Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica - D.L. 92/2008 - A.C. 1366 - Normativa di riferimento
Riferimenti:
AC N. 1366/XVI   DL N. 92 DEL 23-MAG-08
Serie: Progetti di legge    Numero: 14    Progressivo: 1
Data: 27/06/2008
Descrittori:
ORDINE PUBBLICO   PUBBLICA SICUREZZA
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni
II-Giustizia
Altri riferimenti:
L N. 125 DEL 24-LUG-08   AS N. 692/XVI


Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

SERVIZIO STUDI

 

Progetti di legge

Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica

D.L. 92/2008 - A.C. 1366

Normativa di riferimento

 

 

 

 

n. 14/1

 

 

26 giugno 2008

 


DIPARTIMENTO istituzioni

SIWEB

 

 

 

Dipartimento giustizia

SIWEB

 

 

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File: D08092a.doc

 

 


INDICE

Normativa di riferimento

§      Costituzione della Repubblica (artt. 77, 87)3

§      Codice di procedura civile (art. 163-bis)5

§      Codice penale (artt. 61, 62-bis, 98, 114, 157, 235, 240, 312, 381, 416-bis, 423-bis, 495, 496, 576, 589, 590, 624, 624-bis, 625, 629, 630, 648, 648-bis, 648-ter)7

§      Codice di procedura penale (artt. 4, 51, 148, 179, 260, 309, 328, 335, 349, 360, 364, 371-bis, 381, 392, 407, 444, 446, 449, 450, 453, 454, 455, 467, 599, 602, 656)29

§      Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del C.P.P. (art. 132-bis)60

§      Legge 27 dicembre 1956, n. 1423. Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità (artt. 3, 4)61

§      Legge 31 maggio 1965, n. 575. Disposizioni contro la mafia (artt. 1, 2, 2-bis, 2-ter, 3-bis, 3-quater, 10, 10-quater)64

§      D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43. Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale (art. 291-quater)73

§      Legge 22 maggio 1975, n. 152. Disposizioni a tutela dell'ordine pubblico (artt. 4, 18, 19)75

§      Legge 1° aprile 1981, n. 121. Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza (artt. 8, 9, 11, 13)77

§      Legge 24 novembre 1981, n. 689. Modifiche al sistema penale (art. 16)80

§      D.P.R. 3 maggio 1982, n. 378. Approvazione del regolamento concernente le procedure di raccolta, accesso, comunicazione, correzione, cancellazione ed integrazione dei dati e delle informazioni, registrati negli archivi magnetici del centro elaborazione dati di cui all'art. 8 della legge 1° aprile 1981, n. 121  82

§      Legge 3 agosto 1988, n. 327. Norme in materia di misure di prevenzione personali (art. 15)93

§      D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448. Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni (art. 25)94

§      Legge 19 marzo 1990, n. 55. Nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale (art. 14)96

§      D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309. Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza (artt. 73, 74, 80)97

§      D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285. Nuovo codice della strada (artt. 13, 22, 126-bis, 186, 187, 189, 210-219, 222, 223)102

§      D.L. 8 giugno 1992, n. 306, conv., con mod., Legge 7 agosto 1992, n. 356. Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa (artt. 12-quinquies, 12-sexies)139

§      D.L. 18 gennaio 1993, n. 8, conv., con mod., Legge 19 marzo 1993, n. 68. Disposizioni urgenti in materia di finanza derivata e di contabilità pubblica (art. 16-quater)143

§      D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286. Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (artt. 12, 13, 22, 26)144

§      D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (art. 54)161

§      D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274. Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell'articolo 14 della L. 24 novembre 1999, n. 468 (art. 4)164

§      Legge 26 marzo 2001, n. 128. Interventi legislativi in materia di tutela della sicurezza dei cittadini (artt. 17, 20)167

§      D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115. Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia (artt. 76, 93, 96)169

§      Legge 31 luglio 2006, n. 241. Concessione di indulto  172

§      D.Lgs. 6 febbraio 2007, n. 30. Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri (art. 20)175

§      Legge 18 marzo 2008, n. 48. Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla criminalità informatica, fatta a Budapest il 23 novembre 2001, e norme di adeguamento dell'ordinamento interno (art. 11)178

 

 


Normativa di riferimento

 


 

Costituzione della Repubblica
(artt. 77, 87)

 

Art. 77

Il Governo non può, senza delegazione delle Camere [Cost. 76], emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria.

 

Quando, in casi straordinari di necessità e d'urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni [Cost. 61, 62].

 

I decreti perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti (1).

 

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(1) Vedi l'art. 78, Reg. Senato 17 febbraio 1971 e l'art. 96-bis Reg. Camera 18 febbraio 1971.

 

 

Art. 87

Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l'unità nazionale.

 

Può inviare messaggi alle Camere [Cost. 74].

 

Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione [Cost. 61].

 

Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo [Cost. 71].

 

Promulga le leggi [Cost. 73, 74, 138] ed emana i decreti aventi valore di legge [Cost. 76, 77] e i regolamenti.

 

Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione [Cost. 75, 138].

 

Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato.

 

Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l'autorizzazione delle Camere [Cost. 80].

 

Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere [Cost. 78].

 

Presiede il Consiglio superiore della magistratura [Cost. 104].

 

Può concedere grazia e commutare le pene.

 

Conferisce le onorificenze della Repubblica (1).

 

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(1) Con D.P.R. 9 ottobre 2000 (Gazz. Uff. 14 ottobre 2000, n. 241) è stato approvato il modello dello stendardo del Presidente della Repubblica.

 

 


 

Codice di procedura civile
(art. 163-bis)

 

 

Art. 163-bis

Termini per comparire.

Tra il giorno della notificazione [c.p.c. 148] della citazione e quello dell'udienza di comparizione debbono intercorrere termini liberi [c.p.c. 155] non minori di novanta giorni se il luogo della notificazione si trova in Italia e di centocinquanta giorni se si trova all'estero (1).

 

Nelle cause che richiedono pronta spedizione il presidente può, su istanza dell'attore e con decreto motivato in calce dell'atto originale e delle copie della citazione, abbreviare fino alla metà i termini indicati dal primo comma (2).

 

Se il termine assegnato dall'attore ecceda il minimo indicato dal primo comma, il convenuto, costituendosi prima della scadenza del termine minimo, può chiedere al presidente del tribunale che, sempre osservata la misura di quest'ultimo termine, l'udienza per la comparizione delle parti sia fissata con congruo anticipo su quella indicata dall'attore [disp. att. c.p.c. 70, 70-bis]. Il presidente provvede con decreto, che deve essere comunicato dal cancelliere [c.p.c. 136] all'attore, almeno cinque giorni liberi prima dell'udienza fissata dal presidente (3) (4).

 

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(1) Comma prima sostituito, a far data dal 30 aprile 1995, dall'art. 8, L. 26 novembre 1990, n. 353 e poi così modificato dal comma 1 dell'art. 2, L. 28 dicembre 2005, n. 263. Il comma 4 dello stesso articolo 2, modificato dall'art. 39-quater, D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, convertito in legge, con modificazioni, con L. 23 febbraio 2006, n. 51, ha così disposto: «Le disposizioni dei commi 1, 2 e 3 entrano in vigore il 1° marzo 2006 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data di entrata in vigore.». Vedi, anche, l'art. 126 del Codice delle assicurazioni private di cui al D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209.

Il testo del presente comma in vigore prima della modifica disposta dalla citata legge n. 263 del 2005 era il seguente: «Tra il giorno della notificazione della citazione e quello dell'udienza di comparizione debbono intercorrere termini liberi non minori di sessanta giorni se il luogo della notificazione si trova in Italia e di centoventi giorni se si trova all'estero.».

Il testo del presente comma in vigore prima della sostituzione disposta dalla suddetta legge n. 353 del 1990 era il seguente: «Tra il giorno della notificazione della citazione e quello della comparizione debbono intercorrere termini liberi non minori:

di trenta giorni, se il luogo della notificazione si trova nella circoscrizione del tribunale adito;

di quaranta giorni, se il luogo della notificazione si trova fuori della circoscrizione del tribunale, ma entro quella della corte di appello dalla quale dipende;

di sessanta giorni se il luogo della notificazione si trova nella circoscrizione di altra corte di appello;

di novanta giorni, se il luogo della notificazione si trova in Stati europei o in territori posti nel bacino del Mediterraneo;

di centottanta giorni, se il luogo della notificazione si trova in altro Stato o in altro territorio soggetto alla sovranità italiana, e quando la notificazione è eseguita a norma dell'articolo 150».

(2) Vedi, anche, l'art. 126 del Codice delle assicurazioni private di cui al D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209.

(3) Articolo aggiunto dall'art. 8, L. 14 luglio 1950, n. 581.

La Corte costituzionale, con sentenza 4-11 giugno 1975, n. 138 (Gazz. Uff. 18 giugno 1975, n. 159), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 163-bis c.p.c., in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.

(4) Per la definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia vedi gli artt. 3 e 8, D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, in vigore dal 1° gennaio 2004.

 

 


 

Codice penale
(artt. 61, 62-bis, 98, 114, 157, 235, 240, 312, 381, 416-bis, 423-bis, 495, 496, 576, 589, 590, 624, 624-bis, 625, 629, 630, 648, 648-bis, 648-ter)

 

 

Art. 61

Circostanze aggravanti comuni (1)

Aggravano il reato quando non ne sono elementi costitutivi o circostanze aggravanti speciali [c.p. 68, 112, 628, 719] (2) le circostanze seguenti:

 

1. l'avere agito per motivi abietti o futili [c.p. 70, n. 2];

 

2. l'aver commesso il reato per eseguirne od occultarne un altro, ovvero per conseguire o assicurare a sé o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero la impunità di un altro reato [c.p. 70, n. 1];

 

3. l'avere, nei delitti colposi [c.p. 43], agito nonostante la previsione dell'evento [c.p. 70, n. 2];

 

4. l'avere adoperato sevizie, o l'aver agito con crudeltà verso le persone [c.p. 70, n. 2] (3);

 

5. l'avere profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona tali da ostacolare la pubblica o privata difesa (4);

 

6. l'avere il colpevole commesso il reato durante il tempo, in cui si è sottratto volontariamente alla esecuzione di un mandato o di un ordine di arresto o di cattura o di carcerazione spedito per un precedente reato [c.p.p. 296];

 

7. l'avere, nei delitti contro il patrimonio [c.p. 624] o che comunque offendono il patrimonio, ovvero nei delitti determinati da motivi di lucro, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di rilevante gravità [c.p. 70, n. 1];

 

8. l'avere aggravato o tentato di aggravare le conseguenze del delitto commesso (5);

 

9. l'avere commesso il fatto con abuso dei poteri, o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio, ovvero alla qualità di ministro di un culto;

 

10. l'avere commesso il fatto contro un pubblico ufficiale [c.p. 357] o una persona incaricata di un pubblico servizio [c.p. 358], o rivestita della qualità di ministro del culto cattolico o di un culto ammesso nello Stato, ovvero contro un agente diplomatico o consolare di uno Stato estero, nell'atto o a causa dell'adempimento delle funzioni o del servizio;

 

11. l'avere commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche, ovvero con abuso di relazioni di ufficio, di prestazione d'opera, di coabitazione, o di ospitalità (6);

 

11-bis. Se il fatto è commesso da soggetto che si trovi illegalmente sul territorio nazionale (7).

 

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(1) Vedi l'art. 24, L. 24 novembre 1981, n. 689, che modifica il sistema penale.

Vedi, anche, l'art. 4, L. 8 agosto 1977, n. 533, recante disposizioni in materia di ordine pubblico, come sostituito dall'art. 10, L. 26 marzo 2001, n. 128.

Vedi, inoltre, l'art. 1, D.L. 15 dicembre 1979, n. 625, convertito con modificazioni, in L. 6 febbraio 1980, n. 15, in tema di tutela dell'ordine democratico e della sicurezza pubblica. Le aggravanti stabilite in questo articolo non si applicano al delitto di infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale di cui al nuovo testo dell'art. 578 c.p.. Non si applicano gli artt. 1 e 4, della suddetta legge nelle ipotesi di associazione o di collaborazione nei reati di terrorismo e di eversione di cui agli artt. 2 e 3, L. 29 maggio 1982, n. 304, a difesa dell'ordinamento costituzionale. Vedi l'art. 8, L. 18 febbraio 1987, n. 34, sulla dissociazione dal terrorismo; gli artt. 9-17, D.L. 15 gennaio 1991, n. 8, in materia di sequestri di persona a scopo di estorsione e protezione di coloro che collaborano con la giustizia e il D.M. 12 agosto 1992, n. 396, sulle modalità per la gestione del Fondo di solidarietà per le vittime dell'estorsione.

(2) Vedi l'art. 74, L. 22 dicembre 1975, n. 685 e l'art. 80, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza.

(3) Vedi l'art. 6, D.L. 15 gennaio 1991, n. 8, in materia di sequestri di persona a scopo di estorsione e la protezione di coloro che collaborano con la giustizia.

(4) Vedi l'art. 6, D.L. 15 gennaio 1991, n. 8, in materia di sequestri di persona a scopo di estorsione e la protezione di coloro che collaborano con la giustizia.

(5) Vedi l'art. 6, D.L. 15 gennaio 1991, n. 8, in materia di sequestri di persona a scopo di estorsione e la protezione di coloro che collaborano con la giustizia.

(6) Vedi l'art. 6, D.L. 15 gennaio 1991, n. 8, in materia di sequestri di persona a scopo di estorsione e la protezione di coloro che collaborano con la giustizia.

(7) Numero aggiunto dalla lettera f) del comma 1 dell'art. 1, D.L. 23 maggio 2008, n. 92.

 

 

Art. 62-bis

Circostanze attenuanti generiche.

Il giudice, indipendentemente dalle circostanze previste nell'articolo 62, può prendere in considerazione altre circostanze diverse, qualora le ritenga tali da giustificare una diminuzione della pena. Esse sono considerate in ogni caso, ai fini dell'applicazione di questo capo, come una sola circostanza, la quale può anche concorrere con una o più delle circostanze indicate nel predetto articolo 62.

 

Ai fini dell'applicazione del primo comma non si tiene conto dei criteri di cui all'articolo 133, primo comma, numero 3), e secondo comma, nei casi previsti dall'articolo 99, quarto comma, in relazione ai delitti previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, nel caso in cui siano puniti con la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni (1).

 

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(1) Articolo aggiunto dall'art. 2, D.Lgs.Lgt. 14 settembre 1944, n. 288, sulla riforma della legislazione penale, e poi così sostituito dall'art. 1, L. 5 dicembre 2005, n. 251.

L'art. 3, L. 25 novembre 1962, n. 1634, recante modifiche relative all'ergastolo e alla liberazione condizionale, così stabilisce: «Il condannato all'ergastolo prima del ripristino delle attenuanti generiche di cui all'art. 2 del D.Lgs.Lgt. 14 settembre 1944, n. 288, può essere ammesso alla liberazione condizionale quando abbia effettivamente scontato almeno venticinque anni di pena».

Il testo del presente articolo, in vigore prima della sostituzione disposta dalla citata legge n. 251 del 2005, era il seguente: «Il giudice, indipendentemente dalle circostanze prevedute nell'articolo 62, può prendere in considerazione altre circostanze diverse, qualora le ritenga tali da giustificare una diminuzione della pena. Esse sono considerate in ogni caso, ai fini dell'applicazione di questo capo, come una sola circostanza, la quale può anche concorrere con una o più delle circostanze indicate nel predetto articolo 62.».

 

 

Art. 98

Minore degli anni diciotto. (1)

E' imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, aveva compiuto i quattordici anni, ma non ancora i diciotto [c.p. 112, n. 4], se aveva capacità d'intendere e di volere; ma la pena è diminuita [c.p. 65, 169, 222, 224, 225, 226, 227].

 

Quando la pena detentiva inflitta è inferiore a cinque anni, o si tratta di pena pecuniaria, alla condanna non conseguono pene accessorie [c.p. 19]. Se si tratta di pena più grave, la condanna importa soltanto l'interdizione dai pubblici uffici [c.p. 28] per una durata non superiore a cinque anni, e, nei casi stabiliti dalla legge, la sospensione dall'esercizio della patria potestà o dell'autorità maritale [c.p. 34] (2).

 

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(1) Vedi l'art. 2, L. 24 novembre 1981, n. 689, di modifica del sistema penale.

(2) Alla patria potestà è stata ora sostituita la potestà dei genitori, secondo la modifica introdotta all'art. 316 c.c. dall'art. 138, L. 19 maggio 1975, n. 151, sulla riforma del diritto di famiglia. L'istituto della potestà maritale, previsto invece dall'art. 144 c.c., è stato soppresso a seguito della sostituzione del detto articolo intervenuta dall'art. 26 della suddetta legge. L'art. 7, secondo comma, D.L. 13 maggio 1991, n. 152, in tema di pubblica sicurezza, come modificato dall'art. 5, L. 14 febbraio 2003, n. 34, ha così disposto: «Le circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114 del codice penale, concorrenti con l'aggravante di cui al comma 1 non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a questa e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall'aumento conseguente alla predetta aggravante». Vedi, anche, l'art. 3, D.L. 26 aprile 1993, n. 122, in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa. La Corte costituzionale, con sentenza 1-6 aprile 1993, n. 140 (Gazz. Uff. 14 aprile 1993, n. 16 - Prima serie speciale), ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità del combinato disposto degli artt. 22, 98, 65 e 69 del codice penale, in riferimento agli artt. 2, 3, primo comma, 10, primo comma e 31, secondo comma, Cost.

 

 

Art. 114

Circostanze attenuanti.

Il giudice, qualora ritenga che l'opera prestata da talune delle persone che sono concorse nel reato a norma degli articoli 110 e 113 abbia avuto minima importanza nella preparazione o nell'esecuzione del reato, può diminuire la pena [c.p. 65, 70].

 

Tale disposizione non si applica nei casi indicati nell'articolo 112 (1).

 

La pena può altresì essere diminuita per chi è stato determinato a commettere il reato o a cooperare nel reato, quando concorrono, le condizioni stabilite nei numeri 3 e 4 del primo comma e nel terzo comma (2) dell'articolo 112 [c.p. 118] (3).

 

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(1) Comma così modificato dall'art. 7, terzo comma, D.L. 31 dicembre 1991, n. 419, convertito con modificazioni in L. 18 febbraio 1992, n. 172, sull'istituzione del Fondo di sostegno per le vittime di estorsioni. Vedi, anche, il D.M. 12 agosto 1992, n. 396, recante modalità per la gestione del suddetto Fondo e il D.L. 27 settembre 1993, n. 382, convertito, con modificazioni, con L. 18 novembre 1993, n. 468.

(2) Comma così modificato dall'art. 7, terzo comma, D.L. 31 dicembre 1991, n. 419, convertito con modificazioni in L. 18 febbraio 1992, n. 172, sull'istituzione del Fondo di sostegno per le vittime di estorsioni. Vedi, anche, il D.M. 12 agosto 1992, n. 396, recante modalità per la gestione del suddetto Fondo e il D.L. 27 settembre 1993, n. 382, convertito, con modificazioni, con L. 18 novembre 1993, n. 468.

(3) Vedi l'art. 82, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di stupefacenti e sostanze psicotrope. L'art. 7, secondo comma, D.L. 13 maggio 1991, n. 152, in tema di pubblica sicurezza, come modificato dall'art. 5, L. 14 febbraio 2003, n. 34, ha così disposto: «Le circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114 del codice penale, concorrenti con l'aggravante di cui al comma 1 non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a questa e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall'aumento conseguente alla predetta aggravante».

 

 

Art. 157

Prescrizione. Tempo necessario a prescrivere.

La prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto e a quattro anni se si tratta di contravvenzione, ancorché puniti con la sola pena pecuniaria (1).

 

Per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per il reato consumato o tentato, senza tener conto della diminuzione per le circostanze attenuanti e dell'aumento per le circostanze aggravanti, salvo che per le aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria e per quelle ad effetto speciale, nel qual caso si tiene conto dell'aumento massimo di pena previsto per l'aggravante.

 

Non si applicano le disposizioni dell'articolo 69 e il tempo necessario a prescrivere è determinato a norma del secondo comma.

 

Quando per il reato la legge stabilisce congiuntamente o alternativamente la pena detentiva e la pena pecuniaria, per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo soltanto alla pena detentiva.

 

Quando per il reato la legge stabilisce pene diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria, si applica il termine di tre anni (2).

 

I termini di cui ai commi che precedono sono raddoppiati per i reati di cui agli articoli 449 e 589, secondo e terzo comma, nonché per i reati di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale.

 

La prescrizione è sempre espressamente rinunciabile dall'imputato.

 

La prescrizione non estingue i reati per i quali la legge prevede la pena dell'ergastolo, anche come effetto dell'applicazione di circostanze aggravanti (3).

 

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(1) La Corte costituzionale, con sentenza 14-18 gennaio 2008, n. 2 (Gazz. Uff. 23 gennaio 2008, n. 4, Prima serie speciale), ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale del primo e quinto comma, in riferimento all’art. 3 Cost.

(2) La Corte costituzionale, con sentenza 14-18 gennaio 2008, n. 2 (Gazz. Uff. 23 gennaio 2008, n. 4, Prima serie speciale), ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale del primo e quinto comma, in riferimento all’art. 3 Cost.

(3) Articolo prima modificato dall'art. 125, L. 24 novembre 1981, n. 689 e poi così sostituito dall'art. 6, L. 5 dicembre 2005, n. 251. L'art. 10 della citata legge n. 251 del 2005 così dispone:«1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

2. Ferme restando le disposizioni dell'articolo 2 del codice penale quanto alle altre norme della presente legge, le disposizioni dell'articolo 6 non si applicano ai procedimenti e ai processi in corso se i nuovi termini di prescrizione risultano più lunghi di quelli previgenti.

3. Se, per effetto delle nuove disposizioni, i termini di prescrizione risultano più brevi, le stesse si applicano ai procedimenti e ai processi pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge, ad esclusione dei processi già pendenti in primo grado ove vi sia stata la dichiarazione di apertura del dibattimento, nonché dei processi già pendenti in grado di appello o avanti alla Corte di cassazione.».

Vedi, anche, l'art. 16, L. 7 gennaio 1929, n. 4, sulla repressione delle violazioni in materia penitenziaria e l'art. 16, L. 22 maggio 1975, n. 152, sulla tutela dell'ordine pubblico.

Il testo del presente articolo, in vigore prima della sostituzione disposta dalla suddetta legge n. 251 del 2005, era il seguente: «La prescrizione estingue il reato:

1. in venti anni, se si tratta di delitto per cui la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore a ventiquattro anni;

2. in quindici anni, se si tratta di delitto per cui la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore a dieci anni;

3. in dieci anni, se si tratta di delitto per cui la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore a cinque anni;

4. in cinque anni, se si tratta di delitto per cui la legge stabilisce la pena della reclusione inferiore a cinque anni, o la pena della multa;

5. in tre anni, se si tratta di contravvenzione per cui la legge stabilisce la pena dell'arresto;

6. in due anni, se si tratta di contravvenzione per cui la legge stabilisce la pena dell'ammenda.

Per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo al massimo della pena stabilita dalla legge per il reato, consumato o tentato, tenuto conto dell'aumento massimo di pena stabilito per le circostanze aggravanti e della diminuzione minima stabilita per le circostanze attenuanti.

Nel caso di concorso di circostanze aggravanti e di circostanze attenuanti si applicano anche a tale effetto le disposizioni dell'articolo 69.

Quando per il reato la legge stabilisce congiuntamente o alternativamente la pena detentiva e quella pecuniaria, per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo soltanto alla pena detentiva.».

Di tale formulazione la Corte costituzionale, con sentenza 23-31 maggio 1990, n. 274 (Gazz. Uff. 6 giugno 1990, n. 23 - Prima serie speciale), aveva dichiarato, fra l'altro, l'illegittimità, nella parte in cui non prevedeva che la prescrizione del reato potesse essere rinunziata dall'imputato.

 

 

Art. 235

Espulsione od allontanamento dello straniero dallo Stato.(1)

Il giudice ordina l'espulsione dello straniero ovvero l'allontanamento dal territorio dello Stato [c.p. 4] del cittadino appartenente ad uno Stato membro dell'Unione europea, oltre che nei casi espressamente preveduti dalla legge [c.p. 312], quando lo straniero sia condannato alla reclusione per un tempo superiore ai due anni.

 

Il trasgressore dell'ordine di espulsione od allontanamento pronunciato dal giudice è punito con la reclusione da uno a quattro anni (1).

 

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(1) Articolo così sostituito dalla lettera a) del comma 1 dell'art. 1, D.L. 23 maggio 2008, n. 92. Vedi gli artt. 150-151, R.D. 18 giugno 1931, n. 773, di approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza e gli artt. 268-271, del relativo regolamento d'esecuzione, approvato con il R.D. 6 maggio 1940, n. 635.

Il testo del presente articolo in vigore prima della suddetta sostituzione era il seguente: «Espulsione dello straniero dallo Stato.

L'espulsione dello straniero dal territorio dello Stato è ordinata dal giudice, oltre che nei casi espressamente preveduti dalla legge, quando lo straniero sia condannato alla reclusione per un tempo non inferiore a dieci anni.

Allo straniero che trasgredisce all'ordine di espulsione, pronunciato dal giudice, si applicano le sanzioni stabilite dalle leggi di sicurezza pubblica per il caso di contravvenzione all'ordine di espulsione emanato dall'autorità amministrativa.».

 

 

Art. 240

Confisca. (1)

Nel caso di condanna, il giudice può ordinare la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, e delle cose, che ne sono il prodotto o il profitto (2).

 

E' sempre ordinata la confisca:

 

1. delle cose che costituiscono il prezzo del reato;

 

2. delle cose, la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione delle quali costituisce reato, anche se non è stata pronunciata condanna (3).

 

Le disposizioni della prima parte e del n. 1 del capoverso precedente non si applicano se la cosa appartiene a persona estranea al reato.

 

La disposizione del n. 2 non si applica se la cosa appartiene a persona estranea al reato e la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione possono essere consentiti mediante autorizzazione amministrativa.

 

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(1) Vedi gli artt. 17, 19, 20, 21, L. 24 novembre 1981, n. 689, che modifica il sistema penale.

Vedi, anche, gli artt. 301 e 342, D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, in materia doganale.

(2) Sulla confisca in genere vedi l'art. 58, R.D.L. 15 ottobre 1925, n. 2033; l'art. 8, R.D. 24 settembre 1931, n. 1473; l'art. 38 del testo unico sulla pesca approvato con R.D. 8 ottobre 1931, n. 1604; l'art. 79 del testo unico sulla caccia approvato con R.D. 5 giugno 1939, n. 1016 e il D.L. 20 giugno 1994, n. 399 convertito, con modificazioni, con L. 8 agosto 1994, n. 501.

Vedi la L. 21 ottobre 1988, n. 455, sulla depenalizzazione degli illeciti valutari.

(3) Vedi l'art. 6, L. 22 maggio 1975, n. 152, sull'ordine pubblico; nonché l'art. 1, D.L. 4 marzo 1976, n. 31, in materia di infrazioni valutarie e la L. 8 ottobre 1976, n. 689, in materia di cambi e valute estere.

 

 

Art. 312

Espulsione od allontanamento dello straniero dallo Stato.

Il giudice ordina l'espulsione dello straniero ovvero l'allontanamento dal territorio dello Stato del cittadino appartenente ad uno Stato membro dell'Unione europea, oltre che nei casi espressamente preveduti dalla legge, quando lo straniero o il cittadino di Stato dell'Unione europea sia condannato ad una pena restrittiva della libertà personale per taluno dei delitti preveduti da questo titolo [c.p. 235].

 

Il trasgressore dell'ordine di espulsione od allontanamento pronunciato dal giudice è punito con la reclusione da uno a quattro anni (1).

 

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(1) Articolo così sostituito dalla lettera b) del comma 1 dell'art. 1, D.L. 23 maggio 2008, n. 92. Vedi gli artt. 150-152, R.D. 18 giugno 1931, n. 773, di approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. Vedi, anche, gli artt. 10 e seguenti, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286.

Il testo del presente articolo in vigore prima della suddetta sostituzione era il seguente: «Espulsione dello straniero.

Lo straniero, condannato a una pena restrittiva della libertà personale per taluno dei delitti preveduti da questo titolo, è espulso dallo Stato.».

 

 

Art. 381

Altre infedeltà del patrocinatore o del consulente tecnico.

Il patrocinatore [c.p.c. 82; c.p.p. 96] o il consulente tecnico [c.p.c. 61, 201; c.p.p. 225], che, in un procedimento dinanzi all'autorità giudiziaria, presta contemporaneamente, anche per interposta persona, il suo patrocinio o la sua consulenza a favore di parti contrarie, è punito, qualora il fatto non costituisca un più grave reato, con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a euro 103 [c.p. 29, 31, 383] (1).

 

La pena è della reclusione fino a un anno e della multa da euro 51 a euro 516 (2), se il patrocinatore o il consulente, dopo aver difeso, assistito o rappresentato una parte, assume, senza il consenso di questa, nello stesso procedimento, il patrocinio o la consulenza della parte avversaria.

 

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(1) La multa risulta così aumentata, da ultimo, ai sensi dell'art. 113, L. 24 novembre 1981, n. 689, che modifica il sistema penale.

(2) La multa risulta così aumentata, da ultimo, ai sensi dell'art. 113, L. 24 novembre 1981, n. 689, che modifica il sistema penale.

 

 

Art. 416-bis

Associazione di tipo mafioso (1)

Chiunque fa parte di un'associazione di tipo mafioso formata da tre o più persone, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni (2).

 

Coloro che promuovono, dirigono o organizzano l'associazione sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da sette a dodici anni (3).

 

L'associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgano della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri, ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali (4).

 

Se l'associazione è armata si applica la pena della reclusione da sette a quindici anni nei casi previsti dal primo comma e da dieci a ventiquattro anni nei casi previsti dal secondo comma (5).

 

L'associazione si considera armata quando i partecipanti hanno la disponibilità, per il conseguimento della finalità dell'associazione, di armi o materie esplodenti, anche se occultate o tenute in luogo di deposito (6).

 

Se le attività economiche di cui gli associati intendono assumere o mantenere il controllo sono finanziate in tutto o in parte con il prezzo, il prodotto, o il profitto di delitti, le pene stabilite nei commi precedenti sono aumentate da un terzo alla metà.

 

Nei confronti del condannato è sempre obbligatoria la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto, il profitto o che ne costituiscono l'impiego. [Decadono inoltre di diritto le licenze di polizia, di commercio, di commissionario astatore presso i mercati annonari all'ingrosso, le concessioni di acque pubbliche e i diritti ad esse inerenti nonché le iscrizioni agli albi di appaltatori di opere o di forniture pubbliche di cui il condannato fosse titolare] (7).

 

Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alla camorra e alle altre associazioni, comunque localmente denominate, che valendosi della forza intimidatrice del vincolo associativo perseguono scopi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso (8).

 

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(1) Le pene stabilite per i delitti previsti in questo articolo sono aumentate da un terzo alla metà se il fatto è commesso da persona sottoposta con provvedimento definitivo ad una misura di prevenzione durante il periodo previsto di applicazione e sino a tre anni dal momento in cui ne è cessata l'esecuzione (art. 7, L. 31 maggio 1965, n. 575, recante disposizioni contro la mafia, come modificato dall'art. 7, L. 11 agosto 2003, n. 228). L'art. 7, primo comma, D.L. 13 maggio 1991, n. 152, convertito con modificazioni in L. 12 luglio 1991, n. 203, in tema di lotta alla criminalità organizzata, così dispone: «1. Per i delitti punibili con la pena diversa dall'ergastolo commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416-bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, la pena è aumentata da un terzo alla metà». Vedi, anche, l'art. 39, L. 3 agosto 2007, n. 124, sulla disciplina del segreto di Stato.

(2) Comma così modificato dall'art. 1, L. 5 dicembre 2005, n. 251.

Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «Chiunque fa parte di un'associazione di tipo mafioso formata da tre o più persone, è punito con la reclusione da tre a sei anni.».

(3) Comma così modificato dall'art. 1, L. 5 dicembre 2005, n. 251.

Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «Coloro che promuovono, dirigono o organizzano l'associazione sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da quattro a nove anni.».

(4) Comma così modificato dall'art. 11-bis, D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni in L. 7 agosto 1992, n. 356, recante provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa.

(5) Comma così modificato dall'art. 1, L. 5 dicembre 2005, n. 251.

Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «Se l'associazione è armata si applica la pena della reclusione da quattro a dieci anni nei casi previsti dal primo comma e da cinque a quindici anni nei casi previsti dal secondo comma.».

(6) I condannati per delitto previsto in questo articolo sono esclusi dal beneficio della liberazione condizionale (art. 2, D.L. 13 maggio 1991, n. 152, convertito, in L. 12 luglio 1991, n. 203, in tema di lotta alla criminalità organizzata). Vedi, anche, l'art. 4-bis, L. 26 luglio 1975, n. 354, sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure limitative della libertà.

(7) Parte soppressa dall'art. 36, comma 2, L. 19 marzo 1990, n. 55, per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di pericolosità sociale, che ha inoltre disposto che «restano tuttavia ferme le decadenze di diritto ivi previste conseguenti a sentenze divenute irrevocabili anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge».

(8) Articolo aggiunto dall'art. 1, L. 13 settembre 1982, n. 646, in materia di misure di prevenzione di carattere patrimoniale. La condanna per il delitto previsto in questo articolo, se commesso in danno o a vantaggio di una attività imprenditoriale, o comunque in relazione ad essa, importa l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione (art. 32-quater c.p.). Il delitto previsto in questo articolo, consumato o tentato, è attribuito al tribunale in composizione collegiale, ai sensi dell'art. 33-bis del codice di procedura penale, a decorrere dalla sua entrata in vigore. Vedi, anche, l'art. 12-sexies, D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito in legge, con modificazioni, con L. 7 agosto 1992, n. 356. Vedi, inoltre, l'art. 10, L. 16 marzo 2006, n. 146. L'indulto concesso con L. 31 luglio 2006, n. 241 non si applica per i delitti previsti dal presente comma, ai sensi di quanto disposto dall'art. 1 della stessa legge.

 

 

Art. 423-bis

Incendio boschivo.

Chiunque cagioni un incendio su boschi, selve o foreste ovvero su vivai forestali destinati al rimboschimento, propri o altrui, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni.

 

Se l'incendio di cui al primo comma è cagionato per colpa, la pena è della reclusione da uno a cinque anni.

 

Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate se dall'incendio deriva pericolo per edifici o danno su aree protette.

 

Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate della metà, se dall'incendio deriva un danno grave, esteso e persistente all'ambiente (1).

 

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(1) Articolo aggiunto dall'art. 1, D.L. 4 agosto 2000, n. 220 (Gazz. Uff. 7 agosto 2000, n. 183), convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 6 ottobre 2000, n. 275 (Gazz. Uff. 7 ottobre 2000, n. 235). Successivamente l'art. 11, L. 21 novembre 2000, n. 353, legge-quadro in materia di incendi boschivi, ha nuovamente disposto l'inserimento nel codice penale dell'art. 423-bis con la medesima formulazione di quello precedentemente aggiunto dal D.L. n. 220 del 2000.

 

 

Art. 495

Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri.

Chiunque dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale [c.p. 357], in un atto pubblico [c.c. 2699], l'identità o lo stato o altre qualità della propria o dell'altrui persona è punito con la reclusione fino a tre anni [c.p. 29].

 

Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto in una dichiarazione destinata a essere riprodotta in un atto pubblico.

 

La reclusione non è inferiore ad un anno:

 

1. se si tratta di dichiarazione in atti dello stato civile [c.c. 451; c.p. 483, 567] (1);

 

2. se la falsa dichiarazione sulla propria identità, sul proprio stato o sulle proprie qualità personali è resa da un imputato all'autorità giudiziaria o da una persona sottoposta ad indagini alla stessa autorità o alla polizia giudiziaria delegata alle indagini, ovvero se, per effetto della falsa dichiarazione, nel casellario giudiziale [c.p.p. 686] una decisione penale viene iscritta sotto falso nome (2).

 

La pena è diminuita [c.p. 63, 65] se chi ha dichiarato il falso intendeva ottenere, per sé o per altri, il rilascio di certificati o di autorizzazioni amministrative sotto falso nome, o con altre indicazioni mendaci [c.p. 496] (3).

 

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(1) Vedi gli artt. 28-49, D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, sull'ordinamento dello stato civile.

(2) Numero così modificato dall'art. 10, D.L. 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, con L. 31 luglio 2005, n. 155, come modificato dall'art. 1-ter, D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, convertito, con modificazioni, con L. 21 febbraio 2006, n. 49.

Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «2. se la falsa dichiarazione sulla propria identità, sul proprio stato o sulle proprie qualità personali è resa da un imputato all'autorità giudiziaria, ovvero se, per effetto della falsa dichiarazione, nel casellario giudiziale una decisione penale viene iscritta sotto falso nome». Di tale formulazione la Corte costituzionale, con sentenza 23 aprile-6 maggio 1976, n. 108 (Gazz. Uff. 12 maggio 1976, n. 125), aveva dichiarato, tra l'altro, non fondata, la questione di legittimità, in riferimento all'art. 24, secondo comma, Cost.

(3) Sulle false dichiarazioni vedi gli artt. 1 e 5, L. 19 aprile 1925, n. 475; l'art. 25, L. 21 novembre 1967, n. 1185; gli artt. 10 e 15, D.L. 23 gennaio 1982, n. 9.

 

 

Art. 496

False dichiarazioni sull'identità o su qualità personali proprie o di altri. (1)

Chiunque, fuori dei casi indicati negli articoli precedenti, interrogato sull'identità, sullo stato o su altre qualità della propria o dell'altrui persona, fa mendaci dichiarazioni [c.p. 651] a un pubblico ufficiale [c.p. 357], o a persona incaricata di un pubblico servizio [c.p. 358], nell'esercizio delle funzioni o del servizio, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 516 (2).

 

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(1) Vedi l'art. 2, comma primo, L. 18 febbraio 1987, n. 34, sulla dissociazione dal terrorismo.

(2) La multa risulta così modificata, da ultimo, ai sensi dell'art. 113, L. 24 novembre 1981, n. 689, che modifica il sistema penale.

 

 

Art. 576

Circostanze aggravanti. Pena di morte. (1) (2)

Si applica la pena di morte [c.p. 22] (3) se il fatto preveduto dall'articolo precedente è commesso:

 

1. col concorso di taluna delle circostanze indicate nel n. 2 dell'articolo 61;

 

2. contro l'ascendente o il discendente [c.c. 75; c.p. 540, 577, n. 1], quando concorre taluna delle circostanze indicate nei numeri 1 e 4 dell'articolo 61 o quando è adoperato un mezzo venefico o un altro mezzo insidioso, ovvero quando vi è premeditazione;

 

3. dal latitante [c.p.p. 296], per sottrarsi all'arresto, alla cattura o alla carcerazione ovvero per procurarsi i mezzi di sussistenza durante la latitanza;

 

4. dall'associato per delinquere [c.p. 416], per sottrarsi all'arresto, alla cattura o alla carcerazione;

 

5. nell'atto di commettere taluno dei delitti preveduti dagli artt. 519, 520 e 521 (4).

 

È latitante, agli effetti della legge penale, chi si trova nelle condizioni indicate nel n. 6 dell'articolo 61.

 

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(1) La pena di morte per i delitti previsti dal codice penale è stata abolita dall'art. 1, D.Lgs.Lgt. 10 agosto 1944, n. 224, che ad essa ha sostituito la pena dell'ergastolo.

(2) Vedi l'art. 18, primo comma, R.D. 31 maggio 1928, n. 1334, sulle professioni sanitarie e le arti ausiliarie.

(3) La pena di morte per i delitti previsti dal codice penale è stata abolita dall'art. 1, D.Lgs.Lgt. 10 agosto 1944, n. 224, che ad essa ha sostituito la pena dell'ergastolo.

(4) Gli articoli 519, 520 e 521 del codice penale sono stati abrogati dall'art. 1, L. 15 febbraio 1996, n. 66. Vedi, ora, gli articoli da 609-bis a 609-decies, inseriti dalla citata legge n. 66 del 1996.

 

 

Art. 589

Omicidio colposo. (1)

Chiunque cagiona per colpa [c.p. 43] la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.

 

Se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale (2) o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a sei anni (3).

 

Si applica la pena della reclusione da tre a dieci anni se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale da:

 

1) soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell'articolo 186, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni;

 

2) soggetto sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope (4).

 

Nel caso di morte di più persone, ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni quindici [c.p.p. 235] (5) (6).

 

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(1) Sull'obbligo dell'uso del casco protettivo per gli utenti di motocicli, vedi la L. 11 gennaio 1986, n. 3 e il D.M. 19 ottobre 1987, n. 438 (Gazz. Uff. 29 ottobre 1987, n. 253).

(2) Vedi l'art. 189, D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, nuovo codice della strada. Per quanto riguarda l'obbligo del rapporto in materia di sanzioni amministrative, vedi l'art. 17, L. 24 novembre 1981, n. 689, che modifica il sistema penale.

(3) Comma prima sostituito dall'art. 2, L. 21 febbraio 2006, n. 102 e poi così modificato dal numero 1) della lettera c) del comma 1 dell'art. 1, D.L. 23 maggio 2008, n. 92. Per quanto concerne il raddoppio dei termini di prescrizione per il reato di cui al presente comma vedi il sesto comma dell'art. 157 del codice penale. Vedi l'art. 52, R.D. 18 giugno 1931, n. 773, di approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.

Il testo del presente comma in vigore prima della modifica disposta dal suddetto decreto-legge n. 92 del 2008 era il seguente:

«Se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a cinque anni.».

Il testo del presente comma in vigore prima della sostituzione disposta dalla citata legge n. 102 del 2006 era il seguente:

«Se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da uno a cinque anni.».

(4) Comma aggiunto dal numero 2) della lettera c) del comma 1 dell'art. 1, D.L. 23 maggio 2008, n. 92.

(5) Comma così modificato dal numero 3) della lettera c) del comma 1 dell'art. 1, D.L. 23 maggio 2008, n. 92. Per quanto concerne il raddoppio dei termini di prescrizione per il reato di cui al presente comma vedi il sesto comma dell'art. 157 del codice penale.

Il testo del presente comma in vigore prima della suddetta modifica era il seguente:

«Nel caso di morte di più persone, ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni dodici.».

(6) Articolo così sostituito dall'art. 1, L. 11 maggio 1966, n. 296. Vedi l'art. 81, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza. Vedi, anche, l'art. 2, L. 3 agosto 2007, n. 123 e l'art. 25-septies, D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, aggiunto dall'art. 9 della citata legge n. 123 del 2007. La Corte costituzionale, con sentenza 22-28 novembre 1973, n. 166 (Gazz. Uff. 5 dicembre 1973, n. 314), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità del presente articolo, nella parte in cui consente che, nella valutazione della colpa professionale, il giudice attribuisca rilevanza penale soltanto a gradi di colpa di tipo particolare, in riferimento all'art. 3 Cost. La stessa Corte, con sentenza 2-8 maggio 1974, n. 124 (Gazz. Uff. 15 maggio 1974, n. 126), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità del secondo comma del presente articolo, in riferimento all'art. 3, primo comma, Cost.; con sentenza 14-19 gennaio 1987, n. 7 (Gazz. Uff. 28 gennaio 1987, n. 5 - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità del presente articolo, in relazione agli artt. 3, 29 e 30 Cost.; con sentenza 20-27 luglio 1995, n. 414 (Gazz. Uff. 23 agosto 1995, n. 35 - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità del presente articolo, in relazione all'art. 4, L. 2 dicembre 1975, n. 644 (Disciplina dei prelievi di parti di cadavere a scopo di trapianto terapeutico e norme sul prelievo dell'ipofisi da cadavere a scopo di produzione di estratti per uso terapeutico) e degli artt. 1 e 2, secondo comma, L. 29 dicembre 1993, n. 578 (Norme per l'accertamento e la certificazione di morte), in riferimento agli artt. 3, 25 e 27 Cost.

 

 

Art. 590

Lesioni personali colpose (1)

Chiunque cagiona ad altri per colpa una lesione personale è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a euro 309.

 

Se la lesione è grave la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da euro 123 a euro 619, se è gravissima [c.p. 583], della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da euro 309 a euro 1.239 (2).

 

Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi è della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2.000 e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da uno a tre anni. Nei casi di violazione delle norme sulla circolazione stradale, se il fatto è commesso da soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell'articolo 186, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, ovvero da soggetto sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope, la pena per le lesioni gravi è della reclusione da sei mesi a due anni e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni (3).

 

Nel caso di lesioni di più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo; ma la pena della reclusione non può superare gli anni cinque.

 

Il delitto è punibile a querela della persona offesa [c.p. 120; c.p.p. 336], salvo nei casi previsti nel primo e secondo capoverso, limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale (4) (5).

 

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(1) Vedi la L. 11 gennaio 1986, n. 3, sull'obbligo del casco protettivo.

(2) La Corte costituzionale, con sentenza 5-19 maggio 1993, n. 249 (Gazz. Uff. 26 maggio 1993, n. 22 - Prima serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 60, L. 24 novembre 1981, n. 689, nella parte in cui stabilisce che le pene sostituitive non si applicano al reato previsto dall'art. 590 c.p., secondo e terzo comma, limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro, che abbiano determinato le conseguenze previste dal primo comma, n. 2, o dal secondo comma dell'art. 583 c.p.

(3) Comma così sostituito dall'art. 2, L. 21 febbraio 2006, n. 102. L'ultimo periodo è stao aggiunto dalla lettera d) del comma 1 dell'art. 1, D.L. 23 maggio 2008, n. 92. La Corte costituzionale, con sentenza 5-19 maggio 1993, n. 249 (Gazz. Uff. 26 maggio 1993, n. 22 - Prima serie speciale), aveva dichiarato l'illegittimità dell'art. 60, L. 24 novembre 1981, n. 689, nella parte in cui stabilisce che le pene sostitutive non si applicano al reato previsto dall'art. 590 c.p., secondo e terzo comma, limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro, che abbiano determinato le conseguenze previste dal primo comma, n. 2, o dal secondo comma dell'art. 583 c.p.

Il testo del presente comma in vigore prima della citata sostituzione era il seguente: «Se i fatti di cui al precedente capoverso sono commessi con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, la pena per le lesioni gravi è della reclusione da due a sei mesi o della multa da euro 247 a euro 619 e la pena per lesioni gravissime è della reclusione da sei mesi a due anni o della multa da euro 619 a euro 1.239.».

(4) Comma sostituito dall'art. 92, L. 24 novembre 1981, n. 689, di modifica del sistema penale. Per quanto riguarda l'obbligo del rapporto in materia di sanzioni amministrative, vedi l'art. 17 dello stesso provvedimento.

(5) Articolo così sostituito dall'art. 2, L. 11 maggio 1966, n. 296. La competenza per il delitto previsto dal presente articolo è devoluta al giudice di pace, ai sensi dell'art. 15, L. 24 novembre 1999, n. 468 e dell'art. 4, D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274 (Gazz. Uff. 6 ottobre 2000, n. 234, S.O.), limitatamente alle fattispecie perseguibili a querela di parte e ad esclusione delle fattispecie connesse alla colpa professionale e dei fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale quando in tutti i casi anzidetti la malattia abbia una durata superiore a venti giorni. Gli articoli 52, 64 e 65 del suddetto D.Lgs. n. 274/2000 (l'art. 65 è stato così modificato dall'art. 1, D.L. 2 aprile 2001, n. 91, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 3 maggio 2001, n. 163) hanno così disposto:

«Art. 52. Sanzioni.

1. Ai reati attribuiti alla competenza del giudice di pace per i quali è prevista la sola pena della multa o dell'ammenda continuano ad applicarsi le pene pecuniarie vigenti.

2. Per gli altri reati di competenza del giudice di pace le pene sono così modificate: a) quando il reato è punito con la pena della reclusione o dell'arresto alternativa a quella della multa o dell'ammenda, si applica la pena pecuniaria della specie corrispondente da euro 258 a euro 2.582; se la pena detentiva è superiore nel massimo a sei mesi, si applica la predetta pena pecuniaria o la pena della permanenza domiciliare da sei giorni a trenta giorni ovvero la pena del lavoro di pubblica utilità per un periodo da dieci giorni a tre mesi; b) quando il reato è punito con la sola pena della reclusione o dell'arresto, si applica le pena pecuniaria della specie corrispondente da euro 516 a euro 2.582 o la pena della permanenza domiciliare da quindici giorni a quarantacinque giorni ovvero la pena del lavoro di pubblica utilità da venti giorni a sei mesi; c) quando il reato è punito con la pena della reclusione o dell'arresto congiunta con quella della multa o dell'ammenda, si applica la pena pecuniaria della specie corrispondente da euro 774 a euro 2.582 o la pena della permanenza domiciliare da venti giorni a quarantacinque giorni ovvero la pena del lavoro di pubblica utilità da un mese a sei mesi.

3. Nei casi di recidiva reiterata infraquinquennale, il giudice applica la pena della permanenza domiciliare o quella del lavoro di pubblica utilità, salvo che sussistano circostanze attenuanti ritenute prevalenti o equivalenti.

4. La disposizione del comma 3 non si applica quando il reato è punito con la sola pena pecuniaria nonché nell'ipotesi indicata nel primo periodo della lettera a) del comma 2.

Art. 64. Norma transitoria.

1. Le norme del presente decreto legislativo si applicano ai procedimenti relativi ai reati indicati nell'articolo 4, commi 1 e 2, commessi dopo la sua entrata in vigore.

2. Ferma l'applicabilità dell'articolo 2, comma terzo, del codice penale, nei procedimenti relativi a reati commessi prima della data di entrata in vigore del presente decreto legislativo si osservano le disposizioni dell'articolo 63, commi 1 e 2; quando si tratta di reati commessi dopo la pubblicazione del presente decreto si osservano anche le disposizioni del titolo I se alla data di entrata in vigore non è ancora avvenuta l'iscrizione della notizia di reato.

Art. 65. Entrata in vigore.

1. Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno 2 gennaio 2002.».

Vedi, anche, l'art. 2, L. 3 agosto 2007, n. 123 e l'art. 25-septies, D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, aggiunto dall'art. 9 della citata legge n. 123 del 2007.

 

 

Art. 624

Furto (1)

Chiunque s'impossessa della cosa mobile [c.p. 631] altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 154 a euro 516 [c.p. 29] (2).

 

Agli effetti della legge penale, si considera cosa mobile anche l'energia elettrica e ogni altra energia che abbia un valore economico [c.c. 814; c.p. 625, 626, 646, 647, 649; c.n. 510, 593, 1146] (3).

 

Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra una o più delle circostanze di cui agli articoli 61, numero 7), e 625 (4).

 

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(1) Vedi il D.L. 5 luglio 1972, n. 288, e gli artt. 11, 43, 52, 219, R.D. 18 giugno 1931, n. 773, nonché il primo comma dell'art. 9, L. 18 aprile 1975, n. 110, in materia di sicurezza pubblica. Vedi, anche, l'art. 4, L. 8 agosto 1977, n. 533, in materia di ordine pubblico, come sostituito dall'art. 10, L. 26 marzo 2001, n. 128.

(2) Comma così modificato dall'art. 2, L. 26 marzo 2001, n. 128. Il testo precedentemente in vigore prevedeva la reclusione fino a tre anni e la multa da lire sessantamila a un milione. In passato la Corte costituzionale, con sentenza 11-17 febbraio 1971, n. 22 (Gazz. Uff. 24 febbraio 1971, n. 49), aveva dichiarato non fondata la questione di legittimità del presente articolo, nella parte relativa ai massimi edittali di pena, in riferimento agli artt. 3 e 27, Cost.; con sentenza 14-27 febbraio 1973, n. 18 (Gazz. Uff. 7 marzo 1973, n. 62), aveva dichiarato non fondata la questione di legittimità del presente articolo, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 27, terzo comma, e 42, primo comma, Cost.

(3) La Corte costituzionale, con sentenza 27 giugno-4 luglio 1974, n. 208 (Gazz. Uff. 10 luglio 1974, n. 180), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità del presente articolo, in riferimento all'art. 3 Cost.

(4) Comma aggiunto dall'art. 12, L. 25 giugno 1999, n. 205.

 

 

Art. 624-bis

Furto in abitazione e furto con strappo.

Chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 309 a euro 1.032.

 

Alla stessa pena di cui al primo comma soggiace chi si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, strappandola di mano o di dosso alla persona.

 

La pena è della reclusione da tre a dieci anni e della multa da euro 206 a euro 1.549 se il reato è aggravato da una o più delle circostanze previste nel primo comma dell'articolo 625 ovvero se ricorre una o più delle circostanze indicate all'articolo 61 (1).

 

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(1) Articolo aggiunto dall'art. 2, L. 26 marzo 2001, n. 128.

 

 

Art. 625

Circostanze aggravanti (1)

La pena per il fatto previsto dall'articolo 624 è della reclusione da uno a sei anni e della multa da euro 103 a euro 1.032 [c.p. 29, 32, 63] (2) (3):

 

1. [se il colpevole, per commettere il fatto, si introduce o si trattiene in un edificio o in un altro luogo destinato ad abitazione [c.p. 70, n. 1]] (4);

 

2. se il colpevole usa violenza sulle cose [c.p. 392] o si vale di un qualsiasi mezzo fraudolento (5);

 

3. se il colpevole porta in dosso armi [c.p. 585] o narcotici, senza farne uso;

 

4. se il fatto è commesso con destrezza [c.p. 70, n. 1, 649] (6);

 

5. se il fatto è commesso da tre o più persone [c.p. 112], ovvero anche da una sola, che sia travisata o simuli la qualità di pubblico ufficiale [c.p. 357] o d'incaricato di un pubblico servizio [c.p. 358];

 

6. se il fatto è commesso sul bagaglio dei viaggiatori in ogni specie di veicoli, nelle stazioni, negli scali o banchine, negli alberghi o in altri esercizi ove si somministrano cibi o bevande;

 

7. se il fatto è commesso su cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici, o sottoposte a sequestro [c.c. 1798, 2793, 2905; c.p.c. 671; c.p.p. 252, 253, 354; c.n. 682] o a pignoramento [c.p.c. 491], o esposte per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede, o destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità, difesa o reverenza;

 

8. se il fatto è commesso su tre o più capi di bestiame raccolti in gregge o in mandria, ovvero su animali bovini o equini, anche non raccolti in mandria.

 

Se concorrono due o più delle circostanze prevedute dai numeri precedenti, ovvero se una di tali circostanze concorre con altra fra quelle indicate nell'articolo 61, la pena è della reclusione da tre a dieci anni e della multa da euro 206 a euro 1.549 [c.p. 29, 32] (7).

 

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(1) Vedi, anche, l'art. 4, L. 8 agosto 1977, n. 533, in materia di ordine pubblico, come sostituito dall'art. 10, L. 26 marzo 2001, n. 128 e l'art. 30, terzo comma, L. 11 febbraio 1992, n. 157, per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio.

(2) La multa risulta così aumentata, da ultimo, ai sensi dell'art. 113, L. 24 novembre 1981, n. 689, che modifica il sistema penale. Precedentemente, la Corte costituzionale, con sentenza 11-17 febbraio 1971, n. 22 (Gazz. Uff. 24 febbraio 1971, n. 49), aveva dichiarato non fondata la questione di legittimità del presente articolo, nella parte relativa ai massimi edittali di pena, in riferimento agli artt. 3 e 27 Cost.

(3) Alinea così modificato dall'art. 2, L. 26 marzo 2001, n. 128.

Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «La pena è della reclusione da uno a sei anni e della multa da lire duecentomila a due milioni».

(4) Numero soppresso dall'art. 2, L. 26 marzo 2001, n. 128.

(5) La Corte costituzionale, con sentenza 8-16 febbraio 1993, n. 54 (Gazz. Uff. 24 febbraio 1993, n. 9 - Prima serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 380, secondo comma, lettera e) c.p.p., nella parte in cui prevede l'arresto obbligatorio in flagranza per il delitto di furto aggravato ai sensi dell'art. 625, primo comma, n. 2, prima ipotesi, c.p., nel caso in cui ricorra la circostanza attenuante prevista dall'art. 62, n. 4, dello stesso codice.

(6) Numero così modificato dall'art. 2, L. 26 marzo 2001, n. 128.

Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «se il fatto è commesso con destrezza, ovvero strappando la cosa di mano o di dosso alla persona».

(7) La multa risulta così aumentata, da ultimo, ai sensi dell'art. 113, L. 24 novembre 1981, n. 689, che modifica il sistema penale. Precedentemente, la Corte costituzionale, con sentenza 11-17 febbraio 1971, n. 22 (Gazz. Uff. 24 febbraio 1971, n. 49), aveva dichiarato non fondata la questione di legittimità del presente articolo, nella parte relativa ai massimi edittali di pena, in riferimento agli artt. 3 e 27 Cost.

 

 

Art. 629

Estorsione (1)

Chiunque, mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o ad ammettere qualche cosa, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni (2) e con la multa da euro 516 a ero 2.065 [c.p. 29, 32] (3).

 

La pena è della reclusione da sei a venti anni e della multa da euro 1.032 a euro 3.098 se concorre taluna delle circostanze indicate nell'ultimo capoverso dell'articolo precedente [c.p. 307, 640, n. 2] (4) (5).

 

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(1) Aumenti di pena per questo reato sono previsti dall'art. 1, L. 25 marzo 1985, n. 107, sulla repressione dei reati contro le persone internazionalmente protette.

Le pene stabilite per i delitti previsti in questo articolo sono aumentate da un terzo alla metà se il fatto è commesso da persona sottoposta con provvedimento definitivo ad una misura di prevenzione durante il periodo previsto di applicazione e sino a tre anni dal momento in cui ne è cessata l'esecuzione (art. 7, L. 31 maggio 1965, n. 575, recante disposizioni contro la mafia, come modificato dall'art. 7, L. 11 agosto 2003, n. 228). Per quanto riguarda il trasferimento fraudolento di valori o di altre utilità al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniale; o per quanto riguarda il possesso ingiustificato di valori oltre i limiti del proprio reddito, vedi l'art. 12-quinquies, D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, in L. 7 agosto 1992, n. 356, recante modifiche al codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa.

(2) Comma così modificato dall'art. 8, D.L. 31 dicembre 1991, n. 419, convertito, con modificazioni, in L. 18 febbraio 1992, n. 172, sul Fondo per le vittime di estorsioni. Vedi, anche, il D.L. 27 settembre 1993, n. 382, convertito, con modificazioni, con L. 18 novembre 1993, n. 468.

(3) La multa risulta così aumentata, da ultimo, ai sensi dell'art. 113, L. 24 novembre 1981, n. 689, che modifica il sistema penale.

(4) Comma prima sostituito dall'art. 4, L. 14 ottobre 1974, n. 497, sulla criminalità e poi così modificato dall'art. 8, secondo comma, D.L. 31 dicembre 1991, n. 419, convertito, con modificazioni, in L. 18 febbraio 1992, n. 172, sul Fondo di sostegno per le vittime di richieste estorsive. Il delitto previsto in questo comma, consumato o tentato, è attribuito al tribunale in composizione collegiale, ai sensi dell'art. 33-bis del codice di procedura penale, a decorrere dalla sua entrata in vigore. L'art. 10 del suddetto decreto n. 419 del 1991 così dispone:

«Art. 10. Disposizioni processuali.

1. Quando è necessario per acquisire rilevanti elementi probatori ovvero per la individuazione o cattura dei responsabili dei delitti di cui agli articoli 600, 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quinquies, 601, 602, 629, 644, 648-bis e 648-ter del codice penale e di cui all'articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, il pubblico ministero può, con decreto motivato, ritardare l'esecuzione dei provvedimenti che applicano una misura cautelare, dell'arresto, del fermo dell'indiziato di delitto o del sequestro. Nei casi di urgenza il ritardo dell'esecuzione dei predetti provvedimenti può essere disposto anche oralmente, ma il relativo decreto deve essere emesso entro le successive quarantotto ore.

2. Per gli stessi motivi di cui al comma 1 gli ufficiali di polizia giudiziaria possono omettere o ritardare gli atti di propria competenza, dandone immediato avviso, anche oralmente, al pubblico ministero competente per le indagini, e provvedono a trasmettere allo stesso motivato rapporto entro le successive quarantotto ore.».

(5) Vedi, anche, l'art. 12-sexies, D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito in legge, con modificazioni, con L. 7 agosto 1992, n. 356 e l'art. 9, L. 16 marzo 2006, n. 146.

 

 

Art. 630

Sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione (1)

Chiunque sequestra una persona allo scopo di conseguire, per sé o per altri, un ingiusto profitto come prezzo della liberazione, è punito con la reclusione da venticinque a trenta anni (2).

 

Se dal sequestro deriva comunque la morte, quale conseguenza non voluta dal reo, della persona sequestrata, il colpevole è punito con la reclusione di anni trenta (3).

 

Se il colpevole cagiona la morte del sequestrato si applica la pena dell'ergastolo (4).

 

Al concorrente che, dissociandosi dagli altri, si adopera in modo che il soggetto passivo riacquisti la libertà, senza che tale risultato sia conseguenza del prezzo della liberazione, si applicano le pene previste dall'articolo 605. Se tuttavia il soggetto passivo muore, in conseguenza del sequestro, dopo la liberazione, la pena è della reclusione da sei a quindici anni.

 

Nei confronti del concorrente che, dissociandosi dagli altri, si adopera, al di fuori del caso previsto dal comma precedente, per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori ovvero aiuta concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di prove decisive per l'individuazione o la cattura dei concorrenti, la pena dell'ergastolo è sostituita da quella della reclusione da dodici a venti anni e le altre pene sono diminuite da un terzo a due terzi.

 

Quando ricorre una circostanza attenuante, alla pena prevista dal secondo comma è sostituita la reclusione da venti a ventiquattro anni; alla pena prevista dal terzo comma è sostituita la reclusione da ventiquattro a trenta anni. Se concorrono più circostanze attenuanti, la pena da applicare per effetto delle diminuzioni non può essere inferiore a dieci anni, nell'ipotesi prevista dal secondo comma, ed a quindici anni, nell'ipotesi prevista dal terzo comma.

 

I limiti di pena preveduti nel comma precedente possono essere superati allorché ricorrono le circostanze attenuanti di cui al quinto comma del presente articolo (5).

 

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(1) Vedi la L. 26 novembre 1985, n. 718, di ratifica ed esecuzione della convenzione internazionale contro la cattura degli ostaggi, aperta alla firma a New York il 18 dicembre 1979; l'art. 1, primo comma e l'art. 7, D.L. 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, in L. 15 marzo 1991, n. 82, in materia di sequestri di persona a scopo di estorsione e per la protezione di coloro che collaborano con la giustizia.

Aumenti di pena per questo reato sono previsti dall'art. 1, L. 25 marzo 1985, n. 107, sulla repressione dei reati contro le persone internazionalmente protette. Le pene stabilite per i delitti previsti in questo articolo sono aumentate da un terzo alla metà se il fatto è commesso da persona sottoposta con provvedimento definitivo ad una misura di prevenzione durante il periodo previsto di applicazione e sino a tre anni dal momento in cui ne è cessata l'esecuzione (art. 7, L. 31 maggio 1965, n. 575, recante disposizioni contro la mafia, come modificato dall'art. 7, L. 11 agosto 2003, n. 228). L'art. 2, D.L. 13 maggio 1991, n. 152, dispone, inoltre, che i condannati per il delitto previsto nel presente articolo sono esclusi dal beneficio della liberazione condizionale.

(2) L'indulto concesso con L. 31 luglio 2006, n. 241 non si applica per i delitti previsti dal presente comma, ai sensi di quanto disposto dall'art. 1 della stessa legge.

(3) L'indulto concesso con L. 31 luglio 2006, n. 241 non si applica per i delitti previsti dal presente comma, ai sensi di quanto disposto dall'art. 1 della stessa legge.

(4) L'indulto concesso con L. 31 luglio 2006, n. 241 non si applica per i delitti previsti dal presente comma, ai sensi di quanto disposto dall'art. 1 della stessa legge. La Corte costituzionale, con sentenza 10-16 maggio 1984, n. 143 (Gazz. Uff. 23 maggio 1984, n. 141), ha dichiarato, tra l'altro: a) inammissibile la questione di legittimità, in parte qua, del presente comma, in riferimento all'art. 27, terzo comma, Cost.; b) non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità, in parte qua, del presente comma, in riferimento all'art. 3 Cost.

(5) Articolo, da ultimo, così sostituito dall'articolo unico, L. 30 dicembre 1980, n. 894. Il delitto previsto in questo articolo, consumato o tentato, è attribuito al tribunale in composizione collegiale, ai sensi dell'art. 33-bis del codice di procedura penale, a decorrere dalla sua entrata in vigore. Vedi, anche, l'art. 12-sexies, D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito in legge, con modificazioni, con L. 7 agosto 1992, n. 356.

 

 

Art. 648

Ricettazione. (1)

Fuori dei casi di concorso nel reato [c.p. 110], chi, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto, o comunque si intromette nel farle acquistare, ricevere od occultare, è punito con la reclusione da due ad otto anni e con la multa da euro 516 a euro 10.329 [c.p. 29, 32, 709, 712] (2).

 

La pena è della reclusione sino a sei anni e della multa sino a euro 516 (3), se il fatto è di particolare tenuità.

 

Le disposizioni di questo articolo si applicano anche quando l'autore del delitto da cui il denaro o le cose provengono non è imputabile [c.p. 85, 88, 91, 93, 96, 97] o non è punibile ovvero quando manchi una condizione di procedibilità riferita a tale delitto [c.p. 45, 46, 47, 49, 50, 649] (4).

 

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(1) Vedi l'art. 13, D.L. 15 dicembre 1979, n. 625, in materia di sicurezza pubblica. Per i casi di non punibilità di coloro che hanno commesso, per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale, uno o più fra i reati previsti in questo articolo, avente ad oggetto armi, munizioni, esplosivi o documenti, vedi l'art. 1, L. 29 maggio 1982, n. 304, che ha disposto misure per la difesa dell'ordinamento costituzionale (terroristi pentiti), il cui comma terzo, lett. a), esclude la non punibilità per le ipotesi di importazione, esportazione, rapina e furto di armi, munizioni od esplosivi. La decadenza da questi benefici in caso di false o reticenti dichiarazioni è regolata dall'art. 10 della stessa legge il cui art. 12 limita l'applicazione del provvedimento solo ai reati che siano stati commessi o la cui permanenza sia iniziata entro il 31 gennaio 1982, purché i comportamenti cui è condizionata la loro applicazione vengano tenuti entro centoventi giorni dall'entrata in vigore della legge (3 giugno 1982). Il termine è stato differito di ulteriori centoventi giorni, dall'art. 1, D.L. 1 ottobre 1982, n. 695, convertito nella L. 29 novembre 1982, n. 882. Vedi, anche, l'art. 12-sexies, D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito in legge, con modificazioni, con L. 7 agosto 1992, n. 356.

(2) La multa risulta così aumentata, da ultimo, ai sensi dell'art. 113, L. 24 novembre 1981, n. 689, che modifica il sistema penale.

(3) La multa risulta così aumentata, da ultimo, ai sensi dell'art. 113, L. 24 novembre 1981, n. 689, che modifica il sistema penale.

(4) Articolo così sostituito dall'art. 15, L. 22 maggio 1975, n. 152, in materia di ordine pubblico. Successivamente, l'ultimo comma è stato così sostituito dall'art. 3, L. 9 agosto 1993, n. 328, di ratifica della Convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato, fatta a Strasburgo l'8 novembre 1990. Per quanto riguarda il trasferimento fraudolento di valori o di altre utilità al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniale, o per quanto riguarda il possesso ingiustificato di valori oltre i limiti del proprio reddito, vedi l'art. 12-quinquies, D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, in L. 7 agosto 1992, n. 356, in tema di criminalità mafiosa. Per nuove misure di protezione di coloro che collaborano con la giustizia, vedi l'art. 13 dello stesso provvedimento. Vedi, inoltre, l'art. 25-octies, D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, aggiunto dall'art. 63, D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231.

Il testo precedente dell'ultimo comma, prima della modifica del 1993, così disponeva: «Le disposizioni di questo articolo si applicano anche quando l'autore del delitto, da cui il denaro o le cose provengono, non è imputabile o non è punibile».

 

 

Art. 648-bis

Riciclaggio (1).

Fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l'identificazione della loro provenienza delittuosa, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da euro 1.032 a euro 15.493.

 

La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell'esercizio di un'attività professionale.

 

La pena è diminuita se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita le pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni. Si applica l'ultimo comma dell'articolo 648 [c.p. 648-quater] (2).

 

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(1) Vedi, anche, l'art. 12-sexies, D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito in legge, con modificazioni, con L. 7 agosto 1992, n. 356.

(2) Articolo aggiunto dall'art. 3, D.L. 21 marzo 1978, n. 59, sulla prevenzione e repressione di gravi reati, e successivamente sostituito prima dall'art. 23, L. 19 marzo 1990, n. 55, sulla prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e poi dall'art. 4, L. 9 agosto 1993, n. 328, di ratifica della Convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato, fatta a Strasburgo l'8 novembre 1990. L'art. 26 della citata legge n. 55 del 1990 così dispone: «Art. 26. 1. Quando i fatti previsti dagli articoli 648, 648-bis e 648-ter del codice penale sono commessi nell'esercizio di attività bancaria, professionale o cambio-valuta ovvero di altra attività soggetta ad autorizzazione, licenza, iscrizione in appositi albi o registri o ad altro titolo abilitante, si applicano le misure disciplinari ovvero i provvedimenti di sospensione o di revoca del titolo abilitante previsti dai rispettivi ordinamenti.

1-bis. Le disposizioni del comma 1 si applicano anche quando l'attività illecita integri i delitti previsti dall'articolo 270-bis del codice penale in relazione alle condotte di finanziamento del terrorismo, anche internazionale.».

Vedi, anche, l'art. 4, D.L. 15 gennaio 1991, n. 8, sulla protezione dei collaboratori di giustizia e l'art. 3, D.L. 3 maggio 1991, n. 143, sul riciclaggio di denaro. Per quanto riguarda il trasferimento fraudolento di valori o di altre utilità al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniale, o per quanto riguarda il possesso ingiustificato di valori oltre i limiti del proprio reddito, vedi l'art. 12-quinquies, D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, in L. 7 agosto 1992, n. 356, in tema di criminalità mafiosa. Vedi, anche, l'art. 25-bis dello stesso provvedimento. Vedi, inoltre, gli artt. 9 e 10, L. 16 marzo 2006, n. 146 e l'art. 25-octies, D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, aggiunto dall'art. 63, D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231.

Le pene stabilite per i delitti previsti in questo articolo sono aumentate da un terzo alla metà se il fatto è commesso da persona sottoposta con provvedimento definitivo ad una misura di prevenzione durante il periodo previsto di applicazione e sino a tre anni dal momento in cui ne è cessata l'esecuzione (art. 7, L. 31 maggio 1965, n. 575, recante disposizioni contro la mafia, come modificato dall'art. 7, L. 11 agosto 2003, n. 228). L'indulto concesso con L. 31 luglio 2006, n. 241 non si applica per i delitti di cui al presente articolo, ai sensi e con i limiti previsti dall'art. 1 della stessa legge.

Il testo dell'articolo precedente alla sostituzione del 1993, così disponeva: «Riciclaggio. - Fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce denaro, beni o altre utilità provenienti dai delitti di rapina aggravata, di estorsione aggravata, di sequestro di persona a scopo di estorsione o dai delitti concernenti la produzione o il traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope, con altro denaro, altri beni o altre utilità, ovvero ostacola l'identificazione della loro provenienza dai delitti suddetti, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da lire due milioni a lire trenta milioni.

La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell'esercizio di un'attività professionale.

Si applica l'ultimo comma dell'articolo 648».

 

 

Art. 648-ter

Impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (1).

Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli articoli 648 e 648-bis, impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da euro 1.032 a 15.493.

 

La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell'esercizio di un'attività professionale.

 

La pena è diminuita nell'ipotesi di cui al secondo comma dell'articolo 648.

 

Si applica l'ultimo comma dell'articolo 648 [c.p. 648-quater] (2).

 

 

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(1) Vedi, anche, l'art. 12-sexies, D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito in legge, con modificazioni, con L. 7 agosto 1992, n. 356.

(2) Articolo aggiunto dall'art. 24, L. 19 marzo 1990, n. 55, sulla prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e poi così sostituito dall'art. 5, L. 9 agosto 1993, n. 328, di ratifica della Convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato, fatta a Strasburgo l'8 novembre 1990. Vedi, anche, gli artt. 26 e 27 della citata legge n. 55 del 1990.

Le pene stabilite per i delitti previsti in questo articolo sono aumentate da un terzo alla metà se il fatto è commesso da persona sottoposta con provvedimento definitivo ad una misura di prevenzione durante il periodo previsto di applicazione e sino a tre anni dal momento in cui ne è cessata l'esecuzione (art. 7, L. 31 maggio 1965, n. 575, recante disposizioni contro la mafia, come modificato dall'art. 7, L. 11 agosto 2003, n. 228).

Vedi, anche, l'art. 4, D.L. 15 gennaio 1991, n. 8, sulla protezione dei collaboratori di giustizia e l'art. 3, D.L. 3 maggio 1991, n. 143, sul riciclaggio di denaro. Per quanto riguarda il trasferimento fraudolento di valori o di altre utilità al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniale, o per quanto riguarda il possesso ingiustificato di valori oltre i limiti del proprio reddito, vedi l'art. 12-quinquies, D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, in L. 7 agosto 1992, n. 356, in tema di criminalità mafiosa. Vedi, inoltre, gli artt. 9 e 10, L. 16 marzo 2006, n. 146 e l'art. 25-octies, D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, aggiunto dall'art. 63, D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231.

Il testo precedente alla sostituzione del 1993 così disponeva: «Impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita. - Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli articoli 648 e 648-bis, impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti dai delitti di rapina aggravata, di estorsione aggravata, di sequestro di persona a scopo di estorsione o dai delitti concernenti la produzione o il traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da lire due milioni a lire trenta milioni.

La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell'esercizio di un'attività professionale.

Si applica l'ultimo comma dell'articolo 648».

 

 

 

 


 

Codice di procedura penale
(artt. 4, 51, 148, 179, 260, 309, 328, 335, 349, 360, 364, 371-bis, 381, 392, 407, 444, 446, 449, 450, 453, 454, 455, 467, 599, 602, 656)

 

 

Art. 4

Regole per la determinazione della competenza.

1. Per determinare la competenza si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per ciascun reato consumato o tentato. Non si tiene conto della continuazione, della recidiva e delle circostanze del reato, fatta eccezione delle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale [c.p.p. 63] (1).

 

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(1) Dal 1° gennaio 1996 al giudice di pace è devoluta la competenza per le contravvenzioni e per i delitti puniti con la pena della multa, anche in alternativa alla pena della reclusione, purché tali reati siano previsti da norme che non presentino particolari difficoltà interpretative e non diano luogo, di regola, a particolari problemi di valutazione della prova in sede di accertamento giudiziale (artt. 36 e 38, L. 21 novembre 1991, n. 374, come modificata dalla L. 4 dicembre 1992, n. 477 e dall'art. 12, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571 convertito, con modificazioni, con L. 6 dicembre 1994, n. 673). Ulteriori competenze in materia penale sono state devolute al giudice di pace ai sensi degli articoli da 14 a 21, L. 24 novembre 1999, n. 468 e dell'art. 4, D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274.

 

 

Art. 51

Uffici del pubblico ministero. Attribuzioni del procuratore della Repubblica distrettuale (1)

1. Le funzioni di pubblico ministero [Cost. 107] sono esercitate (2):

 

a) nelle indagini preliminari e nei procedimenti di primo grado, dai magistrati della procura della Repubblica presso il tribunale [o presso la pretura] (3);

 

b) nei giudizi di impugnazione dai magistrati della procura generale presso la corte di appello o presso la corte di cassazione.

 

2. Nei casi di avocazione [c.p.p. 372, 412], le funzioni previste dal comma 1 lettera a) sono esercitate dai magistrati della procura generale presso la corte di appello.

 

Nei casi di avocazione previsti dall'articolo 371-bis, sono esercitate dai magistrati della Direzione nazionale antimafia (4).

 

3. Le funzioni previste dal comma 1 sono attribuite all'ufficio del pubblico ministero presso il giudice competente a norma del capo II del titolo I [c.p.p. 4].

 

3-bis. Quando si tratta dei procedimenti per i delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 416, sesto comma, 600, 601, 602, 416-bis e 630 del codice penale, per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché per i delitti previsti dall'articolo 74 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e dall'articolo 291-quater del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43 le funzioni indicate nel comma 1 lettera a) sono attribuite all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente (5).

 

3-ter. Nei casi previsti dal comma 3-bis, se ne fa richiesta il procuratore distrettuale, il procuratore generale presso la corte di appello può, per giustificati motivi, disporre che le funzioni di pubblico ministero per il dibattimento siano esercitate da un magistrato designato dal procuratore della Repubblica presso il giudice competente.

 

3-quater. Quando si tratta di procedimenti per i delitti consumati o tentati con finalità di terrorismo le funzioni indicate nel comma 1, lettera a), sono attribuite all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente. Si applicano le disposizioni del comma 3-ter (6).

 

3-quinquies. Quando si tratta di procedimenti per i delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quater.1, 600-quinquies, 615-ter, 615-quater, 615-quinquies, 617-bis, 617-ter, 617-quater, 617-quinquies, 617-sexies, 635-bis, 635-ter, 635-quater, 640-ter e 640-quinquies del codice penale, le funzioni indicate nel comma 1, lettera a), del presente articolo sono attribuite all’ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente (7).

 

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(1) Rubrica così sostituita dall'art. 3, comma primo, D.L. 20 novembre 1991, n. 367, per il coordinamento delle indagini nei procedimenti per reati di criminalità organizzata, convertito, con modificazioni in L. 20 gennaio 1992, n. 8. Questa disposizione entra in vigore il 22 novembre 1991 (art. 16) e si applica solo ai procedimenti iniziati successivamente a questa data (art. 15).

(2) Vedi gli artt. 70 sgg., R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, sull'ordinamento giudiziario. Vedi, anche, l'art. 50, D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274.

(3) Le parole tra parentesi quadre sono state soppresse dall'art. 175, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 (Gazz. Uff. 20 marzo 1998, n. 66, S.O.), con effetto dal 2 giugno 1999, in virtù di quanto disposto dall'art. 247 dello stesso decreto, come modificato dall'art. 1, L. 16 giugno 1998, n. 188.

(4) L'ultimo periodo di questo comma è stato aggiunto con l'art. 3, comma primo del D.L. 20 novembre 1991, n. 367, sul coordinamento delle indagini nei procedimenti per reati di criminalità organizzata, convertito, con modificazioni con la L. 20 gennaio 1992, n. 8. Questa disposizione entra in vigore dalla data di pubblicazione del decreto di entrata in funzione della Direzione Nazionale Antimafia (art. 16) e si applica solo ai procedimenti iniziati successivamente a questa data (art. 15). Vedi l'art. 110, ultimo comma, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, sull'ordinamento giudiziario. Con D.M. 5 gennaio 1993 (Gazz. Uff. 13 febbraio 1993, n. 36) è stata fissata al 15 gennaio 1993 la data di entrata in funzione della Direzione Nazionale Antimafia.

(5) Comma aggiunto con l'art. 3, primo comma, D.L. 20 novembre 1991, n. 367, per il coordinamento delle indagini nei procedimenti per reati di criminalità organizzata, convertito, con modificazioni con la L. 20 gennaio 1992, n. 8 e poi così modificato dall'art. 5, L. 19 marzo 2001, n. 92 e dall'art. 6, L. 11 agosto 2003, n. 228. Vedi, anche, l'art. 16 della stessa legge e il sesto comma dell'art. 157 del codice penale. Vedi, inoltre, l'art. 9, L. 16 marzo 2006, n. 146.

Il testo del presente comma in vigore prima della modifica disposta dalla citata legge n. 228 del 2003, era il seguente: «3-bis. Quando si tratta dei procedimenti per i delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 416-bis e 630 del codice penale, per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché per i delitti previsti dall'articolo 74 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e dall'articolo 291-quater del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43 le funzioni indicate nel comma 1 lettera a) sono attribuite all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente.».

Il testo in vigore prima della modifica disposta dalla legge n. 92 del 2001 era il seguente: «3-bis. Quando si tratta dei procedimenti per i delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 416-bis e 630 del codice penale, per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché per i delitti previsti dall'articolo 74 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, le funzioni indicate nel comma 1 lettera a) sono attribuite all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente.».

(6) Le disposizioni del presente comma, aggiunto dall'art. 10-bis, D.L. 18 ottobre 2001, n. 374, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 15 dicembre 2001, n. 438, si applicano solo ai procedimenti iniziati successivamente alla sua entrata in vigore (19 dicembre 2001, n.d.r.). Vedi, anche, il sesto comma dell'art. 157 del codice penale.

(7) Comma aggiunto dall'art. 11, L. 18 marzo 2008, n. 48, che ha ratificato la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla criminalità informatica.

 

 

Art. 148

Organi e forme delle notificazioni.

1. Le notificazioni degli atti, salvo che la legge disponga altrimenti, sono eseguite dell'ufficiale giudiziario o da chi ne esercita le funzioni.

 

2. Nei procedimenti con detenuti ed in quelli davanti al tribunale del riesame il giudice può disporre che, in caso di urgenza, le notificazioni siano eseguite dalla Polizia penitenziaria del luogo in cui i destinatari sono detenuti, con l'osservanza delle norme del presente titolo (1).

 

2-bis. L'autorità giudiziaria può disporre che le notificazioni o gli avvisi ai difensori siano eseguiti con mezzi tecnici idonei.

 

L'ufficio che invia l'atto attesta in calce ad esso di aver trasmesso il testo originale (2).

 

2-ter. [Nei procedimenti avanti al tribunale per il riesame il giudice può disporre che, in caso di urgenza, le notificazioni siano eseguite dalle sezioni della polizia giudiziaria presso le procure della Repubblica con le medesime modalità di cui al comma 2] (3).

 

3. L'atto è notificato per intero, salvo che la legge disponga altrimenti, di regola mediante consegna di copia al destinatario oppure, se ciò non è possibile, alle persone indicate nel presente titolo. Quando la notifica non può essere eseguita in mani proprie del destinatario, l'ufficiale giudiziario o la polizia giudiziaria consegnano la copia dell'atto da notificare, fatta eccezione per il caso di notificazione al difensore o al domiciliatario, dopo averla inserita in busta che provvedono a sigillare trascrivendovi il numero cronologico della notificazione e dandone atto nella relazione in calce all'originale e alla copia dell'atto (4).

 

4. La consegna di copia dell'atto all'interessato da parte della cancelleria ha valore di notificazione. Il pubblico ufficiale addetto annota sull'originale dell'atto la eseguita consegna e la data in cui questa è avvenuta.

 

5. La lettura dei provvedimenti alle persone presenti e gli avvisi che sono dati dal giudice verbalmente agli interessati in loro presenza sostituiscono le notificazioni, purché ne sia fatta menzione nel verbale (5).

 

5-bis. Le comunicazioni, gli avvisi ed ogni altro biglietto o invito consegnati non in busta chiusa a persona diversa dal destinatario recano le indicazione strettamente necessarie (6).

 

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(1) Comma prima sostituito dall'art. 3, L. 26 marzo 2001, n. 128, e poi modificato dall'art. 9, D.L. 18 ottobre 2001, n. 374 ed infine così sostituito dal comma 1 dell'art. 17, D.L. 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, con L. 31 luglio 2005, n. 155. Vedi, anche, il comma 6 del citato articolo 17.

Il testo in vigore prima di quest'ultima modifica era il seguente: «2. Nei procedimenti con detenuti, il giudice può disporre che le notificazioni siano eseguite dalla polizia giudiziaria, con l'osservanza delle norme del presente titolo».

Il testo in vigore prima della modifica disposta dal suddetto D.L. n. 374 del 2001 era il seguente: «2. Nei procedimenti con detenuti e negli altri casi di assoluta urgenza, il giudice può disporre che le notificazioni siano eseguite dalla polizia giudiziaria, con l'osservanza delle norme del presente titolo».

Il testo in vigore prima della sostituzione disposta dalla citata legge n. 128/2001 era il seguente: «2. Il giudice, ove ne ravvisi la necessità, può disporre che le notificazioni siano eseguite dalla polizia giudiziaria, con l'osservanza delle norme del presente titolo».

(2) Comma aggiunto dall'art. 9, D.L. 18 ottobre 2001, n. 374, come modificato dalla legge di conversione 15 dicembre 2001, n. 438.

(3) Comma aggiunto dall'art. 9, D.L. 18 ottobre 2001, n. 374, come modificato dalla legge di conversione 15 dicembre 2001, n. 438 e poi abrogato dal comma 1 dell'art. 17, D.L. 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, con L. 31 luglio 2005, n. 155. Vedi, anche, il comma 6 del citato articolo 17.

(4) Comma così sostituito dall'art. 174, D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, a decorrere dal 1° gennaio 2004 ai sensi di quanto disposto dall'art. 186 dello stesso decreto. Vedi gli artt. 32, secondo comma, 48, secondo comma, 149, ultimo comma, 397, ultimo comma, 520, 548 c.p.p.

Il testo in vigore prima della suddetta modifica era il seguente: «3. L'atto è notificato per intero, salvo che la legge disponga altrimenti.».

(5) Comma così sostituito dall'art. 1, D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12, recante disposizioni integrative e correttive della disciplina processuale penale e delle norme ad essa collegate.

(6) Comma aggiunto dall'art. 174, D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, a decorrere dal 1° gennaio 2004 ai sensi di quanto disposto dall'art. 186 dello stesso decreto.

 

 

Art. 179

Nullità assolute.

1. Sono insanabili e sono rilevate di ufficio in ogni stato e grado del procedimento le nullità previste dall'articolo 178 comma 1 lettera a), quelle concernenti l'iniziativa del pubblico ministero nell'esercizio dell'azione penale e quelle derivanti dalla omessa citazione dell'imputato o dall'assenza del suo difensore nei casi in cui ne è obbligatoria la presenza [c.p.p. 350, comma 3, 391, 401, 420, 484, 598, 666].

 

2. Sono altresì insanabili e sono rilevate di ufficio in ogni stato e grado del procedimento le nullità definite assolute da specifiche disposizioni di legge.

 

 

Art. 260

Apposizione dei sigilli alle cose sequestrate. Cose deperibili.

1. Le cose sequestrate si assicurano con il sigillo dell'ufficio giudiziario e con le sottoscrizioni dell'autorità giudiziaria e dell'ausiliario che la assiste ovvero, in relazione alla natura delle cose, con altro mezzo, anche di carattere elettronico o informatico, idoneo a indicare il vincolo imposto a fini di giustizia (1).

 

2. L'autorità giudiziaria fa estrarre copia dei documenti e fa eseguire fotografie o altre riproduzioni delle cose sequestrate che possono alterarsi o che sono di difficile custodia, le unisce agli atti e fa custodire in cancelleria o segreteria gli originali dei documenti, disponendo, quanto alle cose, in conformità dell'articolo 259. Quando si tratta di dati, di informazioni o di programmi informatici, la copia deve essere realizzata su adeguati supporti, mediante procedura che assicuri la conformità della copia all’originale e la sua immodificabilità; in tali casi, la custodia degli originali può essere disposta anche in luoghi diversi dalla cancelleria o dalla segreteria (2).

 

3. Se si tratta di cose che possono alterarsi, l'autorità giudiziaria ne ordina, secondo i casi, l'alienazione o la distruzione.

 

3-bis. L'autorità giudiziaria procede, altresì, anche su richiesta dell'organo accertatore alla distruzione delle merci di cui sono comunque vietati la fabbricazione, il possesso, la detenzione o la commercializzazione quando le stesse sono di difficile custodia, ovvero quando la custodia risulta particolarmente onerosa o pericolosa per la sicurezza, la salute o l'igiene pubblica ovvero quando, anche all'esito di accertamenti compiuti ai sensi dell'articolo 360, risulti evidente la violazione dei predetti divieti. L'autorità giudiziaria dispone il prelievo di uno o più campioni con l'osservanza delle formalità di cui all'articolo 364 e ordina la distruzione della merce residua (3).

 

3-ter. Nei casi di sequestro nei procedimenti a carico di ignoti, la polizia giudiziaria, decorso il termine di tre mesi dalla data di effettuazione del sequestro, può procedere alla distruzione delle merci contraffatte sequestrate, previa comunicazione all'autorità giudiziaria. La distruzione può avvenire dopo 15 giorni dalla comunicazione salva diversa decisione dell'autorità giudiziaria. E' fatta salva la facoltà di conservazione di campioni da utilizzare a fini giudiziari (4).

 

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(1) Comma così modificato dal comma 8 dell'art. 8, L. 18 marzo 2008, n. 48, che ha modificato la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla criminalità informatica.

Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «1. Le cose sequestrate si assicurano con il sigillo dell'ufficio giudiziario e con le sottoscrizioni dell'autorità giudiziaria e dell'ausiliario che la assiste ovvero, in relazione alla natura delle cose, con altro mezzo idoneo a indicare il vincolo imposto a fini di giustizia.».

(2) Periodo aggiunto dal comma 8 dell'art. 8, L. 18 marzo 2008, n. 48, che ha ratificato la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla criminalità informatica.

(3) Comma aggiunto dalla lettera a) del comma 1 dell'art. 2, D.L. 23 maggio 2008, n. 92.

(4) Comma aggiunto dalla lettera a) del comma 1 dell'art. 2, D.L. 23 maggio 2008, n. 92.

 

 

Art. 309

Riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva.

1. Entro dieci giorni dalla esecuzione o notificazione [c.p.p. 293] del provvedimento, l'imputato può proporre richiesta di riesame, anche nel merito, della ordinanza che dispone una misura coercitiva, salvo che si tratti di ordinanza emessa a seguito di appello del pubblico ministero.

 

2. Per l'imputato latitante [c.p.p. 296] il termine decorre dalla data di notificazione eseguita a norma dell'articolo 165. Tuttavia, se sopravviene l'esecuzione della misura, il termine decorre da tale momento quando l'imputato prova di non avere avuto tempestiva conoscenza del provvedimento.

 

3. Il difensore dell'imputato può proporre la richiesta di riesame entro dieci giorni dalla notificazione dell'avviso di deposito dell'ordinanza che dispone la misura [c.p.p. 283, comma 3].

 

3-bis. Nei termini previsti dai commi 1, 2 e 3 non si computano i giorni per i quali è stato disposto il differimento del colloquio, a norma dell'articolo 104, comma 3 (1).

 

4. La richiesta di riesame è presentata nella cancelleria del tribunale indicato nel comma 7. Si osservano le forme previste dagli articoli 582 e 583 (2).

 

5. Il presidente cura che sia dato immediato avviso all'autorità giudiziaria procedente la quale, entro il giorno successivo, e comunque non oltre il quinto giorno, trasmette al tribunale gli atti presentati a norma dell'articolo 291, comma 1, nonché tutti gli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini (3).

 

6. Con la richiesta di riesame possono essere enunciati anche i motivi. Chi ha proposto la richiesta ha, inoltre, facoltà di enunciare i nuovi motivi davanti al giudice del riesame facendone dare atto a verbale prima dell'inizio della discussione.

 

7. Sulla richiesta di riesame decide, in composizione collegiale, il tribunale del luogo nel quale ha sede la corte di appello o la sezione distaccata della corte di appello nella cui circoscrizione è compreso l'ufficio del giudice che ha emesso l'ordinanza (4).

 

8. Il procedimento davanti al tribunale si svolge in camera di consiglio nelle forme previste dall'articolo 127. L'avviso della data fissata per l'udienza è comunicato, almeno tre giorni prima, al pubblico ministero presso il tribunale indicato nel comma 7 e, se diverso, a quello che ha richiesto l'applicazione della misura; esso è notificato, altresì, entro lo stesso termine, all'imputato ed al suo difensore. Fino al giorno dell'udienza gli atti restano depositati in cancelleria, con facoltà per il difensore di esaminarli e di estrarne copia (5).

 

8-bis. Il pubblico ministero che ha richiesto l'applicazione della misura può partecipare all'udienza in luogo del pubblico ministero presso il tribunale indicato nel comma 7 (6).

 

9. Entro dieci giorni dalla ricezione degli atti il tribunale, se non deve dichiarare l'inammissibilità della richiesta, annulla, riforma e conferma l'ordinanza oggetto del riesame decidendo anche sulla base degli elementi addotti dalle parti nel corso dell'udienza. Il tribunale può annullare il provvedimento impugnato o riformarlo in senso favorevole all'imputato anche per motivi diversi da quelli enunciati ovvero può confermarlo per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del provvedimento stesso.

 

10. Se la trasmissione degli atti non avviene nei termini di cui al comma 5 o se la decisione sulla richiesta di riesame non interviene entro il termine prescritto, l'ordinanza che dispone la misura coercitiva perde efficacia (7) (8).

 

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(1) Comma aggiunto dall'art. 16, L. 8 agosto 1995, n. 332.

(2) Comma così sostituito dall'art. 16, L. 8 agosto 1995, n. 332. Il testo precedente così disponeva: «4. La richiesta di riesame è presentata nella cancelleria del tribunale indicato nel comma 7, con le forme previste dall'articolo 582».

(3) Comma così sostituito dall'art. 16, L. 8 agosto 1995, n. 332. La Corte costituzionale, con sentenza 1-22 giugno 1998, n. 232 (Gazz. Uff. 1 luglio 1998, n. 26 - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità dei commi 5 e 10 del presente articolo, in riferimento agli artt. 3, 13 e 24 Cost. Il testo del comma precedentemente in vigore così disponeva: «5. Il presidente cura che sia dato immediato avviso all'autorità giudiziaria procedente che, entro il giorno successivo, trasmette al tribunale gli atti presentati a norma dell'articolo 291 comma 1».

(4) Comma così sostituito dall'art. 2, D.L. 23 ottobre 1996, n. 553, convertito in legge, con modificazioni, con L. 23 dicembre 1996, n. 652. Il testo precedentemente in vigore disponeva che sulla richiesta di riesame dovesse decidere il tribunale del capoluogo della provincia nella quale era la sede dell'ufficio del giudice emettitore della sentenza. Successivamente, l'art. 179, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 (Gazz. Uff. 20 marzo 1998, n. 66, S.O.), con effetto dal 2 giugno 1999, in virtù di quanto disposto dall'art. 247 dello stesso decreto, come modificato dall'art. 1, L. 16 giugno 1998, n. 188, ha inserito le parole «, in composizione collegiale,».

(5) Gli attuali commi 8 e 8-bis così sostituiscono l'originario comma 8 per effetto dell'art. 2, D.L. 23 ottobre 1996, n. 553, convertito in legge, con modificazioni, con L. 23 dicembre 1996, n. 652. Il testo del comma 8 precedentemente in vigore era il seguente: «8. Il procedimento davanti al tribunale si svolge in camera di consiglio nelle forme previste dall'articolo 127. L'avviso della data fissata per l'udienza è comunicato al pubblico ministero e notificato all'imputato e al suo difensore almeno tre giorni prima. Fino al giorno dell'udienza gli atti restano depositati in cancelleria, con facoltà per il difensore di esaminarli e di estrarne copia». Precedentemente il comma 8 era stato sostituito anche dall'art. 16, L. 8 agosto 1995, n. 332. Il testo precedente a tale modifica così disponeva: «8. Il procedimento davanti al tribunale si svolge in camera di consiglio nelle forme previste dall'articolo 127. L'avviso della data fissata per l'udienza è comunicato al pubblico ministero e notificato all'imputato e al suo difensore almeno tre giorni prima. Fino al giorno dell'udienza gli atti restano depositati in cancelleria». La Corte costituzionale, con sentenza 17-31 gennaio 1991, n. 45 (Gazz. Uff. 6 febbraio 1991, n. 6 - Prima serie speciale), aveva dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 309, comma ottavo, e 127, comma terzo, c.p.p., in riferimento all'art. 24, comma secondo, Cost.

(6) Gli attuali commi 8 e 8-bis così sostituiscono l'originario comma 8 per effetto dell'art. 2, D.L. 23 ottobre 1996, n. 553, convertito in legge, con modificazioni, con L. 23 dicembre 1996, n. 652. Il testo del comma 8 precedentemente in vigore era il seguente: «8. Il procedimento davanti al tribunale si svolge in camera di consiglio nelle forme previste dall'articolo 127. L'avviso della data fissata per l'udienza è comunicato al pubblico ministero e notificato all'imputato e al suo difensore almeno tre giorni prima. Fino al giorno dell'udienza gli atti restano depositati in cancelleria, con facoltà per il difensore di esaminarli e di estrarne copia». Precedentemente il comma 8 era stato sostituito anche dall'art. 16, L. 8 agosto 1995, n. 332. Il testo precedente a tale modifica così disponeva: «8. Il procedimento davanti al tribunale si svolge in camera di consiglio nelle forme previste dall'articolo 127. L'avviso della data fissata per l'udienza è comunicato al pubblico ministero e notificato all'imputato e al suo difensore almeno tre giorni prima. Fino al giorno dell'udienza gli atti restano depositati in cancelleria». La Corte costituzionale, con sentenza 17-31 gennaio 1991, n. 45 (Gazz. Uff. 6 febbraio 1991, n. 6 - Prima serie speciale), aveva dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 309, comma ottavo, e 127, comma terzo, c.p.p., in riferimento all'art. 24, comma secondo, Cost.

(7) Comma così sostituito dall'art. 16, L. 8 agosto 1995, n. 332. Il testo precedente così disponeva: «10. Se la decisione sulla richiesta di riesame non interviene entro il termine prescritto, l'ordinanza che dispone la misura coercitiva perde immediatamente efficacia».

(8) La Corte Costituzionale, con sentenza 7-15 marzo 1996, n. 71 (Gazz. Uff. 20 marzo 1996, n. 12 - Prima serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità degli artt. 309 e 310 c.p.p., nella parte in cui non prevedono la possibilità di valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza nell'ipotesi in cui sia stato emesso il decreto che dispone il giudizio a norma dell'art. 429 dello stesso codice. La stessa Corte, con sentenza 1-22 giugno 1998, n. 232 (Gazz. Uff. 1 luglio 1998, n. 26 - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità dei commi 5 e 10 del presente articolo, in riferimento agli artt. 3, 13 e 24 Cost.

 

 

Art. 328

Giudice per le indagini preliminari.

1. Nei casi previsti dalla legge, sulle richieste del pubblico ministero, delle parti private e della persona offesa dal reato, provvede il giudice per le indagini preliminari.

 

1-bis. Quando si tratta di procedimenti per i delitti indicati nell'articolo 51 comma 3-bis, le funzioni di giudice per le indagini preliminari sono esercitate, salve specifiche disposizioni di legge, da un magistrato del tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente (1).

 

1-ter. Quando si tratta di procedimenti per i delitti indicati nell'articolo 51, comma 3-quater, le funzioni di giudice per le indagini preliminari sono esercitate, salve specifiche disposizioni di legge, da un magistrato del tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente (2).

 

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(1) Comma aggiunto dall'art. 12, D.L. 20 novembre 1991, n. 367, per il coordinamento delle indagini nei procedimenti per reati di criminalità organizzata, convertito, con modificazioni, in L. 20 gennaio 1992, n. 8. Questa disposizione, entrata in vigore il 2 novembre 1991 (art. 16), si applica solo ai procedimenti iniziati successivamente a questa data (art. 15). Vedi l'art. 7-bis, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. Per l'interpretazione autentica del presente comma vedi l'art. 4-bis, D.L. 7 aprile 2000, n. 82, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione 5 giugno 2000, n. 144.

(2) Le disposizioni del presente comma, aggiunto dall'art. 10-bis, D.L. 18 ottobre 2001, n. 374, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 15 dicembre 2001, n. 438, si applicano solo ai procedimenti iniziati successivamente alla sua entrata in vigore (19 dicembre 2001, n.d.r.).

 

 

Art. 335

Registro delle notizie di reato (1)

1. Il pubblico ministero iscrive immediatamente, nell'apposito registro custodito presso l'ufficio, ogni notizia di reato che gli perviene o che ha acquisito di propria iniziativa nonché, contestualmente o dal momento in cui risulta, il nome della persona alla quale il reato stesso è attribuito [c.p.p. 414].

 

2. Se nel corso delle indagini preliminari muta la qualificazione giuridica del fatto ovvero questo risulta diversamente circostanziato, il pubblico ministero cura l'aggiornamento delle iscrizioni previste dal comma 1 senza procedere a nuove iscrizioni.

 

3. Ad esclusione dei casi in cui si procede per uno dei delitti di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), le iscrizioni previste ai commi 1 e 2 sono comunicate alla persona alla quale il reato è attribuito, alla persona offesa e ai rispettivi difensori, ove ne facciano richiesta (2).

 

3-bis. Se sussistono specifiche esigenze attinenti all'attività di indagine, il pubblico ministero, nel decidere sulla richiesta, può disporre, con decreto motivato, il segreto sulle iscrizioni per un periodo non superiore a tre mesi e non rinnovabile (3).

 

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(1) Vedi l'art. 6, D.L. 28 dicembre 1993, n. 544, in materia di cooperazione con il Tribunale internazionale competente per gravi violazioni del diritto umanitario commesse nei territori della ex Jugoslavia, convertito, con modificazioni, con la L. 14 febbraio 1994, n. 120. Vedi, inoltre, per i procedimenti di competenza del giudice di pace, l'art. 14, D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274.

(2) Gli attuali commi 3 e 3-bis così sostituiscono, in virtù dell'art. 18, L. 8 agosto 1995, n. 332, l'originario comma 3. Il testo del suddetto comma così disponeva: «3. E' vietata la comunicazione delle iscrizioni previste dai commi 1 e 2 fino quando la persona alla quale il reato è attribuito non abbia assunto la qualità di imputato».

(3) Gli attuali commi 3 e 3-bis così sostituiscono, in virtù dell'art. 18, L. 8 agosto 1995, n. 332, l'originario comma 3. Il testo del suddetto comma così disponeva: «3. E' vietata la comunicazione delle iscrizioni previste dai commi 1 e 2 fino quando la persona alla quale il reato è attribuito non abbia assunto la qualità di imputato».

 

 

Art. 349.

Identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini e di altre persone.

1. La polizia giudiziaria procede alla identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini e delle persone in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti.

 

2. Alla identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini può procedersi anche eseguendo, ove occorra, rilievi dattiloscopici, fotografici e antropometrici nonché altri accertamenti (1).

 

2-bis. Se gli accertamenti indicati dal comma 2 comportano il prelievo di capelli o saliva e manca il consenso dell'interessato, la polizia giudiziaria procede al prelievo coattivo nel rispetto della dignità personale del soggetto, previa autorizzazione scritta, oppure resa oralmente e confermata per iscritto, del pubblico ministero (2).

 

3. Quando procede alla identificazione, la polizia giudiziaria invita la persona nei cui confronti vengono svolte le indagini a dichiarare o a eleggere il domicilio per le notificazioni a norma dell'articolo 161. Osserva inoltre le disposizioni dell'articolo 66.

 

4. Se taluna delle persone indicate nel comma 1 rifiuta di farsi identificare ovvero fornisce generalità o documenti di identificazione in relazione ai quali sussistono sufficienti elementi per ritenerne la falsità, la polizia giudiziaria la accompagna nei propri uffici e ivi la trattiene per il tempo strettamente necessario per la identificazione e comunque non oltre le dodici ore ovvero, previo avviso anche orale al pubblico ministero, non oltre le ventiquattro ore, nel caso che l'identificazione risulti particolarmente complessa oppure occorra l'assistenza dell'autorità consolare o di un interprete, ed in tal caso con facoltà per il soggetto di chiedere di avvisare un familiare o un convivente (3).

 

5. Dell'accompagnamento e dell'ora in cui questo è stato compiuto è data immediata notizia al pubblico ministero il quale, se ritiene che non ricorrono le condizioni previste dal comma 4, ordina il rilascio della persona accompagnata.

 

6. Al pubblico ministero è data altresì notizia del rilascio della persona accompagnata e dell'ora in cui esso è avvenuto.

 

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(1) Vedi in materia di pubblica sicurezza, l'art. 4, R.D. 18 giugno 1931, n. 773 e l'art. 7, R.D. 6 maggio 1940, n. 635. Vedi, anche, l'art. 1, terzo comma, D.L. 25 luglio 1992, n. 349, convertito, con modificazioni, in L. 23 settembre 1992, n. 386, recante misure urgenti per contrastare la criminalità organizzata in Sicilia.

(2) Comma aggiunto dall'art. 10, D.L. 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, con L. 31 luglio 2005, n. 155. Vedi, anche, il comma 4-quater del suddetto articolo 10.

Il testo del presente comma, in vigore prima della conversione in legge del citato decreto, era il seguente: «2-bis. Se gli accertamenti indicati dal comma 2 comportano il prelievo di materiale biologico dal cavo orale e manca il consenso dell'interessato, la polizia giudiziaria procede al prelievo coattivo nel rispetto della dignità personale del soggetto, previa autorizzazione scritta, oppure resa oralmente e confermata per iscritto, del pubblico ministero».

(3) Comma così modificato dall'art. 10, D.L. 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, con L. 31 luglio 2005, n. 155.

Il testo del presente comma, in vigore prima della conversione in legge del citato decreto, era il seguente: «4. Se taluna delle persone indicate nel comma 1 rifiuta di farsi identificare ovvero fornisce generalità o documenti di identificazione in relazione ai quali sussistono sufficienti elementi per ritenerne la falsità, la polizia giudiziaria la accompagna nei propri uffici e ivi la trattiene per il tempo strettamente necessario per la identificazione e comunque non oltre le dodici ore ovvero, previo avviso anche orale al pubblico ministero, non oltre le ventiquattro ore, nel caso che l'identificazione risulti particolarmente complessa oppure occorra l'assistenza dell'autorità consolare o di un interprete».

Il testo del presente comma, in vigore prima della modifica disposta dal citato decreto-legge n. 144 del 2005, era il seguente: «4. Se taluna delle persone indicate nel comma 1 rifiuta di farsi identificare ovvero fornisce generalità o documenti di identificazione in relazione ai quali sussistono sufficienti elementi per ritenerne la falsità, la polizia giudiziaria la accompagna nei propri uffici e ivi la trattiene per il tempo strettamente necessario per la identificazione e comunque non oltre le dodici ore ovvero, previo avviso anche orale al pubblico ministero, non oltre le ventiquattro ore».

 

 

Art. 360

Accertamenti tecnici non ripetibili.

1. Quando gli accertamenti previsti dall'articolo 359 riguardano persone, cose o luoghi il cui stato è soggetto a modificazione, il pubblico ministero avvisa, senza ritardo, la persona sottoposta alle indagini, la persona offesa dal reato e i difensori del giorno, dell'ora e del luogo fissati per il conferimento dell'incarico e della facoltà di nominare consulenti tecnici.

 

2. Si applicano le disposizioni dell'articolo 364 comma 2.

 

3. I difensori nonché i consulenti tecnici eventualmente nominati hanno diritto di assistere al conferimento dell'incarico, di partecipare agli accertamenti e di formulare osservazioni e riserve.

 

4. Qualora, prima del conferimento dell'incarico, la persona sottoposta alle indagini formuli riserva di promuovere incidente probatorio [c.p.p. 392], il pubblico ministero dispone che non si proceda agli accertamenti salvo che questi, se differiti, non possano più essere utilmente compiuti.

 

5. Se il pubblico ministero, malgrado l'espressa riserva formulata dalla persona sottoposta alle indagini e pur non sussistendo le condizioni indicate nell'ultima parte del comma 4, ha ugualmente disposto di procedere agli accertamenti, i relativi risultati non possono essere utilizzati nel dibattimento (1).

 

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(1) Comma così modificato dall'art. 5, comma primo, D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, in L. 7 agosto 1992, n. 356, recante provvedimenti contro la criminalità mafiosa. Vedi, anche, l'art. 240-bis att. c.p.p.

 

Art. 364

Nomina e assistenza del difensore.

1. Il pubblico ministero, se deve procedere a interrogatorio, ovvero a ispezione o confronto cui deve partecipare la persona sottoposta alle indagini, la invita a presentarsi a norma dell'articolo 375.

 

2. La persona sottoposta alle indagini priva del difensore è altresì avvisata che è assistita da un difensore di ufficio, ma che può nominarne uno di fiducia.

 

3. Al difensore di ufficio o a quello di fiducia in precedenza nominato è dato avviso almeno ventiquattro ore prima del compimento degli atti indicati nel comma 1 e delle ispezioni a cui non deve partecipare la persona sottoposta alle indagini.

 

4. Il difensore ha in ogni caso diritto di assistere agli atti indicati nei commi 1 e 3, fermo quanto previsto dall'articolo 245.

 

5. Nei casi di assoluta urgenza, quando vi è fondato motivo di ritenere che il ritardo possa pregiudicare la ricerca o l'assicurazione delle fonti di prova, il pubblico ministero può procedere a interrogatorio, a ispezione o a confronto anche prima del termine fissato dandone avviso al difensore senza ritardo e comunque tempestivamente. L'avviso può essere omesso quando il pubblico ministero procede a ispezione e vi è fondato motivo di ritenere che le tracce o gli altri effetti materiali del reato possano essere alterati. E' fatta salva, in ogni caso, la facoltà del difensore d'intervenire.

 

6. Quando procede nei modi previsti dal comma 5, il pubblico ministero deve specificamente indicare, a pena di nullità, i motivi della deroga e le modalità dell'avviso.

 

7. E' vietato a coloro che intervengono agli atti di fare segni di approvazione o disapprovazione. Quando assiste al compimento degli atti, il difensore può presentare al pubblico ministero richieste, osservazioni e riserve delle quali è fatta menzione nel verbale (1).

 

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(1) La Corte costituzionale, con sentenza 23 maggio-12 giugno 1991, n. 265 (Gazz. Uff. 19 giugno 1991, n. 24 - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 364 c.p.p., in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 77 Cost.

 

 

Art. 371-bis

Attività di coordinamento del procuratore nazionale antimafia.

1. Il procuratore nazionale antimafia esercita le sue funzioni in relazione ai procedimenti per i delitti indicati nell'articolo 51 comma 3-bis e in relazione ai procedimenti di prevenzione. A tal fine dispone della direzione investigativa antimafia e dei servizi centrali e interprovinciali delle forze di polizia e impartisce direttive intese a regolarne l'impiego a fini investigativi (1).

 

2. Il procuratore nazionale antimafia esercita funzioni di impulso nei confronti dei procuratori distrettuali al fine di rendere effettivo il coordinamento delle attività di indagine, di garantire la funzionalità dell'impiego della polizia giudiziaria nelle sue diverse articolazioni e di assicurare la completezza e tempestività delle investigazioni.

 

3. Per lo svolgimento delle funzioni attribuitegli dalla legge, il procuratore nazionale antimafia, in particolare:

 

a) d'intesa con i procuratori distrettuali interessati, assicura il collegamento investigativo anche per mezzo dei magistrati della Direzione nazionale antimafia;

 

b) cura, mediante applicazioni temporanee dei magistrati della Direzione nazionale e delle direzioni distrettuali antimafia, la necessaria flessibilità e mobilità che soddisfino specifiche e contingenti esigenze investigative o processuali;

 

c) ai fini del coordinamento investigativo e della repressione dei reati provvede all'acquisizione e all'elaborazione di notizie, informazioni e dati attinenti alla criminalità organizzata;

 

d-e) (soppresse dalla legge di conversione);

 

f) impartisce ai procuratori distrettuali specifiche direttive alle quali attenersi per prevenire o risolvere contrasti riguardanti le modalità secondo le quali realizzare il coordinamento nell'attività di indagine;

 

g) riunisce i procuratori distrettuali interessati al fine di risolvere i contrasti che, malgrado le direttive specifiche impartite, sono insorti e hanno impedito di promuovere o di rendere effettivo il coordinamento;

 

h) dispone con decreto motivato, reclamabile al procuratore generale presso la corte di cassazione, l'avocazione delle indagini preliminari relative a taluno dei delitti indicati nell'articolo 51 comma 3-bis quando non hanno dato esito le riunioni disposte al fine di promuovere o rendere effettivo il coordinamento e questo non è stato possibile a causa della:

 

1) perdurante e ingiustificata inerzia nella attività di indagine;

 

2) ingiustificata e reiterata violazione dei doveri previsti dall'articolo 371 ai fini del coordinamento delle indagini;

 

3) (soppresso dalla legge di conversione).

 

4. Il procuratore nazionale antimafia provvede alla avocazione dopo aver assunto sul luogo le necessarie informazioni personalmente o tramite un magistrato della Direzione nazionale antimafia all'uopo designato. Salvi casi particolari, il procuratore nazionale antimafia o il magistrato da lui designato non può delegare per il compimento degli atti di indagine altri uffici del pubblico ministero (2).

 

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(1) Comma così modificato dalla lettera b) del comma 1 dell'art. 2, D.L. 23 maggio 2008, n. 92.

Il testo precedentemente in vigore era il seguente:

«1. Il procuratore nazionale antimafia esercita le sue funzioni in relazione ai procedimenti per i delitti indicati nell'articolo 51 comma 3-bis. A tal fine dispone della direzione investigativa antimafia e dei servizi centrali e interprovinciali delle forze di polizia e impartisce direttive intese a regolarne l'impiego a fini investigativi.».

(2) Articolo aggiunto dall'art. 7, D.L. 20 novembre 1991, n. 367, per il coordinamento delle indagini nei procedimenti per reati di criminalità organizzata, convertito, con modificazioni, in L. 20 gennaio 1992, n. 8. Gli articoli 5 e 6 dello stesso provvedimento aggiungono rispettivamente, agli artt. 70-bis e 76-bis all'ordinamento giudiziario (R.D. 30 gennaio 1941, n. 12) e introducono la Direzione distrettuale antimafia e il Procuratore nazionale antimafia. Questa disposizione entra in vigore dalla data di pubblicazione del decreto di entrata in funzione della Direzione Nazionale Antimafia (art. 16) e si applica solo ai procedimenti iniziati successivamente a questa data (art. 15). Con D.M. 5 gennaio 1993 (Gazz. Uff. 13 febbraio 1993) è stata fissata al 15 gennaio 1993 la data di entrata in funzione della Direzione Nazionale Antimafia.

 

 

Art. 381

Arresto facoltativo in flagranza.

1. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria hanno facoltà di arrestare chiunque è colto in flagranza (1) di un delitto non colposo, consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni ovvero di un delitto colposo per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni (2).

 

2. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria hanno altresì facoltà di arrestare chiunque è colto in flagranza di uno dei seguenti delitti (3):

 

a) peculato mediante profitto dell'errore altrui previsto dall'articolo 316 del codice penale;

 

b) corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio prevista dagli articoli 319 comma 4 e 321 del codice penale;

 

c) violenza o minaccia a un pubblico ufficiale prevista dall'articolo 336 comma 2 del codice penale (4);

 

d) commercio e somministrazione di medicinali guasti e di sostanze alimentari nocive previsti dagli articoli 443 e 444 del codice penale;

 

e) corruzione di minorenni prevista dall'articolo 530 del codice penale;

 

f) lesione personale prevista dall'articolo 582 del codice penale;

 

g) furto previsto dall'articolo 624 del codice penale;

 

h) danneggiamento aggravato a norma dell'articolo 635 comma 2 del codice penale;

 

i) truffa prevista dall'articolo 640 del codice penale;

 

l) appropriazione indebita prevista dall'articolo 646 del codice penale;

 

l-bis) offerta, cessione o detenzione di materiale pornografico previste dagli articoli 600-ter, quarto comma, e 600-quater del codice penale, anche se relative al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1 del medesimo codice (5);

 

m) alterazione di armi e fabbricazione di esplosivi non riconosciuti previste dagli articoli 3 e 24 comma 1 della legge 18 aprile 1975, n. 110 (6);

 

m-bis) fabbricazione, detenzione o uso di documento di identificazione falso previsti dall'articolo 497-bis del codice penale (7).

 

3. Se si tratta di delitto perseguibile a querela, l'arresto in flagranza può essere eseguito se la querela viene proposta, anche con dichiarazione resa oralmente [c.p.p. 337] all'ufficiale o all'agente di polizia giudiziaria presente nel luogo. Se l'avente diritto dichiara di rimettere la querela, l'arrestato è posto immediatamente in libertà.

 

4. Nelle ipotesi previste dal presente articolo si procede all'arresto in flagranza soltanto se la misura è giustificata dalla gravità del fatto ovvero dalla pericolosità del soggetto desunta dalla sua personalità o dalle circostanze del fatto.

 

4-bis. Non è consentito l'arresto della persona richiesta di fornire informazioni dalla polizia giudiziaria o dal pubblico ministero per reati concernenti il contenuto delle informazioni o il rifiuto di fornirle (8).

 

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(1) Per le ipotesi di arresto in flagranza di minori vedi l'art. 16, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, di approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni.

(2) Vedi l'art. 3, D.L. 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, in L. 12 luglio 1991, n. 203, recante provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza del buon andamento dell'attività amministrativa. La Corte costituzionale, con sentenza 29 maggio-7 giugno 1996, n. 188 (Gazz. Uff. 12 giugno 1996, n. 24 - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, non fondata la questione di legittimità del presente comma, in riferimento all'art. 3 Cost.

(3) Alinea così sostituito dall'art. 21, D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12, recante disposizioni integrative e correttive della disciplina processuale penale e delle norme ad essa collegate.

(4) Lettera così modificata dall'art. 22, D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12, recante disposizioni integrative e correttive della disciplina processuale penale e delle norme ad essa collegate.

(5) Lettera aggiunta dall'art. 12, L. 6 febbraio 2006, n. 38.

(6) La Corte costituzionale, con sentenza 29 maggio-7 giugno 1996, n. 188 (Gazz. Uff. 12 giugno 1996, n. 24 - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro: a) inammissibile la questione di legittimità della lettera g) del presente comma, in riferimento all'art. 3 Cost.; b) non fondata la questione di legittimità della lettera c) del presente comma, in riferimento all'art. 3 Cost.

(7) Lettera aggiunta dall'art. 13, D.L. 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, con L. 31 luglio 2005, n. 155.

(8) Comma aggiunto dall'art. 26, L. 8 agosto 1995, n. 332.

 

 

Art. 392

Casi.

1. Nel corso delle indagini preliminari [c.p.p. 326, 327, 328, 329, 551] il pubblico ministero e la persona sottoposta alle indagini possono chiedere al giudice che si proceda con incidente probatorio:

 

a) all'assunzione della testimonianza [c.p.p. 194] di una persona, quando vi è fondato motivo di ritenere che la stessa non potrà essere esaminata nel dibattimento per infermità o altro grave impedimento;

 

b) all'assunzione di una testimonianza quando, per elementi concreti e specifici, vi è fondato motivo di ritenere che la persona sia esposta a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità affinché non deponga o deponga il falso;

 

c) all'esame della persona sottoposta alle indagini su fatti concernenti la responsabilità di altri (2);

 

d) all'esame delle persone indicate nell'articolo 210 (3);

 

e) al confronto tra persone che in altro incidente probatorio o al pubblico ministero hanno reso dichiarazioni discordanti, quando ricorre una delle circostanze previste dalle lettere a) e b);

 

f) a una perizia o a un esperimento giudiziale, se la prova riguarda una persona, una cosa o un luogo il cui stato è soggetto a modificazione non evitabile;

 

g) a una ricognizione, quando particolari ragioni di urgenza non consentono di rinviare l'atto al dibattimento.

 

1-bis. Nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 600, 600-bis, 600-ter, anche se relativo al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1, 600-quinquies, 601, 602, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies del codice penale il pubblico ministero o la persona sottoposta alle indagini possono chiedere che si proceda con incidente probatorio all'assunzione della testimonianza di persona minore degli anni sedici, anche al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1 (4).

 

2. Il pubblico ministero e la persona sottoposta alle indagini possono altresì chiedere una perizia che, se fosse disposta nel dibattimento, ne potrebbe determinare una sospensione superiore a sessanta giorni [c.p.p. 227, commi 2 e 4, 468, comma 5] (5).

 

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(1) Le disposizioni relative all'incidente probatorio non si applicano al procedimento penale davanti al giudice di pace, ai sensi dell'art. 2, D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274.

(2) Le parole «quando ricorre una delle circostanze previste dalle lettere a) e b)» poste alla fine della presente lettera sono state soppresse dall'art. 4, L. 7 agosto 1997, n. 267 (Gazz. Uff. 11 agosto 1997, n. 186), entrata in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. L'art. 6 della stessa legge ha così disposto: «Art. 6. Norma transitoria.

1. Nei procedimenti penali in corso, il pubblico ministero può avvalersi della facoltà di cui al comma 1, lettere c) e d) dell'articolo 392 del codice di procedura penale, come modificate dall'articolo 4 della presente legge, anche dopo l'esercizio dell'azione penale, se ne fa richiesta al giudice per le indagini preliminari entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

2. Nel giudizio di primo grado in corso, quando è stata disposta la lettura, nei confronti di altri senza il loro consenso, dei verbali delle dichiarazioni, rese dalle persone indicate nell'articolo 513 del codice di procedura penale al pubblico ministero, alla polizia giudiziaria da questi delegata o al giudice nel corso delle indagini preliminari o dell'udienza preliminare, ove le parti la richiedano, il giudice dispone la citazione delle predette persone per un nuovo esame.

3. Se è in corso il giudizio di appello e la decisione sul punto, cui si riferiscono i motivi di impugnazione, implica l'utilizzazione delle dichiarazioni delle persone di cui al comma 2, ove la parte interessata la richieda è disposta la rinnovazione parziale del dibattimento, al fine di ottenere la citazione di coloro che avevano reso tali dichiarazioni.

4. Se è in corso giudizio di rinvio a seguito di annullamento disposto dalla Corte di cassazione, nei limiti della cognizione devoluta, si applica la disposizione di cui al comma 3.

5. Disposta la citazione delle persone indicate nei commi precedenti, ove esse si siano ulteriormente avvalse della facoltà di non rispondere ovvero non si siano presentate, nonostante il ricorso alle misure di cui al comma 2, primo periodo, dell'articolo 513 del codice di procedura penale, come sostituito dall'articolo 1 della presente legge, le dichiarazioni rese in precedenza possono essere valutate come prova dei fatti in esse affermati, solo se la loro attendibilità sia confermata da altri elementi di prova, non desunti da dichiarazioni rese al pubblico ministero, alla polizia giudiziaria da questi delegata o al giudice nel corso delle indagini preliminari o nell'udienza preliminare, di cui sia stata data lettura ai sensi dell'articolo 513 del codice di procedura penale, nel testo vigente prima della data di entrata in vigore della presente legge.

6. Il corso della prescrizione rimane sospeso per il tempo necessario per la citazione e l'assunzione delle dichiarazioni delle persone indicate nei commi precedenti. La durata della sospensione, che decorre dal momento in cui è disposto il rinnovo della citazione delle persone indicate nell'articolo 513 del codice di procedura penale fino all'udienza stabilita per il nuovo esame, non può in ogni caso superare il termine di sei mesi».

La Corte costituzionale, con sentenza 8-19 novembre 1999, n. 428 (Gazz. Uff. 24 novembre 1999, n. 47 - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità della presente lettera, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.

(3) Le parole «quando ricorre una delle circostanze previste dalle lettere a) e b)» poste alla fine della presente lettera sono state soppresse dall'art. 4, L. 7 agosto 1997, n. 267 (Gazz. Uff. 11 agosto 1997, n. 186), entrata in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. L'art. 6 della stessa legge ha così disposto: «Art. 6. Norma transitoria.

1. Nei procedimenti penali in corso, il pubblico ministero può avvalersi della facoltà di cui al comma 1, lettere c) e d) dell'articolo 392 del codice di procedura penale, come modificate dall'articolo 4 della presente legge, anche dopo l'esercizio dell'azione penale, se ne fa richiesta al giudice per le indagini preliminari entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

2. Nel giudizio di primo grado in corso, quando è stata disposta la lettura, nei confronti di altri senza il loro consenso, dei verbali delle dichiarazioni, rese dalle persone indicate nell'articolo 513 del codice di procedura penale al pubblico ministero, alla polizia giudiziaria da questi delegata o al giudice nel corso delle indagini preliminari o dell'udienza preliminare, ove le parti la richiedano, il giudice dispone la citazione delle predette persone per un nuovo esame.

3. Se è in corso il giudizio di appello e la decisione sul punto, cui si riferiscono i motivi di impugnazione, implica l'utilizzazione delle dichiarazioni delle persone di cui al comma 2, ove la parte interessata la richieda è disposta la rinnovazione parziale del dibattimento, al fine di ottenere la citazione di coloro che avevano reso tali dichiarazioni.

4. Se è in corso giudizio di rinvio a seguito di annullamento disposto dalla Corte di cassazione, nei limiti della cognizione devoluta, si applica la disposizione di cui al comma 3.

5. Disposta la citazione delle persone indicate nei commi precedenti, ove esse si siano ulteriormente avvalse della facoltà di non rispondere ovvero non si siano presentate, nonostante il ricorso alle misure di cui al comma 2, primo periodo, dell'articolo 513 del codice di procedura penale, come sostituito dall'articolo 1 della presente legge, le dichiarazioni rese in precedenza possono essere valutate come prova dei fatti in esse affermati, solo se la loro attendibilità sia confermata da altri elementi di prova, non desunti da dichiarazioni rese al pubblico ministero, alla polizia giudiziaria da questi delegata o al giudice nel corso delle indagini preliminari o nell'udienza preliminare, di cui sia stata data lettura ai sensi dell'articolo 513 del codice di procedura penale, nel testo vigente prima della data di entrata in vigore della presente legge.

6. Il corso della prescrizione rimane sospeso per il tempo necessario per la citazione e l'assunzione delle dichiarazioni delle persone indicate nei commi precedenti. La durata della sospensione, che decorre dal momento in cui è disposto il rinnovo della citazione delle persone indicate nell'articolo 513 del codice di procedura penale fino all'udienza stabilita per il nuovo esame, non può in ogni caso superare il termine di sei mesi».

La Corte costituzionale, con sentenza 8-19 novembre 1999, n. 428 (Gazz. Uff. 24 novembre 1999, n. 47 - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità della presente lettera, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.

(4) Comma aggiunto dall'art. 13, L. 15 febbraio 1996, n. 66 (Gazz. Uff. 20 febbraio 1996, n. 42) e poi così modificato dall'art. 13, L. 3 agosto 1998, n. 269, dall'art. 15, L. 11 agosto 2003, n. 228 e dall'art. 14, L. 6 febbraio 2006, n. 38.

Il testo in vigore prima di quest'ultima modifica era il seguente: «1-bis. Nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 600, 600-bis, 600-ter, 600-quinquies, 601, 602, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies del codice penale il pubblico ministero o la persona sottoposta alle indagini possono chiedere che si proceda con incidente probatorio all'assunzione della testimonianza di persona minore degli anni sedici, anche al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1.».

Il testo del presente comma in vigore prima della modifica disposta dalla citata legge n. 228 del 2003 era il seguente: «1-bis. Nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quinquies, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies del codice penale il pubblico ministero o la persona sottoposta alle indagini possono chiedere che si proceda con incidente probatorio all'assunzione della testimonianza di persona minore degli anni sedici, anche al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1.». Di tale formulazione la Corte costituzionale, con sentenza 6-18 dicembre 2002, n. 529 (Gazz. Uff. 27 dicembre 2002, ediz. straord. - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, non fondata la questione di legittimità, in riferimento agli artt. 2 e 3 Cost.

Il testo in vigore prima della modifica disposta dalla legge n. 269 del 1998 così disponeva: «1-bis. Nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies del codice penale il pubblico ministero o la persona sottoposta alle indagini possono chiedere che si proceda con incidente probatorio all'assunzione della testimonianza di persona minore degli anni sedici, anche al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1.».

(5) La Corte Costituzionale con sentenza 23 febbraio - 10 marzo 1994, n. 77 (Gazz. Uff. 16 marzo 1994, n. 12, Prima serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli artt. 392 e 393 c.p.p., nella parte in cui non consentono che, nei casi previsti dalla prima di tali disposizioni, l'incidente probatorio possa essere richiesto ed eseguito anche nella fase dell'udienza preliminare.

 

 

Art. 407

Termini di durata massima delle indagini preliminari.

1. Salvo quanto previsto all'articolo 393 comma 4, la durata delle indagini preliminari non può comunque superare diciotto mesi.

 

2. La durata massima è tuttavia di due anni se le indagini preliminari riguardano:

 

a) i delitti appresso indicati:

 

1) delitti di cui agli articoli 285, 286, 416-bis e 422 del codice penale, 291-ter, limitatamente alle ipotesi aggravate previste dalle lettere a), d) ed e) del comma 2, e 291-quater, comma 4, del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43 (1);

 

2) delitti consumati o tentati di cui agli articoli 575, 628, terzo comma, 629, secondo comma, e 630 dello stesso codice penale [c.p. 575, 628, terzo comma, 629, secondo comma, 630];

 

3) delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo (2);

 

4) delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni, nonché delitti di cui agli articoli 270, terzo comma e 306, secondo comma, del codice penale (3) (4);

 

5) delitti di illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi clandestine nonché di più armi comuni da sparo escluse quelle previste dall'articolo 2, comma terzo, della legge 18 aprile 1975, n. 110 (5);

 

6) delitti di cui agli articoli 73, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell'articolo 80, comma 2, e 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni;

 

7) delitto di cui all'articolo 416 del codice penale nei casi in cui è obbligatorio l'arresto in flagranza (6);

 

7-bis) dei delitti previsto dagli articoli 600, 600-bis, comma 1, 600-ter, comma 1, 601, 602, 609-bis nelle ipotesi aggravate previste dall'articolo 609-ter, 609-quater, 609-octies del codice penale (7);

 

b) notizie di reato che rendono particolarmente complesse le investigazioni per la molteplicità di fatti tra loro collegati ovvero per l'elevato numero di persone sottoposte alle indagini o di persone offese (8);

 

c) indagini che richiedono il compimento di atti all'estero [c.p.p. 727, 728, 729];

 

d) procedimenti in cui è indispensabile mantenere il collegamento tra più uffici del pubblico ministero a norma dell'articolo 371 (9).

 

3. Salvo quanto previsto dall'articolo 415-bis, qualora il pubblico ministero non abbia esercitato l'azione penale o richiesto l'archiviazione nel termine stabilito dalla legge o prorogato dal giudice, gli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine non possono essere utilizzati [c.p.p. 191] (10).

 

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(1) Numero così sostituito dall'art. 5, L. 19 marzo 2001, n. 92. Vedi, anche, il comma 6 dell'art. 17, D.L 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, con L. 31 luglio 2005, n. 155.

Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «1) delitti di cui agli articoli 285, 286, 416-bis e 422 del codice penale».

(2) I delitti indicati nel presente numero sono attribuiti al tribunale in composizione collegiale ai sensi di quanto previsto dall'art. 33-bis c.p.p. Vedi, anche, il comma 6 dell'art. 17, D.L 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, con L. 31 luglio 2005, n. 155.

(3) I delitti indicati nel presente numero sono attribuiti al tribunale in composizione collegiale ai sensi di quanto previsto dall'art. 33-bis c.p.p. Vedi, anche, il comma 6 dell'art. 17, D.L 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, con L. 31 luglio 2005, n. 155.

(4) Numero così modificato prima dall'art. 1, D.L. 5 aprile 2001, n. 98, convertito in legge dall'art. 1, L. 14 maggio 2001, n. 196 e poi dall'art. 1, D.L. 18 ottobre 2001, n. 374 convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 15 dicembre 2001, n. 438. Gli artt. 3 e 4 del citato D.L. n. 374/2001 hanno disposto che, nei procedimenti per i delitti previsti dal presente numero, si applicano le disposizioni di cui all'art. 13, D.L. 13 maggio 1991, n. 152 e all'art. 10, D.L. 31 dicembre 1991, n. 419. Il testo in vigore prima di quest'ultima modifica era il seguente: «4) delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni, nonché delitti di cui agli articoli 270, terzo comma, 270-bis, secondo comma, e 306, secondo comma, del codice penale». A questo testo l'art. 2 del citato D.L. n. 374 del 2001 aveva aggiunto, dopo la parola «terrorismo», le seguenti: «anche internazionale». La legge di conversione 15 dicembre 2001, n. 438 ha però soppresso il suddetto articolo 2. Il testo in vigore prima della modifica disposta dal citato D.L. n. 98/2001 era il seguente: «4) delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni».

(5) I delitti indicati nel presente numero sono attribuiti al tribunale in composizione collegiale ai sensi di quanto previsto dall'art. 33-bis c.p.p.

(6) Lettera così sostituita, da ultimo, dall'art. 21, L. 8 agosto 1995, n. 332. Vedi gli artt. 72, 73 e 74, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, recante il testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dai relativi stati di tossicodipendenza. Il testo precedente, come sostituito dall'art. 6, comma terzo, D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito con modificazioni, con L. 7 agosto 1992, n. 356, così disponeva: «a) i delitti indicati nell'articolo 275 comma 3 nonché il delitto previsto dall'articolo 416 del codice penale nei casi in cui è obbligatorio l'arresto in flagranza».

(7) Numero aggiunto dall'art. 3, D.L. 24 novembre 2000, n. 341, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 19 gennaio 2001, n. 4 e poi così modificato dall'art. 6, L. 11 agosto 2003, n. 228. Il presente numero si applica anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del suddetto D.L. n. 341 del 2000, ai sensi dell'art. 5 dello stesso decreto. Il testo in vigore prima della modifica disposta dalla citata legge n. 228 del 2003 era il seguente: «7-bis) dei delitti previsto dagli articoli 600-bis, comma 1, 600-ter, comma 1, 601, 609-bis nelle ipotesi aggravate previste dall'articolo 609-ter, 609-quater, 609-octies del codice penale;».

(8) L'art. 1, L. 28 settembre 1998, n. 336 (Gazz. Uff. 30 settembre 1998, n. 228), ha disposto che, nei procedimenti penali in corso alla data della sua entrata in vigore, aventi ad oggetto i reati di cui agli articoli 285 e 422 del codice penale, commessi anteriormente alla data di entrata in vigore del codice di procedura penale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 447, il termine di durata massima delle indagini preliminari è di tre anni ove ricorra l'ipotesi di cui alla lettera b) del comma 2 dell'articolo 407 del codice di procedura penale. Il termine di durata massima delle indagini preliminari per le suddette ipotesi di reato è stato poi aumentato: a quattro anni dall'art. 1, D.L. 27 settembre 1999, n. 330 (Gazz. Uff. 27 settembre 1999, n. 227), convertito in legge dall'art. 1, L. 23 novembre 1999, n. 438 (Gazz. Uff. 26 novembre 1999, n. 278); a cinque anni dall'art. 9, D.L. 24 novembre 2000, n. 341, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 19 gennaio 2001, n. 4 e a sei anni dall'art. 13, D.L. 25 ottobre 2002, n. 236, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 27 dicembre 2002, n. 284.

(9) Vedi l'art. 12, comma quarto e quinto, D.L. 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, in L. 12 luglio 1991, n. 203, recante provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza del buon andamento dell'attività amministrativa, nonché l'art. 8, D.L. 15 gennaio 1991, n. 8, recante nuove misure in materia di sequestri di persona a scopo di estorsione e per la protezione di coloro che collaborano con la giustizia.

(10) Comma così modificato dall'art. 17, L. 16 dicembre 1999, n. 479. Il testo precedentemente in vigore così disponeva: «3. Qualora il pubblico ministero non abbia esercitato l'azione penale o richiesto l'archiviazione nel termine stabilito dalla legge o prorogato dal giudice, gli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine non possono essere utilizzati».

 

 

Art. 444

Applicazione della pena su richiesta.

1. L'imputato e il pubblico ministero possono chiedere al giudice l'applicazione, nella specie e nella misura indicata, di una sanzione sostitutiva o di una pena pecuniaria, diminuita fino a un terzo, ovvero di una pena detentiva quando questa, tenuto conto delle circostanze e diminuita fino a un terzo, non supera cinque anni soli o congiunti a pena pecuniaria (2).

 

1-bis. Sono esclusi dall'applicazione del comma 1 i procedimenti per i delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, i procedimenti per i delitti di cui agli articoli 600-bis, primo e terzo comma, 600-quater, primo, secondo, terzo e quinto comma, 600-quater, secondo comma, 600-quater.1, relativamente alla condotta di produzione o commercio di materiale pornografico, 600-quinquies, nonché 609-bis, 609-ter, 609-quater e 609-octies del codice penale, nonché quelli contro coloro che siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali e per tendenza, o recidivi ai sensi dell'articolo 99, quarto comma, del codice penale, qualora la pena superi due anni soli o congiunti a pena pecuniaria (3).

 

2. Se vi è il consenso anche della parte che non ha formulato la richiesta e non deve essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell'articolo 129, il giudice, sulla base degli atti, se ritiene corrette la qualificazione giuridica del fatto, l'applicazione e la comparazione delle circostanze prospettate dalle parti, nonché congrua la pena indicata, ne dispone con sentenza l'applicazione enunciando nel dispositivo che vi è stata la richiesta delle parti [c.p.p. 445]. Se vi è costituzione di parte civile, il giudice non decide sulla relativa domanda; l'imputato è tuttavia condannato al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile, salvo che ricorrano giusti motivi per la compensazione totale o parziale. Non si applica la disposizione dell'articolo 75, comma 3 (4).

 

3. La parte, nel formulare la richiesta, può subordinarne l'efficacia, alla concessione della sospensione condizionale della pena [c.p. 163]. In questo caso il giudice, se ritiene che la sospensione condizionale non può essere concessa, rigetta la richiesta (5).

 

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(1) Le disposizioni relative all'applicazione della pena su richiesta delle parti non si applicano al procedimento penale davanti al giudice di pace, ai sensi dell'art. 2, D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274. Vedi gli artt. 53 e sgg., L. 24 novembre 1981, n. 689, di modifica del sistema penale.

(2) Gli attuali commi 1 e 1-bis così sostituiscono l'originario comma 1 ai sensi di quanto disposto dall'art. 1, L. 12 giugno 2003, n. 134. Vedi, anche, l'art. 5 della stessa legge.

Il testo del comma 1 precedentemente in vigore era il seguente: «1. L'imputato e il pubblico ministero possono chiedere al giudice l'applicazione, nella specie e nella misura indicata, di una sanzione sostitutiva o di una pena pecuniaria, diminuita fino a un terzo, ovvero di una pena detentiva quando questa, tenuto conto delle circostanze e diminuita fino a un terzo, non supera due anni di reclusione o di arresto, soli o congiunti a pena pecuniaria». Di tale formulazione la Corte costituzionale, con sentenza 1-6 aprile 1993, n. 141 (Gazz. Uff. 14 aprile 1993, n. 16 - Prima serie speciale), aveva dichiarato non fondata la questione di legittimità, in riferimento all'art. 76 Cost.

(3) Gli attuali commi 1 e 1-bis così sostituiscono l'originario comma 1 ai sensi di quanto disposto dall'art. 1, L. 12 giugno 2003, n. 134. Vedi, anche, l'art. 5 della stessa legge. Successivamente il comma 1-bis è stato così modificato dall'art. 11, L. 6 febbraio 2006, n. 38.

Il testo del comma 1-bis precedentemente in vigore era il seguente: «1-bis. Sono esclusi dall'applicazione del comma 1 i procedimenti per i delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, nonché quelli contro coloro che siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali e per tendenza, o recidivi ai sensi dell'articolo 99, quarto comma, del codice penale, qualora la pena superi due anni soli o congiunti a pena pecuniaria.».

(4) Comma così sostituito dall'art. 32, L. 16 dicembre 1999, n. 479. Il testo precedentemente in vigore così disponeva: «2. Se vi è il consenso anche della parte che non ha formulato la richiesta e non deve essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell'articolo 129, il giudice, sulla base degli atti, se ritiene che la qualificazione giuridica del fatto e l'applicazione e la comparizione delle circostanze prospettate dalle parti sono corrette, dispone con sentenza l'applicazione della pena indicata, enunciando nel dispositivo che vi è stata la richiesta delle parti. Se vi è costituzione di parte civile, il giudice non decide sulla relativa domanda; non si applica la disposizione dell'articolo 75 comma 3.». Di tale formulazione la Corte costituzionale, con sentenza 26 giugno-2 luglio 1990, n. 313 (Gazz. Uff. 4 luglio 1990, n. 27 - Prima serie speciale), ha dichiarato: a) l'illegittimità dell'art. 444, secondo comma, c.p.p., nella parte in cui non prevede che, ai fini e nei limiti di cui all'art. 27, terzo comma, della Costituzione, il giudice possa valutare la congruità della pena indicata dalle parti, rigettando la richiesta in ipotesi di sfavorevole valutazione; b) non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità dell'art. 444, c.p.p., in riferimento agli artt. 101, secondo comma, 102, secondo comma, 13, primo comma, 24, secondo comma, 27, secondo comma e 111, primo comma, Cost.; c), non fondata la questione di legittimità dell'art. 444 c.p.p., in riferimento all'art. 101, secondo comma, Cost.

La stessa Corte con sentenza 26 settembre-12 ottobre 1990, n. 443 (Gazz. Uff. 17 ottobre 1990, n. 41 - Prima serie speciale), ha dichiarato: a) l'illegittimità dell'art. 444, secondo comma, secondo periodo, c.p.p., nella parte in cui non prevede che il giudice condanni l'imputato al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile, salvo che ritenga di disporre, per giusti motivi, la compensazione totale o parziale; b) non fondate le altre questioni di legittimità dell'art. 444, secondo comma, secondo periodo, c.p.p., in riferimento agli artt. 24, primo comma, 25, primo comma, e 3 Cost.; con altra sentenza 1-10 giugno 1992, n. 266 (Gazz. Uff. 17 giugno 1992, n. 26 - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 444 e 448 del c.p.p., in riferimento all'art. 3 Cost. Successivamente, con sentenza 2-16 dicembre 1993, n. 439 (Gazz. Uff. 22 dicembre 1993, n. 52 - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità costituzionale dell'art. 34, secondo comma, c.p.p., nella parte in cui non prevede l'incompatibilità a partecipare al giudizio abbreviato del giudice per le indagini preliminari che abbia rigettato la richiesta di applicazione di pena concordata di cui all'art. 444 dello stesso codice e non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 34 e 444, c.p.p., in relazione all'art. 248 disp.att.c.p.p. (D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 271), ed all'art. 61 c.p.p. 1930, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.

(5) Vedi, anche, l'art. 15, L. 19 marzo 1990, n. 55, come modificato dall'art. 1, L. 13 dicembre 1999, n. 475.

 

 

Art. 446

Richiesta di applicazione della pena e consenso.

1. Le parti possono formulare la richiesta prevista dall'articolo 444, comma 1, fino alla presentazione delle conclusioni di cui agli articoli 421, comma 3, e 422, comma 3, e fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado nel giudizio direttissimo. Se è stato notificato il decreto di giudizio immediato, la richiesta è formulata entro il termine e con le forme stabilite dall'articolo 458, comma 1 (1).

 

2. La richiesta e il consenso nell'udienza sono formulati oralmente; negli altri casi sono formulati con atto scritto.

 

3. La volontà dell'imputato è espressa personalmente o a mezzo di procuratore speciale e la sottoscrizione è autenticata nelle forme previste dall'articolo 583 comma 3.

 

4. Il consenso sulla richiesta può essere dato entro i termini previsti dal comma 1, anche se in precedenza era stato negato (2).

 

5. Il giudice, se ritiene opportuno verificare la volontarietà della richiesta o del consenso, dispone la comparizione dell'imputato.

 

6. Il pubblico ministero, in caso di dissenso, deve, enunciarne le ragioni (3).

 

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(1) Comma così sostituito dall'art. 33, L. 16 dicembre 1999, n. 479. Il testo precedentemente in vigore così disponeva: «1. Le parti possono formulare la richiesta prevista dall'articolo 444 comma 1, fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado.». Di tale formulazione la Corte costituzionale, con sentenza 10-19 marzo 1993, n. 101 (Gazz. Uff. 24 marzo 1993, n. 13 - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità degli artt. 487, quinto comma, e 446, primo comma, c.p.p., in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.; con successiva sentenza 25 marzo-1 aprile 1993, n. 129 (Gazz. Uff. 7 aprile 1993, n. 15 - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità dell'art. 446, primo comma, c.p.p., in riferimento all'art. 3 Cost.; con sentenza 7-17 febbraio 1994, n. 41 (Gazz. Uff. 23 febbraio 1994, n. 9, Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale del primo e terzo comma del presente articolo, in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, Cost.

(2) Comma così sostituito dall'art. 33, L. 16 dicembre 1999, n. 479. Il testo precedentemente in vigore così disponeva: «4. Il consenso sulla richiesta può essere dato fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, anche se in precedenza era stato negato».

(3) La Corte costituzionale, con sentenza 9-17 maggio 2001, n. 151 (Gazz. Uff. 23 maggio 2001, n. 20 - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, la manifesta infondatezza della questione di legittimità del presente articolo, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.

 

 

Art. 449

Casi e modi del giudizio direttissimo.

1. Quando una persona è stata arrestata in flagranza di un reato [c.p.p. 380, 381], il pubblico ministero, se ritiene di dover procedere [c.p.p. 405], può presentare direttamente l'imputato in stato di arresto davanti al giudice del dibattimento, per la convalida [c.p.p. 391, 566] e il contestuale giudizio, entro quarantotto ore dall'arresto. Si applicano al giudizio di convalida le disposizioni dell'articolo 391, in quanto compatibili.

 

2. Se l'arresto non è convalidato, il giudice restituisce gli atti al pubblico ministero. Il giudice procede tuttavia a giudizio direttissimo quando l'imputato e il pubblico ministero vi consentono.

 

3. Se l'arresto è convalidato, si procede immediatamente al giudizio.

 

4. Il pubblico ministero, quando l'arresto in flagranza è già stato convalidato [c.p.p. 391, comma 4], procede al giudizio direttissimo presentando l'imputato in udienza non oltre il quindicesimo giorno dall'arresto, salvo che ciò pregiudichi gravemente le indagini (2).

 

5. Il pubblico ministero procede inoltre al giudizio direttissimo, salvo che ciò pregiudichi gravemente le indagini, nei confronti della persona che nel corso dell'interrogatorio [c.p.p. 63, 65, 294, 364, 388] ha reso confessione. L'imputato libero è citato a comparire a una udienza non successiva al quindicesimo giorno dalla iscrizione nel registro delle notizie di reato [c.p.p. 335]. L'imputato in stato di custodia cautelare per il fatto per cui si procede è presentato all'udienza entro il medesimo termine (3).

 

6. Quando il reato per cui è richiesto il giudizio direttissimo risulta connesso [c.p.p. 12] con altri reati per i quali mancano le condizioni che giustificano la scelta di tale rito, si procede separatamente [c.p.p. 18] per gli altri reati e nei confronti degli altri imputati, salvo che ciò pregiudichi gravemente le indagini. Se la riunione risulta indispensabile, prevale in ogni caso il rito ordinario (4).

 

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(1) Le disposizioni relative al giudizio direttissimo non si applicano al procedimento penale davanti al giudice di pace, ai sensi di quanto disposto dall'art. 2, D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274.

(2) Comma così sostituito dalla lettera c) del comma 1 dell'art. 2, D.L. 23 maggio 2008, n. 92.

Il testo precedentemente in vigore era il seguente:

«Il pubblico ministero può, altresì, procedere al giudizio direttissimo quando l'arresto in flagranza è già stato convalidato. In tal caso l'imputato è presentato all'udienza non oltre il quindicesimo giorno dall'arresto.».

(3) Comma così modificato dalla lettera d) del comma 1 dell'art. 2, D.L. 23 maggio 2008, n. 92.

Il testo precedentemente in vigore era il seguente:

«Il pubblico ministero può, inoltre, procedere al giudizio direttissimo nei confronti della persona che nel corso dell'interrogatorio ha reso confessione. L'imputato libero è citato a comparire a una udienza non successiva al quindicesimo giorno dalla iscrizione nel registro delle notizie di reato. L'imputato in stato di custodia cautelare per il fatto per cui si procede è presentato all'udienza entro il medesimo termine.».

(4) L'art. 12-bis, D.L. 8 giugno 1992, n. 306, recante modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa, come modificato dall'art. 51, L. 16 dicembre 1999, n. 479, dispone che: «Per i reati concernenti le armi e gli esplosivi, il pubblico ministero procede al giudizio direttissimo anche fuori dei casi previsti dagli articoli 449 e 558 del codice di procedura penale, salvo che siano necessarie speciali indagini». La Corte costituzionale, con sentenza 13-22 aprile 1992, n. 187 (Gazz. Uff. 29 aprile 1992, n. 18 - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 449 e 452, secondo comma, c.p.p., in riferimento agli artt. 3 e 101 Cost. Vedi, anche, l'art. 6, comma quinto, D.L. 26 aprile 1993, n. 122, in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa.

 

 

Art. 450

Instaurazione del giudizio direttissimo.

1. Quando procede a giudizio direttissimo, il pubblico ministero fa condurre direttamente all'udienza l'imputato arrestato in flagranza o in stato di custodia cautelare (1).

 

2. Se l'imputato è libero, il pubblico ministero, lo cita a comparire all'udienza per il giudizio direttissimo. Il termine per comparire non può essere inferiore a tre giorni.

 

3. La citazione contiene i requisiti previsti dall'articolo 429 comma 1 lettera a), b), c), f), con l'indicazione del giudice competente per il giudizio nonché la data e la sottoscrizione. Si applica inoltre la disposizione dell'articolo 429 comma 2.

 

4. Il decreto, unitamente al fascicolo previsto dall'articolo 431, formato dal pubblico ministero, è trasmesso alla cancelleria del giudice competente per il giudizio.

 

5. Al difensore è notificato senza ritardo a cura del pubblico ministero l'avviso della data fissata per il giudizio.

 

6. Il difensore ha facoltà di prendere visione e di estrarre copia, nella segreteria del pubblico ministero, della documentazione relativa alle indagini espletate [c.p.p. 433].

 

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(1) Comma così modificato dalla lettera e) del comma 1 dell'art. 2, D.L. 23 maggio 2008, n. 92.

Il testo precedentemente in vigore era il seguente:

«Se ritiene di procedere a giudizio direttissimo, il pubblico ministero fa condurre direttamente all'udienza l'imputato arrestato in flagranza o in stato di custodia cautelare.».

 

 

Art. 453

Casi e modi di giudizio immediato.

1. Quando la prova appare evidente, salvo che ciò pregiudichi gravemente le indagini, il pubblico ministero chiede il giudizio immediato se la persona sottoposta alle indagini è stata interrogata sui fatti dai quali emerge l'evidenza della prova ovvero, a seguito di invito a presentarsi emesso con l'osservanza delle forme indicate nell'articolo 375 comma 3 secondo periodo, la stessa abbia omesso di comparire, sempre che non sia stato adottato un legittimo impedimento e che non si tratti di persona irreperibile (2).

 

1-bis. Il pubblico ministero richiede il giudizio immediato, anche fuori dai termini di cui all'articolo 454, comma 1, e comunque entro centottanta giorni dall'esecuzione della misura, per il reato in relazione al quale la persona sottoposta alle indagini si trova in stato di custodia cautelare, salvo che la richiesta pregiudichi gravemente le indagini (3).

 

1-ter. La richiesta di cui al comma 1-bis è formulata dopo la definizione del procedimento di cui all'articolo 309, ovvero dopo il decorso dei termini per la proposizione della richiesta di riesame (4).

 

2. Quando il reato per cui è richiesto il giudizio immediato risulta connesso [c.p.p. 12] con altri reati per i quali mancano le condizioni che giustificano la scelta di tale rito, si procede separatamente [c.p.p. 18] per gli altri reati e nei confronti degli altri imputati, salvo che ciò pregiudichi gravemente le indagini. Se la riunione [c.p.p. 17] risulta indispensabile, prevale in ogni caso il rito ordinario.

 

3. L'imputato può chiedere il giudizio immediato a norma dell'articolo 419 comma 5 (5).

 

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(1) Le disposizioni relative al giudizio immediato non si applicano al procedimento penale davanti al giudice di pace, ai sensi dell'art. 2, D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274.

(2) Comma prima sostituito dall'art. 27, D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12, recante disposizioni integrative e correttive della disciplina processuale penale e delle norme ad essa collegate, e poi così modificato dalla lettera f) del comma 1 dell'art. 2, D.L. 23 maggio 2008, n. 92.

Il testo precedentemente in vigore era il seguente:

«Quando la prova appare evidente, il pubblico ministero può chiedere il giudizio immediato se la persona sottoposta alle indagini è stata interrogata sui fatti dai quali emerge l'evidenza della prova ovvero, a seguito di invito a presentarsi emesso con l'osservanza delle forme indicate nell'articolo 375 comma 3 secondo periodo, la stessa abbia omesso di comparire, sempre che non sia stato adottato un legittimo impedimento e che non si tratti di persona irreperibile.».

(3) Comma aggiunto dalla lettera g) del comma 1 dell'art. 2, D.L. 23 maggio 2008, n. 92.

(4) Comma aggiunto dalla lettera g) del comma 1 dell'art. 2, D.L. 23 maggio 2008, n. 92.

(5) La Corte costituzionale, con sentenza 11-20 luglio 1990, n. 349 (Gazz. Uff. 1 agosto 1990, n. 31 - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità dell'art. 453 c.p.p., in riferimento agli artt. 3, 24, 76 e 112 Cost.

 

 

Art. 454

Presentazione della richiesta del pubblico ministero.

1. Entro novanta giorni dalla iscrizione della notizia di reato nel registro previsto dall'articolo 335, il pubblico ministero trasmette la richiesta di giudizio immediato alla cancelleria del giudice per le indagini preliminari (1).

 

2. Con la richiesta è trasmesso il fascicolo contenente la notizia di reato, la documentazione relativa alle indagini espletate e i verbali degli atti compiuti davanti al giudice per le indagini preliminari. Il corpo del reato e le cose pertinenti al reato, sono allegati al fascicolo, qualora non debbano essere custoditi altrove.

 

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(1) Per quanto stabilito dall'art. 258, secondo comma, disp. att. c.p.p., il termine previsto in questo comma è di nove mesi computato dalla data di entrata in vigore del codice.

 

 

Art. 455

Decisione sulla richiesta di giudizio immediato.

1. Il giudice, entro cinque giorni, emette decreto con il quale dispone il giudizio immediato ovvero rigetta la richiesta ordinando la trasmissione degli atti al pubblico ministero.

 

1-bis. Nei casi di cui all'articolo 453, comma 1-bis, il giudice rigetta la richiesta se l'ordinanza che dispone la custodia cautelare è stata revocata o annullata per sopravvenuta insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza (1).

 

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(1) Comma aggiunto dalla lettera h) del comma 1 dell'art. 2, D.L. 23 maggio 2008, n. 92.

 

 

Art. 467

Atti urgenti.

1. Nei casi previsti dall'articolo 392, il presidente del tribunale o della corte di assise dispone, a richiesta di parte, l'assunzione delle prove non rinviabili, osservando le forme previste per il dibattimento.

 

2. Del giorno, dell'ora e del luogo stabiliti per il compimento dell'atto è dato avviso almeno ventiquattro ore prima al pubblico ministero, alla persona offesa e ai difensori.

 

3. I verbali degli atti compiuti sono inseriti nel fascicolo per il dibattimento [c.p.p. 431] (1).

 

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(1) Vedi l'art. 240-bis att. c.p.p.

 

 

 

Art. 599

Decisioni in camera di consiglio.

1. Quando l'appello ha esclusivamente per oggetto la specie o la misura della pena, anche con riferimento al giudizio di comparazione fra circostanze [c.p. 69], o l'applicabilità delle circostanze attenuanti generiche [c.p. 62-bis], di sanzioni sostitutive, della sospensione condizionale della pena o della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, la corte provvede in camera di consiglio con le forme previste dall'articolo 127.

 

2. L'udienza è rinviata se sussiste un legittimo impedimento dell'imputato che ha manifestato la volontà di comparire [c.p.p. 486].

 

3. Nel caso di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, il giudice assume le prove in camera di consiglio, a norma dell'articolo 603, con la necessaria partecipazione del pubblico ministero e dei difensori. Se questi non sono presenti quando è disposta la rinnovazione, il giudice fissa una nuova udienza e dispone che copia del provvedimento sia comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori.

 

4. [La corte, anche al di fuori dei casi di cui al comma 1, provvede in camera di consiglio altresì quando le parti, nelle forme previste dall'articolo 589, ne fanno richiesta dichiarando di concordare sull'accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi di appello, con rinuncia agli altri eventuali motivi. Se i motivi dei quali viene chiesto l'accoglimento comportano una nuova determinazione della pena, il pubblico ministero, l'imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria indicano al giudice anche la pena sulla quale sono d'accordo] (1).

 

5. [Il giudice, se ritiene di non potere accogliere, allo stato, la richiesta, ordina la citazione a comparire al dibattimento [c.p.p. 601]. In questo caso la richiesta e la rinuncia perdono effetto, ma possono essere riproposte nel dibattimento [c.p.p. 602, n. 2]] (2).

 

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(1) I commi 4 e 5 sono stati così sostituiti dall'art. 1, L. 19 gennaio 1999, n. 14 (Gazz. Uff. 30 gennaio 1999, n. 24), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, e poi abrogati dalla lettera i) del comma 1 dell'art. 2, D.L. 23 maggio 2008, n. 92.

Il testo precedentemente in vigore era il seguente:

«4. La corte provvede in camera di consiglio anche quando le parti, nelle forme previste dall'articolo 589, ne fanno richiesta dichiarando di concordare sull'accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi di appello, con rinuncia agli altri eventuali motivi. Se i motivi dei quali viene chiesto l'accoglimento comportano una nuova determinazione della pena, il pubblico ministero, l'imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria indicano al giudice anche la pena sulla quale sono d'accordo.

5. Il giudice, se ritiene di non potere accogliere, allo stato, la richiesta, ordina la citazione a comparire al dibattimento. In questo caso la richiesta e la rinuncia perdono effetto, ma possono essere riproposte nel dibattimento». Della formulazione di tali commi la Corte costituzionale, con sentenza 26 settembre-10 ottobre 1990, n. 435 (Gazz. Uff. 17 ottobre 1990, n. 41 - Prima serie speciale), aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale, nella parte in cui consentivano la definizione del procedimento, nei modi ivi previsti anche al di fuori dei casi elencati nel comma 1 dell'articolo 599.

(2) I commi 4 e 5 sono stati così sostituiti dall'art. 1, L. 19 gennaio 1999, n. 14 (Gazz. Uff. 30 gennaio 1999, n. 24), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, e poi abrogati dalla lettera i) del comma 1 dell'art. 2, D.L. 23 maggio 2008, n. 92.

Il testo precedentemente in vigore era il seguente:

«4. La corte provvede in camera di consiglio anche quando le parti, nelle forme previste dall'articolo 589, ne fanno richiesta dichiarando di concordare sull'accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi di appello, con rinuncia agli altri eventuali motivi. Se i motivi dei quali viene chiesto l'accoglimento comportano una nuova determinazione della pena, il pubblico ministero, l'imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria indicano al giudice anche la pena sulla quale sono d'accordo.

5. Il giudice, se ritiene di non potere accogliere, allo stato, la richiesta, ordina la citazione a comparire al dibattimento. In questo caso la richiesta e la rinuncia perdono effetto, ma possono essere riproposte nel dibattimento». Della formulazione di tali commi la Corte costituzionale, con sentenza 26 settembre-10 ottobre 1990, n. 435 (Gazz. Uff. 17 ottobre 1990, n. 41 - Prima serie speciale), aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale, nella parte in cui consentivano la definizione del procedimento, nei modi ivi previsti anche al di fuori dei casi elencati nel comma 1 dell'articolo 599.

 

 

Art. 602

Dibattimento di appello.

1. Nell'udienza, il presidente o il consigliere da lui delegato fa la relazione della causa.

 

2. [Se le parti richiedono concordemente l'accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi di appello a norma dell'articolo 599, comma 4, il giudice, quando ritiene che la richiesta deve essere accolta, provvede immediatamente; altrimenti dispone per la prosecuzione del dibattimento. La richiesta e la rinuncia ai motivi non hanno effetto se il giudice decide in modo difforme dall'accordo] (1).

 

3. Nel dibattimento può essere data lettura, anche di ufficio, di atti del giudizio di primo grado nonché, entro i limiti previsti dagli articoli 511 e seguenti, di atti compiuti nelle fasi antecedenti.

 

4. Per la discussione si osservano le disposizioni dell'articolo 523.

 

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(1) Comma così sostituito dall'art. 2, L. 19 gennaio 1999, n. 14 (Gazz. Uff. 30 marzo 1999, n. 24), entrata in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, e poi abrogato dalla lettera l) del comma 1 dell'art. 2, D.L. 23 maggio 2008, n. 92. L'art. 3 della citata legge n. 14 del 1999 ha così disposto: «Art. 3. 1. Nei procedimenti nei quali è stata pronunciata sentenza di appello prima della data di entrata in vigore della presente legge, se è pendente ricorso per cassazione, ovvero se questo è proposto successivamente alla predetta data, il procuratore generale presso la Corte di cassazione e l'imputato, nonché, se del caso, la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, possono, entro il termine di cui al comma 4 dell'articolo 585 del codice di procedura penale, esercitare la facoltà prevista dai commi 4 e 5 dell'articolo 599 del codice predetto con riferimento ai motivi di ricorso. La Corte di cassazione provvede sulla richiesta in camera di consiglio, applicando la pena indicata dalle parti nelle forme previste dal comma 2 dell'articolo 619 del codice di procedura penale. Se ritiene di non poter accogliere la richiesta, la Corte di cassazione fissa la data di discussione del ricorso in udienza pubblica. In quest'ultimo caso la richiesta e la rinuncia perdono effetto».

Il comma 2 del presente articolo 602, in vigore prima della modifica introdotta dalla legge n. 14 sopracitata, così stabiliva: «2. Se le parti richiedono concordemente l'accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi di appello a norma dell'articolo 599 comma 4, il giudice, quando ritiene che la richiesta deve essere accolta, provvede immediatamente; altrimenti dispone la prosecuzione del dibattimento. La richiesta e la rinuncia ai motivi non hanno effetto se il giudice decide in modo difforme dall'accordo.» Di tale formulazione la Corte costituzionale, con sentenza 26 settembre-10 ottobre 1990, n. 435 (Gazz. Uff. 17 ottobre 1990, n. 41 - Prima serie speciale), aveva dichiarato l'illegittimità, nella parte in cui consentiva la definizione del procedimento nei modi ivi previsti anche al di fuori dei casi elencati nel primo comma dell'art. 599.

 

Art. 656

Esecuzione delle pene detentive.

1. Quando deve essere eseguita una sentenza di condanna a pena detentiva, il pubblico ministero emette ordine di esecuzione con il quale, se il condannato non è detenuto, ne dispone la carcerazione. Copia dell'ordine è consegnata all'interessato.

 

2. Se il condannato è già detenuto, l'ordine di esecuzione è comunicato al Ministro di grazia e giustizia e notificato all'interessato.

 

3. L'ordine di esecuzione contiene le generalità della persona nei cui confronti deve essere eseguito e quant'altro valga a identificarla, l'imputazione, il dispositivo del provvedimento e le disposizioni necessarie all'esecuzione. L'ordine è notificato al difensore del condannato.

 

4. L'ordine che dispone la carcerazione è eseguito secondo le modalità previste dall'articolo 277.

 

5. Se la pena detentiva, anche se costituente residuo di maggiore pena, non è superiore a tre anni o sei anni nei casi di cui agli articoli 90 e 94 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, il pubblico ministero, salvo quanto previsto dai commi 7 e 9, ne sospende l'esecuzione. L'ordine di esecuzione e il decreto di sospensione sono notificati al condannato e al difensore nominato per la fase dell'esecuzione o, in difetto, al difensore che lo ha assistito nella fase del giudizio, con l'avviso che entro trenta giorni può essere presentata istanza, corredata dalle indicazioni e dalla documentazione necessarie, volta ad ottenere la concessione di una delle misure alternative alla detenzione di cui agli articoli 47, 47-ter e 50, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, e di cui all'articolo 94 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, ovvero la sospensione dell'esecuzione della pena di cui all'articolo 90 dello stesso testo unico. L'avviso informa altresì che, ove non sia presentata l'istanza o la stessa sia inammissibile ai sensi degli articoli 90 e seguenti del citato testo unico, l'esecuzione della pena avrà corso immediato (1).

 

6. L'istanza deve essere presentata dal condannato o dal difensore di cui al comma 5 ovvero allo scopo nominato dal pubblico ministero, il quale la trasmette, unitamente alla documentazione, al tribunale di sorveglianza competente in relazione al luogo in cui ha sede l'ufficio del pubblico ministero. Se l'istanza non è corredata dalla documentazione utile, questa, salvi i casi di inammissibilità, può essere depositata nella cancelleria del tribunale di sorveglianza fino a cinque giorni prima dell'udienza fissata a norma dell'articolo 666, comma 3. Resta salva, in ogni caso, la facoltà del tribunale di sorveglianza di procedere anche d'ufficio alla richiesta di documenti o di informazioni, o all'assunzione di prove a norma dell'articolo 666, comma 5. Il tribunale di sorveglianza decide entro quarantacinque giorni dal ricevimento dell'istanza (2).

 

7. La sospensione dell'esecuzione per la stessa condanna non può essere disposta più di una volta, anche se il condannato ripropone nuova istanza sia in ordine a diversa misura alternativa, sia in ordine alla medesima, diversamente motivata, sia in ordine alla sospensione dell'esecuzione della pena di cui all'articolo 90 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni.

 

8. Salva la disposizione del comma 8-bis, qualora l'istanza non sia tempestivamente presentata, o il tribunale di sorveglianza la dichiari inammissibile o la respinga, il pubblico ministero revoca immediatamente il decreto di sospensione dell'esecuzione (3). Il pubblico ministero provvede analogamente quando l'istanza presentata è inammissibile ai sensi degli articoli 90 e seguenti del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, nonché, nelle more della decisione del tribunale di sorveglianza, quando il programma di recupero di cui all'articolo 94 del medesimo testo unico non risulta iniziato entro cinque giorni dalla data di presentazione della relativa istanza o risulta interrotto (4). A tal fine il pubblico ministero, nel trasmettere l'istanza al tribunale di sorveglianza, dispone gli opportuni accertamenti (5).

 

8-bis. Quando è provato o appare probabile che il condannato non abbia avuto effettiva conoscenza dell'avviso di cui al comma 5, il pubblico ministero può assumere, anche presso il difensore, le opportune informazioni, all'esito delle quali può disporre la rinnovazione della notifica (6).

 

9. La sospensione dell'esecuzione di cui al comma 5 non può essere disposta:

 

a) nei confronti dei condannati per i delitti di cui all'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, nonché di cui agli articoli 423-bis, 600-bis, 624-bis, e 628 del codice penale, fatta eccezione per coloro che si trovano agli arresti domiciliari disposti ai sensi dell'articolo 89 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni (7);

 

b) nei confronti di coloro che, per il fatto oggetto della condanna da eseguire, si trovano in stato di custodia cautelare in carcere nel momento in cui la sentenza diviene definitiva;

 

c) nei confronti dei condannati ai quali sia stata applicata la recidiva prevista dall'articolo 99, quarto comma, del codice penale» (8) (9).

 

10. Nella situazione considerata dal comma 5, se il condannato si trova agli arresti domiciliari per il fatto oggetto della condanna da eseguire, il pubblico ministero sospende l'esecuzione dell'ordine di carcerazione e trasmette gli atti senza ritardo al tribunale di sorveglianza perché provveda alla eventuale applicazione di una delle misure alternative di cui al comma 5. Fino alla decisione del tribunale di sorveglianza, il condannato permane nello stato detentivo nel quale si trova e il tempo corrispondente è considerato come pena espiata a tutti gli effetti. Agli adempimenti previsti dall'articolo 47-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, provvede in ogni caso il magistrato di sorveglianza (10) (11).

 

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(1) Comma così modificato dall'art. 10, D.L. 24 novembre 2000, n. 341, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 19 gennaio 2001, n. 4 e poi dall'art. 4-undevicies, D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, convertito, con modificazioni, con L. 21 febbraio 2006, n. 49.

Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «5. Se la pena detentiva, anche se costituente residuo di maggiore pena, non è superiore a tre anni ovvero a quattro anni nei casi di cui agli articoli 90 e 94 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, il pubblico ministero, salvo quanto previsto dai commi 7 e 9, ne sospende l'esecuzione. L'ordine di esecuzione e il decreto di sospensione sono notificati al condannato e al difensore nominato per la fase dell'esecuzione o, in difetto, al difensore che lo ha assistito nella fase del giudizio, con l'avviso che entro trenta giorni può essere presentata istanza, corredata dalle indicazioni e dalla documentazione necessarie, volta ad ottenere la concessione di una delle misure alternative alla detenzione di cui agli articoli 47, 47-ter e 50, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, e di cui all'articolo 94 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, ovvero la sospensione dell'esecuzione della pena di cui all'articolo 90 dello stesso testo unico. L'avviso informa altresì che, ove non sia presentata l'istanza nonché la certificazione da allegare ai sensi degli articoli 91, comma 2, e 94, comma 1, del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, l'esecuzione della pena avrà corso immediato».

(2) Comma così modificato dall'art. 10, D.L. 24 novembre 2000, n. 341, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 19 gennaio 2001, n. 4 e poi dall'art. 4-undevicies, D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, convertito, con modificazioni, con L. 21 febbraio 2006, n. 49.

Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «6. L'istanza deve essere presentata dal condannato o dal difensore di cui al comma 5 ovvero allo scopo nominato dal pubblico ministero, il quale la trasmette, unitamente alla documentazione, al tribunale di sorveglianza competente in relazione al luogo in cui ha sede l'ufficio del pubblico ministero. Se l'istanza non è corredata dalla documentazione prescritta o necessaria, questa può essere depositata nella cancelleria del tribunale di sorveglianza fino a cinque giorni prima dell'udienza fissata a norma dell'articolo 666, comma 3. Resta salva, in ogni caso, la facoltà del tribunale di sorveglianza di procedere anche d'ufficio alla richiesta di documenti o di informazioni, o all'assunzione di prove a norma dell'articolo 666, comma 5. Il tribunale di sorveglianza decide entro quarantacinque giorni dal ricevimento dell'istanza».

(3) Comma così modificato dall'art. 10, D.L. 24 novembre 2000, n. 341, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 19 gennaio 2001, n. 4.

Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «8. Qualora l'istanza non sia tempestivamente presentata, o il tribunale di sorveglianza la dichiari inammissibile o la respinga, il pubblico ministero revoca immediatamente il decreto di sospensione dell'esecuzione».

(4) Periodo aggiunto dall'art. 4-undevicies, D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, convertito, con modificazioni, con L. 21 febbraio 2006, n. 49.

(5) Periodo aggiunto dall'art. 4-undevicies, D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, convertito, con modificazioni, con L. 21 febbraio 2006, n. 49.

(6) Comma aggiunto dall'art. 10, D.L. 24 novembre 2000, n. 341, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 19 gennaio 2001, n. 4.

(7) Lettera così modificata prima dall'art. 4-undevicies, D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, convertito, con modificazioni, con L. 21 febbraio 2006, n. 49 e poi dalla lettera m) del comma 1 dell'art. 2, D.L. 23 maggio 2008, n. 92.

Il testo in vigore prima di quest'ultima modifica era il seguente:

«a) nei confronti dei condannati per i delitti di cui all'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, fatta eccezione per coloro che si trovano agli arresti domiciliari disposti ai sensi dell'articolo 89 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni.».

Il testo in vigore prima della modifica disposta dal citato decreto-legge n. 272 del 2005 era il seguente:

«a) nei confronti dei condannati per i delitti di cui all'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni.».

(8) Sui limiti di applicabilità delle disposizioni della presente lettera vedi l'art. 4, D.L. 30 dicembre 2005, n. 272.

(9) Comma così sostituito dall'art. 9, L. 5 dicembre 2005, n. 251.

Il testo precedentemente in vigore era il seguente:«9. La sospensione dell'esecuzione di cui al comma 5 non può essere disposta:

a) nei confronti dei condannati per i delitti di cui all'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni;

b) nei confronti di coloro che, per il fatto oggetto della condanna da eseguire, si trovano in stato di custodia cautelare in carcere nel momento in cui la sentenza diviene definitiva.».

(10) Comma così modificato dall'art. 10, D.L. 24 novembre 2000, n. 341, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 19 gennaio 2001, n. 4.

Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «10. Nella situazione considerata dal comma 5, se il condannato si trova agli arresti domiciliari per il fatto oggetto della condanna da eseguire, il pubblico ministero sospende l'esecuzione dell'ordine di carcerazione e trasmette gli atti senza ritardo al tribunale di sorveglianza perché provveda, senza formalità, all'eventuale applicazione della misura alternativa della detenzione domiciliare. Fino alla decisione del tribunale di sorveglianza, il condannato permane nello stato detentivo nel quale si trova e il tempo corrispondente è considerato come pena espiata a tutti gli effetti. Agli adempimenti previsti dall'articolo 47-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, provvede in ogni caso il magistrato di sorveglianza». Di tale formulazione la Corte costituzionale, con sentenza 27 ottobre-4 novembre 1999, n. 422 (Gazz. Uff. 10 novembre 1999, n. 45 - Prima serie speciale), aveva dichiarato non fondata la questione di legittimità in riferimento agli artt. 24 3 e 27 Cost.

(11) Articolo così sostituito dall'art. 1, L. 27 maggio 1998, n. 165. Vedi gli artt. da 89 a 95, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, di approvazione del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, nonché la L. 15 dicembre 1990, n. 395, sull'ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria ed il D.Lgs. 30 ottobre 1992, n. 443.

Il testo dell'articolo precedentemente in vigore così disponeva: «Esecuzione delle pene detentive.

1. Quando deve essere eseguita una sentenza di condanna a pena detentiva, il pubblico ministero emette ordine di esecuzione con il quale, se il condannato non è detenuto, ne dispone la carcerazione. Copia dell'ordine è consegnata all'interessato.

2. Se la pena non è superiore a sei mesi e non vi è pericolo di fuga, il pubblico ministero fa notificare al condannato ordine di esecuzione con l'ingiunzione di costituirsi in carcere entro cinque giorni. Se il condannato non si costituisce nel termine predetto, il pubblico ministero dispone la carcerazione.

3. Se il condannato è già detenuto, l'ordine di esecuzione è comunicato al ministro di grazia e giustizia e notificato all'interessato.

4. L'ordine di esecuzione contiene le generalità della persona nei cui confronti il provvedimento deve essere eseguito e quanto altro valga a identificarla, l'imputazione, il dispositivo del provvedimento e le disposizioni necessarie alla esecuzione. L'ordine è notificato al difensore del condannato.

5. L'ordine che dispone la carcerazione è eseguito secondo le modalità previste dall'articolo 277».

 


 

Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del C.P.P.
(art. 132-bis)

 

 

Art. 132-bis

Formazione dei ruoli di udienza.

1. Nella formazione dei ruoli di udienza è assicurata priorità assoluta alla trattazione dei procedimenti quando ricorrono ragioni di urgenza con riferimento alla scadenza dei termini di custodia cautelare (1).

 

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(1) Articolo aggiunto dall'art. 1, D.L. 24 novembre 2000, n. 341, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 19 gennaio 2001, n. 4. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del suddetto D.L. n. 341 del 2000, ai sensi dell'art. 5 dello stesso decreto.

 

 

 


 

Legge 27 dicembre 1956, n. 1423.
Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità
(artt. 3, 4)

 

 

(1) (2) (3)

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 31 dicembre 1956, n. 327.

(2) Vedi, ora, l'art. 1, L. 3 agosto 1988, n. 327, che ha soppresso l'istituto della diffida del questore della presente legge. Vedi, anche, l'art. 7-ter, L. 13 dicembre 1989, n. 401, aggiunto dall'art. 6, D.L. 8 febbraio 2007, n. 8, e l'art. 8 dello stesso D.L. n. 8 del 2007.

(3) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- Ministero del lavoro e della previdenza sociale: Circ. 17 aprile 1998, n. 55/98;

- Ministero dell'interno: Circ. 31 gennaio 2000, n. M/2413/2.

(omissis)

Art. 3

Alle persone indicate nell'art. 1 che non abbiano cambiato condotta nonostante l'avviso orale di cui all'articolo 4, quando siano pericolose per la sicurezza pubblica, può essere applicata, nei modi stabiliti negli articoli seguenti, la misura di prevenzione della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza (7).

 

Alla sorveglianza speciale può essere aggiunto ove le circostanze del caso lo richiedano il divieto di soggiorno in uno o più comuni, diversi da quelli di residenza o di dimora abituale o in una o più Province (8).

 

Nei casi in cui le altre misure di prevenzione non sono ritenute idonee alla tutela della sicurezza pubblica può essere imposto l'obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale (9) (10).

 

[Il soggiorno obbligatorio è disposto in un comune o frazione di esso con popolazione non superiore ai 5 mila abitanti lontano da grandi aree metropolitane, tale da assicurarne un efficace controllo delle persone sottoposte alla misura di prevenzione e che sia sede di un ufficio di polizia] (11) (12).

 

 

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(7) Comma così sostituito dall'art. 4, L. 3 agosto 1988, n. 327.

(8) Comma così modificato dall'art. 1, L. 24 luglio 1993, n. 256.

(9) Comma così sostituito dall'art. 4, L. 3 agosto 1988, n. 327.

(10) La Corte costituzionale, con ordinanza 23 febbraio-6 marzo 1995, n. 83 (Gazz. Uff. 15 marzo 1995, n. 11, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell'art. 2 della L. 31 maggio 1965, n. 575 - come modificato dall'art. 1 della L. 24 luglio 1993, n. 256 - e degli artt. 3, terzo comma, e 7, secondo comma, della L. 27 dicembre 1956, n. 1423, sollevata in riferimento agli artt. 1, primo comma, 4, 24, 27, secondo comma e 111 della Costituzione.

(11) Comma abrogato dall'art. 4, L. 3 agosto 1988, n. 327.

(12) La Corte costituzionale, con ordinanza 7-20 aprile 2004, n. 124 (Gazz. Uff. 28 aprile 2004, n. 17, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 sollevata in riferimento all'art. 27, terzo comma, della Costituzione.

 

 

Art. 4

L'applicazione dei provvedimenti di cui all'articolo 3 è consentita dopo che il questore nella cui provincia la persona dimora ha provveduto ad avvisare oralmente la stessa che esistono sospetti a suo carico, indicando i motivi che li giustificano. Il questore invita la persona a tenere una condotta conforme alla legge e redige il processo verbale dell'avviso al solo fine di dare allo stesso data certa.

 

Trascorsi almeno sessanta giorni e non più di tre anni, il questore può avanzare proposta motivata per l'applicazione delle misure di prevenzione al presidente del tribunale avente sede nel capoluogo di provincia, se la persona, nonostante l'avviso, non ha cambiato condotta ed è pericolosa per la sicurezza pubblica.

 

La persona alla quale è stato fatto l'avviso può in qualsiasi momento chiederne la revoca al questore che provvede nei sessanta giorni successivi. Decorso detto termine senza che il questore abbia provveduto, la richiesta si intende accettata. Entro sessanta giorni dalla comunicazione del provvedimento di rigetto è ammesso ricorso gerarchico al prefetto.

 

Con l'avviso orale il questore, quando ricorrono le condizioni di cui all'articolo 1, può imporre alle persone che risultino definitivamente condannate per delitti non colposi il divieto di possedere o utilizzare, in tutto o in parte, qualsiasi apparato di comunicazione radiotrasmittente, radar e visori notturni, indumenti e accessori per la protezione balistica individuale, mezzi di trasporto blindati o modificati al fine di aumentarne la potenza o la capacità offensiva, ovvero comunque predisposti al fine di sottrarsi ai controlli di polizia, nonché programmi informatici ed altri strumenti di cifratura o crittazione di conversazioni e messaggi. Il divieto del questore è opponibile davanti al giudice monocratico.

 

Chiunque violi il divieto di cui al quarto comma è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da lire tre milioni a lire dieci milioni. Gli strumenti, gli apparati, i mezzi e i programmi posseduti o utilizzati sono confiscati ed assegnati alle Forze di polizia, se ne fanno richiesta, per essere impiegati nei compiti di istituto.

 

Il tribunale provvede, in camera di consiglio, con decreto motivato, entro trenta giorni dalla proposta, con l'intervento del pubblico ministero e dell'interessato, osservando, in quanto applicabili, le disposizioni degli artt. 636 e 637 del Codice di procedura penale. L'interessato può presentare memorie e farsi assistere da un avvocato o procuratore (13) (14).

 

Ove l'interessato non intervenga ed occorra la sua presenza per essere interrogato, il presidente del tribunale lo invita a comparire e, se egli non ottempera all'invito, può ordinare l'accompagnamento a mezzo di forza pubblica.

 

Il provvedimento del tribunale stabilisce la durata della misura di prevenzione che non può essere inferiore ad un anno né superiore a cinque.

 

Il provvedimento è comunicato al procuratore della Repubblica, al procuratore generale presso la Corte di appello ed all'interessato, i quali hanno facoltà di proporre ricorso alla Corte d'appello, anche per il merito.

 

Il ricorso non ha effetto sospensivo e deve essere proposto entro dieci giorni dalla comunicazione del provvedimento. La Corte d'appello provvede, in camera di consiglio, con decreto motivato, entro trenta giorni dalla proposizione del ricorso.

 

Avverso il decreto della Corte d'appello, è ammesso ricorso in cassazione per violazione di legge, da parte del pubblico ministero e dell'interessato, entro dieci giorni. La Corte di cassazione provvede, in camera di consiglio, entro trenta giorni dal ricorso. Il ricorso non ha effetto sospensivo (15).

 

Salvo quando è stabilito nella presente legge, per la proposizione e la decisione dei ricorsi, si osservano in quanto applicabili, le norme del Codice di procedura penale riguardanti la proposizione e la decisione dei ricorsi relativi all'applicazione delle misure di sicurezza (16).

 

 

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(13) Con sentenza n. 76 del 20-25 maggio 1970 (Gazz. Uff. 3 giugno 1970, n. 136) la Corte costituzionale ha così disposto:

«1) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 4, secondo comma, della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 ("misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità"), nella parte in cui non prevede l'assistenza del difensore;

2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli articoli 1 e 2 della stessa legge, sollevata con l'ordinanza 10 luglio 1969 del pretore di Legnano, in riferimento agli articoli 3, 13, secondo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione;

3) dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale degli articoli 1, 2, 3, 5 e 9 della stessa legge, sollevate dai pretori di Torino, di Legnano e di Novi Ligure e dai tribunali di Vibo Valentia, di Torino e di Milano, con le ordinanze indicate in epigrafe, in riferimento agli articoli 2, 3, 13, 16, 17, 18, 25 e 27, secondo e terzo comma, della Costituzione».

(14) La Corte costituzionale, con ordinanza 26-29 gennaio 1998, n. 7 (Gazz. Uff. 4 febbraio 1998, n. 5, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, quinto comma, della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione.

(15) La Corte costituzionale, con sentenza 28 ottobre-5 novembre 2004, n. 321 (Gazz. Uff. 10 novembre 2004, n. 44, 1ª Serie speciale), ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, undicesimo comma, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dalla Corte di cassazione.

(16) Articolo così modificato prima dall'art. 5, L. 3 agosto 1988, n. 327 e poi dall'art. 15, L. 26 marzo 2001, n. 128.

(omissis)


 

Legge 31 maggio 1965, n. 575.
Disposizioni contro la mafia
(artt. 1, 2, 2-bis, 2-ter, 3-bis, 3-quater, 10, 10-quater)

 

 

(1) (2) (3)

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 5 giugno 1965, n. 138.

(2) Vedi, anche, gli artt. 18 e 19, L. 22 maggio 1975, n. 152, la L. 13 settembre 1982, n. 646. Vedi, inoltre, l'art. 7-ter, L. 13 dicembre 1989, n. 401, aggiunto dall'art. 6, D.L. 8 febbraio 2007, n. 8.

(3) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari:

- Ministero del lavoro e della previdenza sociale: Circ. 17 aprile 1998, n. 55/98;

- Ministero del tesoro: Circ. 6 agosto 1998, n. 70;

- Ministero della pubblica istruzione: Circ. 19 aprile 1996, n. 156.

- Ministero delle finanze: Circ. 3 maggio 1996, n. 109/T; Circ. 5 febbraio 1998, n. 41/T; Circ. 27 febbraio 1998, n. 72/T; Circ. 22 ottobre 1999, n. 206/T; Circ. 7 agosto 2000, n. 156/E;

- Ministero per i beni culturali e ambientali: Circ. 29 ottobre 1996, n. 127.

 

 

Art. 1

La presente legge si applica agli indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, alla camorra o ad altre associazioni, comunque localmente denominate, che perseguono finalità o agiscono con metodi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso (4).

 

 

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(4)  Così sostituito dall'art. 13, L. 13 settembre 1982, n. 646.

 

 

Art. 2

1. Nei confronti delle persone di cui all'articolo 1 possono essere proposte dal procuratore nazionale antimafia, dal procuratore della Repubblica presso il tribunale nel cui circondario dimora la persona o dal questore, anche se non vi è stato il preventivo avviso, le misure di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e dell'obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale, di cui al primo e al terzo comma dell'articolo 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e successive modificazioni.

 

1-bis. Quando non vi è stato il preventivo avviso e la persona risulti definitivamente condannata per un delitto non colposo, con la notificazione della proposta il questore può imporre all'interessato sottoposto alla misura della sorveglianza speciale il divieto di cui all'articolo 4, quarto comma, della legge 27 dicembre 1956, n. 1423; si applicano le disposizioni dei commi quarto, ultimo periodo, e quinto del medesimo articolo 4 (5).

 

2. [Quando ricorrono eccezionali esigenze di tutela sociale o di tutela dell'incolumità della persona interessata, il questore o il procuratore nazionale antimafia o il procuratore della Repubblica possono chiedere al tribunale, con la proposta di cui al comma 1, o anche successivamente, di disporre l'obbligo di soggiorno in una località specificamente indicata dal questore ed avente idonee caratteristiche territoriali e di sicurezza] (6).

 

3. [Sulla richiesta di cui al comma 2 e su quella di cui al secondo comma dell'articolo 7 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e successive modificazioni, il tribunale provvede entro dieci giorni, fermo restando quanto disposto dall'articolo 6 della predetta legge 1423] (7) (8) (9).

 

 

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(5)  Comma aggiunto dall'art. 14, D.L. 27 luglio 2005, n. 144, come modificato dall'art. 1-ter, D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(6)  Comma abrogato dall'art. 1, L. 24 luglio 1993, n. 256.

(7)  Comma abrogato dall'art. 1, L. 24 luglio 1993, n. 256.

(8)  Articolo prima modificato dall'art. 8, L. 3 agosto 1988, n. 327, e dall'art. 20, D.L. 13 maggio 1991, n. 152 e poi sostituito dall'art. 22, D.L. 8 giugno 1992, n. 306.

(9)  La Corte costituzionale, con ordinanza 23 febbraio-6 marzo 1995, n. 83 (Gazz. Uff. 15 marzo 1995, n. 11, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell'art. 2 della L. 31 maggio 1965, n. 575 - come modificato dall'art. 1 della L. 24 luglio 1993, n. 256 - e degli artt. 3, terzo comma, e 7, secondo comma, della L. 27 dicembre 1956, n. 1423, sollevata in riferimento agli artt. 1, primo comma, 4, 24, 27, secondo comma e 111 della Costituzione. La stessa Corte, con sentenza 23 febbraio-6 marzo 1995, n. 77 (Gazz. Uff. 15 marzo 1995, n. 11, serie speciale), ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, terzo comma, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione. Successivamente la stessa Corte costituzionale, con ordinanza 11-22 luglio 1996, n. 275 (Gazz. Uff. 7 agosto 1996, n. 32, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2, sollevate in riferimento agli articoli 3 e 97, primo comma, della Costituzione.

 

 

Art. 2-bis

1. Il procuratore della Repubblica o il questore territorialmente competente a richiedere l'applicazione di una misura di prevenzione procedono, anche a mezzo della guardia di finanza o della polizia giudiziaria, ad indagini sul tenore di vita, sulle disponibilità finanziarie e sul patrimonio dei soggetti indicati all'articolo 1 nei cui confronti possa essere proposta la misura di prevenzione della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza con o senza divieto od obbligo di soggiorno, nonché, avvalendosi della guardia di finanza o della polizia giudiziaria, ad indagini sull'attività economica facente capo agli stessi soggetti allo scopo anche di individuare le fonti di reddito (10).

 

2. Accertano, in particolare, se dette persone siano titolari di licenze, di autorizzazioni, di concessioni o di abilitazioni all'esercizio di attività imprenditoriali e commerciali, comprese le iscrizioni ad albi professionali e pubblici registri, se beneficiano di contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concesse o erogate da parte dello Stato, degli enti pubblici o delle Comunità europee.

 

3. Le indagini sono effettuate anche nei confronti del coniuge, dei figli e di coloro che nell'ultimo quinquennio hanno convissuto con i soggetti indicati al comma 1 nonché nei confronti delle persone fisiche o giuridiche, società, consorzi od associazioni, del cui patrimonio i soggetti medesimi risultano poter disporre in tutto o in parte, direttamente o indirettamente.

 

4. Quando vi sia concreto pericolo che i beni di cui si prevede debba essere disposta la confisca ai sensi dell'articolo 2-ter vengano dispersi, sottratti od alienati, il procuratore della Repubblica o il questore, con la proposta, possono richiedere al presidente del tribunale competente per l'applicazione della misura di prevenzione di disporre anticipatamente il sequestro dei beni prima della fissazione dell'udienza (11).

 

5. Il presidente del tribunale provvede con decreto motivato entro cinque giorni dalla richiesta. Il sequestro eventualmente disposto perde efficacia se non convalidato dal tribunale entro trenta giorni dalla proposta. Si osservano le disposizioni di cui al quarto comma dell'articolo 2-ter; se i beni sequestrati sono intestati a terzi si applica il procedimento di cui al quinto comma dello stesso articolo 2-ter.

 

6. Il procuratore della Repubblica e il questore possono richiedere, direttamente o a mezzo di ufficiali o agenti di polizia giudiziaria, ad ogni ufficio della pubblica amministrazione, ad ogni ente creditizio nonché alle imprese, società ed enti di ogni tipo informazioni e copia della documentazione ritenuta utile ai fini delle indagini nei confronti dei soggetti di cui ai commi precedenti. Previa autorizzazione del procuratore della Repubblica o del giudice procedente, gli ufficiali di polizia giudiziaria possono procedere al sequestro della documentazione con le modalità di cui agli articoli 253, 254, e 255 del codice di procedura penale (12) (13) (14).

 

 

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(10)  Vedi, anche, l'art. 13, L. 16 marzo 2006, n. 146.

(11)  Comma prima sostituito dall'art. 20, D.L. 13 maggio 1991, n. 152, e successivamente così modificato dall'art. 22, D.L. 8 giugno 1992, n. 306. Vedi, anche, l'art. 13, L. 16 marzo 2006, n. 146.

(12)  Vedi, anche, l'art. 13, L. 16 marzo 2006, n. 146.

(13)  Articolo aggiunto dall'art. 14, L. 13 settembre 1982, n. 646, e poi così sostituito dall'art. 1, L. 19 marzo 1990, n. 55.

(14)  La Corte costituzionale, con ordinanza 10-17 dicembre 1997, n. 414 (Gazz. Uff. 24 dicembre 1997, n. 52, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli articoli da 2-bis a 2-octies, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 24 e 42 della Costituzione.

 

 

Art. 2-ter

Nel corso del procedimento per l'applicazione di una delle misure di prevenzione previste dall'articolo 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, iniziato nei confronti delle persone indicate nell'articolo 1, il tribunale, ove necessario, può procedere ad ulteriori indagini oltre quelle già compiute a norma dell'articolo precedente.

 

Salvo quanto disposto dagli articoli 22, 23 e 24 della legge 22 maggio 1975, n. 152, il tribunale, anche d'ufficio, ordina con decreto motivato il sequestro dei beni dei quali la persona nei cui confronti è iniziato il procedimento risulta poter disporre, direttamente o indirettamente, quando il loro valore risulta sproporzionato al reddito dichiarato o all'attività economica svolta ovvero quando, sulla base di sufficienti indizi, si ha motivo di ritenere che gli stessi siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego (15). A richiesta del procuratore della Repubblica, del questore o degli organi incaricati di svolgere ulteriori indagini a norma del primo comma, nei casi di particolare urgenza il sequestro è disposto dal Presidente del tribunale con decreto motivato e perde efficacia se non è convalidato dal tribunale nei dieci giorni successivi (16) (17).

 

Con l'applicazione della misura di prevenzione il tribunale dispone la confisca dei beni sequestrati dei quali non sia stata dimostrata la legittima provenienza. Nel caso di indagini complesse il provvedimento può essere emanato anche successivamente, entro un anno dalla data dell'avvenuto sequestro; tale termine può essere prorogato di un anno con provvedimento motivato del tribunale. Ai fini del computo dei termini suddetti e di quello previsto dal comma 5 dell'articolo 2-bis si tiene conto delle cause di sospensione dei termini di durata della custodia cautelare, previste dal codice di procedura penale, in quanto compatibili (18) (19).

 

Il sequestro è revocato dal tribunale quando è respinta la proposta di applicazione della misura di prevenzione o quando risulta che esso ha per oggetto beni di legittima provenienza o dei quali l'indiziato non poteva disporre direttamente o indirettamente (20) (21).

 

Se risulta che i beni sequestrati appartengono a terzi, questi sono chiamati dal tribunale, con decreto motivato, ad intervenire nel procedimento e possono, anche con l'assistenza di un difensore, nel termine stabilito dal tribunale, svolgere in camera di consiglio le loro deduzioni e chiedere l'acquisizione di ogni elemento utile ai fini della decisione sulla confisca.

 

I provvedimenti previsti dal presente articolo possono essere adottati, su richiesta del procuratore della Repubblica o del questore, quando ne ricorrano le condizioni, anche dopo l'applicazione della misura di prevenzione, ma prima della sua cessazione. Sulla richiesta provvede lo stesso tribunale che ha disposto la misura di prevenzione, con le forme previste per il relativo procedimento e rispettando le disposizioni di cui al precedente comma (22) (23) (24).

 

Anche in caso di assenza, residenza o dimora all'estero della persona alla quale potrebbe applicarsi la misura di prevenzione, il procedimento di prevenzione può essere proseguito ovvero iniziato, su proposta del procuratore della Repubblica o del questore competente per il luogo di ultima dimora dell'interessato, ai soli fini dell'applicazione dei provvedimenti di cui al presente articolo relativamente ai beni che si ha motivo di ritenere che siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego (25) (26).

 

Agli stessi fini il procedimento può essere iniziato o proseguito allorché la persona è sottoposta ad una misura di sicurezza detentiva o alla libertà vigilata (27).

 

In ogni caso il sequestro e la confisca possono essere disposti anche in relazione a beni sottoposti a sequestro in un procedimento penale, ma i relativi effetti sono sospesi per tutta la durata dello stesso, e si estinguono ove venga disposta la confisca degli stessi beni in sede penale (28) (29).

 

 

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(15)  Periodo così sostituito dall'art. 3, L. 24 luglio 1993, n. 256.

(16)  Periodo aggiunto dall'art. 22, D.L. 8 giugno 1992, n. 306.

(17)  Vedi, anche, l'art. 13, L. 16 marzo 2006, n. 146.

(18)  Comma così sostituito dall'art. 2, L. 19 marzo 1990, n. 55.

(19)  La Corte costituzionale, con ordinanza 17-29 novembre 2004, n. 368 (Gazz. Uff. 9 dicembre 2004, Ediz. Str.), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 2-ter, terzo, quarto e sesto comma, sollevata in riferimento agli artt. 3, 41, secondo comma, e 42, secondo comma, della Costituzione.

(20)  Comma così sostituito dall'art. 2, L. 19 marzo 1990, n. 55.

(21)  La Corte costituzionale, con ordinanza 17-29 novembre 2004, n. 368 (Gazz. Uff. 9 dicembre 2004, Ediz. Str.), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 2-ter, terzo, quarto e sesto comma, sollevata in riferimento agli artt. 3, 41, secondo comma, e 42, secondo comma, della Costituzione.

(22)  Vedi, anche, l'art. 13, L. 16 marzo 2006, n. 146.

(23)  Articolo aggiunto dall'art. 14, L. 13 settembre 1982, n. 646.

(24)  La Corte costituzionale, con ordinanza 17-29 novembre 2004, n. 368 (Gazz. Uff. 9 dicembre 2004, Ediz. Str.), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 2-ter, terzo, quarto e sesto comma, sollevata in riferimento agli artt. 3, 41, secondo comma, e 42, secondo comma, della Costituzione.

(25)  Comma aggiunto dall'art. 2, L. 19 marzo 1990, n. 55. Vedi, anche, l'art. 13, L. 16 marzo 2006, n. 146.

(26)  La Corte costituzionale, con sentenza 30 settembre-8 ottobre 1996, n. 335 (Gazz. Uff. 16 ottobre 1996, n. 42, Serie speciale), ha dichiarato l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 2-ter, settimo comma, sollevata in riferimento agli artt. 3, 42 e 112 della Costituzione.

(27)  Comma aggiunto dall'art. 2, L. 19 marzo 1990, n. 55.

(28)  Comma aggiunto dall'art. 2, L. 19 marzo 1990, n. 55.

(29)  La Corte costituzionale, con ordinanza 10-17 dicembre 1997, n. 414 (Gazz. Uff. 24 dicembre 1997, n. 52, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli articoli da 2-bis a 2-octies, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 24 e 42 della Costituzione.

(omissis)

Art. 3-bis

Il tribunale, con l'applicazione della misura di prevenzione, dispone che la persona sottoposta a tale misura versi presso la cassa delle ammende una somma, a titolo di cauzione, di entità che, tenuto conto anche delle sue condizioni economiche, e dei provvedimenti adottati a norma del precedente articolo 2-ter, costituisca un'efficace remora alla violazione delle prescrizioni imposte.

 

Fuori dei casi previsti dall'articolo 6 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 , il tribunale può imporre alla persona denunciata, in via provvisoria e qualora ne ravvisi l'opportunità, le prescrizioni previste dal secondo e dal terzo comma dell'articolo 5 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423. Con il provvedimento, il tribunale può imporre la cauzione di cui al comma precedente.

 

Il deposito può essere sostituito, su istanza dell'interessato, dalla presentazione di idonee garanzie reali. Il tribunale provvede circa i modi di custodia dei beni dati in pegno e dispone, riguardo ai beni immobili, che il decreto con il quale accogliendo l'istanza dell'interessato è disposta l'ipoteca legale sia trascritto presso l'ufficio delle conservatorie dei registri immobiliari del luogo in cui i beni medesimi si trovano.

 

Qualora l'interessato non ottemperi, nel termine fissato dal tribunale, all'ordine di deposito o non offra garanzie sostitutive è punito con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni.

 

Quando sia cessata l'esecuzione della misura di prevenzione o sia rigettata la proposta, il tribunale dispone con decreto la restituzione del deposito o la liberazione della garanzia.

 

In caso di violazione degli obblighi o dei divieti derivanti dall'applicazione della misura di prevenzione, il tribunale dispone la confisca della cauzione oppure che si proceda ad esecuzione sui beni costituiti in garanzia, sino a concorrenza dell'ammontare della cauzione. Per l'esecuzione, a cura del cancelliere, si osservano le disposizioni dei primi due titoli del libro terzo del codice di procedura civile in quanto applicabili, ed escluse, riguardo ai beni costituiti in garanzia, le formalità del pignoramento (59).

 

Qualora, emesso il provvedimento di cui al comma precedente, permangano le condizioni che giustificarono la cauzione, il tribunale, su richiesta del procuratore della Repubblica o del questore e con le forme previste per il procedimento di prevenzione, dispone che la cauzione sia rinnovata, anche per somma superiore a quella originaria (60).

 

Le misure patrimoniali cautelari previste dal presente articolo mantengono la loro efficacia per tutta la durata della misura di prevenzione e non possono essere revocate, neppure in parte, se non per comprovate gravi necessità personali o familiari (61).

 

 

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(59)  Comma così modificato dall'art. 5, D.L. 14 giugno 1989, n. 230.

(60)  Vedi, anche, l'art. 13, L. 16 marzo 2006, n. 146.

(61)  Articolo aggiunto dall'art. 15, L. 13 settembre 1982, n. 646.

 

 

Art. 3-quater

1. Quando, a seguito degli accertamenti di cui all'articolo 2-bis o di quelli compiuti per verificare i pericoli di infiltrazione da parte della delinquenza di tipo mafioso, ricorrono sufficienti indizi per ritenere che l'esercizio di determinate attività economiche, comprese quelle imprenditoriali, sia direttamente o indirettamente sottoposto alle condizioni di intimidazione o di assoggettamento previste dall'articolo 416-bis del codice penale o che possa, comunque, agevolare l'attività delle persone nei confronti delle quali è stata proposta o applicata una delle misure di prevenzione di cui all'articolo 2, ovvero di persone sottoposte a procedimento penale per taluno dei delitti indicati nel comma 2, e non ricorrono i presupposti per l'applicazione delle misure di prevenzione di cui all'articolo 2, il procuratore della Repubblica o il questore possono richiedere al tribunale competente per l'applicazione delle misure di prevenzione nei confronti delle persone sopraindicate, di disporre ulteriori indagini e verifiche, da compiersi anche a mezzo della Guardia di finanza o della polizia giudiziaria, sulle predette attività, nonché l'obbligo, nei confronti di chi ha la proprietà o la disponibilità, a qualsiasi titolo, di beni o altre utilità di valore non proporzionato al proprio reddito o alla propria capacità economica, di giustificarne la legittima provenienza (66).

 

2. Quando ricorrono sufficienti elementi per ritenere che il libero esercizio delle attività economiche di cui al comma 1 agevoli l'attività delle persone nei confronti delle quali è stata proposta o applicata una delle misure di prevenzione di cui all'articolo 2, ovvero di persone sottoposte a procedimento penale per taluno dei delitti previsti dagli articoli 416-bis, 629, 630, 644, 648-bis e 648-ter del codice penale, il tribunale dispone la sospensione temporanea dall'amministrazione dei beni utilizzabili, direttamente o indirettamente, per lo svolgimento delle predette attività (67).

 

3. La sospensione temporanea dall'amministrazione dei beni è adottata per un periodo non superiore a sei mesi e può essere rinnovata, per un periodo non superiore complessivamente a dodici mesi, a richiesta dell'autorità proponente, del pubblico ministero o del giudice delegato di cui all'articolo 2-sexies, se permangono le condizioni in base alle quali è stata applicata.

 

4. Con il provvedimento di cui al comma 2, il tribunale nomina l'amministratore ed il giudice delegato, osservate, in quanto applicabili, le disposizioni degli articoli 2-ter, quinto, settimo e ottavo comma, 2-quater, 2-quinquies, 2-sexies, 2-septies e 2-octies. Qualora tra i beni siano compresi beni immobili o altri beni soggetti a pubblica registrazione, il provvedimento di cui al comma 2 deve essere trascritto presso i pubblici registri a cura dell'amministratore nominato entro il termine di trenta giorni dall'adozione del provvedimento.

 

5. Quando vi sia concreto pericolo che i beni sottoposti al provvedimento di cui al comma 2 vengano dispersi, sottratti o alienati, il procuratore della Repubblica o il questore possono richiedere al tribunale di disporne il sequestro, osservate, in quanto applicabili, le disposizioni degli articoli 2-ter, quinto, settimo e ottavo comma, 2-quater, 2-quinquies, 2-sexies, 2-septies e 2octies. Il sequestro è disposto sino alla scadenza del termine stabilito a norma del comma 3 (68) (69).

 

 

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(66)  Comma così modificato dall'art. 9, L. 7 marzo 1996, n. 108. Vedi, anche, l'art. 13, L. 16 marzo 2006, n. 146.

(67)  Comma così modificato dall'art. 9, L. 7 marzo 1996, n. 108.

(68)  Vedi, anche, l'art. 13, L. 16 marzo 2006, n. 146.

(69)  Aggiunto dall'art. 24, D.L. 8 giugno 1992, n. 306.

(omissis)

Art. 10

1. Le persone alle quali sia stata applicata con provvedimento definitivo una misura di prevenzione non possono ottenere:

 

a) licenze o autorizzazioni di polizia e di commercio;

 

b) concessioni di acque pubbliche e diritti ad esse inerenti nonché concessioni di beni demaniali allorché siano richieste per l'esercizio di attività imprenditoriali;

 

c) concessioni di costruzione, nonché di costruzione e gestione di opere riguardanti la pubblica amministrazione e concessioni di servizi pubblici;

 

d) iscrizioni negli albi di appaltatori o di fornitori di opere, beni e servizi riguardanti la pubblica amministrazione e nell'albo nazionale dei costruttori, nei registri della camera di commercio per l'esercizio del commercio all'ingrosso e nei registri di commissionari astatori presso i mercati annonari all'ingrosso;

 

e) altre iscrizioni o provvedimenti a contenuto autorizzatorio, concessorio, o abilitativo per lo svolgimento di attività imprenditoriali, comunque denominati;

 

f) contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali.

 

2. Il provvedimento definitivo di applicazione della misura di prevenzione determina la decadenza di diritto dalle licenze, autorizzazioni, concessioni, iscrizioni, abilitazioni ed erogazioni di cui al comma 1, nonché il divieto di concludere contratti di appalto, di cottimo fiduciario, di fornitura di opere, beni o servizi riguardanti la pubblica amministrazione e relativi subcontratti, compresi i cottimi di qualsiasi tipo, i noli a caldo e le forniture con posa in opera. Le licenze, le autorizzazioni e le concessioni sono ritirate e le iscrizioni sono cancellate a cura degli organi competenti.

 

3. Nel corso del procedimento di prevenzione, il tribunale, se sussistono motivi di particolare gravità, può disporre in via provvisoria i divieti di cui ai commi 1 e 2 e sospendere l'efficacia delle iscrizioni, delle erogazioni e degli altri provvedimenti ed atti di cui ai medesimi commi. Il provvedimento del tribunale può essere in qualunque momento revocato dal giudice procedente e perde efficacia se non è confermato con il decreto che applica la misura di prevenzione.

 

4. Il tribunale dispone che i divieti e le decadenze previsti dai commi 1 e 2 operino anche nei confronti di chiunque conviva con la persona sottoposta alla misura di prevenzione nonché nei confronti di imprese, associazioni, società e consorzi di cui la persona sottoposta a misura di prevenzione sia amministratore o determini in qualsiasi modo scelte e indirizzi. In tal caso i divieti sono efficaci per un periodo di cinque anni (74).

 

5. Per le licenze ed autorizzazioni di polizia, ad eccezione di quelle relative alle armi, munizioni ed esplosivi, e per gli altri provvedimenti di cui al comma 1 le decadenze e i divieti previsti dal presente articolo possono essere esclusi dal giudice nel caso in cui per effetto degli stessi verrebbero a mancare i mezzi di sostentamento all'interessato e alla famiglia (75) (76).

 

5-bis. Salvo che si tratti di provvedimenti di rinnovo, attuativi o comunque conseguenti a provvedimenti già disposti, ovvero di contratti derivati da altri già stipulati dalla pubblica amministrazione, le licenze, le autorizzazioni, le concessioni, le erogazioni, le abilitazioni e le iscrizioni indicate nel comma 1 non possono essere rilasciate o consentite e la conclusione dei contratti o subcontratti indicati nel comma 2 non può essere consentita a favore di persone nei cui confronti è in corso il procedimento di prevenzione senza che sia data preventiva comunicazione al giudice competente, il quale può disporre, ricorrendone i presupposti, i divieti e le sospensioni previsti a norma del comma 3. A tal fine, i relativi procedimenti amministrativi restano sospesi fino a quando il giudice non provvede e, comunque, per un periodo non superiore a venti giorni dalla data in cui la pubblica amministrazione ha proceduto alla comunicazione (77).

 

5-ter. Le disposizioni dei commi 1, 2 e 4 si applicano anche nei confronti delle persone condannate con sentenza definitiva o, ancorché non definitiva, confermata in grado di appello, per uno dei delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale (78).

 

 

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(74) La Corte costituzionale, con sentenza 13-20 novembre 2000, n. 510 (Gazz. Uff. 29 novembre 2000, n. 49, serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10, comma 4, nel testo sostituito dall'art. 3 della legge 19 marzo 1990, n. 55, sollevata in riferimento agli artt. 3, 4, 24, 27 e 41 della Cost.

(75) Articolo così sostituito prima dall'art. 19, L. 13 settembre 1982, n. 646, e poi dall'art. 3, L. 19 marzo 1990, n. 55.

(76) La Corte costituzionale, con ordinanza 25 febbraio-4 marzo 2008, n. 48 (Gazz. Uff. 27 febbraio 2008, n. 10, 1ª Serie speciale), ha dichiarato manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 5, sollevate in riferimento agli artt. 3, 4, 29, 32 e 35 della Costituzione.

(77) Comma aggiunto dall'art. 20, D.L. 13 maggio 1991, n. 152.

(78) Comma aggiunto dall'art. 22-bis, D.L. 8 giugno 1992, n. 306.

(omissis)

Art. 10-quater

Il tribunale, prima di adottare alcuno dei provvedimenti di cui al comma 4 dell'articolo 10, chiama, con decreto motivato, ad intervenire nel procedimento le parti interessate, le quali possono, anche con l'assistenza di un difensore, svolgere in camera di consiglio le loro deduzioni e chiedere l'acquisizione di ogni elemento utile ai fini della decisione. Ai fini dei relativi accertamenti si applicano le disposizioni degli articoli 2-bis e 2-ter (93).

 

I provvedimenti previsti dal comma 4 dell'articolo 10 possono essere adottati, su richiesta del procuratore della Repubblica o del questore, quando ne ricorrano le condizioni, anche dopo l'applicazione della misura di prevenzione. Sulla richiesta provvede lo stesso tribunale che ha disposto la misura di prevenzione, con le forme previste per il relativo procedimento e rispettando la disposizione di cui al precedente comma (94).

 

Si applicano le disposizioni di cui al primo e al secondo comma dell'articolo 3-ter (95).

 

 

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(93) Comma così modificato dall'art. 5, L. 19 marzo 1990, n. 55.

(94) Comma così modificato dall'art. 5, L. 19 marzo 1990, n. 55. Vedi, anche, l'art. 13, L. 16 marzo 2006, n. 146.

(95) Articolo aggiunto dall'art. 20, L. 13 settembre 1982, n. 646 e poi così modificato dal D.L. 6 settembre 1982, n. 629. L'art. 10-ter è stato successivamente abrogato dall'art. 36, L. 19 marzo 1990, n. 55.

(omissis)

 

 

 


 

D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43.
Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale
(art. 291-quater)

 

 

(1) (2) (3)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 28 marzo 1973, n. 80, S.O.

(2)  Si ritiene opportuno riportare anche la premessa del presente decreto.

(3)  Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- Ministero dell'economia e delle finanze: Circ. 28 giugno 2001, n. 30/D; Circ. 20 giugno 2001, n. 27/D; Nota 17 maggio 2002, n. 2369B; Circ. 2 settembre 2002, n. 57/D; Circ. 11 dicembre 2002, n. 75/D; Circ. 18 febbraio 2004, n. 7/D; Circ. 20 febbraio 2004, n. 9/D;

- Ministero delle finanze: Circ. 19 gennaio 1996, n. 11/D; Circ. 5 marzo 1997, n. 63/D; Circ. 8 luglio 1997, n. 194/D; Circ. 15 ottobre 1997, n. 265/P; Circ. 17 ottobre 1997, n. 270/D; Circ. 15 dicembre 1997, 316/D; Circ. 22 gennaio 1998, n. 27/D; Circ. 31 marzo 1998, n. 94/D; Circ. 31 marzo 1998, n. 95/D; Circ. 10 giugno 1998, n. 145/E; Circ. 2 luglio 1998, n. 173/D; Circ. 10 luglio 1998, n. 180/E; Circ. 26 agosto 1998, n. 207/D; Circ. 23 novembre 1998, n. 270/D; Circ. 23 novembre 1998, n. 271/D; Circ. 13 dicembre 1999, n. 234/D; Circ. 27 dicembre 1999, n. 242/D; Circ. 10 febbraio 2000, n. 20/D; Circ. 10 febbraio 2000, n. 21/D; Nota 13 marzo 2000, n. 528; Circ. 19 aprile 2000, n. 79/D; Circ. 16 giugno 2000, n. 123/D; Circ. 16 giugno 2000, n. 124/D; Circ. 27 giugno 2000, n. 130/D; Circ. 7 luglio 2000, n. 140/D; Circ. 7 luglio 2000, n. 141/D; Circ. 7 settembre 2000, n. 167/D; Circ. 7 settembre 2000, n. 168/D; Circ. 12 settembre 2000, n. 169/D; Circ. 10 ottobre 2000, n. 182/D; Circ. 19 dicembre 2000, n. 233/D; Circ. 20 dicembre 2000, n. 235/D; Circ. 11 gennaio 2001, n. 3/D;

- Ministero della pubblica istruzione: Circ. 22 luglio 1998, n. 318.

(omissis)

Art. 291-quater

Associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri.

1. Quando tre o più persone si associano allo scopo di commettere più delitti tra quelli previsti dall'articolo 291-bis, coloro che promuovono, costituiscono, dirigono, organizzano o finanziano l'associazione sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da tre a otto anni.

 

2. Chi partecipa all'associazione è punito con la reclusione da un anno a sei anni.

 

3. La pena è aumentata se il numero degli associati è di dieci o più.

 

4. Se l'associazione è armata ovvero se ricorrono le circostanze previste dalle lettere d) od e) del comma 2 dell'articolo 291-ter, si applica la pena della reclusione da cinque a quindici anni nei casi previsti dal comma 1 del presente articolo, e da quattro a dieci anni nei casi previsti dal comma 2. L'associazione si considera armata quando i partecipanti hanno la disponibilità, per il conseguimento delle finalità dell'associazione, di armi o materie esplodenti, anche se occultate o tenute in luogo di deposito.

 

5. Le pene previste dagli articoli 291-bis, 291-ter e dal presente articolo sono diminuite da un terzo alla metà nei confronti dell'imputato che, dissociandosi dagli altri, si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata ad ulteriori conseguenze anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l'individuazione o la cattura degli autori del reato o per la individuazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti (126).

 

 

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(126)  Articolo aggiunto dall'art. 1, L. 19 marzo 2001, n. 92. Vedi, anche, l'art. 10, L. 16 marzo 2006, n. 146.

(omissis)

 


 

Legge 22 maggio 1975, n. 152.
Disposizioni a tutela dell'ordine pubblico
(artt. 4, 18, 19)

 

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 24 maggio 1975, n. 136.

(omissis)

Art. 4

In casi eccezionali di necessità e di urgenza, che non consentono un tempestivo provvedimento dell'autorità giudiziaria, gli ufficiali ed agenti della polizia giudiziaria e della forza pubblica nel corso di operazioni di polizia possono procedere, oltre che all'identificazione, all'immediata perquisizione sul posto, al solo fine di accertare l'eventuale possesso di armi, esplosivi e strumenti di effrazione, di persone il cui atteggiamento o la cui presenza, in relazione a specifiche e concrete circostanze di luogo e di tempo non appaiono giustificabili.

 

Nell'ipotesi di cui al comma precedente la perquisizione può estendersi per le medesime finalità al mezzo di trasporto utilizzato dalle persone suindicate per giungere sul posto.

 

Delle perquisizioni previste nei commi precedenti deve essere redatto verbale, su apposito modulo che va trasmesso entro quarantott'ore al procuratore della Repubblica e, nel caso previsto dal primo comma, consegnato all'interessato.

(omissis)

Art. 18

Le disposizioni della legge 31 maggio 1965, n. 575 (15), si applicano anche a coloro che:

 

1) operanti in gruppi o isolatamente, pongano in essere atti preparatori, obiettivamente rilevanti, diretti a sovvertire l'ordinamento dello Stato, con la commissione di uno dei reati previsti dal capo I, titolo VI, del libro II del codice penale o dagli articoli 284, 285, 286, 306, 438, 439, 605 e 630 dello stesso codice nonché alla commissione dei reati con finalità di terrorismo anche internazionale (15/a);

 

2) abbiano fatto parte di associazioni politiche disciolte ai sensi della legge 20 giugno 1952, n. 645 (16), e nei confronti dei quali debba ritenersi, per il comportamento successivo, che continuino a svolgere una attività analoga a quella precedente;

 

3) compiano atti preparatori, obiettivamente rilevanti, diretti alla ricostituzione del partito fascista ai sensi dell'articolo 1 della citata legge n. 645 del 1952, in particolare con l'esaltazione o la pratica della violenza;

 

4) fuori dei casi indicati nei numeri precedenti, siano stati condannati per uno dei delitti previsti nella legge 2 ottobre 1967, n. 895 (17), e negli articoli 8 e seguenti della legge 14 ottobre 1974, n. 497, e successive modificazioni, quando debba ritenersi, per il loro comportamento successivo, che siano proclivi a commettere un reato della stessa specie col fine indicato nel precedente n. 1).

 

Le disposizioni di cui al precedente comma si applicano altresì agli istigatori, ai mandanti e ai finanziatori.

 

È finanziatore colui il quale fornisce somme di denaro o altri beni, conoscendo lo scopo a cui sono destinati.

 

Le disposizioni di cui al primo comma, anche in deroga all'articolo 14 della legge 19 marzo 1990, n. 55, e quelle dell'articolo 22 della presente legge possono essere altresì applicate alle persone fisiche e giuridiche segnalate al Comitato per le sanzioni delle Nazioni Unite, o ad altro organismo internazionale competente per disporre il congelamento di fondi o di risorse economiche, quando vi sono fondati elementi per ritenere che i fondi o le risorse possano essere dispersi, occultati o utilizzati per il finanziamento di organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali (17/a).

 

 

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(15) Riportata al n. T/II.

(15/a) Numero così modificato dall'art. 7, D.L. 18 ottobre 2001, n. 374.

(16) Riportata alla voce Fascismo.

(17) Riportata al n. A/VII.

(17/a) Comma aggiunto dall'art. 14, D.L. 27 luglio 2005, n. 144.

 

 

Art. 19

Le disposizioni di cui alla legge 31 maggio 1965, n. 575 (15), si applicano anche alle persone indicate nell'articolo 1, numeri 1) e 2) della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (18) (18/a).

 

Gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria debbono comunicare al questore le segnalazioni rivolte al procuratore della Repubblica.

 

 

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(15) Riportata al n. T/II.

(18) Riportata al n. T/I.

(18/a) Comma così modificato dall'art. 13, L. 3 agosto 1988, n. 327, riportata al n. T/X.

(omissis)


 

Legge 1° aprile 1981, n. 121.
Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza
(artt. 8, 9, 11, 13)

 

 

(1) (2)

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 10 aprile 1981, n. 100, S.O.

(2) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- I.N.P.D.A.P. (Istituto nazionale previdenza dipendenti amministrazione pubblica): Informativa 13 settembre 2002, n. 71; Circ. 23 marzo 2005, n. 6;

- Ministero del tesoro: Circ. 6 agosto 1998, n. 70; Circ. 18 giugno 1998, n. 1070/M/22(1)/GAB;

- Ministero dell'interno: Circ. 7 agosto 1999, n. 333-G/2.3.81; Circ. 29 dicembre 1999, n. 333-G/2.1.84;

- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Dipartimento per la funzione pubblica e gli affari regionali: Circ. 29 febbraio 1996, n. 27402; Circ. 10 giugno 1996, n. 29906.

(omissis)

Art. 8

Istituzione del Centro elaborazione dati.

È istituito presso il Ministero dell'interno, nell'ambito dell'ufficio di cui alla lettera c) del primo comma dell'articolo 5, il Centro elaborazione dati, per la raccolta delle informazioni e dei dati di cui all'articolo 6, lettera a), e all'articolo 7 (11).

 

Il Centro provvede alla raccolta, elaborazione, classificazione e conservazione negli archivi magnetici delle informazioni e dei dati nonché alla loro comunicazione ai soggetti autorizzati, indicati nell'articolo 9, secondo i criteri e le norme tecniche fissati ai sensi del comma seguente.

 

Con decreto del Ministro dell'interno è costituita una commissione tecnica, presieduta dal funzionario preposto all'ufficio di cui alla lettera c) del primo comma dell'articolo 5, per la fissazione dei criteri e delle norme tecniche per l'espletamento da parte del Centro delle operazioni di cui al comma precedente e per il controllo tecnico sull'osservanza di tali criteri e norme da parte del personale operante presso il Centro stesso. I criteri e le norme tecniche predetti divengono esecutivi con l'approvazione del Ministro dell'interno (12).

 

[Ogni amministrazione, ente, impresa, associazione o privato che per qualsiasi scopo formi o detenga archivi magnetici nei quali vengano inseriti dati o informazioni di qualsivoglia natura concernenti cittadini italiani, è tenuta a notificare l'esistenza dell'archivio al Ministero dell'interno entro il 31 dicembre 1981 o, comunque, entro il 31 dicembre dell'anno nel corso del quale l'archivio sia stato installato od abbia avuto un principio di attivazione. Entro il 31 dicembre 1982 il Governo informerà il Parlamento degli elementi così raccolti ai fini di ogni opportuna determinazione legislativa a tutela del diritto alla riservatezza dei cittadini. Il proprietario o responsabile dell'archivio magnetico che ometta la denuncia è punito con la multa da trecentomila lire a tre milioni] (13).

 

 

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(11)  Comma così modificato dall'art. 4, D.L. 31 marzo 2005, n. 45, come modificato dalla relativa legge di conversione.

(12)  Comma così modificato dall'art. 4, D.L. 31 marzo 2005, n. 45, come modificato dalla relativa legge di conversione.

(13)  Comma abrogato dall'art. 43, L. 31 dicembre 1996, n. 675. L'abrogazione è stata confermata dall'art. 183, D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196.

 

 

Art. 9

Accesso ai dati ed informazioni e loro uso.

L'accesso ai dati e alle informazioni conservati negli archivi automatizzati del Centro di cui all'articolo precedente e la loro utilizzazione sono consentiti agli ufficiali di polizia giudiziaria appartenenti alle forze di polizia, agli ufficiali di pubblica sicurezza e ai funzionari dei servizi di sicurezza, nonché agli agenti di polizia giudiziaria delle forze di polizia debitamente autorizzati ai sensi del secondo comma del successivo articolo 11 (14).

 

L'accesso ai dati e alle informazioni di cui al comma precedente è consentito all'autorità giudiziaria ai fini degli accertamenti necessari per i procedimenti in corso e nei limiti stabiliti dal codice di procedura penale.

 

È comunque vietata ogni utilizzazione delle informazioni e dei dati predetti per finalità diverse da quelle previste dall'articolo 6, lettera a). È altresì vietata ogni circolazione delle informazioni all'interno della pubblica amministrazione fuori dei casi indicati nel primo comma del presente articolo.

 

[Nessuna decisione giudiziaria implicante valutazioni di comportamenti può essere fondata esclusivamente su elaborazioni automatiche di informazioni che forniscano un profilo della personalità dell'interessato] (15).

 

 

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(14)  Comma così modificato dall'art. 26, L. 10 ottobre 1986, n. 668.

(15)  Comma abrogato dall'art. 43, L. 31 dicembre 1996, n. 675. L'abrogazione è stata confermata dall'art. 183, D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196.

(omissis)

Art. 11

Procedure.

Mediante regolamento, da emanarsi entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia, sono stabilite le procedure per la raccolta dei dati e delle informazioni di cui all'articolo 6, lettera a), e all'articolo 7, per l'accesso e la comunicazione dei dati stessi ai soggetti previsti dall'articolo 9, nonché per la correzione o cancellazione dei dati erronei e la integrazione di quelli incompleti (20).

 

Un particolare regime di autorizzazioni da parte dei capi dei rispettivi uffici e servizi, quando non siano questi a fare diretta richiesta dei dati e delle informazioni, deve essere previsto dal regolamento per i soggetti indicati nel primo comma dell'articolo 9.

 

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(20)  Il regolamento di cui al presente comma è stato approvato con D.P.R. 3 maggio 1982, n. 378.

(omissis)

Art. 13

Prefetto.

Il prefetto è autorità provinciale di pubblica sicurezza.

 

Il prefetto ha la responsabilità generale dell'ordine e della sicurezza pubblica nella provincia e sovraintende all'attuazione delle direttive emanate in materia.

 

Assicura unità di indirizzo e coordinamento dei compiti e delle attività degli ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza nella provincia, promuovendo le misure occorrenti (21).

 

A tali fini il prefetto deve essere tempestivamente informato dal questore e dai comandanti provinciali dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza su quanto comunque abbia attinenza con l'ordine e la sicurezza pubblica nella provincia.

 

Il prefetto dispone della forza pubblica e delle altre forze eventualmente poste a sua disposizione in base alle leggi vigenti e ne coordina le attività.

 

Il prefetto trasmette al Ministro dell'interno relazioni sull'attività delle forze di polizia in riferimento ai compiti di cui al presente articolo.

 

Il prefetto tiene informato il commissario del Governo nella regione sui provvedimenti che adotta nell'esercizio dei poteri ad esso attribuiti dalla presente legge.

 

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(21)  Periodo aggiunto dall'art. 12, D.L. 13 maggio 1991, n. 152.


 

Legge 24 novembre 1981, n. 689.
Modifiche al sistema penale
(art. 16)

 

 

(1) (2) (3) (4)

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 30 novembre 1981, n. 329, S.O.

(2) La presente legge reca molteplici modificazioni al codice penale ed a quello di procedura penale.

(3) La Corte costituzionale, con ordinanza 24 marzo-2 aprile 1999, n. 117 (Gazz. Uff. 14 aprile 1999, n. 15, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale della legge 24 novembre 1981, n. 689, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24 e 97 della Costituzione.

(4) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- E.N.P.A.L.S., Ente nazionale di previdenza e assistenza per i lavoratori dello spettacolo: Circ. 5 marzo 2003, n. 12;

- I.N.P.D.A.P. (Istituto nazionale previdenza dipendenti amministrazione pubblica): Circ. 19 febbraio 1996, n. 12;

- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 5 gennaio 1996, n. 3; Circ. 22 gennaio 1996, n. 18; Circ. 14 febbraio 1996, n. 36; Circ. 24 aprile 1996, n. 92; Circ. 27 giugno 1996, n. 135; Circ. 25 marzo 1997, n. 76; Circ. 24 aprile 1997, n. 100; Circ. 13 febbraio 1998, n. 36; Circ. 15 luglio 1998, n. 153; Msg. 11 febbraio 2005, n. 5061;

- Ministero del lavoro e della previdenza sociale: Circ. 17 aprile 1998, n. 55/98; Circ. 1 ottobre 1998, n. 116/98; Circ. 10 marzo 2000, n. 12/2000; Circ. 24 marzo 2000, n. 17/2000;

- Ministero del lavoro e delle politiche sociali: Lett.Circ. 18 giugno 2001, n. 1178/A2.1; Nota 4 febbraio 2004, n. 146; Lett.Circ. 2 agosto 2004, n. 897;

- Ministero dell'interno: Circ. 19 gennaio 1996, n. 300/A/31305/144/5/20/3, Circ. 2 settembre 1999, n. 91; Circ. 4 ottobre 1999, n. 99; Circ. 19 gennaio 2000, n. 9; Circ. 24 marzo 2000, n. M/2413/25; Circ. 2 agosto 2000, n. 81; Circ. 12 febbraio 2001, n. 11;

- Ministero della pubblica istruzione: Circ. 13 giugno 1996, n. 226; Circ. 31 maggio 1997, n. 341; Circ. 5 giugno 1997, n. 347; Circ. 6 giugno 1998, n. 259; Circ. 10 luglio 1998, n. 305;

- Ministero delle attività produttive: Ris. 1 luglio 2002, n. 507934;

- Ministero delle finanze: Circ. 9 maggio 1996, n. 111/E; Circ. 24 luglio 1996, n. 190/E; Circ. 26 ottobre 1996, n. 258/E; Circ. 17 ottobre 1997, n. 270/D; Circ. 31 marzo 1998, n. 94/D; Circ. 10 luglio 1998, n. 180/E;

- Ministero di grazia e giustizia: Circ. 30 ottobre 1997, n. 571.

(omissis)

Art. 16

Pagamento in misura ridotta.

È ammesso il pagamento di una somma in misura ridotta pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa, o, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo, oltre alle spese del procedimento, entro il termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi è stata, dalla notificazione degli estremi della violazione (19).

 

Nei casi di violazione [del testo unico delle norme sulla circolazione stradale e] dei regolamenti comunali e provinciali continuano ad applicarsi, [rispettivamente l'art. 138 del testo unico approvato con D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393 , con le modifiche apportate dall'art. 11 della L. 14 febbraio 1974, n. 62, e] l'art. 107 del testo unico delle leggi comunali e provinciali approvato con R.D. 3 marzo 1934, n. 383 (20).

 

Il pagamento in misura ridotta è ammesso anche nei casi in cui le norme antecedenti all'entrata in vigore della presente legge non consentivano l'oblazione (21) (22).

 

 

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(19) Comma così modificato dall'art. 52, D.Lgs. 24 giugno 1998, n. 213.

(20) Comma abrogato, a decorrere dal 1° gennaio 1993, dall'art. 231, D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, per la parte relativa al testo unico delle norme sulla circolazione stradale, approvato con D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393. Si tenga presente che il testo unico delle leggi comunali e provinciali approvato con R.D. 3 marzo 1934, n. 383, è stato abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267.

(21) Vedi, anche, l'art. 56, D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152, l'art. 8, D.Lgs. 20 febbraio 2004, n. 56, l'art. 11-bis, D.L. 14 marzo 2005, n. 35, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, e l'art. 19-quater, D.Lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, aggiunto dall'art. 6, D.Lgs. 6 febbraio 2007, n. 28.

(22) La Corte costituzionale, con ordinanza 24 aprile-7 maggio 2002, n. 160 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 16, 18 e 22 sollevata in riferimento agli artt. 24, 113, 3 e 25 della Costituzione.

(omissis)

 


 

D.P.R. 3 maggio 1982, n. 378.
Approvazione del regolamento concernente le procedure di raccolta, accesso, comunicazione, correzione, cancellazione ed integrazione dei dati e delle informazioni, registrati negli archivi magnetici del centro elaborazione dati di cui all'art. 8 della legge 1° aprile 1981, n. 121

 

 

(1) (2)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 23 giugno 1982, n. 170.

(2)  Si ritiene opportuno riportare anche la premessa del presente decreto.

 

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Visto l'art. 87 della Costituzione;

 

Visto l'art. 11 della legge 1° aprile 1981, n. 121, che prevede l'emanazione delle disposizioni intese a regolare le procedure di raccolta, accesso, comunicazione, correzione, cancellazione ed integrazione dei dati e delle informazioni, registrati negli archivi magnetici del centro elaborazione dati di cui al'art. 8 della stessa legge 10 aprile 1981, n. 121;

 

Sentito il parere del Consiglio di Stato;

 

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 26 marzo 1982;

 

Sulla proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia;

 

Decreta:

 

È approvato l'annesso regolamento concernente le procedure di raccolta, accesso, comunicazione, correzione, cancellazione ed integrazione dei dati e delle informazioni, registrati negli archivi magnetici del centro elaborazione dati di cui all'art. 8 della legge 1° aprile 1981, n. 121 (3), vistato dal Ministro proponente.

 

 

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(3)  Riportata al n. A/XXX.

 


 

Regolamento sulle procedure di raccolta, accesso, comunicazione, correzione, cancellazione, ed integrazione dei dati e delle informazioni, registrati negli archivi magnetici del centro elaborazione dati di cui all'art. 8 della legge 1° aprile 1981, n. 121

 

Princìpi generali

 

Art. 1

La Polizia di Stato, l'Arma dei carabinieri, il Corpo della guardia di finanza e gli altri Corpi di polizia di cui all'art. 16, secondo comma, della legge 1° aprile 1981, n. 121, forniscono all'ufficio per il coordinamento e la pianificazione istituito presso il Dipartimento della pubblica sicurezza, a norma dell'art. 6, lettera a), della citata legge e nel rispetto dei limiti di cui all'art. 7 della legge stessa, tutte le informazioni ed i dati in loro possesso in materia di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica e di prevenzione e repressione della criminalità, ai fini della loro acquisizione, previa classificazione, analisi e valutazione, negli archivi elettronici del centro elaborazione dati operante nell'ambito dell'ufficio medesimo.

 

La raccolta dei dati suddetti è finalizzata al soddisfacimento delle esigenze inerenti alle attività della polizia di sicurezza e della polizia giudiziaria.

 

Le procedure relative alla raccolta, all'accesso, alla comunicazione, alla correzione alla cancellazione ed all'integrazione delle informazioni e dei dati di cui al comma precedente devono in ogni caso svolgersi nel più rigoroso rispetto dei principi dettati dalla citata legge e della tutela del cittadino dall'uso illegittimo delle informazioni e dei dati di cui è consentita la raccolta.

 

 

Art. 2

Tutte le operazioni tecniche relative alle procedure previste nel presente decreto vengono svolte dal centro elaborazione dati.

 

Tutte le attività affidate dal presente decreto all'ufficio per il coordinamento e la pianificazione vengono effettuate sotto la responsabilità dei funzionari dirigenti, secondo la ripartizione delle relative competenze che sarà operata con il decreto ministeriale di cui al penultimo comma dell'art. 5 della legge 1° aprile 1981, n. 121.

 

Nel decreto ministeriale di cui al comma precedente sarà indicato il componente della commissione tecnica di cui all'art. 8, terzo comma, della legge 1° aprile 1981, n. 121, che in caso di assenza o di impedimento può sostituire il direttore dell'ufficio per il coordinamento e la pianificazione nella presidenza della stessa commissione tecnica.


 

TITOLO I

Procedure per la raccolta delle informazioni e dei dati

 

Art. 3

Le procedure per la raccolta delle informazioni e dei dati che devono essere acquisiti negli archivi magnetici del centro elaborazione dati sono classificate in due diverse categorie inerenti, rispettivamente:

 

a) gli ordinari dati d'ufficio la cui diramazione a tutti gli operatori di polizia sia indispensabile per soddisfare le normali esigenze operative assolte dagli ufficiali e dagli agenti delle forze di polizia;

 

b) i dati, diversi da quelli di cui alla precedente lettera a), particolarmente riservati, che attengono alla lotta contro la criminalità comune ed organizzata nonché alla lotta contro il terrorismo e l'eversione.

 

La classificazione delle procedure e l'individuazione delle correlative categorie di dati e di informazioni acquisibili viene preventivamente effettuata dall'ufficio per il coordinamento e la pianificazione, sentita la commissione tecnica di cui all'art. 8, terzo comma, della legge 10 aprile 1981, n. 121.

 

Il medesimo ufficio provvede altresì a classificare le procedure stesse in diversi livelli, ai fini dell'accesso disciplinato nel titolo secondo del presente decreto.

 

Nell'attività di classificazione di cui ai precedenti commi secondo e terzo, l'ufficio deve, tra l'altro, tener conto delle diverse finalità specificate nell'art. 1, secondo comma, del presente decreto.

 

 

Art. 4

I documenti acquisiti dagli uffici o comandi delle forze di polizia che immettono le informazioni ed i dati negli archivi magnetici del centro elaborazione dati devono essere conservati fino alle scadenze determinate dalla commissione tecnica di cui all'art. 8, terzo comma, della legge 1° aprile 1981, n. 121, fatte salve le disposizioni di legge relative alla conservazione degli atti originali.

 

I capi degli uffici di cui al comma precedente sono responsabili della conservazione dei documenti.

 

La conservazione dei documenti inerenti a procedure di cui all'art. 3, lettera a), del presente decreto può essere effettuata anche mediante microfilmatura sostitutiva, a norma dell'art. 25 della legge 4 gennaio 1968, n. 15, eseguita con le modalità stabilite dalla commissione di cui al primo comma ed approvate nei modi di cui al terzo comma dello stesso art. 25.

 

Art. 5

I capi degli uffici e i comandanti dei reparti delle forze di polizia che provvedono alla comunicazione dei dati e delle informazioni al centro elaborazione dati sono tenuti a vigilare sull'attività di raccolta e di comunicazione delle informazioni e dei dati stessi e sono pertanto responsabili dell'immissione diretta a mezzo di terminale, nei programmi individuati a norma del precedente art. 3, di dati la cui acquisizione sia vietata dall'art. 7 della legge 1° aprile 1981, n. 121.

 

I capi degli uffici e i comandanti dei reparti delle forze di polizia sono, altresì, responsabili dell'esatta rispondenza delle informazioni e dei dati ai documenti originali, che vanno comunque indicati secondo le modalità stabilite dalla commissione tecnica di cui all'art. 8, terzo comma, della citata legge.

 

Gli addetti tecnico-operativi del centro elaborazione dati che provvedono alla immissione delle informazioni e dei dati negli archivi elettronici sono responsabili dell'esatta rispondenza dei dati immessi a quelli loro comunicati.

 

La stessa responsabilità incombe agli operatori tecnici che immettono direttamente le notizie negli archivi elettronici attraverso terminali periferici o tramite il sistema integrato di elaborati gestiti dalle forze di polizia, operanti nell'ambito delle strutture e delle finalità del centro medesimo.

 

 

Art. 6

La comunicazione dei dati e delle informazioni da parte degli uffici periferici delle forze di polizia ai fini della loro acquisizione agli archivi magnetici del centro elaborazione dati può avvenire o mediante comunicazione scritta, o direttamente attraverso terminali, nell'ambito delle procedure individuate a norma de precedente art. 3.

 

Le informazioni ed i dati non rientranti in procedure già automatizzate devono essere inviati all'ufficio per il coordinamento e la pianificazione che provvederà alla loro preventiva classificazione, analisi e valutazione ai fini della eventuale immissione negli archivi magnetici del centro suddetto.

 

Le informazioni ed i dati immessi negli archivi magnetici sono esaminati con la periodicità da stabilirsi da parte della commissione tecnica di cui all'art. 8, terzo comma, della legge 1° aprile 1981, n. 121, presso il centro elaborazione dati dai competenti funzionari ed ufficiali addetti all'ufficio di cui al comma precedente.

 

Ove nel corso dell'esame emergano dubbi circa la veridicità e l'attendibilità dei dati, l'ufficio dispone le opportune verifiche in merito per le conseguenti correzioni, integrazioni o cancellazioni, nei modi disciplinati nel titolo terzo del presente decreto.

 

Qualora l'ufficio predetto accerti che i dati sono stati raccolti in violazione dell'art. 7 della legge 1° aprile 1981, n. 121, inibisce la loro conservazione negli archivi magnetici ed ordina l'eliminazione del relativo documento di riferimento all'ufficio che conserva il documento stesso.

 

 

 

Art. 7

Le informazioni ed i dati sono acquisiti agli archivi magnetici del centro elaborazione dati, oltreché dalle forze di polizia, dall'autorità giudiziaria, dalla pubblica amministrazione e da ogni altro soggetto presso il quale siano formati o conservati i documenti di cui all'art. 7 della legge 1° aprile 1981, n. 121. L'acquisizione presso pubbliche amministrazioni avviene secondo le modalità individuate dalla commissione tecnica di cui all'art. 8, terzo comma, della citata legge e concordate con le amministrazioni stesse.

 

I dati forniti al centro predetto dall'autorità giudiziaria ai sensi dell'art. 165-ter del codice di procedura penale sono inseriti nelle procedure predisposte a norma dell'art. 3, lettera b), del presente decreto.

 

L'autorità giudiziaria che comunica al centro elaborazione dati, a norma dell'art. 165-ter del codice di procedura penale, atti o documenti coperti da segreto istruttorio, può chiedere che gli stessi siano inseriti in speciali procedure alle quali possono accedere, a norma dell'art. 165-bis del codice di procedura penale, gli altri magistrati, indicati nello stesso articolo, con le modalità stabilite nell'art. 9 del presente decreto.

 

Le modalità tecniche relative alle operazioni di cui ai commi precedenti sono determinate dalla commissione prevista dall'art. 8, terzo comma, della legge 1° aprile 1981, n. 121.

 

Le informazioni relative ad operazioni o posizioni bancarie possono essere acquisite, oltreché nei casi e nei modi previsti dall'art. 13 del decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito nella legge 6 febbraio 1980, n. 15, anche secondo le norme stabilite dall'art. 7, terzo comma, della legge 1° aprile 1981, n. 121.

 

 

Art. 8

I dati e le informazioni, comunicati dalle polizie straniere nell'ambito delle collaborazioni internazionali tra le forze di polizia, attraverso gli ordinari canali previsti dalle relative intese, vengono acquisiti negli archivi elettronici del centro elaborazione dati, ai sensi dell'art. 7, quarto comma, della legge 1° aprile 1981, n. 121. L'ufficio per il coordinamento e la pianificazione verifica nei modi di cui all'art. 6 del presente decreto, che i dati da acquisire non contrastino con il secondo comma del citato art. 7 della predetta legge.

 

Le modalità tecniche relative all'acquisizione dei dati sono fissate dalla commissione di cui all'art. 8, terzo comma, della legge stessa.

 

TITOLO II

Procedure per l'accesso e la comunicazione dei dati e relativo regime di autorizzazione

 

Art. 9

I soggetti che possono accedere ai dati ed alle informazioni contenuti negli archivi magnetici del centro elaborazione dati, ai sensi dell'art. 9, primo comma, della legge 1° aprile 1981, n. 121, oltreché i funzionari dell'ufficio per il coordinamento e la pianificazione addetti al settore, muniti di apposita autorizzazione rilasciata dal direttore del predetto ufficio, sono:

 

a) i funzionari preposti alla direzione degli uffici centrali e provinciali di pubblica sicurezza; gli ufficiali preposti ai comandi che svolgono servizio di istituto dell'Arma dei carabinieri e della guardia di finanza;

 

b) i funzionari appartenenti ai ruoli della Polizia di Stato preposti alla direzione degli uffici periferici di cui all'art. 31, n. 6, della legge sopracitata;

 

c) i dirigenti dei servizi di sicurezza;

 

d) gli ufficiali di polizia giudiziaria, gli ufficiali di pubblica sicurezza ed i funzionari e i responsabili delle strutture operative dei servizi di sicurezza autorizzati dal direttore dell'ufficio per il coordinamento e la pianificazione o dai capi dei rispettivi uffici, comandi o servizi di cui alle precedenti lettere a), b) e c), a norma dell'art. 11, ultimo comma, della ripetuta legge, secondo le modalità stabilite dall'art. 11 del presente decreto.

 

Nell'ambito delle procedure di cui all'art. 3, lettera b), del presente decreto, l'accesso alle informazioni ed ai dati registrati in procedure individuate dall'ufficio per il coordinamento e la pianificazione a norma dell'ultimo comma dello stesso art. 3 potrà essere limitato ai soli capi degli uffici o ai responsabili di servizi o reparti operativi, all'uopo delegati, muniti di particolare chiave d'accesso con le modalità stabilite dalla commissione di cui all'art. 8, terzo comma, della citata legge.

 

Alle informazioni ed ai dati contenuti negli archivi magnetici del centro elaborazione dati può accedere altresì, nei limiti dell'art. 7, terzo comma, del presente regolamento, l'autorità giudiziaria avanti la quale è pendente un procedimento mediante esibizione di apposita attestazione, da inoltrare o presentare agli uffici competenti, circa l'attinenza della richiesta al procedimento stesso e le generalità del giudice al quale è affidato l'affare.

 

Le norme tecniche relative all'accesso alle speciali procedure di cui all'art. 7, terzo comma, del presente decreto sono stabilite dalla commissione di cui all'art. 8, terzo comma, della legge 1° aprile 1981, n. 121.

 

 

Art. 10

L'accesso ai dati ed alle informazioni conservati negli archivi magnetici del centro elaborazione dati, da parte dei soggetti di cui all'articolo precedente, avviene di norma attraverso la rete periferica dei terminali collegati al sistema integrato di elaboratori facente capo al suddetto centro, ovvero attraverso richiesta scritta motivata, rivolta all'ufficio per il coordinamento e la pianificazione, di particolari elaborazioni da sviluppare su tabulati, che verranno trasmessi ove possibile per via terminale.

 

Lo stesso ufficio potrà, a proprio giudizio, ammettere che i soggetti di cui al precedente art. 9 rivolgano personalmente la richiesta all'ufficio medesimo.

 

A tali fini l'ufficio predetto, verificata l'identità della persona che richiede l'accesso, la sussistenza dell'eventuale autorizzazione conferita in via permanente o in via provvisoria a norma del successivo art. 11 ovvero, per gli appartenenti all'autorità giudiziaria, acquisita l'attestazione di cui al penultimo comma dell'articolo precedente e compiuta una sommaria deliberazione delle esigenze che giustificano lo stesso, formula la richiesta al centro elaborazione dati e consegna i dati ottenuti al richiedente.

 

Delle richieste rivolte direttamente all'ufficio predetto deve essere fatta annotazione in appositi registri conservati a cura dell'ufficio medesimo.

 

 

Art. 10-bis

1. Oltre a quanto previsto dagli articoli 9 e 10, il personale della polizia municipale addetto ai servizi di polizia stradale in possesso della qualifica di agente di pubblica sicurezza, autorizzato dal comando, ufficio o servizio di appartenenza può accedere ai dati e alle informazioni contenute nello "schedario veicoli rubati" operante presso il centro elaborazione dati di cui al presente regolamento, limitatamente alle categorie di dati individuate a norma dell'articolo 3, secondo comma, per le finalità relative allo svolgimento dei servizi di polizia stradale ed alla prevenzione e repressione dei reati concernenti i veicoli ed i relativi contrassegni di identificazione.

 

2. Le autorizzazioni all'accesso possono essere conferite in via permanente o per un periodo di tempo determinato, e sono comunicate all'Ufficio per il coordinamento e la pianificazione a norma dell'articolo 10, terzo comma. La sospensione dal servizio e la sospensione o revoca della qualifica di agente di pubblica sicurezza comportano l'immediata decadenza dell'autorizzazione.

 

3. Per le finalità di cui ai comma 1, il Dipartimento della pubblica sicurezza e le amministrazioni interessate adottano, per quanto di competenza, tutte le misure necessarie per garantire la sicurezza dei dati personali oggetto di trattamento da parte del personale di cui al comma 1, ai sensi dell'articolo 15 della legge 31 dicembre 1996, n. 675, e nell'osservanza delle norme regolamentari previste dal medesimo articolo e delle eventuali disposizioni impartite dal Garante per la protezione dei dati personali (4).

 

 

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(4)  Articolo aggiunto dall'art. 1, D.P.R. 22 giugno 2000, n. 225 (Gazz. Uff. 12 agosto 2000, n. 188). L'art. 2 dello stesso decreto ha inoltre così disposto:

«Art. 2. 1. In via di prima applicazione, le categorie di dati trattati dal centro elaborazione dati di cui all'articolo 8 della legge 1° aprile 1981, n. 121, per le quali è autorizzato l'accesso da parte del personale della polizia municipale di cui all'articolo 10

-bis del decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio 1982, n. 378, sono quelle indicate nel decreto del Ministro dell'interno da adottarsi a norma dell'articolo 16-quater, comma 2, del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 marzo 1993, n. 68, e nelle relative disposizioni di attuazione.».

 

 

Art. 10-ter

1. Il Dipartimento della pubblica sicurezza, compatibilmente con le esigenze dei servizi d'istituto, fornisce agli organismi interessati la collaborazione occorrente per la migliore attuazione, da parte della polizia municipale, delle disposizioni del presente regolamento (5).

 

 

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(5)  Articolo aggiunto dall'art. 1, D.P.R. 22 giugno 2000, n. 225 (Gazz. Uff. 12 agosto 2000, n. 188).

 

 

Art. 11

L'autorizzazione di cui al precedente art. 9, lettera d), è conferita dal direttore dell'ufficio per il coordinamento e la pianificazione o dai capi degli uffici, comandi o servizi in via permanente, ovvero di volta in volta per l'acquisizione di singole informazioni e dati nei modi previsti dal terzo comma del precedente art. 10.

 

L'autorizzazione permanente deve essere conferita di preferenza ai responsabili dei servizi o reparti operativi e deve essere comunicata preventivamente all'ufficio per il coordinamento e la pianificazione, al quale vanno altresì comunicate immediatamente tutte le variazioni intervenute.

 

L'autorizzazione per l'acquisizione di singole notizie deve essere conferita in forma scritta dai capi degli uffici, comandi e servizi e deve contenere l'indicazione delle complete generalità, della qualifica e delle funzioni svolte dal soggetto autorizzato nonché la specificazione delle notizie che si vogliono acquisire e dei relativi motivi.

 

 

Art. 12

Le modalità tecniche per l'accesso, attraverso la rete di terminali, alle diverse categorie di procedure, dati ed informazioni contenuti negli archivi magnetici del centro elaborazione dati, secondo i livelli differenziati d'accesso di cui all'art. 3 del presente decreto, sono stabilite dalla commissione di cui all'art. 8, terzo comma, della legge 1° aprile 1981, n. 121.

 

Gli accessi via terminale devono essere registrati su appositi supporti magnetici da conservarsi a cura del predetto centro.

 

 

Art. 13

Gli operatori tecnici addetti al centro elaborazione dati dovranno essere muniti di apposito nulla osta di segretezza e dovranno osservare le norme di sicurezza da stabilirsi dalla commissione tecnica di cui all'art. 8, terzo comma, della legge 1° aprile 1981, n. 121.

 

Lo stesso nulla osta è richiesto per gli operatori tecnici addetti ai terminali periferici abilitati all'accesso alle procedure di cui all'art. 3, lettera b), del presente decreto.

 

 

Art. 14

Le informazioni ed i dati contenuti negli archivi magnetici del centro elaborazione dati operante nell'ambito dell'ufficio per il coordinamento e la pianificazione vengono forniti alle polizie straniere, a condizione di reciprocità, nell'ambito delle collaborazioni internazionali tra le forze di polizia, curate dal predetto ufficio, attraverso gli ordinari canali previsti dalle relative intese. L'ufficio medesimo verifica le procedure ed esamina i dati nei modi previsti dagli articoli 3 e 6 del presente decreto.

 

In nessun caso potranno essere forniti i dati coperti da segreto istruttorio.

 

TITOLO III

Procedure per la correzione o cancellazione dei dati erronei e per la integrazione di quelli incompleti

 

Art. 15

Alle verifiche previste dall'art. 10, primo comma della legge 1° aprile 1981, n. 121, presenziano il direttore dell'ufficio per il coordinamento e la pianificazione ed il direttore del centro elaborazione dati ai fini della necessaria assistenza di carattere amministrativo e tecnico.

 

I predetti dirigenti possono all'uopo delegare altri funzionari addetti agli specifici settori nell'ambito dei rispettivi uffici.

 

 

Art. 16

I nominativi dei dipendenti delle Camere, eventualmente scelti a norma del terzo comma dell'art. 10 della legge 1° aprile 1981, n. 121, dal comitato parlamentare per assisterlo nelle verifiche di cui al precedente art. 15, sono previamente comunicati al Ministero dell'interno ai fini del rilascio del contrassegno prescritto per accedere ai locali del centro elaborazione dati.

 

I predetti dipendenti devono, altresì, essere muniti del nulla osta di segretezza.

 

 

Art. 17

I dipendenti del Ministero dell'interno che possono essere chiamati ad assistere il comitato parlamentare nelle verifiche di cui all'art. 15 devono essere muniti del nulla osta di segretezza e possono accedere ai locali del centro elaborazione dati con le modalità di cui al precedente art. 16.

 

 

18

Le modalità tecniche relative alla estrazione casuale di dati e informazioni da fornire senza riferimenti nominativi al comitato parlamentare, nel corso delle verifiche di cui al precedente art. 15, sono stabilite dalla commissione tecnica di cui all'art. 8, terzo comma, della legge 1° aprile 1981, n. 121, ed approvate dal comitato parlamentare stesso.

 

Le informazioni ed i dati che, a seguito di tali verifiche, risultino raccolti in violazione dell'art. 7 della legge sopracitata sono rettificati, integrati o cancellati a cura del direttore del centro elaborazione dati, nei tempi e nei modi che verranno stabiliti dalla commissione citata al comma precedente.

 

La medesima procedura si applica in ordine ai dati ed alle informazioni la cui erroneità, incompletezza o illegittima raccolta sia stata segnalata al comitato stesso dall'autorità procedente di cui all'art. 10, quarto comma, della ripetuta legge 1° aprile 1981, n. 121. Al comitato, peraltro, potranno essere esibiti dal centro elaborazione dati i soli dati oggetto di segnalazione da parte della predetta autorità (6).

 

 

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(6)  Così rettificato con avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 21 agosto 1982, n. 210.

 

 

Art. 19

L'istanza presentata al tribunale penale competente, ai sensi dell'art. 10, quinto comma, della legge 1° aprile 1981, n. 121, da parte di chi viene a conoscenza, nei modi previsti dallo stesso comma, della raccolta sul proprio conto di dati che egli ritenga erronei, incompleti od illegittimamente raccolti, deve essere comunicata in copia integrale, a cura della cancelleria del tribunale medesimo, al Ministero dell'interno, in persona del direttore dell'ufficio per il coordinamento e la pianificazione, per posta in piego chiuso raccomandato con ricevuta di ritorno da spedire entro tre giorni dalla presentazione dell'istanza stessa.

 

 

Art. 20

L'ufficio per il coordinamento e la pianificazione, ricevuta la comunicazione di cui all'articolo precedente, dispone l'immediata verifica dei dati e delle informazioni di cui si assume l'erroneità, l'incompletezza e l'illegittima raccolta ai fini della eventuale integrazione correzione o cancellazione dei dati e delle informazioni medesimi che risultassero erronei, incompleti o illegittimamente raccolti (7).

 

 

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(7)  Così rettificato con avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 21 agosto 1982, n. 210.

 

 

Art. 21

L'audizione dell'Amministrazione della pubblica sicurezza nel procedimento previsto dall'art. 10, sesto comma, della legge 1° aprile 1981, n. 121, avviene per il tramite di funzionari dell'ufficio per il coordinamento e la pianificazione ovvero attraverso funzionari dipendenti dalle autorità provinciali di pubblica sicurezza, indicati dal direttore dell'ufficio di coordinamento medesimo tra quelli abilitati all'accesso alle informazioni ed ai dati registrati negli archivi magnetici del centro elaborazione dati.

 

 

Art. 22

Qualora avverso l'ordinanza prevista dal penultimo comma dell'art. 10 della legge 1° aprile 1981, n. 121, sia proposto ricorso per Cassazione, il cancelliere della Corte di cassazione, nei termini e con le modalità previste nell'art. 19, comunica al Ministero dell'interno, in persona del direttore dell'ufficio per il coordinamento e la pianificazione, copia integrale dei motivi del ricorso e degli eventuali motivi successivamente aggiunti.

 

 

Art. 23

Nei procedimenti avanti l'autorità giudiziaria, di cui all'articolo 10 della legge 1° aprile 1981, n. 121, l'Amministrazione della pubblica sicurezza può farsi assistere dall'Avvocatura dello Stato.

 


 

Legge 3 agosto 1988, n. 327.
Norme in materia di misure di prevenzione personali
(art. 15)

 

 

(1)

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 9 agosto 1988, n. 186.

(omissis)

Art. 15

1. Dopo tre anni dalla cessazione della misura di prevenzione, l'interessato può chiedere la riabilitazione. La riabilitazione è concessa, se il soggetto ha dato prova costante ed effettiva di buona condotta, dalla corte di appello nel cui distretto ha sede l'autorità giudiziaria che dispone l'applicazione della misura di prevenzione o dell'ultima misura di prevenzione.

 

2. La riabilitazione comporta la cessazione di tutti gli effetti pregiudizievoli riconnessi allo stato di persona sottoposta a misure di prevenzione.

 

3. Si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni del codice di procedura penale riguardanti la riabilitazione.

(omissis)


 

D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448.
Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni
(art. 25)

 

 

(1) (2)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 24 ottobre 1988, n. 250, S.O.

(2)  Con D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 272, sono state emanate le norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del presente decreto.

(omissis)

Capo III

Definizione anticipata del procedimento e giudizio in dibattimento

 

Art. 25

Procedimenti speciali.

1. Nel procedimento davanti al tribunale per i minorenni non si applicano le disposizioni dei titoli II e V del libro VI del codice di procedura penale (19).

 

2. Le disposizioni del titolo III del libro VI del codice di procedura penale si applicano solo se è possibile compiere gli accertamenti previsti dall'articolo 9 e assicurare al minorenne l'assistenza prevista dall'articolo 12.

 

2-bis. Salvo quanto previsto dal comma 2, il pubblico ministero può procedere al giudizio direttissimo anche nei confronti del minorenne accompagnato a norma dell'articolo 18-bis (20) (21).

 

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(19)  La Corte costituzionale con sentenza 20-27 aprile 1995, n. 135 (Gazz. Uff. 3 maggio 1995, n. 18, serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 25, comma 1, sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione. La stessa Corte, con successiva sentenza 6-12 luglio 2000, n. 272 (Gazz. Uff. 19 luglio 2000, n. 30, serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 25, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

(20)  Comma aggiunto dall'art. 43, D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12 (Gazz. Uff. 16 gennaio 1991, n. 13).

(21)  La Corte costituzionale con sentenza 20-27 aprile 1995, n. 135 (Gazz. Uff. 3 maggio 1995, n. 18, serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 25, comma 1, sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione. La stessa Corte, con successiva sentenza 6-12 luglio 2000, n. 272 (Gazz. Uff. 19 luglio 2000, n. 30, serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 25, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

(omissis)


 

Legge 19 marzo 1990, n. 55.
Nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale
(art. 14)

 

 

(1) (2)

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 23 marzo 1990, n. 69.

(2) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari:

- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 12 marzo 1996, n. 60;

- Ministero dell'interno: Circ. 30 giugno 1999, n. 2/99; Circ. 19 ottobre 2000, n. 8/2000.

(omissis)

Capo II - Ambito di applicazione delle L. 31 maggio 1965, n. 575 , e L. 13 settembre 1982, n. 646 . Effetti della riabilitazione e disposizioni a tutela della trasparenza dell'attività delle regioni e degli enti locali e in materia di pubblici appalti

 

Art. 14

1. Salvo che si tratti di procedimenti di prevenzione già pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge, da tale data le disposizioni della legge 31 maggio 1965, n. 575 , concernenti le indagini e l'applicazione delle misure di prevenzione di carattere patrimoniale, nonché quelle contenute negli articoli da 10 a 10-sexies della medesima legge, si applicano con riferimento ai soggetti indiziati di appartenere alle associazioni indicate nell'articolo 1 della predetta legge o a quelle previste dall'articolo 75, L. 22 dicembre 1975, n. 685 , ovvero ai soggetti indicati nei numeri 1) e 2) del primo comma dell'articolo 1 della L. 27 dicembre 1956, n. 1423, quando l'attività delittuosa da cui si ritiene derivino i proventi sia una di quelle previste dagli articoli 600, 601, 602, 629, 630, 644, 648-bis o 648-ter del codice penale, ovvero quella di contrabbando (26).

 

2. Nei confronti dei soggetti di cui al comma 1, la riabilitazione prevista dall'art. 15, L. 3 agosto 1988, n. 327, può essere richiesta dopo cinque anni dalla cessazione della misura di prevenzione.

 

3. La riabilitazione comporta, altresì, la cessazione dei divieti previsti dall'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575 (27).

 

 

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(26)  Comma così modificato prima dall'art. 11, D.L. 31 dicembre 1991, n. 419, poi dall'art. 9, L. 7 marzo 1996, n. 108 ed infine dall'art. 7, L. 11 agosto 2003, n. 228. Vedi, anche, l'art. 16 della citata legge n. 228 del 2003.

(27)  In deroga a quanto disposto dal presente articolo vedi l'art. 18, L. 22 maggio 1975, n. 152, come modificato dall'art. 14, D.L. 27 luglio 2005, n. 144.

(omissis)

 

D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza
(artt. 73, 74, 80)

 

 

(1) (2) (3)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 31 ottobre 1990, n. 255, S.O.

(2)  Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- AIMA (Azienda di Stato per gli Interventi nel mercato agricolo): Circ. 12 maggio 1998, n. 18;

- Ministero della giustizia: Circ. 29 dicembre 1999, n. 578455/14;

- Ministero della pubblica istruzione: Circ. 19 aprile 1996, n. 156; Circ. 11 giugno 1996, n. 225; Circ. 18 giugno 1996, n. 235; Circ. 2 luglio 1996, n. 308; Circ. 16 dicembre 1996, n. 750; Circ. 24 aprile 1997, n. 280; Circ. 31 luglio 1997, n. 466; Circ. 28 ottobre 1997, n. 664; Circ. 27 febbraio 1998, n. 78; Circ. 22 luglio 1998, n. 321; Nota 30 ottobre 1998, n. 3755/99;

- Ministero per le Politiche agricole: Circ. 2 dicembre 1997, n. 0734; Circ. 20 aprile 1999, n. 4;

- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Dipartimento per gli Affari Sociali: Circ. 19 dicembre 1997, n. DAS/IV/2926/PROG/GEST.

(3) Vedi, anche, gli artt. 1 e 3, D.P.R. 28 marzo 2007, n. 75.

(omissis)

Art. 73

Produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope (66).

(Legge 26 giugno 1990, n. 162, art. 14, comma 1)

1. Chiunque, senza l'autorizzazione di cui all'articolo 17, coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alla tabella I prevista dall'articolo 14, è punito con la reclusione da sei a venti anni e con la multa da euro 26.000 a euro 260.000 (67).

 

1-bis. Con le medesime pene di cui al comma 1 è punito chiunque, senza l'autorizzazione di cui all'articolo 17, importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque illecitamente detiene:

 

a) sostanze stupefacenti o psicotrope che per quantità, in particolare se superiore ai limiti massimi indicati con decreto del Ministro della salute emanato di concerto con il Ministro della giustizia sentita la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento nazionale per le politiche antidroga, ovvero per modalità di presentazione, avuto riguardo al peso lordo complessivo o al confezionamento frazionato, ovvero per altre circostanze dell'azione, appaiono destinate ad un uso non esclusivamente personale (68);

 

b) medicinali contenenti sostanze stupefacenti o psicotrope elencate nella tabella II, sezione A, che eccedono il quantitativo prescritto. In questa ultima ipotesi, le pene suddette sono diminuite da un terzo alla metà (69).

 

2. Chiunque, essendo munito dell'autorizzazione di cui all'articolo 17, illecitamente cede, mette o procura che altri metta in commercio le sostanze o le preparazioni indicate nelle tabelle I e II di cui all'articolo 14, è punito con la reclusione da sei a ventidue anni e con la multa da euro 26.000 a euro 300.000 (70).

 

2-bis. Le pene di cui al comma 2 si applicano anche nel caso di illecita produzione o commercializzazione delle sostanze chimiche di base e dei precursori di cui alle categorie 1, 2 e 3 dell'allegato I al presente testo unico, utilizzabili nella produzione clandestina delle sostanze stupefacenti o psicotrope previste nelle tabelle di cui all'articolo 14 (71).

 

3. Le stesse pene si applicano a chiunque coltiva, produce o fabbrica sostanze stupefacenti o psicotrope diverse da quelle stabilite nel decreto di autorizzazione (72).

 

4. Quando le condotte di cui al comma 1 riguardano i medicinali ricompresi nella tabella II, sezioni A, B e C, di cui all'articolo 14 e non ricorrono le condizioni di cui all'articolo 17, si applicano le pene ivi stabilite, diminuite da un terzo alla metà (73).

 

5. Quando, per i mezzi, per la modalità o le circostanze dell'azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, i fatti previsti dal presente articolo sono di lieve entità, si applicano le pene della reclusione da uno a sei anni e della multa da euro 3.000 a euro 26.000 (74).

 

5-bis. Nell'ipotesi di cui al comma 5, limitatamente ai reati di cui al presente articolo commessi da persona tossicodipendente o da assuntore di sostanze stupefacenti o psicotrope, il giudice, con la sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, su richiesta dell'imputato e sentito il pubblico ministero, qualora non debba concedersi il beneficio della sospensione condizionale della pena, può applicare, anziché le pene detentive e pecuniarie, quella del lavoro di pubblica utilità di cui all'articolo 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, secondo le modalità ivi previste. Con la sentenza il giudice incarica l'Ufficio locale di esecuzione penale esterna di verificare l'effettivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità. L'Ufficio riferisce periodicamente al giudice. In deroga a quanto disposto dall'articolo 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, il lavoro di pubblica utilità ha una durata corrispondente a quella della sanzione detentiva irrogata. Esso può essere disposto anche nelle strutture private autorizzate ai sensi dell'articolo 116, previo consenso delle stesse. In caso di violazione degli obblighi connessi allo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, in deroga a quanto previsto dall'articolo 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, su richiesta del pubblico ministero o d'ufficio, il giudice che procede, o quello dell'esecuzione, con le formalità di cui all'articolo 666 del codice di procedura penale, tenuto conto dell'entità dei motivi e delle circostanze della violazione, dispone la revoca della pena con conseguente ripristino di quella sostituita. Avverso tale provvedimento di revoca è ammesso ricorso per cassazione, che non ha effetto sospensivo. Il lavoro di pubblica utilità può sostituire la pena per non più di due volte (75).

 

6. Se il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro, la pena è aumentata.

 

7. Le pene previste dai commi da 1 a 6 sono diminuite dalla metà a due terzi per chi si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti (76).

 

 

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(66) Rubrica così sostituita dall'art. 4-bis, D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(67) Comma prima modificato dal D.P.R. 5 giugno 1993, n. 171 (Gazz. Uff. 5 giugno 1993, n. 130) e poi così sostituito dall'art. 4-bis, D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(68) Con D.M. 11 aprile 2006 (Gazz. Uff. 24 aprile 2006, n. 95), modificato dall'art. 1, D.M. 4 agosto 2006 (Gazz. Uff. 17 novembre 2006, n. 268), sono stati indicati i limiti massimi di cui alla presente lettera. Successivamente, il citato D.M. 4 agosto 2006, la cui efficacia era stata sospesa dal Tar Lazio, sezione terza quater, in data 15 marzo 2007, è stato annullato dalla stessa sezione con sentenza 21 marzo 2007, n. 2487.

(69) Comma aggiunto dall'art. 4-bis, D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(70) Comma così modificato dall'art. 4-bis, D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(71) Comma aggiunto dall'art. 4-bis, D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(72) Comma così sostituito dall'art. 4-bis, D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(73) Comma così sostituito dall'art. 4-bis, D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(74) Comma così sostituito dall'art. 4-bis, D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(75) Comma aggiunto dall'art. 4-bis, D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(76) L’indulto concesso con L. 31 luglio 2006, n. 241 non si applica per i delitti riguardanti la produzione, il traffico e la detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui al presente articolo, ai sensi di quanto disposto dall’art. 1 della stessa legge. La Corte costituzionale con sentenza 13-24 luglio 1995, n. 360 (Gazz. Uff. 16 agosto 1995, n. 34, Serie speciale) ha dichiarato, fra l'altro, non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 73, sollevata in riferimento agli artt. 13, 25 e 27 della Costituzione. Successivamente la Corte, chiamata a pronunciarsi sulla stessa questione, con ordinanza 11-24 dicembre 1996, n. 414 (Gazz. Uff. 8 gennaio 1997, n. 2, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 28, 73 e 75, come modificati a seguito del D.P.R. 5 giugno 1993, n. 171.

 

 

Art. 74

Associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope.

(Legge 26 giugno 1990, n. 162, articoli 14, comma 1, e 38, comma 2)

1. Quando tre o più persone si associano allo scopo di commettere più delitti tra quelli previsti dall'articolo 73, chi promuove, costituisce, dirige, organizza o finanzia l'associazione è punito per ciò solo con la reclusione non inferiore a venti anni.

2. Chi partecipa all'associazione è punito con la reclusione non inferiore a dieci anni.

 

3. La pena è aumentata se il numero degli associati è di dieci o più o se tra i partecipanti vi sono persone dedite all'uso di sostanze stupefacenti o psicotrope.

 

4. Se l'associazione è armata la pena, nei casi indicati dai commi 1 e 3, non può essere inferiore a ventiquattro anni di reclusione e, nel caso previsto dal comma 2, a dodici anni di reclusione. L'associazione si considera armata quando i partecipanti hanno la disponibilità di armi o materie esplodenti, anche se occultate o tenute in luogo di deposito.

 

5. La pena è aumentata se ricorre la circostanza di cui alla lettera e) del comma 1 dell'articolo 80.

 

6. Se l'associazione è costituita per commettere i fatti descritti dal comma 5 dell'articolo 73, si applicano il primo e il secondo comma dell'articolo 416 del codice penale.

 

7. Le pene previste dai commi da 1 a 6 sono diminuite dalla metà a due terzi per chi si sia efficacemente adoperato per assicurare le prove del reato o per sottrarre all'associazione risorse decisive per la commissione dei delitti.

 

8. Quando in leggi e decreti è richiamato il reato previsto dall'articolo 75 della legge 22 dicembre 1975, n. 685, abrogato dall'articolo 38, comma 1, della legge 26 giugno 1990, n. 162, il richiamo si intende riferito al presente articolo (77).

 

 

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(77)  L’indulto concesso con L. 31 luglio 2006, n. 241 non si applica per il delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope in tutte le ipotesi previste dai commi 1, 4 e 5 del presente articolo, ai sensi di quanto disposto dall’art. 1 della stessa legge. Vedi, anche, l'art. 10, L. 16 marzo 2006, n. 146.

 

 

80

Aggravanti specifiche.

(Legge 26 giugno 1990, n. 162, art. 18, comma 1)

1. Le pene previste per i delitti di cui all'articolo 73 sono aumentate da un terzo alla metà;

 

a) nei casi in cui le sostanze stupefacenti e psicotrope sono consegnate o comunque destinate a persona di età minore;

 

b) nei casi previsti dai numeri 2), 3) e 4) del primo comma dell'art. 112 del codice penale;

 

c) per chi ha indotto a commettere il reato, o a cooperare nella commissione del reato, persona dedita all'uso di sostanze stupefacenti o psicotrope;

 

d) se il fatto è stato commesso da persona armata o travisata;

 

e) se le sostanze stupefacenti o psicotrope sono adulterate o commiste ad altre in modo che ne risulti accentuata la potenzialità lesiva;

 

f) se l'offerta o la cessione è finalizzata ad ottenere prestazioni sessuali da parte di persona tossicodipendente;

 

g) se l'offerta o la cessione è effettuata all'interno o in prossimità di scuole di ogni ordine o grado, comunità giovanili, caserme, carceri, ospedali, strutture per la cura e la riabilitazione dei tossicodipendenti.

 

2. Se il fatto riguarda quantità ingenti di sostanze stupefacenti o psicotrope, le pene sono aumentate dalla metà a due terzi; la pena è di trenta anni di reclusione quando i fatti previsti dai commi 1, 2 e 3 dell'art. 73 riguardano quantità ingenti di sostanze stupefacenti o psicotrope e ricorre l'aggravante di cui alla lettera e) del comma 1.

 

3. Lo stesso aumento di pena si applica se il colpevole per commettere il delitto o per conseguirne per sé o per altri il profitto, il prezzo o l'impunità ha fatto uso di armi.

 

4. Si applica la disposizione del secondo comma dell'art. 112 del codice penale.

 

[5. Le sanzioni previste dall'art. 76 sono aumentate nella misura stabilita dal presente articolo quando ricorrono le circostanze ivi previste, eccettuata quella indicata dal comma 2] (84).

 

 

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(84)  Il D.P.R. 5 giugno 1993, n. 171 (Gazz. Uff. 5 giugno 1993, n. 130), in esito al referendum del 25 febbraio 1993, ha disposto l'abrogazione dell'art. 78, primo comma, lett. b) e c), e dell'art. 80, quinto comma, del presente decreto, con effetto a decorrere dal giorno successivo a quello della pubblicazione del sopracitato decreto n. 171 del 1993 nella Gazzetta Ufficiale.

(omissis)


 

D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285.
Nuovo codice della strada
(artt. 13, 22, 126-bis, 186, 187, 189, 210-219, 222, 223)

 

 

(1) (2)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 18 maggio 1992, n. 114, S.O.

(2)  Per il regolamento di esecuzione e di attuazione del presente codice vedi il D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495. Ai sensi dell'art. 195, comma 3, del presente decreto, la misura delle sanzioni amministrative pecuniarie ivi previste è stata aggiornata, con D.M. 4 gennaio 1995 (Gazz. Uff. 9 gennaio 1995, n. 6), con D.M. 20 dicembre 1996 (Gazz. Uff. 28 dicembre 1996, n. 303), con D.M. 22 dicembre 1998 (Gazz. Uff. 28 dicembre 1998, n. 301), con D.M. 29 dicembre 2000 (Gazz. Uff. 30 dicembre 2000, n. 303), con D.M. 24 dicembre 2002 (Gazz. Uff. 30 dicembre 2002, n. 304), con D.M. 22 dicembre 2004 (Gazz. Uff. 30 dicembre 2004, n. 305) e con D.M. 29 dicembre 2006 (Gazz. Uff. 30 dicembre 2006, n. 302). I richiami alle «sezioni», al «registro delle imprese esercenti attività di autoriparazione» nonché al «registro di cui all'articolo 2», contenuti nel presente decreto devono intendersi riferiti, per le attività di autoriparazione, al «registro delle imprese» e nel caso di impresa artigiana, all'«albo delle imprese artigiane», ai sensi di quanto disposto dall'art. 10, comma 6, D.P.R. 14 dicembre 1999, n. 558. Le denominazioni degli uffici e delle strutture ministeriali contenute nel presente decreto sono state aggiornate ai sensi di quanto disposto dall'art. 17, D.Lgs. 15 gennaio 2002, n. 9. Laddove nel presente testo era prevista l'emanazione di provvedimenti di concerto tra due o più ministeri e, in seguito alla ridenominazione degli stessi, disposta dal suddetto articolo 17, le competenze sono confluite in un unico ministero, si è provveduto, ove necessario e possibile, agli opportuni aggiustamenti lessicali.

(omissis)

Art. 13

Norme per la costruzione e la gestione delle strade.

1. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (88), sentiti il Consiglio superiore delle infrastrutture e dei trasporti ed il Consiglio nazionale delle ricerche, emana entro un anno dalla entrata in vigore del presente codice, sulla base della classificazione di cui all'art. 2, le norme funzionali e geometriche per la costruzione, il controllo e il collaudo delle strade, dei relativi impianti e servizi ad eccezione di quelle di esclusivo uso militare. Le norme devono essere improntate alla sicurezza della circolazione di tutti gli utenti della strada, alla riduzione dell'inquinamento acustico ed atmosferico per la salvaguardia degli occupanti gli edifici adiacenti le strade ed al rispetto dell'ambiente e di immobili di notevole pregio architettonico o storico. Le norme che riguardano la riduzione dell'inquinamento acustico ed atmosferico sono emanate nel rispetto delle direttive e degli atti di indirizzo del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio (89), che viene richiesto di specifico concerto nei casi previsti dalla legge (90).

 

2. La deroga alle norme di cui al comma 1 è consentita solo per specifiche situazioni allorquando particolari condizioni locali, ambientali, paesaggistiche, archeologiche ed economiche non ne consentono il rispetto, sempre che sia assicurata la sicurezza stradale e siano comunque evitati inquinamenti (91).

 

3. Le norme di cui al comma 1 sono aggiornate ogni tre anni.

 

4. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (92), entro due anni dalla entrata in vigore del presente codice, emana, con i criteri e le modalità di cui al comma 1, le norme per la classificazione delle strade esistenti in base alle caratteristiche costruttive, tecniche e funzionali di cui all'articolo 2, comma 2.

 

4-bis. Le strade di nuova costruzione classificate ai sensi delle lettere C, D, E ed F del comma 2 dell'articolo 2 devono avere, per l'intero sviluppo, una pista ciclabile adiacente purché realizzata in conformità ai programmi pluriennali degli enti locali, salvo comprovati problemi di sicurezza (93).

 

5. Gli enti proprietari delle strade devono classificare la loro rete entro un anno dalla emanazione delle norme di cui al comma 4. Gli stessi enti proprietari provvedono alla declassificazione delle strade di loro competenza, quando le stesse non possiedono più le caratteristiche costruttive, tecniche e funzionali di cui all'articolo 2, comma 2.

 

6. Gli enti proprietari delle strade sono obbligati ad istituire e tenere aggiornati la cartografia, il catasto delle strade e le loro pertinenze secondo le modalità stabilite con apposito decreto che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (94) emana sentiti il Consiglio superiore delle infrastrutture e dei trasporti e il Consiglio nazionale delle ricerche. Nel catasto dovranno essere compresi anche gli impianti e i servizi permanenti connessi alle esigenze della circolazione stradale (95).

 

7. Gli enti proprietari delle strade sono tenuti ad effettuare rilevazioni del traffico per l'acquisizione di dati che abbiano validità temporale riferita all'anno nonché per adempiere agli obblighi assunti dall'Italia in sede internazionale.

 

8. Ai fini dell'attuazione delle incombenze di cui al presente articolo, l'Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale, di cui all'art. 35, comma 3, ha il compito di acquisire i dati dell'intero territorio nazionale, elaborarli e pubblicizzarli annualmente, nonché comunicarli agli organismi internazionali. Detta struttura cura altresì che i vari enti ottemperino alle direttive, norme e tempi fissati nel presente articolo e nei relativi decreti (96).

 

 

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(88)  La denominazione del Ministro è stata così sostituita ai sensi di quanto disposto dall'art. 17, D.Lgs. 15 gennaio 2002, n. 9, con la decorrenza indicata nell'art. 19 dello stesso decreto.

(89)  La denominazione del Ministero è stata così sostituita ai sensi di quanto disposto dall'art. 17, D.Lgs. 15 gennaio 2002, n. 9, con la decorrenza indicata nell'art. 19 dello stesso decreto.

(90)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 5 giugno 2001, il D.M. 5 novembre 2001, il D.M. 14 settembre 2005 e il D.M. 19 aprile 2006.

(91)  Comma così modificato dall'art. 1, D.L. 27 giugno 2003, n. 151.

(92)  La denominazione del Ministro è stata così sostituita ai sensi di quanto disposto dall'art. 17, D.Lgs. 15 gennaio 2002, n. 9, con la decorrenza indicata nell'art. 19 dello stesso decreto.

(93)  Comma aggiunto dall'art. 10, L. 19 ottobre 1998, n. 366.

(94)  La denominazione del Ministro è stata così sostituita ai sensi di quanto disposto dall'art. 17, D.Lgs. 15 gennaio 2002, n. 9, con la decorrenza indicata nell'art. 19 dello stesso decreto.

(95)  Le modalità di istituzione ed aggiornamento del Catasto delle strade sono state stabilite con D.M. 1° giugno 2001 (Gazz. Uff. 7 gennaio 2002, n. 5, S.O.).

(96)  Articolo così modificato, con effetto dal 1° ottobre 1993, dall'art. 9, D.Lgs. 10 settembre 1993, n. 360 (Gazz. Uff. 15 settembre 1993, n. 217, S.O.).

 

 

(omissis)

Art. 22

Accessi e diramazioni.

1. Senza la preventiva autorizzazione dell'ente proprietario della strada non possono essere stabiliti nuovi accessi e nuove diramazioni dalla strada ai fondi o fabbricati laterali, né nuovi innesti di strade soggette a uso pubblico o privato.

 

2. Gli accessi o le diramazioni già esistenti, ove provvisti di autorizzazione, devono essere regolarizzati in conformità alle prescrizioni di cui al presente titolo.

 

3. I passi carrabili devono essere individuati con l'apposito segnale, previa autorizzazione dell'ente proprietario.

 

4. Sono vietate trasformazioni di accessi o di diramazioni già esistenti e variazioni nell'uso di questi, salvo preventiva autorizzazione dell'ente proprietario della strada.

 

5. Il regolamento determina i casi in cui l'ente proprietario può negare l'autorizzazione di cui al comma 1.

 

6. Chiunque ha ottenuto l'autorizzazione deve realizzare e mantenere, ove occorre, le opere sui fossi laterali senza alterare la sezione dei medesimi, né le caratteristiche plano-altimetriche della sede stradale.

 

7. Il regolamento indica le modalità di costruzione e di manutenzione degli accessi e delle diramazioni.

 

8. Il rilascio dell'autorizzazione di accessi a servizio di insediamenti di qualsiasi tipo è subordinato alla realizzazione di parcheggi nel rispetto delle normative vigenti in materia.

 

9. Nel caso di proprietà naturalmente incluse o risultanti tali a seguito di costruzioni o modifiche di opere di pubblica utilità, nei casi di impossibilità di regolarizzare in linea tecnica gli accessi esistenti, nonché in caso di forte densità degli accessi stessi e ogni qualvolta le caratteristiche plano-altimetriche nel tratto stradale interessato dagli accessi o diramazioni non garantiscano requisiti di sicurezza e fluidità per la circolazione, l'ente proprietario della strada rilascia l'autorizzazione per l'accesso o la diramazione subordinatamente alla realizzazione di particolari opere quali innesti attrezzati, intersezioni a livelli diversi e strade parallele, anche se le stesse, interessando più proprietà, comportino la costituzione di consorzi obbligatori per la costruzione e la manutenzione delle opere stesse.

 

10. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (110) stabilisce con proprio decreto, per ogni strada o per ogni tipo di strada da considerare in funzione del traffico interessante le due arterie intersecantisi, le caratteristiche tecniche da adottare nella realizzazione degli accessi e delle diramazioni, nonché le condizioni tecniche e amministrative che dovranno dall'ente proprietario essere tenute a base dell'eventuale rilascio dell'autorizzazione. È comunque vietata l'apertura di accessi lungo le rampe di intersezioni sia a raso che a livelli sfalsati, nonché lungo le corsie di accelerazione e di decelerazione.

 

11. Chiunque apre nuovi accessi o nuove diramazioni ovvero li trasforma o ne varia l'uso senza l'autorizzazione dell'ente proprietario, oppure mantiene in esercizio accessi preesistenti privi di autorizzazione, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 148 a euro 594. La violazione importa la sanzione amministrativa accessoria dell'obbligo del ripristino dei luoghi, a carico dell'autore della violazione stessa e a proprie spese, secondo le norme del capo I, sezione II, del titolo VI. La sanzione accessoria non si applica se le opere effettuate possono essere regolarizzate mediante autorizzazione successiva. Il rilascio di questa non esime dall'obbligo di pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria.

 

12. Chiunque viola le altre disposizioni del presente articolo e del regolamento è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 36 a euro 148 (111).

 

 

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(110)  La denominazione del Ministro è stata così sostituita ai sensi di quanto disposto dall'art. 17, D.Lgs. 15 gennaio 2002, n. 9, con la decorrenza indicata nell'art. 19 dello stesso decreto.

(111)  Con D.M. 29 dicembre 2006 (Gazz. Uff. 30 dicembre 2006, n. 302) si è provveduto, ai sensi dell'art. 195, commi 3 e 3-bis del presente decreto, all'aggiornamento biennale della sanzione nella misura sopra riportata.

(omissis)

Art. 126-bis

Patente a punti.

1. All'atto del rilascio della patente viene attribuito un punteggio di venti punti. Tale punteggio, annotato nell'anagrafe nazionale degli abilitati alla guida di cui agli articoli 225 e 226, subisce decurtazioni, nella misura indicata nella tabella allegata, a seguito della comunicazione all'anagrafe di cui sopra della violazione di una delle norme per le quali è prevista la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente ovvero di una tra le norme di comportamento di cui al titolo V, indicate nella tabella medesima. L'indicazione del punteggio relativo ad ogni violazione deve risultare dal verbale di contestazione.

 

1-bis. Qualora vengano accertate contemporaneamente più violazioni delle norme di cui al comma 1 possono essere decurtati un massimo di quindici punti. Le disposizioni del presente comma non si applicano nei casi in cui è prevista la sospensione o la revoca della patente (611).

 

2. L'organo da cui dipende l'agente che ha accertato la violazione che comporta la perdita di punteggio, ne dà notizia, entro trenta giorni dalla definizione della contestazione effettuata, all'anagrafe nazionale degli abilitati alla guida. La contestazione si intende definita quando sia avvenuto il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria o siano conclusi i procedimenti dei ricorsi amministrativi e giurisdizionali ammessi ovvero siano decorsi i termini per la proposizione dei medesimi. Il predetto termine di trenta giorni decorre dalla conoscenza da parte dell'organo di polizia dell'avvenuto pagamento della sanzione, della scadenza del termine per la proposizione dei ricorsi, ovvero dalla conoscenza dell'esito dei ricorsi medesimi. La comunicazione deve essere effettuata a carico del conducente quale responsabile della violazione; nel caso di mancata identificazione di questi, il proprietario del veicolo, ovvero altro obbligato in solido ai sensi dell'articolo 196, deve fornire all'organo di polizia che procede, entro sessanta giorni dalla data di notifica del verbale di contestazione, i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione. Se il proprietario del veicolo risulta una persona giuridica, il suo legale rappresentante o un suo delegato è tenuto a fornire gli stessi dati, entro lo stesso termine, all'organo di polizia che procede. Il proprietario del veicolo, ovvero altro obbligato in solido ai sensi dell'articolo 196, sia esso persona fisica o giuridica, che omette, senza giustificato e documentato motivo, di fornirli è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 250 a euro 1.000. La comunicazione al Dipartimento per i trasporti terrestri avviene per via telematica (612) (613) (614) (615) (616).

 

3. Ogni variazione di punteggio è comunicata agli interessati dall'anagrafe nazionale degli abilitati alla guida. Ciascun conducente può controllare in tempo reale lo stato della propria patente con le modalità indicate dal Dipartimento per i trasporti terrestri.

 

4. Fatti salvi i casi previsti dal comma 5 e purché il punteggio non sia esaurito, la frequenza ai corsi di aggiornamento, organizzati dalle autoscuole ovvero da soggetti pubblici o privati a ciò autorizzati dal Dipartimento per i trasporti terrestri, consente di riacquistare sei punti. Per i titolari di certificato di abilitazione professionale e unitamente di patente B, C, C+E, D, D+E, la frequenza di specifici corsi di aggiornamento consente di recuperare 9 punti. A tale fine, l'attestato di frequenza al corso deve essere trasmesso all'ufficio del Dipartimento per i trasporti terrestri competente per territorio, per l'aggiornamento dell'anagrafe nazionale dagli abilitati alla guida. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sono stabiliti i criteri per il rilascio dell'autorizzazione, i programmi e le modalità di svolgimento dei corsi di aggiornamento (617).

 

5. Salvo il caso di perdita totale del punteggio di cui al comma 6, la mancanza, per il periodo di due anni, di violazioni di una norma di comportamento da cui derivi la decurtazione del punteggio, determina l'attribuzione del completo punteggio iniziale, entro il limite dei venti punti. Per i titolari di patente con almeno venti punti, la mancanza, per il periodo di due anni, della violazione di una norma di comportamento da cui derivi la decurtazione del punteggio, determina l'attribuzione di un credito di due punti, fino a un massimo di dieci punti.

 

6. Alla perdita totale del punteggio, il titolare della patente deve sottoporsi all'esame di idoneità tecnica di cui all'articolo 128. A tale fine, l'ufficio del Dipartimento per i trasporti terrestri competente per territorio, su comunicazione dell'anagrafe nazionale degli abilitati alla guida, dispone la revisione della patente di guida. Il relativo provvedimento, notificato secondo le procedure di cui all'articolo 201, comma 3, è atto definitivo. Qualora il titolare della patente non si sottoponga ai predetti accertamenti entro trenta giorni dalla notifica del provvedimento di revisione, la patente di guida è sospesa a tempo indeterminato, con atto definitivo, dal competente ufficio del Dipartimento per i trasporti terrestri. Il provvedimento di sospensione è notificato al titolare della patente a cura degli organi di polizia stradale di cui all'articolo 12, che provvedono al ritiro ed alla conservazione del documento (618).

 

 

 

 

 

Tabella dei punteggi previsti all'art. 126-bis (619)

 

Norma violata

 

Punti

Art. 141

Comma 8

5

 

Comma 9, terzo periodo

10

Art. 142

Comma 8

5

 

Commi 9 e 9-bis

10

Art. 143

Comma 11

4

 

Comma 12

10

 

Comma 13, con riferimento al comma 5

4

Art. 145

Comma 5

6

 

Comma 10, con riferimento ai commi 2, 3, 4, 6, 7, 8 e 9

5

Art. 146

Comma 2, ad eccezione dei segnali stradali di divieto di sosta e fermata

2

 

Comma 3

6

Art. 147

Comma 5

6

Art. 148

Comma 15, con riferimento al comma 2

3

 

Comma 15, con riferimento al comma 3

5

 

Comma 15, con riferimento al comma 8

2

 

Comma 16, terzo periodo

10

Art. 149

Comma 4

3

 

Comma 5, secondo periodo

5

 

Comma 6

8

Art. 150

Comma 5, con riferimento all'articolo 149, comma 5

5

 

Comma 5, con riferimento all'articolo 149, comma 6

8

Art. 152

Comma 3

1

Art. 153

Comma 10

3

 

Comma 11

1

Art. 154

Comma 7

8

 

Comma 8

2

Art. 158

Comma 2, lettere d), g) e h)

2

Art. 161

Commi 1 e 3

2

 

Comma 2

4

Art. 162

Comma 5

2

Art. 164

Comma 8

3

Art. 165

Comma 3

2

Art. 167

Commi 2, 5 e 6, con riferimento a:

 

 

 

a) eccedenza non superiore a 1t

1

 

 

b) eccedenza non superiore a 2t

2

 

 

c) eccedenza non superiore a 3t

3

 

 

d) eccedenza superiore a 3t

4

 

Commi 3, 5 e 6, con riferimento a:

 

 

 

a) eccedenza non superiore al 10 per cento

1

 

 

b) eccedenza non superiore al 20 per cento

2

 

 

c) eccedenza non superiore al 30 per cento

3

 

 

d) eccedenza superiore al 30 per cento

4

 

Comma 7

3

Art. 168

Comma 7

4

 

Comma 8

10

 

Comma 9

10

 

Comma 9 -bis

2

Art. 169

Comma 8

4

 

Comma 9

2

 

Comma 10

1

Art. 170

Comma 6

1

Art. 171

Comma 2

5

Art. 172

Commi 10 e 11

5

Art. 173

Commi 3 e 3-bis

5

Art. 174

Comma 4

2

 

Comma 5

2

 

Comma 7

1

Art. 175

Comma 13

4

 

Comma 14, con riferimento al comma 7, lettera a)

2

 

Comma 16

2

Art. 176

Comma 19

10

 

Comma 20, con riferimento al comma 1, lettera b)

10

 

Comma 20, con riferimento al comma 1, lettere c) e d)

10

 

Comma 21

2

Art. 177

Comma 5

2

Art. 178

Comma 3

2

 

Comma 4

1

Art. 179

Commi 2 e 2 -bis

10

Art. 186

Commi 2 e 7

10

Art. 187

Commi 7 e 8

10

Art. 189

Comma 5, primo periodo

4

 

Comma 5, secondo periodo

10

 

Comma 6

10

 

Comma 9

2

Art. 191

Comma 1

5

 

Comma 2

2

 

Comma 3

5

 

Comma 4

3

Art. 192

Comma 6

3

 

Comma 7

 

 

Per le patenti rilasciate successivamente al 1° ottobre 2003 a soggetti che non siano già titolari di altra patente di categoria B o superiore, i punti riportati nella presente tabella, per ogni singola violazione, sono raddoppiati qualora le violazioni siano commesse entro i primi tre anni dal rilascio (620) (621) (622) (623).

 

 

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(611) La Corte costituzionale, con ordinanza 30 novembre-13 dicembre 2005, n. 448 (Gazz. Uff. 21 dicembre 2005, n. 51, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 126-bis, commi 1-bis, secondo alinea, e 2, introdotto dall'articolo 7, comma 1, del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9, nel testo risultante all'esito della modifica apportata dall'articolo 7, comma 3, del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151, convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n. 214, sollevata in riferimento agli articoli 2, 3, 23, 24, 25 e 41 della Costituzione.

(612)  Comma così modificato dal comma 164 dell'art. 2, D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, come modificato dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, il comma 165 dello stesso art. 2. La sanzione prevista dal presente comma è esclusa dall'adeguamento previsto dal D.M. 29 dicembre 2006 (Gazz. Uff. 30 dicembre 2006, n. 302), ai sensi di quanto disposto dall'art. 1 dello stesso decreto. Il presente comma era stato modificato dall'art. 1, D.L. 21 settembre 2005, n. 184, non convertito in legge. In precedenza la Corte costituzionale, con sentenza 12-24 gennaio 2005, n. 27 (Gazz. Uff. 26 gennaio 2005, n. 4 - Prima Serie speciale), aveva dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità del presente comma, nel testo previgente, nella parte in cui disponeva che: «nel caso di mancata identificazione di questi, la segnalazione deve essere effettuata a carico del proprietario del veicolo, salvo che lo stesso non comunichi, entro trenta giorni dalla richiesta, all'organo di polizia che procede, i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione», anziché «nel caso di mancata identificazione di questi, il proprietario del veicolo, entro trenta giorni dalla richiesta, deve fornire, all'organo di polizia che procede, i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione».

(613) La Corte costituzionale, con ordinanza 30 novembre-13 dicembre 2005, n. 448 (Gazz. Uff. 21 dicembre 2005, n. 51, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 126-bis, commi 1-bis, secondo alinea, e 2, introdotto dall'articolo 7, comma 1, del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9, nel testo risultante all'esito della modifica apportata dall'articolo 7, comma 3, del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151, convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n. 214, sollevata in riferimento agli articoli 2, 3, 23, 24, 25 e 41 della Costituzione.

(614) La Corte costituzionale, con sentenza 14-28 dicembre 2005, n. 468 (Gazz. Uff. 4 gennaio 2006, n. 1, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 204-bis, comma 3, introdotto dall'art. 4, comma 1-septies, del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151, convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n. 214, questione sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione; ha infine dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 126-bis, comma 2, e 204-bis, comma 1, articoli rispettivamente introdotti dall'art. 7, comma 1, del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9, nel testo risultante all'esito della modifica apportata dall'art. 7, comma 3, lettera b), del decreto-legge n. 151 del 2003, convertito, con modificazioni, nella legge n. 214 del 2003, e dall'art. 4, comma 1-septies, del già menzionato decreto-legge n. 151 del 2003, convertito, con modificazioni, nella legge n. 214 del 2003, questione sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

(615) La Corte costituzionale, con ordinanza 7-22 giugno 2006, n. 244 (Gazz. Uff. 28 giugno 2006, n. 26, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 126-bis, comma 2, introdotto dall'art. 7, comma 1, del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9, nel testo risultante all'esito della modifica apportata dall'art. 7, comma 3, lettera b), del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° agosto 2003, n. 214, nonché dell'art. 180, comma 8, del medesimo D.Lgs. n. 285 del 1992, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

(616) La Corte costituzionale, con ordinanza 10-14 dicembre 2007, n. 434 (Gazz. Uff. 19 dicembre 2007, n. 49, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale del combinato disposto dell'art. 126-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, introdotto dall'art. 7, comma 1, del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9, nel testo risultante all'esito della modifica apportata dall'art. 7, comma 3, lettera b), del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° agosto 2003, n. 214, e dell'art. 180, comma 8, del medesimo D.Lgs. n. 285 del 1992, sollevate in riferimento agli articoli 3, 24 e 27 della Costituzione.

(617)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 29 luglio 2003 sui criteri per il rilascio dell'autorizzazione ai soggetti che dovranno svolgere i corsi di recupero dei punti per la patente di guida e il D.M. 29 luglio 2003 sui programmi dei suddetti corsi.

(618)  Articolo aggiunto dall'art. 7, D.Lgs. 15 gennaio 2002, n. 9, come modificato dall'art. 7, comma 3, D.L. 27 giugno 2003, n. 151, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alla patente di servizio per il personale abilitato allo svolgimento di compiti di polizia stradale ai sensi di quanto disposto dall'art. 7, D.M. 11 agosto 2004, n. 246. Vedi, anche, l'art. 23, D.Lgs. 21 novembre 2005, n. 286.

(619)  Tabella aggiunta dall'allegato al D.Lgs. 15 gennaio 2002, n. 9, come sostituita dalla tabella allegata al D.L. 27 giugno 2003, n. 151, a sua volta sostituita dalla relativa legge di conversione, e poi così modificata dall'art. 2, D.Lgs. 13 marzo 2006, n. 150 (Gazz. Uff. 13 aprile 2006, n. 87), entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione, e dagli artt. 3 e 4, D.L. 3 agosto 2007, n. 117.

(620)  La Corte costituzionale, con sentenza 12-24 gennaio 2005, n. 27 (Gazz. Uff. 26 gennaio 2005, n. 4, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 204-bis, comma 3, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, primo comma, e 113, secondo comma, della Costituzione;

ha inoltre dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 126-bis, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

(621)  La Corte costituzionale, con ordinanza 24 marzo-6 aprile 2005, n. 139 (Gazz. Uff. 13 aprile 2005, n. 15, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 172, come modificato dal decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151, convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n. 214, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, anche sotto il profilo del difetto di ragionevolezza, 13 e 32, secondo comma, della Costituzione, all'art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, ratificata e resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848, e all'art. 29, secondo comma, della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, dal Giudice di pace di Viterbo con l'ordinanza in epigrafe;

ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 172 e 126-bis, come modificati dal decreto-legge n. 151 del 2003, convertito, con modificazioni nella legge n. 214 del 2003, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

(622) La Corte costituzionale, con ordinanza 25 gennaio-8 febbraio 2006, n. 45 (Gazz. Uff. 15 febbraio 2006, n. 7, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 126-bis, e relativa tabella, aggiunti dal decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9 e modificati dal decreto legge 27 giugno 2003, n. 151, convertito con modificazioni in legge 1° agosto 2003, n. 214, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 76 della Costituzione.

(623) La Corte costituzionale, con ordinanza 21 febbraio-9 marzo 2007, n. 71 (Gazz. Uff. 14 marzo 2007, n. 11, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 126-bis introdotto dall'art. 7 del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9, come modificato dal decreto legge 27 giugno 2003, n. 151, convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n. 214, sollevata in riferimento all'art. 24 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del predetto art. 126-bis, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

(omissis)

Art. 186

Guida sotto l'influenza dell'alcool.

1. È vietato guidare in stato di ebbrezza in conseguenza dell'uso di bevande alcoliche.

 

2. Chiunque guida in stato di ebbrezza è punito, ove il fatto non costituisca più grave reato:

 

a) con l'ammenda da euro 500 a euro 2000, qualora sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 0,5 e non superiore a 0,8 grammi per litro (g/l). All'accertamento del reato consegue la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da tre a sei mesi;

 

b) con l'ammenda da euro 800 a euro 3.200 e l'arresto fino a tre mesi, qualora sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 0,8 e non superiore a 1,5 grammi per litro (g/l). All'accertamento del reato consegue in ogni caso la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da sei mesi ad un anno;

 

c) con l'ammenda da euro 1.500 a euro 6.000, l'arresto fino a sei mesi, qualora sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro (g/l). All'accertamento del reato consegue in ogni caso la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a due anni. La patente di guida è sempre revocata, ai sensi del capo I, sezione II, del titolo VI, quando il reato è commesso dal conducente di un autobus o di un veicolo di massa complessiva a pieno carico superiore a 3,5t. o di complessi di veicoli, ovvero in caso di recidiva nel biennio. Ai fini del ritiro della patente si applicano le disposizioni dell'articolo 223 (874).

 

2-bis. Se il conducente in stato di ebbrezza provoca un incidente stradale, le pene di cui al comma 2) sono raddoppiate ed è disposto il fermo amministrativo del veicolo per novanta giorni ai sensi del Capo I, sezione II, del titolo VI, salvo che il veicolo appartenga a persona estranea al reato. È fatta salva in ogni caso l'applicazione delle sanzioni accessorie previste dagli articoli 222 e 223 (875).

 

2-ter. Competente a giudicare dei reati di cui al presente articolo è il tribunale in composizione monocratica (876).

 

2-quater. Le disposizioni relative alle sanzioni accessorie di cui ai commi 2 e 2-bis si applicano anche in caso di applicazione della pena su richiesta delle parti (877).

 

3. Al fine di acquisire elementi utili per motivare l'obbligo di sottoposizione agli accertamenti di cui al comma 4, gli organi di Polizia stradale di cui all'articolo 12, commi l e 2, secondo le direttive fornite dal Ministero dell'interno, nel rispetto della riservatezza personale e senza pregiudizio per l'integrità fisica, possono sottoporre i conducenti ad accertamenti qualitativi non invasivi o a prove, anche attraverso apparecchi portatili.

 

4. Quando gli accertamenti qualitativi di cui al comma 3 hanno dato esito positivo, in ogni caso d'incidente ovvero quando si abbia altrimenti motivo di ritenere che il conducente del veicolo si trovi in stato di alterazione psico-fisica derivante dall'influenza dell'alcool, gli organi di Polizia stradale di cui all'articolo 12, commi 1 e 2, anche accompagnandolo presso il più vicino ufficio o comando, hanno la facoltà di effettuare l'accertamento con strumenti e procedure determinati dal regolamento.

 

5. Per i conducenti coinvolti in incidenti stradali e sottoposti alle cure mediche, l'accertamento del tasso alcoolemico viene effettuato, su richiesta degli organi di Polizia stradale di cui all'articolo 12, commi 1 e 2, da parte delle strutture sanitarie di base o di quelle accreditate o comunque a tali fini equiparate. Le strutture sanitarie rilasciano agli organi di Polizia stradale la relativa certificazione, estesa alla prognosi delle lesioni accertate, assicurando il rispetto della riservatezza dei dati in base alle vigenti disposizioni di legge. I fondi necessari per l'espletamento degli accertamenti di cui al presente comma sono reperiti nell'àmbito dei fondi destinati al Piano nazionale della sicurezza stradale di cui all'articolo 32 della legge 17 maggio 1999, n. 144 (878). Si applicano le disposizioni del comma 5-bis dell'articolo 187 (879).

 

6. Qualora dall'accertamento di cui ai commi 4 o 5 risulti un valore corrispondente ad un tasso alcoolemico superiore a 0,5 grammi per litro (g/l), l'interessato è considerato in stato di ebbrezza ai fini dell'applicazione delle sanzioni di cui al comma 2.

 

7. Salvo che il fatto costituisca reato, in caso di rifiuto dell'accertamento di cui ai commi 3, 4 o 5 il conducente è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 2.500 a euro 10.000. Se la violazione è commessa in occasione di un incidente stradale in cui il conducente è rimasto coinvolto, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 3.000 ad euro 12.000. Dalle violazioni conseguono la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per un periodo da sei mesi a due anni e del fermo amministrativo del veicolo per un periodo di centottanta giorni ai sensi del capo I, sezione II, del titolo VI, salvo che il veicolo appartenga a persona estranea alla violazione. Con l'ordinanza con la quale è disposta la sospensione della patente, il prefetto ordina che il conducente si sottoponga a visita medica secondo le disposizioni del comma 8. Quando lo stesso soggetto compie più violazioni nel corso di un biennio, è sempre disposta la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida ai sensi del capo I, sezione II, del titolo VI (880).

 

8. Con l'ordinanza con la quale viene disposta la sospensione della patente ai sensi dei commi 2 e 2-bis, il prefetto ordina che il conducente si sottoponga a visita medica ai sensi dell'articolo 119, comma 4, che deve avvenire nel termine di sessanta giorni. Qualora il conducente non vi si sottoponga entro il termine fissato, il prefetto può disporre, in via cautelare, la sospensione della patente di guida fino all'esito della visita medica (881).

 

9. Qualora dall'accertamento di cui ai commi 4 e 5 risulti un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro, ferma restando l'applicazione delle sanzioni di cui ai commi 2 e 2-bis, il prefetto, in via cautelare, dispone la sospensione della patente fino all'esito della visita medica di cui al comma 8 (882) (883) (884) (885) (886).

 

 

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(874) Gli attuali commi da 2 a 2-quater così sostituiscono l'originario comma 2, ai sensi di quanto disposto dall'art. 5, D.L. 3 agosto 2007, n. 117, come modificato dalla relativa legge di conversione.

(875) Gli attuali commi da 2 a 2-quater così sostituiscono l'originario comma 2, ai sensi di quanto disposto dall'art. 5, D.L. 3 agosto 2007, n. 117.

(876) Gli attuali commi da 2 a 2-quater così sostituiscono l'originario comma 2, ai sensi di quanto disposto dall'art. 5, D.L. 3 agosto 2007, n. 117.

(877) Gli attuali commi da 2 a 2-quater così sostituiscono l'originario comma 2, ai sensi di quanto disposto dall'art. 5, D.L. 3 agosto 2007, n. 117.

(878)  La Corte costituzionale, con ordinanza 4-18 giugno 2003, n. 215 (Gazz. Uff. 25 giugno 2003, n. 25, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 186, comma 5, e 218, comma 5, in riferimento agli artt. 3, 25 e 111 della Costituzione, sollevate dal giudice di pace di Osimo, con le ordinanze in epigrafe.

(879) Periodo aggiunto dall'art. 5, D.L. 3 agosto 2007, n. 117.

(880) Comma così sostituito dall'art. 5, D.L. 3 agosto 2007, n. 117, come modificato dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, l'art. 7 dello stesso decreto.

(881) Comma così modificato dall'art. 5, D.L. 3 agosto 2007, n. 117.

(883)  Articolo prima modificato dall'art. 6, L. 30 marzo 2001, n. 125 e dall'art. 13, D.Lgs. 15 gennaio 2002, n. 9 e poi così sostituito dall'art. 5, D.L. 27 giugno 2003, n. 151, come modificato dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, l'art. 4, D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274. Per l'incremento delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal presente articolo vedi l'art. 6-bis, D.L. 3 agosto 2007, n. 117, aggiunto dalla relativa legge di conversione.

(884)  La Corte costituzionale, con sentenza 30 maggio-12 giugno 1996, n. 194 (Gazz. Uff. 19 giugno 1996, n. 25, Serie speciale), ha dichiarato inoltre la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 186, quarto e sesto comma; 187, quarto comma; 223, terzo comma, e 224, primo comma, sollevate in riferimento agli artt. 3, 25, 27, 97 e 102 della Costituzione.

(885)  La Corte costituzionale, con ordinanza 4 - 19 novembre 2002, n. 461 (Gazz. Uff. 27 novembre 2002, n. 47, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 186 sollevata in riferimento agli articoli 24, secondo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione.

(886) La Corte costituzionale, con ordinanza 16-19 aprile 2007, n. 133 (Gazz. Uff. 26 aprile 2007, Ediz. Str., 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 186, come sostituito dall'art. 5 del decreto legge 27 giugno 2003, n. 151 convertito, con modificazioni, dalla legge 1° agosto 2003, n. 214, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione.

(882) Comma così sostituito dall'art. 5, D.L. 3 agosto 2007, n. 117

 

 

Art. 187

Guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti.

1. Chiunque guida in stato di alterazione psico-fisica dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope è punito con l'ammenda da euro 1000 a euro 4000 e l'arresto fino a tre mesi. All'accertamento del reato consegue in ogni caso la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da sei mesi ad un anno. La patente di guida è sempre revocata, ai sensi del capo I, sezione II, del titolo VI, quando il reato è commesso dal conducente di un autobus o di un veicolo di massa complessiva a pieno carico superiore a 3,5t. o di complessi di veicoli, ovvero in caso di recidiva nel biennio. Ai fini del ritiro della patente si applicano le disposizioni dell'articolo 223 (887).

 

1-bis. Se il conducente in stato di alterazione psico-fisica dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope provoca un incidente stradale, le pene di cui al comma 1 sono raddoppiate ed è disposto il fermo amministrativo del veicolo per novanta giorni ai sensi del capo I, sezione II, del titolo VI, salvo che il veicolo appartenga a persona estranea al reato. È fatta salva in ogni caso l'applicazione delle sanzioni accessorie previste dagli articoli 222 e 223 (888).

 

1-ter. Competente a giudicare dei reati di cui al presente articolo è il tribunale in composizione monocratica. Si applicano le disposizioni dell'articolo 186, comma 2-quater (889).

 

2. Al fine di acquisire elementi utili per motivare l'obbligo di sottoposizione agli accertamenti di cui al comma 3, gli organi di Polizia stradale di cui all'articolo 12, commi 1 e 2, secondo le direttive fornite dal Ministero dell'interno, nel rispetto della riservatezza personale e senza pregiudizio per l'integrità fisica, possono sottoporre i conducenti ad accertamenti qualitativi non invasivi o a prove, anche attraverso apparecchi portatili.

 

3. Quando gli accertamenti di cui al comma 2 forniscono esito positivo ovvero quando si ha altrimenti ragionevole motivo di ritenere che il conducente del veicolo si trovi sotto l'effetto conseguente all'uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, gli agenti di Polizia stradale di cui all'articolo 12, commi 1 e 2, fatti salvi gli ulteriori obblighi previsti dalla legge, accompagnano il conducente presso strutture sanitarie fisse o mobili afferenti ai suddetti organi di Polizia stradale ovvero presso le strutture sanitarie pubbliche o presso quelle accreditate o comunque a tali fini equiparate, per il prelievo di campioni di liquidi biologici ai fini dell'effettuazione degli esami necessari ad accertare la presenza di sostanze stupefacenti o psicotrope e per la relativa visita medica. Le medesime disposizioni si applicano in caso di incidenti, compatibilmente con le attività di rilevamento e soccorso.

 

4. Le strutture sanitarie di cui al comma 3, su richiesta degli organi di Polizia stradale di cui all'articolo 12, commi 1 e 2, effettuano altresì gli accertamenti sui conducenti coinvolti in incidenti stradali e sottoposti alle cure mediche, ai fini indicati dal comma 3; essi possono contestualmente riguardare anche il tasso alcoolemico previsto nell'articolo 186.

 

5. Le strutture sanitarie rilasciano agli organi di Polizia stradale la relativa certificazione, estesa alla prognosi delle lesioni accertate, assicurando il rispetto della riservatezza dei dati in base alle vigenti disposizioni di legge. I fondi necessari per l'espletamento degli accertamenti conseguenti ad incidenti stradali sono reperiti nell'àmbito dei fondi destinati al Piano nazionale della sicurezza stradale di cui all'articolo 32 della legge 17 maggio 1999, n. 144. Copia del referto sanitario positivo deve essere tempestivamente trasmessa, a cura dell'organo di Polizia che ha proceduto agli accertamenti, al prefetto del luogo della commessa violazione per gli eventuali provvedimenti di competenza.

 

5-bis. Qualora l'esito degli accertamenti di cui ai commi 3, 4 e 5 non sia immediatamente disponibile e gli accertamenti di cui al comma 2 abbiano dato esito positivo, se ricorrono fondati motivi per ritenere che il conducente si trovi in stato di alterazione psico-fisica dopo l'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope, gli organi di polizia stradale possono disporre il ritiro della patente di guida fino all'esito degli accertamenti e, comunque, per un periodo non superiore a dieci giorni. Si applicano le disposizioni dell'articolo 216 in quanto compatibili. La patente ritirata è depositata presso l'ufficio o il comando da cui dipende l'organo accertatore. (890).

 

6. Il prefetto, sulla base della certificazione rilasciata dai centri di cui al comma 3, ordina che il conducente si sottoponga a visita medica ai sensi dell'articolo 119 e dispone la sospensione, in via cautelare, della patente fino all'esito dell'esame di revisione che deve avvenire nel termine e con le modalità indicate dal regolamento.

 

7. [Chiunque guida in condizioni di alterazione fisica e psichica correlata con l'uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, ove il fatto non costituisca più grave reato, è punito con le sanzioni dell'articolo 186, comma 2. Si applicano le disposizioni del comma 2, ultimo periodo, dell'articolo 186] (891).

 

8. Salvo che il fatto costituisca reato, in caso di rifiuto dell'accertamento di cui ai commi 2, 3 o 4, il conducente è soggetto alle sanzioni di cui all'articolo 186, comma 7. Con l'ordinanza con la quale è disposta la sospensione della patente, il prefetto ordina che il conducente si sottoponga a visita medica ai sensi dell'articolo 119 (892) (893) (894).

 

 

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(887) Gli attuali commi 1, 1-bis e 1-ter, così sostituiscono l'originario comma 1, ai sensi di quanto disposto dall'art. 5, D.L. 3 agosto 2007, n. 117, come modificato dalla relativa legge di conversione.

(888) Gli attuali commi 1, 1-bis e 1-ter, così sostituiscono l'originario comma 1, ai sensi di quanto disposto dall'art. 5, D.L. 3 agosto 2007, n. 117.

(889) Gli attuali commi 1, 1-bis e 1-ter, così sostituiscono l'originario comma 1, ai sensi di quanto disposto dall'art. 5, D.L. 3 agosto 2007, n. 117.

(890) Comma aggiunto dall'art. 5, D.L. 3 agosto 2007, n. 117.

(891) Comma abrogato dall'art. 5, D.L. 3 agosto 2007, n. 117.

(893)  Articolo prima modificato dall'art. 99, D.Lgs. 10 settembre 1993, n. 360 (Gazz. Uff. 15 settembre 1993, n. 217, S.O.) e dall'art. 14, D.Lgs. 15 gennaio 2002, n. 9 e poi così sostituito dall'art. 6, D.L. 27 giugno 2003, n. 151. Vedi, anche, l'art. 4, D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274. Per l'incremento delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal presente articolo vedi l'art. 6-bis, D.L. 3 agosto 2007, n. 117, aggiunto dalla relativa legge di conversione.

(894)  La Corte costituzionale, con ordinanza 9-17 maggio 2001, n. 144 (Gazz. Uff. 23 maggio 2001, n. 20, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 19 del D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507 nella parte in cui non prevede la depenalizzazione del reato previsto e punito dall'art. 187, quarto comma del codice della strada approvato con D.P.R. 30 aprile 1992, n. 285, sollevata con riferimento all'art. 3 della Cost. La Corte costituzionale, con successiva ordinanza 13-27 luglio 2004, n. 277 (Gazz. Uff. 4 agosto 2004, n. 30, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 187 sollevata in riferimento agli artt. 25, secondo comma, e 27, secondo comma, della Costituzione.

(892) Comma così sostituito dall'art. 5, D.L. 3 agosto 2007, n. 117. Vedi, anche, l'art. 7 dello stesso decreto

(omissis)

Art. 189

Comportamento in caso di incidente.

1. L'utente della strada, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, ha l'obbligo di fermarsi e di prestare l'assistenza occorrente a coloro che, eventualmente, abbiano subito danno alla persona.

 

2. Le persone coinvolte in un incidente devono porre in atto ogni misura idonea a salvaguardare la sicurezza della circolazione e, compatibilmente con tale esigenza, adoperarsi affinché non venga modificato lo stato dei luoghi e disperse le tracce utili per l'accertamento delle responsabilità.

 

3. Ove dall'incidente siano derivati danni alle sole cose, i conducenti e ogni altro utente della strada coinvolto devono inoltre, ove possibile, evitare intralcio alla circolazione, secondo le disposizioni dell'art. 161. Gli agenti in servizio di polizia stradale, in tali casi, dispongono l'immediata rimozione di ogni intralcio alla circolazione, salva soltanto l'esecuzione, con assoluta urgenza, degli eventuali rilievi necessari per appurare le modalità dell'incidente.

 

4. In ogni caso i conducenti devono, altresì, fornire le proprie generalità, nonché le altre informazioni utili, anche ai fini risarcitori, alle persone danneggiate o, se queste non sono presenti, comunicare loro nei modi possibili gli elementi sopraindicati.

 

5. Chiunque, nelle condizioni di cui al comma 1, non ottempera all'obbligo di fermarsi in caso di incidente, con danno alle sole cose, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 259 a euro 1.036. In tale caso, se dal fatto deriva un grave danno ai veicoli coinvolti tale da determinare l'applicazione della revisione di cui all'articolo 80, comma 7, si applica la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da quindici giorni a due mesi, ai sensi del capo I, sezione II, del titolo VI (897).

 

6. Chiunque, nelle condizioni di cui comma 1, in caso di incidente con danno alle persone, non ottempera all'obbligo di fermarsi, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni. Si applica la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a tre anni, ai sensi del capo II, sezione II, del titolo VI. Nei casi di cui al presente comma sono applicabili le misure previste dagli articoli 281, 282, 283 e 284 del codice di procedura penale, anche al di fuori dei limiti previsti dall'articolo 280 del medesimo codice, ed è possibile procedere all'arresto, ai sensi dell'articolo 381 del codice di procedura penale, anche al di fuori dei limiti di pena ivi previsti (898) (899).

 

7. Chiunque, nelle condizioni di cui al comma 1, non ottempera all'obbligo di prestare l'assistenza occorrente alle persone ferite, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Si applica la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per un periodo non inferiore ad un anno e sei mesi e non superiore a cinque anni, ai sensi del capo II, sezione II, del titolo VI (900).

 

8. Il conducente che si fermi e, occorrendo, presti assistenza a coloro che hanno subito danni alla persona, mettendosi immediatamente a disposizione degli organi di polizia giudiziaria, quando dall'incidente derivi il delitto di omicidio colposo o di lesioni personali colpose, non è soggetto all'arresto stabilito per il caso di flagranza di reato.

 

8-bis. Nei confronti del conducente che, entro le ventiquattro ore successive al fatto di cui al comma 6, si mette a disposizione degli organi di polizia giudiziaria, non si applicano le disposizioni di cui al terzo periodo del comma 6 (901)

 

9. Chiunque non ottempera alle disposizioni di cui ai commi 2, 3 e 4 è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 74 a euro 296 (902).

 

 

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(897)  Comma così sostituito dall'art. 2, L. 9 aprile 2003, n. 72 (Gazz. Uff. 15 aprile 2003, n. 88).

(898)  Comma così sostituito dall'art. 2, L. 9 aprile 2003, n. 72 (Gazz. Uff. 15 aprile 2003, n. 88).

(899)  La Corte costituzionale, con sentenza 18-24 luglio 1996, n. 305 (Gazz. Uff. 21 agosto 1996, n. 34, Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 189, sesto comma, sollevata in riferimento agli artt. 76 e 3, primo comma, della Costituzione. Successivamente la stessa Corte, con ordinanza 6-13 maggio 1998, n. 169 (Gazz. Uff. 20 maggio 1998, n. 20, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 189, comma 6, sollevate in riferimento agli artt. 3 e 25 della Costituzione.

(900)  Comma così sostituito dall'art. 2, L. 9 aprile 2003, n. 72 (Gazz. Uff. 15 aprile 2003, n. 88).

(901)  Comma aggiunto dall'art. 2, L. 9 aprile 2003, n. 72 (Gazz. Uff. 15 aprile 2003, n. 88).

(902)  Con D.M. 29 dicembre 2006 (Gazz. Uff. 30 dicembre 2006, n. 302) si è provveduto, ai sensi dell'art. 195, commi 3 e 3-bis del presente decreto, all'aggiornamento biennale della sanzione nella misura sopra riportata.

(omissis)

Art. 210

Sanzioni amministrative accessorie a sanzioni amministrative pecuniarie in generale.

1. Quando le norme del presente codice dispongono che ad una sanzione amministrativa pecuniaria consegua una sanzione accessoria non pecuniaria, quest'ultima si applica di diritto, secondo le norme che seguono.

 

2. Le sanzioni amministrative accessorie non pecuniarie comminate nel presente codice si distinguono in:

 

a) sanzioni relative ad obblighi di compiere una determinata attività o di sospendere o cessare una determinata attività;

 

b) sanzioni concernenti il veicolo;

 

c) sanzioni concernenti i documenti di circolazione e la patente di guida.

 

3. Nei casi in cui è prevista l'applicazione della sanzione accessoria della confisca del veicolo, non è ammesso il pagamento in misura ridotta della sanzione amministrativa pecuniaria cui accede. In tal caso il verbale di contestazione della violazione deve essere trasmesso al prefetto del luogo della commessa violazione entro dieci giorni (1005).

 

4. Dalla intrasmissibilità dell'obbligazione di pagamento a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria consegue anche l'intrasmissibilità di qualsiasi obbligo relativo alla sanzione accessoria. Alla morte dell'obbligato, si estingue ogni procedura in corso per la sua esecuzione. Se vi è stato sequestro del veicolo o ritiro della carta di circolazione o della patente, l'organo competente dispone il dissequestro o la restituzione su istanza degli eredi.

 

 

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(1005)  Comma così modificato, con effetto dal 1° ottobre 1993, dall'art. 110, D.Lgs. 10 settembre 1993, n. 360 (Gazz. Uff. 15 settembre 1993, n. 217, S.O.).

 

 

Art. 211

Sanzione accessoria dell'obbligo di ripristino dello stato dei luoghi o di rimozione di opere abusive.

1. Nel caso in cui le norme del presente codice dispongono che da una violazione consegua la sanzione accessoria dell'obbligo di ripristino dei luoghi, ovvero l'obbligo di rimozione di opere abusive, l'agente accertatore ne fa menzione nel verbale di contestazione da redigere ai sensi dell'art. 200 o, in mancanza, nella notificazione prescritta dall'art. 201. Il verbale così redatto costituisce titolo anche per l'applicazione della sanzione accessoria.

 

2. Il ricorso al prefetto contro la sanzione amministrativa pecuniaria si estende alla sanzione accessoria. Si applicano le disposizioni dei commi 1 e 2 dell'art. 203. Nel caso di mancato ricorso, l'ufficio o comando da cui dipende l'agente accertatore trasmette copia del verbale al prefetto per l'emissione dell'ordinanza di cui al comma 3, entro trenta giorni dalla scadenza del termine per ricorrere.

 

3. Il prefetto, nell'ingiungere al trasgressore il pagamento della sanzione pecuniaria, gli ordina l'adempimento del suo obbligo di ripristino dei luoghi o di rimozione delle opere abusive, nel termine fissato in relazione all'entità delle opere da eseguire ed allo stato dei luoghi; l'ordinanza costituisce titolo esecutivo. Nel caso di mancato ricorso, l'ordinanza suddetta è emanata dal prefetto entro trenta giorni dalla ricezione della comunicazione dell'ufficio o comando di cui al comma 2. L'esecuzione delle opere si effettua sotto il controllo dell'ente proprietario o concessionario della strada. Eseguite le opere, l'ente proprietario della strada ne avverte immediatamente il prefetto, il quale emette ordinanza di estinzione del procedimento per adempimento della sanzione accessoria. L'ordinanza è comunicata al trasgressore ed all'ente proprietario della strada.

 

4. Ove il trasgressore non compia nel termine le opere cui è obbligato, il prefetto, su comunicazione dell'ente proprietario o concessionario della strada, dà facoltà a quest'ultimo di compiere le opere suddette. Successivamente al compimento, l'ente proprietario trasmette la nota delle spese sostenute ed il prefetto emette ordinanza-ingiunzione di pagamento. Tale ordinanza costituisce titolo esecutivo ai sensi di legge.

 

5. Nell'ipotesi in cui il prefetto non ritenga fondato l'accertamento, l'ordinanza di archiviazione si estende alla sanzione accessoria.

 

6. Nei casi di immediato pericolo per la circolazione e nella ipotesi di impossibilità a provvedere da parte del trasgressore, l'agente accertatore trasmette, senza indugio, al prefetto il verbale di contestazione. In tal caso il prefetto può disporre l'esecuzione degli interventi necessari a cura dell'ente proprietario, con le modalità di cui al comma 4.

 

7. L'opposizione di cui all'art. 205 si estende alla sanzione accessoria (1006).

 

 

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(1006)  Articolo così modificato, con effetto dal 1° ottobre 1993, dall'art. 111, D.Lgs. 10 settembre 1993, n. 360 (Gazz. Uff. 15 settembre 1993, n. 217, S.O.).

 

 

Art. 212

Sanzione accessoria dell'obbligo di sospendere una determinata attività.

1. Nell'ipotesi in cui le norme del presente codice dispongono che da una violazione consegua la sanzione accessoria dell'obbligo di sospendere o di cessare da una determinata attività, l'agente accertatore ne fa menzione nel verbale di contestazione da redigere ai sensi dell'art. 200 o nella notificazione da effettuare secondo l'art. 201. Il verbale così redatto costituisce titolo anche per l'applicazione della sanzione accessoria. Questa, quando le circostanze lo esigano, deve essere adempiuta immediatamente, altrimenti l'inizio dell'esecuzione deve avvenire nei cinque giorni dal verbale o dalla sua notificazione. L'esecuzione avviene sotto il controllo dell'ufficio o comando da cui dipende l'agente accertatore.

 

2. Il ricorso al prefetto contro la sanzione amministrativa pecuniaria si estende alla sanzione accessoria. Si applicano le disposizioni dell'art. 203, commi 1 e 2. Quando il prefetto rigetta il ricorso, nell'ordinanza-ingiunzione dà atto della sanzione accessoria e della sua esecuzione. Quando invece ritenga infondato l'accertamento, l'ordinanza di archiviazione si estende alla sanzione accessoria.

 

3. L'opposizione prevista dall'art. 205 si estende alla sanzione accessoria.

 

4. Quando il trasgressore non esegua il suo obbligo in applicazione e nei termini di cui al comma 1, l'ufficio o comando summenzionato provvede alla denuncia del trasgressore per il reato di cui all'art. 650 del codice penale e, previa notifica al trasgressore medesimo, provvede, con i suoi agenti od organi, all'esecuzione coattiva dell'obbligo. Di tale esecuzione viene redatto verbale, che deve essere comunicato al prefetto e al trasgressore. Le spese eventualmente sostenute per la esecuzione coattiva sono a carico del trasgressore ed al riguardo provvede il prefetto con ordinanza-ingiunzione che costituisce titolo esecutivo.

 

5. Ove trattasi di attività continuativa sottoposta dal presente codice a determinate condizioni, il trasgressore può successivamente porre in essere le condizioni suddette; in tal caso egli presenta istanza all'ufficio o comando di cui al comma 1 e questo, accertato il venir meno degli impedimenti, consente a che l'attività sospesa sia ripresa o continuata. Di ciò è data comunicazione al prefetto.

 

 

 

Art. 213

Misura cautelare del sequestro e sanzione accessoria della confisca amministrativa.

1. Nell'ipotesi in cui il presente codice prevede la sanzione accessoria della confisca amministrativa, l'organo di polizia che accerta la violazione provvede al sequestro del veicolo o delle altre cose oggetto della violazione facendone menzione nel verbale di contestazione della violazione (1007).

 

2. Salvo quanto previsto dal comma 2-quinquies, nelle ipotesi di cui al comma 1, il proprietario ovvero, in caso di sua assenza, il conducente del veicolo o altro soggetto obbligato in solido, è nominato custode con l'obbligo di depositare il veicolo in un luogo di cui abbia la disponibilità o di custodirlo, a proprie spese, in un luogo non sottoposto a pubblico passaggio, provvedendo al trasporto in condizioni di sicurezza per la circolazione stradale. Il documento di circolazione è trattenuto presso l'ufficio di appartenenza dell'organo di polizia che ha accertato la violazione. Il veicolo deve recare segnalazione visibile dello stato di sequestro con le modalità stabilite nel regolamento. Di ciò è fatta menzione nel verbale di contestazione della violazione (1008).

 

2-bis. Entro i trenta giorni successivi alla data in cui, esauriti i ricorsi anche giurisdizionali proposti dall'interessato o decorsi inutilmente i termini per la loro proposizione, è divenuto definitivo il provvedimento di confisca, il custode del veicolo trasferisce il mezzo, a proprie spese e in condizioni di sicurezza per la circolazione stradale, presso il luogo individuato dal prefetto ai sensi delle disposizioni dell'articolo 214-bis. Decorso inutilmente il suddetto termine, il trasferimento del veicolo è effettuato a cura dell'organo accertatore e a spese del custode, fatta salva l'eventuale denuncia di quest'ultimo all'autorità giudiziaria qualora si configurino a suo carico estremi di reato. Le cose confiscate sono contrassegnate dal sigillo dell'ufficio cui appartiene il pubblico ufficiale che ha proceduto al sequestro. Con decreto dirigenziale, di concerto fra il Ministero dell'interno e l'Agenzia del demanio, sono stabilite le modalità di comunicazione, tra gli uffici interessati, dei dati necessari all'espletamento delle procedure di cui al presente articolo (1009).

 

2-ter. All'autore della violazione o ad uno dei soggetti con il medesimo solidalmente obbligati che rifiutino di trasportare o custodire, a proprie spese, il veicolo, secondo le prescrizioni fornite dall'organo di polizia, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 1.605 a euro 6.420, nonché la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a tre mesi. In questo caso l'organo di polizia indica nel verbale di sequestro i motivi che non hanno consentito l'affidamento in custodia del veicolo e ne dispone la rimozione ed il trasporto in un apposito luogo di custodia individuato ai sensi delle disposizioni dell'articolo 214-bis. La liquidazione delle somme dovute alla depositeria spetta alla prefettura - ufficio territoriale del Governo. Divenuto definitivo il provvedimento di confisca, la liquidazione degli importi spetta all'Agenzia del demanio, a decorrere dalla data di trasmissione del provvedimento da parte del prefetto (1010).

 

2-quater. Nelle ipotesi di cui al comma 2-ter, l'organo di polizia provvede con il verbale di sequestro a dare avviso scritto che, decorsi dieci giorni, la mancata assunzione della custodia del veicolo da parte del proprietario o, in sua vece, di altro dei soggetti indicati nell'articolo 196 o dell'autore della violazione, determinerà l'immediato trasferimento in proprietà al custode, anche ai soli fini della rottamazione nel caso di grave danneggiamento o deterioramento. L'avviso è notificato dall'organo di polizia che procede al sequestro contestualmente al verbale di sequestro. Il termine di dieci giorni decorre dalla data della notificazione del verbale di sequestro al proprietario del veicolo o ad uno dei soggetti indicati nell'articolo 196. Decorso inutilmente il predetto termine, l'organo accertatore trasmette gli atti al prefetto, il quale entro i successivi 10 giorni, verificata la correttezza degli atti, dichiara il trasferimento in proprietà, senza oneri, del veicolo al custode, con conseguente cessazione di qualunque onere e spesa di custodia a carico dello Stato. L'individuazione del custode-acquirente avviene secondo le disposizioni dell'articolo 214-bis. La somma ricavata dall'alienazione è depositata, sino alla definizione del procedimento in relazione al quale è stato disposto il sequestro, in un autonomo conto fruttifero presso la tesoreria dello Stato. In caso di confisca, questa ha ad oggetto la somma depositata; in ogni altro caso la medesima somma è restituita all'avente diritto. Per le altre cose oggetto del sequestro in luogo della vendita è disposta la distruzione. Per le modalità ed il luogo della notificazione si applicano le disposizioni di cui all'articolo 201, comma 3. Ove risulti impossibile, per comprovate difficoltà oggettive, procedere alla notifica del verbale di sequestro integrato dall'avviso scritto di cui al presente comma, la notifica si ha per eseguita nel ventesimo giorno successivo a quello di affissione dell'atto nell'albo del comune dov'è situata la depositeria (1011).

 

2-quinquies. Quando oggetto della sanzione accessoria del sequestro amministrativo del veicolo è un ciclomotore o un motociclo, l'organo di polizia che procede dispone la rimozione del veicolo ed il suo trasporto, secondo le modalità previste dal regolamento, in un apposito luogo di custodia, individuato ai sensi dell'articolo 214-bis, dove è custodito per trenta giorni. Di ciò è fatta menzione nel verbale di contestazione della violazione. Decorsi trenta giorni dal momento in cui il veicolo è fatto trasportare nel luogo di custodia individuato ai sensi dell'articolo 214-bis, il proprietario del veicolo può chiederne l'affidamento in custodia secondo le disposizioni del comma 2. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del comma 2-bis. Le disposizioni del comma 2-quater si applicano decorsi trenta giorni dal momento in cui il veicolo è stato sottoposto a sequestro amministrativo (1012) (1013).

 

2-sexies. È sempre disposta la confisca del veicolo in tutti i casi in cui un ciclomotore o un motoveicolo sia stato adoperato per commettere un reato, sia che il reato sia stato commesso da un conducente maggiorenne, sia che sia stato commesso da un conducente minorenne (1014) (1015) (1016) (1017) (1018).

 

3. Avverso il provvedimento di sequestro è ammesso ricorso al prefetto ai sensi dell'articolo 203. Nel caso di rigetto del ricorso, il sequestro è confermato. La declaratoria di infondatezza dell'accertamento si estende alla misura cautelare ed importa il dissequestro del veicolo. Quando ne ricorrono i presupposti, il prefetto dispone la confisca con l'ordinanza-ingiunzione di cui all'articolo 204, ovvero con distinta ordinanza, stabilendo, in ogni caso, le necessarie prescrizioni relative alla sanzione accessoria. Il prefetto dispone la confisca del veicolo ovvero, nel caso in cui questo sia stato alienato, della somma ricavata dall'alienazione. Il provvedimento di confisca costituisce titolo esecutivo anche per il recupero delle spese di trasporto e di custodia del veicolo. Nel caso in cui nei confronti del verbale di accertamento o dell'ordinanza-ingiunzione o dell'ordinanza che dispone la sola confisca sia proposta opposizione innanzi all'autorità giudiziaria, la cancelleria del giudice competente dà comunicazione al prefetto, entro dieci giorni, della proposizione dell'opposizione e dell'esito del relativo giudizio (1019).

 

4. Chiunque, durante il periodo in cui il veicolo è sottoposto al sequestro, circola abusivamente con il veicolo stesso è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 1.754 a euro 7.018. Si applica la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente da uno a tre mesi (1020).

 

5. [Quando siano trascorsi centottanta giorni dal rigetto del ricorso al prefetto di cui al comma 3 o dalla scadenza del termine per il ricorso al prefetto quando questo non sia presentato, o dalla scadenza del periodo prescritto di durata del sequestro, senza che sia stata presentata istanza di dissequestro, il veicolo può essere venduto secondo le modalità previste nel regolamento. Il prezzo di vendita serve alla soddisfazione della sanzione pecuniaria, se questa non è stata soddisfatta, nonché delle spese di trasporto e di custodia del veicolo. Il residuo eventuale è restituito all'avente diritto. Per le altre cose oggetto del sequestro in luogo della vendita è disposta la distruzione] (1021).

 

6. La sanzione stabilita nel comma 1 non si applica se il veicolo appartiene a persone estranee alla violazione amministrativa e l'uso può essere consentito mediante autorizzazione amministrativa.

 

7. Il provvedimento con il quale è stata disposta la confisca del veicolo è comunicato dal prefetto al P.R.A. per l'annotazione nei propri registri (1022) (1023).

 

 

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(1007)  Comma così modificato, con effetto dal 1° ottobre 1993, dall'art. 112, D.Lgs. 10 settembre 1993, n. 360 (Gazz. Uff. 15 settembre 1993, n. 217, S.O.).

(1008)  Comma prima sostituito dal comma 1 dell'art. 38, D.L. 30 settembre 2003, n. 269 e poi così modificato dall'art. 5-bis, D.L. 30 giugno 2005, n. 115, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(1009)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 38, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.

(1010)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 38, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.

(1011)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 38, D.L. 30 settembre 2003, n. 269. Vedi, anche, i commi 11 e 12 dello stesso articolo 38.

(1012)  Comma aggiunto dall'art. 5-bis, D.L. 30 giugno 2005, n. 115, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(1013) La Corte costituzionale, con ordinanza 16-19 aprile 2007, n. 132 (Gazz. Uff. 26 aprile 2007, Ediz. Str., 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 213, commi 2-quinquies e 2-sexies, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione.

(1014)  Comma aggiunto dall'art. 5-bis, D.L. 30 giugno 2005, n. 115, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, e poi così sostituito dal comma 169 dell'art. 2, D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, come modificato dalla relativa legge di conversione.

(1015) La Corte costituzionale, con ordinanza 6-14 novembre 2006, n. 376 (Gazz. Uff. 22 novembre 2006, n. 46, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 171, commi 2 e 3, e 213, comma 2-sexies, sollevate in riferimento agli artt. 3 e 42 della Costituzione.

(1016) La Corte costituzionale, con ordinanza 21 febbraio-9 marzo 2007, n. 72 (Gazz. Uff. 14 marzo 2007, n. 11, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 171, commi 2 e 3, e 213, comma 2-sexies, sollevate in riferimento, nel complesso, agli artt. 3, 23, 24, 27, 42 e 111 della Costituzione.

(1017) La Corte costituzionale, con ordinanza 16-19 aprile 2007, n. 132 (Gazz. Uff. 26 aprile 2007, Ediz. Str., 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 213, commi 2-quinquies e 2-sexies, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione.

(1018) La Corte costituzionale, con sentenza 10-19 ottobre 2007, n. 345 (Gazz. Uff. 24 ottobre 2007, n. 41, 1ª Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 213, comma 2-sexies, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

(1019)  Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 38, D.L. 30 settembre 2003, n. 269. Vedi, anche, il comma 11 dello stesso articolo 38.

(1020)  Comma così modificato dall'art. 19, D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507.

(1021)  Comma abrogato dal comma 1 dell'art. 38, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.

(1022)  Vedi, anche, l'art. 50, L. 28 dicembre 2001, n. 448.

(1023)  Con D.M. 29 dicembre 2006 (Gazz. Uff. 30 dicembre 2006, n. 302) si è provveduto, ai sensi dell'art. 195, commi 3 e 3-bis del presente decreto, all'aggiornamento biennale della sanzione nella misura sopra riportata.

 

 

Art. 214

Fermo amministrativo del veicolo.

1. Salvo quanto previsto dal comma 1-ter, nelle ipotesi in cui il presente codice prevede che all'accertamento della violazione consegua l'applicazione della sanzione accessoria del fermo amministrativo del veicolo, il proprietario, nominato custode, o, in sua assenza, il conducente o altro soggetto obbligato in solido, fa cessare la circolazione e provvede alla collocazione del veicolo in un luogo di cui abbia la disponibilità ovvero lo custodisce, a proprie spese, in un luogo non sottoposto a pubblico passaggio. Sul veicolo deve essere collocato un sigillo, secondo le modalità e con le caratteristiche fissate con decreto del Ministero dell'interno, che, decorso il periodo di fermo amministrativo, è rimosso a cura dell'ufficio da cui dipende l'organo di polizia che ha accertato la violazione ovvero di uno degli organi di polizia stradale di cui all'articolo 12, comma 1. Il documento di circolazione è trattenuto presso l'organo di polizia, con menzione nel verbale di contestazione. All'autore della violazione o ad uno dei soggetti con il medesimo solidalmente obbligato che rifiuti di trasportare o custodire, a proprie spese, il veicolo, secondo le prescrizioni fornite dall'organo di polizia, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 680 a euro 2.723, nonché la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a tre mesi. L'organo di polizia che procede al fermo dispone la rimozione del veicolo ed il suo trasporto in un apposito luogo di custodia, individuato ai sensi delle disposizioni dell'articolo 214-bis, secondo le modalità previste dal regolamento. Di ciò è fatta menzione nel verbale di contestazione della violazione. Si applicano, in quanto compatibili, le norme sul sequestro dei veicoli, ivi comprese quelle di cui all'articolo 213, comma 2-quater, e quelle per il pagamento ed il recupero delle spese di custodia (1024) (1025) (1026) (1027).

 

1-bis. Se l'autore della violazione è persona diversa dal proprietario del veicolo, ovvero da chi ne ha la legittima disponibilità, e risulta altresì evidente all'organo di polizia che la circolazione è avvenuta contro la volontà di costui, il veicolo è immediatamente restituito all'avente titolo. Della restituzione è redatto verbale, copia del quale viene consegnata all'interessato (1028) (1029) (1030).

 

1-ter. Quando oggetto della sanzione accessoria del fermo amministrativo del veicolo è un ciclomotore o un motociclo, l'organo di polizia che procede al fermo dispone la rimozione del veicolo ed il suo trasporto in un apposito luogo di custodia, individuato ai sensi dell'articolo 214-bis, secondo le modalità previste dal regolamento. Di ciò è fatta menzione nel verbale di contestazione della violazione. Il documento di circolazione è trattenuto presso l'organo di polizia, con menzione nel verbale di contestazione. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni sul sequestro dei veicoli, ivi comprese quelle di cui all'articolo 213, comma 2-quater, e quelle per il pagamento delle spese di custodia (1031).

 

2. Nei casi di cui al comma 1, il veicolo è affidato in custodia all'avente diritto o, in caso di trasgressione commessa da minorenne, ai genitori o a chi ne fa le veci o a persona maggiorenne appositamente delegata, previo pagamento delle spese di trasporto e custodia (1032) (1033).

 

3. Della restituzione è redatto verbale da consegnare in copia all'interessato.

 

4. Avverso il provvedimento di fermo amministrativo del veicolo è ammesso ricorso al prefetto a norma dell'art. 203.

 

5. Quando il ricorso sia accolto e dichiarato infondato l'accertamento della violazione, l'ordinanza estingue la sanzione accessoria ed importa la restituzione del veicolo dall'organo di polizia indicato nel comma 1.

 

6. Quando sia stata presentata opposizione ai sensi dell'articolo 205, la restituzione non può avvenire se non dopo il provvedimento della autorità giudiziaria che rigetta il ricorso (1034) (1035).

 

7. È sempre disposto il fermo amministrativo del veicolo per uguale durata nei casi in cui a norma del presente codice è previsto il provvedimento di sospensione della carta di circolazione. Per l'esecuzione provvedono gli organi di polizia di cui all'articolo 12, comma 1. Nel regolamento sono stabilite le modalità e le forme per eseguire detta sanzione accessoria.

 

8. Chiunque circola con un veicolo sottoposto al fermo amministrativo, salva l'applicazione delle sanzioni penali per la violazione degli obblighi posti in capo al custode, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 680 a euro 2.723. È disposta, inoltre, la confisca del veicolo (1036) (1037).

 

 

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(1024)  Comma prima modificato dall'art. 4, D.L. 27 giugno 2003, n. 151, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, poi sostituito dal comma 1 dell'art. 38, D.L. 30 settembre 2003, n. 269, come modificato dalla relativa legge di conversione ed infine così modificato dall'art. 5-bis, D.L. 30 giugno 2005, n. 115, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. Per le modalità e le caratteristiche del sigillo di cui al presente comma vedi il D.M. 1° marzo 2004.

(1025)  La Corte costituzionale, con ordinanza 5-23 luglio 2001, n. 278 (Gazz. Uff. 1 agosto 2001, n. 30, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, come modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 e dell'art. 214, commi 1 e 6, dello stesso decreto, sollevate in riferimento agli artt. 3, 13 e 24 della Cost.;

ha dichiarato, inoltre, la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, come modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 sollevate in riferimento agli artt. 3 e 76 della Cost.

La stessa Corte costituzionale, con successiva ordinanza 11-24 aprile 2002, n. 136 (Gazz. Uff. 2 maggio 2002, 1ª Serie speciale - Ediz. str.), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 sollevate in riferimento all'art. 3 della Costituzione;

ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 214, commi 2 e 6, sollevate in riferimento agli artt. 3, 24 e 97 della Costituzione;

ha dichiarato, infine, la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 sollevate in riferimento agli artt. 3 e 25 della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 5-23 luglio 2001, n. 282 (Gazz. Uff. 1° agosto 2001, n. 30, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, come modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 anche in combinato disposto con l'art. 214, comma 1-bis, dello stesso decreto, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 16 della Cost.

La stessa Corte con altra ordinanza 13 - 15 novembre 2003, n. 1 (Gazz. Uff. 22 gennaio 2003, n. 3, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, come modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione;

ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 214, commi 1, 1-bis, 2 e 6 sollevate in riferimento agli artt. 3, 24 e 97 della Costituzione;

ha infine dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, come modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

La stessa Corte, con altra ordinanza 19-23 maggio 2003, n. 172 (Gazz. Uff. 28 maggio 2003, n. 21, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 214, commi 1 e 6, sollevate in riferimento all'art. 24 della Costituzione;

ha, inoltre, dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, come modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 sollevate in riferimento agli artt. 3 e 13 della Costituzione.

La Corte costituzionale, con ordinanza 30 giugno-11 luglio 2003, n. 234 (Gazz. Uff. 16 luglio 2003, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, come modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione;

ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 214, comma 6, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione;

ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, come modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 aprile 1999, n. 507 sollevata in riferimento all' art. 3 della Costituzione;

ha infine dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 214, comma 6, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 14 della Costituzione.

(1026)  La Corte costituzionale, con ordinanza 17-24 giugno 2002, n. 280 (Gazz. Uff. 3 luglio 2002, n. 26, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 214, commi 1 e 1-bis sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

(1027)  La Corte costituzionale, con ordinanza 1°-5 luglio 2002, n. 323 (Gazz. Uff. 10 luglio 2002, n. 27, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 214, comma 1, sollevata in riferimento all'art. 13 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 214, comma 6, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

(1028)  Comma aggiunto dall'art. 23, D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507.

(1029)  La Corte costituzionale, con ordinanza 5-23 luglio 2001, n. 278 (Gazz. Uff. 1 agosto 2001, n. 30, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, come modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 e dell'art. 214, commi 1 e 6, dello stesso decreto, sollevate in riferimento agli artt. 3, 13 e 24 della Cost.;

ha dichiarato, inoltre, la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, come modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 sollevate in riferimento agli artt. 3 e 76 della Cost.

La stessa Corte costituzionale, con successiva ordinanza 11-24 aprile 2002, n. 136 (Gazz. Uff. 2 maggio 2002, 1ª Serie speciale - Ediz. str.), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 sollevate in riferimento all'art. 3 della Costituzione;

ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 214, commi 2 e 6, sollevate in riferimento agli artt. 3, 24 e 97 della Costituzione;

ha dichiarato, infine, la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 sollevate in riferimento agli artt. 3 e 25 della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 5-23 luglio 2001, n. 282 (Gazz. Uff. 1° agosto 2001, n. 30, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, come modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 anche in combinato disposto con l'art. 214, comma 1-bis, dello stesso decreto, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 16 della Cost.

La stessa Corte con altra ordinanza 13 - 15 novembre 2003, n. 1 (Gazz. Uff. 22 gennaio 2003, n. 3, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, come modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione;

ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 214, commi 1, 1-bis, 2 e 6 sollevate in riferimento agli artt. 3, 24 e 97 della Costituzione;

ha infine dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, come modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

La stessa Corte, con altra ordinanza 19-23 maggio 2003, n. 172 (Gazz. Uff. 28 maggio 2003, n. 21, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 214, commi 1 e 6, sollevate in riferimento all'art. 24 della Costituzione;

ha, inoltre, dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, come modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 sollevate in riferimento agli artt. 3 e 13 della Costituzione.

La Corte costituzionale, con ordinanza 30 giugno-11 luglio 2003, n. 234 (Gazz. Uff. 16 luglio 2003, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, come modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione;

ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 214, comma 6, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione;

ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, come modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 aprile 1999, n. 507 sollevata in riferimento all' art. 3 della Costituzione;

ha infine dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 214, comma 6, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 14 della Costituzione.

(1030)  La Corte costituzionale, con ordinanza 17-24 giugno 2002, n. 280 (Gazz. Uff. 3 luglio 2002, n. 26, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 214, commi 1 e 1-bis sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

(1031)  Comma aggiunto dall'art. 5-bis, D.L. 30 giugno 2005, n. 115, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(1032)  Comma così modificato prima dall'art. 4, D.L. 27 giugno 2003, n. 151, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione e poi dall'art. 5-bis, D.L. 30 giugno 2005, n. 115, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(1033)  La Corte costituzionale, con ordinanza 5-23 luglio 2001, n. 278 (Gazz. Uff. 1 agosto 2001, n. 30, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, come modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 e dell'art. 214, commi 1 e 6, dello stesso decreto, sollevate in riferimento agli artt. 3, 13 e 24 della Cost.;

ha dichiarato, inoltre, la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, come modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 sollevate in riferimento agli artt. 3 e 76 della Cost.

La stessa Corte costituzionale, con successiva ordinanza 11-24 aprile 2002, n. 136 (Gazz. Uff. 2 maggio 2002, 1ª Serie speciale - Ediz. str.), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 sollevate in riferimento all'art. 3 della Costituzione;

ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 214, commi 2 e 6, sollevate in riferimento agli artt. 3, 24 e 97 della Costituzione;

ha dichiarato, infine, la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 sollevate in riferimento agli artt. 3 e 25 della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 5-23 luglio 2001, n. 282 (Gazz. Uff. 1° agosto 2001, n. 30, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, come modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 anche in combinato disposto con l'art. 214, comma 1-bis, dello stesso decreto, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 16 della Cost.

La stessa Corte con altra ordinanza 13 - 15 novembre 2003, n. 1 (Gazz. Uff. 22 gennaio 2003, n. 3, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, come modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione;

ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 214, commi 1, 1-bis, 2 e 6 sollevate in riferimento agli artt. 3, 24 e 97 della Costituzione;

ha infine dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, come modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

La stessa Corte, con altra ordinanza 19-23 maggio 2003, n. 172 (Gazz. Uff. 28 maggio 2003, n. 21, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 214, commi 1 e 6, sollevate in riferimento all'art. 24 della Costituzione;

ha, inoltre, dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, come modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 sollevate in riferimento agli artt. 3 e 13 della Costituzione.

La Corte costituzionale, con ordinanza 30 giugno-11 luglio 2003, n. 234 (Gazz. Uff. 16 luglio 2003, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, come modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione;

ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 214, comma 6, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione;

ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, come modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 aprile 1999, n. 507 sollevata in riferimento all' art. 3 della Costituzione;

ha infine dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 214, comma 6, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 14 della Costituzione.

(1034)  La Corte costituzionale, con ordinanza 5-23 luglio 2001, n. 278 (Gazz. Uff. 1 agosto 2001, n. 30, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, come modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 e dell'art. 214, commi 1 e 6, dello stesso decreto, sollevate in riferimento agli artt. 3, 13 e 24 della Cost.;

ha dichiarato, inoltre, la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, come modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 sollevate in riferimento agli artt. 3 e 76 della Cost.

La stessa Corte costituzionale, con successiva ordinanza 11-24 aprile 2002, n. 136 (Gazz. Uff. 2 maggio 2002, 1ª Serie speciale - Ediz. str.), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 sollevate in riferimento all'art. 3 della Costituzione;

ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 214, commi 2 e 6, sollevate in riferimento agli artt. 3, 24 e 97 della Costituzione;

ha dichiarato, infine, la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 sollevate in riferimento agli artt. 3 e 25 della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 5-23 luglio 2001, n. 282 (Gazz. Uff. 1° agosto 2001, n. 30, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, come modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 anche in combinato disposto con l'art. 214, comma 1-bis, dello stesso decreto, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 16 della Cost.

La stessa Corte con altra ordinanza 13 - 15 novembre 2003, n. 1 (Gazz. Uff. 22 gennaio 2003, n. 3, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, come modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione;

ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 214, commi 1, 1-bis, 2 e 6 sollevate in riferimento agli artt. 3, 24 e 97 della Costituzione;

ha infine dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, come modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

La stessa Corte, con altra ordinanza 19-23 maggio 2003, n. 172 (Gazz. Uff. 28 maggio 2003, n. 21, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 214, commi 1 e 6, sollevate in riferimento all'art. 24 della Costituzione;

ha, inoltre, dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, come modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 sollevate in riferimento agli artt. 3 e 13 della Costituzione.

La Corte costituzionale, con ordinanza 30 giugno-11 luglio 2003, n. 234 (Gazz. Uff. 16 luglio 2003, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, come modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione;

ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 214, comma 6, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione;

ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, come modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 aprile 1999, n. 507 sollevata in riferimento all' art. 3 della Costituzione;

ha infine dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 214, comma 6, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 14 della Costituzione.

(1035)  La Corte costituzionale, con ordinanza 1°-5 luglio 2002, n. 323 (Gazz. Uff. 10 luglio 2002, n. 27, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 214, comma 1, sollevata in riferimento all'art. 13 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 214, comma 6, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

(1036)  Comma prima sostituito dall'art. 4, D.L. 27 giugno 2003, n. 151, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, e poi così modificato dall'art. 5-bis, D.L. 30 giugno 2005, n. 115, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(1037)  Articolo così modificato, con effetto dal 1° ottobre 1993, dall'art. 113, D.Lgs. 10 settembre 1993, n. 360 (Gazz. Uff. 15 settembre 1993, n. 217, S.O.). Con D.M. 29 dicembre 2006 (Gazz. Uff. 30 dicembre 2006, n. 302) si è provveduto, ai sensi dell'art. 195, commi 3 e 3-bis del presente decreto, all'aggiornamento biennale della sanzione nella misura sopra riportata.

 

 

Art. 214-bis

Alienazione dei veicoli nei casi di sequestro amministrativo, fermo e confisca.

1. Ai fini del trasferimento della proprietà, ai sensi degli articoli 213, comma 2-quater, e 214, comma 1, ultimo periodo, dei veicoli sottoposti a sequestro amministrativo o a fermo, nonché dell'alienazione dei veicoli confiscati a seguito di sequestro amministrativo, l'individuazione del custode-acquirente avviene, secondo criteri oggettivi riferibili al luogo o alla data di esecuzione del sequestro o del fermo, nell'àmbito dei soggetti che hanno stipulato apposita convenzione con il Ministero dell'interno e con l'Agenzia del demanio all'esito dello svolgimento di gare ristrette, ciascuna relativa ad àmbiti territoriali infraregionali. La convenzione ha ad oggetto l'obbligo ad assumere la custodia dei veicoli sottoposti a sequestro amministrativo o a fermo e di quelli confiscati a seguito del sequestro e ad acquistare i medesimi veicoli nelle ipotesi di trasferimento di proprietà, ai sensi degli articoli 213, comma 2-quater, e 214, comma 1, ultimo periodo, e di alienazione conseguente a confisca. Ai fini dell'aggiudicazione delle gare le amministrazioni procedenti tengono conto delle offerte economicamente più vantaggiose per l'erario, con particolare riguardo ai criteri ed alle modalità di valutazione del valore dei veicoli da acquistare ed all'ammontare delle tariffe per la custodia. I criteri oggettivi per l'individuazione del custode-acquirente, indicati nel primo periodo del presente comma, sono definiti, mediante protocollo d'intesa, dal Ministero dell'interno e dalla Agenzia del demanio.

 

2. Fermo quanto previsto dagli articoli 213, comma 2-quater, e 214, comma 1, ultimo periodo, in relazione al trasferimento della proprietà dei veicoli sottoposti a sequestro amministrativo o a fermo, per i veicoli confiscati l'alienazione si perfeziona con la notifica al custode-acquirente, individuato ai sensi del comma 1, del provvedimento dal quale risulta la determinazione all'alienazione da parte dell'Agenzia del demanio. Il provvedimento notificato è comunicato al pubblico registro automobilistico competente per l'aggiornamento delle iscrizioni.

 

3. Le disposizioni del presente articolo si applicano all'alienazione dei veicoli confiscati a seguito di sequestro amministrativo in deroga alle norme di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2001, n. 189 (1038).

 

3-bis. Tutte le trascrizioni ed annotazioni nei pubblici registri relative agli atti posti in essere in attuazione delle operazioni previste dal presente articolo e dagli articoli 213 e 214 sono esenti, per le amministrazioni dello Stato, da qualsiasi tributo ed emolumento (1039).

 

 

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(1038)  Articolo aggiunto dal comma 1 dell'art. 38, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.

(1039) Comma aggiunto dal comma 218 dell'art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296.

 

 

Art. 215

Sanzione accessoria della rimozione o blocco del veicolo.

1. Quando, ai sensi del presente codice, è prevista la sanzione amministrativa accessoria della rimozione del veicolo, questa è operata dagli organi di polizia che accertano la violazione, i quali provvedono a che il veicolo, secondo le norme di cui al regolamento di esecuzione, sia trasportato e custodito in luoghi appositi. L'applicazione della sanzione accessoria è indicata nel verbale di contestazione notificato a termine dell'art. 201.

 

2. I veicoli rimossi ai sensi del comma 1 sono restituiti all'avente diritto, previo rimborso delle spese di intervento, rimozione e custodia, con le modalità previste dal regolamento di esecuzione. Alle dette spese si applica il terzo comma dell'art. 2756 del codice civile.

 

3. Nell'ipotesi in cui è consentito il blocco del veicolo, questo è disposto dall'organo di polizia che accerta la violazione, secondo le modalità stabilite dal regolamento. Dell'eseguito blocco è fatta menzione nel verbale di contestazione notificato ai sensi dell'art. 201. La rimozione del blocco è effettuata a richiesta dell'avente diritto, previo pagamento delle spese di intervento, bloccaggio e rimozione del blocco, secondo le modalità stabilite nel regolamento. Alle dette spese si applica il comma 3 dell'art. 2756 del codice civile.

 

4. Trascorsi centottanta giorni dalla notificazione del verbale contenente la contestazione della violazione e l'indicazione della effettuata rimozione o blocco, senza che il proprietario o l'intestatario del documento di circolazione si siano presentati all'ufficio o comando da cui dipende l'organo che ha effettuato la rimozione o il blocco, il veicolo può essere alienato o demolito secondo le modalità stabilite dal regolamento. Nell'ipotesi di alienazione, il ricavato serve alla soddisfazione della sanzione pecuniaria se non versata, nonché delle spese di rimozione, di custodia e di blocco. L'eventuale residuo viene restituito all'avente diritto.

 

5. Avverso la sanzione amministrativa accessoria della rimozione o del blocco del veicolo è ammesso ricorso al prefetto, a norma dell'articolo 203 (1040).

 

 

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(1040)  Articolo così modificato, con effetto dal 1° ottobre 1993, dall'art. 114, D.Lgs. 10 settembre 1993, n. 360 (Gazz. Uff. 15 settembre 1993, n. 217, S.O.).

 

 

Art. 216

Sanzione accessoria del ritiro dei documenti di circolazione, della targa, della patente di guida o della carta di qualificazione del conducente (1041).

1. Nell'ipotesi in cui, ai sensi del presente codice, è stabilita la sanzione amministrativa accessoria del ritiro della carta di circolazione o del certificato di idoneità tecnica per le macchine agricole o di autorizzazioni o licenze nei casi in cui sono previste, ovvero della targa, ovvero della patente di guida o della carta di qualificazione del conducente, il documento è ritirato, contestualmente all'accertamento della violazione, dall'organo accertatore ed inviato, entro i cinque giorni successivi, al competente ufficio del Dipartimento per i trasporti terrestri (1042) se si tratta della carta di circolazione, del certificato di idoneità tecnica per le macchine agricole, delle autorizzazioni, licenze o della targa, ovvero alla prefettura se si tratta della patente; la competenza territoriale di detti uffici è determinata con riferimento al luogo della commessa violazione. Il prefetto competente dà notizia dei procedimenti e dei provvedimenti adottati sulla patente al prefetto del luogo di residenza del trasgressore. Del ritiro è fatta menzione nel verbale di contestazione della violazione. Nel regolamento sono stabilite le modalità per consentire il viaggio fino al luogo di custodia. Nei casi di ritiro della targa, si procede al fermo amministrativo del veicolo ai sensi dell'articolo 214 (1043).

 

2. La restituzione del documento può essere chiesta dall'interessato soltanto quando ha adempiuto alla prescrizione omessa. La restituzione viene effettuata dagli enti di cui al comma 1, previo accertamento del compimento delle prescrizioni suddette.

 

3. Il ritiro e la successiva restituzione sono annotate nella carta di circolazione o nel certificato di idoneità tecnica per le macchine agricole, o nella patente.

 

4. Il ricorso al prefetto presentato ai sensi dell'art. 203 si estende anche alla sanzione accessoria. In caso di rigetto del ricorso, la sanzione accessoria è confermata. In caso di declaratoria di infondatezza dell'accertamento, questa si estende alla sanzione accessoria e l'interessato può chiedere immediatamente all'ente indicato nel comma 1 la restituzione del documento.

 

5. L'opposizione di cui all'art. 205 si estende alla sanzione accessoria.

 

6. Chiunque, durante il periodo in cui il documento di circolazione è ritirato, circola abusivamente con lo stesso veicolo cui il ritiro si riferisce ovvero guida un veicolo quando la patente gli sia stata ritirata, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 1.754 a euro 7.018. Si applica la sanzione accessoria del fermo amministrativo del veicolo o, in caso di reiterazione delle violazioni, la sanzione accessoria della confisca amministrativa del veicolo. La durata del fermo amministrativo è di tre mesi, salvo i casi in cui tale sanzione accessoria è applicata a seguito del ritiro della targa (1044) (1045) (1046).

 

 

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(1041)  Rubrica così sostituita dal comma 7 dell'art. 20, D.Lgs. 21 novembre 2005, n. 286.

(1042)  La denominazione dell'ufficio è stata così sostituita ai sensi di quanto disposto dall'art. 17, D.Lgs. 15 gennaio 2002, n. 9, con la decorrenza indicata nell'art. 19 dello stesso decreto.

(1043)  Comma così modificato dal comma 7 dell'art. 20, D.Lgs. 21 novembre 2005, n. 286.

(1044)  Articolo così modificato, con effetto dal 1° ottobre 1993, dall'art. 115, D.Lgs. 10 settembre 1993, n. 360 (Gazz. Uff. 15 settembre 1993, n. 217, S.O.). Successivamente l'art. 19, D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507, ha così sostituito il solo comma 6 del presente articolo. Vedi, anche, il comma 3-bis dell'art. 202 del presente decreto.

(1045)  Con D.M. 29 dicembre 2006 (Gazz. Uff. 30 dicembre 2006, n. 302) si è provveduto, ai sensi dell'art. 195, commi 3 e 3-bis del presente decreto, all'aggiornamento biennale della sanzione nella misura sopra riportata.

(1046)  La Corte costituzionale, con ordinanza 30 giugno-3 luglio 1998, n. 246 (Gazz. Uff. 8 luglio 1998, n. 27, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 216, comma 6, sollevata in riferimento all'articolo 3 della Costituzione. La stessa Corte, con successiva ordinanza 1°-5 luglio 2002, n. 323 (Gazz. Uff. 10 luglio 2002, n. 27, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 216, comma 6, modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

 

 

Art. 217

Sanzione accessoria della sospensione della carta di circolazione.

1. Nell'ipotesi in cui il presente codice prevede la sanzione accessoria della sospensione della validità della carta di circolazione, questa è ritirata dall'agente od organo di polizia che accerta la violazione; del ritiro è fatta menzione nel verbale di contestazione. L'agente accertatore rilascia permesso provvisorio di circolazione limitatamente al periodo di tempo necessario a condurre il veicolo nel luogo di custodia indicato dall'interessato, con annotazione sul verbale di contestazione.

 

2. L'organo che ha ritirato la carta di circolazione la invia, unitamente a copia del verbale, nel termine di cinque giorni, all'ufficio competente del Dipartimento per i trasporti terrestri (1047), che, nei quindici giorni successivi, emana l'ordinanza di sospensione, indicando il periodo cui questa si estende. Tale periodo, nei limiti minimo e massimo fissati dalla singola norma, è determinato in relazione alla gravità della violazione commessa, all'entità del danno apportato ed al pericolo che l'ulteriore circolazione potrebbe apportare. L'ordinanza è notificata all'interessato e comunicata al prefetto. Il periodo di sospensione inizia dal giorno in cui il documento è ritirato a norma del comma 1. Qualora l'ordinanza di sospensione non sia emanata nel termine di quindici giorni, il titolare può ottenerne la restituzione da parte dell'ufficio competente del Dipartimento per i trasporti terrestri (1048). Qualora si tratti di carta di circolazione rilasciata da uno Stato estero, il competente ufficio del Dipartimento per i trasporti terrestri (1049) ne sospende la validità ai fini della circolazione sul territorio nazionale per un determinato periodo, con le stesse modalità. L'interdizione alla circolazione è comunicata all'autorità competente dello Stato che ha rilasciato la carta di circolazione e viene annotata sulla stessa.

 

3. Al termine del periodo fissato la carta di circolazione viene restituita all'interessato dall'ufficio competente del Dipartimento per i trasporti terrestri (1050). Della restituzione è data comunicazione al prefetto ed all'ufficio del P.R.A. per l'iscrizione nei propri registri. Le modalità per la restituzione del documento agli stranieri sono stabilite nel regolamento.

 

4. Avverso l'ordinanza di cui al comma 2 l'interessato può proporre ricorso al prefetto. Il prefetto, se ritiene fondato l'accertamento, applica la sanzione accessoria; se lo ritiene infondato, dispone l'immediata restituzione.

 

5. L'opposizione di cui all'art. 205 si estende alla sanzione accessoria.

 

6. Chiunque, durante il periodo di sospensione della carta di circolazione, circola abusivamente con lo stesso veicolo è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 1.754 a euro 7.018. Si applica la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente da tre a dodici mesi e, in caso di reiterazione delle violazioni, la confisca amministrativa del veicolo (1051) (1052).

 

 

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(1047)  La denominazione dell'ufficio è stata così sostituita ai sensi di quanto disposto dall'art. 17, D.Lgs. 15 gennaio 2002, n. 9, con la decorrenza indicata nell'art. 19 dello stesso decreto.

(1048)  La denominazione dell'ufficio è stata così sostituita ai sensi di quanto disposto dall'art. 17, D.Lgs. 15 gennaio 2002, n. 9, con la decorrenza indicata nell'art. 19 dello stesso decreto.

(1049)  La denominazione dell'ufficio è stata così sostituita ai sensi di quanto disposto dall'art. 17, D.Lgs. 15 gennaio 2002, n. 9, con la decorrenza indicata nell'art. 19 dello stesso decreto.

(1050)  La denominazione dell'ufficio è stata così sostituita ai sensi di quanto disposto dall'art. 17, D.Lgs. 15 gennaio 2002, n. 9, con la decorrenza indicata nell'art. 19 dello stesso decreto.

(1051)  Articolo così modificato, con effetto dal 1° ottobre 1993, dall'art. 116, D.Lgs. 10 settembre 1993, n. 360 (Gazz. Uff. 15 settembre 1993, n. 217, S.O.). Successivamente l'art. 19, D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507, ha così sostituito il solo comma 6 del presente articolo. Vedi, anche, il comma 3-bis dell'art. 202 del presente decreto.

(1052)  Con D.M. 29 dicembre 2006 (Gazz. Uff. 30 dicembre 2006, n. 302) si è provveduto, ai sensi dell'art. 195, commi 3 e 3-bis del presente decreto, all'aggiornamento biennale della sanzione nella misura sopra riportata.

 

 

Art. 218

Sanzione accessoria della sospensione della patente.

1. Nell'ipotesi in cui il presente codice prevede la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per un periodo determinato, la patente è ritirata dall'agente od organo di polizia che accerta la violazione; del ritiro è fatta menzione nel verbale di contestazione della violazione. L'agente accertatore rilascia permesso provvisorio di guida limitatamente al periodo necessario a condurre il veicolo nel luogo di custodia indicato dall'interessato, con annotazione sul verbale di contestazione (1053).

 

2. L'organo che ha ritirato la patente di guida la invia, unitamente a copia del verbale, entro cinque giorni dal ritiro, alla prefettura del luogo della commessa violazione. Il prefetto, nei quindici giorni successivi, emana l'ordinanza di sospensione, indicando il periodo cui si estende la sospensione stessa. Tale periodo, nei limiti minimo e massimo fissati nella singola norma, è determinato in relazione alla gravità della violazione commessa ed alla entità del danno apportato, nonché al pericolo che l'ulteriore circolazione potrebbe cagionare. L'ordinanza è notificata immediatamente all'interessato e comunicata al competente ufficio del Dipartimento per i trasporti terrestri (1054). Essa è iscritta sulla patente. Il periodo di durata fissato decorre dal giorno del ritiro. Qualora l'ordinanza di sospensione non sia emanata nel termine di quindici giorni, il titolare della patente può ottenerne la restituzione da parte della prefettura (1055) (1056).

 

3. Quando le norme del presente codice dispongono che la durata della sospensione della patente di guida è aumentata a seguito di più violazioni della medesima disposizione di legge, l'organo di polizia che accerta l'ultima violazione e che dalle iscrizioni sulla patente constata la sussistenza delle precedenti violazioni procede ai sensi del comma 1, indicando, anche nel verbale, la disposizione applicata ed il numero delle sospensioni precedentemente disposte; si applica altresì il comma 2. Qualora la sussistenza delle precedenti sospensioni risulti successivamente, l'organo od ufficio che ne viene a conoscenza informa immediatamente il prefetto, che provvede a norma del comma 2.

 

4. Al termine del periodo di sospensione fissato, la patente viene restituita dal prefetto. L'avvenuta restituzione viene comunicata al competente ufficio del Dipartimento per i trasporti terrestri (1057), che la iscrive nei propri registri.

 

5. Avverso il provvedimento di sospensione della patente è ammessa opposizione ai sensi dell'articolo 205 (1058) (1059).

 

6. Chiunque, durante il periodo di sospensione della validità della patente, circola abusivamente è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 1.754 a euro 7.018. Si applicano le sanzioni accessorie della revoca della patente e del fermo amministrativo del veicolo per un periodo di tre mesi. In caso di reiterazione delle violazioni, in luogo del fermo amministrativo, si applica la confisca amministrativa del veicolo (1060) (1061) (1062) .

 

 

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(1053)  La Corte costituzionale, con ordinanza 14-24 luglio 1998, n. 330 (Gazz. Uff. 2 settembre 1998, n. 35, Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 218, commi 1 e 2, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, primo e secondo comma, e 97 della Costituzione.

(1054)  La denominazione dell'ufficio è stata così sostituita ai sensi di quanto disposto dall'art. 17, D.Lgs. 15 gennaio 2002, n. 9, con la decorrenza indicata nell'art. 19 dello stesso decreto.

(1055)  La Corte costituzionale, con ordinanza 14-24 luglio 1998, n. 330 (Gazz. Uff. 2 settembre 1998, n. 35, Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 218, commi 1 e 2, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, primo e secondo comma, e 97 della Costituzione.

(1056)  La Corte costituzionale, con sentenza 7-17 luglio 1998, n. 276 (Gazz. Uff. 26 agosto 1998, n. 34, Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 218, comma 2, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

(1057)  La denominazione dell'ufficio è stata così sostituita ai sensi di quanto disposto dall'art. 17, D.Lgs. 15 gennaio 2002, n. 9, con la decorrenza indicata nell'art. 19 dello stesso decreto.

(1058)  La Corte costituzionale, con ordinanza 6-17 marzo 2000, n. 74 (Gazz. Uff. 22 marzo 2000, n. 13, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 218, comma 5, nel testo introdotto dall'art. 117 del decreto legislativo n. 360 del 1993, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione. La stessa Corte, con successiva ordinanza 21-24 giugno 2004, n. 194 (Gazz. Uff. 30 giugno 2004, n. 25, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 218, comma 5, sollevate dal Giudice di pace di Osimo, con le ordinanze in epigrafe.

(1059)  La Corte costituzionale, con ordinanza 4-18 giugno 2003, n. 215 (Gazz. Uff. 25 giugno 2003, n. 25, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 186, comma 5, e 218, comma 5, in riferimento agli artt. 3, 25 e 111 della Costituzione, sollevate dal giudice di pace di Osimo, con le ordinanze in epigrafe.

(1060)  Articolo così modificato, con effetto dal 1° ottobre 1993, dall'art. 117, D.Lgs. 10 settembre 1993, n. 360 (Gazz. Uff. 15 settembre 1993, n. 217, S.O.). Successivamente l'art. 19, D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507, ha così sostituito il solo comma 6 del presente articolo. Vedi, anche, il comma 3-bis dell'art. 202 del presente decreto.

(1061)  Con D.M. 29 dicembre 2006 (Gazz. Uff. 30 dicembre 2006, n. 302) si è provveduto, ai sensi dell'art. 195, commi 3 e 3-bis del presente decreto, all'aggiornamento biennale della sanzione nella misura sopra riportata.

(1062)  La Corte costituzionale, con ordinanza 15-26 giugno 1998, n. 235 (Gazz. Uff. 8 luglio 1998, n. 27, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 176 e 218, sollevate in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. La stessa Corte, con successiva ordinanza 5-10 maggio 2005, n. 195 (Gazz. Uff. 18 maggio 2005, n. 20, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 sollevata in riferimento agli artt. 2, primo comma, 3, 24, secondo comma, 34, 97 e 113 della Costituzione.

 

 

Art. 219

Revoca della patente di guida.

1. Quando, ai sensi del presente codice, è prevista la revoca della patente di guida, il provvedimento è emesso dal competente ufficio del Dipartimento per i trasporti terrestri (1063), nei casi previsti dall'art. 130, comma 1, e dal prefetto del luogo della commessa violazione quando la stessa revoca costituisce sanzione amministrativa accessoria, nonché nei casi previsti dall'art. 120, comma 1 (1064).

 

2. Nell'ipotesi che la revoca della patente costituisca sanzione accessoria l'organo, l'ufficio o comando, che accerta l'esistenza di una delle condizioni per le quali la legge la prevede, entro i cinque giorni successivi, ne dà comunicazione al prefetto del luogo della commessa violazione. Questi, previo accertamento delle condizioni predette, emette l'ordinanza di revoca e consegna immediata della patente alla prefettura, anche tramite l'organo di Polizia incaricato dell'esecuzione. Dell'ordinanza si dà comunicazione al competente ufficio del Dipartimento per i trasporti terrestri (1065).

 

3. Il provvedimento di revoca della patente previsto dal presente articolo nonché quello disposto ai sensi dell'articolo 130, comma 1, nell'ipotesi in cui risulti la perdita, con carattere permanente, dei requisiti psichici e fisici prescritti, è atto definitivo (1066) (1067).

 

3-bis. L'interessato non può conseguire una nuova patente se non dopo che sia trascorso almeno un anno dal momento in cui è divenuto definitivo il provvedimento di cui al comma 2 (1068) (1069).

 

 

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(1063)  La denominazione dell'ufficio è stata così sostituita ai sensi di quanto disposto dall'art. 17, D.Lgs. 15 gennaio 2002, n. 9, con la decorrenza indicata nell'art. 19 dello stesso decreto.

(1064)  Comma così sostituito dall'art. 13, D.P.R. 19 aprile 1994, n. 575.

(1065)  Comma prima sostituito dall'art. 13, D.P.R. 19 aprile 1994, n. 575, poi modificato dall'art. 17, D.Lgs. 15 gennaio 2002, n. 9 ed infine così sostituito dall'art. 4, D.L. 27 giugno 2003, n. 151.

(1066)  Comma prima modificato dall'art. 17, D.Lgs. 15 gennaio 2002, n. 9 e poi così sostituito dall'art. 4, D.L. 27 giugno 2003, n. 151.

(1067)  Articolo così modificato, con effetto dal 1° ottobre 1993, dall'art. 118, D.Lgs. 10 settembre 1993, n. 360 (Gazz. Uff. 15 settembre 1993, n. 217, S.O.).

(1068)  Comma aggiunto dall'art. 4, D.L. 27 giugno 2003, n. 151.

(1069)  Vedi, anche, l'art. 5, comma 1-bis, D.L. 30 giugno 2005, n. 115, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

 

 

Art. 222

Sanzioni amministrative accessorie all'accertamento di reati.

1. Qualora da una violazione delle norme di cui al presente codice derivino danni alle persone, il giudice applica con la sentenza di condanna le sanzioni amministrative pecuniarie previste, nonché le sanzioni amministrative accessorie della sospensione o della revoca della patente.

 

2. Quando dal fatto derivi una lesione personale colposa la sospensione della patente è da quindici giorni a tre mesi. Quando dal fatto derivi una lesione personale colposa grave o gravissima la sospensione della patente è fino a due anni. Nel caso di omicidio colposo la sospensione è fino a quattro anni (1061).

 

2-bis. La sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente fino a quattro anni è diminuita fino a un terzo nel caso di applicazione della pena ai sensi degli articoli 444 e seguenti del codice di procedura penale (1062).

 

3. Il giudice può applicare la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente nell'ipotesi di recidiva reiterata specifica verificatasi entro il periodo di cinque anni a decorrere dalla data della condanna definitiva per la prima violazione (1063).

 

 

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(1061) Gli attuali commi 2 e 2-bis così sostituiscono l'originario comma 2, ai sensi di quanto disposto dall'art. 1, L. 21 febbraio 2006, n. 102 (Gazz. Uff. 17 marzo 2006, n. 64). L'art. 3 della stessa legge ha disposto che alle cause relative al risarcimento dei danni per morte o lesioni, conseguenti ad incidenti stradali, si applichino le norme processuali di cui al libro II, titolo IV, capo I del codice di procedura civile.

(1062) Gli attuali commi 2 e 2-bis così sostituiscono l'originario comma 2, ai sensi di quanto disposto dall'art. 1, L. 21 febbraio 2006, n. 102 (Gazz. Uff. 17 marzo 2006, n. 64). L'art. 3 della stessa legge ha disposto che alle cause relative al risarcimento dei danni per morte o lesioni, conseguenti ad incidenti stradali, si applichino le norme processuali di cui al libro II, titolo IV, capo I del codice di procedura civile.

(1063)  La Corte costituzionale, con ordinanza 11-23 giugno 1999, n. 264 (Gazz. Uff. 30 giugno 1999, n. 26, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 222, in relazione agli artt. 218, commi 1, 2 e 5 dello stesso decreto, sollevata in riferimento agli artt. 101, 111 e 24 della Costituzione. La stessa Corte, con successiva ordinanza 13-18 aprile 2000, n. 106 (Gazz. Uff. 26 aprile 2000, n. 18, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 222, in relazione agli artt. 218, commi 1, 2 e 5 dello stesso decreto legislativo, sollevata in riferimento agli artt. 101, 111 e 24 della Costituzione.

 

 

Art. 223

Ritiro della patente in conseguenza a ipotesi di reato.

1. Nelle ipotesi di reato per le quali sono previste le sanzioni accessorie di cui all'articolo 222, commi 2 e 3, l'agente o l'organo che ha proceduto al rilevamento del sinistro trasmette, entro dieci giorni, copia del rapporto e del verbale della violazione contestata, tramite il proprio comando o ufficio, al prefetto del luogo della commessa violazione. Copia dello stesso rapporto è trasmessa, contestualmente, all'ufficio competente del Dipartimento per i trasporti terrestri (1074).

 

2. Il prefetto appena ricevuti gli atti, sentito il competente ufficio del Dipartimento per i trasporti terrestri (1075), che deve esprimere il parere entro quindici giorni dalla ricezione del rapporto, dispone, ove sussistano fondati elementi di una evidente responsabilità, la sospensione provvisoria della validità della patente fino ad un massimo di un anno ed ordina all'intestatario di consegnare la patente, entro cinque giorni dalla comunicazione dell'ordinanza, presso il proprio ufficio; il provvedimento è iscritto sulla patente e comunicato all'ufficio competente del Dipartimento per i trasporti terrestri (1076) (1077).

 

3. Nelle altre ipotesi di reato per le quali è prevista la sanzione amministrativa accessoria della sospensione o della revoca della patente di guida, l'agente od organo accertatore della violazione ritira immediatamente la patente e la trasmette, unitamente al rapporto, entro dieci giorni, tramite il proprio comando o ufficio, alla prefettura del luogo della commessa violazione. Il prefetto, ricevuti gli atti, dispone la sospensione provvisoria della validità della patente di guida, fino ad un massimo di un anno. Il provvedimento è iscritto sulla patente e comunicato all'ufficio competente del Dipartimento per i trasporti terrestri (1078). Se il ritiro immediato non è possibile, per qualsiasi motivo, il verbale di contestazione è trasmesso, senza indugio, al prefetto che ordina all'autore della violazione di consegnare la patente entro cinque giorni dalla comunicazione dell'ordinanza, presso il proprio ufficio (1079) (1080).

 

4. Il cancelliere del giudice che ha pronunciato la sentenza o il decreto divenuti irrevocabili ai sensi dell'articolo 648 del codice di procedura penale, nel termine di quindici giorni, ne trasmette copia autentica al prefetto indicato nei commi 1 e 3 (1081).

 

5. Avverso il provvedimento di sospensione della patente, di cui al comma 2, è ammesso ricorso al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (1082), nel termine di venti giorni dalla comunicazione dell'ordinanza stessa. Il Ministro provvede nei quarantacinque giorni successivi. Il provvedimento del Ministro è comunicato all'interessato ed ai competenti uffici del Dipartimento per i trasporti terrestri (1083). Se il ricorso è accolto, la patente è restituita all'interessato. Avverso il provvedimento di sospensione della patente, di cui al comma 3, è ammessa opposizione, ai sensi dell'articolo 205 (1084) (1085) (1086).

 

 

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(1074)  La denominazione dell'ufficio è stata così sostituita ai sensi di quanto disposto dall'art. 17, D.Lgs. 15 gennaio 2002, n. 9, con la decorrenza indicata nell'art. 19 dello stesso decreto.

(1075)  La denominazione dell'ufficio è stata così sostituita ai sensi di quanto disposto dall'art. 17, D.Lgs. 15 gennaio 2002, n. 9, con la decorrenza indicata nell'art. 19 dello stesso decreto.

(1076)  La denominazione dell'ufficio è stata così sostituita ai sensi di quanto disposto dall'art. 17, D.Lgs. 15 gennaio 2002, n. 9, con la decorrenza indicata nell'art. 19 dello stesso decreto.

(1077)  La Corte costituzionale, con ordinanza 9-22 luglio 1998, n. 313 (Gazz. Uff. 2 settembre 1998, n. 35, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 223, comma 2, come sostituito dall'art. 120 del D.Lgs. 10 settembre 1993, n. 360, sollevate in riferimento agli artt. 3, 16, 24, 25 e 97 della Costituzione. Successivamente la stessa Corte con ordinanza 11-20 novembre 1998, n. 381 (Gazz. Uff. 25 novembre 1998, n. 47, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 223, comma 2, sollevate in riferimento agli artt. 4, 13, 16, 24, 27 e 35 della Costituzione. La stessa Corte costituzionale, con altra ordinanza 12-14 marzo 2003, n. 74 (Gazz. Uff. 19 marzo 2003, n. 11, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 223, comma 2, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

(1078)  La denominazione dell'ufficio è stata così sostituita ai sensi di quanto disposto dall'art. 17, D.Lgs. 15 gennaio 2002, n. 9, con la decorrenza indicata nell'art. 19 dello stesso decreto.

(1079)  La Corte costituzionale, con ordinanza 6-13 maggio 1998, n. 170 (Gazz. Uff. 20 maggio 1998, n. 20, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 223, comma 3, sollevata in riferimento all'art. 25 della Costituzione. Successivamente la stessa Corte con ordinanza 11-20 novembre 1998, n. 380 (Gazz. Uff. 25 novembre 1998, n. 47, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 223, comma 3, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 25 della Costituzione.

(1080)  La Corte costituzionale, con ordinanza 28 ottobre-12 novembre 2004, n. 344 (Gazz. Uff. 17 novembre 2004, n. 45, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 223, commi 3 e 5 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 25 e 111 della Costituzione.

(1081)  Così corretto con avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 3 marzo 1994, n. 51.

(1082)  La denominazione del Ministro è stata così sostituita ai sensi di quanto disposto dall'art. 17, D.Lgs. 15 gennaio 2002, n. 9, con la decorrenza indicata nell'art. 19 dello stesso decreto.

(1083)  La denominazione dell'ufficio è stata così sostituita ai sensi di quanto disposto dall'art. 17, D.Lgs. 15 gennaio 2002, n. 9, con la decorrenza indicata nell'art. 19 dello stesso decreto.

(1084)  Articolo così sostituito, con effetto dal 1° ottobre 1993, dall'art. 120, D.Lgs. 10 settembre 1993, n. 360 (Gazz. Uff. 15 settembre 1993, n. 217, S.O.).

(1085)  La Corte costituzionale, con sentenza 5-12 febbraio 1996, n. 31 (Gazz. Uff. 21 febbraio 1996, n. 8, Serie speciale), ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 223, comma 5, sollevate in riferimento agli artt. 3, 24 e 102 della Costituzione. Successivamente la stessa Corte, con ordinanza 19-26 giugno 2000, n. 245 (Gazz. Uff. 5 luglio 2000, n. 28, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 223, comma 5, ultima parte, sollevate in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

(1086)  La Corte costituzionale, con ordinanza 28 ottobre-12 novembre 2004, n. 344 (Gazz. Uff. 17 novembre 2004, n. 45, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 223, commi 3 e 5 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 25 e 111 della Costituzione.

(omissis)


 

D.L. 8 giugno 1992, n. 306, conv., con mod., Legge 7 agosto 1992, n. 356.
Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa
(artt. 12-quinquies, 12-sexies)

 

 

(1) (2) (3)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 8 giugno 1992, n. 133 e convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 1992, n. 356 (Gazz. Uff. 7 agosto 1992, n. 185).

(2) Si ritiene opportuno riportare anche la premessa del presente decreto-legge.

(3) Con riferimento al presente provvedimento è stata emanata la seguente istruzione:

- Ministero dell'economia e delle finanze: Ris. 13 dicembre 2001, n. 208/E; Circ. 26 ottobre 2004, n. 8/T.

(omissis)

Art. 12-quinquies

Trasferimento fraudolento di valori (65).

1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque attribuisce fittiziamente ad altri la titolarità o disponibilità di denaro, beni o altre utilità al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di prevenzione patrimoniali o di contrabbando, ovvero di agevolare la commissione di uno dei delitti di cui agli articoli 648, 648-bis e 648-ter del codice penale, è punito con la reclusione da due a sei anni (66).

 

2. Fuori dei casi previsti dal comma 1 e dagli articoli 648, 648-bis e 648-ter del codice penale, coloro nei cui confronti pende procedimento penale per uno dei delitti previsti dai predetti articoli o dei delitti in materia di contrabbando, o per delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall' articolo 416-bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché per i delitti di cui agli articoli 416-bis, 629, 630, 644 e 644-bis del codice penale e agli articoli 73 e 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, ovvero nei cui confronti è in corso di applicazione o comunque si procede per l'applicazione di una misura di prevenzione personale i quali, anche per interposta persona fisica o giuridica, risultano essere titolari o avere la disponibilità a qualsiasi titolo di denaro, beni o altre utilità di valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica, e dei quali non possano giustificare la legittima provenienza, sono puniti con la reclusione da due a cinque anni e il denaro, beni o altre utilità sono confiscati (67) (68) (69).

 

 

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(65) Rubrica così modificata dall'art. 1, D.L. 20 giugno 1994, n. 399.

(66) I delitti previsti in questo comma, consumati o tentati, sono attribuiti al tribunale in composizione collegiale, ai sensi dell' articolo 33-bis del codice di procedura penale, a decorrere dalla sua entrata in vigore.

(67) Aggiunto dalla legge di conversione 7 agosto 1992, n. 356.

(68) Comma così modificato dall'art. 1, D.L. 17 settembre 1993, n. 369 (Gazz. Uff. 20 settembre 1993, n. 221), convertito in legge, con modificazioni, con L. 15 novembre 1993, n. 461 (Gazz. Uff. 19 novembre 1993, n. 272). La Corte costituzionale, con sentenza 9-17 febbraio 1994, n. 48 (Gazz. Uff. 23 febbraio 1994, n. 9 - Serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità del comma 2 dell'art. 12-quinquies, nel testo da ultimo modificato dal D.L. 17 settembre 1993, n. 369.

(69) La Corte costituzionale, con ordinanza 6-13 febbraio 1995, n. 41 (Gazz. Uff. 22 febbraio 1995, n. 8, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 12-quinquies, secondo comma, sollevata in riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, e 27 della Costituzione. Successivamente la stessa Corte, con ordinanza 15-28 dicembre 1995, n. 526 (Gazz. Uff. 3 gennaio 1996, n. 1, Serie speciale) e con ordinanza 18-23 luglio 1996, n. 299 (Gazz. Uff. 14 agosto 1996, n. 33, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 12-quinquies, secondo comma, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 27 della Costituzione.

 

 

Art. 12-sexies

Ipotesi particolari di confisca.

1. Nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta a norma dell' art. 444 del codice di procedura penale, per taluno dei delitti previsti dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 320, 322, 322-bis, 325, 416, sesto comma, 416-bis, 600, 601, 602, 629, 630, 644, 644-bis, 648, esclusa la fattispecie di cui al secondo comma, 648-bis, 648-ter del codice penale, nonché dall'art. 12-quinquies, comma 1, del D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 1992, n. 356, ovvero per taluno dei delitti previsti dagli articoli 73, esclusa la fattispecie di cui al comma 5, e 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, è sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica. Le disposizioni indicate nel periodo precedente si applicano anche in caso di condanna e di applicazione della pena su richiesta, a norma dell' art. 444 del codice di procedura penale, per taluno dei delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine costituzionale (70).

 

2. Le disposizioni del comma 1 si applicano anche nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta a norma dell' art. 444 del codice di procedura penale, per un delitto commesso avvalendosi delle condizioni previste dall' art. 416-bis del codice penale, ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché a chi è stato condannato per un delitto in materia di contrabbando, nei casi di cui all'articolo 295, secondo comma, del testo unico approvato con D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43.

 

2-bis. In caso di confisca di beni per uno dei delitti previsti dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 320, 322, 322-bis e 325 del codice penale, si applicano le disposizioni degli articoli 2-novies, 2-decies e 2-undecies della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni (71).

 

3. Fermo quanto previsto dagli articoli 100 e 101 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, per la gestione e la destinazione dei beni confiscati a norma dei commi 1 e 2 si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni contenute nel D.L. 14 giugno 1989, n. 230, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 1989, n. 282. Il giudice, con la sentenza di condanna o con quella prevista dall' art. 444, comma 2, del codice di procedura penale, nomina un amministratore con il compito di provvedere alla custodia, alla conservazione e all'amministrazione dei beni confiscati.

 

Non possono essere nominate amministratori le persone nei cui confronti il provvedimento è stato disposto, il coniuge, i parenti, gli affini e le persone con essi conviventi, né le persone condannate ad una pena che importi l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o coloro cui sia stata irrogata una misura di prevenzione.

 

4. Se, nel corso del procedimento, l'autorità giudiziaria, in applicazione dell' art. 321, comma 2, del codice di procedura penale, dispone il sequestro preventivo delle cose di cui è prevista la confisca a norma dei commi 1 e 2, le disposizioni in materia di nomina dell'amministratore di cui al secondo periodo del comma 3 si applicano anche al custode delle cose predette (72) (73).

 

4-bis. Si applicano anche ai casi di confisca previsti dai commi da 1 a 4 del presente articolo le disposizioni in materia di gestione e destinazione dei beni sequestrati o confiscati previste dalla legge 31 marzo 1965, n. 575, e successive modificazioni; restano comunque salvi i diritti della persona offesa dal reato alle restituzioni e al risarcimento del danno (74).

 

4-ter. Con separati decreti, il Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della giustizia, sentiti gli altri Ministri interessati, stabilisce anche la quota dei beni sequestrati e confiscati a norma del presente decreto da destinarsi per l'attuazione delle speciali misure di protezione previste dal decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni, e per le elargizioni previste dalla legge 20 ottobre 1990, n. 302, recante norme a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata. Nei decreti il Ministro stabilisce anche che, a favore delle vittime, possa essere costituito un Fondo di solidarietà per le ipotesi in cui la persona offesa non abbia potuto ottenere in tutto o in parte le restituzioni o il risarcimento dei danni conseguenti al reato (75).

 

4-quater. Il Consiglio di Stato esprime il proprio parere sugli schemi di regolamento di cui al comma 4-ter entro trenta giorni dalla richiesta, decorsi i quali il regolamento può comunque essere adottato (76).

 

 

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(70) Comma così modificato prima dall'art. 24, L. 13 febbraio 2001, n. 45, poi dall'art. 7, L. 11 agosto 2003, n. 228 ed infine dal 220 dell'art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296.

(71) Comma aggiunto dal comma 220 dell'art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296.

(72) Articolo aggiunto dall'art. 2, D.L. 20 giugno 1994, n. 399, nel testo modificato dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, l'art. 6, L. 7 marzo 1996, n. 108 e l'art. 145, comma 64, L. 23 dicembre 2000, n. 388.

(73) La Corte costituzionale, con ordinanza 22-29 gennaio 1996, n. 18 (Gazz. Uff. 7 febbraio 1996, n. 6, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 12-sexies, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, 27, secondo comma, 42 e 97 della Costituzione. Successivamente la stessa Corte con ordinanza 11-20 novembre 1998, n. 378 (Gazz. Uff. 25 novembre 1998, n. 47, Serie speciale) e con ordinanza 22-28 marzo 2000, n. 88 (Gazz. Uff. 5 aprile 2000, n. 15, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 12-sexies, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione.

(74)  Comma aggiunto dall'art. 24, L. 13 febbraio 2001, n. 45.

(75)  Comma aggiunto dall'art. 24, L. 13 febbraio 2001, n. 45. In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 24 luglio 2003, n. 263.

(76)  Comma aggiunto dall'art. 24, L. 13 febbraio 2001, n. 45.

(omissis)


 

D.L. 18 gennaio 1993, n. 8, conv., con mod., Legge 19 marzo 1993, n. 68.
Disposizioni urgenti in materia di finanza derivata e di contabilità pubblica
(art. 16-quater)

 

 

(1) (2)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 19 gennaio 1993, n. 14, e convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 19 marzo 1993, n. 68, riportata al n. A/CXXVII.

(2) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari:

- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 22 giugno 2000, n. 119;

- Ministero dell'interno: Circ. 16 aprile 1999, n. S.A.F.9/99; Circ. 7 aprile 2000, n. S.A.F.8/2000; Circ. 13 ottobre 2000, n. F.L.18/2000.

(omissis)

Art. 16-quater

Disposizioni relative ai servizi di polizia stradale della polizia municipale.

1. Il personale della polizia municipale addetto ai servizi di polizia stradale accede ai sistemi informativi automatizzati del pubblico registro automobilistico e della direzione generale della motorizzazione civile e può accedere, in deroga all'articolo 9 della legge 1° aprile 1981, n. 121 , e successive modificazioni, qualora in possesso della qualifica di agente di pubblica sicurezza, allo schedario dei veicoli rubati operante presso il Centro elaborazione dati di cui all'articolo 8 della predetta legge n. 121.

 

2. I collegamenti, anche a mezzo della rete informativa telematica dell'ANCI, sono effettuati con le modalità stabilite con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri dei trasporti e delle finanze, sentiti l'ANCI e l'Automobile club d'Italia (ACI) (60).

 

3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto sono apportate le occorrenti modificazioni al regolamento, previsto dall'articolo 11, primo comma, della legge 1° aprile 1981, n. 121, approvato con D.P.R. 3 maggio 1982, n. 378 .

 

 

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(60)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma, vedi il D.M. 29 maggio 2001.

(omissis)

 


 

D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286.
Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero
(artt. 12, 13, 22, 26)

 

 

(1) (2)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 18 agosto 1998, n. 191, S.O.

(2) La Corte costituzionale, con ordinanza 24 marzo-6 aprile 2005, n. 140 (Gazz. Uff. 13 aprile 2005, n. 15, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 sollevata in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione.

(omissis)

Art. 12

Disposizioni contro le immigrazioni clandestine.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 10)

1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque in violazione delle disposizioni del presente testo unico compie atti diretti a procurare l'ingresso nel territorio dello Stato di uno straniero ovvero atti diretti a procurare l'ingresso illegale in altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa fino a 15.000 euro per ogni persona (59) (60).

 

2. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 54 del codice penale, non costituiscono reato le attività di soccorso e assistenza umanitaria prestate in Italia nei confronti degli stranieri in condizioni di bisogno comunque presenti nel territorio dello Stato.

 

3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarre profitto anche indiretto, compie atti diretti a procurare l'ingresso di taluno nel territorio dello Stato in violazione delle disposizioni del presente testo unico, ovvero a procurare l'ingresso illegale in altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da quattro a quindici anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona (61).

 

3-bis. Le pene di cui ai commi 1 e 3 sono aumentate se:

 

a) il fatto riguarda l'ingresso o la permanenza illegale nel territorio dello Stato di cinque o più persone;

 

b) per procurare l'ingresso o la permanenza illegale la persona è stata esposta a pericolo per la sua vita o la sua incolumità;

 

 

c) per procurare l'ingresso o la permanenza illegale la persona è stata sottoposta a trattamento inumano o degradante;

 

c-bis) il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro o utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti (62).

 

3-ter. Se i fatti di cui al comma 3 sono compiuti al fine di reclutare persone da destinare alla prostituzione o comunque allo sfruttamento sessuale ovvero riguardano l'ingresso di minori da impiegare in attività illecite al fine di favorirne lo sfruttamento, la pena detentiva è aumentata da un terzo alla metà e si applica la multa di 25.000 euro per ogni persona (63).

 

3-quater. Le circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114 del codice penale, concorrenti con le aggravanti di cui ai commi 3-bis e 3-ter, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall'aumento conseguente alle predette aggravanti (64).

 

3-quinquies. Per i delitti previsti dai commi precedenti le pene sono diminuite fino alla metà nei confronti dell'imputato che si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi di prova decisivi per la ricostruzione dei fatti, per l'individuazione o la cattura di uno o più autori di reati e per la sottrazione di risorse rilevanti alla consumazione dei delitti (65).

 

3-sexies. All'articolo 4-bis, comma 1, terzo periodo, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, dopo le parole: «609-octies del codice penale» sono inserite le seguenti: «nonché dall'articolo 12, commi 3, 3-bis e 3-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286» (66).

 

3-septies. [In relazione ai procedimenti per i delitti previsti dal comma 3, si applicano le disposizioni dell'articolo 10 della legge 11 agosto 2003, n. 228, e successive modificazioni. L'esecuzione delle operazioni è disposta d'intesa con la Direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere] (67).

 

4. Nei casi previsti dai commi 1 e 3 è obbligatorio l'arresto in flagranza ed è disposta la confisca del mezzo di trasporto utilizzato per i medesimi reati, anche nel caso di applicazione della pena su richiesta delle parti. Nei medesimi casi si procede comunque con giudizio direttissimo, salvo che siano necessarie speciali indagini (68) (69).

 

5. Fuori dei casi previsti dai commi precedenti, e salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarre un ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero o nell'ambito delle attività punite a norma del presente articolo, favorisce la permanenza di questi nel territorio dello Stato in violazione delle norme del presente testo unico, è punito con la reclusione fino a quattro anni e con la multa fino a lire trenta milioni (70).

 

5-bis. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque cede a titolo oneroso un immobile di cui abbia la disponibilità ad un cittadino straniero irregolarmente soggiornante nel territorio dello Stato è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La condanna con provvedimento irrevocabile comporta la confisca dell'immobile, salvo che appartenga a persona estranea al reato. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni vigenti in materia di gestione e destinazione dei beni confiscati. Le somme di denaro ricavate dalla vendita, ove disposta, dei beni confiscati sono destinate al potenziamento delle attività di prevenzione e repressione dei reati in tema di immigrazione clandestina (71).

 

6. Il vettore aereo, marittimo o terrestre, è tenuto ad accertarsi che lo straniero trasportato sia in possesso dei documenti richiesti per l'ingresso nel territorio dello Stato, nonché a riferire all'organo di polizia di frontiera dell'eventuale presenza a bordo dei rispettivi mezzi di trasporto di stranieri in posizione irregolare. In caso di inosservanza anche di uno solo degli obblighi di cui al presente comma, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 3.500 a euro 5.500 per ciascuno degli stranieri trasportati. Nei casi più gravi è disposta la sospensione da uno a dodici mesi, ovvero la revoca della licenza, autorizzazione o concessione rilasciata dall'autorità amministrativa italiana inerenti all'attività professionale svolta e al mezzo di trasporto utilizzato. Si osservano le disposizioni di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689 (72).

 

7. Nel corso di operazioni di polizia finalizzate al contrasto delle immigrazioni clandestine, disposte nell'ambito delle direttive di cui all'articolo 11, comma 3, gli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza operanti nelle province di confine e nelle acque territoriali possono procedere al controllo e alle ispezioni dei mezzi di trasporto e delle cose trasportate, ancorché soggetti a speciale regime doganale, quando, anche in relazione a specifiche circostanze di luogo e di tempo, sussistono fondati motivi che possano essere utilizzati per uno dei reati previsti dal presente articolo. Dell'esito dei controlli e delle ispezioni è redatto processo verbale in appositi moduli, che è trasmesso entro quarantotto ore al procuratore della Repubblica il quale, se ne ricorrono i presupposti, lo convalida nelle successive quarantotto ore. Nelle medesime circostanze gli ufficiali di polizia giudiziaria possono altresì procedere a perquisizioni, con l'osservanza delle disposizioni di cui all'articolo 352, commi 3 e 4 del codice di procedura penale.

 

8. I beni sequestrati nel corso di operazioni di polizia finalizzate alla prevenzione e repressione dei reati previsti dal presente articolo, sono affidati dall'autorità giudiziaria procedente in custodia giudiziale, salvo che vi ostino esigenze processuali, agli organi di polizia che ne facciano richiesta per l'impiego in attività di polizia ovvero ad altri organi dello Stato o ad altri enti pubblici per finalità di giustizia, di protezione civile o di tutela ambientale. I mezzi di trasporto non possono essere in alcun caso alienati. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 100, commi 2 e 3, del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (73).

 

8-bis. Nel caso che non siano state presentate istanze di affidamento per mezzi di trasporto sequestrati, si applicano le disposizioni dell'articolo 301-bis, comma 3, del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, e successive modificazioni (74).

 

8-ter. La distruzione può essere direttamente disposta dal Presidente del Consiglio dei Ministri o dalla autorità da lui delegata, previo nullaosta dell'autorità giudiziaria procedente (75).

 

8-quater. Con il provvedimento che dispone la distruzione ai sensi del comma 8-ter sono altresì fissate le modalità di esecuzione (76).

 

8-quinquies. I beni acquisiti dallo Stato a seguito di provvedimento definitivo di confisca sono, a richiesta, assegnati all'amministrazione o trasferiti all'ente che ne abbiano avuto l'uso ai sensi del comma 8 ovvero sono alienati o distrutti. I mezzi di trasporto non assegnati, o trasferiti per le finalità di cui al comma 8, sono comunque distrutti. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni vigenti in materia di gestione e destinazione dei beni confiscati. Ai fini della determinazione dell'eventuale indennità, si applica il comma 5 dell'articolo 301-bis del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, e successive modificazioni (77).

 

9. Le somme di denaro confiscate a seguito di condanna per uno dei reati previsti dal presente articolo, nonché le somme di denaro ricavate dalla vendita, ove disposta, dei beni confiscati, sono destinate al potenziamento delle attività di prevenzione e repressione dei medesimi reati, anche a livello internazionale mediante interventi finalizzati alla collaborazione e alla assistenza tecnico-operativa con le forze di polizia dei Paesi interessati. A tal fine, le somme affluiscono ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato per essere assegnate, sulla base di specifiche richieste, ai pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero dell'interno, rubrica «Sicurezza pubblica».

 

9-bis. La nave italiana in servizio di polizia, che incontri nel mare territoriale o nella zona contigua, una nave, di cui si ha fondato motivo di ritenere che sia adibita o coinvolta nel trasporto illecito di migranti, può fermarla, sottoporla ad ispezione e, se vengono rinvenuti elementi che confermino il coinvolgimento della nave in un traffico di migranti, sequestrarla conducendo la stessa in un porto dello Stato (78).

 

9-ter. Le navi della Marina militare, ferme restando le competenze istituzionali in materia di difesa nazionale, possono essere utilizzate per concorrere alle attività di cui al comma 9-bis (79).

 

9-quater. I poteri di cui al comma 9-bis possono essere esercitati al di fuori delle acque territoriali, oltre che da parte delle navi della Marina militare, anche da parte delle navi in servizio di polizia, nei limiti consentiti dalla legge, dal diritto internazionale o da accordi bilaterali o multilaterali, se la nave batte la bandiera nazionale o anche quella di altro Stato, ovvero si tratti di una nave senza bandiera o con bandiera di convenienza (80).

 

9-quinquies. Le modalità di intervento delle navi della Marina militare nonché quelle di raccordo con le attività svolte dalle altre unità navali in servizio di polizia sono definite con decreto interministeriale dei Ministri dell'interno, della difesa, dell'economia e delle finanze e delle infrastrutture e dei trasporti (81).

 

9-sexies. Le disposizioni di cui ai commi 9-bis e 9-quater si applicano, in quanto compatibili, anche per i controlli concernenti il traffico aereo (82).

 

 

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(59)  Comma prima sostituito dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così modificato dall'art. 1-ter, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(60) La Corte costituzionale, con ordinanza 21 febbraio-9 marzo 2007, n. 75 (Gazz. Uff. 14 marzo 2007, n. 11, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 12, comma 1, sollevata in riferimento agli artt. 25 e 35, quarto comma, della Costituzione.

(61)  Comma prima sostituito dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così modificato dall'art. 1-ter, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, l'art. 10, L. 16 marzo 2006, n. 146.

(62)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così modificato dall'art. 1-ter, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, l'art. 10, L. 16 marzo 2006, n. 146.

(63)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così modificato dall'art. 1-ter, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, l'art. 10, L. 16 marzo 2006, n. 146.

(64)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così modificato dall'art. 5, L. 14 febbraio 2003, n. 34.

(65)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(66)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(67)  Comma aggiunto dall'art. 1-ter, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, e poi abrogato dal comma 11 dell'art. 9, L. 16 marzo 2006, n. 146.

(68)  Comma così sostituito dall'art. 2, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).

(69)  La Corte costituzionale con ordinanza 19-23 marzo 2001, n. 78 (Gazz. Uff. 28 marzo 2001, n. 13, serie speciale) ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 12, comma 4, come modificato dall'art. 2 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 113, sollevata in riferimento all'art. 27, primo comma, della Costituzione.

(70) Vedi, anche, l'art. 10, L. 16 marzo 2006, n. 146.

(71) Comma aggiunto dall'art. 5, D.L. 23 maggio 2008, n. 92.

(72)  Comma così modificato dall'art. 1, D.Lgs. 7 aprile 2003, n. 87 (Gazz. Uff. 23 aprile 2003, n. 94).

(73)  Il comma 8 è stato così sostituito, con i commi 8 e 8-bis, dall'art. 2, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).

(74)  Il comma 8 è stato così sostituito, con i commi 8 e 8-bis, dall'art. 2, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97). Successivamente il comma 8-bis è stato così sostituito, con i commi da 8-bis a 8-quinquies, dall'art. 1, D.L. 4 aprile 2002, n. 51 nel testo modificato dalla relativa legge di conversione.

(75)  Gli attuali commi da 8-bis a 8-quinquies così sostituiscono l'originario comma 8-bis ai sensi di quanto disposto dall'art. 1, D.L. 4 aprile 2002, n. 51.

(76)  Gli attuali commi da 8-bis a 8-quinquies così sostituiscono l'originario comma 8-bis ai sensi di quanto disposto dall'art. 1, D.L. 4 aprile 2002, n. 51.

(77)  Gli attuali commi da 8-bis a 8-quinquies così sostituiscono l'originario comma 8-bis ai sensi di quanto disposto dall'art. 1, D.L. 4 aprile 2002, n. 51 nel testo modificato dalla relativa legge di conversione.

(78)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(79)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(80)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(81)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189. In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 14 luglio 2003.

(82)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189.

 

 

Art. 13

Espulsione amministrativa.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 11)

1. Per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, il Ministro dell'interno può disporre l'espulsione dello straniero anche non residente nel territorio dello Stato, dandone preventiva notizia al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro degli affari esteri (83).

 

2. L'espulsione è disposta dal prefetto quando lo straniero:

 

a) è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera e non è stato respinto ai sensi dell'articolo 10 (84);

 

b) si è trattenuto nel territorio dello Stato in assenza della comunicazione di cui all'articolo 27, comma 1-bis, o senza aver richiesto il permesso di soggiorno nei termini prescritti, salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore, ovvero quando il permesso di soggiorno è stato revocato o annullato, ovvero è scaduto da più di sessanta giorni e non è stato chiesto il rinnovo (85) (86) (87) ;

 

c) appartiene a taluna delle categorie indicate nell'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituto dall'articolo 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327, o nell'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall'articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646 (88) (89) (90).

 

2-bis. Nell'adottare il provvedimento di espulsione ai sensi del comma 2, lettere a) e b), nei confronti dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell'articolo 29, si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonchè dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d'origine (91).

 

3. L'espulsione è disposta in ogni caso con decreto motivato immediatamente esecutivo, anche se sottoposto a gravame o impugnativa da parte dell'interessato. Quando lo straniero è sottoposto a procedimento penale e non si trova in stato di custodia cautelare in carcere, il questore, prima di eseguire l'espulsione, richiede il nulla osta all'autorità giudiziaria, che può negarlo solo in presenza di inderogabili esigenze processuali valutate in relazione all'accertamento della responsabilità di eventuali concorrenti nel reato o imputati in procedimenti per reati connessi, e all'interesse della persona offesa. In tal caso l'esecuzione del provvedimento è sospesa fino a quando l'autorità giudiziaria comunica la cessazione delle esigenze processuali. Il questore, ottenuto il nulla osta, provvede all'espulsione con le modalità di cui al comma 4. Il nulla osta si intende concesso qualora l'autorità giudiziaria non provveda entro quindici giorni dalla data di ricevimento della richiesta. In attesa della decisione sulla richiesta di nulla osta, il questore può adottare la misura del trattenimento presso un centro di identificazione ed espulsione, ai sensi dell'articolo 14 (92) (93) (94) (95) .

 

3-bis. Nel caso di arresto in flagranza o di fermo, il giudice rilascia il nulla osta all'atto della convalida, salvo che applichi la misura della custodia cautelare in carcere ai sensi dell'articolo 391, comma 5, del codice di procedura penale, o che ricorra una delle ragioni per le quali il nulla osta può essere negato ai sensi del comma 3 (96) .

 

3-ter. Le disposizioni di cui al comma 3 si applicano anche allo straniero sottoposto a procedimento penale, dopo che sia stata revocata o dichiarata estinta per qualsiasi ragione la misura della custodia cautelare in carcere applicata nei suoi confronti. Il giudice, con lo stesso provvedimento con il quale revoca o dichiara l'estinzione della misura, decide sul rilascio del nulla osta all'esecuzione dell'espulsione. Il provvedimento è immediatamente comunicato al questore (97).

 

3-quater. Nei casi previsti dai commi 3, 3-bis e 3-ter, il giudice, acquisita la prova dell'avvenuta espulsione, se non è ancora stato emesso il provvedimento che dispone il giudizio, pronuncia sentenza di non luogo a procedere. È sempre disposta la confisca delle cose indicate nel secondo comma dell'articolo 240 del codice penale. Si applicano le disposizioni di cui ai commi 13, 13-bis, 13-ter e 14 (98) (99) (100).

 

3-quinquies. Se lo straniero espulso rientra illegalmente nel territorio dello Stato prima del termine previsto dal comma 14 ovvero, se di durata superiore, prima del termine di prescrizione del reato più grave per il quale si era proceduto nei suoi confronti, si applica l'articolo 345 del codice di procedura penale. Se lo straniero era stato scarcerato per decorrenza dei termini di durata massima della custodia cautelare, quest'ultima è ripristinata a norma dell'articolo 307 del codice di procedura penale (101).

 

3-sexies. [Il nulla osta all'espulsione non può essere concesso qualora si proceda per uno o più delitti previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, nonché dall'articolo 12 del presente testo unico] (102).

 

4. L'espulsione è sempre eseguita dal questore con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica ad eccezione dei casi di cui al comma 5 (103) (104).

 

5. Nei confronti dello straniero che si è trattenuto nel territorio dello Stato quando il permesso di soggiorno è scaduto di validità da più di sessanta giorni e non ne è stato chiesto il rinnovo, l'espulsione contiene l'intimazione a lasciare il territorio dello Stato entro il termine di quindici giorni. Il questore dispone l'accompagnamento immediato alla frontiera dello straniero, qualora il prefetto rilevi il concreto pericolo che quest'ultimo si sottragga all'esecuzione del provvedimento (105) (106).

 

5-bis. Nei casi previsti ai commi 4 e 5 il questore comunica immediatamente e, comunque, entro quarantotto ore dalla sua adozione, al giudice di pace territorialmente competente il provvedimento con il quale è disposto l'accompagnamento alla frontiera. L'esecuzione del provvedimento del questore di allontanamento dal territorio nazionale è sospesa fino alla decisione sulla convalida. L'udienza per la convalida si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria di un difensore tempestivamente avvertito. L'interessato è anch'esso tempestivamente informato e condotto nel luogo in cui il giudice tiene l'udienza. Si applicano le disposizioni di cui al sesto e al settimo periodo del comma 8, in quanto compatibili. Il giudice provvede alla convalida, con decreto motivato, entro le quarantotto ore successive, verificata l'osservanza dei termini, la sussistenza dei requisiti previsti dal presente articolo e sentito l'interessato, se comparso. In attesa della definizione del procedimento di convalida, lo straniero espulso è trattenuto in uno dei centri di identificazione ed espulsione, di cui all'articolo 14, salvo che il procedimento possa essere definito nel luogo in cui è stato adottato il provvedimento di allontanamento anche prima del trasferimento in uno dei centri disponibili. Quando la convalida è concessa, il provvedimento di accompagnamento alla frontiera diventa esecutivo. Se la convalida non è concessa ovvero non è osservato il termine per la decisione, il provvedimento del questore perde ogni effetto. Avverso il decreto di convalida è proponibile ricorso per cassazione. Il relativo ricorso non sospende l'esecuzione dell'allontanamento dal territorio nazionale. Il termine di quarantotto ore entro il quale il giudice di pace deve provvedere alla convalida decorre dal momento della comunicazione del provvedimento alla cancelleria (107) (108).

 

5-ter. Al fine di assicurare la tempestività del procedimento di convalida dei provvedimenti di cui ai commi 4 e 5, ed all'articolo 14, comma 1, le questure forniscono al giudice di pace, nei limiti delle risorse disponibili, il supporto occorrente e la disponibilità di un locale idoneo (109).

 

6. [Negli altri casi, l'espulsione contiene l'intimazione a lasciare il territorio dello Stato entro il termine di quindici giorni, e ad osservare le prescrizioni per il viaggio e per la presentazione dell'ufficio di polizia di frontiera. Quando l'espulsione è disposta ai sensi del comma 2, lettera b), il questore può adottare la misura di cui all'articolo 14, comma 1, qualora il prefetto rilevi, tenuto conto di circostanze obiettive riguardanti l'inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero, il concreto pericolo che quest'ultimo si sottragga all'esecuzione del provvedimento] (110).

 

7. Il decreto di espulsione e il provvedimento di cui al comma 1 dell'articolo 14, nonché ogni altro atto concernente l'ingresso, il soggiorno e l'espulsione, sono comunicati all'interessato unitamente all'indicazione delle modalità di impugnazione e ad una traduzione in una lingua da lui conosciuta, ovvero, ove non sia possibile, in lingua francese, inglese o spagnola (111) (112) (113) (114).

 

8. Avverso il decreto di espulsione può essere presentato unicamente il ricorso al al giudice di pace del luogo in cui ha sede l'autorità che ha disposto l'espulsione. Il termine è di sessanta giorni dalla data del provvedimento di espulsione. Il al giudice di pace accoglie o rigetta il ricorso, decidendo con unico provvedimento adottato, in ogni caso, entro venti giorni dalla data di deposito del ricorso. Il ricorso di cui al presente comma può essere sottoscritto anche personalmente, ed è presentato anche per il tramite della rappresentanza diplomatica o consolare italiana nel Paese di destinazione. La sottoscrizione del ricorso, da parte della persona interessata, è autenticata dai funzionari delle rappresentanze diplomatiche o consolari che provvedono a certificarne l'autenticità e ne curano l'inoltro all'autorità giudiziaria. Lo straniero è ammesso all'assistenza legale da parte di un patrocinatore legale di fiducia munito di procura speciale rilasciata avanti all'autorità consolare. Lo straniero è altresì ammesso al gratuito patrocinio a spese dello Stato, e, qualora sia sprovvisto di un difensore, è assistito da un difensore designato dal giudice nell'àmbito dei soggetti iscritti nella tabella di cui all'articolo 29 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, nonché, ove necessario, da un interprete (115) (116).

 

9. [Il ricorso, a cui deve essere allegato il provvedimento impugnato, è presentato al pretore del luogo in cui ha sede l'autorità che ha disposto l'espulsione. Nei casi di espulsione con accompagnamento immediato, sempreché sia disposta la misura di cui al comma 1 dell'articolo 14, provvede il pretore competente per la convalida di tale misura. Il pretore accoglie o rigetta il ricorso decidendo con unico provvedimento adottato, in ogni caso, entro dieci giorni dalla data di deposito del ricorso, sentito l'interessato, nei modi di cui agli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile] (117).

 

10. [Il ricorso di cui ai commi 8, 9 e 11 può essere sottoscritto anche personalmente. Nel caso di espulsione con accompagnamento immediato, il ricorso può essere presentato anche per il tramite della rappresentanza diplomatica o consolare italiana nello Stato di destinazione, entro trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento; in tali casi, il ricorso può essere sottoscritto anche personalmente dalla parte alla presenza dei funzionari delle rappresentanze diplomatiche o consolari, che provvedono a certificarne l'autenticità e ne curano l'inoltro all'autorità giudiziaria. Lo straniero, qualora sia sprovvisto di un difensore, è assistito da un difensore designato dal giudice nell'ambito dei soggetti iscritti nella tabella di cui all'articolo 29 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e successive modificazioni, nonché, ove necessario, da un interprete] (118).

 

11. Contro il decreto di espulsione emanato ai sensi del comma 1 è ammesso ricorso al tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma.

 

12. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 19, lo straniero espulso è rinviato allo Stato di appartenenza, ovvero, quando ciò non sia possibile, allo Stato di provenienza.

 

13. Lo straniero espulso non può rientrare nel territorio dello Stato senza una speciale autorizzazione del Ministro dell'interno. In caso di trasgressione lo straniero è punito con la reclusione da uno a quattro anni ed è nuovamente espulso con accompagnamento immediato alla frontiera. La disposizione di cui al primo periodo del presente comma non si applica nei confronti dello straniero già espulso ai sensi dell'articolo 13, comma 2, lettere a) e b), per il quale è stato autorizzato il ricongiungimento, ai sensi dell'articolo 29 (119) (120) (121).

 

13-bis. Nel caso di espulsione disposta dal giudice, il trasgressore del divieto di reingresso è punito con la reclusione da uno a quattro anni. Allo straniero che, già denunciato per il reato di cui al comma 13 ed espulso, abbia fatto reingresso sul territorio nazionale si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni (122).

 

13-ter. Per i reati previsti dai commi 13 e 13-bis è obbligatorio l'arresto dell'autore del fatto anche fuori dei casi di flagranza e si procede con rito direttissimo (123).

 

14. Salvo che sia diversamente disposto, il divieto di cui al comma 13 opera per un periodo di dieci anni. Nel decreto di espulsione può essere previsto un termine più breve, in ogni caso non inferiore a cinque anni, tenuto conto della complessiva condotta tenuta dall'interessato nel periodo di permanenza in Italia (124) (125).

 

15. Le disposizioni di cui al comma 5 non si applicano allo straniero che dimostri sulla base di elementi obiettivi di essere giunto nel territorio dello Stato prima della data di entrata in vigore della legge 6 marzo 1998, n. 40. In tal caso, il questore può adottare la misura di cui all'articolo 14, comma 1.

 

16. L'onere derivante dal comma 10 del presente articolo è valutato in lire 4 miliardi per l'anno 1997 e in lire 8 miliardi annui a decorrere dall'anno 1998 (126) (127) (128) (129) (130).

 

 

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(83)  Vedi anche l'art. 3, comma 1, D.L. 27 luglio 2005, n. 144, come modificato dalla relativa legge di conversione.

(84) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 luglio 2006, n. 283 (Gazz. Uff. 12 luglio 2006, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, commi 2, lettere a) e b), 3 e 7, 13-bis e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3, 13, commi primo, secondo e terzo, e 24 della Costituzione.

(85) Lettera così sostituita dall'art. 5, D.L. 15 febbraio 2007, n. 10, come sostituito dalla relativa legge di conversione.

(86) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 luglio 2006, n. 283 (Gazz. Uff. 12 luglio 2006, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, commi 2, lettere a) e b), 3 e 7, 13-bis e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3, 13, commi primo, secondo e terzo, e 24 della Costituzione.

(87) La Corte costituzionale, con ordinanza 6-19 dicembre 2006, n. 431 (Gazz. Uff. 27 dicembre 2006, n. 51, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 3, «applicato in correlazione» con i successivi artt. 5, comma 5, e 13, comma 2, lettera b), nel testo risultante dalle modifiche di cui alla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 3, 4, 13 e 16 della Costituzione.

(88)  Vedi anche l'art. 3, comma 1, D.L. 27 luglio 2005, n. 144, come modificato dalla relativa legge di conversione.

(89)  La Corte costituzionale, con ordinanza 22 aprile-3 maggio 2002, n. 146 (Gazz. Uff. 8 maggio 2002, n. 18, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 2, sollevata in riferimento agli articoli 2, 3 e 35 della Costituzione. La stessa Corte, chiamata, di nuovo, a pronunciarsi sulla stessa questione senza addurre profili o argomenti nuovi con ordinanza 9-16 maggio 2002, n. 200 (Gazz. Uff. 22 maggio 2002, n. 20, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 13, comma 2.

(90) La Corte costituzionale, con sentenza 14-23 dicembre 2005, n. 463 (Gazz. Uff. 28 dicembre 2005, n. 52, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 13, comma 2, e 5, comma 2, sollevata in riferimento agli artt. 2 e 3 della Costituzione.

(91) Comma aggiunto dalla lettera c) del comma 1 dell'art. 2, D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 5.

(92)  Comma prima sostituito dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così modificato ai sensi di quanto disposto dall'art. 9, D.L. 23 maggio 2008, n. 92. In deroga a quanto disposto dal presente comma vedi il comma 2 dell'art. 3, D.L. 27 luglio 2005, n. 144. Vedi, anche il comma 6 dello stesso art. 3.

(93) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 marzo 2006, n. 142 (Gazz. Uff. 12 aprile 2006, n. 15, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, commi 3 e 3-quater, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 3-quater, sollevate in riferimento all'art. 3 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale del medesimo art. 13, comma 3-quater, sollevate in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 111 della Costituzione; ha infine dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 13, comma 3-quater, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

(94) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 luglio 2006, n. 280 (Gazz. Uff. 12 luglio 2006, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, commi 3 e 8, e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3, 24, e 113, secondo comma, della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 13 e 14, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 35 e 36 della Costituzione; ha infine dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-bis, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 13 e 24 della Costituzione.

(95) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 luglio 2006, n. 283 (Gazz. Uff. 12 luglio 2006, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, commi 2, lettere a) e b), 3 e 7, 13-bis e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3, 13, commi primo, secondo e terzo, e 24 della Costituzione.

(96)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(97)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(98)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(99) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 marzo 2006, n. 142 (Gazz. Uff. 12 aprile 2006, n. 15, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, commi 3 e 3-quater, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 3-quater, sollevate in riferimento all'art. 3 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale del medesimo art. 13, comma 3-quater, sollevate in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 111 della Costituzione; ha infine dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 13, comma 3-quater, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

(100) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 marzo 2006, n. 143 (Gazz. Uff. 12 aprile 2006, n. 15, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 3-quater, introdotto dall'art. 12, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevate in riferimento all'art. 3 della Costituzione; ha infine dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 3-quater, sollevate in riferimento all'art. 24 della Costituzione.

(101)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(102)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189 e successivamente abrogato dall'art. 3, comma 7, D.L. 27 luglio 2005, n. 144, come modificato dalla relativa legge di conversione.

(103)  Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(104)  La Corte costituzionale, con sentenza 8-15 luglio 2004, n. 222 (Gazz. Uff. 21 luglio 2004, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13, commi 4 e 5, come sostituito dall'art. 12, comma 1, lettera c), della legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 13, 24 e 111 della Costituzione.

(105)  Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(106)  La Corte costituzionale, con sentenza 8-15 luglio 2004, n. 222 (Gazz. Uff. 21 luglio 2004, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13, commi 4 e 5, come sostituito dall'art. 12, comma 1, lettera c), della legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 13, 24 e 111 della Costituzione.

(107)  Gli attuali commi 5-bis e 5-ter sostituiscono l'originario comma 5-bis - aggiunto dall'art. 2, D.L. 4 aprile 2002, n. 51, nel testo modificato dalla relativa legge di conversione - ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, come modificato dalla relativa legge di conversione. Successivamente il presente comma è stato così modificato ai sensi di quanto disposto dall'art. 9, D.L. 23 maggio 2008, n. 92. Il presente comma era stato, inoltre, modificato dall'art. 2, D.L. 29 dicembre 2007, n. 249, non convertito in legge. Peraltro, la Corte costituzionale, con sentenza 8-15 luglio 2004, n. 222 (Gazz. Uff. 21 luglio 2004, n. 28 - Prima serie speciale), aveva dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità dell'originario comma 5-bis, nella parte in cui non prevedeva che il giudizio di convalida dovesse svolgersi in contraddittorio prima dell'esecuzione del provvedimento di accompagnamento alla frontiera, con le garanzie della difesa. In deroga a quanto disposto dal presente comma vedi il comma 2 dell'art. 3, D.L. 27 luglio 2005, n. 144. Vedi, anche, il comma 6 dello stesso art. 3.

(108) La Corte costituzionale, con ordinanza 8-17 marzo 2006, n. 110 (Gazz. Uff. 22 marzo 2006, n. 12, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 5-bis, come modificato dal decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241, sollevate in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

(109)  Gli attuali commi 5-bis e 5-ter così sostituiscono l'originario comma 5-bis - aggiunto dall'art. 2, D.L. 4 aprile 2002, n. 51, nel testo modificato dalla relativa legge di conversione - ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241. Il presente comma era stato, inoltre, modificato dall'art. 2, D.L. 29 dicembre 2007, n. 249, non convertito in legge.

(110)  Comma abrogato dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(111)  La Corte costituzionale, con sentenza 8-21 luglio 2004, n. 257 (Gazz. Uff. 28 luglio 2004, n. 29, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 7, sollevata in riferimento agli articoli 3 e 13 della Costituzione;

ha infine dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, comma 7, e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 24 e 27 della Costituzione.

(112) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 luglio 2006, n. 283 (Gazz. Uff. 12 luglio 2006, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, commi 2, lettere a) e b), 3 e 7, 13-bis e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3, 13, commi primo, secondo e terzo, e 24 della Costituzione.

(113) La Corte costituzionale, con ordinanza 8-21 novembre 2006, n. 388 (Gazz. Uff. 29 novembre 2006, n. 47, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, nelle parti riguardanti l'arresto obbligatorio e l'obbligatorietà del rito direttissimo, sollevate in riferimento agli artt. 3 e 13 della Costituzione; inoltre ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, in relazione all'art. 13, comma 7, nella parte in cui non prescrive l'obbligatoria traduzione dell'ordine di espulsione dello straniero in una lingua conosciuta dallo stesso, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

(114) La Corte costituzionale, con ordinanza 5-16 marzo 2007, n. 84 (Gazz. Uff. 21 marzo 2007, n. 12, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 7, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

(115)  Comma prima sostituito dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così modificato dal comma 2 dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241. Il presente comma era stato, inoltre, modificato dall'art. 2, D.L. 29 dicembre 2007, n. 249, non convertito in legge.

(116) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 luglio 2006, n. 280 (Gazz. Uff. 12 luglio 2006, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, commi 3 e 8, e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3, 24, e 113, secondo comma, della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 13 e 14, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 35 e 36 della Costituzione; ha infine dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-bis, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 13 e 24 della Costituzione.

(117)  Comma prima sostituito dall'art. 3, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97) e poi abrogato dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(118)  Comma così modificato dall'art. 299, D.Lgs. 30 maggio 2002, n. 113 e dall'art. 299, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, con la decorrenza indicata nell'art. 302 dello stesso decreto. Vedi, anche, l'art. 142 del citato D.P.R. n. 115 del 2002. Successivamente il presente comma è stato abrogato dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(119)  Gli attuali commi 13, 13-bis e 13-ter hanno sostituito l'originario comma 13 ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189. Successivamente il comma 13 è stato così modificato dal comma 2-ter dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, e dalla lettera c) del comma 1 dell'art. 2, D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 5.

(120)  La Corte costituzionale, con ordinanza 24 marzo-6 aprile 2005, n. 142 (Gazz. Uff. 13 aprile 2005, n. 15, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 13, sollevata in riferimento agli artt. 24, 27, 104 e 111 della Costituzione.

(121) La Corte costituzionale, con ordinanza 20 giugno-1° luglio 2005, n. 261 (Gazz. Uff. 6 luglio 2005, n. 27, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 13, come modificato dall'art. 12 della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 2 e 3 Cost.

(122)  Gli attuali commi 13, 13-bis e 13-ter hanno sostituito l'originario comma 13 ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189. Successivamente il comma 13-bis è stato così modificato dal comma 2-ter dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. La Corte costituzionale, con sentenza 14-28 dicembre 2005, n. 466 (Gazz. Uff. 4 gennaio 2006, n. 1 - Prima serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità del secondo periodo del presente comma 13-bis, nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal citato art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(123)  Gli attuali commi 13, 13-bis e 13-ter hanno sostituito l'originario comma 13 ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189. Successivamente il comma 13-ter è stato così sostituito dal comma 2-ter dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(124)  Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(125) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 luglio 2006, n. 280 (Gazz. Uff. 12 luglio 2006, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, commi 3 e 8, e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3, 24, e 113, secondo comma, della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 13 e 14, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 35 e 36 della Costituzione; ha infine dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-bis, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 13 e 24 della Costituzione.

(126)  Vedi, anche, il comma 2-bis dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(127)  La Corte costituzionale, con ordinanza 16-29 dicembre 2004, n. 439 (Gazz. Uff. 5 gennaio 2005, n. 1, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, come modificato dall'art. 12 della legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

(128) La Corte costituzionale, con ordinanza 28 settembre-4 ottobre 2005, n. 363 (Gazz. Uff. 12 ottobre 2005, n. 41, 1ª Serie speciale), con ordinanza 28 settembre-4 ottobre 2005, n. 376 (Gazz. Uff. 12 ottobre 2005, n. 41, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13 e 17 come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 3, 24, 104 e 111 della Costituzione.

(129) La Corte costituzionale, con ordinanza 28 settembre-4 ottobre 2005, n. 375 (Gazz. Uff. 12 ottobre 2005, n. 41, 1ª Serie speciale), ha dichiarato dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13 come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 10, secondo comma, 24 e 111 della Costituzione.

(130) La Corte costituzionale, con ordinanza 8-17 marzo 2006, n. 109 (Gazz. Uff. 22 marzo 2006, n. 12, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13 e 27 della Costituzione.

(omissis)

Art. 22.

Lavoro subordinato a tempo determinato e indeterminato.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 20; legge 30 dicembre 1986, n. 943, artt. 8, 9 e 11; legge 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 13)

1. In ogni provincia è istituito presso la prefettura-ufficio territoriale del Governo uno sportello unico per l'immigrazione, responsabile dell'intero procedimento relativo all'assunzione di lavoratori subordinati stranieri a tempo determinato ed indeterminato.

 

2. Il datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia che intende instaurare in Italia un rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato con uno straniero residente all'estero deve presentare allo sportello unico per l'immigrazione della provincia di residenza ovvero di quella in cui ha sede legale l'impresa, ovvero di quella ove avrà luogo la prestazione lavorativa:

a) richiesta nominativa di nulla osta al lavoro;

b) idonea documentazione relativa alle modalità di sistemazione alloggiativa per il lavoratore straniero;

c) la proposta di contratto di soggiorno con specificazione delle relative condizioni, comprensiva dell'impegno al pagamento da parte dello stesso datore di lavoro delle spese di ritorno dello straniero nel Paese di provenienza;

d) dichiarazione di impegno a comunicare ogni variazione concernente il rapporto di lavoro.

 

3. Nei casi in cui non abbia una conoscenza diretta dello straniero, il datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia può richiedere, presentando la documentazione di cui alle lettere b) e c) del comma 2, il nulla osta al lavoro di una o più persone iscritte nelle liste di cui all'articolo 21, comma 5, selezionate secondo criteri definiti nel regolamento di attuazione.

 

4. Lo sportello unico per l'immigrazione comunica le richieste di cui ai commi 2 e 3 al centro per l'impiego di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, competente in relazione alla provincia di residenza, domicilio o sede legale. Il centro per l'impiego provvede a diffondere le offerte per via telematica agli altri centri ed a renderle disponibili su sito INTERNET o con ogni altro mezzo possibile ed attiva gli eventuali interventi previsti dall'articolo 2 del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181. Decorsi venti giorni senza che sia stata presentata alcuna domanda da parte di lavoratore nazionale o comunitario, anche per via telematica, il centro trasmette allo sportello unico richiedente una certificazione negativa, ovvero le domande acquisite comunicandole altresì al datore di lavoro. Ove tale termine sia decorso senza che il centro per l'impiego abbia fornito riscontro, lo sportello unico procede ai sensi del comma 5.

 

5. Lo sportello unico per l'immigrazione, nel complessivo termine massimo di quaranta giorni dalla presentazione della richiesta, a condizione che siano state rispettate le prescrizioni di cui al comma 2 e le prescrizioni del contratto collettivo di lavoro applicabile alla fattispecie, rilascia, in ogni caso, sentito il questore, il nulla osta nel rispetto dei limiti numerici, quantitativi e qualitativi determinati a norma dell'articolo 3, comma 4, e dell'articolo 21, e, a richiesta del datore di lavoro, trasmette la documentazione, ivi compreso il codice fiscale, agli uffici consolari, ove possibile in via telematica. Il nulla osta al lavoro subordinato ha validità per un periodo non superiore a sei mesi dalla data del rilascio.

 

6. Gli uffici consolari del Paese di residenza o di origine dello straniero provvedono, dopo gli accertamenti di rito, a rilasciare il visto di ingresso con indicazione del codice fiscale, comunicato dallo sportello unico per l'immigrazione. Entro otto giorni dall'ingresso, lo straniero si reca presso lo sportello unico per l'immigrazione che ha rilasciato il nulla osta per la firma del contratto di soggiorno che resta ivi conservato e, a cura di quest'ultimo, trasmesso in copia all'autorità consolare competente ed al centro per l'impiego competente.

 

7. Il datore di lavoro che omette di comunicare allo sportello unico per l'immigrazione qualunque variazione del rapporto di lavoro intervenuto con lo straniero, è punito con la sanzione amministrativa da 500 a 2.500 euro. Per l'accertamento e l'irrogazione della sanzione è competente il prefetto.

 

8. Salvo quanto previsto dall'articolo 23, ai fini dell'ingresso in Italia per motivi di lavoro, il lavoratore extracomunitario deve essere munito del visto rilasciato dal consolato italiano presso lo Stato di origine o di stabile residenza del lavoratore.

 

9. Le questure forniscono all'INPS e all'INAIL, tramite collegamenti telematici, le informazioni anagrafiche relative ai lavoratori extracomunitari ai quali è concesso il permesso di soggiorno per motivi di lavoro, o comunque idoneo per l'accesso al lavoro, e comunicano altresì il rilascio dei permessi concernenti i familiari ai sensi delle disposizioni di cui al titolo IV; l'INPS, sulla base delle informazioni ricevute, costituisce un «Archivio anagrafico dei lavoratori extracomunitari», da condividere con altre amministrazioni pubbliche; lo scambio delle informazioni avviene in base a convenzione tra le amministrazioni interessate. Le stesse informazioni sono trasmesse, in via telematica, a cura delle questure, all'ufficio finanziario competente che provvede all'attribuzione del codice fiscale (212).

 

10. Lo sportello unico per l'immigrazione fornisce al Ministero del lavoro e delle politiche sociali il numero ed il tipo di nulla osta rilasciati secondo le classificazioni adottate nei decreti di cui all'articolo 3, comma 4 (213).

 

11. La perdita del posto di lavoro non costituisce motivo di revoca del permesso di soggiorno al lavoratore extracomunitario ed ai suoi familiari legalmente soggiornanti. Il lavoratore straniero in possesso del permesso di soggiorno per lavoro subordinato che perde il posto di lavoro, anche per dimissioni, può essere iscritto nelle liste di collocamento per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno, e comunque, salvo che si tratti di permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per un periodo non inferiore a sei mesi. Il regolamento di attuazione stabilisce le modalità di comunicazione ai centri per l'impiego, anche ai fini dell'iscrizione del lavoratore straniero nelle liste di collocamento con priorità rispetto a nuovi lavoratori extracomunitari.

 

12. Il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno previsto dal presente articolo, ovvero il cui permesso sia scaduto e del quale non sia stato chiesto, nei termini di legge, il rinnovo, revocato o annullato, è punito con l'arresto da tre mesi ad un anno e con l'ammenda di 5.000 euro per ogni lavoratore impiegato (214).

 

13. Salvo quanto previsto per i lavoratori stagionali dall'articolo 25, comma 5, in caso di rimpatrio il lavoratore extracomunitario conserva i diritti previdenziali e di sicurezza sociale maturati e può goderne indipendentemente dalla vigenza di un accordo di reciprocità al verificarsi della maturazione dei requisiti previsti dalla normativa vigente, al compimento del sessantacinquesimo anno di età, anche in deroga al requisito contributivo minimo previsto dall'articolo 1, comma 20, della legge 8 agosto 1995, n. 335.

 

14. Le attribuzioni degli istituti di patronato e di assistenza sociale, di cui alla legge 30 marzo 2001, n. 152, sono estese ai lavoratori extracomunitari che prestino regolare attività di lavoro in Italia.

 

15. I lavoratori italiani ed extracomunitari possono chiedere il riconoscimento di titoli di formazione professionale acquisiti all'estero; in assenza di accordi specifici, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentita la commissione centrale per l'impiego, dispone condizioni e modalità di riconoscimento delle qualifiche per singoli casi. Il lavoratore extracomunitario può inoltre partecipare, a norma del presente testo unico, a tutti i corsi di formazione e di riqualificazione programmati nel territorio della Repubblica.

 

16. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi degli statuti e delle relative norme di attuazione (215).

 

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(212)  Comma così modificato dall'art. 80, comma 11, L. 27 dicembre 2002, n. 289.

(213)  La Corte costituzionale, con ordinanza 11-31 luglio 2002, n. 419 (Gazz. Uff. 7 agosto 2002, n. 31, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 22, comma 10, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 25 secondo comma, e 101 della Costituzione.

(214)  Vedi, anche, il comma 6 dell'art. 33, L. 30 luglio 2002, n. 189 e il comma 6 dell'art. 1, D.L. 9 settembre 2002, n. 195, come modificato dalla relativa legge di conversione.

(215)  Articolo così sostituito dal comma 1 dell'art. 18, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge. Per la definizione della modulistica dello Sportello unico per l'immigrazione vedi, anche, il D.M. 31 marzo 2006.

(omissis)

Art. 26

Ingresso e soggiorno per lavoro autonomo.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 24)

1. L'ingresso in Italia dei lavoratori stranieri non appartenenti all'Unione europea che intendono esercitare nel territorio dello Stato un'attività non occasionale di lavoro autonomo può essere consentito a condizione che l'esercizio di tali attività non sia riservato dalla legge ai cittadini italiani, o a cittadini di uno degli Stati membri dell'Unione Europea.

 

2. In ogni caso lo straniero che intenda esercitare in Italia una attività industriale, professionale, artigianale o commerciale, ovvero costituire società di capitale o di persone o accedere a cariche societarie deve altresì dimostrare di disporre di risorse adeguate per l'esercizio dell'attività che intende intraprendere in Italia; di essere in possesso dei requisiti previsti dalla legge italiana per l'esercizio della singola attività, compresi, ove richiesti, i requisiti per l'iscrizione in albi e registri; di essere in possesso di una attestazione dell'autorità competente in data non anteriore a tre mesi che dichiari che non sussistono motivi ostativi al rilascio dell'autorizzazione o della licenza prevista per l'esercizio dell'attività che lo straniero intende svolgere.

 

3. Il lavoratore non appartenente all'Unione europea deve comunque dimostrare di disporre di idonea sistemazione alloggiativa e di un reddito annuo, proveniente da fonti lecite, di importo superiore al livello minimo previsto dalla legge per l'esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria (219).

 

4. Sono fatte salve le norme più favorevoli previste da accordi internazionali in vigore per l'Italia.

 

5. La rappresentanza diplomatica o consolare, accertato il possesso dei requisiti indicati dal presente articolo ed acquisiti i nulla osta del Ministero degli affari esteri, del Ministero dell'interno e del Ministero eventualmente competente in relazione all'attività che lo straniero intende svolgere in Italia, rilascia il visto di ingresso per lavoro autonomo, con l'espressa indicazione dell'attività cui il visto si riferisce, nei limiti numerici stabiliti a norma dell'articolo 3, comma 4, e dell'articolo 21. La rappresentanza diplomatica o consolare rilascia, altresì, allo straniero la certificazione dell'esistenza dei requisiti previsti dal presente articolo ai fini degli adempimenti previsti dall'articolo 5, comma 3-quater, per la concessione del permesso di soggiorno per lavoro autonomo (220).

 

6. Le procedure di cui al comma 5 sono effettuate secondo le modalità previste dal regolamento di attuazione.

 

7. Il visto di ingresso per lavoro autonomo deve essere rilasciato o negato entro centoventi giorni dalla data di presentazione della domanda e della relativa documentazione e deve essere utilizzato entro centottanta giorni dalla data del rilascio.

 

7-bis. La condanna con provvedimento irrevocabile per alcuno dei reati previsti dalle disposizioni del Titolo III, Capo III, Sezione II, della legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni, relativi alla tutela del diritto di autore, e dagli articoli 473 e 474 del codice penale comporta la revoca del permesso di soggiorno rilasciato allo straniero e l'espulsione del medesimo con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica (221) (222) (223) (224).

 

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(219)  Comma così modificato dal comma 3 dell'art. 28, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(220)  Periodo aggiunto dal comma 2 dell'art. 18, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.

(221)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 21, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(222) La Corte costituzionale, con ordinanza 2-4 maggio 2005, n. 189 (Gazz. Uff. 11 maggio 2005, n. 19, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 26, comma 7-bis, sollevata in riferimento agli artt. 1, 2, 3, 4, 27, 35 e 113 della Costituzione.

(223) La Corte costituzionale, con sentenza 7-22 giugno 2006, n. 240 (Gazz. Uff. 28 giugno 2006, n. 26, 1ª Serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 26, comma 7-bis, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 27, terzo comma, e 41 della Costituzione; ha infine dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 8, sollevata in riferimento agli artt. 3, 100, primo comma, e 103, primo comma, della Costituzione.

(224) La Corte costituzionale, con ordinanza 7-21 marzo 2007, n. 101 (Gazz. Uff. 28 marzo 2007, n. 13, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 26, comma 7-bis, sollevata in riferimento agli artt. 1, 2, 3, 4, 27, 35, 41, 100, 103 e 113 della Costituzione.

(omissis)


 

D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267.
Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali
(art. 54)

 

(1) (2)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 28 settembre 2000, n. 227, S.O.

(2) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- I.N.P.D.A.P. (Istituto nazionale previdenza dipendenti amministrazione pubblica): Informativa 18 marzo 2003, n. 5; Informativa 23 giugno 2003, n. 22;

- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 8 gennaio 2002, n. 8; Msg. 26 settembre 2003, n. 340; Msg. 1 aprile 2004, n. 9392;

- Ministero dei lavori pubblici: Circ. 11 dicembre 2000, n. 622/Segr.;

- Ministero dell'economia e delle finanze: Ris. 6 agosto 2002, n. 269/E;

- Ministero dell'interno: Circ. 11 ottobre 2000, n. 7/2000; Circ. 19 ottobre 2000, n. 9/2000; Circ. 20 ottobre 2000, n. F.L.19/2000; Circ. 14 novembre 2000, n. F.L.21/2000; Circ. 8 novembre 2000, n. 10; Circ. 10 gennaio 2001, n. 1/2001; Circ. 19 marzo 2001, n. F.L.13/2001; Circ. 6 giugno 2001, n. F.L.23/2001; Circ. 27 luglio 2001, n. 6; Circ. 6 settembre 2001, n. 7; Circ. 20 febbraio 2002, n. F.L.3/2002; Circ. 21 giugno 2002, n. F.L.14/2002; Circ. 10 luglio 2002, n. F.L.16/2002; Circ. 12 novembre 2002, n. 23/2002; Circ. 10 febbraio 2003, n. F.L.1/2003; Circ. 8 maggio 2003, n. 8/2003; Circ. 29 maggio 2003, n. F.L. 19/2003; Circ. 6 febbraio 2004, n. F.L.4/2004; Circ. 3 marzo 2004, n. F.L.6/2004; Circ. 13 luglio 2004, n. F.L.20/2004; Circ. 16 luglio 2004, n. F.L.17/2004; Circ. 2 febbraio 2005, n. 2/2005; Circ. 11 febbraio 2005, n. F.L.2/2005; Circ. 12 maggio 2005, n. F.L.17/2005;

- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Circ. 19 ottobre 2001, n. 12727.

(omissis)

Art. 54

Attribuzioni del sindaco nei servizi di competenza statale.

1. Il sindaco, quale ufficiale del Governo, sovrintende:

 

a) all'emanazione degli atti che gli sono attribuiti dalla legge e dai regolamenti in materia di ordine e sicurezza pubblica;

 

b) allo svolgimento delle funzioni affidategli dalla legge in materia di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria;

 

c) alla vigilanza su tutto quanto possa interessare la sicurezza e l'ordine pubblico, informandone il prefetto.

 

2. Il sindaco, nell'esercizio delle funzioni di cui al comma 1, concorre ad assicurare anche la cooperazione della polizia locale con le Forze di polizia statali, nell'ambito delle direttive di coordinamento impartite dal Ministro dell'interno - Autorità nazionale di pubblica sicurezza.

 

3. Il sindaco, quale ufficiale del Governo, sovrintende, altresì, alla tenuta dei registri di stato civile e di popolazione e agli adempimenti demandatigli dalle leggi in materia elettorale, di leva militare e di statistica.

 

4. Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta, con atto motivato e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento, provvedimenti contingibili e urgenti al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana. I provvedimenti di cui al presente comma sono tempestivamente comunicati al prefetto anche ai fini della predisposizione degli strumenti ritenuti necessari alla loro attuazione.

 

5. Qualora i provvedimenti di cui ai commi 1 e 4 possano comportare conseguenze sull'ordinata convivenza delle popolazioni dei comuni contigui o limitrofi, il prefetto indice un'apposita conferenza alla quale prendono parte i sindaci interessati, il presidente della provincia e, qualora ritenuto opportuno, soggetti pubblici e privati dell'ambito territoriale interessato dall'intervento.

 

6. In casi di emergenza, connessi con il traffico o con l'inquinamento atmosferico o acustico, ovvero quando a causa di circostanze straordinarie si verifichino particolari necessità dell'utenza o per motivi di sicurezza urbana, il sindaco può modificare gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché, d'intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, adottando i provvedimenti di cui al comma 4.

 

7. Se l'ordinanza adottata ai sensi del comma 4 è rivolta a persone determinate e queste non ottemperano all'ordine impartito, il sindaco può provvedere d'ufficio a spese degli interessati, senza pregiudizio dell'azione penale per i reati in cui siano incorsi.

 

8. Chi sostituisce il sindaco esercita anche le funzioni di cui al presente articolo.

 

9. Nell'ambito delle funzioni di cui al presente articolo, il prefetto può disporre ispezioni per accertare il regolare svolgimento dei compiti affidati, nonché per l'acquisizione di dati e notizie interessanti altri servizi di carattere generale.

 

10. Nelle materie previste dai commi 1 e 3, nonché dall'articolo 14, il sindaco, previa comunicazione al prefetto, può delegare l'esercizio delle funzioni ivi indicate al presidente del consiglio circoscrizionale; ove non siano costituiti gli organi di decentramento comunale, il sindaco può conferire la delega a un consigliere comunale per l'esercizio delle funzioni nei quartieri e nelle frazioni.

 

11. Nelle fattispecie di cui ai commi 1, 3 e 4, anche nel caso di inerzia del sindaco o del suo delegato nell'esercizio delle funzioni previste dal comma 10, il prefetto può intervenire con proprio provvedimento.

 

12. Il Ministro dell'interno può adottare atti di indirizzo per l'esercizio delle funzioni previste dal presente articolo da parte del sindaco (62).

 

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(62) Articolo così sostituito dall'art. 6, D.L. 23 maggio 2008, n. 95. Il testo previgente corrispondeva all'art. 38, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata.

(omissis)


 

D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274.
Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell'articolo 14 della L. 24 novembre 1999, n. 468
(art. 4)

 

 

(1) (1/a) (1/circ) (1/cost).

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 6 ottobre 2000, n. 234, S.O.

(1/a) Il regolamento di esecuzione del presente decreto è stato adottato con D.M. 6 aprile 2001, n. 204.

(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- I.N.A.I.L. (Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro): Nota 22 marzo 2004;

- Ministero della giustizia: Circ. 21 dicembre 2001, n. 592; Nota 25 settembre 2002.

(1/cost) La Corte costituzionale, con ordinanza 20-29 gennaio 2004, n. 53 (Gazz. Uff. 4 febbraio 2004, n. 5, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 sollevate in riferimento agli artt. 3, 24 e 97, primo comma, della Costituzione.

(omissis)

Art. 4

Competenza per materia.

1. Il giudice di pace è competente:

 

a) per i delitti consumati o tentati previsti dagli articoli 581, 582, limitatamente alle fattispecie di cui al secondo comma perseguibili a querela di parte, 590, limitatamente alle fattispecie perseguibili a querela di parte e ad esclusione delle fattispecie connesse alla colpa professionale e dei fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale quando, nei casi anzidetti, derivi una malattia di durata superiore a venti giorni, 594, 595, primo e secondo comma, 612, primo comma, 626, 627, 631, salvo che ricorra l'ipotesi di cui all'articolo 639-bis, 632, salvo che ricorra l'ipotesi di cui all'articolo 639-bis, 633, primo comma, salvo che ricorra l'ipotesi di cui all'articolo 639-bis, 635, primo comma, 636, salvo che ricorra l'ipotesi di cui all'articolo 639-bis, 637, 638, primo comma, 639 e 647 del codice penale (2) (3/cost);

 

b) per le contravvenzioni previste dagli articoli 689, 690, 691, 726, primo comma, e 731 del codice penale (2/a).

 

2. Il giudice di pace è altresì competente per i delitti, consumati o tentati, e per le contravvenzioni previsti dalle seguenti disposizioni:

 

a) articoli 25 e 62, terzo comma, del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, recante «Testo unico in materia di sicurezza»;

 

b) articoli 1095, 1096 e 1119 del regio decreto 30 marzo 1942, n. 327, recante «Approvazione del testo definitivo del codice della navigazione» (2/b);

 

c) articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 4 agosto 1957, n. 918, recante «Approvazione del testo organico delle norme sulla disciplina dei rifugi alpini»;

 

d) articoli 102 e 106 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, recante «Testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati»;

 

e) articolo 92 del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, recante «Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali»;

 

f) articolo 15, secondo comma, della legge 28 novembre 1965, n. 1329, recante «Provvedimenti per l'acquisto di nuove macchine utensili»;

 

g) articolo 3 della legge 8 novembre 1991, n. 362, recante «Norme di riordino del settore farmaceutico»;

 

h) articolo 51 della legge 25 maggio 1970, n. 352, recante «Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo»;

 

i) articoli 3, terzo e quarto comma, 46, quarto comma e 65, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 753, recante «Nuove norme in materia di polizia, sicurezza e regolarità dell'esercizio delle ferrovie e di altri servizi di trasporto»;

 

l) articoli 18 e 20 della legge 2 agosto 1982, n. 528, recante «Ordinamento del gioco del lotto e misure per il personale del lotto»;

 

m) articolo 17, comma 3, della legge 4 maggio 1990, n. 107, recante «Disciplina per le attività trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e per la produzione di plasmaderivati»;

 

n) articolo 15, comma 3, del decreto legislativo 27 settembre 1991, n. 311, recante «Attuazione delle direttive n. 87/404/CEE e n. 90/488/CEE in materia di recipienti semplici a pressione, a norma dell'articolo 56 della legge 29 dicembre 1990, n. 428»;

 

o) articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 27 settembre 1991, n. 313, recante «Attuazione della direttiva n. 88/378/CEE relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti la sicurezza dei giocattoli, a norma dell'articolo 54 della legge 29 dicembre 1990, n. 428»;

 

p) [articolo 7, comma 9, del decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 74, recante «Attuazione della direttiva n. 84/450/CEE in materia di pubblicità ingannevole»] (2/c);

 

q) articoli 186, commi 2 e 6, 187, commi 4 e 5, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, recante «Nuovo codice della strada» (2/d);

 

r) articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 14 dicembre 1992, n. 507, recante «Attuazione della direttiva n. 90/385/CEE concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai dispositivi medici impiantabili attivi»;

 

s) articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 46, recante «Attuazione della direttiva n. 90/385/CEE concernente i dispositivi medici» (2/e).

 

3. La competenza per i reati di cui ai commi 1 e 2 è tuttavia del tribunale se ricorre una o più delle circostanze previste dagli articoli 1 del decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1980, n. 15, 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e 3 del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205.

 

4. Rimane ferma la competenza del tribunale per i minorenni.

 

 

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(2) Lettera così modificata dall'art. 3, L. 9 aprile 2003, n. 72 (Gazz. Uff. 15 aprile 2003, n. 88).

(3/cost) La Corte costituzionale, con ordinanza 29 novembre-2 dicembre 2004, n. 373 (Gazz. Uff. 9 dicembre 2004, Ediz. Str.), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 64, comma 2, secondo periodo, e 4, comma 1, lettera a), sollevata in riferimento agli artt. 3 e 25 della Costituzione.

(2/a) Vedi, anche, l'art. 45 del testo unico di cui al D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313.

(2/b) Lettera così rettificata con Comunicato 23 marzo 2001 (Gazz. Uff. 23 marzo 2001, n. 69), con Comunicato 6 aprile 2001 (Gazz. Uff. 6 aprile 2001, n. 81) e con Comunicato 24 maggio 2001 (Gazz, Uff. 24 maggio 2001, n. 119), che ha annullato e sostituito i due precedenti comunicati.

(2/c) Lettera abrogata dall'art. 2, L. 6 aprile 2005, n. 49 (Gazz. Uff. 14 aprile 2005, n. 86). Successivamente la citata legge n. 49 del 2005 è stata abrogata dall'art. 146, D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206.

(2/d) Lettera così modificata dall'art. 3, L. 9 aprile 2003, n. 72 (Gazz. Uff. 15 aprile 2003, n. 88). Vedi, ora, la nuova formulazione degli articoli 186 e 187 del codice della strada come sostituiti, da ultimo, dall'art. 6, D.L. 27 giugno 2003, n. 151.

(2/e) Vedi, anche, l'art. 45 del testo unico di cui al D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313.

(omissis)


 

Legge 26 marzo 2001, n. 128.
Interventi legislativi in materia di tutela della sicurezza dei cittadini
(artt. 17, 20)

 

 

(1)

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 19 aprile 2001, n. 91.

(omissis)

Art. 17

1. Il Ministro dell'interno impartisce e aggiorna annualmente le direttive per la realizzazione, a livello provinciale e nei maggiori centri urbani, di piani coordinati di controllo del territorio da attuare a cura dei competenti uffici della Polizia di Stato e comandi dell'Arma dei carabinieri e, per i servizi pertinenti alle attività d'istituto, del Corpo della Guardia di finanza, con la partecipazione di contingenti dei corpi o servizi di polizia municipale, previa richiesta al sindaco, o nell'àmbito di specifiche intese con la predetta autorità, prevedendo anche l'istituzione di presìdi mobili di quartiere nei maggiori centri urbani, nonché il potenziamento e il coordinamento, anche mediante idonee tecnologie, dei servizi di soccorso pubblico e pronto intervento per la sicurezza dei cittadini (22).

 

2. Qualora vittime di reati siano soggetti portatori di handicap, persone anziane o altrimenti impedite, in seguito alle richieste di intervento da questi inoltrate un appartenente alle forze dell'ordine si reca al domicilio della vittima stessa anche al fine di stendere e ricevere la relativa denuncia. Le modalità di attuazione del servizio sono stabilite con protocolli di intesa tra comuni e prefetture.

 

3. Ai fini della prevenzione dei delitti di ricettazione, riciclaggio o reimpiego dei beni di provenienza illecita o di quelli concernenti armi o esplosivi, gli ufficiali e gli agenti di pubblica sicurezza esercitano i controlli di cui all'articolo 16 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, relativamente alle attività soggette ad autorizzazione disciplinata dallo stesso testo unico o da altre disposizioni di legge ed individuate dal Ministro dell'interno con regolamento da adottare di concerto con il Ministro della giustizia, con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, con il Ministro dei trasporti e della navigazione e con il Ministro per gli affari regionali, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (23).

 

4. Relativamente alle attività sottoposte ai controlli di prevenzione di cui al comma 3, il prefetto, per motivate esigenze di ordine e sicurezza pubblica, può richiedere all'organo competente per il rilascio del provvedimento autorizzatorio, che provvede in base alle disposizioni di legge o di regolamento in vigore, la sospensione o la revoca del provvedimento stesso, ovvero la cessazione dell'attività esercitata in assenza di questo. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 9 della legge 25 agosto 1991, n. 287.

 

5. La relazione di cui all'articolo 113 della legge 1° aprile 1981, n. 121, comprende anche tutti i dati relativi alle iniziative di cui al presente articolo, suddivisi su base provinciale. Il Senato della Repubblica e la Camera dei deputati definiscono modalità per l'esame di tale relazione.

 

 

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(22) Vedi, anche, l'art. 7, D.L. 23 maggio 2008, n. 92.

(23) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 7 aprile 2008, n. 104.

(omissis)

Art. 20

1. Al personale militare impiegato nell'àmbito dei programmi di cui all'articolo 18, e con riferimento al periodo di effettivo impiego nell'àmbito di tali programmi, è attribuita una indennità onnicomprensiva determinata con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, di concerto con i Ministri dell'interno e della difesa. Per tale personale militare la predetta indennità, aggiuntiva al trattamento stipendiale o alla paga giornaliera, non può superare il trattamento economico accessorio previsto per il personale delle Forze di polizia (25).

 

 

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(25)  In attuazione di quanto disposto dal presente articolo vedi il D.M. 25 giugno 2004.

(omissis)

 


 

D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia
(artt. 76, 93, 96)

 

 

(1) (Testo A) (2) (3).

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 15 giugno 2002, n. 139, S.O.

(2) Il presente testo unico raccoglie le disposizioni legislative e regolamentari contenute nel D.Lgs. 30 maggio 2002, n. 113 e nel D.P.R. 30 maggio 2002, n. 114. Tali disposizioni sono contrassegnate nel testo, rispettivamente, con le lettere «L» ed «R».

(3) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- Ministero dell'economia e delle finanze: Circ. 14 agosto 2002, n. 70/E; Ris. 4 ottobre 2002, n. 319/E; Ris. 30 dicembre 2002, n. 397/E; Circ. 5 dicembre 2003, n. 56/E; Ris. 25 giugno 2004, n. 88/E; Ris. 10 agosto 2004, n. 114/E; Ris. 24 settembre 2004, n. 124/E; Ris. 6 dicembre 2004, n. 144/E;

- Ministero della giustizia: Circ. 28 giugno 2002, n. 4/2002; Circ. 13 luglio 2002; Circ. 8 ottobre 2002, n. 6/2002; Circ. 15 ottobre 2002; Circ. 14 novembre 2002, n. 7/2002; Nota 18 marzo 2003; Circ. 2 aprile 2003; Circ. 9 aprile 2003; Nota 6 maggio 2003; Circ. 30 maggio 2003; Nota 9 giugno 2003; Nota 10 giugno 2003; Nota 13 giugno 2003; Nota 24 giugno 2003; Circ. 26 giugno 2003, n. 9/2003; Nota 29 settembre 2003; Circ. 23 ottobre 2003, n. 11; Nota 31 dicembre 2003; Nota 10 giugno 2004; Nota 28 maggio 2004,n.1/6307/44/U-04; Nota 1 marzo 2005; Nota 11 maggio 2005, n. 1/5561/U/44/NV.

(omissis)

Capo II - Condizioni per l'ammissione al patrocinio

 

Art. 76. (L)

Condizioni per l'ammissione.

1. Può essere ammesso al patrocinio chi è titolare di un reddito imponibile ai fini dell'imposta personale sul reddito, risultante dall'ultima dichiarazione, non superiore a euro 9.723,84 (28).

 

2. Salvo quanto previsto dall'articolo 92, se l'interessato convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito è costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso l'istante.

 

3. Ai fini della determinazione dei limiti di reddito, si tiene conto anche dei redditi che per legge sono esenti dall'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta, ovvero ad imposta sostitutiva.

 

4. Si tiene conto del solo reddito personale quando sono oggetto della causa diritti della personalità, ovvero nei processi in cui gli interessi del richiedente sono in conflitto con quelli degli altri componenti il nucleo familiare con lui conviventi.

 

 

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(28)  L'originario importo di euro 9.296,22 è stato così aggiornato dal Decr. 29 dicembre 2005 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2006, n. 27).

(omissis)

Capo III - Istanza di ammissione al patrocinio

 

Art. 93. (L)

Presentazione dell'istanza al magistrato competente.

1. L'istanza è presentata esclusivamente dall'interessato o dal difensore, ovvero inviata, a mezzo raccomandata, all'ufficio del magistrato innanzi al quale pende il processo. Se procede la Corte di cassazione, l'istanza è presentata all'ufficio del magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato.

 

2. L'istanza può essere presentata dal difensore direttamente in udienza.

 

3. Per il richiedente detenuto, internato in un istituto, in stato di arresto o di detenzione domiciliare, ovvero custodito in un luogo di cura, si applica l'articolo 123 del codice di procedura penale. Il direttore o l'ufficiale di polizia giudiziaria che hanno ricevuto l'istanza, ai sensi dell'articolo 123 del codice di procedura penale, la presentano o inviano, a mezzo raccomandata, all'ufficio del magistrato davanti al quale pende il processo.

(omissis)

Capo IV - Decisione sull'istanza di ammissione

 

Art. 96. (L)

Decisione sull'istanza di ammissione al patrocinio.

1. Nei dieci giorni successivi a quello in cui è stata presentata o è pervenuta l'istanza di ammissione, ovvero immediatamente, se la stessa è presentata in udienza a pena di nullità assoluta ai sensi dell'articolo 179, comma 2, del codice di procedura penale, il magistrato davanti al quale pende il processo o il magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato, se procede la Corte di cassazione, verificata l'ammissibilità dell'istanza, ammette l'interessato al patrocinio a spese dello Stato se, alla stregua della dichiarazione sostitutiva prevista dall'articolo 79, comma 1, lettera c), ricorrono le condizioni di reddito cui l'ammissione al beneficio è subordinata (39).

 

2. Il magistrato respinge l'istanza se vi sono fondati motivi per ritenere che l'interessato non versa nelle condizioni di cui agli articoli 76 e 92, tenuto conto del tenore di vita, delle condizioni personali e familiari, e delle attività economiche eventualmente svolte. A tale fine, prima di provvedere, il magistrato può trasmettere l'istanza, unitamente alla relativa dichiarazione sostitutiva, alla Guardia di finanza per le necessarie verifiche.

 

3. Il magistrato, quando si procede per uno dei delitti previsti dall'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, ovvero nei confronti di persona proposta o sottoposta a misura di prevenzione, deve chiedere preventivamente al questore, alla Direzione investigativa antimafia (DIA) ed alla Direzione nazionale antimafia (DNA) le informazioni necessarie e utili relative al tenore di vita, alle condizioni personali e familiari e alle attività economiche eventualmente svolte dai soggetti richiedenti, che potranno essere acquisite anche a mezzo di accertamenti da richiedere alla Guardia di finanza.

 

4. Il magistrato decide sull'istanza negli stessi termini previsti dal comma 1 anche quando ha richiesto le informazioni di cui ai commi 2 e 3 (40) (41).

 

 

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(39)  La Corte costituzionale, con ordinanza 13-21 dicembre 2004, n. 396 (Gazz. Uff. 29 dicembre 2004, n. 50, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 96, comma 1, e dell'art. 96 sollevate in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

(40)  La Corte costituzionale, con ordinanza 8-12 marzo 2004, n. 94 (Gazz. Uff. 17 marzo 2004, n. 11, 1ª Serie speciale), ha dichiarato dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 91, comma 1, lettera a), sollevata in riferimento agli articoli 3, 24, terzo comma, e 27, secondo comma, della Costituzione, dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brescia e, in riferimento agli articoli 3 e 24, secondo e terzo comma, della Costituzione;

ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 96, comma 4, sollevata in riferimento all'articolo 97, primo comma, della Costituzione.

(41)  La Corte costituzionale, con ordinanza 13-21 dicembre 2004, n. 396 (Gazz. Uff. 29 dicembre 2004, n. 50, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 96, comma 1, e dell'art. 96 sollevate in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

(omissis)


Legge 31 luglio 2006, n. 241.
Concessione di indulto

 

(1)

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 31 luglio 2006, n. 176.

 

 

Art. 1

1. È concesso indulto, per tutti i reati commessi fino a tutto il 2 maggio 2006, nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive e non superiore a 10.000 euro per quelle pecuniarie sole o congiunte a pene detentive. Non si applicano le esclusioni di cui all'ultimo comma dell'articolo 151 del codice penale.

 

Art. 2

L'indulto non si applica:

 

a) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

 

1) 270 (associazioni sovversive), primo comma;

 

2) 270-bis (associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico);

 

3) 270-quater (arruolamento con finaità di terrorismo anche internazionale);

 

4) 270-quinquies (addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale);

 

5) 280 (attentato per finalità terroristiche o di eversione);

 

6) 280-bis (atto di terrorismo con ordigni micidiali o esplosivi);

 

7) 285 (devastazione, saccheggio e strage);

 

8) 289-bis (sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione);

 

9) 306 (banda armata);

 

10) 416, sesto comma (associazione per delinquere finalizzata alla commissione dei delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602 del codice penale);

 

11) 416-bis (associazione di tipo mafioso);

 

12) 422 (strage);

 

13) 600 (riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù);

 

14) 600-bis (prostituzione minorile);

 

15) 600-ter (pornografia minorile), anche nell'ipotesi prevista dall'articolo 600-quater.1 del codice penale;

 

16) 600-quater (detenzione di materiale pornografico), anche nell'ipotesi prevista dall'articolo 600-quater.1 del codice penale, sempre che il delitto sia aggravato ai sensi del secondo comma del medesimo articolo 600-quater;

 

17) 600-quinquies (iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile);

 

18) 601 (tratta di persone);

 

19) 602 (acquisto e alienazione di schiavi);

 

20) 609-bis (violenza sessuale);

 

21) 609-quater (atti sessuali con minorenne);

 

22) 609-quinquies (corruzione di minorenne);

 

23) 609-octies (violenza sessuale di gruppo);

 

24) 630 (sequestro di persona a scopo di estorsione), commi primo, secondo e terzo;

 

25) 644 (usura);

 

26) 648-bis (riciclaggio), limitatamente all'ipotesi che la sostituzione riguardi denaro, beni o altre utilità provenienti dal delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione o dai delitti concernenti la produzione o il traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope;

 

b) per i delitti riguardanti la produzione, il traffico e la detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope, di cui all'articolo 73 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, aggravati ai sensi dell'articolo 80, comma 1, lettera a), e comma 2, del medesimo testo unico, nonchè per il delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui all'articolo 74 del citato testo unico, in tutte le ipotesi previste dai commi 1, 4 e 5 del medesimo articolo 74;

 

c) per i reati per i quali ricorre la circostanza aggravante di cui all'articolo 1 del decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito, con modificazioni, da1la legge 6 febbraio 1980, n. 15, e successive modificazioni;

 

d) per i reati per i quali ricorre la circostanza aggravante di cui all'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e successive modificazioni;

 

e) per i reati per i quali ricorre la circostanza aggravante di cui all'articolo 3 del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205.

 

3. Il beneficio dell'indulto è revocato di diritto se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo per il quale riporti condanna a pena detentiva non inferiore a due anni.

 

4. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

 


 

D.Lgs. 6 febbraio 2007, n. 30.
Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri
(art. 20)

 

 

(1)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 27 marzo 2007, n. 72.

(omissis)

Art. 20

Limitazioni al diritto di ingresso e di soggiorno.

1. Salvo quanto previsto dall'articolo 21, il diritto di ingresso e soggiorno dei cittadini dell'Unione o dei loro familiari, qualsiasi sia la loro cittadinanza, può essere limitato con apposito provvedimento solo per: motivi di sicurezza dello Stato; motivi imperativi di pubblica sicurezza; altri motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.

 

2. I motivi di sicurezza dello Stato sussistono anche quando la persona da allontanare appartiene ad una delle categorie di cui all'articolo 18 della legge 22 maggio 1975, n. 152, ovvero vi sono fondati motivi di ritenere che la sua permanenza nel territorio dello Stato possa in qualsiasi modo agevolare organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali.

 

3. I motivi imperativi di pubblica sicurezza sussistono quando la persona da allontanare abbia tenuto comportamenti che costituiscono una minaccia concreta, effettiva e grave ai diritti fondamentali della persona ovvero all'incolumità pubblica, rendendo urgente l'allontanamento perché la sua ulteriore permanenza sul territorio è incompatibile con la civile e sicura convivenza. Ai fini dell'adozione del provvedimento, si tiene conto anche di eventuali condanne, pronunciate da un giudice italiano o straniero, per uno o più delitti non colposi, consumati o tentati, contro la vita o l'incolumità della persona, o per uno o più delitti corrispondenti alle fattispecie indicate nell'articolo 8 della legge 22 aprile 2005, n. 69, di eventuali ipotesi di applicazione della pena su richiesta a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale per i medesimi delitti, ovvero dell'appartenenza a taluna delle categorie di cui all'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e successive modificazioni, o di cui all'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, nonché di misure di prevenzione o di provvedimenti di allontanamento disposti da autorità straniere.

 

4. I provvedimenti di allontanamento sono adottati nel rispetto del principio di proporzionalità e non possono essere motivati da ragioni di ordine economico, né da ragioni estranee ai comportamenti individuali dell'interessato che rappresentino una minaccia concreta e attuale all'ordine pubblico o alla pubblica sicurezza. L'esistenza di condanne penali non giustifica di per sé l'adozione di tali provvedimenti.

 

5. Nell'adottare un provvedimento di allontanamento, si tiene conto della durata del soggiorno in Italia dell'interessato, della sua età, della sua situazione familiare e economica, del suo stato di salute, della sua integrazione sociale e culturale nel territorio nazionale e dell'importanza dei suoi legami con il Paese di origine.

 

6. I titolari del diritto di soggiorno permanente di cui all'articolo 14 possono essere allontanati dal territorio nazionale solo per motivi di sicurezza dello Stato, per motivi imperativi di pubblica sicurezza o per altri gravi motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.

 

7. I beneficiari del diritto di soggiorno che hanno soggiornato nel territorio nazionale nei precedenti dieci anni o che siano minorenni possono essere allontanati solo per motivi di sicurezza dello Stato o per motivi imperativi di pubblica sicurezza, salvo l'allontanamento sia necessario nell'interesse stesso del minore, secondo quanto previsto dalla Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata con legge 27 maggio 1991, n. 176.

 

8. Le malattie o le infermità che possono giustificare limitazioni alla libertà di circolazione nel territorio nazionale sono solo quelle con potenziale epidemico individuate dall'Organizzazione mondiale della sanità, nonché altre malattie infettive o parassitarie contagiose, sempreché siano oggetto di disposizioni di protezione che si applicano ai cittadini italiani. Le malattie che insorgono successivamente all'ingresso nel territorio nazionale non possono giustificare l'allontanamento.

 

9. Il Ministro dell'interno adotta i provvedimenti di allontanamento per motivi imperativi di pubblica sicurezza dei soggetti di cui al comma 7, nonché i provvedimenti di allontanamento per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato. Negli altri casi, i provvedimenti di allontanamento sono adottati dal prefetto del luogo di residenza o dimora del destinatario.

 

10. I provvedimenti di allontanamento sono motivati, salvo che vi ostino motivi attinenti alla sicurezza dello Stato. Se il destinatario non comprende la lingua italiana, il provvedimento è accompagnato da una traduzione del suo contenuto, anche mediante appositi formulari, sufficientemente dettagliati, redatti in una lingua a lui comprensibile o, se ciò non è possibile per indisponibilità di personale idoneo alla traduzione del provvedimento in tale lingua, comunque in una delle lingue francese, inglese, spagnola o tedesca, secondo la preferenza indicata dall'interessato. Il provvedimento è notificato all'interessato e riporta le modalità di impugnazione e, salvo quanto previsto al comma 11, indica il termine stabilito per lasciare il territorio nazionale che non può essere inferiore ad un mese dalla data della notifica e, nei casi di comprovata urgenza, può essere ridotto a dieci giorni. Il provvedimento indica anche la durata del divieto di reingresso che non può essere superiore a dieci anni nei casi di allontanamento per i motivi di sicurezza dello Stato e a cinque anni negli altri casi.

 

11. Il provvedimento di allontanamento per motivi di sicurezza dello Stato e per motivi imperativi di pubblica sicurezza è immediatamente eseguito dal questore e si applicano le disposizioni di cui all'articolo 13, comma 5-bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

 

12. Nei casi di cui al comma 10, se il destinatario del provvedimento di allontanamento si trattiene oltre il termine fissato, il questore dispone l'esecuzione immediata del provvedimento di allontanamento dell'interessato dal territorio nazionale. Si applicano, per la convalida del provvedimento del questore, le disposizioni del comma 11.

 

13. Il destinatario del provvedimento di allontanamento può presentare domanda di revoca del divieto di reingresso dopo che, dall'esecuzione del provvedimento, sia decorsa almeno la metà della durata del divieto, e in ogni caso decorsi tre anni. Nella domanda devono essere addotti gli argomenti intesi a dimostrare l'avvenuto oggettivo mutamento delle circostanze che hanno motivato la decisione di vietarne il reingresso nel territorio nazionale. Sulla domanda, entro sei mesi dalla sua presentazione, decide con atto motivato l'autorità che ha emanato il provvedimento di allontanamento. Durante l'esame della domanda l'interessato non ha diritto di ingresso nel territorio nazionale.

 

14. Il destinatario del provvedimento di allontanamento che rientra nel territorio nazionale in violazione del divieto di reingresso, è punito con la reclusione fino a due anni, nell'ipotesi di allontanamento per motivi di sicurezza dello Stato, ovvero fino ad un anno, nelle altre ipotesi. Il giudice può sostituire la pena della reclusione con la misura dell'allontanamento immediato con divieto di reingresso nel territorio nazionale, per un periodo da cinque a dieci anni. L'allontanamento è immediatamente eseguito dal questore, anche se la sentenza non è definitiva.

 

15. Si applica la pena detentiva della reclusione fino a tre anni in caso di reingresso nel territorio nazionale in violazione della misura dell'allontanamento disposta ai sensi del comma 14, secondo periodo.

 

16. Nei casi di cui ai commi 14 e 15 si procede con rito direttissimo. In caso di condanna, salvo che il giudice provveda ai sensi del comma 14, secondo periodo, è sempre adottato un nuovo provvedimento di allontanamento immediatamente esecutivo, al quale si applicano le norme del comma 11.

 

17. I provvedimenti di allontanamento di cui al presente articolo sono adottati tenendo conto anche delle segnalazioni motivate del sindaco del luogo di residenza o di dimora del destinatario del provvedimento (4).

 

 

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(4) Articolo così sostituito dall'art. 1, D.Lgs. 28 febbraio 2008, n. 32. Precedentemente il presente articolo era stato modificato dall'art. 1, D.L. 1° novembre 2007, n. 181, non convertito in legge.

(omissis)

 

 


 

Legge 18 marzo 2008, n. 48.
Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla criminalità informatica, fatta a Budapest il 23 novembre 2001, e norme di adeguamento dell'ordinamento interno
(art. 11)

 

 

(1)

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 4 aprile 2008, n. 80, S.O.

(omissis)

Art. 11

Competenza

1. All'articolo 51 del codice di procedura penale è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«3-quinquies. Quando si tratta di procedimenti per i delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quater.1, 600-quinquies, 615-ter, 615-quater, 615-quinquies, 617-bis, 617-ter, 617-quater, 617-quinquies, 617-sexies, 635-bis, 635-ter, 635-quater, 640-ter e 640-quinquies del codice penale, le funzioni indicate nel comma 1, lettera a), del presente articolo sono attribuite all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente».

(omissis)