Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento ambiente
Titolo: Sospensione demolizioni regione Campania D.L. 62 /2010 ' A.C. 3514 - elementi perl'istruttoria legislativa
Riferimenti:
AC N. 3514/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 347
Data: 28/05/2010
Descrittori:
CAMPANIA   RICOSTRUZIONI E DEMOLIZIONI
Organi della Camera: VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici
Altri riferimenti:
DL N. 62 DEL 28-APR-10     

 

28 maggio 2010

 

n.   347/0

 

Sospensione di talune demolizioni in Campania

D.L. 62 /2010 – A.C. 3514

Elementi per l’istruttoria legislativa

 

Numero del disegno di legge di conversione

3514

Numero del decreto-legge

62/2010

Titolo del decreto-legge

Sospensione di talune demolizioni in Campania

Iter al Senato

si

Numero di articoli

 

testo originario

2

testo approvato dal Senato

2

Date:

 

emanazione

28 aprile 2010

pubblicazione in Gazzetta ufficiale

29 aprile 2010

approvazione del Senato

26 maggio 2010

assegnazione

27 maggio 2010

scadenza

28 giugno 2010

Commissione competente

VIII Commissione (Ambiente)

Pareri previsti

I, II rinforzato, V e questioni regionali

 


Contenuto

Il decreto-legge in esame reca disposizioni volte alla temporanea sospensione di talune demolizioni disposte dall'autorità giudiziaria in Campania.

In particolare, il comma 1 dell’articolo 1 sospende temporaneamente -sino al 30 giugno 2011 - le demolizioni di immobili siti nella regione Campania che:

§   riguardano immobili destinati a prima abitazione e occupati da soggetti sforniti di altra abitazione;

§   siano state disposte a seguito di sentenza penale;

§   riguardino abusi realizzati entro il 31 marzo 2003.

L'articolo indica, quali finalità del provvedimento, da un lato la necessità di "fronteggiare la grave situazione abitativa nella regione Campania" e, dall’altro quello di effettuare una ricognizione dei vincoli di tutela paesaggistica, senza tralasciare gli effetti delle pronunce della Corte Costituzionale successive al 2003.

Secondo la relazione che accompagna il disegno di legge, il provvedimento trova la sua ragione d’essere nella mancata operatività per la Campania del condono edilizio a seguito di alcune deliberazioni approvate dalla Giunta regionale campana nel 2003 che avevano tuttavia prodotto l’effetto di determinare una situazione di incertezza in relazione ad abusi sanabili.

 

Si ricorda che nella regione Campania la normativa sul cd. terzo condono edilizio è risultata di difficile individuazione per una serie articolata di vicende.

Nelle more dell’approvazione della legge regionale sul condono edilizio prevista dal comma 26 dell’art 32 del decreto legge 269/2003 (cd. terzo condono edilizio), la Giunta regionale aveva emanato la deliberazione della n. 2827 del 30 settembre 2003 recante l’integrazione alle linee guida per la Pianificazione Territoriale in Campania di cui alla precedente delibera n. 4459 del 30 settembre 2002, con la quale la regione poneva un divieto di sanatoria degli abusi edilizi.

Avverso tale atto il Presidente del Consiglio dei ministri aveva quindi sollevato conflitto di attribuzioni conclusosi con la sentenza della Corte costituzionale n. 199 del 2004 (citata nella relazione illustrativa del decreto legge in esame) in cui veniva annullata la citata deliberazione in considerazione del fatto che non spettava alla Regione Campania adottare un atto con il quale si negava efficacia, all’interno del proprio territorio, ad un atto legislativo dello Stato.

A seguito di tale pronuncia è stata approvata la legge regionale 18 novembre 2004, n. 103 sul condono edilizio, ma fuori dai termini previsti dall’art. 5 del decreto legge 168/2004(entro l’11 novembre 2004).

Contro di essa - lo Stato ha quindi promosso un ricorso dinanzi alla Corte costituzionale conclusosi con la sentenza n. 49 del 2006 che ha dichiarato, tra l’altro, l'illegittimità costituzionale di alcune (le più rilevanti) delle disposizioni della legge campana.

 

La relazione precisa che il provvedimento riguarderebbe "circa seicento casi che coinvolgono altrettante famiglie ed aggravano sensibilmente il già pesante deficit abitativo regionale”.

 

Secondo i dati riportati Rapporto Ecomafia 2009 di Legambiente, il business del cemento in Campania si posiziona come seconda emergenza ambientale, subito dopo lo smaltimento dei rifiuti. Secondo il Rapporto, sarebbero oltre 6.000 le costruzioni abusive realizzate nel 2008 in Campania. Cifra che non terrebbe conto delle centinaia di piccoli abusi edilizi realizzati nei quartieri popolari. Si conterebbero inoltre di 1.267 infrazioni accertate e oltre 1.685 persone denunciate, con il sequestro di 625 beni immobili. Il Rapporto ricorda infine che il 67% dei comuni campani sciolti per infiltrazione mafiosa, dal 1991 a oggi, lo sono stati proprio per abusivismo edilizio.

In merito alla prima delle condizioni richieste dal comma 1 per la sospensione delle demolizioni, ovvero che gli immobili costituiscano la prima abitazione si osserva che la definizione di “prima abitazione” si discosta dalla espressioni generalmente utilizzate quali "prima casa" o "abitazione principale".

 

Si ricorda che l’articolo 8, comma 2, del D. Lgs. n. 504 del 1992 stabilisce che per abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente, che la possiede a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto reale, ed i  suoi  familiari dimorano abitualmente e che, a seguito delle modifiche apportate  dall’art. 1, comma 173, lettera  b),  della  legge  27 dicembre  2006, n. 296, si identifica, salvo prova contraria, con quella di residenza anagrafica.

Con la legge finanziaria per il 2007, infatti, è stata introdotta una presunzione relativa che legittima l’equiparazione tra dimora abituale e residenza anagrafica, a condizione che venga dato spazio alla prova contraria, che deve essere fornita dallo stesso contribuente, il quale deve dimostrare di aver fissato la propria abitazione principale in un immobile diverso da quello di residenza anagrafica. 

Si ricorda che poi la definizione di “prima casa”, che viene abitualmente usata in materia fiscale ove con tale termine si intende l’abitazione in proprietà, usufrutto, nuda proprietà o in uso, anche se non ci si vive. La prima casa gode delle agevolazioni ai fini delle imposte sui trasferimenti immobiliari (di registro, IVA, ipotecarie e catastali).

 

Ai fini IRPEF si considera abitazione principale quella nella quale il contribuente o i suoi familiari (coniuge, parenti entro il terzo grado ed affini entro il secondo grado) dimorano abitualmente. I benefici fiscali spettano anche quando l’unità immobiliare costituisce la dimora principale soltanto dei familiari del contribuente, che vi risiedono. Tuttavia, il beneficio è riconosciuto per una sola unità immobiliare, per cui se un contribuente possiede due immobili, uno adibito a propria abitazione principale ed uno utilizzato da un proprio familiare, l’agevolazione spetta esclusivamente per il reddito dell’immobile adibito ad abitazione principale del contribuente.

Conseguentemente, il termine “prima abitazione”, contenuto nel comma 1 dell'articolo in esame, sembra essere utilizzato in modo improprio per indicare la dimora abituale, anche in considerazione del requisito ulteriormente richiesto e cioè che si tratti di immobili occupati da soggetti sforniti di altra abitazione. Il termine "sforniti" non consente, tuttavia, di chiarire se si voglia far riferimento a diritti reali o diritti di carattere contrattuale su altri immobili ad uso abitativo, né si dà rilievo all'ubicazione di eventuali altri immobili, ad esempio all'estero o al di fuori del comune considerato.

 

In relazione alla seconda condizione prevista dal comma 1, ossia che le demolizioni devono essere state disposte con sentenza penale occorrefare riferimento alle disposizioni previste dall’art. 31, comma 9, del DPR 380/2001 (TU dell’edilizia).

 

Tale disposizione prevede che, con riferimento alle opere abusive di cui al medesimo articolo (che disciplina gli interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali), con la sentenza di condanna per il reato di cui all'art. 44 il giudice ordina la demolizione delle opere illecitamente realizzate,salvo che la stessa, spontaneamente o coattivamente, sia stata già eseguita.

 

L'art 44 del T.U. dell’edilizia riguarda le sanzioni penali relative agli abusi edilizi, che vanno dall'ammenda per l'inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste dalla legge e dal permesso di costruire stesso, all'arresto nei casi di esecuzione dei lavori in totale difformità o assenza del permesso o di prosecuzione degli stessi nonostante l'ordine di sospensione o in caso di lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio. L’art. 44 è richiamato anche dall’articolo 181 del Codice Urbani (d.lgs. n. 42 del 2004) nel caso di opere eseguite su beni paesaggistici in assenza di autorizzazione o in difformità da essa; tale ultima disposizione prevede anche che con la sentenza di condanna venga ordinata la rimessione in pristino dello stato dei luoghi a spese del condannato.

 

La giurisprudenza ha chiarito che l’ordine di demolizione è un provvedimento dovuto, privo di contenuto discrezionale e necessariamente consequenziale alla sentenza di condanna o ad altra alla stessa equiparata[1]; essa ha inoltre precisato che l'ordine di demolizione costituisce una sanzione amministrativa e non già una pena accessoria, una misura di sicurezza o, comunque, un effetto penale della condanna[2] e che l'ordine di demolizione delle opere abusive è sottratto alla regola del giudicato, sicché ne è sempre possibile la revoca (in presenza di atti amministrativi incompatibili con la sua esecuzione o se l'abuso è stato sanato sotto il profilo urbanistico) ovvero la sospensione (quando sia ragionevolmente prospettabile che, nell'arco di tempi brevissimi, la P.A. adotterà un provvedimento incompatibile con la demolizione)[3]

 

Si ricorda, infine, che accanto alla disciplina che prevede l’ordine di demolizione come conseguenza della sentenza penale di condanna coesiste una normativa di natura amministrativa che prevede un procedimento che ha come sbocco l’effettiva demolizione dell'opera (art. 31 del D.P.R. 380/2001). Si richiamano anche gli articoli 40 e 41 del T.U. dell’edilizia che disciplinano rispettivamente la sospensione o la demolizione di interventi abusivi da parte della regione e la procedura per l'esecuzione della demolizione delle opere abusive.

La terza condizione del comma 1, ossiache l’opera abusiva sia stata eseguita entro il 31 marzo 2003, fa direttamente riferimento al termine previsto dal condono edilizio di cui l’art. 32, comma 25, del citato decreto legge 269/2003 che dispone che sono ammesse al condono le opere comunque realizzate entro la data del 31 marzo 2003 e per le quali gli interessati, come prescritto dal successivo comma 32, hanno presentato domanda di definizione dell’illecito edilizio tra l’11 novembre e il 10 dicembre 2004.

Nel corso dell’esame al Senato, il testo del comma 1 è stato modificato nel senso di prevedere che la ricognizione delle necessità determinanti vincoli di tutela paesaggistica sia attuata in sede di redazione del piano paesaggistico di cui all'articolo 143 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.  42.

 

Si ricorda che la tutela del paesaggio è contenuta nella Parte terza del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante Codice dei beni culturali e del paesaggio.

In particolare il Capo III reca la procedura per la pianificazione paesaggistica (artt. 143-145). In particolare l’art. 143 reca la disciplina relativa all’elaborazione del piano paesaggistico per il quale ne vengono definiti i contenuti minimi.

Viene, quindi, prevista la possibilità per le regioni di stipulare intese con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per la definizione delle modalità di elaborazione congiunta dei piani paesaggistici. Nell'intesa è stabilito il termine entro il quale deve essere completata l'elaborazione del piano.

Il piano è oggetto di apposito accordo fra pubbliche amministrazioni, ai sensi dell'art. 15 della legge n. 241/1990, nel quale sono stabilite  le modalità ed i tempi per la revisione del piano. Il piano è approvato con provvedimento regionale entro il termine fissato nell'accordo. Decorso inutilmente tale termine, il piano, limitatamente ai beni paesaggistici di cui alle lettere b), c) e d) del comma 1[4], è approvato in via sostitutiva con decreto del Ministro, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

Il comma 4 dispone che il piano possa anche prevedere:

a) la individuazione di aree soggette a tutela ai sensi dell'articolo 142 e non interessate da specifici procedimenti nelle quali la realizzazione di interventi può avvenire previo accertamento, nell'ambito del procedimento ordinato al rilascio del titolo edilizio, della conformità degli interventi medesimi alle previsioni del piano paesaggistico e dello strumento urbanistico comunale;

b) la individuazione delle aree gravemente compromesse o degradate nelle quali la realizzazione degli interventi effettivamente volti al recupero ed alla riqualificazione non richiede il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica prevista dall'articolo 146.

Il piano paesaggistico può infine anche individuare linee-guida prioritarie per progetti di conservazione, recupero, riqualificazione, valorizzazione e gestione di aree regionali, indicandone gli strumenti di attuazione, comprese le misure incentivanti (comma 8).

Una volta adottato il piano paesaggistico non sono consentiti, sugli immobili e nelle aree di cui all'art. 134 – ovvero i beni paesaggistici - interventi in contrasto con le prescrizioni di tutela previste nel piano stesso. A far data dalla approvazione del piano le relative previsioni e prescrizioni sono immediatamente cogenti e prevalenti sulle previsioni dei piani territoriali ed urbanistici (comma 9).

Il comma 2 dispone che si debba dar luogo comunque alla demolizione degli immobili qualora l'ufficio tecnico del comune competente o l'ufficio regionale della protezione civile riscontrino pericoli per l'incolumità privata o pubblica o sia stata accertata la violazione di vincoli paesaggistici.

 

In merito all’obbligo di demolizione nel caso venga riscontrata la violazione dei vincoli paesaggistici si ricorda che il comma 27, lettera d), del citato decreto legge 269/2003 esclude dalla sanatoria le opere realizzate su immobili vincolati non conformi agli strumenti urbanistici, con alcune esclusioni derivanti dalla lettura congiunta dell’alinea del citato comma 27 e del successivo comma 43 che ha sostituito l’art. 32 della legge 47/1985 relativo alla sanatoria di opere eseguite su immobili vincolati.

Si ricorda, infatti, che il citato comma 27 reca, nell’alinea, una clausola che fa salvo quanto disposto dall’art. 32 della legge 47/1985 che disciplina la sanatoria delle opere costruite su aree sottoposte a vincolo. Pertanto viene ammessa la sanatoria anche di opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo sia pure con una nuova procedura del silenzio-rifiuto, introdotta dal successivo comma 43 che ha novellato il citato art. 32 della legge 47.

 

Nel corso dell’esame al Senato, il testo del comma 2 è stato modificato nel senso di prevedere che nel caso in cui sia accertata la violazione di vincoli paesaggistici, la demolizione avviene entro il 31 dicembre 2010 se la violazione del vincolo risulti dal piano paesaggistico, adottato entro il predetto termine,ovvero in caso di mancata adozione del medesimo piano entro il medesimo termine.

Al riguardo, nel corso del dibattito, il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti, Mantovani, ha rilevato come le modifiche in questione siano utili per stabilire dei tempi, in modo da dare la possibilità di definire i piani paesaggistici, che “prevedono l'obbligo di stendere i piani di governo del territorio, perché questo è quello che manca in Campania”. In tale ambito, il sottosegretario ha inoltre precisato che le isole sono tutte coperte da un vincolo assoluto, ma tale vincolo è solo per le distanze dal mare e per alcune zone con problemi dal punto di vista idrogeologico. Ci sono zone che potrebbero essere escluse dal vincolo di inedificabilità assoluta e per le quali, attraverso i piani particolareggiati, “esistono possibilità che si possono negare ai cittadini campani”.

L’articolo 2 reca le consuete norme sull’entrata in vigore.

Relazioni allegate

Il provvedimento è accompagnato dalla relazione illustrativa e dall’analisi tecnico-normativa.

Precedenti decreti-legge sulla stessa materia

Ai fini della comprensione della disposizione in commento, rileva il decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, (cd. terzo condono edilizio).

Motivazioni della necessità ed urgenza

Secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa, il provvedimento è volto a sospendere le attività di demolizione, disposte dall'autorità giudiziaria, di fabbricati destinati a civile abitazione nella regione Campania realizzati in violazione della normativa urbanistica, in dipendenza sia della gravissima situazione abitativa, che ne risulterebbe ulteriormente compromessa, che degli effetti dell'applicazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 199 del 28 giugno 2004, che ha dichiarato l'illegittimità della deliberazione della Giunta regionale campana che escludeva l'applicazione della normativa in tema di regolarizzazione di immobili contenuta nell'articolo 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, nonché della sentenza della medesima Corte n. 49 del 6 febbraio 2006, che si è pronunciata in merito alla legge della regione Campania 18 novembre 2004, n. 10, in materia di sanatoria di abusi edilizi.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Il provvedimento è riconducibile alla materia “tutela dell’ambiente”, assegnata dall’articolo 117, secondo comma, lettera s) Cost. alla competenza esclusiva dello Stato. Rileva, inoltre, la materia “governo del territorio”, assegnata dal terzo comma dell’art. 117 Cost. alla competenza concorrente dello Stato e delle regioni, che ricomprende anche l’urbanistica e l’edilizia, secondo una consolidata giurisprudenza costituzionale (cfr. le sentenze n. 303 e n. 362 del 2003, n. 196 del 2004 e n. 343 del 2005; ai sensi delle quali “la materia edilizia rientra nel governo del territorio, come prima rientrava nell'urbanistica, ed è quindi oggetto di legislazione concorrente, per la quale le regioni debbono osservare i principî fondamentali ricavabili dalla legislazione statale”.

Si ricorda che con la sentenza n. 196 del 2004 (avente ad oggetto il condono) la Corte ha svolto una articolata ricostruzione del riparto di competenze fra Stato e Regioni in relazione ad una disciplina (quella della sanatoria edilizia) in cui effetti amministrativi e penali sono difficilmente separabili, ma che incide anche in un ambito materiale (il governo del territorio) in cui non può essere sottovalutato “l’intervenuto accrescimento dei loro poteri [delle Regioni] in conseguenza della riforma del Titolo V”.

In conclusione, la sentenza n. 196 ha formulato una serie di pronunce di carattere additivo, “ridisegnando” una sanatoria nella quale le regioni sono state chiamate a recare integrazioni sostanziali. Parallelamente, la normativa statale è stata ridimensionata al rango di normativa di principio (in ottemperanza alla collocazione costituzionale del governo del territorio fra le materie di legislazione concorrente). In base a tale ridisegno, è competenza delle Regioni determinare i limiti volumetrici delle opere condonabili nel proprio territorio, (funzionando, quelli indicati dalla legge statale, solo come tetto massimo). A tale fine la Corte ha previsto che una (nuova) legge statale dovesse assegnare alle regioni un congruo termine per emanare le norme integrative.

Con la sentenza n. 54 del 2009, la Corte ha chiarito  che il vincolo paesaggistico non debba necessariamente comportare l’inedificabilità assoluta (vedi anche l’ordinanza 150 del 2009).

Si segnala, infine, che la Commissione parlamentare per le questioni regionali ha subordinato il proprio parere favorevole alla condizione che siano introdotte forme di concertazione e raccordo tra i competenti organi statali, la regione e gli enti locali affinché siano definiti adeguati indirizzi condivisi in materia di programmazione degli assetti urbanistici della regione ed in relazione alla salvaguardia dell'ambiente e del territorio campano.

Specificità ed omogeneità delle disposizioni

Il provvedimento è composto da un unico articolo (oltre all’articolo recante le disposizioni sull’entrata in vigore) di contenuto omogeneo sulla sospensione di talune demolizioni in Campania.

 


 

 

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[1] Cass., Sez. III, Sent. n. 23710 del 22-05-2007

[2] La sentenza della Corte di Cass. n. 1358 del 7 gennaio 2010, ha ribadito che l'ordine di demolizione ex art. 31, comma 9, D.P.R. 380/01, costituisce sostanzialmente sanzione amministrativa di tipo oblatorio caratterizzata dalla natura giurisdizionale dell'organo a cui è attribuita l'applicazione dell'ordine medesimo e richiama la giurisprudenza consolidata (Cass. Sez. III Sent. n. 44245 del 05/12/05; Cass. Sez. III Sent. n. 3991 del 03/02/04; Cass. Sez. III Sent. n. 4100 del 16/02/98; Cass. Sez. IV Sent. n.2078 del 19/02/98) http://webcache.googleusercontent.com/search?q=cache:srqqqI2sjCQJ:www.lexambiente.it/urbanistica/160/6160-demolizione.html+ordine+demolizione+sanzione+amministrativa&cd=2&hl=it&ct=clnk&gl=it

[3] Cass. n 38997 del 26 settembre 2007. Cass. Sez. III Sent. n.37120 del 13/10/05; Cass. Sez. III Sent. n. 43294 del 29/11/05.

[4]    b) ricognizione degli immobili e delle aree dichiarati di notevole interesse pubblico ai sensi dell'articolo 136, loro delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla identificazione, nonché determinazione delle specifiche prescrizioni d'uso, a termini dell'art. 138, comma 1, fatto salvo il disposto di cui agli artt. 140, comma 2, e 141-bis;

c) ricognizione delle aree di cui al comma 1 dell'art. 142, loro delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla identificazione, nonché determinazione di prescrizioni d'uso intese ad assicurare la conservazione dei caratteri distintivi di dette aree e, compatibilmente con essi, la valorizzazione;

d) eventuale individuazione di ulteriori immobili od aree, di notevole interesse pubblico a termini dell'art. 134, comma 1, lett. c), loro delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla identificazione, nonché determinazione delle specifiche prescrizioni d'uso, a termini dell'art. 138, comma 1.