 247/2007 nell’ambito del Fondo sociale per occupazione e formazione. Pertanto, dalla disposizione in esame non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

In proposito, si ricorda che il comma 68 dell’articolo 1 della richiamata legge n. 247/2007 subordina la conferma dello sgravio contributivo per gli anni successivi al 2010 alla verifica da parte di un apposito Osservatorio istituito presso il Ministero del lavoro ed è effettuata, in ogni caso, compatibilmente con gli andamenti programmati di finanza pubblica.

 

In merito ai profili di quantificazione, con riferimento al beneficio della detassazione dei contratti di produttività (comma 1), si rileva la necessità di acquisire indicazioni circa la platea dei beneficiari e il limite delle somme soggette alla tassazione agevolata al fine di valutare, almeno orientativamente, l’impatto della disposizione. Con riferimento al beneficio della decontribuzione (comma 2), appare opportuno acquisire dal Governo le risultanze effettive dell’attività di verifica da parte dell’Osservatorio a cui la legge n. 247/2007 subordina l’erogazione delle risorse per la conferma del beneficio medesimo.

 

 


 

Articolo 54
(Expo)

 


1. Per la prosecuzione, per gli anni 2010 e successivi, delle attività indicate all'articolo 41, comma 16-quinquiesdecies del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, fatto salvo il finanziamento integrale delle opere, può essere utilizzata, in misura proporzionale alla partecipazione azionaria detenuta dallo Stato, una quota non superiore al 4 per cento delle risorse autorizzate dall'articolo 14, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, destinate al finanziamento delle opere delle quali la Società Expo 2015 S.p.A. è soggetto attuatore, ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 22 ottobre 2008 e successive modifiche, ferma restando la partecipazione pro quota alla copertura delle medesime spese da parte degli altri azionisti, a valere sui rispettivi finanziamenti.

2. I contributi e le somme comunque erogate a carico del bilancio dello Stato a favore della Società Expo 2015 S.p.A. sono versati su un'apposita contabilità speciale aperta presso la Tesoreria dello Stato.

3. I contratti di assunzione del personale, a qualsiasi titolo, i contratti di lavoro a progetto e gli incarichi di consulenza esterna devono essere deliberati esclusivamente dal Consiglio di amministrazione della società Expo 2015 S.p.A., senza possibilità di delega, avendo in ogni caso presente la finalità di un contenimento dei costi della società, anche successivamente alla conclusione dell'evento espositivo di cui alla normativa richiamata al comma 1.

4. Sull'utilizzo delle risorse di cui al comma 1 per la copertura delle spese di gestione della società Expo 2015 S.p.A. e, in particolare, sulle iniziative assunte ai sensi del precedente comma, la società invia trimestralmente una relazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, al Ministero dell'economia e delle finanze ed al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.


 

 

L'articolo pone un tetto alle spese di funzionamento di Expo 2015 S.p.a., stabilisce che le assunzioni possano essere deliberate esclusivamente dal Consiglio di amministrazione e introduce un obbligo di relazione in merito alle spese di gestione.

 

Pertanto, il comma 1 autorizza, per la prosecuzione per gli anni 2010 e successivi, delle attività connesse all'Expo Milano 2015 indicate all’art. 41, comma 16-quinquiesdecies, del decreto-legge 207/2008, fatto salvo il finanziamento integrale delle opere, l'utilizzo, in misura proporzionale alla partecipazione azionaria detenuta dallo Stato, di una quota non superiore al 4% delle risorse già autorizzate dall’art. 14, comma 1, del decreto-legge 112/2008 per il finanziamento delle opere delle quali la Società Expo 2015 S.p.A. è soggetto attuatore, ferma restando la partecipazione pro quota alla copertura delle medesime spese da parte degli altri azionisti, a valere sui rispettivi finanziamenti.

Si ricorda che l’art. 41, comma 16-quinquiesdecies, del decreto-legge 207/2008, ha autorizzato il Ministero dell'economia e delle finanze ad erogare, per l'esercizio 2009, a titolo di apporto al capitale sociale di EXPO 2015 S.p.A. fino a un massimo di 4 milioni di euro, a valere sulle risorse stanziate per il 2009 dall'art. 14, comma 1, del citato decreto-legge112/2008, precisando che tale apporto è necessario per permettere lo svolgimento di tutte le attività indicate dal D.P.C.M. 22 ottobre 2008 (vedi oltre) e, in particolare, di quelle previste dall'art. 1, comma 3. Quest’ultimo dispone che gli interventi consistono in opere di preparazione e costruzione del sito; opere infrastrutturali di connessione del sito stesso; opere riguardanti la ricettività; opere di natura tecnologica (denominate «opere essenziali») e le attività di organizzazione e di gestione dell'evento, secondo quanto previsto nel dossier di candidatura approvato dal BIE (allegato 1 al decreto stesso).

Precedentemente l’art. 14, comma 1, del decreto-legge 112/2008 aveva previsto un’autorizzazione di spesa pari a 1.486 milioni di euro per il periodo 2009-2015 per la realizzazione delle opere e delle attività connesse allo svolgimento del grande evento EXPO Milano 2015.

In attuazione del citato D.L. 112/2008 è stato quindi emanato il D.P.C.M. 22 ottobre 2008 recante Interventi necessari per la realizzazione dell’Expo Milano 2015, poi integrato dal D.P.C.M. 1 marzo 2010. Il decreto ha istituito gli organi – tra i quali si ricorda la Società di gestione Expo Milano 2015 S.p.A. (Soge) - che provvedono a porre in essere tutti gli interventi necessari per la realizzazione dell'Expo, vale a dire le opere essenziali e le attività di organizzazione e di gestione dell'evento (tali opere sono quindi indicate analiticamente nell’allegato 1 al decreto), nonché le opere connesse (descritte nell’allegato 2), secondo quanto previsto nel dossier di candidatura approvato dal BIE.

Il 1 dicembre 2008 è stato approvato anche lo statuto della Società Expo 2015 Spa.

Inoltre, con l'art. 3-quinquies del decreto-legge 135/2009, sono state introdotte norme volte a garantire la trasparenza e la libera concorrenza nella realizzazione delle opere sulla falsariga di quanto già previsto per la ricostruzione in Abruzzo e, da ultimo, l’art. 9, comma 4-ter del decreto-legge 194/2009 ha previsto che la Soge possa anche avvalersi degli enti fieristici, senza scopo di lucro, con sede in Lombardia e operativi a livello regionale, nei cui organi direttivi vi siano rappresentanti designati dagli enti locali interessati, ovvero delle persone giuridiche da questi controllate.

Infine, con la mozione 1-00146, il cui dibattito si è concluso il 21 aprile 2009, la Camera ha impegnato il Governo a reperire per la realizzazione delle c.d. opere connesse a Expo 2015 (17 opere tra autostrade, ferrovie, metropolitane) previa definizione di un ordine di priorità, la totalità delle risorse richieste per il completamento degli investimenti infrastrutturali previsti.

 

In altri termini, secondo la relazione illustrativa, la disposizione in esame, fermo restando il finanziamento integrale delle opere connesse allo svolgimento dell'Expo, pone un tetto alle spese di gestione di Expo 2010 S.p.a..

 

Ai sensi del comma 2, modificato durante l’esame del provvedimento al Senato, i contributi e le somme comunque erogate a carico del bilancio dello Stato a favore di Expo 2015 S.p.A. sono versati su un’apposita contabilità speciale aperta presso la Tesoreria dello Stato e non su apposito conto corrente infruttifero, come previsto originariamente.

 

Il comma 3 stabilisce che i contratti di assunzione del personale, a qualsiasi titolo, i contratti di lavoro a progetto e gli incarichi di consulenza esterna devono essere deliberati esclusivamente dal Consiglio di amministrazione di Expo 2015 S.p.A. senza possibilità di delega.

Le deliberazioni dovranno in ogni caso tenere conto della finalità di un contenimento dei costi della società, anche successivamente alla conclusione dell'Expo.

 

Il comma 4 prevede l’invio, da parte di Expo 2015 S.p.a., di una relazione trimestrale sull’utilizzo delle risorse di cui al comma 1 per la copertura delle spese di gestione di Expo 2015 S.p.A. e sulle iniziative in materia di assunzione di personale, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, al Ministero dell’economia e delle finanze ed a quello delle infrastrutture e dei trasporti una relazione.

 

Si tratta, sostanzialmente, di un monitoraggio trimestrale sulla gestione economica e sulle assunzioni, che viene trasferito dal Consiglio di amministrazione della Expo 2015 Spa al Governo.

Inoltre si fa presente che anche la Corte dei Conti, nella recente delibera n. 34/2010[238], si riserva il controllo contabile sulla società invocando l’art. 12 della legge n. 259/1958 in base al quale il controllo previsto dall’art. 100 della Costituzione sulla gestione finanziaria degli enti pubblici ai quali l’amministrazione dello Stato o un’azienda autonoma statale contribuisca con apporto al patrimonio in capitale o servizi o beni ovvero mediante concessione di garanzia finanziaria, è esercitato da un magistrato della Corte dei conti che dovrà assistere alle sedute degli organi di amministrazione e di revisione.

 

Ai sensi della citata delibera n. 34/2010, si tratterà di un controllo della Corte quasi in “tempo reale” su tutti gli atti adottati dalla società: non solo il bilancio di esercizio, costituito dallo stato patrimoniale, dal conto economico e dalla nota integrativa, corredato dalle relazioni degli amministratori, dei sindaci e del soggetto incaricato della revisione legale dei conti che dovranno essere inviati entro 15 giorni dalla loro deliberazione, ma anche su tutti gli atti e documenti contabili generali di qualsiasi natura (come, ad esempio, quelli aventi scopo di previsione, preconsuntivo, indirizzo, programmazione, pianificazione, sintesi, consolidamento, ecc.), i verbali dell’assemblea dei soci e del consiglio di amministrazione e gli atti normativi (statuto e sue modifiche) ed organizzativi di rilevanza generale che dovranno essere inviati, anch’essi, entro il termine di 15 giorni dalla loro adozione o redazione. Tale termine salirà a 30 giorni per gli atti del Ministero dell’economia che dovranno, analogamente, essere comunicati alla Corte qualora riguardino provvedimenti rilevanti emessi nell’esercizio dei poteri ad esso spettanti nei confronti della Società.

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo non ascriveeffettialla norma.

 

La relazione tecnica riferita al testo originario del provvedimento afferma che le risorse autorizzate dall'articolo 14, comma 1, del decreto legge n. 112 del 2008 ammontano allo stato a circa 800 mln di euro e conseguentemente, la quota massima da destinare agli scopi previsti dalla disposizione sarebbe di circa 32 milioni di euro (4% di 800 milioni). Secondo la RT la norma non determina oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato in quanto:

-    i finanziamenti previsti sono comprensivi di IVA, che la Società Expo 2015 Spa può recuperare, determinandosi risorse eccedenti rispetto al fabbisogno che possono essere destinate alle finalità previste dalla norma;

-    la disposizione prevede che debba essere comunque assicurato l'integrale finanziamento delle opere.

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento specifica che le modifiche introdotte al Senato, relative al versamento delle somme a carico dello Stato in favore di EXPO 2015 spa. su un’apposita contabilità speciale presso la Tesoreria anziché su un conto infruttifero, sono di carattere formale, tenuto conto dell’intervenuta contabilità speciale, e che non comportano effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

In merito ai profili di quantificazione, andrebbero acquisiti chiarimenti circa l’inclusione nella quota parte di finanziamento destinato alla nuova finalizzazione, pari a 32 milioni di euro, degli oneri fiscali.

Andrebbe altresì confermata l’esclusione di nuovi finanziamenti a carico del bilancio dello Stato per reintegrare le risorse necessarie a fronteggiare la realizzazione delle opere previste.

In proposito, si ricorda che il Governo[239]ha confermato, in risposta ai rilievi emersi durante l’esame al Senato, che la base di calcolo per la quantificazione delle risorse da destinare alle attività di cui all’articolo 41, comma 16-quinquiesdecies del DL 207/2008 è pari a 800 milioni (a fronte dei 1.486 complessivamente stanziati dall’articolo 14, comma 1 del DL 112/2008), importo corrispondente al valore del finanziamento statale delle opere che saranno realizzate dalla società Expo 2015 spa.


 

Articolo 54-bis
(Misure socio economiche per la sospensione dell’attività di pesca)

 


1. Per far fronte alla crisi in atto nel settore della pesca marittima, in caso di sospensione dell'attività di pesca, un trattamento di importo pari a quello previsto dalla cassa integrazione guadagni straordinaria in deroga per il medesimo settore di cui all'articolo 4-ter del decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2008, n. 129, è concesso agli armatori imbarcati su navi da pesca, ivi compresi i soci lavoratori di cooperative della piccola pesca.

2. Il trattamento di cui al comma 1 è pari all'80 per cento dei salari minimi garantiti, comprensivi delle indennità fisse mensili, per ferie, festività e gratifiche, di cui alle tabelle allegate ai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali maggior­mente rappresentative, ed è erogato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.

3. All'onere derivante dall'attuazione del comma 2, nel limite massimo di spesa di 2 milioni di euro per l'anno 2010, si provvede mediante corrispon­dente utilizzo del Fondo di riserva per le autorizzazioni di spesa delle leggi permanenti di natura corrente, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, come determinato dalla Tabella C allegata alla legge 23 dicembre 2009, n. 191.


 

 

L'articolo, introdotto con un emendamento approvato dalla Commissione Bilancio, con il comma 1, stabilisce che - considerata la crisi che sta attraversando il settore della pesca marittima - in caso di sospensione dell'attività di pesca, sia concesso agli armatori imbarcati su navi da pesca, ivi compresi i soci lavoratori di cooperative della piccola pesca, un trattamento di importo pari a quello previsto dalla CIGS in deroga per il medesimo settore disciplinato dalla Legge n. 129 del 2 agosto 2008.

Il comma 2 indica l'entità del trattamento e l'ente erogatore: il trattamento deve essere pari all'80% dei salari minimi garantiti, comprensivi delle indennità fisse mensili, ferie, festività e gratifiche, previste dalle tabelle allegate ai contratti collettivi; l’ente erogatore è il Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali.

Il comma 3 infine stabilisce che all'onere derivante dall'attuazione del comma 2, valutato in 1.000.000 di euro per l'anno 2010, si provveda mediante l'utilizzo delle risorse residue del Fondo centrale per il credito peschereccio, con amministrazione autonoma e gestione fuori bilancio, ai sensi dell'art. 9 della Legge n. 1041 del 25 novembre 1971.

Va in merito segnalato che è in attesa di pubblicazione (ma è consultabile sul sito del dicastero) un decreto del Ministro delle risorse agricole del 23 giugno 2010 che dispone l’arresto temporaneo straordinario obbligatorio di 30 giorni consecutivi delle unità da pesca con i sistemi a strascico e volante. Per i soggetti interessati dal fermo pesca per il 2010 è previsto: un compenso alle imprese di pesca secondo una tabella già applicata nel 2008 costituito da un’aliquota giornaliera per gt più una somma addizionale moltiplicata per 15 giorni (le regioni potranno intervenire con fondi propri, per indennizzare i restanti 15 giorni); per i pescatori imbarcati e interessati dal fermo si attiverà la procedura per il riconoscimento della cassa integrazione guadagni straordinaria in deroga, secondo le modalità e nei limiti previsti dalla normativa vigente.

Quanto al richiamato D.L. 97/2008, convertito dalla L. 129/2008, l’articolo 4-ter, commi 7-10 ha previsto lo stanziamento di apposite risorse destinate alla concessione, per l’anno 2008, di ammortizzatori sociali “in deroga” per il settore della pesca, secondo la disciplina prevista dall’articolo 2, comma 521, della L. 244/2007 (legge finanziaria 2008).

In particolare, il comma 7, novellando il primo periodo del menzionato comma 521, ha stanziato ulteriori 10 milioni di euro per la concessione degli ammortizzatori sociali “in deroga” (il limite complessivo di spesa diventa quindi pari a 470 milioni di euro), destinando integralmente tali ulteriori risorse finanziarie al settore della pesca.

Il successivo comma 8, ai fini dell’attuazione delle disposizioni del precedente comma, ha disposto un differimento, per il solo settore della pesca, dei termini entro cui provvedere, con riferimento ai programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali anche mediante la ricollocazione dei lavoratori coinvolti, agli adempimenti procedurali previsti dal primo periodo del menzionato comma 521.

E’ stato stabilito, quindi che, per il settore della pesca, tali programmi devono essere definiti con specifici accordi in sede governativa intervenuti entro il 30 settembre 2008 (anziché entro il 15 giugno 2008), che recepiscono intese già stipulate in sede territoriale e inviate al Ministero del lavoro entro il 15 settembre 2008 (anziché entro il 20 maggio 2008).

Infine, i commi 9 e 10 hanno recato la clausola di copertura finanziaria.

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo al maxiemendamento presentato al Senato ascrivealla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 (milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Maggiori spese correnti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CIGS in deroga

2

 

 

 

2

 

 

 

2

 

 

 

Minori spese correnti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

riduzione Fondo di riserva tab. C

2

 

 

 

2

 

 

 

2

 

 

 

 

La relazione tecnica al maxiemendamento presentato al Senato nulla aggiunge al contenuto della norma.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno rilievi da formulare in quanto l’onere della disposizione, che prevede l’applicazione a lavoratori autonomi (armatori) di istituti di sostegno del reddito propri dei lavoratori dipendenti, è configurato come un tetto di spesa.

 

 


 

Articolo 54-ter
(Divieto di contributi pubblici per i servizi automobilistici
di linea di competenza statale)

 

1. All'articolo 11 del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 285, dopo il comma 1, è aggiunto il seguente:

«1-bis. I servizi di linea di competenza statale non possono essere soggetti ad obblighi di servizio, come previsto dalla normativa comunitaria in materia, e a fronte del loro esercizio non viene erogata alcuna compensazione od altra forma di contribuzione pubblica».

 

 

L’articolo 54-ter, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, stabilisce che i servizi automobilistici di linea di competenza statale non possano essere soggetti ad obblighi di servizio, con conseguente compensazione o altra forma di contribuzione pubblica.

 

I servizi di trasporto ai quali si applica la norma in esame sono quelli di cui al D.Lgs. 21 novembre 2005, n. 285.

Il citato D.Lgs. n. 285/2005 ha provveduto al Riordino dei servizi automobilistici interregionali di competenza statale, intendendosi per tali i servizi di trasporto di persone effettuati su strada mediante autobus, ad offerta indifferenziata, che si svolgono in modo continuativo o periodico su un percorso che collega più di due regioni[240] ed aventi itinerari, orari, frequenze e prezzi prestabiliti. Il provvedimento, in conformità con la disciplina comunitaria, ha sostituito al precedente sistema della concessione amministrativa un sistema autorizzatorio. Al termine del periodo transitorio, la cui durata è stata recentemente prorogata sino al 31 dicembre 2013,[241] per l’accesso al mercato sarà infatti sufficiente un’autorizzazione rilasciata alle imprese che soddisfano le condizioni richieste dall’articolo 3 del citato D.Lgs. 285/2005.

 

La norma in esame dispone che i servizi di trasporto sopra indicati non possano essere soggetti ad obblighi di servizio pubblico e godere conseguentemente di compensazioni o altri contributi pubblici.

Si ricorda che gli obblighi di servizio pubblico sono obblighi che l'impresa di trasporto, ove considerasse il proprio interesse commerciale, non assumerebbe o non assumerebbe nella stessa misura, né alle stesse condizioni:

§       obbligo di esercizio: l’impresa è obbligata a adottare tutte le misure atte a garantire un servizio conforme a determinate norme di continuità, regolarità e capacità;

§       obbligo di trasporto: l’impresa è obbligata ad accettare ed effettuare qualsiasi trasporto di persone o di merci a prezzi e condizioni determinati;

§       obbligo tariffario: l’impresa è obbligata ad applicare i prezzi stabiliti od omologati dalle pubbliche autorità, in contrasto con il proprio interesse commerciale.

Gli obblighi di servizio pubblico sono inseriti in contratti di servizio pubblico e per il loro adempimento sono previste corrispondenti compensazioni. Il diritto comunitario (regolamento CE n. 1370/2007[242]) non considera aiuti di Stato tali compensazioni a condizione che la loro misura sia stabilita in modo obiettivo e trasparente, evitando una compensazione eccessiva.

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo non ascrivealla norma effetti finanziari.

 

La relazione tecnica relativa al maxiemendamento presentato al Senato, afferma che la disposizione non comporta effetti negativi a carico della finanza pubblica e, ribadendo il contenuto della norma precisa che i servizi automobilistici interregionali di competenza statale, non soggetti ad obblighi di servizio pubblico, non possono ricevere alcuna forma di contribuzione a carico della finanza pubblica.  

 

In merito ai profili di quantificazione, nulla da osservare.


 

Articolo 55, commi 1-2
(Differimento del versamento dell'acconto IRPEF per i periodi d'imposta 2011 e 2012)

 


1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, è differito, nei limiti stabiliti con lo stesso decreto, il versamento dell'acconto dell'imposta sul reddito delle persone fisiche dovuto per il periodo d'imposta 2011. Per i soggetti che si avvalgono dell'assistenza fiscale, i sostituti d'imposta trattengono l'acconto tenendo conto del differimento previsto dal presente comma. Dall'attuazione del presente comma possono derivare minori entrate per l'anno 2011 fino a 2.300 milioni di euro.

2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, è differito, nei limiti stabiliti con lo stesso decreto, il versamento dell'acconto dell'imposta sul reddito delle persone fisiche dovuto per il periodo d'imposta 2012. Per i soggetti che si avvalgono dell'assistenza fiscale, i sostituti d'imposta trattengono l'acconto tenendo conto del differimento previsto dal presente comma. Dall'attuazione del presente comma possono derivare minori entrate per l'anno 2012 fino a 600 milioni di euro.


 

 

I commi 1 e 2 dell’articolo 55 differiscono, rispettivamente, i termini per il versamento dell’acconto IRPEF dovuto per il periodo d’imposta 2011 (comma 1), e per il periodo d’imposta 2012.

 

Con formulazione identica per entrambi i commi, il differimento è affidato ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, che ne dispone altresì i limiti. Per i soggetti che si avvalgono dell’assistenza fiscale, si prevede inoltre che i sostituti d’imposta trattengano l’acconto tenendo conto del differimento.

 

Per effetto dei differimenti introdotti, le norme stimano minori entrate fino a 2.300 milioni di euro per l’anno 2011 e fino a 600 milioni di euro per l’anno 2012.

 

Si ricorda che i soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle persone fisiche sono tenuti a versare, entro il mese di novembre di ciascun anno, un acconto dell’IRPEF dovuta per il periodo d’imposta in corso alla predetta data.

La determinazione dell’acconto è generalmente effettuata dai contribuenti in base al “metodo storico” che consiste nell’applicazione di una percentuale, fissata dalla legge, all’imposta determinata con riferimento all’anno precedente. Tuttavia, qualora il contribuente preveda di realizzare nell’anno corrente un reddito inferiore a quello dell’anno precedente, può scegliere di applicare il “metodo previsionale” e ridurre la misura dell’acconto da versare sulla base dell’effettivo reddito stimato.

Le modalità di versamento dell’acconto dell’IRPEF sono disciplinate dall’articolo 17 del D.P.R. n. 435 del 2001 ai sensi del quale il contribuente è tenuto ad effettuare il pagamento della somma dovuta:

-       in un’unica soluzione (entro il 30 novembre del periodo d’imposta di riferimento) se l’importo dovuto è inferiore a 257,52 euro;

-       in due rate se l’importo dovuto è superiore a 257,52 euro. La prima rata, pari al 40% dell’acconto complessivo, deve essere versata entro il 16 giugno dell’anno in corso (ovvero entro il 16 luglio con la maggiorazione dello 0,40%) e il secondo acconto, pari al restante 60% dell’acconto complessivo, deve essere versata entro il 30 novembre del medesimo anno.

Appare opportuno ricordare, infine, che la somma dovuta entro il 16 giugno di ciascun anno può essere versata entro i successivi trenta giorni applicando una maggiorazione pari allo 0,40% dell’importo dovuto. Per la medesima scadenza, inoltre, (16 giugno/luglio) è prevista la facoltà, a scelta del contribuente, di pagare con rate mensili - fino ad un massimo di 6 - e comunque non oltre il mese di novembre dello stesso anno.

La determinazione della misura dell’acconto è stata oggetto di numerose modifiche normative. Inizialmente stabilita in misura pari al 75% dall’articolo 1 della legge n. 97 del 1977, è stata poi elevata al 99% dell’imposta relativa all’anno precedente (articolo 1, comma 301, della legge n. 311 del 2004). In ogni caso, l’acconto non è dovuto se l’IRPEF relativa all’anno precedente è inferiore a 51,65 euro.

L’articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 168 del 2009 ha quindi disposto, in deroga alla disciplina generale, il differimento al 16 giugno 2010 del versamento di una quota pari al 20 per cento dell’acconto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche da versare entro il 30 novembre 2009. Gli effetti prodotti e i rapporti giuridici sorti sulla base di quanto introdotto del decreto legge n. 168 del 2009, decaduto il 23 gennaio 2010 in quanto non convertito in legge, sono stati fatti salvi dalla legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria 2010).

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo allegato al testo iniziale ascrivealla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 (milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Minori entrate

0

2.300

600

0

0

2.300

600

0

0

2.300

600

0

Maggiori entrate

0

0

2.300

600

0

0

2.300

600

0

0

2.300

600

 

La relazione tecnica allegata al testo iniziale ricorda che le disposizioni prevedono che, con DPCM, siano differiti, nei limiti stabiliti dallo stesso decreto, ai fini IRPEF, sia il versamento dell’acconto dovuto per il periodo d’imposta 2011, sia il versamento dell’acconto dovuto per il periodo d’imposta 2012. I relativi effetti di minore entrata sono contenuti nel limite massimo di 2.300 milioni di euro nel 2011 e di 600 milioni di euro nel 2012.

La relazione espone, pertanto, i seguenti effetti finanziari, in termini di cassa, in considerazione del fatto che la riduzione dell’acconto determina effetti positivi di gettito nell’esercizio successivo, in sede di versamento a saldo.  

(milioni di euro)

 

2011

2012

2013

Acconto 2011

-2.300

 

 

Saldo 2011

 

2.300

 

Acconto 2012

 

-600

 

Saldo 2012

 

 

600

Totale

-2.300

1.700

600

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare in quanto le stesse norme indicano il livello massimo di minori entrate nell’ambito del quale potrà essere operata, per ciascuno dei periodi d’imposta interessati, la riduzione del versamento dell’acconto dovuto dai soggetti passivi dell’imposta sui redditi delle persone fisiche.

 

 


 

Articolo 55, commi 2-bis-2-quinquies
(Disposizioni in materia di accise sui tabacchi)

 

2-bis. Al fine di perseguire l'obiettivo di pubblico interesse della difesa della salute pubblica, al testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) nell'Allegato I, alla voce «Tabacchi lavorati», le parole da: «Sigari» a: «Tabacco da masticare: 24,78%» sono sostituite dalle seguenti:

«a) sigari ....................................................................  23,00%;

b) sigaretti.................................................................... 23,00%;

c) sigarette................................................................... 58,50%;

d) tabacco da fumo:

.... 1) tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette  56,00%;

.... 2) altri tabacchi da fumo .......................................  56,00%;

e) tabacco da fiuto .....................................................  24,78%;

f) tabacco da masticare ............................................  24,78%»;

     b) nell'articolo 39-octies, dopo il comma 2, sono inseriti i seguenti:

«2-bis. Per il tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette di cui all'articolo 39-bis, comma 1, lettera c), numero 1), l'imposta di consumo dovuta sui prezzi inferiori alla classe di prezzo più richiesta è fissata nella misura del centonove per cento dell'imposta di consumo applicata su tale classe di prezzo.

2-ter. La classe di prezzo più richiesta di cui al comma 2-bis è determinata il primo giorno di ciascun trimestre secondo i dati di vendita rilevati nel trimestre precedente.»;

     c) il comma 4 dell'articolo 39-octies è sostituito dal seguente:

«4. L'importo di base di cui al comma 3 costituisce, nella misura del centoquindici per cento, l'accisa dovuta per le sigarette aventi un prezzo di vendita al pubblico inferiore a quello delle sigarette della classe di prezzo più richiesta di cui all'articolo 39-quinquies, comma 2».

2-ter. Decorsi centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge 23 giugno 2010, n. 94, l'immissione in consumo del tabacco trinciato a taglio fino per arrotolare le sigarette è ammessa esclusivamente in confezioni non inferiori a dieci grammi.

2-quater. Al fine di assicurare il conseguimento degli attuali livelli di entrate a titolo di imposte sui tabacchi lavorati, con provvedimenti adottati ai sensi dell'articolo 1, comma 485, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, possono essere modificate le percentuali di cui:

     a) all'elenco «Tabacchi lavorati» dell'allegato I al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni;

     b) all'articolo 39-octies, commi 2-bis, 4 e 5, lettera a), del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni.

2-quinquies. Al fine di garantire la maggiore tutela degli interessi pubblici erariali e di difesa della salute pubblica connessi alla gestione di esercizi di vendita di tabacchi, tenuto conto altresì della elevata professionalità richiesta per l'espletamento di tale attività, all'articolo 6 della legge 22 dicembre 1957, n. 1293, è aggiunto, in fine, il seguente numero:

«9-bis) non abbia conseguito, entro sei mesi dall'assegnazione, l'idoneità professionale all'esercizio dell'attività di rivenditore di generi di monopolio all'esito di appositi corsi di formazione disciplinati sulla base di convenzione stipulata tra l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative».

 

 

I commi da 2-bisa 2-quinquiesdell’articolo 55, inseriti durante l’esame del provvedimento al Senato, sostanzialmente trasfondono nel provvedimento in esame – con le differenze che saranno in seguito commentate - quanto previsto dal D.L. 23 giugno 2010 n. 94, recante “Disposizioni urgenti in materia di accise sui tabacchi”.

Le disposizioni intervengono sul Testo Unico delle accise (D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504[243]) con la finalità di perseguire obiettivi di pubblico interesse della difesa della salute pubblica.

 

Nel dettaglio, viene anzitutto (comma 2-bis,lettera a)) modificata la voce tabacchi lavorati di cui all’Allegato I del citato D.Lgs. n. 504 del 1995.

Con le disposizioni in esame, ferme restando le aliquote previgenti, le definizioni e la nomenclatura dei tabacchi lavorati sono adeguati alla nuova elencazione e alla nuova formulazione dell’articolo 39-bis del predetto Testo Unico, come modificato dal D.Lgs. 29 marzo 2010, n. 48[244] in attuazione delle prescrizioni dettate in sede europea.

In particolare, con le modifiche in esame vengono scorporati i sigari dai sigaretti (assoggettati alla medesima aliquota), e sono previste due diverse categorie di tabacco da fumo (assoggettate alla medesima aliquota del 56,00%): il tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette e gli altri tabacchi da fumo.

La seguente tabella evidenzia le modifiche apportate con le norme in esame:

 

Allegato I del D.Lgs. 504/1995
come modificato dall’articolo 55, comma 2-bis, lettera a) (D.L. 94/2010)

Allegato I del D.Lgs. 504/1995
nella formulazione antecedente
al D.L. 94/2010

Prodotti

Aliquote

Prodotti

Aliquote

sigari

23,00%

sigari e sigaretti

23,00%

sigaretti

23,00%

 

 

sigarette

58,50%

sigarette

58,50%

tabacco da fumo:

tabacco da fumo

56,00%

tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette

56,00%;

 

 

altri tabacchi da fumo

56,00%;

 

 

tabacco da fiuto

24,78%

tabacco da fiuto

24,78%

tabacco da masticare

24,78%

tabacco da masticare

24,78%

 

La lettera b) modifica l’articolo 39-octies del Testo unico, in tema di aliquote di base e calcolo dell'accisa applicabile ai tabacchi lavorati.

In particolare, attraverso l'aggiunta di due nuovi commi (2-bis e 2-ter) all’articolo 39-octies, si introduce un’accisa minima sul tabacco trinciato a taglio fino per arrotolare le sigarette.

Per tale tabacco, pertanto, l’imposta di consumo dovuta sui prodotti con prezzi inferiori alla classe di prezzo più richiesta è stabilita nella misura del 109 per cento dell’imposta applicata su tale classe di prezzo. Per la determinazione della classe di prezzo più richiesta, le norme (nuovo comma 2-ter dell’articolo 39-octies) prescrivono che si faccia riferimento al primo giorno di ciascun trimestre, secondo i dati di vendita rilevati nel trimestre precedente (analogamente a quanto previsto, per le sigarette, dall'articolo 39-quinquies del testo unico sulle accise).

 

La Relazione illustrativa che accompagna il disegno di legge di conversione del D.L. n. 94 del 2010 precisa che detta misura salvaguarda preminenti interessi dello Stato, quali la salute pubblica della collettività e il gettito erariale.

Essa ricorda inoltre come negli ultimi anni infatti si sia registrato un rilevante incremento (+ 133% nell'ultimo quinquennio) delle vendite del tabacco trinciato a taglio fino usato per arrotolare le sigarette, dovuto al numero crescente di fumatori che tendono a sostituire le sigarette preconfezionate con quelle arrotolate a mano. Tale circostanza sarebbe dovuta al fatto che detto tabacco è caratterizzato da:

-        un prezzo di vendita al pubblico più basso rispetto alle sigarette (mediamente del 75% in meno nel quinquennio);

-        un’accisa con aliquota del 56%, rispetto a quella prevista per le sigarette del 58%.

L'introduzione dell'accisa minima, precisa la Relazione, è finalizzata pertanto ad evitare pregiudizi alle entrate erariali (per effetto della sostituzione del consumo di sigarette con quello di tabacco per arrotolare le sigarette) e a ridurre il consumo di quei prodotti privi di una disciplina specifica analoga a quella prevista per le sigarette (che prescrive livelli massimi dei contenuti di nicotina, catrame e monossido di carbonio e obbliga i produttori ad indicare tali dati sui pacchetti).

 

In relazione al tabacco trinciato a taglio fino usato per arrotolare le sigarette, il comma 2-ter dell’articolo 55 prescrive inoltre che, a decorrere dal centottantesimo giorno dalla data di entrata in vigore del decreto, esso possa vendersi esclusivamente in confezioni non inferiori a dieci grammi.

 

La lettera c) del comma 2-bissostituisce il comma 4 dell’articolo 39-octies del Testo unico, intervenendo in materia di accisa minima sulle sigarette.

In sostanza si dispone che, per le sigarette vendute ad un prezzo inferiore a quello delle sigarette della classe di prezzo più richiesta (di cui all’articolo 39-quinquies, comma 2, del medesimo Testo Unico) l’accisa minima è aumentata, dall’originario 100 per cento, al 115% di quella gravante su tale classe.

 

A decorrere dal 1° aprile 2010 il meccanismo di determinazione dell’imposta di consumo sulle sigarette è disciplinato, per effetto dell'entrata in vigore del citato D.Lgs. 29 marzo 2010, n. 48, dall’articolo 39-octies del testo unico sulle accise.

A tal fine viene individuato l’importo di base (comma 3 dell’articolo 39-octies), che corrisponde all’accisa sulle sigarette appartenenti alla classe di prezzo più richiesta ed è determinato dall’applicazione dell’aliquota di base al prezzo di vendita al pubblico delle sigarette appartenenti alla suddetta classe di prezzo.

L’imposta sulle altre sigarette aventi un prezzo di vendita al pubblico superiore a quello relativo alle sigarette della classe di prezzo più richiesta è costituita dalla somma dei seguenti due elementi (comma 5 dell’articolo 39-octies):

a)       un importo specifico fisso, pari al 5 per cento della somma dell’importo di base e dell’ ammontare dell’IVA sulle sigarette appartenenti alla classe di prezzo più richiesta;

b)       un importo risultante dall’applicazione di un’aliquota proporzionale al prezzo di vendita al pubblico. Tale aliquota proporzionale corrisponde all’incidenza percentuale dell’importo di base, diminuito dell’importo specifico fisso di cui alla predetta lettera a), sul prezzo di vendita al pubblico delle sigarette della classe di prezzo più richiesta.

 

Nella formulazione originaria del quarto comma dell’articolo 39-octies, l’accisa dovuta per le sigarette vendute ad un prezzo inferiore a quello delle sigarette appartenenti alla classe di prezzo più richiesta era invece direttamente rapportato all’importo di base.

 

La Relazione illustrativa afferma che un aumento dell'accisa minima sulle sigarette si rende necessario per assicurare un determinato livello di gettito e scongiurare l’adozione di pratiche ribassiste dei prezzi, già sperimentate in altri paesi UE, che comporterebbero effetti negativi per l'erario e la salute pubblica.

 

Il comma 2-quater affida a un provvedimento direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato la variazione della percentuale di alcune aliquote di imposta sui tabacchi lavorati, al fine di assicurare il conseguimento degli attuali livelli di entrate a titolo di imposte sui medesimi tabacchi.

Si tratta, in particolare, delle percentuali concernenti:

-       le aliquote di base della tassazione sui tabacchi lavorati contenute nell’Allegato I del testo unico sulle accise;

-       l’accisa minima sul tabacco trinciato a taglio fino per arrotolare le sigarette (articolo 39-octies, comma 2-bis, del testo unico sulle accise);

-       l’accisa minima sulle sigarette (articolo 39-octies, comma 4);

-       l’importo specifico fisso dell’accisa sulle sigarette (articolo 39-octies, comma 5, lettera a)).

 

La modifica delle suddette percentuali è adottata ai sensi dell’articolo 1, comma 485, della legge n.311 del 2004.

Al riguardo si ricorda che il citato comma 485 della legge finanziaria 2005 ha previsto la possibilità di aumentare, con provvedimento direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze - A.A.M.S., l’aliquota di base dell’imposta di consumo sui tabacchi lavorati in misura tale da assicurare un maggior gettito complessivo pari a 500 milioni di euro per l'anno 2005, a 1.000 milioni di euro per l'anno 2006 ed a 1.100 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2007.

 

In sostanza l’articolo 1, comma 485, della legge finanziaria 2005, nell’affidare a un provvedimento dell’AAMS (e dunque a una fonte di rango secondario) la determinazione delle aliquote d’accisa, fissa dei limiti precisi – ancorché indiretti - al potere dell’amministrazione di aumentare le predette aliquote, nella specie richiedendo che le modifiche apportate comportino aumenti di gettito di un certo ammontare.

Analoghi presupposti – vale a dire l’attuazione di norme di rango primario -, ai fini della modifica delle aliquote, sono richiesti dall’articolo 1, comma 3 del citato D.L. n. 94 del 2010, che consente la variazione delle aliquote di accisa con provvedimento direttoriale “in attuazione di apposite norme […] che definiscono l'entità del maggior gettito da conseguire al medesimo titolo”.

La disposizione in esame sembra invece affidare al solo provvedimento di rango secondario la determinazione del quantum di accisa (nella specie, la modifica delle aliquote) dovuta per determinati prodotti, con l’esplicita ed esclusiva finalità di “assicurare il conseguimento degli attuali livelli di entrate”.

Ciò sembra comportare che il provvedimento dell’AAMS venga ad essere emanato in assenza del necessario presupposto normativo richiesto dal citato comma 485, a meno che non debba ritenersi che il “conseguimento degli attuali livelli di entrate” costituisce egualmente attuazione della previsione normativa recata dal medesimo comma 485.

Su tale aspetto, che si riflette sulla legittimità del provvedimento dell’AAMS, appare necessario un chiarimento.

 

Infine, il nuovo comma 2-quinquies, con analoghe finalità di tutela degli interessi pubblici erariali e di difesa della salute pubblica, tenuto conto altresì della elevata professionalità richiesta per l'espletamento di tale attività, prevede una nuova causa di esclusione dalla gestione dei magazzini di vendita dei generi di monopolio, precludendone l’esercizio a chi non abbia conseguito, entro sei mesi dall'assegnazione, l'idoneità professionale all'esercizio dell'attività di rivenditore di generi di monopolio.

Nel dettaglio, la modifica in esame aggiunge il numero 9-bis all'articolo 6 della legge 22 dicembre 1957, n. 1293

A tal fine si prevede l'espletamento di appositi corsi di formazione, da disciplinare con una convenzione stipulata tra l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e l'organizzazione di categoria maggiormente rappresentativa.

 

Ai sensi dell'articolo 6 della legge n.1293 del 1957 che può gestire un magazzino di generi di monopolio chi:

1)    sia minore di età, salvo che non sia autorizzato all'esercizio di impresa commerciale;

2)    non abbia la cittadinanza di uno degli Stati membri delle Comunità europee;

3)    sia inabilitato o interdetto;

4)    sia stato dichiarato fallito fino a che non ottenga la cancellazione dal registro dei falliti;

5)    non sia immune da malattie infettive o contagiose;

6)    abbia riportato condanne:

a)    per offese alla persona del Presidente della Repubblica ed alle Assemblee legislative;

b)    per delitto punibile con la reclusione non inferiore nel minimo ad anni tre;

c)    per delitto contro il patrimonio, la moralità pubblica, il buon costume, la fede pubblica, la pubblica Amministrazione, l'industria ed il commercio (...) ove la pena inflitta sia superiore a trenta giorni di reclusione;

d)    per contrabbando, qualunque sia la pena inflitta;

7)    abbia nei precedenti cinque anni rinunciato alla gestione di un magazzino;

8)    abbia definito in sede amministrativa procedimento per contrabbando di generi di monopolio a suo carico;

9)    sia stato rimosso dalla qualifica di gestore, coadiutore o commesso di un magazzino o di una rivendita, ovvero da altre mansioni inerenti a rapporti con l'Amministrazione dei monopoli di Stato.

 

La Relazione illustrativa al D.L. n. 94 del 2010 reputa necessaria tale modifica alla luce della crescente complessità gestionale dell’attività svolta dalle rivendite di generi di monopolio, cui dovrebbe accompagnarsi un maggiore fabbisogno formativo sulle norme che sottendono l’attività svolta.

 

Si ricorda infine che l’articolo 1, comma 2 del disegno di legge di conversione, come modificato durante l’esame al Senato, reca la clausola di salvaguardia degli effetti del citato D.L. n. 94 del 2010.

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo allegato al maxiemendamento presentato al Senato non ascrivealle norme effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica al maxiemendamento presentato al Senato afferma che le norme apportano alcune modifiche al testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi volte sostanzialmente ad assicurare il conseguimento del livello attuale di entrate a titolo di imposte sui tabacchi. Pertanto non si stimano conseguenti variazioni di gettito.

In proposito, si segnala che le norme introdotte al Senato riproducono integralmente il testo del decreto-legge 23 giugno 2010 n. 94, il cui disegno di legge di conversione è attualmente all’esame del Senato (A.S. 2253). Tale provvedimento non è corredato di relazione tecnica in quanto, come si legge nella relazione illustrativa allegata al disegno di legge, non reca nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.

La medesima relazione illustrativa precisa, altresì, che il costo dei corsi professionali per la formazione dei rivenditori di generi di monopolio, attivati in base ad una convenzione tra l’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e l’organizzazione di categoria maggiormente rappresentativa, sono a carico degli aspiranti rivenditori e non comportano oneri per il bilancio dello Stato.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare.

 


 

Articolo 55, comma 3
(Concorso delle forze armate nel controllo del territorio e professionalizzazione delle forze armate)

 


3. Al fine di assicurare la prosecuzione degli interventi di cui all'articolo 24, commi 74 e 75, del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, a decorrere dal 4 agosto 2010, il piano di impiego di cui all'articolo 7-bis, comma 1, ultimo periodo, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, può essere prorogato fino al 31 dicembre 2010. Si applicano le disposizioni di cui al medesimo articolo 7-bis, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge n. 92 del 2008. A tal fine è autorizzata la spesa di 30 milioni di euro per l'anno 2010, con specifica destinazione di 27,7 milioni di euro e di 2,3 milioni di euro, rispettivamente, per il personale di cui al comma 74 e di cui al comma 75 del citato articolo 24 del decreto-legge n. 78 del 2009. È autorizzata la spesa di 53 milioni di euro per l'anno 2010 per il rifinanziamento, per il medesimo anno, della Tabella A allegata alla legge 14 novembre 2000, n. 331, nonché della Tabella C allegata alla legge 23 agosto 2004, n. 226.


 

 

Il comma 3 dell'articolo in esame, come modificato dal Senato, reca autorizzazioni di spesa a favore delle Forze armate e delle Forze di polizia impiegate nel controllo del territorio e per il servizio militare professionale.

 

In particolare, il primo periodo, al fine di assicurare la prosecuzione degli interventi di cui all'articolo 24, commi 74 e 75, del D.L. 78/2009 autorizza la proroga, dal 4 agosto 2010 al 31 dicembre 2010, del piano di impiego, previsto dall'articolo 7-bis, comma 1, del D.L. n. 92 del 2008, di un contingente di personale militare appartenente alle Forze armate, e preferibilmente composto da carabinieri impiegati in compiti militari o comunque volontari delle stesse Forze armate specificatamente addestrati, per specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità.

 

Il comma 74 dell'art. 24 del suddetto decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78, ha autorizzato la proroga del piano suddetto, a decorrere dal 4 agosto 2009, per due ulteriori semestri per un contingente di militari incrementato con ulteriori 1.250 unità, interamente destinate a servizi di perlustrazione e pattuglia in concorso e congiuntamente alle Forze di polizia.

A tal fine era autorizzata la spesa di 27,7 milioni di euro per l'anno 2009 e di 39,5 milioni di euro per l'anno 2010.

Il successivo comma 75 prevede che al personale delle Forze di polizia impiegato nei suddetti servizi di perlustrazione e pattuglia sia attribuita un'indennità di importo analogo a quella onnicomprensiva, di cui al medesimo art. 7-bis, comma 4, del decreto-legge 92/2008, corrisposta al personale delle Forze armate. Quando non è prevista la corresponsione dell'indennità di ordine pubblico, l'indennità è attribuita anche al personale delle Forze di polizia impiegato nei servizi di vigilanza a siti e obiettivi sensibili svolti congiuntamente al personale delle Forze armate, ovvero in forma dinamica dedicati a più obiettivi vigilati dal medesimo personale.

Gli oneri relativi erano quantificati in 2,3 milioni di euro per l'anno 2009 e in 3,3 milioni di euro per l'anno 2010.

 

Si ricorda che l'art. 7-bis, comma 1, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica, ha previsto la possibilità di autorizzare un piano di impiego di un contingente di personale militare appartenente alle Forze armate, per specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità, ove risulti opportuno un accresciuto controllo del territorio. Tale personale è posto a disposizione dei prefetti delle province comprendenti aree metropolitane e comunque aree densamente popolate, per servizi di vigilanza a siti e obiettivi sensibili, nonché di perlustrazione e pattuglia in concorso e congiuntamente alle Forze di polizia.

Il comma 4 prevedeva la corresponsione al personale impiegato nel piano di un’indennità onnicomprensiva determinata ai sensi dell’art. 20 della legge 26 marzo 2001, n. 128[245], e comunque non superiore al trattamento economico accessorio previsto per le Forze di polizia, individuata con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dell’interno e della difesa.

Originariamente, il piano poteva essere autorizzato per un periodo di 6 mesi, rinnovabile per una volta, per un contingente non superiore a 3.000 unità. Si ricorda altresì che tale piano è stato già prorogato un prima volta con il decreto-legge n. 78 del 2009; convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009.

 

Al fine di prorogare il suddetto piano di impiego il secondo periodo prevede l’autorizzazione per il 2010 della spesa di 30 milioni di euro, dei quali 27,7 milioni sono destinati all’impiego del personale delle Forze armate e 2,3 milioni per il personale delle Forze di polizia impiegato in servizi di perlustrazione e pattuglia nell'ambito del piano medesimo o nei servizi di vigilanza ad obiettivi sensibili.

Il terzo periodo autorizza inoltre la spesa di 53 milioni di euro per l'anno 2010, per il rifinanziamento, per il medesimo anno:

§       della Tabella A allegata alla legge 14 novembre 2000, n. 233 ("Norme per l'istituzione del servizio militare professionale"), che reca gli oneri derivanti dall'attuazione della legge stessa;

§       della Tabella C allegata alla legge 23 agosto 2004, n. 226 ("Sospensione anticipata del servizio obbligatorio di leva e disciplina dei volontari di truppa in ferma prefissata, nonché delega al Governo per il conseguente coordinamento con la normativa di settore").

 

Profili finanziari

 

Il prospetto riepilogativo, riferito al testo originario del provvedimento, ascrive alla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Maggiori spese correnti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Strade sicure

30.0

/

/

/

15.2

/

/

/

15.2

/

/

/

Prof. ne FF.AA.

53.0

/

/

/

27.0

/

/

/

27.0

/

/

/

 

La relazione tecnica, riferita al testo originario del provvedimento, in merito all’autorizzazione di spesa di spesa disposta per il proseguimento dell'attività di presidio e controllo del territorio da parte delle Forze Armate e delle Forze di polizia (comma 3, primo periodo), riferisce che gli oneri sono quantificati prendendo a riferimento quanto riportato nella RT al DL n. 78/2009, atteso che in tal caso il periodo di dispiegamento delle Forze armate e di polizia è pari a 5 mesi analogamente al periodo previsto dalla disposizione in esame per il 2010. La RT precisa che l’importo comprende le spese derivanti dall’impiego sia delle Forze armate che della Polizia di Stato.

La RT allegata al DL n. 78/2009[246], in merito all’art. 24, comma 74, precisa che il relativo onere è stato quantificato sulla base degli elementi utilizzati per l’art. 7-bis, comma 1, del DL n. 92/2008. In relazione all’art. 24, comma 75, la stessa RT si limita a qualificare il relativo onere come previsione di spesa.

La relazione tecnica, riferita al maxiemendamento approvato al Senato, in merito alle modifiche introdotte, precisa che la disposizione relativa alla possibilità di proroga fino al 31 dicembre 2010 del piano di impiego operativo di cui all’art. 7-bis, comma 1, del DL n. 92/2008, non comporta effetti sulla finanza pubblica.

 

In merito ai profili di quantificazione, in relazione alla possibilità di disporre la proroga dell’art. 24, comma 75, del DL. n. 78/2009[247] (comma 3, primo periodo), posto che all’onere derivante dall'attuazione di tale disposizione, quantificato per la durata di 5 mesi in 2,3 milioni di euro, si provvede, per il 2010, mediante le risorse del fondo di cui all’art. 3, comma 151, della L. n. 350/2003[248], appare opportuno che il Governo chiarisca se la riduzione delle risorse destinate alle finalità previste dalla legge 350/2003, possa determinare occorrenze finanziarie future cui far fronte con ulteriori interventi. In relazione, inoltre, alla possibilità di disporre la proroga dell’art. 24, comma 74, del DL. n. 78/2009 (comma 3, primo periodo), non si hanno osservazioni da formulare in merito ai profili di quantificazione, atteso quanto affermato nella RT e considerato che il maggior onere è limitato all’entità dello stanziamento.

In merito all’effetto complessivo delle norme in esame sui saldi di fabbisogno e indebitamento netto, pari a circa il 51% del saldo netto da finanziare, l’indicazione contenuta nel prospetto riepilogativo sembra essere conseguenza del computo degli effetti indotti (rincasso di parte delle somme erogate a titolo di contributi ed imposte) recati della norma. Sul punto appare opportuna una conferma da parte del Governo.

Nulla da osservare, infine, in relazione al rifinanziamento del quadro finanziario relativo alla professionalizzazione delle Forze armate, considerato che il maggior onere è configurato nel limite dell’autorizzazione di spesa (comma 3, secondo periodo).

 


 

Articolo 55, comma 4
(150° Anniversario dell'unità d'Italia)

 

4. Per le manifestazioni connesse alla celebrazione del 150o Anniversario dell'unità d'Italia, il fondo per il funzionamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri di cui al decreto legislativo 303 del 1999 è integrato di 18,5 milioni di euro per l'anno 2010.

 

 

Il comma in esame prevede un'integrazione di 18,5 milioni di euro, per l'anno 2010, del fondo per il funzionamento della Presidenza del Consiglio dei ministri, finalizzata alle manifestazioni connesse alla celebrazione del 150° Anniversario dell'unità d'Italia.

Si rileva che nel bilancio di previsione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, approvato con D.P.C.M. 17 dicembre 2009, al capitolo 981 relativo agli interventi per le celebrazioni, sono allocati stanziamenti definitivi pari a 2 milioni di euro e residui pari a 1,2 milioni di euro.

 

Si ricorda che l’art. 36 del decreto legge 159/2007 ha destinato al Programma di interventi connessi alle celebrazioni per il 150° anniversario dell'Unità nazionale 140 milioni di euro per l'anno 2007.

Successivamente l’art. 2, comma 408 della legge n. 244/2007 (finanziaria 2008) ha autorizzato ulteriori 10 milioni di euro che, però, sono stati successivamente azzerati con il decreto legge n. 93/2008.

In relazione alle celebrazioni del 150° Anniversario dell'unità d'Italia, si ricorda che con il D.P.C.M. del 24 aprile 2007 era stato istituito il Comitato interministeriale per la celebrazione del grande evento denominato «150 Anni dell'Unita' d'Italia», con il compito di pianificare, preparare ed organizzare, in collaborazione con gli enti territoriali interessati, tutti gli interventi e le iniziative finalizzati alle celebrazioni per il 150° anniversario dell'Unità d'Italia, che avranno luogo nel territorio nazionale nel periodo 2008-2010 e, in particolare, nell'anno 2011. La composizione del Comitato è stata poi integrata con il D.P.C.M. del 15 giugno 2007.

Con D.P.C.M. del 23 novembre 2007 si è proceduto alla dichiarazione di «grande evento», ai sensi dell’art. 5-bis, comma 5, del decreto-legge n. 342/2001, n. 343 per il completamento, in tempo utile, di un programma generale degli interventi previsto per le celebrazioni, anche per quanto previsto dall'art. 36 del decreto-legge n. 159/2007.

L’art. 36 del citato decreto legge 159 ha previsto che il comitato interministeriale di cui al D.P.C.M. 24 aprile 2007 debba definire:

a)       la realizzazione e il completamento di un programma di qualificati interventi ed opere, anche infrastrutturali, di carattere culturale e scientifico;

b)       la messa a punto dei piani economici degli interventi, sia attraverso strumenti di cofinanziamento provenienti dalle realtà pubbliche e private del territorio e, in primo luogo, dai comuni e dalle regioni, che mediante il ricorso ad impegni di spesa ed obbligazioni pluriennali.

Inoltre, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha provveduto, ai sensi dello stesso art. 36, alla costituzione di un Comitato dei garanti per la verifica e il monitoraggio del programma e delle iniziative legate alle celebrazioni con il D.P.C.M. 18 luglio 2008, successivamente integrato con il D.P.C.M. del 14 maggio 2010.

 

Ulteriori finanziamenti per le celebrazioni del 150° anniversario dell'unità d'Italia sono assegnati dall’art. 55, comma 5-septies, del ddl in commento.

 

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo, riferito al testo originario del provvedimento, ascrive alla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Maggiori spese correnti

18.5

/

/

/

18.5

/

/

/

18.5

/

/

/

 

 

La relazione tecnica ribadisce il contenuto della norma.

 

Nulla da osservare in merito ai profili di quantificazione.essendo il maggior onere limitato all’entità dello stanziamento.

 

 


 

Articolo 55, comma 5
(Rifinanziamento missioni internazionali)

 

5. Ai fini della proroga nell'anno 2010 della partecipazione italiana a missioni internazionali il Fondo di cui all'articolo 1, comma 1240, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 è integrato di 320 milioni di euro per l'anno 2010 nonché di 4,3 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2011 al 2014, di 64,2 milioni di euro per l'anno 2015 e di 106,9 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2016 al 2020.

 

 

Il comma 5, come modificato dal Senato, prevede, ai fini della proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali, l'integrazione del Fondo per le missioni internazionali di pace di cui all’articolo 1, comma 1240, della legge finanziaria per il 2007, rispettivamente nella misura di

§       320 milioni di euro per l’esercizio finanziario 2010;

§       4,3 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2011 al 2014;

§       64,2 milioni di euro per l’anno 2015;

§       106,9 milioni di euro per gli anni dal 2016 al 2020.

 

L’articolo 1, comma 1240, della legge n. 296/2006 (finanziaria 2007) aveva istituito un apposito Fondo per le missioni internazionali di pace, nell'ambito dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, autorizzando, per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, la spesa di un miliardo di euro per il finanziamento della partecipazione italiana alle missioni internazionali di pace. Il Fondo non è stato rifinanziato dalla legge finanziaria per il 2010 ed è presente nel bilancio solo per memoria.

 

Al Fondo per le missioni internazionali di pace sono state successivamente destinate, dal D.L. n. 40/2010 (cosiddetto D.L. incentivi), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 73/2010, le maggiori entrate provenienti da giochi, da definizione di controversie relative a concessioni di riscossione, da nuove concessioni in materia di gioco e dalla definizione del contenzioso tributario provenienti da giochi, da definizione di controversie relative a concessioni di riscossione e dalla definizione del contenzioso tributario.

In particolare, ai sensi dell'articolo 2, comma 2-quinquies, si dispone che le maggiori entrare da giochi siano destinate per l'anno 2010 al fondo per le missioni internazionali di pace.

L'articolo 2, comma 2-undecies, del D.L. incentivi reca la destinazione di una quota delle maggiori entrate derivanti dalla definizione di controversie relative alle attività svolte nell'esercizio in concessione del servizio di riscossione al fondo per il finanziamento delle missioni di pace. Infatti, delle maggiori entrate derivanti dai commi da 2-septies a 2-decies del medesimo DL, pari a 50 milioni di euro nell’anno 2010, 17 milioni di euro affluiscono nel medesimo anno al fondo missioni.

L'articolo 2, comma 4-octies demanda ad un provvedimento dirigenziale del Ministero dell'economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato la fissazione della data entro la quale i soggetti risultati aggiudicatari della gara per nuove concessioni in materia di giochi, di cui all'articolo 21 del D.L. n. 78 del 2009, effettuano il versamento delle somme dovute all'esito dell'aggiudicazione. Le maggiori entrate derivanti dal presente comma per l'anno 2010 affluiscono al Fondo per il finanziamento delle missioni di pace.

Infine, anche le disposizioni dell'articolo 3 comma 2-bis del richiamato DL prevedono che le maggiori entrate derivanti dalla definizione del contenzioso tributario, accertate annualmente con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, affluiscano al fondo di cui all'articolo 7-quinquies, comma 1, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, per essere destinate alle esigenze di finanziamento delle missioni internazionali di pace.

 

Il D.L. n. 102/2010 recante proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace, di stabilizzazione e delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia (A.C. 3610 attualmente all’esame delle Commissioni riunite Affari esteri e Difesa della Camera) ha quantificato, all'articolo 8, comma 1, in 357.260.772 euro le entrate derivanti dall’articolo 2, comma 4-octies del D.L. n. 40 del 2010 (nuove concessioni in materia di giochi), da iscrivere sul Fondo per le missioni internazionali di pace.

 

Si ricorda infine che il decreto in esame, al comma 11 dell'articolo 8, provvede a destinare i rimborsi ONU al fondo per le missioni internazionali di pace (cfr. supra) e che la relazione tecnica allegata al medesimo decreto-legge n. 102/2010 ha quantificato in 24.142.221 euro la somma relativa alla copertura finanziaria derivante da tale disposizione.

 

Per il finanziamento delle missioni internazionali nel corso del 2010, la legge n. 191/2009 (legge finanziaria 2010) ha previsto, all’esterno del suddetto Fondo missioni, una “riserva” di 750 milioni di euro per l’anno in corso, nell’accantonamento del fondo speciale di parte corrente relativo al Ministero della difesa, finalizzata al finanziamento della prosecuzione delle missioni di pace all’estero.

Lo stanziamento è stato interamente utilizzato per la copertura finanziaria del D.L. n. 1/2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 30 del 2010, che rifinanzia, per il periodo dal 1° gennaio al 30 giugno 2010, la partecipazione delle forze armate e delle forze di polizia alle missioni internazionali.

Alla copertura dei 706.845.998 euro necessari per il finanziamento delle missioni internazionali dal 1° luglio al 31 dicembre 2010, ha provveduto il sopraccitato D.L. n. 102/2010, attraverso l’utilizzo del Fondo missioni internazionali per 701.402.993 e per i residui 5.443.005 euro, attraverso la riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 5, comma 8, del D.L. n.1 del 2010, relativa alla missione UNAMID in Darfur.

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo, riferito al testo originario del provvedimento, ascrive alla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Maggiori spese correnti

320.0

0.0

0.0

0.0

320.0

0.0

0.0

0.0

320.0

0.0

0.0

0.0

 

Il prospetto riepilogativo, riferito al maxiemendamento approvato al Senato, ascrive alle modifiche apportate alla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno e Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2014

2015

2016

2010

2011

2012

2013

2014

2015

2016

Maggiori spese correnti

/

4.3

4.3

4.3

4.3

64.2

  106.9

/

4.3

4.3

4.3

4.3

64.2

  106.9

 

La relazione tecnica, riferita al testo originario del provvedimento, ribadisce il contenuto della norma.

 

La relazione tecnica, riferita al maxiemendamento approvato al Senato, precisa che la norma prevede l’incremento del Fondo missioni di pace con l’utilizzo delle maggiori entrate, dal 2011, derivanti dalla rateizzazione in 120 rate dei tributi e contributi sospesi a seguito del sisma in Abruzzo del 6 aprile 2009, pari a 4.3 milioni di euro annui, per ciascuno degli anni dal 2001 al 2014, di 64.2 milioni di euro per il 2015 e di 106.9 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2016 al 2020.

 

Nulla da osservare in merito ai profili di quantificazione,essendo il maggior onere limitato all’entità dello stanziamento.

 


 

Articolo 55, commi 5-bis-5-sexies
(Corsi di formazione delle Forze armate per i giovani – Mini-naja)

 


5-bis. Nell'ambito delle iniziative per la diffusione dei valori e della cultura della pace e della solidarietà interna­zionale tra le giovani generazioni, è autorizzata la spesa di euro 6.599.720 per l'anno 2010, euro 5.846.720 per l'anno 2011 ed euro 7.500.000 per l'anno 2012, per l'organizzazione da parte delle Forze armate, in via sperimentale per un triennio, di corsi di formazione a carattere teorico-pratico, tendenti a rafforzare la conoscenza e la condivisione dei valori che da esse promanano e che sono alla base della presenza dei militari italiani di tutte le componenti operative nelle missioni internazionali. I corsi, di durata non superiore a tre settimane, si svolgono presso reparti delle Forze armate, secondo le priorità stabilite dal decreto di cui al comma 5-sexies, e sono intesi a fornire le conoscenze di base riguardanti il dovere costituzionale di difesa della Patria, le attività prioritarie delle Forze armate, in particolare nelle missioni internazionali di pace a salvaguardia degli interessi nazionali, di contrasto al terrorismo internazionale e di soccorso alle popolazioni locali, di protezione dei beni culturali, paesaggistici e ambientali e quelle di concorso alla salvaguardia delle libere istituzioni, in circostanze di pubblica calamità e in altri casi di straordinaria necessità e urgenza. Dell'attivazione dei corsi è data notizia mediante pubblicazione di apposito avviso nella Gazzetta Ufficiale, serie speciale concorsi ed esami, e nel sito istituzionale del Ministero della difesa.

5-ter. Possono presentare la domanda di partecipazione ai corsi di cui al comma 5-bis i cittadini italiani, senza distinzione di sesso, in possesso dei seguenti requisiti: età non inferiore a diciotto anni compiuti e non superiore a trenta anni compiuti; godimento dei diritti civili e politici; idoneità all'attività sportiva agonistica; esito negativo agli accertamenti diagnostici per l'abuso di alcool, per l'uso, anche saltuario od occasionale, di sostanze stupefacenti, nonché per l'utilizzo di sostanze psicotrope a scopo non terapeutico; assenza di sentenze penali di condanna ovvero di procedimenti penali in corso per delitti non colposi, di procedimenti disci­plinari conclusi con il licenziamento dal lavoro alle dipendenze di pub­bliche amministrazioni, di provve­dimenti di proscioglimento da arruola­menti, d'autorità o d'ufficio, esclusi i proscioglimenti per inidoneità psico-fisica; requisiti morali e di condotta previsti dall'articolo 35, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Alla domanda di partecipazione gli aspiranti devono allegare la certificazione relativa all'idoneità all'attività sportiva agonistica e all'esito negativo degli accertamenti diagnostici di cui al primo periodo del presente comma, nonché la scheda vaccinale rilasciate da struttura sanitaria pubblica o convenzionata con il Servizio sanitario nazionale. Nella medesima domanda gli aspiranti possono indicare la preferenza per uno o più reparti tra quelli individuati annualmente per lo svolgimento dei corsi, nei quali sono prioritariamente destinati, in relazione alle disponibilità. I giovani sono ammessi ai corsi nel limite dei posti disponibili e previo superamento di apposita visita medica.

5-quater. I giovani ammessi ai corsi assumono lo stato di militari, contraendo una speciale ferma volontaria di durata pari alla durata del corso, e sono tenuti all'osservanza delle disposizioni previste dagli ordinamenti di Forza armata. Durante i corsi i frequentatori fruiscono, a titolo gratuito, degli alloggi di servizio collettivi e della mensa.

5-quinquies. Al termine dei corsi, ai frequentatori è rilasciato un attestato di frequenza, che costituisce titolo per l'iscrizione all'associazione d'arma di riferimento del reparto di Forza armata presso il quale si è svolto il corso, nonché, previa intesa con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per il riconoscimento di crediti formativi nei segmenti scolastici in cui sia possibile farvi ricorso. All'attestato di frequenza non può essere attribuito alcun valore o punteggio utile nei concorsi per il reclutamento del personale delle Forze armate.

5-sexies. Con decreto del Ministro della difesa, sentito il Ministro della gioventù, sono stabiliti:

    a) gli eventuali ulteriori requisiti e i titoli preferenziali per l'ammissione ai corsi, individuati tra i seguenti: abili­tazioni e brevetti attestanti specifiche capacità tecniche o sportive; residenza nei territori di dislocazione ovvero in aree tipiche di reclutamento dei reparti presso i quali i corsi sono svolti; titolo di studio; parentela o affinità, entro il secondo grado, con il personale delle Forze armate deceduto o divenuto permanentemente inabile al servizio per infermità o lesioni riportate in servizio, con le vittime del terrorismo, della criminalità orga­nizzata e del dovere; ordine cronologico di presentazione delle domande;

    b) le modalità di attivazione, organizzazione e svolgimento dei corsi, le cause di allontanamento dagli stessi, il cui accertamento è deman­dato al giudizio insindacabile del comandante del corso, nonché le eventuali ulteriori modalità per l'attivazione di corsi, anche di durata minore, cui sia possibile l'ammissione di giovani con disabilità, in possesso dei requisiti di cui al comma 5-ter, esclusa l'idoneità all'attività sportiva agonistica;

     c) la somma che i frequentatori versano, a titolo di cauzione, commisurata al controvalore dei materiali di vestiario ed equipaggia­mento forniti dall'Amministrazione; tale somma è, in tutto o in parte, incamerata in via definitiva se i frequentatori trattengono, a domanda, al termine dei corsi, ovvero danneggiano i citati materiali. In tali casi, la quota parte dalla cauzione trattenuta è versata in Tesoreria per la successiva riassegna­zione, in deroga ai vigenti limiti, al fondo del Ministero della difesa istituito ai sensi dell'articolo 2, comma 616, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, in aggiunta alla dotazione dello stesso come determinata ai sensi del comma 617 del medesimo articolo 2.


 

 

I commi da 5-bis a 5-sexies, introdotti al Senato, prevedono l'istituzione della cosiddetta "mini Naja".

 

In particolare, il comma 5-bis autorizza la spesa di euro 6.599.720 per l'anno 2010, euro 5.846.720 per l'anno 2011 ed euro 7.500.000 per l'anno 2012, finalizzata all'organizzazione da parte delle Forze armate, per un triennio in via sperimentale, di corsi di formazione a carattere teorico-pratico, tendenti a rafforzare tra i giovani la conoscenza e la condivisione dei valori che promanano dalle Forze armate e che sono alla base della presenza dei contingenti militari italiani nelle missioni internazionali. Tali corsi intendono fornire le conoscenze di base riguardanti il dovere costituzionale di difesa dello Stato, le attività prioritarie delle Forze armate, incluse le missioni internazionali di pace a salvaguardia degli interessi nazionali e di contrasto al terrorismo internazionale, la protezione dei beni culturali, paesaggistici e ambientali, nonché quelle di concorso alla salvaguardia delle libere istituzioni, in circostanze di pubblica calamità e in altri casi di straordinaria necessità e urgenza.

Quanto alle modalità di svolgimento dei corsi, si prevede che i corsi, di durata non superiore a tre settimane, si svolgano presso reparti delle Forze armate, secondo le priorità e le modalità di attivazione, organizzazione e svolgimento stabilite con decreto, di cui al comma 5-sexies, del Ministro della difesa, sentito il Ministro della gioventù. Dell’attivazione dei corsi è data notizia mediante pubblicazione di apposito avviso nella Gazzetta Ufficiale, 4ª Serie speciale, e nel sito Internet del Ministero della difesa.

 

Il comma5-ter stabilisce i requisiti di partecipazione ai corsi, analoghi a quelli previsti per il reclutamento dei volontari in ferma prefissata di un anno di cui all’articolo 4 della legge 2004 n. 226 (cittadinanza, età compresa tra diciotto e trenta anni, godimento dei diritti civili e politici; diploma di istruzione secondaria di primo grado; idoneità all’attività sportiva agonistica; esito negativo agli accertamenti diagnostici per l’abuso di alcool e per l’uso di sostanze stupefacenti, nonché per l'utilizzo di sostanze psicotrope a scopo non terapeutico; assenza di sentenze penali di condanna ovvero di procedimenti penali in corso per delitti non colposi; requisiti morali e di condotta) e la documentazione da allegare alla domanda, inclusa la certificazione relativa all'idoneità all'attività sportiva agonistica e all'esito negativo degli accertamenti diagnostici di cui al primo periodo del presente comma. Si contempla altresì la possibilità per gli aspiranti di indicare la preferenza per uno o più reparti tra quelli individuati annualmente per lo svolgimento dei corsi. L’ammissione ai corsi, nel limite dei posti disponibili, è subordinata al superamento di apposita visita medica.

 

Il comma 5-quater stabilisce che i giovani ammessi ai corsi assumano lo stato di militari, contraendo una speciale ferma volontaria di durata pari alla durata del corso e che fruiscano a titolo gratuito degli alloggi di servizio collettivo e della mensa.

Il comma 5-quinquies prevede il rilascio, al termine dei corsi, dell’attestato di frequenza, che costituisce titolo per l’iscrizione all’associazione d’arma di riferimento del reparto di Forza armata presso il quale si è svolto il corso, nonché, previa intesa con il Ministero dell'Istruzione, dell'università e della ricerca, per il riconoscimento dei crediti formativi nei segmenti scolastici in cui sia possibile farvi ricorso. Stabilisce inoltre che all'attestato di frequenza non possa essere attribuito punteggio utile nei concorsi per il reclutamento del personale delle Forze armate.

 

Il comma 5-sexies stabilisce che con decreto del Ministro della difesa, sentito il Ministro della gioventù vengano previsti: a) eventuali ulteriori requisiti, nonché titoli di preferenza per l’ammissione ai corsi, individuati anche in relazione ai reparti che organizzano gli stessi corsi (abilitazioni e brevetti attestanti specifiche capacità tecniche o sportive; residenza nei territori di dislocazione ovvero in aree tipiche di reclutamento dei reparti presso i quali i corsi sono svolti; titoli di studio; rapporti di parentela o affinità con personale delle Forze armate deceduto o divenuto permanentemente inabile al servizio per infermità o lesioni riportate in servizio, con vittime del terrorismo, della criminalità organizzata e del dovere; ordine cronologico di presentazione delle domande); b) le modalità di svolgimento dei corsi, le cause di allontanamento dagli stessi, le eventuali ulteriori modalità dei corsi per giovani con disabilità in possesso dei requisiti di cui al precedente comma 5-ter esclusa l'idoneità all'attività sportiva agonistica; c) la regolamentazione della cauzione versata dai frequentatori relativa ai materiali di vestiario e di equipaggiamento forniti dal ministero della Difesa.

 

La norma di copertura finanziaria degli oneri relativi alle disposizioni in esame è contenuta al comma 7-bis dell’articolo 55, cui si rinvia.

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo, riferito al maxiemendamento approvato al Senato, ascrive alla norma di cui al comma 5-bis, i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Maggiori spese correnti

6.6

5.8

7.5

/

6.6

5.8

7.5

/

6.6

5.8

7.5

/

 

La relazione tecnica, riferita al maxiemendamento approvato al Senato, afferma che viene autorizzata la spesa di euro di euro 6.599.720 per l’anno 2010, euro 5.846.720 per l’anno 2011 ed euro 7.500.000 per l’anno 2012, per le finalità della norme in esame ed individua, nelle seguenti apposite tabelle, le singole voci di costo che concorrono a determinare l’onere previsto per ciascun anno del triennio 2010-2012.

(euro)

Progetto “Stage Difesa”-EF. 2010

 

Numero

Costi medi unitari

Costi per 21 giorni

CFI Personale di supporto

360

100

756.000

Indennità di missione personale di supporto

360

12

90.720

TOTALE SPESE DI PERSONALE

 

846.720

TOTALE SPESE DI FUNZIONAMENTO

 

3.900.000

TOTALE ONERI UNA TANTUM

 

1.853.000

TOTALE

 

6.599.720

(euro)

Progetto “Stage Difesa”-EF. 2011

TOTALE SPESE DI PERSONALE (*)

 

846.720

TOTALE SPESE DI FUNZIONAMENTO

 

3.900.000

TOTALE ONERI UNA TANTUM

 

1.100.000

TOTALE

 

5.846.720

(*) I parametri di quantificazione degli oneri di personale sono i medesimi per ciascuna anno del triennio

(euro)

Progetto “Stage Difesa”-EF. 2012

TOTALE SPESE DI PERSONALE (*)

 

846.720

TOTALE SPESE DI FUNZIONAMENTO

 

4.253.280

TOTALE ONERI UNA TANTUM

 

2.400.000

TOTALE

 

7.500.000

(*) I parametri di quantificazione degli oneri di personale sono i medesimi per ciascuna anno del triennio

 

In merito ai profili di quantificazione.si rileva preliminarmente che andrebbero forniti elementi di valutazione idonei a confermare l’effettiva possibilità di ricondurre le spese in questione nell’ambito di un limite massimo, come prefigurato dalla norma, precisando le modalità procedurali idonee a garantire il rispetto del predetto limite.

Per quanto attiene alle quantificazioni operate dalla RT, appare opportuno che il Governo fornisca chiarimenti in merito a taluni aspetti, di seguito evidenziati.

§      La RT non menziona gli aspetti retributivi e previdenziali derivanti dall’inquadramento nelle strutture di Forza armata dei frequentatori dei corsi, che per espressa disposizione (comma 5-quater), per tutta la durata dei corsi, assumono lo “stato di militari in speciale ferma volontaria”. Andrebbe quindi chiarito se, In virtù di tale previsione, i soggetti in questione possano beneficiare del riconoscimento di trattamenti e prerogative attualmente previsti per i volontari delle FF.AA., con conseguenti possibili oneri. La RT non fa, inoltre, riferimento ad eventuali oneri connessi alla copertura assicurativa dei frequentatori per lo svolgimento delle attività formative.

§      In merito alle attività formative svolte dal personale di supporto, si rileva che la RT quantifica oneri per trattamenti economici, mentre la norma non prevede espressamente un trattamento aggiuntivo rispetto a quello già percepito dal personale in questione, che dovrebbe risultare già inquadrato nella strutture dell’amministrazione della difesa e che, plausibilmente, dovrebbe già svolgere istituzionalmente siffatte attività formative, nell’ambito delle procedure di reclutamento e formazione dei volontari delle FF.AA.

 

 

§      Si rileva, inoltre, che nella RT non sono esplicitate le ragioni di un andamento non costante, nei tre anni, delle voci di costo connesse agli oneri di funzionamento e agli oneri una tantum. Sul punto appare opportuno acquisire un chiarimento da parte del Governo.

 


 

Articolo 55, comma 5-septies
(Risorse per il 150° Anniversario dell'unità d'Italia)

 

5-septies. La dotazione del fondo di cui all'articolo 60, comma 8-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, è stabilita in 5 milioni di euro per l'anno 2010, per le esigenze connesse alla Celebrazione del 150o anniversario dell'unità d'Italia.

 

 

Il comma 5-septies, inserito durante l’esame al Senato, assegna al fondo istituito dal D.L. n. 112/2008 nello stato di previsione del Ministero della difesa per esigenze prioritarie del Ministero stesso, la dotazione di 5 milioni di euro per l'anno 2010, per le esigenze connesse alla celebrazione del 150° anniversario dell'unità d'Italia.

 

Si ricorda che il fondo in questione è stato istituito con una dotazione pari a 3 milioni di euro per l’anno 2008. L’art. 16, comma 2-bis, del D.L. 78 del 2009[249] ha poi stabilito che per le medesime finalità perseguite nell’anno 2008, la dotazione del fondo fosse stabilita in 1,5 milioni di euro per l’anno 2009.

Si segnala che le norme relative al suddetto fondo sono state soppresse dal Codice dell’Ordinamento militare (D.Lgs. n. 66 del 2010), che entrerà in vigore in data 8 ottobre 2010, mentre lo stesso Codice, all’articolo 620, riproduce la disposizione relativa all’istituzione del Fondo per esigenze prioritarie della difesa, nello stato di previsione del Ministero della difesa.

 

Ulteriori finanziamenti per le celebrazioni del 150° anniversario dell'unità d'Italia sono assegnati dall’art. 55, comma 4, del ddl in commento.

 


Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo, riferito al maxiemendamento approvato al Senato, ascrive alla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Maggiori spese correnti

5.0

/

/

/

5.0

/

/

/

5.0

/

/

/

 

La relazione tecnica, riferita al maxiemendamento approvato al Senato, ribadisce il contenuto della norma e precisa che, ai sensi dell'art. 2268, comma 1, n. 1071, del D.lgs. n. 66/2010 (codice dell'ordinamento militare), a decorrere dal 9 ottobre 2010, la disposizione di cui all’art. 60, comma 8-bis, del DL n. 112/2008, che prevede l'istituzione di un fondo finalizzato a far fronte alle esigenze prioritarie del Ministero dalla difesa, risulterà abrogata. Conseguentemente il Fondo dovrà essere utilizzato entro la suddetta scadenza.

 

In merito ai profili di quantificazione, posto che la norma dispone un adeguamento delle dotazioni del fondo istituito per far fronte alle esigenze prioritarie del Ministero dalla difesa, andrebbero forniti elementi di valutazione volti a confermare l'effettiva adeguatezza di siffatte dotazioni rispetto alle finalità allo stesso riferite a legislazione vigente e rispetto al ristretto margine temporale (entro il 9 ottobre 2010) previsto per porle in essere.

 

 


 

Articolo 55, comma 6
(Incremento della dotazione del
Fondo per gli interventi strutturali di politica economica)

 


6. La dotazione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, tenuto conto degli utilizzi previsti dal presente provvedimento, è incrementata di 35,8 milioni di euro per l'anno 2010, di 1.748,4 milioni di euro per l'anno 2011, di 224,3 milioni di euro per l'anno 2012, di 44,7 milioni per l'anno 2013, di 105,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015 e di 91,6 milioni di euro a decorrere dall'anno 2016 mediante l'utilizzazione di quota parte delle maggiori entrate e delle minori spese derivanti dal presente decreto. Le risorse finanziarie derivanti dall'applicazione del precedente periodo sono destinate all'attuazione della manovra di bilancio relativa all'anno 2011.


 

 

Il comma 6, modificato nel corso dell’esame al Senato, prevede che una quota delle risorse derivanti dalle maggiori entrate e dai risparmi connessi con il provvedimento in esame è destinata ad incrementare la dotazione finanziaria del fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del D.L. n. 282/2004 (legge n. 307/2004) fermo restando le somme utilizzate dallo stesso provvedimento.

 

A tale riguardo, si ricordano le seguenti disposizioni – contenute nel decreto legge in esame - che coprono gli oneri da esse recati a valere sul suddetto Fondo:

§      dell’articolo 12, comma 9, relativo alle esclusioni dalla rateizzazione dei trattamenti di fine servizio per i dipendenti pubblici, il quale opera una riduzione del Fondo di 10 milioni per il 2011;

§      dell’articolo 14, comma 33-ter, che riduce il Fondo di 2 milioni per il 2010, a copertura del contributo di pari importo a favore dei comuni dissestati della provincia de L’Aquila, disposto dall’articolo 14, al comma 14-ter;

§      dell’articolo 39, comma 4-ter, che riduce il Fondo di 15 milioni per gli anni 2011 e 2012, a copertura delle agevolazioni fiscali in favore delle piccole e medie imprese localizzate nelle zone franche urbane individuate nei territori dell’Abruzzo.

 

L'incremento di risorse disposto dal comma in esame è pari a 35,8 milioni di euro per l'anno 2010, 1.748,4 milioni per l’anno 2011 e 224,3 milioni di euro per l'anno 2012, di 44,7 milioni per l’anno 2013, 105,5 milioni per ciascuno degli anni 2014 e 2015 e di 91,6 milioni a decorrere dall’anno 2016.

Tali somme sono finalizzate alla copertura della manovra di bilancio relativa all'anno 2011.

 

Si ricorda che il Fondo per gli interventi strutturali di politica economica (ISPE) è stato istituito dal comma 5 dell’articolo 10 del D.L. n. 282 del 2004 (legge n. 307/2004), nello stato di previsione del Ministero dell’economia e finanze (missione “Politiche economico finanziarie e di bilancio”, cap. 3075) al fine di agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, anche mediante interventi volti alla riduzione della pressione fiscale. Il Fondo viene utilizzato in modo flessibile ai fini del reperimento delle risorse occorrenti a copertura di interventi legislativi recanti oneri finanziari. Le dotazioni del fondo iscritte nel bilancio triennale 2010 (legge n. 192/2009) sono pari a circa 24,8 milioni per il 2010, a 30,4 milioni per il 2011 e 23,4 milioni per il 2012. Per quanto concerne le effettive disponibilità del Fondo per l’anno 2010, si ricorda che le risorse del Fondo ISPE, oltre a venire utilizzate a copertura di provvedimenti legislativi, sono state rifinanziate da varie disposizioni.

Profili finanziari

Il prospetto riepilogativo allegato al testo originario ascrive alla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Maggiori spese correnti

-

1.700

250

-

-

1.700

250

-

-

1.700

250

-

 

Il prospetto riepilogativo allegato al maxiemendamento ascrive alla norma i seguenti ulteriori effetti sui saldi di finanza pubblica per il periodo 2010-2013.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Maggiori spese correnti

37,8

73,4

3,3

44,7

37,8

73,4

3,3

44,7

37,8

73,4

3,3

44,7

Ulteriori effetti di maggiore spesa corrente sono ascritti dal prospetto agli esercizi 2014 (105,5 mln), 2015 (105,5 mln), 2016 (91,6 mln.).

 

A fronte di tali effetti di maggior spesa altre norme del provvedimento prevedono riduzioni del Fondo ISPE, così riportate nel prospetto riepilogativo.


 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

Minori spese correnti

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Art. 12, co. 9

 

Riduzione ISPE

 

-10

 

 

 

-10

 

 

 

-10

 

 

Art. 14, co. 33-ter

 

Riduzione ISPE

-2

 

 

 

-2

 

 

 

-2

 

 

 

Art. 39, co. 4-bis

 

Riduzione ISPE

 

-15

-15

 

 

-15

-15

 

 

-15

-15

 

Art. 42, co. 2-quinquies

 

Riduzione ISPE

 

 

-14

 

 

 

-14

 

 

 

-14

 

Totale riduzioni Fondo ISPE

-2

-25

-29

 

-2

-25

-29

 

-2

-25

-29

 

 

 

Gli effetti netti delle variazioni indicate nei due prospetti riepilogativi corrispondono agli incrementi del Fondo disposti dal comma 6 dell’art. 55.

 

La relazione tecnica allegata al testo originario nulla aggiunge al contenuto della norma.

 

La relazione tecnica allegata al maxiemendamento presentato al Senato  afferma che l’incremento della dotazione del Fondo ISPE è effettuata con il margine di disponibilità di maggiori entrate derivanti dall’articolo 38, commi 13-bis e seguenti, “al netto degli utilizzi previsti dal provvedimento e delle altre disponibilità derivanti da interventi diversi”.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare.

 

In merito ai profili di copertura finanziaria, salvo quanto osservato con riferimento alla disposizione di copertura finanziaria di cui al comma 7 del presente articolo, si rileva che, per alcune delle disposizioni alla cui copertura si provvede a valere sulle maggiori entrate di cui all’articolo 38, commi 13-bis e seguenti, in particolare per i commi 12 e 22 dell’articolo 9, e per il comma 9 dell’articolo 38, l’utilizzo delle suddette risorse si evince esclusivamente dalla relazione tecnica e non anche dalla formulazione delle disposizioni, trattandosi di oneri connessi alla loro soppressione o modificazione prevista dal suddetto emendamento del Governo. Appare, in ogni caso, opportuno che il Governo chiarisca se vi siano ulteriori risorse derivanti dalle modifiche introdotte con il suddetto emendamento del Governo non utilizzate per l’incremento della dotazione del Fondo per interventi strutturali di politica economica.

Appare, infine, opportuno che il Governo chiarisca se l’incremento della dotazione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, tenga conto del fatto che le disponibilità destinate ad incrementare il Fondo medesimo  possono presentare effetti finanziari diversi sui tre saldi, come si evince dal prospetto riepilogativo riferito all’emendamento. Tale chiarimento appare opportuno in quanto il prospetto degli effetti finanziari dell’articolo 55 contenuto nella medesima relazione tecnica contiene un’unica cifra per ciascun anno, che appare riferibile al solo saldo netto da finanziare.


 

Articolo 55, commi 7-8
(Norme di copertura)

 


7. Alle minori entrate e alle maggiori spese derivanti, dall'articolo 9, comma 31, dall'articolo 11, commi 5 e 15, dall'articolo 12, commi 7, 8 e 9, dall'articolo 14, commi 13 e 14, dall'articolo 17, comma 1, dall'articolo 25, dall'articolo 38, comma 11, dall'articolo 39, commi 1 e 4, dall'articolo 41, dall'articolo 50, comma 1, e dall'articolo 55, commi da 1 a 6, pari complessivamente a 1.004,5 milioni di euro per l'anno 2010, a 4.549,5 milioni di euro per l'anno 2011, a 1.476,8 milioni di euro per l'anno 2012, a 670,2 milioni di euro a decorrere dall'anno 2013, si provvede:

    a) mediante utilizzo di quota parte delle maggiori entrate recate dall'articolo 3, dall'articolo 6, commi 15 e 16, dall'articolo 15, dall'articolo 19, dall'articolo 21, dall'articolo 22, dall'articolo 23, dall'articolo 24, dall'articolo 25, dall'articolo 26, dall'articolo 27, dall'articolo 28, dall'articolo 31, dall'articolo 32, dall'articolo 33, dall'articolo 38 e dall'articolo 47, pari a 908,00 milioni di euro per l'anno 2010, a 4.549,50 milioni di euro per l'anno 2011, a 1.399,80 milioni di euro per l'anno 2012, a 593,20 milioni di euro a decorrere dall'anno 2013;

    b) mediante utilizzo di quota parte delle minori spese recate dall'articolo 9, comma 30, pari a 96,5 milioni di euro per l'anno 2010;

    c) quanto a 77 milioni di euro mediante corrispondente riduzione delle proiezioni a decorrere dall'anno 2012 dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2010-2012, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2010, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.

7-bis. Agli oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui ai commi 5-bis, 5-ter, 5-quater, 5-quinquies, 5-sexies e 5-septies del presente articolo, pari a euro 11.599.720 per l'anno 2010, a euro 5.846.720 per l'anno 2011 e a euro 7.500.000 per l'anno 2012, si provvede:

    a) quanto a euro 5.285.720 per l'anno 2010, mediante corrispondente riduzione lineare delle dotazioni finanziarie di parte corrente delle missioni di spesa del Ministero della difesa, con riferimento alle spese rimodulabili di cui all'articolo 21, comma 5, lettera b), della legge 31 dicembre 2009, n. 196;

    b) quanto a euro 1.314.000 per l'anno 2010, euro 74.000 per l'anno 2011 ed euro 2.500.000 per l'anno 2012, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2010-2012, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2010, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della difesa;

    c) quanto a euro 5.772.720 per l'anno 2011 ed euro 5.000.000 per l'anno 2012 mediante parziale utilizzo delle maggiori entrate derivanti dall'articolo 4, commi da 4-bis a 4-novies;

    d) quanto a 5.000.000 di euro per l'anno 2010 mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle maggiori entrate derivanti dai commi 13-bis, 13-ter e 13-quater dell'articolo 38.

8. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


I commi 7-8 dell’articolo 55 recano le norme di copertura finanziaria delle disposizioni onerose recate dal provvedimento.

 

In particolare, il comma 7 provvede alla quantificazione dei maggiori oneri recati dalle seguenti disposizioni:

§      articolo 9, comma 31, recante la limitazione ai trattenimenti in servizio;

§      articolo 11, commi 5 e 15, in materia di spesa farmaceutica e tessera sanitaria;

§      articolo 12, commi 7, 8 e 9, in tema di rateizzazione dei trattamenti di fine servizio;

§      articolo 14, commi 13 e 14, relativi a contributi in favore, rispettivamente, dei comuni per l’anno 2010 e del Comune di Roma per il sostegno degli oneri derivanti dall’attuazione del Piano di rientro del medesimo comune;

§      articolo 17, comma 1, relativo alla partecipazione dell’Italia al capitale della società per la salvaguardia della stabilità finanziaria dell’euro;

§      articolo 25, relativo alla ritenuta operata su bonifici bancari e postali;

§      articolo 38, comma 11, relativo al trattamento fiscale degli enti di previdenza obbligatoria di natura privata;

§      articolo 39, commi 1 e 4, recanti agevolazioni in favore dei territori colpiti dal sisma in Abruzzo;

§      articolo 41, relativo al regime fiscale di attrazione europea;

§      articolo 50, comma 1, relativo al censimento generale della popolazione e delle abitazioni, dell'industria e dei servizi e istituzioni non-profit;

§      articolo 55, commi da 1 a 6, recanti disposizioni varie, quali il differimento del versamento dell'acconto IRPEF per i periodi d'imposta 2011 e 2012 (commi 1 e 2), finanziamento a favore delle forze armate per il controllo del territorio e la professionalizzazione (comma 3), rifinanziamento per il 150° Anniversario dell'unità d'Italia (comma 4), rifinanziamento di missioni internazionali di pace (comma 5) e incremento della dotazione finanziaria del Fondo interventi strutturali di politica economica (comma 6).

 

Gli oneri recati dalle suddette disposizioni sono quantificati in:

§      1.004, 5 milioni di europer l’anno 2010;

§      4.549,5 milioni di euro per l’anno 2011;

§      1.476,8 milioni di euro per l’anno 2012;

§      670,2 milioni di euro a decorrere dall’anno 2013.

 

Alla copertura finanziaria si provvede nel modo seguente:

a)    quanto a 908 milioni di euro per l’anno 2010, a 4.549,5 milioni di euro per l’anno 2011, a 1.399,8 milioni di euro per l’anno 2012, a 593,20 milioni di euro a decorrere dall’anno 2013, mediante utilizzo di quota parte delle maggiori entrate derivanti dal provvedimento;

b)    quanto a 96,5 milioni di euro per l’anno 2010, mediante utilizzo di quota parte delle minori spese derivanti dall’articolo 9, comma 30, relativo alla decorrenza degli effetti del riordino delle carriere delle forze armate e di polizia;

c)    quanto a 77 milioni di euro mediante corrispondente riduzione delle proiezioni a decorrere dall’anno 2012 dello stanziamento del Fondo speciale di parte corrente.

 

Il comma 7-bis, inserito nel corso dell’iter al Senato, reca la norma di copertura finanziaria degli oneri recati dalle disposizioni di cui ai commi da 5-bis a 5-septies dell’articolo 55, anch’essi introdotti al Senato, che prevedono l'istituzione della cosiddetta "mini Naja".

Gli oneri sono quantificati in 11.599.720 euro per l'anno 2010, 5.846.720 euro per l'anno 2011 e 7.500.000 euro per l'anno 2012. Ad essi si provvede:

a)  quanto a 5.285.720 euro per l'anno 2010, mediante corrispondente riduzione lineare delle dotazioni finanziarie di parte corrente delle missioni di spesa del Ministero della difesa, con riferimento alle spese rimodulabili di cui all'articolo 21, comma 5, lettera b), della legge 31 dicembre 2009, n. 196;

b)  quanto a 1.314.000 euro per l'anno 2010, 74.000 euro per l'anno 2011 e 2.500.000 euro per l'anno 2012, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente;

c)  quanto a 5.772.720 euro per l'anno 2011 ed 5.000.000 euro per l'anno 2012 mediante parziale utilizzo delle maggiori entrate derivanti dall'articolo 4, commi da 4-bis a 4-novies, relativi alle disposizioni in materia di cedolino unico per il personale delle pubbliche amministrazioni;

d)  quanto a 5 milioni di euro per l'anno 2010 mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle maggiori entrate derivanti dai commi 13-bis, 13-ter e 13-quater dell'articolo 38 (tassazione della variazione della riserve tecniche obbligatorie ramo vita per le imprese di assicurazione).

 

Il comma 8 autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 


Profili finanziari

 

Il prospetto riepilogativo, riferito al maxiemendamento approvato al Senato, ascrive al comma 7-bis i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

2010

2011

2012

2013

Minori spese correnti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Co. 7 bis lett. a)

5.3

 

 

 

5.3

 

 

 

5.3

 

 

 

Co. 7 bis lett. b)

1.3

0.1

2.5

 

1.3

0.1

2.5

 

1.3

0.1

2.5

 

 

La relazione tecnica, riferita al maxiemendamento approvato al Senato, non reca indicazioni in merito ai tagli lineari previsti dalla lett. a).

 

In merito ai profili di quantificazione, considerato che la RT nulla riferisce in merito, appare opportuno acquisire dei chiarimenti da parte del Governo circa l’effettiva praticabilità, da parte del Ministero della difesa, dei tagli lineari disposti dalla norma alla lettera a), con riferimento all’esercizio in corso.

 

In merito ai profili di copertura finanziaria, anche al fine di verificare la congruità della quantificazione dell’onere prevista dal comma 7 in esame, appare opportuno acquisire la conferma del Governo che gli oneri derivanti dall’articolo 9, comma 31, ultimo periodo, terminino nell’anno 2013.

Appare, inoltre, opportuno acquisire dal Governo informazioni circa l’entità delle minori entrate derivanti dall’articolo 25, a decorrere dall’anno 2014, e dall’articolo 38, comma 11, e dall’articolo 41, a decorrere dall’anno 2013.

Si segnala, inoltre, che la disposizione fa riferimento, nell’indicazione delle disposizioni onerose, anche all’articolo 12, comma 9, il quale, in seguito alle modifiche apportate dal Senato durante l’esame in prima lettura, è corredato da una autonoma clausola di copertura finanziaria.

Con riferimento alla formulazione della norma, si segnala che in seguito all’introduzione, durante l’esame in prima lettura al Senato, di nuovi commi dopo i commi 2 e 5 dell’articolo 55, il riferimento agli oneri derivanti dai commi da 1 a 6 del suddetto articolo dovrebbe intendersi riferito ai soli commi 1, 2 , 3, 4, 5 e 6.

Per quanto concerne la quantificazione degli oneri, si segnala che la stessa non tiene conto delle modifiche intervenute, durante l’esame in prima lettura presso il Senato della Repubblica, all’articolo 55, comma 6, relativo alle risorse destinate al Fondo per interventi strutturali di politica economica. La nuova quantificazione degli oneri, con riferimento al periodo 2010-2013, risulta la seguente: 1.040,3 milioni di euro per l’anno 2010, 4.597,9 milioni di euro per l’anno 2011 e 1.451,1 milioni di euro per l’anno 2012 e a 714,9 milioni di euro per l’anno 2013. Come si evince dalla relazione tecnica allegata all’emendamento 1.10.000 del Governo, alla copertura della quota differenziale degli oneri, seppure non correttamente quantificati dalla disposizione, si provvede a valere su quota parte delle maggiori entrate derivanti da alcune delle disposizioni contenute nel suddetto emendamento.

Con riferimento all’utilizzo del Fondo speciale di parte corrente previsto dalla lettera c) del comma 7, si segnala che l’accantonamento del quale è previsto l’utilizzo reca le necessarie disponibilità.

 

In relazione all’utilizzo dell’accantonamento del Fondo speciale di parte corrente di competenza del Ministero della difesa, previsto dalla lettera b) del comma 7-bis, si rileva che tale accantonamento reca le necessarie disponibilità.

 


 

 



[1]     Il decreto legge in esame è entrato in vigore il 31 maggio 2010.

[2]     Il decreto-legge è entrato in vigore il 31 maggio 2010.

[3]     http://www.mit.gov.it/mit/mop_all.php?p_id=06562

[4]     http://www.mit.gov.it/mit/site.php?p=cm&o=vd&id=675.

[5]     Nella Nota RGS del 17 giugno 2010 presentata nel corso dell’esame al Senato.

[6]     Decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica.

[7]     L’art. 44 Cost. dispone che “Al fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata, fissa limiti alla sua estensione secondo le regioni e le zone agrarie, promuove ed impone la bonifica delle terre, la trasformazione del latifondo e la ricostituzione delle unità produttive; aiuta la piccola e la media proprietà. La legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane”.

[8]     http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_16/showXhtml. Asp?idAtto=3338&stile=6&highLight=1.

[9]     www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/controllo/sez_controllo_ enti/2009/delibera_93_2009_relazione.pdf

[10]   Come modificata dall'articolo 1 del D.L. n. 6 del 1996, convertito dalla L. 110 del 1996, e dai commi 181-182 dell'articolo 2 della legge n. 662 del 1996.

[11]   Secondo la nota esplicativa dell’ISTAT relativa alla metodologia di redazione del predetto elenco la distinzione tra produttori di beni e servizi destinabili alla vendita e produttori di beni e servizi non destinabili alla vendita si basa sul fatto che i prezzi applicati siano o non siano economicamente significativi. Il prezzo economicamente significativo è applicato sulla base del “criterio del 50%”, ossia verificando se le vendite o ricavi per prestazioni di servizi da soggetti coprano una quota superiore al 50% dei costi di produzione. Nell’ammontare delle vendite o dei ricavi per prestazioni sono compresi i contributi ai prodotti che incidono sul prezzo di mercato praticato e che sono legati al volume o al valore della produzione, mentre sono esclusi i trasferimenti a copertura di un disavanzo globale o che coprano i costi indipendentemente dal volume della produzione.

[12]   Cfr. ASSONIME, Principi di riordino del quadro giuridico delle società pubbliche, Roma, settembre 2008.

[13]   Nel limite di 500 mln di euro.

[14]    In particolare, in base al regolamento approvato: a) l'assistenza finanziaria assume la forma di un prestito o di una linea di credito garantita dagli Stati membri interessati. A tal fine, la Commissione è autorizzata, per conto dell'UE, a contrarre prestiti sul mercato dei capitali o presso le istituzioni finanziarie; b) l'ammontare dei prestiti o delle linee di credito dovrà essere limitato al margine disponibile sotto la soglia prevista dal sistema delle risorse proprie per gli stanziamenti di pagamento; c) gli Stati membri che richiedono l'assistenza dell'UE dovranno elaborare con la Commissione europea, ed insieme alla Banca centrale europea, una valutazione delle proprie esigenze finanziarie, e sottoporre alla Commissione stessa e al Comitato economico e finanziario (organo consultivo formato da rappresentanti degli Stati membri, della Commissione europea e della BCE) un programma di risanamento economico-finanziario; l'assistenza finanziaria sarà concessa sulla base di una decisione del Consiglio assunta a maggioranza qualificata, su proposta della Commissione europea.

[15]    Tale società sarà garantita dagli Stati partecipanti sulla base delle quote nel capitale della BCE e in conformità ai rispettivi ordinamenti costituzionali e potrà mettere a disposizione fino a 440 miliardi di euro. Essa scadrà dopo tre anni. E' prevista la partecipazione del FMI con una quota pari ad almeno la metà del contributo europeo.

[16]    Convertito dalla legge n. 99 del 2010.

[17]    Recante Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi.

[18]    Recante misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria e convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248.

[19]    Decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributariae convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 6 agosto 2008, n. 133.

[20]    Lo statuto dell’Agenzia è stato approvato con Provvedimento del 13 dicembre 2000 e successivamente integrato. Si ricorda che, ai sensi dell'art. 2, comma 1, dello Statuto, l'Agenzia del territorio assicura l'integrazione delle attività statali in materia catastale con quelle attribuite agli enti locali, nonché l'accesso più semplice alle informazioni ed ai dati, promuovendo, a livello nazionale, l'interscambio e la disponibilità di dati catastali aggiornati in collegamento con le anagrafi territoriali costituite presso gli enti locali. Inoltre, ai sensi dell'art. 3, l'Agenzia: assicura la collaborazione con il sistema delle autonomie locali secondo i principi del federalismo fiscale; promuove e fornisce servizi alle regioni ed agli enti locali, stipulando apposite convenzioni e stabilisce forme di collaborazione e reciproca informazione con il sistema delle autonomie locali.

[21]    D.Lgs. 30-7-1999 n. 300, Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59.

[22]    Informazioni tratte dalla relazione presentata dal Direttore dell’Agenzia alla Commissione parlamentare di vigilanza sull'Anagrafe Tributaria il 25 febbraio 2009.

[23]    D.L. 10-1-2006, n. 4, recante Misure urgenti in materia di organizzazione e funzionamento della pubblica amministrazione, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 9 marzo 2006, n. 80. L’art. 34-quinquies.

[24]    D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, recante disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, L. 24 novembre 2006, n. 286.

[25]    D.M. 19 aprile 1994, n. 701, Regolamento recante norme per l'automazione delle procedure di aggiornamento degli archivi catastali e delle conservatorie dei registri immobiliari.

[26]    Il richiamato comma 336 stabilisce che i comuni, constatata la presenza di immobili di proprietà privata non dichiarati in catasto ovvero la sussistenza di situazioni di fatto non più coerenti con i classamenti catastali per intervenute variazioni edilizie, richiedono ai titolari di diritti reali sulle unità immobiliari interessate la presentazione di atti di aggiornamento redatti ai sensi del regolamento di cui al D.M. n. 701 del 1994 del Ministro delle finanze. La richiesta, contenente gli elementi constatati, tra i quali, qualora accertata, la data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, è notificata ai soggetti interessati e comunicata, con gli estremi di notificazione, agli uffici provinciali dell'Agenzia del territorio. Se i soggetti interessati non ottemperano alla richiesta entro novanta giorni dalla notificazione, gli uffici provinciali dell'Agenzia del territorio provvedono, con oneri a carico dell'interessato, alla iscrizione in catasto dell'immobile non accatastato ovvero alla verifica del classamento delle unità immobiliari segnalate, notificando le risultanze del classamento e la relativa rendita.

[27]    D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto.

[28]    L. 27 febbraio 1985, n. 52, Modifiche al libro sesto del codice civile e norme di servizio ipotecario, in riferimento alla introduzione di un sistema di elaborazione automatica nelle conservatorie dei registri immobiliari.

[29]    Il testo della circolare è reperibile sul sito internet dell’Agenzia del territorio:

      http://www.agenziaterritorio.it/sites/territorio/files/documentazione/normativa%20di%20 riferimento/Circolari_2010/Circolare2010n2-DL78-2010art19comma14.pdf

[30]    D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro.

[31]    Senato della Repubblica, VI Commissione Finanze e Tesoro, Audizione del Direttore dell’Agenzia del Territorio, Roma 9 giugno 2010.

[32]    Attuazione della direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo nonché della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione.

[33]    Ossia al 29 dicembre 2007.

[34]    Riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi, a norma dell'articolo 3, comma 133, lettera q), della L. 23 dicembre 1996, n. 662.

[35]    Recante disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi.

[36]    In attuazione di quanto disposto dall’art. 38, quarto comma, il DM 10 settembre 1992 ha determinato, ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, gli indici ed i coefficienti presuntivi di reddito o di maggior reddito in relazione agli elementi indicativi di capacità contributiva (c.d. “redditometro”), valutati con riferimento alla disponibilità dei beni e dei servizi descritti nella tabella allegata al decreto medesimo. L’art. 5, comma 1, del citato D.M. prevede che gli importi stabiliti nell’allegata tabella siano adeguati ogni due anni sulla base delle variazioni percentuali dell’indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività nazionale calcolato dall’ISTAT. Da ultimo, il Provv. 11 febbraio 2009 del Direttore dell’Agenzia delle entrate ha disposto l’aggiornamento, per il biennio 2008-2009, degli importi indicati nella suddetta tabella allegata al D.M. 10 settembre 1992 (come sostituita dal D.M. 19 novembre 1992).

[37]    Recante disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale.

[38]    Si è in presenza di un prezzo di trasferimento (transfert pricing) quando in una operazione transnazionale tra soggetti legati da una relazione di dipendenza giuridica o economica, il corrispettivo di un bene o di un servizio è fissato ad un livello diverso da quello che si formerebbe in una transazione tra soggetti indipendenti in regime di concorrenza.

[39]    Riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi, a norma dell'articolo 3, comma 133, lettera q), della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

[40]    “Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto”.

[41]    "Regolamento del Consiglio relativo alla cooperazione amministrativa in materia d'imposta sul valore aggiunto e che abroga il regolamento (CEE) n. 218/92".

[42]    Come segnalato dalla relazione tecnica la norma interessa una platea di riferimento enorme che potrebbe fare emergere numerosissime situazioni di omessa dichiarazione di non rilevante entità.

[43]    Secondo quanto riportato nella relazione tecnica, le articolazioni individuate per l'espletamento delle attività di controllo e accertamento saranno dedicate ad attività specialistiche ora attribuite agli uffici territoriali dell'Agenzia. L'organizzazione dedicata con personale specializzato consentirà di svolgere maggiori controlli con risorse quantitativamente inferiori.

[44]    Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59.

[45]    Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della L. 30 dicembre 1991, n. 413.

[46]   MEF, Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, Nota del 17 giugno 2010.

[47]    Recante disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito.

[48]    Recante disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale.

[49]    Recante disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della L. 30 dicembre 1991, n. 413.

[50]    Recante disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, a norma dell'articolo 3, comma 133, della L. 23 dicembre 1996, n. 662.

[51]    L'articolo 50 del DPR n. 602 del 1973 disciplina il termine per l'inizio dell'esecuzione, prevedendo che il concessionario proceda ad espropriazione forzata quando è inutilmente decorso il termine di sessanta giorni dalla notificazione della cartella di pagamento, salve le disposizioni relative alla dilazione ed alla sospensione del pagamento. Se l'espropriazione non è iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento, l'espropriazione stessa deve essere preceduta dalla notifica di un avviso che contiene l'intimazione ad adempiere l'obbligo risultante dal ruolo entro 5 giorni.

[52]    Decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, recante il riordino del servizio nazionale della riscossione, in attuazione della delega prevista dalla L. 28 settembre 1998, n. 337.

[53]    Recante la disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa.

[54]    Recante Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell'articolo 9 della L. 25 giugno 1999, n. 205.

[55]    Recante misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale e convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 28 gennaio 2009, n. 2.

[56]    D.L. 31 gennaio 2007, n. 7 , recante misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche, la nascita di nuove imprese, la valorizzazione dell'istruzione tecnico-professionale e la rottamazione di autoveicoli e convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, L. 2 aprile 2007, n. 40.

In sintesi, l’articolo 9 prevede che:

-        ai fini dell'avvio dell'attività d'impresa, l'interessato presenti all'ufficio del registro delle imprese, per via telematica o su supporto informatico, la comunicazione unica per gli adempimenti di cui al presente articolo;

-        la procedura di cui sopra si applichi anche in caso di modifiche o cessazione dell'attività d'impresa;

-        la comunicazione, la ricevuta e gli atti amministrativi di cui al presente articolo siano adottati in formato elettronico e trasmessi per via telematica.

[57]    Si rammenta che l'articolo 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, ha ad oggetto la disciplina dell'azione di responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica e stabilisce in particolare che "La responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica è personale e limitata ai fatti ed alle omissioni commessi con dolo o con colpa grave, ferma restando l'insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali. In ogni caso è esclusa la gravità della colpa quando il fatto dannoso tragga origine dall'emanazione di un atto di stato e registrato in sede di controllo preventivo di legittimità, limitatamente ai profili presi in considerazione nell'esercizio del controllo. Il relativo debito si trasmette agli eredi secondo le leggi vigenti nei casi di illecito arricchimento del dante causa e di conseguente indebito arricchimento degli eredi stessi.

[58]    Per quanto riguarda la posizione degli appartenenti all'ordine giudiziario si vedano, in relazione al disposto dell'articolo 13 della legge n. 117 del 1988, Corte dei conti, sezione giurisdizionale, regionale per la Sicilia, sentenza n. 394 del 1995, e Corte dei conti, sezione giurisdizionale regionale per la Calabria, sentenza n. 490 del 2003. Per quanto riguarda la giurisprudenza costituzionale si veda, in particolare, C. Cost. n. 385 del 1996.

[59]    Di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, e al D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

[60]    “Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell'articolo 1 della L. 28 settembre 1998, n. 337”.

[61]    “Riordino del servizio nazionale della riscossione, in attuazione della delega prevista dalla L. 28 settembre 1998, n. 337”.

[62]    In tal caso, la restante parte dell'aggio è a carico dell'ente creditore.

[63]   Cfr. il decreto legislativo n. 46/1999.

[64]    Recante norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni.

[65]    Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, a norma dell'articolo 3, comma 133, della L. 23 dicembre 1996, n. 662.

[66]    D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, recante disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito.

[67]    Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 2009.

[68]    Disposizione così modificata dal D.L. n. 194/2009 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 25 del 2010). La cessione del credito ha effetto nei confronti del debitore ceduto a far data dal rilascio della predetta certificazione, che può essere a tal fine rilasciata anche nel caso in cui il contratto di fornitura o di servizio in essere alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge n. 185 (29 gennaio 2009) escluda la cedibilita' del credito medesimo.

[69]    D. lgs. n. 163 del 12 aprile 2006, in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive comunitarie 2004/17/CE e 2004/18/CE.

[70]    Successivamente abrogata dal citato D.lgs. n. 163/2006.

[71]    A seguito del citato decreto ministeriale, vari enti territoriali hanno proceduto a dare attuazione alla disciplina in questione, stipulando di “protocolli di intesa” con istituti bancari finalizzati a definire le concrete modalità attuative della cessione pro soluto dei crediti certificati vantati verso tali enti dalle imprese per lavori servizi e forniture, nonché adottando apposite deliberazioni in sede di Giunta (come ad esempio la regione Emilia Romagna e la regione Veneto.

[72]   Ai sensi dell’art. 9, comma 3-bis del DL 185/2008.

[73]   Allegata all’emendamento 8.2000, recante la disposizione in esame e approvato durante l’esame al Senato.

[74]    Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 2009.

[75]    Disposizione così modificata dal D.L. n. 194/2009 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 25 del 2010). La cessione del credito ha effetto nei confronti del debitore ceduto a far data dal rilascio della predetta certificazione, che può essere a tal fine rilasciata anche nel caso in cui il contratto di fornitura o di servizio in essere alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge n. 185 (29 gennaio 2009) escluda la cedibilita' del credito medesimo.

[76]    D. lgs. n. 163 del 12 aprile 2006, in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive comunitarie 2004/17/CE e 2004/18/CE.

[77]    Successivamente abrogata dal citato D.lgs. n. 163/2006.

[78]    A seguito del citato decreto ministeriale, vari enti territoriali hanno proceduto a dare attuazione alla disciplina in questione, stipulando di “protocolli di intesa” con istituti bancari finalizzati a definire le concrete modalità attuative della cessione pro soluto dei crediti certificati vantati verso tali enti dalle imprese per lavori servizi e forniture, nonché adottando apposite deliberazioni in sede di Giunta (come ad esempio la regione Emilia Romagna e la regione Veneto.

[79]    Valore della quota di investimento al netto delle spese di gestione.

[80] Gli effetti per gli anni successivi al 2013 sono riportati nella tabella riportata di seguito, nel paragrafo riguardante il contenuto della relazione tecnica riferito alle modifiche apportate.

[81]   Valore netto fondi (media 2007-2009)        1.700 milioni

      Valore netto fondi al 31/12/2009                  1700 milioni +1.100 milioni = 2.800 milioni

      Percentuale fondi in liquidazione                 50%

      Valore netto fondi in liquidazione                 2.800 milioni*50% = 1.400 milioni.

[82]    Recenti articoli di stampa (cfr. L.S. su Il Sole 24 Ore del 27.5.2010) hanno evidenziato come i casi di remunerazioni in cui la parte variabile è preponderante rispetto alla parte fissa sono tipici delle banche d'affari di matrice anglosassone (in taluni casi la parte variabile può arrivare fino a dieci volte quella fissa). Il numero dei top banker con tali caratteristiche dipendenti di investment bank basati in Italia sarebbe in realtà piuttosto limitato, dato che molti hanno sede a Londra. Inoltre, recentemente le maggiori banche d'affari - tra cui Goldman Sachs, Merrill Lynch, Morgan Stanley - avrebbero aumentato la parte fissa della remunerazione a scapito di quella variabile.

[83]    Recante disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi.

[84]    Recante disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale.

[85]    La direttiva 2005/60/CE aveva già avuto parziale attuazione con il decreto legislativo n. 109 del 2007 (“Misure per prevenire, contrastare e reprimere il finanziamento del terrorismo e l’attività dei Paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale, in attuazione della direttiva 2005/60/CE”).

[86]    Si tratta dei seguenti rami:

I. assicurazioni sulla durata della vita umana;

II. assicurazioni di nuzialità e di natalità;

III. assicurazioni, di cui ai rami I e II, le cui prestazioni principali sono direttamente collegate al valore di quote di organismi di investimento collettivo del risparmio o di fondi interni ovvero a indici o ad altri valori di riferimento;

IV. assicurazione malattia e l'assicurazione contro il rischio di non autosufficienza garantite mediante contratti di lunga durata, non rescindibili;

V. operazioni di capitalizzazione;

VI. operazioni di gestione di fondi collettivi costituiti per l'erogazione di prestazioni in caso di morte, in caso di vita o in caso di cessazione o riduzione dell'attività lavorativa.

[87]    L'Unità di Informazione Finanziaria (UIF), istituita ai sensi dell'art. 6 del decreto legislativo n. 231 del 21 novembre 2007, svolge compiti e funzioni di analisi finanziaria in materia di prevenzione e contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo internazionale. La UIF esercita le proprie funzioni in autonomia e indipendenza. La Banca d'Italia ne disciplina con regolamento l'organizzazione e il funzionamento. La UIF si avvale di risorse umane e tecniche, di mezzi finanziari e di beni strumentali della Banca d'Italia.

[88]    In base all'art. 41, comma 2, lettera b) del D.Lgs 231/2007 il Ministro della giustizia ha emanato il Decreto 16 aprile 2010 recante "Determinazione degli indicatori di anomalia al fine di agevolare l'individuazione di operazioni sospette di riciclaggio da parte di talune categorie di professionisti e dei revisori contabili".

[89]    Decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE”.

[90]    “Individuazione di Stati e territori aventi un regime fiscale privilegiato”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 10 maggio 1999, n. 107.

[91]    “Individuazione degli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui all'art. 127-bis, comma 4, del testo unico delle imposte sui redditi (cd. «black list»)” pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 23 novembre 2001, n. 273.

[92]    Cfr. l’articolo 4 del citato D.Lgs. n. 109 del 1998.

[93]    Definizioni di criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate, a norma dell'articolo 59, comma 51, della L. 27 dicembre 1997, n. 449.

[94]    L’Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) è costituito da una componente reddituale (indicatore della situazione reddituale, ISR) e da una componente patrimoniale (indicatore della situazione patrimoniale, ISP) ed è reso confrontabile per famiglie di diversa numerosità e caratteristiche mediante l’uso di una scala di equivalenza (SE).

[95]    La Dichiarazione sostitutiva unica (DSU) è il modello di autocertificazione con cui il cittadino richiede le prestazioni agevolate, sottoposte alla prova dei mezzi tramite ISEE. E’ “unica” in quanto vale per tutti i componenti il nucleo familiare e può essere usata da ciascuno di questi per la richiesta di prestazioni sociali nel corso della sua validità, pari ad un anno dalla sottoscrizione.

[96]    L’articolo 21 della legge 8 novembre 2000, n. 328 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali) ha istituito il Sistema informativo dei servizi sociali, organizzato dallo Stato, dalle regioni, dalle province e dai comuni, per gestire le informazioni sulle prestazioni sociali.

[97]    Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600

[98]    Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, recante disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito.

[99]    Regolamento recante disposizioni per l'utilizzo della posta elettronica certificata, a norma dell'articolo 27 della L. 16 gennaio 2003, n. 3.

[100]  D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 463, recante Semplificazione in materia di versamenti unitari per tributi determinati dagli enti impositori e di adempimenti connessi agli uffici del registro, a norma dell'articolo 3, comma 134, lettere f) e g), della L. 23 dicembre 1996, n. 662.

[101]  D.L. 27 dicembre 2000, n. 392, Disposizioni urgenti in materia di enti locali, convertito con legge 28 febbraio 2001 n. 26.

[102]  D.L. 31 marzo 2005, n. 44, Disposizioni urgenti in materia di enti locali, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 31 maggio 2005, n. 88.

[103]  D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165, Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

[104]  Approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

[105]  D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, recante 'Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della Legge 30 dicembre 1991, n. 413'.

[106]  D.Lgs. 26 febbraio 1999 n. 46, recante 'Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell'articolo 1 della Legge 28 settembre 1998, n. 337'.

[107]  D.L. 30 settembre 2005, n. 203, recante 'Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria', convertito, con modificazioni, dalla Legge 2 dicembre 2005, n. 248.

[108]  D.Lgs. 15-12-1997 n. 446 Istituzione dell'imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell'Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali.

[109]  Ai sensi della norma citata il Governo (entro il 30 giugno 1994) doveva procedere all'emanazione di uno o più decreti legislativi per il riordino o la soppressione di enti pubblici di previdenza ed assistenza prevedendosi, nell'ambito dei principi e criteri direttivi stabiliti per l'esercizio della delega "l'esclusione dalle operazioni di fusione e di incorporazione degli enti pubblici di previdenza ed assistenza che non usufruiscono di finanziamenti pubblici o altri ausili pubblici di carattere finanziario e la privatizzazione degli stessi, nelle forme dell'associazione o della fondazione, con garanzie di autonomia gestionale, organizzativa, amministrativa e contabile, ferme restando le finalità istitutive e l'obbligatoria iscrizione e contribuzione agli stessi degli appartenenti alle categorie di personale a favore dei quali essi risultano istituiti".

[110]In data 30 settembre 2003 la Camera ha approvato il ddl C.3744 che istituisce l’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, contenente una delega al Governo per l’unificazione dell’Ordine dei dottori commercialisti e di quello dei ragionieri e periti commerciali, nonché delle rispettive Casse previdenziali. Il ddl è attualmente all’esame delle competenti Commissioni del Senato (A.S. 2516).

[111]  La trasformazione deve essere deliberata dai competenti organi di ciascun ente. Gli enti, una volta privatizzati, continuano a sussistere come enti senza scopo di lucro, assumono la personalità giuridica di diritto privato (artt. 12 e seguenti del Codice civile) e subentrano in tutti i rapporti attivi e passivi dei corrispondenti enti previdenziali: in particolare ne mantengono la funzione previdenziale, continuando a svolgere le corrispondenti attività nei confronti delle categorie per le quali gli enti medesimi sono stati istituiti, e fermo restando l'obbligo, da parte dei destinatari, della iscrizione e della contribuzione. Il decreto stabilisce le regole che devono presiedere all'equilibrio gestionale dei nuovi enti privatizzati (introducendo accanto alle riserve tecniche una "riserva legale" pari ad almeno cinque annualità dell'importo delle pensioni in pagamento e prevedendo l'obbligo della redazione almeno triennale di un "bilancio tecnico"), i criteri di trasparenza che devono presiedere ai rapporti con gli iscritti, nonché i poteri di vigilanza affidati al Ministero del lavoro che, oltre ad approvare gli statuti istitutivi ed i regolamenti, verifica l'andamento gestionale e formula, se necessario, gli opportuni rilievi. Benché con consistenti ritardi rispetto al termine inizialmente stabilito (1° gennaio 1995), tutti gli enti elencati hanno proceduto alla trasformazione in associazione o fondazione di diritto privato. Una vicenda particolare ha invece caratterizzato l'INPDAI che, dopo aver approvato la propria delibera di privatizzazione l'ha poi revocata, permanendo così a caratterizzarsi come ente previdenziale pubblico.

[112]Recante disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare  e convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410.

[113]E’ stata applicata un’aliquota IRES pari a circa il 22 per cento considerando, presumibilmente, che parte degli enti sia in perdita ovvero che i redditi dichiarati siano ridotti in relazione a perdite riscontrate negli esercizi precedenti.

[114]L’aliquota applicata è quella istituzionale pari al 3,9 per cento.

[115]Ed una percentuale di acconto pari al 75 per cento.

[116]  Riguardo alla disciplina della riscossione mediante ruoli, cfr. il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, e il D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

      I termini di decadenza in oggetto sono stabiliti dall'art. 25 del D.Lgs. n. 46, e successive modificazioni.

[117]  “Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell'articolo 1 della L. 28 settembre 1998, n. 337”.

[118]Manuale su “La valutazione degli effetti finanziari dei provvedimenti legislativi sui principali saldi di finanza pubblica”, pubblicato nel sito internet della Ragioneria generale dello Stato, nel capitolo dedicato ai contributi sociali  all’indirizzo http://www.rgs.mef.gov.it/VERSIONE-I/I-principa1/La-valutaz/index.asp.

[119]  Recante Rilevazione a fini fiscali di taluni trasferimenti da e per l'estero di denaro, titoli e valori e convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227.

[120]  In realtà la percentuale applicata, desumibile dai dati della relazione tecnica, è del 57 per cento.

[121]  Tale percentuale, in base al testo normativo, è complementare alla quota della variazione delle riserve che è deducibile ai fini della formazione del reddito, data dal rapporto percentuale tra l’ammontare dei ricavi e proventi che concorrono a formare il reddito e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi. Quest’ultimo rapporto rileva ai fini della formazione del reddito in misura non inferiore al 95 per cento e non superiore al 98,5 per cento. Pertanto la quota di indeducibilità può variare da un massimo del 5 per cento ad un minimo dell’1,5 per cento. Il valore del 4 per cento utilizzato è stato stimato in base ai bilanci 2008 delle società operanti nel ramo vita e alle corrispondenti dichiarazioni dei redditi UNICO 2009.

[122]  Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 73 del 2010.

[123]  Appare utile ricordare che, ai sensi dell’articolo 1, comma 250, della legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria per il 2010), la proroga della devoluzione della quota del 5 per mille dell’IRPEF compare tra le destinazioni delle risorse affluite al fondo, di cui all’articolo 7-quinquies, comma 1, del decreto legge n. 5 del 2009 (Elenco 1). A tale finalità è destinato uno stanziamento di 400 milioni di euro per il 2010.

[124]  www.agenziaentrate.it.

[125]  Nel 2008 la quota maggiore del riparto del 5 per mille è andata agli enti del volontariato (26.596 soggetti ammessi) per un ammontare di circa 266 milioni di euro, su un totale erogato pari a circa 416 milioni (il 64% circa). Seguono gli enti della ricerca sanitaria (90 unità) con una quota di circa il 16% e le associazioni sportive dilettantistiche (1.152 soggetti ammessi) con l’1,7% del totale del 5 per mille oggetto di riparto per l’anno finanziario 2008.

[126]  Per esempio, attraverso l’ammissione di una nuova categoria di soggetti o l’estensione dell’accesso a ulteriori tipologie di beneficiari; ovvero attraverso una riapertura di termini che consenta ad alcuni soggetti di regolarizzare la propria posizione ai fini dell’accesso al riparto.

[127]Recante disposizioni urgenti tributarie e finanziarie in materia di contrasto alle frodi fiscali internazionali e nazionali operate, tra l'altro, nella forma dei cosiddetti «caroselli» e «cartiere», di potenziamento e razionalizzazione della riscossione tributaria anche in adeguamento alla normativa comunitaria, di destinazione dei gettiti recuperati al finanziamento di un Fondo per incentivi e sostegno della domanda in particolari settori e convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 22 maggio 2010, n. 73.

[128]  Il servizio postale universale (articolo 3 del D.Lgs. 261/1999) assicura le prestazioni in esso ricomprese, di qualità determinata, da fornire permanentemente in tutti i punti del territorio nazionale, incluse le situazioni particolari delle isole minori e delle zone rurali e montane, a prezzi accessibili a tutti gli utenti. Comprende:

a)       la raccolta, il trasporto, lo smistamento e la distribuzione degli invii postali fino a 2 kg;

b)       la raccolta, il trasporto, lo smistamento e la distribuzione dei pacchi postali fino a 20 kg;

c)       i servizi relativi agli invii raccomandati ed agli invii assicurati.

      Il servizio deve essere effettuato nel rispetto di determinati standard di qualità e deve essere fornito in via continuativa per tutta la durata dell’anno.

[129]  Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione civile.

[130]  Il Decreto 3/2009 ha individuato i seguenti comuni: 1.     Provincia dell'Aquila: Acciano, Barete, Barisciano, Castel del Monte, Campotosto, Capestrano, Caporciano, Carapelle Calvisio, Castel di Ieri, Castelvecchio Calvisio, Castelvecchio Subequo, Cocullo, Collarmele, Fagnano Alto, Fossa, Gagliano Aterno, Goriano Sicoli, L'Aquila, Lucoli, Navelli, Ocre, Ofena, Ovindoli, Pizzoli, Poggio Picenze, Prata d'Ansidonia, Rocca di Cambio, Rocca di Mezzo, San Demetrio ne' Vestini, San Pio delle Camere, Sant'Eusanio Forconese, Santo Stefano di Sessanio, Scoppito, Tione degli Abruzzi, Tornimparte, Villa Sant'Angelo e Villa Santa Lucia degli Abruzzi; 2. Provincia di Teramo: Arsita, Castelli, Montorio al Vomano, Pietracamela e Tossicia; 3. Provincia di Pescara: Brittoli, Bussi sul Tirino, Civitella Casanova, Cugnoli, Montebello di Bertona, Popoli e Torre de' Passeri.

[131]  Il Decreto 11/2009 ha integrato l’elenco dei comuni con i seguenti: 1. Provincia dell'Aquila: Bugnara, Cagnano Amiterno, Capitignano, Fontecchio e Montereale; 2. Provincia di Teramo: Colledara, Fano Adriano e Penna Sant'Andrea.

[132]  Disposto, da ultimo, dall’articolo 1, comma 1, dell’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri del 30 dicembre 2009, n. 3837 che interveniva sui termini originariamente fissati dalle richiamate Ordinanze nn. 3754 e 3780.

[133]  Di cui all’articolo 2, comma 1, dell’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 9 aprile 2009, n. 3754 e all’articolo 1, comma 1, dell’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 dicembre 2009, n. 3837.

[134]  Il decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347 è stato convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39.

[135]  Recante Nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, a norma dell'articolo 1 della Legge 30 luglio 1998, n. 274.

[136]  Il D.Lgs. 270/1999 recante Nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, a norma dell'articolo 1 della legge 30 luglio 1998, n. 274, all’art. 42prevede che gli atti di alienazione, di affitto di aziende o di rami delle stesse, nonché quelli di alienazione e di locazione di beni immobili (ovvero di beni mobili in blocco) o costituzione di diritti reali sugli stessi e le transazioni, di valore indeterminato o superiore a quattrocento milioni di lire (206.582,76 euro), necessitano di autorizzazione ministeriale, che può essere concessa sentito il comitato di sorveglianza. Quest'ultimo, anch'esso di nomina ministeriale (come del resto il suo presidente), è composto da tre o cinque membri, uno (o due) dei quali scelto tra i creditori chirografari; i restanti (cui per l'attività svolta spetta un compenso) sono invece scelti tra esperti del ramo di attività esercitata dall'impresa o di procedure concorsuali (art. 45). Per quanto concerne le funzioni del comitato, esso è chiamato ad esprimere il proprio parere nei casi previsti dalla legge e in ogni altro caso in cui il ministero lo ritenga opportuno; esso delibera a maggioranza di voti dei suoi membri (art. 46).

[137]  Nota trasmessa il 17 giugno 2010.

[138]  Gli effetti relativi agli anni successivi al 2013 sono riportati nella tabella presente nella parte relativa al contenuto della relazione tecnica al maxiemendamento.

[139]  A seguito del richiamo operato dal comma 3 dell’articolo in esame, testualmente non modificato dal Senato, è corrispondentemente ampliata, rispetto al testo iniziale, anche la platea dei soggetti beneficiari della proroga della sospensione dei versamenti contributivi ed assicurativi, il cui termine ultimo di scadenza resta fissato al 15 dicembre 2010.

[140]  Nel corso dell’iter del decreto-legge n. 194 del 2009, che, all’articolo 1, comma 10, ha autorizzato tale sospensione, a decorrere dal 1° dicembre 2010, il Dipartimento delle finanze, con Nota del 10 febbraio 2010, ha fornito alcune precisazioni in proposito. In particolare ha affermato che, poiché la norma del decreto -legge n. 194 nulla dospone in merito alle modalità di recupero dei nuovi versamenti sospesi, questi dovranno essere restituiti allo scadere del termine della sospensione, fissato, a seguito della successiva adozione dell’OPCM n. 3837/2009, al 30 giugno 2010 e, quindi, entro tale anno. In coerenza con tale assunto, infatti, la relazione tecnica allegata al decreto-legge n. 194 ha fornito la quantificazione del solo onere afferente la sospensione dei versamenti tributari e contributivi per il mese di dicembre 2009, pari a 100 milioni di euro per il 2009.

[141]  Un comunicato dell’Agenzia delle entrate del 25 giugno 2010  ha  sospeso i versamenti di quanto dovuto in restituzione in attesa della conversione del decreto in esame.

[142]  Con riferimento alla programmazione 2000-2006 - già chiusa - tali aree coincidevano con l’Obiettivo 1 (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia), l’Obiettivo 2 (regione Abruzzo e numerose zone del Centro-Nord appartenenti a varie province), nonché con talune aree ammesse al sostegno transitorio di “phasing-out” dall’Obiettivo 1 quale il Molise. Nella nuova programmazione 2007-2013, tali aree coincidono con l’obiettivo Convergenza (Sicilia, Calabria, Puglia e Campania) oltre al sostegno di regime transitorio di phasing-out per la Basilicata e con l’obiettivo Competitività regionale e occupazione, che ricomprende le aree del territorio nazionale che non rientrano nell’obiettivo Convergenza, oltre al regime transitorio di phasing-in della Sardegna e l’obiettivo Cooperazione territoriale che comprende determinate aree transfrontaliere.

[143]  Si ricorda che, secondo la prassi comunitaria, sono individuabili quattro requisiti che - contemporaneamente presenti - configurano un aiuto di Stato: 1) il trasferimento di risorse pubbliche (statali o regionali) o la riduzione del carico fiscale; 2) il potenziale effetto sul mercato comunitario della misura fiscale; 3) la riduzione dell'onere fiscale attuata in varie forme (sulla base imponibile o sull'imposta); 4) la selettività della misura fiscale. Di solito la mancanza di uno di questi requisiti porta ad escludere che l'agevolazione fiscale costituisca aiuto di Stato.

[144]  Si ricorda che, recentemente, la Comunicazione della Commissione (2009/C 83/01) sul quadro temporaneo comunitario per le misure di aiuto di Stato nella situazione di crisi finanziaria, ha modificato il regime degli aiuti d’importanza minore, innalzando da 200.000 a 500.000 euro in tre anni l’importo della sovvenzione che può essere concessa al singolo beneficiario, in deroga agli articoli 87 e 88 del TUE.

[145]  Si ricorda che tale imposta, istituita con il D.Lgs. n. 446 del 1997, è stata prevista in sostituzione di sei tributi e un contributo (quello sanitario), operando la fiscalizzazione di questo ultimo e applicando un'aliquota unica al valore della produzione netta delle imprese.

[146]  Legge n. 234 del 2006.

[147]  Si ricorda che, successivamente, la legge n. 244 del 2007 (finanziaria 2008), articolo 1, commi 43 e seguenti, trasformò l'IRAP in un tributo proprio della regione, prevedendo che dal 1 gennaio 2009 (termine prorogato al 1 gennaio 2010 dalla legge 30 dicembre 2008, n. 207, art. 42, comma 7) la stessa fosse stabilita con legge regionale, in attesa della completa attuazione dell’articolo 119 della Costituzione, sancendo il principio che tale tributo possa essere stabilito a livello decentrato. La legge 244 del 2007 tuttavia non consentiva alle regioni di modificarne la base imponibile ma solo le aliquote, il regime delle deduzioni e detrazioni, oppure di introdurre speciali agevolazioni entro limiti da stabilire con legge statale.

[148]  Cfr. Comunicazione della Commissione Europea C(2006)3213 def. del 19 luglio 2006, Aiuto di Stato N 102/2006 – Italia - Riduzione dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive.

[149]  Sentenza 6 settembre 2006 (Causa C-88/03); Sentenza 11 settembre 2008 (Cause C-428/06 e C-434-06).

[150]  In particolare la sentenza 11 settembre 2008 (Unión General de Trabajadores de La Rioja c. Juntas Generales del Territorio Histórico de Vizcaya, Spagna) ha consentito alla Corte di specificare ulteriormente il proprio orientamento, chiarendo che l'autonomia istituzionale non è lesa dal riconoscimento, in seno ad un determinato ordinamento, dei principi di solidarietà e di armonizzazione fiscale fra i diversi livelli di governo. Ha chiarito inoltre che il requisito dell'autonomia decisionale non esclude che, allo scopo di prevenire i conflitti, sia previsto un procedimento di concertazione. Ha infine specificato che il requisito dell'autonomia finanziaria non è compromesso dalla presenza di trasferimenti finanziari da parte dello Stato centrale a favore degli enti sub-statali. Questo ultimo è stato un chiarimento di notevole importanza perché esclude che la semplice presenza di trasferimenti perequativi possa di per sé determinare la qualificazione della misura agevolativa come aiuto di Stato.

[151] Il Parlamento europeo, con risoluzione sulla riforma degli aiuti di stato 2005-200971, ha previsto la possibilità di introdurre forme di fiscalità di vantaggio per le Regioni in ritardo di sviluppo, stabilendo però che tali misure debbano avere una durata transitoria, non superiore a cinque anni.

[152]  D.L. 28 marzo 2003 n. 49, Riforma della normativa in tema di applicazione del prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 30 maggio 2003, n. 119.

[153]  Decisione del Consiglio del 16 luglio 2003 sulla compatibilità con il mercato comune di un aiuto che la Repubblica italiana intende concedere ai suoi produttori di latte (2003/530/CE).

[154]  Con la menzionata decisione all’Italia è stato imposto di riconoscere un debito pari a 1.386,5 miliardi di euro corrispondenti al prelievo totale oggetto del piano di rateizzo; tale debito, suddiviso in tre annualità di pari importo, è stato poi assolto con la decurtazione per tre anni degli aiuti comunitari trasferiti all’Italia. Dell’importo anticipato dallo Stato italiano restano da riscuotere 678 milioni di euro.

      L’accordo Ecofin del 2003 peraltro era stato preceduto da un primo accordo del 21/10/94 sulla mancata applicazione del regime delle quote latte nel periodo dal 1988/89 al 1992/93. Il prelievo nazionale dovuto risultò pari a 1.870 miliardi di euro che furono interamente posti a carico del bilancio pubblico suddivisi in quattro anni.

[155]  D.L. 10 febbraio 2009 n. 5, Misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi, nonché disposizioni in materia di produzione lattiera e rateizzazione del debito nel settore lattiero-caseario, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 9 aprile 2009, n. 33.

[156]  Per tali importi i produttori possono tuttora chiedere di aderire al piano di rateizzo previsto dal D.L. n. 49, non essendo previsto alcun termine di adesione dal decreto 6 luglio 2007 Ulteriori disposizioni per le procedure di rateizzazione del prelievo supplementare sul latte bovino, ai sensi dell'articolo 10, comma 34, della legge 30 maggio 2003, n. 119 (pubblicato nella GU n. 188 del 14/8/07). Il provvedimento, diretto a tutti i produttori che intendano estinguere il proprio debito per le campagne di commercializzazione 1995-1996 e 2001-2002 con pagamenti differiti, impone che la domanda contenga i seguenti elementi richiesti dalla Commissione con nota n.002570 del 29 gennaio 2007:

-        la rinuncia al contenzioso in essere;

-        il versamento del prelievo supplementare non versato afferente alla campagna 2002-2003 e seguenti, con i relativi interessi maturati;

-        l'impegno ad effettuare il materiale versamento del prelievo per le campagne successive;

-        il versamento del prelievo dovuto dal 1995-1996 al 2001-2002 in non più di quattordici rate annuali, senza interessi, a partire dal 2004, previo versamento delle rate già scadute e d i relativi interessi maturati;

-        l'importo minimo delle singole rate non può essere inferiore a 100 euro.

[157]  Lettera indirizzata al Ministro dell’agricoltura, protocollo DC/abv D(2010) 1175.

[158]  Con il più recente piano di rateizzazione (ai sensi del DL 5/2009), i debiti delle aziende aderenti al piano sono stati ripartiti per un periodo da dieci a trent’anni, dietro corresponsione di interessi crescenti in proporzione alla durata della rateizzazione.

[159]  DL 49/2003.

[160]  Si ricorda che la rateizzazione e la destinazione delle relative somme ad un apposito conto di Tesoreria sono state introdotte, in precedenza, dall’articolo 10, commi 34 e 35, del decreto legge 49/2003, con riferimento agli importi dovuti per le campagne di commercializzazione fino al 2001-2002. Sulla base del DL 49/2003, la Tesoreria avrebbe fornito le anticipazioni necessarie per il finanziamento delle politiche agricole (e gli enti erogatori, a loro volta, avrebbero eseguito i relativi pagamenti) nella misura esattamente corrispondente ai versamenti effettuati dai titolari di prelievo supplementare. In tale ipotesi, non dovrebbero essersi prodotti effetti per il bilancio dello Stato e per la stessa Tesoreria. Diversamente – qualora cioè alle anticipazioni di Tesoreria e alle conseguenti erogazioni non fossero corrisposti importi equivalenti in entrata - in uno o più esercizi dovrebbe essersi determinato uno squilibrio fra introiti non riscossi e spese da finanziare, almeno parzialmente, a valere su quegli importi.

[161]  Articoli 2-6 del DL 4/2009 (C. 2263), non convertito in legge: norme poi confluite nel successivo DL 5/2009 (articoli da 8-bis a 8-sexies) convertito in legge.

[162]  Si tratta del debito complessivamente accumulato nel settore.

[163]  Conseguentemente – aveva dichiarato il Governo durante l’esame parlamentare – a tali procedure di rateizzazione (articoli 2-6 del DL 4/2009, confluiti nel successivo DL 5/2009) non erano stati ascritti effetti finanziari, in quanto nelle previsioni tendenziali dei saldi di finanza pubblica non si era tenuto conto prudenzialmente degli effetti derivanti dal recupero delle somme dovute dai produttori del settore lattiero-caseario, considerata l’incertezza che aveva caratterizzato, negli anni precedenti, la riscossione di tali importi.

[164]  L’Organizzazione mondiale del commercio classifica gli aiuti interni agli agricoltori in categorie designate da un colore, a seconda del grado distorsivo del loro effetto sulla produzione e sugli scambi. Nella scatola verde (green box) sono classificati gli aiuti considerati non distorsivi.

[165]  "Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici".

[166] In base alla norma citata la procedura si conclude con un accordo che vincola l’Amministrazione finanziaria e l’impresa per il periodo d’imposta di stipula dell’accordo e per i due successivi.

[167]Senato della Repubblica, Commissione Bilancio, Resoconto sommario n. 375 dell’8 luglio 2010.

[168]  Si tratta delle previsioni dei commi da 2-quater a 2-septies dell’articolo in esame, introdotti dal Senato.

[169]  Si tratta di quanto previsto dal comma 4-quinquies dell'articolo 3 del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 33 del 2009. In base a quanto da esso previsto, previa autorizzazione rilasciata con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, alle reti delle imprese si applicano le disposizioni già previste per i distretti produttivi ai sensi dell'articolo 1, comma 368, lettera b) della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e successive modificazioni, in materia di agevolazioni amministrative.

[170]  Si tratta di quanto previsto dal comma 4-quinquies dell'articolo 3 del sopra citato decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5. Per esso, previa la citata autorizzazione, alle reti delle imprese si applicano le disposizioni, già previste per i distretti produttivi ai sensi dell'articolo 1, comma 368, lettera c) della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e successive modificazioni, in materia di agevolazioni finanziarie.

[171]  Riguardanti, rispettivamente, il "Fondo consortile" e la "Responsabilità verso i terzi".

[172]  Tale ultimo inciso è stato aggiunto dal Senato.

[173]  Il testo vigente, su quest’ultimo punto, fa invece più semplicemente riferimento alla promozione e tutela dei prodotti italiani.

[174]Con l’emendamento 9.1000 del relatore.

[175]Nella Nota RGS del 17 giugno 2010 presentata nel corso dell’esame al Senato.

[176]Che vi provvede ove necessario previe apposite conferenze di servizi.

[177]Il testo fa riferimento, in particolare, all'articolo 1, comma 340, della legge 296/2006, che ha istituito presso il Ministero dello sviluppo economico un Fondo con una dotazione di 50 mln di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009. Per l'anno 2010 nel medesimo stato di previsione è presente sul capitolo 8430 solo un’autorizzazione di cassa per 30 mln di euro.

[178]  Decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2.

[179]  Una analoga disposizione, limitata ai soli ricercatori, era peraltro già stata prevista dall’articolo 3 del D.L. n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003.

[180]  Data di entrata in vigore del decreto legge in commento.

[181]  L. 2 agosto 1999, n. 264, Norme in materia di accessi ai corsi universitari.

[182]  Sono programmati a livello nazionale gli accessi: corsi di laurea in medicina e chirurgia, medicina veterinaria, odontoiatria e protesi dentaria, architettura, nonché i corsi di laurea e laurea specialistica (ora magistrale) delle professioni sanitarie, in conformità alla normativa comunitaria e alle raccomandazioni dell'Unione europea recanti standard formativi tali da richiedere il possesso di specifici requisiti; i corsi di laurea e di specializzazione per la formazione degli insegnanti; i corsi di formazione specialistica dei medici; le scuole di specializzazione per le professioni legali; i corsi di nuova istituzione o attivazione per i quali la proposta in tal senso venga inoltrata dalle università. Sono programmati dalle università gli accessi: ai corsi di laurea per i quali l'ordinamento didattico preveda l'utilizzazione di laboratori ad alta specializzazione, di sistemi informatici e tecnologici o comunque di posti-studio personalizzati; ai corsi per i quali è previsto obbligo di tirocinio; ai corsi e alle scuole di specializzazione individuati dai decreti attuativi dell’art. 17, comma 95, della L. 127/1997; al corso di laurea in scienze internazionali e diplomatiche dell'università di Trieste con sede in Gorizia.

[183]  La legge n. 99 del 23 luglio 2009 reca Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia.

[184]  Fino all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 79/1999 la politica di supporto alle energie rinnovabili si è basata su un sistema di incentivazione tariffaria meglio noto come “CIP6” (delibera del Comitato interministeriale prezzi n. 6 del 29 aprile 1992), consistente in un incentivo diretto ai produttori di energie rinnovabili e assimilate che, avvalendosi di una apposita convenzione, cedevano all’ENEL (ai sensi dell’art. 22, comma 3, della legge 9 gennaio 1991 n. 9) l’energia prodotta in eccedenza ad un prezzo fisso superiore a quello di mercato. L’ENEL da parte sua recuperava la differenza di prezzo attraverso un’apposita voce di costo nella bolletta degli utenti. Le convenzioni CIP6, precedentemente siglate con ENEL e successivamente passate nella titolarità del GSE con l’entrata in vigore del decreto Bersani”, hanno una durata variabile, che può arrivare fino a 15 o 20 anni, durante i quali il GSE ritira l’energia elettrica prodotta da impianti CIP6 ai prezzi di cessione stabiliti in base al criterio del costo evitato, ferma restando la corresponsione della quota incentivante specifica per tecnologia per otto anni a partire dalla messa in esercizio degli impianti.

[185] Si ricorda che l’attuale importo da erogare ai produttori di energia Cip/6 – posto a carico degli utenti finali mediante le specifica componente tariffaria A3 - è costituito dalla somma di quattro componenti di costo (che vengono aggiornate annualmente dalla Cassa conguaglio per il settore elettrico):

-          costo evitato di impianto;

-          costo evitato di esercizio, manutenzione e spese generali connesse;

-          costo evitato di combustibile;

-          ulteriore componente (per i primi otto anni di esercizio dell'impianto) correlata ai maggiori costi della specifica tipologia di impianto.

Il criterio del “costo evitato”, che determina le prime tre componenti della tariffa, si basa sul costo che l’ex monopolista ENEL avrebbe dovuto sopportare per costruire, gestire e approvvigionare un impianto di generazione alimentato dal gas naturale.

[186]In relazione ai quali non siano stati aggiudicati, alla stessa data, contratti di appalto.

[187]Nei limiti di 400 mln.

[188]Era prevista la revoca dei mutui a totale carico dello Stato concessi dalla Cassa depositi e prestiti anteriormente al 31/12/2005 e non attivati dai beneficiari e il versamento delle relative somme all’entrata del bilancio dello Stato ai fini della relativa destinazione agli enti locali colpiti dal sisma per il finanziamento della ricostruzione.

[189]Tali effetti onerosi, riferiti a mutui concessi in un arco temporale più ristretto rispetto a quello previsto dalla norma in esame, erano stimati in misura pari a 50 mln per il 2009, 300 mln per il 2010, 350 mln per il 2011 e 300 mln per il 2012

[190]Di cui all’articolo 55, comma 2, della L. 449/1997 (Finanziaria 2008).

[191]Nella Nota RGS del 17 giugno 2010 presentata durante l’esame al Senato.

[192]Come riportato nella deliberazione 71/2009 del CIPE.

[193]Nella Nota RGS del 17 giugno 2010 presentata durante l’esame al Senato.

[194]  Nel corso del 2009, gli aeroporti italiano che hanno registrato oltre 8 milioni di passeggeri sono stati Roma Fiumicino (33 milioni), Milano Malpensa (17 milioni), Milano Linate (8.2) e Venezia Tessera (8.4).

[195]  Si tratta del ricorso con cui si domanda il concordato, corredato da: a) una aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'impresa; b) uno stato analitico ed estimativo delle attività e l'elenco nominativo dei creditori, con l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione; c) l'elenco dei titolari dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore; d) il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili.

[196]Nota trasmessa il 17 giugno 2010.

[197]  Quest'ultima disposizione fa a sua volta riferimento agli atti, ai pagamenti e alle garanzie concesse su beni del debitore, posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria e la cui ragionevolezza sia attestata da un professionista iscritto nel registro dei revisori contabili e che abbia i requisiti previsti dall'articolo 28, lettere a) e b) della legge predetta, prevedendo che gli atti e i pagamenti in questione non siano soggetti all'azione revocatoria fallimentare.

[198]  Sono esonerati dall’aumento i soli processi esecutivi mobiliari di valore inferiore a 2.500 euro.

[199]  Recante disposizioni urgenti tributarie e finanziarie in materia di contrasto alle frodi fiscali internazionali e nazionali operate, tra l'altro, nella forma dei cosiddetti «caroselli» e «cartiere», di potenziamento e razionalizzazione della riscossione tributaria anche in adeguamento alla normativa comunitaria, di destinazione dei gettiti recuperati al finanziamento di un Fondo per incentivi e sostegno della domanda in particolari settori e convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 22 maggio 2010, n. 73.

[200]  Secondo quanto previsto dal comma 4-ter, le espressioni ''segnalazione certificata di inizio di attività'' e ''Scia'' sostituiscono, rispettivamente, quelle di ''dichiarazione di inizio di attività'' e ''Dia''.

[201]  La previsione secondo cui è fatto comunque salvo il potere dell'amministrazione competente di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies, induce a ritenere anche la fattispecie della Scia riconducibile a quella descritta nella citata sentenza del 5 aprile 2007, n. 1550 del Consiglio di Stato, sez. VI (cioè non uno strumento di liberalizzazione dell’attività, ma una semplificazione procedimentale), per le ragioni ivi addotte.

[202]  "Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai censimenti della popolazione e delle abitazioni".

[203]  "Norme sul Sistema statistico nazionale e sulla riorganizzazione dell'Istituto nazionale di statistica, ai sensi dell'art. 24 della L. 23 agosto 1988, n. 400".

[204]  "Approvazione del nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente".

[205]  "Ordinamento delle anagrafi della popolazione residente".

[206]  "Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee", convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166.

[207]  Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle indagini sulla struttura delle aziende agricole e all'indagine sui metodi di produzione agricola e che abroga il regolamento (CEE) n. 571/88 del Consiglio.

[208]“Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee.”.

[209]“Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee”.

[210]L’art. 1, comma 643, della legge n. 296/2006 stabilisce che per gli anni 2008 e 2009 gli enti di ricerca pubblici possono procedere ad assunzioni di personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato entro il limite dell'80 per cento delle proprie entrate correnti complessive, come risultanti dal bilancio consuntivo dell'anno precedente, purché entro il limite delle risorse relative alla cessazione dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato complessivamente intervenute nel precedente anno.

[211]  Regolamento recante disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi, a norma dell'articolo 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59.

[212]  Riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a norma dell'articolo 11 della L. 29 luglio 2003, n. 229.

[213]  Norme per la sicurezza dell'impiego del gas combustibile.

[214]  Disposizioni concernenti la produzione di materiali, apparecchiature, macchinari, installazioni e impianti elettrici ed elettronici.

[215]  Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria, convertito con modificazioni dalla legge n. 248 del 2005.

[216]  Regolamento concernente l'attuazione dell'articolo 11-quaterdecies, comma 13, lettera a) della legge n. 248 del 2 dicembre 2005, recante riordino delle disposizioni in materia di attività di installazione degli impianti all'interno degli edifici.

[217]  L’articolo 7 del D.M. 22 gennaio 2008, n. 37, prevede che al termine dei lavori, previa effettuazione delle verifiche previste dalla normativa vigente, comprese quelle di funzionalità dell'impianto, l'impresa installatrice rilasci al committente la dichiarazione di conformità degli impianti realizzati. Di tale dichiarazione, resa sulla base del modello di cui all'allegato I, fanno parte integrante la relazione contenente la tipologia dei materiali impiegati, nonché il progetto di cui all’articolo 5 del medesimo decreto.

[218]  Modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro.

[219]  Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative

[220]  Attuazione della direttiva 2003/96/CE che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità.

[221]  Ai sensi dell'articolo 1 del testo unico delle leggi sugli interventi sul Mezzogiorno (DPR n. 218 del 1978) si tratta dei territori delle Regioni Abruzzo, Molise, Campania, Puglie, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna, delle province di Latina e di Frosinone, dei comuni della provincia di Rieti già compresi nell'ex circondario di Cittaducale, dei comuni compresi nella zona del comprensorio di bonifica del fiume Tronto, dei comuni della provincia di Roma compresi nella zona della bonifica di Latina, dell'Isola d'Elba, nonché degli interi territori dei comuni di Isola del Giglio e di Capraia Isola.

[222]  Decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, recante “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti” e convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14.

[223]  Legge 15 gennaio 1992, n. 21, “Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea”.

[224]  Si ricorda, in proposito, che la materia del trasporto pubblico locale rientra fra quelle rimesse alla potestà legislativa delle Regioni. Alla legislazione statale resta tuttavia attribuita la competenza a disciplinare i profili connessi alla tutela della concorrenza, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. e), della Costituzione. Su tale aspetto, la Corte costituzionale ha rilevato che “le materie di competenza esclusiva trasversali dello Stato, come la tutela della concorrenza, possono intersecare qualsivoglia titolo di competenza legislativa regionale, nei limiti strettamente necessari per assicurare gli interventi cui esse sono preposte, fino ad incidere sulla totalità degli àmbiti materiali entro i quali si applicano, anche con riguardo alle materie nelle quali si esplica la competenza legislativa esclusiva regionale” (sentenza n. 452/2007).

[225]  Tali osservazioni sono state ripresentate con la successiva segnalazione AS683 del 10 maggio 2010, effettuata in relazione alla conclusione, avvenuta il 31 marzo 2010, del periodo di sospensione dell’applicazione delle modifiche recate dall’articolo 29, comma 1-quater, del D.L. n. 207/2008 (si veda oltre).

[226]  La prima proroga, al 30 giugno 2009, era contenuta nell’articolo 7-bis, comma 1, del D.L. n. 5/2009. Successivamente l’articolo 23, comma 2, del D.L. n. 78/2009 ha prorogato l’applicazione della nuova disciplina al 31 dicembre 2009.

[227]  Decreto-legge 31 dicembre 2009, n. 194, recante “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative” e convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25.

[228]  Decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, recante “Disposizioni urgenti tributarie e finanziarie in materia di contrasto alle frodi fiscali internazionali e nazionali operate, tra l'altro, nella forma dei cosiddetti «caroselli» e «cartiere», di potenziamento e razionalizzazione della riscossione tributaria anche in adeguamento alla normativa comunitaria, di destinazione dei gettiti recuperati al finanziamento di un Fondo per incentivi e sostegno della domanda in particolari settori” e convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73.

[229]  Disciplina civilistica e fiscale degli enti conferenti di cui all'articolo 11, comma 1, del D.Lgs. 20 novembre 1990, n. 356, e disciplina fiscale delle operazioni di ristrutturazione bancaria, a norma dell'articolo 1 della L. 23 dicembre 1998, n. 461.

[230]  Recante la disciplina civilistica e fiscale degli enti conferenti di cui all'articolo 11, comma 1, del D.Lgs. 20 novembre 1990, n. 356, e disciplina fiscale delle operazioni di ristrutturazione bancaria, a norma dell'articolo 1 della L. 23 dicembre 1998, n. 461.

[231]  Legge finanziaria 2004.

[232]  Recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria e convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

[233]  Il D.M. è stato emanato ai sensi dell’articolo 15, comma 13, del D.L. n. 185/2008 il quale prevede la facoltà di prorogare, con apposito decreto ministeriale, la disposizione al periodo d’imposta successivo.

[234]  Recante disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale.

[235]  Recante disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie e convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126.

[236]  L. 30 aprile 1969, n. 153, “Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale”.

[237]  In attuazione di quanto disposto dal comma 68 è stato adottato il D.M. 7 maggio 2008, “Sgravi contributivi sulla quota di retribuzione costituita dalle erogazioni previste dai contratti collettivi aziendali, territoriali ovvero di secondo livello, in attuazione dei commi 67 e 68 dell’articolo 1 della legge n. 247 del 2007, per l'anno 2008, e il D.M. 17 dicembre 2009, Modalità attuative dei commi 67 e 68 dell’articolo 1 della legge n. 247 del 2007 - Sgravi contributivi sulla quota di retribuzione costituita dalle erogazioni previste dai contratti collettivi aziendali, territoriali ovvero di secondo livello - Anno 2009, per l'anno 2009.

[238]  http://www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/controllo/sez_controllo_enti/2010/

      delibera_34_2010.pdf

[239]Nella Nota RGS del 17 giugno 2010 presentata nel corso dell’esame al Senato.

[240]  I servizi di trasporto automobilistico che collegano più di due regioni sono stati riservati allo Stato dall’articolo 3, comma 1, lettera c), del D.Lgs. n. 422/1997 che ha conferito a Regioni ed enti locali funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale.

[241]  La proroga del periodo transitorio, durante il quale restano valide le concessioni rilasciate ai sensi della disciplina previgente, è stata disposta dall’articolo 5, comma 7-ter, del D.L. n. 194/2009.

[242]  Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 1191/69 e (CEE) n. 1107/70.

[243]  Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative.

[244]  Recante l’attuazione della direttiva 2008/118/CE relativa al regime generale delle accise e che abroga la direttiva 92/12/CEE.

[245]  "Interventi legislativi in materia di tutela della sicurezza dei cittadini". L'art. 20 stabilisce che al personale militare impiegato nell'ambito dei programmi di cui all'art. 18 (programmi di utilizzazione, da parte dei prefetti, di contingenti di personale militare delle Forze armate, da impiegare per la sorveglianza e il controllo di obiettivi fissi, quali edifici istituzionali ed altri di interesse pubblico) è attribuita una indennità onnicomprensiva determinata con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, di concerto con i Ministri dell'interno e della difesa. Per tale personale militare la predetta indennità, aggiuntiva al trattamento stipendiale o alla paga giornaliera, non può superare il trattamento economico accessorio previsto per il personale delle Forze di polizia.

[246]  Convertito con modificazione dalla legge n. 102/2009.

[247]  Si rammenta che la norma prevede la corresponsione al personale delle Forze di polizia impiegato nel presidio del territorio, in concorso con il personale delle Forze armate, di un’indennità di importo analogo all’indennità onnicomprensiva spettante al personale delle Forze armate.

[248]  L’art. 3, comma 151, della L. n. 350/2003, (finanziaria 2004) prevede l’istituzione di un Fondo da ripartire per le esigenze correnti di funzionamento dei servizi dell'Amministrazione, con una dotazione, a decorrere dall'anno 2004, di 100 milioni di euro annui.

[249]  D.L. 1 luglio 2009, n. 78, Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 3 agosto 2009, n. 102.