Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Altri Autori: Servizio Bilancio dello Stato
Titolo: Interventi urgenti concernenti enti locali e regioni - D.L. 2/2010 ' A.C. 3146 - Seconda edizione
Riferimenti:
AC N. 3146/XVI   DL N. 2 DEL 25-GEN-10
Serie: Progetti di legge    Numero: 280
Data: 04/02/2010
Descrittori:
BILANCI PUBBLICI   ENTI LOCALI
REGIONI   SPESA PUBBLICA
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni
V-Bilancio, Tesoro e programmazione

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Interventi urgenti concernenti

enti locali e regioni

D.L. 2/2010 – A.C. 3146

Schede di lettura e riferimenti normativi

 

n. 280

Seconda edizione

 

 

 

4 febbraio 2010

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Istituzioni

( 066760-9475 – * st_istituzioni@camera.it

Servizio Studi – Dipartimento Bilancio

( 066760-2233 – * st_bilancio@camera.it

Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici:

 

Servizio Bilancio dello Stato
Nota
di verifica - dossier n. 152

( 066760-2174 / 066760-9455 – * bs_segreteria@camera.it

 

§         La nota di sintesi e le schede di lettura sono state redatte dal Servizio Studi.

§         Le parti relative ai profili di carattere finanziario sono state curate dal Servizio Bilancio dello Stato.

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: D10002.doc

 


INDICE

Schede di lettura

§      Art. 1 (Interventi urgenti sul contenimento delle spese negli enti locali)3

§      Art. 2 (Circoscrizioni dei collegi spettanti alle province)13

§      Art. 3 (Interventi urgenti sul contenimento delle spese nelle regioni)17

§      Art. 4 (Disposizioni per la funzionalità degli enti locali)23

§      Art. 5 (Entrata in vigore)41

Riferimenti normativi

§      Costituzione (artt. 77 e 87)45

§      L. 8 marzo 1951, n. 122. Norme per l'elezione dei Consigli provinciali. (artt. 9, 14)46

§      D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504. Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell'articolo 4 della L. 23 ottobre 1992, n. 421. (art. 34)49

§      D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali. (artt. 11, 17, 37, 47 e 108)50

§      L. 27 dicembre 2002, n. 289. Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003). (art. 31)55

§      D.L. 30 dicembre 2004, n. 314, conv. con mod. L 1° marzo 2005, n. 26. Proroga di termini. (art. 1)60

§      D.L. 1 ottobre 2007, n. 159 conv. con mod. L. 29 novembre 2007, n. 222. Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale. (art. 11)61

§      D.L. 7 ottobre 2008, n. 154, conv. con mod. L. 4 dicembre 2008, n. 189. Disposizioni urgenti per il contenimento della spesa sanitaria e in materia di regolazioni contabili con le autonomie locali. (art. 2-quater)62

§      L. 23 dicembre 2009, n. 191. Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010). (art. 2, commi 23, 183-187).64

Allegato

§      A.C. 3118, (Governo), Individuazione delle funzioni fondamentali di Province e Comuni, semplificazione dell’ordinamento regionale e degli enti locali, nonché delega al Governo in materia di trasferimento di funzioni amministrative, Carta delle autonomie locali, razionalizzazione delle Province e degli Uffici territoriali del Governo. Riordino di enti ed organismi decentrati69

 

 


Schede di lettura

 


 

Art. 1
(Interventi urgenti sul contenimento delle spese negli enti locali)

1. All'articolo 2, comma 183, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, il secondo periodo e' sostituito dal seguente: «Il Ministro dell'interno, con proprio decreto, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, provvede per l'anno 2010 alla corrispondente riduzione, in proporzione alla popolazione residente, del contributo ordinario spettante ai singoli enti. Per ciascuno degli anni 2011 e 2012 il Ministro dell'interno, con proprio decreto, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, provvede alla corrispondente riduzione, in proporzione alla popolazione residente, del contributo ordinario spettante ai singoli enti per i quali nel corso dell'anno ha luogo il rinnovo dei rispettivi consigli.»; conseguentemente al comma 184, primo periodo, del medesimo articolo 2 dopo le parole: «consiglieri comunali» sono inserite le seguenti: «e dei consiglieri provinciali».

2. Le disposizioni di cui ai commi 184, 185 e 186 dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, e successive modificazioni, si applicano a decorrere dal 2011 ai singoli enti per i quali ha luogo il rinnovo del rispettivo consiglio, con efficacia dalla data del medesimo rinnovo.

 

 

L’articolo 1 modifica e integra alcune delle norme in materia di contenimento delle spese degli enti locali contenute nella legge finanziaria 2010 (art. 2, commi 183-186), stabilendo la decorrenza dal 2011 dell’applicazione delle disposizioni relative alla riduzione di organi e apparati locali, ferma restando la riduzione dei trasferimenti erariali ivi prevista. Tale articolo estende anche ai consigli provinciali la riduzione del numero dei componenti prevista per i consigli comunali.

 

I citati commi da 183 a 186 dell’articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (legge finanziaria 2010), recano una riduzione del contributo ordinario agli enti locali e, in relazione ad essa, una serie di misure per farvi fronte, tra cui una diminuzione del numero dei componenti degli organi rappresentativi ed esecutivi e una razionalizzazione di altri organismi degli enti locali.

 

Al riguardo occorre preliminarmente segnalare che il 13 gennaio 2010 il Governo ha presentato alla Camera un disegno di legge (A.C. 3118) che reca un’ampia riforma dell’ordinamento degli enti locali e contiene alcune disposizioni analoghe a quelle della legge finanziaria in materia di riduzione di organi e apparati amministrativi degli enti locali recanti però previsioni diverse da quelle in esame.

 

L’articolo 2, comma 183, della legge finanziaria, ha disposto, come si è accennato all’inizio, una riduzione dei trasferimenti erariali, spettanti a comuni e province, iscritti sul Fondo ordinario per il finanziamento dei bilanci degli enti locali, per complessivi 13 milioni di euro per il 2010, 91 milioni per il 2011 e 125 milioni per il 2012; la riduzione riguarda:

§      le province, per 1 milione di euro per il 2010, 5 milioni per il 2011 e 7 milioni per il 2012,

§      i comuni per 12 milioni di euro per il 2010, 86 milioni per il 2011 e 118 milioni per il 2012.

La riduzione del contributo ordinario è da porre in relazione  alle disposizioni di cui ai commi successivi al 183, che recano misure atte a garantire risparmi di spesa per comuni e province.

 

Si osserva che il citato comma 183 prevede una riduzione di carattere triennale del finanziamento agli enti locali, mentre le misure di contenimento della spesa previste dai successivi commi hanno carattere permanente.

 

Ferma restando l’entità complessiva della riduzione, l’articolo in esame provvede a rimodulare la ripartizione della riduzione tra ciascun ente, introducendo una differenziazione tra i soggetti che ne sono destinatari in base all’anno di applicazione.

Il testo originario del comma 183 prevedeva, infatti, che il Ministro dell’interno con proprio decreto provvedesse, per ciascuno degli anni, alla corrispondente riduzione, in proporzione alla popolazione residente, del contributo ordinario spettante ai singoli enti per i quali, nel corso dell’anno, avesse luogo il rinnovo dei consigli.

La novella introdotta dal comma 1 in esame prevede, invece, che, per il 2010, la riduzione si applichi a tutti gli enti locali, sempre in proporzione alla popolazione residente, a prescindere dallo svolgimento di elezioni amministrative. Per il 2011 e il 2012 la riduzione viene operata esclusivamente per gli enti per i quali avrà luogo il rinnovo dei consigli.

Perciò, mentre ai sensi della legge finanziaria, il taglio del contributo veniva ripartito solo tra gli enti i cui consigli si rinnovassero in ciascun anno del triennio 2010-2012, con il decreto legge, poiché si rende per il 2010 applicabile il taglio finanziario a tutti gli enti, alcuni di questi, cioè quelli i cui consigli si rinnoveranno nel 2011 o nel 2012, saranno nuovamente destinatari della ripartizione del taglio del contributo previsto per quegli anni.

 

Lo strumento per l’individuazione delle riduzioni resta il decreto del Ministro dell’interno, in relazione al quale la disposizione in esame introduce il concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

 

Il comma 1 modifica inoltre l’art. 2, comma 184, della legge finanziaria 2010, estendendo anche ai consigli provinciali la riduzione del 20 per cento del numero già prevista per i componenti dei consigli comunali.

 

Come già detto, il citato comma 184 prevede, in relazione alla riduzione del contributo ordinario ai comuni disposta dal comma 183, la riduzione del 20 per cento del numero dei consiglieri comunali, con arrotondamento dell’entità della riduzione all’unità superiore.

Si ricorda che il numero dei consiglieri comunali e provinciali è fissato dall’art. 37, commi 1 e 2, del testo unico sull’ordinamento degli enti locali (TUEL), approvato con il D.Lgs. 267/2000, che prevede che il consiglio comunale e il consiglio provinciale sono composti, rispettivamente, dal sindaco e dal presidente della provincia, e da un numero di membri variabile sulla base della popolazione.

 

La disposizione non specifica se la riduzione si riferisca al numero dei consiglieri comprensivo o meno del sindaco e del presidente della provincia.

 

Quanto all’arrotondamento all’unità superiore, sulla base di un’interpretazione letterale, esso deve intendersi riferito al numero dei consiglieri da ridurre e non al numero dei consiglieri risultante dalla riduzione.

 

 

Numero dei consiglieri provinciali (comprensivo del presidente della provincia)

 

Abitanti

Numero consiglieri provinciali

 

Art. 37 TUEL

L. finanziaria 2010*

più di 1.400.000

46

36

da 700.001 a 1.400.000

37

29

da 300.001 a 700.000

31

24

fino a 300.000

25

20

* Come modificata dal art. 1 in esame

 

 

Sul piano della formulazione testuale, si segnala che l’uso dell’espressione “conseguentemente” risulta impropria, in quanto la riduzione del numero dei consiglieri provinciali non è conseguenza della diversa ripartizione della riduzione del finanziamento agli enti locali disposta dalla prima parte del comma 1.

 

Inoltre si segnala che la riduzione del numero dei consiglieri comunali e provinciali è prevista, in misura diversa, dall’articolo 20 del citato disegno di legge A.C. 3118, recante disposizioni in materia di organi e funzioni degli enti locali, semplificazione e razionalizzazione dell’ordinamento e Carta delle autonomie locali, presentato alla Camera il 13 gennaio 2010.

 

Le tabelle che seguono mettono a raffronto il numero dei consiglieri comunali e quello dei consiglieri provinciali previsto dalla disciplina previgente, quello modificato dalla legge finanziaria e quello previsto dal d.d.l. A.C. 3118, considerando il numero di consiglieri come comprensivo del presidente della provincia e riferendo l’arrotondamento al numero di consiglieri da ridurre.

 

 

Numero dei consiglieri comunali (comprensivo del sindaco)

 

Abitanti

Numero consiglieri comunali

 

Art. 37 TUEL

L. finanziaria 2010

A.C. 3118

più di 1 milione

61

48

46

da 500.001 a 1 milione

51

40

41

da 250.001 a 500.000

47

37

38

da 100.001 a 250.000 e comuni capoluogo di provincia con popolazione inferiore

41

32

33

da 30.001 a 100.000

31

24

23

da 10.001 a 30.000

21

16

16

da 3.001 a 10.000

17

13

13

da 1.001 a 3.000

13

10

11

fino a 1.000

13

10

9

 

 

Numero dei consiglieri provinciali (comprensivo del presidente della provincia)

 

Abitanti

Numero consiglieri provinciali

 

Art. 37 TUEL

L. finanziaria 2010*

A.C. 3118

più di 1.400.000

46

36

37

da 700.001 a 1.400.000

37

29

31

da 300.001 a 700.000

31

24

25

fino a 300.000

25

20

21

* Come modificata dal art. 1 in esame

 

 

Si riporta il testo a fronte tra le disposizioni della legge finanziaria 2010 nel testo originario e nel testo modificato dal comma 1 in esame.

 

Legge 23 dicembre 2009, n. 191
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)
Art. 2, commi 183 e 184

Testo originario

Testo modificato dall’art. 1, co. 1 del D.L. 2/2010

183. Il contributo ordinario base spettante agli enti locali a valere sul fondo ordinario di cui all’ articolo 34, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, è ridotto per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012, rispettivamente di 1 milione di euro, di 5 milioni di euro e di 7 milioni di euro per le province e di 12 milioni di euro, di 86 milioni di euro e di 118 milioni di euro per i comuni. Il Ministro dell’interno, con proprio decreto, provvede per ciascuno degli anni alla corrispondente riduzione, in proporzione alla popolazione residente, del contributo ordinario spettante ai singoli enti per i quali nel corso dell’anno ha luogo il rinnovo dei rispettivi consigli. Le regioni a statuto speciale provvedono ad adottare le disposizioni idonee a perseguire le finalità di cui ai commi da 184 a 187 in conformità ai rispettivi statuti e alle relative norme di attuazione.

183. Il contributo ordinario base spettante agli enti locali a valere sul fondo ordinario di cui all’ articolo 34, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, è ridotto per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012, rispettivamente di 1 milione di euro, di 5 milioni di euro e di 7 milioni di euro per le province e di 12 milioni di euro, di 86 milioni di euro e di 118 milioni di euro per i comuni. Il Ministro dell’interno, con proprio decreto, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle finanze, provvede per l’anno 2010 alla corrispondente riduzione, in proporzione alla popolazione residente, del contributo ordinario spettante ai singoli enti. Per ciascuno degli anni 2011 e 2012 il Ministro dell’interno, con proprio decreto, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle finanze, provvede alla corrispondente riduzione, in proporzione alla popolazione residente, del contributo ordinario spettante ai singoli enti per i quali nel corso dell’anno ha luogo il rinnovo dei rispettivi consigli. Le regioni a statuto speciale provvedono ad adottare le disposizioni idonee a perseguire le finalità di cui ai commi da 184 a 187 in conformità ai rispettivi statuti e alle relative norme di attuazione.

184. In relazione alle riduzioni del contributo ordinario di cui al comma 183, il numero dei consiglieri comunali è ridotto del 20 per cento. L’entità della riduzione è determinata con arrotondamento all’unità superiore.

184. In relazione alle riduzioni del contributo ordinario di cui al comma 183, il numero dei consiglieri comunali e dei consiglieri provinciali è ridotto del 20 per cento. L’entità della riduzione è determinata con arrotondamento all’unità superiore.

 

Il comma 2 dell’articolo in esame, dispone inoltre in ordine alla decorrenza della riduzione dei membri degli organi politici locali e delle altre misure di contenimento degli apparati amministrativi, previste dall’art. 2, commi 184, 185 e 186 della legge finanziaria 2010: tali disposizioni si applicano a decorrere dal 2011 agli enti locali man mano che ha luogoil rinnovo dei rispettivi consigli.

 

Il comma 184, modificato dal comma 1, dispone - come già ampiamente descritto – la riduzione del 20 per cento del numero dei consiglieri comunali e provinciali.

 

Il comma 185 – non modificato nel testo ma nella decorrenza - prevede che il numero massimo degli assessori comunali e degli assessori provinciali è determinato in misura pari, rispettivamente per ciascun comune e per ciascuna provincia, ad un quarto del numero dei consiglieri comunali e ad un quinto del numero dei consiglieri provinciali (con arrotondamento all’unità superiore).

 

Il numero degli assessori comunali e provinciali è disciplinato dall’art. 47 TUEL, che prevede che la giunta comunale e la giunta provinciale sono composte rispettivamente dal sindaco e dal presidente della provincia e da un numero di assessori, stabilito dagli statuti, che non deve essere superiore a un terzo, arrotondato aritmeticamente, del numero dei consiglieri comunali e provinciali, computando a tale fine il sindaco e il presidente della provincia, e comunque non superiore a dodici unità[1] (comma 1). Il numero degli assessori è stabilito dallo statuto dell’ente, che può indicare un numero fisso o un numero massimo, nel rispetto dei limiti anzidetti (comma  2).

L’art. 47, comma 5, TUEL detta inoltre una disciplina transitoria da applicarsi alle province e ai comuni fino all’adozione nelle norme statutarie sul numero degli assessori[2].

 

Anche il citato disegno di legge A.C. 3118 prevede, con una disciplina diversa, la riduzione dei componenti delle giunte comunali e provinciali (art. 21).

Nelle tabelle seguenti è riportato il numero massimo di assessori comunali e provinciali previsto dalla disciplina previgente, quello modificato dalla legge finanziaria 2010 e quello previsto dal citato disegno di legge.

 

 

Numero massimo degli assessori comunali

 

Abitanti

Numero massimo  assessori  comunali

 

Art. 47 TUEL

L. finanziaria 2010

A.C. 3118

più di 1 milione

12

12

12

da 500.001 a 1 milione

12

10

10

da 250.001 a 500.000

12

10

9

da 100.001 a 250.000 e comuni capoluogo di provincia con popolazione inferiore

12

8

8

da 30.001 a 100.000

10

6

5

da 10.001 a 30.000

7

4

3

da 3.001 a 10.000

6

4

3

Fino  a 3.000

4

3

2

 

 

Numero massimo degli assessori provinciali

 

Abitanti

Numero massimo assessori  provinciali

 

Art. 47 TUEL

L. finanziaria 2010

A.C. 3118

più di 1.400.000

12

10

10

da 700.001 a 1.400.000

12

8

8

da 300.001 a 700.000

10

7

6

fino a 300.000

8

5

4

 

Il comma 186 – anch’esso non modificato nel testo bensì nella decorrenza - prevede per i comuni l’obbligo di adottare alcune misure volte ad assorbire la riduzione del contributo ordinario disposta dal comma 183.

In particolare, si prevede:

§          la soppressione della figura del difensore civico, di cui all’articolo 11 TUEL;

 

L’art. 11 stabilisce che l’istituzione della figura del difensore civico può essere prevista dagli statuti comunali e provinciali, con compiti di garanzia dell'imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione comunale o provinciale. A tale scopo, il difensore civico può segnalare, anche di propria iniziativa, gli abusi, le disfunzioni, le carenze ed i ritardi dell'amministrazione nei confronti dei cittadini. Lo statuto disciplina l'elezione, le prerogative ed i mezzi del difensore civico nonché i suoi rapporti con il consiglio comunale o provinciale.

Il difensore civico comunale e quello provinciale svolgono altresì la funzione di controllo, nei casi previsti dall’art. 127 TUEL, ove fossero riscontrate illegittimità nelle deliberazioni della Giunta e del Consiglio.

 

Si segnala che anche il disegno di legge A.C. 3118 all’art. 16 prevede la soppressione del difensore civico comunale.

 

§      la soppressione delle circoscrizioni comunali, di cui all’articolo 17 TUEL;

 

Ai sensi dell’articolo 17, i comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti articolano il loro territorio per istituire le circoscrizioni di decentramento, quali organismi di partecipazione, di consultazione e di gestione di servizi di base, nonché di esercizio delle funzioni delegate dal comune.

I comuni con popolazione compresa tra i 100.000 e i 250.000 abitanti possono istituire le circoscrizioni di decentramento, ma in tal caso la popolazione media delle circoscrizioni non può essere inferiore a 30.000 abitanti.

Nei comuni con popolazione superiore a 300.000 abitanti, lo statuto può prevedere particolari e più accentuate forme di decentramento di funzioni e di autonomia organizzativa e funzionale.

 

Si segnala che l’art. 18 del citato disegno di legge A.C. 3118 prevede la soppressione delle circoscrizioni di decentramento solo nei comuni con popolazione pari o inferiore ai 250.000 abitanti.

 

§      la possibilità da parte del sindaco, nei comuni con meno di 3.000 abitantiil sindaco può scegliere, in alternativa alla nomina degli assessori, di delegare l’esercizio delle proprie funzioni a non più di due consiglieri comunali;

 

§      la soppressione della figura del direttore generale;

 

L’articolo 108 TUEL prevede che il sindaco di comune con popolazione superiore a 15.000 abitanti ed il presidente della provincia, possano nominare, previa deliberazione della Giunta, un direttore generale, al di fuori della dotazione organica e con contratto a tempo determinato. La norma non prescrive alcun requisito specifico, lasciando la definizione dei criteri per la nomina al regolamento di organizzazione degli uffici e dei sevizi. L’incarico non può comunque eccedere il mandato del sindaco o del presidente della provincia.

Il direttore generale provvede all’attuazione degli indirizzi e degli obiettivi stabiliti dagli organi di governo dell’ente, secondo le direttive impartite dal sindaco o dal presidente della provincia, ed alla predisposizione del piano dettagliato degli obiettivi del controllo di gestione e alla proposta di piano esecutivo di gestione, perseguendo livelli ottimali di efficacia ed efficienza.

Il direttore generale può essere revocato dal sindaco o dal presidente della provincia, sempre previa deliberazione della giunta.

Nei comuni con meno di 15.000 abitanti è, invece, consentito procedere alla nomina del direttore generale solo a seguito di stipula di apposita convenzione tra comuni le cui popolazioni assommate raggiungano tale soglia. In tal caso il direttore sarà chiamato alla gestione coordinata o unitaria dei servizi tra i comuni interessati. Gli enti possono altresì attribuire la funzione di direttore generale al segretario comunale.

 

A tale proposito, si segnala che il citato disegno di legge A.C. 3118, all’art. 28 limita la facoltà di nomina dei direttori generali nei comuni con popolazione superiore ai 65 mila abitanti.

 

§      la soppressione dei consorzi di funzioni tra enti locali, facendo salvi i rapporti di lavoro a tempo indeterminato esistenti. I comuni assumono le funzioni esercitate dai consorzi soppressi nonché le relative risorse, con successione ai medesimi consorzi in tutti i rapporti giuridici in essere e ad ogni altro effetto.

 

La disciplina dei consorzi è contenuta nell’articolo 31 TUEL ed è stata integrata dal comma 28 dell’art. 2 della legge finanziaria 2008 (legge 244/2007).

I consorzi, previsti per la gestione associata di uno o più servizi e funzioni, sono espressione dell’autonomia amministrativa e gestionale degli enti locali, che possono costituirli secondo le norme previste per le aziende speciali di cui all'articolo 114 TUEL. Il consorzio si costituisce attraverso l’approvazione a maggioranza assoluta, da parte dei componenti dei consigli degli enti interessati, di una convenzione e dello statuto del consorzio. I consorzi prevedono specifici organi rappresentativi dei diversi enti associati, quali l’assemblea del consorzio composta dai rappresentanti degli enti consorziati, nella persona del sindaco, del presidente o di un loro delegato, ognuno con responsabilità proporzionata alla quota di partecipazione fissata dalla convenzione e dallo statuto. L'assemblea elegge il consiglio di amministrazione e ne approva gli atti fondamentali previsti dallo statuto. L’art. 31 TUEL vieta altresì la costituzione di più di un consorzio tra gli stessi enti locali, mentre in caso di rilevante interesse pubblico, la legge dello Stato può prevedere la costituzione di consorzi obbligatori per l'esercizio di determinate funzioni e servizi, demandandone l'attuazione alle leggi regionali.

 

A tale proposito, si segnala che il citato disegno di legge A.C. 3118, all’art. 19 prevede la soppressione di tutti consorzi tra gli enti locali per l’esercizio di funzioni. Tale articolo fa salvi i consorzi che, alla data di entrata in vigore della legge, gestiscono uno o più servizi ai sensi dell'articolo 31 del TUEL, nonchè i bacini imbriferi montani.

 

Il comma in esame dispone in ordine all’applicazione (a decorrere appunto dal 2011) delle disposizioni sopra citate contenute nei commi 184, 185 e 186 della legge finanziaria e non anche del comma 187 che prevede la cessazione, dall’entrata in vigore della legge finanzi aria, del concorso ordinario dello Stato al finanziamento delle comunità montane Si segnala che nel bilancio per il 2010 viene peraltro mantenuto, tra i Fondi in conto capitale, il Fondo per lo sviluppo degli investimenti delle comunità montane (cap. 7233/Interno), dotato di 15 milioni di euro.

 

Si segnala che nel bilancio per il 2010 viene peraltro mantenuto, tra i Fondi in conto capitale, il Fondo per lo sviluppo degli investimenti delle comunità montane (cap. 7233/Interno), dotato di 15 milioni di euro.


 

Profili finanziari

 

La relazione tecnica sottolinea che dal complesso delle disposizioni del provvedimento in esame non derivano effetti finanziari negativi per il bilancio dello Stato (nuovi o maggiori oneri, o minori entrate).

 

In merito ai profili di quantificazione, si conferma, con riferimento all’articolo in esame, l’assenza di effetti finanziari negativi per il bilancio dello Stato, dal momento che resta invariato e predeterminato per legge l’ammontare della riduzione dei trasferimenti agli enti locali, operata dal primo periodo del comma 183 dell’art. 2 della legge finanziaria per il 2010.

Si segnala peraltro la necessità di acquisire chiarimenti sui riflessi per i bilanci degli enti locali derivanti dalle modifiche introdotte dalla norma ai criteri di ripartizione dei predetti tagli e ai termini di decorrenza delle misure di risparmio disposte dai commi 184-186 del citato articolo 2 della legge finanziaria per il 2010. Si osserva infatti che, per l’esercizio 2010, a fronte delle riduzioni di trasferimenti, gli enti non sono tenuti ad operare alcuna delle misure di risparmio indicate nei citati commi 185-186 né sono autorizzati ad operare la riduzione del numero dei consiglieri prevista dal comma 184 (per la cui attuazione è necessaria una specifica autorizzazione legislativa). Appare pertanto opportuno che sia confermato che, anche in ragione della sua contenuta entità e del suo riparto sulla generalità degli enti, la riduzione dei trasferimenti prevista per il 2010 non sia suscettibile di compromettere gli equilibri finanziari del comparto degli enti locali e il conseguimento degli obiettivi previsti dal patto di stabilità interno.

Si segnala, da ultimo, che, a fronte dell’estensione alle province della riduzione del numero dei consiglieri già prevista per i comuni, la norma non prevede un incremento del taglio dei trasferimenti, il quale resta commisurato alle misure di risparmio già contenute nel testo vigente della legge finanziaria. Ne consegue che dalla disposizione in esame deriveranno maggiori disponibilità per le province, che potranno da queste essere anche integralmente utilizzate, tenuto conto che per tali enti il vincolo del patto di stabilità opera sul saldo di bilancio.

 

 

 

 


Art. 2
(Circoscrizioni dei collegi spettanti alle province)

1. Entro il 30 novembre 2010 e' ridefinita la tabella delle circoscrizioni dei collegi ai sensi dell'articolo 9 della legge 8 marzo 1951, n. 122, e successive modificazioni, ai fini del rinnovo dei consigli provinciali che ha luogo a decorrere dal 2011. La riduzione del numero dei consiglieri provinciali di cui al comma 184 dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, come modificato dall'articolo 1, comma 1, e' efficace anche in caso di mancata ridefinizione della tabella.

 

 

L’articolo 2, comma 1, primo periodo, prevede la ridefinizione, entro il 30 novembre 2010, della tabella delle circoscrizioni dei collegi per le elezioni provinciali.

Tale ridefinizione è conseguente alla riduzione del numero dei consiglieri provinciali disposta dall’articolo 1, comma 1, del provvedimento in esame e deve essere effettuata in tempo utile per lo svolgimento del turno elettorale del 2011, data dalla quale scatta la riduzione della composizioni dei consigli provinciali che si rinnovano in quella occasione.

 

Viene espressamente richiamato l’articolo 9 della L 122/1951, che prevede che il numero e la estensione dei collegi elettorali provinciali sono definiti, in forma di tabella, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’interno, da pubblicarsi sulla Gazzetta Ufficiale (comma terzo).

 

La tabella generale dei collegi elettorali è contenuta nel D.P.R. 3 marzo 1961, n. 74 successivamente integrata più volte, prevalentemente in occasione della istituzione di nuove province o di variazioni significative della popolazione provinciale[3].

 

L’art. 9 L 122/1051 prevede altresì che in ogni Provincia sono costituiti tanti collegi quanti sono i consiglieri provinciali ad essa assegnati e che a nessun comune possono essere assegnati più della metà dei collegi spettanti alla provincia (commi primo e secondo). Il decreto del prefetto che fissa la data delle elezioni provinciali non può essere emanato se non siano decorsi almeno quindici giorni dalla pubblicazione del decreto del Presidente della Repubblica di determinazione della tabella delle circoscrizioni (comma quinto).

 

Il primo periodo del comma 1 non ha dunque carattere sostanzialmente innovativo rispetto a quanto già previsto dall’art. 9 L 122/1951, se non per la fissazione di un termine, peraltro ordinatorio, per la rideterminazione dei collegi delle circoscrizioni elettorali.

 

Il secondo periodo del comma 1 prevede che la riduzione del numero dei consiglieri provinciali disposta dall’articolo 1 è efficace anche in caso di mancata ridefinizione della tabella.

 

Il sistema di elezione degli organi delle province dei territoridelle regioni a statuto ordinario è disciplinato principalmente dal Testo unico sull’ordinamento degli enti locali (D.Lgs 18 agosto 2000, n. 267, artt. 74 e ss.) e dalla legge 8 marzo 1951, n. 122, recante norme per la elezione dei consigli provinciali.

Il presidente della provincia e il consiglio provinciale sono eletti contestualmente con sistema misto a doppio turno in base a liste formate da gruppi di candidati nei collegi uninominali.

Analogamente a quello per la elezione dei sindaci, questa elezione collega un sistema proporzionale (quello per la elezione del consiglio) con l’elezione diretta dei presidenti di provincia. Alle liste collegate al candidato presidente vincente viene attribuito (se necessario) un premio di maggioranza che garantisce a tali liste di raggiungere comunque il 60 % dei seggi del consiglio. L’attribuzione del premio di maggioranza corregge pertanto l’attribuzione proporzionale dei seggi nel consiglio.

Peculiarità dei sistema per l’elezione del consiglio provinciale è quella di svolgersi formalmente nell’ambito di collegi uninominali. Come già ricordato, ai sensi dell’articolo 9 della legge 122/1951 il territorio della provincia è diviso in tanti collegi uninominali quanti sono i seggi assegnati alla provincia in ragione della popolazione residente; a nessun comune, però, possono essere assegnati più della metà dei collegi spettanti.

Le candidature al consiglio si presentano nell’ambito dei collegi uninominali. Tuttavia, i seggi sono attribuiti proporzionalmente in ambito provinciale con il metodo dei divisori d’Hondt, sulla base dei voti ottenuti nell’intero territorio provinciale dai gruppi di candidati uninominali tra loro collegati. Per candidarsi in un collegio è infatti necessario collegarsi con altri candidati presentati con lo stesso contrassegno in almeno un terzo dei collegi della provincia.

La base per il calcolo proporzionale è pertanto rappresentata dalla somma dei voti ottenuti da tutti i candidati appartenenti al gruppo di candidati collegati nell’intera provincia. Stabilito il numero di seggi spettanti a ciascun gruppo di candidati, sono proclamati eletti nell’ambito di ciascun gruppo i candidati che hanno ottenuto le migliori percentuali di voto nei loro collegi.

 

La disposizione del secondo periodo introduce dunque una deroga a quanto previsto dal già richiamato art. 9, primo comma, L 122/1951, che dispone una necessaria corrispondenza tra numero dei consiglieri e numero dei collegi.

In caso di mancata ridefinizione della tabella, si determinerebbe dunque una situazione in cui il numero dei collegi elettorali sarebbe superiore al numero dei consiglieri provinciali da eleggere.

Tale situazione non impedirebbe tuttavia il normale espletamento delle operazioni elettorali relative alla assegnazione dei seggi, in quanto l’elezione si svolge solo formalmente in collegi uninominali, nell’ambito dei quali si presentano le candidature, ma i seggi sono attribuiti in modo proporzionale sulla base della somma dei voti ottenuti in tutti i collegi nell’intero territorio provinciale.

 

Bisogna peraltro considerare che l’art. 14, commi primo e secondo, della legge 122/1951 prevede che ciascun gruppo distinto da un unico contrassegno – in sostanza ciascun partito politico - deve presentare un numero di candidati non superiore al numero dei consiglieri assegnati alla Provincia (e non inferiore ad un terzo).

 

In caso di mancata ridefinizione della tabella delle circoscrizioni dei collegi, ai sensi dell’ art. 14 della legge 122/1951, i partiti politici non potrebbero presentare candidature in tutti i collegi, ma solo in un numero di collegi corrispondente al numero dei consiglieri da eleggere. In sostanza, i partiti non potrebbero presentare propri candidati in circa il 20 per cento dei collegi. Conseguentemente, potrebbe accadere che in alcuni collegi gli elettori non vedano presentate candidature da parte di partiti da cui ritengano essere rappresentati, effetto questo valutabile sotto il profilo dell’esercizio del diritto di voto.

 

Per quanto riguarda l’utilizzo della decretazione di urgenza in materia elettorale si ricorda che l’articolo 15, comma 2, lett. b), della L. 400/1988 stabilisce che il Governo non può mediante decreto-legge provvedere nelle materie indicate nell’art. 72, quarto comma, della Costituzione. Fra queste ultime è compresa la materia elettorale. Si sono peraltro registrati diversi precedenti di interventi in materia elettorale con tale strumento normativo; tali interventi, hanno avuto ad oggetto prevalentemente aspetti del procedimento elettorale e non la disciplina del sistema elettorale in senso sostanziale.

Tra i più recenti si ricordano:

§          D.L. 1° febbraio 2005, n. 8 (conv. L. 40/ 2005), Disposizioni urgenti per lo svolgimento delle elezioni amministrative del 2005;

§          D.L. 3 gennaio 2006, n. 1 (conv. L. 22/2006), Disposizioni urgenti per l'esercizio domiciliare del voto per taluni elettori, per la rilevazione informatizzata dello scrutinio e per l'ammissione ai seggi di osservatori OSCE, in occasione delle prossime elezioni politiche;

§          D.L. 8 marzo 2006, n. 75 (conv. L. 72/2006), Modificazioni alla composizione grafica delle schede per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

§          D.L. 15 febbraio 2008, n. 24 (conv. L. 30/ 2008), Disposizioni urgenti per lo svolgimento delle elezioni politiche ed amministrative nell’anno 2008;

§          D.L. 1° aprile 2008, n. 49 (conv. L. 96/2008), Misure urgenti volte ad assicurare la segretezza della espressione del voto nelle consultazioni elettorali e referendarie;

§          D.L. 27 gennaio 2009, n. 3 (conv. L. 26/2009), Disposizioni urgenti per lo svolgimento nell'anno 2009 delle consultazioni elettorali e referendarie;

§          D.L. 28 aprile 2009, n. 39 (conv. L. 24 giugno 2009, n. 77), Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella Regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione civile;

§          D.L 18 settembre 2009, n. 131 (conv. L. 271/2009), Ulteriore rinvio delle consultazioni elettorali amministrative nella provincia di L’Aquila.

 

Profili finanziari

 

La relazione tecnica non formula valutazioni di carattere finanziario con riferimento alla norma in esame.

 

Nulla da osservare al riguardo, nel presupposto che gli eventuali oneri aggiuntivi, inerenti l’operazione di ridefinizione della tabella delle circoscrizioni dei collegi provinciali, trovino piena capienza nell’ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio.

 

 

 

 

 


 

Art. 3
(Interventi urgenti sul contenimento delle spese nelle regioni)

1. Ai fini del coordinamento della finanza pubblica e per il contenimento della spesa pubblica ciascuna regione, a decorrere dal primo rinnovo del consiglio regionale successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto, definisce l'importo degli emolumenti e delle utilita', comunque denominati, ivi compresi l'indennita' di funzione, l'indennita' di carica, la diaria, il rimborso spese, a qualunque titolo percepiti dai consiglieri regionali in virtu' del loro mandato, in modo tale che non eccedano complessivamente, in alcun caso, l'indennita' spettante ai membri del Parlamento.

 

 

L’articolo 3 prevede che le regioni determinino l’importo degli emolumenti e delle altre utilità percepite dai consiglieri regionali in modo tale che non eccedano l’indennità parlamentare.

 

In particolare, la disposizione prevede che ciascuna regione definisce l’importo degli emolumenti e delle utilità, comunque denominati, percepiti dai consiglieri regionali, ivi compresi l’indennità di funzione, l’indennità di carica, la diaria ed il rimborso spese, in modo tale che non ecceda complessivamente e in alcun caso l’indennità spettante ai membri del Parlamento.

 

In proposito, si ricorda che la legge 10 febbraio 1953, n. 62[4] demanda la fissazione delle indennità spettanti ai titolari delle cariche politiche della Regione alle leggi regionali e ai rispettivi statuti.

Nel vigente quadro normativo, gli statuti regionali riconoscono ai consiglieri la corresponsione di indennità di carica e di funzione (o indennità senza alcuna specificazione), il rimborso delle spese sostenute per l’espletamento del mandato, le indennità differite (al termine del mandato) e l’assegno vitalizio. Ciascuna regione disciplina questi oggetti con proprie leggi e, in taluni casi, con regolamenti interni del Consiglio regionale o deliberazioni di altra natura. In alcuni casi la legge regionale fissa il principio e demanda la puntuale determinazione di indennità e rimborsi a successive a deliberazioni dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale.

La composizione del trattamento economico che compete ai consiglieri può essere così schematizzato:

§       indennità di carica e di funzione;

Nella maggior parte delle regioni l’indennità riconosciuta ai consiglieri regionali è costituita da due voci: una, chiamata «indennità di carica»[5], è corrisposta in misura uguale a tutti i consiglieri; l’altra, indicata come «indennità di funzione» si aggiunge alla prima ed è attribuita ai consiglieri che ricoprono talune cariche nel Consiglio o nella Giunta regionali. La legge della regione determina le cariche cui essa spetta e la misura della indennità per ognuna di esse[6].

§       diaria per rimborso spese determinate in misura forfettaria;

§       rimborso di spese commisurate a servizi (autostrada, taxi…);

§       trattamento di missione;

§       indennità di fine mandato;

§       assegno vitalizio;

§       assicurazione contro infortuni e invalidità.

 

A tale riguardo, si ricorda che il trattamento economico dei deputati e dei senatori consta principalmente di una indennità e di una diaria[7].

L’indennità parlamentare è prevista dalla Costituzione (art. 69) ed è disciplinata dalla legge n. 1261 del 1965[8]. Essa è fissata nella misura massima dalla legge: non può superare il trattamento complessivo massimo annuo lordo dei magistrati con funzioni di Presidente di Sezione della Corte di Cassazione ed equiparate (art. 1, secondo comma). L’art. 1, co. 52, della L. 266/2005[9] (legge finanziaria per il 2006) ha peraltro ridotto del 10 per cento l’ammontare massimo delle indennità mensili spettanti ai componenti della Camera e del Senato.

Spetta agli Uffici di Presidenza dei due rami del Parlamento determinare in concreto, entro il citato limite massimo, l’ammontare delle dodici quote mensili da corrispondere a titolo di indennità.

Per i membri della Camera dei deputati[10], l’importo mensile è attualmente pari a 5.486,58 euro, al netto delle ritenute previdenziali (784,14 euro) e assistenziali (526,66 euro) della quota contributiva per l’assegno vitalizio (1.006,51 euro) e della ritenuta fiscale (3.899,75 euro). Oltre all’indennità, i deputati percepiscono una diaria (anch’essa prevista dalla legge 1261/1965) a titolo di rimborso delle spese di soggiorno (pari a 4.003,11 euro mensili, ridotta di 206,58 euro per ogni giorno di assenza dalle sedute dell'Assemblea con votazioni), un rimborso forfetario mensile per le spese inerenti al rapporto tra eletto ed elettori (4.190 euro, erogati tramite il gruppo parlamentare), un rimborso trimestrale per le spese di trasporto e di viaggio (di importo compreso tra 3.323,70 e 3.995,10 euro), nonché una somma annua per le spese telefoniche (3.098,74 euro).

Per i senatori, l’importo mensile è oggi pari a 5.613,59 euro al netto della ritenuta fiscale (€ 4.015,18), nonché delle quote contributive per l'assegno vitalizio, per l'assegno di solidarietà e per l'assistenza sanitaria. Nel caso in cui il Senatore versi anche la quota aggiuntiva per la reversibilità dell'assegno vitalizio, l'importo netto dell'indennità scende a 5.355,46 euro. Oltre all’indennità, i senatori percepiscono una diaria mensile a titolo di rimborso delle spese di soggiorno a Roma (4.003,11 euro, ridotta di 258,23 euro per ogni giorno di assenza dalle sedute dell'Assemblea con votazioni qualificate e verifiche del numero legale), un contributo mensile a titolo di rimborso forfettario per le spese connesse con lo svolgimento del mandato parlamentare (4.678,36 euro, per il 35% erogato direttamente al senatore e per il 65% erogato al gruppo parlamentare), un rimborso forfetario annuo per spese di trasporto e di viaggio (di importo compreso tra 7.689,68 e 15.379,37 euro), una somma annua  per le spese telefoniche.(4.150 euro).

 

L’articolo in esame:

§          non specifica se il limite debba riferirsi all’indennità spettante ai deputati o a quella spettante ai senatori, le quali hanno un importo diverso;

§          non specifica se il limite riguarda l’indennità parlamentare lorda;

§          non chiarisce se una modifica dell’importo dell’indennità parlamentare abbia conseguenze immediate sul limite massimo agli emolumenti dei consiglieri regionali (o se invece questo non risulti ancorato per tutta la legislatura all’indennità vigente al momento del rinnovo del consiglio).

 

La disposizione è finalizzata al coordinamento della finanza pubblica ed al contenimento della spesa pubblica .

 

Le regioni provvedono a decorrere dal primo rinnovo del consiglio regionale successivo alla data di entrata in vigore del decreto legge.

 

Si ricorda che il 28 e il 29 marzo 2010 avrà luogo lo svolgimento delle elezioni in tutte le regioni a statuto ordinario, con l’eccezione dell’Abruzzo e del Molise.

 

In base alla formulazione della disposizione, fino alla definizione del nuovo importo degli emolumenti dei consiglieri regionali, le regioni potrebbero dunque continuare ad applicare la disciplina regionale attualmente vigente. Inoltre, il riferimento al rinnovo dei consigli ai fini della ridefinizione può comportare la coesistenza di regimi significativamente differenti in materia.

 

In materia di indennità dei consiglieri regionali, si ricorda che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 157 del 2007, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di una disposizione della legge finanziaria 2006 che prevedeva la riduzione del 10 per cento delle indennità spettanti ai titolari degli organi politici regionali (L. 266/2005, art. 1, co. 54).

Secondo la Corte, «la legge 10 febbraio 1953, n. 62 (Costituzione e funzionamento degli organi regionali) demanda la fissazione delle indennità spettanti ai titolari delle cariche politiche della Regione alle leggi regionali e ai rispettivi statuti [...]. Il censurato comma 54, nel fissare la riduzione delle indennità corrisposte ai titolari degli organi politici regionali “nella misura del 10 per cento rispetto all'ammontare risultante alla data del 30 settembre 2005»”, pone un precetto specifico e puntuale, comprimendo l'autonomia finanziaria regionale ed eccedendo dall'ambito dei poteri statali in materia di coordinamento della finanza pubblica (sentenza n. 417 del 2005). La legge statale può prescrivere criteri e obiettivi (ad esempio, il contenimento della spesa pubblica), non imporre alle Regioni minutamente gli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli obiettivi. Ciò si risolve «in un'indebita invasione dell'area riservata dall'art. 119 Cost. alle autonomie regionali» (si vedano, tra le molte, le sentenze n. 88 del 2006 e n. 449 del 2005)”.

 

Nella sentenza della n. 159 del 2008, la Corte ha scrutinato alcune disposizioni della legge finanziaria 2007, volte al contenimento della spesa degli organismi politici e degli apparati amministrativi degli enti territoriali.

Dopo aver ribadito il proprio orientamento secondo cui le disposizioni statali possono solo prevedere «criteri ed obiettivi cui dovranno attenersi le Regioni e gli enti locali nell'esercizio della propria autonomia finanziaria, senza invece imporre loro precetti specifici e puntuali (fra le molte, si vedano le sentenze n. 95 del 2007, n. 449 del 2005 e n. 390 del 2004).», la Corte ha ritenuto infondate le questioni di legittimità costituzionale riferite ad una disposizione che prevedeva l’adozione da parte delle regioni, entro sei mesi, di disposizioni, normative o amministrative, finalizzate ad assicurare la riduzione degli oneri degli organismi politici e degli apparati amministrativi, con particolare riferimento alla diminuzione dell'ammontare dei compensi e delle indennità dei componenti degli organi rappresentativi e del numero di questi ultimi, alla soppressione degli enti inutili, alla fusione delle società partecipate e al ridimensionamento delle strutture organizzative, con un miglioramento dei saldi dei bilanci regionali del 10 per cento rispetto all’anno precedente (L. 296/2006, art. 1, commi 721-723). L'intervento legislativo statale riferito alle Regioni, riconducibile all'esercizio della competenza a dettare princípi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica, può infatti comportare una, per quanto parziale, compressione degli spazi entro cui possono esercitarsi le competenze legislative ed amministrative di Regioni e Province autonome (specie in tema di organizzazione amministrativa o di disciplina del personale), nonché della stessa autonomia di spesa loro spettante.

Nella medesima sentenza, la Corte ha invece dichiarato l’illegittimità costituzionale di una norma (L. 296/2006, art. 1, comma 730), ritenuta specifica e di dettaglio, che estendeva alle regioni alcune disposizioni relative alla fissazione dei compensi e degli emolumenti del presidente e dei consiglieri di amministrazione delle società a partecipazione pubblica ed al numero dei consiglieri di amministrazione delle predette società.

 

Il comma 3 dovrebbe essere valutato alla luce della richiamata giurisprudenza costituzionale sull’autonomia finanziaria delle regioni.

 

Si ricorda altresì che l’art. 123 della Costituzione prevede che ciascuna regione ha uno statuto che, in armonia con la Costituzione, ne determina la forma di governo e princìpi fondamentali di organizzazione e funzionamento e gli statuti delle regioni ad autonomia ordinaria rimettono alla legge regionale la determinazione delle indennità spettanti ai consiglieri regionali.[11]

 

Per ciò che attiene alle regioni a statuto speciale, gli statuti del Friuli Venezia, della Sardegna e della Val d’Aosta, approvati con legge costituzionale, rimettono  alla legge regionale le indennità dei consiglieri regionali.[12]

 

Si ricorda infine che una disposizione di contenuto analogo a quella del comma in esame era contenuta in un emendamento del Governo al disegno di legge finanziaria 2010 ed era stata dichiarata inammissibile della Presidenza della V Commissione Bilancio (seduta del 3 dicembre 2009). Si tratta, in particolare, del comma 62 delle nuova formulazione dell’emendamento 2.1375 del Governo (il comma 62 si differenziava dal comma in esame unicamente perché prevedeva tra gli emolumenti sottoposti al limite massimo anche l’indennità di fine mandato e l’assegno vitalizio).

La Presidenza aveva confermato il giudizio espresso con riferimento ad una precedente formulazione dell’emendamento (seduta del 1° dicembre); con riferimento a tale formulazione la Presidenza aveva rilevato che la misura volta a ridurre gli emolumenti percepiti dai consiglieri regionali, che appariva di immediata applicazione, presentava profili di incostituzionalità (comma 95 dell’emendamento 2.1375, che prevedeva il limite massimo senza rimettere la determinazione dell’importo alle regioni a decorrere dal primo rinnovo)[13].


 

Profili finanziari

 

La relazione tecnica evidenzia che l’articolo in esame assicura una riduzione della spesa pubblica. Non vengono peraltro fornite in merito stime quantitative e non vengono conseguentemente iscritti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

Al riguardo si osserva che la valutazione della relazione tecnica non sembra, in linea di massima, coerente con la vigente disciplina del patto di stabilità interno. Tale disciplina, attualmente prevista fino al 2012, prevede, con riferimento alle regioni ordinarie, vincoli sulle spese finali[14] che restano invariati anche a seguito della norma in esame. Pertanto, ai risparmi conseguiti dalle regioni in conseguenza della riduzione della spesa per emolumenti in favore dei consiglieri comunali, potrebbero corrispondere equivalenti incrementi di altre voci di spesa.

Sul punto appare necessario acquisire l’avviso del Governo.

 

 

 

 


Art. 4
(Disposizioni per la funzionalità degli enti locali)

1. Ai fini dell'approvazione del bilancio di previsione degli  enti locali e della verifica della salvaguardia degli equilibri di bilancio sono confermate, per l'anno 2010, le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 1-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2004, n. 314, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° marzo 2005, n. 26.

2. Per l'anno 2010 i trasferimenti erariali in favore di ogni singolo ente sono determinati in base alle disposizioni recate dall'articolo 2-quater, comma 2, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre  2008, n. 189, ed alle modifiche delle dotazioni dei fondi successivamente intervenute.

3. Sono prorogate per l'anno 2010 le disposizioni in materia di compartecipazione provinciale al gettito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche di cui all'articolo 31, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, confermate per l'anno 2009 dall'articolo 2-quater, comma 3, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2008, n. 189.

4. All'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, dopo il comma 23 e' inserito il seguente:

«23-bis. Per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012, a valere sul fondo ordinario di cui all'articolo 34, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, il Ministero dell'interno attribuisce, in favore di province e comuni, fino all'importo di 30 milioni di euro annui, contributi per incentivare l'utilizzo dell'avanzo di amministrazione per l'estinzione anticipata di mutui e prestiti obbligazionari. I contributi sono corrisposti, ai comuni e alle province che ne fanno richiesta, per fare fronte agli indennizzi correlati strettamente alle estinzioni anticipate effettuate negli anni 2010, 2011, 2012 e sulla base di una certificazione le cui modalità sono stabilite con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. I contributi sono attribuiti fino alla concorrenza del complessivo importo di 90 milioni di euro per il triennio 2010-2012.».

5. Il decreto del Ministro dell'interno di cui all'articolo 23-bis della legge 23 dicembre 2009, n. 191, come inserito dal comma 4, e' adottato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

6. All'articolo 2, comma 194, primo periodo, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, le parole: «in favore del comune di Roma» sono soppresse.

7. All'articolo 2, comma 195, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) le parole: «comune di Roma, anche attraverso quote dei fondi di cui al comma 189» sono sostituite dalle seguenti: «comune di Roma e al Commissario straordinario del Governo di cui all'articolo 78 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, attraverso quote dei fondi di cui al comma 189 ovvero attraverso i proventi realizzati con i trasferimenti dei predetti beni nei suddetti limiti»;

b) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «di cui un sesto al comune di Roma e cinque sesti al Commissario straordinario del Governo».

8. All'articolo 2, comma 196, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo periodo le parole: «comune di Roma» sono sostituite dalle seguenti: «Commissario straordinario del Governo»;

b) al primo periodo le parole: «concorrenza dell'importo» sono sostituite dalle seguenti: «concorrenza dei cinque sesti dell'importo» e le parole: «, quanto a 500 milioni di euro,» sono soppresse;

c) al secondo periodo, dopo le parole: «Ministero dell'economia e delle finanze e il» le parole: «comune di Roma» sono sostituite dalle seguenti: «Commissario straordinario del Governo»;

d) al secondo periodo le parole da: «subordinatamente» a:  «comma 190» sono sostituite dalle seguenti: «subordinatamente al conferimento o al trasferimento degli immobili di cui al comma 190»;

e) al secondo periodo, dopo le parole: «il 31 dicembre 2010» sono aggiunte le seguenti: «, anche tramite il ricavato della vendita delle quote dei fondi immobiliari di cui al comma 190 spettanti al Commissario straordinario del Governo».

9. Ai fini dell'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui all'articolo 2, comma 41, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, come modificato dall'articolo 27, comma 14, della legge 23 luglio 2009, n. 99, sono approvati gli interventi per lo sviluppo delle isole minori e le relative quantificazioni finanziarie indicati nel Documento unico di programmazione isole minori (DUPIM) e relativa tabella di riparto delle risorse, approvato in data 17 dicembre 2008 dal Comitato direttivo dell'Associazione nazionale comuni isole minori (ANCIM) e trasmesso in data 23 dicembre 2008 al Ministro per i rapporti con le regioni, ai sensi della previgente disciplina, con riferimento all'anno 2008 e nei limiti della relativa dotazione finanziaria prevista dal Fondo di sviluppo delle isole minori.

 

 

Comma 1 - Scioglimento dei consigli comunali nei casi di mancata approvazione del bilancio

Il comma 1 conferma per l’anno 2010 le disposizioni previste dall'articolo 1, comma 1-bis, del decreto-legge n. 314 del 2004 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26/2005), concernenti l’ipotesi di scioglimento dei consigli comunali per mancata approvazione del bilancio nei termini previsti e l’attribuzione al prefetto dei relativi poteri, ai fini dell’approvazione del bilancio di previsione degli enti locali e della verifica della salvaguardia degli equilibri di bilancio.

La disposizione di cui al D.L. n. 314/2004 richiama, in sostanza, l’applicazione delle norme recate dall’articolo 1 del D.L. 22 febbraio 2002, n. 13 (legge n. 75/2002)[15] per l’anno 2002 e poi via via prorogate per gli anni successivi, concernenti la procedura per lo scioglimento dei consigli comunali nei casi di mancata approvazione del bilancio di previsione nei termini stabiliti, ovvero, come disposto nei provvedimenti di proroga successivi, nei casi in cui il consiglio non abbia adottato le necessarie misure per riportare in equilibrio il bilancio.

In tali casi, l’articolo 1 del D.L. n. 13/2002 attribuisce al prefetto i poteri, prima spettanti al Comitato regionale di controllo, relativi alla nomina del commissario ad acta incaricato di predisporre lo schema del bilancio ovvero di provvedere all’approvazione del bilancio stesso.

 

Lo scioglimento dei consigli comunali per mancata approvazione del bilancio di previsione è previsto dall’articolo 141, comma 1, lettera c), del Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al D.Lgs. n. 267 del 2000.

In tale specifica ipotesi, l’art. 141 del TUEL prevede che trascorso il termine entro il quale il bilancio deve essere approvato senza che sia stato predisposto dalla Giunta il relativo schema, l’organo regionale di controllo (CO.RE.CO.) nomina un commissario affinché predisponga lo schema d’ufficio per sottoporlo al consiglio. In tal caso, e comunque quando il consiglio non abbia approvato nei termini di legge lo schema di bilancio predisposto dalla giunta, l’organo regionale di controllo assegna al Consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non superiore a venti giorni per la sua approvazione, decorso il quale si sostituisce, mediante apposito commissario, all’amministrazione inadempiente. Del provvedimento sostitutivo è data comunicazione al prefetto, che inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio.

La norma prevista dal D.L. n. 13/2002, che assegna al prefetto la nomina del commissario ad acta, è stata introdotta a seguito dell’abrogazione dell’articolo 130 della Costituzione che individuava nel CO.RE.CO. l’organo cui era affidato il controllo di legittimità sugli atti degli enti locali, abrogazione disposta dall’art. 9, comma 2, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, recante modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione. In assenza di una disposizione transitoria, era sorto il problema di quale organo fosse legittimato a nominare i commissari ad acta che devono redigere o approvare un documento contabile essenziale per regolare la vita amministrativa dell’ente, anche nella fase intermedia tra scioglimento e rinnovo elettorale delle assemblee. Con l’articolo 1 del D.L. n. 13/2002 è stata quindiintrodotta una disciplina di carattere transitorio, diretta a colmare il vuoto normativodeterminatosi con l’abrogazione della norma costituzionale.

Le norme del D.L. n. 13/2002, dettate per l’anno 2002, sono state richiamate da successivi provvedimenti legislativi, ed applicate anche negli anni successivi, da ultimo, per l’anno 2009, si veda l’articolo 2-quater, comma 1, del D.L. n. 154/2008 (legge n. 189/2008).

 

La procedura richiamata dal comma in esame, di cui al D.L. n. 13/2002, prevede che, trascorso il termine entro il quale il bilancio deve essere approvato:

a)      nell’ipotesi di mancata predisposizione dello schema del bilancio da parte della Giunta, il prefetto nominerà un commissario per la predisposizione dell’atto d’ufficio e, successivamente, assegnerà al Consiglio un termine di venti giorni per l’adozione della relativa deliberazione;

b)      nell’ipotesi in cui lo schema di bilancio risulti già predisposto dalla Giunta, il prefetto dovrà assegnare al Consiglio, con atto notificato ai singoli consiglieri, un termine non superiore a venti giorni per l’adozione della relativa deliberazione.

Decorso inutilmente il termine assegnato al Consiglio per l’approvazione del bilancio, il prefetto si sostituisce, mediante apposito commissario, all’amministrazione inadempiente e inizia la procedura per lo scioglimento del Consiglio.

Va evidenziato in proposito che il comma 3 dell’art. 1 del D.L. n. 13/2002 afferma il principio per cui spetta agli statuti degli enti locali disciplinare le modalità di nomina del commissario per la predisposizione dello schema e per l’approvazione del bilancio. L’attribuzione al prefetto dei poteri di nomina del commissario, pertanto, si applica soltanto nel caso in cui lo statuto comunale non detti una disciplina diversa.

In ogni caso, il termine entro il quale deve avere luogo l’approvazione del bilancio nel caso di ricorso alla nomina di un commissario è fissato in 50 giorni dalla scadenza di quello prescritto.

 

L’applicazione della procedura sopra illustrata si applica anche all’ipotesi di scioglimento per mancata adozione, da parte degli enti locali, dei provvedimenti di riequilibrio previsti dall’articolo 193 del D.Lgs. n. 267/2000.

 

Ai sensi dell’articolo 193 del Testo unico, gli enti locali sono tenuti, durante la gestione, al rispetto del pareggio finanziario e di tutti gli equilibri stabiliti in bilancio sia per la copertura delle spese correnti che per il finanziamento degli investimenti, secondo le norme contabili recate dal Testo unico. Con periodicità stabilita dal regolamento di contabilità dell’ente locale, e comunque almeno una volta entro il 30 settembre di ciascun anno, l’organo consiliare deve provvedere, con propria delibera, ad effettuare la ricognizione sullo stato di attuazione dei programmi. In tale sede l’organo consiliare dà atto del permanere degli equilibri generali di bilancio o, in caso di accertamento negativo, adotta contestualmente i provvedimenti necessari per il ripiano degli eventuali debiti fuori bilancio (di cui all’articolo 194), e per il ripiano dell’eventuale disavanzo di amministrazione risultante dal rendiconto approvato.

Qualora i dati della gestione finanziaria facciano prevedere un disavanzo, di amministrazione o di gestione, il Consiglio adotta le misure necessarie a ripristinare il pareggio.

 

La mancata adozione, da parte dell’ente, dei suddetti provvedimenti di riequilibrio è equiparata ad ogni effetto alla mancata approvazione del bilancio di previsione di cui all’articolo 141 del Testo unico, e dà luogo alla procedura di scioglimento del Consiglio prevista in tale ipotesi.

 

Comma 2 - Determinazione dei trasferimenti erariali agli enti locali per l’anno 2010

Il comma 2 provvede alla determinazione dei trasferimenti erariali spettanti agli enti locali per l’anno 2010[16], sulla base dei criteri già adottati per lo scorso anno dall’articolo 2-quater, comma 2, del D.L. n. 154/2008, che, di fatto, richiamandosi a quanto disposto dalle precedenti leggi finanziarie, consolidano, nel contributo ordinario spettante agli enti locali per l’anno 2010, i contributi erariali attribuiti agli enti locali fino all’anno 2002.

La norma fa inoltre salve le modifiche alle dotazioni finanziarie dei fondi che siano state disposte con norme approvate successivamente al D.L. n. 154/2008.

 

Il richiamo alla normativa precedente permette di confermare, anche per l’anno 2010, i criteri per il riparto dei contributi che, a partire dal 2005, si sono resi disponibili a legislazione vigente per il venir meno della riduzione disposta dall’art. 24, co. 9, della legge n. 448/2001[17] (circa 340 milioni). La ripartizione è mantenuta, anche nel 2010, nella seguente misura:

-        20 milioni alle unioni di comuni che abbiano effettivamente attivato l’esercizio associato dei servizi (ai sensi dell’art. 3, co. 27, legge n. 350/2003);

-        180 milioni sul Fondo ordinario, quale incremento in base al tasso di inflazione programmato (ex art. 3, co. 35, secondo periodo, legge n. 350/2003). Tali risorse sono ripartite, per il 50% alla generalità dei comuni e per il restante 50% ai comuni “sottodotati”, individuati ai sensi dell’art. 9, co. 3, del D.Lgs. n. 244/1997;

-       5 milioni per le comunità montane[18] e di 5 milioni per le province (ai sensi dell’art. 3, co. 141, legge n. 350/2003);

-        50 milioni per il finanziamento degli investimenti dei comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti (art. 3, co. 36, legge n. 350). Tali risorse vengono iscritte sul Fondo nazionale ordinario per gli investimenti;

-       80 milioni di euro in favore dei comuni c.d. “sottodotati”, di cui all'art. 9, comma 3, del D.Lgs. n. 244/1997. Si tratta dei comuni le cui risorse risultano al di sotto della media pro-capite della fascia demografica di appartenenza, in misura proporzionale allo scarto rispetto alla media stessa[19].

 

Per la determinazione dei fondi erariali agli enti locali per l’anno 2010, la norma in esame conferma inoltre le disposizioni legislative intervenute successivamente al D.L. n. 154/2008, che hanno determinato modifiche alla dotazione finanziaria dei fondi medesimi.

A tale riguardo, va considerato che la legge finanziaria per il 2010 (legge n. 191/2009) ha previsto alcune riduzioni nella dotazione dei fondi per gli enti locali, in particolare del Fondo ordinario per il finanziamento dei bilanci degli enti locali per complessivi 68 milioni nel 2010 (cap. 1316/Interno). In particolare:

§      riduzione di 10 milioni di euro negli anni 2010, 2011 e 2012 del contributoin favore dei piccoli comuni con parametri critici di carattere demograficoe delle comunità montane, disposto ai sensi dall’articolo 1, comma 703, della legge n. 296/2006 (articolo 2, comma 23);

§      riduzione dei trasferimenti erariali di complessivi 13 milioni per il 2010, 91 milioni per il 2011 e 125 milioni per il 2012 (di cui, rispettivamente, 1, 5 e 7 milioni per le province e 12, 86 e 118 milioni per i comuni), in relazione alle misure di contenimento delle spese degli enti locali disposte dalla stessa legge finanziaria, quali la riduzione del numero dei consiglieri provinciali e comunali, la soppressione della figura del difensore civico, la soppressione delle circoscrizioni comunali, la semplificazione delle giunte comunali, la soppressione della figura del direttore generale (articolo 2, commi 183-186, come novellati dall’articolo 1 del D.L. n. 2/2010 in esame, al cui commento si rinvia);

§      cessazione del concorso ordinario dello Stato al finanziamento delle comunità montane (articolo 2, comma 187), quantificato nell’ordine di circa 50 milioni di euro. In attesa dell’attuazione della legge n. 42/2009 sul federalismo fiscale, la norma prevede peraltro l’assegnazione del 30% del contributo soppresso (circa 15 milioni di euro) in favore dei comuni montani;

§      riduzione di 10 milioni dei contributi erariali in favore dei comuni confinanti con le regioni a statuto speciale, in conseguenza della revisione dell’ordinamento finanziario delle province autonome di Trento e Bolzano e della regione Trentino Alto Adige (articolo 2, commi 96-115).

 

Variazioni in aumento dell’entità dei fondi per gli enti locali per l’anno 2010 sono, invece, state disposte dall’articolo 2, comma 127, della legge finanziaria 2010, che ha autorizzato l’integrazione dello stanziamento finalizzato al rimborso ai comuni delle minori entrate derivanti dall’ICI, a seguito della soppressione dell’imposta per l’unità immobiliare adibita ad abitazioneprincipale, disposta a decorrere dal 2008 ai sensi del D.L. n. 93/2008, nell’importo di 156 milioni di euro per il 2008 e di 760 milioni di euro a decorrere dal 2009. I maggiori trasferimenti, nel loro importo complessivo (1.676 milioni) sono iscritti sull’apposito Fondo per l’anno 2010 (cap. 1321/Interno).

 

Va evidenziato che tali modifichedelle dotazioni dei fondi determinate dalla legge finanziaria per il 2010 sono già considerate nella predisposizione del bilancio dello Stato per il 2010 (legge n. 192/2009 e relativo D.M. 30 dicembre 2009 di riparto in capitoli), che riporta, nell’ambito della Missione 2 “Relazioni finanziarie con le autonomie territoriali” del Ministero dell’interno, Programma 2.3 “Trasferimenti a carattere generale ad Enti locali”, gli stanziamenti relativi ai principali contributi per gli enti locali per il 2010.

 

Rispetto a quanto indicato nel bilancio dello Stato, il comma in esame non determina alcuna variazione nell’entità complessiva dei fondi erariali per gli enti locali per l’anno 2010, in quanto, come detto, si limita a confermare il quadro normativo a legislazione vigente, delineato dalle disposizioni introdotte dal D.L. n. 154/2008 nonché dalle successive disposizioni che hanno comportato variazioni della dotazione dei fondi medesimi.

Per effetto di tali disposizioni, pertanto, le specifiche allocazioni da esse previste – come prima illustrate – operano anche rispetto al quadro dei Fondi e dei finanziamenti per gli enti locali riportati nel bilancio di previsione 2010, che di seguito si riportano.

 

Nel bilancio per il 2010, i principali Fondi di parte corrente e in conto capitale destinati al finanziamento degli enti locali sono quantificati come indicato nella tavola seguente:

 

(milioni di euro)

 

 

2008

2009

2010

 

U.P.B. 2.3.2 parte corrente

Bilancio

Bilancio

Assestam

Bilancio

1316

Fondo ordinario

4.659

6.911

8.005

7.035

1317

Fondo perequativo

998

998

953

998

1318

Fondo consolidato

2.480

2.450

2.382

2.480

1319

Fondo federalismo amministrativo

224

295

299

357

1320

Compartecipazione all’IRPEF

1.263

1.046

1.458

1.116

1321

Trasferimenti compensativi minori introiti ICI

904

2.604

2.604

4.280

1322

Trasferimenti compensativi minori introiti a titolo di addizionale comunale

1

25

27

37

 

TOTALE

10.529

14.329

15.728

16.603

 

U.P.B. 2.3.6 - conto capitale

 

 

 

 

7232

Fondo sviluppo investimenti comuni e province

2.493

863

899

864

7233

Fondo sviluppo investimenti comunità montane

15

15

15

15

7236

Fondo nazionale ordinario investimenti

72

72

122

-

7237

Fondo per il federalismo amministrativo

676

676

676

617

 

TOTALE

3.256

1.626

1.712

1.496

 

Comma 3 - Proroga al 2010 della compartecipazione provinciale al gettito IRPEF

Il comma 3 conferma, per l’anno 2010, la compartecipazione delle province al gettito dell’IRPEF, disciplinata ai sensi dell’articolo 31, comma 8, della legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289/2002).

 

La compartecipazione, istituita a decorrere dall’anno 2003 dalla legge n. 289/2002, è stata via via confermata negli anni successivi, da ultimo, per il 2009, dall’articolo 2-quater, comma 3, del D.L. n. 154/2008 (legge n. 189/2008).

Va segnalato che il comma 8 dell’articolo 31 della legge n. 289/2002 richiamato dal comma in esame si riferisce alla compartecipazione al gettito dell’IRPEF sia delle province che dei comuni, che fino al 2006 sono state disciplinate secondo analoghe modalità[20]. La legge finanziaria per il 2007 (art. 1, comma 697, legge n. 296/2006) ha confermato per le sole province la compartecipazione all’IRPEF come disciplinata dall’articolo 31, comma 8, della legge n. 289/2002, recando invece per i comuni l’istituzione di una nuova forma di compartecipazione all’IRPEF (c.d. dinamica) a partire dall’anno 2007, legata all’andamento del gettito IRPEF (art. 1, commi 189-193, della legge n. 296/2006).

 

La disciplina dettata dall’articolo 31, comma 8, della legge n. 289/2002, fissa la compartecipazione provinciale al gettito dell’IRPEF nella misura dell’1 per cento del riscosso in conto competenza che affluisce al bilancio dello Stato, con riferimento all’esercizio finanziario 2002, quali entrate derivanti dall’attività ordinaria di gestione, iscritte nel capitolo 1023 dello stato di previsione dell’entrata.

In base a tale disciplina, alle province verrà pertanto attribuito, anche nel 2010, lo stesso ammontare di compartecipazione riconosciuto negli anni precedenti (a decorrere dal 2003).

 

L’attuazione della compartecipazione comporta la riduzione dei trasferimenti erariali spettanti a ciascuna provincia di un ammontare pari alle somme spettanti a titolo di compartecipazione.

La compartecipazione all’IRPEF come disciplinata dall’art. 31, comma 8, della legge n. 289/2002 non costituisce, infatti, una entrata aggiuntiva per i bilanci locali.

Inoltre, poiché dalla compartecipazione all’IRPEF gli enti non possono, comunque, ricevere più di quanto spetti loro a titolo di trasferimento erariale, la normativa vigente prevede che nel caso in cui il livello dei trasferimenti spettanti ai singoli enti risulti insufficiente a consentire il recupero integrale della compartecipazione, la compartecipazione stessa sia corrisposta al singolo ente nei limiti dei trasferimenti spettanti per l’anno corrispondente (comma 4 dell’articolo 67 della legge n. 388/2000).

 

Nel bilancio a legislazione vigente per il 2010 (legge n. 192/2009 e relativo D.M. economia 30 dicembre 2009 di riparto in capitoli), le somme spettanti alle province e ai comuni a titolo di compartecipazione all’IRPEF sono iscritte nello stato di previsione del Ministero dell’interno, al capitolo 1320/U.P.B. 2.3.2. Il capitolo risulta dotato di complessivi 1.116 milioni di euro, interamente riferiti alla compartecipazione comunale all’IRPEF, già iscritti nel bilancio a legislazione vigente in quanto la disciplina della compartecipazione comunale è a regime dal 2007.

Su tale capitolo verranno pertanto ad aggiungersi le risorse assegnate per tale finalità alle province a seguito della conferma anche per l’anno 2010 della compartecipazione all’IRPEF, ai sensi del comma in esame, con conseguente riduzione, di pari importo, dello stanziamento del Fondo ordinario.

Per l’anno 2009, l’importo della compartecipazione delle province al gettito dell’IRPEF è stato pari a 412 milioni di euro.

 

Per quanto riguarda le modalità di ripartizione, si ricorda che, ai sensi dell’art. 67, comma 3, della legge n. 388/2000, il gettito della compartecipazione è ripartito tra le province in proporzione all’ammontare dell’imposta netta dovuta dai contribuenti, distribuita territorialmente in funzione del domicilio fiscale risultante presso l’anagrafe tributaria. L’imposta dovuta dai contribuenti per ciascun ente è determinata dal Ministero dell’economia e delle finanze sulla base dei dati disponibili.

Ai sensi del decreto del Ministero dell'interno del 21 febbraio 2002, gli importi della compartecipazione al gettito dell'IRPEF sono erogati in due rate di eguale importo entro i mesi di marzo e luglio.

 

Commi 4 e 5 – Contributi per l’utilizzo dell’avanzo di amministrazione per l’estinzione anticipata di prestiti

Il comma 4 reca una modifica all’articolo 2 della legge finanziaria per il 2010 (legge n. 191/2009), cui aggiunge il comma 23-bis diretto ad incentivare l’utilizzo dell’avanzo di amministrazione per l’estinzione anticipata di mutui e prestiti obbligazionari da parte di province e comuni.

 

A tal fine, il comma prevede l’attribuzione, per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012, di contributi fino a 30 milioni di euro, in favore di comuni e province che ne facciano richiesta per far fronte a indennizzi, corrisposti dagli enti locali in aggiunta al debito residuo, a seguito di estinzioni anticipate di mutui e prestiti obbligazionari effettuate nel triennio 2010-2012.

I contributi sono corrisposti agli enti a fronte di indennizzi strettamente correlati alle suddette estinzioni anticipate e sulla base di una certificazione da presentare secondo le modalità che verranno stabilite con decreto del Ministero dell’interno, di concerto con il Ministero dell’economia e finanze.

Il successivo comma 5 dispone che il suddetto decreto sia adottato e' adottato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame.

 

I contributi, disposti per un ammontare massimo di 90 milioni di euro nel triennio di riferimento, sono attribuiti a valere sul Fondo ordinario previsto all’articolo 34, comma 1, lettera a), del D.Lgs n. 504/1992, mediante il quale lo Stato concorre al finanziamento dei bilanci delle amministrazioni provinciali e comunali.

 

Va ricordato che una disposizione di analogo tenore era stata introdotta, con riferimento al triennio 2007-2009, dall’articolo 11 del D.L. 1 ottobre 2007, n. 159 (legge n. 222/2007), a seguito dell’abolizione, ai sensi della legge finanziaria per il 2007 (art. 1, comma 699), della norma che prevedeva la possibilità per gli enti locali di presentare piani quinquennali di riduzione del rapporto debito/PIL al fine di estinguere anticipatamente i prestiti contratti con la Cassa deposti e prestiti senza oneri diversi dal rimborso delle quote residue di capitale.

La relazione tecnica allegata al citato decreto-legge evidenziava come la valutazione dell’onere massimo per il triennio 2007-2009, pari a 90 milioni di euro, fosse stata effettuata considerando l’ammontare degli avanzi di amministrazione al 31 dicembre 2005 degli enti locali soggetti al patto di stabilità interno pari a 5,5 miliardi di euro (1 miliardo riferito alle province e 4,5 miliardi ai comuni) e ritenendo che la quota libera dell’avanzo di amministrazione da destinare all’estinzione del debito per passività finanziarie si attestasse a circa il 60 per cento per i comuni e al 30 per cento per le province. Considerati i costi dell’estinzione anticipata dei mutui (intorno al 3 per cento), la relazione tecnica valutava in 90 milioni di euro l’onere complessivo derivante dall’incentivo previsto dall’articolo 11 del D.L. n. 159/2007.

 

Commi 6-8 - Contributo al comune di Roma e al Commissario straordinario del Governo per il ripiano dei debiti

I commi da 6 a 8 recano modifiche alla legge finanziaria per il 2010 (legge n. 191/2009) con riferimento alle disposizioni relative all’attribuzione di un contributo di 600 milioni di euro per l’anno 2010 per il Comune di Roma, finalizzato per la gran parte al ripiano dei debiti ricompresi nel piano di rientro dall’indebitamento del comune, predisposto dal Commissario straordinario del Governo nominato ai sensi dell’articolo 78 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (legge n. 133/2008).

 

In particolare, le modifiche apportate al comma 195 dell’articolo 2 della legge finanziaria 2010, che dispone il contributo di 600 milioni di euro, sono volte a precisare che l’importo complessivamente autorizzato è attribuito in parte, per la quota di un sesto (100 milioni), in favore del Comune di Roma e per i restanti cinque sesti (500 milioni) in favore del Commissario straordinario del Governo responsabile del piano di rientro dell’indebitamento del comune di Roma (comma 7, lettera b).

 

Si ricorda, al riguardo, che l’articolo 78 del D.L. n. 112/2008, al fine di favorire il rientro dalla situazione di indebitamento del comune di Roma, ha disposto la nomina del Sindaco a Commissario straordinario del Governo, con il compito di provvedere alla ricognizione della situazione economico-finanziaria del comune e delle società da esso partecipate e di predisporre e attuare un piano di rientro dall’indebitamento pregresso del comune. Tale piano di rientro è stato presentato dal Commissario straordinario il 5 dicembre 2008.

Nelle more dell’approvazione del piano di rientro, il comma 8 dell’articolo 78 del D.L. n. 112 aveva autorizzato la Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. a concedere al Comune di Roma una anticipazione di 500 milioni di euro per il 2008, al fine di superare la grave situazione di mancanza di liquidità che il comune di Roma si trovava ad affrontare[21].

Successivamente, il D.L. n. 154/2008, all’articolo 5, comma 3,ha previsto, per le medesime finalità del suddetto articolo 78, l’attribuzione al comune di Roma di un contributo di 500 milioni di euro anche per l’anno 2009, a valere sulle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate assegnate con delibera CIPE del 30 settembre 2008.

Va infine ricordato che il medesimo comma 3, all’ultimo periodo, prevede che a decorrere dall’anno 2010, in sede di attuazione dell’articolo 119 della Costituzione, venga riservatoprioritariamente a favore di Roma Capitale un contributo annuale di 500 milioni di euro nell’ambito delle risorse disponibili.

 

Con riferimento all’attribuzione dei 600 milioni di euro, viene altresì precisato che l’attribuzione dell’importo complessivo è effettuato, oltre che mediante assegnazione di quote dei fondi comuni di investimento immobiliari costituiti ai sensi del comma 189 dell’articolo 2 della finanziaria 2010, come già previsto nel testo originario del comma 195, anche attraverso i proventi realizzati con i trasferimenti degli immobili ai fondi comuni, individuati ai sensi del comma 190 della legge finanziaria medesima (comma 7, lettera a).

 

Va ricordato che, in base alla normativa introdotta dall’articolo 2, commi da 194 a 196, della legge finanziaria per il 2010, l’assegnazione del contributo di 600 milioni in favore del comune di Roma e del suo Commissario straordinario di Governo è legato alla costituzione di uno o più fondi comuni di investimento immobiliare, ad opera del Ministero della difesa, disciplinata dai commi 189-194 dell’articolo 2 della legge finanziaria medesima.

Più in particolare, il citato comma 189 autorizza il Ministero della difesa a promuovere la costituzione di uno o più fondi comuni di investimento immobiliare, d’intesa con i comuni con i quali saranno sottoscritti accordi di programma, al fine di realizzare le risorse necessarie a soddisfare le esigenze infrastrutturali e alloggiative delle Forze armate, attraverso la valorizzazione e l’alienazione degli immobili militari.

Con uno o più decreti del Ministro della difesa saranno individuati gli immobili da trasferire o da conferire ai fondi comuni, che potranno essere oggetto di accordi di programma con i comuni presso i quali sono ubicati (comma 190).

Entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria è prevista l’adozione di un decreto del Ministro della difesa, che determini - fermo restando l’importo dovuto in favore del Comune di Roma e del suo Commissario straordinario di Governo - le risorse derivanti dalla cessione delle quote dei fondi comuni di investimento immobiliare di cui al comma 189, o dal trasferimento degli immobili ai fondi, da destinare al Ministero della difesa per l’iscrizione in un apposito fondo in conto capitale, destinato alla realizzazione di un programma di riorganizzazione delle Forze armate, con prioritaria destinazione alla razionalizzazione del settore infrastrutturale (comma 194).

 

Il comma 8 reca alcune modifiche al comma 196 dell’articolo 2 della legge finanziaria 2010, anch’esse sostanzialmente dirette a precisare le competenze del Commissario straordinario del Governo in luogo del Comune di Roma, in merito all’anticipazione di tesoreria concessa per l’anno 2010 dal comma 196, a valere sull’importo ad esso attribuito.

 

In particolare, viene precisato che l’anticipazione di tesoreria, già destinata al comune di Roma, è concessa invece al Commissario straordinario del Governo, fino a concorrenza dell’importo ad esso attribuito (i cinque sesti dei 600 milioni complessivi) (comma 8, lettere a) e b).

Secondo quanto disposto dal comma 196, tale anticipazione è finalizzata proprio a provvedere al pagamento di specifiche esigenze ricomprese nel piano di rientro dell’indebitamento del comune di Roma, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 5 dicembre 2008, ai sensi dell'articolo 78 del D.L. n. 112/2008, e in particolare al pagamento delle rate di ammortamento e degli oneri di parte corrente relativi ad oneri di personale, alla produzione di servizi in economia e all'acquisizione di servizi e forniture, ricompresi nel predetto piano di rientro.

Tale anticipazione è erogata secondo condizioni disciplinate in una apposita convenzione che, in base alle modifiche apportate dal comma 8 lettera c) in esame, sarà definita tra il Ministero dell'economia e delle finanze e il Commissario straordinario del Governo, in luogo del comune di Roma.

Al riguardo, il comma 196 come modificato prevede che quota parte di tale anticipazione, per un importo pari a 200 milioni di euro, sia erogata già entro il mese di gennaio 2010, mentre la restante quota (ulteriori 300 milioni di euro) sia erogata soltanto subordinatamente al conferimento nonché al trasferimento degli immobili ai fondi comuni costituiti dal Ministero della difesa ai sensi dei commi 189 e successivi (comma 8, lettera d).

 

L’anticipazione di tesoreria concessa al Commissario straordinario di Governo può essere estinta, entro il termine gia previsto del 31 dicembre 2010, anche tramite il ricavato della vendita delle quote dei fondi immobiliari spettanti al Commissario straordinario del Governo (comma 8, lettera e).

 

Le modifiche apportate dal comma 6 al comma 194 dell’articolo 2 della legge finanziaria per il 2010 hanno natura di mero coordinamento rispetto alle modifiche apportate dai commi 7 e 8 alla normativa concernente il comune di Roma, di cui ai commi 195 e 196.

In sostanza, dal testo di cui al comma 194, che prevede l’adozione di un decreto del Ministro della difesa che determini le risorse derivanti dalla cessione delle quote dei fondi comuni di investimento immobiliare o dal trasferimento degli immobili ai fondi da destinare al Ministero della difesa per investimenti infrastrutturali, viene eliminato l‘inciso che precisava la destinazione in favore del comune di Roma dell’importo di cui al comma 195.

 

Si riporta di seguito a fronte il testo originario dei commi 195 e 196 dell’articolo 2 della legge finanziaria per il 2010 (legge n. 191/2009) e il testo coordinato con le modifiche apportate dall’articolo 4, commi 7 e 8, del D.L. n. 2/2010 in esame.

 

 

Testo legge n. 191/2009

Testo come modificato
dal D.L. n. 2/2010

195. Al fine di contribuire al raggiun­gimento degli obiettivi di finanza pubblica, per l’anno 2010, nei limiti del trasferimento o del conferimento degli immobili di cui al comma 190, è attribuito al comune di Roma, anche attraverso quote dei fondi di cui al comma 189, un importo pari a 600 milioni di euro.

195. Al fine di contribuire al raggiun­gimento degli obiettivi di finanza pubblica, per l’anno 2010, nei limiti del trasferimento o del conferimento degli immobili di cui al comma 190, è attribuito al comune di Roma e al Commissario straordinario del Governo di cui all'articolo 78 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e succes­sive modificazioni, attraverso quote dei fondi di cui al comma 189 ovvero attraverso i proventi realizzati con i trasferimenti dei predetti beni nei suddetti limiti, un importo pari a 600 milioni di euro di cui un sesto al comune di Roma e cinque sesti al Commissario straordinario del Governo.

196. È concessa, per l’anno 2010, un’anticipazione di tesoreria al comune di Roma per le esigenze di cui all’articolo 78 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modifi­cazioni, fino a concorrenza dell’importo di cui al comma 195 del presente articolo per provvedere, [quanto a 500 milioni di euro,] al pagamento delle rate di ammortamento e degli oneri di parte corrente, relativi ad oneri di personale, alla produzione di servizi in economia e all’acquisizione di servizi e forniture, compresi nel piano di rientro approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 5 dicembre 2008. L’antici­pazione è erogata secondo condizioni disciplinate in un’apposita convenzione tra il Ministero dell’economia e delle finanze e il comune di Roma e, comunque, per 200 milioni di euro entro il mese di gennaio 2010 e, per la parte residua, subordinatamente al conferimento degli immobili ai fondi di cui al comma 190, ed è estinta entro il 31 dicembre 2010. Per ulteriori interventi infrastrutturali è autorizzata, a favore del comune di Roma, la spesa di 100 milioni di euro per l’anno 2012; al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all’articolo 7-quinquies, comma 1, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, come integrato dal decreto-legge 23 novembre 2009, n. 168, nonché dalla presente legge.

196. È concessa, per l’anno 2010, un’anticipazione di tesoreria al Commis-sario straordinario del Governo per le esigenze di cui all’articolo 78 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, fino a concorrenza dei cinque sesti dell’importo di cui al comma 195 del presente articolo per provvedere, al pagamento delle rate di ammortamento e degli oneri di parte corrente, relativi ad oneri di personale, alla produzione di servizi in economia e all’acquisizione di servizi e forniture, compresi nel piano di rientro approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 5 dicembre 2008. L’anticipazione è erogata secondo condizioni disciplinate in un’apposita convenzione tra il Ministero dell’economia e delle finanze e il Commissario straordinario del Governo e, comunque, per 200 milioni di euro entro il mese di gennaio 2010 e, per la parte residua, subordinatamente al confe-rimento o al trasferimento degli immobilidi cui al comma 190, ed è estinta entro il 31 dicembre 2010, anche tramite il ricavato della vendita delle quote dei fondi immobiliari di cui al comma 190 spettanti al Commissario straordinario del Governo. Per ulteriori interventi infrastrutturali è autorizzata, a favore del comune di Roma, la spesa di 100 milioni di euro per l’anno 2012; al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all’articolo 7-quinquies, comma 1, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, come integrato dal decreto-legge 23 novembre 2009, n. 168, nonché dalla presente legge.

 

Comma 9 – Approvazione degli interventi del Fondo per lo sviluppo delle isole minori per l’anno 2008

Il comma 9 interviene in merito al Fondo di sviluppo delle isole minori, prevedendo l’adozione degli interventi per lo sviluppo delle isole minori per l’anno 2008 come indicati nel Documento unico di programmazione isole minori (DUPIM), approvato il 17 dicembre 2008, secondo gli importi ivi previsti, nei limiti della dotazione finanziaria complessiva del Fondo per l’anno 2008.

 

Il Fondo di sviluppo delle isole minori è stato istituito dall'articolo 2, comma 41, della legge finanziaria 2008 (legge n. 244/2007) presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali, con una dotazione finanziaria di 20 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008. Ai sensi del comma 42, al fondo sono confluite anche le risorse del “Fondo per la tutela e sviluppo delle isole minori”, istituito presso il Ministero dell’interno, dall’art. 25, co. 7, della legge n. 488/2001 (finanziaria per il 2002)[22].

A seguito delle riduzioni di autorizzazioni legislative di spesa operate con il D.L. n. 93/2008 (c.d. “decreto ICI”), la dotazione del Fondo per lo sviluppo delle isole minori per gli anni 2010 e successivi è stata annullata.

Il fondo è destinato a finanziare:

§       specifici interventi nei settori dell’energia, dei trasporti e della concorrenza, diretti a migliorare le condizioni e la qualità della vita nelle suddette zone. E’ inoltre disposto l’uso prioritario dei fondi per una serie di finalità; quali i progetti realizzati nelle aree protette e nella rete “Natura 2000[23]”, ovvero improntati alla sostenibilità ambientale, con particolare riferimento all’utilizzo delle energie rinnovabili, al risparmio e all’efficienza energetica, alla gestione dei rifiuti e delle acque, alla mobilità e alla nautica da diporto ecosostenibili, al recupero e al riutilizzo del patrimonio edilizio esistente, alla contingentazione dei flussi turistici, alla destagionalizzazione, alla protezione degli habitat prioritari e delle specie protette, alla valorizzazione dei prodotti tipici e alla certificazione ambientale dei servizi.

§       misure dirette a favorire la competitività delle imprese insulari.

 

Il testo originario del comma 41 prevedeva, all’ultimo periodo, che all’erogazione del fondo si sarebbe provveduto sulla base del Documento triennale unico di programmazione isole minori (DUPIM), elaborato dall’Associazione nazionale isole minori (ANCIM), ed approvato con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per gli affari regionali e del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata, nel quale devono essere indicati i singoli interventi e le relative quantificazioni.

Tale procedura è stata novellata dall’articolo 27, comma 14, della legge 23 luglio 2009, n. 99 che ha disposto che i criteri per l’erogazione del Fondo di sviluppo delle isole minori siano stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per i rapporti con le regioni, di concerto con il Ministro dell’interno e con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentite l’Associazione nazionale dei comuni delle isole minori (ANCIM)[24] e la Conferenza unificata. Gli interventi ammessi al relativo finanziamento sono individuati con decreto del Ministro per i rapporti con le regioni, di concerto con i Ministri dell’interno e dell’economia e delle finanze, previa intesa con gli enti locali interessati.

 

La disposizione recata dal comma 9 prevede che ai fini dell'adozione del richiamato D.P.C.M. di erogazione delle risorse del Fondo sono approvati gli interventi per lo sviluppo delle isole minori e le relative quantificazioni finanziarie indicati nel Documento unico di programmazione isole minori (DUPIM) e nella relativa tabella di riparto delle risorse, approvato il 17 dicembre 2008 dal Comitato direttivo dell'Associazione nazionale comuni isole minori (ANCIM) e trasmesso il 23 dicembre 2008 al Ministro per i rapporti con le regioni, secondo la disciplina previgente alla legge n. 99/2009, con riferimento al solo anno 2008 e nei limiti della relativa dotazione finanziaria prevista dal Fondo di sviluppo delle isole minori.

 

Si osserva che la disposizione sembrerebbe dare attuazione in via normativa (in luogo di un decreto del Ministro per i rapporti con le regioni) all’individuazione degli interventi e degli stanziamenti relativi al solo 2008 contenuti nel DUPIM[25] e nella relativa tabella di riparto approvati dall’ANCIM.

 

Profili finanziari

 

La relazione tecnica, con riferimento al comma 4 – che prevede l’erogazione per il triennio 2010-2012 di complessivi 90 mln in favore degli enti locali, per incentivare l’utilizzo dell’avanzo di amministrazione per l’estinzione anticipata dei mutui e prestiti obbligazionari -, evidenzia che la disposizione utilizza risorse del Fondo ordinario[26] le cui dotazioni si dimostrano esuberanti rispetto alle necessità di finanziamento che inizialmente diedero luogo all’autorizzazione legislativa di spesa. Non sono conseguentemente ascritti alla disposizione effetti finanziari.

In merito agli altri commi dell’articolo in esame la relazione tecnica non formula specifiche considerazioni.

 

Con riferimento ai profili di quantificazione, ai fini della neutralità finanziaria della disposizione di cui al comma 4, andrebbe acquisita, in via preliminare, conferma che le previsioni tendenziali dei saldi di fabbisogno e indebitamento netto per il triennio 2010-2012 già scontino l’integrale utilizzo del fondo ordinario, nonostante sia accertato che le relative dotazioni risultano eccedentarie rispetto alle finalizzazioni previste dalla legislazione previgente. Si segnala comunque che la norma, che aumenta il grado di utilizzo delle risorse disponibili, può configurarsi come una rinuncia ai risparmi che sarebbero emersi in sede di consuntivo.

In merito al medesimo comma 4, un ulteriore chiarimento appare opportuno con riferimento al profilo temporale dell’erogazione dei contributi: andrebbe infatti chiarito se la disposizione di cui all’ultimo periodo del comma in esame, che fissa un tetto complessivo di 90 mln di euro nel triennio, possa consentire, all’interno del triennio stesso, un profilo delle erogazioni diverso rispetto ai 30 mln annui. In tal caso potrebbero discenderne variazioni rispetto alle previsioni tendenziali di utilizzo del fondo ordinario.

Un ultimo chiarimento appare opportuno con riferimento al comma 9, finalizzato a consentire l’utilizzo delle risorse del Fondo per le isole minori, istituito dalla legge finanziaria per il 2008[27] e dotato di risorse pari a 20 mln annui per il 2008 e il 2009. Andrebbe infatti chiarito se le previsioni a legislazione vigente riferite ai saldi di indebitamento netto e fabbisogno scontino l’utilizzo nel 2010 di risorse del predetto fondo. La dotazione di competenza di quest’ultimo, è stata infatti annullata per il 2010 dal DL n. 93/2008[28] per finalità di copertura, con effetti ai fini di tutti i saldi. Inoltre le previsioni a legislazione vigente potrebbero non scontare effetti di spesa per il 2010, a valere su residui derivanti dagli esercizi pregressi. In tal caso si determinerebbero, per effetto della norma in esame, conseguenze negative sui saldi di indebitamento e di fabbisogno.

 

 


Art. 5
(Entrata in vigore)

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sara' presentato alle Camere per la conversione in legge.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

 

 

L’articolo 5 stabilisce l’entrata in vigore del decreto-legge in esame nel giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta ufficiale.

Essendo tale pubblicazione intervenuta il 26 gennaio 2010, il decreto è entrato in vigore il 27 gennaio 2010.

 

Esso dovrà essere convertito in legge entro il 27 marzo 2010.

 

 

 

 

 


 

Riferimenti normativi

 


Costituzione
(artt. 77 e 87)

 

Art. 77.

Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria .

 

Quando, in casi straordinari di necessità e d'urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni.

 

I decreti perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti.

 

Art. 87

 

Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l'unità nazionale.

 

Può inviare messaggi alle Camere.

 

Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione.

 

Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo.

 

Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti.

 

Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione.

 

Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato.

 

Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l'autorizzazione delle Camere.

 

Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere.

 

Presiede il Consiglio superiore della magistratura.

 

Può concedere grazia e commutare le pene.

 

Conferisce le onorificenze della Repubblica.


 

L. 8 marzo 1951, n. 122.
Norme per l'elezione dei Consigli provinciali.
(artt. 9, 14)

 

 

(1)

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 13 marzo 1951, n. 60.

(omissis)

Art. 9.

In ogni Provincia sono costituiti tanti collegi quanti sono i consiglieri provinciali ad essa assegnati (10).

 

A nessun Comune possono essere assegnati più della metà dei collegi spettanti alla Provincia.

 

Le sezioni elettorali che interessano due o più collegi si intendono assegnate al collegio nella cui circoscrizione ha sede l'ufficio elettorale di sezione.

 

La tabella delle circoscrizioni dei collegi sarà stabilita, su proposta del Ministro dell'interno con decreto del Presidente della Repubblica, da pubblicarsi sulla Gazzetta Ufficiale (11).

 

Il decreto del Prefetto che fissa la data delle elezioni provinciali a norma dell'art. 19 del D.Lgs.Lgt. 7 gennaio 1946, n. 1 (12) non può essere emanato se non siano decorsi almeno quindici giorni dalla pubblicazione del decreto del Presidente della Repubblica previsto dal comma precedente.

 

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(10)  Comma così sostituito dall'art. 2, L. 10 settembre 1960, n. 962.

(11)  La tabella delle circoscrizioni dei collegi è stata approvata con D.P.R. 3 marzo 1961, n. 74 (Gazz. Uff. 10 marzo 1961, n. 62, S.O.). Con D.P.R. 5 novembre 1993, n. 514 (Gazz. Uff. 11 dicembre 1993, n. 290, S.O.) sono state rideterminate le circoscrizioni dei collegi uninominali per l'elezione dei consigli provinciali di Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Biella, Como, Bergamo, Lecco, Milano, Lodi, Forlì-Cesena, Rimini, Firenze, Prato, Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia. Con D.P.R. 16 dicembre 2003 (Gazz. Uff. 16 gennaio 2004, n. 12, S.O.) è stata disposta la revisione delle circoscrizioni dei collegi uninominali per l'elezione dei consigli provinciali di Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Brescia, Como, Cremona, Lecco, Lodi, Pavia, Padova, La Spezia, Ferrara, Forlì-Cesena, Livorno, Macerata, Pesaro e Urbino, Rieti, Roma, Viterbo, Campobasso, Benevento, Salerno, Lecce, Catanzaro, Cosenza e Reggio Calabria. Con D.P.R. 25 giugno 2008 (Gazz. Uff. 2 luglio 2008, n. 153, S.O.) sono stati determinati i collegi uninominali provinciali delle province di Milano, Monza e della Brianza, Ascoli Piceno, Fermo, Bari, Foggia e Barletta-Andria-Trani. Successivamente, i collegi uninominali provinciali della provincia di Bari sono stati ridefiniti con D.P.R. 6 aprile 2009 (Gazz. Uff. 8 aprile 2009, n. 82).

(12)  Corrispondente all'art. 18 del T.U. 16 maggio 1960, n. 570.

(omissis)

Art. 14.

La presentazione delle candidature per i singoli collegi è fatta per gruppi contraddistinti da un unico contrassegno.

 

Ciascun gruppo deve comprendere un numero di candidati non inferiore ad un terzo e non superiore al numero dei consiglieri assegnati alla Provincia.

 

Per ogni candidato deve essere indicato il collegio per il quale viene presentato. Nessun candidato può accettare la candidatura per più di tre collegi.

 

La dichiarazione di presentazione del gruppo deve essere sottoscritta:

 

a) da almeno 200 e da non più di 400 elettori iscritti nelle liste elettorali di comuni compresi nelle province fino a 100 mila abitanti;

 

b) da almeno 350 e da non più di 700 elettori iscritti nelle liste elettorali di comuni compresi nelle province con più di 100 mila abitanti e fino a 500 mila abitanti;

 

c) da almeno 500 e da non più di 1.000 elettori iscritti nelle liste elettorali di comuni compresi nelle province con più di 500 mila abitanti e fino a un milione di abitanti;

 

d) da almeno 1.000 e da non più di 1.500 elettori iscritti nelle liste elettorali di comuni compresi nelle province con più di un milione di abitanti (17) (18).

 

Tale dichiarazione deve contenere l'indicazione di due delegati a designare, personalmente o per mezzo di persone da essi autorizzate con dichiarazione autenticata da notaio, i rappresentanti del gruppo presso ogni seggio e presso i singoli uffici elettorali circoscrizionali e l'ufficio elettorale centrale (19).

 

La presentazione deve essere effettuata dalle ore 8 del trentesimo giorno alle ore 12 del ventinovesimo giorno antecedenti la data delle elezioni alla segreteria dell'Ufficio elettorale centrale, il quale provvede all'esame delle candidature e si pronuncia sull'ammissione di esse secondo le norme in vigore per le elezioni comunali (20) (21).

 

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(17) Gli attuali commi quarto e quinto così sostituiscono l'originario comma quarto per effetto dell'art. 3, L. 11 agosto 1991, n. 271 (Gazz. Uff. 26 agosto 1991, n. 199). Successivamente il comma quarto è stato modificato dall'art. 1-bis, D.L. 25 febbraio 1995, n. 50 e poi così sostituito dall'art. 3, L. 30 aprile 1999, n. 120.

(18) La Corte costituzionale, con ordinanza 25-29 ottobre 1999, n. 407 (Gazz. Uff. 3 novembre 1999, n. 44, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, quarto comma, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione.

(19) Gli attuali commi quarto e quinto così sostituiscono l'originario comma quarto per effetto dell'art. 3, L. 11 agosto 1991, n. 271 (Gazz. Uff. 26 agosto 1991, n. 199). Successivamente il comma quarto è stato modificato dall'art. 1-bis, D.L. 25 febbraio 1995, n. 50 e poi così sostituito dall'art. 3, L. 30 aprile 1999, n. 120.

(20) L'ultimo comma è stato sostituito prima dall'art. 4 L. 10 settembre 1960, n. 962 e poi dall'art. 4, L. 11 agosto 1991, n. 271 (Gazz. Uff. 26 agosto 1991, n. 199).

(21) Vedi, anche, l'art. 74, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267.

(omissis)

 


 

D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504.
Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell'articolo 4 della L. 23 ottobre 1992, n. 421.
(art. 34)

(1) (2)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 30 dicembre 1992, n. 305, S.O.

(2)  Sono inserite nel testo le rettifiche di cui all'avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 14 gennaio 1993, n. 10. In deroga a quanto disposto dal presente decreto vedi il comma 60 dell'art. 2, D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, come modificato dalla relativa legge di conversione.

(omissis)

Art. 34.

Assetto generale della contribuzione erariale.

1. A decorrere dall'anno 1994, lo Stato concorre al finanziamento dei bilanci delle amministrazioni provinciali e dei comuni con l'assegnazione dei seguenti fondi:

a) fondo ordinario (113);

b) fondo consolidato;

c) fondo perequativo degli squilibri di fiscalità locale (114).

2. A decorrere dal 1993 lo Stato concorre al finanziamento delle opere pubbliche degli enti locali con il fondo nazionale speciale per gli investimenti.

3. Lo Stato potrà concorrere, altresì, al finanziamento dei bilanci delle amministrazioni provinciali, dei comuni e delle comunità montane, anche con un fondo nazionale ordinario per gli investimenti, la cui quantificazione annua è demandata alla legge finanziaria, ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468 , come modificata dalla legge 23 agosto 1988, n. 362 (115).

4. Per le comunità montane lo Stato concorre al finanziamento dei bilanci, ai sensi del comma 1, con assegnazione a valere sui fondi di cui alle lettere a) e b).

5. Ai sensi del comma 11 dell'articolo 54 della legge 8 giugno 1990, n. 142 , il complesso dei trasferimenti erariali di cui al presente articolo non è riducibile nel triennio, con esclusione di quelli indicati al comma 3.

6. I contributi sui fondi di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 vengono corrisposti in due rate uguali, di cui la prima entro il mese di febbraio e la seconda entro il mese di settembre di ciascun anno (116).

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(113) Vedi, anche, il comma 703 dell'art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296, i commi 11, 16 e 31 dell'art. 2, L. 24 dicembre 2007, n. 244 e i commi 183 e 187 dell’art. 2, L. 23 dicembre 2009, n. 191.

(114)  Vedi, anche, l'art. 1, comma 158, L. 23 dicembre 1996, n. 662 e l'art. 2, D.M. 21.10. 2002.

(115)  Vedi, anche, l'art. 3, D.L. 20 giugno 1996, n. 323, e l'art. 4, D.M. 21 febbraio 2002. Per l'incremento della dotazione del fondo di cui al presente comma vedi l'art. 31, comma 4, L. 27 dicembre 2002, n. 289.

(116)  Per l'abrogazione degli articoli da 34 a 43, vedi l'art. 9, D.Lgs. 30 giugno 1997, n. 244.

(omissis)


 

D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267.
Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.
(artt. 11, 17, 37, 47 e 108)

 

(1)

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 28 settembre 2000, n. 227, S.O.

 

(omissis)

Art. 11

Difensore civico (15).

1. Lo statuto comunale e quello provinciale possono prevedere l'istituzione del difensore civico, con compiti di garanzia dell'imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione comunale o provinciale, segnalando, anche di propria iniziativa, gli abusi, le disfunzioni, le carenze ed i ritardi dell'amministrazione nei confronti dei cittadini.

 

2. Lo statuto disciplina l'elezione, le prerogative ed i mezzi del difensore civico nonché i suoi rapporti con il consiglio comunale o provinciale.

 

3. Il difensore civico comunale e quello provinciale svolgono altresì la funzione di controllo nell'ipotesi prevista all'articolo 127 (16).

 

 

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(15) Per la soppressione della figura del difensore civico vedi la lettera a) del comma 186 dell’art. 2, L. 23 dicembre 2009, n. 191.

(16)  Il presente articolo corrisponde all'art. 8, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata.

(omissis)

Art. 17

Circoscrizioni di decentramento comunale (21).

1. I comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti articolano il loro territorio per istituire le circoscrizioni di decentramento, quali organismi di partecipazione, di consultazione e di gestione di servizi di base, nonché di esercizio delle funzioni delegate dal comune (22).

 

2. L'organizzazione e le funzioni delle circoscrizioni sono disciplinate dallo statuto comunale e da apposito regolamento.

 

3. I comuni con popolazione tra i 100.000 e i 250.000 abitanti possono articolare il territorio per istituire le circoscrizioni di decentramento ai sensi di quanto previsto dal comma 2. La popolazione media delle circoscrizioni non può essere inferiore a 30.000 abitanti (23).

 

4. Gli organi delle circoscrizioni rappresentano le esigenze della popolazione delle circoscrizioni nell'àmbito dell'unità del comune e sono eletti nelle forme stabilite dallo statuto e dal regolamento.

 

5. Nei comuni con popolazione superiore a 300.000 abitanti, lo statuto può prevedere particolari e più accentuate forme di decentramento di funzioni e di autonomia organizzativa e funzionale, determinando, altresì, anche con il rinvio alla normativa applicabile ai comuni aventi uguale popolazione, gli organi di tali forme di decentramento, lo status dei componenti e le relative modalità di elezione, nomina o designazione. Il consiglio comunale può deliberare, a maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati, la revisione della delimitazione territoriale delle circoscrizioni esistenti e la conseguente istituzione delle nuove forme di autonomia ai sensi della normativa statutaria (24).

 

 

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(21)  Per la soppressione delle circoscrizioni di decentramento comunale vedi la lettera b) del comma 186 dell’art. 2, L. 23 dicembre 2009, n. 191.

(22) Comma così modificato dal comma 29 dell’art. 2, L. 24 dicembre 2007, n. 244, con la decorrenza indicata nell'art. 42-bis, D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, aggiunto dalla relativa legge di conversione.

(23) Comma così sostituito dal comma 29 dell’art. 2, L. 24 dicembre 2007, n. 244, con la decorrenza indicata nell'art. 42-bis, D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, aggiunto dalla relativa legge di conversione.

(24)  Il presente articolo corrisponde all'art. 13, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata.

(omissis)

Art. 37.

Composizione dei consigli.

1. Il consiglio comunale è composto dal sindaco e:

 

a) da 60 membri nei comuni con popolazione superiore ad un milione di abitanti;

 

b) da 50 membri nei comuni con popolazione superiore a 500.000 abitanti;

 

c) da 46 membri nei comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti;

 

d) da 40 membri nei comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti o che, pur avendo popolazione inferiore, siano capoluoghi di provincia;

 

e) da 30 membri nei comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti;

 

f) da 20 membri nei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti;

 

 

g) da 16 membri nei comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti;

 

h) da 12 membri negli altri comuni (43).

 

2. Il consiglio provinciale è composto dal presidente della provincia e:

 

a) da 45 membri nelle province con popolazione residente superiore a 1.400.000 abitanti;

 

b) da 36 membri nelle province con popolazione residente superiore a 700.000 abitanti;

 

c) da 30 membri nelle province con popolazione residente superiore a 300.000 abitanti;

 

d) da 24 membri nelle altre province.

 

3. Il presidente della provincia e i consiglieri provinciali rappresentano l'intera provincia.

 

4. La popolazione è determinata in base ai risultati dell'ultimo censimento ufficiale (44).

 

 

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(43) Per la riduzione del numero dei consiglieri comunali vedi il comma 184 dell’art. 2, L. 23 dicembre 2009, n. 191.

(44)  Il presente articolo corrisponde al comma 1 dell'art. 1, L. 25 marzo 1993, n. 81, ora abrogato.

(omissis)

Art. 47.

Composizione delle giunte (56).

1. La Giunta comunale e la Giunta provinciale sono composte rispettivamente dal sindaco e dal presidente della provincia, che le presiedono, e da un numero di assessori, stabilito dagli statuti, che non deve essere superiore a un terzo, arrotondato aritmeticamente, del numero dei consiglieri comunali e provinciali, computando a tale fine il sindaco e il presidente della provincia, e comunque non superiore a dodici unità (57).

 

2. Gli statuti, nel rispetto di quanto stabilito dal comma 1, possono fissare il numero degli assessori ovvero il numero massimo degli stessi.

 

3. Nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti e nelle province gli assessori sono nominati dal sindaco o dal presidente della provincia, anche al di fuori dei componenti del consiglio, fra i cittadini in possesso dei requisiti di candidabilità, eleggibilità e compatibilità alla carica di consigliere.

 

4. Nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti lo statuto può prevedere la nomina ad assessore di cittadini non facenti parte del consiglio ed in possesso dei requisiti di candidabilità, eleggibilità e compatibilità alla carica di consigliere.

5. Fino all'adozione delle norme statutarie di cui al comma 1, le giunte comunali e provinciali sono composte da un numero di assessori stabilito rispettivamente nelle seguenti misure:

 

a) non superiore a 4 nei comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti; non superiore a 6 nei comuni con popolazione compresa tra 10.001 e 100.000 abitanti; non superiore a 10 nei comuni con popolazione compresa tra 100.001 e 250.000 abitanti e nei capoluoghi di provincia con popolazione inferiore a 100.000 abitanti; non superiore a 12 nei comuni con popolazione compresa tra 250.001 e 500.000 abitanti: non superiore a 14 nei comuni con popolazione compresa tra 500.001 e 1.000.000 di abitanti e non superiore a 16 nei comuni con popolazione superiore a 1.000.000 di abitanti;

 

 

b) non superiore a 6 per le province a cui sono assegnati 24 consiglieri; non superiore a 8 per le province a cui sono assegnati 30 consiglieri; non superiore a 10 per le province a cui sono assegnati 36 consiglieri; non superiore a 12 per quelle a cui sono assegnati 45 consiglieri (58).

 

 

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(56)  Per la determinazione del numero massimo degli assessori comunali e provinciali vedi il comma 185 dell’art. 2, L. 23 dicembre 2009, n. 191.

(57) Comma così modificato dal comma 23 dell’art. 2, L. 24 dicembre 2007, n. 244, con la decorrenza indicata nello stesso comma 23.

(58)  Il presente articolo corrisponde all'art. 33, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata.

(omissis)

Art. 108. 

Direttore generale (172).

1. Il sindaco nei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti e il presidente della provincia, previa deliberazione della Giunta comunale o provinciale, possono nominare un direttore generale, al di fuori della dotazione organica e con contratto a tempo determinato, e secondo criteri stabiliti dal regolamento di organizzazione degli uffici e dei servizi, che provvede ad attuare gli indirizzi e gli obiettivi stabiliti dagli organi di governo dell'ente, secondo le direttive impartite dal sindaco o dal presidente della provincia, e che sovrintende alla gestione dell'ente, perseguendo livelli ottimali di efficacia ed efficienza. Compete in particolare al direttore generale la predisposizione del piano dettagliato di obiettivi previsto dall'articolo 197, comma 2, lettera a), nonché la proposta di piano esecutivo di gestione previsto dall'articolo 169. A tali fini, al direttore generale rispondono, nell'esercizio delle funzioni loro assegnate, i dirigenti dell'ente, ad eccezione del segretario del comune e della provincia.

 

2. Il direttore generale è revocato dal sindaco o dal presidente della provincia, previa deliberazione della Giunta comunale o provinciale. La durata dell'incarico non può eccedere quella del mandato del sindaco o del presidente della provincia.

 

3. Nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti è consentito procedere alla nomina del direttore generale previa stipula di convenzione tra comuni le cui popolazioni assommate raggiungano i 15.000 abitanti. In tal caso il direttore generale dovrà provvedere anche alla gestione coordinata o unitaria dei servizi tra i comuni interessati.

 

4. Quando non risultino stipulate le convenzioni previste dal comma 3 e in ogni altro caso in cui il direttore generale non sia stato nominato, le relative funzioni possono essere conferite dal sindaco o dal presidente della provincia al segretario (173).

 

 

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(172) Per la soppressione della figura del direttore generale vedi la lettera d) del comma 186 dell’art. 2, L. 23 dicembre 2009, n. 191.

(173)  Il presente articolo corrisponde all'art. 51-bis, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata.

(omissis)

 


 

L. 27 dicembre 2002, n. 289.
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003).
(art. 31)

 

(1)

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 31 dicembre 2002, n. 305, S.O.

(omissis)

Art. 31.

Disposizioni varie per gli enti locali.

1. I trasferimenti erariali per l'anno 2003 di ogni singolo ente locale sono determinati in base alle disposizioni recate dagli articoli 24 e 27 della legge 28 dicembre 2001, n. 448. L'incremento delle risorse, pari a 151 milioni di euro, derivante dall'applicazione del tasso programmato di inflazione per l'anno 2003 alla base di calcolo definita dall'articolo 49, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, è distribuito secondo i criteri e per le finalità di cui all'articolo 31, comma 11, della legge 23 dicembre 1998, n. 448. Sono definitivamente attribuiti al fondo ordinario gli importi di cui all'articolo 49, comma 1, lettere a) e c), della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e di cui all'articolo 1, comma 164, della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

 

2. Per l'anno 2003 è attribuito un contributo statale di 300 milioni di euro che, previa attribuzione dell'importo di 20 milioni di euro a favore delle unioni di comuni e di 5 milioni di euro a favore delle comunità montane ad incremento del contributo di cui al comma 6, per il 50 per cento è destinato ad incremento del fondo ordinario e per il restante 50 per cento è distribuito secondo i criteri e per le finalità di cui all'articolo 31, comma 11, della legge 23 dicembre 1998, n. 448. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 9, comma 3, del decreto legislativo 30 giugno 1997, n. 244, nel calcolo delle risorse è considerato il fondo perequativo degli squilibri di fiscalità locale.

 

3. Fino alla revisione del sistema dei trasferimenti erariali agli enti locali, salvo quanto previsto dall'articolo 47, comma 1, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e dall'articolo 66, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, le erogazioni di contributi e di altre assegnazioni per gli enti locali sono disposte secondo le modalità individuate con il D.M. 21 febbraio 2002 del Ministro dell'interno, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 56 del 7 marzo 2002.

 

4. Per l'anno 2003 la dotazione del fondo nazionale ordinario per gli investimenti, di cui all'articolo 34, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, è incrementata di complessivi 60 milioni di euro.

 

5. Per l'anno 2003 ai comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti è concesso un contributo a carico del bilancio dello Stato, entro il limite di 25.000 euro per ciascun ente, fino ad un importo complessivo di 112 milioni di euro, per le medesime finalità dei contributi attribuiti a valere sul fondo nazionale ordinario per gli investimenti.

 

6. Per l'anno 2003 il contributo spettante alle unioni di comuni e alle comunità montane svolgenti esercizio associato di funzioni comunali è incrementato di 25 milioni di euro. [Per la ripartizione di tali contributi, e di quelli previsti per le stesse finalità da altre disposizioni di legge, si applica il regolamento di cui al D.M. 1° settembre 2000, n. 318 del Ministro dell'interno, escludendo, ai fini dell'applicazione dei parametri di riparto di cui agli articoli 3, 4 e 5 dello stesso regolamento, i comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti] (261).

 

7. Allo scopo di realizzare soluzioni integrate per lo sviluppo delle attività di controllo del territorio finalizzate a incrementare la sicurezza dei cittadini secondo modelli di polizia di prossimità:

 

a) l'incremento del contributo destinato all'unione di comuni di cui al comma 6, è aumentato di ulteriori 5 milioni di euro per l'esercizio in forma congiunta dei servizi di polizia locale, destinati a finalità di investimento (262);

 

b) gli enti locali, nell'àmbito dei propri poteri pianificatori del territorio, possono prevedere che le sedi di servizio e caserme occorrenti per la realizzazione dei presìdi di polizia siano inserite tra le opere di urbanizzazione secondaria. A tal fine, il decreto ministeriale di cui all'articolo 41-quinquies della legge 17 agosto 1942, n. 1150, può prevedere, su proposta del Ministro dell'interno, la quantità complessiva di spazi pubblici da destinare prioritariamente all'insediamento delle predette sedi di servizio o caserme;

 

c) l'Amministrazione della pubblica sicurezza provvede all'adeguamento funzionale ed all'avvio del programma di ridislocazione dei presìdi di polizia, contestualmente alla progressiva ridotazione delle risorse occorrenti, determinate in 25 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005.

 

8. Per l'anno 2003 l'aliquota di compartecipazione dei comuni al gettito dell'IRPEF di cui all'articolo 67, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, come sostituito dall'articolo 25, comma 5, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, è stabilita nella misura del 6,5 per cento. Per lo stesso anno 2003 è istituita per le province una compartecipazione al gettito dell'IRPEF nella misura dell'1 per cento del riscosso in conto competenza affluito al bilancio dello Stato per l'esercizio 2002, quali entrate derivanti dall'attività ordinaria di gestione iscritte al capitolo 1023. Per le province si applicano le modalità di riparto e di attribuzione previste per i comuni dalla richiamata normativa (263).

 

9. Al comma 6 dell'articolo 67 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, dopo le parole: «Per i comuni» sono inserite le seguenti: «e le province» e, alla fine del periodo, le parole: «e comuni» sono sostituite dalle seguenti: «, province e comuni».

 

10. A decorrere dal 1° gennaio 2003, le basi di calcolo dei sovracanoni di cui all'articolo 27, comma 10, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, sono fissate rispettivamente in 18 euro e 4,50 euro (264).

 

11. Fermo restando quanto previsto per l'anno 2002 dal comma 11 dell'articolo 53 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, come sostituito dall'articolo 26 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, a decorrere dall'anno 2003, il fondo per lo sviluppo degli investimenti degli enti locali di cui all'articolo 28, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, è determinato annualmente nella misura necessaria all'attribuzione dei contributi sulle rate di ammortamento dei mutui ancora in essere e dei mutui contratti o concessi ai sensi dell'articolo 46-bis del decreto-legge 23 febbraio 1995, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 1995, n. 85.

 

12. Nei confronti degli enti locali per i quali, a motivo dell'inesistenza o insufficienza dei trasferimenti erariali spettanti per gli anni 1999 e seguenti, non si è reso possibile operare in tutto o in parte le riduzioni dei trasferimenti previste dalle disposizioni di cui all'articolo 61 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, all'articolo 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124, e all'articolo 10, comma 11, della legge 13 maggio 1999, n. 133, al completamento di tali riduzioni si provvede:

 

a) per i comuni, per l'anno 2003, in sede di erogazione da parte del Ministero dell'interno della compartecipazione al gettito IRPEF 2003 di cui all'articolo 67 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, nella misura stabilita dal comma 8 del presente articolo o, in caso di insufficienza della quota di compartecipazione, in sede di erogazione delle somme eventualmente spettanti a titolo di addizionale all'IRPEF. Le somme così recuperate sono portate, con apposito decreto del Ministro dell'interno, in aumento della dotazione del pertinente capitolo 1316 dello stato di previsione del proprio Ministero, ai sensi dell'articolo 2, comma 4-quinquies, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni;

 

b) per le province, a decorrere dall'anno 2003, all'atto della devoluzione alle stesse del gettito d'imposta RC auto da parte dei concessionari e sulla base degli importi all'uopo comunicati per ciascuna provincia dal Ministero dell'interno. Le somme recuperate sono annualmente versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere successivamente riassegnate, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, al pertinente capitolo 1316 dello stato di previsione del Ministero dell'interno (265).

 

13. Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti i criteri e le modalità per l'applicazione delle disposizioni di cui al comma 12 (266).

 

14. Per il recupero di somme a qualunque titolo dovute dagli enti locali, il Ministero dell'interno è autorizzato a decurtare i trasferimenti erariali spettanti nella misura degli importi dovuti o, in caso di insufficienza dei trasferimenti, a prelevare gli importi dalle somme spettanti a titolo di compartecipazione al gettito dell'IRPEF. È fatta salva la facoltà, su richiesta dell'ente, di procedere alla rateizzazione fino a tre anni degli importi dovuti, ai sensi dell'articolo 8, comma 3, del decreto-legge 1° luglio 1986, n. 318, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 1986, n. 488, e successive modificazioni, ovvero, in caso di incapienza dei trasferimenti erariali e delle somme spettanti a titolo di compartecipazione al gettito dell'IRPEF, di procedere alla rateizzazione in dieci annualità decorrenti dall'esercizio successivo a quello della determinazione definitiva dell'importo da recuperare (267).

 

15. In attesa che venga data attuazione al titolo V della parte seconda della Costituzione e che venga formulata la proposta al Governo dall'Alta Commissione di cui all'articolo 3, comma 1, lettera b), della presente legge, in ordine ai princìpi generali del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, le disposizioni del titolo VIII della parte II del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, che disciplinano l'assunzione di mutui per il risanamento dell'ente locale dissestato, nonché la contribuzione statale sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione nei confronti degli enti locali che hanno deliberato lo stato di dissesto finanziario a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 del 2001. Resta ferma per tali enti la facoltà di assumere mutui, senza oneri a carico dello Stato, per il finanziamento di passività correlate a spese di investimento, nonché per il ripiano di passività correlate a spese correnti purché queste ultime siano maturate entro la data di entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 del 2001. Al fine di agevolare la gestione liquidatoria degli enti locali in stato di dissesto finanziario, dichiarato a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 del 2001 e fino al 31 dicembre 2003, è stanziata la somma annua di 600.000 euro per il triennio 2004-2006. Il contributo annuale spettante al singolo ente, erogato dal Ministero dell'interno in base alla popolazione residente, è acquisito ed utilizzato dall'organo straordinario della liquidazione per il finanziamento della massa passiva rilevata (268).

 

16. In deroga alle disposizioni dell'articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212, concernente l'efficacia temporale delle norme tributarie, i termini per la liquidazione e l'accertamento dell'imposta comunale sugli immobili, che scadono il 31 dicembre 2002, sono prorogati al 31 dicembre 2003, limitatamente alle annualità d'imposta 1998 e successive.

 

17. ... (269).

 

18. L'esenzione degli immobili destinati ai compiti istituzionali posseduti dai consorzi tra enti territoriali, prevista all'articolo 7, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, ai fini dell'imposta comunale sugli immobili, si deve intendere applicabile anche ai consorzi tra enti territoriali ed altri enti che siano individualmente esenti ai sensi della stessa disposizione.

 

19. L'INPS, sulla scorta dei dati del Casellario delle pensioni, comunica le informazioni ricevute dai comuni agli enti erogatori di trattamenti pensionistici per gli adempimenti di competenza . Il Casellario delle pensioni mette a disposizione dei comuni le proprie banche dati (270).

 

20. I comuni, quando attribuiscono ad un terreno la natura di area fabbricabile, ne danno comunicazione al proprietario a mezzo del servizio postale con modalità idonee a garantirne l'effettiva conoscenza da parte del contribuente.

 

21. All'articolo 11, comma 1, lettera a), del regolamento recante norme per la elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158, le parole: «tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «quattro anni».

 

22. Le disposizioni previste dall'articolo 27, comma 2, della legge 29 aprile 1949, n. 264, e successive modificazioni, non si intendono applicabili per le esigenze dirette a sopperire, per un periodo non superiore a quindici giorni, alle necessità di erogazione di servizi pubblici essenziali da parte degli enti territoriali (271).

 

 

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(261)  Periodo soppresso dall'art. 1-quater, D.L. 31 marzo 2003, n. 50, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(262)  Per le modalità di assegnazione del contributo di cui alla presente lettera vedi il D.M. 23 dicembre 2003.

 

(263)  Le disposizioni di cui al presente comma sono state confermate, per l'anno 2004, dall'art. 2, comma 18, L. 24 dicembre 2003, n. 350; per l'anno 2005, dall'art. 1, comma 65, L. 30 dicembre 2004, n. 311; per l'anno 2006, dall'art. 1, comma 152, L. 23 dicembre 2005, n. 266; per l'anno 2007, dall'art. 1, comma 697, L. 27 dicembre 2006, n. 296; per l'anno 2008, dall'art. 2, comma 3, L. 24 dicembre 2007, n. 244; per l'anno 2009, dal comma 3 dell'art. 2-quater, D.L. 7 ottobre 2008, n. 154, aggiunto dalla relativa legge di conversione.

(264)  La Corte costituzionale, con sentenza 8-22 luglio 2004, n. 261 (Gazz. Uff. 28 luglio 2004, n. 29, 1ª Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, comma 10, sollevata in riferimento all'art. 117, terzo e quarto comma, della Costituzione.

(265) Vedi, anche, il comma 231 dell’art. 2, L. 23 dicembre 2009, n. 191.

(266) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 17 novembre 2003, n. 372. Vedi, anche, il comma 231 dell’art. 2, L. 23 dicembre 2009, n. 191.

(267)  Sui limiti di applicabilità delle disposizioni di cui al presente comma vedi l'art. 3, comma 37, L. 24 dicembre 2003, n. 350.

(268)  Comma prima modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24 dicembre 2003, n. 350, e poi così sostituito dall'art. 5, D.L. 29 marzo 2004, n. 80, come modificato dalla relativa legge di conversione.

(269)  Sostituisce i numeri 4) e 4-bis) all'art. 8, comma 1, lettera d), D.L. 27 ottobre 1995, n. 444.

(270)  Comma così modificato dal comma 14 dell'art. 20, D.L. 25 giugno 2008, n. 112. Vedi, anche, l'art. 46, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.

(271)  Vedi, anche, il comma 14-ter dell'art. 39, D.L. 30 settembre 2003, n. 269, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

 


 

D.L. 30 dicembre 2004, n. 314, conv. con mod. L 1° marzo 2005, n. 26.
Proroga di termini.
(art. 1)

 

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 31 dicembre 2004, n. 306 e convertito in legge, con modificazioni, dall'art.1, L. 1 marzo 2005, n. 26 (Gazz. Uff. 2 marzo 2005, n. 50), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

(2)  Con riferimento al presente provvedimento è stata emanata la seguente istruzione:

- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Msg. 25 marzo 2005, n. 13105.

 

 

Art. 1.

Bilanci di previsione degli enti locali.

1. Il termine per la deliberazione del bilancio di previsione per l'anno 2005 da parte degli enti locali è prorogato al 31 marzo 2005 (3).

 

1-bis. Ai fini dell'approvazione del bilancio di previsione degli enti locali e della verifica della salvaguardia degli equilibri di bilancio si applicano, per l'anno 2005, le disposizioni di cui all'articolo 1, commi 2 e 3, del decreto-legge 29 marzo 2004, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 2004, n. 140 (4).

 

(omissis)

 

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(3)  Comma così modificato dalla legge di conversione 1° marzo 2005, n. 26. Per l'ulteriore proroga del termine vedi l'art. 1, D.L. 31 marzo 2005, n. 44.

(4)  Comma aggiunto dalla legge di conversione 1° marzo 2005, n. 26. Vedi, anche, l'art. 1, D.L. 31 marzo 2005, n. 44, il comma 156 dell'art. 1, L. 23 dicembre 2005, n. 266, il comma 710 dell'art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296, il comma 1 dell'art. 2, L. 24 dicembre 2007, n. 244 e il comma 1 dell'art. 2-quater, D.L. 7 ottobre 2008, n. 154, aggiunto dalla relativa legge di conversione.

 

(omissis)

 


 

D.L. 1 ottobre 2007, n. 159 conv. con mod. L. 29 novembre 2007, n. 222.
Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale.
(art. 11)

 

(1) (2)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 2 ottobre 2007, n. 229.

(2) Convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, L. 29 novembre 2007, n. 222 (Gazz. Uff. 30 novembre 2007, n. 279, S.O.), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

 

(omissis)

Art. 11.

Estinzioni anticipate di prestiti.

1. Per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, a valere sul fondo ordinario di cui all'articolo 34, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, sono attribuiti, fino all'importo di 30 milioni di euro annui, contributi per incentivare l'utilizzo dell'avanzo di amministrazione per l'estinzione anticipata di mutui e prestiti obbligazionari da parte di province e comuni. I contributi sono corrisposti, ai comuni e alle province che ne fanno richiesta, per far fronte agli indennizzi correlati strettamente alle estinzioni anticipate effettuate negli anni 2007, 2008 e 2009 e sulla base di una certificazione, le cui modalità sono stabilite con decreto del Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, entro il 30 ottobre 2007. I contributi sono attribuiti fino alla concorrenza del complessivo importo di 90 milioni di euro per il triennio 2007-2009 (40).

 

 

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(40) Comma così modificato dalla legge di conversione 29 novembre 2007, n. 222. Con D.M. 13 febbraio 2008 (Gazz. Uff. 7 marzo 2008, n. 57) sono state stabilite le modalità previste dal presente comma.

 

 (omissis)


 

D.L. 7 ottobre 2008, n. 154, conv. con mod. L. 4 dicembre 2008, n. 189.
Disposizioni urgenti per il contenimento della spesa sanitaria e in materia di regolazioni contabili con le autonomie locali.
(art. 2-quater)

 

(1) (2)

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 7 ottobre 2008, n. 235.

(2) Convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 4 dicembre 2008, n. 189.

 

(omissis)

Art. 2-quater.

Disposizioni per gli enti locali (13)

1.  Ai fini dell'approvazione del bilancio di previsione degli enti locali e della verifica della salvaguardia degli equilibri di bilancio, sono confermate, per l'anno 2009, le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 1-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2004, n. 314, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° marzo 2005, n. 26.

 

2.  Per l'anno 2009 i trasferimenti erariali in favore di ogni singolo ente sono determinati in base alle disposizioni recate dall'articolo 2, comma 2, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, ed alle modifiche delle dotazioni dei fondi successivamente intervenute.

 

3.  Le disposizioni in materia di compartecipazione provinciale al gettito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche di cui all'articolo 31, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, confermate per l'anno 2008 dall'articolo 2, comma 3, della legge n. 244 del 2007, sono prorogate per l'anno 2009.

 

4.  All'articolo 160, comma 1, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, la lettera e) è sostituita dalla seguente:

«e) i modelli relativi al conto del bilancio e la tabella dei parametri gestionali;».

 

5.  All'articolo 161, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, il secondo periodo è sostituito dal seguente: «Le certificazioni sono firmate dal segretario, dal responsabile del servizio finanziario e dall'organo di revisione economico-finanziario».

 

6.  Al testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono apportate le seguenti modifiche:

 

a)  all'articolo 151, comma 7, le parole: «30 giugno» sono sostituite dalle seguenti: «30 aprile»;

b)  all'articolo 226, comma 1, le parole: «due mesi» sono sostituite dalle seguenti: «30 giorni»;

c)  all'articolo 227, comma 2, primo periodo, le parole: «30 giugno» sono sostituite dalle seguenti: «30 aprile»;

d)  all'articolo 233, comma 1, le parole: «due mesi» sono sostituite dalle seguenti: «30 giorni».

 

7.  Le dichiarazioni di cui all'articolo 2, comma 4, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'interno 1° luglio 2002, n. 197, attestanti il minor gettito dell'imposta comunale sugli immobili derivante da fabbricati del gruppo catastale D per ciascuno degli anni 2005 e precedenti, anche se già presentate, devono essere trasmesse al Ministero dell'interno, a pena di decadenza, entro il 31 gennaio 2009 ed essere corredate da un'attestazione a firma del responsabile del servizio finanziario dell'ente locale, nonché asseverate dall'organo di revisione, che evidenzi le minori entrate registrate per ciascuno degli anni 2005 e precedenti e i relativi contributi statali a tale titolo comunicati.

 

 

 

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(13) Articolo inserito dalla legge di conversione 4 dicembre 2008, n. 189.

 

(omissis)

 


 

L. 23 dicembre 2009, n. 191.
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010).
(art. 2, commi 23, 183-187).

 

(1)

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 30 dicembre 2009, n. 302, S.O.

(omissis)

Art. 2.

(Disposizioni diverse)

comma 23.  Per gli anni 2010, 2011 e 2012 sono prorogate le disposizioni di cui all’ articolo 1, comma 703, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, con una riduzione complessiva dei relativi stanziamenti pari a 10 milioni di euro per ciascuno degli anni indicati. Con decreto del Ministero dell’interno, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, si provvede alla corrispondente rideterminazione dell’ammontare dei contributi spettanti ai singoli enti interessati.

 

Comma 183.  Il contributo ordinario base spettante agli enti locali a valere sul fondo ordinario di cui all’ articolo 34, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, è ridotto per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012, rispettivamente di 1 milione di euro, di 5 milioni di euro e di 7 milioni di euro per le province e di 12 milioni di euro, di 86 milioni di euro e di 118 milioni di euro per i comuni. Il Ministro dell’interno, con proprio decreto, provvede per ciascuno degli anni alla corrispondente riduzione, in proporzione alla popolazione residente, del contributo ordinario spettante ai singoli enti per i quali nel corso dell’anno ha luogo il rinnovo dei rispettivi consigli. Le regioni a statuto speciale provvedono ad adottare le disposizioni idonee a perseguire le finalità di cui ai commi da 184 a 187 in conformità ai rispettivi statuti e alle relative norme di attuazione.

 

Comma 184.  In relazione alle riduzioni del contributo ordinario di cui al comma 183, il numero dei consiglieri comunali è ridotto del 20 per cento. L’entità della riduzione è determinata con arrotondamento all’unità superiore.

 

Comma 185.  Il numero massimo degli assessori comunali è determinato, per ciascun comune, in misura pari a un quarto del numero dei consiglieri del comune, con arrotondamento all’unità superiore. Il numero massimo degli assessori provinciali è determinato, per ciascuna provincia, in misura pari a un quinto del numero dei consiglieri della provincia, con arrotondamento all’unità superiore.

 

Comma 186.  In relazione alle riduzioni del contributo ordinario di cui al comma 183, i comuni devono altresì adottare le seguenti misure:

 

a)  soppressione della figura del difensore civico di cui all’ articolo 11 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;

b)  soppressione delle circoscrizioni di decentramento comunale di cui all’ articolo 17 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, e successive modificazioni;

c)  possibilità di delega da parte del sindaco dell’esercizio di proprie funzioni a non più di due consiglieri, in alternativa alla nomina degli assessori, nei comuni con popolazione non superiore a 3.000 abitanti;

d)  soppressione della figura del direttore generale;

e)  soppressione dei consorzi di funzioni tra gli enti locali, facendo salvi i rapporti di lavoro a tempo indeterminato esistenti, con assunzione delle funzioni già esercitate dai consorzi soppressi e delle relative risorse e con successione ai medesimi consorzi in tutti i rapporti giuridici e ad ogni altro effetto.

 

Comma 187.  A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, lo Stato cessa di concorrere al finanziamento delle comunità montane previsto dall’ articolo 34 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e dalle altre disposizioni di legge relative alle comunità montane. Nelle more dell’attuazione della legge 5 maggio 2009, n. 42, il 30 per cento delle risorse finanziarie di cui al citato articolo 34 del decreto legislativo n. 504 del 1992 e alle citate disposizioni di legge relative alle comunità montane è assegnato ai comuni montani e ripartito tra gli stessi con decreto del Ministero dell’interno. Ai fini di cui al secondo periodo sono considerati comuni montani i comuni in cui almeno il 75 per cento del territorio si trovi al di sopra dei 600 metri sopra il livello del mare.

 

(omissis)

 


Allegato

 


N. 3118

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

______________________________

DISEGNO DI LEGGE

 

PRESENTATO DAL MINISTRO PER LA SEMPLIFICAZIONE NORMATIVA

(CALDEROLI)

DAL MINISTRO DELL’INTERNO

(MARONI)

DAL MINISTRO PER LE RIFORME PER IL FEDERALISMO

(BOSSI)

E DAL MINISTRO PER I RAPPORTI CON LE REGIONI

(FITTO)

DI CONCERTO CON IL MINISTRO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

(TREMONTI)

E CON IL MINISTRO PER LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E L’INNOVAZIONE

(BRUNETTA)

¾

 

Individuazione delle funzioni fondamentali di Province e Comuni,
semplificazione dell’ordinamento regionale e degli enti locali, nonché delega al Governo in materia di trasferimento di funzioni
amministrative, Carta delle autonomie locali, razionalizzazione
delle Province e degli Uffici territoriali del Governo. Riordino
di enti ed organismi decentrati

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

Presentata il 13 gennaio 2010

¾¾¾¾¾¾¾¾

 

(omissis)

 


disegno di legge

¾¾¾

 

 

Capo V

SOPPRESSIONI E ABROGAZIONI RELATIVE AD ENTI E ORGANISMI

 

Art. 16.

(Soppressione dei difensori civici comunali).

1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, è soppressa la figura del difensore civico di cui all'articolo 11 del testo unico, ad eccezione di quello delle province. Le funzioni dei difensori civici comunali possono essere attribuite ai difensori civici della provincia nel cui territorio rientra il relativo comune, che assumono la denominazione di «difensori civici territoriali».

2. I difensori civici territoriali sono competenti a garantire l'imparzialità e il buon andamento della pubblica amministrazione segnalando, anche di propria iniziativa, gli abusi, le disfunzioni, le carenze e i ritardi dell'amministrazione nei confronti dei cittadini. La loro competenza, in tali ambiti, riguarda le attività dell'amministrazione provinciale e comunale.

3. Fatto salvo quanto previsto dal comma 1, i difensori civici eletti ai sensi dell'articolo 11 del testo unico e in carica alla data di entrata in vigore della presente legge cessano dalle proprie funzioni alla scadenza del proprio incarico.

4. I comuni, con apposita convenzione con la provincia, possono assicurare la difesa civica ai cittadini nei confronti della propria amministrazione. In tal caso, la difesa civica è attribuita ai difensori civici territoriali di cui al comma 1.

Art. 18.

(Soppressione delle circoscrizioni di decentramento comunale).

1. Ad eccezione dei comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti, sono soppresse le circoscrizioni comunali di cui all'articolo 17 del testo unico.

2. I comuni provvedono a disciplinare gli effetti conseguenti alle soppressioni di cui al comma 1 con riguardo alla ripartizione delle risorse umane, finanziarie e strumentali. I comuni succedono alle circoscrizioni soppresse in tutti i rapporti giuridici e ad ogni altro effetto, anche processuale, e in relazione alle obbligazioni si applicano i princìpi della solidarietà attiva e passiva.

3. Le soppressioni di cui al comma 1 e le disposizioni di cui al comma 2 si applicano, per le circoscrizioni comunali esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge, a decorrere dalla cessazione dei rispettivi organi in carica alla medesima data.

4. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, nei comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti possono essere istituite circoscrizioni di decentramento, quali organismi di partecipazione, di consultazione e di gestione di servizi di base, nonché di esercizio delle funzioni delegate dal comune. In ogni caso, gli organi delle circoscrizioni di decentramento di cui al primo periodo non possono essere composti da un numero di componenti superiore a otto nei comuni con popolazione inferiore a 500.000 abitanti e da un numero di componenti superiore a dodici nei comuni con popolazione pari o superiore a 500.000 abitanti. Nei comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti, il limite del numero dei componenti di cui al secondo periodo si applica dalla data di cessazione degli organi delle circoscrizioni in carica alla medesima data.

5. Dalla data di entrata in vigore della presente legge, i componenti degli organi delle circoscrizioni non soppresse ai sensi del comma 1 e quelli degli organi delle circoscrizioni di nuova istituzione hanno diritto a percepire, per la partecipazione alle sedute dei rispettivi organi di appartenenza, esclusivamente un unico gettone di presenza, il cui ammontare è determinato ai sensi dell'articolo 82 del testo unico, e successive modificazioni. Fermo restando quanto previsto dal citato articolo 82 del testo unico, e successive modificazioni, in nessun caso l'ammontare percepito può superare l'importo spettante al consigliere comunale.

6. Sono abrogati i commi 1, 3 e 5 dell'articolo 17 del testo unico.

Art. 19.

(Soppressione dei consorzi tra enti locali).

1. A decorrere dal trecentosessantacinquesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge, sono soppressi tutti i consorzi tra gli enti locali per l'esercizio di funzioni. A decorrere dalla stessa data cessano conseguentemente dalle proprie funzioni gli organi dei medesimi consorzi. Sono esclusi dalla soppressione di cui al primo periodo i consorzi che, alla data di entrata in vigore della presente legge, gestiscono uno o più servizi ai sensi dell'articolo 31 del testo unico, e successive modificazioni. Sono altresì esclusi dalla soppressione i bacini imbriferi montani.

      2. Le regioni, al fine di concorrere agli obiettivi di contenimento della spesa pubblica, possono conferire con propria legge, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le funzioni già spettanti a tutti i consorzi tra gli enti locali sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. Le regioni disciplinano gli effetti conseguenti all'applicazione delle disposizioni di cui al comma 1 con riguardo al trasferimento e alla ripartizione dei beni e delle risorse umane, finanziarie e strumentali, facendo salvi i rapporti di lavoro a tempo indeterminato esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge, e assicurano che i trasferimenti avvengano entro un anno dalla medesima data di entrata in vigore. I comuni, le province o le regioni succedono a tutti i consorzi soppressi in tutti i rapporti giuridici e ad ogni altro effetto, anche processuale, e in relazione alle obbligazioni si applicano i princìpi della solidarietà attiva e passiva.
      3. Le disposizioni del comma 2 si applicano soltanto ai consorzi che non sono costituiti esclusivamente da enti locali. Per i consorzi costituiti esclusivamente da enti locali spetta a questi ultimi la regolazione degli effetti conseguenti al loro scioglimento.

Capo VI

ORGANI DEGLI ENTI LOCALI

 

Art. 20.

(Composizione dei consigli).

1. L'articolo 37 del testo unico è sostituito dal seguente:

«Art. 37. - (Composizione dei consigli). - 1. Il consiglio comunale è composto dal sindaco e:

a) da 45 membri nei comuni con popolazione superiore ad 1 milione di abitanti;

b) da 40 membri nei comuni con popolazione superiore a 500.000 abitanti;

c) da 37 membri nei comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti;

d) da 32 membri nei comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti o che, pur avendo popolazione inferiore, siano capoluoghi di provincia;

e) da 22 membri nei comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti;

f) da 15 membri nei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti;

g) da 12 membri nei comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti;

h) da 10 membri nei comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti;

i) da 8 membri nei comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti.

2. Il consiglio provinciale è composto dal presidente della provincia e:

a) da 36 membri nelle province con popolazione residente superiore a 1.400.000 abitanti;

b) da 30 membri nelle province con popolazione residente compresa tra 700.001 e 1.400.000 abitanti;

c) da 24 membri nelle province con popolazione residente compresa tra 300.000 e 700.000 abitanti;

d) da 20 membri nelle altre province.

3. Il presidente della provincia e i consiglieri provinciali rappresentano l'intera provincia.

4. La popolazione è determinata in base ai risultati dell'ultimo censimento ufficiale».

Art. 21.

(Composizione delle giunte).

1. All'articolo 47 del testo unico sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 36, comma 1, secondo periodo, la Giunta comunale e la Giunta provinciale sono composte rispettivamente dal sindaco e dal presidente della provincia, che le presiedono, e da un numero di assessori, stabilito dagli statuti, che non deve essere superiore a quanto stabilito, per ciascuna fascia di popolazione, dal comma 5»;

b) il comma 5 è sostituito dal seguente:

«5. Fino all'adozione delle norme statutarie di cui al comma 1, le giunte comunali e provinciali sono composte da un numero di assessori stabilito rispettivamente nelle seguenti misure:

a) non superiore a 2 nei comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti; non superiore a 3 nei comuni con popolazione compresa tra 3.001 e 30.000 abitanti; non superiore a 5 nei comuni con popolazione compresa tra 30.001 e 100.000 abitanti; non superiore a 8 nei comuni con popolazione compresa tra 100.001 e 250.000 abitanti e nei comuni capoluoghi di provincia con popolazione inferiore a 100.001 abitanti; non superiore a 9 nei comuni con popolazione compresa tra 250.001 e 500.000 abitanti e non superiore a 10 nei comuni con popolazione compresa tra 500.001 e 1 milione di abitanti; non superiore a 12 nei comuni con popolazione superiore a 1 milione di abitanti;

b) non superiore a 4 per le province a cui sono assegnati 20 consiglieri; non superiore a 6 per le province a cui sono assegnati 24 consiglieri; non superiore a 8 per le province a cui sono assegnati 30 consiglieri; non superiore a 10 per le province a cui sono assegnati 36 consiglieri».

Capo VIII

DIRETTORE GENERALE DEGLI ENTI LOCALI

 

Art. 28.

(Direttore generale degli enti locali).

1. All'articolo 108 del testo unico sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo periodo del comma 1, le parole: «superiore ai 15.000 abitanti» sono sostituite dalle seguenti: «superiore ai 65.000 abitanti»;

b) al primo periodo del comma 3, le parole: «inferiore ai 15.000 abitanti» sono sostituite dalle seguenti: «inferiore ai 65.000 abitanti» e le parole: «i 15.000 abitanti» sono sostituite dalle seguenti: «i 65.000 abitanti».

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1]     Il limite massimo è stato ridotto a da 16 a 12 unità dalla legge finanziaria 2008, con decorrenza dalle successive elezioni amministrative (art. 2, comma 23, L. 244/2007).

[2]     In base al citato art. 47, comma 5, TUEL, fino all'adozione delle norme statutarie sul numero degli assessori, le giunte comunali e provinciali sono composte da un numero di assessori stabilito rispettivamente nelle seguenti misure:

      a)      non superiore a 4 nei comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti; non superiore a 6 nei comuni con popolazione compresa tra 10.001 e 100.000 abitanti; non superiore a 10 nei comuni con popolazione compresa tra 100.001 e 250.000 abitanti e nei capoluoghi di provincia con popolazione inferiore a 100.000 abitanti; non superiore a 12 nei comuni con popolazione compresa tra 250.001 e 500.000 abitanti: non superiore a 14 nei comuni con popolazione compresa tra 500.001 e 1.000.000 di abitanti e non superiore a 16 nei comuni con popolazione superiore a 1.000.000 di abitanti;

      b)     non superiore a 6 per le province a cui sono assegnati 24 consiglieri; non superiore a 8 per le province a cui sono assegnati 30 consiglieri; non superiore a 10 per le province a cui sono assegnati 36 consiglieri; non superiore a 12 per quelle a cui sono assegnati 45 consiglieri.

[3]     La rideterminazione dei collegi è stata operata con il D.P.R. 5 novembre 1993, n. 514 (province di Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Biella, Como, Bergamo, Lecco, Milano, Lodi, Forlì-Cesena, Rimini, Firenze, Prato, Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia); con il D.P.R. 16 dicembre 2003 (Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Brescia, Como, Cremona, Lecco, Lodi, Pavia, Padova, La Spezia, Ferrara, Forlì-Cesena, Livorno, Macerata, Pesaro e Urbino, Rieti, Roma, Viterbo, Campobasso, Benevento, Salerno, Lecce, Catanzaro, Cosenza e Reggio Calabria); con D.P.R. 25 giugno 2008 (Milano, Monza e della Brianza, Ascoli Piceno, Fermo, Bari, Foggia e Barletta-Andria-Trani); D.P.R. 6 aprile 2009 (Bari).

[4]    Costituzione e funzionamento degli organi regionali.

[5]    La maggior parte delle regioni definisce l’importo dell’indennità di carica come una percentuale dell'indennità lorda percepita dai componenti del Parlamento nazionale.

[6]    Per un esame dettagliato della normativa concernente il trattamento economico dei consiglieri, per ciascuna regione, limitatamente alla disciplina dettata dalle leggi regionali aggiornata al 2007, si v. il dossier del Servizio Studi “Costi della politica” del 5 giugno 2007 (n. 183/1).

[7]    Vanno distinte da tali due voci quelle relative ai rimborsi a vario titolo previsti (per le spese inerenti al rapporto tra eletto ed elettori e i supporti per lo svolgimento del mandato parlamentare; per le spese accessorie di viaggio e per i viaggi all’estero; per le spese telefoniche).

[8]     Legge 31 ottobre 1965, n. 1261, Determinazione dell’indennità spettante ai membri del Parlamento.

[9]     Legge 23 dicembre 2005 n. 266, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006).

[10]    I dati numerici riportati nella presente scheda sono pubblicati nei siti Internet della Camera dei deputati (http://www.camera.it/deputatism/4385/documentotesto.asp) e del Senato della Repubblica (http://www.senato.it/composizione/21593/132051/genpagina.htm).

[11] Le norme statutarie che dispongono che ai consiglieri regionali spetta una indennità stabilita dalla legge regionale per le regioni a statuto ordinario sono le seguenti: Abruzzo Statuto 28 dicembre 2006, art. 30; Calabria Statuto L.R. 19 ottobre 2004 n. 25, art. 24; Campania Statuto L.R. 28 maggio 2009 n. 6, art. 32; Emilia Romagna Statuto L.R. 13 marzo 2005 n. 13, art. 30; Lazio Legge statutaria 11 novembre 2004, n. 1, art. 28; Liguria Legge Statutaria 3 maggio 2005 n. 1, art. 32; Lombardia L.R.Stat. 30 agosto 2008, n. 1, art. 13; Marche Legge statutaria 8 marzo 2005, n. 1, art. 16; Piemonte Legge regionale statutaria 4 marzo 2005, n. 1 art. 18; Puglia Statuto L.R. 12-5-2004,n. 7 art. 38; Toscana Statuto (BUR 11/2/2005) art. 9; Umbria Statuto Legge regionale 16 aprile 2005 n. 21, art. 58.

[12] Friuli Venezia Giulia: L. cost. 1/1963 art. 19; Sardegna: L. cost. 3/1948 art. 26; Valle d’Aosta: L. cost. 4/1948 art. 25.

[13]Il comma 95 del emendamento 2.1375 del Governo prevedeva che «ai fini del coordinamento della finanza pubblica e per il contenimento della spesa pubblica, l'importo degli emolumenti e delle utilità, comunque denominati, ivi compresi l'indennità di funzione, l'indennità di carica, l'indennità di fine mandato, la diaria, il rimborso spese, l'assegno vitalizio a qualunque titolo percepiti dai consiglieri regionali in virtù del loro mandato, non possono eccedere complessivamente, in alcun caso, l'indennità spettante ai membri del Parlamento.»

[14] Al netto di quelle per la sanità e per la concessione dei crediti.

[15]   Più precisamente, l’art. 1, co. 1-bis, del D.L. n. 314/2004 richiama l'articolo 1, commi 2 e 3, del D.L. n. 80/2004 (legge n. 140/2004), che prevedeva l’applicazione, nell’esercizio finanziario 2005, delle disposizioni recate per l’anno 2002 dall’articolo 1 del D.L. 22 febbraio 2002, n. 13 (legge n. 75/2002).

[16]   In attesa di un complessivo riordino, i trasferimenti agli enti locali continuano ad essere disciplinati ai sensi del decreto legislativo n. 504/1992 (articoli 34-43). Secondo lo schema generale delineato dal citato decreto, lo Stato concorre al finanziamento dei bilanci diprovince e comuni con l'assegnazione dei seguenti fondi:

-        “Fondo ordinario”, in cui confluiscono la gran parte delle risorse destinate al finanziamento dei bilanci degli enti locali;

-        “Fondo consolidato”, in cui confluiscono i contributi erariali finalizzati da leggi speciali a specifici interventi;

-        “Fondo perequativo degli squilibri di fiscalità locale” (relativo, in particolare, ai problemi perequativi derivanti dall’ICI).

Per quanto concerne i trasferimenti in conto capitale, il D.Lgs. n. 504 prevede:

-         “Fondo nazionale ordinario per gli investimenti”, specificamente destinato al finanziamento di opere pubbliche di preminente interesse sociale ed economico, riservato per l’80% ai comuni con meno di 5.000 abitanti;

-        ”Fondo per lo sviluppo degli investimenti”, mantenuto tra le voci della contribuzione erariale esclusivamente per il finanziamento delle rate dei mutui stipulati anteriormente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 504/1992; la sua consistenza va pertanto riducendosi gradualmente a seguito della progressiva estinzione dell’indebitamento pregresso.

Risulta ormai soppresso il “Fondo nazionale speciale per gli investimenti”, finanziato con i proventi di competenza dello Stato derivanti della casa da gioco di Campione d'Italia e destinato prioritariamente alla realizzazione di opere pubbliche degli enti in condizioni di degrado o degli enti i cui organi siano stati disciolti per fenomeni di tipo mafioso.

[17]    Più precisamente, il citato articolo 24, nell’ambito della disciplina del Patto di stabilità interno per l’anno 2002, disponeva, al comma 9, una riduzione progressiva dei trasferimenti erariali correnti spettanti a comuni e province nel triennio 2002-2004, nell’ordine dell'1% nel 2002, del 2% nel 2003 e del 3% nel 2004, a valere sul complesso dei Fondi ordinario, perequativo e consolidato.

In base alla relazione tecnica al disegno di legge finanziaria per il 2002, il taglio progressivo dei trasferimenti correnti nei tre anni è stato quantificato in complessivi 339,2 milioni di euro.

[18]   Si ricorda, al riguardo, che l’articolo 2, comma 187, della legge n. 191/2009 (legge finanziaria per il 2010) ha disposto la cessazione del concorso dello Stato al finanziamento delle comunità montane previsto dall’articolo 34 del D.Lgs. 504/1992 (contributo ordinario) e da ogni altra disposizione di legge relativa alle comunità montane.

[19]    A tal fine, le risorse che vengono considerate sono quelle costituite dai contributi ordinari (al netto della mobilità del personale, del rimborso per i minori introiti derivanti dall’imposta sulle insegne d’esercizio e del contributo per la fusione dei comuni), consolidati e perequativi attribuiti nel 2003, maggiorati, per i comuni, dal gettito dell’I.C.I. parametrato all’aliquota del 4 per mille (a suo tempo detratto dai trasferimenti) e dei maggiori introiti derivanti dall’addizionale energetica.

[20]    La compartecipazione al gettito dell’imposta sul reddito delle persone fisiche è stata istituita, per i comuni, dall’art. 67, comma 3, della legge n. 388/2000 (finanziaria per il 2001), per il solo anno 2002. La disciplina è stata successivamente modificata dall’art. 25, comma 5, della legge n. 448/2001 (finanziaria per il 2002) ed estesa all’anno 2003, come entrata transitoria per i comuni, in attesa della piena applicazione della disciplina dell’addizionale all’IRPEF, di cui al decreto legislativo n. 360/1998. L’aliquota di compartecipazione, inizialmente fissata al 4,5% del riscosso in conto competenza affluente al bilancio dello Stato per l’esercizio finanziario precedente, è stata aumentata al 6,5% per l’anno 2003 dall’art. 31, comma 8, della legge n. 289/2002 (finanziaria 2003). La medesima disposizione ha altresì istituito, per lo stesso anno 2003, una compartecipazione al gettito dell’IRPEF anche per le province, nella misura dell’1%, in tutto analoga a quella già attuata per i comuni.

[21]   Le somme anticipate dalla Cassa Depositi e prestiti sono state restituite ai sensi del D.L. n. 154/2008, che all’articolo 5, comma 1, ha previsto l’attribuzione al comune di Roma di un contributo di 500 milioni per l’anno 2008, finalizzato proprio al rimborso alla Cassa della somma erogata a titolo di anticipazione ai sensi dell’art. 78 del D.L. n. 112/2008.

[22]   Il Fondo, istituito con una dotazione di 51,6 milioni di euro per il solo anno 2002, era finalizzato all’adozione urgente di misure di salvaguardia ambientale e di sviluppo socio-economico delle isole minori, individuate tra gli ambiti territoriali singolarmente indicati nell’allegato “A” annesso alla legge finanziaria medesima. La tipologia ed i settori degli interventi ammessi ad accedere al Fondo per la tutela e lo sviluppo economico-sociale delle isole minori sono stati individuati con il D.P.C.M. 7 marzo 2003; i criteri e le modalità di accesso al Fondo sono stati stabiliti con D.M. Interno 15 marzo 2004, n. 163.

[23]   Natura 2000 è il nome che il Consiglio dei Ministri dell'Unione Europea ha assegnato ad un sistema coordinato e coerente (una "rete") di aree destinate alla conservazione della diversità biologica presente nel territorio dell'Unione stessa, ed in particolare alla tutela di una serie di habitat e specie animali e vegetali indicati negli allegati I e II della Direttiva "Habitat", nonché delle specie di cui all'allegato I della Direttiva "Uccelli" e delle altre specie migratrici che tornano regolarmente in Italia. La Rete Natura 2000, ai sensi della Direttiva "Habitat" (art. 3), è costituita dalle Zone Speciali di Conservazione (ZSC) e dalle Zone di Protezione Speciale (ZPS). Attualmente la "rete" è composta da due tipi di aree: le Zone di Protezione Speciale, previste dalla Direttiva "Uccelli", e i Siti di Importanza Comunitaria proposti (pSIC); tali zone possono avere tra loro diverse relazioni spaziali, dalla totale sovrapposizione alla completa separazione.(cfr.http://www2.minambiente.it/sito/settori_azione/scn/rete_natura2000/rete_natura2000.asp.).

[24]   L’ANCIM (Associazione Nazionale Comuni Isole Minori) è stata fondata ufficialmente l’8 giugno 1986 all’isola del Giglio. L’Associazione rappresenta 36 comuni.

[25]   Documento che al momento non risulta reperibile sul sito ANCIM.

[26]   Capitolo 1316 dello stato di previsione del Ministero dell’Interno.

[27] Art. 2, comma 41 della L. n. 244/2007.

[28] Cfr. l’allegato 1 al citato DL.